Fashion Magazine N 1 2023

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EDIZIONI ECOMARKET SPA Poste Italiane S.P.A. –Spedizione in abbonamento postale –D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N.46) Art. 1, Comma 1 Lom/Mi/1769 STRATEGI A, INNOVAZIONE E MERCATI AFRICA Scommettere sul continente giovane si può 58 RENZO ROSSO Il patron di Otb spiega la strategia di crescita 6 FOOD & WINE Il nuovo Eldorado del lusso è qui 62 ETRO Il ceo Fabrizio Cardinali punta sul lifestyle 8 Cover: JEAN PAUL GAULTIER ANNO 54 - N° 1 - 12 EURO Primavera 2023
impone
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METTERE ORDINE NEL CAOS Il mondo in ebollizione
strutture agili
PESERICO.COM

Features Contents

5 EDITORIALE

INTERVISTE

6 RENZO ROSSO

«Con l'ingresso in Borsa diventeremo ancora più Brave. Ma oltre la moda c'è di più»

8 FABRIZIO CARDINALI

«Più uomo e accessori, nuova retail experience: così Etro diventa lifestyle e ascolta i giovani»

STRATEGIA

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RENZO ROSSO: «LA MODA DA SOLA NON MI BASTA PIÙ»

Mentre il gruppo Otb cresce e si prepara per l'ingresso in Borsa, l'imprenditore spinge l'acceleratore su food e vini

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FABRIZIO CARDINALI E LA SFIDA LIFESTYLE DI ETRO

Le strategie, i numeri e gli obiettivi del marchio di moda, che ora fa capo a L Catterton, raccontate dal nuovo a.d.

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SFILATE DI MILANO: VINCE IL NEO SARTORIALE

Brand e stilisti si sono concentrati più sul concetto di “fatto bene", che sulla capacità di creare show virali

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CINA: BUONE PROSPETTIVE PER LA FASHION INDUSTRY

Dopo i lockdown, il tasso di crescita del Pil è ai minimi, ma per gli esperti i fondamentali del consumo sono solidi

10 I BUYER ALLA FASHION WEEK

Tendenza restaurazione a Milano. Arriva il recupero dei codici sartoriali: non sarà virale, ma spinge il business

16 COMPRATORI IN ZONA TORTONA White sulla strada giusta: «La ricerca fa bene ai negozi»

18 FAMILY BUSINESS

Le dinastie del lusso alla prova del ricambio generazionale

22 OBIETTIVO RECRUITING

Mancano 94mila tecnici: la sfida è ridare dignità ai mestieri artigianali

30 CAREERS

Chi vincerà il match tra Sabato De Sarno e Pharrell Williams?

INNOVAZIONE

35 IL FUTURO DELLE PIATTAFORME ONLINE

Startup e marketplace B2B a misura di Pmi: la crescita è con il modello del cammello

40 DESIGNER TO WATCH Power up

MERCATI

47 BUYERS' SURVEY

Il retailer? Più che un venditore è un alchimista del brand mix

54 DOPO LO STOP ALLA POLITICA ZERO-COVID La Cina riapre e lo shopping cambia mood: anche per i cinesi «si vive una volta sola»

58 UN CONTINENTE IN EVOLUZIONE Una finestra aperta sull'Africa: sarà il nuovo place to be?

62 FOOD & WINE

Nel mondo dell’enogastronomia l’unione fa (sempre più) la forza

69 TENDENZE FALL-WINTER 2023/2024

Less is more

86 I NUOVI TREND DEL KIDSWEAR

Uncompromising performance

88 ALICE GENTILUCCI

«Un po’ fragile e un po’ rock&roll, la mia Alabama Muse è come Victoria dei Måneskin»

62 FOOD E WINE SEMPRE PIÙ ICONE DEL MADE IN ITALY

Non è solo la moda italiana a vincere all'estero: anche cibo e vini colgono la sfida dell'internazionalizzazione

69

LA FALL/WINTER 23/24 PREMIA LA FEMMINILITÀ

Una moda ricercata e preziosa, ma soprattutto sartoriale: ecco cosa vedremo nelle vetrine il prossimo inverno

90 DANIELA RICCARDI

«Occhi puntati sul futuro di Moleskine grazie al nostro GenZ board»

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INVERNO 2022/2023

Struttura e organizzazione

Con il recente proliferare dei canali di distribuzione e di comunicazione, moltiplicati per una moltitudine di mercati con annesse geografie e culture, la complessità dei modelli di business del made in Italy è cresciuta a dismisura. A questo aumento del perimetro aziendale non ha corrisposto, però, una speculare evoluzione nella gestione delle risorse umane, nonché di adeguati sistemi informativi. Vi è stata, sì, una strisciante professionalizzazione e digitalizzazione in molteplici reparti, dal campionario alla vendita in showroom, passando dalla generazione degli asset di branding alla stessa vendita via e-commerce, marketplace o flash sale. Il quadro d’insieme è tuttavia ancora spesso caratterizzato da nicchie di competenza, legate a una modalità di collaborazione artigianale, con supporti informatici incompleti, dove l’assoluta avanguardia del front end si appaia a una certa obsolescenza della base (ERP in primis) su cui tutto è costruito. In un momento in cui mercati turbolenti premiano l’agilità, tutto ciò non favorisce il posizionamento competitivo dei nostri player di stazza media. Anziché concentrarsi sui tre fattori che creano valore - l’internazionalizzazione, il direct-to-consumer e la trasformazione digitale -, le nostre aziende si barcamenano tra accrocchi e compromessi vetusti. Per poter spiccare il volo come il nostro settore meriterebbe, sempre più desiderato a livello globale com’è, va messo un po’ di ordine in questa pittoresca prassi di gestire l’impresa. Il momento è propizio: l’esigenza di puntare su formazione, managerializzazione e fitness digitale è ampiamente diffusa e non mancano

esperti e iniziative interessanti, come dimostrano le diverse inchieste inserite in questo numero di Fashion, dedicate al ricambio generazionale (pag. 18), al recruiting (pag. 22) e alle piattaforme più innovative (pag. 35). I mercati sono però diventati spietati e non perdonano. Essere grandi e organizzati è un asset molto importante in tempi di incertezza e di repentini scossoni. Nell’alto di gamma chi riesce, in virtù della propria impeccabile orchestrazione tra immagine, prodotto e punto vendita, a far passare l’idea di eccellenza totale, continua a segnare crescite e utili da capogiro. I nostri player avrebbero le carte in regola per annoverarsi in questa illustre schiera. Vi sono però dei compiti da affrontare con urgenza. Solo ciò che si sa fare bene va fatto in casa. E i sistemi devono essere all’altezza delle proprie capacità: né troppo mastodontici, né troppo caserecci. Per il resto esistono partner che possono dare una grande mano. Come gli investitori finanziari, parte sempre più integrante di una partita in cui non possiamo lasciare i mercati chiavi in mano a Lvmh e Kering. Urge monetizzare l’italianità. Ma urge anche diventare adulti.

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Marc Sondermann m.sondermann@fashionmagazine.it
EDITORIALE
Direttore

«Con l’ingresso in Borsa diventeremo ancora più Brave. Ma oltre la moda c’è di più»

Concentrato sulla messa a punto di un gruppo sempre più solido, proiettato verso i 2 miliardi di euro di fatturato, Renzo Rosso non si accontenta di raccogliere i frutti di un 2022 in corsa e guarda ad altri orizzonti, tra vini, food e prevenzione medica. «Perché il benessere dell’individuo è frutto dell’incontro tra cura esteriore e attenzione alla salute», spiega in questa intervista

«Curare la bellezza esteriore e il benessere interiore». Il teorema di Renzo Rosso è chiaro ed è la spinta propulsiva delle sue operazioni nel segno della parola Brave. Non solo il gruppo Otb che presiede, acronimo appunto di Only The Brave, proiettato verso i 2 miliardi di euro di fatturato e proteso verso la quotazione, con la sua galassia di marchi come Diesel, Jil Sander, Maison Margiela, Marni, Viktor&Rolf. Ma anche una nuova holding, Brave Wine, che segna l’inizio di una scalata decisa al mondo dei vini di eccellenza, più una serie di investimenti nell’universo del food e della prevenzione medica. Sfide complesse, legate dal filo conduttore della sostenibilità. Ce ne parla in questa intervista.

Il 2022 è stato un anno di grande crescita per Otb. Come vede il 2023?

Abbiamo già venduto la primavera-estate e chiuso la campagna del prossimo autunnoinverno con numeri in crescita a doppia cifra, per cui prevedo un buon anno, in linea con il precedente. Abbiamo interessanti iniziative in corso per Marni, Maison Margiela e Jil Sander, che non posso ancora rivelare. E mi sta molto a cuore Diesel, il mio bambino, che sta vivendo un momento magico. Una label che ha rivoluzionato il mondo della moda e il modo di fare comunicazione, e che avevo lasciato un po’ da parte per seguire altri progetti, mentre oggi sono tornato a lavorare sul brand in prima persona.

Perché Glenn Martens è il direttore creativo giusto per Diesel?

È una persona speciale. Il nostro è un sodalizio in cui lui è libero di sprigionare la sua creatività e io metto a disposizione il mio know how su trattamenti e sviluppo prodotto. Il risultato è lampante con la collezione del prossimo inverno, dove il design si fonde con tecnologie e lavorazioni esclusive complesse.

Del resto tutte le label nella scuderia di Otb hanno stilisti importanti…

La moda ha bisogno di creativi. Io ho la fortuna di avere a bordo dei personaggi “fuori di testa”, delle vere rockstar, che fanno dei

nostri marchi qualcosa di unico. Basti pensare appunto a Glenn Martens, a John Galliano per Maison Margiela, a Francesco Risso per Marni. Ma anche a Lucie e Luke Meier da Jil Sander, veri creativi questi ultimi, anche se preferiscono essere poco visibili.

Come vanno Viktor&Rolf e Amiri?

Viktor&Rolf è un marchio completamente diverso dagli altri, che nasce per la couture e quando abbiamo provato a fare il readyto-wear non ha funzionato. I due stilisti sono veri geni e gravitano intorno a un mondo che per sua natura si lega a progetti vicini all’arte e alla cultura. Amiri è un brand di cui siamo soci di minoranza e che sta andando alla grande: lo scorso anno è cresciuto del 40%.

Come vede il gruppo fra cinque anni? Vorremmo portare Otb a diventare un polo importante nel lusso, diverso dagli altri, più moderno e veloce, con brand unici e con una grande attenzione alla sostenibilità. Altrimenti i marchi non godranno del rispetto dei consumatori. Essere nel mondo del lusso è una fortuna da questo punto di vista, perché ti consente i margini per investire e per gestire l’azienda del futuro.

Intanto si sta preparando per lo sbarco in Borsa, tra il 2024 e il 2025. La quotazione è una bella storia. Un percorso che mi ha portato a prendere in mano l’azienda, i manager soprattutto, a cui sono affidate importanti responsabilità e obiettivi

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INTERVISTA Renzo Rosso Only The Brave OTB IN CIFRE Fatturato
Net Sales 1.630
Ebitda 314
Ebit 134
euro Risultato Netto 105 mln euro
1.743 mln euro
mln euro
mln euro
mln

numerici precisi. Vogliamo costruire un gruppo più solido, con tutti gli ingranaggi a posto per rispondere al mercato e agli investitori. Da un'azienda stile “self made man”, Otb comincia a essere una realtà che può andare avanti anche senza il suo capo. Per questo sto facendo importanti considerazioni sul management, perché un gruppo internazionale oggi deve avere anche degli executive globali.

Nel frattempo si dedica anche ad altro... Nel futuro si dovrà consumare di meno, ma puntare di più alla qualità, mettendo al primo posto il benessere. Un discorso a cui sto lavorando, focalizzandomi su due aree: la parte “estetica”, ossia l’abbigliamento con Otb, e quella “interna”, legata agli investimenti nei vini e del food, ma anche dell’innovazione medicale, dove scommettiamo con Red Circle. Basti pensare che, considerando entrambi i settori, si produce il 30% in più di ciò che serve, che poi viene buttato.

Quali gli obiettivi legati alla parte “interna” del suo mondo?

Con la holding Brave Wine, appena nata, punto a creare un polo del lusso del vino. Siamo già soci di due realtà di eccellenza come Benanti e Josetta Saffirio, e ci piacerebbe espanderci nei territori del Montalcino e di Bolgheri, ma anche puntare alla Francia e alla Napa Valley. Anche il food è nel mirino: con Red Circle abbiamo investito in Cortilia e siamo entrati in Planet Farms, che ha portato una rivoluzione nelle insalate bio. Mi piace molto questo mondo: io sono green da sempre, essendo nato in una fattoria.

A che punto siete con la sostenibilità?

Per noi è un must. Per questo ho mandato i miei manager a fare dei corsi alla Bocconi, perché voglio che tutto quello che fanno sia uno state of mind. Sostenibilità non è un semplice tessuto riciclato. Basti pensare che per Diesel oggi circa il 70% dei prodotti sono certificati. Ora stanno uscendo i primi capi con un Qr code che informa i consumatori

sulla loro tracciabilità. Una cosa che vorrei estendere in tre anni a tutti i nostri articoli.

Quanto conta la sostenibilità in azienda?

A Breganze c’è grande cura del benessere dei lavoratori. Abbiamo asili, palestre, campi di calcio, spinning, yoga, ristoranti. Inoltre nei tetti dei nostri stabilimenti stiamo impiantando pannelli solari per essere autonomi dal punto di vista dell’energia. Entro l'autunno dovremmo arrivare a usare il 55% dell’energia prodotta da noi e come firmatari del Fashion Pact siamo impegnati per arrivare entro il 2030 a essere 100% decarbonizzati.

In tema di tracciabilità, siete tra i fondatori di Aura Blockchain Consortium.

Grazie a questa società siamo in grado di fornire un vero e proprio passaporto ai nostri prodotti di lusso. Oggi oltre 300mila capi di Maison Margiela e Marni sono sulla blockchain, e quindi accreditati di una certificazione digitale di autenticità.

Che ruolo svolge la tecnologia nella costruzione di un gruppo del futuro? Da noi è al servizio di tutto. Oggi per esempio con l’Intelligenza Artificiale si possono fare grandi cose e noi la stiamo inserendo

anche nelle amministrazioni, nella contabilità e nei pagamenti. Nella produzione siamo in grado di creare dei prodotti su avatar, per cui possiamo presentare i capi in showroom digitale e solo se vengono venduti metterli in produzione, con un risparmio enorme in termini di costi, emissioni e scarti.

Ha fatto sfilare a Milano tre dei suoi brand: cosa rende questa città unica?

Con Parigi è la città di riferimento nella moda. Vorrei che lo fosse anche di più, perché in Italia abbiamo un patrimonio di artigianalità che la Francia non ha. Basti pensare che l’80% nel lusso è prodotto in Italia. E poi ora le aziende stanno portando a Milano i loro headquarters, come noi, che stiamo costruendo due building per Marni e Jil Sander.

Ritiene che ci sia interesse per la moda da parte del nuovo governo?

Il governo ora è focalizzato su problemi urgenti come caro energia, Pnrr, guerra. Io sono stato coinvolto in un progetto filogovernativo, che mi ha affidato Confindustria, battezzato Brave Italy, mirato a far emergere la bellezza dell’Italia da portare nel mondo. Per questo ho selezionato già 1.300 aziende che rispondono a requisiti precisi di organizzazione, tecnologia e sostenibilità, che vorrei riunire in una piattaforma. Un’iniziativa che ho presentato ai ministri Urso e Tajani, i quali hanno entrambi dato il loro parere favorevole.

Che ne è stato delle 200mila scatole di preservativi usate per lo show di Diesel? Le manderemo nei negozi per distribuirle ai giovani, in occasione del lancio della capsule realizzata con Durex. Vogliamo sensibilizzarli sul tema dell’Aids, di cui si parla poco, ma che non è affatto scomparso. L’attenzione al sociale, tra l'altro, è il focus della nostra Otb Foundation, nata per agire in situazioni di emergenza e per migliorare la vita delle persone. Il mondo del business deve essere circolare: si crea, si produce, si vende e si incassa, ma una parte bisogna darla indietro. 

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DIESEL JIL SANDER MM6 MAISON MARGIELA MARNI

«Più uomo e accessori, nuova retail experience: così Etro diventa lifestyle e ascolta i giovani»

Dall’ampliamento della base clienti al consolidamento dell’offerta nelle diverse categorie di prodotto, fino all’espansione internazionale e all’accelerazione sul digitale: le strategie e i numeri del marchio di moda italiano, che ora fa capo a L Catterton, raccontate dal nuovo amministratore delegato, che afferma: «Pochi marchi hanno le doti per essere dei luxury lifestyle brand credibili ed Etro è uno di questi»

In queste settimane il carnet di Fabrizio Cardinali, ceo di Etro, è stracolmo. Del resto il momento è strategico per il marchio italiano, a ridosso dell’arrivo nei negozi della prima collezione firmata da Marco De Vincenzo, scelto direttamente dal manager per il ruolo di direttore creativo. Anche la tanto attesa riapertura delle frontiere ha contributo, e non poco, ad affollare l’agenda dell’amministratore delegato, in carica dal 2021. Ora che si è tornati a viaggiare il manager ha subito inserito la Cina tra le destinazioni da raggiungere, «per capire di persona i cambiamenti vissuti dal mercato in questi quattro anni di lockdown». E poi c’è il tour worldwide, legato al progetto Wonderland of Etropìa, a tenerlo impegnato. Si tratta di un robusto piano di attivazioni retail e wholesale, partito da Tokyo con Isetan a febbraio e che durerà fino a luglio, toccando dieci capitali internazionali tra cui Londra, Parigi e New York. Per Cardinali sarà l’occasione di illustrare a partner e collaboratori in giro per il mondo le dinamiche della nuova fase di Etro, partita meno di due anni fa con l’acquisto del 60% del brand da parte di L Catterton, fondo di private equity il cui maggiore sottoscrittore è Lvmh di Bernard Arnault. «Alcuni marchi hanno la dote di potersi sviluppare in maniera favolosa in tutte le categorie ed Etro è uno di questi», afferma il ceo aprendo questa intervista, in cui spiega il piano per trasformare una storica maison italiana in un lifestyle brand globale che guarda a un pubblico under 40.

Appena incaricato ha dichiarato di voler concentrare il piano di rilancio soprattutto sul ringiovanimento della griffe. Ci sta riuscendo?

«Investiremo sul wholesale con una logica selettiva, sviluppando progetti tailor made e di estrema visibilità»

Ampliare la base clienti è una grande opportunità, che fortunatamente ha già iniziato a materializzarsi. Un lavoro partito con la comunicazione digitale: un anno fa abbiamo partecipato alla Metaverse Fashion Week su Decentraland, utile ad attirare giovani che non avevano mai sentito parlare del marchio, proprio come l’app gaming con protagonista un avatar, che abbiamo sviluppato esclusivamente per il Giappone e che ha registrato

un forte interesse da parte delle generazioni native digitali. Ma al centro c’è soprattutto il nuovo stile del prodotto, che finalmente sta arrivando nei negozi. I primi feedback, provenienti dalla campagna vendita e soprattutto dal progetto realizzato in esclusiva con Mytheresa lo scorso autunno, sono incoraggianti. De Vincenzo è un creativo vero, ma ha anche i piedi per terra: la sua capacità di lavorare con i colori e il risvolto concreto impresso alle collezioni ci hanno permesso di diventare appealing per un pubblico di Millennial e Gen Z, mentre la sua originalità stilistica e l’ossessione per la qualità gli consentono di preservare il dialogo con i clienti loyal. Un aspetto, questo, centrale, perché l’obiettivo di Etro non è rivoluzionare la sua clientela, ma accrescerla. Siamo solo all’inizio di un percorso che confermerà risultati già importanti.

L’arrivo a bordo di De Vincenzo servirà ad ampliare l’offerta merceologica? Sicuramente. Marco disegna abiti bellissimi, ma è soprattutto un grande esperto di accessori (è stato per 20 anni capo designer della pelletteria di Fendi, con cui prosegue ta collaborare come consulente, ndr), categoria che intendiamo rafforzare. Rivedremo l’offerta legata alla pelletteria e il primo progetto lanciato da Marco, la Love Trotter Bag upcycled, non è che un assaggio di quello che svilupperemo. Insomma, abbiamo un nuovo direttore creativo da appena sei mesi e stanno già succedendo un sacco di cose, ma è dalla stagione Spring-Summer 2024 che la nuova immagine di Etro sarà pienamente visibile nelle collezioni di prêtà-porter. L’abbigliamento donna resterà il cuore dell’offerta, ma sappiamo che una delle opportunità principali da cogliere è legata al menswear, da cui ci attendiamo una crescita triple digit nelle prossime stagioni.

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INTERVISTA
Fabrizio Cardinali è entrato in Etro nel 2021 come nuovo ceo, dopo una lunga esperienza in Dolce&Gabbana

Quali sono gli effetti del nuovo corso sulla rete vendita?

Per dialogare con un pubblico più giovane dovevamo necessariamente offrire al cliente un’esperienza in store rinnovata, favorendo l’intreccio fra rete di vendita virtuale e fisica. Per questo i negozi esistenti e quelli che andremo ad aprire saranno modellati su un concept retail che integra i due canali e che debutterà nei prossimi mesi con il restyling di una selezione di boutique Etro in Italia e all’estero, mentre la nuova veste dell’e-commerce è attiva già da febbraio.

Siete soddisfatti dei risultati dell’e-commerce?

Lo abbiamo molto migliorato, per far crescere la quota di acquisti online non solo nella parte front, ma anche in quella back. Il canale digitale è gestito internamente e continuerà a esserlo anche in futuro. Fino alla fine del 2022 le spedizioni erano gestite esclusivamente dai punti vendita, ma da inizio anno abbiamo iniziato a utilizzare le basi logistiche di Milano e New York.

Un cardine strategico è anche l’espansione all’estero.

Nel corso del 2023 prevediamo 15-20 aperture tra negozi monomarca, pop-up e pop-in. Interesseranno le Americhe e il Medio Oriente, dove stiamo per avviare una joint venture molto importante per tutta l’area del Golfo, ma anche la Cina, dove pensiamo di avere ampi margini di ulteriore crescita, visto che siamo presenti con relativamente pochi negozi, il Sud-est asiatico e il Giappone. Ci saranno opening anche in Europa, che per noi attualmente rappresenta il primo mercato, e riguarderanno alcune temporary boutique in Francia per la stagione estiva, in modo da rafforzare il concept di Etro Beach, lanciato a Forte dei Marmi l’anno scorso.

All’interno di questo progetto di rilancio ci sarà spazio anche per il wholesale?

Siamo e resteremo un brand concentrato quasi completamente sul B2C ma vogliamo investire sul wholesale con una logica selettiva, perché questo canale può portare grandi benefici: è un ottimo banco di prova con il mercato e restituisce feedback rapidi e precisi. Una vera bussola. Seguiremo questo approccio anche con gli e-tailer online. Il progetto in esclusiva con Mytheresa ha creato valore intorno al brand ben oltre le vendite, andate sold out. Vogliamo continuare con progetti di questo tipo, tailor made, misurabili e di estrema visibilità. Per un’azienda delle nostre dimensioni questo è l’approccio giusto.

Come vi state muovendo sul mercato delle licenze?

Attualmente tutto è gestito direttamente e l’unica licenza in essere è quella con Oniro Group, legata alla linea di arredo. Ma siamo in fase di trattative, ben più che avanzate, per nuovi accordi legati al mondo degli occhiali e dei profumi. Contiamo di annunciare importanti novità su questo fronte già nel secondo quarter dell’anno.

1. La direzione creativa di De Vincenzo ha rimodellato l'uomo Etro, ringiovanendolo. La maison punta a crescere a tripla cifra nel segmento menswear 2. Eden of Etropìa, nuova campagna pubblicitaria dedicata alla collezione SS23, ha segnato il debutto in Etro del nuovo direttore creativo Marco De Vincenzo. 3. Giunto alla terza prova alla guida della casa di moda, lo stilista messinese ha deciso di misurarsi con la tradizione del brand con la collezione FW23/24, che è stata chiamata Radical, termine inteso come “radici”

Il cambio di passo che sta vivendo il brand riguarderà anche il mondo della casa?

Assolutamente sì e la modalità di partecipazione scelta per l’edizione 2023 del Salone del Mobile lo dimostra. Quest’anno le nostre collezioni design non saranno protagoniste solamente all’interno della fiera di Milano, ma conquisteranno tutte le location che Etro ha a disposizione in città: la showroom di via Bergamo, il flagship store di via Montenapoleone e la boutique di via Pontaccio, dove sarà allestita una mostra.

Tutto il dinamismo dei prossimi mesi si rifletterà anche nei conti del 2023?

è alla sua seconda stagione per Etro.

La collezione di debutto è stata quella della linea donna primaveraestate 2023, che finalmente arriva nei negozi per la prova mercato

Di solito un’azienda in fase di turnaroud come la nostra ci mette almeno tre anni prima di tornare a crescere, ma Etro ha chiuso il 2022 con un aumento double digit significativa, di poco al di sotto del 20%. Stiamo lavorando per confermare tassi di incremento a doppia cifra anche nel 2023, nonostante il contesto resti sfidante. Tutti confidano nel risveglio della Cina, che potrebbe arrivare già nel secondo quarter, ma in compenso ci sono i timori per la frenata in America. Certo lo scenario non è facile, ma l’importante è avere una strategia chiara. Poi il mercato le opportunità te le offre sempre. 

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Marco De Vincenzo
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FRA TATTICHE COMMERCIALI E SCOUTING

Outlook Autunno-Inverno 2023/2024

Parlano i retailer internazionali

Tendenza restaurazione a Milano. Arriva il recupero dei codici sartoriali: non sarà virale, ma spinge il business

Superata la frenesia per sfilate instagrammabili, a Milano brand e stilisti si sono concentrati più sui concetti di “fatto bene” e passione per la progettazione che sulla capacità di creare show virali. Il risultato è stato un susseguirsi di capi e accessori vincenti rivolti a un pubblico più adulto e lussoso rispetto al passato che, prevedibilmente, porterà a scontrini più alti

Tre aggettivi che riassumono le collezioni protagoniste a Milano. Chic, portabili e moderne.

È stata una fashion week capace di valorizzare i giovani talenti?

Sì, a cominciare da Cormio col suo show ricco di pathos. Anche Durazzi Milano è interessante per il tema della selleria. E poi Armarium, tra i migliori in assoluto della fashion week. Onitsuka Tiger è invece un nome ottimo e per le sneaker.

Senza Versace (in trasferta a Los Angeles), senza Alessandro Michele da Gucci (il suo successore Sabato De Sarno debutterà il prossimo settembre), senza novità a livello di direzione creativa (che invece avevano tenuto banco appena sei mesi fa). Tra forfait e mancanza di anteprime, erano in tanti tra gli addetti ai lavori a temere una fashion week sotto tono e priva momenti virali. Invece la settimana della moda di Milano è stata un vero successo sia per l’impatto social, che tanto ormai è tenuto in considerazione, sia per il prodotto, che, a questo giro, ha saputo scatenare il wow effect ancora di più di una Kim Kardashian in prima fila

da Dolce&Gabbana e di una scultura di Umberto Boccioni in mezzo alla passerella da Bottega Veneta. Più business che mondanità, quindi, e soprattutto più qualità che protagonismi di stilisti e ospiti vip. Galvanizzata da numeri importanti (70 milioni di indotto per la città e il 20% di operatori in più rispetto ai numeri delle fashion week pre-pandemia), Milano con le sfilate dedicate alla Fall-Winter 2023/24 ha fatto la felicità dei buyer, offrendo finalmente qualcosa di diverso dalla rilettura dell’heritage e dei codici della maison, che era diventata la costante delle ultime stagioni. «Sento che Milano è tornata dopo la pandemia più forte di prima», si

dice sicuro Riccardo Tortato, head of buying del department store Tsum. «L’atmosfera di questa stagione è stata molto più elevata e raffinata rispetto a quelle passate», gli fa eco Heather Gramston, head of womenswear di Browns. Pareri come questi testimoniano il consenso generale dei retailers intorno alla capitale italiana della moda e al lavoro dei suoi stilisti. Primo fra tutti Matthieu Blazy: la sua Bottega Veneta riesce a raccontare diverse storie, tutte decisamente originali e con un punto fisso. «Artigianalità e creatività possono co-esistere perfettamentedice Simone Heift, buying director, The KaDeWe Group-. Ogni singolo outfit era

10 STRATEGIA BUYER ALLA FASHION WEEK
LIANE WIGGINS Matchesfashion Head of Womenswear SALVATORE FERRAGAMO PRADA

Il vincitore inatteso della fashion week?

Il colore rosso, mentre la maggior parte delle collezioni ha giocato su una palette neutra, il rosso ha rappresentato la forza di un punto esclamativo.

Chi è stato, invece, l’osservato speciale a Milano?

Andreadamo: la sua visione ci è sembrata moderna, tagliente e perfetta per gli spettatori cool della prima fila.

semplicemente perfetto, chic e lussuoso. Un tailoring impeccabile, la pelle bellissima (che cappotti!) e dettagli stupendi hanno dato vita a capi sofisticati, ma di grande vestibilità». Anche Maximilian Davis da Ferragamo con questo show ha dato prova in modo inequivocabile che la scelta del ceo Marco Gobbetti di ingaggiarlo come direttore creativo, a dispetto della scarsa esperienza, è stata azzeccata. «Ha letteralmente lasciato il suo segno - osserva Federica Montelli, head of fashion di Rinascente - soprattutto nell’abbigliamento, che la maison non era mai riuscita ad affermare prima d’ora. Anche nelle borse e nelle calzature ha fatto

la differenza: remixando temi classici del brand li ha resi interessanti per un tipo di pubblico più vasto». E poi, ovviamente nell’elenco dei campioni delle sfilate non può mancare la premiata coppia Miuccia Prada - Raf Simons, sempre più amata dagli addetti ai lavori per la capacità, ormai collaudata (siamo alla 12esima collezione in tandem tra uomo e donna) di creare progetti desiderabili, senza smettere di fare cultura e lanciare messaggi. «La passerella è stata un susseguirsi di capi e accessori vincenti. Insieme Miuccia e Raf tirano fuori il meglio l’uno dall’altro», sentenzia Simon Longland, buying director fashion di Harrods.

Dopo aver visto tante fashion week l’effetto sorpresa c’è ancora?

Certo che sì. E da queste sfilate di sorprese ne abbiamo avute parecchie, tutte positive: come Roberto Cavalli e Blumarine, le cui collezioni hanno fatto grandi progressi.

C’è stato spazio anche per il divertimento?

Beh si, almeno per chi era presente alla sfilata di Sunnei.

Le calzature si sono riprese la scena?

Direi di si, ed è una bella notizia per marchi specializzati come Gianvito Rossi e Casadei che escono rafforzati dalla fashion week, dove hanno dominato stivali coi tacchi a spillo, cuissardes, sandali con il plateau: sono i sicuri must-have di stagione.

SIMON LONGLAND

Harrods

Buying Director - Fashion

Alle parole highlight e Milano, cosa risponde?

Matthieu Blazy: dai pezzi di sartoria più minimali alle trovate più stravaganti, la sua sfilata per Bottega Veneta è stata una sequenza infinita di colpi di scena. Inverno 2024: di cosa ci sarà l’imbarazzo della scelta?

La risposa è semplice, il cappotto grigio dal taglio deciso. I consumatori finali potranno scegliere tra diversi stili, visto che quasi tutti i designer si sono cimentati su questo capo.

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BOTTEGA VENETA GENNY JODI KAHN Neiman Marcus Vice President, Luxury Fashion

ARMARIUM

Il punto forte di Milano?

La stagione è stata molto dinamica, dal punto di vista sia delle proposte presentate dai brand, sia della presenza di buyer e press internazionali.

E

il punto debole?

Il calendario: a Milano tutto si concentra su quattro giorni, mentre Parigi ne ha a disposizione il doppio, però con una divisione fifty-fifty del budget.

È stata una settimana che sembra preludere a grandi cambiamenti e anche all’apertura inevitabile di una seria riflessione sulla necessità, non più rimandabile, di valorizzare ciò che di nuovo Milano sa esprimere. Problema che la moda made in Italy vive da anni, visto che a lungo si è temuto che il sistema tricolore non avrebbe più prodotto nuove leve. Oggi invece il panorama è vivace e, nonostante la concentrazione del calendario in quattro giorni, («un problema costante, che andrebbe risolto finalmente con una revisione delle date, visto che Parigi ha nove giorni tutti per sé, ma i budget sono fifity-fifity», evidenzia Tortato di Tsum), nomi come Sunnei, Gcds,

Andreadamo, Marco Rambaldi, The Attico, Cormio e Act n°1 compaiono nell’agenda dei buyer tra gli appuntamenti fissi, per non dire imperdibili. «Sono tutti nomi, questi, ormai usciti dalla condizione di “giovani” - conferma Montelli di Rinascente -. Adesso per Milano è tempo di andare oltre e proseguire con lo scouting, favorendo l’ascesa di realtà come Vitelli, su cui noi abbiamo scommesso da qualche stagione, ma che ha forti potenzialità da esprimere». Tra le nuove leve, che sembrano avere il talento di emergere (e anche l’appoggio necessario per farlo) c’è il brand Armarium. «ipermoderno, di alta qualità, estremamente desiderabile». Sono

Galeries Lafayette

Buying and Merchandise director

Cosa pensa del nuovo corso di Ferragamo?

Incredibile vedere un designer giovane, come Maximilian Davis, creare una proposta di ready-to-wear totalmente nuova per questa maison, un’istituzione della pelletteria.

L’exploit delle sfilate?

Armarium: il marchio di Giorgia Gabriele ha fatto centro grazie a uno stile moderno e all’alta qualità dei capi, che insieme rendono il progetto super desiderabile.

A chi dire “bravo” in questa edizione?

Ai nuovi talenti, fino a poche stagioni fa sconosciuti, che si sono cimentati nel reinterpretare maison storiche: in particolare Maximilian Davis per Ferragamo e Matthieu Blazy alla guida di Bottega Veneta.

Già individuati i best seller del prossimo inverno?

Le scarpe con tacchi bassi e sottili, il cosiddetto kitten heel di Prada e il revival della maxi borsa a tracolla Horsebit. E poi i nuovi orecchini di Bottega Veneta saranno dei cult.

12 STRATEGIA BUYER ALLA FASHION WEEK
RICCARDO TORTATO Tsum Head of buying department SUNNEI MISSONI MARISSA GALANTE FRANK Bloomingdale’s Fashion Director ALIX MORABITO Foto da Instagram

La stampa è divisa tra pro e contro a Kim Jones. Lei da che parte sta?

Fendi è stata la collezione migliore, in particolare per il look da signora chic con molta pelle che ha caratterizzato lo show. Altre good vibes provenienti dalle passerelle?

MM6, Philosophy, Missoni Jil Sander e Moschino, tutti show dalla forte energia.

La collezione più originale?

Jil Sander: Lucie e Luke Maier hanno portato alla ribalta una collezione co-ed molto personale, diversa dalle altre, con le tuniche e le T-shirt con stampe di ciliegie oversize e caramelle. New names che meritano di entrare nella “lista” dei brand da non perdere? Andreadamo e Calcaterra.

Con la stagione FW23/24 diremo addio a….

Le tinte forti stanno scomparendo, tranne il rosso che torna in auge: a Milano abbiamo visto tanto nero, bianco, toni pastello e metallici.

Un momento che non dimenticherà della fashion week?

L’omaggio di Fendi a Vivienne Westwood, con una rivisitazione dello scenario punk londinese. Il brand che ha fatto i maggiori progressi?

Siamo stati contenti di aver visto a Milano la collezione di Tokyo James, con cui abbiamo collaborato per il festival Homecoming nel 2020. Con il suo design vegano e gli splendidi pezzi fatti a mano è sicuramente una stilista da tenere d’occhio.

gli aggettivi scelti da Alix Morabito di Galeries Lafayette per descrivere questo brand fondato da Giorgia Gabriele, moglie di Andrea Grilli, ceo New Guards Group, che piace tanto anche a Roopal Patel di Saks e a Liane Wiggins, Head of Womenswear Matchesfashion, specie per le nuove borse appena lanciate. Ottimi riscontri anche per Durazzi Milano, brand fondato da Ilenia Durazzi insieme al compagno Maurizio Cattelan. In mezzo alle due macro categorie composte da “giga-brand” ed “emergenti già emersi” c’è poi una manciata di designer osservati speciali (età compresa tra i 28 e i 45 anni), in-

caricati di dare nuova verve a brand storici, redendoli familiari alle nuove generazioni. Di questa pattuglia fanno parte, oltre al già citato (e acclamato) Maximilian Davis da Ferragamo, anche Marco De Vincenzo da Etro, Rhuigi Villaseñor da Bally e Filippo Grazioli da Missoni. Tutti hanno generato un giudizio positivo da parte dei compratori, grazie a collezioni più convincenti rispetto a quelle di esordio, sei mesi fa. De Vincenzo, senza stravolgere il dna di Etro, ha raccontato qualcosa di decisamente nuovo ed è stato subito inserito tra gli highlights di Jodi Kahn di Neiman Marcus, Joseph Tang di Holt Renfrew,

Simon Longland di Harrods, April Hennig di Moda Operandi e di Federica Montelli di Rinascente. A scommettere sul futuro insieme Villaseñor e Bally c’è Bosse Myhr di Selfridges, mentre il tentativo di Filippo Grazioli di rendere l’iconico motivo zigzag di Missoni un elemento di sensualità e di glamour ha conquistato oltre al capo dei buyer moda di Harrods Nicholas Atteshlis, brand partnerships lead di Zalando. Insomma, un panorama variegato di stili e personaggi, che di fatto rappresenta la vivacità che anima la capitale della moda italiana, che fa bene a volersi identificare nei concetti di “fatto bene”, di qualità as-

14 STRATEGIA BUYER ALLA FASHION WEEK
CASADEI FENDI GUCCI

Gucci: per alcuni non doveva sfilare in attesa del nuovo stilista. È d’accordo?

E invece è stata una delle mie preferite. La collezione disegnata dal team interno ha attraversato i decenni, dallo stile sartoriale di Tom Ford anni 2000 ai look eccentrici del recente Alessandro Michele e l’ho adorata per questo.

Il trend evergreen?

L’attenzione commerciale per i cappotti. Li hanno proposti in tanti e i più riusciti sono quelli super voluminosi e soffici.

soluta e di passione per la progettazione dei capi, ma deve anche stare attenta a non prendersi troppo sul serio. A queste sfilate, infatti, è mancato quasi totalmente il sense of humour: persino da Moschino il dark ha preso il sopravvento sullo spirito cartoon-pop. L’unica eccezione è stata lo show-performance di Sunnei con i dipendenti del brand che indossando i capi della nuova collezione non hanno esitato a lasciarsi cadere dalla pedana sulla folla. «Che atmosfera, e che impatto - sottolinea Heift di KaDeWe. Una trovata inaspettata, che ha suscitato emozione in quanto ha abbattuto qualsiasi barriera tra chi sfilava e chi

ANDREADAMO

assisteva. E una riuscita metafora su quanto sta accadendo nella fashion industry, alla quale la Gen Z chiede di scendere dal piedistallo». L’assenza di sense of houmor va di pari passo con il ridimensionamento del tema diversity, con meno modelle curvy (tra le eccezioni Ashley Graham per Dolce & Gabbana e Lindsey Wixson incinta per Msgm) e la scomparsa o quasi del genderless. I media già denunciano la fine dell’inclusività nella moda, ma i buyer frenano «Il ritorno al classico non significa riavvolgere il nastro. Il genderless non è un’opzione, ma per la FW 2023/24 riguarderà più il guardaroba maschile». 

Quali saranno i must-have del prossimo inverno?

Le gonne lunghe, le tonalità del cioccolato, i pantaloni cargo e le eco-pellicce. Gucci punta su uno stilista, Vuitton su un artista. Qual è la giusta strategia? Sono entrambe interessanti. Gucci con Sabato De Sarno punta a lanciare a ogni stagione prodotti nuovi partendo dai propri archivi. Vuitton si basa per lo più su prodotti core, Pharrell Williams servirà a conquistare nuovi clienti.

È stata la fashion week delle seconde volte: promossi e bocciati?

Ero molto curiosa di vedere come se la sarebbero cavata direttori creativi alla prova successiva all’esordio. Tutti, a mio avviso, si sono migliorati: Filippo Grazioli per Missoni, Rhuigi Villaseñor per Bally. Ma i lavori più efficaci sono stati quelli di Maximilian Davis per Ferragamo e Marco De Vincenzo per Etro.

I trend proposti che diventeranno best seller? E quelli invece a rischio flop? Successo assicurato per le gonne longuette e i mini montoni. Vediamo invece che reazioni avranno le clienti al ritorno dei pois proposto da diversi sti-listi in passerella.

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CLAUDIA GAZZELLONI Womenswear buyer LuisaViaRoma TIFFANY HSU Mytheresa - Vice President Womenswear & Kidswear Fashion Buying DOLCE&GABBANA

UN SALONE DAI NUOVI CONTENUTI

Più spazio allo scouting

La parola ai retailer italiani ed esteri

White sulla strada giusta: «La ricerca fa bene ai negozi»

L’edizione di febbraio ha potenziato l’internazionalità e la creatività delle proposte: una svolta apprezzata dai compratori italiani ed esteri, questi ultimi in crescita dell’8% rispetto a un anno fa. Una richiesta agli organizzatori: investire ancora di più su brand made in Italy specializzati nel total look

DI ALESSANDRA BIGOTTA

Con l’edizione di febbraio White|Sign of the Times ha imboccato una nuova strada, incrementando la ricerca di brand fuori dalle solite rotte e spingendo su un’offerta più internazionale, anche grazie alla nomina di Simona Severini, già socia fondatrice, a capo del team Fashion Research, Promotion and Development. Una svolta recepita dai compratori presenti al salone? A quanto pare sì. «Tra tutte le fiere, italiane ed estere, White si è ritagliato un ruolo unico, dettando contenuti e proposte stilistiche interessanti», esordisce Claudio Betti, titolare delle boutique Spinnaker in Liguria, oltre che vicepresidente di CbiCamera Buyer Italia, presente con uno spazio al Superstudio Più. «Noi compratori cerchiamo qualcosa di diverso e creativo - prosegue -. I nostri contenitori sono già ricchi di top brand e c’è bisogno di designer di rottura, che troviamo solo qui». Tra i brand che hanno colpito l’attenzione di Betti spiccano Studio Pansters, che puntando sulla pulizia delle linee propone capi dalla forte identità, Olubyi Thomas per l’originalità e Romeo Hunt per il mood grintoso e contemporaneo». Un nome, quest’ultimo, inserito nelle Secret Rooms e segnalato anche da Ludovica Carotenuto di Giordano boutique in Campania: «Efficace l’approccio chic e gender fluid di Hunt alla moda - dice -. Sempre nelle Secret Rooms mi hanno colpita i corsetti bohémien Dreaming Eli by Elisa. Scelgo inoltre Avant Toi, sia per l’abbigliamento che per l’home design, le scarpe artigianali

di Calla, le borse La Milanesa (un marchio che tra l’altro è impegnato nel sociale) e le sciarpe di Faliero Sarti, più di semplici complementi. In generale apprezzo di White la ricerca di una qualità oltre gli schemi e spesso legata a valori come la sostenibilità, oltre al fatto che è un crocevia di player internazionali, a livello di compratori e di brand». Georgia Pizzi, buyer di lungo corso che dopo aver collaborato con realtà quali il Gruppo Neiman Marcus e Harvey Nichols lavora per multimarca di alto livello in aree emergenti come il Sudafrica, parla di White come di «una rassegna qualitativa che, soprattutto per gli accessori, presenta novità adatte a department e concept store ed e-shop globali: penso alle borse matelassé di Gava a prezzi competitivi, alle calzature di Mariana Mazza, ex Gucci e Dolce&Gabbana, fatte a Napoli con perle e pietre preziose, al luxury life-

Marchi internazionali a White: 1. Romeo Hunt

2. Dreaming Eli 3. Natalie&Mari dalla Moldavia

4. Zakaryan designed by Nelly Serobyan dall’Armenia 5. Gli orecchini di She Was a Free Spirit, disegnati dalla canadese Erica Donovan

style di In Bed With You, fondato a Firenze da Claudio Lai e Gigi Aterini con il cashmere come materiale d’elezione, e alle “friulane” spagnole di Flabelus». Tra i designer indigeni canadesi, una delle novità dell’edizione di febbraio, Georgia Pizzi segnala Erica Donovan, artista e creatrice dei gioielli handmade She Was a Free Spirit, e la collezione romantica e femminile di Lesley Hampton. «White ha le carte in regola per fare ancora di più - conclude - introducendo nell’offerta validi brand specializzati nel total look donna made in Italy». Arriva da Copenhagen, dove è titolare del negozio Mélange du Luxe, Chris Baran, che afferma: «White è una certezza e stavolta ha accelerato sulla ricerca. Tra i miei must have, oltre a La Milanesa, De’ Hard, una scoperta, i gioielli e gli accessori fashion di Radà, Maison Co.go e le stole di Ermanno Gallamini» 

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STRATEGIA BUYER IN ZONA TORTONA
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GRANDI MANOVRE IN EUROPA

Da Lvmh al Gruppo Prada

Gli eredi si preparano al comando

Le dinastie del lusso alla prova del ricambio generazionale

Il passaggio del testimone rappresenta uno degli snodi più critici per la continuità delle aziende fashion, che sul proprio nome e il culto dell’heritage hanno fondato il loro successo. Non ci sono ricette ma la pianificazione, la presenza di manager esterni e di figure di tutoring possono agevolare il percorso verso la leadership delle nuove leve. Che davanti a sé hanno grandi sfide, come la battaglia green e l’evoluzione del digitale

Il lusso è un mestiere di famiglia. Vale per le grandi dinastie in Francia e vale per le case di moda in Italia, patria per antonomasia del capitalismo familiare. Due poli dell’eccellenza manufatturiera che proprio all’inizio di quest’anno hanno visto alcuni dei loro asset più rappresentativi - oltralpe il conglomerato luxury più grande al mondo, Lvmh, e nel nostro Paese il Gruppo Prada - alle prese con uno dei momenti più delicati nella vita di un’azienda: il ricambio generazionale. Non di un definitivo passaggio di testimone si tratta, in realtà, ma di oculati step in vista di un futuro avvicendamento che, visto il peso specifico dei player in questione, avrà giocoforza un impatto sull’ecosistema del lusso europeo. Quello promosso a cavallo del 2022-2023 dal colosso guidato da Bernard Arnault - 79,2 miliardi di euro i ricavi nell’ultimo fiscal year, con interessi che vanno dalla moda ai profumi, dai gioielli ai vini - è stato uno dei più importanti rinnovamenti manageriali degli ultimi anni, con un rimpasto che ha affidato nuove deleghe alla primogenita Delphine, passata da executive vp di Louis Vuitton a chairman e ceo di Christian Dior Couture al posto di Pietro Beccari, nuovo a.d. e presidente di Louis Vuitton. Solo qualche settimana prima il fratello Antoine - ceo di Berluti, chairman di Loro Piana e head of communication, immagine e ambiente del gruppo

- era stato nominato direttore generale della holding Christian Dior Se e vicepresidente del cda, nella posizione che era stata di Sidney Toledano, uno dei top manager del cerchio magico di papà Bernard. In quell’occasione il capostipite del gruppo - 74 anni

Pianificare la successione

è fondamentale per il futuro aziendale e per dare garanzie agli investitori

compiuti il 5 marzo - aveva sottolineato l’importanza di dare una scossa allo status quo per rimanere agili e competitivi, rimarcando al tempo stesso che non sarebbe andato «da nessuna parte» e mettendo così a tacere le speculazioni che tengono banco dentro e

fuori gli ambienti finanziari intorno a un suo possibile passo indietro e all’erede destinato a salire sul trono dell’impero. Va ricordato che proprio l’aprile scorso gli azionisti di Lvmh avevano approvato il piano per innalzare il limite dell’età pensionabile dell’amministratore delegato da 75 a 80 anni. Di certo c’è che per il momento il clan degli Arnault tiene ben saldo il timone della holding, controllata da Agache (blindata attraverso la recente trasformazione in società in accomandita), con tutta la prole inserita nell’organigramma e responsabilità via via crescenti: oltre a Delphine e Antoine, anche i figli frutto del secondo matrimonio del magnate francese, con Frédéric ceo del marchio di orologi Tag Heuer, Alexandre vicepresidente esecutivo prodotto e comunicazione di Tiffany & Co. e l’ultimogenito Jean, 24 anni, con il ruolo di direttore mar-

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STRATEGIA FAMILY BUSINESS
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keting e sviluppo prodotto degli orologi di Louis Vuitton. «Quella del passaggio generazionale nella moda - commenta Erika Andreetta, partner PwC Italy, Emea Luxury&Fashion leader - è una questione diventata centrale negli ultimi dieci anni per un mero fatto anagrafico, legato al naturale corso della vita dei leader che hanno fondato i grandi brand del lusso. A dare un’accelerata è stato anche il fenomeno delle quotazioni in Borsa, che ha aumentato la necessità di pianificare le successioni per dare garanzie agli investitori». Di nuovo, nell’attuale scenario, c’è infatti soprattutto quest’ultimo aspetto: un approccio razionale allo snodo del turnover che non posticipa la ricerca di soluzioni quando diventa ineludibile, ma lo affronta per tempo e con metodo scientifico, in modo che le nuove leve arrivino adeguatamente attrezzate per l’ora X. «Nelle grandi

case del lusso le persone di seconda o terza generazione hanno sviluppato un percorso di educazione e di esperienza basato sull’idea che un cambio generazionale fosse implicito al loro percorso di carriera - osserva Andreetta -. Hanno spesso maturato expertise grazie a ruoli in realtà esterne prima di entrare nella propria. Per questo il ricambio nelle società più strutturate sta avvenendo in maniera più fluida ed efficace rispetto a realtà medio-piccole o a quanto avveniva in passato». Anche perché nella maggior parte dei casi i proprietari hanno managerializzato l’azienda, inserendo figure di tutoring in grado di seguire e agevolare il passaggio del testimone. È il caso di Prada, che negli ultimi anni non ha tenuto nascosto il desiderio di vedere Lorenzo Bertelli - una laurea in filosofia all’Università San Raffaele discussa con il professor Massimo Cacciari e alcuni successi inanellati come pilota di rallyinsediarsi sullo scranno più alto del gruppo. Ma con i dovuti tempi. Patrizio Bertelli ha parlato di tre-quattro anni, un adeguato periodo di interregno per prepararsi al momento dell’investitura, supportato da un mentore come Andrea Guerra, ex Luxottica, Eataly e Lvmh, nominato lo scorso gennaio ceo pro tempore. La scelta dell’amministratore delegato, che dal 2004 al 2014 ha fatto quasi triplicare il fatturato del gruppo dell’occhialeria, dovrebbe spianare la strada a una transizione morbida, considerati anche il rapporto di lunga data con il patron di Prada, nel 2003 diventato il più importante marchio in scuderia di Luxottica, e la presenza nel management di un’altra figura chiave di connessione tra Bertelli senior e Guerra come Massimo Vian, arruolato proprio dall’executive milanese

1. La prima e la seconda generazione della famiglia Bertelli, alla guida del Gruppo Prada. Lorenzo, classe 1988 e attuale head of Corporate Social Responsibility, è candidato a prendere il timone dell’azienda fra tre-quattro anni. Nel frattempo, per una transizione fluida, il ruolo di ceo sarà ricoperto da Andrea Guerra (foto 3). Con la nuova governance, il patron Patrizio Bertelli mantiene il ruolo di presidente

2. Il clan degli Arnault, al timone del colosso del lusso francese Lvmh: al centro il capostipite Bernard, 74 anni e, a destra, la primogenita Delphine, recentemente promossa a chairman e ceo di Christian Dior Couture, e il fratello Antoine, diventato direttore generale della holding Christian Dior Se e vp del cda. A sinistra, i figli del secondo matrimonio di Arnault senior: dall’alto, Frédéric, Alexandre e Jean, tutti inseriti nel gruppo

quando era al comando della società dell’eyewear e oggi alla corte dei coniugi Bertelli come chief commercial officer. Anche se non sotto i riflettori in questo momento per un imminente cambio di poltrone, altre casate del made in Italy stanno ricollocando le proprie pedine a livello di governance per arrivare preparati al futuro switch: pensiamo al Gruppo Zegna, con Edoardo (figlio del ceo Gildo Zegna, prossimo ai 68 anni) candidato alla leadership della quarta generazione della famiglia biellese. Ma anche a Otb, holding proiettata verso l’approdo in Borsa nel 2024 e capitanata da Renzo Rosso (classe 1955), con tre figli impegnati su più fronti: Andrea Rosso

La decisione sugli eredi deve essere filtrata da persone terze, in modo che non sia viziata da scelte nepotistiche

come direttore creativo di Diesel Living e sustainable ambassador di Diesel (oltre che artefice del suo progetto Myar), Stefano Rosso ceo di Bvx-Brave Virtual Experience (e founder di D-Cave) e Alessia Rosso, North American marketing manager di Diesel Brunello Cucinelli (70 anni il prossimo settembre), da buon imprenditore-filosofo ancorato ai valori solidi trasmessi di generazione in generazione attraverso la famiglia, sta preparando da tempo il futuro passaggio di consegne, con le figlie Camilla e Carolina oggi co-direttrici creative e i loro compagni ambedue in forze a Solomeo (Riccardo Stefanelli, marito della primogenita, dal 2020 è co-ceo

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insieme a Luca Lisandroni e Alessio Piastrelli è nel team stile uomo). Il pedigree, naturalmente, non consente di vivere di rendita. Spesso tanto più il fondatore ha saputo costruire fondamenta solide e allure distintiva intorno al proprio nome grazie a visione e creatività, tanto più risulta complesso tramandare il patrimonio aziendale ai legittimi eredi, non necessariamente predisposti a farsi carico del lignaggio. Fondamentale, da questo punto di vista, l’equità di giudizio al fatidico giro di boa, garantita da consulenti e advisor esterni, come sottolinea Guido Corbetta, professore Entrepreneurship & Family Business all’Università Bocconi: «La valutazione sui giovani non deve essere lasciata ai soli genitori - osserva - ma filtrata da persone terze, come manager e consiglieri di amministrazione, in modo da avere il giusto distacco

Il ricambio generazionale può trasformarsi in opportunità, per portare nuove sensibilità e competenze

emotivo ed evitare scelte viziate da nepotismo». «Non solo in positivo, ingigantendo meriti e virtù - precisa - ma anche in negativo, con errori di sottovalutazione». Cruciale, per non alterare l’obiettività, anche la separazione tra ruoli, quello manageriale e quello creativo, spesso un tutt’uno indistinto e ugualmente forte nei leader della moda prossimi a cedere lo scettro. Un’accortezza che «facilita il processo di successione - dice Corbetta - e al tempo stesso copre dal rischio». Del resto, se una solida formazione accademica e un training sul campo possono contribuire allo sviluppo di skill di alto livello nella sfera del business, questo risultato non è altrettanto scontato in ambito creativo. Fondamentale, dunque, come evidenzia Erika Andreetta, «dotarsi di una governance che da un lato sia

il frutto delle capacità presenti in azienda e, dall’altro, una chiara definizione dei ruoli e di sensibilità diverse e affini». Se le grandi organizzazioni, proprio come stanno facendo Lvmh e Prada, si affidano a una struttura dirigenziale articolata, con posizioni apicali delle nuove leve correlate all’expertise e manager in grado di garantire il funzionamento di ingranaggi complessi, allora il temuto momento del ricambio generazionale «può trasformarsi in una vera opportunità - dice Andreetta - per portare nuove competenze, rinnovare i marchi e permettere un’evoluzione competitiva». Il turnover tra i padri fondatori delle maggiori case del lusso e i loro discendenti coincide del resto con un momento storico di grande incertezza socio-politica e di profondi cambiamenti nei modelli di consumo, forgiati da una progressiva digitalizzazione e da istanze in direzione dell’eco-sostenibilità che solo i capitani d’industria più lungimiranti hanno cominciato ad abbracciare prima che diventassero questioni urgenti e mainstream. Temi come la tutela dell’ambiente, lo sviluppo di un approccio circolare,

1. Foto di famiglia a Parigi, in occasione del Neiman Marcus Award 2023, conferito a Brunello Cucinelli. A Solomeo l’imprenditore è affiancato dalle figlie Camilla e Carolina come co-direttrici creative e dai generi, ambedue in forze in azienda 2. I tre cugini alla guida della Vitale Barberis Canonico, realtà tessile arrivata alla 13esima generazione. Da sinistra, Francesco Barberis Canonico (direttore creativo), Alessandro Barberis Canonico (ceo) e Lucia Bianchi Maiocchi, sustainability manager

la trasparenza lungo la catena della filiera, ma anche le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale e della realtà aumentata, nonché le dimensioni parallele esplorate dal Web3, richiedono sensibilità, interessi e abilità che le nuove generazioni presentano nella maggior parte dei casi come bagaglio in dote naturale. Non è un caso che Lorenzo Bertelli, ceo in pectore del Gruppo Prada, si sia occupato finora di digital (portando a termine anche una collaborazione strategica con Adobe) e sia attualmente head of Corporate Social Responsibility. E che Edoardo Zegna a Biella rivesta il ruolo di Chief Marketing Digital and Sustainability Officer. Lucia Bianchi Maiocchi, esponente della 13esima generazione della famiglia alla guida di un’azienda secolare come il lanificio Vitale Barberis Canonico, è convinta che ogni passaggio generazionale sia «figlio del contesto». Non ci sono regole precostituite, non c’è un libretto d’istruzioni, non c’è un momento giusto, ma c’è un obiettivo che fa da filo conduttore, ossia «preservare i valori dell’azienda, in modo che sopravvivano alla famiglia stessa». Un esercizio al tempo stesso di resilienza e coerenza con i propri principi e di apertura alle correnti esterne che stanno ridefinendo logiche e processi del mercato. «Gestione della supply chain, managerializzazione, sostenibilità e digitalizzazione sono le priorità in agenda per le nuove generazioni al comando», osserva Maiocchi, Sustainability Manager e alla guida dell’impresa di Prativero, in Piemonte, con i cugini Alessandro Barberis Canonico (nel ruolo di ceo) e Francesco Barberis Canonico (direttore creativo). Che però aggiunge un altro mandato per i leader pronti al salto di responsabilità: il focus sul capitale umano. «La nostra azienda è molto automatizzata ma il segreto sono le persone, sempre più difficili da reperire e conservare», spiega l’imprenditrice, informando che nell’ultimo anno e mezzo l’azienda di famiglia ha assunto 110 lavoratori. «Invertire la rotta del disamoramento dei giovani verso le realtà artigianali e produttive - aggiunge Maiocchi - sarà la grande sfida». Sia per un’azienda tessile come la Vitale Barberis Canonico, «dove è necessario tenere le mani affondate nel tessuto», sia per i gruppi dell’abbigliamento di lusso, che sul bello e ben fatto fondano la loro ragion d’essere. 

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Mancano 94mila tecnici: la sfida è ridare dignità ai mestieri artigianali

L’Italia ha un tasso di disoccupazione giovanile che sfiora il 24%, ma l’industria della moda fatica a trovare profili, in particolare quelli tecnici. Si sta già facendo la conta delle competenze che mancheranno nei prossimi anni e - nel tentativo di risolvere il problema - le aziende studiano molteplici iniziative, dalla promozione dei mestieri artigianali, all’ “adozione” di istituti tecnici professionali, fino alla creazione di vere e proprie accademie interne. Al termine dei percorsi formativi il lavoro è praticamente assicurato

Cercansi disperatamente talenti del fare. Uno studio Altagamma-Unioncamere pubblicato nel libro I talenti del fare 2 stima che da qui al 2026 il lusso avrà bisogno di 346mila professionisti, ma potrà coprire solo una posizione su due. «Un paradosso, in un Paese che mostra un tasso di disoccupazione giovanile del 23,7%», osserva Stefania Lazzaroni, direttrice generale di Altagamma, annunciando che sei marchi dell’associazione dei luxury brand - tra cui Gucci, Pomellato e Zegna - hanno deciso di aderire ad Adotta una scuola. Salgono così a 23 le società di Altagamma che supportano il progetto, nato nel 2021 in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, per creare un rapporto virtuoso tra scuole tecniche-professionali e il mondo industriale, riducendo il divario tra domanda e offerta. In particolare, la moda (tessile-abbigliamento, pelli, calzature e altri settori, tra cui i gioielli) necessiterà

di oltre 94mila profili entro il 2026, quando si presume che il settore darà lavoro a 539mila persone. «I più ricercati - precisa Claudio Gagliaridi, vicedirettore generale dell’unione delle Camere di Commercio - saranno i tecnici della lavorazione di tessuti, cuoio, calzature, pelletteria e

Nel 2026 il lusso avrà bisogno di 346mila professionisti ma potrà coprire solo una posizione su due

metalli. La moda in Altagamma segnala, in particolare, che servono prototipisti, disegnatori, grafici e modellisti per la pelletteria, la pellicceria e le calzature, ma anche programmatori di macchine elettroniche e di tecnici dell’industrializzazione, sulla scia degli avanzamenti tecnologici della fi-

liera». Non solo: nell’ambito della trasformazionale digitale serviranno specialisti in digital communication, cloud analyst, digital business analyst ed e-merchandiser. Per rispondere agli obiettivi di sostenibilità ambientale occorreranno esperti in ricerca e sviluppo dei materiali in ottica green. Il recruiting riguarderà anche specialisti nelle relazioni con i clienti, soprattutto di fascia alta.

Confindustria Moda ipotizza una forbice fra 60mila e 94mila assunzioni entro il 2026 (a seconda delle condizioni economiche) e la ricerca di circa 40 diversi profili fra tessile, moda e accessorio. «La maggioranza - specifica Paolo Bastianello, presidente del comitato Education dell’associazione di categoria - spazierà tra professioni tradizionali come addetti alla cucitura, designer, disegnatori tecnici, meccanici di tessitura, orafi al banco e addetti alla pianificazione della produzione. La

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DI ELISABETTA FABBRI DA QUI AL 2026 I profili più ricercati da moda e lusso La parola alle imprese
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transizione digitale ha reso anche urgente l’assunzione di e-commerce manager, digital analyst e supply chain data manager. In tema di green serviranno executive per la sostenibilità ambientale e product life-cycle manager, ma anche responsabili delle risorse umane e periti chimici». «Innovazione e sostenibilità saranno i driver principali delle assunzioni nei prossimi anni - sintetizza Bastianello -. Anche a modellisti e meccanici sarà richiesto di sviluppare competenze digitali specifiche, per l’utilizzo di tecnologie introdotte dall’Industria 4.0. In un’ottica di business circolare e sempre più sostenibile, chimici e ingegneri dovranno mostrare competenze verticali in questi campi». Al momento mancano soprattutto gli operai specializzati e i professionisti nell’area tecnico-scientifica. «Gli iscritti agli Its italiani e alle scuole professionali scarseggiano, nonostante si tratti di assolute eccellenze nel loro campo, in grado di garantire un tasso di occupabilità superiore al 90%, entro pochi mesi dall’ottenimento del diploma - spiega Bastianello -. Per avere chiara la portata del problema, basti pensare che in Italia gli studenti degli istituti tecnici sono poco più di 20mila, mentre in Germania superano gli 800mila». Una delle sfide di Confindustria Moda è dunque ridare dignità al lavoro professionale. «Spesso la moda fa pensare solo al lavoro dello stilista, senza considerare tutta la filiera che, sebbene più in ombra, rende possibile le sfilate che tutti abbiamo in mente - prosegue l’esponente di Confindustria Moda -. Per riuscire nella sfida è fondamentale una stretta collaborazione fra pubblico e privato, ipotizzando una riforma del cuneo fiscale, che renda più competitivi gli stipendi e le nostre aziende, e un ripensamento del mercato del lavoro che, per le politiche attive, preveda un maggiore coinvolgimento di privati e agenzie specializzate». Intanto gli industriali della moda si attivano con eventi ad hoc come i Fashion talent days, tenutisi online lo scorso novembre, per illustrare i profili più ricer-

cati, in collaborazione con l’agenzia per il lavoro Umana e la Piattaforma Sistema Formativo Moda Ets (associazione che riunisce istituti, accademie e università italiane del settore). Confindustria Moda organizza anche i Mastertech della Moda, incontri con studenti e professori per raccontare come evolve la richiesta di competenze, e sta valutando la partecipazione alla fiera Job&Orienta. L’evento più recente è stato allo scorso Micam: la fiera delle calzature è stata l’occasione per presentare a 200 ragazzi con Unioncamere, gli istituti della Rete Tam e Assocalzaturifici, un progetto di perfezionamento dei Percorsi per competenze trasversali e per l’orientamento-Ptco, che coinvolge aziende e istituti.

L’attuale Governo Meloni sembra mostrare una certa sensibilità in materia. Al Tavolo della Moda tenutosi a Roma in gennaio, il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha affermato: «La formazio-

Il Governo si è impegnato alla riforma degli Its e alla creazione di un liceo del made in Italy

ne professionale è un’eccellenza della filiera italiana. Ci impegniamo alla riforma degli Its e alla creazione di un liceo del Made in Italy». Definizione che piace a Serge Brunschwig, numero uno di Fendi e fresco di nomina a responsabile Formazione e Talenti di Altagamma, come emerso alla recente presentazione del premio Mae-

1. Una studente dell’Istituto Secoli alle prese con un prototipo 2. Un’aula della sede dell’istituto inaugurata a Novara lo scorso settembre 3. La realizzazione di borse di alta gamma presso la Emmegi di Padova 4. Un artigiano alla Favaro Manifattura Calzaturiera di Venezia

stri d’Eccellenza, che coinvolge Lvmh e la controllata Fendi, Confartigianato e Camera Nazionale della Moda Italiana-Cnmi, per dare visibilità e slancio al patrimonio artigianale italiano. Per l’occasione Brunschwig ha ribadito l’importanza di avvicinare le nuove generazioni e i loro genitori ai mestieri artigianali, auspicando che Stato, Regioni e Comuni diano il loro sostegno, «per cambiare i percorsi formativi e sviluppare istituti tecnici in grado di offrire una formazione completa, che dia davvero spazio alla filiera, fin dagli inizi del percorso». Prendendo la palla al balzo Carlo Capasa, presidente di Cnmi, ha proposto l’istituzione nelle scuole medie di un’ora alla settimana di made in Italy, per educare i ragazzi alla qualità. «Abbiamo il dovere - ha detto - di preservare il nostro artigianato».

In attesa di sviluppi, le imprese continuano a collaborare con le scuole specializzate oppure organizzano delle mini-accademie interne. Lo scorso autunno a Novara ha debuttato una nuova sede dell’Istituto Secoli che, con partner del territorio come Alexander McQueen, Gucci, Herno, In.Co., Versace e Zamasport, ha iniziato a formare esperti della prototipia. Stando ai numeri, non sembra che gli studenti, neodiplomati e neolaureati, considerino queste scuole di serie B. «Per realizzare una classe di 20 studenti abbiamo fatto 80 colloqui di orientamento - racconta il presidente dell’Istituto Secoli, Matteo Secoli, che è anche al vertice della Piattaforma Sistema Formativo Moda Ets -. Il corso ha ottenuto qualche migliaio di interazioni su Internet e risultano scaricate 1.900 bro-

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chure: numeri del tutto inaspettati. Circa 40 degli 80 candidati sono risultati da subito fuori target. Quelli “giusti” sono apparsi particolarmente motivati e con una buona dose di serietà». Quanto alle aziende, «si sono rivelate molto ricettive e disposte ad accordi di lungo termine». Infatti, per dare un senso ai corsi, il loro supporto va dai tre ai cinque anni, con possibilità di rinnovo. Per il prossimo anno scolastico è già in programma la realizzazione di due gruppi, per un totale di 40 studenti. A loro è garantito uno stage e l’assunzione dovrebbe essere pressoché immediata, vista la forte domanda. I tassi di inserimento risultano alti anche per chi termina i corsi di modellistica a Milano. «Nel 2022 - spiega Matteo Secoli - il nostro servizio di placement ha contato circa 350 posizioni aperte e nei primi mesi del 2023 sono 270, di cui il 38% nella modellistica, il 33% nella prototipia, circa l’11% nell’area prodotto e il 6% nello stile/design. Il resto delle ricerche riguarda i processi produttivi». Uno dei prossimi progetti formativi potrebbe riguardare la gestione del processo di produzione, ma c’è dell’altro. «In questi ultimi anni - sottolinea Secoli - abbiamo ricevuto varie richieste di studiare progetti simili a quello di Novara, per altri distretti industriali. Le stiamo valutando e pensiamo che il nucleo delle sei aziende partner possa presto essere ampliato».

Da Peserico, nel vicentino, il 2023 si presenta come un anno importante per la crescita strutturale e organizzativa dell’azienda. «Già dallo scorso anno - spiega Chiara Albertin, che in azienda segue le risorse umane - si è iniziato un progetto di inserimento di figure strategiche e consolidamento delle linee manageriali, tra cui l’implementazione di due business unit fondamentali: l’ufficio retail e l’ufficio operations. Per questo 2023 prevediamo l’innesto di una quindicina di teste tra fi-

gure operative e line manager. A questo si affianca un piano di inserimento e formazione relativo agli staff dei negozi in apertura». «La difficoltà che stiamo maggiormente riscontrando - aggiunge - non è tanto nel reperimento di candidature, quanto nell’individuazione, all’interno di uno stesso profilo, di competenze tecniche e soft skill nelle nostre ricerche in ambito tecnico (produzione, prodotto e stile), aziendale (figure amministrative, IT e commerciali) e prettamente retail (store manager, visual merchandiser e sales assistent). Il mix di competenze tecniche/ specialistiche e attitudini trasversali, quali flessibilità, proattività, energia e sensibilità, è più difficile da identificare e per questo dedichiamo tempo e attenzione a tutto il processo di selezione». Intanto Peserico,

La

che nasce negli anni Sessanta come laboratorio di pantaloni donna, si concentra sulla formazione continua delle figure interne, legata all’implementazione degli strumenti informatici e dei software IT. In più sta iniziando a sviluppare progetti di alternanza scuola/lavoro con istituti del territorio e un’academy professionale, specie per preparare esperti nell’area stile, prodotto e confezione negli uffici in Veneto ed Emilia Romagna.

Restando in Veneto, anche Nice Footwear, che realizza scarpe sportive per marchi come Avirex, G-Star Raw ed Ellesse, pensa di ampliare l’organico quest’anno. «Prevediamo di inserire nuove figure professionali all’interno degli uffici amministrativo, acquisti, customer service e pro-

dotto - afferma il ceo Bruno Conterno -. Per quanto riguarda le neoacquisite Favaro Manifattura Calzaturiera e il produttore di borse di alta gamma Emmegi, prospettiamo l’arrivo di nuovi operai». Proprio il reperimento di queste ultime figure non è semplice, ammette Conterno, che sta anche investendo nella formazione legata all’utilizzo del nuovo gestionale e ha avviato collaborazioni con l’Università di Padova (dove ha sede Nice Footwear) e il Politecnico Calzaturiero

Nel 2023 il Gruppo Florence - polo produttivo integrato al servizio dei brand del lusso, che conta al suo interno 22 eccellenze italiane - prevede di inserire 200 nuove figure professionali. «Si tratta principalmente di profili tecnico-professionali quali sarti, modellisti, industrializzatori del prodotto, operatori di produzione, ingegneri di processo e pianificatori della produzione, ma anche di figure corporate quali tecnici IT, HR e Finance», specifica il ceo Attila Kiss. «A causa delle difficoltà che stiamo incontrando nel reperire profili di natura tecnica - prosegue - il gruppo intende portare avanti due progetti. Uno, che al momento si chiama Corsi in Academia, riguarda percorsi di formazione per sarta, prototipista o modellista della durata di tre e sei mesi, rivolti a tutte le età, anche a chi è al primo impiego. Inoltre stiamo istituendo una vera e propria “Academia” di formazione diffusa sul territorio italiano, attraverso un percorso di apprendistato duale (che include istruzione e formazione professionale, ndr) per 14-18enni». «Questa iniziativa - precisa il ceo del Gruppo Flo-

24 STRATEGIA RECRUITING
1. La vicentina Peserico punta ad assumere nel retail e nelle operations 2. In gennaio il Gruppo Florence ha rilevato il Ricamificio GS, eccellenza italiana con sede in Abruzzo, per preservare il know how nelle lavorazioni intermedie per il lusso
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difficoltà sta nel trovare, all’interno dello stesso profilo, competenze tecniche e soft skill
CANADIANCLASSICS.IT

rence - si differenzia dai Corsi in Academia, perché gli allievi possono essere assunti come apprendisti duali a partire dal 16esimo anno di età e il percorso di formazione viene costruito insieme alla scuola, per corrispondere alle esigenze specifiche dell’azienda. Durante il triennio, i ragazzi studiano materie canoniche e tecniche specifiche del loro corso di studi e vengono in azienda per una formazione on the job e per cimentarsi sul campo, percependo uno stipendio in base alle ore effettivamente svolte. Il progetto mira anche a garantire una posizione lavorativa ai ragazzi una volta diplomati e a farli diventare nuove leve per l’azienda».

Secondo Kiss le criticità nel recruiting sono legate in parte a un problema di passaggio generazionale delle competenze manifatturiere delle Pmi italiane, dove gli imprenditori hanno costruito l’attività attorno a conoscenze e abilità personali, difficili da trasferire ai successori. Ci sono anche sfide legate alla carenza di un’offerta formativa specializzata e alla difficoltà di trovare giovani interessati a continuare la tradizione manifatturiera. «Questo accade perché abbiamo assistito a una scarsa valorizzazione dei mestieri manuali, da tanto tempo considerati alla stregua di un lavoro di ripiego, per chi non ha altre possibilità - dichiara il ceo del Gruppo Flo-

1. L’evento “Formazione, orientamento, certificazione delle competenze” organizzato da Confindustria Moda, Rete Tam e Unioncamere e tenutosi allo scorso Micam 2. L’Istituto Professionale Statale Bartolomeo Montagna di Vicenza è supportato da Bottega Veneta (Gruppo Kering), nell’ambito dell’iniziativa di Altagamma “Adotta una scuola 2022/2023”

rence -. L’obiettivo della società è quello di mantenere la competitività delle aziende manifatturiere italiane a livello globale, investendo sia in tecnologie avanzate, per migliorare produttività ed efficienza, sia nella formazione e nella trasmissione delle conoscenze». Partito nel 2022, il progetto Academia sta avendo un grande riscontro presso le scuole e le istituzioni, come conferma Kiss. «In novembre - aggiunge - è iniziato anche il Progetto scuole, che mira a creare percorsi di formazione nel territorio italiano. Partito con le scuole di Toscana, Umbria ed Emilia Romagna, a breve rag-

Dietro le criticità del recruiting ci sono la carenza di formazione specializzata e lo scarso interesse dei giovani

giungerà la Puglia, per far sì che i ragazzi capiscano l’importanza strategica del settore della moda e del lusso e che, attraverso un percorso di apprendistato duale, potranno diplomarsi ed entrare automaticamente in azienda. Entro l’estate, invece, Corsi in Academia arriverà in Toscana, presso le controllate Giuntini Fashion e Ciemmeci». L’obiettivo della piattaforma produttiva oggi è consolidare queste sue iniziative per arrivare a garantire la sopravvivenza di antichi saperi, «elemento imprescindibile - conclude Kiss - per l’eccellenza del nostro made in Italy».

DIVENTARE SHOWROOM MANAGER Un corso biennale pensato da Camera Showroom Milano

Ha preso il via lo scorso ottobre la prima edizione del corso biennale per “Showroom Manager” nato dalla collaborazione fra Camera Showroom Milano e Its Academy Machina Lonati. L’associazione che riunisce le principali showroom del capoluogo lombardo ha partecipato alla stesura del piano di studi, fornisce alcuni docenti e garantisce un supporto alla promozione del corso. Inoltre, certe lezioni si stanno svolgendo all’interno delle showroom e, al termine del secondo anno, le associate accoglieranno gli studenti per le 800 ore di tirocinio. Il percorso formativo prepara a competenze tecniche e comunicative che uniscono al saper fare skills di carattere manageriale. Uno showroom manager dovrà conoscere la filiera della moda e le caratteristiche del prodotto made in Italy. Inoltre studierà il branding, la customer experience e le strategie di internazionalizzazione. Nel biennio acquisirà anche competenze creative in vari ambiti, dalla fotografia alla grafica, dall’organizzazione di eventi al visual merchandising. In programma pure la conoscenza dei tool di contabilità e di gestione dei dati, per poter gestire i budget delle campagne vendita e gli investimenti pubblicitari e di comunicazione, a cui si aggiunge lo studio delle potenzialità del Crm, per la gestione dei clienti. Attualmente nel solo territorio lombardo la categoria degli agenti di commercio e distributori moda genera un fatturato di vendite wholesale di circa 5 miliardi di euro e accoglie a Milano 30mila buyer a stagione.

26 STRATEGIA RECRUITING
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Chi vincerà il match tra Sabato De Sarno e Pharrell Williams?

Kering e Lvmh, per i loro due marchi di punta, hanno fatto scelte opposte: uno stilista “classico” per sostituire Alessandro Michele da Gucci e un artista eclettico prestato alla moda per il menswear di Louis Vuitton

La fumata bianca sulla nuova direzione creativa di Gucci e del menswear Louis Vuitton, affidata rispettivamente a Sabato De Sarno e Pharrell Williams, ha innescato subito un animato dibattito. Non solo perché i due profili sono diametralmente opposti, ma soprattutto in quanto espressione di visioni molto diverse sul ruolo del creative director e sull’idea stessa di lusso. Atteso con trepidazione sin dall’uscita di scena di Alessandro Michele lo scorso novembre, il fresco di nomina De Sarno è un insider dell’industria, con una carriera “tradizionale” prima in Prada, poi in Dolce&Gabbana e infine in Valentino, dove da 12 anni a questa parte è stato il braccio destro di Pierpaolo Piccioli. Questa è la sua grande occasione e secondo quanto ha riportato il patron di Kering, FrançoisHenri Pinault, si è imposto sui concorrenti dopo una lunga selezione, con prove che dovevano rispondere a una precisa richiesta: dimostrare di saper iniettare creatività nuova nel brand, ma nel pieno rispetto dei codici iconici di Gucci. Proprio quest’ultimo aspetto sembra aver avuto il suo peso nella scelta del candidato, dopo sette anni di crescita strabiliante del brand sotto la stella di Michele,

che però aveva finito con il fagocitare il marchio, rendendolo a sua immagine e somiglianza. «Il nostro uomo deve adattarsi alla maison e non il contrario», ha ribadito Pinault, scottato anche dalle recenti polemiche innescate dalle controverse campagne pubblicitarie di Balenciaga - altro brand della scuderia Kering - con il direttore creativo Demna Gvasalia costretto a fare mea culpa e a esternare i suoi propositi per il futuro: preoccuparsi solo di creare bei vestiti. Questo del resto a Pinault interessa, ossia «lavorare sull’esclusività, sulla desiderabilità e sulla sofisticazione delle collezioni, continuando a portare sul mercato un prodotto sempre più lussuoso». Diversa l’impostazione del rivale Lvmh, che come direttore creativo per il menswear Louis Vuitton ha scartato l’ipotesi di arruolare talentuosi stilisti in circolazione come Martine Rose, JW Anderson o Samuel Ross, dati per papabili, mettendo a capo del suo marchio più profittevole non un designer ma un musicista, un produttore discografico, una star mediatica come Pharrell Williams. Pietro Beccari, alla sua prima mossa come ceo di Louis Vuitton, ha scelto un creativo eclettico con molte collaborazioni nella moda (da Chanel ad Adidas, da

Moncler a Tiffany), seguitissimo sui social, con l’idea di portare avanti il percorso intrapreso con il poliedrico Virgil Abloh: trasformare il brand in una piattaforma multidisciplinare, in un think tank che non crea solo vestiti ma anche orizzonti culturali. Il fatto che Pharrell non sia uno stilista puro non sembra impensierire i vertici: a lui spetterà più che altro imprimere la direzione, orchestrare l’ufficio stile, creare connessioni e intersezioni tra ambiti eterogenei. E poi avrà solo una parte della responsabilità sui conti del marchio, oltre 20 miliardi di fatturato generati soprattutto da pelletteria e accessori, con un partner nel womenswear come il veterano Nicolas Ghesquière. Sabato De Sarno, dal canto suo, avrà più responsabilità sulle sue spalle, anche se Gucci fattura la metà di Louis Vuitton: creare un sentiero ex novo senza tradire l’heritage della doppia G e rimpiazzare una personalità dirompente - e molto amata - come quella di Alessandro Michele.

PHOEBE PHILO PRONTA A TORNARE IN PISTA CON IL SUO BRAND

 Se nel caso di Pharrell Williams e Sabato De Sarno a dividere analisti e osservatori è la domanda “meglio un designer o una star”?”, in quello di Phoebe Philo il dubbio non si pone. Artefice del rilancio di Céline (quando ancora aveva la “e” accentata, nell’era preHedi Slimane), la stilista britannica riassume ambedue i concetti, perché è una vera designer star. Non sorprende che ci abbia messo così tanto tempo a decidere di tornare in pista, dopo essere rimasta fuori dai radar per oltre cinque anni, mettendosi in gioco con il suo nome. L’annuncio del debuttoinsieme a Lvmh come socio di minoranza - era arrivato in realtà già nel 2021, ma poi

era calato il silenzio. Ora invece c’è una data: settembre. Le aspettative sono altissime per il comeback di questa creativa, definita da Bernard Arnault «tra le più talentuose del nostro tempo». Laureata alla Central Saint Martins di Londra, Philo (compagna di corso di Stella McCartney, che poi ha sostituito da Chloé dal 1997 al 2001), è una stilista che ha lasciato il segno, con una moda superlussuosa ma minimalista e radicata nella realtà. I “Philophiles”, seguaci della creativa, non stanno nella pelle: basti pensare che le quotazioni di Phoebe sono cresciute in questi anni di lontananza dai riflettori, con l’account Instagram Old Celine e i siti di resale che vendono i suoi pezzi con cifre a quattro zeri. Non resta dunque che aspettare.

30 DI
STRATEGIA CAREERS
ANGELA TOVAZZI E ALESSANDRA BIGOTTA

LE NUOVE SFIDE DI COIN CON MARCO MARCHI E UGO TURI

 Fase densa di novità per Coin. Dopo il nulla di fatto nelle trattative di acquisto da parte di Ovs, è arrivata la nomina a presidente di Marco Marchi (nella foto a sinistra), fondatore e presidente di Liu Jo: entrato quattro anni fa nella società con un 15%, ha preso il posto di Giorgio Rossi al vertice del retailer da 300 milioni di fatturato nel 2022 (dai precedenti 288 milioni), che salgono a 440 milioni se si considerano i ricavi dei partner sugli spazi Coin, con un ebitda passato da 13,7 a 18,7 milioni e l’attesa di un utile netto di circa 20 milioni, contro il milione del 2021. Succede invece a Roland Armbruster (il cui mandato è durato poco più di due anni) il nuovo amministratore delegato, Ugo Turi (nella foto a destra), con alle spalle una lunga carriera presso realtà come Fininvest e Montedison e già parte del gruppo di investitori che nel 2018, attraverso la newco Centenary, ha acquistato l’insegna da Bc Partners. A margine del suo insediamento, Turi ha parlato di «nuovi e sfidanti progetti» in vista, uno dei quali focalizzato su piazza Cordusio a Milano, dove è stato affittato uno spazio di 4mila metri quadrati lordi che ospiterà nel 2024 Coin Excelsior, mentre è in dirittura d’arrivo il restyling del punto vendita di Verona, che a sua volta diventerà un Coin Excelsior. Anche su Roma San Giovanni si profilano cambiamenti importanti ed è allo studio un format ad hoc per le città di provincia. Obiettivo per il 2023 un +10% di turnover.

ENNIO FONTANA DA CAVALLI A DSQUARED2

 Espandere il business internazionale e rafforzare l’espansione del marchio sono i due imperativi di Ennio Fontana nel suo nuovo ruolo di direttore generale di Dsquared2 al posto di Sergio Azzolari, il cui mandato è durato circa un anno. Fontana lascia vacante la poltrona da Cavalli, dove era approdato nell’ottobre 2020 e che ha lasciato in ottima salute: in un’intervista dello scorso autunno il manager sottolineava come il 2022 si fosse chiuso a quota 84 milioni di euro (+45%) e l’obiettivo per il 2023 fosse di salire a 120 milioni. «Dsquared2 - dice Fontana - è un brand che ho sempre preso come punto di riferimento nella mia carriera. Sono molto motivato e sicuro di poter dare il mio contributo al suo ulteriore sviluppo». «La sua ampia esperienza nella moda, la visione strategica e la capacità di leadership ne fanno il nostro candidato ideale», gli fanno eco i gemelli Dean e Dan Caten, fondatori nel 1995 della griffe, di cui sono anche direttori creativi. Attualmente le collezioni uomo e donna di Dsquared2 sono prodotte da Staff International e il kidswear da Brave Kid, aziende nell’orbita del gruppo Otb. Nel curriculum di Fontana, laureato in Economia e Commercio all’Università di Passau in Germania, spiccano esperienze in Tod’s e Plein Group, dove ha lavorato per oltre 20 anni, fino ad approdare nell’autunno 2020 al timone di Roberto Cavalli.

ZORNITZA KRATCHMAROVA  NOMINATA ESG LEAD DI RETEX

 Zornitza Kratchmarova è diventata Esg Lead dell’hybrid innovation company Retex, che le ha affidato il compito di occuparsi della strategia di sostenibilità e della governance aziendali. La manager e giornalista è anche Sustainability & Esg advisory director di Connexia, agenzia di marketing e comunicazione di Retex e coordina il team Sustainability & Esg Advisory.

TEMPI DURI PER ADIDAS:

I VERTICI SI RIASSESTANO

 «Il 2023 sarà di transizione, per costruire la base del 2024 e del 2025»: così Bjørn Gulden (nella foto), diventato ceo di Adidas a gennaio in un momento critico per il gruppo, su cui pesano la rottura con Kanye West e un -36% di ricavi in Cina nel 2022, anno chiuso a quota 22,5 miliardi di euro (+6%). Il 2023 dovrebbe essere ancora più sfidante e si profila una perdita operativa di 700 milioni. In questo contesto i vertici si riassestano: entra nell’executive board Arthur Hoeld, veterano del gruppo che passa da managing director dell’area Emea a responsabile delle vendite globali al posto del dimissionario Roland Auschel. Anche il responsabile dei Global Brands, Brian Grevy, lascia l’azienda: le sue mansioni saranno svolte da Gulden. Esteso fino al 2028 il mandato di Harm Ohlmeyer, cfo dal 2017.

TIFFANY & CO. SCOMMETTE

SU LAUREN SANTO DOMINGO

 Lauren Santo Domingo possiede case da sogno in diverse parti del mondo, curate nei dettagli e immortalate su diverse riviste. Alexandre Arnault, executive vice president for Product and Communication di Tiffany & Co., è certo che sia la persona giusta per dare un nuovo twist alla collezione Home and Accessories del brand, di cui l’executive, creativa e socialite è diventata direttrice artistica. Nel suo curriculum esperienze nelle media relation e nel giornalismo di moda, oltre ad aver co-fondato il sito americano di e-commerce Moda Operandi

ANTONIO DE MATTEIS PRESIDENTE DI PITTI IMMAGINE

 Amministratore delegato di Kiton brand made in Italy fondato a Napoli nel 1968 con ricavi pari a 162 milioni (+60% nell’ultimo biennio), Antonio De Matteis è il nuovo presidente di Pitti Immagine, dopo i due mandati affidati a Claudio Marenzi Raffaello Napoleone e Agostino Poletto restano rispettivamente a.d. e direttore generale. Negli ultimi anni segnati dalla pandemia l’ente fiorentino ha investito sia sul digitale, con la piattaforma Pitti Connect, sia sul versante fisico, nelle fiere non solo di moda ma anche di lifestyle: ultima in ordine di tempo Testo sull’editoria contemporanea. Un impegno nell’innovazione che continuerà nel prossimo triennio, andando di pari passo con la modernizzazione della Fortezza da Basso.

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CNMI

PRUDENTE A INIZIO ANNO Nel 2023 la moda crescerà del 4%, sopra la vetta dei 100 miliardi

I FashionEconomicTrendsdella Camera Nazionale della Moda Italiana stimano un rallentamento per il settore in senso allargato (abbigliamento ma anche tessile, pelle, pelletteria, calzature, gioielli, bigiotteria, cosmesi e occhiali), ma l'industria del fashion continuerà a crescere, dopo un 2022 archiviato con un aumento dei ricavi del 18% a 98,33 miliardi, oltre i livelli pre-Covid. Quest'anno il fatturato complessivo dovrebbe raggiungere i 102,2 miliardi, in salita del 4%, nell'ipotesi di un progresso delle vendite all'estero del 7,5% a 86,94 miliardi. Nel 2022 l'export ha invece messo a segno un +19% a 80,87 miliardi. La sola moda, esclusi i settori collegati, è stata trainata dalla Francia (+23,6%, in base ai dati dei primi 10 mesi dell’anno), dagli Usa (+51,9%) e dalla Germania (+16%). Gli acquisti dalla Cina sono saliti del 17,7%, nonostante la situazione critica nella prima metà dell’anno: il Grande Paese si è piazzato davanti a Spagna (+19,9%) e Uk (+16,5%). Tra i primi dieci buyer esteri anche la Corea del Sud (+30%) e il Giappone (+18,8%). Quanto ai settori collegati, il primo buyer è dato dagli Stati Uniti (+22,8%), mentre la Cina non risulta nella top 10. La prudenza per l’anno nuovo è legata all’incertezza geopolitica e all'aumento dei costi dell’energia. Nel 2023 il saldo commerciale della moda e settori collegati è comunque ipotizzato positivo e in aumento a 30,89 miliardi, dai precedenti 29,70 milioni, nonostante la previsione di una accelerazione delle importazioni del 9,5%.

IL PUNTO DI EUROSTAT Fashion in cima alla lista degli e-shopper Ue

Vendite online di nuovo in crescita in Europa. Eurostat ha rilevato che nel 2022 il 91% delle persone di età fra i 16 e i 74 anni nell’Ue ha utilizzato Internet e di queste il 74,6% ha fatto shopping sul web (dal 74,4% del 2021). La quota di e-shopper è passata dal 55% del 2012 al 75% del 2022, con un’impennata di 20 punti percentuali. Acquirenti seriali si trovano soprattutto nei Paesi Bassi (92%), in Danimarca (90%) e Irlanda (89%), mentre l’Italia si colloca al quartultimo posto, con una percentuale che sfiora il 60%. La moda, con abbigliamento e accessori, resta il settore trainante, anche se risulta un lieve calo del tasso di penetrazione, dal 38,5% al 38,2%. Prima dello scoppio della pandemia, questa percentuale aveva registrato un balzo, portandosi dal 34,9% del 2018 al 37,7% del 2019.

LE STIME DI CONFINDUSTRIA MODA Un 2022 di svolta per le calzature

DAI BILANCI 2022

Margini record per il lusso, anche senza Cina

I recenti bilanci dei principali gruppi quotati del lusso hanno messo in evidenza l'abilità di alcuni nel realizzare margini molto alti, nonostante tutte le problematiche del 2022, in primis la situazione geopolitica, il calo delle vendite cinesi e i rincari delle materie prime. Moncler, per citare una delle società più virtuose, ha raggiunto un ebit margin del 30% (dal 29% del 2021), oltre le stime degli analisti (29,5%). Il gruppo del Galletto, i cui ricavi sono aumentati del 25% (senza effetto cambi) a 2,6 miliardi di euro, ha superato colossi francesi come Kering e Lvmh. Il colosso del lusso che controlla brand come Gucci e Ysl ha registrato un ebit margin del 27,5% (dal 28,4% del 2021), dopo il +9% delle vendite a 20,35 miliardi. Il rivale, che ha in portafoglio marchi come Louis Vuitton, Dior e Celine, è rimasto quasi in linea con l'anno prima con il suo margine al 26,6% (dal 26,7%). Nel 2022 il gruppo guidato da Bernard Arnault ha totalizzato un fatturato record di 79,2 miliardi di euro (+17% a

Ebit margin a confronto

cambi costanti). Lo slancio più vistoso è quello di Prada: in 12 mesi l'ebit margin rettificato è passato da 14,8% a 20,1%, mentre i ricavi si sono attestati 4,2 miliardi (+21%). A Londra Burberry ha raggiunto il 18,5%, dal precedente 16,9%, mentre le vendite passate da 2,34 a 2,83 miliardi di sterline. La pole position però va a Hermès, che in un anno ha portato il margine al 40,5%, dal 39,3% del 2021. I ricavi sono invece saliti del 23% a 11,6 miliardi.

Nel 2022 il lusso e l’export hanno trainato la crescita del calzaturiero italiano. In base alle statistiche di Confindustria Moda, il fatturato si è attestato a 14,49 miliardi di euro, in aumento del 14% rispetto al 2021 e in recupero sui livelli del 2019. Per quanto riguarda l'export, nei primi dieci mesi del 2022 il settore ha raggiunto un totale di 10,48 miliardi, in aumento del 23,5%. A livello di mercati, sono stati premianti i risultati in Ue, con la Francia in accelerazione del 24,4% in valore e la Germania che ha comprato il 27,4% in più rispetto a gennaio-ottobre 2021. Oltre la media gli incrementi in Nord America (Usa +60% e Canada +68%) e Medio Oriente (+55%). Bene la Cina: +41% nonostante le oscillazioni legate al Covid. Il saldo commerciale delle calzature italiane, a quota 5,54 miliardi, è risultato in aumento del 7,6%. Invece i consumi interni hanno accusato un calo del 2,5% e non risultano ancora in grado di colmare il gap con il 2019.

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A CURA DI ELISABETTA FABBRI STRATEGIA NEWS
2021 2022 HERMÈS 39,3% 40,5% MONCLER 29,0% 30,0% KERING 28,4% 27,5% LVMH 26,7% 26,6% PRADA 14,8% 20,1% BURBERRY 16,9% 18,5%
Fonte: Camera Nazionale della Moda Italiana p.1 2019 2020 2021 preconsuntivo 2022 previsione 2023 Moda + settori collegati Fatturato (mln €) 90 237 68 76183 338 98 339 102 272 Variazione % 0.8% -23.8% 21.2% 18.0%4.0% Export (mln €) 71 552 56 16867 963 80 87786 942 Variazione % 6.2% -21.5% 21.0% 19.0%7.5% Import (mln €) 39 285 34 67741 349 51 17456 051 Variazione % 2.5% -11.7% 19.2% 23.8%9.5% Saldo con l’estero (mln €) 32 267 21 49126 614 29 70330 891 Occupazione 600mila 560mila N. di imprese 64mila 58mila
SERGIO ROSSI

IL FUTURO DELLE PIATTAFORME ONLINE

Matchmaking strategico per terzisti e piccoli brand I market mover da seguire

Startup e marketplace B2B

Per le imprese italiane, anche le più piccole, le piattaforme di marketplace B2B rappresentano un’opportunità per accedere a milioni di clienti ed entrare in nuovi mercati geografici, anche molto lontani

a misura

di Pmi: la crescita è con il modello del cammello

Strategicamente poco considerate fino a un paio di anni fa, le piattaforme digitali business to business sono sempre più spesso indicate come una chiave per il futuro del B2B. Un sistema di startup che ha grandi progetti, senza inseguire logiche di sviluppo rapido in stile unicorno, ma puntando a crescere e scalare in modo lento e responsabile. Marketplace che mettono in contatto eccellenze dell’artigianalità made in Italy con brand e retailer internazionali e stanno trasformando le filiere e i modelli logistici. Hanno il vantaggio di offrire competenze digitali, scalabilità, inclusione finanziaria, trasparenza e ora, grazie al proliferare dell’intelligenza artificiale, una migliore business experience

Possono essere le piattaforme di marketplace B2B quel centro di gravità permanente che le Pmi della manifattura italiana ricercano per restare competitive all’interno del sistema della moda globalizzato? E uno strumento come il business matching digitale tra brand affermati o emergenti e la filiera locale - caratterizzata generalmente da piccoli artigiani e commercianti e, più in generale, dal ceto medio produttivo - è in grado di rendere ancora più solido il consenso intorno al brand “made in Italy”, divenuto ormai un asset dal valore inestimabile in termini di reputazione e di visibi-

lità, ma anche tra i più venduti nei mercati internazionali grazie a un export che nel 2022 ha superato gli 80 miliardi di euro? Sono diversi i segnali che vanno nella direzione di dare una risposta positiva a queste due domande.

Se infatti la manifattura italiana digitalizzata appare ancora un cantiere, è pur vero che piccoli produttori e laboratori - più lenti delle grandi aziende nel cambiare strategia nel corso degli anni, a causa della mancanza di risorse e di accesso alle conoscenze sulle possibilità a portata di mano - iniziano a scoprire anche i vantaggi delle

piattaforme digitali B2B. Lo fanno affidandosi sempre più spesso a realtà italiane che mettono in contatto eccellenze dell’artigianalità made in Italy con brand e retailer internazionali, a cui possono offrire le proprie produzioni senza intermediari e risparmiando su costi e tempi. Fattori, questi, spesso decisivi per continuare a essere competitivi, pur mantenendo alto il livello qualitativo.

«C’è una grande domanda di manifattura italiana in tutto il mondo, che i marketplace B2B possono aiutare a soddisfare. Il settore è ancora un blue ocean: c’è tanto da

35 INNOVAZIONE DIGITAL EXPORT

fare, specie per conquistare la piena fiducia delle Pmi. La penetrazione di mercato è ancora bassa (siamo in una forbice tra il 5 e il 10%), ma non mi stupirei se nel giro di cinque anni il 40% delle transazioni avvenisse attraverso i canali digitali B2B»: questa la previsione di David Clementoni, fondatore di Italian Artisan, piattaforma digitale che lavora già con 750 aziende della moda made in Italy dove brand, distributori e negozianti di tutto il mondo - attualmente gli iscritti sono circa 15mila - possono accedere per progettare, realizzare e commercializzare prodotti sviluppati da laboratori artigianali e aziende italiane.

50circa

Le piattaforme di matchmaking nel mondo che lavorando garantendo una produzione più etica

DAVID CLEMENTONI

Italian Artisan

«La penetrazione di mercato è ancora bassa (siamo tra il 5% e il 10%), ma non mi stupirei se in cinque anni il 40% delle transazioni avvenisse attraverso i canali digitali B2B»

1. Sono circa 750 gli artigiani e le micro-imprese che lavorano con Italian Artisan

2. I brand, distributori e negozianti che utilizzano la piattaforma pagano un fee sul transato dei beni prodotti e sui servizi aggiuntivi utilizzati

Nel post pandemia i marketplace B2B online rappresentano spesso il primo punto di accesso per valutare la qualità della manifattura italiana. Motivo per cui questo mercato è destinato a crescere e potrebbe addirittura triplicarsi da qui al 2026. L’aspetto del matchmaking, ovvero la capacità di creare il contatto diretto tra le parti per lo sviluppo del new business, resta il servizio principale, ma queste piattaforme si stanno evolvendo da vetrine con un catalogo prodotti da sfogliare a ecosistemi capaci di offrire alle piccole-micro imprese una vasta gamma di servizi, che va dal marketing alla finanza. «Quando devo raccontare alle aziende più digiune di tech in cosa consiste il nostro servizio, dico loro che siamo il prolungamento in formato digitale di un tavolo fieristico, perché andiamo a replicare tante dinamiche che dal vivo si verificano durante un salone di settore, anche se in prospettiva amplieremo ulteriormente la portata dei nostri servizi», racconta Tommaso Zanin, che ha fonda-

to insieme a Marco Mutto e Marco Reiter la showroom online Viamadeinitaly, selezionata nel programma di accelerazione B4i-Bocconi for Innovation. «Per vetrine come la nostra, che basano la propria attività sul pagamento di un abbonamento annuale - prosegue l’imprenditore - la priorità è riuscire a imporsi all’attenzione come selezionatrici di qualità. Infatti i circa 13mila buyer iscritti alla nostra piattaforma devono potersi fidare del livello delle aziende presenti su Viamadeinitaly, anche senza conoscerle di-

Il marketplace B2B è un modello win-win: coniuga gli obiettivi di business delle singole aziende con quelli di transazione digitale di sistema

rettamente. Per questo la partnership stretta con Confartigianato Moda è doppiamente strategica: non solo è la migliore campagna di penetrazione possibile sul territorio italiano per selezionare le Pmi da portare on board, ma poter contare sulle realtà garantite da un’associazione di categoria ci rende da subito un interlocutore accreditato per acquirenti business internazionali». Chi invece ha fatto un passo in avanti già da tempo, e

non è più un consulente che mette in contatto domanda e offerta, è Italian Artisan. «Più che il matchmaking, il nostro obiettivo è garantire che gli affari vengano svolti in modo efficace ed efficiente. Siamo più facilitatori che intermediari. Affianchiamo le aziende nel planning e nel project management per tagliare gli sprechi e ottimizzare meglio i processi, abbattendo i costi di produzione e il time-to-market dei progetti», sottolinea Clementoni, spiegando che il modello di business della piattaforma si basa su una fee sul transato dei beni prodotti e sui servizi aggiuntivi forniti da Italian Artisan. Portando avanti la visione di diventare un Alibaba della produzione di qualità italiana e di creare un ecosistema della manifattura distribuita e organizzata, l’imprenditore ha da pochi mesi ottenuto un finanziamento da 1,3 milioni di euro, di cui 500mila da business angel internazionali e 800mila dal fondo Primo Ventures di Gianluca Dettori, che ha rilevato una quota di minoranza della società. Un investimento che conferma come anche fondi e venture capital siano disposti a scommettere sulle forti potenzialità di sviluppo dei marketplace B2B, giudicati uno strumento trasversale che consente a piccoli produttori e aziende artigianali non soltanto di digitalizzarsi ma di recuperare valore e marginalità, sottraendosi alle strozzature e difficoltà imposte dal sistema produttivo. Anche l’avventura di Mirta è stata sostenuta dalla società di venture capital tedesca Picus Capital, più una serie di investitori che includono l’ex-coo di Yoox, Alberto Grignolo, proprio nel momento in cui - a fine 2021 - la piattaforma, nata B2C e originariamente riferita a clienti privati, decideva di lanciare anche un marketplace B2B rivolto al canale wholesale e su cui dal 2023 ha deciso di focalizzarsi al 100%, abbandonando l’attività B2C. «Se da un lato

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INNOVAZIONE DIGITAL EXPORT
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1. Mirta è nata riferendosi a clienti privati e vede tra i suoi investitori l’ex-coo di Yoox, Alberto Grignolo. Dal 2023 ha attuato un cambjio di business model che prevede solo attività B2B

2. Mipel Lab è una piattaforma digital, ma vive anche fisicamente durante Lineapelle ed è realizzata con il supporto tecnico di Ds Group

FRANCO GABBRIELLI

Assopellettieri

«Mipel Lab è un format che, in futuro, potrebbe coinvolgere altri settori, come la calzatura. L’obiettivo è coinvolgere marchi che non producono in Italia, a causa dei costi più elevati»

+16,4%

La crescita percentuale di affari totali ricevuti attraverso gli ordini online in Italia entro il 2026

Fonte: Euromonitor

abbiamo registrato una voglia del consumatore finale di tornare a provare l’esperienza in store, dopo due anni di acquisti online dovuti alla pandemia, dall’altro ci siamo resi conto che le possibilità di innovare erano legate al mondo del B2B marketplace, che sta vivendo un momento di forte espansione, un po’ come erano stati i primi anni 2000 per l’e-commerce», spiega Martina Capriotti, co-fondatrice di Mirta insieme a Ciro Di Lanno, per spiegare lo scenario in cui è maturata la decisione di cambiare il business model. «Fin dai primi mesi di attività la piattaforma wholesale ha registrato incrementi a tripla cifra nel volume del giro di affari - prosegue -. Per buyer e titolari di boutique indipendenti interessati al made in Italy e al prodotto di nicchia avere un punto di incontro online è diventato fondamentale, non solo per affrontare l’emergenza Covid-19 ma, soprattutto, per scegliere più velocemente, e scalando meglio i costi, cosa far produrre, da chi e con quale timing. Per loro un contatto umano è ancora richiesto ma in una fase successiva, quando si tratta di realizzare nuovi progetti insieme».

La tipologia di matchmaking portata avanti da Mirta è diversa da quella di altri player, che si concentrano sul sourcing pro-

MARTINA CAPRIOTTI

Mirta

«I marketplace sono in forte espansione, come l’e-commerce a inizio anni 2000. Guideranno l’innovazione dei modelli di retail e per questo abbiamo deciso di focalizzarci al 100% sull’attività B2B»

duttivo. Qui il protagonista è sempre l’artigiano, ma non nella veste (richiestissima) di contoterzista ma in quella, attualmente in via di estinzione, di creatore del proprio marchio, destinato a essere venduto nei negozi multimarca. «La forte richiesta di manifattura italiana e lo strapotere dei mega brand hanno portato molte micro aziende con un marchio proprio a convertirsi e produrre solo per altri. Il nostro progetto nasce per ribaltare tale tendenza: sogniamo che queste micro aziende arrivino a produrre al 100% per il loro brand», sottolinea Capriotti, che però non pensa sia il caso di parlare di competizione fra i diversi tipi di marketplace B2B: «Siamo due facce di una stessa medaglia perché, che si tratti

di vendere prodotti o di offrire know how produttivo, in entrambi i casi accresciamo il valore del made in Italy».

Che questi due diversi modelli di piattaforma siano paralleli e sinergici lo dimostra anche l’esperienza portata avanti con successo da Assopellettieri, che sfrutta le potenzialità dei marketplace su entrambi i fronti. Da una parte la fiera fisica Mipel, a cui partecipano aziende a marchio proprio, dove è attiva una partnership proprio con Mirta per aiutare attraverso l’attività digitale gli espositori a reperire ordini anche da buyer che non frequentano fisicamente la fiera di Milano. Dall’altra Mipel Lab, una piattaforma digitale che, 365 giorni l’anno e 24 ore su 24, mette in contatto attraverso un algoritmo aziende di produzione che hanno bisogno di trovare sul mercato brand internazionali che siano intenzionati a produrre in Italia. «Prima della pandemia - racconta il presidente di Assopellettieri, Franco Gabbrielli - c’era la corsa a produrre fuori dal nostro Paese, ma ora accade l’esatto contrario. Anche i marchi del lusso accessibile arrivano a produrre da noi. Per farlo hanno bisogno di quantità maggiori rispetto al lusso e di soluzioni innovative. Le nostre aziende devono riuscire a fronteggiare queste sfide, con

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«Con i soci Marco Mutto (a sn.) e Marco Reiter (a dx.) abbiamo vestito di “umano” un servizio digitale, aspetto apprezzato dalle Pmi, mentre per i brand è determinante il deal con Confartigianato: se si fa business senza toccare con mano, un “bollino di garanzia” è fondamentale»

la capacità di unire una produzione organizzata a un’elevata qualità del loro know how, anche applicata all’uso di materiali e metodologie nuove. È una grande opportunità per lavorare in sinergia».

Il 2023 potrebbe essere l’anno di svolta per i marketplace B2B nel settore manifatturiero italiano. La sfida principale per gli attori di questo settore è la capacità di farsi conoscere al più ampio numero di Pmi possibile e sviluppare nuovi servizi a valore aggiunto. E poi c’è la tecnologia, con l’Intelligenza Artificiale che sta lavorando a favore di queste piattaforme, per aumentarne l’efficienza e fornire in tempo reale lo stato dei lavori in corso. «Investiremo principalmente in tre ambiti: nell’innovazione di processo, perché vogliamo fornire alle Pmi una tecnologia con accesso semplificato. Inoltre nel marketing, per accrescere la nostra visibilità in mercati come gli Stati Uniti e il Medio Oriente. Infine nelle risorse umane, focalizzandoci su figure commerciali e sviluppatori», anticipa David Clementoni, prevedendo che Italian Artisan riuscirà a triplicare il gross merchandising value (transato) nel corso del 2023 rispetto al 2022.

Le prospettive di crescita sono stimolanti anche per Viamadeinitaly, che si prepara a compiere il passo da vetrina a piattaforma operativa. «Non ci limiteremo più a mettere in contato eccellenze dell’artigianalità made in Italy con brand internazionali - racconta Tommaso Zanin -. Dal 2023 le operazioni potranno avvenire direttamente sulla nostra piattaforma e inizieremo a

oltre 2/3

degli chief apparel purchasing officer prevede che la digitalizzazione sarà la più grande opportunità di crescita nei prossimi anni per i supplier

Fonte: McKinsey

offrire una gamma più ampia di servizi, aiutando i clienti a ottimizzare i processi e ridurre gli sprechi e aiutandoli anche nei pagamenti: stiamo lavorando all’introduzione di soluzioni buy now pay later». «Per compiere questi passi in avanti - continua - avremo bisogno di una spinta e in quest’ottica stiamo cercando ulteriori investitori, ma sempre in un’ottica di crescita sostenibile. Non inseguiamo logiche da unicorno: direi che Viamadeinitaly è più un cammello, in quanto

Sul fronte tecnologico, gli strumenti di Intelligenza Artificiale (AI) stanno lavorando per aumentare l’efficienza delle piattaforme

puntiamo a un modello più resiliente e socialmente significativo, che ci consenta di crescere senza dipendere da continue iniezioni di capitali e di sopravvivere agli alti e bassi dell’economia».

Anche Mirta, dopo la scelta di focalizzarsi al 100% sul business B2B, ha intenzione di tenere il piede saldamente premuto sull’acceleratore: «Ci aspettiamo che la crescita futura sia condizionata dal potenziamento della nostra offerta merceologica - precisa Martina Capriotti -. Attualmente

lavoriamo con 400 marchi ma il numero salirà, anche se in maniera controllata. Dagli inizi ci siamo concentrati sulla pelletteria e poi sono arrivate le scarpe, ma ora che il pubblico di riferimento è il canale wholesale abbiamo intenzione di approfondire il lavoro sull’abbigliamento, una categoria molto rilevante per i negozi multimarca. Inoltre aggiungeremo ancora più valore ai servizi, che sono già il nostro forte, partendo dai minimi d’ordine flessibili, con pagamenti a 60 giorni. Solo così elimineremo i problemi di invenduto e faciliteremo la scoperta di brand sempre nuovi». Quando di parla di scenari futuri è impossibile non chiedersi il ruolo che avranno le fiere fisiche nel far scoprire a brand e retailer la grande opportunità offerta dalle piattaforme digitali B2B. Micam e Première Vision offrono già uno spazio-vetrina a Italian Artisan, ma Gabbrielli di Assopellettieri è convinto che i saloni potranno essere ancora più strategici e Mipel Lab lo dimostra. «Non si tratta solo di un salone (la versione fisica si svolge all’interno di Lineapelle, ndr) e nemmeno di una semplice piattaforma digitale - sottolinea -. Mipel Lab è un concept dinamico per far dialogare le aziende del sourcing made in Italy. Un format che, in futuro, potrebbe coinvolgere altri settori, come la calzatura. È impossibile prevedere oggi quali dimensioni prenderà il fenomeno del marketplace B2B e del matchmaking, anche alla luce di nuovi strumenti come l’intelligenza artificiale, ma una realtà come Assopellettieri può e deve fornire strategie per intercettare la domanda».

INNOVAZIONE DIGITAL EXPORT 38
TOMMASO ZANIN ViamadeinItaly

Scalapay acquisisce l’istituto di pagamento italiano Cabel IP

12MILA DOWNLOAD Lookalike punta sulla ricerca visuale

Una mossa strategica per l’azienda leader nel Buy Now Pay Later, per espandere ulteriormente la propria presenza, già forte, sul mercato europeo. In seguito al deal Cabel IP diventa Scalapay IP adottato le soluzioni di pagamento Scalapay per acquisire più clienti e incrementare le vendite. Mi spingerei ad affermare che siamo il fornitore di  Buy Now Pay Later più amato in Europa a giudicare dall’Nps (90+) e dalle valutazioni di soddisfazione dei clienti», è il commento di Mancini. «La licenza - ribadisce - ci permetterà di offrire la sua esperienza di slow payment a un numero ancora maggiore di nazioni. Grazie alla licenza i merchant possono ora integrare Scalapay tramite il loro fornitore di servizi di pagamento  (Payment Services Provider, Psp)». Scalapay, come ricorda il manager e imprenditore, «ha una lunga lista d’attesa di commercianti che vogliono integrare le sue soluzioni tramite il loro  Psp, molti dei quali cercano un’alternativa ad altre soluzioni  Bnpl, prive della visibilità che Scalapay possiede in tutta l’Europa meridionale o che hanno dimostrato di fornire meno valore, sottraendo loro i clienti nel tentativo di creare una cosiddetta super app». In uno scenario in cui oltre 3,5 milioni di utenti fanno shopping online e in negozio, Scalapay dà a oltre 5mila marchi e 7mila punti vendita fisici la possibilità di offrire ai clienti esperienze di shopping definite da Mancini «uniche», con marchi come  Veralab,  Douglas,  Patrizia Pepe,  Twinset,  Alpitour,  Best Western e altri. Nell’operazione l’azienda è stata assistita da Legance-Avvocati Associati, come consulente legale esterno, per gli aspetti di M&A e regolamentari, e da  PricewaterhouseCoopers per le questioni relative all’integrazione con la società appena acquisita.

Scalapay è il primo player italiano del Buy Now Pay Later (Bnpl) a ottenere una licenza dalla Banca d’Italia. Quest’ultima ha autorizzato l’Unicorno - fondato nel 2019 dall’a.d. Simone Mancini insieme a Johnny Mitrevski e valutato 1 miliardo di euro - ad acquisire l’istituto di pagamento italiano Cabel IP, diventando azionista unico della società, in modo da velocizzare la sua diffusione in tutta Europa e supportare il lancio di nuovi prodotti e servizi. In seguito al deal Cabel IP verrà rinominato  Scalapay IP. Si tratta di una mossa strategica per l’azienda, che continua a espandere la presenza sul mercato europeo, dove è già leader in vari Paesi - in primis Italia, Spagna e Francia - e dove potrà ampliare gli orizzonti, attraverso il passporting della sua licenza. «I merchant europei hanno

IL LANCIO DURANTE IL SALONE DEL MOBILE

Il nuovo configuratore 3D Zegna X rivoluziona il made to measure

Frutto di due anni di ricerca e sviluppo, l’ecosistema digitale Zegna X messo a punto dal brand di menswear, nato nel 1910, si arricchisce di un configuratore 3D evoluto. Sviluppato con il partner tecnologico Shin Software, verrà utilizzato nella prima fase su capi e calzature della collezione Luxury Leisurewear e permetterà agli style advisor di Zegna di suggerire ai clienti i look ideali per le loro specifiche necessità, contando su 2.300 Sku (Stock Keeping Unit) di personalizzazione e sulla possibilità di creare 49 miliardi di combinazioni tra abiti e stili, realizzabili con un approccio tailor made e spediti nel mondo in meno di quattro settimane. «L’aggiunta del servizio made to measure all’innovativo configuratore 3D - afferma Edoardo Zegna, chief Marketing, Digital and Sustainability del marchio - è un’estensione diretta di Zegna X. Il su misura rappresenta oggi il 10% del fatturato: l’aggiunta della funzionalità di Zegna X ne favorirà la crescita e lo sviluppo». «La tecnologia - continua - diventa un lusso quando riesce a semplificarti la vita. E per la nostra azienda il mondo digitale è molto più di un canale di vendita». Il primo maxi screen dedicato al configuratore 3D Zegna X verrà presentato ufficialmente ad aprile durante il Salone del Mobile di Milano nel flagship in via Montenapoleone. Subito dopo avverrà il lancio nei principali global store Zegna worldwide. Entro fine anno il nuovo tool sarà disponibile per i prodotti del mondo tailoring ed entro il 2024 i clienti avranno la possibilità di personalizzare qualsiasi look della collezione, collegandosi a zegna.com attraverso i propri dispositivi.

a.b.

Dal lancio nel maggio 2022, il motore di ricerca Lookalike ha raggiunto i 12mila download, coinvolgendo 200 marchi. La particolarità della tecnologia lanciata da  Ilenia Enna è che permette di sondare il web tramite le immagini e grazie all’AI. «Da appassionata di fashion - afferma Enna - ho riscontrato la fatica di ritrovare sul web un articolo visto nelle vetrine di un negozio, sui social o indossato da altri. Avendo esperienza nel performance marketing, ho analizzato i dati dei siti di moda, scoprendo che in media una persona svolge sette ricerche prima di trovare l’articolo desiderato». Con Lookalike basta scaricare l’app e uploadare l’immagine di un capo o accessorio (screenshot, foto scattata con il cellulare o scaricata dal web) per abbinare la ricerca con un database, restituendo i risultati organizzati in un marketplace visivo. Aggiornato giornalmente con le giacenze e disponibilità dei negozi online, Lookalike riporta all’utente solo risultati che in un dato momento sono presenti presso gli e-commerce dei brand, evitando i casi di articoli “disponibili a breve” o terminati. Lo storico delle ricerche è salvato nella sezione “gallery” del proprio account e gli acquisti avvengono in sicurezza sul sito del marchio del capo scelto. L’app mostra all’utilizzatore la proposta più simile a quella caricata, indipendentemente dalla notorietà dei brand presenti nel database. Tutti i marchi hanno quindi la medesima chance di visibilità. Nei prossimi piani di Ilenia Enna c’è l’internazionalizzazione, partendo dell’Europa e pensando agli Usa. e.f.

39 INNOVAZIONE NEWS
Grazie al configuratore 3D Zegna X è possibile creare 49 miliardi di combinazioni diverse tra abiti e stili, da realizzare su misura e che vengono spediti in tutto il mondo in meno di quattro settimane Simone Mancini, co-fondatore e ceo di Scalapay

POWER up

Una nuova generazione di stilisti, che crede nell’upcycling di tessuti già esistenti e sceglie il made-to-order come volontà di andare lenti. Un modo per godersi il processo creativo senza avere premura, con la vocazione comune al non sovraprodurre.

DI

CORRADO

LA PERSIA INCONTRA L'AMERICA

Nata in Iran e cresciuta tra Europa e Stati Uniti, Amis Garrigue, artefice del brand Giberna, punta su una combinazione unica tra eleganza persiana e modernità americana. Amis si era già fatta notare già quando, adolescente, progettava borse e accessori, che vendeva a familiari e amici. A New York è diventata stilista di moda. Da lì l'incontro con il fotografo francese Guillarme Garrigue, diventato suo partner nella vita. Dividendosi tra Dallas e Parigi, Amis ha fondato una società di borse limited edition e una di consulenza. Nel frattempo ha portato avanti collaborazioni con Eric Jarossay, ex designer per YSL, Andrew Gn per lanciare Garrigue & Jarossay, Jason Wu per le borse nella SS2007 e, nel 2009, Judith Leiber come direttore creativo. Una donna dagli infiniti talenti, che si è imposta non solo come una delle designer più versatili, ma anche come affermata imprenditrice del lusso.

SHUTING QIU

Designer Shuting Qiu www.instagram.com/ shutingqiu/

CONTRASTI APPARENTI

Shuting Qiu è nata ad Hangzhou, ha studiato ad Anversa, ha presentato le sue collezioni a New York e Milano e ora vive e lavora a Shanghai. Appassionata di pittura fin dall’infanzia, ha coltivato il suo talento presso la Royal Academy of Fine Arts, famosa per aver sfornato talenti come i sei di Anversa. Proprio partendo dalla pittura Qiu ha iniziato ad avvicinarsi al fashion design, creando un melting pot di stampe, il tratto distintivo delle sue collezioni. La designer utilizza tessuti deadstock, recuperati da tutto il mondo, tra cui stock vintage e avanzi, oltre a ricami composti da paillette brillanti e lustrini a contrasto. Un nuovo modo di fare moda, in equilibrio tra arte e riciclo, preservando l’artigianato, gli artigiani e le tradizioni del Paese d’origine.

GIBERNE

Designer Amis Garrigue

www.giberne.com

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INNOVAZIONE DESIGNER TO WATCH

DISTOPICA FANTASIA PLASTICA

Il rapporto di Roberto Corona con ago e filo è iniziato da bambino, aiutando la mamma a cucire. Una cerimonia dell’ago che si è trasformata in un legame con il passato e la tradizione, per sfociare in un mix multicentrico di cultura pop, ricerca e innovazione come nella mini-bag Bad at Math, che unisce un'altissima manualità e creatività alla sensazione di avere in mano uno scacciapensieri allo stato puro. Il punto di forza sono le perline coloratissime, con la loro poetica pop-soul, in una distopica fantasia plastica che fa impazzire le celebrities californiane e non solo.

SOSTENIBILE & COOL

Basato in Puglia, nel settembre 2022 il marchio Officina Artistica ha voluto alla sua direzione creativa Vincenzo Civita, diventando molto richiesto dalla nuova generazione. Scorrendo il feed del profilo Instagram @officinaartistica si respira un’estetica ispirazionale che viaggia nel passato tra i volumi degli anni '80/90, con un focus su pelle e maglieria. Per la collezione co-ed FW2023 Civita si ispira all'energia alla bellezza imperfetta dei giovani, per raccontare emozioni intime e personali.

IL SACRO FEMMINILE

DEJAMIS

Designer Maria Pedetta

Laura Falchi

www.dejamis.com

Quando l’amicizia si trasforma nel progetto di due donne che amano viaggiare, conoscere e comprendere il mondo: Maria Pedetta, anima creativa di Dejamis, con studi all’Accademia di Brera ed esperienze nel teatro, e Laura Falchi, insegnante. Nel 2021 nasce la prima collezione immaginata dalle donne per le donne, fatta di capi intercambiabili e modulabili secondo la funzione e il proprio stile personale. Un gioco di contrasti fra i tessuti, leggeri e trasparenti ma anche materici, per uno stile meditato, che svela e al tempo stesso nasconde

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Vincenzo Civita www.officinaartistica. com
OFFICINA ARTISTICA
Designer
Roberto
www.badatmath. shop/en-it
BAD AT MATH Designer
Corona

Le big tech in lotta per l’intelligenza artificiale

Testa a testa fra Microsoft e Google, che deve recuperare la figuraccia fatta dal suo AI conversazionale Bard. Anche Amazon non perde tempo e in Cina Alibaba e Baidu sono in prima linea nella ricerca del chatbot che sbaragli tutti gli altri

Ormai non si parla d’altro: i chatbot con intelligenza artificiale integrata, che nulla hanno a che vedere con quelli a cui siamo abituati, sono il futuro e scatenano la competizione tra le big tech. L’ultima in ordine di tempo è Amazon, che ha siglato attraverso la sua divisione Aws (Amazon Web Services) un accordo non esclusivo con Hugging Face, startup newyorkese specializzata in AI generativa, con l’obiettivo di ampliare i propri servizi cloud e integrarli con strumenti di nuova generazione, con l’obiettivo di ottenere le massime prestazioni a prezzi concorrenziali. Del resto, il gruppo di Seattle è lo stesso che, a suo tempo, ha lanciato in anticipo sui competitor l’assistente vocale Alexa e Hugging

za artificiale, che porterà anche Outlook e Word al next level. Quanto a Google, ha recentemente svelato Bard, ma l’esordio non è stato dei migliori: l’IA conversazionale studiato per arginare la vertiginosa ascesa di ChatGpt (che potrebbe mettere a rischio l’esistenza stessa di un motore di ricerca come Google) è stato bacchettato da esperti e appassionati di astronomia per un’affermazione errata a proposito di un telescopio spaziale e la conseguenza è stata che l’azienda di Mountain View ha bruciato in un giorno 100 miliardi di dollari di capitalizzazione. Del resto pare che anche Bing con ChatGpt abbia i suoi limiti, in quanto «troppo fantasioso», senza contare che nella versione beta ChatGpt è fermo

UN REPORT DI BIGCOMMERCE

La moda cresce nell’e-commerce ma può fare di più

Face, dal canto suo, ha l’intento dichiarato di «democratizzare il buon machine learning». La mossa di Amazon (che sta investendo anche sugli Nft, per i quali è in arrivo un marketplace dedicato) arriva dopo quelle di Microsoft e Alphabet/Google: il primo, che ha investito 10 miliardi di dollari in OpenAI (artefice del chatbot di cui tutti parlano, ChatGpt, dove Gpt sta per Generative Pretrained Transformer), punta a una versione avanzata del motore di ricerca Bing interamente basata sull’intelligen-

a informazioni del 2021. E’ però già in uso, mentre Bard muove ora i primi passi. I colossi cinesi non stanno a guardare, anche se le censure del governo rendono il percorso dell’AI più tortuoso: in segreto Alibaba sta studiando il suo antiChatGpt mentre Baidu, che per il Paese di Xi Jinping è una sorta di Google, ha già pronto il suo bot conversazionale, Ernie Chiaramente anche tra le startup c’è molto fermento: tutte vorrebbero essere le nuove OpenAI e Hugging Face e uno dei nomi che circolano di più è quello di Anthropic - realtà guidata dai due ex OpenAI, gli italo-americani Dario e Daniela Amodei -, che con il suo progetto chiamato Claude ha attratto un mega-investimento da parte di Google. a.b.

Dal recente  Global Ecommerce Report di BigCommerce, alla voce moda e abbigliamento emerge che per il 44% dei retailer interpellati la priorità è ottimizzare l’esperienza del cliente tramite una presenza omnicanale, un’assistenza clienti potenziata e un migliore servizio di spedizioni. È solo uno dei dati salienti dello studio, che ribadisce come puntare su una strategia omnichannel sia diventato essenziale. «Nel 2022 i fashion retailer si sono riavvicinati alla normalità e sono tornati a poter soddisfare i bisogni dei consumatori. Eppure il ritmo di crescita del settore moda e abbigliamento resta inferiore, se comparato ai risultati del mondo e-commerce in generale», sottolinea  Irene Rossetto (nella foto), country manager della piattaforma di commercio elettronico leader nel settore del software-as-a-service (SaaS). Da gennaio a giugno dello scorso anno «i rivenditori di moda e abbigliamento a livello mondiale - afferma la country manager - hanno registrato un aumento del 3% in termini di valore lordo della merce (gmv) rispetto al primo semestre 2021. Un dato in sé positivo, sebbene il gmv complessivo dei rivenditori BigCommerce di qualsiasi settore sia cresciuto del 6%». Un dato che segnala un ritardo nel comparto moda soprattutto in Europa, Medio Oriente e Africa (Emea), anche a causa dell’inflazione. Se la clientela viene fidelizzata nel modo giusto i margini di crescita sono ancora molto alti: accade per esempio nel social commerce, particolarmente adatto ai fashion brand. «Nel primo quarter del 2022 i rivenditori di moda che vendono su Instagram - informa Rossetto - hanno visto il numero totale degli ordini yoy (year on year) balzare del 74% rispetto all’analogo periodo del 2021». È utile puntare su una strategia che non prescinda dal mondo offline ma che lo completi, mettendo sempre il cliente al centro. «Un netto vantaggio - concludeapparterrà a quanti utilizzano l’architettura headless, che consente ai retailer di disporre di un livello di flessibilità senza precedenti». a.b.

42 INNOVAZIONE NEWS
SOLO CHATGPT
NON
1. Microsoft ha investito 10 miliardi di dollari in OpenAI, società artefice di ChatGpt 2. Il logo Google “scomposto” per annunciare il lancio di Bard
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3. Anche Amazon non perde tempo e sigla un accordo non esclusivo con Hugging Face

IL DIGITAL NATIVE GOOVI PASSA

DA ARTSANA AL GRUPPO SODALIS

● Goovi entra nella galassia di Sodalis. Il gruppo specializzato nel settore health, beauty e personal care ha rilevato da Artsana Group la maggioranza del marchio di bellezza fondato da Michelle Hunziker e Massimo Dell’Acqua nel 2008. Con l’acquisizione, la famiglia Granata punta a sfruttare le competenze digital di un marchio già ben posizionato sul mercato, grazie a una vasta community social, e a massimizzare le vendite di Goovi nel canale e-commerce.

L’ORÉAL: MAKE-UP SEMPRE PIÙ INTELLIGENTE CON HAPTA E BROW MAGIC

● L’Oréal è sempre in prima linea sul fronte dell’innovazione tecnologica e anche quest’anno dal Ces ha portato a casa due premi per altrettanti prototipi all’avanguardia. Uno è Hapta, il primo applicatore di make-up al mondo computerizzato e portatile, progettato per utenti con mobilità ridotta di mani e braccia (circa 50 milioni di persone in tutto il mondo). La sperimentazione partirà nel 2023 con Lancôme e si focalizzerà dapprima sul rossetto. Adatto invece a tutti è L’Oréal Brow Magic, sviluppato insieme alla tech company Prinker. Si tratta di un applicatore intelligente per il trucco delle sopracciglia, che permette di ottenere una forma adatta al proprio viso comodamente a casa propria e senza ricorrere a costosi servizi professionali come il microblanding.

MY BEAUTY WHISPER: CONSULENZE PERSONALIZZATE? SI PAGANO CON IL BEAUTY COIN

● Una moneta virtuale per ricevere consulenze personalizzate di bellezza. È l’ultima novità high-tech promossa da My Beauty Whisper, la piattaforma dove una community di 84mila beauty lover ricevono consigli di bellezza a 360 gradi, dal trucco alla cura della pelle, dall’hair care alle fragranze, con le ultime novità sul fronte cosmetico. Con la nuova valuta, la app eleva il suo servizio perché permette di avvalersi, oltre che della consulenza di base gratuita dei beauty coach, anche di quella professionale, in modo semplice e veloce. Basta cliccare sul profilo prescelto e prenotare con il tasto Booking l’appuntamento. A rispondere c’è un team di specialisti, costituito da sei profili: l’informatore cosmetico qualificato, il farmacista cosmetico, il make-up artist, lo skincare expert e il beauty expert, tutti consultabili via chat, chiamata e videochiamata. Il servizio è disponibile tutti i giorni, dalle 8 alle 24.

NEW ENTRY

RINDERKNECH

AI VERTICI DEL BEAUTY LVMH

● Stéphane Rinderknech

presidente e amministratore delegato della divisione profumi & cosmetici di Lvmh. Il manager supervisionerà tutti i 15 marchi beauty del gruppo francese, portando avanti parallelamente la guida della divisione Hospitality Excellence, dove era entrato un anno fa al posto di Andrea Guerra

AVON

ITALIA

PROMUOVE ROSITA CONTE

● In forze da 21 anni nell’azienda beauty, leader mondiale nel canale della vendita diretta, con ruoli di crescente responsabilità e in mercati come Spagna, Regno Unito e Turchia, Rosita Conte è la nuova general manager di Avon Italia. In carica dal primo marzo 2023, prende il posto di Alessandro Mirandola

KIKO SI RINFORZA CON TOBIAS KARLSSON

● Kiko Milano rafforza il suo management team con Tobias Karlsson, nuovo Global Real Estate director. Suo il compito di portare a termine gli obiettivi ambiziosi dell’azienda beauty: raddoppiare la rete dei negozi nei prossimi cinque anni, con l’obiettivo di arrivare a oltre 2mila punti vendita entro il 2027.

UNA NUOVA PIATTAFORMA PER LA COMMUNITY DI BSOUL

● Una community di 200mila donne tra clienti e utenti social, un’esperienza completa con un supporto 24 ore su 24, una customer retention che raggiunge quasi il 73% e una order retention quasi al 70%, per un fatturato che a tre anni dalla nascita ha superato i 2 milioni di euro. Sono questi i “numeri” di BSoul, azienda toscana di cosmetici naturali, fondata da Martina Bindi, estetista con esperienza pluriennale nel campo beauty, e Claudio Zampino. Loro l’idea del “trasform-aging”, che non comprende solo la beauty routine, ma anche diversi aspetti lifestyle, dall’alimentazione all’attività fisica, con un approccio olistico. Su questa lunghezza d’onda nel 2023 è ai blocchi di partenza una nuova piattaforma dedicata alle donne over 50, un segmento che necessita di contenuti ad hoc e dall’alto potenziale di spesa.

ARRIVA IN ITALIA IL SOCIAL SELLING DI ISAGENIX

● Ha debuttato lo scorso primo febbraio la filiale italiana di Isagenix, marchio dedicato al benessere a 360 gradi, creato negli Stati Uniti da Jim e Kathy Coover, con il loro figlio Erik. Dalla fondazione, nel 2002, la società si è espansa in tutto il mondo, grazie al canale della cosiddetta vendita diretta e del social selling, totalizzando vendite globali pari a 8 miliardi di dollari. Con un’offerta che va dagli integratori alimentari alle bevande proteiche, dai prodotti per la cura della pelle ai sistemi di disintossicazione, l’azienda è impegnata anche sul fronte green: tra gli obiettivi a breve-medio termine, quello di arrivare a zero rifiuti entro il 2028. «Abbiamo appena lanciato il mercato italiano - dice la country manager della Regione Mediterranea, Roberta Alberton - e possiamo contare già su una buona comunità di leader. Il mio obiettivo è aiutare gli incaricati a costruire il loro business e stiamo già riempendo il calendario 2023 di eventi e formazione online e offline».

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A CURA DI ANGELA TOVAZZI INNOVAZIONE BEAUTY TECH

CAMERA SHOWROOM MILANO

CSM è un’associazione autonoma, libera, apolitica ed indipendente.

CSM è dedicata a tutti gli showroom multibrand di Milano più rappresentativi del fashion e con una forte vocazione internazionale.

CSM ha tra i suoi obiettivi fondamentali l’esigenza, resa ancor più forte dalla recente situazione congiunturale, di fare squadra.

CSM ha concretizzato, grazie alla collaborazione con Confartigianato Moda, importanti attività durante le Fashion Week di Milano:

ARTISANAL EVOLUTION + CSM MEETS SUSTAINABILITY APP WAOOO + CSM IN PARIS

CSM - PERCHÈ SENZA UNA VISIONE COMUNE, NON ESISTE FUTURO!

CAMERA SHOWROOM MILANO

ringrazia

1ST FLOOR

999 SHOWROOM

ARETE’ SHOWROOM

ASESTANTE BRERAMODE

BOIOCCHI SHOWROOM

CASILE & CASILE

CONTINUO

DANIELE GHISELLI SHOWROOM

DMVB SHOWROOM

ELISA GAITO SHOWROOM

FATTORE K MILANO

GARAGE MARINA GUIDI

MANNERS

MARCALEC GROUP

MODERN SHOWROOM

PANORAMA MODA

PERCORSI OBBLIGATI

PROGETTO MILANO

RENZO VESENTINI MILANO

S5 SHOWROOM

SD SHOWROOM

SHOWROOM A. FICCARELLI

SHOWROOM DUNE

SHOWROOM JE T’AIME

SHOWROOM PAPAVERI

SPAZIO 38

SPAZIO COLTRI

SPAZIO LIBERTY

STUDIO 360 SHOWROOM

STUDIO POGGIO

STUDIO TATO SOSSAI

STUDIO ZETA

STYLE COUNCIL SHOWROOM

THE PLACE SHOWROOM

ZAPPIERI

CAMERA BUYER ITALIA CAMERA BUYER ITALIA

I NUMERI DELLA SOSTENIBILITÀ DI CUOIO DI TOSCANA

Tracciabilità, eccellenza Made in Italy e una tradizione che si tramanda da generazioni si confermano skill vincenti per il Consorzio Made in Italy, che ha raggiunto i 200 milioni di fatturato

Tutta la sostenibilità di Cuoio di Toscana è tornata sotto i riflettori di Lineapelle. Il marchio, creato nel 1985 per diffondere la cultura del cuoio da suola del Consorzio eponimo che rappresenta sette concerie dei distretti di San Miniato e Santa Croce sull’Arno in provincia di Pisa, ha tramandato il suo heritage di generazione in generazione, costruendo la cultura di un materiale naturalmente green, il cuoio. Naturale, plastic free e riciclabile, ma soprattutto uno scarto dell’industria alimentare trasformato in un prodotto pregiato, destinato altrimenti alla discarica o all’inceneritore. Oggi il Consorzio ha raggiunto i 200 milioni di fatturato, grazie alle aziende virtuose del distretto, che lavorano secondo criteri ecosostenibili regolati da norme stringenti nell’intera supply chain, con un impegno costante per il benessere animale e la depurazione delle acque, per il riciclo dei residui solidi e l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili. Una tradizione che nel tempo è diventata simbolo di qualità, tracciabilità e alto artigianato Made in Italy, conquistando i mercati europei come Francia, Portogallo, Germania e Gran Bretagna, per arrivare all’America, Cina e Giappone. La sostenibilità per Cuoio di Toscana non è un racconto, ma un impegno che coinvolge la supply chain

da monte a valle e le fasi di lavorazione del cuoio. Verde come il territorio verso il quale il Consorzio nutre un forte senso di appartenenza, considerandolo una fonte di ricchezza da tutelare sempre e comunque, insieme alle sue risorse. A caratterizzare la produzione del brand è il processo relativo alla concia vegetale lenta in vasca, radicato nei secoli e basato sull’utilizzo di materiali naturali come i tannini (estratti dalle piante di castagno, mimosa e quebracho), che garantiscono una lavorazione esente da

metalli, a tutela della salute dei consumatori e della qualità delle creazioni. Da qui nasce la suola non a caso di colore verde, che prevede la trasformazione delle pelli grezze in un materiale durevole, riconosciuto in tutto il mondo, ed è un manifesto dei valori dell’azienda. «La suola verde è il nostro simbolo - commenta Antonio Quirici, Presidente del Consorzio Cuoio di Toscana -. Dalla natura per la natura, essenza dei valori di Cuoio di Toscana come il lusso, l’esclusività e la sostenibilità».

CUOIO DI TOSCANA for
Cuoio di Toscana Green Sole Cuoio di Toscana Prize Antonio Quirici, Presidente del Consorzio Cuoio di Toscana

LA PAROLA AI MULTIBRAND

Focus sulle vendite donna

Il punto sulla FW 22/23, l'incipit della SS23

Il retailer? Più che un venditore è un alchimista del brand mix

I negozianti devono saper individuare il giusto mix tra nomi noti ed emergenti, in modo da costruire ex novo total look speciali e unici. Anche nel servizio la parola d'ordine è massima personalizzazione: la cliente cerca in tutti i touchpoint, fisici e online, quell'attenzione in grado di rendere l'esperienza d'acquisto gratificante, attraverso il digitale ma anche riscoprendo le tradizionali riparazioni sartoriali

DI ALESSANDRA BIGOTTA

L'autunno-inverno 2022/2023 si è chiuso in modo positivo per la stragrande maggioranza dei circa 40 retailer intervistati da Fashion a proposito delle vendite donna di stagione, ai quali abbiamo anche chiesto un primo bilancio del sell out primaverile. Quasi la metà del panel dice di aver superato i numeri di un anno fa e il 43% sottolinea una sostanziale stabilità, a fronte di una minoranza alle prese con un calo. Complessivamente una buona notizia, anche se non va dimenticato che durante

la FW 21/22 il Covid-19 si faceva ancora sentire mentre ora lo scenario è cambiato, anche se con incognite diverse. Il sondaggio tocca diversi argomenti: i saldi, le merceologie e i brand vincenti, i criteri di scelta delle consumatrici a livello sia di prodotto che di servizio, i passi avanti dei retailer sul fronte dell'evoluzione digitale, il problema dei prezzi e le prospettive per i budget della FW 23/24. Iniziando dai saldi, croce e delizia per i dettaglianti, l'andamento nelle date ufficiali è stato più o meno fifty-fifty

Come sono andate le VENDITE DONNA della FW 22/23?

49%

SONO CRESCIUTE RISPETTO ALLA STESSA STAGIONE DEL 2021/2022

43%

HANNO MANTENUTO GLI STESSI LIVELLI DI UN ANNO FA

8% SONO CALATE

47
MERCATI BUYERS' SURVEY HERNO Tutti i dati sono aggiornati all'8 marzo 2023

LA PAROLA AI RETAILER MULTIBRAND

Qual è stato il marchio BEST SELLER FW22/23 di womenswear?

1 Herno

2 Moncler, Max Mara

3 Polo Ralph Lauren

E il brand che ha venduto meglio ONLINE?

1 Moncler

2 Elisabetta Franchi

3 Jacquemus, Autry

Tra gli ACCESSORI chi ha vinto?

1 Saint Laurent, Autry, Orciani

2 Gucci, Prada

3 Jacquemus

C’è un marchio donna OLTRE AI GRANDI NOMI da segnalare?

Toteme Inoltre Del Core, Giuseppe di Morabito, Durazzi, Vitelli, Bode NY, Phili, Rabbit, Tulize, Perfect Moment, Khaite, Frida Zazou, 813 Annalisa Giuntini e altri

Qual è la MERCEOLOGIA che ha venduto di più al femminile?*

Cappotti

Pullover e cardigan

Sneaker e calzature sportive

Piumini e capispalla sportivi

Giacche

Pantaloni

Pelletteria e cinture Abiti per la cerimonia e le occasioni Abiti eleganti per il quotidiano

48 MERCATI BUYERS' SURVEY
Saint Laurent Toteme Moncler Missoni Max Mara
54 % 43 % 21 % 37 % 16 % 37 % 21 % 56 %
Camicie Calzature
Gonne Felpe 8 % 8 % 8 % 5% 2% * Risposte multiple
classiche
Elisabetta Franchi Ph Steven Meisel

tra stabile e buono o discreto, con percentuali di riduzione dei prezzi mediamente fra il 30% e il 40%. Per una minoranza le vendite ribassate non sono andate bene, ma al di là delle percentuali per quasi tutti l'argomento saldi resta spinoso: «Una parola che oggi è pura accademia - dice qualcuno - con il web che detta le condizioni su un mercato dopato» «Di fatto gli sconti ci sono tutto l'anno», rincara qualcun altro. Difficile non cedere alla tentazione delle promozioni anticipate ma c'è chi ancora resiste e, anche quando attiva i saldi, lo fa selezionando con attenzione i capi da ribassare. Incidono poi sulle tempistiche le condizioni meteo sempre più imprevedibili, magari con un clima ancora troppo caldo quando si dovrebbe comprare a prezzo pieno e, per lo meno in certe zone, improvvisamente troppo freddo nel momento in cui i saldi hanno inizio. Ad ogni modo, non sembra che il prezzo sia il fattore che le donne guardano per primo nel momento in cui comprano un capo di un certo livello. Abbiamo chiesto ai negozianti una classifica su quello che le clienti cercano dal punto di vista del prodotto e al primo posto troviamo la creatività, tallonata dalla concretezza di ciò che si sta acquistando (il famoso value for money) e dai materia-

li. Il prezzo come leva per lo shopping si piazza solo al quinto posto, dopo la novità delle proposte e seguito dal made in Italy, una voce che forse ci si aspettava fosse più incisiva. Allo stesso modo, alla domanda su quanto abbia pesato il caro prezzi sul sell out, pur essendo in pochi coloro che hanno risposto «per nulla» e in tanti quelli che hanno ammesso che un impatto lo ha sicuramente avuto, vince un 54% che

Il caro prezzi è stato affrontato dai dettaglianti limando i propri margini e concentrando meglio l'offerta

ne ha risentito ma relativamente, anche se spesso ha dovuto limare i propri margini, studiare strategie di contenimento dei costi o concentrarsi su un numero minore di pezzi per non sforare il budget. La verità è che la consumatrice si fa sempre più esigente: lo si vede nei periodi di sell out a prezzo pieno e anche durante i saldi, dove permane la richiesta di vendita assistita. Il servizio deve essere personalizzato, con l'ausilio del digitale - un ambito su cui la stragrande maggioranza del campione sta

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CLAN UPSTAIRS - Milano VALTELLINI - Rovato in Franciacorta AGNETTI - Macerata MODES - Milano e altre sedi
E nel SERVIZIO?
Appuntamento personalizzato instore
Messaggi via mail o Whatsapp sulle novità 3 Riparazioni sartoriali
Promozioni ad personam
cerca la clientela femminile nel PRODOTTO?
Creatività
Concretezza
Materiali
Novità
10 CORSO COMO - Milano
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Cosa
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2
3
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25% MEGLIO

63% STABILE RISPETTO A UN ANNO FA 9% TROPPO PRESTO PER DIRLO 3% PEGGIO

investendo, dal rinnovamento del proprio e-commerce al Crm, passando per la comunicazione via social - ma anche improvvisandosi un po' psicologi e talent scout. Le clienti vanno coccolate e fatte sentire uniche da addetti alla vendita che le devono seguire passo passo, meglio se dotati di iPad per assecondarle o disponibili a chattare con loro. Il discorso non cambia nell'online: «La nostra strategia in quest'ambito - afferma Aldo Carpinteri di Modes, classico esempio di omnicanalità ad alto livello - ha l'obiettivo di avvicinare sempre più l'esperienza digitale a quella fisica, moltiplicando i punti di contatto attraverso i quali la comunità può esplorare il mondo Modes». Di recente il retailer ha lanciato su modes.com la sezione pop-up: «Alimentata dal servizio Concierge - racconta Carpinteri - questa parte ruota intorno a oggetti rari e unici e si connota come una nuova vetrina per il meglio dell'arte e del design, dell'alta gioielleria e degli orologi di lusso. In altri termini, una nuova frontiera per il nostro pubblico internazionale». Come sempre, il sondaggio chiede di indicare quali siano i marchi best seller e mai come questa volta le indicazioni sono frammentarie, ma Didi Corbetta di Valtellini non si

sorprende: «Penso che la nostra vera forza - commenta - stia nel proporre magari cinque capi con cinque brand diversi, creando outfit che nascano dalle nostre scelte, frutto di un brand mix che deve avere una percentuale equilibrata tra i grandi nomi e i marchi di ricerca». Tornando al discorso prezzo, Corbetta osserva: «Incide, ma non è determinante. L'importante è che abbia sempre un senso e quindi sì anche ai prezzi alti, ma con un elevato valore intrinseco».

Sabato De Sarno da Gucci? «Con uno stilista non di grido, ma che conosce il prodotto, il brand è in buone mani»

A proposito di marchi, genera buzz l'arrivo di Sabato De Sarno da Gucci: cosa si aspettano i retailer che commercializzano questa griffe? «Penso che sarà un successo - risponde Beppe Angiolini di Sugar, facendosi portavoce del sentire di molti, anche se qualche scettico c'è -. Marco Bizzarri non sbaglia un colpo e anche questa volta non deluderà. Con Alessandro Michele ha fatto un percorso straordinario e ora apre un nuovo capitolo con

50
Come è iniziata la primavera 2023
?
MERCATI BUYERS' SURVEY
ZERO - Verbier NOHA - Brindisi FELLONI DONNA - Ferrara DIVO BOUTIQUE - S. Maria a Monte e Pontedera NUGNES - Trani

RINGRAZIAMO PER IL CONTRIBUTO

10 Corso Como Milano - Agnetti Macerata - Andriani Taranto - Avant-garde Andria

(Bt) - Biffi Boutiques Milano, Bergamo - Boutique Cinzia Abano Terme (Pd) - Boutique

Stella Asiago (Vi) - Clan Upstairs Milano

- Colognese Montebelluna (Tv) - Cuccuini

Livorno, Pistoia, Massa Carrara, Forte dei Marmi (Lu), Punta Ala (Gr), Porto Cervo (Ss), Madrid

Come sarà il vostro BUDGET di moda donna per la FW 23/24?

52% STABILE 26% IN CALO 22% IN AUMENTO

presupposti diversi, puntando su uno stilista non di grido ma che conosce profondamente il prodotto». «Per Gucci - aggiunge Gino Cuccuini di Cuccuini - il marchio fa tanto. Il direttore artistico conta ovviamente, ma il motore è l'ufficio stile in grado di interpretare i suoi input nel rispetto del brand». Il sondaggio va oltre la FW 22/23, per sondare gli inizi della SS23: una stagione che, sull'onda degli ultimi mesi in cui nell'alternanza tra piumino e cappotto

Lo si è visto già questa stagione, ma anche alle sfilate: basta tute, la donna riscopre la femminilità

vince nettamente quest'ultimo, sta già assistendo all'affermazione degli stili classico rinnovato e contemporary. «Basta tute, torna la femminilità», sottolinea Ludovica Carotenuto di Giordano Boutique. Un trend che, in base a quanto emerso alla fashion week milanese, scandirà anche la FW 23/24. Stagione quest'ultima che, a livello di budget, è nel segno della prudenza: poco più della metà del panel lo manterrà stabile e solo il 22% lo aumenterà. 

- Deflorio dal 1948 Noicattaro (Ba) - Divo Boutique Santa Maria a Monte e Pontedera (Pi)

- Edward Donna Trani (Bt) - Felloni Donna

Ferrara - Galiano Napoli e Sorrento (Na) - Giglio Palermo - Giordano Boutique Pompei (Na) - Guarini Donna Pescara - Il Conte

Terni, Roma - Julian Fashion Milano Marittima (Ra), Lido degli Estensi (Fe), Rimini, San Marino - L’Incontro Modena - La Boutique di Adani Modena - Mantovani San Giovanni

Valdarno (Ar) - Marcos Mondovì e Prato Nevoso (Cn) - Marinotti Cortina d’Ampezzo (Bl)

- Michele Inzerillo Palermo - Modes Milano, Portofino (Ge), Forte dei Marmi (Lu), Porto Cervo (Ss), Forte Village-Santa Margherita di Pula (Ca), Cagliari, Trapani, Favignana (Tp), St. Moritz, Parigi - Moras Boutique Intimiano (Co)

- Nida Caserta - Noha (Brindisi) - Nugnes

Trani (Bt) - Papillon Corigliano Calabro (Cs)Sugar Arezzo - Spinazzé San Donà di Piave (Ve)

- Tufano Moda Pompei (Na) e Scafati (Sa)Valtellini Rovato in Franciacorta (Bs) - Zero Verbier (Svizzera)

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MORAS - Intimiano DEFLORIO DAL 1948 - Noicattaro EDWARD DONNA - Trani GALIANO - Napoli e Sorrento COLOGNESE - Montebelluna

Da End a Kick Game: lo streetwear inglese scommette su Milano

Praticamente in contemporanea, le due insegne multimarca britanniche specializzate in sneaker hanno scelto di far partire dalla capitale della moda italiana i rispettivi piani di espansiore retail a livello europeo

1. End Clothing ha aperto in via Mercanti 21 un flagship store su tre piani di 2mila metri quadrati con 17 vetrine

2. Il negozio di oltre 250 metri quadrati in corso Matteotti 10 di Kick Off, il reseller che in Uk fa concorrenza a StockX

Nella moda i proclami assoluti - «il marchio del momento», «il capo must have», «lo stilista number one» - funzionano sempre. E oggi, «la città in cui investire» è senza dubbio Milano, almeno per quanto riguarda i retailer multibrand inglesi dello streetwear. Ovviamente il capoluogo lombardo è sempre stato un punto nevralgico dello shopping a livello globale, ma è impossibile non notare che a inizio 2023, praticamente in contemporanea, due importanti insegne multibrand, specializzati in sneaker, hanno scelto entrambe Milano per il loro primo opening al di fuori della Gran Bretagna. Il primo in ordine di arrivo è stato Kick Game. Il reseller specializzato in sneaker rare e introvabilicome Air Jordan, Nike, Yeezy, Off-White, Trapstar, Fear of God, Essentials, Supreme -, che in patria ha già otto store ed è considerato un concorrente di StockX, ha inaugurato il 19 febbraio scorso un flagship store di oltre 250 metri quadrati in corso Matteotti 10, a pochi passi dal Duomo.

INTANTO IL FATTURATO TOCCA 85 MILIONI

L’arrivo di Kick Game sotto la Madonnina è la prima tappa di un piano di espansione che riguarderà tutta l’Europa. A ruota è stata la volta di End Clothing, - la realtà multimarca di proprietà del fondo Carlyle, che conta già negozi a Londra, Glasgow, Newcastle e Manchester - a orchestrare lo sbarco retail a Milano. Il nuovo negozio, in via Mercanti 21 all’angolo con via Orefici, a pochi metri da piazza Cordusio, è su tre piani e copre una superficie di circa 2mila metri quadrati, affacciati su ben 17 vetrine: anche in questo caso è il primo punto vendita aperto fuori Uk. Semplice coincidenza o strategia? Per capirlo si dovrà attendere e vedere se prossimamente altri brand inglesi proveranno accrescere la loro presenza su Milano. All’appello mancano ancora molte insegne brit, prima tra tutti Harrods, il cui sbarco nella capitale dello shopping italiano è stato più volte dato per imminente ma mai concretizzato. Vedremo se il 2023 sarà l’anno giusto. (an.bi.)

Julian Fashion, nel 2024 arriva il megastore di Milano Marittima: sarà green e firmato da Gonzalez Haase

Con un fatturato stimato di 85 milioni per il 2022, Julian fashion continua ad attraversare una fase di espansione nel business e negli investimenti, che culminerà nel 2024 con l’apertura di una nuova luxury destination a Milano Marittima, sede dell’insegna multimarca guidata da Sabina Zabberoni (nella foto). Il flagship store - «quasi un department store» lo definisce l’imprenditrice -, sorgerà al posto dell’Arena Mare, sala cinematografica all’aperto chiusa dal 2019 e di alcuni negozi adiacenti. Il progetto porterà all’unificazione degli attuali negozi di Julian uomo e donna che saranno presentate in un unico spazio di due piani e 3.500 metri quadrati in un concept nuovo, incentrato su bioedilizia e sulla sostenibilità e affidato allo studio di architettura berlinese Gonzalez Haase, che ha firmato anche lo store di Modes a Parigi. (an.bi.)

A MILANO NEL 2023

The Corner in pole position per il progetto premium di Coin

L’apertura è prevista per il secondo semestre del 2023, ma Coin non ha ancora rivelato con quale concept inaugurerà il nuovo store all’interno di The Medelan in piazza Cordusio a Milano. Il negozio, data la location, aprirà con un format più alto rispetto ai negozi Coin tradizionali, prevedendo la presenza di brand del segmento premium e lusso. Per questo progetto il gruppo, guidato da Marco Marchi e Ugo Turi, avrebbe già individuato un partner strategico: in pole position ci sarebbe The Corner, il gruppo multimarca che fa capo a Vittorio Chalon. In passato Coin aveva già stretto partnership con realtà multibrand, come Antonia e Sugar, a cui aveva affidato la direzione creativa dell’insegna Excelsior Milano

OPENING Eleonora Bonucci investe sul Kid

Eleonora Bonucci ha aperto una nuova boutique dedicata al Kid a Viterbo, in piazza Giuseppe Verdi. La boutique si estende su 200 metri quadrati, dove sono disponibili collezioni per bambini e ragazzi dai 0 ai 16 anni. Con questa nuova apertura salgono a sette i punti vendita del retailer, concentrate nel centro Italia.

52 MERCATI RETAIL MULTIBRAND
1 2
SETTIMO

DOPO LO STOP ALLO ZERO-COVID

Prospettive incoraggianti per la fashion industry

La Cina riapre e lo shopping cambia mood: anche per i cinesi «si vive una volta sola»

Il Grande Paese esce dai ripetuti lockdown con un tasso di crescita del Pil ai minimi, ma secondo gli esperti del lusso i fondamentali del consumo sono solidi. Nonostante le maggiori possibilità di viaggiare e i gap di prezzo, si prevede che parte della spesa per i beni di alta gamma resterà in Mainland China

Nel quarto trimestre 2022 il Pil cinese è rimasto invariato su base trimestrale ed è aumentato del 2,9% rispetto allo stesso periodo del 2021. In base ai dati dell’Ufficio Nazionale di Statistica, nel 2022 la Cina è cresciuta del 3% rispetto al 2021: il livello più basso da oltre 40 anni, a causa dei problemi legati all’epidemia di Covid, con conseguenti ripercussioni sulla catena di approvvigionamento e rallentamenti negli impianti produttivi. Secondo la società di consulenza Bain & Company ne hanno risentito anche le vendite personali di lusso domestiche, diminuite del 10% nel 2022, dopo cinque anni di crescita esponenziale.Ma un miglioramento potrebbe evidenziarsi già entro la fine del primo trimestre del 2023. A innescarlo il fatto che dai primi di gennaio la Repubblica Popolare ha riaperto le frontiere e che in occasione del Capodanno cinese è emersa una certa dose di revenge spending. La National Taxation Administration locale riporta

Le stime di analisti finanziari e consulenti Le vendite di lusso in Cina potrebbero migliorare già

che nella settimana del Nuovo Anno, fra il 21 e il 27 gennaio, le vendite sono aumentate del 12% rispetto alla holiday season del 2022. La spesa media giornaliera ad Hainan, paradiso dello shopping dutyfree, è più che triplicata rispetto ai livelli pre-Covid, mentre nei luoghi chiave dello shopping di Pechino le vendite al dettaglio sono salite di quasi il 14%. A Shanghai, gli incassi di mall come Plaza 66, Ifc e Taikoo Li Quiantan sono aumentati a cifra singola rispetto alla stessa settimana del 2022 e a Chengdu i retailer di riferimento hanno segnato un +6%.

I fondamentali del consumo in Cina sono ancora solidi, considerato che l’ex-Celeste Impero vanta un numero maggiore di consumatori a medio e alto reddito, rispetto a mercati emergenti come l’India, il Sud-

2022

Il Cdf Mall di Sanya, città nel Sud dell’isola di Hainan, meta del turismo balneare cinese. Si tratta di una delle maggiori destinazioni dello shopping duty-free al mondo

2022

Est asiatico e l’Africa, ed è previsto il raddoppio di questa categoria entro il 2030, come si legge nel China Luxury Report di Bain & Company. Sulla debolezza dei consumi di lusso del 2022 non hanno inciso solo i lockdown legati al Covid (dal secondo trimestre in poi), ma anche il calo del mercato immobiliare, l’aumento della disoccupazione e i timori legati a nuovi focolai. Tutte le categorie dell’alto di gamma sono state colpite, ma i segmenti con una forte componente dei ricavi online hanno avuto un minore impatto. Ad esempio, il beauty di lusso, che vanta un grado di penetrazione dei canali online pari al 50%, ha subito una contrazione del 6%. Moda e lifestyle sono invece diminuiti del 15%20%. Chi è cresciuto ha beneficiato anche di fattori come la dimensione, l’imprinting iconico e la maggiore concentrazione sui very important clients-vic: il rallentamento dell’economia ha colpito i consumatori di lusso entry-level, più che i clienti con un elevato patrimonio netto. Un altro trend osservato da Bain è la contrazione delle vendite duty-free, a causa della limitazione ai viaggi aerei (-30% ad Hainan, per citare un caso): un calo solo parzialmente

54 MERCATI CINA
shopping cinese tax-free in Italia: 2019-2022 a confronto 2019
entro il primo trimestre Lo
Fonte: Planet RESTO DEL MONDO 53% RESTO DEL MONDO 63% RESTO D’ITALIA 13% VENEZIA 7% TORINO 9% FIRENZE 9% ROMA 13% CINA 53% CINA 3% STATI UNITI 12% STATI UNITI 34% MILANO 49%

compensato da un aumento della spesa per cliente. Per fronteggiare questa situazione, gli operatori del settore hanno puntato sull’e-commerce domestico, complicando così la vita ai brand del lusso che vogliono armonizzazione i prezzi tra canali (si notano gap anche del 60%-70% nel beauty e del 25%-35% nelle calzature).

Secondo gli analisti del lusso di Bernstein guidati da Luca Solca, in gennaio player come Lvmh, Hermès, Richemont e Swatch Group hanno registrato una rapida ripresa nella Cina continentale, ma anche a Hong Kong, Macao e in Giappone. I dati di una loro recente indagine sui consumatori mostrano una notevole impennata della domanda di viaggi e di spese di lusso, oltre i livelli pre-pandemia e degli ultimi tre anni. «Ciò suggerisce una domanda repressa - dicono gli esperti - che potrebbe essere correlata tra i due settori. Come i consumatori occidentali, anche quelli cinesi stanno cercando di aumentare la spesa complessiva per il lusso. Con un atteggiamento “yolo” (“you only live once”, “si vive una volta sola”, ndr) sono più propensi a fare acquisti impulsivi». Nonostante la riapertura ai viaggi e le differenze di prezzo, gli analisti prevedono che parte della spesa per il lusso rimarrà nella Cina continentale. «I negozi di lusso fisici - precisano - rimangono la scelta preferita dai consumatori cinesi ma si nota un aumento nell’adozione delle sub-applicazioni del canale WeChat e dei contatti diretti con i venditori, attraverso l’applicazione di messaggistica cinese». Gli esperti rilevano inoltre che il Daigou (il mercato parallelo in cinese) e gli e-commerce multimarca di lusso esteri hanno registrato un graduale declino della fiducia negli ultimi anni, raggiungendo il punto più basso dopo la riapertura. Un’altra tendenza è che i cinesi

sembrano aver accettato una situazione di promozioni basse o nulle e sono meno guidati dalle offerte promozionali, man mano che i marchi del lusso salgono la curva della disciplina dei prezzi. Red e WeChat emergono come le due piattaforme social più importanti per i locali, quando si tratta di acquistare luxury good. Quanto alla ripartenza dei viaggi, quelli interni stanno riprendendo rapidamente, con la generazione più giovane e gli abitanti delle città Tier 1 e Tier 2 che guidano il trend. La ri-

I giovani e gli abitanti delle città di prima e seconda fascia trainano la ripresa dei viaggi interni

presa dei viaggi internazionali è attesa graduale, con un fenomeno coerente in tutti i livelli di città e in tutte le fasce d’età. Da tenere presente che i cinesi in viaggio tendono a fare acquisti di lusso più impulsivi, specie le giovani generazioni. Bernstein vede un ritorno ai livelli di consumo di lusso precedenti al Covid entro quest’anno. Tra le varie categorie di prodotto, secondo il suo recente China Consumer Survey, vinceranno borse, gioielli e orologi. A livello di marchi, invece, Louis Vuitton e Cha-

1. Lanvin ha realizzato proposte ad hoc per celebrare l’Anno del Coniglio, quarto segno zodiacale cinese

2. Il department store Skp-S a Pechino

nel si distinguono dalla concorrenza. Il sondaggio fa emergere un potenziale per una revisione al rialzo delle stime dei ricavi delle aziende del lusso. La riapertura cinese potrebbe tradursi in un big bang, con i consumi cinesi destinati probabilmente a tornare a crescere a un tasso del 15% visto prima della pandemia. Con una quota della domanda globale di lusso stimata del 10%, nel 2023 la Cina dovrebbe riconquistare il primo posto tra i Paesi acquirenti.

«L’industria - dicono gli esperti di Bernstein - beneficerà di una forte ripresa della domanda cinese, proprio quando è ragionevole aspettarsi che europei e americani modereranno i loro acquisti».

Anche gli analisti di Morgan Stanley sono ottimisti: «La solida ripresa della spesa tax-free in tutto il mondo offre un’anteprima positiva sul potenziale di ripresa della spesa cinese fuori dai confini nazionali e sulle prospettive di crescita del settore lusso». Prima del Covid, gli esperti della banca d’affari stimavano una spesa in beni di lusso dei cinesi realizzata per il 33% sul mercato interno e per il 66% all’estero, a causa del divario di prezzo, del “fattore benessere” e della maggiore disponibilità dei prodotti. «I dati di Global Blue - osservano gli analisti - suggeriscono che la crescita della spesa esente da imposta sul valore aggiunto in Europa continentale da parte di shopper provenienti da Hong Kong e Taiwan è migliorata da -20% del dicembre 2022 a +39% di gennaio 2023 (rispetto al 2019, a perimetro e cambi costanti)». Inoltre le intenzioni di viaggio in Cina continentale hanno raggiunto il massimo storico del 76%. Anche se il recupero della capacità aerea tra la Cina Continentale e il resto del mondo in gennaio ha recuperato solo il 10% del livello del 2019, è previsto che raggiunga il 25% del livello

55
La Cina resta il mercato più promettente per il lusso
Consumatori con redditi medio-alti 1 2 2014 +180M +250M 2022 2030F
Fonte: Bain & Company

Borse, gioielli e orologi di lusso i best seller in Cina nel 2023

1. Nella foto di Bernstein, code davanti a uno store Louis Vuitton in Mainland Cina lo scorso gennaio 2. Moschino ha celebrato l’Anno del Coniglio con Bugs Bunny

del 2019 nel secondo trimestre». I numeri più recenti suggeriscono una tenuta degli acquisti tax-free in Europa continentale e un’accelerazione costante nell’area Apac. Considerando il totale delle due regioni, la spesa tax-free complessiva è passata dal -3% del quarto trimestre 2022 al +2% del gennaio 2023 (rispetto al 2019, a perimetro e cambi costanti).

PwC si sbilancia con una previsione al 2025. «Se Stati Uniti ed Europa hanno guidato il consumo di lusso nel 2022, entro il 2025 il mercato cinese del lusso raggiungerà 119 miliardi di dollari e rappresenterà il 25% del mercato del settore, grazie a una maggiore penetrazione di Internet, all’esposizione ai social media e al crescente potere di spesa delle giovani generazioni». Tra i consumatori di beni di alta gamma ci sono individui con un patrimonio elevato (oltre 1,4 milioni di dollari o 10 milioni di renminbi, 0,3% della popolazione cinese e 42% delle vendite di lusso), che preferiscono «l’esclusività, la scarsità e la conservazione del valore», ma anche «la circolarità, la rivendita, il noleggio e le iniziative legate al Metaverso». I nati negli anni ‘90, che rappresentano il 46% del mercato cinese del lusso, sono invece spinti dalla gratificazione di sé e dall’individualismo. Apprezzano il design all’avanguardia e le novità estreme, in particolare per quanto riguarda abbigliamento e calzature. I consumatori post-anni ‘90 si aspettano invece che i marchi incorporino più elementi culturali cinesi nei loro prodotti. Per questo la pandemia ha visto un maggior numero di marchi lanciare prodotti globali in edizione limitata in occasione di festival cinesi, lanciare pop-up creativi in tutto il Paese e creare articoli su misura per la Cina. Secondo PwC esistono diversi aspetti che potrebbero favorire la crescita del lusso nei

prossimi anni. Per cominciare, il tasso di penetrazione del mercato nelle città di fascia inferiore sta crescendo. Le multinazionali hanno già iniziato ad approdare nelle città di livello 3, tra cui Sanya, destinazione turistica e hotspot duty-free a Hainan, e Qinhuangdao, dove Valentino e Louis Vuitton hanno effettuato acquisizioni nel quartiere Aranya. Hainan è particolarmen-

te importante perché prevede di diventare completamente duty-free entro il 2025, il che significa che i marchi non dovranno più lavorare con i licenziatari duty-free. In tre anni Hong Kong ha invece perso il ruolo di principale mercato di esportazione di orologi svizzeri al mondo e di luogo di locazione commerciale più costoso, oltre a svariati negozi di luxury brand. Con la riduzione del differenziale di prezzo tra Hong Kong e la Cina continentale e il

previsto boom dell’economia duty-free di Hainan, la regione autonoma speciale ha perso il suo vantaggio, tanto che nel 2021 il 55% dei nuovi negozi di marchi di lusso al mondo ha aperto nella Cina continentale. Per PwC sarà necessario un rinnovamento - per esempio l’apertura di nuovi flagship store di qualità, con prodotti unici e che seguono i trend internazionali - per far tornare Hong Kong una destinazione di lusso di prim’ordine. Per quanto riguarda l’Italia, siamo agli albori di un’auspicata ripresa degli acquisti dei turisti cinesi. Evento a cui Rinascente si sta preparando da tempo. «Una challenge importante, negli ultimi due anni, è stata l’adeguamento dell’offerta di shopping experience dedicata al nuovo target di clienti che frequentano e acquistano nei nostri store post-pandemia - dice Mariella Elia, cfo dei grandi magazzini con nove sedi in Italia -. Prevediamo un ritorno ai livelli pre-pandemia dall’ultimo quarter del 2023, soprattutto per quanto riguarda la presenza dei turisti cinesi, per noi da sempre un nucleo molto importante di acquirenti. Abbiamo riscontrato che i turisti della Repubblica Popolare attualmen-

56 MERCATI CINA
Il tasso di penetrazione del lusso nelle città di fascia inferiore sta crescendo, mentre Hong Kong perde quote
Fonte: Bernstein
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Borse 70% 70% 33% 32% 38% 22% 27% 23% 14% 15% 5% 8% 8% 20% 30% 40% 50% 60% 2023E 2022 70% 0% 19% 18% 65% 54% Beauty Gioielli Accessori Orologi Calzature RtW Non compro lusso

te viaggiano per lo più per business e per questo abbiamo plasmato la nostra offerta di prodotti in base alle nuove esigenze. Anche per il Capodanno Cinese abbiamo preparato proposte dedicate». «Già dalla scorsa estate i flussi di turisti all’interno del nostro network sono tornati ai livelli pre pandemia - racconta Sebastien de Rose, chief operating officer di Grandi Stazioni Retail -. A fine gennaio 2023 abbiamo toccato con mano la fine delle restrizioni nei viaggi in Cina e, dai dati dalle nostre rilevazioni Telco, risulta che i visitatori cinesi sono quadruplicati rispetto a gennaio 2022 (+297%). Anche il dato di febbraio promette bene: il +44% risultante a metà mese è davvero un ottimo segnale». «In un contesto di forte ripresa dei flussi di turisti stranieri, ultimamente notiamo un ritorno anche dei cinesi, seppure con andamento contenuto rispetto ad altre geografie», afferma Guglielmo Miani, presidente di MonteNapoleone District (associazione di oltre 150 marchi del lusso presenti nel

1. L’Haikou International Duty Free City Shopping Complex inaugurato nel 2022 ad Haikou, nel Nord dell’isola di Hainan, vicino al porto di Xinhai

2. Il Quadrilatero a Milano 3. La modella e attrice Du Juan nella campagna “Memories of Beauty” realizzata da Prada per il Capodanno cinese 2023

Quadrilatero). «Prima della pandemiaricorda - i cinesi rappresentavano il 30% del fatturato tax-free del Quadrilatero, crescente di anno in anno fino al 2019. A oggi la loro incidenza è limitata, mentre gli Stati Uniti sono il primo mercato estero in termini di spesa tax free, seguito dai Paesi arabi e dal Sud-Est asiatico. Confcommercio stima un flusso turistico a Milano di circa 5 milioni di stranieri nel 2024 e nelle previsioni di Polis Lombardia do-

vremmo tornare ai livelli del 2019, quando la città avrà raggiunto circa 5,9 milioni di visitatori». «Il Cotri-China outbound tourist research institute - aggiunge Miani - prevede per quest’anno 110 milioni di arrivi dalla Cina in Europa (2/3 del 2019), che dovrebbero salire a 170-180 milioni nel 2024. A supporto di queste stime c’è la ripresa delle prenotazioni aeree per l’Europa da parte dei turisti del SudEst asiatico, con un tasso di recovery di circa il 70% risultante a dicembre 2022, nei dati di Forward Key-GB Partner». «C’è un forte potenziale di crescita delle

vendite per i retailer italiani, visto che i turisti cinesi alla fine del 2022 hanno rappresentato solo il 3% della spesa tax free in Italia, contro il 35% del 2019», dicono da Planet, sottolineando che lo scorso anno i maggiori shopper sono stati gli statunitensi (34% della spesa). In base a un’analisi dettagliata della società, che offre soluzioni integrate per i pagamenti (inclusi i servizi di rimborso Iva), i cinesi sono riapparsi nella lista delle prime 10 nazionalità per spesa mensile già fra gennaio e aprile 2022. Le statistiche di Planet rivelano un gap fra maggio e ottobre (eccetto giugno) e l’arrivo di nuovi turisti in novembre e dicembre. Con l’inizio del 2023 si avverte un cambio di passo. «Nel gennaio 2023 la Cina è stata la quarta nazionalità, dopo Usa, Taiwan e Corea, a spendere di più in Italia - specificano da Planet - con una quota del 4,6% di tutte le vendite esenti Iva in negozio». Tuttavia rimane ancora molto indietro rispetto agli Stati Uniti, che rappresentano il 15,6% (in calo dal picco del 42% del settembre 2022). In gennaio Milano ha concentrato il 42% di tutto lo shopping cinese, risultando la città italiana più gettonata davanti a Roma (17,2%) e Torino (8,9%). Da notare che gli acquisti tax free hanno riguardato principalmente l’abbigliamento di lusso (83,4% dello shopping totale), come nel gennaio 2022 (84,6%). Tra i trend emersi nel 2022, che forse potrebbero ripetersi con la ripresa dei viaggi all’estero, c’è il dinamismo dei turisti della Gen-X (i nati tra il 1965 e il 1980), con una quota di spesa più che raddoppiata su base annua, dal 5,8% al 17,6%. Questo a scapito della Gen-Y (i nati tra il 1981 e il 1995), la cui share è scesa dal 63,2% al 55,7%». Il valore medio delle transazioni? Nel dicembre 2022 è stato di 1.385 euro, simile al dicembre 2019. 

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In gennaio la Cina è stata il quarto Paese estero in Italia per spesa tax-free

UN CONTINENTE IN EVOLUZIONE

Opportunità e criticità

I progetti made in Italy

Una finestra aperta sull'Africa: sarà il nuovo place to be?

Nonostante l’instabilità politica, le disuguaglianze sociali e i paletti all'import, questo sconfinato continente, ricco di materie prime e al centro di un boom demografico, si candida a essere un mercato irrinunciabile per la moda.

Grazie a un ceto medio-alto in espansione e a un crescente potenziale di spesa

«Dall’Africa arriva sempre qualcosa di nuovo». A distanza di quasi 2mila anni, l’affermazione di Plinio il Vecchio appare ancora di grande attualità e rimanda a un continente in forte trasformazione, molto lontano dall’immagine stereotipata di territorio povero e arretrato che vive di carità internazionale, dove tutti sognano di emigrare. Una visione eurocentrica e ghettizzante decisamente superata dall’evoluzione di cui è stata protagonista questa sconfinata regione, il cui Pil negli ultimi 15 anni è raddoppiato, tanto da identificare il mercato africano come il secondo del pianeta per crescita economica dopo l’Asia. Dalla sua parte ci sono ben 54 Stati, una progressiva industrializzazione e urbanizzazione e un’impetuosa crescita demografica, che ha portato il numero degli abitanti a 1,4 mi-

liardi, di cui il 50% under 20: un esercito di giovani globalizzati che, grazie anche alle nuove tecnologie, stanno cambiando dal basso la fisionomia sociale e culturale dell'area, trasformando le megalopoli in hub di sperimentazione e aprendo nuove prospettive alla vicina, ma anche anziana, Europa. Certo, la strada per competere ad armi pari con i mercati più evoluti è ancora lunga, se si considera il persistere di dittature, governi corrotti e regimi fiscali responsabili di forti disuguaglianze, con

la concentrazione della ricchezza in poche mani, e che la crescita rischia di essere soffocata da un debito pubblico per la prima volta in 20 anni, complice la pandemia, al 60% del Pil. Pur nell’instabilità, l’Africa si candida a diventare sempre di più un “place to be” anche per i marchi moda, che da una decina di anni a questa parte hanno iniziato a testare le potenzialità del Paese nei vicini Marocco, Tunisia ed Egitto o nei mall più importanti del Sudafrica, leader indiscusso del lusso della regione subsahariana, contando sulla disponibilità di spesa degli africani più abbienti. «Le opportunità per la moda italiana in Africa sono eccellenti», commenta Andrea Dini, ceo di Paul&Shark, riferendosi all’area geografica posizionata tra il Sudafrica e il deserto del Sahara, quella finora meno esplo-

58 MERCATI AFRICA
Un africano su due ha meno di 20 anni: una generazione globalizzata e affamata di moda
Le piramidi di Giza, in Egitto, lo scorso dicembre hanno fatto da sfondo alla sfilata del menswear Dior

rata. «Il ceto della media e alta borghesia è in forte espansione - sottolinea - e il costo delle materie prime, di cui il continente è molto ricco, sta esplodendo, tanto che la popolazione sta finalmente disponendo di un reddito utile al consumo di beni non solo di prima necessità». Attualmente il brand dello squalo, oltre a presidiare il Sudafrica e gli Stati che si affacciano sul Mar Mediterraneo, è presente con spazi propri in Costa D’Avorio, Congo e Angola e sta guardando con attenzione alla Nigeria, dove l’insegna è per il momento presente

1. Gli interni del negozio Camicissima (Gruppo Fenicia) a Rabat, in Marocco

2. Il monomarca di Bottega Veneta all'interno del Morocco Mall a Casablanca, fashion destination per numerose griffe del lusso

3. Uno scatto della nuova campagna pubblicitaria di Paul&Shark, presente in molti Paesi del continente africano 4. Una modella sulla passerella di Chanel a Dakar, capitale del Senegal, in occasione della presentazione della collezione Métiers d’Art

all’interno di negozi multimarca. «Il nostro progetto a breve-lungo termine - informa l’a.d. - è quello di seguire da vicino, grazie ai nostri partner locali, l’evoluzione dei diversi mercati, per valutare l’eventuale apertura di monomarca non appena percepiamo che si sta creando una base di consumatori sufficientemente estesa da poterne garantire il buon funzionamento». Lo stesso percorso - dal multibrand al monobrand - è quello praticato da Artioli, luxury brand di calzature presente nelle più importanti fashion destination del Paese, dalla Nigeria al Congo, dall’Uganda al Sudafrica, come l’Hotel Hilton ad Abuja, frequentato dall’alta società locale e che «sin dall’apertura, sei mesi fa, sta dando molte soddisfazioni», commenta Andrea Artioli, terza generazione dell’azienda di Tradate. L’imprenditore parla di consumatori (quelli naturalmente con alta capacità di spesa) dal gusto sempre più assimilato a quello dei mercati

Tra gli Stati emergenti spicca la Nigeria, sulla strada per diventare il terzo Paese più popoloso al mondo nel 2050

1,4 mld NEL 2023

2,5 mld

NEL 2050

4,5 mld

NEL 2100

più maturi, capaci di discernere la qualità, interessati ai marchi europei e a comprare soprattutto su ordinazione. «Recentemente abbiamo realizzato una ventina di paia di scarpe per il presidente della Liberia, l’ex calciatore e pallone d’oro George Weah, che ha preferito una griffe italiana a una turca o di altra provenienza», dice soddisfatto. «In Africa siamo pronti a investire - aggiunge - perché in futuro la domanda di beni di lusso aumenterà e noi per quel giorno vogliamo essere pronti». Il business plan è già chiaro: oggi il brand è presente nel canale wholesale con 23 shop-in-shop, ma l’obiettivo è di esordire nel retail «con l’apertura di 12 negozi monomarca nei

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POPOLAZIONE IN AFRICA
LA
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Fonte: Nazioni Unite

1. Lo spazio Replay presso lo Stars Center al Cairo

2. Uno scatto del Sandton City Mall in Sudafrica, che ospita numerose griffe internazionali 3. Un modello del luxury footwear di Artioli

prossimi cinque-sei anni, in collaborazione con un partner», anticipa l’imprenditore, indicando la Nigeria come prima destinazione. «Un mercato - sottolinea Artiolipopolato da 216 milioni di abitanti, dotato di risorse energetiche e di materie prime e con l’intellighenzia che dall’estero sta tornando in patria». Il patron dell'azienda lombarda non è il solo a essere ottimista sulle potenzialità offerte da questo sterminato continente. Fabio Candido, alla guida del Gruppo Fenicia, è stabilmente presente in buona parte della regione dal 2017, dove ha progressivamente costruito un network retail con una decina di negozi a insegna Camicissima, dislocati in Sudafrica, Marocco, Mozambico ed Egitto, ma l’obiettivo è di «triplicare il numero dei negozi nei prossimi tre anni». Anche se l’humus fertile per far attecchire l’offerta è indubbia - «La camicia per molti

africani ha un valore simbolico, perché espressione di un elevato status sociale», ricorda l’imprenditore - il percorso per far sedimentare il business non è altrettanto lineare, se si considerano l’endemica instabilità delle nazioni africane e il loro sistema protezionistico. «In quasi tutto il continente ci sono paletti per l’importazione, con dazi del 40-50%», spiega Candido, che parla anche di «sistemi di pagamento che

allungano i tempi commerciali» e di «una crescente mobilità dei clienti danarosi, che sempre più spesso volano nei negozi a Milano o a Parigi, a scapito dello shopping domestico». Andrea Dini di Paul&Shark aggiunge altre criticità e limitazioni ai flussi di merce provenienti dall’Europa, come «la dogana che funziona secondo tempistiche molto lunghe che incidono sulla logistica e il trasporto e il problema delle valute locali, con svalutazioni che possono essere molto repentine e impattanti, tanto da far oscillare i prezzi anche dal 30% al 50%». Al fine di non commettere passi falsi quando si fanno affari con questo mercato, è d'obbligo considerare anche «l’assenza delle stagioni canoniche, con l’accorgimento - avverte l’imprenditoredi progettare collezioni adatte a un clima sempre relativamente caldo», e la difficoltà nel mettere subito a fuoco la posizione migliore per atterrare con la propria insegna, anche perché, trattandosi di città in repentino sviluppo, «una certa area può rivelarsi non più funzionale nel giro di poco tempo». Le controindicazioni per questo immenso continente dunque non mancano, ma non superano le “indicazioni”: «Gli africaniconclude Fabio Candido - hanno fame di prodotti europei e in loco ci sono, e ci saranno, grandi opportunità. Noi ne siamo convinti. L’Africa sarà uno dei mercati su cui nei prossimi anni investiremo di più». 

A MILANO I PRIMI

BLACK CARPET AWARDS

Leaders of change: diversity e inclusion

le leve per crescere

Solo unendo le forze e facendo network è possibile innescare il cambiamento. Questa la convinzione di Michelle F. Ngonmo, coraggiosa fondatrice di Afro Fashion Association, che dal 2015 lavora per mettere in luce i “talenti invisibili”, a partire da quelli provenienti dal continente africano. Con questa mission è nata la prima edizione dei Black Carpet Awards, andati in scena in occasione dell’ultima fashion week milanese. All’interno dell’associazione è nato un team di esperti in diversi settori – dalla moda al design, dall’arte al cibo, dalla musica al business, fino a sport e cinema – per dare visibilità a profili inascoltati e sottorappresentati, ma che possono trasformarsi in leader of change. Cinque i vincitori di questa prima edizione dell’evento, a cui hanno partecipato ospiti internazionali, come, Anna Wintour, Edward Enninful e Khaby Lame

MERCATI AFRICA 60
D'obbligo considerare alcune criticità, come i dazi per l'import e sistemi di pagamento farraginosi
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rinascimento.com

Uno scorcio di vigneti in capo ad Argea, la nuova holding focalizzata sui vini fondata da Clessidra

L’AGRIBUSINESS NEL MIRINO DI FONDI E GRUPPI

Una filiera di eccellenza

Obiettivo internazionalizzazione

Nel mondo dell’enogastronomia l’unione fa (sempre più) la forza

Non è solo la moda italiana a fare il giro del mondo: anche cibo e vini made in Italy guadagnano nuove quote di mercato fuori dai confini nazionali, tant’è che a investire nel settore ci sono anche imprenditori del fashion. Per scalare i mercati con la forza di realtà strutturate e all’avanguardia la parola d’ordine è aggregazione

Icone del made in Italy, al pari della moda, i vini pregiati e il cibo di qualità sono diventati una carta sempre più importante da giocare sul terreno dell’eccellenza e della creatività che tanto il mondo ci invidia. Parliamo di un settore, quello enogastronomico, legato a un territorio che vanta oltre il 60% della biodiversità sul fronte globale e la produzione a più alto valore aggiunto. Aspetti sempre più riconosciuti e apprezzati a livello globale, che rendono il comparto quanto mai appetibile agli occhi degli investitori. «Con un valore complessivo che supera i 580 miliardi e oltre 4 milioni di occupati nel 2022, compresa la distribuzione, la filiera agroalimentare è il primo settore per importanza in Italia in termini di Pil - spiega Ettore Prandini, presidente di Coldiretti -. Biodiversità, distintività e sostenibilità della filiera produttiva sono i valori che ci contraddistinguono sui mercati e che sono sempre più appetiti dai consumatori di tutto il mondo. Basti pensare che

prima dell’Expo di Milano, nel 2015, il valore delle esportazioni raggiungeva a fatica i 30 miliardi di euro, mentre oggi siamo a quota 60 miliardi. Ma siamo solo agli inizi, in uno scenario caratterizzato da aziende di dimensioni diverse, dove anche quelle più grandi, per poter cogliere appieno la sfida dell’inter-

nazionalizzazione, spesso non sono ancora abbastanza dimensionate». Aggregare, dunque, è la parola d’ordine per poter scalare i mercati con la forza di realtà strutturate e all’avanguardia sul fronte della logistica e dell’innovazione di prodotto, in uno scenario

animato da un vivace ritmo di acquisizioni, che vedono in pole position grandi gruppi o fondi di private equity. Un’arena dove sono scesi anche i big della moda, con gli esempi recenti di Renzo Rosso che ha appena costituito una holding ad hoc e Sandro Veronesi, fondatore di Calzedonia, che ha ampliato i suoi orizzonti nel settore con l’azienda della Valpolicella La Giuva. L’elenco delle case history recenti è lungo. Emblematica, lo scorso settembre, l’operazione condotta da Investindustrial di Andrea Bonomi (tra i tanti terreni di azione anche la moda con Ermenegildo Zegna), che si è aggiudicato il 52% di Eataly. Il deal aggiunge un nuovo tassello al piano ambizioso di scommesse legate al mondo del food del private equity, che negli ultimi anni ha comportato investimenti per oltre 2,5 miliardi di euro. Sempre di recente l’investitore di private equity Advent International si è accaparrato il colosso della pasticceria Irca, Mo-

62 MERCATI FOOD&WINE
580 mld. euro
è il valore generato dall’intera filiera legata all’agroalimentare in Italia nell’anno 2022

rato Pane (controllato da Aliante Equity) ha acquisito la maggioranza dei prodotti da forno gluten free Nt Food, lo specialista nelle conserve di pomodoro Casalasco ha portato a casa il 73,8% di Emiliana Conserve, JP Morgan ha rilevato Pernigotti. Stesso dinamismo nel mondo dei vini, dove il fondo Clessidra ha creato la holding Argea per gestire le sue operazioni nel settore, Hyle Capital è entrato nel capitale di Contri spumanti e nella frutta secca di Mannuzzi, White Bridge si è accaparrato il controllo della cantina abruzzese Ulisse. Un’animazione che non trascura il mondo delle startup, dove gli investimenti nel food&agritech hanno raggiunto nel 2022 i 149 milioni di euro, come sottolinea Andrea Casati, vice presidente dell’advisor Growth Capital (si veda box in queste pagine). Movimenti che, spesso, sono legati a passaggi generazionali, fa notare Lorenzo Tersi, founder & ceo di LT Wine & Food Advisory, il quale ha curato deal recenti come quello di Renzo Rosso con la cantina siciliana Benanti e di Clessidra con l’abruzzese Zaccagnini «Operazioni come quella di Zaccagnini con Cessidra o di Isole Olena, rilevata lo scorso giugno dal gruppo francese Epi, sono legate proprio a questo aspetto - dice Tersi -. Una transizione che spesso viene gestita con la cessione delle aziende e che di frequente vede i venditori reinvestire e rimanere nel deal come azionisti, diventando in un certo senso proprietari di un’azienda più grande con una quota più piccola. Considerazioni che in tanti stanno facendo, in un comparto che è sempre più dinamico». Uno scenario in cui, ammonisce Ettore Prandini, «è importante garantire una protezione ai marchi di eccellenza dell’agroalimentare italiano. Oc-

corre creare le condizioni per cui le filiere non si sentano costrette a dover vendere a fondi o gruppi esteri, dando la chance a chi vuole continuare la sua attività di avere strumenti qualificati legati al credito, oppure favorendo forme di aggregazione che vedono protagonisti i gruppi italiani, in un contesto in cui diventa strategico l’inserimento in azienda di figure manageriali sempre più qualificate». «Tutte le famiglie che ci hanno ceduto la loro maggioranza hanno reinvesti-

UN’ANALISI

DI

COLDIRETTI

ETTORE PRANDINI

Coldiretti

«Il cibo e i vini italiani sono sempre più appetiti dai consumatori di tutto il mondo. Basti pensare che dal 2015 a oggi l’export del settore è raddoppiato da 30 miliardi di euro a 60 miliardi»

to nel business e non sono scomparse. Il nostro modello di sviluppo prevede infatti che chi produce vino rimanga all’interno dell’azienda», racconta a questo proposito Andrea Ottaviano, amministratore delegato del fondo di investimenti italiano Clessidra, che di recente come si diceva ha dato vita alla holding Argea focalizzata sul comparto. Un passo importante, dopo avere scommesso su due grandi realtà dell’universo vinicolo come Botter e Mondodelvino (con la famiglia Botter che ha mantenuto una quota importante e una presenza dei Martini nel management) e avere ampliato ulteriormente gli orizzonti con l’abruzzese Zaccagnini. «Dal canto nostro - prosegue - mettiamo a disposizione una struttura in grado di affrontare la sfida dimensionale del mercato globale e

Cibo, prima ricchezza in Italia e il vino è il vanto dell’export tricolore

Nonostante le difficoltà causate dalla pandemia e dalla crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina, il cibo è diventato la prima ricchezza dell’Italia, per un valore di 580 miliardi di euro nel 2022 generati dall’intera filiera. Lo rivela un’analisi di Coldiretti, da cui emerge che il settore vale quasi un quarto del Pil nazionale e vede impegnati 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. Uno scenario in cui l’export è andato a gonfie vele, con un aumento record del 17% a quota 60 miliardi di euro, trainato dai prodotti iconici della dieta mediterranea come vino, pasta e ortofrutta fresca. La Germania resta il principale mercato di sbocco dell’alimentare, con una progressione del 13%, seguita dagli Stati Uniti (+20%) e dalla Francia, con un +17%. Crescita a doppia cifra anche nel Regno Unito (+18%) e in Turchia (+23%), mentre la Cina è scesa del 20% e la Russia del-5%, a causa dei problemi legati alle sanzioni, alla guerra e alla pandemia. Ambasciatore del food tricolore all’estero è il vino (14 miliardi di fatturato), con un un valore delle esportazioni vicino agli 8 miliardi di euro nel 2022, seguito dalla pasta e dagli altri derivati dei cereali (ben oltre i 7 miliardi di euro di export) e, al terzo posto, da frutta e verdura fresche con circa 5 miliardi e mezzo di euro. Cresciuti in modo significativo anche olio extravergine di oliva, formaggi e salumi.

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1. La cantina di invecchiamento nella tenuta di Castiglion del Bosco, dove si produce un pregiato Brunello di Montalcino 2. La cantina della Valpolicella La Giuva, da poco rilevata da Sandro Veronesi, fondatore di Calzedonia (nella foto 3). L’imprenditore sta ampliando i suoi orizzonti nel mondo dei vini, sfruttanto a livello distributivo le enoteche Signorvino

portare il made in Italy nel mondo, nel rispetto degli standard di qualità e sostenibilità». Argea vanta una vasta produzione di vini che va dal barbera al nebbiolo, dal moscato al sangiovese, fino al primitivo e al prosecco, per citare alcuni esempi, e può contare su sei sedi produttive in quattro regioni con ricavi consolidati di circa 420 milioni nel 2021, proiettati verso i 500 milioni con l’arrivo di Zaccagnini. Una realtà che realizza il 95% del giro di affari all’estero e che, sottolinea Ottaviano, «punta a crescere ulteriormente, con un importante piano di investimenti mi-

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rato a consolidare i mercati di riferimento, in particolare Usa, Germania, Nord Europa e Far East, mentre si punta ad ampliare gli orizzonti con ulteriori operazioni di M&A». Nuove acquisizioni nel mirino anche per Renzo Rosso, che dopo avere raggiunto il successo nel mondo della moda con il suo gruppo Otb (marchi come Diesel, Jil Sander, Maison Margiela e Marni e un giro di affari di oltre 1,7 miliardi di euro) di recente ha dato vita alla holding Brave Wine, per gestire il suo business nel mondo del vino. Parliamo della Diesel Farm sulle colline di Marostica nata 30 anni fa, dove vengono prodotti i vini Rosso di Rosso, Bianco di Rosso e Nero di Rosso, dei vini della cantina siciliana Benanti, di cui ha rilevato il 40% a fine 2022, e del marchio Josetta Saffirio di Sara Vezza, appena accolto nella sua orbita, in arrivo dall’Alta Langa. Una passione che nel 2021 ha portato Rosso ad acquisire con la sua società di investimenti Red Circle una partecipazione in Masi, la nota azienda produttrice di amarone. «Ho creato la hol-

1. Renzo Rosso con Sara Vezza della cantina Josetta Saffirio, nel cuore delle Langhe, appena entrata nell’orbita della nuova holding Brave Wine fondata dall’imprenditore e, nella foto 2, i vini prodotti nella sua Diesel Farm

GROWTH CAPITAL

A food & agricolture

l’8% degli investimenti in venture capital

ding Brave Wine per gestire in toto il mio progetto vino - commenta l’imprenditore -. L’obiettivo è creare un polo del lusso, arrivando ad avere un bouquet rappresentativo della ricchezza e dell’eccellenza di questo settore a livello internazionale (si veda intervista in questo numero, ndr)». Tra i player della moda attivi nel mondo dei vini figura anche come si diceva Sandro Veronesi: il fondatore di Calzedonia ha appena rilevato l’azienda storica della Valpolicella La Giuva, che si aggiunge ad altre due cantine in portafoglio e punta a sfruttare a livello distributivo il canale delle attuali 29 enoteche con cucina di Signorvino presenti in Italia. Un’insegna con un giro di affari di oltre 55 milioni di euro nel 2022, in progress del 50% sul 2021, con nuove aperture in arrivo anche all’estero, a partire da Parigi. Tra i deal recenti legati al mondo del vino da citare quello che ha portato Massimo e Chiara Ferragamo a cedere a un family office internazionale (che resta riservato) la splendida tenuta di Castiglion del Bosco, nel cuore della Val d’Orcia, dove si produce un pregiato Brunello di Montalcino. Un’operazione che, sottolinea l’a.d. Simone Pallesi, inserisce il vino in un progetto più ampio, con l’obiettivo di imprimere un’accelerazione all’intera struttura. La tenuta, che si estende su 2mila ettari di

Non solo fondi e grandi gruppi. Il settore alimentare evidenzia una significativa vivacità anche nell’ambito del venture capital. Nel 2022 gli investimenti in startup italiane del food&agritech hanno raggiunto i 149 milioni di euro, l’8% del raccolto dalle startup italiane nell’anno, con una leggera contrazione rispetto ai 160 del 2021, «causata dalla coda lunga del Covid e del difficile contesto macroeconomico globale», spiega Andrea Casati, vice presidente dell’investor Growth Capital. Un settore, prosegue, «intrinsecamente legato al nostro Paese, che ha da sempre rivestito una grande importanza culturale e strategica». Guardando ai focus specifici, chiarisce Casati, è possibile raggruppare società innovative appartenenti a tutti i verticali afferenti al delivery, sia di consegna di cibi pronti o grocery al consumatore finale (Everli, Cortilia, Soul-K, Cosaporto e Macai), sia di B2B (Deliveristo, Cosaporto), che in totale hanno raccolto circa 79 milioni di euro (più del 50% del totale del settore) in 12 round». D’altro canto, prosegue, «startup strettamente legate ad agritech e precision farming hanno raccolto 50 milioni di euro in cinque round, con Planet Farms nel vertical farming (30 milioni di euro) e xFarm nell’agritech (17 milioni di euro)». L’investimento più importante nel 2022 è stato quello di Planet Farm, con lead investor Red Circle (la holding in capo a Renzo Rosso), Nuova Energia Holding e Azimut Investments. Recentemente Planet Farms ha ottenuto un finanziamento di 17,5 milioni da Unicredit

Venture capital: i top round del 2022 nel food & agritech

Fonte: Growth Capital

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Company Name Company Foundation Date Round Date Round Year Round Quarter Stage Deal Size (€M) Vertical 1 1 Planet Farms 22/03/18 11/02/22 2022 1Q Series A 30,00 Agtech 2 Everli 11/12/14 31/03/22 2022 1Q Series C 22,00 E-Grocery 3 Cortilia 01/12/10 29/06/22 2022 2Q Series C 20,00 E-Grocery 4 xFarm 24/10/18 05/08/22 2022 3Q Series B 17,00 Agtech 5 Deliveristo 27/07/17 03/08/22 2022 3Q Series B 7,00 FoodTech
è la crescita dell’export agroalimentare, che nel 2022 ha raggiunto i 60 miliardi di euro

cui 62 di vigneti che fruttano 250mila bottiglie ogni anno, si caratterizza infatti per la presenza al suo interno di un un campo da golf e di un elegante resort gestito da Rosewood Hotels & Resorts. «Un investimento dunque anche nel campo alberghiero, golfistico e di enoturismo, che vede coinvolti valori importanti del made in Italy, come il food, il gusto, l’hospitality di lusso, il territorio», chiarisce Pallesi. Con il sostegno finanziario del nuovo investitore, prosegue l’executive, «amplieremo la struttura alberghiera, che oggi conta 42 suite e 11 ville di lusso con piscine e campi da tennis sparse nel comprensorio, grazie alla ristrutturazione di vecchi casali agricoli, mentre abbiamo già avviato un importante investimento per l’ulteriore miglioramento del campo da golf. Per quanto riguarda il nostro Brunello di Montalcino, di cui siamo il quinto maggior produttore, l’obiettivo è accrescere la presenza all’estero, mentre per il futuro si apre la via delle acquisizioni di altre aziende sia nel Brunello che in altre denominazioni». All’animazione che caratterizza il mondo del vino, ambasciatore dell’enogastronomia italiana con un valore dell’export vicino agli 8 miliardi di euro, fa riscontro un notevole dinamismo nel mondo del cibo, che in questo momento è oggetto di numerose operazioni. «La pandemia e poi la guerra in Ucraina hanno portato in primo piano la necessità per i Paesi di ricentralizzare la propria produzione ed essere autosufficienti, almeno in parte, dal punto di vista alimentare, mentre il cibo è tornato strategico a livello di rapporti internazionali. Noi che siamo il Paese con la più grande biodiversità e la produzione di più alto valore aggiunto dobbiamo cogliere questa opportunità», spiega Gianluca Lelli, amministratore delegato di Cai (Consorzi Agrari d’Italia) controllata del gruppo Bf, colosso da 1,2 miliardi di euro di fatturato. Una holding di partecipazioni quotata alla Borsa di Milano che ha tra i suoi azionisti investitori istituzionali, istituti di credito e imprenditori privati. Una realtà attiva tramite le sue controllate in tutti i comparti della filiera agroindustriale italiana, dalla selezione, lavorazione e com-

14 mld. euro

è il fatturato generato dal settore del vino, con l’export vicino agli 8 miliardi

mercializzazione delle sementi, alla proprietà di terreni agricoli, alla loro trasformazione e commercializzazione. «Ci sono tante aziende in Italia che hanno la chance di far fare un salto all’economia del nostro Paese e magari non hanno le risorse, il network o la capacità. Noi stiamo cercando di fare questo percorso insieme a loro», puntualizza Lelli. Un itinerario che mira alla salvaguardia delle eccellenze italiane, sottolinea ancora, citando l’esempio emblematico di Verisem, azienda semenziera finita nel mirino di un gruppo cinese, per cui, sottolinea, «lo scorso anno abbiamo presentato una controfferta chiedendo al Governo di far scattare la Golden Power, ricordando l’importanza per il nostro Paese del valore del germoplasma e dalla sua conservazione nelle banche dati di genetica». Tra le acquisizioni recenti, nel luglio del 2022 Bf ha portato a casa il cus cus di Bia, tra i leader europei del comparto, ha rafforzato la presenza nel capitale del Pastificio Ghigi e ha rilevato il 60% del pastificio Fabianelli. A proposito di pasta, il gruppo vanta anche il

1. L’operazione di trapianto delle piantine di pomodoro, step iniziale di un percorso che porterà alla produzione delle passate di Casalasco

2. La pasta di Maltagliati, prodotta dall’azienda Fabianelli, realtà nell’orbita del gruppo Bf

3. La lavorazione dell’uva nell’abruzzese Tenuta Ulisse, recentemente acquisita da White Bridge

marchio proprio Le Stagioni d’Italia, che ha rilanciato il grano Senatore Cappelli. «Vogliamo creare un polo verticale di valore nazionale a supporto della filiera, creando aggregazioni. Negli anni ci sono state dall’Italia fughe di grandissimi marchi e questa è stata una perdita per il Paese», conclude Lelli. Ci sono una struttura industriale d’avanguardia e una filiera completa di circa 800 aziende agricole alla base della sensibile crescita di Casalasco, tra i big nel mondo delle conserve di pomodoro in Italia con marchi propri come Pomì e De Rica e rilevanti produzioni per grandi catene e multinazionali. «Una realtà che opera tra Parma, Mantova, Cremona e Piacenza passata in 20 anni da un giro di affari di 30 milioni di euro ai 600 milioni previsti per fine 2023, di cui il 70% è realizzato all’estero - spiega l’a.d. Costantino Vaia -. Una filiera completa che va dal seme allo scaffale, con una grande attenzione a tematiche come ambiente e responsabilità sociale». Una progressione scandita da un percorso mirato alla crescita tramite linee interne e diversificazione dell’offerta, e attraverso acquisizioni, in un contesto sempre più segnato dalla tendenza all’aggregazione. «Basti pensare - chiarisce Vaia - che in Italia 15 anni fa nel mercato della trasformazione del pomodoro erano oltre 200 le aziende attive, mentre oggi siamo scesi a circa 70 realtà. Oltre la metà della produzione avviene nel Nord Italia, dove l’80% di questa quota è realizzata da quattro grandi gruppi». Casalasco, che di recente ha rilevato l’azienda Emiliana Conserve, ha iniziato il suo percorso di ampliamento nel 2007 con Boschi e il suo marchio Pomì, proseguendo nel 2015 con l’incorporazione di Arp, cooperativa storica di Piacenza e poi con il brand De Rica e ancora con la Sac di Carmagnola, società commerciale mirata al presidio dei mercati esteri. Dal 2021 a dare ulteriore slancio alla crescita dell’azienda c’è il fondo QuattroR, che ha rilevato il 49% di Casalasco. «Avere trovato un investitore che voglia valorizzare una filiera come la nostra, tra l’altro tutto italiano e con un approccio più paziente rispetto al mercato del puro private equity, è un fattore strategico per proseguire il percorso di crescita», conclude Vaia, che nel futuro vede ancora molte opportunità. «Basti pensare al tema del falso made in Italy e a quanto spazio ci sarebbe solo andando a occupare quelle posizioni».

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John Richmond rivisita il suo dna denim e lancia la nuova linea contemporary X

Tante le iniziative in corso per la griffe, che a Milano Moda

Donna ha portato una special capsule focalizzata sul tema denim e a Pitti Uomo ha lanciato una nuova linea di target più giovane. Debuttano anche i distributori automatici, per incrementare la visibilità del marchio

Dopo l’esordio a Pitti Uomo con un progetto in chiave contemporary, e la presentazione della label Kids a Pitti Bimbo, John Richmond è stato protagonista a Milano Moda Donna con una special capsule dedicata al prossimo inverno, presentata ai Dazi di Milano, in piazza Sempione. Una collezione che rilegge un’icona del brand, il denim, declinato in molteplici declinazioni e in contrasto con diversi materiali, strappato, laserato, sbiancato, rattoppato, su nylon seta e jersey. Questo è un momento di dinamismo per la label, che a gennaio ha lanciato la linea Richmond X, caratterizzata da un posizionamento più giovane e contemporary rispetto alla prima linea. Disegnato dallo stilista inglese in collaborazione con il suo studio creativo di Londra, il brand è stato presentato, come si diceva, lo scorso gennaio a Pitti Uomo nel cortile della Fortezza da Basso all’interno di uno spettacolare stand giallo e nero, tutto in metallo e vetro, che rappresenta il concept retail studiato per la sua espansione commerciale. «Volevo poter contare su un brand più giovane, con un universo di riferimento ancora più globale e internazionale, adatto per i nuovi mercati asiatici - racconta Mena Marano, l’imprenditrice a cui fa capo Arav, società che dal 2017 è proprietaria del marchio John Richmond -. John supervisiona tutte le collezioni del marchio e per il lancio di questa linea è stato affiancato da un designer coreano che lavora nel suo studio di Londra». Posizionata in un segmento contemporary-accessibile, Richmond X arriverà nei negozi a partire dall’autunno-inverno 2023/24, con capi caratterizzati da un entry price retail intorno ai 150 euro. Attualmente John Richmond è presente sul mercato attraverso 250 clienti multimarca e marketplace, con l’Italia che rappresenta il 50% delle vendite, seguita da Medio Oriente e Asia. «Continueremo a investire anche sul retail – fa il punto Marano –. Nel secondo semestre del 2023 si aggiungeranno nuovi monomarca a quelli già attivi di Milano e Dubai. Prevediamo almeno due opening, tra cui quello a Kuala Lumpur in Malesia, che per noi rappresenterà la porta di accesso verso il Far East». Ma le novità non sono finite: si segnala infatti il debutto di un progetto legato all’installazione di una serie di vending machine all’interno di stazioni, aeroporti e centri commerciali ad alta frequentazione. «Nel primo anno - spiega Mena Marano - vogliamo posizionare in Italia almeno 100 vending machine. Il progetto riguarderà inizialmente soltanto l’underwear a marchio John Richmond. L’obiettivo è poi estendere questa iniziativa all’estero, con la collocazione di almeno 500 vending machine fuori dall’Italia nell’arco di tre anni». «Non escludiamo in un secondo momento di promuovere altre tipologie di prodotto attraverso questo canale, che rappresenta un’innovazione del mondo retail e che vogliamo sviluppare in maniera capillare», conclude Marano. (an.bi.)

MARCHIO DI ARTCRAFTS INTERNATIONAL

Canadian: un progetto immersivo per raccontare l’evoluzione della label

Per la presentazione delle novità FW 23/24 di Canadian a Milano il ceo della casa madre Artcrafts International, Simone Ponziani, ha scelto un’installazione speciale powered by Mesh, scandita dal claim Re-inventing Winter. Un progetto basato su un format di mostra-evento immersiva e interattiva, ideato da Monogrid, che si è concretizzato anche in un Nft in limited edition, i cui possessori hanno accesso a benefit sul fronte sia reale che virtuale. L’happening, che non rimarrà isolato (è in programma una serie di attivazioni itineranti in luoghi strategici in Italia e oltreconfine), ha voluto ribadire come l’innovazione sia alla base della collezione, che per il prossimo inverno ripensa i volumi, le finiture, gli accessori e i materiali della giacca imbottita, mentre il colore si fa strada nei capi con elementi intrecciati e i rimandi agli anni Novanta si fondono con atmosfere contemporanee. Per Artcrafts International il 2022 è stato all’insegna di una crescita a doppia cifra: l’azienda fiorentina, di proprietà della famiglia Ponziani, ha sfiorato i 100 milioni di euro di ricavi (+20%), di cui un 25% all’estero, con la prospettiva di incrementare la presenza in mercati come Spagna, Germania, Gran Bretagna, Francia e Benelux. 10 milioni provengono da Canadian, che è cresciuto del 50% sull’anno precedente e mira a raddoppiare in tre anni il fatturato. Oltre a Canadian (di proprietà come Colors of California, Coral Blue e Nalho), fanno capo ad Artcrafts International Mou e Womsh (in licenza worldwide) e, in distribuzione esclusiva per l’Italia, Crocs, Hey Dude, Ipanema, Melissa, Bohonomad, Cotopaxi, Reef, Teva, Craft e Compressport. Label commercializzate in oltre 4mila negozi wholesale, gdo e nei principali e-tailer. Completano il quadro distributivo 26 punti vendita e 12 siti di e-commerce che appartengono alla società. (a.b.)

La Martina apre un flagship esperienziale

Ricreare le atmosfere argentine alla base del marchio, guardando alla sensibilità milanese: è nato con questo obiettivo in corso Garibaldi 1 il flagship più grande d’Europa di La Martina, produttore di equipaggiamento tecnico per il polo, diventato riferimento per il lifestyle in senso più ampio. Il monomarca, progettato da Novembre studio, si sviluppa su due piani per un totale di 450 metri quadri, con un’area bar-ristorante battezzata El Bar del Polo, affidata a Maximiliano D’Andrea, fondatore di format e brand tra cui El Carnicero, noto ristorante di carne argentina in città. All’insegna dell’omnicanalità, il punto vendita sarà il pilastro di immagine in Europa della label, sottolinea il founder Lando Simonetti. «Tra i nostri servizi – spiega - abbiamo introdotto esperienze di travel, in modo da accompagnare viaggiatori, sportivi e famiglie a scoprire il Paese dove il brand ha il suo epicentro. Quello di corso Garibaldi è un community store, in grado di offrire al cliente esperienze uniche, personalizzate e centralizzate, con l’obiettivo di replicarle in diversa scala nelle principali città italiane». (a.b.)

66 MERCATI NEWS
UN MOMENTO DINAMICO PER IL BRAND NEL CUORE DI BRERA

THEY SAY DENIM IS FOR THE TOUGHEST. WE’D RATHER SAY IT’S FOR THE FINEST . DREAM OF NILE COLLECTION OFFERS DENIM AND GABARDINE MADE ENTIRELY WITH GENUINE GIZA 94 EGYPTIAN COTTON.

art direction

PREVISTE 20 APERTURE IN CINA

Non solo duvet per Duvetica

Il marchio del fondo coreano F&F è cresciuto del 44% in un anno, sostenuto da Europa e Asia

UN’ANALISI DEL CNCC I centri commerciali riducono il gap con il 2019

Gli investimenti sul prodotto e una rete di vendita che intreccia retail, wholesale ed ecommerce, hanno premiato Duvetica. Il 2022 è terminato con ricavi in aumento del 44% a 12 milioni di euro, sostenuti da Europa e Asia. Non a caso il brand guidato da Luca Piani sta per aprire 20 store in Cina, all’interno di location premium. Per quanto riguarda il wholesale, vale ancora molto del giro d’affari ed è in costante incremento, grazie a progetti speciali e collaborazioni con i retailer. Italia, Uk, Germania, Svizzera e Austria sono i mercati più forti nel Vecchio Continente, ma il nuovo piano di ampliamento coinvolge Belgio, Olanda e Spagna. E se il piumino resta il core business, con l’AI 23/24 entrano in assortimento alcuni accessori, la maglieria e qualche pantalone. I dati della campagna vendite PE 2023 e AI 23/24 in corso fanno prevedere per il nuovo esercizio una crescita a due cifre del marchio in capo al fondo coreano F&F, a circa 36 milioni di euro. (an.bi.)

ESPANSIONE ANCHE IN EUROPA

DOPO LA SFILATA DI ROMA

Più retail e vendite online per Dan John

La prima sfilata di Dan John - a Roma, a cavallo tra le fashion week di Milano e Parigi - è stata l’occasione per fare il punto con il co-fondatore e ceo Daniele Raccah sul marchio del menswear da 85 milioni di euro di ricavi l’anno. Distribuito solo nel canale retail, con 150 punti vendita all’attivo nel mondo, il brand punta a salire a 123 milioni quest’anno. «Di recente - informa il ceo - abbiamo aperto in via Dante il terzo negozio di Milano, dove abbiamo in progetto altri punti vendita nel 2023, di cui uno nel primo trimestre». Per la fine del 2023 i monomarca dovrebbero salire a 185, grazie anche all’espansione in Francia, Uk, Usa, Emirati Arabi ed Est Europa. Quanto all’e-commerce (8% dei ricavi), sta per essere attivato il nuovo sito, che usa la tecnologia “Headless” e include feature come il “look builder”, con cui creare propri outfit e vederli indossati. (a.b.)

Le calzature Primadonna Collection alla conquista dell’Asia, partendo dal Vietnam

Il Vietnam porta di ingresso per l’Asia: l’azienda calzaturiera Primadonna Collection, guidata da Valerio Tatarella (fondatore e amministratore unico, nella foto), taglierà il nastro ad Hanoi in maggio. «L’obiettivo - dice Tatarella - è mettere a segno 20 opening nel Paese entro cinque anni». In Europa è la Francia uno dei mercati esteri più ricettivi per l’azienda di Bari, che ha archiviato il 2022 con un incremento dei ricavi a doppia cifra, a circa 110 milioni di euro e stima di raggiungere i 120 milioni entro fine anno. «Fra marzo e settembre apriremo tre negozi all’interno di importanti centri commerciali francesi - anticipa Tatarella - raggiungendo i 15 punti vendita nell’area, con l’idea di crescere ancora». Sotto la lente anche la Grecia, con la prima vetrina ad Atene la prossima estate, ma anche la Spagna e il Lussemburgo. Quanto all’e-commerce, lanciato tre anni fa, nel 2023 dovrebbe passare dal 5% circa al 10% dei ricavi totali, sostenuto dagli investimenti di comunicazione sui social. «Ci manca solo TikTok - conclude l’imprenditore - dove approderemo nei prossimi mesi». (a.b.)

I centri commerciali italiani stanno per riallinearsi ai livelli pre-Covid: lo rivela l’Osservatorio del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali-Cncc in base a un panel composto da circa 10mila attività. Il fatturato 2022 del settore è cresciuto del 13,7% rispetto al 2021, complici anche gli investimenti in omnicanalità, ed è rimasto sotto del 3% rispetto al pre-pandemia. Se si considerano i mesi tra aprile a dicembre, il divario con il 2019 si riduce allo 0,6%. A dicembre si parla di un -0,8%, ma di un +6,8% rispetto al 2021. Alla voce ingressi si nota un +14% rispetto al 2021, ma il raffronto con il 2019 evidenzia ancora un -15% circa. Fra le categorie merceologiche, l’abbigliamento mette a segno un +15,3% sul 2021 (-4,9% rispetto al pre-Covid). L’asso pigliatutto è la ristorazione: +43% in un anno e -7% sul 2019, a causa delle restrizioni ancora vigenti nella prima parte del 2022.

cresce del 25% nell’anno

Un 2022 in crescita del 25%, oltre i 23 milioni di euro di ricavi, e la campagna SS23 chiusa con un +5%: sono tutti positivi i numeri dell’azienda calzaturiera Frau. «Ancora più di sempre - dice la presidente Gabriella d’Arcano - abbiamo investito in un prodotto basato sull’heritage ma anche proiettato verso le novità, dove ormai la parte donna è salita al 60% del totale e crescerà ancora». L’azienda conta un migliaio di punti vendita wholesale e otto monomarca. L’e-commerce ha raggiunto quasi il 5% del fatturato. Tra i mercati sotto osservazione il Giappone, dove «si stanno aprendo belle opportunità di sviluppo». (a.b.)

67 MERCATI SFIDE RETAIL
NEL MIRINO IL GIAPPONE Frau

REVOLVING BEAUTY

FERRAGAMO

Quello che vedremo nelle vetrine nella prossima stagione fredda sarà una moda ricercata e inedita, ma soprattutto sartoriale. Gli accessori, come borse e cinture, saranno indossati in tutti i modi, mentre cuissard e sandali per la sera si tingeranno di colori e di applicazioni. Anche la maglieria diventerà protagonista, sopra eleganti gonne midi e mini. La regola assoluta sarà affidarsi al proprio istinto con self confidence: ogni pezzo dovrà essere mescolato e stratificato.

DI ALBERTO CORRADO

69 DIGEL

RIPPLE EFFECT

Epicentro temporale della ricerca stilistica dei designer restano i 90s e le figure femminili che hanno popolato la moda di quel decennio: donne che indossano i jeans per parlare di ribellione e di emancipazione, attraverso scatti di campagne forti.

CYCLE HERITAGE E INNOVAZIONE

Maschile e femminile per dichiarare un’attitude totale al denim, in una collezione che pone particolare attenzione alla vestibilità, dalle modellature skinny fino a forme regolari e morbide, dal fondo ampio.

MVP POWERFUL WOMAN

La donna pensata da Maria Vittoria Paolillo ama indossare un dolcevita comodo, su una camicia dal taglio sartoriale maschile abbinato ad un jeans. E sopra solo un cap e un trench dai volumi ben evidenti per affermare da dove deriva la sua forza.

FERRARI STILE IN TRANSIZIONE

Il direttore creativo Rocco Iannone esplora il significato specifico della bellezza nell’universo Ferrari, puntando anche sul denim e contaminandolo con tecniche di tintura spray.

DIESEL SEX POSITIVITY

Per Glenn Martens il denim diventa una materia da trasformare, come nel caso della T-shirt, abbinata a un pantalone lontano dal mondo della jeanseria e vicino al vestire intergenerazionale.

RICHARD BROWN CASHMERE SENZA COMPROMESSI

Una collezione di classe ma audace, dove i capi cinque tasche si affiancano al modello Milano S dalla vestibilità regular, ma con un fondo più stretto, fino ai capispalla e alle overshirt Paul.

DES PHEMMES VEDO NON VEDO

Pezzi di guardaroba che si slegano dal sesso di chi li indossa e l’iconico denim con il boxer bianco: capi che vengono indossati con una blusa in tulle nude trasparente, creando una nudità diversa.

SHARABATI DENIM PRODUZIONE SOSTENIBILE

Gli impianti in Egitto e in Turchia di questa azienda, leader nel denim e nei tessuti realizzati in modo sostenibile, producono circa 120 milioni di metri l’anno di filato, per soddisfare le esigenze di oltre 100 brand riconosciuti a livello mondiale.

BOTTEGA VENETA OSSESSIONE SARTORIALE

Lo chic mattutino di una pin-up che esce da casa con la sola canotta, il denim, un bomber in morbida pelle annodato in vita e una borsa che contiene tutto ciò che serve in una giornata: oggetti in eterno movimento.

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MEET YOUR MATCH

Un salto nel tempo con un focus ben chiaro: cambiare le regole. Le collezioni uomo fanno sempre più attenzione alla rilettura moderna dei capi, puntando su sartorialità e sostenibilità, per uno stile contemporaneo ad personam.

ZERMATT FUTURO MASCHILE

Scarpe per amanti della montagna che esplorano il mondo. 60 anni di antiche tecniche artigianali dove stile, manifattura e qualità sono tutti italiani.

PAUL&SHARK

THE WATERFRONT

IL

BISONTE CLASSICO QUOTIDIANO

Comodità, resistenza e linee essenziali definiscono la linea maschile Cestello in pelle di vacchetta vintage, combinata con nastri in tessuto e fodere in tela di cotone.

Capi componibili pensati con un layering funzionale e un approccio versatile al guardaroba, come il completo giacca, camicia e pantalone, da abbinare a una maglia.

CHARGEUR

SS24

PCC/BERTERO

Nato nel 1907, Bertero rappresenta l’eccellenza nella produzione di componenti per abiti sartoriali. A Milano Unica ha la Diamond collection (canvas creati con base di lana Nativa™, sostenibile e tracciata), Gold Collection e Premium per capi sartoriali.

DIGEL SAPORE RÉTRO

Stivaletto outdoor leggero per la città ma anche per passeggiate in montagna, con una chiusura fatta di lacci e ganci. La suola carrarmato aderisce ad ogni tipo di terreno.

VITALE BARBERIS CANONICO

SS24

L’azienda conferma l’impegno nell’innovazione e nella ricerca, proponendo lane in versione ibridate da funzionalità inedite e fibre tipicamente estive, che le rende performanti e alleggerite nei pesi.

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SEDUZIONE MATERICA

Cappotto double doppiopetto con una vestibilità leggermente ampia in un tessuto esclusivo. Una rivisitazione del passato per costruire un nuovo guardaroba maschile, fatto di comfort sofisticato.

DOUCAL'S 50° ANNIVERSARIO

A Pitti 103 l’azienda ha presentato tre modelli iconici per l’uomo, riprendendoli dai propri archivi: “Doppia fibbia”, “Coda di rondine” e “Chelsea boot” (nella foto). Proposte che trasmettono sicurezza e solidità, fatte per adattarsi a ogni occasione.

PIQUADRO MULTIFUNZIONALITÀ TECNICA

Parka in Technowool formato da tre membrane: una di lana naturale e due in tessuto tecnico laminato, ultra-sottile e riciclato. Una linea creata dal designer israeliano Yossi Cohen.

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RE-INVENTING WINTER

Re-inventare l’abbigliamento esterno per renderlo più affine alle nuove sensibilità estetiche, alle evoluzioni culturali e di costume della società, non tralasciando la sostenibilità ambientale.

HERNO INCASTRI ESTETICI

Maxi gilet in nylon mat con una mantella, per raccontare il nuovo percorso del brand. Nuovi linguaggi e prospettive estetiche, senza dimenticare una storia di 75 anni.

SUNS INNO ALLA LIBERTÀ

Un capo dalla linea pulita, elegante e funzionale, che riflette una collezione apparentemente semplice ma ricca di dettagli tecnici.

COLMAR AIZAWA REVOLUTION

Capospalla in tessuto tecnico, in colori ispirati alla natura, parte della collezione Revolution disegnata da Yosuke Aizawa, fondatore del brand White Mountaineering.

CANADIAN IMPATTO ZERO

Lavorazione a intreccio per il piumino con intarsi di colore a contrasto nel modello con giacca corta. Una linea progettata da Mauro Taliani, noto designer specialista del capospalla.

GIANNI CHIARINI

ENGLISH COUNTRYSIDE

Il modello Helena Round, che rientra ormai nei classici della collezione, si trasforma in una baguette di tendenza, impreziosita da un manico metallico a catena torchon.

TATRAS EFFETTO DOPPIATO

Capospalla in jacquard di lana cloquet, in una mischia con fibre man made e un filato laniero effetto Kid Mohair: un tessuto ottenuto su una struttura doppio subbio, per un effetto gonfio e a rilievo.

SEBAGO

PENNY LANE

Mocassino effetto metallizzato, con suola in pelle di vitello in color argento: revolving Britishness.

STILNOLOGY EARTH VIBRATION

Continua la congiunzione perfetta tra le origini e la tradizione del brand toscano. La grinta dei colori di derivazione naturale sottolinea l’importanza dei tessuti e le loro combinazioni.

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THOUGHT PATTERNS

I filati più pregiati vengono utilizzati per creare capi dalla consistenza morbida e delicata, valorizzati attraverso l'uso di tecniche di tintura artigianale. La maglieria sfoggia silhouette classiche, sempre impreziosite da un tocco di seduzione.

DAY DOLL NO SEASON

Peculiarità del brand sono la produzione 100% sostenibile e una filiera trasparente e certificata. Tutto parte dalla lavorazione e trasformazione della polpa di faggio.

BURBERRY HERITAGE INGLESE

Daniel Lee, al debutto come direttore creativo, gioca su perfetti must-have dallo stile british. Con qualche punta di educata ironia nelle stampe con le papere e nel tartan.

CRUCIANI ARTIGIANALITÀ MATERICA

Maxi cardigan con contrasti materici e cromatici, dove un tipico motivo rétro acquista una nuova modernità, esaltata dalla rifinitura handmade delle frange.

BLUMARINE EROINA MEDIEVALE

Glamour e fierezza abbelliscono il corpo con una tunica lunga e sottile che mette in evidenza il bomber, abbreviato dal collo alto in shearling.

FENDI PENSANDO A LAGERFELD

Il tubino in maglia, come la scelta di colori scuri, riportano alla mente il gioco dei pannelli, tecnica creata nel 1981 da Karl Lagerfeld: un’idea semplice ma in realtà complessa.

N 21

BODY LANGUAGE

Un linguaggio del corpo ribelle, che diventa sofisticato e seduttivo nel cardigan scomposto con casacca in tulle di nylon, abbinata a una gonna a tubo.

VAGABOND ON THE FLOOR

Ballerina in suede, con tacco quadrato e puntale in pelle.

THE BRIDGE RÉTRO CITY

La bisaccia Dora nella versione Color Block si avvale di un design minimalista con dettagli massimalisti, costruzione a guardolo con tracolla sagomata, pellame conciato al vegetale e lucidato a mano con rulli d’ambra.

MALO STILE ETERNO

La collezione si delinea in linee pulite, punti geometrici, volumi egocentrici, rendendo omaggio alle geometrie di Le Corbusier.

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MIDRIFF FLOSSING

Negli anni 2000 si scoprivano il giro vita e stralci di pelle nuda, ma oggi si esibisce la totalità del corpo, con aperture strategiche tenute da lacci e laccetti che creano giochi di vedo non vedo.

GUCCI

PATRIMONIO GENETICO

Gli anni ’90 tornano nel reggiseno in metallo GG tempestato di cristalli, che dà il la ad accessori estrosi da cocktail come borse e guanti.

MAX&CO PENSIERO ECLETTICO

Il brand crea insieme ad Anna Dello Russo la capsule collection “Decoated”. Tutti i capi sono destrutturati e ripensati in una colorazione fluo, per uno stile eclettico ed originale.

DOLCE&GABBANA SEXTINESS

La sensualità è un’attitudine e per questo l’abito diventa un involucro che costudisce la femminilità, fatto di tulle, trasparenze, pannelli e veli.

PRADA PRADANESS

L’immaginario borghese gioca con mondi quasi ancillari: un cappotto di taglio maschile, rivisto in chiave couture, riassume il messaggio rassicurante del pradismo martellante. Tutto può essere bellezza.

MOSCHINO ARISTO-PUNK

I codici alterati della moda si ritrovano in questo bustier a forma di cintura, appoggiato sulla gonna foderata a vita alta con maxi zip, tutta in pelle. Una ribellione venata da regalità.

CHRISTIAN DIOR DNA RILETTO

Il savoir faire della maison si fonde con le nuove avanguardie tecnologiche. La giacca Bar, decostruita, diventa leggera per scivolare su una gonna corolla, ammorbidita da pieghe.

ERMANNO SCERVINO CARISMA FEMMINILE

L’intimo si svela sotto il tailleur dalla silhouette perfetta, celebrando il corpo, per una femminilità emancipata, assertiva e consapevole.

RODO A TRIBUTE TO ELEGANCE

Lusso, artigianalità e raffinatezza per il sandalo con doppio fiocco e listino alla caviglia abbinato alla borsa morbida con pieghe e ruches, enfatizzata dalla tracolla gioiello.

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RAVEWEAR

Una donna consapevole e fiera del suo corpo, che si esibisce in serate clubbing indossando modelli a vita bassa e top retati, dettagli bondage e nudità audaci. Un remix di stili, per passare dalla notte all’alba con grande disinvoltura.

DESTROYED DISORDER

Intuizione e rivoluzione: questo è da sempre il motto di John Richmond. Stavolta su un semplice completo jogging innesta la seduzione, attraverso zip che salgono e scendono e lasciano scoperto il corpo.

MANGANO DNA ROCK

Un guardaroba versatile e adatto al day-tonight. Biker in pelle dal taglio sartoriale con frange, borchie e una pioggia di Swarovski applicati a mano, su una gonna super-ridotta.

SEAFARER LIBERTÀ FEMMINILE

Pelliccia over colorata con piume nel tono dell’azzurro, accostata alla seduzione di una lingerie nascosta agli occhi di chi guarda.

RINASCIMENTO PUNK VALENTINO

Gli archetipi possono essere ri-immaginati e il potere diventa una riscoperta di nuovi contesti, come un colletto bianco in fusione con una cravatta per un minidress ridefinito.

MISSONI CHALLENGE TRIDIMENSIONALE

Il tatto e la vista si congiungono nella tridimensionalità della materia, dove un semplice short si accompagna a un bomber di pelliccia, dove i fiammati si fondono agli zig e zag.

BORBONESE INEQUIVOCABILE MILANESITÀ

Metti una sera a cena al Savini, istituzione milanese dal 1867, magari al tavolo n°7, il preferito da Maria Callas. Cosa si può indossare? Solo una creazione di Dorian Tarantini e Matteo Tena.

BATTAGLIA ‘CAUSE I’M STRONG ENOUGH

Se il suono di una canzone di Cher ti fa vestire con emozione, vuol dire che stai scegliendo un abito che ha i tagli giusti per evidenziare il tuo corpo. Per spezzare la monotonia di coprirsi troppo in inverno.

SEDUZIONE TAGLIENTE

Sandalo gioiello glam-rock con decoro di morsetti con lame, simbolo della maison. Esaltazione tagliente di una sensualità inaspettata.

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CESARE PACIOTTI SARA JOHN RICHMOND

IS MORE LESS

Stampe all over e colori pieni. Poco decoro, ma tessuti preziosi. Abiti come seconda pelle, giacche e top come sculture. Gioielli e accessori rigorosi. Uno stile che sottrae il superfluo e aggiunge una significativa eleganza, che punta sulla personalità. Forte.

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DI

Daydream Believer

Nuance scure per sedurre, interrotte da tocchi di bianco e dai bagliori scintillanti dei gioielli. Linee over anche per il formale. L’eleganza al femminile punta sul mix di tessuti.

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1 CRUNA 2 MARCIANO BY GUESS 3 LARDINI 4 PESERICO 5 DE MARQUET 6 GIOVANNI RASPINI 7 ASPESI 8 TAGLIATORE
2 1 3 4 5 6 7 8

Escape Artistry

Il ritmo intrinseco dell’arte e l’armonia compositiva che guidano i designer si espandono nell’aria come una rapsodia, insieme al gioco di forme e colori. Il carattere libero delle stampe e le tonalità variegate dei tessuti danno l’impressione di respirare all’unisono pura arte.

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6 8 1 PUPPETS AND PUPPETS 2 GIANLUCA CAPANNOLO 3 AVANT TOI 4 ALTUZARRA 5 REBELLE 6 ULTURALE 7 ALESSANDRO ENRIQUEZ 8 J&P SPORT 2 4 5 7 3

Layer Tayloring

Fra cappotti, gonne, tweed e tricot, emerge il piacere di vestire a strati. Un mood che si estende a un accessorio old-style come la borsa a mano in pelle, fino agli anelli fatti con polvere di diamanti, da portare uno accanto all’altro sullo stesso dito.

2 1 6 7 8 80
2 KITON
3 REBECCA 4 BOGLIOLI 5 COCCINELLE 6 MARYLING 7 SOLOTRE 8 FEDERICA TOSI
1 MARIA BELLENTANI
DONNA

Wild at Heart

L’animalier e i materiali d’avanguardia che simulano il pelo degli animali sono sovrani nel guardaroba. Nella loro riserva di caccia spiccano silhouette morbide e lunghezze differenti. Con qualche preda tra gli accessori, in inedite varianti cromatiche.

3 1 BORSALINO 2
3
4 ELEVENTY 5 RADÀ 6 OTTOD'AME 7 HAVANA&CO 8 POLLINI 6 2 4 7 8 1 5
ALABAMA MUSE
MARCO BOLOGNA

Stress to Impress

A fior di pelle. Esercizi di stile con il pus di una concia professionale. Blazer, bomber, gonne longuette, chemisier di nappa & co. sono sofisticati, seducenti e neo minimal. Da abbinare a borse over e gioielli siderali.

83
1 6 7
1 DAVID KOMA 2 FURLA 3 MARIO VALENTINO 4 BRANDON MAXWELL 5 ROCHAS 6 JULIAN MACDONALD 7 CHANEL
2 3 4 5 8
8 SWAROVSKI

Hypersonic Rétro

Inclinazione understated per caravan socialite sulle orme di mix facili, all'insegna della ricerca su materiali e costruzioni. Giacche kimono bohémien e tricot ton sur ton si circondano di partner affidabili: dai tailleur pantaloni tra daywear e nightwear a pochi accessori mirati.

1 MARTINO MIDALI 2 IKU MIZUKAMI 3 GENNY 4 HUNTER
8
1 2 3 4 5 6 7 8
5 ROSSO35 6 PINEIDER
7 REGENESI
KYME

SHIMA SEIKI ITALIA: «IL NOSTRO DESIDERIO È DI ISPIRARE

I BRAND AD ANDARE OLTRE»

Con la forza della tecnologia, del servizio e di collaborazioni eccellenti per proiettare nel futuro il concetto di maglieria, Shima Seiki Italia tira le fila della recente presenza a Pitti Filati, in sinergia con Beste e Vittorio Branchizio. E a quasi 30 anni dal lancio del primo capo senza cuciture WholeGarment® a Itma, è pronta per l’edizione 2023 di questo salone, il più importante al mondo nel suo settore

“Ever onward”, “Sempre avanti”, è il motto che accompagna dalle origini Shima Seiki, multinazionale giapponese specializzata nei macchinari di ultima generazione e nei sistemi di progettazione grafica computerizzata per la maglieria, che presidia il nostro Paese grazie a Shima Seiki Italia: una realtà attiva dal 2007 dove lavorano all’incirca 60 persone, con una sede centrale a Milano e due filiali, a Carpi e a Ponzano Veneto, cinque distributori sul territorio nazionale e altri agenti, a coprire parte dell’Est Europa, la Tunisia, Germania, Austria, Romania, Repubblica Ceca, Bulgaria, Serbia e Croazia. Soprattutto una fonte inesauribile di soluzioni, consulenza e ispirazioni per il settore: correva il 1995 quando al salone Itma Shima Seiki lanciava la tecnologia WholeGarment® per il suo primo capo completo. A distanza di quasi 30 anni, a Pitti Filati dello scorso gennaio, questo modello privo di cuciture (diventato un’esigenza, vista la carenza di manodopera)

si è evoluto, sfruttando due nuovissimi macchinari. Non solo: al salone è stato presentato un concetto di maglieria ibrida, che ha visto Shima Seiki Italia unire le forze con Beste, società benefit che eccelle nella produzione di tessuti e nella realizzazione di capi finiti con un focus sul capospalla, sotto la direzione creativa dello stilista Vittorio Branchizio. Una sinergia che ha consentito di creare capi knitwear dalle performance appartenenti tipicamente ad altri ambiti, accoppiando la maglia con membrane, mixandola con tessuti e arricchendola con dettagli di termonastratura. In questo modo la maglieria Shima Seiki è diventata total look, spaziando dai capispalla imbottiti ai pantaloni, dalle camicie agli abiti con una versatilità senza precedenti. «Ispiriamo i brand a guardare sempre oltre - afferma l’a.d. di Shima Seiki Italia, Davide Barbieri -. Del resto, oggi un maglificio non chiede più semplicemente “macchinari nuovi”, ma come utilizzarli sempre al meglio e con nuove soluzioni». In questo scenario Shima Seiki Italia non è solo un’azienda, ma il cuore pulsante di un sistema che si alimenta di meeting con venditori, programmatori, meccanici, responsabili di prodotto e

marketing, per pianificare ogni singola operazione partendo da collaborazione e condivisione. Un aspetto importante è legato alla formazione presso scuole, università e accademie di moda e design, sviluppando progetti con gli studenti e organizzando contest. Parole d’ordine tecnologia, qualità e passione, per proiettare nel futuro la forza del made in Italy. Del resto, le generazioni emergenti di programmatori sono un punto cardine per Shima Seiki Italia, che affronta questo 2023 proiettandosi verso l’Itma, la fiera più importante al mondo per il suo settore, dove dall’8 al 14 giugno l’azienda svelerà progetti, collaborazioni, traguardi raggiunti e da raggiungere.

SHIMA SEIKI for

UNCOMPROMISING PERFORMANCE

Le collezioni per l’autunno inverno 2023/2024 sono un perfetto incontro e sodalizio tra i must-have classici e i modelli per il tempo libero, proposti in tessuti tecnici e materiali ecocompatibili. Un modo di pensare, di essere e di vestire che rispecchia quello che ogni bambino e bambina desidera indossare.

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1. Blauer Junior Piumino con imbottitura ecologica, in materiali come Sorona e Repreve 2. Il Gufo Gilet in velluto con ricami floreali, camicia in cotone stretch, cravattino con fiore e nastro in Sensitive Fabrics, cappotto damier in misto lana, cappello in 100% lana a tesa stretta 3. Monnalisa Giaccone corto in peluche color pastello, con gonna a ruota in tulle plissettato mano seta
1 2 3
A CURA DI ALBERTO CORRADO
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1. Ido Completi eleganti in verde smeraldo e fucsia, per una rilettura degli anni ’80 in chiave junior 2. Gaelle Maglioncino con ricamo logato effetto mohair, abbinato al denim cinque tasche 3. Naturino Anfibio super glamour con effetto metallico e specchiato, dal mood galattico e lunare 4. Ducati Giubbotto motorcycle, felpa e pantalone nei colori istituzionali Ducati: nero, rosso e bianco 5. John Richmond Kids Patch di spugna stile college e inserti in contrasto con l’iconico dettaglio lettering
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6. Suns mini-me Giubbotto, T-shirt e pantalone in tessuti tecnici stretch

INTERVISTA

Dopo la lunga esperienza come fashion editor, lavorando a fianco di grandi fotografi, brand e celebrity, nel 2019 Alice Gentilucci si trasforma in stilista e lancia Alabama Muse, una collezione di pellicce ecologiche multicolor fuori, total green dentro, che ha debuttato nel calendario dell'ultima edizione di Milano Moda Donna

Il brand animal free Alabama Muse è giovanissimo - ha debuttato in pieno Covid - ma la sua artefice, Alice Gentilucci, nel settore della moda non è certo di primo pelo, per restare nella metafora delle pellicce, suo materiale d’elezione. 30 anni passati a fianco di Franca Sozzani come fashion editor, esperienze internazionali con griffe del lusso, star della musica e del cinema e fotografi come Helmut Newton, Paolo Roversi e Peter Lindbergh, ha sempre avuto un chiodo fisso: la moda. Anzi due, la moda e gli animali. Il marchio nasce da qui, dal desiderio di creare in proprio capispalla sartoriali e underground insieme, che con la forza dei colori e

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SPECIAL PROJECTS

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degli accostamenti catapultassero nel mondo wild di David Bowie, Mike Jagger e Tina Turner, con quella voglia di trasgressione mista a fragilità di Patricia Arquette nel film cult True Romance, nei panni di Alabama Whitman, da cui il brand ha preso il nome. Genderless, irriverente e bohémienne, la collezione è un invito alla libertà di espressione. E a fare a meno della pelliccia vera che, afferma Alice, «non ha più ragion d’essere».

Alabama Muse quest’anno compie tre anni: bilancio?

Il marchio è cresciuto, restando fedele a se stesso. Sin dall’inizio volevo creare dei capi unici, nel senso che sottolineassero la nostra unicità. A volte abbiamo paura di osare e mostrarci, ma se indossi una eco-pelliccia Alabama Muse diventi subito un personaggio. E poi far passare il messaggio che c’è una pelliccia sintetica, anche se non mi piace questo termine, che se fatta bene può sostituire quella vera. Naturalmente dal punto di vista della sostenibilità c’è ancora molto lavoro da fare. Però siamo sulla buona strada. Quasi tutta la nostra collezione è riciclata e

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certificata Grs (Global Recycle Sustainability) e a breve puntiamo a lavorare con materiali biodegradabili al 100%.

Grazie anche alla collaborazione con l’azienda comasca Olmar & Mirta… Questa è la seconda collezione prodotta su licenza dalla famiglia Tirelli. Insieme stiamo adattando la collezione alle esigenze del mercato…e del clima. Accanto all’eco-fur abbiamo introdotto la maglieria in cashmere e lana, riciclati rispettivamente al 95% e al 5%, movimentata da pelliccia di agnellino sui colli e le spalle. Sono convinta di aver trovato il partner giusto.

Come procede a livello commerciale?

Siamo ben posizionati nei negozi top in Europa, Usa e Cina. A credere subito in noi è stato Neiman Marcus, che sta investendo molto su Alabama, ma stiamo lavorando bene anche con Modes, con cui abbiamo creato anche una capsule, e multimarca importanti, offline e online, tra cui LuisaViaRoma e Farfetch.

Lei ha lavorato con molte celebrity: chi incarna meglio lo stile del suo marchio?

Ce ne sono tante, da Harry Styles a Miley Cyrus, da Sydney Sweeney fino a Rosa Chemical. Ma forse Victoria dei Måneskin lo interpreta alla perfezione. Un po’ bizzarra, un po’ fragile, poetica, malinconica, rock&roll. È lei la mia Alabama. 

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FASHION

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© FASHION 2023 Edizioni Ecomarket - Milano

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«Un po’ fragile e un po’ rock&roll, la mia Alabama è come Victoria dei Måneskin»
DI

CENTRIC SOFTWARE: TRASPARENZA E

COLLABORAZIONE

PER UNA MODA SOSTENIBILE

Il PLM (Product Lifecycle Management) di Centric Software è una soluzione personalizzabile e scalabile, creata per ottimizzare i processi produttivi e aziendali, facile da utilizzare con una formazione minima. A beneficiarne è la profittabilità delle aziende, tra cui realtà di spicco di moda e lusso

Un’unica piattaforma che copre l’intero ciclo di vita del prodotto a partire dalla pianificazione. Una soluzione personalizzabile e scalabile per ottimizzare i processi produttivi e aziendali. È il PLM (Product Lifecycle Management) di Centric Software, tecnologia portante che guida tutte le attività correlate al prodotto - dal concept al retail - consentendo la trasformazione digitale di marchi, distributori e produttori. La pianificazione è resa possibile da Centric Planning, che porta una visione olistica e collaborativa, e dalla funzionalità di Workflow, con informazioni puntuali sullo stato di avanzamento dei prodotti. La piattaforma di Centric è progettata per essere facile da utilizzare con una formazione minima: approfonditi dati analitici e visivi vengono trasformati in informazioni dettagliate e fruibili, per accelerare il processo decisionale e promuovere la collaborazione in tempo reale fra i team interni ed esterni all’azienda. Con un layout intuitivo e subito familiare agli utenti, l’immissione e il reperimento delle informazioni sono semplici. «Merchandising, design, sourcing, sviluppo prodotti, pianificazione e workflow aziendale sono tutti tasselli complessi che il nostro sistema mette in comunicazione e permette di gestire in contemporanea», spiega Massimo Marconi, EUROMED Regional Geo Leader di Centric Software, ricordando come la soluzione di pianificazione basata sui dati e sull’intelligenza artificiale consente ai pianificatori, ai merchandiser e agli allocatori di stock di ridurre gli sconti e la sovraproduzione, prevedere con precisione e ottimizzare l’esperienza omnicanale. A beneficiarne è dunque la profittabilità delle aziende: la visibilità su tutto il ciclo di vita del prodotto offerta dalle soluzioni di Centric Software permette di avere un maggior controllo sui margini dall’inizio e lungo ogni singola fase del processo, con una migliore aderenza agli obiettivi di business. Tra i player della moda e del lusso che hanno già scelto Centric Software ci sono Kering, Salvatore Ferragamo, Yoox Net-a-porter e Guess. Molti dei vantaggi

offerti dall’investimento in una soluzione per la gestione del ciclo di vita dei prodotti favoriscono anche lo sviluppo di un modello di business ecologico ed etico. Le aziende possono così generare un impatto positivo e al tempo stesso accorciare il timeto-market, snellire le attività operative, aumentare la visibilità lungo le catene di fornitura e ridurre costi e sprechi. Del resto, con una crescente domanda da parte dei consumatori di prodotti che siano realizzati in modo sostenibile e riducano l’impatto ambientale, i marchi di moda riconoscono che essere più responsabili e trasparenti rispetto alle loro pratiche di sostenibilità

sia essenziale per i risultati finanziari e per il benessere del pianeta. «Tramite la nostra suite di prodotti - aggiunge Massimo Marconi - si può gestire in maniera endto-end anche la sostenibilità. È infatti possibile operare mantenendo precisi standard ambientali in background, come bagaglio di dati, riducendo gli sprechi e l’impatto ambientale, e al contempo governare i costi delle ambizioni green. La sostenibilità, infatti, ha un costo, ma con i nostri sistemi può essere gestito in maniera ottimale». Il PLM per la moda di Centric consente di integrare tecnologie di progettazione 3D sofisticate con una gamma sempre più ricca di strumenti, fra cui ad esempio le Visual Boards che legano il PLM al Planning, la 3D Sample Review per un accurato campionamento virtuale e i connettori PLM per strumenti CAD 3D specifici per abbigliamento, per snellire il processo di progettazione e sviluppo dei prodotti. L’utilizzo congiunto del 3D e del PLM aiuta le aziende a produrre meno campioni fisici riducendo i costi di materiali e l’impronta di carbonio; a velocizzare i tempi di produzione con un time-tomarket complessivo più rapido; a seguire le tendenze e adeguare le collezioni “al volo”, per ridurre il rischio di giacenze elevate.

CENTRIC SOFTWARE for

puntati sul futuro di Moleskine grazie al nostro GenZ board»

Con 25 anni ai piani alti di Procter&Gamble e dieci ai vertici di brand come Diesel e Baccarat, Daniela Riccardi guida oggi lo sviluppo di Moleskine, il brand degli iconici taccuini, con10 milioni di clienti fedeli nel mondo. Una nuova sfida per la manager, che siede anche nel board di Kering

Nel suo curriculum figurano 25 anni in Procter&Gamble: cosa le ha lasciato questa esperienza?

È stato un percorso di crescita costante a contatto con culture, situazioni di business e di mercato diverse, fino alla presidenza della Greater China, un business da 3 miliardi di dollari e 8mila persone da gestire: l’apoteosi di tutto quello che ho imparato.

Successivamente è stata nominata ceo di Diesel, poi di Baccarat e, dal 2020, di Moleskine. Quale il filo conduttore?

Parliamo di brand con un significato e una storia: icone nel loro ambito, come lo sono Diesel nel mondo del casualwear, Baccarat nell’universo dei cristalli, con oltre 250 anni di storia, e Moleskine.

Cosa la appassiona di Moleskine?

È un marchio con una storia bellissima. Il legendary notebook di grandi artisti di inizio Novecento. Un valore recuperato da tre italiani visionari (Maria Sebregondi, Francesco Franceshi e Fabio Rosciglione, ndr), che lo hanno trasformato in un brand iconico noto in tutto il mondo, in grado di vantare una loyalty di oltre il 90%. Non un semplice taccuino ma il “libro ancora da scrivere”.

In un mondo in cui si usano sempre più i device digitali, come si colloca Moleskine?

dere nota con una penna e poi di rivedere il testo scritto sul device. Un progetto che spingiamo.

Come evolvono i vostri notebook?

Ci piace giocare con i colori, con i concetti culturali, artistici e di design. Emblematiche l’Asian Collection, realizzata da tre fashion designer da Giappone, Corea e Cina o le colab con marchi italiani come Missoni o K-Way. Stiamo spingendo inoltre sul concetto di regalo e abbiamo lanciato i planner undated, che si possono iniziare quando si vuole. Altra novità sono i prodotti spiralati, con la spirale “sostenibile” in sughero e carta pressata.

Oltre ai taccuini c’è di più?

La nostra offerta comprende solo prodotti in sintonia con il dna del brand. Come gli strumenti di scrittura oppure gli zaini, che richiamano i viaggi di Bruce Chatwin, tra i precursori di Moleskine. Per quest'anno, inoltre, abbiamo in programma una colab con un brand al momento top secret.

Dove sono distribuiti i vostri prodotti?

Il marchio è insegna di 55 monomarca tra Italia, Francia, Regno Unito, Germania e Usa ed è presente in un network di circa 30mila door nel mondo, soprattutto bookstore. Le proposte sono vendute anche tramite il sito del marchio e nei grandi portali online, per un business che vale in totale il 15/20% del giro d'affari.

In termini di fatturato?

Il brand fa capo al gruppo belga D’Ieteren, una realtà quotata; per questo non possiamo rivelarlo. Rientriamo nel novero delle mid-size company, con un turnover tra i 150 e i 200 milioni di euro. Un'azienda con headquarters in Italia e uffici a Parigi, Londra, Germania, Stati Uniti, Giappone, Cina e Singapore, presente in Australia, Medio Oriente o Africa, tramite propri distributori.

Nella foto, i nuovi articoli Moleskine con spirale sostenibile in sughero e carta pressata. Spiega Riccardi:. «Usiamo carta realizzata con materiali in arrivo da foreste correttamente gestite e da altre fonti controllate. Promuoviamo il ruolo delle donne e difendiamo le minoranze in ambito aziendale. Insieme alla Fondazione Moleskine, inoltre, sosteniamo comunità in condizioni svantaggiate».

L'estro dell’individuo, la creatività o la fase di brainstorming in un progetto, che sia un testo, un disegno, uno schema, trovano migliore espressione se trasmesse su carta. Pensiamo quindi che l’uso dei computer e degli smartphone non pregiudichi quello della carta, ma anzi le due cose possono andare hand in hand. Del resto continuiamo a crescere, forti di almeno dieci milioni di clienti "very loyal" nel mondo.

A tale proposito avete un prodotto ad hoc. Il taccuino magico Smart, che permette di pren-

Vantate da anni una community ufficiale, MyMoleskine, e varie comunità spontanee. Di recente lei ha fondato un team speciale... Si tratta del mio GenZ board, una squadra formata da 20 giovani da tutto il mondo, che hanno a disposizione un loro budget e a cui ho affidato il compito di rendere il marchio sempre più rilevante e interessante e di diffondere la sua conoscenza nel mondo. Hanno portato Moleskine con un evento alla Bocconi, poi al Politecnico di Milano e a Oxford e presto saremo alla Harvard University, con un progetto che presenterò io stessa.

Cosa consiglia alle donne, in un momento in cui si parla di women empowerment? Importante è fare una scelta consapevole. Capire che tipo di vita si desidera e lavorare per centrare gli obiettivi. Io volevo realizzarmi, sentirmi apprezzata e ho seguito il mio istinto. Ho avuto la fortuna di trovare un marito che mi ha sempre supportato ed è stato un viaggio bellissimo, per noi e i nostri due figli. 

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«Occhi
PEOPLE Daniela Riccardi Ceo

Articles inside

Fashion Magazine Primavera 2023

7min
pages 8-9

puntati sul futuro di Moleskine grazie al nostro GenZ board»

3min
pages 92-93

PER UNA MODA SOSTENIBILE

2min
page 91

UNCOMPROMISING PERFORMANCE

3min
pages 88-90

SHIMA SEIKI ITALIA: «IL NOSTRO DESIDERIO È DI ISPIRARE

2min
page 87

RAVEWEAR

1min
page 77

MIDRIFF FLOSSING

1min
page 76

THOUGHT PATTERNS

1min
page 75

RE-INVENTING WINTER

1min
page 74

MEET YOUR MATCH

1min
page 73

RIPPLE EFFECT

1min
page 72

Non solo duvet per Duvetica

3min
page 69

John Richmond rivisita il suo dna denim e lancia la nuova linea contemporary X

4min
pages 66-67, 69

Nel mondo dell’enogastronomia l’unione fa (sempre più) la forza

12min
pages 62-65

Una finestra aperta sull'Africa: sarà il nuovo place to be?

5min
pages 58-60, 62

La Cina riapre e lo shopping cambia mood: anche per i cinesi «si vive una volta sola»

11min
pages 54-58

Da End a Kick Game: lo streetwear inglese scommette su Milano

3min
pages 52, 54

LA PAROLA AI RETAILER MULTIBRAND

5min
pages 48-52

CAMERA SHOWROOM MILANO

3min
pages 45-47

Le big tech in lotta per l’intelligenza artificiale

6min
pages 42-43

POWER up

2min
pages 40-41

50circa

12min
pages 36-39

di Pmi: la crescita è con il modello del cammello

2min
pages 35-36

Chi vincerà il match tra Sabato De Sarno e Pharrell Williams?

10min
pages 30-32, 35

Mancano 94mila tecnici: la sfida è ridare dignità ai mestieri artigianali

11min
pages 22-24, 26-27

Le dinastie del lusso alla prova del ricambio generazionale

8min
pages 18-20

White sulla strada giusta: «La ricerca fa bene ai negozi»

2min
pages 16, 18

Tendenza restaurazione a Milano. Arriva il recupero dei codici sartoriali: non sarà virale, ma spinge il business

9min
pages 10-12, 14-16

«Più uomo e accessori, nuova retail experience: così Etro diventa lifestyle e ascolta i giovani»

6min
pages 8-10

«Con l’ingresso in Borsa diventeremo ancora più Brave. Ma oltre la moda c’è di più»

8min
pages 6-8
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