Pineroloindialogo marzo2017

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Anno 8,Marzo 2017

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Pinerolo, provincialismo e connectography

L’assessore al Bilancio Manlio Leggieri: «Un bilancio conservativo? Questa Giunta non fa proclami, realizza progetti, fattibili»

Vivere Pinerolo /1, Una rivisitazione giovane della città. “Santa Brigida, il belvedere di Pinerolo”. di Remo Gilli Due chiacchiere con i rappresentanti d’Istituto delle scuole superiori pinerolesi. di Francesca Beltramo


Buone News A cura di Francesca Olocco

Mostra alla Fondazione Cosso

Tiepolo e il Settecento veneto

Il 25 febbraio si è aperta al Castello di Miradolo la mostra “Tiepolo e il Settecento veneto”, curata dal professor Giovanni Carlo Federico Villa e presentata dalla Fondazione Cosso in collaborazione con i Musei Civici di Vicenza. “Collaborazione” è decisamente il termine più adatto per descrivere il felice esito dell’incontro tra una fondazione, che si occupa della valorizzazione culturale e sociale del territorio pinerolese, e una personalità come quella del professor Villa, dal 2005 direttore scientifico della Pinacoteca di Palazzo Chiericati di Vicenza, primo museo cittadino e sede storica della pinacoteca ospitata all’interno di uno dei massimi esempi di architettura palladiana. In un momento storico e in un paese in cui la cultura italiana viene sottovalutata, marginalizzata e tante volte dimenticata, una simile iniziativa non può che essere definita preziosa per due motivi. Innanzitutto, la mostra non vuole solamente raccontare la parabola di uno degli ultimi più grandi artisti italiani, come può essere considerato Tiepolo, che, sebbene artista pienamente veneziano, detta il gusto dei collezionisti e dei paesi di lingua tedesca e porta la sua pittura nelle grandi corti europee. Vuole anche riportare alla memoria del pubblico la grandezza e la storia di una città, Venezia, che, proprio mentre si avvicina al proprio tramonto, vede fiorire le forme d’arte più varie e di maggiore grazia e limpidezza e le esporta, forse per l’ultima volta, oltre i confini italiani. Attraverso i dipinti, i disegni, le incisioni e le sculture dei suoi artisti, Venezia torna a imporsi, con ogni evidenza, tra le grandi dell’arte italiana, senza nulla invidiare a Firenze o Roma. In secondo luogo, questa iniziativa ha avuto la peculiarità non solo di giovare a entrambi gli enti che si sono messi in gioco, ma di essere un

esempio di crescita e di reazione contro le attuali tendenze culturali. Infatti, da un lato, il Castello ha potuto ospitare nelle sue splendide sale alcuni dei capolavori di una delle più significative collezioni civiche europee, svolgendo così un’attività museale e di attrazione di carattere centrale, a dispetto della sua posizione territoriale più marginale (compito svolto in modo eccellente, come potrà appurare chi visiterà la mostra). Dall’altro lato, Palazzo Chiericati, edificio Patrimonio Mondiale dell’UNESCO totalmente fruibile al pubblico, riceverà un contributo per i lavori finali, che consentirà la messa in opera delle strumentazioni necessarie a rendere il Salone del piano nobile atto a ospitare conferenze e convegni. Quindi, un ulteriore passo avanti per una realtà geograficamente marginale ma che, come si legge tra i dati della Relazione Annuale 2015 dell’Osservatorio Culturale Piemontese, tra 2014 e 2015 ha visto i propri visitatori aumentare dell’81% (passando da 15.089 a 27.413), con buone speranze sui prossimi dati del 2016. Ma anche per una realtà più centrale, quella di Vicenza e, in particolare, Palazzo Chiericati, che viaggia sui 600.000 visitatori l’anno e che riesce a coprire al 62% le proprie spese con la bigliettazione. In questo caso, la volontà di migliorarsi ha portato alla scelta di approcci moderni e sperimentazioni inusuali, nell’ottica di rimanere sul podio dell’eccellenza europea. Sempre in tema di novità: in occasione della mostra, nelle sale del Castello è stato installato un inedito sistema multicanale di diffusione del suono che consentirà al pubblico di ascoltare, da diverse fonti sonore, i brani degli artisti che hanno rappresentato al meglio la tradizione del Settecento veneto.

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33 Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

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Pinerolo provincialismo e connectography Bastano pochi giorni di lontananza da Pinerolo per avvertire, al ritorno, il provincialismo di questo grande paesone che è ormai diventata la nostra città, dove la discussione ruota da decenni intorno ai soliti temi, per lo più legati all’urbanistica: la collina, il Turck, il palazzo degli Acaja, il maneggio Caprilli, la decadenza della città (Tribunale, Asl, ecc.) senza mai venirne a capo. Per non parlare di argomenti ancora più frivoli come l’ultimo legato all’esibizione del rapper Bello Figo. Insomma un pettegolezzo di provincia, dove ci si diletta pure a fare sui giornali locali e su fb i Giorgio Bocca. A noi sembra che questa nostra città nell’era della connectography (da libro dell’indiano Para Khanna), più che dalla decadenza, che pure c’è, sia affetta proprio da questo provincialismo che la soffoca e la chiude nel pettegolezzo locale e non la apre a nuovi orizzonti, ad esplorare nuove vie, ad ascoltare la direzione che sta prendendo il mondo a livello di lavoro, di flussi finanziari e di persone. Ad es. il citato Khanna afferma che nel mondo moderno ciò che conta sono le infrastrutture che interconnettono, cioè strade, ponti, oleodotti, ferrovie (la Pinerolo-Torino!!), la digitalizzazione globale, ecc. che annullano i confini, dove controllare i nodi significa controllare le connessioni e dove l’iperglobalizzazione sta ormai sostituendo la globalizzazione. Tutto questo pone una serie di domande, una più grande delle altre: ha ancora senso in un periodo di annullamento dei confini parlare di Pinerolese, di un microterritorio di 130mila abitanti che si è strutturato secoli fa con la forza o è il caso di usare nuovi parametri di ragionamento come quello delle connessioni, dei nodi, della società iperglobalizzata, ecc? Saprà Pinerolo aprirsi a queste linee di futuro e ad una conseguente progettualità o rimarrà ancora bloccata nel suo chiacchiericcio di provincia? Antonio Denanni PINEROLO / INDIALOGO.it .

Direttore Responsabile Antonio Denanni Collaborano: Emanuele Sacchetto, Alessia Moroni, Aurora Fusillo, Francesca Beltramo, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Rebecca Paternò, Federica Crea, Greta Gontero, Oscar Fornaro, Alessandro Castiglia, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Francesca Olocco, Isidoro Concas, Sara Nosenzo, Angelica Pons Con la partecipazione di Elvio Fassone e Beppe Gamba

Indialogo.it, Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010 - Ed. Associazione Culturale Onda d’Urto Onlus redazione Tel. 0121397226 - E-mail: redazione@pineroloindialogo.it STAMPA: In proprio

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Buone News

tiepolo e il settecento veneto

intervista all’assessore manlio leggieri

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Politica giovane young Vivere Pinerolo /1

santa brigida, il belvedere di pinerolo

i rappresentanti d’istituto delle superiori

inquinamento, cause ed interventi

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Giovani @ Scuola/ 2 L’ambiente siamo noi

Vita internazionale

intervista a chiara rebecca merlo

Serate di Laurea

con matteo coero borga e alice bertolino

candid camera mortale

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Dal mondo

Giovani & Lavoro

tanta voglia di fare impresa

In Europa

iniziative sulla questione ucraina

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Nuovi Sport

Ultimate frisbee

18 Visibili & Invisibili

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la violenza tra stato e individuo

Giovani e nuove tecnologie

l’automa gita

19 Il Passalibro

le nostre anime di notte

salamone

i bandi del mese di marzo

I bandi del mese di marzo

al bonatti

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Officine del suono Tutto bandi

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Politica

Politica giovane young a cura di Antonio Denanni

Intervista/6: l’assessore al Bilancio Manlio Leggieri

“Alla mia età, non puoi scordarti della “fantasia al potere” Il bilancio che qualcuno ha definito “ragionieristico”: «Il bilancio appena approvato è conservativo? Sì, questa Giunta non fa proclami: realizza progetti. Fattibili” Incominciamo col frivolo. Lei è considerato in giunta il fratello maggiore, un po’ il saggio del gruppo. È così o è solo una diceria? Se mi avesse posto questa domanda anche solo tre anni fa, mi sarei arrabbiato. Vede ho avuto la fortuna di vivere la mia giovinezza a Milano e di “entrare” nel tourbillon del ‘68 a sedici anni. Alla mia età, non puoi scordarti della “fantasia al potere” e di “kandebu” (il giornalino del Movimento Studentesco). Oggi, dopo aver avuto una vita professionalmente e umanamente intensa, mi sento in dovere di restituire i doni che il Signore (o il caso, per i laici) mi ha concesso. Nel mio ufficio in Comune ho appeso un cartello con una frase di Nelson Mandela: “Quello che conta nella vita non è il semplice fatto che abbiamo vissuto. E’ il modo in cui abbiamo fatto la differenza nella vita degli altri a determinare il senso dellla nostra vita”. Ecco, io la penso così: non so se è saggezza, ma di sicuro è il mio modo di vivere la mia vita. Però, per favore, non chiamatemi “fratello maggiore”. Grazie. Passiamo a cose più serie. È stato approvato da poco il bilancio. Ci riassume in breve le novità o le discontinuità rispetto al passato? Ho letto che qualcuno ha definito “ragionieristico “ il primo Bilancio della nuova Amministrazione 5 Stelle. Invece le novità sono tante e importanti. Gliene elenco le dieci principali: 1. non cambia la percentuale dei tributi sui rifiuti e sui servizi indivisibili; 2. abbiamo risparmiato sulle mense scolastiche, pur migliorando il servizio, grazie alla nuova concessionaria; il risparmio lo abbiamo investito in soggiorni estivi e pre post scuola; 3. Il contributo per il CISS (Consorzio Intercomunale Servizi Sociali) passa da 31 a 32

euro ad abitante; 4. i contributi per l’emergenza abitativa aumentano del 12%, 50mila euro circa; 5. diminuisce la spesa per il personale e per gli acquisti; 6. nonostante il passaggio al nuovo sw gestionale e non solo, i costi per l’informatica diminuiscono; 7. il valore delle alienazioni di beni patrimoniali passa da oltre 2,6 milioni a 700 mila euro: pulizia, pulizia; noi non crediamo alla finanza creativa, ma a quella realistica; 8. investimenti per progettazione di oltre 300 mila euro: se non si hanno i progetti esecutivi pronti, è inutile partecipare ai bandi per l’edilizia scolastica; 9. questa Amministrazione è la prima, da molto tempo, ad investire 400 mila euro per l’inizio del recupero e la conservazione di palazzo degli Acaja; 10. nel 2017 stiamo mettendo mano ad un progetto di riqualificazione dei cimiteri urbani in stato di degrado. E’ un bilancio conservativo? Sì, questa Giunta non fa proclami: realizza progetti. Fattibili. Ci dica qualcosa sulle voci fuori bilancio che avete contestato alla precedente amministrazione. Sia chiara una cosa: noi non contestiamo alcunchè a chichessia, né abbiamo mai parlato di “debiti fuori bilancio”. Gli uffici non hanno firmato alcune determine di spesa prive di giustificazione contabile. Abbiamo disposto, attraverso i dirigenti responsabili, una ”ricognizione”, vale a dire un’analisi dei documenti relativi a chi ha ordinato e cosa e come lo ha fatto. In questo momento i dirigenti responsabili (Segretaria Generale e direttore Finanza) stanno esaminando la “ricognizione” e, sulla base del loro responso, l’Ente, non la parte politica, deciderà come agire a norma di legge (art. 194 del Testo Unico degli Enti Locali).

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“Quando le proposte sono fattibili... ben vengano: siamo i primi ad essere disponibili al dialogo” Sempre sul bilancio non avete recepito alcuna delle proposte del PD, anche di importo modesto. È un segno di autosufficienza o di chiusura totale a fermenti dall’esterno? Quando le proposte sono fattive e fattibili, ma non strumentali, ben vengano: siamo i primi ad essere disponibili al dialogo e alla collaborazione. In Commissione Bilancio l’abbiamo dimostrato: è l’unica Commissione in cui nessuno ha mai alzato la voce e in cui più volte sono stati accettati i suggerimenti della minoranza, anche quelli della Lega Nord. Ci sono delibere di Giunta che lo testimoniano. Ci parla dell’Intesa contro l’evasione fiscale siglata dal Comune con altre Agenzie? Si è già fatto un’idea delle possibili maggiori entrate? Non è un’dea nuova: è nuovo il protocollo fra il Comune e Regione, Anci Piemonte, Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza. Proprio oggi ho concordato con la Comandante del nucleo di Guardia di Finanza di Pinerolo che un finanziere entri a far parte del “pool”. Ipotesi di entrate: nessuna! Io mi auguro che nessun pinerolese evada le tasse, ma se così non fosse... Nelle sue deleghe c’è anche “la gestione del processo di organizzazione snella (lean governement)”, così si legge sul sito. Ci spiega cosa si fa in pratica? E’ dal 2005 che parecchie amministrazioni stanno introducendo questa metodologia che nasce nell’industria privata, il primo Comune è stato Torino, giunta Chiamparino. In pratica è la trasposizione nel pubblico del Metodo Toyota, l’organizzazione del lavoro “dal basso” che ha portato Toyota ad essere la n° 1 nel mondo. Sono i dipendenti a rivedere i processi lavorativi, andando ad eliminare barriere e steccati, rendendo il flusso del processo trasversale agli uffici e ai dirigenti. Una piccola “rivoluzione dal basso”, che privilegia le singole professionalità, scavalcando le gerarchie. Lei ha anche la delega al patrimonio comunale. Ci può dire qualcosa in proposito, in particolare per il patrimonio non valorizzato. Che cosa si vuole fare? Cosa si intende per “non valorizzato”? Se vuol dire non messo in alienazione, in vendita, allora non abbiamo fatto niente. Se invece si intende che non ci sia una programmazione, beh, allora è vero lo stesso. In compenso, con riservatezza, ci stiamo confrontando con grossi investitori italiani e stranieri su progetti che prevedano un rilancio economico-occupazionale della nostra città.

Siamo molto soddisfatti che i semi che abbiamo gettato già dallo scorso autunno, stiano portando a risultati operativi di assoluto rilievo. Abbiamo già in mano progetti di massima e ma, dal momento che non siamo abituati a “dire gatto se non ce l’hai nel sacco”, porteremo per la discussione in Consiglio Comunale e nelle assemblee di quartiere dei progetti, economicamente convenienti per l’Ente, non delle chiacchiere. Lei aveva inizialmente anche la delega alla gestione del personale, che poi ha abbandonato. Troppo difficile cambiare le cose quando si ha a che fare con il fattore umano? Nel fattore umano sono compreso anch’io: probabilmente ho un carattere troppo decisionista per trattare con il personale di un Ente Pubblico. Sono fatto così, a trentadue anni ero già dirigente e non è facile cambiare. Me ne scuso, ho avuto l’umiltà di capirlo e di rimettere la delega al Sindaco, che ha voluto comunque che proseguissi con il progetto organizzativo. Gli sono riconoscente di questa fiducia. Una domanda fuori dalle sue deleghe, sul complesso della città. Qual è a suo parere una delle cose prioritarie per il rilancio della città? Il lavoro, il lavoro e ancora il lavoro! Pinerolo non può permettersi di rimanere al palo e di continuare a leccarsi le ferite. Ogni sforzo, ogni fantasia, ogni progetto deve avere come obiettivo il rilancio occupazionale. Lei è uno di quelli che crede ancora in “Pinerolo città della cavalleria” o è un sogno (o azzardo!) che è durato anche troppo? Se le dicessi che ho le idee chiare, sarei un bugiardo. Ma ho l’umiltà di riconoscere i miei limiti e la capacità di saper riconoscere quali consulenti ed esperti possono affiancare l’Amministrazione per dare una risposta ad un quesito che richiede conoscenze e competenze, innanzitutto di marketing, che vanno ben al di là della mia professionalità. Quello che sto scoprendo, incontrando anche imprenditori del mondo del cavallo, ripeto, anche internazionali, è che non bisogna accontentarsi del piccolo cabotaggio ma che le risposte, se ci sono, non sono dietro l’angolo.

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in citt À

Vivere Pinerolo/ 1

6 6 di Remo Gilli

Una rivisitazione giovane della città

Santa Brigida, il belvedere di Pinerolo

Il luogo degli innamorati, di una persona o della natura. Da qui si vede tutta la città e poi la pianura sconfinata e le montagne che terminano in quella linea indefinita... Il belvedere di Pinerolo è innanzitutto un luogo per innamorati, un posto che richiama a sé le persone che amano qualcuno o qualcosa, che sia un’altra persona o la natura. Me ne accorgo subito, pur non essendoci mai stato. Salendo in macchina da via Davico verso Santa Brigida incontro innamorati di ogni tipo. Coppie di anziani che passeggiano lenti, le famiglie giovani con passeggino al seguito, il padre col figlio intenti a portare a spasso il cane. C’è anche la coppietta seduta su una panchina panoramica. Li vedo lì, abbracciati in silenzio mentre scrutano il panorama. La città e poi la pianura sconfinata, che termina in quella linea indefinita che non è cielo e non è terra, o magari è entrambe le cose. Oggi è domenica, il cielo è limpido e il sole, nonostante siano già le cinque e mezza del pomeriggio, illumina e scalda ancora. La primavera sta arrivando, e forse qua a Santa Brigida arriva prima. Sarà per questo motivo che la gente decide di venire qui, penso mentre continuo a salire. È una strada stretta, via Davico, costeggiata per lunghi tratti da pini marittimi che donano un’atmosfera vagamente mediterranea alla zona, insolita per il nostro territorio. Le case costeggiano la strada, lasciando di tanto in tanto spazio alla splendida vista della città dall’alto. Man mano che si sale, aumentano gli scorci e diminuiscono le case, fino a diventare uno spettacolo costante che mi accompagna nel

tragitto fino a destinazione. Non conosco la zona, così ho deciso di fare una passeggiata anch’io in compagnia di un amico per provare ad apprezzarla meglio. Alberto Chialva abita appena sotto strada del Belvedere, in via Davico. Qui ha anche la sua attività Olio Besùc, che conduce in parallelo agli studi di architettura. Dal 2004 lui e la sua famiglia producono olio extravergine, ottenuto dalle olive dei 550 ulivi sparsi sul versante est della collina. Alberto mi apre il cancello, entro e parcheggio. Giusto il tempo di salutarlo, e subito mi accorgo dello splendido panorama che si scorge da questo lato della collina. Da qui non si vede il centro di Pinerolo, ma Monte Uliveto e, dietro, un mare verde che si estende a perdita d’occhio. Non sono abituato a vederlo da questa prospettiva, da qui sembra diverso. Se possibile, più bello del Monte Uliveto che sono solito vedere io, quando arrivo dalla provinciale. Chi è solo di passaggio queste cose se le perde, certi scorci e colori, certe albe e tramonti. Per i pinerolesi è diverso. E così ancora una volta ho la fortuna di osservare le cose dal punto di vista di chi le vive e osserva ogni giorno. Penso che sia un posto meraviglioso, con quella veduta e gli ulivi a fare da cornice. Alberto è d’accordo, e mi spiega che in quel punto particolare c’è un microclima che si presta molto alla coltivazione degli ulivi, perciò crescono così rigogliosi. Fosse per lui, aggiunge, non se ne andrebbe mai da qui. Lo capisco bene. Usciamo dalla sua proprietà e ci


«La grande rilevanza paesaggistica che Santa Brigida ha nel territorio è tutelata fin dal 1939» incamminiamo in salita per via Davico. Alberto mi fa notare che questo non è soltanto un luogo per innamorati e famiglie. Qui passano un sacco di persone che vanno a correre o in bicicletta, oppure a fare passeggiate solitarie. Nemmeno il tempo di dirlo e incrociamo un signore anziano, da solo, con le braccia raccolte dietro la schiena. Il mio amico mi dice che quel signore passa ogni giorno da lì. Sempre da solo, sempre lo stesso itinerario. Lo salutiamo e lui ricambia sorridendo il saluto, senza fermarsi. Non si è davvero soli durante queste passeggiate. Si sta in compagnia dei propri pensieri e della propria memoria, si viaggia con i piedi e con la testa. I ricordi fanno capolino a quell’incrocio, a quella panchina, in quel punto preciso. Ogni sguardo è un pensiero, ogni scorcio un sospiro – di pace o di malinconia. Semplicemente, certe passeggiate fanno bene all’anima, non soltanto alla salute. Quando al telefono ho chiesto ad Alberto di aiutarmi a conoscere Santa Brigida, lui mi ha detto che non avrebbe saputo dirmi troppo dal punto di vista storico, ma che mi avrebbe fatto vedere un posto dal quale, secondo lui, prende il nome l’intera zona. Così continuiamo a salire fino a un incrocio in cui, di lato alla strada, si trovano delle cucce per gatti. Lì svoltiamo in Strada ai Losani, e per una cinquantina di metri siamo circondati da alberi. Scolliniamo, e arriviamo in cima a Strada ai Losani. Questa volta il panorama è immenso. Ci siamo spostati di poco rispetto a prima, ma lo scenario è cambiato completamente. Ora si può vedere la città per intero, da dove inizia fin dove finisce. La Rocca di Cavour svetta nella pianura. Sono le sei ormai, ed inizia a levarsi una leggerissima nebbia, abbastanza da far sembrare la Rocca una piccola isola nel mare. Alberto mi indica una piccola chiesetta poco

più avanti. Mentre ci avviciniamo, mi spiega che quella cappella è dedicata proprio a Santa Brigida. Essendo posta proprio nel centro della vasta zona che viene così denominata - che va da Costagrande fino a Monte Uliveto - questa teoria è molto plausibile. Arrivati davanti, noto subito una scritta affissa al muro esterno della struttura. Poco importa, in realtà. Quel che è certo, come mi ha spiegato la dottoressa Isa De Maria, presidente di Legambiente, è che tra il Cinquecento e il Seicento su questa collina sorgevano delle fortificazioni francesi, distrutte poi dai Savoia. Un reperto storico rimasto è Villa Santa Brigida, che si trova poco sopra. Risale all’Ottocento, concepita con un gusto esotico che, come i pini marittimi, non è usuale del pinerolese. Al di là della storia del luogo, però, l’aspetto fondamentale da tenere in considerazione è la grande rilevanza paesaggistica che Santa Brigida – al pari di Monte Uliveto – ha nel territorio, tanto da essere tutelata da provvedimenti che risalgono fino al 1939. Per fortuna, viene da pensare passandoci attraverso. Io e il mio amico ci avviamo verso casa; ormai il sole è calato e inizia a fare freschetto. Alberto mi dice che una volta doveva essere tutto diverso, da queste parti. La strada era un’altra, più bassa di quella attuale, e le coltivazioni prevalenti erano i vigneti, non gli ulivi e gli alberi da frutto. Doveva essere molto suggestivo, penso io, anche se così com’è ora non è per nulla scontato. Scambiamo ancora qualche chiacchiera, dopodiché lo saluto e riparto in macchina. Scendo dall’altra parte rispetto a quella da cui sono arrivato, di fatto continuando in macchina la passeggiata fatta con Alberto. Supero gli alberi, la chiesetta e il panorama mozzafiato, per infilarmi un’altra volta nelle strettoie tra le case, giù fino in città. Il mio giro del belvedere di Pinerolo è finito. Mi piacciono questi posti perché sono di tutti. Perché un panorama è di chi lo guarda, una bellezza garantita a tutti coloro che hanno la volontà di cercarla e lo spirito per apprezzarla. In un certo senso, è un “bene comune”, e di questo dovremmo essere tutti felici, assicurandoci che non possa cambiare mai.

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IN C IT T A ’

Giovani@Scuola di Francesca Beltramo

Mondo scolastico pinerolese/ 2

Chiacchierando con i rappresentanti d’Istituto delle superiori pinerolesi Il nostro incontro con i rappresentanti del Liceo Porporato di dicembre ha avuto un seguito in una chiacchierata con alcuni dei rappresentanti degli istituti superiori della città. Erano presenti Rachele Capobianco per il Porporato, Matteo Calabrese per lo Scientifico, Lorenzo Turina per l’Itis e Carlotta Nepote per l’Alberghiero. Per rompere il ghiaccio: una cosa assolutamente da cambiare della vostra scuola e una cosa che assolutamente non cambiereste mai. Allo Scientifico c’è da migliorare l’aspetto estetico della struttura, sostengono i rappresentanti non senza una nota di sarcasmo, con riferimento esplicito al giardino in cemento, mentre di positivo l’unità degli studenti, l’opposto invece per il Porporato: nulla da lamentarsi riguardo la struttura o tantomeno il giardino, incredibile lo spazio fisico a disposizione, ma a lasciare l’amaro in bocca è spesso e volentieri la mancata partecipazione dei ragazzi. Per l’Alberghiero assolutamente irrinunciabile il bar della scuola, la critica va all’eccessivo numero di ore di teoria, mentre per l’Itis la sola cosa da cambiare è la nomea che la scuola si porta dietro, sostiene il rappresentante con tenacia e un certo rammarico. Perché la rappresentanza d’istituto? Un’occasione per diventare più popolari, per attuare un cambiamente radicale o un incarico di routine per mantenere le cose così come sono? Come la vivete, nel vostro istituto, e come mai avete scelto di candidarvi? Per quanto riguarda Porporato e Scientifico si tratta tutt’al più di un lavoro di mantenimento, con le dovute innovazione, essendo istituti in cui la rappresentanza d’istituto funziona bene già da diversi anni, mentre per l’Itis e l’Alberghiero

si tratta di una vera e propria occasione di cambiamento, per l’uno, che vuole difendere le innovazioni degli ultimi due anni e soprattutto per il secondo, che si propone obiettivi inediti per l’istituto, quali le tanto anelate giornate autogestite. Nessuno si è candidato per la popolarità, fondamentalmente. Alle elezioni c’è stata competizione o eravate l’unica lista? Competizione fitta in tutti gli istituti, a parte al Porporato, l’unico con una sola lista, mentre all’Alberghiero e all’Itis propaganda addirittura per le classi, coi candidati che si proponevano faccia a faccia agli studenti. Siamo a fine gennaio, quale proposte ritenete di aver già messo in atto e come intendete fare per quelle che non avete ancora attuato? Siete rimasti fedeli a ciò che avete detto all’inzio o avete cambiato idea? Datevi un giudizio. Lo Scientifico mette subito le mani avanti : all’inizio dell’anno si era parlato di una revisione della giornata della memoria, sostituendo alla solita autogestita, non presa seriamente dagli studenti, una serie di conferenze; così non è stato per ragioni organizzative, nulla si può dire invece del ballo di Natale e ballo di Natale anche il Porporato : prima festa della scuola aperta anche al biennio, oltre alla novità della giornata aggiornata (autogestita su temi di attualità), scocciati invece i rappresentanti per la mancata partecipazione all’incontro di novembre sul referendum costituzionale, richiesto dagli stessi studenti. Itis fedele nella risoluzione dei problemi di cui si era parlato all’inizio (laboratori non riscaldati), mentre l’Alberghiero si muove ancora lentamente per ragioni organizzative. Passiamo agli studenti. Sono partecipativi? Propositivi? Vi danno una mano sul piano organizzativo? Dimostrano interesse per le tematiche d’attualità? Pensate se ne parli abbastanza o ritenete ci sia del menefreghismo? Itis assolutamente partecipativi e vicini ai temi d’attualità, a parere del rappresentante poiché

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«Pinerolo offre buone opportunità, ma c’è ancora poca informazione» toccano di più gli studenti, essendo proiettati di più sul mondo del lavoro, ma lo Scientifico subito controbatte : anche nei licei c’è interesse per la politica e l’attualità, il Porporato non può dire lo stesso dopo il flop dell’incontro sul referendum costituzionale, e stessa discrepanza tra gli organi esecutivi : allo Scientifico una settattina di collaboratori, al Porporato circa 20. All’Alberghiero invece ancora poca unità. Consiglio d’Istituto. Qual è il vostro effettivo potere decisionale? Vi sentite ascoltati o messi da parte? Alberghiero, Scientifico e Porporato soddisfatti, altri membri del consiglio disponibili verso di loro e con lo stesso potere decisionale. Itis ancora nessuna riunione. Come giudicate il lavoro della Giunta esecutiva e della Consulta Provinciale? Riguardo quest’ultima avete qualche suggerimento? Qui di suggerimento ne abbiamo uno ed anche parecchio interessante: perché non una Consulta Pinerolese? A livello provinciale c’è ancora molto poco contatto e sicuramente ravviverebbe la città. Passiamo proprio a Pinerolo. Cosa manca per gli studenti? Come giudicate le politiche giovanili della nuova amministrazione in carica da giugno? Sicuramente di positivo c’è l’iniziativa “Giovani per il territorio”, cos’altro suggerite? A parere dei rappresentanti Pinerolo offre buone opportunità, ma c’è ancora poca informazione e alcune zone dovrebbero essere valorizzate (vicino centro studio). Per quanto riguarda “Giovani per il territorio” il Comune sta facendo molto (fondi stanziati dalla San Paolo) : vuole creare spazi per i giovani (locali in cui si possano riunire con gratis il wifi), creare eventi, tessera dello studente per cinema e teatro e gli stessi rappresentanti sono già stati contattati. La proposta resta la stessa dalla domanda precedente : creare una Consulta Pinerolese per lo scambio tra i ragazzi dei singoli istituti. Due punti sulla Riforma Gelmini del 2008, parliamo di ciò che ha influito di più sulle scelte degli studenti: per i licei una generale riduzione delle ore di latino, generando un calo di iscrizioni al liceo classico a favore del linguistico e in particolare dello scientifico scienze applicate. Cosa ci dite a riguardo? Pro o contro il latino? Per gli istituti tecnici invece una drastica riduzione del numero degli indirizzi. A vostro parere ciò comporta meno dispersione o meno scelta? Scientifico: molti scelgono scienze applicate per paura del latino e così ci si aspetta di fare di meno, cosa che non è, considerato il carico delle

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materie scientifiche specializzate. Porporato: non scegliere il latino può apparire positivo agli studenti, ma danneggia i professori e a lungo andare anche la scuola, che perde una materia che insegna molto a ragionare ai ragazzi. Dagli istituti tecnici e professionali più che la riduzione degli indirizzi è percepita la cattiva suddivisione tra le ore di pratica e quelle di teoria, in particolare all’Alberghiero, eccessivamente sbilanciata a pro delle ultime. Alternanza scuola-lavoro. Com’è stata messa in atto, l’anno scorso e quest’anno, nei relativi istituti? Qual è stata la reazione dei professori e degli studenti? L’alternanza serve o non serve? Per Itis e Alberghiero non c’è stato un gran cambiamento: l’alternanza c’è sempre stata e dall’anno scorso è possibile svolgere alcune delle ore anche in orario scolastico. Per i licei invece nulla di positivo, Porporato e Scientifico concordano: risoluzione dispendiosa e inutile, il liceo non è pensato per andare a lavorare e non dà la formazione adeguata ai ragazzi per svolgere una qualche mansione utile ai datori di lavoro che se ne devono prendere carico: non sanno che farsene, fondamentalmente. Gli istituti, però, hanno gestito bene il progetto, al Porporato con dei progetti di classe (Politecnico, Asl, casa editrice) e allo Scientifico invece ognuno può scegliere per sè e viene affiancato da un tutor, soluzione sicuramente più entusiasmante per gli studenti, ma molto più complessa da gestire. Maturità 2018. Abolita la terza prova, riformato il sistema di crediti e la tesina sostituita con una relazione sull’alternanza scuola-lavoro. Pensate sia meglio per gli studenti? Com’è stata accolta nel vostro istituto? A quest’ultima domanda i rappresentanti rispondono all’unanimità: tra tutte le cose che andavano cambiate la maturità era l’ultima di tutte. Per i rappresentanti dello Scientifico è solo una strategia per aumentare le persone ammesse e secondo quelli dell’Alberghiero semplificare il criterio d’ammissione e abolire la tesina è poco formativo: si studia di meno e abitua gli studenti al disimpegno. È cattivo per il futuro.


terra

L’ambiente siamo noi

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di Beppe Gamba

Inquinamento, cause e interventi Con il clima freddo dell’inverno e il ristagno dei gas causato dalle inversioni termiche si ripresenta puntuale l’emergenza inquinamento nelle città. A metà febbraio Torino aveva già consumato i 35 superamenti della soglia di polveri sottili tollerati dalla legge, Milano e altre città padane erano sulla stessa strada e anche a Pinerolo ci eravamo “giocati” metà dei giorni consentiti (17 superamenti al 22 febbraio). Solo l’arrivo della bella stagione potrà consentirci di rimanere nei limiti di legge, forse di mantenere il trend positivo di riduzione registrato negli ultimi anni. Dal canto suo la Ue sta avviando una procedura di infrazione contro l’Italia e altri Paesi per la violazione dei limiti degli ossidi di azoto prodotti dalle combustioni, in particolare quelle che avvengono nei motori diesel e nelle caldaie ad alta temperatura. Insomma l’aria delle città è malata. Chi si ricorda l’atmosfera fumosa e irrespirabile delle città di 30-40 anni fa fatica a credere che l’aria sia fuori legge anche oggi. Non vediamo più il fumo azzurrino dei camini o quello giallastro di zolfo. I sistemi di riscaldamento e i motori delle auto sono molto più efficienti e puliti di allora. Ciò nonostante le concentrazioni di inquinanti rimangono a livelli di emergenza. Se gli odierni impianti di riscaldamento e le auto sono meno inquinanti, se le industrie più pesanti hanno chiuso o sono emigrate, cos’è che vanifica i progressi fatti? Il dito è puntato contro i motori diesel a gasolio

che, grazie a decenni di incentivi e sconti, rappresentano ormai la quota maggioritaria del parco circolante e dei carburanti bruciati. Altri imputano le concentrazioni eccessive di inquinanti all’uso crescente di caldaie a legna, stufe e caminetti. Cause vere, ma polemiche inutili dato che il problema sta a monte: nelle crescenti dimensioni delle abitazioni e nella loro scarsa qualità costruttiva che impone consumi energetici spesso doppi o tripli di quelli necessari. E per quanto più efficienti siano i nuovi modelli di motore, non di meno le nostre auto sono sempre più grandi e pesanti e deteniamo il triste primato di paese più motorizzato d’Europa. Targhe alterne, divieti di circolazione, domeniche ecologiche e fiere della ciclopedonalità vanno bene per lenire le emergenze, ma il problema è che senza interventi strutturali non si possono chiedere miracoli agli assessori all’ambiente. Vanno messi in campo interventi integrati sul piano urbanistico, dell’edilizia, dei trasporti e dell’energia per riorganizzare la città e i sistemi di trasporto in modo da privilegiare seriamente la mobilità pedonale e ciclabile e il servizio pubblico. Occorre poi favorire realmente la diffusione dell’auto elettrica - con reti diffuse di ricarica rinnovabile, parcheggi e accessi dedicati - e la riqualificazione estesa e approfondita degli edifici. Non è vero che le città non hanno possibilità di intervenire concretamente, su queste cose si misura la capacità di governarle.


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così per il mondo

Vita internazionale

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di Alessia Moroni

Intervista a Chiara Rebecca Merlo

10 mesi in Cina: l’esperienza che cercavo Chiara Rebecca, studentessa del quarto anno presso il Liceo Classico “G. F. Porporato”, vive ormai da sette mesi in Cina. A soli diciassette anni ha deciso di intraprendere un’esperienza che le ha permesso non solo di scoprire una nuova realtà, ma di conoscere una lingua così diversa dalla nostra e sempre più importante al giorno d’oggi. Sei molto giovane. Come mai hai deciso di partire per un paese così lontano? Avevo scoperto la possibilità di fare il quarto anno all’estero, ma i primi due anni di liceo ero convinta di andare in America. Poi mi sono accorta che in realtà volevo qualcosa di sconosciuto, volevo partire per l’esperienza e non per la destinazione. Mi sono informata e ho partecipato al concorso in cui ho espresso le mie preferenze: la Cina era la prima. Mi piaceva l’idea di non scegliere e alla fine sono riuscita ad ottenere dieci mesi scolastici in questo paese. Qual è stato l’ impatto con una realtà così diversa? Io mi trovo a Shijiazhuang nella regione Hebei, la zona industriale della Cina. Ormai la Cina accoglie molti stranieri, ma qui ce ne sono pochi. I cinesi sono sempre molto gentili, attenti all’ospite. I punti di vista sono proprio diversi, incluso il sistema scolastico. La città è sottoposta ad un alto livello di inquinamento e vediamo il cielo azzurro circa una volta al mese. La tua esperienza ha una consistente parte scolastica. Come ti trovi?

Da quando sono arrivata io e gli altri studenti stranieri abbiamo avuto solo lezioni di Cinese, per poter superare l’ostacolo della lingua ed essere inseriti nelle classi cinesi. Da pochi giorni infatti partecipiamo a tutte le lezioni. La scuola è una struttura unica ed io alloggio nel dormitorio, mentre nel weekend sto nella famiglia ospitante. La lingua è difficilissima, richiede tanta costanza: sono tutti caratteri e ce ne sono migliaia. Quanto è legata la cultura alla lingua? Moltissimo. A volte capita che il mio papà ospitante mi spieghi la storia di alcuni caratteri, raccontandomi alcuni aneddoti. È importante, per un giovane di oggi, conoscere il cinese? Per uno studente della mia età ci sono moltissime opportunità. Lingue come il cinese, il russo, il portoghese, sono emergenti, ma dipende da cosa si vuole fare. Credo che il cinese mi potrà essere sicuramente utile nel mondo del lavoro e spero di mantenerlo anche una volta tornata in Italia. Tornerai a giugno 2017, dopo dieci mesi così importanti. Che cosa ti ha regalato questa esperienza fino ad ora? Io sono contentissima. Mi trovo bene nella famiglia ospitante e con i miei compagni di classe. Sono riuscita a fare qualche viaggio, per esempio a Shanghai. In generale la Cina non mi piace, ma le devo tanto e sono molto soddisfatta. Era proprio l’esperienza che cercavo. Mi sentivo indipendendente già da prima ed ora mi sento arricchita ogni giorno da quello che vivo.


società

Serate di Laurea Serate a cura di Francesca Olocco

Serata con Alice Bertolino e Matteo Coero Borga

“La psicologia oncologica” e “To be or not to be an elf” Il 2017 si è aperto con una Serata di Laurea ricca di spunti interessanti e che ha suscitato numerose domande da parte dei presenti. Venerdì 27 gennaio ha visto relatori Alice Bertolino, laureata in Psicologia, e Matteo Marco Coero Borga, laureato in Lingue e Letterature moderne. La tesi di Alice, dal titolo “La psicologia oncologica: impianto metodologico e cornice deontologica”, è arrivata a toccare un argomento molto delicato ma, purtroppo, a tutti noi più o meno vicino, affrontato, però, con grande interesse e passione professionale. La Tesi, infatti, si poneva l’obiettivo di analizzare gli ambiti clinico metodologici della psicologia oncologica in relazione alla cornice etica e deontologica di riferimento. È stato poi analizzato il ruolo dello Psicologo che opera in ambito oncologico, sia in riferimento agli strumenti utilizzati che alle procedure di applicazione sul campo, quali possono essere il setting, le cure palliative e le psicoterapie utilizzabili in tale campo. Da questa analisi è risultato evidente come la figura di uno Psicologo possa costituire un aiuto fondamentale per i malati di tumore

così come per le loro famiglie, che possono essere supportate nell’affrontare situazioni che spesso fanno paura o che sono lontane persino dalla nostra comprensione. Matteo ha invece trattato di un argomento ben diverso, dedicato ai filologi, agli studiosi di lingue passate e misteriose e agli appassionati tolkieniani. La sua tesi, dal titolo “To be or not to be an elf”, ha trattato della questione dell’identificazione degli elfi nella mitologia germanica. In primo luogo, ha analizzato il concetto di “elfo” nella tradizione anglosassone, norrena e tedesca. In secondo luogo, è stata trattata la questione dell’identificazione tra elfi e nani, teoria supportata da alcuni studiosi ma negata dal professor Tolkien. In terzo luogo, è stata studiata l’idea di elfo durante le diverse epoche storiche e gli sviluppi che il concetto ha subito. È stato così evidenziato come il lavoro di John Ronald Reuel Tolkien sia stato fondamentale nel contribuire a creare una concezione stabile di queste creature, nettamente diversa dagli esempi antecedenti di Shakespeare, Goethe o Ibsen, dove vengono descritti come esseri maligni e seduttori.

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culture

Dal mondo di Alessandro Castiglia

Il caso della morte di Jong-Nam

Candid camera mortale Lo strano caso di Kim Jong-Nam ha inizio il 13 febbraio all’aeroporto di Kuala Lumpur (Malesia): poco prima di imbarcarsi su un volo diretto a Macao, Jong-Nam viene raggiunto da due ragazze che gli spalmano in faccia un liquido simile ad olio e si allontanano. Il tutto viene ripreso dalle telecamere di sicurezza, a cui l’uomo si rivolge per denunciare l’accaduto. Durante il viaggio verso l’ospedale Kim JongNam muore a causa di quella sostanza misteriosa. Le indagini partono immediatamente: quattro persone sono arrestate, tra queste c’è la donna che avrebbe sparso la sostanza sulla faccia di JongNam. Si chiama Siti Aisyah, una donna indonesiana che fa una dichiarazione particolare alla polizia: dice di essere stata pagata 90 dollari per fare delle Candid Camera e che Jong-Nam è stata l’ultima vittima di una serie di scherzi innocenti. La versione della donna non convince però il capo della polizia malese Abu Bakar, secondo il quale alle donne erano state date precise istruzioni su come lavarsi le mani dalla sostanza tossica. Le indagini sul delitto assumono presto rilevanza internazionale inclinando gli ottimi rapporti tra Malesia e Nord Corea: la vittima della Candid Camera mortale è infatti il fratellastro del dittatore nordcoreano Kim Jong-un. Nonostante questo lutto improvviso il dittatore chiede che non venga fatta nessuna autopsia sul corpo e che il cadavere sia consegnato immediatamente alle autorità nordcoreane, ma in seguito al

rifiuto malese ed al proseguimento delle indagini richiama il suo ambasciatore a Pyongyang. Il 19 febbraio le accuse pesanti: l’ambasciatore nordcoreano Kang Chol accusa la polizia di nascondere qualcosa e dichiara che la Corea del Nord non si fida dei risultati delle ricerche, pochi giorni dopo diffonde un comunicato in cui chiede che le due donne arrestate siano rilasciate perché innocenti. Perché questa diffidenza nei confronti di un Paese in buoni rapporti con la Corea del Nord? Il caso ha suscitato l’interesse della stampa internazionale non solo per l’atteggiamento ambiguo di Pyongyang, ma anche perché lo spietato Kim Jongun lascia trasparire qualche possibile retroscena sulla vicenda. Georgij Toloraia, diplomatico e orientalista russo, ci offre due interpretazioni curiose: a) Kim potrebbe essere stato eliminato per ordine del suo fratellastro: corre voce che da anni ci fosse una taglia indetta dall’imperatore stesso per eliminare la minaccia di un leader alternativo al capo del regime. b) La seconda ipotesi prevede invece un complotto da parte della Corea del Sud: il crudele omicidio del fratello del leader potrebbe essere il giusto pretesto per dimostrare a tutto il mondo la brutalità del regime nordcoreano, spingendo il governo USA in un’azione più decisa contro la Corea del Nord. Nonostante manchi l’ufficialità, con ogni probabilità ci troviamo davanti all’ennesimo crimine di Stato di Kim Jong-un.

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Società

Giovani & Lavoro

il bisogno di creare qualcosa di proprio

Tanta voglia di fare impresa Sempre più ragazzi lasciano un posto di lavoro sicuro da dipendente per mettersi in proprio ed avviare una propria imprenditorialità. È quanto ha fatto Stefano Filippello, un ragazzo 27enne di Torino, che lavorava in Francia con Google e ha mollato tutto per rientrare in Italia e avviare una attività imprenditoriale propria. «A vent’anni non vedi l’ora di andare via dall’Italia. Quando, però, ti avvicini ai trenta cominci a sentire il bisogno di creare qualcosa nel tuo Paese». Con queste parole Stefano Filipello ha spiegato la sua decisione di lasciare un lavoro sicuro in Francia per buttarsi in un’iniziativa imprenditoriale in Italia, nella sua Torino. «Sei mesi fa ho fatto il grande passo, una scelta che potrebbe essere considerata da molti stupida e forse, da qualcuno, coraggiosa. A dicembre 2015 ho infatti lasciato il mio lavoro di marketing project manager per Google a Parigi per lanciare Halos, un progetto in cui credo e a cui ho deciso di dedicare tutte le mie energie». L’iniziativa imprenditoriale ruota intorno ad una lampada originale e avveniristica senza fili, che vuole diventare una startup di design italiana. Per il momento Halos è un prototipo, ma vuole diventare entro breve un marchio di qualità. A settembre è partita una campagna su Kickstarter per cercare di finanziare la produzione. Obiettivo la raccolta di 290mila euro. A seguire il progetto oltre a Stefano

Filippello, laureato in economia, c’è fin dall’inizio il co-founder di Halos Giulio Niola, ingegnere, supportati da un altro ingegnere, Marco Frappampina, e dal designer industriale Axel Delbrayére. È Alex ad aver disegnato l’anello circolare di alluminio che costituisce la lampada (http:// haloslamp.com) La lampada halox che Filippello e compagni vogliono commercializzare è composta da due parti principali: la prima è un anello luminoso trasportabile, rifinito in alluminio, a cui viene applicata una speciale resina che riproduce l’effetto di migliaia di mini-ventose, che permettono di attaccare la lampada alla maggior parte delle superfici lisce come vetri e specchi. L’altro elemento è la base in legno studiata per caricare la lampada grazie a un moderno sistema di carica. In questo modo si può spostare la fonte della luce dove è più comodo senza preoccuparsi dei fili di alimentazione. La parte elettronica del prodotto è stata curata dai due ingegneri, ma i materiali e la manifattura sono opera dell’artigianato piemontese. Fonte StartupItalia

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culture

In Europa

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di Anna Filippucci

Retròscena “Sul confine”

Iniziative sulla questione ucraina S’intitola “Sul confine” il progetto sull’Ucraina che sta portando avanti Retròscena, un’associazione culturale torinese che ha come obiettivo l’avvicinamento dei cittadini all’arte innanzitutto, ma anche a grandi temi di attualità e dibattito. Nello specifico, rispetto alla questione ucraina, l’iniziativa vuole far riflettere sulla natura del conflitto armato che procede da ormai 3 anni a sole due ore di aereo da noi e sul ruolo che l’UE potrebbe (o dovrebbe) svolgere in tale situazione; gli eventi organizzati, le testimonianze ed i viaggi in loco hanno come scopo quello di creare un rapporto con la società civile ucraina e di promuovere sul territorio il racconto della cultura e delle vicende di un paese così vicino all’UE, ma allo stesso tempo lontanissimo. I primi destinatari del progetto sono i ragazzi delle scuole superiori, ed è per questo che l’associazione sta portando un documentario, Winter on Fire, in diversi istituti: esso racconta la rivoluzione in Ucraina del 2013-2014. In tale occasione, migliaia di persone, persino oltre il milione in certi frangenti, tantissimi ragazzi, sono scesi in piazza per tre mesi di fila a protestare contro il governo e chiedere un avvicinamento all’UE, sia a livello economico che culturale, in opposizione all’alternativo modello russo. 125 persone sono morte, alcune sono disperse ancora oggi, per rivendicare quei diritti e quelle libertà che nell’UE dovrebbero essere garantite. E qui il paradosso: in un paese confinante con l’UE le persone si battono per essa e tutto ciò che incarna, mentre nei paesi interni all’Unione stessa delle forze separatiste che tentano di minare le fondamenta di questa comunità, operano esattamente in senso contrario. Ed è per questo che Sul Confine, attraverso il ponte creato con il paese punto di separazione tra est ed ovest, offre l’opportunità di vedere di nuovo con un occhio esterno l’Europa e comprendere quindi quanto questa nella realtà si distacchi dall’idea che ne avevano i padri fondatori, quali

sono i suoi limiti, difetti e contrasti interni. Nell’ambito del Festival Slavika, dal 18 al 25 marzo, si segnalano in particolare due iniziative organizzate dalla stessa associazione: il 19 marzo si svolgerà una conferenza con due ricercatori dell’Università di Bologna e Milano, i quali daranno un’interpretazione all’evoluzione culturale avvenuta in Ucraina negli ultimi anni: in che modo questo paese al limite, sempre all’ombra dei due giganti (Europa e Russia), è riuscito a definire una propria specifica identità? Interverrà anche una giornalista de La Stampa, Anna Zafesova, la quale spiegherà il fenomeno dal punto di vista più prettamente geopolitico. Il 21 marzo invece si terrà un incontro che coinvolge personalità di ambiti completamente diversi: interverranno vari psicoterapeuti, i quali si sono occupati di sostenere ed aiutare coloro che sono stati coinvolti nella guerra che infiamma la regione dell’Ucraina contesa dalla Russia; ma prenderà la parola anche un writer in rappresentanza di un’associazione costituitasi a Torino che mira a promuovere la cultura underground. Quest’ultimo interverrà per raccontare il progetto Art United Us, ovvero la formazione di una rete internazionale di artisti, che nel 2016 ha realizzato a Kiev 36 Murales colorati per promuovere consapevolezza e sviluppare coscienza sul tema dell’aggressione. Il nesso tra gli ospiti è rappresentato dal luogo dove, anche a Torino, questi murales verranno rappresentati: ovvero un muro della clinica Maggiora, dove gli psicoterapeuti lavorano. L’idea del progetto è quella di unire astrattamente Torino e Kiev, in segno di solidarietà e questo è intitolato, non a caso, “La bellezza salverà il mondo”. Per concludere, è importante sottolineare come iniziative di questo tipo, apparentemente isolate e sconosciute, contribuiscano a creare una vera e propria rete sul territorio, che unisce realtà diverse, attraversa i confini degli Stati e concorre in senso più ampio alla promozione di uno spirito di appartenenza alla comunità europea.


Sport

sport

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di Sara Nosenzo

nuovi sport alla ribalta

Ultimate frisbee: da passatempo estivo a sport da mondiali Non tutti sanno che il frisbee, oltre a un rinomato passatempo da praticare facilmente sulla spiaggia tra un tuffo e l’altro, è anche uno sport riconosciuto dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e provvisto di mondiali. Per capire le dinamiche di questo sport e il crescente interesse che pian piano si sta allargando sul territorio italiano, e non solo, abbiamo intervistato Samuel Salini e Simone Asti. Parlateci dell’Ultimate Frisbee, come si gioca? È una delle nove discipline del frisbee riconosciute dalla World Flying Disc Federation (WFDF), nonché la più praticata. Si tratta di uno sport di squadra nato negli Stati Uniti durante gli anni ‘60, che mischia principalmente regole del basket (piede perno, non ci si può muovere con il frisbee in mano) a quelle del football americano/ rugby (si fa un punto quando si riceve il disco oltre la linea di meta, tramite un passaggio). Il campo da gioco varia le sue dimensioni in base al terreno: su sabbia è di 75x25 metri e si gioca cinque contro cinque, mentre su erba è di 100x37 metri (lungo come un campo da calcio,

largo più o meno la metà) ed il numero di giocatori sale a sette. Una squadra perde il possesso se il frisbee tocca terra. Una partita può durare dai 60 ai 100 minuti, oppure interrompersi nel momento in cui una squadra raggiunge le 15 mete. L’Ultimate ha caratteristiche peculiari che lo rendono più simile ad uno spettacolo che a uno sport. Innanzitutto i lanci da 50 metri di lunghezza sono la normalità, così come i tuffi dei giocatori per evitare che il disco tocchi terra. Non c’è contatto fisico ed è auto-arbitrato: tutti i giocatori conoscono bene il regolamento e in caso di fallo o infrazione sono i giocatori stessi a notarlo, a riunirsi per parlarne e prendere la decisione di gioco, che nel frattempo si ferma temporaneamente. Questo è un meccanismo che avviene sempre, anche quando è in palio il titolo mondiale. Altrettanto significativa è la “cerimonia” di chiusura, un momento per dialogare e dirsi tranquillamente come è andata la partita tra sfidanti, riuniti in un cerchio ed abbracciati a maglie alterne così da sottolineare l’importanza di uno sport pulito e al di fuori degli scontri fisici o verbali relativi alle


17 emozioni nel momento del gioco. Questi sono in assoluto i pregi più grandi dell’ultimate ed è proprio grazie a tutto questo che di recente è stato riconosciuto come sport dal Comitato Olimpico Internazionale e si sente profumo di entrata alle Olimpiadi in una delle prossime edizioni estive. Noi ci speriamo ovviamente. E adesso si avvicina il mondiale … Sarà dal 18 al 24 giugno e vi parteciperanno più di 30 nazioni che si contenderanno il titolo in varie categorie: maschile, femminile, maschile over 32, femminile over 32, maschile over 40 e infine la categoria mista (uno dei pochi sport ad esserne provvisto). Le nazionali più attese sono Stati Uniti, Canada, Giappone, Francia e Germania. L’Italia partecipa nelle categorie uomini e mista. Simone ci puoi parlare della UPS di Pinerolo? In Piemonte l’unica squadra era a Torino, fino a che non abbiamo fondato la Ultimate Pinerolo Sports: la prima associazione sportiva dedicata all’ultimate in città. Questo sport conta un migliaio abbondante di atleti nel nostro paese, con squadre sparse per tutto il nord Italia: da Torino a Trieste, da Trento a Fano. È in rapida crescita: negli ultimi due anni sono nati un campionato di serie D e uno under 17. L’Ultimate ha le caratteristiche necessarie per insegnare ai ragazzi la giusta sportività: troppe volte si usano parolacce, insulti e mosse sleali e non è di certo questo lo sport. Per questo motivo vorremmo insegnarlo nelle scuole e col tempo far capire che non è sbagliato voler vincere, ma c’è un modo giusto di farlo. È importante ricordare che l’Ultimate è forse uno, se non lo sport più economico: servono infatti un disco, quattro conetti per delimitare il campo e, ad esagerare, delle pettorine per distinguere chiaramente le squadre. Ciononostante, come in ogni sport, è necessaria una preparazione atletica per ridurre la possibilità di infortuni. A una prima fase di riscaldamento seguono prove di gioco in cui si ripassano e si affrontano i fondamentali ed infine c’è la partita vera e propria. Parte integrante dell’allenamento è lo studio del regolamento: è nell’interesse di ogni giocatore conoscere le

regole, altrimenti non sarà in grado di riconoscere i falli e di giocare al meglio delle sue possibilità. Samuel come ti sei avvicinato al mondo del Frisbee? Ho iniziato a praticarlo per caso l’ultimo anno di liceo grazie a un mio amico che l’aveva scoperto su internet. Ho poi trovato una squadra a Torino, i Beefree, e quando ho cominciato gli studi universitari ho deciso di praticarlo regolarmente, seguendo allenamenti, campionato italiano e tornei. Nell’ambiente vige un livello di sportività e correttezza senza eguali. Dopo tre anni e mezzo di impegno sono stato premiato con la selezione nella squadra nazionale maschile, che parteciperà al mondiale su spiaggia a Royan, sulla costa atlantica francese: il World Championship of Beach Ultimate (WCBU). Mi parlate dello Spirito di Gioco? In cosa consiste? A qualunque manifestazione per il campionato, il torneo locale o mondiale, ogni squadra deve valutare lo spirito di gioco delle squadre con cui si è scontrata. I parametri sono la correttezza, la conoscenza delle regole, il comportamento leale e corretto in campo; ed il punteggio è da 0 a 4. Alla fine della manifestazione la squadra che ha ottenuto più punti si aggiudica il premio SOTG (Spirit of the Game). Possibile che il fair play non ceda in nessuna situazione? In realtà l’America ha ceduto da un certo punto di vista: per rendere lo sport più appetibile agli occhi degli investitori, ha aggiunto l’arbitro così da diminuire i tempi di pausa e sottolineare lo spettacolo nel gioco. Questo però è un episodio isolato, nei mondiali infatti non ci saranno arbitri così da preservare lo spirito e le regole del gioco. Per maggiori informazioni, consultare la pagina Facebook UPs Ultimate Pinerolo Sports.


diritti umani

Visibili & Invisibili

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GRUPPO GIOVANI AMNESTY INTERNATIONAL

Alcune declinazioni della violenza tra Stato e Individuo “Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamenti o punizioni crudeli, disumani e degradanti” (Dichiarazione universale dei diritti umani, articolo 5)

Il diritto a essere liberi dalla tortura e da altri trattamenti o punizioni crudeli, disumani e degradanti è tra i diritti umani più saldamente protetti dal diritto internazionale. Affermato nella Dichiarazione universale dei diritti umani, ribadito in strumenti internazionali – come il Patto internazionale per i diritti civili e politici – e regionali, il divieto di tortura viene sancito in una Convenzione ad hoc nel 1984: la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani e degradanti (Convenzione). A 30 anni dalla storica adozione della Convenzione, i governi hanno tradito l’impegno a porre fine a questa pratica che comporta la perdita definitiva dell’umanità, che è il segnale di una crisi collettiva fatta di barbarie, fallimenti e paura. In questi tre decenni, i governi spesso hanno

vietato la tortura per legge ma l’hanno permessa nella pratica.

Su queste tematiche si è sviluppato il laboratorio tenuto dal gruppo giovani Amnesty di Pinerolo alla giornata autogestita del Liceo Porporato. Insieme ai ragazzi si è riflettuto sul significato della tortura, partendo da due casi particolari: Diaz (G8 di Genova del 2001) e Regeni. Inoltre proprio il 25 febbraio 2017 si è tenuta a Pinerolo una fiaccolata in ricordo di Giulio Regeni (a più di un anno dalla scomparsa la verità non è ancora venuta a galla), dove si è anche parlato del ruolo dell’Eni la quale, dati i buoni rapporti con le autorità, potrebbe stimolare il governo del Cairo a fare luce sull’uccisione di Regeni. Finché non ci sarà giustizia e trasparenza non dobbiamo chiudere gli occhi e girarci dall’altra parte: ringraziamo chi ha partecipato e ha fatto sentire la sua voce insieme a noi.

Giovani&Nuove tecnologie

di Greta Gontero

La Piaggio e l’automa Gita La Piaggio, nota casa motociclistica italiana, è sulla bocca di tutti in questi ultimi mesi grazie alla sua nuova creazione: Gita. Questo automa dalla forma tondeggiante che è in grado di trasportare fino a 20 chili di peso al suo interno… La sua particolarità? Viaggia in maniera completamente autonoma! Infatti il suo movimento è possibile in due maniere: o seguendo il proprietario ovunque egli vada, oppure ripercorrendo in solitaria un percorso preimpostato. La struttura consiste in una sorta di “carrellino” dotato di ruote laterali, il cui interno è cavo e può contenere oggetti di diverse dimensioni, dalla spesa ai carichi per le consegne. Gita può raggiungere la velocità di 35 chi-

lometri orari e questo fatto permette anche a chi è solito andare in bici di portare con sé, in qualunque momento della giornata, l’automa targato Piaggio. Progettato a Boston dalla Piaggio Fast Forward, che rientra nella sezione robotica della famosa azienda italiana, Gita rimane, al momento, soltanto un prototipo… Si spera possa essere messo in commercio presto affinché possa rendere più semplice e “leggera” la vita di molti di noi!


Il Passalibro

dal tempo

di Cristiano Roasio

Kent Haruf

Le nostre anime di notte Le nostre anime di notte non è un libro memorabile. Tutta la scrittura di Haruf (1943 - 2014) non è memorabile: è come se per lo scrittore americano, che potremmo inserire in quel filone carveriano del “minimalismo” sbocciato sulle ceneri di Hemingway e quasi in diretta opposizione a certa scrittura più contorta da Faulkner in poi, a voler proprio semplificare le cose al massimo, la lettura dovesse essere qualcosa di naturale, lineare e quasi inconsapevole, come respirare. Se da un lato abbiamo tutta una certa letteratura che non fa altro che analizzare come si respira (io la preferisco: capire il come rende possibile chiedersi il perchè; e poi i libri caotici sono più divertenti!), dall’altro Haruf ci chiede semplicemente di respirare. E questo, g r o s s o m o d o , riusciamo a farlo tutti. In due orette, il tempo di una passeggiata o di un film, in una manciata di minuscoli capitoli e pagine bianche si evolve la storia d’amore tra due settantenni: Addie chiede a Louis di dormire insieme a lei, lui risponde Sì e ben presto i due vedovi si incontrano sotto le coperte e parlano della loro vita, mano nella mano, antidoto reciproco alla solitudine. Fine. Certo, ci sono anche i paesani malpensanti, il nipote di lei da accudire, il contrasto coi figli, il sorgere del desiderio sessuale, il distacco, ma

il libro si concluderà con la ripresa dei dialoghi notturni, questa volta per telefono. Nella pacifica Holt, fittizia cittadina del Colorado e parco giochi dell’autore, tutto è calmo, dignitoso, venato da una patina di malinconia e l’amore dei due anziani è un semplice momento di condivisione tra due persone normali che hanno ricevuto, come tutti, grandi gioie e dolori devastanti. I libri di Kent Haruf sono stati riscoperti dalla piccola e neonata NN editore e questo è un altro tassello nel loro curatissimo catalogo. Le nostre anime di notte è un libro perfetto, adatto a tutti i lettori, un testo senza eccessive pretese, con una certa lieve urgenza di fondo dell’autore che, infatti, morirà poco dopo la conclusione: un testamento ideologico di pace e serenità, di lunghi discorsi sotto le stelle... insomma, con le parole di mia mamma - un libro non da te - . Nonostante ciò, il lettore ne esce decisamente rinfrancato, non riuscendo a dimenticare dei personaggi che apparentemente potrebbero scivolare dai nostri ricordi e perdersi nel passare dei giorni. Perchè non si riesce mai a smettere volontariamente di respirare. POSTSCRITTO: tutto questo parlar di respiro è necessario prima di immergerci, il mese prossimo, in un Mare Colossale e trattenere il fiato per oltre 1200 pagine con Horcynus Orca... se riuscirò a finirlo!

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Officine del suono

musica

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di Isidoro Concas

M usi c a emergente

Salamone Salamone è un cantautore siciliano. Dopo il tour di promozione per il suo primo album, Il Palliativo, sta per pubblicare il suo secondo disco, Pericoli e Ballate. Quello che tu fai nei tuoi pezzi è raccontare storie, scenari, personaggi, situazioni. Sono storie vere? Da dove trai l’ispirazione per scriverle? Nelle mie canzoni, proprio come in un racconto, si vuole sempre dire qualcosa. Spesso lo si fa attraverso dei personaggi, a volte in prima persona. Mi piace sempre scrivere delle cose dettate dal mio animo, dal mio vissuto e soprattutto dall’osservazione del mondo, in un intreccio tra declamazione, coscienza, rabbia, stupore. Lo faccio immergendomi totalmente in quello che voglio esprimere e che spesso esce fuori da solo, e come un Caronte traghetto i suggerimenti dati dall’ispirazione nel viaggio che poi vedrà nascere insieme alla musica, che fa da veicolo di tutto il brano, storie che a volte miscelo tra loro e che partono dalla realtà ma vanno verso l’invenzione, il gioco letterario, l’utopia o il sogno. Anche se siciliano, ora hai la tua base a Roma, e in più è un anno e mezzo che vai in tour. Tra poco uscirà il tuo prossimo disco: come pensi che queste esperienze abbiano modificato la tua scrittura? Sì sono siciliano e aggiungo DOC, perchè essere nato e cresciuto in questa stupenda isola è un contrassegno definitivo, costante, che ti porti dietro in qualsiasi posto tu vada. Da quasi tre anni sono fuori dalla Sicilia ma tutto il mio materiale musicale, le mie storie ed il mio stile si sono modellati li, anche se l’ispirazione e il retroterra culturale in cui sei inserito conferisce ai tuoi brani un’alea ogni volta diversa. Il mio nuovo album uscirà questo mese e a farne parte sono tutte storie nate giù a Palermo. Si respirano le strade, i personaggi, gli odori e tutte le contraddizioni che un porto di mare come il nostro si porta dentro. Ad ogni modo, il mio viaggio e quello dei miei compagni non può che essere veicolo di conoscenza ulteriore e di esperienze che non puoi fare stando sempre in un solo luogo; cosi anche il vivere, anche solo per qualche anno, fuori dalla propria terra. Con il Palliativo Tour ho girato gran parte dell’Italia e devo dirti che è una cosa davvero bella. Il fatto di far conoscere il tuo viaggio musicale a gente sempre diversa e spesso restare in contatto col tuo pubblico che diventa amico è un qualcosa che arricchisce un musicista e chi prova a

fare della sua arte motivo di vita. Quali sono state le tue avventure musicali prima del progetto solista? Ho sempre suonato e studiato musica, sin da bambino. Ho vissuto in una famiglia dove l’arte, la cultura in genere e poi per me la musica hanno sempre avuto un’importanza primaria. Scrivo canzoni, e non soltanto, dall’età di tredici anni e dopo degli studi non solo musicali - ho una laurea in legge - ho deciso di affinare ciò che nella musica e nella scrittura sapevo fare, ho abbandonato la carriera legale ed eccomi qui a parlare con te del mio progetto a cui sto dedicando la mia vita. In passato ho avuto varie band, ho suonato tantissimo in giro, penso di avere fatto circa settecento concerti. Ho sempre ascoltato buona musica e affinato le mie conoscenze, nella musica non mi sono fatto mancare nulla. Musicalmente, i tuoi arrangiamenti sono influenzati da diversi linguaggi: come li hai incontrati, e in che modo li fondi nel tuo scrivere? Come ti ho detto ho fatto tante esperienze nella musica e direi che da noi giù in Sicilia, che è considerata la culla della civiltà, sono passati un po’ tutti i popoli e credo che quasi magicamente ma in maniera tangibile abbiano lasciato una serie di suoni, di strutture ritmiche di evocazioni ancestrali e popolari che chi è sensibile riesce a captare. Come mi è capitato, si può tirare fuori queste influenze che spesso però travalicano anche i mari e gli oceani. Per me una base fondamentale è il blues, non solo come concetto musicale ma onnicomprensivo. In esso confluiscono poi le mie forse dieci anime musicali che si sposano tra loro senza troppa strategia. Il tuo è un progetto solista, ma vai in tour con una band: come ti rapporti a loro, come vivi il suonare qualcosa di “tuo” insieme ad altre persone? Il fatto di essere cosi contaminato naturalmente è dovuto anche al fatto di riuscire a prendere le energie che più ti interessano musicalmente e cercare di coinvolgerle all’interno del tuo mondo musicale, che se è fatto di così tante sfumature è merito anche del fatto di suonare insieme a molta gente, Il fattore umano poi non è irrilevante, spesso tra musicisti si suona assieme senza conoscersi, per me invece è fondamentale frequentare i miei compagni musicisti. Ho collaborato con molti bravi musicisti e credo che coinvolgere tante anime nel mio progetto sia una cosa importante.


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Tutto Bandi

documenti

A cura di Federica Crea

Mese di marzO 2017 BANDO

OGGETTO

ENTE PROMOTORE

Valorizzazione a rete delle risorse culturali urbane e territoriali

Promozione di iniziative alla messa in rete di beni culturali

Not&Sipari

Interventi a sostegno della musica, del teatro e della danza dal vivo

Salvaguardia del patrimonio artistico

Per favorire il restauro, la conoscenza , la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio artistico specificatamente riguardo ai beni mobili

Piccoli partenariati di collaborazione nello Sport

Opportunità di ideare, implementare e trasferire pratiche innovative in diversi settori in materia di sport e di attività fisica tra le diverse organizzazioni del settore.

http://ec.europa.eu/programmes/erasmusplus/opportunities-for-organisations/sport/ small-collaborative-partnerships_en

Key Action 3 - Dialogo tra i giovani e i decisori politici

I progetti di dialogo strutturato promuovono la partecipazione attiva dei giovani alla vita democratica in Europa e la loro interazione con i decisori politici

http://www.erasmusplus.it/giovani/dialogostrutturato/

#diamociunamano

Attività di volontariato in progetti di utilità sociale

Horizon 2020

Incentivi per progetti di ricerca e sviluppo in vari settori

Sostegno alle Start up innovative

Servizi di sostegno alle Start up innovative

Erasmus + Plus

Educazione formale e informale dei giovani

Stazioni ferroviarie in comodato gratuito

Riutilizzo delle stazioni per attività sociali

Fondazione Lonati, richieste libere

Sostegno a soggetti che operano in ambiti: Istruzione (formazione, istituzionale, minori) giovani, anziani, sanitario, ricerca, cultura, sociale

Alla ricerca di nuove idee!

Famiglia, Anziani, Disabilità, Nuove Povertà ed Inserimento Lavorativo

Sostegno all’Attività Istituzionale (SAI)

Sostegno al complesso delle attività di un ente e non già ad uno specifico progetto o iniziativa

SCADENZA

Compagnia di San Paolo

13/4/2017

Fondazione CRT

15/9/2017

Compagnia di San Paolo

15/06/2017

Commissione Europea

6/04/2017

Commissione Europea

4/10/2017

Ministero Lavoro/Politiche Sociali

01/02/2017

Unione Europea

31/12/2017

Regione Piemonte

31/12/2020

http://www.compagniadisanpaolo.it/ita/Bandie-scadenze/La-valorizzazione-a-rete-dellerisorse-culturali-urbane-e-territoriali http://www.fondazionecrt.it/ attivit%C3%A0/arte-e-cultura/2017note-e-sipari.html http://www.compagniadisanpaolo. it/ita/Bandi-e-scadenze/Bando-periniziative-di-restauro

www.lavoro.gov.it/AreaSociale/diamociunamano/Pages/default.aspx http://www.horizon2020news.it/work-program-2016-2017

www.regione.piemonte.it/notizie/piemonteinforma/diario/finanziamentiper-le-start-up-innovative.html

Agenzia Nazionale Giovani

http://ec.europa.eu/dgs/education_culture/ index_en.htm

2020

Ferrovie dello stato

Senza scadenza

Fondazione Lonati

Senza scadenza

Fondazione Cattolica Assicurazioni

senza scadenza

Compagnia di San Paolo

Senza scadenza

www.rfi.it/cms/v/index.jsp?vgnextoid=3aa298 af418ea110VgnVCM1000003f16f90aRCRD

http://www.fondazionelonati.it/presentaprogetto.asp http://www.fondazionecattolica.it/allaricerca-di-nuove-idee/

http://www.compagniadisanpaolo.it/ita/Contributi/SAI-Sostegno-all-Attivita-Istituzionale


Appunti di viaggio

mondo

di Angelica Pons e Mauro Beccaria

Al Bonatti

Cielo terso e neve da perdersi C’è da fare un po’ di strada per arrivare in tempo utile per una camminata in quota, in Val d’Aosta. Così si parte all’ora di pranzo, destinazione Courmayeur, Plan Pincieux in Val Ferret, parcheggio alla pista da fondo (3 km in piano), ciaspole ai piedi e via verso il Bonatti. Sciatori meno esperti da un lato, e schegge scattanti in mezzo al bosco rado di betulle, pini e larici. Una chiesetta e un centro di golf chiusi; incrociamo bikers con ruote da neve. Da Pian Sec a Lavachey, 1.640 m, sotto il Mont Dolent. Al nostro fianco il Dora di Ferret, che costeggia il lato nord est del massiccio del Monte Bianco. Il torrente ha un suono argentino, impronte di zampette vicino alle brevi sponde fanno immaginare animaletti che aspettano il buio per abbeverarsi. Sta quasi tramontando il sole quando iniziamo la salita sulle pendici della pineta. Tanta neve, il cielo celeste chiarissimo, il riverbero lattiginoso. Che pace! Raccolgo del bel lichene fresco per le terapie vocali di cui mi occupo: qui non c’è smog e siamo in alto. In cima alla salita si vede spuntare un panettone bianco enorme ed una punta proprio dietro. Finalmente il rifugio, dedicato a Walter Bonatti, 2050 m su una radura sopraelevata. Alle nostre spalle il Gigante, sull’orizzonte ovest brilla Venere. Cambiamo ciaspole e scarponi con le pantofole. Qui è caldo ed accogliente, molto curato, dotato di ogni comfort; ovunque foto del celebre alpinista: anche lui salì sul Licancabur, ma nel dopoguerra e dal lato difficile: il deserto di Atacama! Il giovane Remi si prodiga per noi e si barcamena con un gruppone di francesi venuti su per uno stage di scialpinismo.

Un’ottima cena, oltre le aspettative, una camerata tranquilla, condivisa con una coppia di inglesi. Ora il cielo si sta punteggiando di stelle. Usciamo per salutare Orione, Taurus e le Pleiadi. Il chiacchiericcio e le luci si spengono presto. Sveglia all’alba, colazione sostanziosa. Si sale sul “panettone” ancora intonso, solo tracce di zampettine: uccellini, marmotte, lepri, volpi, stambecchi, fino all’alpeggio Alpe Giué superiore, e poi a quello col nome del Colle del Malatrà a Nord, 2.930 m, una cresta rocciosa suggestiva e frastagliata; stesso nome ha il torrente ora “dolinato” sotto la neve; da una stalla semisepolta è visibile la freccia gialla della Alta via n. 1; si scende nel vallone: alle nostre spalle la punta Walker delle Grandes Jorasses (4.208 m il gruppo di cime granitiche a settentrione del Bianco); in altro a sinistra da cui si vede il passo del Malatrà (letteralmente “brutta strada”) a est, il sole ancora non è sorto e l’aria è molto fredda; ci dirigiamo a sud per vedere il panorama dall’alto, con un ampio ventaglio di punte tutte abbondantemente innevate dalle tante sfumature (spicca il dente del gigante 4.013, sporgente e roccioso). Penso ai cento nomi che danno i lapponi alla neve: qui una ventata di nostalgia per la loro terra, ma anche il grande orgoglio di avere sulla nostra delle montagne magnifiche: da loro è tutto collinette e ampli laghi gelati e fiumi percorribili. Siamo soli. Lo spettacolo è mozzafiato. Il sole sorge, ci scalda e accende milioni di stelle sui prati innevati.

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Gli Eventi di ONDA D’URTO

eventi

Serate di formazione politica

Una iniziativa di Onda d’Urto per i giovani del Pinerolese

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Sono amici di Pinerolo Indialogo.it e di Onda d’Urto24


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