Pineroloindialogo settembre2014

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Anno 5,Settembre 2014

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INDIALOGO

Supple m e n t o d i I n d i a l o g o . i t , a u t o r i z z . N . 2 d e l 16.6.2010 del Tribunale di Pinerolo

Pinerolo: pensare metropolitano e agire locale! a pag.3

950 anni fa Pinerolo entrava nella storia Il punto sul Pinerolese con Elvio Fassone “In città manca la volontà e la capacità di pensare soluzioni per arrestare il declino”


Buone News A cura di Gabriella Bruzzone

rivoluzioni alimentari

Il viaggio di Jamie Oliver negli USA Pomodori, olio di oliva, buon pane, mozzarella, pasta. Orgoglio prettamente italiano, esportato in tutto il mondo, la dieta mediterranea è sicuramente uno dei nostri fiori all’occhiello che tutti ci invidiano e che molti vorrebbero imitare. Siamo indubbiamente fortunati a vivere in una terra che offre eccellenze, ma ancora di più siamo fortunati a saperle sfruttare, elaborarle e renderle parte essenziale della nostra cultura. Sì, perché il cibo è un patrimonio culturale essenziale. Del resto, come diceva Ludwig Feuerbach, «L’uomo è ciò che mangia». È vero, lui non lo intendeva letteralmente, ma è solo grazie a un’interpret a z i o n e inesatta che questa massima è diventata uno degli s l o g a n principali del mangiar bene – e vivere bene – in molte culture, europee in particolare. Oltreoceano invece la situazione cambia, e anche piuttosto drasticamente. “Fast food nation” – dal titolo di un libro di Eric Schlosser – è sicuramente l’espressione che meglio calza agli Stati Uniti. Che la maggior parte dei pasti siano spesi nei fast food è risaputo, come è di dominio comune la scarsa attrazione degli americani per frutta e verdura. Ma che la scuola, luogo di educazione, sia invece la prima a diseducare in campo alimentare, lascia un attimo basiti.

Per questo motivo, Jamie Oliver, famoso chef britannico conosciuto soprattutto per i suoi programmi di cucina, sta portando avanti con entusiasmo e determinazione la sua Food Revolution, con l’intento di educare bambini, adulti e genitori a condurre diete sane ed equilibrate. Il suo progetto è iniziato nel 2010 con un programma televisivo per documentare le abitudini alimentari americane. Lo shock è stato immediato e Oliver si è sentito in dovere di fare qualcosa. È partito dalle scuole elementari del distretto di Los Angeles, dove però i suoi cambiamenti non sono stati accolti con favore: perché cucinare verdure, riso, carne quando si possono avere hamburger, pizza e patatine s u r g e l a t i solamente da riscaldare? Nonostante l’ostruzionismo e l’interruzione del suo programma, non ha desistito e nel 2011 ha iniziato la sua rivoluzione alimentare. La parola d’ordine è educare: ha aperto cucine in diverse città statunitensi, porta avanti campagne nelle scuole e nelle comunità. Dopo tre anni, sono in 630mila i sostenitori da tutto il mondo, professionisti, volontari, appassionati, che cercano di dare un contributo concreto con lezioni e suggerimenti. La meta è ancora lontana, ma di certo Jamie Oliver e la sua squadra sono sulla strada giusta per un cambiamento concreto.

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wwwwAw Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

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|Pensare metropolitano, agire locale Abbiamo già scritto che mai come al ritorno dalle vacanze si avverte il provincialismo di questa nostra città, capoluogo decaduto, seppur dal passato glorioso, di un piccolo territorio di 150 mila abitanti. Si avverte l’iconografia di un “piccolo mondo antico” che fatica mentalmente ad entrare nella dimensione dell’interconnessione globale. Abbiamo calcato un po’ la mano chiamandola “piccolo mondo antico”, non perché Pinerolo sia come il paesello di Fogazzaro, ma perché si avverte un eccesso di localismo e di ritualità paesana, di territorializzazione del pensare e dell’agire, che porta ancora a vivere in un contesto che non c’è più. Viviamo in un’epoca in cui sono crollate le frontiere degli Stati e accorciate le distanze, in cui la mobilità permette di spostarsi con facilità da un capo all’altro del globo, dove la notizia degli eventi la viviamo quasi in contemporanea agli accadimenti… eppure le discussioni in città che polarizzano l’attenzione sono incentrate sul territorio, sulla perdita del tribunale, della scuola di cavalleria, della direzione dell’asl, ecc. Cioè su ciò che in un passato recente e lontano ci faceva policentrici. Le ragioni di questo provincialismo sono tante. Eppure.. anche a partire dalla provincia si possono fare grandi cose. Nell’Ottocento sono stati gli stranieri europei che hanno guardato con interesse a questo territorio, ora sono gli amministratori locali, le grandi famiglie, i pinerolesi che devono essere in grado di guardare oltre il territorio, poichè il pinerolocentrismo è finito. Occorre una scossa e la città metropolitana che si va a costruire può essere l’occasione per una svolta copernicana, che consiste nel pensare Pinerolo non più centro o capoluogo del territorio, ma parte di un territorio più ampio all’interno del quale conservare una propria storia e identità: occorre pensare metropolitano e agire locale! Antonio Denanni

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Buone News

il viaggio di jamie oliver negli usa

Politica giovane young

intervista al sen. elvio fassone

Giovani & Lavoro

i lavori più richiesti in tempo di crisi

Giovani & Storia

950 anni fa pinerolo entrava nella storia concorso di idee “lyda turck” sarà venduta l’area dei portici blu?

Donne del Pinerolese

Elena privitera/ en plein air

Vita internazionale

daniele jahier alla columbia university

14 Lettera a... la doccia gelata dell’icebucket 15 Giovani del territorio

michael norcia e alessandro camardo

16 Per Mostre e Musei oscar cauda vincitore di street art 17 Visibili & Invisibili

i giovani di amnesty e l’immigrazione

18 Musica emergente

within issue

19 Andare al cinema

chef - la ricetta perfetta

20 Tecnologie & Innovazioni

le lenti di google

21 Appunti di viaggio

Direttore Responsabile Antonio Denanni Hanno collaborato: Emanuele Sacchetto, Valentina Voglino, Alessia Moroni, Elisa Campra, Gabriella Bruzzone, Maurizio Allasia, Andrea Obiso, Rebecca Donella, Andrea Bruno, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Nadia Fenoglio, Giulia Pussetto, Francesca Costarelli, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Marianna Bertolino, Federico Gennaro, Isidoro Concas, Sara Nosenzo Con la partecipazione di Elvio Fassone

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Pinerolo Indialogo, supplemento di Indialogo.it Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010 redazione Tel. 0121397226 - Fax 1782285085 E-mail: redazione@pineroloindialogo.it

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10 Arte & Architettura

PINEROLO INDIALOGO

photo Giacomo Denanni

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A verona con giulietta e romeo

Cose dell’altro mondo

il commercio degli schiavi

23 Onda d’Urto Eventi

eventi in via vigone 22

24 Amici di Pinerolo Indialogo http://www.pineroloindialogo.it http://www.facebook.com/indialogo.apinerolo http://www.issuu.com/pineroloindialogo


Politica giovane young di Emanuele Sacchetto

Intervista al sen. Elvio Fassone

«Guardare al Pinerolese come ad un territorio dove giovani, arricchiti da esperienze anche estere, ritornino per insediarvisi e lavorare» “La classe politica non è mai all’altezza. Purtroppo non riesce ad attrarre chi dovrebbe” A settembre, dopo le vacanze un po’ in giro per il mondo, si riprende con la quotidianità, chi con gli impegni scolastici e chi con il lavoro. Quotidianità sono anche i luoghi, per noi Pinerolo e il Pinerolese. Facciamo il punto su questa nostra realtà con il sen. Elvio Fassone, acuto osservatore del territorio e nostro autorevole collaboratore. Qual è lo stato di salute del pinerolese e di Pinerolo città? Il nostro territorio è, mio malgrado ripetendo cose già da molti sostenute, in declino. La perdita continua ed inesorabile delle istituzioni (Atl, Tribunale, Ospedali, Direzione ASL,..) testimonia la scarsa considerazione che si ha di esso e ha come diretta conseguenza un sempre più raro e difficile insediamento di nuove industrie, mancando un interlocutore istituzionale adeguato. In questo scenario, l’aspetto più preoccupante è la mancanza di volontà e capacità di pensare soluzioni

per arrestare questo declino. A mio parere si dovrebbe cominciare a guardare al pinerolese come ad un territorio dove giovani, arricchiti da esperienze anche estere, ritornino per insediarvisi e lavorare. Questo permetterebbe di evitare il rischio di vedere Pinerolo divenire in pochi anni una “città-dormitorio”. Un giudizio politico sull’Amministrazione Buttiero? L’unica analisi che mi sento di fare è che, nel normale andamento di un quinquennio amministrativo, la prima metà è dedita allo studio e alla progettualità; la seconda invece dovrebbe servire alla realizzazione. Certo, però, è necessario non sottovalutare le non poche difficoltà che un amministratore incontra oggi nella gestione amministrativa. L’attuale classe politica del pinerolese è all’altezza della sfida che stiamo vivendo o c’è bisogno di un ricambio generazionale? La classe politica non è mai all’altezza.

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Purtroppo infatti la politica non riesce ad attrarre chi dovrebbe. Le elezioni dovrebbero servire, nel senso antico del termine (eligere) a selezionare i migliori. Tuttavia questi dovrebbero farsi avanti, e ciò quasi mai accade. Ciò che ho potuto constatare attraverso la mia personale esperienza di homo publicus è che per fare politica bisogna essere preparati. Così come c’è un corso di studi ed un esame per praticamente ogni mestiere, ebbene la gestione pubblica perché sia buona richiede ancora più competenza e capacità. In merito al ricambio generazionale, dunque, non credo che la soluzione alla inettitudine della nostra classe politica risieda in un mero dato anagrafico. Certamente la presenza di giovani è fondamentale per guardare al futuro, ma diventa utile solo se si affianca all’esperienza dell’”anziano”. La rottamazione che tanto piace oggi, di per sé sola non è la soluzione al nostro problema. Qual è il suo giudizio sul progetto di cittàmetropolitana per Pinerolo? Di per sé la ritengo un’idea valida. E’ necessario tuttavia operare una corretta individuazione di competenze distinte, politiche e non. Inoltre bisogna pensare questo progetto su dimensioni maggiori e soprattutto su un arco temporale superiore al decennio. L’evoluzione economica infatti è circolare, e dunque a questa fase di delocalizzazione, in cui conviene spostare la produzione in altre aree geografiche, si accompagnerà (e già sta accadendo) un ritorno di almeno parte del lavoro nel nostro paese, dove la terza cintura di Torino (la nostra), se sarà pronta, potrà reintessere il proprio tessuto produttivo. Il rischio di “provincialismo” c’è, e bisogna far tutto per combatterlo con nuove idee e intraprendenza. La banda larga, il rilancio del centro storico e il collegamento veloce con Torino sono tre temi in cui il nostro giornale crede particolarmente. Qual è la sua opinione in

merito? Sono tutti argomenti su cui non posso che trovarmi d’accordo. Bisogna però sottolineare il fondamentale legame tra queste e la produzione. La banda larga è utile certamente per l’utilizzo domestico, ma soprattutto diventa motivo di attrazione di imprese sul nostro territorio. In merito al centro storico, mi piace pensare che le città vivono quando vivono le loro anime. Tuttavia, nel dopoguerra abbiamo conosciuto una fase bulimica, senza cultura, che ha portato alle brutte costruzioni che ancor oggi vediamo. Sempre la mancanza di cultura ha poi portato alla situazione di degrado dei nostri giorni, che solo in parte si inizia a risolvere (purtroppo non a Pinerolo) con le politiche di recupero dell’esistente. Quali proposte concrete per il lavoro e rilancio del territorio? Innanzitutto è necessario abbandonare la sudditanza delle parole d’ordine (fare squadra, tavolo di lavoro,..), perché non basta mettere insieme persone, ma servono idee su cui riflettere ed elaborare progetti. Io mi feci promotore di alcune idee in merito al rilancio del territorio già nel periodo del mio ruolo pubblico, tutte discusse e formalizzate, ma mai giunte a realizzazione. Proposte ancora valide, tra cui: - La valorizzazione delle terre alte, attraverso l’assegnazione per bando di terreni di pregio abbandonati a giovani volenterosi di intraprendere un mestiere montano. Per valorizzare infatti non basta il turismo, che nelle nostre montagne è limitato a pochi mesi all’anno, ma bisogna portare nelle terre alte parte della produzione. - L’istituzione di un’inchiesta presso le imprese per sapere cosa serve al pinerolese per attrarre investimenti. Da questa sarebbe possibile trarre alcuni obiettivi da sviluppare per intessere parte del nostro tessuto produttivo. - La valorizzazione di risorse di qualità


PINEROLO Segue

Politica giovane young

Intervista ad Elvio Fassone

(di Emanuele Sacchetto)

Guardare al Pinerolese come... riconosciuta del nostro territorio, come la carne e la frutta. Questa passa attraverso l’attrazione nel pinerolese di grandi industrie di trasformazione agroalimentare, che vi impiantino parte della loro produzione, allargandola a collaborazioni con il saluzzese. - Il progetto di trasformazione e modernizzazione del Museo della Cavalleria, destinato a diventare un attrattore di livello nazionale; il progetto sfociò in un disegno di legge regionale che ottenne il finanziamento, ma anch’esso non fu condotto a compimento. Una risorsa la cui valorizzazione è ancora attuale e possibile. Per lo sviluppo di un territorio è più importante la produzione o i servizi? E’ evidente come servano entrambe. La produzione è indispensabile per produrre ricchezza che non deve alimentare solo se

stessa, ma scremandone una parte essa servirà a pagare i servizi, che costituiscono poi la qualità della vita di un territorio. La produzione dunque non è da divinizzare in una visione eccessivamente capitalistica, che fa della ricchezza solo un modo per produrre più ricchezza, ma non va nemmeno demonizzata. E’ per questo che non si può prescindere nel rilancio del pinerolese dalla ricostruzione del tessuto produttivo-industriale. Pinerolo non può diventare solo terra di servizi. Qual è il ruolo dei giovani in questo scenario? E’ fisiologico che ci sia spazio per i giovani, dal momento che bisogna assolutamente misurarsi con la vita che avanza. L’unico diritto e dovere delle generazioni anziane è quello di insegnare ai giovani a coltivare capacità e pazienza. Nel tempo della velocità tecnologica, bisogna riacquistare la pazienza di attendere il tempo necessario tra la semina e il raccolto.

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Società

Giovani&Lavoro a cura di Elisa Campra

I lavori più richiesti in tempo di crisi Classifica: badanti, infermieri, informatici...

Addetti alle pulizie e collaboratori domestici (+14.800) GRECIA Camerieri e baristi (+8.900) Infermiere e ostetriche (+7.900) Altri mestieri non qualificati (+6.500)

I lavori più richiesti in tempo di crisi e disoccupazione? In Italia sono badanti, informatici e impiegati, in Spagna ingegneri e agricoltori, in Portogallo commessi e colf. Ma nel complesso si può dire che tra i mestieri più quotati in Europa ci sono quelli legati alla cura della persona, in particolare dei malati e degli anziani, visto l’allungarsi dell’aspettativa di vita, ma anche i lavori legati all’educazione. Favoriti, quindi, maestri, badanti, infermieri e operatori sociosanitari. Ecco la classifica, Paese per Paese, stilata dall’ultimo rapporto della Direzione lavoro e affari sociali della Commissione europea pubblicata sul Sole 24 Ore a firma di Michele Pignatelli. ITALIA Addetti alla cura della persona e operatori sociosanitari (+45.500) Impiegati (+41.700) Analisti informatici e svilupatori di app (+28.700) SPAGNA Lavoratori del settore agricolo, forestale e della pesca (+32.800) Ingegneri (+24.000) Specialisti in scienze fisiche e della terra (+11.000) PORTOGALLO Commessi e addetti alle vendite (+18.300) Operai del settore tessile, cuoio e pellicce (+15.500)

GRAN BRETAGNA Addetti alla cura della persona e operatori sociosanitari (+77.000) Manager dei settori manifatturiero, costruzioni e distribuzione (+65.400) Manager del settore commerciale (+44.500) IRLANDA Impiegati d’ufficio (+7.800) Insegnanti di scuola materna e primaria (+5.300) Professionisti delle vendite, marketing e pubbliche relazioni (+4.600) PAESI BASSI Professionisti in ambito legale, sociale e religioso (+55.800) Infermiere e ostetriche (+38.600) Impiegati adetti alla logistica e alle operazioni di magazzino (+36.900) SVEZIA Segretarie (+10.300) Insegnanti della scuola materna e primaria (+8.800) Personale amministrativo (+8.400) DANIMARCA Tecnici delle scienze fisiche e ingegneristiche (+12.700) Addetti alla cura della persona e operatori sociosanitari (+10.400) Cassieri e addetti al registratore di cassa (+10.200) (fonte) http://www.lafucina.it/2014/02/27/i-lavoripiu-richiesti-in-tempo-di-crisi/

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«Oggi, a Pinerolo, chi conosce questa storia?»

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L’8 settembre 1064 la contessa Adelaide di Susa fonda l’Abbazia

950 anni fa la fondazione dell’Abbazia

Sarà la storia di questa Abbazia (da cui prese il nome Abbad

Se già gli antichi romani ammonivano «Nomen est omen», un «presagio» ci sarà pure nel nome “Abbadia” che oggi porta l’omonima frazione di Pinerolo. C’è infatti una stretta corrispondenza tra “abbadia” e “abbazia”: entrambe derivanti dal latino “abbatia”, la prima ne è la voce popolare e la seconda quella dotta. A che pro questa dose di linguistica in pillole? Andiamo a scoprirlo. Oggi il cuore di Abbadia è la chiesa parrocchiale di San Verano. Ma anticamente, al suo posto, sorgeva un altro edificio che tanta parte ebbe nella storia di Pinerolo: l’Abbazia di Santa Maria. L’Abbazia, a propria volta eretta sui resti dell’antica chiesa rurale già dedicata a S. Verano, celebrerebbe oggi – se ancora fosse in piedi – i 950 anni dalla fondazione. Risale infatti all’8 settembre 1064 il suo atto costitutivo: la donazione con cui la «gran contessa» Adelaide di Susa cede all’Abbazia di S.Maria i diritti su ampi territori del Pinerolese, e non solo. Le valli Chisone e Germanasca, Miradolo e San Secondo, alcuni poderi a Piossasco, Rivalta, Racconigi, il ponte sul Po presso Carignano; e ancora, metà del castello di Porto Maurizio e il monastero della Gallinara, situati presso Albenga, rientrano sotto la giurisdizione dell’Abbazia di S.Maria. Una svolta importante risale a papa Gregorio VII - il pontefice che riceve a Canossa il penitente Enrico IV - il quale sottrae l’Abbazia dal controllo della diocesi di Torino cui era prima sottoposta, e la dichiara sottomessa alla sola autorità papale. Nel 1078, infine, la contessa Adelaide dona all’Abbazia, retta da monaci benedettini, anche Pinerolo: è l’inizio di una signoria temporale e spirituale che porterà allo splendore medievale della città. Fino al XIII secolo, infatti, gli abati di S.Maria rientrano tra le più potenti signorie dell’area subalpina occidentale. Il borgo

dove sorge l’Abbazia è detto all’epoca «Villa del Monastero» e così viene chiamato fin verso la metà del XVI secolo, quando prende il nome di «Abbadia di Pinerolo». I monaci, non solo dediti allo studio ma anche all’agricoltura, progettano opere di disboscamento e bonifica, introducendo nuove tecniche agricole come la costruzione di canali d’irrigazione (ad esempio il Rio Moirano). Sul finire del secolo XI giunge il primo assalto ai territori dell’abate: si tratta dei conti d’Albon, che si muovono dai territori estesi tra il Rodano e le Alpi e che dal XII secolo prenderanno il nome di «Delfini». Il conte d’Albon sottrae infatti all’abate le zone superiori delle valli di Susa, Chisone e Varaita. Nel successivo XII secolo compaiono invece sulla scena i conti di Savoia che, muovendosi contro gli usurpatori del Delfinato, riconquistano parte dei territori sottratti all’Abbazia, promettendo di restituirglieli - ma di fatto si propongono come scomodi rivali. Tra il XII e il XIII secolo, infatti, Tommaso di Savoia scende apertamente nel Pinerolese per sottomettere l’Abbazia: conquista Pinerolo, ma ne lascia formalmente i diritti di signoria all’abate. Si apre quindi la fiorente stagione medievale della città: il governo dei Principi di Savoia-Acaia; il titolo di capitale del principato dal 1295 al 1418; lo sviluppo artigianale, commerciale, finanziario. Se, da un lato, il tramonto politico e spirituale dell’Abbazia illumina la Pinerolo degli Acaia, dall’altro getta ombra sulla stessa città, che dal principio del XV secolo vede sfumare il proprio prestigio in favore di Torino. Nel Quattrocento l’Abbazia è infatti ridotta a commenda: non era più retta, cioè, da un monaco ma da un’altra figura, ecclesiastica (un vescovo) o laica, detta appunto “abate commendatario”. Nel 1559


Giovani&Storia

9 di Nadia Fenoglio.

a di S.Maria, cedendole i diritti su ampi territori del Pinerolese

a di S.Maria: Pinerolo entra nella storia

dia Alpina) che porterà allo splendore medievale di Pinerolo i Savoia d’Oltralpe spostano la capitale da Chambery a Torino: la storia pinerolese e del ramo degli Acaia è ora inglobata in più ampi orizzonti geopolitici. Vengono poi due occupazioni francesi, la prima tra il 1536 e il 1574, e la seconda tra il 1631 e il 1696: monaci francesi prendono allora possesso dell’Abbazia. Ed è proprio al dominio francese che si deve la distruzione dell’Abbazia di S.Maria: nel 1693, durante la guerra contro i Savoia – che qui riconquistano Pinerolo – i francesi in ritirata la saccheggiano e incendiano. Nella sua lunga storia, durata fino al 1721, l’Abbazia viene dunque retta da 28 abati claustrali (ovvero monaci) e da 17 commendatari. Finisce qui la vicenda dell’Abbazia di S.Maria per lasciare il posto a quella della chiesa di S. Verano, che ancora oggi si trova ad Abbadia. Essa, costruita tra il 1708 e il 1724 e nuovamente abitata da monaci,

sorge proprio nel luogo in cui si trovava l’antica Abbazia. Nel XVIII secolo, con la creazione della diocesi di Pinerolo, l’odierna S. Verano le cede ogni giurisdizione su Pinerolo. Ma la storia non finisce qui. Con le guerre napoleoniche la chiesa viene definitivamente abbandonata dai monaci e trasformata in magazzino: ha inizio il terzo dominio francese, quello imperiale, tra il 1801 e il 1814. Il Comune di Abbadia acquista allora dai francesi la chiesa, che ne diventa così la parrocchia. Nel 1928, infine, Abbadia Alpina è unita a Pinerolo. Ma oggi, a Pinerolo, chi conosce questa storia? Se Cavalleria e Panettone non bastano più, riscoprire altre pagine della propria storia potrebbe forse aiutare Pinerolo a ridefinire un’identità...oggi francamente in crisi. La chiesa di san Verano, Abbadia, costruita sui resti dell’abbazia


Arte&Architettura di Riccardo Rudiero

Italia Nostra prova a “scuotere” la città

Concorso di idee “Lyda Turck” Finalmente studi e proposte per un problema cronico di Pinerolo In via Brignone 9, alle ore 17.30 di mercoledì 3 settembre, erano molti i giovani architetti chiamati a raccolta presso la sede della sezione pinerolese di Italia Nostra. L’occasione: la proclamazione dei vincitori del Concorso di idee “Lyda Turck, città d’opera e d’acqua”, che prevede la riqualificazione della celebre area cittadina compresa tra il Moirano e il Lemina, e caratterizzata soprattutto dal grande edificio dell’ex Merlettificio su corso Piave. Secondo la commissione giudicante – composta dall’architetto segretario dell’associazione Eros Primo, dall’architetto Antonio Montanaro e dall’architetto Agostino Magnaghi, con la presenza del presidente di sezione Maurizio Trombotto –, le proposte avanzate dai concorsisti sono state di buona qualità e in grado di fornire ottimi spunti progettuali all’Amministrazione. «Ci sono grandi aspettative sull’area presa in considerazione dal bando», ha affermato Magnaghi, già professore di Progettazione al Politecnico di Torino, che ha poi sottolineato: «in tutti gli elaborati ricorre la parola valorizzazione, che è un termine ambiguo. Per noi vuol dire far emergere le potenzialità dei luoghi; per altri vuol solo dire monetizzazione. É ovvio che questa ultima componente debba esserci, ma non deve prevalere sulle altre». Dario Seglie, presente alla proclamazione, ha voluto porre in evidenza l’importanza dell’azione di Italia Nostra, che gioca un ruolo di vero supporto per un’Amministrazione Pubblica aperta e recettiva. Sono poi stati ringraziati gli eredi Turck: senza il loro spirito sensibile alla storia cittadina e il loro

contributo economico, non si sarebbe potuto portare alla ribalta un tema così delicato, di grande importanza e attualità. Interessanti le considerazioni di Eros Primo, ancora sulla realizzabilità delle proposte. Così com’è pensato il Piano Regolatore vigente, la maggior parte dei progetti non sarebbero fattibili: esso, infatti, punta alla riqualificazione in senso abitativo, secondo quell’equazione valida fino a prima della crisi economica per cui costruire case era sinonimo di sicuro guadagno. Tuttavia, di questi tempi è logico che si debba rinunciare all’edificazione spinta e, fortunatamente, ciò va sempre più nella direzione della tutela e del recupero dell’esistente. Ulteriore valore aggiunto per i progetti sottoposti alla commissione: essi sono stati concepiti dalla cosiddetta “generazione Erasmus” (il bando poneva il vincolo dei 35 anni d’età), il che ha fatto sì che le suggestioni e le proposte di funzione da inserire all’interno dell’area offrissero spunti davvero innovativi, che arrivano da tutte le parti del mondo. È vero che alcuni di questi potrebbero essere accusati di velleitarismo, ma il fine ultimo di un concorso di idee è l’avanzare proposte che possano dare spunti all’amministrazione: ciascun progetto, infatti, ha qualcosa di interessante da dire. Ultimo step dell’iter, la premiazione e la mostra di tutti gli elaborati presso il Salone dei cavalieri, il 12 settembre, alle ore 17.00. Si spera in una buona partecipazione da parte dei pinerolesi, senza il cui impegno poco si può fare per la tutela del patrimonio cittadino.

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Arte&Architettura/2

Dibattito sulle politiche urbanistiche in città

Sarà venduta l’area dei “Portici blu”? Comunicato di “Salviamo il paesaggio-Difendiamo i territori” Il 29 luglio 2014 il consiglio comunale ha approvato la delibera che, con allegata la nuova verifica di non assoggettabilità alla VAS a firma dall’Arch. Geuna incaricato dal Comune, fa ripartire l’iter per l’adozione della variante urbanistica ai sensi dell’art. 16bis della L. R. 56/77. In fase di approvazione del bilancio torna nuovamente la vendita dell’area dei «Portici blu» per incassare 1.688.000 euro consentendo la costruzione di un’altro «grattacielo» accanto a quello esistente. Un nuovo grattacielo di 37,50 metri (11 piani su via Chiappero angolo via Buniva) e di 25,50 m.(7piani) sulla restante parte di via Buniva. La richiesta di stralcio dell’area Portici Blu dal piano delle alienazioni firmata da 601 cittadini pinerolesi è stata respinta dalla maggioranza nel consiglio del 12 dicembre con l’intenzione di andare avanti per la vendita. Oggi dopo 11 mesi dalla prima conferenza dei servizi in cui la Regione richiedeva espressamente una valutazione sulla necessità di eseguire la VAS viene fatta la delibera. E’ però avvenuto un fatto nuovo. La Corte costituzionale con la sentenza n. 197 dell’11 luglio 2014, ha cassato le disposizioni regionali del Piemonte (artt. 33-34 della legge regionale n. 3/2013) che prevedevano una generale esclusione dagli obblighi di sottoposizione alla procedura di valutazione ambientale strategica (V.A.S.) delle varianti agli strumenti urbanistici (P.R.G.) quando minime e relative ad aree di piccole dimensioni. Questi articoli sono proprio quelli che modificano l’art.16bis della L.R. 56/77 utilizzati per non fare la VAS. La delibera votata il 29 luglio dovrà nuovamente essere sottoposta all’approvazione della conferenza dei servizi, la quale, anche sulla base del pronunciamento della Corte

costituzionale, potrebbe ritenere necessaria la Valutazione Ambientale Strategica per la variante urbanistica, con un nuovo incarico e nuove spese per i cittadini di Pinerolo. L’area dei “Portici Blu” è ora Patrimonio pubblico e quindi per sua natura anche patrimonio privato di ogni singolo cittadino. Nessun governo di città o Stato può prendere decisioni in scelte di tale importanza come se fosse ordinaria amministrazione. Continueremo, insieme ai cittadini ed ai firmatari della petizione, la battaglia per evitare questo ennesimo scempio urbanistico alla nostra città. - Paolo Bertolotti tel. 3356752257 paolobertol@tiscali.it - Enzo Garnero tel. 3282168009 garnero. enzo13@gmail-com

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Società

Donne del pinerolese di Sara Nosenzo

Elena Privitera: l’arte, che passione!

La signora “En Plein Air” Dire Elena Privitera, che di recente ha ricevuto il premio Pinarolium, è come dire, in città, En Plein Air: un’associazione e una cascina fuori Pinerolo diventata da ormai vent’anni sede di mostre di arte contemporanea. In questi giorni ospita le opere di Luigina Turri nell’ambito del Premio Internazionale ORA. Ci racconti di questa avventura… Tutto inizia nel ’94, proprio in questa cascina dove ora ci troviamo. Allora vi abitavo e la sinergia del luogo, delle pietre vecchie, del fiume, del passato mi ha portato all’arte contemporanea e così abbiamo deciso di aprire uno spazio per le mostre. Che cos’è l’arte in particolare quella contemporanea? L’arte contemporanea è l’oggi, sono i giovani, le esperienze... le nostre esperienze passate, l’umanità che si muove. È un qualcosa che si ha dentro, che si ha o non si ha, indipendentemente dal corso di studi. Io ho sempre avuto una grande passione per l’arte. Ognuno è artista, in un modo o in un altro. Per dare una definizione di arte, mi verrebbe da dire che è tutto ciò che ci permette di esprimerci: un’idea, un concetto, un artefatto... Da non confondere con un hobby. Lei ha ragione, molti considerano l’arte come un hobby a se stante, quindi le chiedo: si può vivere d’arte? Sì, si può. Naturalmente la cosa può nascere come un hobby, ma se viene sviluppata, studiando, arricchendosi di esperienze e dall’incontro con persone diverse, permette di farne un mestiere; diverso certamente da un lavoro più restrittivo, soprattutto dal punto

di vista delle relazioni sociali, ma pur sempre un lavoro in cui si mette tempo, riflessione e impegno. In questo piccolo territorio di 150 mila abitanti che è il Pinerolese, non le sembra che ci sia dal punto di vista artistico un po’ troppo provincialismo? Io amo la provincia perché permette di essere più a contatto con la gente, ma devo dire di sì, purtroppo anche nel mondo dell’arte c’è provincialismo. È un modo di vedere il territorio come scontato, banale; e questo è molto nocivo. Ed è un peccato ora che l’arte è fruibile da tutti. Che cosa manca, secondo lei, in questa città a livello di politiche culturali? Si fa tanta offerta culturale; andrebbe però più convogliata, diretta e sostenuta, non necessariamente dal punto di vista economico, ma con degli appoggi, incontri, valorizzazioni. Un consiglio per questa città in crisi? Bisogna puntare di più sul turismo, sul patrimonio che ha il Pinerolese, sui musei, magari aprendo degli spazi così da ampliare le offerte culturali per la gente di Pinerolo e non solo. Inoltre bisogna dare spazio e puntare sui giovani perché hanno davvero molto da offrire. Progetti per il futuro di En Plein Air? In tutta Europa siamo conosciuti per degli eventi a progetto a cui sono collegate le mostre, continueremo con queste progettualità. Inoltre nel nostro immediato futuro c’è ancora il progetto Maionese dedicato alle donne (citazione da un haiku di Jack Kerouac), quest’anno festeggiamo il suo 17esimo compleanno.

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così per il mondo

Vita internazionale

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di Alessia Moroni

Intervista a Daniele Jahier

6 mesi alla Columbia University

«Ho imparato moltissimo; questa è la mia prima vera esperienza in un gruppo di ricerca» Daniele Jahier, laureato in Ingegneria Elettronica e prossimo al conseguimento della Laurea Specialistica in Ingegneria Informatica presso il Politecnico di Torino è da poco tornato da un periodo di sei mesi alla Columbia University di New York, dove ha lavorato in un gruppo di ricerca per svolgere la sua tesi di laurea. Ci racconta la sua esperienza in una realtà completamente diversa dalla nostra. Per quale motivo hai scelto di partire per la Columbia University? Avevo già deciso di dedicare qualche mese di studio all’estero e pensavo di andare in Francia, in Costa Azzurra, con una borsa di studio dell’Università. Alla fine di un corso però, una professoressa ha presentato dei possibili progetti di tesi e proprio una di queste poteva essere svolta alla Columbia. Ho dovuto fare un concorso per avere una borsa di studio dal Politecnico e poi, tempo di sbrigare le pratiche burocratiche, sono partito. Di cosa tratta l’argomento della tesi e di cosa ti occupavi esattamente alla Columbia? Ero inserito nel gruppo di ricerca “System Level Design”, presso il dipartimento di Computer Science. Mi occupavo di “Medical Imaging”, in particolare curavo la parte elettronica ed informatica di sistemi per la ricostruzione di immagini che permettono di diagnosticare il cancro al seno. Ho imparato moltissimo e mi è servito soprattutto perché questa è la mia prima

vera esperienza in un gruppo di ricerca. Com’è stato il passaggio da una realtà piccola come Pinerolo a quella di una città come New York? Eri l’unico italiano nel gruppo? Il professore che coordina il gruppo di ricerca in cui sono stato è italiano e con me c’erano altri tre ragazzi italiani che già da tempo sono alla Columbia. Lavoravo per lo più con un italiano ed un Americano. Dal punto di vista dell’ambientarmi non è stato un problema, dopo un po’ si fa esperienza e si conosce meglio la città. Gli studenti dello stesso gruppo mi hanno aiutato e adesso ritengo di conoscere Manhattan abbastanza bene. Se potessi scegliere un momento particolarmente importante della tua esperienza, quale ci racconteresti? Sicuramente ce ne sono tanti! Per prima cosa imparare a vivere in una città del genere in modo giusto, da soli. Poi direi sicuramente salire sul Rockefeller Center e sono addirittura riuscito ad incontrare due miei “idoli”: Shaquille O’Neil, un ex-giocatore di basket, e Jordan Rudess della band dei Dream Theater. Quali sono i tuoi progetti futuri? Ritorneresti per un altro periodo a New York? Dopo la laurea mi piacerebbe fare il dottorato con lo stesso tipo di lavoro, anche esteso ad altre applicazioni. La mia idea sarebbe di farlo in Italia o in Europa, per essere più vicino. Certo, se New York fosse dietro l’angolo, lo farei lì.


Lettera a...

dal tempo

di Cristiano Roasio

Lettera a...

La doccia gelata dell’icebucket Che il gavettone fosse una pratica globalmente diffusa è palese: se fa caldo, davvero caldo, una bella doccia ghiacciata mi refrigera; semplice come bere un bicchier d’acqua, per rimanere nell’idrico. Imperversa, notavo, la moda dell’Icebucket. La prassi richiede a) una bacinella colma di liquido biidrogeno, possibilmente in due stati diversi ed uguali della propria materia, b) un simpatico collaboratore burlone, disposto a stare nel semianonimato o a comparire in tutta la sua programmata fama e burloneria c) un personaggio di media statura internazionale preferibilmente calciatore o vip in qualsiasi c a m p o disposto a farsi versare il summenzionato bucket gelato sul cranio in una presunta e burlonesca s o r p r e s a provocante lo shock termico da ostracizzare con bestemmie e nomine di altri personaggi sfidati nella stessa goliardica impresa a favore di cellulare. A che pro? Una campagna benefica per la raccolta fondi per la ricerca contro una qualche brutale malattia, la quale ogni volta che ci svegliamo speriamo di non aver contratto nella notte piena di incubi neri e storditi come quelle cellule nere e anarchiche impazzite e jihadiste nel corpo del malato terminale. Ebbene, probabilmente la secchiata nasce dal desiderio di sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti della campagna e sarà sicuramente corredata da una beneficenza in euro quanto io mai farò in tutta la vita ma... c’è qualcosa che non mi convince: è subdola,

puzza di marketing a distanza di miglia, ma peggio ancora (in fondo la pubblicità porta soldi e più soldi ho più ne posso versare sulla testa delle mie cause, ed anche qui lisci come un ruscelletto di montagna) si cristallizza in ghiaccio su fili d’erba nelle mattine di gennaio: è un gesto standardizzato imposto dalla ripetizione modaiola, che lentamente perde la presunta burlonaggine di cui sopra e non appare altro che una doccia gelata. Anche metaforica. Se il bene sceglie queste vie è davvero bene? L’acqua che si infiltra nelle crepe della terra fa rinverdire il sottobosco, ma tolti gli alberi, che non necessitano minimamente di quei rivoletti, la frana è dietro l’angolo. Cosa c’è di virale oltre al bucket in questi giorni? Le decapitazioni che sfruttano la viralità del gesto per insinuarsi come virus nelle poche certezze giornaliere. Accostamenti così distanti permettono di notare come le tecniche social vengano utilizzate allo stesso modo, con l’identica e precisa volontà bonaria e acritica del proselitismo. Lo schermo sembra quasi giustificare lo spettacolo, per macabro o imbecille che sia. Le guerre di religione, le rivolte e tutti gli altri ameni conflitti che sbocciano giornalmente corrono sul filo della condivisione e raggiungono così un numero talmente vasto, al confronto i volantini durante le guerre mondiali sembrano una goccia nel mare, di persone non pronte alla doccia gelata che li attenderà nello schermo sempre giocoso del cellulare.

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società

Giovani del territorio

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di Chiara Gallo

Michael Norcia e Alessandro Comardo

Taurinense Design & Comunicazione Michael Norcia e Alessandro Camardo sono i giovani soci e fondatori della Taurinense Design e Comunicazione. Quella che nasce circa 5 anni fa come una passione ed un attività extra si rivela essere una start up vincente. Molti i clienti che si rivolgono a loro, del territorio pinerolese, ma non solo. In un periodo come quello attuale, influenzato se non determinato dai social media e dalla rete più in generale, è facile sbagliare e rendere quello che dovrebbe essere un servizio aggiuntivo all’azienda un fattore negativo. L’attività della Taurinense mira ad aiutare le realtà produttive a diffondere al meglio il proprio prodotto? Il nostro lavoro consiste nello sviluppare il brand dell’azienda a 360 gradi. Ne curiamo l’immagine sia sotto l’aspetto grafico, sia sotto quello della comunicazione online e dei social network come facebook, twitter o instagram. Cerchiamo di ottenere la fiducia del cliente in modo da riuscire a soddisfare le sue richieste applicando efficacemente uno studio accurato e personalizzato. Come siete arrivati all’ideazione del vostro marchio? Entrambi abbiamo frequentato l’Istituo I.E.D, con corsi di laurea differenti ma altamente compatibili e soprattutto complementari, ossia grafica e comunicazione. Dopo un periodo di tirocinio formativo presso importanti studi di Torino, abbiamo deciso di metterci in proprio, mantenendo come clienti i nostri vecchi contatti. Così facendo ci siamo trasferiti ed inseriti nella realtà pinerolese. In quanti siete all’interno della Taurinense? In tutto siamo in quattro. Poi ovviamente abbiamo alcuni collaboratori, soprattutto fotografi di Torino, a cui ci affidiamo per determinati lavori. I nostri ruoli partono divisi, ma in realtà spesso si intrecciano o si invertono, in questo senso siamo un’ ottima squadra, equilibrata e dinamica. Quali sono ad oggi i vostri clienti? Attualmente curiamo la grafica di Sara ford, Oberto, la catena alberghiera Allegro Italia, la comunicazione e l’immagine di discoteche come Le Vele o il Tabata; ultimamente abbiamo seguito

anche la campagna pubblicitaria di alcuni politici. Quali sono state le difficoltà maggiori? All’inizio forse la scarsa esperienza sul campo pratico con clienti appena conosciuti. Tuttavia tutto ci ha aiutato a maturare e crescere sia sul piano professionale che personale. Ufficialmente la vostra è un’impresa che nasce a gennaio del 2014. Come state vivendo questo

periodo di crisi? Al momento stiamo lavorando bene e non possiamo lamentarci. La nostra è stata una sfida che ci ha messo davvero alla prova. Siamo nati lentamente per poter offrire un servizio il più possibile completo. Abbiamo voluto aspettare per essere pronti e preparati sia tecnicamente che a livello creativo. Progetti per il futuro? Presto dovremmo trasferirci in un nuovo studio, più grande, che permetta di implementare altri campi del design e della grafica. Siamo partiti in piccolo e adesso ci stiamo espandendo. Un consiglio in base alla vostra esperienza? La formazione sicuramente è alla base di tutto, dal punto di vista scolastico e soprattutto professionale. Una volta sviluppate le capacità lavorative sotto la guida di un esperto del settore, si è pronti a dare forma alle proprie idee. Dopodiché provare per credere. Specialmente se si è giovani occorre avere il coraggio di buttarsi.


Per Mostre e Musei

società

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A cura di Chiara Gallo

Intervista ad Oscar Cauda

Il vincitore del 1° premio per il Concorso di Street Art del Summerfest S. Pietro Val Lemina Uno studio da Liceo Classico alle spalle e una carriera universitaria seguita da una professione di grafico. Questo e molto altro è Oscar Cauda, vincitore del contest di Street Arte che si è svolto ai primi di luglio 2014 in località San Pietro Val Lemina in occasione della manifestazione culturale Summerfest. Conosciamo quindi meglio l’artista. E’ stato difficile trovare un soggetto ed una tematica coerente da adattare al contest? In primis volevo realizzare un disegno che fosse sullo stesso stile di quelli che realizzo su carta e tela ma adatto ad essere trasferito sulla parete. Ho dovuto quindi visualizzare il muro e capire come adattare il tutto a quella dimensione. I soggetti che ho scelto rappresentano due scoiattoli immaginari, per un motivo abbastanza curioso: cercavo qualche animale di montagna che potesse prestarsi per un formato stretto e lungo. Non l’avevo ancora trovato, finché tornando a casa uno scoiattolo mi ha attraversato la strada, ho realizzato subito che sarebbe stato perfetto per il muro del contest. Pensi che la Street art in quanto tale possa avere un seguito sul territorio? Secondo me dovrebbe assolutamente avere un seguito nel territorio. Anche grazie al contest, siamo riusciti a dare nuovo carattere ed energia all’area dove abbiamo realizzato i nostri lavori. Non sarebbe male,

vista l’enorme disponibilità di muri scrostati o rovinati presenti sul territorio, realizzare più spesso interventi di street art, magari con un po’ di assistenza tecnica da parte di comuni e associazioni. Parlaci un po’ di te. Quale è stato il tuo percorso artistico e come lo hai adattato al tuo lavoro attuale? Dopo aver frequentato il Liceo Artistico a Pinerolo mi sono laureato al Politecnico di Torino in Progetto Grafico, e tutt’ora lavoro come tale. Inoltre proseguo varie attività illustrative parallele come quelle presenti sul mio sito. Per quanto riguarda il contest, il mio percorso mi è servito per elaborare il murales attraverso diversi livelli, come si ragionerebbe in una composizione grafica. Sono partito dallo sfondo fino al primo piano utilizzando differenti tecniche e materiale: inizialmente con uno smalto bianco, passando per una texture creata con spray e stencil fino alla parte frontale rifinita con pennelli e pennarelli. Pensi che il periodo che stiamo vivendo sia un momento totalmente negativo per l’arte o credi che vi siano anche dei lati positivi? Penso che non sia così negativo. Poco alla volta si stanno facendo conoscere sempre più artisti, illustratori, e creativi italiani famosi anche a livello mondiale. Forse il fatto che sia vissuto come periodo negativo, sprona di più le menti e l’ingegno a creare cose nuove in grado di far sopportare meglio la realtà quotidiana. Progetti nel prossimo futuro? Tantissimi. Mi piacerebbe migliorare e crescere in diversi ambiti creativi, e portar avanti i miei progetti di illustrazioni e grafiche in un mercato più ampio. Potrei così dedicarmi solo ad una mia attività diffondendo un marchio che mi rispecchi. www.heygraphic.it


diritti umani

Visibili & Invisibili

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gruppo giovani amnesty international

La campagna immigrazione

“S.O.S. Europa: le persone, poi le frontiere” Ci siamo lasciati qualche mese fa con una lettera di risposta ad un cittadino pinerolese sul tema dell’immigrazione – potete trovarla nel numero di luglio di Pinerolo In Dialogo. Avevamo risposto con decisione e fermezza per dire la nostra sul tema degli immigrati ma per ragioni di scelta e di spazio non avevamo trattato della complessa e complessiva posizione di Amnesty sulla questione immigrazione. Amnesty International ha lanciato nel corso di questo anno la campagna europea “S.O.S. Europa – Le persone, poi le frontiere” per chiedere ai governi degli stati membri di rispettare a pieno i diritti dei migranti. Vogliamo che le istituzioni si impegnino per un soccorso sicuro delle persone in mare, che si promuovano alternative concrete e immediate alla detenzione dei migranti come strumento della gestione del

fenomeno migratorio e vogliamo che i diritti dei migranti, dei rifugiati e dei richiedenti asilo siano sempre una priorità nelle operazioni di “controllo” dell’immigrazione. Nell’ambito della campagna promossa da Amnesty International, l’Italia occupa un ruolo fondamentale considerato che rientra tra i paesi che più risentono del fenomeno in Europa. A questo proposito, siamo molto soddisfatti che l’UE, a seguito dell’incontro tra il Ministro dell’Interno Alfano e la Commissaria europea agli Affari Interni, si sia impegnata per dare un concreto aiuto all’Italia nella gestione del fenomeno migratorio con la nuova operazione “Frontex Plus”, con l’auspicio che possa essere un importante strumento di collaborazione europea per porre fine alle tragiche perdite di vite umane nel mare Mediterraneo.


musica

Officine del suono

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di Isidoro Concas

M u s i c a emergente

Within Issue

I Within Issue sono un trio alternative rock di Pinerolo, vincitore dell’edizione 2014 del Rock n’Wolf, festival musicale di Cantalupa, nel quale la formazione ha esordito aggiudicandosi la vittoria. Dopo la pausa estiva, li abbiamo intervistati per sapere quali saranno i loro progetti futuri. Dunque, poco più di un mese fa avete riscosso il vostro primo successo al Rock n’Wolf, dove siete comparsi in pubblico per la prima volta proponendo già dei pezzi originali. Cosa vi ha fatto scegliere questo palco? Dopo aver cominciato a suonare, abbiamo cominciato a cercare un palco su cui esibirci, ed il Rock n’Wolf ci è parso la scelta migliore, anche se non avremmo mai pensato di vincere, perché è un evento tutto sommato non troppo grosso, della zona, dove avremmo suonato davanti a molte persone che già ci conoscevano ed in un ambiente interessante, con altri gruppi con cui mettersi alla prova ed un buon suono. C’è stato anche un elemento scaramantico, visto che il primo che Gabri, il batterista, ha fatto, è stato proprio lì, tre anni fa, con i Ghosts Of Destiny, gruppo che poi ha vinto quell’edizione. La scelta di una formazione a trio è poco frequente ed audace, perché lascia molta responsabilità ad ognuno dei tre musicisti, e richiede molto legame tra loro: in che maniera avete sviluppato il vostro sound rispetto alla vostra formazione? Siamo partiti ispirandoci ad un suono simile ai Foo Fighters od ai Queens of the Stone Age, ma sin dalle prime prove ci siamo spostati verso un suono più nostro, con più psichedelica e meno aggressività, mantenendo però nelle canzoni una struttura base che esce quasi istintiva ascoltando

rock, elemento comune del nostro background. Spesso le idee per i pezzi nascono separatamente, ce le si invia in versione primordiale registrandole con Whatsapp e poi ci si ritrova nella tavernetta di Marco, la nostra sala prove fatta in casa, per lavorarci su. Spesso nel comporre si cerca di mettere un qualcosa che attiri l’attenzione, che faccia dire “senti come suona bene”, che sia distintivo, ma al di là di questo, essendo agli inizi non abbiamo ancora uno schema fisso. Voi siete tra i pochi gruppi emergenti che hanno la propria base a Pinerolo: qual è la vostra opinione sulla scena musicale della città? Da fuori può sembrare che la scena sia un po’ ferma, ma il fatto è che Pinerolo stessa non offre molte occasioni per chi suona, si può dire che è un po’ morta, o anziana. Spesso per fare musica nei locali basta un dj, se fai musica tua non trovi molte offerte, mentre già con dei gruppi cover di musica italiana c’è più probabilità di avere qualche data, e spesso molti gruppi rimangono fermi alle cover e dopo un po’ si annoiano e si sciolgono. Il problema è che mancano posti che assicurino un po’ di date di rodaggio per i nuovi gruppi, che invitino chi sta sotto il palco a prendere a sua volta in mano gli strumenti, o magari cose come il Rock in Oratorium, che permetteva a più band di suonare insieme, creando collaborazioni all’interno della scena. Ormai si può dire che a Pinerolo una band si scalda, mentre la vera partita si gioca a Torino. Noi, adesso, abbiamo intenzione di cominciare a fare qualche concerto in zona, dopo aver detto “noi ci siamo” al Rock n’Wolf, e nel frattempo stiamo rivedendo i nostri pezzi e scrivendone altri. Sentirete parlare di noi.


Andare al cinema

società

di Andrea Obiso

il cinema va in cucina

Chef - La ricetta perfetta

Regia: Jon Favreau - Cast principale: Jon Favreau, John Leguizamo, Sofia Vergara, Scarlett Johansson, Dustin Hoffman Carl Casper (Jon Favreau) è un famoso Chef di Los Angeles, le sue sicurezze tra i fornelli vengono minate nel momento in cui un noto critico culinario stronca le sue ricette dichiarandole antiche ed insinuando che la vena innovativa che aveva caratterizzano l’inizio della carriera di Carl oramai si è esaurita. Tra una litigata con il proprietario del ristorante (Dustin Hoffman) ed un battibecco con l’ex moglie (Sofia Vergara) Carl scopre il potere di twitter e subito si scontra con la pericolosità di questo mezzo. Lasciandosi coinvolgere dalla colorita retorica utilizzata all’interno del social network infatti Carl sfida apertamente il critico culinario, scatenando una catena di eventi che porteranno il rinomato chef a riconsiderare il proprio lavoro e le proprie priorità. Jon Favreau, già noto per ruoli comici e per la regia, fra gli altri, di Iron Man, porta in scena una commedia

leggera e divertente basata sulla cucina e sul rapporto padre-figlio. A supportare la storia, poco originale ma comunque presentata in modo fluido e privo di momenti morti, c’è un cast di attori con notevole esperienza all’interno del genere e con abbastanza notorietà da attirare il pubblico in sala. I problemi della pellicola, come spesso accade, sono paradossalmente associabili ai punti forti appena elencati. L’andamento della vicenda infatti prosegue esattamente come lo spettatore si aspetta, creando un ambiente sicuro e privo di sorprese che caratterizzano spesso pellicole destinate ad essere dimenticate nell’arco di un paio di mesi. Per ricalcare un concetto spesso espresso da chi commenta cinema: un gradino sopra le commedie all’americana, un gradino sotto i film interessanti. A voi decidere se il fantomatico bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto.

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società

Giovani,Tecnologia@Innovazioni

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a cura di Greta Gontero

Le “lenti” superintelligenti di Google Da un po’ di tempo Google sta lavorando ad un paio di lenti hitech per creare un supporto che sia direttamente a contatto con gli occhi. Per il momento sono stati creati prototipi funzionanti e l’azienda ha stretto un accordo con la società multinazionale “Novartis” per un’applicazione medica alle proprie lenti. Gli utilizzi di questo futuro gadget saranno molteplici e le idee sono parecchio ambiziose: partendo dal fatto che queste lenti a contatto siano legate alla medicina, il loro uso principale è quello di misurare i livelli di insulina nei pazienti diabetici. Tutto ciò è possibile grazie a sensori e microchip integrati che monitoreranno il livello di insulina del paziente e, se il livello sale pericolosamente, avvertiranno subito l’utente e il medico tramite delle luci LED. Questo prototipo include anche una fotocamera (ovviamente molto rimpicciolita) che scata le foto con un gesto specifico, per esempio l’occhiolino. Oppure queste futuristiche lenti saranno in grado di avviare un ricerca di informazioni su

una persona che l’utente osserva per qualche secondo, grazie ad un sistema di riconoscimento facciale. Da tutto questo progetto, nasce l’idea per un altro: un computer dentro la lente a contatto… incredibile solo a pensarlo! Eppure potrebbe essere in commercio già tra dieci anni. Infatti il “Centre of Microsystems” dell’Università di Gand (Belgio) ha già creato lo schermo di tale computer; questo prototipo è ricurvo e flessibile per adattarsi meglio alla superficie oculare ed include un display LCD che gli consentirà di proiettare immagini e scritte in trasparenza e sovraimpressione. Inoltre, grazie alla presenza di un unico cristallo liquido, queste lenti possono scurirsi e riparare così gli occhi del soggetto dalla luce del sole. Essendo però ancora in fase di costruzione, rimane da perfezionare la trasmissione dati e il rifornimento energetico della lente.

Via Vigone da valorizzare

La via degli artisti e degli artigiani si è arricchita di un altro laboratorio: Pizzeria da Gigi


società

Appunti di viaggio di Angelica Pons

tempo inclemente? visitate le città d’arte!

Verona, con Giulietta e Romeo

Il tempo inclemente non incoraggia, ma è ideale per visitare una città d’arte senza l’oppressione del caldo. Verona è una meta splendida, vivibile e raggiungibile in treno o con poche ore di autostrada (E70), per una scappatella a metà settimana, almeno una notte in loco, in un quartiere tranquillo, Croce Bianca, ben servito dai bus. «E’ in vendita una card per sconti, ingressi e l’uso dei pulmann», è l’ottimo consiglio dell’amabile Beatrice dell’Euromotel, albergo accogliente e con stanza a tema, dall’antico Medioevo con gli armigeri al total pink e “tacco 12” della Barbie; squisita la colazione a buffet. Verona è, non solo, ma anche l’Arena, nell’ariosa piazza Bra’ coi giardini su cui sostano pezzi di scena dell’Aida e si affacciano il Municipio neoclassico ed il Palazzo della Gran Guardia, tardo-rinascimentale, che in questo periodo ospita una meravigliosa mostra su Paolo Caliari detto appunto il Veronese, gran maestro del 1500. Poco oltre, col bel ponte di pietra sull’Adige, sorge lo splendido castello scaligero, con museo e statua equestre di Can Grande della Scala. Non distante, la bella piazza delle Erbe con il Palazzo della Ragione, sede della G.A.M., la bella piazza Dante, il mercato ed i caffè. Dall’alta Torre Lamberti si ammira la città antica, avvolta dalle anse del fiume. Originali le chiese. S.Zeno, capolavoro romanico con fondamenta paleocristiane, cripta con reliquie e pala d’altare d’autore (Andrea Mantegna). S. Fermo si compone di due edifici che s’incastrano e sviluppano dall’antica pieve del V secolo al gotico armonioso, con pregevoli affreschi del Pisaniello. Il duomo con due organi e la bella Assunzione di Tiziano si articola in un complesso con chiostro e il noto campanile. Deliziosa S. Anastasia: i “gobbi” reggono le acquesantiere e lo sguardo vede il succedersi dei secoli sui sovrapposti stili dalla parete affrescata (S. Giorgio e la Principessa di Pisaniello) agli altari in barocco policromo

veneziano come quello del Redentore, scolpito da Cattaneo discepolo del Sansovino su disegni del Palladio. Verona è anche la fonte del mito più romantico. Nato forse da un pettegolezzo tra armigeri, secondo alcuni, per altri vicenda semiautobiografica di un narratore friulano, la storia di Romeo e Giulietta qui trova spazi che la fanno sentire reale: dal verone cui si accede attraversando una volta cosparsa di messaggi

romantici scritti o appiccicati su cerotti e persino salvaslip - premurosamente tolti da qualche custode - all’abitazione, con affreschi ed arredi del tempo, alla cassetta postale per Giulietta, (c’è pure l’e-mail), alla tomba, credibile, perfettamente ricostruita nei dettagli. La casa di Romeo è privata, si vede l’esterno, ma al fianco si può cenare dal Duca, la trattoria con pasta fatta in casa, “pastissada de caval” ed altre prelibatezze. Non sedetevi sulla sua sedia però: se dovesse entrare il Duca, nota maschera della contrada, quella spetta a lui solo. Per sognare un poco.

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Cosedell’altromondo

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di Massimiliano Malvicini

24.8.2014 – Giornata della commemorazione del commercio degli schiavi e della sua abolizione Il 24 agosto si è celebrata la “Giornata Internazionale per la Commemorazione del Commercio degli Schiavi e della sua abolizione”, un giorno dedicato al ricordo della rivolta avvenuta sull’isola di Santo Domingo (oggi divisa tra Haiti e Repubblica Dominicana), la notte tra il 22 e il 23 agosto 1791 da parte di Toussaint Louvertoure, il primo generale maggiore di colore dell’esercito nazionale francese, e dei suoi uomini. La rivolta rappresentò una reazione formidabile per quei tempi ed ebbe come risultato l’inizio della messa in discussione dell’abolizione della tratta transatlantica degli schiavi. Come è intuibile, lo scopo della Giornata è stato quello di fare memoria della tragedia della tratta transatlantica e di analizzare le cause storiche, le modalità e le conseguenze di questa tragedia in Africa, Europa, America

e Caraibi. Le conseguenze di questo fenomeno sociale prima che economico sono ancora evidenti oggi: l’Africa deve ancora recuperare dai disastri provocati dal commercio degli schiavi o dalla successiva era di colonizzazione. Attraverso l’Atlantico, in Europa e altrove, i cittadini di origine africana ancora lottano quotidianamente contro radicati pregiudizi che li rendono sproporzionatamente tra i più poveri. Infine, nonostante l’ufficiale abolizione della schiavitù, il razzismo ancora pervade il nostro mondo: le forme contemporanee di schiavitù, tra le quali la servitù e la prostituzione forzata, l’uso dei bambini nelle guerre e il commercio internazionale di droga continuano a rappresentare un avversario temibile.

Agosto 1974 – agosto 1980, stragi di Italicus e della stazione di Bologna Sembrano lontane nel tempo, eppure le stragi d’inizio agosto rimangono fermi ricordi di chi in quegli anni ha vissuto l’insicurezza di vedere il terrorismo vincere contro la democrazia, all’epoca messa in difficoltà sia dall’estrema destra che dall’estrema sinistra oltre che dalla crisi sociale ed economica degli anni Settanta ed Ottanta. Era il decennio dell’insicurezza: dopo il boom degli anni Sessanta, l’economia e la società italiana si trovavano diversi e senza riferimenti e lo Stato era anche l’emblema di questo spaesamento. In queste circostanze, all’una del mattino del 4 agosto 1974, all’uscita dalla galleria degli Appennini, nei pressi della stazione di San Benedetto Val di Sambro (Bologna), un ordigno ad alto potenziale esplose nella quinta vettura del treno Espresso 1486 Italicus, diretto a Monaco di Baviera; all’esplosione seguì un incendio di vaste proporzioni e solo per miracolo il convoglio riuscì a raggiungere la stazione più vicina allarmando i soccorritori. Sei anni dopo, presso la Stazione centrale di Bologna, nella sala d’aspetto, piena di famiglie in partenza per la costa adriatica, esplose un altro ordigno che squarciò i muri della stazione e fece cadere l’ala ovest del complesso

causando la morte di 85 persone, tra cui molti bambini. Era la guerra fra lo Stato ed il terrorismo. Le due stragi, benché si svolsero a sei anni di distanza, vennero compiute con il deliberato obiettivo di colpire i viaggiatori, le famiglie in partenza per le vacanze o per lavoro: quelle del convoglio Roma-Monaco di Baviera nel 1974 e quelli della sala di aspetto della Stazione di Bologna centrale. L’Italia non era più un luogo sicuro ed i terroristi ne erano consapevoli: destabilizzare lo Stato italiano tramite la strategia della tensione era uno dei modi per restaurare un ordinamento diverso da quello vigente e garantire così sicurezza e sviluppo alla nazione italiana. Sembrano parole vuote e lontane, ma gli scenari terroristici che si stanno sviluppando in tutto il mondo non sono così distanti da quanto avvenuto in Italia: Algeria, Libia, Iraq sono solo gli ultimi esempi di un morbo che spesso colpisce le democrazie in momenti difficili della loro storia. Quando sentiamo di bombe che esplodono, dovremmo ricordare prima di tutto la nostra storia e cercare di ricordare le stragi che hanno sparso sangue in questo Paese.


eventi

Via Vigone da valorizzare

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Via Vigone , la via degli artisti e degli artigiani, si fa sempre più bella. Da poco con la tinteggiatura della facciata dell’edificio dove ha sede anche la nostra associazione Onda d’Urto ha subito un radicale restilyng

Dopo le vacanze si riprende...

Associazione Culturale Onda d’Urto Via Vigone 22, PINEROLO - ondadurtopinerolo@gmail.com aperta il lunedì-mercoledì-venerdì ore 15-18 e su appuntamento

I progetti di Onda d’Urto per i giovani: < Un Centro Culturale e un punto d’incontro per giovani < Dove trovare una scrivania per progettare e studiare < Un luogo dove avviare confronti di idee con giovani e adulti < Dove fare coworking, piccole conferenze, dibattiti < Serate di laurea, mostre di giovani artisti e giovani associazioni < Un luogo dove avviare start-up o ascoltare esperti < Un “incubatore di idee” per coltivare “prospettive di futuro” < Dove si pensa anche il giornale “Pinerolo Indialogo” < Un luogo per contattare un Ente accreditato per i servizi al lavoro < Dove trovare aiuto per partecipare ai bandi nazionali ed europei < .... un’occasione per i giovani del territorio

Su www.pineroloindialogo.it/eventi vi sono gli eventi del territorio Segnalate gli eventi del Pinerolese a: eventi@pineroloindialogo.it


Sono amici di Pinerolo InDialogo e di Onda d’Urto 24


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