Pineroloindialogo settembre2016

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Anno 8, Settembre 2016

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I N D I A L O G O .it Indialogo . i t , a u t o r i z z . N . 2 d e l 1 6 . 6 . 2 0 1 0 d e l Tr i b unale di Pinerolo - dir.Antonio Denanni

Pinerolo: passaggio di testimone alle nuove generazioni Docenti Universitari/29 Roberto Chiabrando: «Il futuro della città mi appare alquanto problematico»

Uomini del Pinerolese Ezio Gjai: «Pinerolo, terra di mezzo»

Intervista al sindaco Luca Salvai: «I primi mesi li passeremo a fare programmazione. Di priorità ne abbiamo molte, ma spesso l”urgente” prende il posto dell’”importante»


Buone News A cura di Francesca Olocco

I buoni esempi di Rio Che si vinca o che si perda, che si aspiri alla bionda gloria o che si ricerchi una breve parentesi di sollievo dallo stress quotidiano, lo sport permette a chiunque gli si dedichi con impegno il più grande dei trionfi: individuare le proprie paure e difficoltà, affrontarle, vincerle. In questo modo ognuno di noi, nel proprio piccolo, può sentirsi un eroe che giorno dopo giorno infrange i propri limiti grazie alla forza di volontà. Vi sono casi in cui, però, la questione si fa davvero grande, e i recenti Giochi Olimpici di Rio sono ricchi di esempi, imprese compiute da uomini e donne, che, a sentirli raccontare, infondono una una forte fiducia nel carattere umano, nella sua intelligenza e nella sua bontà. La riflessione si riferisce a persone come l’americana Kathleen Baker, che a 19 anni vince la medaglia di bronzo sui 100 metri dorso femminile e, soprattutto, dimostra il proprio coraggio nella lotta contro il morbo di Chron, nemico ben peggiore delle avversarie in vasca. O, ancora, a Yusra Mardini, atleta sui 100 metri stile libero e farfalla, che, nel viaggio per la salvezza da Damasco alla Grecia, si tuffa in acqua e salva venti vite affidate a un gommone, spingendolo fino all’isola più vicina. Infine, a un discobolo come il polacco Piotr Malachowski che, vendendo la sua medaglia

d’argento, permette a Olek, un bambino di tre anni affetto da un cancro all’occhio, di affrontare una costosa operazione. We were able to show that together we can make miracles sono state le sue parole: insieme possiamo fare miracoli! In questi casi ci si trova davvero di fronte ad atti eroici. Ciò che occorre notare, però, è come essi siano compiuti da persone comuni: certo, si tratta pur sempre di atleti olimpionici, ma non bisogna dimenticare come, in realtà, dietro a questa luminosa immagine, si celino uomini e donne simili a noi, che sognano e faticano, a cui occorre guardare, in simili casi, come fonti di stimolo e buon esempio. Il grande gesto scambiato tra Abbey D’Agostino e Nikki Hambin lo dimostra: Hambin, neozelandese, cade. D’Agostino, statunitense, nel tentativo di evitarla, si fa male a un ginocchio. Scatta così la corsa alla solidarietà: si aspettano, si sostengono e, insieme, si aggiudicano il ripescaggio. Un semplice atto di gentilezza alla portata di chiunque che, però, non tutti avrebbero compiuto. Questi casi insegnano come chi ha compreso cosa significhi realmente impegnarsi fino in fondo, in campo come nella vita, ha avuto coraggio di sognare con il massimo dell’impegno e gareggiare con il massimo della lealtà.

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33 Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

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Passaggio di testimone

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A settembre si riprende con la solita routine: rassegna dell’artigianato, concorsi ippici e nel nostro piccolo Spazi Sonori... ma con uno scenario cambiato, una nuova giovane amministrazione che ha terremotato la vecchia politica in città, di sinistra ma anche di destra. Un vero e proprio cambio generazionale che ha archiviato non solo la vecchia politica ma anche un mondo culturale che si era affermato in città dopo la contestazione del ‘68 e che aveva raggiunto il potere con l’amministrazione Barbero nel ‘95. Un mondo nato principalmente nell’ambito della scuola con la contestazione e che si fondava sulla conoscenza, sulle amicizie, gli incontri culturali, le relazioni sindacali, la presenza in associazioni culturali, ecc., che aveva nell’amministrazione politica amica il primo referente ed interlocutore. Con l’affermazione dei pentastellati tutto ciò è finito. Una nuova generazione di pinerolesi senza agganci con il vecchio potere politico-culturale si è affermata. Alla vecchia generazione politico-culturale fatta ormai di 70-80enni, posizionati nelle associazioni e nei musei l’ardua scelta: rifugiarsi nel piccolo della propria associazione o collaborare con questa nuova formazione politica per rilanciare la città. Alla nuova giovane amministrazione e classe politica il compito di accettare la scommessa non solo di saper amministrare una città in decadenza (si cambierebbe poco!), ma di saperla rilanciare con idee innovative e creative che sono tipiche delle nuove generazioni. Antonio Denanni

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PINEROLO / INDIALOGO.it .

Direttore Responsabile Antonio Denanni Collaborano: Emanuele Sacchetto, Alessia Moroni, Aurora Fusillo, Francesca Beltramo, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Rebecca Paternò, Federica Crea, Greta Gontero, Oscar Fornaro, Alessandro Castiglia, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Francesca Olocco, Isidoro Concas, Sara Nosenzo, Angelica Pons Con la partecipazione di Elvio Fassone e Beppe Gamba photo: Giacomo Denanni Indialogo.it, Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010 - Ed. Associazione Culturale Onda d’Urto Onlus redazione Tel. 0121397226 - E-mail: redazione@pineroloindialogo.it STAMPA: In proprio

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Buone News

i buoni esempi di rio

intervista al sindaco luca salvai

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Politica giovane young

Docenti universitari / 29

roBERTO CHIABRANDO, cartografia

favara, farm cultural park

siamo noi

cavallerizza caprilli, attenti alla storia

pinerolo in epoca romana

Ezio gjai, una vita per la città

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Benchmarking territoriale L’ambiente siamo noi Dibattito in città

Giovani & Storia

Uomini del Pinerolese Vita Internazionale

elisa prina di ritorno dalle fiji

luca barral in consiglio comunale

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Per Mostre, Musei ed altro

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Dal mondo

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Visibili & Invisibili

la caccia alle streghe turca

stop alla tortura delle donne in messico

18 Giovani, Ambiente, Tecnologia

perché i terremoti?

il mondo è tutto ciò che accade

la scuola senza frontiere

Gli Snakes chamers

Tarantino: il passato che rivive

in bolivia sul lago più alto del mondo

19 Il Passalibro 20

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Sociale &Volontariato Officine del suono Filmografia Viaggiare

24 Eventi di Onda d’Urto

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spazi sonori - musica al centro

Amici di Pinerolo Indialogo

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Politica

Politica giovane young

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di Emanuele Sacchetto

Intervista al Sindaco Luca Salvai

“Questi primi mesi sono stati travolgenti!” «Continueremo con la programmazione, prima di iniziare con i veri obiettivi» Avete fatto il vostro ingresso a Palazzo in qualità di nuova Giunta solo pochi mesi fa: come vi hanno accolti e come sono stati i primi passi da neoSindaco all’interno della macchina comunale? Questi primi mesi sono stati travolgenti. In una parola, totalizzanti. E per “totalizzante” intendo qualcosa molto più che “impegnativo”. Totalizzante è essere attivo ogni giorno ad ogni ora. Ecco, essere Sindaco a Pinerolo a tempo pieno è un’esperienza totalizzante. Il “Palazzo” ci ha accolti molto bene e ci siamo subito integrati nella, seppur complicata, macchina comunale. Quali sono le priorità per i primi mesi di amministrazione? Quali gli obiettivi nel breve periodo? I primi mesi li passeremo a fare programmazione. Prima di iniziare con i veri obiettivi, infatti, è necessario organizzarsi e strutturare il lavoro, per evitare sprechi di tempo, energie e denaro. Per quanto riguarda le priorità, ne abbiamo molte, tra cui la realizzazione di un piano di valorizzazione del patrimonio, un chiaro lavoro di programmazione sull’edilizia scolastica (Nino Costa, ma non solo!), nonché la riorganizzazione e ripartizione del lavoro del personale comunale, al fine di evitare sprechi e migliorare il servizio offerto. Tuttavia, non nascondiamo che spesso l’”urgente” prende il posto dell’”importante”. Ci troviamo, infatti, a dover anche affrontare questioni ereditate dalle passate amministrazioni, che richiedono una risposta immediata e che, inevitabilmente, fanno slittare le priorità in agenda. Quali saranno invece le tematiche da affrontare con più calma? Non con più calma, ma sicuramente oggetto di progettualità su un maggior lungo periodo saranno gli investimenti in materia di edilizia scolastica, al fine di migliorare e mettere in sicurezza tutti gli edifici scolastici della città. Un altro grande obiet-

tivo su cui lavoreremo sarà la partecipazione dei pinerolesi (e non solo) alla vita amministrativa del territorio. In particolare gli ultimi sviluppi in materia di governance dei rifiuti renderanno necessario un dibattito il più possibile partecipato del territorio. Per Buttiero era stato coniato l’aggettivo “SuperButtiero”, in ragione del suo metodo di lavoro accentratore. Ci sarà un “Super-Salvai”? Qual è il suo metodo di lavoro in Giunta? Certamente no. E’ impossibile accentrare tutto. La regola generale deve essere “mi fido di tutti, fino a prova contraria”. Il lavoro che intendo portare avanti sarà il più possibile collegiale, frutto della partecipazione dei cittadini e dei miei collaboratori in Comune. In particolare, ho intenzione di fare un maggior uso delle deleghe ai consiglieri comunali, in modo da valorizzare il loro ruolo e rendere più efficiente la macchina comunale. Abbiamo notato un punto debole all’interno della vostra Giunta: la mancanza di un assessore a tempo pieno per lavoro e innovazione. Come pensate di affrontare questo delicato tema? Dato il limitato numero di assessorati disponibili, certamente questa è stata una scelta, condivisibile o meno. Noi abbiamo preferito avere un assessore a tempo pieno al turismo e alle manifestazioni, anche in ragione del fatto che, purtroppo, in materia di lavoro e innovazione il ruolo del Comune è piuttosto limitato. Ciò non vuol dire, naturalmente, che la nostra gestione della cosa comune non terrà in considerazione questi argomenti. Un settore strategico per l’innovazione è naturalmente la banda larga e ultra-larga. Ce ne avevate già parlato nel 2013. Cosa farete? Sono assolutamente d’accordo che questo sia un aspetto molto importante per il territorio, ma mi limito a evidenziare che in alcune zone di Pine-


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“Parlare di più coi Comuni della città metropolitana” rolo Internet, e addirittura il telefono, mancano del tutto! Mi sembra, dunque, che le priorità cedano il posto alle urgenze. Parliamo del collegamento ferroviario veloce con Torino. Quali sono le vostre intenzioni in merito? Questa sarà senza dubbio una priorità della nostra amministrazione. Abbiamo sempre sostenuto, infatti, che Pinerolo non può restare isolata e l’unica forza per ricostruire una propria identità è, quasi paradossalmente, quella di essere più legata a Torino. In merito al collegamento ferroviario con Torino, è necessario impegnarsi di più nel dialogo con Regione e Ministero e fare in modo che a richiederlo non sia soltanto il Sindaco di Pinerolo, bensì tutto il territorio pinerolese. Ciò che è mancato in questi anni a Pinerolo è un Sindaco che uscisse senza timore dai confini della sua città per andare a parlare con i Comuni limitrofi e metropolitani, per intessere rapporti di valorizzazione della sua città e del territorio. Veniamo alla spinosa questione della riconversione dell’ex sede universitaria in scuola elementare. La Nino Costa è davvero irrecuperabile? In questo momento non sappiamo ancora l’esito dello studio e non possiamo dire con certezza quale sarà il futuro della Nino Costa. Certamente, dai primi accertamenti la scuola non risulta rispettare le normative anti-sismiche e per questo dobbiamo pensare a una soluzione. Tuttavia, abbiamo interrotto i lavori al Sumi, in quanto riteniamo che, seppur si tratti di un bellissimo edificio storico, non sia un posto adatto ad ospitare una scuola elementare. Stiamo dunque valutando più soluzioni, anche con la partecipazione dei genitori dei bambini interessati. Altre due questioni molto spinose che dovrete affrontare a breve. Caserma Bochard e maneggio Caprilli. Cosa farete? Non nascondo che abbiamo alcune perplessità in merito al progetto, assolutamente molto interessante e ben fatto, di riconversione della Caserma Bochard. Ci stiamo chiedendo, infatti, se un progetto da 7 milioni di euro possa apportare a Pinerolo qualcosa di più in termini culturali, economici e innovativi o se rischi di diventare un boomerang contro le casse del Comune. In ogni caso non escludiamo nessuna possibilità e il 17 settembre concluderemo il percorso di partecipazione con la cittadinanza, per noi sempre molto importante. Per quanto riguarda il maneggio Caprilli, la situazione è molto incerta. Stiamo cercando di trovare una soluzione che permetta di mantenere la ge-

stione in capo alla città (nella forma di gestione aperta al pubblico), lasciandone tuttavia la proprietà (piuttosto onerosa!) in capo al Ministero. Molti imprenditori hanno affermato che, per attrarre investimenti, è necessario prima di tutto avere una città pulita e accogliente. Non pensa che l’ACEA dovrebbe pensare un po’ meno a far utili e un po’ di più a pulire il territorio? Sono assolutamente d’accordo. Con la città sporca e l’erba da tagliare nessuno verrà mai a Pinerolo. In merito ad ACEA, è sicuramente necessario un miglioramento del servizio e una programmazione strategica per il futuro. L’errore principale è tuttavia stato quello di adottare la forma societaria SpA, che ha nel suo DNA l’obiettivo di fare utili. In ogni caso Pinerolo deve tornare ad essere capofila in questo ambito, e, per farlo, non serve imporre decisioni, ma aumentare la partecipazione nei processi decisionali, coinvolgendo i Comuni del territorio. I giovani e Pinerolo: un rapporto complicato. Vanno a studiare a Torino, all’estero, ma spesso non tornano. C’è bisogno di investire in questo ambito? Questo problema è in parte generato e alimentato dalle questioni che colpiscono la nostra città, di cui abbiamo parlato prima, primo fra tutti, la mancanza di un collegamento veloce con Torino. Certamente Pinerolo non potrà mai competere con il Capoluogo, se pensiamo alle attrazioni per un giovane. Tuttavia, Pinerolo potrebbe diventare una valida scelta per i giovani che, pur lavorando e studiando a Torino, decidano di vivere la loro città, magari apprezzandone la tranquillità. Quel che è certo è che ad oggi, senza un collegamento veloce, questa scelta purtroppo manca, e i giovani si trovano costretti ad abbandonare Pinerolo. Segue a pag. 17


incon t ri

Città & Università /29

66 a cura di Antonio Denanni

Intervista a Roberto Chiabrando, Topografia/Cartografia

“In città è mancata una strategia globale condivisa” «Non riconoscendomi nella “riforma Gelmini” nel 2014 mi sono dimesso» Ci parla di sé e del suo lavoro in ambito universitario? Mi sono laureato in Ingegneria nel 1972 e sono immediatamente entrato a fare parte del mondo universitario. Ho svolto la mia attività didattica presso il Politecnico fino all’anno 1986 quando sono stato chiamato sulla cattedra di Topografia e Cartografia della facoltà di Agraria dell’Università. La mia attività di ricerca si à sviluppata nel campo della geodesia, della fotogrammetria, della cartografia numerica e dei sistemi informativi territoriali ed ho associato agli studi teorici anche una significativa attività in campo, che mi ha permesso di sperimentare tecniche innovative nelle scienze del rilevamento. Ho avuto l’opportunità di svolgere corsi universitari anche in diverse sedi universitarie italiane e straniere. Sono stato impegnato nella istituzione universitaria in qualità di direttore dell’Istituto di Topografia e Costruzioni rurali e del Dipartimento di Ingegneria ed Economia Agraria, oltreché di Presidente dei Corsi di laurea di Scienze del turismo alpino e di Progettazione delle aree verdi e del paesaggio. Per sei anni sono stato preside della facoltà di Agraria, presidente della commissione programmazione dell’ateneo, membro del Senato Accademico e vice Rettore con la delega alla edilizia. Nel 2014, non riconoscendomi nel modello di università generato dalla “riforma Gelmini“, mi sono volontariamente dimesso. La sua disciplina è stata potenziata e anche un po’ sconvolta dalle nuove tecnologie: satellite, internet, ecc. Fin dai tempi di Gauss il problema dell’acquisizione dei dati attraverso metodi di misura sempre più raffinati e complessi ed il successivo trattamento statistico delle osservazioni hanno rappresentato l’essenza delle tecniche del rilevamento la cui filosofia è rimasta concettualmente immutata anche con l’avvento dell’elettronica e dell’informatica. L’introduzione della fotogrammetria analitica e digitale, la misura elettronica delle distanze, la diffusione di strumenti di calcolo sempre più potenti

e sofisticati nonché l’utilizzo di tecnologie basate sui satelliti artificiali hanno segnato nel secolo scorso momenti fondamentali per le discipline di rilevamento. Oggi, nel linguaggio corrente, tali tipologie di nuove tecniche di misura e rappresentazione territoriale vengono denominate mediante acromini di derivazione anglosassone: GPS, INS, DTM, GISc, LFR, SAR , MMV, alcuni dei quali universalmente noti e di uso comune oltre che in rapida evoluzione. Queste nuove tecnologie hanno cambiato anche le competenze del topografo/cartografo che deve essere in grado di padroneggiarle. In un territorio ristretto come quello pinerolese quali sono le applicazioni pratiche o potenziali legate alla sua disciplina, anche come occasione di lavoro? Le applicazioni possibili delle discipline di rilevamento sul nostro territorio sono molto modeste e sostanzialmente legate alle operazioni catastali che vengono svolte dai professionisti legati al mondo dell’edilizia. Una occasione anche importante di lavoro potrebbe essere rappresentata dalla riforma del catasto col rilievo e la classificazione degli immobili. Parliamo di Pinerolo. Com’è cambiata la città in questi ultimi anni. Qual è a suo parere la priorità nelle cose da fare? Lo stato di salute della nostra città e del territorio ed il suo conseguente futuro mi appare alquanto problematico. Il declino della città causato dalla chiusura o dal ridimensionamento di industrie anche importanti, la contrazione delle attività commerciali tradizionali a favore di grandi strutture, il mancato sfruttamento dell’onda positiva generata dalle Olimpiadi del 2006, oltre al declino hanno anche creato un senso di rassegnazione: la città ha perso “appeal” e non regge, almeno nella percezione delle persone, il confronto con altre cittadine, anche vicine a noi, più vivaci. E’ probabilmente mancata una strategia globale condivisa per prevenire e contrastare il declino e per assicurare la speranza di un costante


«Il futuro della città mi appare alquanto problematico» sviluppo. Alcuni recenti avvenimenti: trasferimento parziale di competenze dell’ASL a Rivoli, trasferimento del Nizza Cavalleria, mancato arrivo della Scuola di Equitazione, chiusura del Tribunale e della Camera di Commercio, oltre a far perdere prestigio, hanno prodotto e produrranno effetti negativi, impedendo alla città di beneficiare degli effetti della presunta sospirata ripresa economica. In estrema sintesi alcune proposte, anche modeste ma comunque significative, potrebbero essere rappresentate dalla creazione delle condizioni per favorire la visita di italiani e stranieri, migliorando l’aspetto della città (arredo urbano), riqualificazione del centro storico anche favorendo l’insediamento di attività adatte al sito, inversione dell’attuale trend che porta i pinerolesi a spendere fuori porta o nel Centro Commerciale, riscoprendo il negozietto dal prodotto esclusivo e locale, valorizzazione del cavallo come identità forte del territorio, forte impegno a favorire grandi progetti della città, alcuni fermi da molti anni: Palazzo Vittone, Palazzo Acaja, riallestimento del Museo nazionale di Cavalleria, fabbricato Turck, Cavalllerizza Caprilli… Qual è o qual è stato il rapporto del mondo politico pinerolese con il mondo universitario? La situazione attuale non la conosco. Negli anni scorsi il rapporto è stato praticamente inesistente. Ricordo a tale proposito che alcuni anni fa venne costituita una commissione paritetica per l’analisi dei rapporti fra le due istituzioni, per l’Università c’eravamo io e il prof. Losano. Dopo la costituzione discutemmo di un piano di lavoro, ma non venne più riconvocata. Secondo lei perché l’università a Pinerolo non è decollata? Perché è mancato un progetto strategico che individuasse nella sede decentrata di Pinerolo un polo attrattivo che coniugasse le pecularità del nostro territorio in termini di cultura (p.es. la presenza valdese) e di valorizzazione del territorio (ad es. la montagna). Inoltre, aspetto forse ancora più significativo, la mancata presa in considerazione del fatto che la “mission” dell‘Università è quella di soddisfare perlomeno due esigenze: quella di “sportello didattico“ – cioè fornire le conoscenze agli studenti – e quella di sede della ricerca. Il polo di Pinerolo ha sicuramente fornito una buona didattica da parte di docenti incardinati nella sede madre “UNITO” e quindi di solo transito, ma non è stato in grado di sviluppare ricerca (in assenza

di strutture e di docenti dedicati) unico modo per connettersi alle realtà del territorio. È un discorso che si può ancora riaprire, magari col contributo anche della quarantina di docenti universitari del territorio, o è un discorso definitivamente chiuso? Stante la situazione economica del comune capofila, della Università di Torino e del superiore ministero ritengo che le possibilità di riaprire alcun discorso sono nulle. Tenuto presente l’alto numero di docenti presenti sul nostro territorio appartenenti a settori scientifico-disciplinari molto diversi potrebbe essere forse interessante realizzare, con il concorso della vostra associazione, momenti di orientamento per gli studenti per fare conoscere sia i diversi corsi di laurea sia il mondo universitario nel suo complesso. Una proposta alla nuova classe politica giovane che è stata chiamata a gestire questa città in declino. I problemi della città sono molto numerosi e la loro risoluzione è di innegabile difficoltà. Consiglio ai nuovi amministratori di seguire lo schema tipico della cartografia: in prima istanza una rete di inquadramento che individui i punti più importanti e una proposta di risoluzione da dare ai cittadini che li hanno eletti; successivamente, una rete di dettaglio per i problemi di minore rilevanza ma comunque significativi che permetta di dare un’efficace risposta ai problemi quotidiani dei pinerolesi. Una proposta pure al mondo della cultura pinerolese, forse un po’ troppo autoreferenziale? Il mondo della cultura Pinerolese è ricco e partecipe di numerose iniziative ma soffre, come peraltro in molte altre realtà, di una crisi strutturale di identità che lo porta a richiudersi in se stesso. Onestamente non sono in grado di fornire indicazioni significative se non l’auspicio che fra le diverse realtà possa generarsi un’osmosi in grado di dare un ulteriore sviluppo al dibattito civile e politico nella città. Finiamo con i giovani: quali sono a suo parere gli “attrezzi” indispensabili per affrontare al meglio il futuro? In un mondo molto complesso come è il mondo globalizzato ritengo che l’unica indicazione che possa essere data ai giovani, mutuata dalle dichiarazioni del fondatore di Facebook, sia semplice: studiare, studiare, studiare. Con un consiglio: seguire le proprie vocazioni indipendentemente dalle “mode” del momento percorrendo anche una coerente formazione universitaria (pure con esperienze all’estero).

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G L O B -L O C

Benchmarking territoriale di TAC (Territorio, Architettura, Scultura) - www.tac-lab.it

Ai vertici dell’arte contemporanea

Favara, Farm Cultural Park

Un esempio di recupero del centro storico dalla provincia di Agrigento Estate, tempo di gite all’insegna del riposo, dello svago e perché no, della cultura: sono ormai molti coloro che cercano una meta che offra splendidi paesaggi naturali e una certa vitalità sul piano culturale, così da mettere d’accordo ogni tipo di esigenza. Vacanze che richiedono un’accurata pianificazione, e ogni viaggiatore moderno che si rispetti comincia con una prima indagine su internet, assetato di informazioni utili offerte dagli specialisti del settore. Se la nostra ricerca si indirizzasse verso l’arte, potremmo imbatterci in una proposta curiosa: Favara Farm Cultural Park, che il celebre blog britannico Purple Travel colloca al sesto posto mondiale per l’arte contemporanea. Non si può negare un certo stupore nel vedere un centro relativamente piccolo della Sicilia, a pochi chilometri da Agrigento, accanto alle blasonate New York, Parigi, Bilbao e Firenze. Eppure, questa cittadina – grande grossomodo come Pinerolo – riserva sorprese davvero interessanti: nel pieno del centro storico si è realizzato un vero e proprio parco turistico-culturale, costituito da sette piccole corti collegate tra loro che ospitano gallerie d’arte e residenze per artisti. Lo scopo dichiarato del progetto – che ha preso il via nel giugno del 2010 grazie all’iniziativa del notaio Andrea Bartoli e dalla moglie, l’avvocato Florinda Saieva – è quello di recuperare l’intero centro storico di Favara e trasformare il paese nella seconda attrazione turistica della provincia di Agrigento dopo la Valle dei Templi. La programmazione culturale prevede, oltre a un museo permanente, l’allestimento di mostre temporanee, impreziosite dall’incontro con creativi provenienti da ogni parte del mondo, con i quali è possibile confrontarsi partecipando a workshop e ad attività aperte anche ai bambini. All’interno dei cortili, che racchiudono splendidi giardini di matrice araba, si possono inoltre seguire presentazioni di libri, oppure prendere parte

a serate musicali e spettacoli performativi. Il tutto accompagnato da ottimo cibo, da quello veracemente siciliano a quello etnico, che allarga gli orizzonti culinari (e culturali) verso tutto il bacino del Mediterraneo. Un progetto in divenire, che ha messo in cantiere l’idea di aprire una piccola scuola di architettura con collaborazione del Politecnico di Milano. E se ci si sentisse frastornati da cotanta abbondanza di cultura, si troverebbe pure il modo di trastullarsi dandosi allo shopping: non mancano infatti negozi che offrono oggetti d’arte e di design, libri, abbigliamento ed oggettistica vintage. Insomma, un centro adatto a ogni tipo di palato, che risponde alle più svariate esigenze di qualsiasi viaggiatore! Attenzione però: l’idea non è stata concepita esclusivamente per il turismo, ma anche per dare una grande chance a chi della Sicilia vuole fare la propria casa: ad esempio, nel Farm cultural park c’è un coworking a disposizione delle startup, un’opportunità per lavorare sul luogo e dividere le spese. Il valore aggiunto di un progetto di questo genere è duplice: il radicamento territoriale – senza derive provincialiste – e la programmazione sul lungo periodo: partendo da un intervento tutto sommato di dimensioni ridotte, economicamente sostenibile e che richiama frotte di intenditori o semplici curiosi, Favara sta velocemente rifiorendo e proponendosi come fulcro culturale su scala internazionale. Manco a dirlo, ciò genera un indotto tale da poter ripensare il suo ruolo da centro periferico a motore trainante di una provincia, se non di un’intera regione. Tuttavia, i promotori del progetto tengono a mettere in chiaro che lo spirito dell’iniziativa non è imprenditoriale, ma di innovazione sociale, che muove dall’idea che quel posto «può renderti felice», come recita lo slogan del Farm cultural park. «Un museo delle persone più che delle cose», sottolinea l’avvocato Saieva, fatto di contatti e relazioni dal sapore culturale.

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terra

L’ambiente siamo noi di Beppe Gamba

L’ambiente siamo noi Il titolo di questa nuova rubrica non è stato scelto per il gusto della provocazione. Come tutti gli esseri viventi anche noi umani siamo parte del complesso sistema che chiamiamo “ambiente” e siamo soggetti alle sue leggi, ai cicli della natura e ai suoi rivolgimenti. Come ci ricordano purtroppo le frequenti catastrofi “naturali”. La nostra biologia ci fa appartenere a tutto titolo al mondo naturale, ma in quanto esseri pensanti abbiamo sviluppato un sistema culturale di regole e codici comportamentali che ci distingue dagli altri viventi ed esercitiamo una enorme capacità di trasformare l’ambiente. Insomma siamo contemporaneamente ospiti, parte costituente e costruttori dell’ambiente che abbiamo imparato a “pensare, rappresentare e modificare”. Certo anche i castori, le cavallette e altri animali modificano in modo talvolta rilevante l’ambiente in cui vivono, ma ciò che distingue l’intervento umano è la dimensione e soprattutto l’intenzionalità: grandi trasformazioni che si risolvono a volte in effetti positivi (penso ai diecimila anni di pratiche agricole, ai paesaggi rurali e allo straordinario intreccio di natura e cultura rappresentato dal paesaggio italiano). Molte altre volte i risultati della nostra azione si sono rivelati devastanti, al punto da mettere in pericolo la sopravvivenza di molte specie e di sconvolgere gli equilibri che regolano la vita sul pianeta: dall’estesa cementificazione

dei suoli, ai cambiamenti del clima, allo scioglimento dei ghiacci polari, alle catastrofi industriali e l’esaurimento delle risorse. Peraltro noi umani, grazie alle conoscenze scientifiche e alla consapevolezza del nostro ruolo, saremmo in grado di fare molto per preservare e migliorare l’ambiente in cui viviamo. Non solo con i necessari programmi di conservazione ma anche con le opportunità offerte dalla tecnologia e da un’economia orientata in chiave “green” . Per molto tempo si è confusa la coscienza ambientale con un’ottusa ostilità al progresso scientifico e tecnologico, sottovalutando così la fondatezza della critica all’economia industriale otto-novecentesca che vedeva nella natura solo un giacimento illimitato di risorse. Oggi le conoscenze scientifiche e lo sviluppo di tecnologie basate sull’imitazione dei cicli naturali (la bio-mimicry di scuola anglosassone, la green economy o l’economia circolare di cui parlano oggi le istituzioni internazionali) ci consentono di immaginare e progettare soluzioni sostenibili, alla ricerca di un benessere diffuso ma rispettoso dei cicli e dei limiti dell’ambiente naturale. Nei prossimi numeri ci occuperemo di problemi ambientali specifici e di come noi, nel nostro territorio pinerolese, possiamo prendere parte alla sfida di uno sviluppo equo e sostenibile. Se l’ambiente siamo (anche) noi, ci conviene trattarlo bene.

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società

Dibattito in città di Antonio Denanni

Cavallerizza Caprilli, attenti alla storia Ipotesi d’uso che tengono conto più del mito che della realtà

Periodicamente ritornano i problemi non risolti della città. Da ultimo è spuntato il destino della Cavallerizza Caprilli, dopo che il Ministero della Difesa ne ha annunciato la dismissione entro dicembre, come segnalato dalla sen. Magda Zanoni al sindaco Luca Salvai. Da qui si è aperto un dibattito. (Su Pinerolo Indialogo ne avevamo parlato sul n.3 di marzo 2011 in un articolo di M.F. Barale). Alle proposte in campo ci siamo aggiunti anche noi con una proposta discussa con alcuni giovani: dedicare la struttura (riadattata!) a sala studio polivalente per gli studenti della città e del circondario, dando così respiro alla Biblioteca Alliaudi con nuovi spazi e pure agli studenti che trovano la sala attuale insufficiente. La Cavallerizza avrebbe così anche un destino più consono alla storia e alla cultura della città, sicuramente di più della proposta di adibirla a mercato ortofrutticolo. Attorno all’argomento naturalmente si è avviato un piccolo dialogo, prima sull’Eco e poi su facebook, auspicato sia da Magda Zanoni che da Luca Salvai nell’ultimo Consiglio comunale. Ben venga il dialogo, affermiamo noi, purchè sia un dialogo vero con conoscenza di quello di cui stiamo parlando, perché si leggono e si sentono delle cose

strampalate (con proposte conseguenti). Innanzitutto bisogna sfatare quell’alone leggendario costruito intorno alla Cavallerizza Caprilli: è solo un maneggio coperto, niente più, inaugurato nel 1910, quando a Pinerolo già giravano le prime automobili e l’attività equestre accademica nel chiuso delle cavallerizze era superata: dal 1865 aveva preso piede l’equitazione da campagna (a Pinerolo arriviamo sempre in ritardo! Il maneggio della Cavallerizza di Torino risale al ‘700!). Lo stesso Caprilli auspicava a più riprese il superamento della cavalleria accademica dei maneggi. Un altro dato da precisare è sulla Scuola di Cavalleria di Pinerolo che era collocata nel complesso della caserma che nel 2000 è stata dedicata a Dardano Fenulli, generale e partigiano italiano, e che ha lasciato la città definitivamente con la seconda guerra mondiale, quando è stata sostituita dalla cavalleria corazzata (da allora la cavalleria è solo attività sportiva!). In questa ex caserma ristrutturata si trova dal 2003 il Liceo Porporato. Un altro mito da sfatare riguarda la presenza del capitano Federico Caprilli a Pinerolo: vi è stato prima come allievo della scuola di cavalleria e poi come istruttore di equitazione a partire dal 1904,

Aula magna dell’Università di Torino

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La Cavallerizza Caprilli solo per tre anni e mezzo, perchè è morto a Torino il 6 dicembre 1907. Quindi il “sistema naturale di equitazione” da lui inventato non è nato a Pinerolo ma in altri contesti in cui è vissuto (lo ha presentato ufficialmente in un concorso internazionale a Torino nel 1902 saltando 2,08 mt). Quindi attenzione ad agganciarsi alla storia per giustificare le scelte del presente: la storia bisogna rispettarla e non alterarla. Che il maneggio Caprilli diventi una sala studio (come noi auspichiamo) o che rimanga maneggio gestito da privati non può essere giustificato da ciò che era nel passato o da ciò che può rappresentare oggi nei desiderata. Pinerolo, come città della Scuola di Cavalleria è il passato e la sua sede è già stata trasformata in un liceo e il voler insistere ad

appiccicare alla città questa qualifica fa solo danni (Il suo appeal è finito! Si veda il Polo del cavallo!). Si prenda esempio dalla Cavallerizza di Torino, che naturalmente per la sua vastità non si può paragonare con Pinerolo, però quello che corrisponde alla nostra Caprilli, il maneggio settecentesco, è diventato prima sede del Teatro Stabile e dal dicembre 2015 è la sede dell’Aula Magna dell’Università.

Cronistoria della vita di Federico Caprilli - Caprilli nasce a Livorno l’11 aprile 1868. - Nel 1881, a tredici anni, entra nel Collegio militare di Firenze. - Nel 1883 viene trasferito nel Collegio Militare di Roma. - Nell’autunno 1886 entra nella Scuola Militare di Modena (qui nasce l’amicizia fraterna con Cacherano di Bricherasio). - Nel 1888 Federico Caprilli viene nominato sottotenente allievo nel reggimento Piemonte Reale di stanza a Saluzzo, prendendo alloggio nella scuola di equitazione di Pinerolo, dove Caprilli ha possibilità di disporre di un alloggio, di un attendente, di cavalli e di poter cogliere le attrazioni della vicina Torino dove l’amico Emanuele Cacherano lo introduce nella società borghese dell’epoca. - Nel 1889, terminata la scuola di Pinerolo si trasferisce a Saluzzo. - Nel 1890 va a Parma e dopo Parma torna a Saluzzo, ma da qui come tenente nel 1891 si sposta a Pinerolo per frequentare il Corso Magistrale, arrivando in ordine di merito secondo su dieci ufficiali. - Nel 1892 va alla scuola di perfezionamento di Tor di Quinto (RM), dove affina il suo metodo e incomincia a farsi notare per le sue capacità. - Nel 1893 dopo il corso di Roma raggiunge la guarnigione del reggimento Piemonte Reale a Torino, dove si lascia conquistare dalla bellezza della vita mondana. Qui si dedica in particolare allo studio del salto e partecipa ai concorsi ippici. - Nell’autunno 1894, la fama che comincia ad acquistare lo porta ad essere chiamato come istruttore alla Scuola di Cavalleria, da dove dopo poco

tempo nell’ottobre 1894 con la stessa qualifica viene inviato a Tor di Quinto. - Nel 1896 il tenente Caprilli invece di iniziare a Roma il secondo corso di equitazione di campagna viene trasferito al reggimento Lancieri di Milano di stanza a Nola (NA) - Nel 1898 il reggimento viene trasferito da Nola a Parma. È in questo periodo che i cavalieri di reggimento da lui guidati ottengono nelle gare buoni risultati. - Nel 1899 e nel 1900 nonostante le proposte avanzate Caprilli non ottiene i gradi di Capitano. - Nel 1901 durante il suo 5° anno di servizio al reggimento Lancieri di Milano pubblica sulla Rivista di Cavalleria il suo metodo di equitazione naturale. - Nel settembre 1901 Caprilli viene promosso capitano e trasferito, dopo 6 anni, dal reggimento Lancieri di Milano al Genova Cavalleria. - Nel 1902 arriva la consacrazione di Caprilli a maestro dell’equitazione italiana con il Concorso Ippico Internazionale di Torino, dove fuori concorso supera i 2,08 mt. - Nel marzo 1904 il generale Berta lo chiama alla Scuola di Cavalleria di Pinerolo ad insegnare la nuova tecnica. - Tra il 1902 e il 1907 gli italiani ottengono vittorie in tutto il mondo. – Caprill vince 18 volte. - Il 7 dicembre 1907 Caprilli muore cadendo da cavallo a Torino. - Nello scalone d’ingresso del Museo di Cavalleria di Pinerolo vi è un bassorilievo di Caprilli con l’epigrafe: “Al capitano Federico Caprilli nell’equitazione maestro elettissimo che qui insegnò dal 17 marzo 1904 al 6 dicembre 1907”.


Giovani&Storia

Società

di Stefano Nangeroni

Cenni di storia locale

Pinerolo e il Pinerolese in epoca romana

“Si può affermare che il villaggio di Ocelum fosse l’attuale Usseaux” La storia di Roma è ben nota a tutti. Da piccolo centro si espanse fino a diventare l’epicentro di un impero che controllò per diversi secoli gran parte del mondo allora conosciuto: dalle alture scozzesi fino alle porte di Babilonia e dalle sponde del Reno sino alle acque atlantiche del Portogallo. Immaginando una tale vastità viene quasi spontaneo chiedersi come Roma penetrò all’interno del territorio pinerolese. Paradossalmente il primo incontro con la potenza romana avvenne grazie al nemico storico della Roma repubblicana: Annibale. Durante la Seconda Guerra Punica (218 a.C – 202 a.C) Annibale attraversò le Alpi occidentali, ancora oggi non è del tutto certo quale sia stato il suo itinerario. Sono state molte le ipotesi avanzate: la più accreditata fa discendere Annibale dal Colle del Monginevro con arrivo a Torino dopo aver percorso la Val Susa; un’altra ipotesi invece, avanzata da Carlo Promis nel suo “Storia dell’antica Torino”, fa discendere Annibale sempre dal Monginevro ma con prosieguo attraverso la Val Chisone. Questa tesi è avvalorata dalla scoperta di ossa di un animale di grandi dimensioni, forse uno degli elefanti da guerra cartaginesi, all’imboccatura della Val Troncea poco prima della Seconda guerra mondiale. Nel I sec. a.C. il Pinerolese venne inserito nella giurisdizione del territorio denominato Gallia Cisalpina (Gallia Citerior); le prime fonti certe risalgono a questo periodo in quanto tutti i territori controllati dalla dinastia dei Cozii (valli della Dora Riparia, del Chisone, della Varaita e della Maira) entrarono a far

parte ufficialmente del mondo romano. Nel 58 a.C viene datato il passaggio di Giulio Cesare nel villaggio di Ocelum; nel De bello Gallico viene indicata questa località come l’ultima della Gallia Citerior, si può quindi affermare, seppur con diverse riserve (non era raro dare ad insediamenti diversi un nome uguale), che il villaggio di Ocelum fosse l’attuale Usseaux. Dopo l’assegnazione dello Jus Latii da parte di Augusto a diverse località del Pinerolese la presenza romana divenne più stabile, ciò è confermato dal fatto che i principali reperti trovati sono databili a partire dal periodo augusteo. Durante i lavori della tratta ferroviaria Pinerolo-Torre Pellice nei pressi del torrente Lemina furono ritrovate delle statuette raffiguranti Mercurio. La scoperta più importante è del 2003 quando, durante i lavori di costruzione dell’autostrada Pinerolo-Torino, vennero rinvenuti presso Riva i resti di una necropoli romana di età imperiale (chiamata successivamente Necropoli della Doma Rossa): si riportarono alla luce una ventina di sepolture con relative tombe in laterizio e diversi suppellettili di metallo, vetro e ceramica. Attualmente i ritrovamenti sono conseravti presso il Palazzo del Senato a Pinerolo. I ritrovamenti e le testimonianze di epoca romana in Pinerolo sono tutt’ora pochissimi, si sono trovati solo alcune parti di un vecchio muro di recinzione difficilmente databile e di dubbia origine romana. Ciò è dovuto al fatto che in epoca romana non vi era un borgo romano dove ora sorge la città, si dovrà aspettare il 981d.C per vedere per la prima volta scritto il nome “Pinarolium”.

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Società

Uomini del pinerolese di Sara Nosenzo

Ezio Gjai, una vita per la città

“Pinerolo è una terra di mezzo” In vista della 40° edizione della mostra dell’Artigianato Pinerolese, abbiamo intervistato Ezio Giaj, una tra le persone più impegnate sul territorio dal punto di vista turistico. Come si è avvicinato al turismo come campo d’azione? Il mio impegno, come quello di altri amici, è sempre stato quello di lavorare per la città di Pinerolo, al di fuori di qualunque partito politico, in collaborazione con le amministrazioni della città e della Regione, soprattutto negli anni passati. Partendo dagli anni 70 abbiamo iniziato un lavoro di valorizzazione del territorio. Partendo dalla Civiltà al tramonto, inventandoci il Museo Civico etnografico e infine ideando la Mostra dell’Artigianato (Sindaco Debernardi). Quest’anno la Mostra compie 40 anni: com’era, com’è e come sarà secondo lei? L’Artigianato ha iniziato il suo percorso alla Fenulli, solo nel 2000 ha adottato la sua ormai classica formazione nel centro storico, questo anche per animare le vie della città e far vivere il lavoro artigiano al pubblico per strada, come in effetti si praticava. È chiaro, almeno per me, che debba essere ripensato tenendo conto della situazione economica e del tipo di richiesta turistica del momento. Le faccio un esempio: negli anni passati creavamo degli scambi con le città gemellate a Pinerolo (Gap, Chambéry …) all’interno della manifestazione. Questo potrebbe essere un modo per ampliare il bacino d’utenza e l’offerta della manifestazione stessa. In più credo sia importante dare il giusto spazio al lavoro artigiano rispetto a quello commerciale, che di anno in anno è diventato (ahimè) più presente. Con la nuova amministrazione vede possibilità di cambiamento in questo particolare settore? Senza sviolinate o altro, posso affermare che gli assessori con cui ho avuto modo di dialogare

mi sono sembrati intelligenti, concentrati sul loro compito e ben disposti a cambiare per il bene della città, che è quello di cui ci si dovrebbe occupare. Credo ci siano molte migliorie possibili anche a livello economico, ad esempio ingegnandosi con collaborazioni con l’Università di Torino, la Regione, concorrendo per finanziamenti regionali ed europei. Siamo in un periodo economico duro, ma con un po’ di ingegno si può riuscire ugualmente e con ottimi risultati. Come definirebbe Pinerolo a livello turistico? Pinerolo è una città con molte potenzialità. In primo luogo la sua posizione: è una terra di mezzo tra la grande città e la montagna, un punto strategico. In secondo luogo, offre varie possibilità a livello turistico: edifici storici, percorsi museali, centro storico godibile, luoghi caratteristici. Sentendo queste parole sembra non ci siano difetti … Invece è tutto il contrario! Il territorio dev’essere ripensato e valorizzato; ora come ora abbiamo un diamante grezzo che potrebbe essere lanciato a livello regionale e nazionale, ma che necessita di alcune levigature. Ho parlato di musei: questi devono essere rivisti e corretti secondo le nuove richieste da parte del pubblico, staccarsi dal’idea di “locale” e prendere il volo. Quando penso agli edifici penso al Palazzo degli Acaja e a quello del Senato: devono essere messi in sicurezza, resi visitabili. Mi rendo conto che per fare questo dovranno essere impiegate forze e fondi consistenti, ma non investire su questo territorio significherebbe lasciarlo morire o sopravvivere a malapena. Io credo che Pinerolo possa davvero distinguersi tra le città e offrire qualcosa che altre città non hanno; per fare questo bisogna rimboccarsi le maniche e lavorare sodo!

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così per il mondo

Vita internazionale di Alessia Moroni

Intervista a Elisa Prina/2

Di ritorno dalle isole Fiji

“Con la voglia di scoprire nuovi posti e realtà nel mondo” Circa due mesi fa abbiamo lasciato Elisa in partenza per un viaggio di volontariato alle isole Fiji. Le sue aspettative erano quelle di affrontare un viaggio straordinario e di immergersi totalmente nella cultura del posto. Appena tornata e arricchita da questa nuova esperienza, Elisa ci racconta la sua avventura fin dall’inizio. «Sono partita a fine luglio da Milano. Arrivata all’aeroporto avevo un continuo sorriso, non vedevo l’ora di essere lì. Il viaggio è stato molto lungo, ma dopo più di venti ore e tre scali, sono arrivata a Nadi. Da lì ho preso un pullman per Suva e finalmente ho raggiunto la casa dove ho alloggiato insieme agli altri volontari». Dopo aver conosciuto gli altri giovani, Elisa partecipa alla tipica serata di accoglienza, ricca di canti, balli e tradizionali cibi e bevande. «È stato un bellissimo modo per stare insieme e conoscersi. C’erano dei volontari italiani, ma anche di altre nazionalità. La gente del posto è davvero molto accogliente, si vive con poco, ma sempre con il sorriso sulle labbra». Durante questo mese Elisa ed altri compagni hanno anche aiutato a ricostruire le case distrutte da calamità naturali di un villaggio dell’isola di Levuka, sempre parte delle Fiji. Il clima purtroppo non è stato molto di aiuto, perché ha quasi

sempre piovuto. «Abbiamo vissuto nel cuore del villaggio, in mezzo alla gente, ai ragazzi e i bambini. Non potrò mai dimenticare i loro sguardi, mi resteranno per sempre. A Levuka ho aiutato nella ricostruzione delle case, mentre a Suva nella tinteggiatura di edifici. Il volontariato era di quattro ore al giorno e la gente del posto ci ha sempre fatto sentire accolti con molto entusiasmo». Nonostante il clima poco favorevole, Elisa è riuscita anche a visitare alcuni dei meravigliosi posti che caratterizzano queste isole. «I weekend erano liberi, quindi ho avuto l’opportunità di viaggiare e vedere altre realtà. Sono rimasta meravigliata dalla bellezza di alcuni isolotti molto piccoli, dalle acque trasparenti e dal verde del paesaggio». La lingua non è stata un problema, si comunicava in Inglese e Elisa afferma «Sono molto migliorata, ci capivamo bene, ed è stato un modo per imparare». Questo viaggio le ha dato molto: «Era proprio l’esperienza che volevo vivere, il volontariato, conoscere altre realtà, immergermi nella cultura del posto. Sono tornata con un pezzetto in più e sono pronta per nuovi viaggi, chissà». Quindi non ti fermi qui? «Assolutamente no. Quello che mi ha regalato questa esperienza è un qualcosa di speciale, difficile da descrivere. In particolare, sono tornata con la voglia di scoprire nuovi posti e realtà nel mondo».

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società

Per Mostre e Musei ed altro

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di Chiara Gallo

Il neo consigliere Luca Barral

“In maggioranza non hai più scusanti, devi cambiare le cose” È una giunta giovane quella del neo Sindaco di Pinerolo, Luca Salvai. Tra i membri del Consiglio Comunale c’è anche un giovanissimo, Luca Barral. Con 297 preferenze ricevute al primo turno del 5 giugno, è entrato a pieno diritto in Comune come consigliere di maggioranza dopo i ballottaggi del 25 giugno. Ma le sfide ovviamente sono appena cominciate. Cosa significa per te aver vinto queste elezioni insieme al Movimento 5 stelle? Prima di tutto è stata una grande gioia in un primo momento e poi è arrivata la responsabilità. Il 25 giugno abbiamo capito che avremmo potuto davvero cambiare le cose e fare la differenza. Dopo il 5 giugno credevo di entrare in Comune come consigliere di minoranza, ma adesso essendo in maggioranza le prospettive sono diverse e non hai più scusanti, puoi e devi cambiare le cose. In particolare, essere consigliere cosa vuol dire per te? All’inizio con il sindaco abbiamo affrontato la questione della nomina di tutti gli assessori, perché ne mancavano due, attività produttive e lavori pubblici. In quel momento si era palesata la possibilità di entrare come assessore alle attività produttive. Non nascondo che mi sarebbe piaciuto, ma a 25 anni e senza un lavoro, avrebbe significato dare disponibilità piena e per cinque anni avrei dovuto rinunciare a qualsiasi impiego. Ho perciò deciso di accantonare quella possibilità. Adesso come consigliere intendo dare soprattutto nel campo della cultura e del commercio. Quando, come nel mio caso sei conosciuto, ti candidi e prendi tanti voti hai davvero una responsabilità, diciamo che non puoi deludere le aspettative. Per questo mi sono già attivato per portare avanti i punti del mio programma. E quali sono i punti principali? Sin da subito mi sono impegnato per sviluppare dei piccoli progetti. Il mio programma prevede 21 punti e per il momento le priorità

che ho già fatto presenti agli assessori sono l’apertura serale della biblioteca, in orari e giorni ancora da stabilire, l’installazione dei pannelli relativi al centro storico realizzati da Veronica Polia, la valorizzazione area dei muraglioni quindi con l’apertura anche di un chioschetto in legno che verrà poi affidato ad un privato per il rilancio dell’area, la riapertura della chiesa di Sant’ Agostino alla Città, e poi un’iniziativa che mi sta particolarmente a cuore: “Chiedi al commercialista”, un progetto già pronto, in attesa solo più del via del Comune e che per un pomeriggio ogni due settimane metterebbe a disposizione la consulenza gratuita di alcuni giovani commercialisti di Pinerolo ai cittadini che ne hanno bisogno e ne fanno richiesta. A questo punto qual è il tuo ideale di città da qui a cinque anni? Il mio obiettivo principale è limitare l’emigrazione giovanile verso Torino. Mi piacerebbe vedere una città in cui è presente un senso di appartenenza alla vita quotidiana e politica del territorio. Credo che se ci si impegnasse un po’ di più la vita risulterebbe migliore per tutti. Ecco, vorrei in generale che tutti tornassimo a vivere e apprezzare la nostra città, senza inseguire a tutti i costi il miraggio di una vita migliore da un’altra parte. A livello concreto mi piacerebbe vedere l’attivazione del servizio ferroviario diretto Torino-Pinerolo, senza fermate intermedie, che consenta di giungere a Torino in tempi brevi. E soprattutto mi piacerebbe vedere una città più a portata di cittadino, con una riduzione della distanza tra il Comune e la cittadinanza. Piccoli passi che man mano porteranno a grandi miglioramenti. Qual è la cosa che ti preoccupa di più dell’essere in Comune? In realtà da consigliere comunale non ho grandi preoccupazioni. Come gruppo certo, ci sono alcune paure, ma al tempo stesso siamo determinati a fare bene per il benessere di tutti.


culture

Dal mondo di Alessandro Castiglia

Il diritto di essere diversi

La caccia alle streghe turca Basta Shakespeare, Brecht e Fo, a partire dal 4 ottobre 2016 la stagione teatrale turca non presenterà più opere occidentali. La decisione, resa pubblica il 28 agosto 2016, viene motivata così dal vicepresidente della Devlet Tiyatrolari, Nejat Birecik: “Come amanti della patria, apriremo le nostre sale solo con opere locali al fine di contribuire all’integrità e all’unità della patria e per rafforzare i sentimenti nazionali”. Il rapporto tra Recep Tayyp Erdogan e il teatro non è mai stato idilliaco: i primi dissidi si sono registrati già nel 2011 quando la figlia del presidente abbandonò uno spettacolo dopo essere stata “umiliata” dall’attore Tolga Tuncer durante un’improvvisazione perché portava il velo. In quell’occasione il commento di Erdogan fu chiaro: “I teatri non possono prendere sussidi statali e poi mordere la mano che li nutre… Se serve un sostegno allora noi, il governo, decideremo a chi darlo”. Il 4 agosto 2016 oltre venti associazioni di professionisti della cultura, avendo fiutato il clima di tensione dopo il tentato colpo di Stato, avevano firmato una nota congiunta dove denunciavano un clima da “caccia alle streghe”, dopo che nella cintura di Istanbul erano stati cacciati un regista, sei attori e un impiegato accusati di essere dalla parte del golpista Fethullah Gulen, ed altri venti attori per “scarse prestazioni”. Le purghe post-golpe colpiscono anche le opere degli autori occidentali, tra cui il

grande Shakespeare ed il premio Nobel italiano Fo. Proprio Dario Fo, intervistato il 2 settembre dal “Corriere della Sera”, commenta così la decisione del presidente turco: “Quando si fa dell’autarchia culturale è un triste segno. Quando ci si accanisce contro il teatro, contro la cultura vuol dire che si ha paura del punto di vista degli altri. Che ci si sente in pericolo. Il fascismo ha dato il suo peggio quando agonizzava. In questo senso c’è da ben sperare per la Turchia. … Sono fiero di essere ritenuto pericoloso anche da quelle parti. Per mestiere ho sempre rotto le scatole a tutti, per decenni in Italia in epoca Dc sono stato censurato, bandito dalle chiese e dalle Tv. Che quelle mie pièce siano ancora urticanti per qualcuno mi rende felice.” La censura in Turchia non è certamente una notizia, già nel 2015 la Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) aveva classificato la Turchia al primo posto riguardo le violazioni della libertà di parola. La limitazione dell’arte e dello spettacolo meritano però uno spunto di riflessione importante per chi come me fa parte della cosiddetta “generazione Erasmus”, ma che vale per tutti: come potranno crescere le future generazioni in un Paese monocolore che vieta influenze culturali straniere? Come potranno scoprire i valori della bellezza, della libertà d’espressione, il diritto di sperimentare altro e di poter essere “diversi”? Come potranno imparare il rispetto e l’ammirazione per gli altri?

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Visibili & Invisibili

diritti umani

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GRUPPO GIOVANI AMNESTY INTERNATIONAL

Stop alla tortura contro le donne in Messico Un’indagine recente di Amnesty International ha rivelato che la violenza sessuale è un usuale metodo di tortura delle forze di sicurezza in Messico: in questa maniera possono ottenere “confessioni” e dimostrare attraverso il numero degli arresti l’efficacia delle azioni di contrasto al crimine organizzato. Tutte le100 donne detenute nelle prigioni federali coinvolte nell’indagine hanno riferito ad Amnesty di esser state oggetto di torture e maltrattamenti, molestie sessuali o violenza psicologica da parte di agenti della polizia municipale, statale o federale o di militari dell’esercito o della marina. 72 fra queste donne hanno denunciato abusi di natura sessuale; 33 hanno denunciato di essere state anche stuprate. Nella maggior parte dei casi queste donne incriminate sono state accusate di far parte del crimine organizzato o di reati di droga. Molte sono state definite dalle autorità “criminali” subito dopo esser state costrette a

Segue L’intervista a Luca Salvai da pag.5

C’è bisogno dunque di far diventare Pinerolo un’attraente e comoda alternativa a Torino, in modo da cercare di riportare in città quel capitale umano che non possiamo più permetterci di perdere. Un’ultima domanda provocatoria. Pinerolo è ancora la città del cavallo? Il cavallo è stato senz’altro un pezzo di storia di Pinerolo, non possiamo dimenticarlo. Tuttavia, ritengo sia pericoloso e inutile cercare di imporre a una città una particolare identità. L’identità si deve costruire ed affermare dal basso, e in questo momento non so dire se Pinerolo diventerà la città del cavallo o no. Dipenderà dall’effettivo interesse degli attori coinvolti in questo settore. Quello che il Comune sta facendo, è tentare di mettere insieme tutti gli attori che gravitano attorno al cavallo nel territorio pinerolese, e vedere se questi siano intenzionati a collaborare per la valorizzazione del territorio. Ma il Comune non può certo imporre un’identità a Pinerolo.

“confessare”. Si tratta quasi sempre di persone dal reddito basso, che ovviamente non possono permettersi un’adeguata assistenza legale, infatti sebbene 66 donne abbiano segnalato le violenze subite, le indagini da parte del governo sono state avviate solo in 22 casi e non c’è stata nessuna incriminazione. Amnesty chiede che venga fatta chiarezza e giustizia in merito a questi avvenimenti. Online è disponibile l’appello e il rapporto di Amnesty “Surviving Death, police and military torture of women in Mexico”. “Le donne provenienti da contesti di emarginazione sono le più vulnerabili nella cosiddetta ‘guerra alla droga’. Vengono considerate come un bersaglio facile dalle autorità, che spesso preferiscono riempire le celle piuttosto che garantire la ricerca dei veri criminali” Guevara-Rosas.

Un nuovo inizio per Pinerolo? Il tempo dei proclama sembra essere finito. Così come il tempo delle lotte e delle scaramucce di bandiera. Condivisione e partecipazione sembrano essere le nuove parole d’ordine. E ci piacciono! Pinerolo investe sul capitale umano, investe su un progetto che non serva a raccogliere i voti per la prossima campagna elettorale. Investe su un progetto di rinascita identitaria. Un processo, questo, che impiegherà senz’altro più tempo dei cinque anni di un mandato amministrativo, e che ci vuol coraggio ad intraprendere, perché, forse, non porterà risultati evidenti subito, e si sa che, senza risultati, i voti rischiano di perdersi. Ma il progetto si basa sulle persone. Quelle stesse persone che vivono la città, che ne costruiranno l’identità futura, e che certamente voteranno in futuro un po’ meno una bandiera, un po’ meno per tradizione di famiglia, un po’ meno per conoscenza, ma un po’ più per identità territoriale, perché alla rinascita di questa città, avranno preso parte anche loro! Lascio questo giornale ringraziandolo per l’importante servizio che ha svolto e svolge per la nostra città ed auguro a Pinerolo di trovare la propria identità culturale… L’aria nuova sembra essere arrivata...! Emanuele Sacchetto


Notizie & Curiosità

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Giovani & Ambiente

Perchè i terremoti? di Francesca Beltramo Secondo una leggenda indù il mondo era sorretto da otto elefanti in equilibrio su una tartaruga e quando un elefante si stancava, scuoteva la testa e faceva vibrare la terra. Così gli antichi spiegavano i terremoti, adesso sappiamo che dietro vi è un processo molto più

complicato. Immaginiamo la Terra come una grande cipolla, la compongono vari strati ed il più esterno di essi, la litosfera, comprendente la crosta terrestre e l’ultima parte del mantello superiore, è costituita a sua volta da 15 placche, dette tettoniche, le quali galleggiano sulla sottostante astenosfera fluida. Esse sono mobili e vicinissime le une alle altre, un po’ come tante lastre di ghiaccio in un laghetto

che si scongela e basta una minima fuoriuscita di magma dall’astenosfera perché si tocchino. Sia che esse entrino in collisione (margini convergenti), sia che scivolino l’una accanto all’altra (margini conservativi), si sprigiona un’incredibile energia, superiore talvolta a migliaia di bombe atomiche, che da origine al terremoto. L’Italia dal canto suo è uno dei paesi a maggior rischio sismico, si trova infatti in un punto di convergenza tra due grandi placche: l’euroasiatica e l’africana, quest’ultima la spinge dentro l’Europa, causando grandi smottamenti. L’area mag-giormente coinvolta è proprio la dorsale appenninica, poiché coincide con il confine della zolla. I terremoti fanno parte da sempre della storia della Terra, non possono essere né frenati, né previsti puntualmente, costruire antisismico è l’unica via d’uscita e dopo il 24 agosto non possiamo più permetterci di sviarla.

Giovani,Tecnologia@Innovazioni

Magnus

Quante volte capita di ritrovarci di fronte ad un’opera d’arte che ci lascia senza fiato, ci incanta o ci ossessiona? Spesso si vorrebbe sapere di più sull’oggetto in questione ma (a meno che ci troviamo in un museo che espone chiaramente nome, autore e data) la nostra ricerca risulta più ardua del previsto. In soccorso agli amanti dell’arte arriva però “Magnus”, un’applicazione gratuita per smartphone che è anche stata definita “lo Shazam dei quadri”. L’app lavora con una tecnologia di riconoscimento che, analizzando la foto scattata dall’utente, è in grado di individuare l’opera in una banca dati che ne contiene più di otto milioni e offrire

di Greta Gontero

informazioni riguardanti il titolo, l’autore, le dimensioni, il prezzo a cui è stata venduta e la storia delle passate compravendite. Magnus Resch, ideatore dell’applicazione, dichiara inoltre che è possibile anche visualizzare la biografia dell’artista, una mappa dei musei e delle gallerie d’arte nelle vicinanze con i relativi orari di apertura e anche la possibilità di condividere su Facebook, Instagram, WhatsApp, email o messaggio di testo le opere che si preferiscono. Attualmente “Magnus” è operativo soltanto in alcune città (come ad esempio New York) anche se mira ad estendere ancora la sua diffusione.


dal tempo

Il Passalibro di Cristiano Roasio

L’amante di Wittgenstein

Il mondo è tutto ciò che accade Questo è un libro importante. Ma potrebbe anche non esserlo. Potrebbe essere altresì un libro difficile, ma questo è un problema vostro. Non mi stupirei se altri lo considerassero semplice ed innovativo, ma tant’è. Kate è rimasta sola sulla Terra. Lascia messaggi in giro sui muri, cercando qualcuno. Poi smetterà anche di cercare, perchè non trova nessuno. Viaggia con auto ormai arrugginite, si ripara nei musei e brucia le cornici delle opere più famose. Con le parole di Foster Wallace “è una curatrice del museo dei propri ricordi, gli stessi dell’umanità”. Il senso è quello, comunque. David Foster Wallace adorava questo libro. Poi è morto. Ma non c’entra con questo libro, rifiutato da 44 editori negli Stati Uniti, ed arrivato in Italia solo nel 2016. I rifiuti non sono una gran cosa, ma forse sono solo la testimonianza che il tempo non era così propizio per un libro così strano e straniante. I rifiuti solidi sono ancora peggio, sono l’esatto opposto: il tempo non era più propizio per cumuli di oggetti. La mente stessa è un accumularsi di nozioni e Kate, un tempo pittrice, ormai sa così tanto da confondersi. Che poi non sarebbe tutto questo problema visto che è l’unica sulla Terra, eppure ci siamo noi, lettori: “Ti sbagli! E’ Zenone quello del paradosso, non Archimede!” Ma si tratta solo di un libro, in fondo, non così importante. Un libro è un insieme di parole. Le parole sono insiemi di lettere. Le lettere si uniscono e si scrivono per dire: “Ehi, guardatemi, ci sono anche io qui!” Poco importa se gli altri non si accorgono di voi, forse non ci sono. Kate ha avuto un marito e un figlio. Ora il figlio

piccolo è morto. Ha avuto altri uomini, ma non per questo i figli piccoli muoiono. Succede. Il mondo è tutto ciò che accade. Pazienza. Penelope, dopotutto, siamo sicuri che in vent’anni abbia aspettato Ulisse? E’ un libro consigliato agli appassionati di mitologia, pieno di frasi irriverenti sui grandi miti. Elena era così bella? Non si combatte dieci anni per una donna, per bella che sia. E’ anche consigliato agli appassionati di filosofia. Un romanzo di fantascienza postapocalittica filosofica. A Kate piace Wittgenstein, non che lo conosca. Sia come uomo che come filosofo. Però vive la vita nella tremenda prigione del cervello che è il primo Wittgenstein del Tractatus logico-philosophicus. Un’impresa leggerlo. Il Tractatus, non questo libro, molto più scorrevole di quello che uno può pensare leggendo questa recensione, secondo lo stile del libro. E’ una sua rappresentazione grafica. Una rappresentazione grafica di un mondo dove i fatti accadono e nulla, proprio nulla, è collegato ed ha senso. Ed esistere... pazienza, è solo un altro fatto. Pubblicato dalle Edizioni Clichy, costa 15 euro. Lo ha scritto David Markson. Ma nessuno lo conosce, così ne ho parlato. E merita. Forse il saggio nella postfazione di DFW aiuta a comprenderlo. Non comprendere DFW, ma il libro di cui stiamo parlando. E’ molto complesso, il saggio. Il libro invece forse non lo è, ma è molto saggio. Perchè ormai sembra che leggere sia diventato un passatempo. E questa non so se è o non è una bella cosa. Di una cosa sono certo, leggendo questo libro vi accorgerete che qualcuno esiste ancora.

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Sociale & Volontariato

primo piano

di Federica Crea

la Scuola senza frontiere

Per aiutare con la lingua gli stranieri

“L’operatività della Scuola è stata possibile grazie all’autofinanziamento dei soci” Scuola Senza Frontiere è una piccola isola felice in un mare troppo spesso burrascoso, un modello di umanità contagioso, fatto di entusiasmo, calore e civiltà, dal quale tutti dovremmo lasciarci ispirare. Scuola Senza Frontiere, situata in Vicolo Carceri 1 a Pinerolo, è uno spazio che dal 2005 ha consentito di realizzare nei locali del F.A.T. (Familiari e Amici dei Tossicodipendenti), in quella che un tempo era l’area carceraria adibita ai detenuti in semi-libertà, varie attività nell’ambito dell’integrazione socio-culturale. Domenico Ghirardotti, volontario del FAT e di Scuola Senza Frontiere, spiega: «Scuola Senza Frontiere è attiva dal 2005, ossia da quando Giorgio D’Aleo, un tempo insegnante del carcere di Pinerolo e oggi presidente del Museo Regionale dell’Emigrazione di Frossasco, e Angelo Merletti, professore del Liceo Scientifico Maria Curie di Pinerolo, hanno pensato fosse necessario aiutare gli studenti stranieri con difficoltà linguistiche». Sin dalla sua fondazione l’operatività di Scuola Senza Frontiere è stata possibile grazie all’autofinanziamento ad opera dei suoi volontari e, fino a qualche anno fa, anche grazie ad un piccolo contributo del C.I.S.S. Nonostante le limitazioni economiche però, in circa dieci anni Scuola Senza Frontiere è cresciuta enormemente e, dalla dozzina di studenti coinvolti nei primi anni di attività, la Scuola ha raggiunto oltre ottanta iscritti; l’eterogeneità anagrafica, etnica e religiosa degli studenti ne rappresenta il punto di forza ed è proprio partendo dal rispetto di sé e dalla valorizzazione della singole storie di vita che i volontari di Scuola Senza Frontiere tentano di infondere valori di tolleranza,

uguaglianza e condivisione. «Scuola Senza Frontiere, più che una scuola nella comune accezione del termine, è una scuola di vita, perché può essere sia uno spazio di apprendimento o miglioramento della lingua italiana, sia un’occasione di socializzazione, integrazione e svago» racconta Paola Pussetto, volontaria della Scuola dal 2006, che aggiunge «istruzione e formazione restano i capisaldi della Scuola, il cui obiettivo primario è aiutare dal punto di vista linguistico bambini e ragazzi stranieri di qualsiasi fascia d’età, per garantirne una più rapida integrazione sociale ed evitare fenomeni di marginalizzazione. D’altra parte, negli anni, il nostro spazio è diventato un punto di riferimento per molti e il passaparola tra famiglie, insegnanti e studenti è stato il nostro vero biglietto da visita». Oltre alle attività educative infatti i volontari della Scuola si adoperano per organizzare momenti ricreativi capaci di coinvolgere tutti: dalla merenda il sabato pomeriggio alla tombolata di Santo Stefano, dalle occasionali uscite domenicali alle saltuarie gite fuoriporta. La stessa sede ospita altre attività di carattere socio-culturale rivolte agli adulti; tra queste possiamo ricordare la “Scuola per Migranti” e “Se Non Sai Non Sei”, progetto destinato alle donne straniere e finalizzato al perfezionamento della lingua italiana. Scuola Senza Frontiere (studenti) Martedì e Giovedì ore 17,00-18,30 Sabato ore 14.30-16.30 Se non sai non sei (donne) Martedì e Giovedì ore 9,30-11,30

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musica

Officine del suono

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di Isidoro Concas

M usica emergente

Gli Snakes Charmers Gli Snakes Charmers sono un gruppo pop punk di Saluzzo formato da Alessandro Aigotti, Pietro Comba, Francesco Cravero, Raffaele Piesco e Luca Rivoira. Sono al lavoro in studio per ultimare il loro primo EP. Allora ragazzi, sta per uscire il vostro primo lavoro che racchiuderà pezzi originali. Cosa dobbiamo aspettarci? E com’è stato per voi lavorare a questo progetto? Lavorare a questo nostro EP d’esordio è stata per noi una nuova e bellissima esperienza. Abbiamo affrontato un percorso completamente nuovo per noi e non è stato sicuramente semplice. Detto ciò, le canzoni che ascolterete sono tutte frutto di un grande lavoro che si è prolungato per diversi mesi e certamente non appartengono al genere di musica che si ascolta tutti i giorni in radio. Almeno, non in Italia. Comunque crediamo e speriamo - che il sound dei nostri pezzi possa portare la gente ad ascoltare e ad apprezzare di più il pop punk. In questo EP, oltre a pezzi più associabili al vostro genere, è presente un pezzo acustico e calmo, molto differente dall’impostazione degli altri, chiamato The Only Thing. Com’è nato? Di che parla? ‘The Only Thing’ è un brano acustico che si stacca completamente dal nostro genere musicale “di appartenenza”. Tuttavia, inserirlo nell’EP d’esordio è stata una scelta ragionata: infatti, come band, non eseguiamo solo live pop punk, bensì anche concerti acustici, proponendo, fra le altre, canzoni più commerciali. Riguardo alla sua origine, ‘The Only Thing’ è un brano che riguarda uno dei più grandi problemi per noi adolescenti, cioè un primo amore che finisce. Per il resto, dovrete aspettare e ascoltarlo! Nei vostri tre anni di esperienza in live è capitato che calcaste palchi anche abbastanza grandi, come il Pala Alpitour, Lingotto Fiere ed il Palavela di Torino, oltre a location come la metropolitana di

Porta Nuova od il padiglione del Quatar all’EXPO di Milano. Spesso avete suonato in apertura a festival di musica elettronica e balli liceali, o comunque in contesti dove chi è sotto il palco non è venuto per il genere di musica che voi proponete. Come vi rapportate con questo tipo di ascoltatori? Come correttamente hai detto, il Reload e l’Holi Fusion sono festival che offrono grandi numeri di pubblico... sì, ma per i dj! Purtroppo - anche se giustamente - la gente che va a questo tipo di eventi paga per ascoltare i dj e non le band pop punk. Comunque, questi eventi, per noi, sono molto utili per aumentare la nostra esperienza nel suonare live. In ogni caso, nonostante poca gente si fermi ad ascoltare la nostra musica (non è stato così, per fortuna, all’Holi Fusion dello scorso 11 giugno), continuiamo sempre imperterriti l’esibizione. Per ora non avete ancora proposto in live nessun pezzo originale, preferendo un repertorio di cover. Dopo l’uscita del disco, comincerete a suonare anche questi brani dal vivo. C’è qualcosa che il suonare pezzi altrui per così tanto tempo vi ha insegnato, e che avete applicato nella composizione dei vostri pezzi? Sicuramente suonare cover per un paio d’anni ci ha aiutato innanzitutto a guadagnare conoscenza musicale. In più, soprattutto all’inizio, ci ha aiutato molto a migliorare sempre di più a suonare bene insieme, a coordinarci e a capirci in modo immediato sul palco. Una volta imparato a far bene queste cose, abbiamo iniziato a comporre pezzi nostri, ispirandoci inizialmente a Sum 41 e blink-182, per poi, ultimamente, seguire le orme di gruppi come i Neck Deep e i ROAM, ‘prodotti’ della Hopeless Records, famosa casa discografica pop punk. Sicuramente, ciò che abbiamo appreso dal suonare cover e che ci è più servito applicare nelle nostre canzoni è l’abilità nel creare un pezzo che non sia banale e noioso da suonare: se ci annoiamo noi a suonare un brano, come fa chi ascolta a divertirsi?


società

Filmografia - Q.Tarantino/1 di Rebecca Paternò

Tarantino: il passato che rivive Alla riscoperta del grande regista che dai primi anni ’90 ha affascinato l’America e il mondo intero con i suoi film

Quentin Tarantino è un nome che certamente non è nuovo; i suoi film dai toni violenti, sarcastici e irriverenti hanno entusiasmato intere generazioni, garantendogli un posto tra i grandi del cinema di tutti i tempi. È diventato famoso non tanto per le storie accattivanti e volutamente ricche di crimine che vediamo sui grandi schermi, ma piuttosto per le sue elevatissime capacità tecniche, segno di un profondo amore e di grande attenzione per quello che fa. Nel tempo i suoi lavori non hanno mai deluso, ma come potrebbero quando i suoi modelli di ispirazione sono i capolavori di altre epoche, e quando tra i suoi maestri troviamo Sergio Leone e Dario Argento? Non importa se i suoi film (dei veri e propri “B-Movies all’americana” di estrema qualità) hanno creato un genere così nuovo e diverso: “Io ho sempre guardato e attinto al passato, al cinema che avevo visto e amato” racconta il regista in un’intervista a “La Repubblica” del 6 febbraio. Trovare film-makers così innamorati del proprio lavoro da definirsi dei fanatici è sempre più raro. Quentin Tarantino è un vero cinefilo: ha fatto del cinema il suo culto. Sono proprio il suo rispetto e la sua devozione per quest’arte a trasparire dai suoi cosiddetti “film nei film”, per via dei numerosi rimandi alle pellicole che più

l’hanno colpito sin da ragazzo. Il punto è questo: guardare un film di Tarantino è come l’amore a prima vista, travolgente e penetrante, ma solo ammirando tutti i suoi capolavori ci si può appassionare per davvero. Per questo motivo nei prossimi mesi la rubrica di filmografia sarà dedicata a questo pilastro della cultura cinematografica americana e mondiale. Partendo dall’ultimo capolavoro “The Hateful Eight”, procederemo a ritroso nella storia dei successi tarantiniani. Cominciando dai più famosi “Django Unchained”, “Bastardi Senza Gloria ”, “Kill Bill” e “Pulp fiction”, includeremo anche i meno noti “Grindhouse – A Prova di Morte ”, “Jackie Brown” e “Le Iene”, per poi terminare con le prime opere, gli inediti, le collaborazioni e i vari “files rouges” che accomunano tutti i suoi film. In conclusione, per tutti gli appassionati di film, Quentin Tarantino è indubbiamente un mito e nella società odierna, dove il cinema tenta di appagare le masse, i suoi film si distinguono per la capacità di sedurle. Scoprire (o rivivere) le sue opere senza tempo fa certamente emozionare. “I miei film abitano in due mondi differenti: uno è l’universo del Quentin di Pulp Fiction e Jackie Brown, esagerati ma più o meno realistici. L’altro è l’universo del Film.” Quentin Tarantino

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Appunti di viaggio

mondo

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di Angelica Pons e Mauro Beccaria

in bolivia

Licancabur il lago più alto del mondo Come non essere fieri e commossi allo stesso tempo? Mauro è stato il primo ad arrivare in vetta, seguito da Valerian, giovane maestro, e da Jean Baptiste, specializzando Ginecologia. Il primo soffre d’asma, il secondo di diabete. Tutti e tre con forte volontà di arrivare in cima. Il Licancabur è uno strato vulcanico dalla forma conica simmetrica, di 5.960 m di altezza, sito tra due giganti, il Juriques e il Sairecabur. C’è vita a quell’altezza: formatosi 500 anni fa, il lago più alto del mondo è all’interno del suo cratere, 90x70 m, nel luogo più arido della Terra, il deserto di Atacama; l’acqua è a 6°C, nonostante il gelo intorno per il riscaldamento geotermico; vi abitano batteri estremofili e placton, c’è ossigeno e radiazioni uv intense. Il lago Licancabur è stato paragonato a antichi laghi marziani. La fornace non è più attiva dall’Olocene, circa 11mila anni; si trova al confine tra Bolivia e Cile, a 40 km da S. Pedro di Atacama. Noi vi siamo giunti dal rifugio della Laguna Verde, in Bolivia, a 4.300 m slm, un lago salato alla base nord-est di Juriques, le cui sponde sono coperte di cespugli secchi dal colore dell’oro. Levataccia alle 3, jeep fino al campo base e salita con le pile frontali, gli zaini con qualche provvista, le borracce di mate di coca caldo, datoci con premura da Edwin, preparato dalla nostra gentile cuoca Marcela, ma che si è congelato strada facendo. Eravamo vestiti con almeno 5 strati, doppie calze e doppi guanti. La fatica è tanta, e alcuni di noi non ce l’hanno fatta, sconfitti da mal di testa, tachicardia, nausea… a 5.300 m ero senza fiato, terza

dietro alla guida e a Mauro e ho detto stop. La guida mi ha ingiunto di ritornare. Come? Da sola? Al buio? In un sentiero invisibile e fatto di sassi rotolanti come nocciole? «Sì, o congeli qui». Non mi son rassegnata, ho provato ad aggregarmi alla spedizione che ci seguiva, ma dopo poco ho accettato i miei limiti e cercato la strada della discesa. Dopo qualche atterraggio sul fondoschiena ho letteralmente parlato con la montagna. Le ho chiesto che mi indicasse dove andare e credo mi abbia accompagnata. Le chiedevo di mostrarmi le sue pietre più belle. Pietre con disegni inca, o dalle forme più incredibili come mani che reggono fiamme o come troni poderosi. Pietre rosseggianti al sole dell’alba con buchi simmetrici, rocce striate che facevano le smorfie. Infine monticcioli di sassi, come da noi: ecco il sentiero vero e proprio. L’ho raccontato a Edwin, il nostro saggio accompagnatore (agenzia La Torre di Tupiza), che ci aspettava al traguardo: gli brillavano gli occhi. Davvero le ho viste e son riuscita a rientrare. Ho visitato le rovine del villaggio inca ai piedi della montagna sacra, ringraziando. Sulla sommità ci sono le ceneri di un uomo che in tempi più recenti chiese al figlio di esser seppellito lì: è tutt’ora sacro questo monte. Dopo più di 8 ore lo guardavo da sotto, splendente nel sole del mezzogiorno, le pendici coperte da depositi piroclastici fino a oltre 15 km di distanza. Ero sfinita. Mauro è sceso alle 13,45, ma lui ha raggiunto il traguardo. Da lassù ha descritto con meraviglia un paesaggio dipinto dalla mano di Dio.


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Sono amici di Pinerolo Indialogo.it e di Onda d’Urto25


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