Pineroloindialogo maggio2017

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Anno 8, Maggio 2017

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Pinerolo: 25/28 maggio La Notte delle Muse Martino Laurenti, assessore alla Cultura: “La Notte delle Muse” è un evento in più giorni per far conoscere i musei ai pinerolesi” Giulia Proietti, assessora all’Urbanistica: “Rivedremo il Piano Urbano del Traffico che risale al 1998”

Docenti universitari del Pinerolese /34, Francesca Valetti: “Pinerolo mi sembra migliorata rispetto al passato. Trovo però tristi i portici di sera”


Buone News A cura di Francesca Olocco

Alternanza scuola-lavoro ad Onda d’Urto

Una serata multiculturale e di gusto Negli scorsi editoriali si è parlato spesso della nostra città, Pinerolo, e dei suoi lati positivi così come di quelli negativi. Si è notato, ad esempio, come spesso i discorsi e i dibattiti che si ascoltano, le idee che circolano nei luoghi di ritrovo, talvolta dimostrino un eccesso di provincialismo. Si tratta di una tendenza che, forse, potrebbe essere in parte la causa dell’esodo di molti giovani verso spazi di più ampio respiro, a partire da Torino, ma anche verso altre nazioni e continenti. Allo stesso modo, è molto importante non dimenticare come questo piccolo agglomerato di persone e case possa riservare sprazzi di bellezza a chi voglia ancora coglierli: la passeggiata nel centro storico, la splendida vista dal piazzale di San Maurizio, le dolci colline e gli spazi verdi che offrono ai cittadini la possibilità di svolgere attività sportive e, infine, le numerose serate di carattere ludico e culturale che stanno via via prendendo piede, grazie a volonterosissimi organizzatori. Proprio a proposito di quest’ultimo punto, lo scorso sabato 22 aprile è successo qualcosa di molto bello. L’Associazione Culturale Onda d’Urto già da qualche mese stava pensando di organizzare una sorta di aperitivo a tema, un’occasione per riunire persone pronte a

incontrarsi, condividere, parlare e creare una rete di contatti e conoscenze. In seguito all’introduzione nel progetto di tre ragazze del Liceo Porporato e grazie al confronto con alcune associazioni e comunità locali, l’idea ha preso una piega molto interessante: si è deciso di proporre a tutti una serata multiculturale, all’insegna del gusto, durante la quale ognuno avrebbe potuto portare un piatto tipico della propria cultura. Il risultato, per noi, è stato davvero pazzesco. Innanzitutto per il numero dei partecipanti, che ha toccato il centinaio, e che ci ha fatto capire come una serata dedicata al divertimento, al gusto, ma anche all’accoglienza e all’integrazione, possa avere il suo piccolo successo e dimostrare così che anche Pinerolo sa vedere oltre le proprie frontiere, diventare ricca e multiculturale. Ma anche per le bellissime immagini davanti agli occhi di tutti, nate dal desiderio di comunicare: l’inglese impacciato che mette in contatto Finlandia e Nigeria, lo scambio di riso speziato dal Bangladesh con la crostata di frutti di bosco secondo la ricetta della nonna tedesca. Forse momenti come questi possono aiutarci a capire che non tutto è perduto, che una comunità, per quanto piccola, può continuare a crescere, ma soltanto se è disposta a guardare oltre, aprirsi alla novità, confrontarsi. Verrà accettata questa sfida?

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33 Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

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Pinerolo e la capacità di rinnovarsi C’era una volta la fabbrica: la Riv, la Beloit (oggi PMT), la Fiat Rivalta, la Indesit e altre decine di fabbriche dell’indotto che nel Pinerolese hanno garantito un benessere diffuso e servizi. Poi a partire dagli ultimi decenni del ‘900, con la crisi del manifatturiero, queste realtà si sono sempre più ridimensionate fino a lasciare oggi un territorio con un alto tasso di disoccupazione e con poche prospettive di futuro. Di fronte alla crisi dell’impresa manifatturiera non si è stati in grado di dar origine a un altro tipo di “fabbrica” magari fatta di piccole realtà come quella delle idee e delle start-up, dell’imprenditoria nei più svariati settori, da quelli tradizionali a quelli dell’innovazione, dello sport, della gastronomia, del turismo, ecc. Il Pinerolese alla crisi non ha saputo reagire con forza e diventare terra laboratorio per nuove opportunità. Prima o poi questa amministrazione dovrà porsi un obiettivo verso il quale andare, naturalmente dopo aver prima indagato e analizzato quel che c’è e ci può essere nel futuro di questo territorio, quali sono i problemi più urgenti da superare, quali le migliori risorse capaci di essere forza motrice. La crescita e la riconquista di un ruolo da leader nel territorio passano certamente dalla capacità di attrarre capitali d’impresa, ma anche – cosa forse più facile da realizzare - dall’essere attrattiva per manager, ricercatori, docenti universitari che sono alla ricerca di luoghi dove poter vivere meglio. Cioè di un luogo dove c’è un buon clima, dove si presta attenzione alla qualità della vita, al verde, al cibo, all’assistenza per i bambini, alla qualità dell’istruzione, alla sicurezza. Tutte cose alla portata della città. Già nell’Ottocento e nel primo Novecento il Pinerolese aveva questa forza attrattiva: si pensi alle varie ville dei funzionari sabaudi: Frezet, Facta, Prever, Turati, Porporato, ecc. Già ora vi è la presenza di un numero notevole di docenti universitari (una quarantina), anche di alto livello nei vari campi del sapere e della ricerca, bisogna cercare Antonio Denanni di collegarli alle attività produttive. PINEROLO / INDIALOGO.it .

Direttore Responsabile Antonio Denanni Collaborano: Emanuele Sacchetto, Alessia Moroni, Aurora Fusillo, Francesca Beltramo, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Federica Crea, Luca Barbagli, Greta Gontero, Alessandro Castiglia, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Anna Filippucci, Francesca Olocco, Isidoro Concas, Sara Nosenzo, Angelica Pons, Nicola Bianciotto Con la partecipazione di Elvio Fassone e Beppe Gamba

Indialogo.it, Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010 - Ed. Associazione Culturale Onda d’Urto Onlus redazione Tel. 0121397226 - E-mail: redazione@pineroloindialogo.it STAMPA: In proprio

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Buone News

una serata multiculturale e di cibo

Politica giovane young

intervista all’assessora giulia proietti

Vivere Pinerolo /3

piazza duomo, un luogo dove “si sta”

francesca valetti, biochimica

la città resiliente

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Eventi in città

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Docenti universitari /34

L’ambiente siamo noi

la notte delle muse

Vita internazionale

intervista ad Agustina vaccaro

conlorenzomargagliaegiandonatoapicella

la guerra ai narcos che piace a trump

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Serate di Laurea Dal mondo In Europa

la generazione erasmus ha 30 anni

Visibili & Invisibili

Una casa aperta

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Il Passalibro

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il ritorno

Officine del suono

Gli accordi disaccordi

Sociale & Volontariato

anapaca: “ambiente e salute 2017”

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Sport

è giunto il tempo di tirare le somme

Giovani & Ambiente

l’igiene in india

Viaggiare

in vietnam tra le terrazze

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Politica

Politica giovane young a cura di Antonio Denanni

Intervista/8: l’assessora all’Urbanistica Giulia Proietti

“Con il PUMS rivedremo il Piano Urbano del Traffico che risale al 1998”

«Il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS), che poche città hanno, prevede la pianificazione della mobilità di tutti (quindi pedoni, ciclisti, bus...) È una grande occasione per Pinerolo. L’obiettivo è di rendere la città più vivibile e accessibile a tutti» Giulia Proietti, trentenne assessora all’Urbanistica, fino a qualche giorno fa era l’ultima assessora ad avere le deleghe (ora l’assessore novello è Bachstadt). La sentiamo per fare il punto dell’amministrazione anche in questo settore. Incominciamo con il Piano Regolatore che è parametrato ancora, nonostante la variante ponte, per una città di 52.000 abitanti. Che cosa intende fare in proposito questa amministrazione? La variante generale del PRGC è stata inserita tra gli obiettivi di questa amministrazione e, se tutto va come previsto, l’affidamento dovrebbe essere dato per fine anno. Per ora stiamo correggendo errori e refusi che sono presenti sul PRGC vigente per poter, nell’attesa di un nuovo elaborato, offrire uno strumento completo e corretto. Stiamo portando avanti anche il Piano Particolareggiato della collina che verrà inserito all’interno del futuro PRGC per poter offrire un documento unico a chi dovrà consultarlo. Il lavoro è complesso perché, oltre l’adeguamento ai vincoli, alla normativa vigente dei piani sovracomunali e al PAI, ho anche chiesto di digitalizzare il tutto per una migliore e agevole lettura. Il dibattito sulle licenze urbanistiche da anni si è fossilizzato sull’edificabilità o meno dei prati sotto Monte Oliveto dimenticando altre zone. Quali sono i temi urbanistici di cui si parla meno e che meritano più attenzione? Altri temi su cui stiamo studiando una strategia sono quegli interventi che passano attraverso lo strumento della legge 106/2011 e permettono interventi in deroga a ciò che dice il PRGC, di fatto “drogandolo” e aumentando ulteriormente i 52.000 abitanti potenziali su cui il piano è progettato. Altro argomento a cui mettere dei confini (più) precisi è

la rigenerazione urbana: un altro tipo di intervento che prevede il recupero di aree dismesse. Spesso però non è chiaro a tutti (o comunque non si è allineati) su ciò che si intende per rigenerazione e non vorremmo che un intervento che utilizzi questo tipo di strumento, permetta di debellare totalmente o in gran parte la memoria storica del luogo. Per quanto riguarda invece il consumo di suolo in generale (non solo sotto Monte Oliveto), in più occasioni abbiamo espresso le nostre perplessità a continuare ad edificare aree vergini. Il PRGC vigente permette ancora l’edificabilità in molte aree ora “a verde” e noi ci dobbiamo attenere a ciò che esso dice; ci teniamo però molto a guardare e salvaguardare l’intorno sotto il punto di vista idrogeologico, di impermeabilità del suolo, di eventuali problematiche già presenti da migliorare PRIMA di fare il nuovo intervento, e non di concentrarci solo più sull’interno del lotto in questione. Circa l’edilizia libera da vincoli burocratici inutili, il Regolamento Comunale è stato adeguato al Testo Unico in materia o vi sono ancora incongruenze come è stato rilevato qualche tempo fa? Il regolamento non è stato ancora adeguato alle modifiche derivanti dal decreto detto “scia 2”, anche perché stiamo attendendo che la Regione disponga quali sono le modifiche in merito; l’adeguamento regionale dovrebbe avvenire, secondo le tempistiche di legge, entro giugno. Lei è coordinatrice del PUMS, ci spiega cos’è? Il PUMS è il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile. E’ un piano di cui sono dotate pochissime città italiane (perchè piuttosto recente) che prevede la pianificazione della mobilità di tutti (dal pedone,

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“La variante generale del PRGC è stata inserita tra gli obiettivi di questa amministrazione” quindi i marciapiedi, alle piste ciclabili, ai bus....) con un occhio particolare alla sostenibilità. Sarò io a coordinare il team in cui saranno presenti anche l’ufficio Lavori Pubblici e la Polizia Municipale, dato che è un elaborato complesso su cui ognuno dovrà dare le direttive a seconda della propria competenza. E’ una grande occasione per Pinerolo perché l’ultimo Piano Urbano del Traffico risale al 1998 e oggi ci sono esigenze diverse di spostarsi. Avremo l’opportunità di studiare un serio riassetto della viabilità di tutto il territorio proponendo possibili zone a traffico limitato e pedonalizzazioni di aree del centro storico. L’obiettivo è rendere la città più vivibile e accessibile a tutti. L’affidamento è previsto tra qualche mese. Parliamo di piste ciclabili in centro città. Ci sono già dei progetti concreti e quali sono? C’è uno studio di fattibilità che presenta una rete di piste e percorsi ciclabili esistenti e in progetto su tutta la Città di Pinerolo. Il tema “piste ciclabili” è delicato perchè deve essere fatto con una progettazione approfondita (non si tratta solo di tirare delle linee, ma di integrarle con la viabilità esistente; in un tessuto esistente e fitto come il nostro, non è così scontato ricavare una pista ciclabile in sicurezza e che abbia un percorso lineare e chiaro per chi l’utilizza). Il PUMS sicuramente ci aiuterà in questo. Con il Salva Ciclisti stiamo portando a completamento il percorso ciclabile che dall’Ospedale arriva al Centro studi: è già impostato ma mancano alcune accortezze (cartellonistica, segnaletica orizzontale e gradini ancora presenti) affinchè sia interamente usufruibile. Durante la precedente amministrazione è stata avanzata una richiesta di passaggio di alcune aree produttive ad aree di tipo terziario-commerciale. Su questo voi come intendete muovervi? Su tutte le richieste tendiamo a valutare la proposta. Ogni caso è da studiare e valutare. La nostra priorità comunque resta e resterà sempre quella di tutelare il commercio in centro città e l’apertura di strutture che consentano il commercio in zone periferiche non vanno in questa direzione. Ci dice una parola sulla caserma Bochard. Che cosa intende fare questa amministrazione? Il patrimonio dell’ente non è una delega che ho io, quindi non mi esprimo in merito. All’interno del gruppo il dibattito è presente ma non sono io che vi posso dare dettagli dell’argomento. Parliamo della riqualificazione del già edificato, in particolare del centro storico e dei beni di proprietà comunale, ci sono delle strategie su questo fronte? Riguardo ai beni del comune, rimando la risposta

come sopra; per quanto riguarda invece il resto, stiamo agendo su diversi fronti che riguardano più i regolamenti e pagamento di oneri e monetizzazioni: a breve passerà in giunta una delibera sulle monetizzazioni che agevolerà parecchio gli interventi del centro storico; un altro regolamento che vorremmo modificare è quello dei dehors per dare un’omogeneità ed un “ordine estetico”. Se la Regione pubblicherà il bando riguardante i Percorsi Urbani del Commercio, siamo pronti per presentare un progetto di sostegno agli operatori commerciali: la stiamo tenendo d’occhio. Lei ha anche la delega all’ambiente. È al corrente del fatto che da anni si cerca di adottare il Regolamento Comunale Gestione Rifiuti approvato dall’Assemblea ACEA nel 2008, che permetterebbe un miglior controllo del corretto smaltimento dei rifiuti nei vari eco-punti, con sanzioni per i trasgressori, anche da parte dei volontari ecologici? Ma ad oggi non si è riusciti a far niente. Lei cosa intende fare? La delega dei rifiuti ce l’ha (fortunatamente) il Sindaco. Per quanto riguarda l’ambiente (di cui ho la delega da pochissime settimane), vorrei aggiungere i punti di distribuzione acqua in più parti della città visto che quello presente è molto utilizzato. Con alcuni assessori di comuni della Città metropolitana, invece, ci stiamo confrontando per scrivere linee guida per un piano di qualità dell’aria. Per finire ci racconta a che punto è la mappatura delle barriere architettoniche in città realizzata con gli studenti delle scuole superiori e soprattutto a che sbocchi operativi porterà? La mappatura delle barriere architettoniche sta procedendo e, ad ora, hanno fatto il rilievo sul campo il liceo Porporato e il Porro. Il Buniva è stato il capofila del progetto prendendosi a carico anche la restituzione su google di tutti i sopralluoghi e formando sul campo gli studenti degli altri istituti. C’è stata un’ottima risposta da parte di tutti. Questa mappa sarà al servizio di tutti quelli che vorranno usufruirne per capire quale percorso è meglio prendere per non imbattersi in barriere che limitano la mobillità. Ci sarà anche la possibilità di avere il supporto cartaceo per chi lo preferirà. Sarà ovviamente cura del comune appianare le barriere, ma questo obiettivo riguarda noi amministratori.

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in citt À

Vivere Pinerolo/ 3

6 6 di Remo Gilli

Una rivisitazione giovane della città

Piazza Duomo, una piazza dove non si fa nulla, dove semplicemente “si sta” «I portici donano un effetto “chiostro” a questo luogo, quasi magico quando non c’è nessuno» Sarebbe davvero troppo scontato iniziare a parlare della piazza del Duomo di Pinerolo partendo proprio dal duomo di San Donato. Invece no, questo articolo non inizia così. Piuttosto, inizia con un cielo terso, il sole caldo delle dieci del mattino e una panchina. Quella esattamente opposta alla cattedrale, completamente esposta alla luce a quell’ora del giorno. Sono lì, con il registratore e il solito quaderno per prendere appunti, in attesa che succeda qualcosa, non saprei dire cosa. È sabato, e la città si sta risvegliando nella leggera frenesia del mercato. Un evento, quello del fine settimana, più mondano che mercatale. La gente affolla piazza Fontana già dalle nove, circondando i banchi dei vestiti e dei salumi nel vociare generale. Mentre tutto questo accade a poche centinaia di metri di distanza, in piazza del Duomo tutto tace. Sono venuto qui anche ieri sera, assieme ad alcuni ex compagni del liceo, per bere uno spritz in un locale che dà sulla piazza. Pensavo che sarebbe stato carino prendere nota dell’atmosfera che si crea la sera, qui. Mi sbagliavo. Mi sono subito reso conto che in quelle condizioni le persone non vivevano affatto la piazza, anzi. Per loro era totalmente indifferente dove fossero, quanto piuttosto con chi e a fare cosa. Insomma: con gli amici a divertirsi. E nessuno che anche solo guardasse la piazza. Mi sono così rassegnato all’idea di tornare all’indomani mattina – e di godermi lo spritz in pace senza il taccuino, sai che rassegnazione – per lavorare all’articolo. Quando sono arrivato, sono subito stato colpito dal silenzio. Quando una piazza è silenziosa, di giorno, può significare soltanto due cose: o si tratta di un parcheggio, oppure è una piazza antica, nel senso che fa parte del centro storico della città più che della città “viva”, quella rumorosa che assedia i banchi del mercato, i

portici e i negozi durante la settimana. È questo il caso di piazza del Duomo. I tavoli apparecchiati dei bar su entrambi i lati dello spiazzo davanti alla cattedrale indicano che quello è un posto in cui non si fa nulla, semplicemente “si sta”. In effetti è così. I compagni di questa mia esperienza sono due vecchietti sulla panchina alla mia sinistra e tre ragazzine su quella alla mia destra. Dovrebbero essere a scuola, ma a Pinerolo si bigia forte e questo è un fatto. Oggi avrei bigiato anch’io, credo, perché le giornate di fine aprile sono invitanti, una promessa d’estate quando l’aria è ancora fredda ma i raggi del sole scaldano già. La gente passeggia per la piazza con addosso giacche invernali aperte, segno dell’indecisione nella scelta dell’abbigliamento tipica del periodo, ognuno con una missione diversa per questo sabato mattina. Chi va al mercato, chi passeggia, chi altri porta i figli in bicicletta per la città. Un bimbo in particolare usa ancora le rotelle. Entra nella piazza urlando felice, facendo un chiasso che lì per lì urta la pace degli astanti, me compreso. Prima che arrivasse, il silenzio regnava sovrano sulla piazza, rotto ogni tanto da un clacson lontano o dalle chiacchiere di qualche passante. Adesso, invece, è una festa. Quel bimbo è andato diritto dalle ragazzine, che ora tessono le lodi per quel bimbo così bello e così caro. I due nonni ridono sottovoce gustandosi la scena dall’altra panchina e io non posso fare a meno di ridere a mia volta. Un siparietto utile, che in qualche modo ha aperto le danze e rotto il ghiaccio. La mamma richiama il bambino per continuare il loro giro, e lui la raggiunge in fretta smettendo di giocare con le tre ragazze. Ormai, però, qualcosa si è mosso. Sembrano esserci due gradi in più nell’aria. I vecchietti si sono alzati per andare a


«All’interno del Duomo un quadro di Rubens del XVI sec. che mi ha colpito, La cacciata degli angeli ribelli»

fare due passi, lasciando il posto a un signore sulla quarantina con due bambini al seguito, e le ragazze hanno messo la musica dai loro cellulari. Ascoltano la Dark Polo Gang, un gruppo che adesso è molto in voga tra i giovani, difficile da descrivere a chi non lo conosce. Sono le dieci e mezza, e il campanile mi ricorda che dovrei, in questo articolo, parlare anche del duomo che ho davanti. Ieri sera uno dei miei amici mi ha detto che, secondo lui, il duomo di Pinerolo “è un po’ insulso”. Lui è un pinerolese doc, anche se non proprio un critico d’arte. Mi ha colpito però il suo punto di vista. In effetti, non stiamo parlando di un luogo così celebrato dai pinerolesi, almeno non nelle sfere che frequento io. Eppure la cattedrale di San Donato è un edificio storico e importante a livello artistico. Poggia sulle fondamenta di una chiesa romanica risalente al X secolo e porta in sé le tracce di diversi stili, dal gotico al barocco. Personalmente apprezzo di più l’interno del duomo, con le sue tre navate e gli affreschi sui pilastri e sulle volte. Sempre all’interno si può trovare un quadro di Pieter Paul Rubens, La cacciata degli angeli ribelli, risalente al XVI secolo, suggestivo e inquietante allo stesso tempo. Consiglio di entrare, se non lo si è mai fatto. Quello qui sopra è “un compitino”, un atto dovuto in questo articolo, ma la realtà è che i pinerolesi quasi non ci fanno caso. Certo, i turisti si fermano davanti al cartello informativo, scattano qualche foto e magari entrano pure per ammirare gli affreschi, ma gli indigeni di Pinerolo ne sono alquanto indifferenti. Persino a me, che pur vengo da fuori ma che ho vissuto per anni questa città, colpiscono di più i palazzi antichi che costeggiano la piazza che il duomo. Sembrano le case che si

possono vedere ad Amsterdam – e suppongo anche nel resto d’Olanda – alte e strette, tutte colorate anche se sbiadite. I portici sotto di esse donano un effetto “chiostro” a questo luogo, quasi magico quando non c’è nessuno. Man mano che il tempo passa, però, la piazza si riempie. Lentamente, vedo spuntare famiglie, coppie e coppiette, gente affaccendata e gruppetti di amici in cerca di un bar per fare colazione. Il vociare aumenta, i bambini si moltiplicano, le biciclette fioccano per le vie del centro storico. Spunta anche un pallone. Non serve dire che, in un attimo, una panchina diventa la porta di un campo immaginario, e io mi ritrovo ad essere spettatore non pagante sugli spalti. La musica della Dark Polo Gang fa da sfondo a questa gara, un papà si è unito ai bimbi per tirare due calci al pallone e tutti – davvero tutti – stanno guardando verso il centro della piazza. Da quattro che eravamo, ora saremo più di trenta persone, pargoli compresi. Un fantastico casino di voci, risate e pallonate. Spengo divertito il registratore e metto il quaderno nello zaino, vale la pena guardare la partita senza prendere appunti. Finisce 8 a 7, anche se secondo me la squadra col papà ha barato, tra le proteste della squadrasenza-papà. I genitori richiamano i figli per andare via, e lo stormo di bimbi si disperde in due secondi. Faccio per andarmene anch’io, ma poi sento il bisogno di fermarmi a guardare ancora tutte quelle persone intente a far nulla, se non a stare. Credo sia uno spettacolo umano meraviglioso. Costeggio la cattedrale, attraverso piazza Facta e da lì raggiungo la stazione. Il mercato è nel pieno del suo rumore, il sole continua a splendere e - sono sicuro - in piazza del Duomo la gente continua a stare. Bene.

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incontri

Città & Università /33

88 a cura di Antonio Denanni

Francesca Valetti, Biochimica

«Mi piace sempre molto la collina di Pinerolo, ma i portici la sera sono tristi» Ci parla di sè e del suo lavoro in università? Ho 47 anni, sono sposata e ho due figli. Sono una ricercatrice dell’Università di Torino e dal 1999 lavoro presso il Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi. Mi sono laureata in scienze biologiche e ho fatto il dottorato in Chimica delle proteine a Torino e poi ho trascorso due anni di post-dottorato a Londra all’Imperial College. Faccio parte del gruppo di ricerca di Biochimica strutturale e funzionale, coordinato dal prof. Gilardi, che si occupa di biochimica delle proteine. Insegno biochimica e metodi di studio delle proteine nei corsi triennali di Scienze biologiche, Chimica e Biotecnologie e in un corso magistrale di chimica e enzimologia nella Laurea magistrale di Biotecnologie Industriali. Cerco anche, con l’aiuto di dottorandi, assegnisti e tesisti, di lavorare in laboratorio per seguire i progetti di ricerca che vengono finanziati da fondi regionali, nazionali e EU…anche se il finanziamento alla ricerca in Italia è sempre più problematico. Di che cosa si occupa primariamente la sua disciplina? La ricerca del gruppo a cui appartengo ha come fine lo studio di proteine enzimatiche ossia capaci di far avvenire più velocemente una reazione chimica, esattamente come fa un catalizzatore. I catalizzatori biochimici, gli enzimi, sono particolarmente efficienti, in alcuni casi permettono alla reazione di avvenire con la massima velocità possibile:

per fare un esempio gli enzimi che sto studiando attualmente sono capaci di far avvenire la reazione almeno 3000 volte in un secondo, ma possono arrivare anche a 10000 reazioni al secondo. Naturalmente un altro vantaggio è che questi catalizzatori sono, per definizione, bio – compatibili. Quindi permettono di far avvenire le reazioni a temperature relativamente basse (30° C) e senza usare acidi o reagenti tossici: molto meglio per l’ambiente. In particolare io sto studiando enzimi che permettono di produrre bio – idrogeno a partire da materiale di scarto. Ma mi interessano anche altri enzimi che consentono di convertire molecole tossiche in molecole utili. Per esempio stiamo studiando un enzima che permetterebbe di produrre un nylon “bio” che invece di impiegare derivati del petrolio riciclerebbe scarti e la cui produzione inquinerebbe meno e comporterebbe un minore rilascio in atmosfera di gas serra: un approccio di quella che si chiama “chimica verde”. Di docenti pinerolesi della sua materia ne abbiamo individuato almeno 4-5. Si direbbe una grande passione locale per la chimica. Dove sta il fascino o l’attrattiva di questa materia? Per me il fascino sta nello scoprire il meccanismo chimico che permette ad una cosa sofisticata come la vita dI funzionare fino ai livelli più complessi. In realtà io studio spesso i meccanismi biochimici di funzionamento di batteri


«Mi interessa la produzione di biocombustibili da materiale di scarto. L’Acea ha un impianto all’avanguardia»9 relativamente semplici ma in realtà è affascinante constatare come anche a quel livello la definizione di “semplice” sia del tutto inappropriata...E’ chiaro che a me interessa la chimica della vita. Sono stata indecisa tra biologia e chimica quando ho scelto il corso di studi…ma era la biochimica che volevo studiare. Ci si può arrivare da entrambi i percorsi e sempre di più i miei colleghi chimici si avvicinano alla catalisi biologica e i biologi studiano la chimica e usano strumenti chimici. I laureati in Chimica (o Scienze biologiche) oggi hanno una buona possibilità di impiego? Oggi la necessità di trovare soluzioni nuove per gestire l’ambiente e proporre uno sviluppo sostenibile richiede competenze biologiche e chimiche. Vedo molti ragazzi motivati che hanno ottime chances di proporsi sul mercato del lavoro. Spesso però trovano più facilmente all’estero. Questo è sicuramente un bene per loro ma non per l’Italia che perde davvero ottimi ricercatori. L’etica ha un peso nell’ambito della sua disciplina? La ricerca in biochimica e l’applicazione sull’uomo e sull’ambiente non è sempre stata positiva... Sicuramente è importante tenere bene a mente che la ricerca deve essere una risorsa per migliorare la qualità della vita. Purtroppo i finanziamenti alla ricerca spesso dettano le linee da seguire e non sempre sono quelle etiche… talvolta il fattore economico predomina. Per fortuna nel settore che mi interessa, ossia la biochimica al servizio della tutela dell’ambiente e della bioenergetica (ossia produzione di biocombustibili da fonti rinnovabili), si assiste ad una convergenza tra motivazioni di sostenibilità economica e di rispetto e tutela dell’ambiente. È però importante ricordare che etica è anche fare ricerca con la passione e la curiosità che muove ogni ricercatore ma con in mente una finalità che non sia solo personale, di autoaffermazione, ma collettiva, di valenza applicativa. È quello che cerchiamo di fare… Quali sono le frontiere su cui si sta lavorando adesso in questo campo? Come le dicevo mi interessa la produzione di biocombustibili da materiale di scarto. Il

bioidrogeno per esempio è un combustibile pulito che bruciato non genera anidride carbonica e che si può ottenere dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani. Si ottiene biogas ma si può ricavare prima bioidrogeno. La biochimica può essere utile per ottimizzare il processo. A Pinerolo avete l’ACEA che ha un impianto all’avanguardia a livello europeo e che ha fatto ricerche su impianti pilota proprio sul bioidrogeno. Anzi, spero a breve di poter partecipare a una proposta di progetto in collaborazione. Parliamo di Pinerolo, sua città natale, pur abitando ora a Torino. Ci viene spesso? Che impressioni ha? A Pinerolo vengo spesso a trovare parenti e amici. Mi sembra molto migliorata rispetto al passato. Sicuramente ha una dimensione più vivibile di Torino per molti aspetti, anche se personalmente preferisco la grande città. Di Pinerolo, che cosa le piace e che cosa non le piace o la disturba? Mi piace sempre molto la collina e quando riesco torno a visitare S. Maurizio. Per me è un luogo dell’infanzia. Trovo sempre un po’ tristi i portici di corso Torino la sera. E del centro storico, che cosa ne pensa? È valorizzato, trascurato, sottovalutato... Il centro storico è molto bello ora. Sicuramente migliorato tantissimo negli ultimi anni. Forse andrebbe ulteriormente vissuto. Una ricchezza o potenzialità di questa città che a suo parere è sottovalutata e un’idea o proposta per rilanciare questa città in crisi? Mi stupisce sempre il confronto PineroloSaluzzo. Credo che Pinerolo potrebbe diventare vivace come Saluzzo, non riesco a spiegarmi perché, già da quando ero giovane, i locali di Saluzzo sembrassero più frequentati e la dimensione turistica più sfruttata: credo che Pinerolo potrebbe competere alla pari. Poi, credo per deformazione professionale, vista l’eccellenza della filiera di recupero rifiuti di ACEA punterei sullo sviluppo di attività imprenditoriali che propongono riciclo e economia circolare come alternativa per lo sviluppo sostenibile.


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L’ambiente siamo noi di Beppe Gamba

La città resiliente Si affacciano periodicamente nel dibattito pubblico proposte innovative per il governo delle città. Dopo le città “a misura di bambini e bambine”, le “città sostenibili” e le “Smart Cities” (le città intelligenti”), è ora la volta delle Città Resilienti. La resilienza è la proprietà di alcuni materiali di rispondere alle sollecitazioni adattandosi e modificandosi senza perdere le loro qualità. Al contrario, la resistenza indica la capacità di opporsi e di non farsi influenzare dalle pressioni fino al fatidico “punto di rottura”. Come può una città essere resiliente? A quali sollecitazioni deve rispondere? Oltre la metà degli abitanti del pianeta (7,5 miliardi) vive oggi nelle città, entro la fine del secolo i cittadini saranno l’80% di una popolazione che avrà superato i 10 miliardi. L’inurbamento di crescenti masse di contadini, migranti e rifugiati ambientali o in fuga da guerre e carestie sarà una grande pressione per le città. L’instabilità del clima e l’innalzamento delle temperature medie esporranno le aree urbane a eventi meteorologici estremi sempre più frequenti, come gli uragani e le “bombe d’acqua” che già oggi moltiplicano i disastri idro-geologici. Urgente sarà il bisogno di coibentare e climatizzare gli edifici contro le ondate di calore. L’aumento della popolazione acuisce inoltre la domanda di servizi di base: approvvigionamento di energia, acqua potabile e cibo sano, smaltimento e riciclo pulito dei rifiuti, allontanamento e depurazione degli scarichi fognari. Aumenteranno anche le necessità di mobilità e trasporto che, per evitare ulteriore congestione e inquinamento, dovranno basarsi su sistemi di trasporto ecologici. Alcune città stanno affrontando queste sfide con strategie di adattamento e mitigazione tese a sfruttare anche le opportunità che si

offrono per migliorare la qualità della vita urbana, per creare nuova occupazione e sviluppo economico “green”. Barcellona, Copenaghen e Amsterdam reagiscono ai rischi degli eventi meteo estremi e quelli dell’innalzamento del mare, con vasti interventi di de-impermeabilizzazione dei suoli, l’ampliamento delle aree verdi, la realizzazione di ampi bacini e serbatoi per la raccolta delle acque, utili a rallentarne il deflusso e a destinarle ad usi non potabili. Chicago e alcune città europee hanno lanciato piani per dotare gli edifici di tetti e pareti verdi in grado di migliorare la climatizzazione degli edifici e rallentare il deflusso delle acque piovane. Altre città hanno rivisto i loro strumenti urbanistici per ridurre le superfici impermeabili, incrementare il verde e contrastare le “isole di calore”, investendo anche in trasporti pubblici e mobilità pedonale e ciclabile. Nel corso di un recente dibattito a Pinerolo ci siamo interrogati su quali misure dovrebbe adottare la nostra città per essere resiliente. Non si tratta solo di ricorrere a tecnologie innovative a basso impatto ma soprattutto di coinvolgerci tutti in comportamenti sostenibili nel lungo periodo. Il prossimo piano regolatore dovrà contrastare seriamente il consumo di suolo, estendere le aree verdi anche per uso agricolo e orticolo, facilitare e incentivare, anche con misure non economiche, la diffusa riqualificazione degli edifici. Un piano strutturale che contempli sistemi di raccolta, laminazione e deflusso delle acque di pioggia per evitare casi di allagamento ripetuti come quelli di Via Martiri del XXI. Per una mobilità più efficiente e meno inquinante andrebbe ripreso seriamente in considerazione l’organico quadro di proposte dell’Associazione Salvaciclisti che non riguardavano solo gli amanti della bicicletta, ma prefiguravano già una città più resiliente.

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società

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Eventi in città di Redazione Eventi Culturali

La Notte delle Muse - l’assessore M.Laurenti:

“Un evento per far conoscere i musei” Come è nata l’idea della Notte delle muse? Direi in due modi. Anzitutto guardando a quello che succede nei musei di mezza Europa, dove l’esperienza delle “notti dei musei” è una realtà consolidata. Quando vivevo a Parigi la “nuit européenne des musées” di fine maggio era un appuntamento fisso che coinvolgeva tutti i musei parigini, da quelli più celebri a quelli più piccoli. Perciò questo era un obiettivo che ci eravamo posti fin da subito, nell’elaborazione del nostro programma: quando parlavamo di “internazionalizzazione” intendevamo anche questo, e cioè portare a Pinerolo una serie di esperienze che per noi sono novità ma che in Europa sono consuetudine. In secondo luogo, l’idea si è consolidata quando nei primissimi mesi del mio assessorato ho avuto modo di conoscere meglio tutti i musei cittadini. Sono rimasto letteralmente sbalordito dalla ricchezza del patrimonio artistico, storico e culturale che conservano e soprattutto dal fatto che pochi pinerolesi lo conoscono! Perciò abbiamo realizzato che era venuto il momento di riaccendere i riflettori su questo patrimonio. È solo un “open night” o anche un “open day”? E’ tutte e due le cose. In realtà parliamo della Notte delle Muse, al singolare, ma si tratta di una quattro giorni che prevede due anteprime il giovedì e venerdì pomeriggio, il clou nel pomeriggio e notte del sabato, dove c’è davvero l’imbarazzo della scelta fra gli eventi da seguire, e infine l’intera giornata della domenica. I musei saranno aperti praticamente tutto il sabato giorno e notte, con una piccola pausa notturna per permettere alle guide e ai gestori di riprendere le energie per la domenica, che vedrà un’apertura ad orario continuato e soprattutto la ciclo-caccia al tesoro: tutti in bicicletta a scoprire (e giocare) i tesori nascosti dei musei. Che obiettivi si pone? L’idea è semplice: aprire i musei alla Città, invadere le sale con arte, musica, giochi, performances e invogliare così il pubblico a vivere i musei con una modalità diversa, forse più interattiva, giocosa e certamente stimolante. Per questo il programma prevede un mix di eventi per tutti i gusti: si va dagli incontri con esperti museologi alle performances

dentro i musei; dai momenti di gioco alle visite animate, dalla musica al teatro. L’idea insomma è di riaccendere i riflettori su questo patrimonio e invogliare i cittadini a riappropriarsi di un patrimonio che è davvero di tutti. Noi crediamo davvero in questo: il patrimonio artistico, culturale e storico conservato nei musei cittadini appartiene ad una comunità. Quali sono le iniziative e gli enti che parteciperanno? Le iniziative sono molte, è davvero difficile riassumerle in poche righe. In generale, la filosofia che ci ha guidati nella programmazione è stata quella di abbinare ad ogni museo un evento “a tema”, legato cioè alle tematiche e all’identità del museo che ospiterà l’evento. Ciascuno poi ha interpretato a proprio modo questa sua identità: chi si è buttato sul teatro, chi sulla musica, chi sulla contemporaneità, chi sul gioco, chi sulla performance. C’è poi una novità assoluta: l’abbinamento fra La Notte delle Muse e la storica manifestazione Pensieri in Piazza, che porterà un ciclo di incontri sul tema dell’arte e dei musei con ospiti internazionali e di altissimo livello. In tutta sincerità sono particolarmente contento di come si è sviluppata la sinergia fra tutti i soggetti che organizzano la manifestazione. La Notte delle Muse mette insieme non solo i musei (civici e non civici) di Pinerolo, ma anche scuole, associazioni, gruppi informali, imprenditori locali. Coinvolge davvero un po’ tutti. Forse è anche per questo che la Fondazione CRT ha intuito le potenzialità della manifestazione e ha deciso di dare un sostegno economico importante. È una kermesse che vuole raccontare l’arte contemporanea pinerolese o c’è anche un riferimento al mondo classico? In realtà racconta il sentimento dell’uomo, la bellezza e la profondità dell’anima umana. Si chiama “Notte delle Muse”, con una chiara allusione alle divinità greche delle arti, perché è a queste che ci riferiamo quando usiamo la parola “museo”. Dopodiché le muse ci parlano del nostro essere umani. Il linguaggio che usano può essere quello del mondo classico o quello dell’arte contemporanea, poco importa: purché si parli dell’essere umano e della sua capacità di meravigliarsi di fronte al mondo.


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così per il mondo

Vita internazionale

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di Alessia Moroni

Intervista ad Agustina Vaccaro

In Inghilterra con Neurofisiopatologia Agustina ha 24 anni, si è laureata nel 2015 ed ora lavora in Inghilterra. In questa intervista ci racconta la sua esperienza: dalla ricerca del lavoro in Italia alla soddisfazione di sentirsi realizzata nella propria professione. Qual è la tua formazione accademica? Mi sono sempre interessate le professioni sanitarie, prima tra tutte Fisioterapia. Cercando delle alternative ho scoperto Tecniche di Neurofisiopatologia, a cui ho avuto accesso dopo il test d’ammissione. Avevo idea di riprovare il test per Fisioterapia l’anno successivo, ma finito il primo anno ho voluto continuare perché mi piaceva molto. Che cosa ti ha spinta a partire? Dopo la laurea ho provato a cercare lavoro a Pinerolo e dintorni. Passavo giornate intere a mandare curriculum senza ricevere mai risposta. Mi è sempre piaciuta l’idea di fare un’esperienza all’estero, quindi ho preso coraggio e ho deciso di ampliare i criteri di ricerca! Ho scelto l’Inghilterra principalmente per la lingua: ho un livello di inglese abbastanza buono, quindi l’idea di partire mi ha intimorita un po’ meno. Un’altra ragione è che il sistema sanitario qui funziona molto bene e ci sono ottime possibilità di lavoro. Sei soddisfatta della tua scelta? Come ti trovi?

Al momento mi trovo bene. Sono qui da più di un anno e ho trovato una certa quotidianità. Ovviamente non è facile stare lontano da casa ma dopo la fatica iniziale ora mi sono abituata. Inizialmente è stato complicato dover “calibrare” il cervello all’inglese, soprattutto dopo tutto il tirocinio fatto a Torino! All’inizio, finito il turno, mi sembrava di dover resettare il cervello per poter parlare con amici e famiglia. Ora sono più allenata e riesco a fare il cambio abbastanza velocemente. Qualche errore mi scappa sempre, in tutte le lingue, però riesco a farmi capire da tutti! Sembra che tutto proceda per il meglio. Quali sono i tuoi obbiettivi futuri? Hai intenzione di rimanere all’estero? Questa è una bella domanda, piacerebbe anche a me sapere la risposta! Da una parte l’idea di tornare in Italia c’è sempre, nessun posto è come casa. Purtroppo però le possibilità lavorative, soprattutto in sanità, sono molto scarse al momento. In un certo senso spero che questa esperienza mi permetta in futuro di poter trovare lavoro anche in Italia. D’altra parte, il modo in cui lavorano qui mi piace tanto e devo ammettere che l’idea di cambiare ambiente mi spaventa un po’. Per il momento mi sto trovando bene, quindi ci ripenserò tra qualche mese!


società

Serate di Laurea Serate a cura di Francesca Olocco

Serata con Lorenzo Margaglia e Giandonato Apicella

Deserti giudiziari. Piano di recupero delle “Ex Caserme Bricherasio” Lo scorso appuntamento con Serate di Laurea si è svolto venerdì 21 aprile nelle sale di Onda d’Urto e ha visto relatori Lorenzo Margaglia, laureato in Architettura per il progetto sostenibile, e Giandonato Apicella, laureato in Architettura Costruzione Città. Una piccola novità ha però caratterizzato questa edizione: i due ragazzi hanno infatti presentato una tesi condivisa dal tema fortemente interessante e centrale per la nostra città. Hanno infatti parlato dell’ex Tribunale di Pinerolo, svolgendo un’analisi accurata degli spazi ormai lasciati vuoti e portando avanti nuove proposte di riqualificazione e utilizzo. Anche grazie alla presenza e allo scambio di opinioni con alcuni Assessori e il Sindaco, numerosi sono stati gli spunti su cui riflettere e discutere. Le parole dei due relatori: «I deserti giudiziari sono qui intesi come “vuoti urbani”, il deserto che meglio esprime il concetto di vuoto di emarginazione. I “vuoti urbani” si inseriscono tra i quartieri, senza una logica formale, in un crescendo cui non si sa porre rimedio. Partire dalla classificazione dei beni dismessi è un opportuno inizio di riflessione al fine della valorizzazione degli stessi. Il tema dei “vuoti urbani” ci induce ad alcune importanti ragionamenti sulla conformazione della città.

In primo luogo, nell’elaborato di tesi si pone l’accento sul destino del centro storico più nello specifico in riferimento al comune di Pinerolo (TO), tema che torna insistentemente nel pensiero contemporaneo. Più nello specifico, si osserva come diretta conseguenza una perdita di un punto di riferimento, legato ad uno “svuotamento” del centro che sembra essere un fenomeno in atto da lungo tempo. Infatti, la scomparsa o l’indebolimento del centro storico ha provocato una disgregazione di ciò che prima formava una solida realtà. In secondo luogo, si deduce come al mutare del regime della città ci sia una corrispondente riconfigurazione del valore d’uso degli edifici adibiti all’amministrazione giudiziaria, ovvero della loro accessibilità e praticabilità. In altre parole, anche la giustizia è parte integrante della città e pertanto parlare di progresso dell’architettura giudiziaria implica parlare di evoluzione dell’ambiente urbano e dell’inserimento del tribunale in questo spazio. Anzi, il tribunale ne costituisce uno dei luoghi più rappresentativi. In particolar modo, ci siamo soffermati sull’impatto che l’architettura giudiziaria, in seguito ad una nuova gestione pubblica, sta assumendo sulla morfologia della città contemporanea e sui tribunali stessi».

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culture

Dal mondo di Alessandro Castiglia

Guerra ai narcos, i crimini contro l’umanità che piacciono a Trump Il clima di terrore che avvolge le Filippine continua a crescere di pari passo al numero degli omicidi commessi per mano della polizia e dei mercenari, che ormai ha superato le 7.000 vittime. I racconti dei testimoni descrivono uomini dal volto coperto uccidere a sangue freddo, agenti di polizia che, dopo aver ucciso i civili, lasciano vicino ai cadaveri munizioni, droga e armi per simulare prove. Sempre gli agenti, una volta interrogati, giustificano le loro azioni come atti di legittima difesa. Esistono anche prove circa la morte di sospettati presi in custodia dalla polizia risultati poi come “morti sotto inchiesta” o come “cadaveri ritrovati”. La “Guerra” alla droga di Duterte dovrebbe però essere intesa più propriamente come un crimine contro l’umanità, dato il costante accanimento contro i più poveri. In seguito alle denunce delle organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty e Human Rights Watch (HRW), anche la potente chiesa cattolica filippina si è esposta pubblicamente, esprimendo «Profonda preoccupazione per i numerosi morti assassinati» e denunciando che «La guerra contro le droghe è una guerra contro i poveri». In seguito agli attacchi ricevuti, Duterte ha annunciato la sospensione delle operazioni, ma le cose non sembrano essere cambiate nei fatti. La polizia, come racconta il fotografo filippino Jes Aznar, ha cambiato semplicemente metodo: questi tipi di omicidio semplicemente non si commettono più alla luce del sole. Ma perché questa violazione dei diritti

umani non scatena una ribellione nel popolo? Sempre secondo Jes Azner, la mancanza di ribellione è data da una motivazione ben precisa: la gente è stanca, stanca di come l’amministrazione precedente ha gestito il Paese e l’economia, stanca del fatto che le persone povere sono sempre più povere, stanca degli oligarchi e dei soliti ricchi che controllano tutto. Ma il popolo filippino, esausto e incapace di reagire, ha individuato in Duterte, unica figura nuova e slegata dalla politica tradizionale, l’unica speranza di cambiamento. In preda alla rabbia verso la classe politica i cittadini sopportano un presidente populista e fascista che definisce “Figlio di puttana” Papa Francesco; un outsider politico che, nel maggio 2016, durante la campagna elettorale, ha intimato al popolo filippino di abbandonare la Chiesa cattolica per unirsi alla sua, “quella di Duterte”. Nonostante opposizione e attivisti abbiano più volte minacciato il ricorso all’impeachment e di denunciarlo alla Corte penale internazionale, Duterte ha un influente estimatore. Secondo una nota della Casa Bianca Donald Trump ha recentemente avuto una conversazione telefonica con il collega, nella quale i due leader hanno “discusso sul fatto che le Filippine stanno combattendo duramente per liberare il Paese dalle droghe”. Un portavoce di Duterte ha confermato l’invito a Washington confermando “l’apprezzamento di Trump per il lavoro del presidente filippino, soprattutto sul fronte” della lotta alla droga.

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culture

In Europa

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di Anna Filippucci

Anche Pinerolo festeggerà l’anniversario

La generazione Erasmus ha 30 anni Nel 2014 erano già un milione i “figli dell’Erasmus”, ovvero i bambini nati da coppie di studenti createsi in un periodo di mobilità: 25 anni erano bastati per dare forma ad una riserva futura di cittadini europei nel vero senso del termine, frutto dell’unione di culture anche estremamente diverse e portatori di una coscienza nuova delle importanti opportunità che l’UE offre. Quest’anno, nel 2017, si festeggiano i 30 di Erasmus. Istituito nel 1987, questo tipo di scambio di studenti tra le università dei diversi paesi europei ha prodotto generazioni più dinamiche, propositive ed intraprendenti, favorendo così la creazione di un sentimento reale di appartenenza all’UE. Per celebrare la ricorrenza, il 4 e 5 maggio, durante l’ottava edizione della Settimana Europea della Gioventù, l’Agenzia Nazionale per i Giovani ha realizzato a Roma un evento mirato a coinvolgere 200 giovani under 30, italiani. L’obiettivo dell’iniziativa era fornire un’occasione di confronto tra giovani coetanei ed incentivare la diffusione di una cultura europea; il primo dei due giorni era dedicato alle testimonianze di ragazzi che hanno partecipato a mobilità e progetti di cittadinanza attiva, in particolare nell’ambito dell’educazione non formale, ma anche alla spiegazione e all’approfondimento delle opportunità offerte dal programma Erasmus+, Gioventù e dallo SVE (Servizio di Volontariato Europeo). La seconda giornata era invece dedicata ai festeggiamenti dei 30 anni di Erasmus con talk show e ospiti provenienti dagli ambiti più disparati; dalle istituzioni, al mondo dello spettacolo, della musica e dello sport: tanti personaggi che hanno contribuito al “cambiamento”, agendo in promozione di una cittadinan-

za europea. Sempre per celebrare questa ricorrenza, proprio il 5 maggio, nella conferenza stampa tenutasi a Roma con l’intervento di Maria Elena Boschi, Antonio De Caro e Giacomo D’Arrigo, è stata lanciata un’iniziativa ai comuni italiani; coloro che decidevano di aderire si impegnavano ad organizzare eventi sul tema, manifestazioni e ad illuminare uno degli edifici simbolo delle loro città con il simbolo dell’Erasmus. Purtroppo, solo 90 comuni italiani (su 8000!) hanno deciso di partecipare, ma Pinerolo è tra questi. Ed anche uno dei pochissimi del Piemonte. Due giovani studentesse universitarie pinerolesi che sono partite per Roma ed hanno partecipato all’evento, hanno commentato l’esperienza rispondendo ad alcune domande. Carola racconta l’atmosfera dicendo che “si respirava un’aria di diversità, ma allo stesso tempo di uguaglianza. Eravamo tutti italiani, ma tutti diversi. Napoletani, Baresi, Torinesi, Romani…a chiacchierare, raccontandoci di tradizionali feste di paese e viaggi…”; e Ester ribadisce “c’era la voglia di approfondire le culture dell’altro tramite racconti, modi di brindare e scambi di numeri di telefono per rimanere in contatto e scambiarsi idee.” Entrambe hanno trovato interessante l’iniziativa, soprattutto perché ha dato loro in generale nuovi spunti su cui riflettere e su cosa significhi l’incontro con il diverso. In effetti, alla fine, l’Erasmus è proprio questo: come dice Carola “tornare a casa avendo imparato e scoperto qualcosa in più rispetto a quando si è partiti, che sia questa una nuova ricetta, un’amicizia, un diverso modo di salutare o un posto mai visto”.


diritti umani

Visibili & Invisibili

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GRUPPO GIOVANI AMNESTY INTERNATIONAL

Una casa aperta Forse è un po’ come tornare a casa. Una casa itinerante, i cui membri sparsi durante tutto l’anno si danno appuntamento per riprendere un discorso mai interrotto. Forse è un po’ come ripartire, ogni aprile, con qualcosa in più nel proprio zaino. La tre giorni più uno, quello dedicato esclusivamente ai giovani, in cui gli attivisti italiani di Amnesty International esprimono il più alto senso di partecipazione ed appartenenza che un’associazione può dare: l’Assemblea Generale. Ospite d’eccezione, la città di Palermo. Sedere nella sala della plenaria, con una cartellina gialla tra le mani; alzare le palette e sentirsi parte essenziale della crescita del movimento; ascoltare, liberamente ed incondizionatamente, chi ha la sua storia di diritti umani da raccontare; confrontarsi con creatività, essere lì. E non stare con le mani in mano. Scendere le scale del Teatro Massimo con una coperta termica addosso, voler essere la voce di chi ha perso il diritto di parola,

estendere per metri e metri il grido: Prima le Persone poi le Frontiere! Tutto questo realizza un desiderio di cambiamento che cerca le vie e le strade per farsi azione. Forse è un po’ come tornare a casa. E lasciare la porta aperta. Noi del gruppo giovani di Pinerolo siamo stati tra i 300 attivisti che dal 22 al 25 Aprile hanno partecipato alla XXXII Assemblea Generale di Amnesty International. Ne siamo stati anche quest’anno orgogliosi: tra le parole del Sindaco Leoluca Orlando, il contributo della Sezione Marocchina di Amnesty International, la realizzazione di una strategia nazionale sull’attivismo giovanile, la mobilitazione per la campagna sul tema migranti “IWelcome”, il rientro in diretta di Gabriele Del Grande, e tanti altri momenti ed incontri, anche quest’anno abbiamo alimentato la candela che inconfondibilmente rappresenta il nostro lavoro. E da qui, come sempre, si riparte.

Giovani&Nuove tecnologie

di Greta Gontero

Il Bruco che mangia la plastica La sua scoperta è avvenuta quasi per caso: la biologa italiana Federica Bertocchini (Istituto di Biomedicina e Biotecnologia della Cantabria) stava rimuovendo delle larve di tarma della cera da alcuni alveari e le aveva depositate su una busta di plastica durante il processo. Al termine, si è accorta di “sospettabili” buchi sul sacchetto e ha così deciso di programmare un esperimento, insieme a due colleghi appartenenti al dipartimento di Biochimica dell’Università di Cambridge, per valutare le ragioni di questo fenomeno apparentemente inspiegabile. É stato così scoperto che la larva di tarma della cera (nota come Galleria Melonella) è

in grado di mangiare e degradare in breve tempo il polietilene, una delle plastiche più diffuse al mondo e che più mettono a rischio il nostro pianeta. L’esperimento ha infatti mostrato un centinaio di larve capaci di creare buchi in un sacchetto di plastica in poco tempo, riuscendo a ridurre di 92 milligrammi la massa della busta in sole 12 ore: un tempo davvero da record! Possiamo allora dichiarare salvo il nostro ambiente dall’eccessiva quantità di plastica nelle acque e sulla terraferma? Si spera di si!


Il Passalibro

dal tempo

di Cristiano Roasio

HISHAM MATAR

Il ritorno Ritornare a casa è forse ciò che maggiormente ci rende liberi. La possibilità di chiamare un posto qualsiasi “casa” è la più grande ricchezza del primo mondo, vale per me che sono un pantofolaio, ma vale anche per tutti i giramondo con il pensiero sempre rivolto al prossimo viaggio. Ed è questo il senso profondo di questo splendido memoir autobiografico, da poco insignito del premio Pulitzer. Uno scrittore libico, nato a Londra e britannico, dopo la caduta del regime di Gheddafi per la prima volta dopo anni torna in Libia, inseguendo il fantasma del padre, probabilmente morto nelle segrete di Abu Salim, la peggiore di tutte le prigioni della dittatura. Eppure durante la lettura, come trasportati da un’autorevole voce amica, l’intero impianto narrativo si dimostra da un lato intimo e privato, dall’altro di grande respiro storico e sociale, e veniamo così a conoscenza di tantissime informazioni, alcune note, altre meno: il colonialismo italiano nelle sue forme più estreme e barbare, ma anche nell’architettura delle case libiche; la lunghissima dittatura di Gheddafi e, noi italiani lo sappiamo bene, i tentativi grossolani di pulirne le propaggini sanguinolente con petrolinvestimenti in Europa e soprattutto in Inghilterra; la tremenda trafila burocratica che uno scrittore, seppur autorevole e coadiuvato da grandi nomi della politica e della cultura, deve fare per aver notizie ovvie, ma mai, in un certo senso, accettate

o confessate dai responsabili. Massacri, persecuzioni e servizi segreti degni di un giallo troppo vero si intrecciano ai viaggi di una vita, dall’università nel Regno Unito sotto falso nome a toccanti momenti famigliari al Cairo e Nairobi funestati, e allo stesso tempo potenziati, dall’assenza/ presenza di questo padre poeta e leader democratico, simbolo di una famiglia ricca, benestante, acculturata, ed esempio di tutta una massa di persone che dal nostro privilegiato punto di vista eurocentrico tendiamo a relegare in quel denigratorio “terzo mondo”. Le sensazioni uniche nel riscoprire la luce del sole sul mare delle coste libiche dopo anni di clima plumbeo non devono far pensare a facili lirismi, tendo ad evitarli il più possibile nelle mie letture, ma dimostrano una capacità impressionante di fare i conti con il sé più profondo ed intimo (non a caso viene narrato anche un quasi suicidio), senza dimenticare come le propaggini della storia e della guerra arrivino a toccare tutti noi. Esemplare da questo punto di vista è la copertina dell’edizione Einaudi: una fotografia della moglie dell’autore, testimonianza di un rapido momento di pace in una Libia quasi da vacanza, ma col senno di poi polveriera di conflitti armati e fondamentalismo. In mezzo a tutto ciò un uomo che ricorda i racconti dell’infanzia e cerca di trovare finalmente una Casa.

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Officine del suono

musica

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di Isidoro Concas

M usi c a emergente

Gli Accordi Disaccordi Gli Accordi Disaccordi sono una delle maggiori formazioni di jazz manouche italiano. Elia Lasorsa al contrabbasso, Dario Berlucchi ed Alessandro Di Virgilio alle chitarre, dopo moltissime esperienze in live ed in studio, sono pronti a produrre il loro primo disco di soli brani originali, ed hanno lanciato per questo una campagna di crowdfunding che si concluderà positivamente in questi giorni, essendo la cifra da raggiungere già stata superata. Ragazzi, sta terminando in questi giorni la vostra operazione di fundraising per finanziare il vostro prossimo disco. È la chiusura di un capitolo, l’apertura ad una nuova fase. Come vi sentite? Innanzitutto, siamo felicissimi: abbiamo vinto la campagna ed è un grande sogno che si realizza. Poter produrre un disco di questo tipo, di soli brani originali e senza l’intervento di entità esterne è una grandissima soddisfazione che non possiamo che condividere con tutti gli amici che hanno creduto in questo progetto fin da subito. Grazie di cuore a tutti! Il nuovo album sarà sia un punto di arrivo che di partenza: sarà un disco che ci appartiene come non mai, visto che tutti i brani son stati scritti da noi e considerato che rappresentano in musica, emozioni ed esperienze che abbiamo vissuto negli ultimi anni. Questo disco rappresenterà il suono di Accordi Disaccordi. Tra concerti, attività in studio, eventi collaterali e busking, avete compiuto un’impresa non da poco per dei musicisti: fare della propria musica un lavoro, e vivere con essa. Al di fuori del progetto Accordi Disaccordi, ci sono altre

strade musicali (o non) che avreste voluto, o volete, o state già percorrendo? Ognuno di noi ha un background musicale diversificato, sia come musicista che come ascoltatore, e sia in passato che nel presente ci siamo impegnati e circondati di progetti anche diversi dal nostro, in cui esprimiamo la nostra voglia e l’amore per la musica. Forse negli ultimi mesi l’attività di Accordi Disaccordi è talmente intensa che resta ben poco spazio per altre situazioni, ma ne approfittiamo appena possibile. Altri sogni? Per ora no, stiamo percorrendo la strada che abbiamo sempre d e s i d e r a t o percorrere: un sogno, sudato, che mai avremmo pensato di poter realizzare per davvero! Avete cominciato come buskers. Il mondo della musica da strada è qualcosa di ricco, vivo: che cosa vi ha regalato? Continuate a suonare in strada? Il busking, o l’arte di esibirsi per strada, è un mondo magico: abbiamo iniziato 5 anni fa (proprio in questi giorni festeggiamo il compleanno del progetto) proprio in strada e ancora oggi, quando capita, ci piace tornare a fare busking. Le emozioni che abbiamo provato all’inizio e il ripensarci ora, magari poco prima di salire sul palco ufficiale dell’Umbria Jazz Festival grazie ad un incontro avvenuto proprio per strada, è indescrivibile. Portare la nostra musica tra la gente e proporre uno spettacolo per lo più improvvisato è davvero una grande emozione, soprattutto quando dal feedback delle persone che si fermano ad ascoltarti capisci che sta avvenendo qualcosa di magico, nota dopo nota. Per noi dire di essere passati dalla strada ai palchi importanti è motivo d’orgoglio e se ora


“Il busking, o l’arte di esibirsi per strada, è un mondo magico: abbiamo iniziato a farlo 5 anni fa”19 possiamo dedicarci alla musica come attività principale è anche grazie a tutte le persone che abbiamo incontrato lungo questo cammino. Ci teniamo a dire che è importante credere nei propri sogni, così come abbiam fatto noi: prima o poi qualcosa d’importante succederà! È dal 2014 che, a più riprese, avete condotto dei tour in Russia, raccogliendo consensi unanimi e suonando moltissimi concerti in diverse location. Come è nato questo legame? Oltre a Londra e ad altre città europee che già vi hanno ospitato, avete in programma di viaggiare altrove? Non mettiamo limiti alle destinazioni: stiamo lavorando per portare in molti altri paesi la nostra musica, soprattutto ora che abbiamo un nostro disco di brani originali. Non è semplice, ma c’è molto interesse per il nostro progetto e qualche cosa si sta già muovendo. Come dicevamo, la strada ci ha regalato tante emozioni e amicizie, tra cui quella che ci ha fatto conoscere il nostro attuale tour manager russo, col quale abbiamo organizzato quattro magnifici tour: oltre 70 date quasi tutte sold-out con più di 25.000 spettatori presenti, in 45 città, a cui seguirà a breve un imponente quinto tour in tutta la Russia. Il pubblico russo ci adora e noi contraccambiamo di cuore: abbiamo un seguito davvero importante e ne siamo davvero felici e orgogliosi. Per noi viaggiare fa parte del ritmo quotidiano: maciniamo km tutti i giorni o quasi, e spostarci con i nostri strumenti, sulle strade d’Italia o nei cieli d’Europa, è la più grande soddisfazione immaginabile, soprattutto se la destinazione è un palco. Oltre alla sopracitata strada ed alle sale da concerto, ospitate al JazzClubTorino una jam manouche a cadenza mensile, suonate in feste lindy hop, durante aperitivi ed in molti contesti diversi tra loro. La vostra musica può essere da ascolto, da ballo o da sottofondo. Quanto è importante creare un ambiente sonoro adatto al contesto in cui si è, e come ci riuscite? Ci capita di suonare in occasioni molto diverse tra loro e, a seconda del pubblico e della serata, sappiamo ben mimetizzarci nell’ambiente. Il mestiere di musicista è piuttosto camaleontico e varia col repertorio proposto. Capita spesso anche di stravolgere la scaletta in base al feeling che si crea col pubblico: ci sono brani più lenti, più veloci, ballabili o emozionali, che devi adattare ai diversi momenti di un concerto.

Il feeling è per noi un’importante componente dello spettacolo e questo nasce perché ci piace interagire, far partecipare le persone, condividere emozioni. Come ci riusciamo? Certamente conta l’esperienza e, nel nostro piccolo, dopo i 5 anni di musica, abbiamo il giusto polso della situazione, ma ogni giorno è un’esperienza nuova e ogni concerto una gioia in più. Molte sono le vostre collaborazioni musicali: da quelle raccolte nel vostro disco Live Tracks a quelle in live con molti grandi nomi del jazz, e non solo. Il manouche funge da collante per improvvisazioni, o per sperimentazioni tra generi: in che modo ospitate altri artisti, dentro alla vostra musica? Amiamo miscelare generi, così come da ascoltatori saltiamo da un genere all’altro. Amiamo collaborare con altri musicisti perchè c’è sempre da imparare e perchè è quanto di più magico possa offrire questo ambiente: condividere il palco, gli strumenti e i concerti anche con perfetti sconosciuti, ma utilizzando la stesso linguaggio. Anche nel nuovo album avremo due ospiti, è ancora tutto top secret ma possiamo dire che hanno regalato al nostro suono qualcosa in più. Proprio quest’anno abbiamo avuto la fortuna e l’occasione di suonare col più grande violinista jazz vivente, Florin Niculescu: un’emozione indescrivibile, seguita da grandi complimenti al nostro progetto e dalla promessa di collaborare insieme in un prossimo futuro. Nelle ultime settimane abbiamo inoltre sperimentato un nuovo genere di nostra invenzione, lo Swing Opera, miscelando swing, jazz, musica classica e opera. L’esperimento ha riscosso un grandissimo successo nella sua prima esibizione ufficiale, e ha visto alternarsi diversi artisti, tra cui un quartetto d’archi e tre cantanti, due jazz e una mezzosoprano, sullo stesso palco. Una serata incredibile! Insomma, non ci diamo dei limiti e anche la definizione di manouche ci va ormai un po’ stretta: da questo genere partiamo e a questo sempre facciamo riferimento, ma ormai possiamo dire che abbiamo trovato un percorso nostro, a cui ancora non abbiamo saputo dare un nome se non quello che ci accompagna da sempre: Hot Italian Swing. Ma ad esprimerlo ancora meglio sarà il nuovo album, sempre attraverso le note!


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primo piano

Sociale & Volontariato di Federica Crea

ANAPACA: “Ambiente e Salute 2017”

Un altro tema chiave per la prevenzione “Ambiente e Salute 2017” è il titolo del nuovo progetto che l’ANAPACA Onlus inaugurerà a partire dal 24 maggio 2017. Naturale prosieguo del “Progetto Salute e Prevenzione – Interventi per una Comunità che ha Cura di sé”, avviato nel 2014 e incentrato su Alimentazione ed Esercizio Fisico quali determinanti fondamentali per la salute e il benessere degli individui, l’iniziativa di quest’anno consentirà all’ANAPACA di affrontare un altro tema chiave della prevenzione: l’ambiente. Grazie al contributo della Diocesi di Pinerolo e della Diaconia Valdese, al patrocinio dell’AslTO3, dei comuni di Pinerolo, Torre Pellice, Luserna San Giovanni, Villar Perosa e Perosa Argentina e forte della collaborazione con le principali associazioni ambientaliste locali, l’ANAPACA ha potuto dare vita a un’iniziativa senza dubbio inedita e innovativa, più che mai necessaria e urgente data la grande attualità del tema. «“Ambiente e Salute 2017” – spiega Elda Priotti, Presidente di ANAPACA Onlus – si propone l’obiettivo di sensibilizzare gli individui alla cura e al rispetto della natura e di educare i singoli ad agire secondo il principio di responsabilità verso sé stessi e verso le generazioni future, fornendo loro gli strumenti necessari per valutare l’impatto che ogni scelta quotidiana e personale può avere sulla salute degli altri membri della comunità e dell’ambiente». La prima fase del progetto sarà dedicata a momenti informativi di incontro e confronto con la popolazione: • Ogni mercoledì, dal 24 maggio al 5 luglio 2017, bar e librerie del territorio pinerolese arricchiranno l’ora dell’aperitivo di un’offerta culturale, grazie a relatori esperti

che terranno informali conferenze aperte a tutti, per approfondire la tematica ambientale da più punti di vista: dal cambiamento climatico all’inquinamento, dagli effetti di un ambiente malato sulla salute umana alle possibili soluzioni per salvaguardare il benessere di ciascuno e quello ambientale. • A conclusione di questo ciclo di sette incontri, il 18 novembre 2017 si terrà a Pinerolo un convegno di un’intera giornata, al quale saranno invitati professionisti della salute e personalità di spicco nelle diverse discipline medico-scientifiche, per ritornare sui temi trattati durante gli aperitivi tematici e concludere con uno sguardo all’ambiente come dispensatore di bellezza, benessere e salute. La seconda fase dell’iniziativa vedrà l’ANAPACA impegnata in azioni concrete e tangibili a beneficio degli spazi verdi urbani del centro storico di Pinerolo. Infatti, un altro grande obiettivo del progetto sarà la riqualificazione dei giardini di Via Principi d’Acaja mediante il riordino, la pulizia e la manutenzione delle aree, nel tentativo non solo di aumentare l’interesse culturale e paesaggistico della città di Pinerolo, valorizzandone il patrimonio storico e naturale, ma anche di condizionare positivamente la qualità della vita dei suoi abitanti, attraverso buone pratiche e nuove forme di condivisione e socializzazione.

A.N.A.P.A.C.A Onlus – Associazione Nazionale Assistenza Ammalati Oncologici e Cronici, Via Clemente Lequio 36, Pinerolo (TO) Tel/Fax 0121 37 42 64 – cell. 338 89 23 656 / 333 50 67 224 www.anapaca.org – www.facebook.com/anapacapinerolo – anapaca.pinerolo@anapaca.org

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Sport

sport

di Luca Barbagli

Pinerolo

fc,

Union Volley, Cestistica ‘87

È giunto il tempo di tirare le somme I tre sport più praticati in Italia godono di una concreta rappresentazione nella cittadina pinerolese. Vestono infatti il biancoblu il Pinerolo Calcio, la Union Volley e la Cestistica ‘87, le cui prime squadre militano, rispettivamente, in serie D, in serie B1 e in serie C silver (ex C2). Giunti ormai alla fine della stagione, è tempo di tirare le somme, per cercare di capire come si sono difesi i nostri atleti. Il Pinerolo Calcio, alla sua seconda stagione consecutiva nella massima serie dilettantistica, aveva fin da subito messo in chiaro che la stagione 20162017 sarebbe stata particolarmente impegnativa, viste le forti compagini avversarie, quanto mai agguerrite. Previsione sicuramente azzeccata, con i biancoblu costretti a tirare fuori unghie e denti in ogni gara nel tentativo di ottenere l’agognata salvezza. Ad una giornata dal termine - che li vedrà domenica 7 maggio ospiti della diretta concorrente Varesina - i nostri occupano purtroppo la penultima posizione, che prevede un’amara retrocessione diretta in Eccellenza. Ma la speranza è l’ultima a morire, se non altro perché la classifica vede sì il Pinerolo penultimo a 28 punti, ma altre due squadre (Bustese e Legnano) con lo stesso bottino, e ancora il Verbania e lo stesso Varesina vicinissime a quota 30 e 31 rispettivamente. L’obiettivo playout, quindi, per cullare ancora il sogno di salvezza, è certamente a portata di mano, ma domenica a Varese servirà la gara perfetta e un pizzico di fortuna. Un grosso in bocca al lupo, perciò, a mister Nisticò e alla sua squadra! Storia diversa quella della Union Volley (pallavolo femminile), che con la sua formazione totalmente rinnovata ha sfidato da subito le altre pretendenti alla promozione in A2, conscia della sua forza e potendo conta-

re su di un roster di giocatrici di alto livello. Per tutto l’anno agonistico le nostre atlete hanno sfiorato una posizione che desse loro la possibilità di giocarsi i playoff, ma qualche set di troppo regalato lungo il cammino e alcune partite storte hanno fatto crollare il sogno, relegandole, quando manca una giornata al termine, ad una quinta posizione che non rispecchia i valori di questa squadra, meritevole sicuramente di qualcosa di più, come quel quarto posto che avrebbe significato lottare per la promozione. Resta comunque ancora una gara, che, se ai fini della classifica per la Union Volley B1 conta poco, permetterà alle atlete di salutare il proprio pubblico tra le mura amiche; appuntamento quindi a sabato 6 Maggio alle 18 al Palazzetto di Pinerolo, per la sfida contro la pallavolo Don Colleoni, proprio la squadra che occupa quel desiderato quarto posto! Chiudiamo infine la nostra carrellata con la Cestistica ‘87, squadra sportiva di pallacanestro che da poco ha festeggiato i suoi primi trent’anni di attività. Dopo la promozione in C Silver ottenuta nella stagione 2014-2015, i ragazzi di coach Bianco hanno mantenuto le promesse anche quest’anno, occupando per tutta la stagione la parte medio-alta della classifica e ottenendo, con la vittoria nell’ultima gara di regular season contro la Pallacanestro Trino, un posto di diritto per giocarsi i playoff. Ora viene il difficile, con la durissima serie al meglio delle cinque contro la Fortitudo Alessandria, squadra al vertice della classifica con ben 46 punti (Pinerolo ne ha conquistati 26) e determinata a salire in C Gold. Il via è previsto sabato 6 maggio ad Alessandria, mentre occorrerà aspettare il 13, gara 3, per poter vedere i nostri tra le mura di casa. Occorrerà determinazione, spirito di sacrificio e, perché no, un pizzico di fortuna! E allora, godiamoci questi playoff!

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Giovani & Ambiente

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di Francesca Beltramo

India: 6 persone su 10 senza il gabinetto in casa Del miliardo e più di trecentomila abitanti dell’India circa il 60% non ha i servizi igienici in casa e ciò comporta il massiccio degrado nelle città e il proliferare delle malattie. “L’India non è per niente il paradiso che si racconta - lo sa bene Gabriele, osaschese e neodottore in matematica appena tornato dall’India - la gente defeca per strada e talvolta negli stessi fiumi da cui beve, il fatto è che non c’è una vera e propria cultura dell’igiene”. A confermare tale affermazione v’è uno studio del 2014, il cosiddetto “Coffey Study” che vede come causa del problema igienico-sanitario in India ragioni essenzialmente culturali. Per l’esattezza religiose. Nell’Induismo d o m i n a una visione individualistica dello spazio e vengono date indicazioni precise in materia di purezza e inquinamento, cosicché mentre sporcare la propria casa, ad esempio utilizzandovi il gabinetto, è considerato un atto impuro, sporcare lo spazio esterno, defecare per strada e abbandonarvi i rifiuti, non è considerato un atto grave e per la verità nemmeno un atto: manca del tutto il concetto di spazio pubblico. Ebbene sempre nel 2014 il presidente Narendra Modi ha avviato la campagna “Swachh Bharat”, letteralmente “India Pulita”, ponendosi l’obiettivo di portare un gabinetto in ogni casa entro il 2019, anche se nel 2015 un’indagine del quotidiano americano Hindustan Times ha messo in luce come in un anno non fossero stati fatti grossi progressi. Considerazione a cui si somma oggi la testimonianza di Gabriele,

che più ancora che per l’igiene è rimasto sconvolto per la rigidità del sistema delle caste, legalmente abolito con la Costituzione del ‘47, ma ancora molto radicato, garante di un immobilismo sociale spaventoso e dalle conseguenze drammatiche, cosicché qualora si veda qualcuno spazzare per terra in India v’è un alta probabilità che si tratti di un intoccabile, ossia di un appartenente alla casta più infima, quella di coloro a cui, secondo l’induismo, è negata la possibilità di reincarnarsi in una casta più elevata (ciò che per noi corrisponde a una sorta di salvezza) e proprio per le azioni turpi compiute nelle vite precedenti vengono puniti nella vita presente: a loro è affidata la pulizia del suolo pubblico, che di conseguenza diventa un disonore per tutti quelli d’una casta più elevata. Da qui forse la scarsa partecipazione alla campagna “India Pulita”. Al dicembre del 2016 risale però un importante provvedimento, quello di sanzionare con una multa di 50 000 rupie le compagnie aeree che facciano svuotare i serbatoi delle toilette in volo, decisione presa forse in seguito alla tragedia del novembre stesso, quando i livelli di smog a Nuova Delhi, capitale del paese, classificata dall’OMS come la città più inquinata del mondo, con un tasso di particolati PM2,5 che supera di 90 volte i livelli considerati sicuri, hanno causato la chiusura delle scuole e dei cantieri. Fatto sta che l’inquinamento dell’aria e dell’acqua sono problemi a cui l’India deve ancora trovare una soluzione. Non resta che sperare nel progresso.


Appunti di viaggio

mondo

di Angelica Pons e Mauro Beccaria

SA PA -IN Vietnam

Camminando per le terrazze

Sa Pa si trova nella provincia di Lào Cai nel nord del Vietnam. E’ nota ai turisti per mercati, panorami affascinanti con valli, fiumi e cascate, sentieri escursionistici e villaggi con minoranze etniche. Ci si arriva di notte con il treno da Hanoi e si può organizzare un trekking di alcuni giorni con un’agenzia locale, dormendo presso le famiglie. Incoraggiato da una donna del posto che fa la guida e poi dall’amicizia con un’italiana che vive in Australia da molti anni, Mauro decise di fermarsi un poco di più dei soliti turisti veloci per poter camminare ed aggregarsi ad un gruppo allegro di persone provenienti un po’ da “ovunque”. Gli ingressi ai villaggi sono a pagamento ma la vita del posto è così alla buona ed i prezzi talmente modici che pare davvero il minimo contribuire al loro ménage. I primi abitanti lasciarono tracce di graffiti nella pietra, poi vennero le minoranze delle alture dell’Hmong e Yao. La borgata è uno dei principali mercati della zona, dove vivono diversi gruppi poco numerosi e di origini molto antiche: Hmong, Dao (Yao), Giáy, Pho Lu e Tay. Questi sono i quattro gruppi minoritari ancora oggi presenti. Qui si trova la valle più alta delle montagne del Viet Nam, all’ombra di Phan-Xi-Pǎng (Fansipan, 3.143 m), il picco più alto del paese. Il nostro pellegrino sempre alla ricerca di volti e di espressioni che raccontino frammenti di vita ed emozioni, ha raccolto immagini di bimbi ed anziani, chiedendo il

permesso, entrando in punta di piedi, quasi in imbarazzo. A Mauro resta in cuore l’amarezza del vedere come il turista standard si muova a volte con supponenza e crei i presupposti per lo sfruttamento di risorse o – peggio - per derubare dell’infanzia queste bimbe meravigliose, tolte ai loro giochi ed alla scuola, caricate dei fratellini sulle spalle, agghindate come bambole con i costumi tradizionali, per attirare l’ospite compiacente e spillargli denaro. Alcuni di questi ritratti sono esposti dal 28/4 al 28/5 alla “piazza coperta” al primo piano dell’IRCC di Candiolo (To) in una mostra organizzata dalla Fondazione piemontese per la ricerca per il cancro, proprio dove ha iniziato la sua avventura. Mostra che poi verrà trasferita presso la Libreria Mondadori di Pinerolo in giugno e si concluderà con una vendita all’asta ad offerta i cui proventi saranno devoluti alla Fondazione. E’ il nostro modo per dire grazie a chi ci ha sostenuto prima, a chi ora ci segue e ci sta vicino. Ed anche per incoraggiare alla speranza. A non fermarsi. A prendere coraggio e partire. “Non perdere la voglia di camminare: non conosco pensiero così gravoso da non poter essere lasciato alle spalle con una camminata… ma stando fermi si arriva sempre più vicini a sentirsi malati… Perciò basta continuare a camminare, e andrà tutto bene” (Bruce Chatwin).

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Sono amici di Pinerolo Indialogo.it e di Onda d’Urto24


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