Laurel&Hardy

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Maurizio Mason

“Così diversi, eppure così affiatati e, soprattutto, così comici. Stan la penna visionaria da cui nascevano imperiture e indimenticabili scenette, e Oliver il materiale, ma assolutamente necessario esecutore. Straordinariamente bravi da utilizzare in tutta la loro produzione - trent’anni e cento film girati insieme - un linguaggio universale capace di far sganasciare dalle risate un eschimese come un americano, un cinese come un tedesco, un bambino come un uomo adulto. Maurizio Mason, da sempre appassionato di cinema oltre che di teatro, conduce uno studio raffinato sullo storico duo, indagandone, in modo del tutto originale, i segni espressivi che lo hanno reso meritatamente celebre e guidando sapientemente e in modo divertito il lettore attraverso il caleidoscopico insieme di situazioni, di gag, di trovate che hanno visto protagonisti Stan e Oliver. (...) Ma soprattutto, straordinaria è la loro poetica: se le gag non erano banali ma frutto di studi, prove, calcolo dei tempi sulla base delle risate previste, erano la bontà d’animo e la gentilezza verso chiunque a costituire la caratteristica più bella ed affascinante dei loro personaggi”.

Maurizio Mason

Con un’introduzione di Enzo Pio Pignatiello

artisti del sorriso

Maurizio Mason è nato a Venezia. Appassionato di cinema e teatro, ha composto recital teatrali e azioni sceniche nonché numerose commedie. È organizzatore di rassegne e festival, tra le quali ricordiamo “Metricamente Corto” appuntamento dedicato al cortometraggio. Ha da poco pubblicato un libro di memorie dedicato alla città lagunare.

€ 20,00

artisti del sorriso

www.falsopiano.com/laurelhardy.htm

FALSOPIANO FALSOPIANO


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FALSOPIANO

CINEMA


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EDIZIONI

FALSOPIANO

Maurizio Mason

LAUREL HARDY artisti del sorriso


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INDICE

Introduzione

di Enzo Pio Pignatiello Un gesto d’amore

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di Maurizio Mason

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Prima della coppia

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Elogio al cane fortunato La filosofia di L&H Due come noi Analisi e tecnica Luogo e spazio Il tempo (storico) Tra scena e montaggio La mitica Ford T Donne e guai La fuga Dopo gli anni belli L’Alfabeto (incompleto) di L&H Le canzoni di L&H I momenti indimenticabili Quelle stravaganti traduzioni Repetita iuvant Piccole, perdonabili imprecisioni

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Ultime riflessioni L’amata Lois Doppiati e doppiatori Attori e attrici Filmografia di L&H Locandine e manifesti

p. 93

p. 95 p. 98

p. 101 p. 129

p. 243

Location, then and now

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Bibliografia essenziale

p. 257

Ringraziamenti

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Laurel Hardy. Artisti del sorriso

INTRODUZIONE di Enzo Pio Pignatiello

Questo libro si potrebbe benissimo sottotitolare “cronaca di un amore”, tanto per rimanere in ambito cinematografico. Il saggio documenta la squisita sensibilità e originalità dell’autore, che lo dedica ai due massimi rappresentanti della comicità cinematografica, con un senso di sentita riconoscenza per i due artisti che hanno fatto la gioia di intere generazioni offrendo attimi di tempo e ore di distensione a tanta parte del genere umano. E non si tratta solo di decantare due “pietre miliari” della walk of fame hollywoodiana, bensì di svelare i segreti di quello che, a tutti gli effetti, rappresenta un autentico patrimonio dell’umanità. Due attori talmente abili da riuscire a fare della risata una unica autentica forma d’arte: uno grasso, l’altro magro; uno con la voce profonda, l’altro con la voce acuta; uno in abito scuro con la cravatta, l’altro in abito chiaro con papillon; uno irascibile e prepotente, l’altro calmo e sprovveduto. Così diversi, eppure così affiatati e, soprattutto, così comici. Stan la penna visionaria da cui nascevano imperiture e indimenticabili scenette, e Oliver il materiale, ma assolutamente necessario esecutore. Straordinariamente bravi da utilizzare in tutta la loro produzione - trent’anni e cento film girati insieme - un linguaggio universale capace di far sganasciare dalle risate un eschimese come un americano, un cinese come un tedesco, un bambino come un uomo adulto. Maurizio Mason, da sempre appassionato di cinema oltre che di teatro, conduce uno studio raffinato sullo storico duo, indagandone, in modo del tutto originale, i segni espressivi che lo hanno reso meritatamente celebre e guidando sapientemente e in modo divertito il lettore attraverso il caleidoscopico insieme di situazioni, di gag, di trovate che hanno visto protagonisti Stan e Oliver. Se la coppia si fondava su una chimica perfetta, la loro massima peculiarità era il rapporto magnetico instaurato con lo spettatore, suggellato dal celebre camera-look, lo

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sguardo in macchina di Ollio, condito con una buona dose di ingenuità e spontaneità, quali ulteriori garanzie di coinvolgimento del pubblico. La loro espressività ha una vena slapstick e la comicità si rifà al vaudeville, tipo di spettacolo in voga tra fine Ottocento e inizio Novecento, a metà fra il cabaret e il circo. Il loro procedimento comico prediletto è lo slow burn con distruzione reciproca, che segnò un cambio di ritmo nella successione delle gag nell’intera storia del comico: se prima di loro l’efficacia comica di una trovata si basava soprattutto sulla capacità di sorprendere gli spettatori, Laurel & Hardy spostano l’attenzione sull’attesa nel modo di porgere ogni singola gag. Si passano così in rassegna piacevolmente le loro invenzioni visive e sonore - Laurel e Hardy seppero intuire le potenzialità comiche dei rumori, oltre che delle loro buffe voci e la loro capacità di adattamento li portò a sopravvivere al tramonto della stagione del muto per tutti gli anni Trenta. Ma soprattutto, straordinaria è la loro poetica: se le gag non erano banali ma frutto di studi, prove, calcolo dei tempi sulla base delle risate previste, erano la bontà d’animo e la gentilezza verso chiunque a costituire la caratteristica più bella ed affascinante dei loro personaggi. E da tutti questi aspetti, che costituiscono la “filosofia” laurelhardiana”, Maurizio Mason è rimasto talmente folgorato da decidere di intraprendere anche un viaggio negli Stati Uniti per visitare alcune location dei film di Laurel & Hardy e da esporre un fiore presso le loro tombe, compiendo, in perfetta coerenza con la stesura del libro, un simbolico atto d’amore verso questi due uomini e artisti che hanno segnato la vita di ognuno di noi. E merita un encomio anche la sua bella iniziativa di costituire una nuova “tenda” italiana che, sulla scia di quelle americane, possa raccogliere in omaggio di Stanlio e Ollio gli appassionati della coppia comica e trasmetterne la conoscenza alle generazioni future.

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Laurel Hardy. Artisti del sorriso

UN GESTO D’AMORE di Maurizio Mason

Questo volume è il mio gesto d’amore nei confronti di Stan Laurel e Oliver Hardy, grandi uomini e artisti, ma anche e direi soprattutto un atto d’amore che gli stessi hanno compiuto nei riguardi degli spettatori di tutto il mondo che generazione dopo generazione hanno onorato e omaggiato con la loro arte. Disse Stan Laurel: «La nostra popolarità è durata tanto tempo... Si sarebbe anche potuto pensare che la gente ci avesse scordato, ma non è stato così. Forse il pubblico amava noi e le nostre comiche perché ci avevamo messo tanto amore». È questo il riassunto di tutto il discorso. Qualità espressive impiegate con passione sapendo di poter rallegrare gli animi, capacità allo stato puro come espressione di un talento impareggiabile che migliora culturalmente e socialmente il mondo. Laurel e Hardy erano questi: persone provviste di un genio non comune, consapevoli della loro grandezza seppur attorniati da molti altri Artisti di grande statura, loro seppero dare un quid in più, e che quid! Questo libro non ha la pretesa di aggiungere nulla a quanto già scoperto e descritto riguardo a Stan, Oliver e il loro mondo se non le personali riflessioni e considerazioni. Con il mio studio auspico di offrire con umiltà un agile strumento per iniziare o approfondire la conoscenza di Laurel & Hardy, un mito che non sfiorisce e che dobbiamo tener vivo, nonostante il tempo che passa. Ma i capolavori, si sa, non hanno età, cambiano gli usi e i costumi, i modi e le tecniche per girare un film, si evolvono le vetture e gli apparecchi telefonici, si modernizzano le città ma la sostanza, quella inequivocabile che distingue l’artista, non tramonterà mai e non sarà mai fuori moda. Mi auguro che il lettore possa trarre beneficio da queste pagine, entrando con stupore in quel meraviglioso periodo delle grandi comiche

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Maurizio Mason

americane, per me è stato un coinvolgermi in un ambiente famigliare fatto di belle persone, un tuffo nella purezza di un mondo che purtroppo non c’è più ma che ci fa bene ricordare. In quegli “Studios” ciascuno di noi potrà incontrare Stan e Ollie che non mancheranno di accompagnarci con la loro eleganza e gentilezza sui set cinematografici, metafora di quel più importante palcoscenico che poi è la vita.

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Laurel Hardy. Artisti del sorriso

PRIMA DELLA COPPIA Stanley Jefferson Stanley Jefferson nacque il 16 Giugno 1889 a Ulverston, una cittadina del Lancaster, in Inghilterra. Il padre Arthur, uomo inflessibile e dai capelli rossi (come d’altronde lo stesso Stanley), era un attore e impresario teatrale nonché scrittore, la madre un’attrice di una certa fama tanto da essere definita la Theda Bara dell’Inghilterra del nord. Il padre avrebbe desiderato per i suoi tre figli una carriera lontana dal mondo dello spettacolo, più propenso a impartire loro un’educazione frutto della frequentazione dei migliori college. La cosa non gli riuscì con Stanley che dopo un periodo di indecisione di avvicinò alle aspettative del padre. Si indirizzò verso ciò che sentiva più consono: “I am funny” (sono divertente) è la frase di Stanley che aiuta a comprendere ciò che il giovane desiderasse per sé. Cominciò a recitare in piccole parti teatrali, già intratteneva il corpo insegnante del college che frequentò per breve tempo esprimendo già le sue doti e il bisogno di esprimerle: questo giovane magro e dinoccolato possedeva indubbie qualità artistiche, lui se lo sentiva che avrebbe potuto avere un posto di rilievo nel mondo dello spettacolo, tutto stava a farlo comprendere anche a chi avrebbe potuto avviarlo. L’incontro con l’impresario Albert E. Pickard fu una tappa fondamentale. Pickard era la punta di diamante dello show business del periodo, a cavallo tra i due secoli. Stan lo incontrò e dopo avergli ribadito di essere un tipo divertente, gli disse: «mi faccia entrare in scena solo una volta, signore. E se non sarò bravo, allora non la annoierò più. Ma sarò bravo. Vedrà. E se sarò bravo, mi darà una possibilità nella sua Sala a Clydebank?». L’impresario non si astenne dal dare una possibilità al giovane che si era presentato così convinto e risoluto e non se ne pentì. Il prima balzo era stato fatto, ora non era il solo Stanley ad avere la consapevolezza che il futuro artistico aveva gettato le basi. Dopo essere stato impegnato in una Compagnia dove poteva espri-

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mersi nell’arte della pantomima intraprendendo la carriera di attore brillante, Stanley si stava avviando al seguente e decisivo incontro che lo avrebbe orientato definitivamente verso la sua consacrazione. L’impresario di spicco in Inghilterra era all’epoca Fred Karno che ingaggiò Stanley nella sua compagnia come sostituto di Chaplin che già lavorava con lui. Assolutamente imperdibile il diario che Stanley lascerà in eredità al biografo John McCabe del periodo in cui lui e Chaplin condividevano la stanza durante la loro prima tournée in America nel 1910. Non fu un grande successo, in verità, neppure dal punto di vista economico. La delusione al ritorno era palese ma pochi anni dopo si ripresentò la medesima opportunità: una nuova trasferta negli States con Chaplin capocomico: la paga era sensibilmente migliorata, non solo per questo la seconda traversata ebbe migliori benefici. Chaplin venne notato da Mack Sennett, attore e produttore delle comiche targate Keystone. Karno lo lasciò andare sciogliendolo dal contratto. Stanley mantenne un’ammirazione smisurata per Charlie Chaplin che definiva il più grande di tutti: condividevano le stesse speranze dopo avere raggiunto gli States in cerca di quel successo che riuscirono entrambi a ottenere. E Chaplin, in seguito, trasferì queste sue sensazioni in The Immigrant (1917), comica in cui descriveva sogni e inquietudini di chi si recava in America nella speranza di una vita migliore. Molti altri attori della compagnia cercarono fortuna in America e così fu anche per Stanley Jefferson che tentò una strada autonoma. Diede così vita a un trio, “The Three Comiques” con Edgar e Wren Hurley, suoi colleghi nella compagnia di Fred Karno. Il nome poi si tramutò in “The Keystone Trio”, data anche la dipendenza dall’omonima Casa di produzione. Conclusa questa esperienza Stanley incontrò Adolf Ramish, proprietario di un teatro a Los Angeles, che intuì le potenzialità che il giovane Stanley avrebbe potuto avere al cinema: finanziò la realizzazione di una comica, Nuts in May che Stan recitò con Mae Dahlberg, sua nuova compagna artistica. Il film andò bene e Stanley espresse tutto il suo talento. Il destino era avviato, l’incontro con Oliver Hardy era ormai dietro l’angolo.

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Laurel Hardy. Artisti del sorriso

Oliver Norvell Hardy Dall’altra parte dell’oceano, il 18 Gennaio 1892 nacque un paffuto pargoletto dal nome distinto, Oliver Norvell Hardy. Nato in Georgia, Stati Uniti, non si staccò mai da quel “Norvell”, cognome da ragazza della madre, che sempre distinse il suo modo di presentarsi anche nei film. Persona orgogliosa, tipica del sud, un classico gentiluomo. Il pupo era l’ultimo di sei fratelli e non aveva un background artistico come il futuro compagno Stan: il padre, Oliver Hardy senior, era un avvocato e morì quando Oliver aveva solo dieci anni. La madre Emily Norvell gestiva un albergo, nessuno nella famiglia di Oliver aveva avuto velleità artistiche. Di famiglia benestante, Oliver si distinse subito per la sua raffinatezza di modi e la sua bella voce da soprano che con il tempo si trasformò in una melodiosa voce da tenore, cosa che sfruttò durante il suo percorso cinematografico. L’estro artistico era presente in lui fin da giovane ma dopo alcune sparute esperienze di recitazione teatrale si vide costretto, dopo la morte del genitore, ad affiancare la madre nella gestione dell’albergo di famiglia. Palestra fondamentale per l’attento e curioso Oliver, che se ne stava seduto per ore alla reception a studiare ogni qualsivoglia tipo di persona gli si parasse davanti. Così disse Hardy a John McCabe nel tratteggiare la sua formazione, raccontando di quanti Laurel e Hardy vedeva davanti a lui nell’albergo e poi, successivamente, anche in viaggio: «Lo stupido al quale non è mai accaduto nulla di spiacevole - e il ragazzo intelligente che è più stupido del ragazzo stupido solo che non lo sa». Oliver acquistò e gestì una sala cinematografica a Milledgeville e ciò lo convinse che lui avrebbe dovuto essere protagonista di quel mondo che passivamente andava proiettando: si trasferì in Florida, a Jacksonville e qui iniziò la sua carriera di recitazione. Iniziò a lavorare alla Lubin Motion Pictures: interpretava il ruolo di heavy, il cattivo ma l’aspetto fisico lo rendeva una canaglia simpatica seppur forzuta e corpulenta. Iniziò in questo periodo anche il fortunato nomignolo Babe che gli fu attribuito da un simpatico barbiere dopo aver rasata la barba del

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paffutello Oliver: «Nice a bab-ee, nice a bab-ee» (che bel bambino), divenuto poi Babe. Oliver era un tipo atletico e sportivo, praticava Football e Golf, passione quest’ultima che lo accompagnerà anche in seguito. Oliver Hardy si impose e recitò moltissimo, non si contano le comiche alle quali partecipò pur senza diventare un nome di prim’ordine. Lasciò la solare Florida e venne ingaggiato come cantante di cabaret a New York prima di andare a vivere in California. Era il 1918 e fece da spalla a Jimmy Aubrey e Larry Semon in una lunga serie di film prodotti dalla Vitagraph. Ed è in questo periodo che incontrò colui che diverrà, senza saperlo, il partner indivisibile non solo di una carriera cinematografica ma dell’intera sua vita futura.

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Laurel Hardy. Artisti del sorriso

ELOGIO DEL CANE FORTUNATO Gli animali furono spesso presenti nelle comiche di Laurel&Hardy ma di certo questo cane fortunato può essere considerato davvero il destino felice dei due intraprendenti e talentuosi giovani attori. Continueranno ancora a lungo le discussioni su quale sia il primo cortometraggio in cui Stan e Ollie divennero davvero la coppia che conosciamo ma credo siano elucubrazioni inutili, non ritengo ci sia una comica iniziale in cui i due dimostrarono per la prima volta i loro tratti caratteristici, i boys si incontrarono più o meno casualmente e sono più propenso a credere che diedero inconsapevolmente il via al loro percorso di formazione e perfezionamento durato tutta la loro carriera insieme. Fino all’ultima comica. L’occhio attento scorgerà via via una maggior consapevolezza dei propri mezzi non solo attoriali e una affinità derivante dal lavoro dall’amicizia. Quando sorretti da regia e sceneggiatura di qualità (fino a un certo momento) si trovava così la quadratura o perfezione, come la si voglia definire. In Lucky Dog Oliver è un ladruncolo un po’ goffo come tante volte lo era stato in precedenza mentre Stan è un nullatenente che incontra un cagnolino per la strada. È il loro primo incontro, passerà un po’ di tempo prima che i due si possano incontrare di nuovo ma già si notavano i tratti caratteristici in fieri. Ci vorrà ancora un po’ per completare l’opera e se il buongiorno si vede dal mattino...

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LA FILOSOFIA DI L&H Credo che in fondo il pensiero e la filosofia di vita di Laurel e Hardy siano ben sintetizzati in alcune frasi pronunciate da Oliver stesso all’inizio di una loro comica, Busy Bodies: What a beautiful morning! Turn on the radio and let’s have some music. Gee, it’s great have a good job to go to. It just makes the whole world brides. Why, even you look bright this morning. Che bella giornata! Accendi la radio e ascoltiamo un po’ di musica. Vedi, è bello avere un buon lavoro. È come se il mondo intero sorrida. Anche tu (Stan), sembri più luminoso questa mattina. A Stan e Oliver non serve poi molto: un lavoro e una bella giornata di sole. Stan e Oliver sono persone semplici e pure, sensibili alle disgrazie altrui e cercano di conseguenza di aiutare il prossimo in difficoltà, non si tirano indietro per difendere chi ne ha bisogno. È ciò che a ben guardare può bastare a ciascuno di noi per trascorrere un’esistenza tranquilla, senza noie. Purtroppo non funziona sempre così, anche noi ci rendiamo conto che gli intoppi sono sempre dietro l’angolo. Stan e Oliver sono spesso vittime di soprusi e della cattiveria umana, non capiscono questo e perciò non si adattano a vivere in un mondo che troppo spesso non sorride loro: la loro ingenuità e la dabbenaggine non meritano certo di farli diventare vittime di una società che per puri non è.

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DUE COME NOI Come per molti altri attori comici, l’osservazione dei comportamenti altrui sarà di fondamentale importanza anche per Laurel & Hardy. Osservano a modo loro la società e le sue varie componenti. Chi di noi non avrebbe voluto reagire almeno una volta a un sopruso, restituire un’offesa, un gesto di maleducazione e di mancanza di rispetto? A chi di noi non è accaduto qualche piccolo incidente domestico, non è mai capitato di inciampare, scivolare, rompere involontariamente qualcosa? Certo L&H esasperano le situazioni ed enfatizzano azioni e reazioni, mosse e contromosse ma, a ben guardare, rappresentano la realtà quotidiana così com’è, nelle sue più genuine sfaccettature. Per questo la gente li ama, li sente così vicini alle proprie esperienze, perché agiscono come noi vorremmo e vivono le nostre stesse difficoltà. Certo, a noi può non capitare di dover trasportare un pianoforte su una ripida scala (The Music Box) ma più frequentemente potremmo dover sopportare le angherie di gente altezzosa o che ci ride alle spalle; non dovremo ospitare nella nostra stanza d’albergo un animale (Angora Love, The Chimp, Laughing Gravy) ma potremmo, questo sì, creare disturbo all’albergatore che pretenderà da noi un comportamento più consono alla civile convivenza. Chi è sposato non dovrà inventarsi una vacanza a Honolulu per sfuggire temporaneamente alla routine quotidiana, ma di certo sarà capitato di desiderare di essere altrove con un amico (o amica...) anziché tra le braccia della pur giovane e piacente consorte. Laurel&Hardy rappresentano un po’ noi stessi e vivono la nostra realtà, per questo li sentiamo così vicini, così amici. Certo le azioni irrazionali di Stan (chiudere una tenda azionando la sua ombra proiettata sul muro, accendersi le dita a mo’ di fiammifero) sembrano allontanarci dalla “loro” realtà, ma questi sono attimi di fuga poiché nella normalità L&H vivono nell’appartamento a fianco il nostro. Chi di noi non ha mai cercato di fare il furbo, non ha reagito a una provocazione o almeno è stato tentato dal farlo? O ancora, chi di noi ha amato non essendo corrisposto, si è trovato involontariamente coinvolto in qualche pasticcio o ha temuto di andare dal dentista? Stan e Ollie ci

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appaiono così vicini perché simili a noi, appartenenti alla nostra quotidianità, con le nostre speranze, la nostra identica buona volontà e le simili difficoltà. Possiamo cogliere nelle loro comiche solo l’aspetto divertente che ci fa sorridere delle situazioni in cui si imbattono ma possiamo anche cogliere, più approfonditamente, che il contesto in cui i due agiscono è simile al nostro, anzi è proprio il nostro! È Oliver Hardy stesso a spiegarci il concetto: «Mi piace osservare la gente. A volte mi si domanda da dove io e Stan troviamo ispirazione per i personaggi dei nostri film. È come se pensassero che quei personaggi sono fatti di una pasta speciale ma al mondo esiste una miriade di Laurel e Hardy. Ogni volta, quando viaggio, ho ancora l’abitudine di sedere in corridoio e mettermi a osservare il via vai delle persone e, credetemi, vedo un sacco di Stanlio e Ollio». Un altro elemento fa comprendere non solo la fierezza di Oliver Hardy ma anche il suo considerarsi parte della realtà. Laurel e Hardy non assumono nomi di scena, mantengono i loro e, almeno Ollio, lo esprimono con fierezza. A tale proposito, come già esposto, in Twice Two Oliver tende a precisare che la sua famiglia ha una onorabilità non certo inferiore a quella di Stan (nella finzione) ma di certo alla base si evidenzia l’orgoglio di essere un uomo del Sud. A differenza di altri comici, che vivono situazioni staccate dalla quotidianità e a volte troppo surreali per appartenerci (pensiamo per un momento a certi film di Buster Keaton dove regna l’irrazionalità o l’invenzione al tempo grottesca come in The Electric House del 1922), L&H ci appaiono come i nostri vicini, dei quali non si conoscono le origini e le provenienza ma che ci appartengono nel loro presente, in quella loro ingenua ma sincera ricerca di stabilità e di civile convivenza. E quella libertà di reagire alle angherie che a noi non è concessa (giustamente). E inoltre vediamo rappresentate in loro quelle piccole rivalse e soddisfazioni che noi non ci possiamo concedere. Ma che vorremmo. Diciamo, a onor del vero, che gli antagonisti di L&H possiedono caratteristiche, tratti e modi di agire spesso altrettanto enfatizzati e con una dosi di cattiveria e maleducazione elevate, ben sopra la norma, le reazioni di L&H sono quindi conformi a ciò che devono subire, non solo frutto di loro reazioni eccessive.

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Laurel Hardy. Artisti del sorriso

ANALISI E TECNICA Le prime comiche in cui Laurel e Hardy recitano assieme, pur non essendo una coppia, lasciano intuire le potenzialità della loro futura unione. Naturalmente entrambi avrebbero dovuto non tanto sacrificare il loro modo di recitare e apparire ma adattarlo al gioco dei due, che li avrebbe tuttavia fatti diventare un’unica entità. Stan Laurel, legato alla pantomima dei tempi di Fred Karno, avrebbe potuto sfruttare la sua mimica, gestualità e agilità fisica nell’economia della coppia, Oliver Hardy, mantenendo l’ilarità dei suoi modi garbati che solo in apparenza non si addicevano al suo fisico importante, avrebbe sviluppato un aspetto da buono con una spiccata signorilità. Laurel e Hardy compresero lavorando quali potrebbero essere state le potenzialità della coppia, supportati da buone sceneggiature, registi di spessore e attori comprimari di indubbio spessore. Il tutto necessario al fine di ottenere quella perfezione di stile, ritmo e situazioni presente in tanta parte della loro produzione. Perché di perfezione si tratta. Accennavo prima al concetto di unica entità. Stan Laurel e Oliver Hardy ci appaiono certo come coppia ma il gioco narrativo li fa divenire un tutt’uno; pensiamo alla comica Them Thar Hills in cui i due, con la loro roulotte, si scontrano con l’irascibile marito della dolce Mae Bush che aveva chiesto loro un po’ di benzina, durante una vacanza in campagna. Si avvia un tit for tat, azione e reazione, tra i più lunghi e intensi. Ogni volta che l’antagonista reagisce all’azione, nella fattispecie di Stan prendendosela con Ollio, non sembra che la nuova contromossa sia portata da Stan o Ollio, ma da entrambi, cioè dal tutt’uno. I due si completano a vicenda, pur con le loro caratteristiche opposte ma proprio per questo complementari, come due parti della stessa persona, appunto. Sebbene Ollio tenda a dimostrare la sua superiorità intellettuale rispetto a Stanlio, quasi salvandolo dal suo essere, si rende anche conto, forse solo inconsciamente, di non poter fare a meno di quel compagno sciocco che gli procura tanti guai ma che gli manifesta anche un gran senso d’amicizia e solidarietà. Stan è il compagno di lavoro, il complice di tante scorribande e altret-

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tanti sotterfugi alle rispettive (e altrui) consorti, colui che incassa le reazioni cattive restando sempre un alleato fedele e affezionato. Ollio sa tutto questo. Analogo discorso riguarda Stan, anch’egli considera inseparabile il compagno Ollie, magari non se ne rende conto ma è così, noi lo avvertiamo. Pur non sapendo molto di loro, se non che sono eventualmente sposati e alla ricerca di un lavoro, ci sembra di conoscerli da sempre e li sentiamo famigliari. In fondo, Stan e Ollie ci assomigliano molto: i loro modi gentili, da una parte il grasso Ollie che sembra sopportare dover tutelare lo sciocco Stan senza rendersi conto che sarà lui la vittima soprattutto per una sua stupidità superiore, dall’altra lo svampito Stan, all’apparenza innocuo e inconcludente ma al momento addirittura perfido e vendicativo. Come noi, tali e quali, quindi vicini. Stan e Ollie vestono eleganti con del tocco di nobiltà che sempre li distinguerà, a anche nelle presentazioni, il che merita una considerazione. Quando Oliver si deve rivolgere a una persona sempre si esprime così: “My name is Oliver Norvell Hardy and I’d like you to meet my friend, Mr. Laurel” (Sono Oliver Norvell Hardy e sono lieto di presentarle il mio amico, Mr. Laurel). È un tratto distintivo non trascurabile, come d’altronde usare i propri veri nomi, cosa che ce li rende ancor più vicini poiché ci trasmettono la loro semplicità, il loro voler apparire per quelli che sono, senza sovrastrutture o stratagemmi. Come facciamo noi ogni giorno LUOGO E SPAZIO A differenza di altri comici del periodo, che erano soliti girare i loro film negli studios dove le scene venivano opportunamente ricostruite, Stan e Oliver amano rapportarsi con l’ambiente reale, cittadino. Ecco quindi che anche i loro momenti surreali vengono comunque calati in luoghi reali che ci appartengono, che anche noi spettatori sentiamo tangibili e quindi nostri. Questo ci avvicina i protagonisti, fa sì che Stan e Ollie siano accostati alla nostra quotidianità perché vivono le nostre

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medesime difficoltà, i nostri soprusi, le stesse ingiustizie, calpestano le nostre stesse vie e percorrono le strade che ieri abbiamo percorso noi. Naturale quindi tifare per loro, qualsiasi cosa succeda, al di là del fatto che la loro innocenza è già di per sé sufficiente per sentirceli vicini. Azzardando un termine altisonante, notiamo nelle comiche di L&H un elemento dichiaratamente neorealista. Non avremo difficoltà a cogliere che i due agiscono spesso in un palcoscenico esterno, il che ce li avvicina. Una ripresa di lunga durata senza montaggio determina in aggiunta che Stan e Oliver ci appaiono come se noi li guardassimo da una finestra o fossimo dei passanti nella stessa via, rendendoci reale la storia. Charles Barr sottolineò la vicinanza con Alfred Hitchcock nel senso che quanto possa essere inopportuno il loro comportamento, conserverà sempre una connotazione plausibile poiché inserito in un ambiente realistico. Questo lo si nota molto bene anche in Putting Pianta on Philip e in generale in tutte quelle comiche in cui le inquadrature larghe che comprendono oltre a L&H anche un’intera cittadinanza hanno come effetto il sentirle reali. Come accade per ciascuno di noi, anche Laurel e Hardy hanno bisogno di spazi riparati ove rifugiarsi. Siano questi la propria casa, il luogo di lavoro, un albergo... Ciò che esula dalle nostre abitudini è la ristrettezza di questi spazi: Stan e Ollie non concepiscono l’oppressione spaziale tanto da riuscire, senza alcuna metafora, a collegarli con l’esterno abbattendone le pareti di confine. L’emblema di questo assunto lo notiamo in Helpmates, comica in cui Ollio, dopo una notte di bagordi, deve riordinare la casa prima del ritorno dell’arcigna moglie. Chiede aiuto al fido compagno Stan il quale contribuirà in maniera determinante alla distruzione completa dell’abitazione, della quale resterà in piedi solo la porta d’ingresso. Nelle ultime battute della comica, Ollio prega il compagno di chiuderla per poter godere della giusta intimità, seduto sulla sua poltrona durante un acquazzone. I due hanno tolto le pareti che separavano l’interno con l’esterno, hanno allargato gli spazi chiusi, troppo stretti e limitativi per loro. Anche quando non si giunge ad una completa distruzione, L&H tendono a modificare la struttura e in molte situazioni i luoghi subiscono inevitabili danni. Si pensi al muto

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Should Married Men Go Home? in cui la quiete domestica di Oliver e signora viene turbata dalla visita di Stan, dapprima ignorato e poi accolto. Le mosse dei due danneggeranno tende, sedie, giradischi (elemento presente anche in altre comiche) e quant’altro fino a far pensare alla moglie che era senz’altro preferibile lasciarli andare a giocare a golf piuttosto che mettere a repentaglio l’intera abitazione. Un discorso analogo merita The Finishing Touch, ancora più giocato sul contrasto costruzione-distruzione. L&H dapprima si impegnano, con tutte le difficoltà del caso, a costruire una graziosa villetta in legno che poi verrà rasa al suolo. Si obietterà che in questo caso, essendone stati i costruttori, la distruzione della casa è involontaria, ma anche in tutti gli altri loro interventi è presente l’involontarietà, è il gioco innato a provocare il danno. Nelle tre comiche dedicate al soggiorno di L&H in albergo con un animale (Angora Love, The Chimp, Laughing Gravy) la loro stanza verrà messa a soqquadro e ciò dipenderà dalla difficile opera di nascondere una bestiola ma il risultato è simile alle altre situazioni, ben che vada verrà distrutto il letto e allagato il pavimento. Da ricordare anche They Go Boom!, dove l’esplosione di un materasso distruggerà l’intera stanza, segno emblematico del loro bisogno di spazi aperti. Il momento forse più emblematico, seppur fuggevole a prima vista, è presente nel lungometraggio The Flying Deuces. Stan e Ollie, in una specie di mansarda, devono fare i conti con gli spazi ristretti sbattendoci ripetutamente la testa. Stan demolirà il portone di un garage, con Ollie al suo interno in Block-Heads. Possiamo azzardare dicendo che ogni luogo minimo sappia di limitazione: l’auto, che li circonda quando sono al suo interno (quante Ford T verranno distrutte!), un ring dove si combatte al suo interno, dietro un bancone di negozio, tutti spazi che limitano imponendo una limitazione di movimento e perciò di autonomia. Ah, già, le donne, altro motivo di oppressione per Stan e Oliver. I due a volte risultato sposati, altre sono alla ricerca di un momento di spensieratezza con qualche giovane (magari anche da sposati, perché no?), a volte si trovano loro malgrado coinvolti in situazioni affettive dalle quali non riescono a uscire. Certo, le mogli che si ritrovano al fianco sono tutt’altro che raccomandabili ma tutto rientra, a ben guar-

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dare, in quella necessità costante di autonomia. Non sappiamo nulla di come i boys abbiano potuto sposarsi quando lo sono o lo stanno per fare, a noi basti sapere che comunque il legame coniugale non potrà essere sostenuto, se non in qualche caso isolato. Pensiamo a Sons of the Desert alla fine del quale Stan sarà marito soddisfatto ma dopo un percorso di bugie e sotterfugi per poter ottenere quel barlume di libertà che i due sempre desiderano. Come fa notare Marco Giusti, gli oggetti più inutili per Stan e Ollie sono le chiavi, che non servono praticamente a nulla vista la capacità della coppia di uscire da qualsiasi posto chiuso, anzi rimanendovi quasi chiusi fuori, come succede in The Flying Deuces: Stan porgerà addirittura le chiavi a un allibito James Finlayson, carceriere rinchiuso nella cella della sua prigione. Sempre citando Giusti, un altro elemento da sottolineare nell’analisi della coppia è dato dalle scale. Quelle esterne, alla The Music Box, per intenderci, sono mezzi per giungere a compiere il loro dovere, come impone la logica di Stan e Ollie. Quelle interne, come possiamo ben comprendere, odorano di chiuso, di oppressione. E qui scatta la distruzione interna, altro elemento della logica dei boys che si servono delle scale per potersi aprire allo spazio. Aggiungo un particolare di quelli che possono sfuggire ma che mi sembra appropriato in questa argomentazione. In Busy Bodies i boys lavorano lieti in una falegnameria, nella quale sono giunti di buon mattino dopo una bella corsa in auto, sorridenti alla vita. Fra le mille gag e situazioni, in una di queste Ollie si imbatte nell’intelaiatura di una finestra rimanendone incastrato con le dita. I tentativi di Stan per toglierlo d’impaccio non porteranno a buon fine se non quando la finestra verrà distrutta (sulle spalle di un malcapitato Charlie Hall): Ollie e con lui Stan non amano le strutture ben squadrate, le linee precise di un’intelaiatura come di una stanza (o finestra come in Busy Bodies) o di società schematica e per questo troppo rigida. Claustrofobica ma quanto mai significativa è la scena in cui Stan e Ollie cercano di sistemarsi nella cuccetta letto del treno per Pottsville in Berth Marks dove viene appunto resa appieno la difficoltà dei boys a sentirsi a loro agio in spazi ristretti, senza vie di fuga. Forse l’esempio

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più calzante (nel vero senso della parola...) appare in Be Big, comica sonora del 1930. Un Ollie particolarmente atletico e festante desidera partecipare, assieme al compagno Stan, al ritrovo del loro Club di Equitazione. Purtroppo le loro graziose mogli preferiscono una vacanza ad Atlantic City, come d’altronde già concordato. Niente di meglio che fingersi malati e raggiungere le mogli il giorno seguente, dopo la serata al Club. Avvertiamo subito il bisogno di Stan e Ollie di evadere da quello spazio che è la loro casa e da Atlantic City, luoghi frutto di costrizioni e non di desiderio e loro piena libertà. Poiché i boys desiderano indossare l’uniforme ufficiale del Club, si scambiano per errore gli stivali che naturalmente vanno larghi a Stan ma troppo stretti a Ollie. Ed ecco la metafora, il significante da cui scaturisce il significato. Gli stivali divengono ciò che malvolentieri indossiamo, la mancata libertà e la sua mancata realizzazione. I vani tentativi della coppia di sfilare gli stivali hanno non solo il significato di farci apprezzare le loro doti di comici ma anche di trasmetterci il loro candido desiderio di fuga dalla costrizione, anche da un paio di calzature. Certo, Ollie comprende per un momento che certe regole andrebbero rispettate e infatti all’invito per la serata al Club risponde negativamente. Poi però prevale il senso di sciogliere i legami, qualsivoglia essi siano. La comica terminerà con gli stivali ancora addosso ma con la distruzione della parete in cui si trova incastonato il letto presso il quale i due si erano rifugiati. Il precipitare di questi nella strada sottostante chiude il loro desiderio di spazio aperto, finalmente non vincolato da pareti, promesse, oppressioni. IL TEMPO (STORICO) Una critica, pur benevola, che viene rivolta da certa critica a Laurel & Hardy riguarda la collocazione temporale delle loro avventure. Si è detto che la coppia, a differenza di altri illustri colleghi del periodo, ad esempio Charlie Chaplin, non hanno sviluppato una adeguata analisi e denuncia della loro periodo storico. È vero che analizzando capolavori come The Gold Rush (1925) e The Great Dictator (1940) si deve am-

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mettere che Chaplin non solo ha analizzato in maniera precisa certi periodi storici ma anche li ha denunciati con forza, naturalmente alla sua maniera. Se però analizziamo con una certa serietà i film di Stan e Ollie noteremo che, alla loro maniera, anch’essi si muovono in una realtà e società ben precisa e definita, presentandone gli aspetti più importanti dai più semplici ai più complicati, anche storicamente. In Laurel e Hardy è presente il concetto di famiglia intesa come matrimonio, spesso minato da ingerenze esterne (Stan per Ollie e viceversa) o da arroganti comportamenti delle consorti. Nelle vicende della coppia appare evidente una certa difficoltà d’inserimento in una società poco disposta ad accogliere i più deboli e indifesi. In un cortometraggio appare un cartello in cui si accenna alla grande Depressione per evidenziare il contesto nel quale agiscono. I nostri eroi entrano nelle carceri, si accenna alla Grande Guerra (Block-heads) e alle sue possibili tragiche conseguenze (Stan sembra un invalido). Questi sono momenti storici, i nostri amici non solo vivono nei nostri passi ma viene anche inquadrata storicamente la loro presenza certo mantenendo fede al loro modo di divertire. Tralasciando i grandi temi, cui si accennava poco fa, Stan e Ollie raccontano di tradimenti, povertà, buoni sentimenti, incomprensioni, licenziamenti, stratagemmi. Sono aspetti del vivere quotidiano e ovviamente lo sviscerarli significa raccontarli da dentro, viverne tutti gli aspetti e, se siamo disposti, farci anche riflettere e ragionare su questi. Ogni comico che venga collocato storicamente racconterà la realtà in cui agisce in maniera personale è completamente diversa, da ciò ne deriva che non si avverte alcuna leggerezza nel modo di narrarla in Stanlio e Ollio. TRA SCENA E MONTAGGIO Di notevole importanza nei film di Laurel&Hardy è il montaggio. Certe situazioni non si sarebbero potute rendere nel migliore dei modi senza un’opportuna alternanza di scene e di set, come possiamo evincere facilmente in Brats dove i due amici, sdoppiandosi in genitori e figli, de-

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vono “coesistere” nello stesso ambiente dapprima ripreso in maniera autonoma in due ambientazioni distinte, addirittura con dimensioni diverse della mobilia. Lo stesso gioco e agilità di montaggio appare chiaro in Twice Two, in cui l’allegra coppia si sdoppia al femminile rappresentando coniugi e consorti. In altre occasioni l’azione di montaggio si rende necessaria anche per “mascherare” un incidente (di cui si può mostrare solo il prima e il dopo) o per spostarsi su altri elementi dai quali poi appunto ritornare sulla scena principale. Questo concetto appare chiaro nel finale di Hog Wild: la mitica Ford T non ne vuol sapere di mettersi in modo mentre è parcheggiata sulle rotaie del tram. Dopo vari tentativi di accensione, tra scoppi e un Ollio tra lo spazientito e il rassegnato, ecco sentire il suono del tram che inesorabilmente si avvicina. La scena passa ad alcuni presenti che stanno guardando la scena, si sente il frastuono dell’incidente e poi si torna sull’auto dei due, schiacciata tra due tram ma, stranamente, stavolta addirittura funzionante, elemento irrazionale e incongruente. Questa sequenze strappano più di un sorriso e curiosità allo spettatore. Altro stratagemma per divertire lo spettatore nasce dal volerlo (solo all’apparenza) sviare da ciò che lui si attende e che sarà. Due esempi chiariscono il concetto: in Liberty le scritte del prologo accennano ai padri degli States, Washington e Lincoln con un accenno alla Prima guerra mondiale sottolineando che la lotta per la libertà continua. Appaiono ora Stan e Oliver e già questo spiazza e diverte chi guarda. Lo stesso meccanismo accade in Two Tars in cui i nostri amici entrano in scena dopo che le prime immagini fanno orgoglioso sfoggio della Marina militare. Un gioco di contrasti, certo, efficace e già di per sé divertente. All’epoca delle comiche mute l’editing era meno usato, si pensi al sonoro Tit for Tat. Analizzandolo con attenzione si comprende che le azioni incrociate dei litiganti, rappresentate con un abile cambio di inquadratura, sarebbero appartenute a un’unico fluire senza alcun montaggio. Anche la presenza del microfono in scena è un elemento che senz’altro influisce nella necessità di dover cambiare inquadratura. Per onor di cronaca è giusto anche sottolineare i momenti in cui ap-

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pare invece una cattiva qualità delle scene. È il caso inequivocabile di County Hospital: nella parte finale uno Stan sotto effetto di anestetico guida in maniera scomposta la sua Ford T con Ollio a bordo ma non in una strada come eravamo abituati a vedere, appare invece chiaro una scena di fondo con l’auto posizionata su una piattaforma girevole che però svilisce la bellezza della parte precedente della comica. Le proporzioni appaiono incomprensibili e la corsa della vettura è davvero inguardabile. Il passaggio al sonoro, che aveva reso inizialmente perplesso Chaplin e visto uscire di scena fior di comici (si pensi solo a Buster Keaton) non li preoccupò molto, anzi aumentò le loro potenzialità. Laurel e Hardy mantennero tutte le loro caratteristiche dinamiche aggiungendo le voci che permettevano soluzioni aggiuntive: gli strani ragionamenti di Stan, i gridolini di dolore di Ollio o di difficoltà di Stan non sarebbero potuti essere resi dalle didascalie dei silent movies. Da non sottovalutare l’importanza della musica diegetica: non solo le musiche di sottofondo sincronizzate ma anche la presenza di altri suoni che i boys odono da una radio o da altre fonti quali un gruppo musicale in un locale notturno. Stan e Oliver non solo hanno la possibilità di esibire la loro voce ma anche di cantare e di ballare e, seppure l’esempio più classico di questo sia Way Out West dobbiamo citare almeno un altro film in cui appare evidente la loro leggerezza danzante: in The Music Box Stan e Ollie si cimentano in un meraviglioso balletto a ritmo di musica dettata dal pianoforte appena posizionato su cui si legge lo spartito Medley of Patriotic Songs. È un minuto che mi emoziona ogni volta che lo guardo per la loro precisione di movimenti, la fluidità della scena, una di quelle invenzioni che scivolano via ma che rappresentano le vette più alte del talento. Con una lunghezza ben maggiore ecco la stessa scena nel lungometraggio Bonnie Scotland dove i due hanno a che fare con i bidoni della spazzatura che devono raccogliere all’interno di una caserma. Qui la musica è di sottofondo. A conclusione della digressione cito Our Relations in cui gli interventi musicali hanno anche lo scopo precipuo di far comprendere lo

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svolgersi della trama poiché Stan e Ollie interpretano die coppie diverse di fratelli gemelli e la musica suggerisce con chi si ha anche fare: i classici boys sono introdotti dal noto canto del cuculo, l’altra coppia da una fantasia inglese. Si converrà che un tale racconto non sarebbe stato possibile a suon di didascalie in un film muto. LA MITICA FORD T Un capitolo a parte merita il mezzo di trasporto di Stan e Oliver. Soffermandoci sulla citata automobile di Stan e Oliver, la mitica Ford T all’epoca già fuori produzione e quindi un po’ obsoleta (e quindi non scelta a caso), suscita ilarità il notare quanto essa fosse elemento imprescindibile ma che, pur nolenti, alla fine della comica venisse distrutta o comunque resa inutilizzabile. Ecco, forse l’unico luogo in cui notiamo che i nostri eroi stiano davvero a loro agio è, in apparenza, la loro auto. Li vediamo sorridenti e canticchianti mentre percorrono le assolate vie di Los Angeles, poi inconsciamente torna alla luce quell’idea di libertà senza vincoli e costrizioni: ecco così la naturale e logica demolizione. Numerose sono le comiche, così come pure i lungometraggi, che vedono protagonista la bella vettura, elemento molto cinematografico in senso esteso e, nello specifico, quasi un attore principale. Presente anche in cortometraggi di Harold Lloyd e Buster Keaton, la Ford T vedrà la sua consacrazione nel mondo di Laurel&Hardy con una varietà di significati che la porteranno a essere una protagonista di primo piano nell’economia della storia e della struttura filmica. A tale riguardo mi soffermo soltanto su alcune comiche che ritengo di particolare rilievo. Big Business riassume più concetti al suo interno se riferiti alla vettura della coppia: dapprima è l’ennesima conferma di come tale vettura fosse il mezzo di trasporto più diffuso al tempo e identifica una volta di più la sua simbiosi con Stan e Oliver. Quasi come la bombetta la Ford T fa parte del loro giorno, ne è un elemento indispensabile. Oltre a ciò in questo specifico caso la identifichiamo come funzionale anche alla trama, essendo suo malgrado la vittima della cattiveria distruttiva del so-

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lito James Finlayson. Possiamo trarre anche un’altra conclusione: Stan e Oliver distruggeranno la casa del citato Fin, questi farà lo stesso con l’auto e questo sta a significare come per l’uno la casa fosse la cosa più importante come per gli altri fosse invece la loro automobile. In A Perfect Day l’auto diviene il “luogo” in cui si svolge la quali totalità della vicenda: il pic-nic che non si riuscirà a fare avrà sempre come suo prologo gli infiniti tentativi di partire da casa senza mai riuscirci e questo grazie alle varie difficoltà che la vettura procura ai due, anche se non è sempre “colpa” sua. In entrambe queste comiche dell’automobile resterà ben poco: verrà distrutta o, nella migliore delle ipotesi, sprofonderà in una grande pozzanghera. Suggerisco il lungometraggio Saps at Sea che contiene al suo interno un paio di mirabili situazioni che vedono protagonista la Ford T, in particolare la prima scena che ha luogo all’uscita di Stan e Oliver dalla fabbrica di trombe delle quali quest’ultimo è allergico, soffrendo di una strana cornofobia, come decreterà poi il Dottor Fynlayson (sì, si chiama proprio come lui!). In questa occasione è Stan alla guida, con la preoccupazione giustificata di Oliver. Neppure dirlo, Ollie è insofferente al suono della tromba, non ne sopporta il rumore, ecco scattare la tromba dell’auto che non si ferma più, arrivano i primi curiosi e naturalmente anche un poiliziotto. Con un modesto tentativo di bloccarla, Stan fa precipitare a terra l’intero blocco motore dell’auto: la gente ride, Oliver richiude l’anta del cofano. Stan prende in braccio il pesante motore e lo appoggia con fatica sul sedile posteriore della Ford. Manco a dirlo, ripreso ognuno il proprio posto in vettura, Stan avvierà il motore che riprenderà a funzionare canticchiando felice nell’incredulità generale. Un classico momento surreale. Ma facciamo un passo indietro. Alcune informazioni sono necessarie per contestualizzare il mezzo di trasporto usato, e servirà per comprendere meglio l’importante funzione che la lo stesso rivestirà nelle comiche dei due. L’intuizione di Henry Ford diede una svolta epocale alla motorizzazione americana dando la possibilità tutti di poter guidare una propria automobile con tutti i significati che ne sarebbero derivati in termini di

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autonomia, libertà e un pizzico di agiatezza. Un po’ come accadrà in Italia vari decenni dopo con l’avvento della Fiat 500 e 600. Con la Ford T l’americano medio non si sentirà più discriminato rispetto ai più ricchi della nazione, ciascuno avrà modo di esprimere la propria modernità dando il via ad una nuovo momento storico. La cosiddetta motorizzazione di massa va oltre il diritto di pochi e la relativa ostentazione. La Ford T non sarà solo una berlina ma servirà anche per il lavoro, un pick up agevole e versatile. Nelle comiche di L&H notiamo tutto questo, la vettura, simpaticamente soprannominata Flivver (macinino) e soprattutto, affettuosamente, Tin Lizzie (lucertolina di latta) accompagnerà i due nella molteplicità delle sue funzioni: sarà mezzo di trasporto in Big Business con gli alberi di Natale, strumento di lavoro in Hog Wild (per appoggiarvisi una scala) o mezzo per andarci in Busy Bodies, addirittura piccola (molto) limousine per accompagnare i promessi sposi, due o tre che siano, dal giudice in Our Wife; la Ford T non sarà solo la berlina per le loro tranquille (si fa per dire) scorribande attraverso Los Angeles e Culver City. Come gli abiti un po’ consunti esprimono lo stato di Laurel & Hardy e le bombette ne manifestano comunque la loro eleganza ed educazione, così Tin Lizzie ne esprime l’anelito di libertà presente in loro, come già espresso. Solo dispiace un po’ vedere queste simpatiche vetture spesso ridotte, alla fine della comica, a un ammasso di rottami (certe distruzioni sono però straordinarie), ma anche questo ha un ruolo sostanziale nella filosofia della coppia. DONNE E GUAI L’analisi che Oliver Hardy rivolge alla società non può trascurare l’elemento femminile. Neppure Stan, nell’elaborare le gag, lo può e deve sottovalutare. L’universo comico comprende sempre una presenza femminile, basti pensare a Charlot e Buster Keaton, presenze a volte rassicuranti ma più spesso conturbanti e comunque presagio di situazioni difficili da affrontare, per svariati motivi.

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Nel variegato mondo di Stan e Ollie la musica non cambia: nell’economia delle loro comiche non avrebbero avuto senso mogli accondiscendenti e permissive, tanto meno dolci e comprensive. Spesso e volentieri i nostri eroi appaiono con al loro fianco donne arcigne, affettuose solo nella misura in cui vengono trattate gentilmente da mariti in modalità tappetino, per poi rivelarsi, in caso contrario, addirittura vendicative. Queste caratteristiche, già di per sé divertenti, sono il pretesto per giustificare un sotterfugio, una fuga, una ribellione da parte dei nostri che, senz’altro di cuore buono, tuttavia mal sopportano i restringimenti della libertà alla quale si sentono intrinsecamente portati. Si pensi a Sons of the Desert, film emblematico delle regole imposte dalle mogli e non rispettate dalla coppia: le donne dimostrano affetto ma non la necessaria comprensione per ciò che i loro mariti desidererebbero, ne riceveranno pan per focaccia con la mancata sincerità che avrà tuttavia esiti diversi. Contestualizzerei il tutto alla presenza degli animali, altra entità ricorrente delle loro avventure: anche queste creature creano spesso problemi a Stan e Oliver ma il modo di comportarsi dimostrano una volta di più il loro buon cuore, all’apparenza insofferente ma senz’altro altruista e sensibile. Anche gli animali, e citare Lucky Dog viene naturale vista l’importanza di quella prima loro comica, aiutano a cogliere elementi fondamentali della loro filosofia oltre a farci apprezzare alcune gag tra le più perfette nei tempi. Anche gli animali si comportano in maniera differente, a volte fanno tenerezza (e la coppia ricambia), altre diventa una minaccia impaurendo i malcapitati. È il parallelo femminile, a ben guardare, ecco perché la contestualizzazione. Le donne no, non li ossequiano, si deve elaborare sempre un piano per poter sfuggire da loro onde riacquistare la propria dignità di uomini, invero poco rispettata da compagne egoiste, opportuniste e approfittatrici. All’analisi attenta si coglie come Oliver mantenga comunque una sua eleganza tipicamente del Sud mentre Stan, quando portato all’esasperazione, non trascura pedate ed una certa violenza nei confronti di chi li opprime. Naturalmente l’aggressività porta al sorriso, nulla a che fare

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con la brutalità di cui tanto si parla nel mondo d’oggi. Oliver si innamora, Stan è più disincantato, entrambi però si fanno in quattro per difendere la giovane ereditiera in Way out West, segno evidente che i due non hanno preclusioni verso l’universo femminile, solo ne vengono sopraffatti come nel contraltare presente nello stesso film: il buono e il cattivo della donna, Stan e Oliver sanno da che parte stare. Accade a volte, fonte di ilarità e situazioni, che Stan e Ollie si sostituiscano alla presenza femminile: si pensi a quando i due dormono nello stesso letto, a quando devono dare il biberon a un neonato oppure consegnare un bambino ai legittimi parenti per mantenere la parola data ad un loro precedente commilitone; ecco, in questi frangenti se la cavano da soli, con tutti gli inconvenienti del caso. Ritorno a Way out West: la scene finale con i due che si allontanano dal piccolo paese con la giovane ereditiera, tra canti e spensieratezza, rende l’idea di come Stan e Ollie non abbiano alcuna prevenzione verso le donne, il loro cuore è sincero e ben si adatta alle situazioni purché vengano rispettati i loro diritti (veri o presunti) e la loro conseguente libertà. LA FUGA Strettamente legata al concetto di spazio, la fuga rappresenta un altro caposaldo della filosofia dei boys. Fuga da intendersi in differenti modi: fuga dopo aver compiuto un atto imprudente o sconsiderato, fuga obbligata da qualcuno che li insegue, fuga come concetto astratto di evasione da una società che li trattiene a fatica in quanto persone concettualmente libere in un mondo che opprime con le proprie regole e costrizioni. Dal punto di vista comico, la fuga è un elemento assai divertente: in quante comiche notiamo Stan e Oliver nascondersi da qualcuno, non si contano i momenti! La dinamicità delle scene in cui i due vengono rincorsi (da poliziotti, donne, animali) o cercano di fuggire (dagli stessi) sono di alto profilo e impongono ritmo e velocità alla comica. Dobbiamo altresì ram-

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mentare che tutti i comici del periodo sono ricorsi a mirabili corse e inseguimenti alla ricerca di un nascondiglio sicuro. Confrontiamo alcuni finali di comica di Laurel & Hardy con analoghi finali di Chaplin. Ripensiamo solo alla dolcissima immagine di Charlot che si allontana percorrendo da solo una lunga strada, sempre più richiuso dal riquadro tondo che poi lo fa svanire in The Circus (1928). Certo questa è alta poesia ma il concetto che si intende trasmettere è evidente: Charlot ha in sé una grande speranza, quella di Domani è un altro giorno, per capirci. Dopo tante avventure, dopo essere anche stato rifiutato dalla donna amata, Charlot trova ancora la forza di vivere e appunto sperare: la lunga strada aperta davanti a lui ha questo significato duplice: chiudere con ciò che è stato ed è anche visivamente alle spalle (che non vediamo ma che abbiamo condiviso vedendo la comica) e un futuro incerto ma nel quale senz’altro poter sperare, da solo o a braccetto con la sua bella. Quando Charlot si allontana in compagnia appare ancor più chiaro il concetto di libertà. Dicevo, questa è alta poesia. In Laurel & Hardy l’allontanamento finale da ciò che è stata la loro avventura sa di vera e propria fuga verso un destino però altrettanto ignoto a quello di Charlot. Libertà, fuga da regole e costrizioni, da poliziotti (troppo) ligi al dovere e da persone troppo litigiose per poterci convivere. Anche per Stan e Ollie vediamo un futuro, forse non altrettanto velato di ottimismo ma di certo l’iniziare a spostarsi in una lunga strada, pur correndo, lascia trasparire un allontanamento dal passato alla ricerca di un miglior futuro. DOPO GLI ANNI BELLI Anche a detta di Stan, il periodo più florido della coppia appartiene senza dubbio agli anni dei loro cortometraggi. Va detto che alcuni film sono tra i preferiti anche di Stan e contengono una evoluzione del loro mondo comico soprattutto dal punto di vista temporale, riuscendo a distribuire gag e circostanze nel lungo tempo se ben farcite di invenzioni e con una trama convincente su cui poggiare. Tra questi cito senz’altro

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Sons of the Desert, Way out West e The Flying Deuces. Il resto, come si evincerà dalla parte di filmografia che riguarderà i lungometraggi, si poteva evitare o quasi: sceneggiature a volte imbarazzanti come i registi e gli sceneggiatori al seguito, una certa stanchezza che qua e là ormai scaturiva nella coppia e forse anche i gusti del pubblico che stavano cambiando, tutte componenti che non resero onore a tanta arte proposta in precedenza. Gli ultimi lungometraggi di Stan e Ollie sembrano essere stati prodotti per sfruttarne il nome dopo tanti anni di gloria piuttosto che per voler mantenere su alti livelli una carriera sino a poco prima insuperabile. L’iperbole non si mantenne ai picchi massimi, di certo stava un po’ diminuendo anche il successo ottenuto negli States. Le successive tournée teatrali (l’impresario Bernard Delfont li scritturò nel 1947 per esibirsi a Londra e in altri importanti teatri) che Laurel e Hardy intrapresero dapprima in Inghilterra e poi in Europa testimoniarono invece di come la loro fama fosse ancora elevatissima, più che in America. Folle smisurate trasmisero alla coppia il loro affetto che non era minimamente scemato e anche la televisione fu un importante veicolo per approdare alle nuove generazioni. Dopo aver lasciato la Fox da cinque anni giunse la proposta di girare un nuovo film in Francia. È la pagina più triste da (de)scrivere: un regista completamente inadeguato, un copione penoso e l’aspetto fisico che risentiva degli anni non avrebbero portato a nulla di buono. Si aggiunga che Stan si ammalò e le riprese da 12 settimane durarono un anno. Anche Babe manifestò le prime avvisaglie di quella sua cardiopatia che lo colpirà duramente in seguito. Ripresisi si tuffarono con entusiasmo nella loro ultima tournée europea con Stan che aggiunse un nuovo sketch al palinsesto. Sembrava quasi che i due avrebbero dato vita ad alcune fiabe per bambini ma il cuore di Ollie non resse e un nuovo attacco, i medici gli imposero di dimagrire di oltre 60 chili. A seguire fu Stan a essere colpito da un attacco che ne minò le capacità fisiche e mentali dalle quali tuttavia si riprese completamente. A fine 1955 Ollie ebbe un nuovo attacco di cuore che lo costrinse a letto senza quasi la capacità di parlare e di intendere. Chissà se in quelle lunghe giornate

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avrà avuto la lucidità di ripensare ai tempi meravigliosi del loro successo. Oliver Hardy morì il 7 Agosto 1957 assistito con amore dalla sua ultima moglie Lucille. Stan gli sopravvisse per alcuni anni e fu testimone dell’affetto non solo dei fan ma anche dei colleghi che non mancarono di fargli visita o di scrivergli, dal semplice appassionato a Jerry Lewis e Marcel Marceau. Stan visse nel ricordo del compagno di tante avventure. Commuove pensare che egli continuò a scrivere gag da proporre insieme all’amico, un particolare dal quale si evince in maniera inconfutabile quando i due fossero davvero uniti e inseparabili non solo sul set ma soprattutto nella vita. Stanley Jefferson si ritirò presso l’Oceana Hotel di Santa Monica, da dove poteva vedere l’oceano oltre le palme che abbellivano l’albergo. Certo, anche per lui sarà stato nel contempo un motivo di soddisfazione ripensare ai tempi belli ma anche una grande tristezza. In quegli ultimi anni Stan ebbe modo di percepire in modo indiscutibile quanto lui e il compagno Oliver erano ancora amati, quanto la loro intera opera continuava a essere ancor più rivalutata. Stan trascorreva il suo tempo rispondendo alle numerose lettere che i fans gli scrivevano, autografava fotografie che poi rispediva, sempre disponibile nel ricordare i tempi gloriosi e svelando particolare inediti e curiosi dei loro set. In una di queste lettere, rispondendo a un ammiratore, Stan commentava il tentativo di un giovane di farsi pagare una piccola somma in cambio di una pubblicazione periodica su Laurel&Hardy, riciclando vecchio materiale già pubblicato poi alla fine della lettera: «No, I don’t know of any legitimate L&H Fan Clubs - frankly don’t know why there should be one, L&H are No More, so whats the purpose?» (No, non sono a conoscenza di Fan Club dedicati a Laurel&Hardy. Francamente non capisco perché dovrebbe essercene uno, Laurel&Hardy non ci sono più, quale sarebbe lo scopo?). La fama dei boys sarebbe continuata a lungo. Se ne andò il 23 Febbraio 1965 lasciando un doloro profondo a quanti amarono le gesta epiche e l’arte inarrivabile di Stan Laurel e Oliver Hardy. Al suo funerale l’attore Dick Van Dyke pronunciò l’elogio funebre: «Le sale del Paradiso devono risuonare di risate divine».

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Maurizio Mason

ALFABETO (INCOMPLETO) DI LAUREL&HARDY Introduco questo prospetto rendendo un doveroso omaggio a tutti quegli artisti che hanno reso luminoso il periodo d’oro del cinema comico americano affiancando Stan Laurel & Oliver Hardy. Il pretesto nasce spontaneo dovendo introdurre un Alfabeto personale ma necessariamente incompleto. Riconosciuta la vastità di opere che la coppia sfornò nei vari decenni della loro attività, risulta comprensibile che tanti siano gli oggetti e le situazioni che siano presenti in più di esse. Naturalmente con sfumature e finalità diverse, come ho avuto modo di affrontare nel capitolo dedicato alla Ford T. Molti elementi sono presenti anche nelle opere di precedenti o contemporanei artisti e si deve aggiungere che alcuni di questi (ad esempio: automobili, telefoni, acqua, scale, bambini, animali) sono cinematograficamente efficaci e se ne denota la presenza e lo sfruttamento in molti film di ogni epoca e filone successivo. Non è questa la sede per essere esaustivi su tale analisi ma un accenno, se non altro per stimolare la curiosità investigativa del lettore va necessariamente affrontata anche e nel contempo menzionare, come detto sopra, alcuni fra i più grandi comici contemporanei di Stan Laurel & Oliver Hardy. Un elemento direi quasi iconico del cinema di sempre ma, nello specifico, limitato al nostro periodo di analisi è senza dubbio l’automobile. Si può ampliare ad altri mezzi di trasporto ma l’auto è la più diffusa. Da godere tutta d’un fiato è A Day’s Pleasure, comica di Charlie Chaplin del 1919 dove l’automobile è una protagonista assoluta così come lo è in Get Out and Get Under (1920) con protagonista il grande Harrold Lloyd; si aggiungono treni e motociclette, qui il panorama dei mezzi di locomozione su strada è pressoché completo con tante invenzioni divertenti e alcune scene di grande impatto visivo. La maschera di Charlot la si può paragonare a Laurel & Hardy per quanto riguarda l’umanità e l’essere indifesi di fronte a una società prepotente che troppo spesso non guarda in faccia a nessuno, tantomeno ai più deboli e indifesi. Nei

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Laurel Hardy. Artisti del sorriso

suoi tratti iconografici caratteristici, bombetta, bastone, scarpe e vestiario, possiamo denotare alcuni tratti simili per non dire comuni, Charlot è il personaggio che più si avvicina alla nostra coppia. Harrold Lloyd incarna lo spirito più intraprendente e arrivista dell’America di quelli anni: esuberante e positivo, funambolico nelle sue azioni di scena e sensibile alle difficoltà del mondo con tanto di personali e sostanziose donazioni e opere di bene. Harrold mi permette di citare il grattacielo, altro importante elemento che non solo appare con Laurel&Hardy: Lloyd ci lascia, nel suo Safety Last (1923) una delle scene più famose dell’intero mondo cinematografico quando, salendo sui cornicioni più elevati dei palazzi, lo si vedrà aggrapparsi al grande quadrante di un orologio. Per completare il tutto va notato che nella suddetta comica appaiono ancora tram e vetture nonché ambulanze. Ritornando ai mezzi di trasporto cito il mai dimenticato e apprezzato abbastanza Ben Turpin e il suo Step Forward (1922) dove ha a che fare con automobili e tram. Turpin, con i suo sguardo stralunato e assolutamente caratteristico e l’occhiata che guarda contemporaneamente a levante e a ponente è un artista a tutto tondo che andrebbe riscoperto e apprezzato, così come fecero Laurel & Hardy che lo vollero protagonista di indubbio talento nella loro Our Wife (1931). Merita una visione e un successivo applauso His Marriage Wow (1925) di Harry Edwards con Harry Langdon: faccia d’angelo, dinoccolato e ben disposto a tuffarsi in ogni sorta di disavventura, fu un altro grandissimo di quei tempi: entrato nella scuderia Keystone dell’onnipresente Mack Sennett, compì l’errore di volersi dirigere poi da solo, decretando la sua fine. Possiamo ammirare l’accoppiata auto-tram, seppure in brevi scene, appare anche in Huns and Hyphens (1918) di e con Larry Simon (da noi conosciuto come Ridolini) che ha anche una curiosa caratteristica: recita al suo fianco di un giovane Stan Laurel. Il suo viso sbiancato e la semplicità delle sue vicende, in contrapposizione agli spunti di riflessione di cui si fece carico Charlie Chaplin, lo resero molto apprezzato dagli spettatori che videro in lui un motivo di ilarità senza sovrastrutture particolari e suggerite congetture mentali. Concludo questo breve riassunto con uno dei più grandi in assoluto: Buster Keaton. Chi non ricorda qualche scena meravigliosa-

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mente girata di The General (1926) dove il treno è assoluto protagonista in quanto significante della vicenda narrata? Altro esempio ferroviario lo possiamo facilmente scovare in Our Ospitality (1923), altro capolavoro di Keaton. La sua aria imperturbabile che ne ha identificato la maschera lo rendono uno dei più grandi se non addirittura il più grande. Le invenzioni, le gag movimentate con perfetta e stupefacente sincronia e le geometrie di tempi e spazi rendono uniche e insuperate le sue esibizioni. Il mio Alfabeto ha lo scopo di indirizzare una eventuale ricerca tematica all’interno della voluminosa produzione filmica di L&H, premettendo la sua incompletezza ma con una sufficiente varietà di spunti e di riferimenti. Sarà cura (e piacere) dell’attento lettore scovare qua e là ulteriori voci da inserire nel personale elenco. Filmografia alla mano, si scopriranno molti altri elementi e protesti ricorrenti, non li ho elencati ma soltanto li suggerisco: vasche da bagno, ingessature, armi, tombini, fucili...

Animali Angora Love (capra) Bacon Grabbers (cane) The Chimp (scimpanzé) Early to Bed (cagnolino) Laughing Gravy (Gravy il cagnolino) Wrong Again (cavallo) In queste comiche gli animali sono i protagonisti. In molte altre notiamo la loro presenza in maniera più defilata: Air Raid Wardens (Daisy il cane) Atollo K (leone) The Bohemian Girl (Laughing Gravy il cane e Yogi l’uccello)

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The Chimp

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Maurizio Mason

Big Business

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Maurizio Mason

LAUREL HARDY artisti del sorriso

© Edizioni Falsopiano - 2021 via Bobbio, 14 15121 - ALESSANDRIA www.falsopiano.com Progetto grafico e impaginazione: Daniele Allegri Per le immagini di questo libro: Archivio Falsopiano/Maurizio Mason Prima edizione - Dicembre 2021


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