Pineroloindialogo ottobre2016

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Anno 8, Ottobre 2016

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I N D I A L O G O .it Indialogo . i t , a u t o r i z z . N . 2 d e l 1 6 . 6 . 2 0 1 0 d e l Tr i b unale di Pinerolo - dir.Antonio Denanni

Pinerolo: innazitutto una città pulita Donne del Pinerolese: Isabella Grandis: “Le donne del popolo della Maschera di Ferro” Docenti Universitari/30, Agnese Giacomino: «Sono 38 anni che sono innamorata della mia città»

Intervista all’assessore alla Cultura Martino Laurenti: «Una location museale unica a Palazzo Vittone deve portare anche a un coordinamento e a una gestione unica»


Buone News A cura di Francesca Olocco

Un progetto fuori dalle convenzioni Spesso chi fa sport si trova di fronte molti avversari. Cosa cambia quando il rivale è invece una malattia genetica? Alberto Rubino, atleta autistico, nel 1999 raggiunge l’EV_K2 a quota 5050 m. Questo suo gesto, quasi estremo ma molto significativo, porta alla fondazione a Roma del Progetto Filippide: una sfida per i giovani autistici e per i loro allenatori, che vede nella corsa non un’effimera ricerca della forma fisica, ma la speranza di creare momenti meno grigi e isolati, di cancellare una differenza, quella tra ragazzi autistici e normodotati. Come può attuarsi una sfida simile? È risaputo che la corsa, oltre a procurare chiari benefici al corpo, genera anche benessere mentale. I motivi sono molteplici: innanzitutto l’acquisizione di capacità a lungo termine quali l’autonomia e l’impegno costante, ma anche la possibilità di creare forti legami sociali. Inoltre la ricerca di un equilibrio mentale, anche grazie alla continua attenzione che l’atleta deve porre alla propria interiorità, alla regolarizzazione del proprio respiro. Il movimento, quindi, se praticato in compagnia e sotto la guida degli allenatori, può trasformarsi in un farmaco invisibile in grado di agire nel subconscio della persona, facendola sentire viva e riattivandone la voglia di esprimersi. Quando il progetto, nel 2011, arriva a Torino, nasce l’associazione Autismo e Società, dalla quale ha vita, nel 2013, un’apposita sezione chiamata Autismo e Sport, che si occupa di due discipline sportive: il nuoto e il canottaggio. Per quanto riguarda la corsa, si decide di

svolgere il lavoro in equipe, così che ogni team sia composto da un direttore tecnico, uno psicologo e dei preparatori atletici specializzati, che decidono e vagliano l’allenamento in base alle reazioni degli atleti. L’obiettivo è quello di insegnare loro a camminare - e poi correre - in modo fluido, e infine a comprendere quale sia il punto di partenza e quello di arrivo, così da svolgere l’attività in modo completo. Dopo molto impegno e un duro lavoro da entrambe le parti, i ragazzi hanno anche avuto l’occasione di partecipare ad alcune manifestazioni podistiche non competitive. Il primo Giugno, ad esempio, a Borgaretto (TO), si è svolta una prova molto particolare: un’ora di corsa continua e svolta in totale autonomia. Al centro dell’evento, seguito dai media, c’era Gabriele, un ragazzo che si allena ormai da anni con un team di preparatori guidati dal Direttore Tecnico Pietro Cristini, ex mezzofondista che ha creduto fortemente nel progetto e lo ha portato anche a Pinerolo, presso il Campo Martin e la palestra della Piscina Comunale. Gabriele, incitato continuamente dai suoi allenatori, ha corso 28 giri, 115 metri e 50 centimetri con una media al chilometro di 5 minuti e 19 secondi. Perché quindi non credere a un progetto fuori dalle convenzioni ma che è riuscito a far crollare la barriera che separa molti ragazzi speciali dai loro coetanei? Liberamente tratto da R. KELLER, I disturbi dello spettro autistico in adolescenza e in età adulta, Erickson, 2016 e dal blog di Pietro Cristini: http://www.esserecorsa.it/.

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33 Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

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Innanzitutto una città pulita A Pinerolo non siamo certamente come a Roma, dove l’indignazione per la città sporca ha dato origine nel 2008 al blog “www. romafaschifo.com”, dove i romani esprimono la loro indignazione per la situazione di degrado della città eterna. Ma anche a Pinerolo il tema della città sporca è uno degli argomenti preferiti dai social, dove si discute di cassonetti pieni, di suppellettili abbandonate, di cacche dei cani... L’insoddisfazione in materia è tanta. Anche perché è impensabile rilanciare la città dal punto di vista turistico, culturale, industriale... in queste condizioni. Ce lo ha confessato più di un industriale che questo è un biglietto di presentazione essenziale (insieme a quello della sicurezza) per fare impresa: “nessuno andrà mai a fare impresa in una città sporca” ci è stato detto. Una casa povera, ma pulita fa passare il messaggio che vi è ordine, ci si prende cura delle cose, c’è dignità... una casa sporca invece da l’idea di disordine, di trascuratezza, di disinteresse... Da questo punto di vista il lavoro da fare in città è tanto e bisogna che il sindaco Salvai e la sua amministrazione escano da quel complesso di sudditanza dei loro predecessori nei confronti dell’Acea e del suo amministratore delegato e facciano valere il loro potere azionario. Prima di pensare a fare utili da distribuire agli azionisti si pensi alla mission di fondo della partecipata, che è quella di assicurare dei servizi di qualità alla città: vogliamo vedere più netturbini per le strade, anche di periferia, solo con l’intervento manuale si può avere una città pulita! Oltretutto si creerebbero posti di lavoro! Senza questo presupposto di base è impensabile parlare di rilancio della città. Antonio Denanni

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Buone News

un progetto fuori dalle convenzioni

Politica giovane young

intervistaall’assessoreallaculturalaurenti

Docenti universitari / 30

agnese giacomino, chimica

Benchmarking territoriale

la legge sui piccoli comuni

Urbanistica & Architettura

palazzo acaja si riparte con la ricerca

L’ambiente siamo noi

unire incentivi energetici e antisismici

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Giovani & Scuola

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la gita la facciamo in barca

Giovani & Storia

referendum a pinerolo del 1946

Donne del Pinerolese

isabella grandis e la mschera ferro

Vita Internazionale

di ritorno dalle olimpiadi raccontano

Per Mostre, Musei ed altro

brueghel alla venaria reale

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Dal mondo

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In Europa

i confetti avvelenati di trump

c’è un treno della memoria

18 Visibili & Invisibili

omicidi illegali nei territori occupati

19 Il Passalibro

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PINEROLO / INDIALOGO.it

Direttore Responsabile Antonio Denanni Collaborano: Emanuele Sacchetto, Alessia Moroni, Aurora Fusillo, Francesca Beltramo, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Rebecca Paternò, Federica Crea, Greta Gontero, Oscar Fornaro, Alessandro Castiglia, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Francesca Olocco, Isidoro Concas, Sara Nosenzo, Angelica Pons Con la partecipazione di Elvio Fassone e Beppe Gamba photo: Giacomo Denanni Indialogo.it, Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010 - Ed. Associazione Culturale Onda d’Urto Onlus redazione Tel. 0121397226 - E-mail: redazione@pineroloindialogo.it STAMPA: In proprio

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la rotta sbagliata d’europa

Sociale &Volontariato

progetto salute e prevenzione

Officine del suono

i waser

Filmografia

un tarantino mai visto prima

Viaggiare

appia antica o regina viarum

Amici di Pinerolo Indialogo

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Politica

Politica giovane young

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di Antonio Denanni

Intervista all’assessore alla Cultura Martino Laurenti

“Uno dei progetti a cui stiamo lavorando riguarda i musei che vanno rinnovati” «Prima di qualsiasi discorso sulla Bochard è necessaria una programmazione di tutto il patrimonio di beni immobili comunali» Incominciamo con una domanda sulla città, agganciandoci a una persona di cultura come De Amicis che ha soggiornato a Pinerolo a fine Ottocento e l’ha definita “La Nizza del Piemonte”. Qual è la situazione oggi? La potremmo ancora definire così? Per il suo clima e per la sua posizione paesaggistica la Pinerolo di oggi non è cambiata rispetto a quella di allora, forse è peggiorata a livello di clima per via dell’inquinamento e anche dal punto di vista sociale perchè non ci sono i fermenti della Belle Epoque di allora. Forse De Amicis in questo paragone vedeva anche l’influsso francese che c’è stato nei secoli sulla città e che è ancora rimasto in numerose realtà architettoniche cittadine. L’amministrazione di cui fa parte è fresca di elezioni. Quindi molte idee sono probabilmente ancora in fase di elaborazione. Per il suo assessorato ha delle progettualità già definite da portare avanti? Sì, una riguarda i musei, che vanno rinnovati negli allestimenti e nel sistema di gestione. Ci stiamo lavorando con chi oggi li gestisce. Un’altra progettualità nota riguarda il Palazzo Acaja dove c’è un grosso lavoro da fare nel recupero dell’immobile in una prospettiva di aprirlo al pubblico per far conoscere il patrimonio che c’è. Abbiamo anche altri progetti, ad es. nel campo della musica. Quello di cui sentiamo il bisogno però è una programmazione d’insieme dei diversi assessorati e su questo stiamo lavorando. In città ci sono molte associazioni culturali, persino troppe. Si è parlato di “nanismo

culturale” nel senso che queste associazioni non hanno la forza di andare oltre il territorio della città. Quale politica culturale intende mettere in atto con queste associazioni? Su questo tema si sfonda una porta aperta. Arrivano decine di associazioni a chiedere contributi che presentano cose simili e non c’è la capacità di una progettazione comune. Stiamo facendo un regolamento sulla concessione di contributi che è basato sulla sinergia tra associazioni come criterio premiante per l’assegnazione di contributi. Cerchiamo di invogliare le associazioni a far sistema: più si fa sinergia e più si è in grado di ottenere fondi. Un altro elemento premiante saranno i criteri di priorità stabiliti dalla Giunta di anno in anno. Parliamo di centro storico. Ci racconta del progetto di valorizzazione dei giardini degradati che vi sono e di altre progettualità? Il progetto sui giardini è partito e aspettiamo la risposta della Compagnia di San Paolo per fine febbraio. È un progetto molto bello che parte dalla volontà di riqualificare queste aree, con l’idea poi che la manutenzione di questi spazi venga fatta da gruppi di cittadini attivi che si prendono cura di questi luoghi e su questo stiamo già ricevendo la candidatura di associazioni, comitati, gruppi spontanei. È un’iniziativa che faremo comunque vada il bando, magari in tono minore, perchè oltre ad abbellire il centro storico è anche un modo di aggregare persone che si prendono cura del territorio. Un altro progetto che abbiamo messo in pista con la Fondazione CRT


“Una location museale unica a Palazzo Vittone deve portare anche a una gestione unica5 ” è un percorso turistico di riscoperta della Cittadella, cioè una visita dei luoghi dove ci sono ancora le vestigia della cittadella medioevale distrutta. Vi è poi il discorso del Palazzo Acaja a cui abbiamo accennato. Qualcuno vorrebbe che Palazzo Vittone diventasse la residenza unica del sistema museale cittadino. Che cosa intende fare? L’Amministrazione sta ragionando su questa soluzione, compatibilmente con le disponibilità economiche. Naturalmente una location unica deve portare in qualche modo a un coordinamento e a una gestione unica, altrimenti ha poco senso. Lo stare insieme deve portare in qualche modo ad una programmazione e ad un coordinamento degli spazi e degli allestimenti, in modo che il visitatore che va a Palazzo Vittone incontri un corpo museale organico, funzionale e coordinato. Abbiamo letto che intende lanciare il progetto di guide museali pagate. Qualcuno però ha posto la domanda: Pinerolo ha dei musei così attrattivi da giustificare una simile spesa? Io non ho mai detto una cosa del genere. Certamente avere delle guide qualificate aiuta, ma sono i musei che innanzitutto devono qualificarsi. Un altro dei problemi in città è la gestione del Teatro Sociale. Che progetti ha in proposito? Stiamo elaborando un progetto. Prima di presentarlo pubblicamente c’è ancora bisogno di parlarne con tutti i soggetti coinvolti. Stiamo lavorando per trovare una strada per ridurre i costi di gestione. Già quest’anno avremo un piccolo risparmio, col quale cercheremo di diversificare e di potenziare l’offerta. “Lunga vita al Museo della Cavalleria” dice qualcuno. Non c’è il rischio che ci portino via anche questa istituzione di rilevanza nazionale se non si avviano delle ristrutturazioni adeguate ai tempi che stiamo vivendo? Nella gestione del Museo della Cavalleria noi non abbiamo voce in capitolo in quanto è di proprietà del Ministero della Difesa. Sicuramente per valorizzarlo bisogna metterlo in rete con realtà simili, ad es. con le

fortificazioni militari del territorio, come il forte di Fenestrelle o l’Armeria reale di Torino. Essendo un museo non comunale abbiamo poco spazio di manovra, però è vero dobbiamo stare attenti per evitare brutte sorprese. È possibile fare in città un’attività artistico-culturale attrattiva oltre il territorio senza agganciarsi con Torino? Cioè è indispensabile uscire dal localismo ed aprirsi al traino della città capoluogo? Certamente per emergere è necessario fare massa critica ed agganciarsi con il circuito torinese. Ad es. nel campo della musica si potrebbe creare un aggancio con la rassegna MITO e simili. Nella progettazione bisogna sicuramente lavorare in tale direzione. Per finire una domanda sulla Bochard e sul polo culturale che vi si vuole realizzare. Lei è favorevole o contrario? Leggendo il progetto uno dice:”caspita che bello: è da fare!”. C’è però in città un problema di tipo architettonico-strutturale che riguarda tutto il patrimonio di edifici storici di proprietà comunale dove a livello di programmazione si è in ritardo di almeno 25 anni, per cui ci sono tutta una serie di edifici come il Palazzo degli Acaja, Palazzo Vittone, il circolo sociale, l’ex Tribunale, la Bochard, ecc, che hanno dei costi di gestione non indifferenti oppure in stato di abbandono. Quindi prima di qualsiasi discorso sulla Bochard è necessaria una programmazione di tutto il patrimonio di beni immobili comunali, programmando anche l’alienazione di beni non necessari o non curati.


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Città & Università /30

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Intervista ad Agnese Giacomino, Chimica

“In tutte le fasi della mia vita Pinerolo mi ha sempre dato ciò di cui avevo bisogno” «I Pinerolesi sono poco partecipi ai fatti della comunità, molte cose accadono e pochi mostrano reazioni» Ci parla di sé e del suo lavoro in ambito universitario? Ho 38 anni, sono sposata e mamma di una bimba ed un bimbo. Laureata in Chimica presso l’Università di Torino, ho poi lavorato come Dottoranda per 3 anni e come Assegnista per 4 presso il dipartimento di Chimica. Poi ho avuto la fortuna di vincere uno degli ultimi concorsi come Ricercatore a tempo indeterminato presso il Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco. La mia ricerca riguarda soprattutto la determinazione di componenti inorganici (in particolare metalli pesanti ed arsenico) in alimenti, farmaci e matrici ambientali (acque, suoli,..). I miei studi sono volti sia alla messa a punto di nuovi metodi per la determinazione di contaminanti presenti a livello di tracce ed ultratracce, sia alla caratterizzazione di alimenti per determinarne la provenienza, caratterizzarne la componente nutritiva. Il mio lavoro comprende anche una buona (e a me molto cara) parte di didattica, svolgendo lezioni in aula, esercitazioni in laboratorio e seguendo gli studenti nel loro lavoro di tesi. La scelta della sua disciplina è stata il coronamento di una passione o un fatto occasionale? Alla fine del liceo ero spaesata come la maggior parte degli studenti. Mi piacevano molte materie, tra tutte italiano, disegno, ginnastica e.. ovviamente, chimica. Poi ho fatto le mie valutazioni. Chimica era quella che mi spaventava di più, ma era anche quella che mi dava la maggiore soddisfazione, la vedevo “diversa dalle altre”, “non banale”, “per pochi”. La cosa che conta di più è fare qualcosa che piace, altrimenti il periodo dell’università rischia di diventare un’agonia. Alla fine è andata bene così ed intanto scrivo articoli scientifici, disegno per i miei bimbi e continuo a fare un po’ di sport: tutte le mie passioni sono appagate!

La chimica sovente è stata abbinata ai disastri ambientali (Bhopal, Seveso...). Da un po’ di tempo si parla anche di “chimica verde”. Ce ne parla? Spesso mi è capitato, in seguito a questo tipo di eventi, di sentirmi dire “..questi chimici che inquinano..”. Mi ha sempre dato fastidio perché è il segno di come la gente conosca poco la nostra professione. Ad essere pericolosa non è la chimica, ma alcune sostanze ed il loro cattivo utilizzo, stoccaggio, conservazione e smaltimento. I chimici offrono un servizio di tutela e di miglioramento della vita della popolazione. Della “chimica verde” se ne parla da anni, grazie alla crescente sensibilità riguardo la tutela dell’ambiente: si studiano nuovi materiali più biocompatibili, metodi per ridurre al minimo la quantità di sostanze da smaltire dopo le analisi, per recuperare e riutilizzare i reagenti, procedure per trasformare gli scarti di produzione di alcune industrie in materiali utili per, ad esempio, decontaminare suoli e acque. La chimica ha anche una rilevanza di tipo etico, legata all’informazione sulle caratteristiche o pericoli delle sostanze. Si parla di classificazione mondiale: ci aggiorna? Sull’etichettatura delle sostanze e dei prodotti si potrebbe tenere un corso intero. Per le sostanze chimiche, sull’etichetta sono riportate con sigle/ simboli internazionali informazioni caratterizzanti la sostanza ed altre legate ai suoi potenziali pericoli, in modo che l’operatore sappia come maneggiare, stoccare e smaltire quel reagente senza incorrere in pericoli. Per quanto riguarda i prodotti di consumo, secondo me bisognerebbe tenere “corsi di educazione alla lettura delle etichette”. Vengono riportati ingredienti, provenienza, eventuali allergeni. Spesso però, alcune informazioni sono messe per colpire l’attenzione del consumatore. Ad esempio, alcune marche evidenziano caratteristiche, in


«La cosa che conta di più è fare qualcosa che piace, altrimenti il periodo dell’università rischia di diventare un’agonia»7 realtà obbligatorie per legge, facendo sembrare quel prodotto qualitativamente più valido rispetto a quello di ditte, magari più serie, che “le danno per scontate”. Veniamo a questa nostra città dove vive da 38 anni. Ci ha detto che è innamorata di Pinerolo: ce ne spiega la ragione? Proprio vero! Da sempre amici e colleghi mi sentono dire frasi del tipo: il mercato di Pinerolo è il più bello che ci sia, il centro storico è affascinante, i portici sono un luogo di ritrovo ideale per fare” due vasche” chiacchierando, anche quando piove, Piazza d’Armi è un meraviglioso polmone verde dove gioco da quando sono nata attendendo circhi e fiere, Pinerolo ha una dimensione fantastica perché ci si conosce tutti senza essere spiati, appena fuori ti si apre una natura meravigliosa. Io e mio marito lavoriamo entrambi a Torino, ma non abbiamo mai pensato di spostarci: merita il viaggio per tornare a Pinerolo la sera. Mio marito non è di Pinerolo, ma si trova bene e concorda con me che è un bel posto per crescere i figli. In tutte le fasi della mia vita Pinerolo mi ha sempre dato ciò di cui avevo bisogno. Quindi non vi è niente da criticare o che non le piace? I Pinerolesi sono poco partecipi ai fatti della comunità, molte cose accadono e pochi mostrano reazioni. Credo però sia un po’ una caratteristica degli Italiani, buoni come il pane e pronti ad aiutare tutti (lato meraviglioso), ma un po’ caproni che si lasciano guidare senza porsi tante domande (lato pericoloso). Questioni storiche come il recupero di molte aree urbane, prima tra tutti quella dell’ex merlettificio, la questione del tribunale e, la più recente, situazione della scuola Nino Costa sono purtroppo vergognose. Vi vede qualche potenzialità o caratteristica non valorizzata? A livello cittadino, bisognerebbe mettere in risalto le eccellenze: pochi conoscono la sua storia e le sue unicità, i suoi musei storici, come quello della cavalleria (molti pinerolesi non vi hanno mai messo piede), il museo del mutuo soccorso (quanti sanno che la fondazione della prima società operaia generale in Italia avvenne proprio a Pinerolo?). Per non parlare dei luoghi di culto e dei percorsi culturali. Le scuole dovrebbero far conoscere maggiormente queste perle locali ai bambini/ragazzi. A livello

locale, recuperare la linea ferroviaria Pinerolo-Torre Pellice, magari trasformandola in una via ciclabile, con chioschi, bar nelle sedi delle vecchie stazioni, affitto di biciclette e risciò, uscite in corrispondenza di percorsi storici/enogastronomici/culturali. Il pinerolese ha ancora un senso? Non è un po’ restrittivo (provinciale?) fermarsi al territorio? Non bisognerebbe ragionare (pensare e progettare) perlomeno usando il binomio pinerolese-torinese, se non mondiale? Personalmente preferisco parlare di Pinerolese. Pinerolo e valli hanno una storia, una tradizione, una realtà, una dimensione che le rendono un’entità. Positivi i collegamenti con una città come Torino, ottime le collaborazioni, gli input e gli output con una così bella grande città, però Pinerolo e dintorni sono una cosa ben diversa dall’essere una periferia di Torino. Un giudizio su questa nuova amministrazione composta in buona parte di 20-30enni. Pensa che possano fare bene: qual è a suo parere la cosa da fare in cima alla lista? Troppo presto per giudicare. Chi ha guidato le città italiane in questi anni l’ha fatto in un periodo storico terribile. Quindi trovo difficile esprimermi sull’operato di chi c’è stato, figuratevi se posso farlo su chi inizia ora la sua avventura istituzionale. Spero che i nuovi abbiano l’entusiasmo, le motivazioni, l’etica e le capacità giuste per fare buone cose, malgrado le difficoltà. Come vede il futuro, in particolare riferito ai giovani: è ottimista o pessimista? Assolutamente “ottimista”, bisogna esserlo, proprio per loro. Bisogna trasmettere ai nostri figli ed ai giovani con cui interagiamo tutto l’ottimismo possibile, la voglia di fare, la voglia di cambiare, l’entusiasmo per la vita e passione per qualunque cosa stiano facendo, lo spirito di appartenenza ad uno Stato che ha mille risorse, l’idea che le cose miglioreranno grazie anche alla loro vitalità, ai loro ragionamenti, alle loro capacità, alla loro volontà. Cresciuti a “questa società è un colabrodo”, “ormai è tutto un disastro” saranno adulti con poco entusiasmo per le cose, con poca fiducia nelle loro possibilità, con uno scarso senso di appartenenza e spirito di sacrificio.


G L O B -L O C

Benchmarking territoriale di TAC (Territorio, Architettura, Scultura) - www.tac-lab.it

La Legge sui piccoli Comuni

Per coniugare saperi tradizionali e innovazione C’è un’Italia delle grandi città, dei monumenti da cartolina, del turismo di massa e della vita frenetica, della produzione spinta e dei grandi eventi socio-culturali. Ce n’è una un po’ più periferica, con centri di medie dimensioni che orbitano verso le metropoli, in continua ricerca di una propria identità, frutto di una mediazione tra solide tradizioni e la voglia di innovarsi (ci possiamo mettere la nostra bella Pinerolo?). Ci sono poi i piccoli centri, quelli che rischiano lo spopolamento per la penuria di opportunità, o che si riempiono solo la notte – e non perché brulicanti di movida – ma perché si sono ridotti nel tempo a essere veri e propri dormitori, succursali di fabbriche e uffici cittadini. Più di 5000 comuni (5585, per l’esattezza), che non raggiungono i cinquemila abitanti, ma che ospitano il 16,59% della popolazione italiana, con oltre 10 milioni di persone. Un quadro dipinto a tinte fosche, verrebbe da dire... Eppure i dati smentiscono platealmente quest’affermazione – lo confessiamo, un po’ superficiale – dato che questi piccoli centri racchiudono il 93% delle DOP e degli IGP, accanto al 79% dei vini più pregiati di tutta Italia! Un’eccellenza, quindi, ma che ha certamente necessità di un sostegno e visione politica lungimirante, essendo consapevoli delle non poche difficoltà di chi in un paese ha deciso di vivere e lavorare, ma che non vuole rinunciare alla qualità della propria esistenza. In questo senso, foriera di novità interessanti è l’approvazione all’unanimità da parte della Camera – risalente allo scorso fine settembre – del Disegno di Legge sui Piccoli Comuni, che prevede la predisposizione di un piano nazionale per la loro riqualificazione. Una proposta che costituisce «un’opportunità

per tutto il Paese per un’idea di sviluppo che punta sui territori e sulle comunità, che coniuga storia, cultura e saperi tradizionali con l’innovazione, le nuove tecnologie e la green economy», come afferma Ermete Realacci, promotore insieme con Patrizia Terzoni della proposta. Territorio e cultura al centro di un’idea che possa generare anche economia quindi, sostenuta da azioni politiche e finanziamenti mirati a progetti sostenibili. A tal riguardo, in Europa la strada è stata segnata da importanti precursori: ad esempio già alla fine degli anni ’90 in Frisia, regione olandese votata all’agricoltura ma in profonda crisi produttiva, si operò affinché il territorio – fatto di piccoli villaggi contadini – potesse essere ripensato in chiave turistica e culturale, senza che però perdesse le sue peculiarità agricole. Grazie ai fondi LEADER (risorse europee volte allo sviluppo economico rurale), le amministrazioni frisone poterono riconvertire alcuni edifici storici di proprietà pubblica, abbandonati da anni e alcuni quasi in rovina, in alloggi turistici. Tenendo conto degli alti costi di ristrutturazione, ma con la ferrea volontà di salvaguardare le architetture, si pensò di trasformare queste dimore in residence abitativi di lusso (“stedsloazjeminten”) e, pur rimanendo di proprietà degli enti pubblici, vennero date in gestione a operatori privati. Un incontro tra pubblico e privato foriero di ottimi risultati, dato che il turismo culturale in quella regione incrementò parecchio e si attesta oggi a numeri interessanti, vista anche la presenza del sito UNESCO di Wadden Sea, entrato nella lista nel 2009. Buone pratiche da replicare, insomma, e le normative italiane stanno per darci una mano!

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Urbanistica & Architettura territorio

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di Riccardo Rudiero

Gli studenti del Politecnico al Palazzo Acaja

Si riparte con la ricerca Iniziamo con l’instancabile azione della sezione locale di Italia Nostra, che da anni si batte affinché il cosiddetto Palazzo Principi d’Acaja, nel pieno centro storico di Pinerolo, riacquisti la dignità che merita e venga salvaguardato e valorizzato, scampando ad una fine per nulla confacente a un edificio del suo rango. Aggiungiamo un’amministrazione che si è presa a cuore la questione, e si è resa disponibile ad attuare interventi repentini volti ad arginare una situazione che potrebbe in brevissimo tempo risultare drammatica, con crolli e irrimediabili perdite. Inseriamo tra questi due attori “tradizionali” anche le professionalità offerte dal Politecnico di Torino, intervenute direttamente attraverso un workshop concepito da professori e architetti restauratori ed esperti in diagnostica (coordinati dalla prof. Manuela Mattone), e possiamo dire che il processo di tutela che procedeva un po’ stancamente da qualche tempo potrebbe aver trovato la giusta scossa per ripartire! In questo quadro di rinnovato interesse per lo splendido edificio medievale – che ha visto la realizzazione di due video in cui figura lo storico pinerolese Alessandro Barbero e il successo della cena per raccolta fondi tenutasi il 30/09 presso il Monastero della Visitazione, entrambi organizzati da Italia Nostra – un gruppo di 15 studenti frequentanti il biennio della Laurea specialistica in Architettura presso il Politecnico ha eseguito una serie di indagini diagnostiche volte a comprendere lo stato di salute del palazzo e capirne meglio la conformazione. Le prove, occorre sottolinearlo, hanno avuto principalmente valore didattico e sono quindi state localizzate su porzioni limitate ma significative del palazzo; tuttavia, se venissero integrate con ulteriori ed estese indagini, potrebbero fornire un quadro completo della situazione e sarebbero una base solida su cui progettare un futuro (quanto

auspicato!) intervento di restauro. Le analisi si sono svolte su due giorni distinti: il 3 ottobre alla presenza degli studenti e, un paio di settimane prima, dai soli tecnici del Politecnico, che hanno effettuato una sessione propedeutica di acquisizione dei dati. In entrambi i casi sono state eseguite delle indagini termografiche all’infrarosso, alcuni saggi endoscopici e una prova cosiddetta resistografica. Le termografie consentono di visualizzare informazioni non percepibili dall’occhio nudo, come la presenza di umidità o elementi architettonici occultati sotto lo strato di intonaco. Le endoscopie, eseguite attraverso una sonda non molto dissimile da quelle impiegate in medicina, consentono invece di introdursi all’interno di muri e solai e capire come sono fatti e se vi sia la presenza di superfici decorate. Infine la prova resistografica, eseguita su di una sola trave significativa, ha indicato la resistenza opposta dal legno alla penetrazione di una punta azionata da un trapano specifico. Tutte queste indagini non sono distruttive, o lo sono solo parzialmente: ad esempio, il foro prodotto dal trapano è assimilabile a quello di un piccolo tarlo. Attualmente è ancora presto per dare dei dati precisi, ma certamente ne emergono due significativi. Il primo: non c’è tempo da perdere, ogni giorno che passa i degradi e i dissesti che interessano il palazzo potrebbero diventare irreparabili (leggasi: crolli). È tempo di intervenire! Il secondo: si sono evidenziate interessanti novità dal punto di vista della conformazione architettonica (come la presenza di finestre ogivali decorate, che nel tempo sono state tamponate e intonacate), che forniscono elementi molto utili per la ricostruzione storica e formale dell’edificio. Ma per risultati certi c’è ancora bisogno di tempo. Tempo che purtroppo manca al palazzo per continuare a dare lustro alla nostra città!


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L’ambiente siamo noi

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di Beppe Gamba

Unire incentivi energetici e antisismici Le detrazioni fiscali per ristrutturazioni edilizie e per interventi di riqualificazione energetica sono stati un successo, anche se non hanno finora sviluppato appieno il loro potenziale. Il recente rapporto del Servizio Studi della Camera e del Cresme documenta che nei 18 anni di vita hanno generato, oltre ai benefici sul patrimonio edilizio, un rilevante ritorno economico per il Paese e addirittura un guadagno per le casse dello Stato valutato nel lungo termine, e non un costo. Nei soli primi sette mesi del 2016 le famiglie italiane hanno avviato lavori per un ammontare di 29,2 miliardi di euro, di cui 3,5 stimolati dall’Ecobonus del 65% sul risparmio energetico e 25,7 dalle detrazioni del 50% per le ristrutturazioni edilizie (che poi comprendono anche interventi sugli impianti energetici). E dire che a causa dei limiti del meccanismo l’incentivo è stato utilizzato finora prevalentemente per le

singole abitazioni e interventi su singole parti e non sull’involucro edilizio. Invece i finanziamenti e gli incentivi per l’adeguamento antisismico sono stati in generale poco usati, così come limitato è stato il ricorso al bonus fiscale del 65% esteso agli interventi antisismici nei comuni in 1° e 2° classe di rischio (l’area Pinerolese è in 3° classe e quindi finora esclusa). Diverse sono le ragioni di questo fallimento, che registriamo tragicamente ad ogni terremoto, e in larga parte riconducibili all’elevato costo delle opere antisismiche, che a differenza di quelli

per il risparmio energetico non consentono nel tempo un risparmio in bolletta e offrono “solo” una casa più sicura e di maggior valore. Un maggior valore che spesso il mercato neanche riconosce, a causa della diffusa ignoranza del rischio. Il recente terremoto in centro Italia insieme alla scia di lutti e danni sembra aver portato ad una maggiore consapevolezza dell’urgenza di norme e di sistemi di incentivazione più efficaci. Governo e Parlamento sono ora intenzionati ad accelerare l’adeguamento del parco edilizio, con interventi integrati di riqualificazione energetica e antisismica e con misure di incentivazione coordinate. Con l’occasione sembra si vogliano finalmente rimuovere gli ostacoli (finanziari e non) che hanno finora scoraggiato interventi di riqualificazione più radicali (la coibentazione dei condomini con obiettivo di risparmio fino al 70%, simili per importanza ai lavori antisismici sulle strutture) o che hanno tagliato fuori le famiglie “incapienti” (con basso reddito e quindi limitato spazio di detrazione fiscale) ed infine estendendo i benefici fiscali a tutti i comuni sismici, terza classe compresa. Tutto bene quindi? Possiamo prepararci a un’Italia trasformata in grande cantiere della riqualificazione energetica e antisismica? Forse. Non basterà infatti attendere Parlamento e il Governo, ci sarà da fare per tutti se è vero che il 60% degli edifici fu costruita prima degli anni ’70 quando furono varati i primi standard energetici e antisismici. Dobbiamo tutti interrogarci sulla vulnerabilità delle nostre abitazioni proprio come ci preoccupiamo che i freni e le luci della nostra auto siano efficienti, prevedendo le conseguenti spese, anche se saranno in parte coperte dagli incentivi. Agli amministratori locali dobbiamo chiedere la sicurezza degli edifici pubblici, ma soprattutto di intendere la riqualificazione energetica ed antisismica come una sfida per ammodernare la macchina pubblica e un’occasione per rilanciare il settore edilizio in crisi, eliminando balzelli, imposte e oneri non produttivi, lavorando sulle procedure, le loro lentezze e le farraginosità. Non già per continuare a consumare suolo, ma per riqualificare l’esistente.


società

Giovani@Scuola

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di Rebecca Paternò

4B Economico Sociale del Liceo Porporato

La gita la facciamo in barca!

All’inizio dell’anno scolastico corrente, la sezione 4°B Economico Sociale del liceo G.F. Porporato ha vissuto un’esperienza a dir poco singolare, intraprendendo una gita in barca lungo la costa ligure; abbiamo intervistato la classe e il professor Ameglio, organizzatore ed accompagnatore del viaggio. Dove, in che periodo e per quanti giorni siete stati in viaggio? Prof. Ameglio: “La nostra gita è durata quattro giorni durante la seconda settimana scolastica. Abbiamo preso un treno fino alla Spezia, dove ci aspettavano gli insegnanti della scuola di vela con tre barche pronte per salpare”. La classe: “Siamo partiti dalla Spezia e in giornata abbiamo raggiunto Portovenere e Lerici; volevamo arrivare fino a Marina di Carrara, ma abbiamo incrociato i sommergibili della Marina Militare in esercitazione, dunque non abbiamo potuto proseguire. Nei giorni seguenti abbiamo visto anche le Cinque Terre e il Golfo delle Grazie”. Com’è nata l’iniziativa? Avete riscontrato anche opinioni sfavorevoli? Prof. Ameglio: “Con l’organizzazione della gita abbiamo cominciato ad aprile, e prima di tutto ho deciso di sentire l’opinione dei ragazzi, che ovviamente erano tutti d’accordo. In seguito ho preso contatto con la scuola di vela per discutere il programma da seguire e infine ho avvisato le famiglie e la direzione riguardo al progetto. Fortunatamente non ci sono state opposizioni, alcuni genitori erano un po’ incerti inizialmente, ma alla fine tutti hanno potuto partecipare. Ci sono già state esperienze di questo genere anche in altre classi del Porporato? Prof. Ameglio: “Affatto. Al contrario questa è la prima classe a fare una gita in barca tra tutte le scuole superiori del pinerolese”. Perché scegliere un tipo di gita così insolita? Prof. Ameglio: “Io faccio vela e credo che tal esperienza sia importante perché mette le persone a contatto con i propri limiti e capacità, e le spinge a lavorare sempre insie-

me per gestire situazioni insolite e complesse, il tutto in un ambiente di estrema bellezza quale il mare. In ogni caso abbiamo scelto la barca a vela anche perché è comunque un’esperienza molto divertente e soprattutto alla portata di questa classe: piccola, partecipativa e responsabile”. Siete sempre stati in mare aperto? Quali attività avete svolto in barca? Prof. Ameglio: “Sì, siamo rimasti a bordo 24/24 h e abbiamo mangiato e dormito lì, inoltre il nostro programma variava in base alla situazione, poiché in barca non si possono fare progetti da seguire alla lettera. I posti raggiunti li abbiamo visti dalle barche senza fare escursioni, anche se il terzo giorno abbiamo pernottato in albergo così che potessimo rilassarci e fare una doccia”. La classe: “A bordo passavamo il tempo regolando l’andatura della barca e sistemando le vele. Abbiamo anche cucinato, nuotato e preso il sole, e l’ultimo giorno abbiamo fatto una regata vicino alla Spezia: è stato molto divertente, ma non siamo tuti d’accordo su quale barca abbia vinto la gara”. Quali sono i posti che avete trovato più belli? Prof Ameglio: “Portovenere è un posto molto bello, come anche Lerici e l’isola di Palmaria”. La classe: “Pure a noi sono piaciute Portovenere e Lerici, ma anche le Cinque Terre ci hanno colpito”. Una situazione piacevole e una spiacevole. Prof. Ameglio: “Molto piacevole è stato trovare spesso un vento forte che ha reso la navigazione più emozionante, mentre sfortunatamente alcune ragazze hanno sofferto il mal di mare”. La classe: “È stato emozionante trovarsi vicino a un’esercitazione militare e avvistare alcuni animali, nonostante non sappiamo se fossero delfini o tonni. Per quanto riguarda gli inconvenienti, oltre che al mal di mare, anche l’incontro con una medusa in acqua non è stato troppo piacevole”. Com’è stata l’esperienza e cosa avete appreso da essa? La classe: “A livello pratico abbiamo imparato come si porta una barca, le manovre necessarie e che cosa significa vivere in mare. Oltre ai nodi da marinaio, però, abbiamo imparato anche a stabilire relazioni più solide; siamo diventati più uniti perché ciascuno di noi ha capito quali sono le qualità e i difetti in sé e nei compagni, quindi ora sappiamo collaborare. Trovarsi fuori dalla solita routine ha reso l’esperienza migliore sotto ogni aspetto, e molti di noi hanno potuto riflettere su se stessi e anche sull’imprevedibilità della vita con le sue molteplici sfide”. Dunque che dire, non si poteva proprio immaginare viaggio di studio più emozionante!


Giovani&Storia

Società

di Stefano Nangeroni

Cenni di storia locale

Pinerolo: il referendum del 2 giugno 1946 Anche a Pinerolo, come in tutta Italia, si è entrati ufficialmente nel clima di campagna elettorale referendaria. Il 4 dicembre saremo chiamati alle urne per dare il nostro voto a favore o contrario alla riforma costituzionale del Governo Renzi. Esattamente settant’anni fa, il 2 giugno 1946, si effettuò un altro referendum, il più importante della nostra Repubblica, indetto per detereminare, tra repubblica e monarchia, la forma di governo da dare all’Italia dopo il cupo periodo fascista. Il risultato è noto a tutti: vinsero i voti favorevoli all’assetto repubblicano, 12.717.923 (54,3%) rispetto ai 10.719.284 (45.7%) favorevoli all’assetto monarchico. Un scarto così piccolo venne ritenuto da subito uno sorpresa; l’Italia doveva rinascere dalle macerie lasciate dalla dittatura fascista e la monarchia, come avevano dimostrato i fatti, era ancora legata alla figura di silenziosa garante dell’ascesa di Mussolini. Per questo motivo la vittoria repubblicana venne ritenuta fin da subito sicura e schiacciante. Altro dato significativo fu il drastico sbilanciamento geografico del voto, i risultati mostrarono un’Italia centrosettentrionale saldamente favorevole all’assetto repubblicano e un’Italia meridionale di gran lunga favorevole al mantenimento della monarchia. Che indirizzo prese a Pinerolo il voto referendario? Non tutti ne sono a conoscenza, ma a Pinerolo vinse il voto favorevole alla monarchia. Secondo i dati di archivio il 2-3 giugno andarono al voto 16.086 pinerolesi; 7.266 (47.64%) votarono Repubblica e 7.985 (52,36%) votarono l’assetto monarchico. Pinerolo, insieme a Bra, Saluzzo, Savigliano, Mondovì e Chieri, fu nel gruppo delle sei città piemontesi sopra i 10.000 abitanti che ebbero una maggioranza monarchica, le altre diciassette città votarono per la Repubblica.

Per farsi un’idea, in Piemonte le percentuali furono: 57.24% per la repubblica e 38,26% per la monarchia. Il voto di Pinerolo risulta particolare se si pensa al fatto che il Pinerolese fu teatro cardine della lotta partigiana, legata al mondo comunista, e saldamente favorevole all’ordinamento repubblicano. Inoltre Ferruccio Parri - partigiano, segretario del repubblicano Partito d’Azione e originario di Pinerolo – il 20 ottobre 1945, in qualità di Presidente del Consiglio, tenne un discorso pubblico con forti invettive contro il fascismo e contro la monarchia. Si può trovare la risposta al quesito pinerolese partendo dal fatto che già nel 1946 si stavano muovendo i primi passi verso la formazione del mondo politico a blocchi. Era chiaro fin da subito che la lotta politica si sarebbe disputata tra il nucleo partigiano-comunista (PCI e PSIUP) di ascendenza republicana da una parte e DC e mondo cattolico favorevole alla monarchia dall’altra. Nello specifico a Pinerolo la Diocesi pinerolese svolgeva un ruolo di attività politica indiretta estremamente influente. Personaggio chiave della vicenda fu l’allora vescovo Gaudenzio Binaschi il quale entrò attivamente all’interno del panorama politico locale scrivendo una lettera indirizzata al clero e religiosi della diocesi, invitando ad allontanare i fedeli da certe idee progressiste, onde evitare l’ingrossarsi delle fila comuniste. Dopo di lui nessun altro vescovo s’intrometterà direttamente nelle vicende politiche nazionali o locali indicando questo o quel candidato. Il rapporto tra i due referendum, quello nel 1946 e il prossimo del 4 dicembre, sembra forzato; una domanda mi sorge comunque spontanea: settant’anni fa le due forze contrapposte erano estremamente chiare nella loro formazione, quest’oggi invece questa chiarezza rimane?

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Società

Donne del pinerolese di Sara Nosenzo

Isabella Grandis e la Maschera di ferro

Le donne del popolo protagoniste È appena terminata la diciottesima rievocazione storica della Maschera di Ferro che ha portata in città migliaia di persone e ha visto la partecipazione di centinaia di pinerolesi figuranti in costume d’epoca. Questo evento - si può dire senza tema di smentita è quello più importante che avviene in città, sia per il numero di partecipanti sia per la forza attrattiva che ha oltre il territorio. Dietro la rassegna c’è l’Associazione della Maschera di Ferro, composta per lo più di persone semplici e comuni, come amano definirsi, così come un evento comune e di popolo è la rievocazione storica. Una delle animatrici della manifestazione fin dalle sue origini è Isabella Grandis, presidente da parecchi anni dell’Associazione Maschera di Ferro. L’abbiamo intervistata. Ci racconta della sua vita, dei suoi studi... Come si descriverebbe? La mia è la storia di una persona comune legata principalmente alla famiglia e alla vita di comunità del territorio in cui abito. Ho la licenza media e mi considero una persona molto semplice con la passione per la storia della mia città, che è ricchissima. Come ha incominciato ad interessarsi agli aspetti storici della città? Ho iniziato anni addietro quando alcuni amici mi hanno coinvolta nella rievocazione storica della Maschera di Ferro, personaggio che è realmente stato imprigionato nella fortezza

di Pignerol; l’idea mi ha subito coinvolto ed appassionato. Ci parli della Maschera di Ferro: quali sono le fasi della sua preparazione? Le fasi di preparazione della manifestazione sono abbastanza complesse, anche perchè la rievocazione ha raggiunto livelli di notorietà molto alti, praticamente lavoriamo alla realizzazione della manifestazione tutto l’anno. Per farle un esempio: la scorsa settimana si è svolta la diciottesima edizione e noi in questo periodo dobbiamo espletare diverse incombenze burocratiche, al termine iniziamo subito a lavorare per organizzare la prossima edizione. Dopo tanti anni, a cosa vi ispirate per rinnovare la manifestazione? E come può essere possibile dopo così tante edizioni? Prendiamo ispirazione da attenti studi di testi storici, ed ogni anno cerchiamo di rappresentare aspetti e situazioni storiche legate al periodo. Cosa vorrebbe vedere in Pinerolo? Vorrebbe cambiare qualcosa? Cosa vorrei vedere a Pinerolo? Vorrei vedere una città più aperta agli aspetti storici e turistici, vorrei vedere una città più attenta alle esigenze dei giovani che, secondo me, troppo spesso non vengono presi in considerazione, ed è a mio avviso un grande errore, dovrebbe esserci maggior attenzione ai giovani perchè loro sono il nostro reale futuro.

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ndo così per il mo

Vita internazionale di Alessia Moroni

Le Paralimpiadi di Rjo

Fabio, Pietro e Alessio di ritorno raccontano Si sono conclusi i giochi paralimpici di Rio de Janeiro e il Club Scherma Pinerolo Olimpica ha avuto un ruolo importante nella scherma italiana. Abbiamo intervistato tre protagonisti di questa disciplina, Fabio Giovannini, CT della nazionale di sciabola paralimpica, Alessio Sarri, atleta e campione paralimpico, e Pietro Manduca, sparring partner. Fabio, con questa settima paralimpiade si conclude, almeno per ora, la sua carriera ricca di successi nazionali ed internazionali. Quali sono i momenti che più hanno segnato il suo percorso? La mia più grande soddisfazione è stata quella di veder crescere il movimento della scherma

paralimpica: volevo che la scherma diventasse integrazione pura, sia dal punto di vista umano che tecnico. Ho inoltre formato molti maestri della scherma e non ci si può dimenticare dei momenti in cui gli atleti, quando sono riusciti a vincere una medaglia, si sono ricordati di me. Com’è l’ambiente all’interno del villaggio olimpico? Fabio: è sempre bellissimo condividere l’atmosfera del villaggio, soprattutto per l’aspetto umano. C’è la tensione per la medaglia, ma anche soddisfazione. Alessio: vivere nel villaggio olimpico dà la consapevolezza di essere parte degli atleti migliori, è un’emozione difficile da descrivere. Bisogna viverlo per capire. È tutto fantastico e si creano dei legami di amicizia.

Pietro: non vivevo all’interno del villaggio, ma ci rimanevo fino a sera. È una realtà parallela, si vedono persone di paesi diversi che vivono insieme. Oltre la gara, è proprio la festa dell’integrazione. Un breve commento dei risultati ottenuti a Rio? Fabio: come squadra abbiamo preso un oro e un bronzo nel fioretto femminile. Mi è dispiaciuto per Sarri, arrivato quinto. Io e Alessio avremmo voluto condividere la medaglia, ma sono contento lo stesso, abbiamo lavorato serenamente. Alessio: nonostante il risultato, la gara è stata portata avanti nel migliore dei modi e non cambierei nulla. Pietro: è stato fatto il massimo. Come sparring partner, sentivo quello che provava lui durante la gara. Alessio, quali sono i suoi prossimi obbiettivi e dove continuerà la sua carriera? Tra poco comincerò ad allenarmi a Roma per la medaglia mondiale 2017. Come società di allenamento, per le paralimpiadi mi sono allenato a Pinerolo, presso il Club Scherma Pinerolo Olimpica con il maestro Giovannini, mentre il club sportivo di appartenenza è quello delle Fiamme Oro. Fabio, nella nostra realtà locale quanto è importante, specialmente per i giovani, avere uno sguardo internazionale dello sport? Moltissimo. Lo sport è cultura nel momento in cui diventa confronto. Cerco di farlo capire ai ragazzi portandoli a gare internazionali e si vede come tornano cambiati dopo queste esperienze. Pietro, questa è stata la tua prima esperienza nel mondo delle paralimpiadi. Che cosa pensi di portare nella realtà di Pinerolo, in cui hai un ruolo molto attivo? Sicuramente l’attenzione al mondo delle disabilità nell’ottica una città senza barriere architettoniche. E poi lo sguardo all’integrazione e alla tolleranza che ho visto all’interno del villaggio olimpico. A livello sportivo è importante implementare la collaborazione con le altre palestre e altre realtà sportive nel mondo.

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società

Per Mostre e Musei ed altro

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di Chiara Gallo

Brueghel alla Venaria Reale

I paesaggi delle seicentesche Fiandre Paesaggi in miniatura, grandi vedute e storie di quotidianità. Questo attende il visitatore alla mostra dedicata alla dinastia di artisti olandesi, i Brueghel, in esposizione alla Venaria Reale fino al 19 febbraio 2017. Il percorso traccia la nascita e l’evoluzione di questi straordinari pittori fiamminghi che a partire dal XVI secolo ebbero un successo sorprendente. Se in Italia si celebrava l’uomo in tutte le sue forme con l’arte di Tiziano piuttosto che di Michelangelo, nei Paesi Bassi, grazie alla lezione del capostipite dei Brueghel, Pieter il Vecchio, al centro della ricerca vi era l’eleganza e la vastità della natura, il bene e il male in egual misura presenti in tutti gli uomini come genere, non come singoli individui, e la cura del dettaglio infinitesimale. La mostra alla Venaria si compone di sette sezioni, attraverso le quali è possibile compiere un viaggio alla scoperta di un’arte di grande valore. La mano dei discendenti di Pieter il Vecchio rispetta lo stile e la forma originaria, ma

ogni volta figli e nipoti non mancano di aggiungere quel loro tocco personale che rende ciascuna opera in esposizione unica nel suo genere. Spiccano tra gli altri anche alcuni dipinti come I sette peccati capitali di Hieronimus Bosch (1500-1515) o Le Tre Grazie con un cesto di fiori, un olio su rame dipinto a quattro mani da Jan Brueghel il Giovane e Frans Wouters, allievo di Rubens. E ancora capolavori che esaltano la vita e le tradizioni del popolo come La Danza nuziale all’aperto di Pieter il Giovane o La trappola per gli uccelli, metafora dei pericoli sempre in agguato per gli uomini. Nella vivace e ricca Anversa i Brueghel e i loro coetanei dipingono un mondo in miniatura, specchio della realtà, e tuttavia così fantastico da sembrare la perfetta cornice per una fabia dei fratelli Grimm. Una mostra importane che ci permette di conoscere meglio un genere artistico in grado di influenzare l’arte paesaggistica fiamminga, e non solo, dei secoli a venire.


Dal mondo

culture

di Alessandro Castiglia

“Safe again?”

I confetti avvelenati di Trump “Se avessi una ciotola di Skittles e ti dicessi che mangiarne tre ti ucciderebbe, ne prenderesti una manciata? Questo è il nostro problema con i rifugiati siriani.” Questa la didascalia della foto pubblicata dall’ex parlamentare repubblicano dell’Illinois Joe Walsh, che Donald Trump Junior ha twittato aggiungendo: “Questa immagine dice tutto. Lasciamo perdere l’agenda politicamente corretta che non mette l’America al primo posto”. Immediate le risposte indignate da parte dell’opinione pubblica: “E’ disgustoso” ha twittato Nick Merrill, il portavoce della campagna della rivale democratica alla candidatura a presidente degli USA Hilary Clinton. John Favreau, esponente del team comunicativo del presidente Barack Obama, ha twittato la famosa foto del bambino impolverato e scioccato dopo un bombardamento ad Aleppo, commentando “Hey @ DonaldTrumpJr, questo è uno dei milioni di bambini che tu oggi hai paragonato a uno skittle avvelenato”. Una risposta è arrivata anche dalla casa produttrice dei confetti, la quale ha twittato: “Gli skittles sono dolci; i rifugiati sono persone. E’ un’analogia inappropriata. Noi rispettosamente ci asterremo da ulteriori commenti che potrebbero essere mal interpretati come marketing.” A poco più di un mese dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti, la famiglia Trump continua a far parlare di sé. Prima le foto che ritraevano i figli del magnate americano a caccia di animali esotici, poi il tweet razzista e xenofobo in linea con

la politica aggressiva del padre nei confronti dell’immigrazione. Trump, forte del suo elettorato di destra, si è incoronato portatore dei valori repubblicani inneggiando alla sicurezza e facendo leva sull’allerta attentati e sul pericolo dell’islamizzazione. Tra le proposte, quella di deportare 11 milioni di illegali e quella di bandire tutti i mussulmani dagli USA (poi modificata con il divieto di immigrazione per i mussulmani provenienti dai Paesi contaminati dal terrorismo, come la Siria per l’appunto). Sfruttando il clima di insicurezza, Trump continua a cavalcare l’onda delle sparatorie e degli attentati traendo sempre più successo nei confronti dell’opinione pubblica. Il suo martellante slogan “Make America great again”, declinato in queste occasioni in “Make America safe again”, dimostra di pagare in termini elettorali. Secondo gli esperti, uno o più attentati nelle vicinanze dell’8 novembre 2016 (data delle elezioni presidenziali) potrebbe spostare un gran numero di voti a favore del tycoon. La posizione anti-islamica di Trump può però dimostrarsi un’arma a doppio taglio ingestibile: da un lato il clima di tensione crescente provocherebbe grandi fratture sociali all’interno del Paese, mentre dall’altro lato l’isolamento dei mussulmani “regolari” residenti negli USA potrebbe portare alla radicalizzazione dell’Islam e alla formazione dei cosiddetti “confetti avvelenati” che i Trump temono così tanto. Siamo sicuri che questa sia la strada giusta per riportare gli USA “safe again”?

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culture

In Europa di Anna Filippucci

Per mantenere i ricordi

C’è il “Treno della Memoria”

“Il Treno della Memoria” è un progetto nato nel 2005, creato e portato avanti dall’associazione torinese “Terra del Fuoco” e che fino ad oggi ha portato a visitare i campi di Auschwitz e Birkenau circa 22.000 ragazzi da diverse regioni d’Italia, di età compresa fra i 17 e i 25 anni. Negli anni il progetto si è ampliato ed ha coinvolto 12 regioni, 20 province e 100 comuni italiani, i quali hanno promosso e finanziato l’iniziativa al fine di formare i neo-cittadini su un tema storico così delicato. L’esperienza si compone di varie fasi: innanzitutto si svolgono varie attività preparatorie, durante le quali i ragazzi selezionati sono divisi in gruppi e, attraverso il supporto di educatori, possono riflettere e confrontarsi sulle aspettative rispetto al viaggio, anche grazie a testimonianze di persone che hanno vissuto sulla propria pelle la tragedia dei campi di concentramento; estremamente importante è la creazione di un gruppo coeso in cui gli appartenenti si sentano a loro agio ed inseriti. In seguito, inizia il vero e proprio viaggio: in treno si parte alla volta di Cracovia, dove il gruppo italiano si ricongiunge con altri provenienti dal resto dell’Europa; si procede con una visita della città, del ghetto ebraico, della fabbrica di Schindler e dei campi di Auschwitz e Birkenau. Al termine del viaggio, il gruppo continua a trovarsi per svolgere attività di restituzione dell’esperienza. Gli organizzatori insistono molto sull’importanza del percorso educativo, ritenendolo parte integrante del progetto e condizione necessaria per affrontare il viaggio in modo consapevole, informato e costruttivo. Infatti, sul sito dell’associazione essi stessi affermano “sentivamo fortissima la necessità di ragiona-

re su una vera risposta sociale e civile da dare alle guerre e ai conflitti attraverso l’educazione alla cittadinanza attiva e la costruzione di un comune sentirsi cittadini europei”. Proprio su quest’ultima affermazione ritengo necessario concentrare l’attenzione: lo studio della Storia oggi è svolto in maniera inconsapevole e superficiale, quando proprio attraverso di esso gli studenti dovrebbero poter individuare quali sono stati gli errori del passato per imparare a non ripeterli. Inoltre, e questo è l’altro punto su cui si concentra “Terra del Fuoco”, è fondamentale, per la costruzione di una cooperazione europea sentita e stabile, che i neo-cittadini siano consapevoli del contesto in cui l’idea stessa della comunità europea è nata, proprio all’indomani della seconda guerra mondiale e della Shoah. L’invito dunque per tutti coloro che vogliono andare aldilà di idee astratte e descrizioni sui libri di testo ed acquisire una nuova consapevolezza della Storia recente, ad andare a fare questo “pellegrinaggio laico” nei luoghi dove una delle più grandi tragedie dell’umanità si è consumata. Se ne uscirà sconvolti, arrabbiati, ma sicuramente arricchiti. Conviene informarsi adesso, perché, come detto, nonostante la giornata della memoria sia a gennaio, le attività preparatorie cominceranno con anticipo, nel mese di novembre precisamente. Il Comune di Torino ed altri nella regione Piemonte hanno aderito al progetto; Pinerolo ne è rimasta fuori, e questo è una grave mancanza in quanto la nostra città costituisce un grande bacino di raccolta di studenti liceali, i quali potrebbero facilmente essere interessati al progetto di cui, ad oggi, probabilmente, tanti ignorano addirittura l’esistenza.

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ni diritti uma

Visibili & Invisibili

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GRUPPO GIOVANI AMNESTY INTERNATIONAL

Israele/Territori Palestinesi Occupati: un anno di omicidi illegali Amnesty International ha denunciato che nell’ultimo anno le forze israeliane hanno utilizzato in maniera sconsiderata e illegale forza letale contro i palestinesi. Dal 1° ottobre scorso Israele e la Cisgiordania hanno visto in atto la più grave ondata di violenza dal 2005. Oltre 225 palestinesi e tre stranieri sono stati uccisi dalle forze israeliane. Nello stesso periodo, da parte palestinese sono stati uccisi almeno 35 israeliani e due stranieri. Hadeel al-Hashlamoun, 18 anni, uccisa dalle forze israeliane, aveva in mano un coltello (secondo un testimone) ma tra lei e il soldato più vicino c’era una barriera metallica. Amnesty non è a conoscenza di alcuna indagine aperta sulla sua morte. Mahmoud Muhammad Ali Shalaan, 16 anni, il 26 febbraio 2016 è stato ucciso al checkpoint di Beit El da soldati israeliani dopo che era stato rimandato indietro. L’autopsia ha confermato questa versione dei fatti, ma non è stata aperta alcuna indagine.

In alcuni casi, è possibile che la forza letale sia stata l’unico modo per proteggere la vita di civili o membri delle forze di sicurezza. Tuttavia in molti casi, come in quelli descritti precedentemente, le persone uccise - prive di armi, ferite o in fuga - non costituivano alcuna minaccia immediata alla vita. Philip Luther, del programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty ha dichiarato: “Dall’escalation di violenza in Israele e nei Territori palestinesi occupati dello scorso anno, abbiamo assistito a un allarmante aumento degli omicidi illegali da parte delle forze israeliane, favorito da una cultura d’impunità. I casi descritti nel memorandum rivelano un agghiacciante disprezzo per la vita umana e pongono alle autorità israeliane una serie di interrogativi urgenti”. In conclusione ci piacerebbe ricordarvi che il 15 ottobre alla Galleria Scroppo di Torre Pellice andrà in scena uno spettacolo sulla vita di Frida Kahlo, donna portatrice di un grande messaggio di amore per la vita.

Giovani & Ambiente

di Francesca Beltramo

Armi chimiche tra guerra e ambiente Dal 1940 in poi Il Sudan non ha mai smesso di essere in guerra, se non per brevi periodi tra un conflitto civile e l’altro nella seconda metà del secolo, uccisioni, stupri e saccheggi sono all’ordine del giorno nel Sud del paese. Il 29 settembre Amnesty International ha denunciato l’uso di armi chimiche contro i civili in Darfur, provincia nella parte occidentale del paese. Vengono chiamati aggressivi chimici, elementi o composti di cui sono sfruttate le proprietà tossiche, e generalmente li si trova allo stato liquido, così da essere dispersi più velocemente su una vasta area. Diversamente da come si può pensare essi non uccidono per contatto diretto ma neutralizzano le vittime dall’interno. Attraverso l’inalazione o il contatto cutaneo si introducono nell’organismo e ne generano la disfunzione andando ad intaccare i singoli apparati, compromettendo ad esempio la produzione di globuli rossi, la sintesi delle proteine o l’utilizzo cellulare dell’ossigeno. Tutto dipende dal tipo di aggressivo chimico e i sintomi possono essere dei più svariati : vomito, diarrea, problemi di

respirazione, perdita della vista e tanti altri. Spesso e volentieri l’ambiente non è meno vittima delle popolazioni colpite, basti pensare alla tragedia del Vietnam, sottoposto negli anni ‘60 a strazianti bombardamenti che hanno visto l’uso dell’agente arancio, defoliante rilasciato sulle foreste per privare i Viet Cong della copertura del manto vegetale. 30 000 chilometri quadrati di foresta sono andati perduti, sia per effetto diretto dei defolianti, sia per la conseguente degradazione del suolo, esposto a processi erosivi dopo la scomparsa della vegetazione, provocando significative perdite nella flora e nella fauna, oltre a compromettere l’utilizzo di tali aree nell’ambito dell’agricoltura e dell’allevamento per la cancerogenità della diossina rilasciata. Secondo ricercatori di Amnesty International il Sudan sembra essere sulla buona strada per

diventare il nuovo Vietnam. L’uso di armi chimiche è un crimine contro l’umanità, forse dovremmo interrogarci più spesso su cosa significa per noi.


dal tempo

Il Passalibro di Cristiano Roasio

Bussola, una rotta millenaria

La rotta sbagliata d’Europa Mentre tutto il mondo aspetta l’ottavo Harry Potter, ennesima conferma di come nulla, compresa la guerra in Siria, e nel mondo arabo in generale, possa terminare, finire ed essere concluso perchè è il mercato stesso a richiedere una perenne risorsa di lettori, saghe, armi, ribelli, stati fantoccio da poter inondare di merci, siano libri fotocopia o ak-47, arriva per il mercato italiano, eccolo di nuovo lì che spunta coi suoi capelli radi e la sua faccia unta e satrapica, il nuovo romanzo di Mathias Enard, premio Goncourt 2015, Bussola. Le rovine di Palmira prima di Isis campeggiano in copertina e conducono attraverso un viaggio verso l’Est. Da Vienna, la Porta dell’Oriente, il professor Ritter, etnomusicologo specializzato in musica orientale, ormai ammalato di qualche male innominato, ripercorre in un’unica notte insonne, fumosa d’oppio e di ricordi, la sua vita, i suoi viaggi, puntando deciso verso Est: Istanbul, Damasco, Aleppo, Teheran. Ago magnetico di questa bussola è Sarah, un amore intenso, interrotto e distante, ancora più ad est dell’est, direttamente nell’estremo oriente, accademica esperta di poesia araba in crisi esistenziale. Nella notte estenuante di questo romanzo si susseguono un numero sterminato di esponenti del mondo culturale europeo, affascinati e influenzati da altrettanti sapienti, poeti, musicisti del mondo arabo, quasi a dimostrare che lo scontro di civiltà è stato, è e sarà, semmai un incontro, uno scambio, e anche un reciproco lancio di teste mozzate. La bussola del titolo

punta ad est perchè è stata modificata, ma è la testimonianza di una rotta millenaria, sbagliata, disorientante verso l’oriente e la storia d’amore, corredata di foto, lettere, email tra Franz e Sarah, sembra proprio essere la storia tra un’Europa terminale, piena di malattie gravi, eppure sempre viva nonostante tutto, ed un mondo arabo nevrotico, pieno di incongruenze, sempre a rischio: i due si amano appassionatamente, parlano un sacco e di rado concludono. Ora sono molto, molto distanti come testimonia la dedica dell’autore ai siriani. Il libro edito da E/O è sia eccessivamente erudito sia un po’ banale, da un lato una devastante cultura ai più sconosciuta, dall’altro una storia d’amore (tra Franz e Sarah) sempliciotta, eppure affascina soprattutto per quel mare di deserto e dune spazio-temporale che riesce a ricreare attraverso racconti continui. Enard scrive raramente in maniera lineare e si lascia andare a periodi lunghi, ricchi di incisi, tante stelle nel buio del deserto. A chi ne sarà conquistato, ma anche a coloro che ne saranno un po’ annoiati, consiglio comunque il capolavoro di Enard, Zona, decisamente più aggressivo e innovativo, che pur concentrandosi maggiormente sul conflitto balcanico degli anni 90, sembra gestire meglio lo stesso macrotema Occidente vs Oriente. A dir tutta la verità, speravo che Bussola potesse esserne un ideale proseguimento temporale, ma non è così: Bussola è un romanzo importante, scritto con l’urgenza di dimostrare quanto sia folle scontrarsi con una civiltà che è parte integrante della nostra. E viceversa.

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no primo pia

Sociale & Volontariato di Federica Crea

a.n.a.p.a.c.a. - Il 9 ottobre

Progetto salute e prevenzione “Per far riscoprire ai bambini tra i 3 e gli 11 anni il piacere dei giochi di movimento” Domenica 9 ottobre Piazza D’Armi ospiterà la seconda edizione di “Bimbi in Forma”, un’iniziativa rivolta a bambini e genitori nell’ambito del “Progetto Salute e Prevenzione” a cura dell’associazione A.N.A.P.A.C.A. in collaborazione con Citta di Pinerolo e AslTO3. La manifestazione, pensata per far riscoprire ai bambini tra i 3 e gli 11 anni il piacere dei giochi di movimento, rientra in un grande progetto che ha già visto l’A.N.A.P.A.C.A. protagonista in occasione dell’inaugurazione del Percorso Benessere in Piazza D’Armi lo scorso maggio. Una progettualità di ampio respiro quella portata avanti dall’associazione che, attraverso l’attività fisica e l’educazione alimentare, si propone di sensibilizzare la cittadinanza alla prevenzione e alla salute della comunità. Come spiega Elda Priotti, Presidentessa di A.N.A.P.A.C.A. Onlus: «Siamo fermamente convinti che i primi anni di vita di un bambino siano di importanza primaria nella prevenzione delle malattie dell’età adulta. Partendo da questo punto, e dal successo ottenuto con la scorsa edizione, abbiamo voluto replicare anche quest’anno l’esperienza di “Bimbi di Forma”, una manifestazione pensata tanto per i bambini quanto per gli adulti che si occupano di loro». Un’iniziativa che viene avvertita come una

necessità sociale, dal momento che l’avvento delle nuove tecnologie ha modificato radicalmente gli standard di intrattenimento infantile; nascondino, scampagnate all’aperto e tornei di calcio improvvisati nelle strade di periferia sono stati tutti indiscriminatamente sostituiti da videogames, app e dispositivi informatici di ultima generazione. A questo stile di vita sedentario e passivo, privo di stimoli naturali e movimento, si aggiungono anche pessime abitudini alimentari molto spesso ignorate o minimizzate dagli stessi familiari, che possono rivelarsi oltremodo deleterie sul lungo periodo. “Bimbi in Forma” si propone quindi di far riscoprire ai bambini il piacere dei giochi all’aria aperta e di trasmettere agli adulti la consapevolezza che bambini più sani saranno adulti più sani. Per questo, nonostante siano i bambini i veri protagonisti di questa giornata all’insegna del divertimento – resa possibile grazie al coinvolgimento di altre associazioni – anche genitori e nonni saranno chiamati a partecipare all’evento, prendendo parte a gruppi di confronto con professionisti della salute per ricevere informazioni sulle tematiche della sedentarietà e delle cattive abitudini alimentari. A.N.A.P.A.C.A. Onlus, Via Clemente Lequio 36, Pinerolo (TO) http://www.anapaca.org/ Mail: anapaca.pinerolo@anapaca.org

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musica

Officine del suono

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di Isidoro Concas

M usica emergente

I W A SE R I WASER sono un duo EDM molto attivo nella zona del pinerolese. Dj e produttori, sono stati presenti nei maggiori act della zona, da più di un anno a questa parte. Ok, cari vuèis… vasè... come si pronuncia il vostro nome? Il nostro nome è WASER (“ueiser”) ed ha un significato ben preciso: We Are Simone (&) Edoardo con una R finale che agguerrisce il tutto! Il nome che abbiamo scelto per il nostro progetto artistico simboleggia la profonda unione che si fonda su un’ amicizia ventennale. La scena pinerolese è abbastanza ricca di ragazzi che vogliono mettere musica nei locali della zona. Cosa pensate vi abbia portato ad emergere, riuscendo a suonare un po’ ovunque? È vero, in zona decine di ragazzi hanno scoperto questa attività ultimamente, la dj culture ha raggiunto anche il pinerolese, purtroppo però sappiamo bene che c’è anche chi lo fa per moda e questo alle volte mette in discussione la credibilità del ruolo. Noi abbiamo iniziato nel 2012, prima suonando a feste private e piano piano facendoci strada nei diversi club di Pinerolo e Torino, con il progetto White Party invece giochiamo in casa! La chiave è sicuramente quella di continuare a lavorare a testa bassa, capire che dischi bisogna mettere per far ballare la gente ed instaurare un buon rapporto con clienti e gestori, vogliamo solo vedere sorrisi in pista! L’aspetto “social” poi è fondamentale in questo ambiente: Facebook, Instagram e Twitter sono i principali mezzi attraverso i quali ci facciamo conoscere e promuoviamo le nostre produzioni. La vostra prima traccia, Wien, è uscita la scorsa primavera in esclusiva su Beatport, per la Digital Empire. Come siete arrivati ad una collaborazione diretta con un’etichetta? Una traccia rilasciata su un’ etichetta o una serata in discoteca sono solo la punta dell’ iceberg, prima di tutto ci vogliono qualifiche a livello musicale, corsi, masterclass ma soprattutto tanta costanza perchè la strada è molto dura e di delusioni se ne prendono tante prima di arrivare ad un piccolo traguardo. Dopo un diploma in pianoforte abbiamo iniziato ad avvicinarci al mondo della musica elettronica, prima frequentando lezioni private a Pinerolo e poi incrementando le nostre conoscenze tecniche con numerosi corsi di produzione, mix e mastering presso un importantissimo studio milanese. La musica esprime ció che siamo, quando abbiamo una buona idea o quando siamo ispirati ci troviamo in studio e la riproduciamo sotto forma di musica. Con “Wien” è stato così ed è nato il brano inaugurale del nostro progetto, alla Digital Empire è piaciuto moltissimo e ci hanno chiesto di firmare il contratto dopo neanche 2 ore dall’inoltro della demo. Oltre a Beatport i più curiosi possono trovarla anche su Soundcloud, Spotify e

iTunes. La costanza e la qualità ci hanno ripagato!. L’Electronic Dance Music, negli anni, è diventato un contenitore sempre più ampio di stili/ generi. Avete qualche dj a cui vi ispirate? Come scegliete le tracce per i set live? Hai detto bene, ci teniamo a rimarcare che l’EDM è un contenitore di generi e stili, spesso il luogo comune porta a pensare alla gente che l’EDM sia ciò che in realtà si intende per Big Room, l’Electronic Dance Music invece spazia dalla Deep house alla Techno o alla Big Room fino ad arrivare all’Hardstyle ecc. Diciamo che il nostro stile musicale è ancora in una fase di transizione, dobbiamo ancora capire la destinazione finale dei nostri prodotti. Abbiamo iniziato seguendo il filone Electro House ma le nostre ultime produzioni si stanno avvicinando moltissimo al mondo del Pop e della Dance. Non abbiamo dei punti di riferimento fissi, la musica elettronica è soggetta ad un continuo mutamento di stili ed è necessario non far resistenza alle novità. Il mixing è creare un flusso continuo, coerente e personale. Come siete arrivati, in due, a creare un’estetica comune? Abbiamo sempre suonato insieme, quando abbiamo comprato la prima consolle digitale passavamo dei pomeriggi a capire come mettere a tempo le canzoni e a come migliorare giorno per giorno le nostre tecniche. Con il passare degli anni abbiamo capito che fare il dj non era il solo mettere a tempo delle canzoni o il suonare la top100 di Beatport, si trattava di entrare in sinergia con il pubblico, di capire cosa piace, sempre in relazione ai nostri gusti, e di non farlo mai stare fermo. Un altro aspetto importantissimo del djing, di cui abbiamo preso maggior consapevolezza facendo serate, riguarda la presenza scenica: interazione con il pubblico, a giuste dosi, e grande energia. Dopo un’estate di riposo, siete già tornati sulle scene. Cosa dobbiamo aspettarci da questa prossima stagione? Possiamo dirvi che ci vedrete molto spesso dietro la consolle dei vari club pinerolesi, mentre sotto l’aspetto della produzione musicale abbiamo la possibilità di fare grandi passi in questo percorso durissimo. Abbiamo appena firmato un contratto discografico con la Warner Music, una delle più importanti etichette del pianeta! Si tratta di una collaborazione con un trio di djs londinese, ma non stiamo a svelarvi nulla, lo vedrete a tempo debito! Siamo sicuri che questa grande opportunità ci permetterà di far conoscere la nostra musica anche in altri Paesi del mondo. Pinerolo vuole essere il punto di partenza per un futuro che vogliamo vedere sempre in crescita su entrambi i fronti, della produzione e delle serate, l’obiettivo è quello di livellare questi due aspetti. Abbiamo ancora moltissima strada da fare, ma altrettanta voglia di far bene!


società

Filmografia - Q.Tarantino/1 di Rebecca Paternò

The Hateful Eight

Un Tarantino mai visto prima Esce a febbraio 2016, in Italia, l’ottavo film con il quale Tarantino ha deciso di stravolgere il proprio stile e uscire dagli schemi, creando un western senza paragoni The Hateful Eight è un’opera che stravolge in ogni aspetto e che lascia a bocca aperta per le sensibili differenze stilistiche rispetto ai suoi lavori passati. In quest’occasione, Tarantino gira il suo film più lungo; ben 187 minuti di genio cinematografico espresso con una pellicola “Ultra Panavision 70mm” e accompagnato dalle musiche del grande Ennio Morricone. Una curiosità: il formato utilizzato, risalente a circa cinquanta anni fa, necessita di uno speciale impianto per la sua proiezione, ecco perché la distribuzione è stata limitata a soli 100 cinema selezionati al mondo, che in Italia sono l’Arcadia di Melzo, la Cineteca di Bologna e il Teatro 5 di Cinecittà. Ovviamente è stata creata anche la versione digitale del film, estensibile a tutte le sale odierne, ma la trasposizione a tale formato ha comportato una “scelta di pubblico”, essendo state rimosse alcune parti del film, per un totale di ben diciotto minuti in meno. Il motivo? Tarantino è stato molto chiaro in un’intervista per Variety, spiegando semplicemente che “Certe scene sono meravigliose e sfavillanti se viste in 70mm, ma nelle copie digitali perdono tutta la loro potenza”. Passando alla trama, si tratta di un giallowestern ambientato nel XIX secolo; la guerra di Secessione è già avvenuta e Lincoln è già stato assassinato. È pieno inverno e il maggiore Marquis Warren (Samuel L.Jackson), ex soldato dell’Unione e cacciatore di taglie, è diretto a Red Rock per riscuotere la ricompensa di tre ricercati. Durante il tragitto, la diligenza che lo porta alla città è costretta a fare una deviazione, a causa di una bufera di neve. Warren raggiunge così l’Emporio

di Minnie, una vecchia amica, però non saranno lei e il marito ad accoglierlo, ma quattro sconosciuti presenti tutt’altro che per caso… Fin qui tutto sembra nella norma quindi per quale motivo Tarantino ha fatto tanto parlare di sé con questo suo ultimo lavoro? In primo luogo, ciò che lascia perplessi guardando la pellicola è quell’insieme di violenza e volgarità che, in questo caso più che in passato, si spinge oltre il limite. Nel film, infatti, si nota benissimo come Tarantino non abbia tentato di accontentare il pubblico quanto piuttosto di volerlo infastidire, cercando anche una sorta di appagamento tutto personale. Quest’opera in particolare gli è costata inoltre diverse accuse, come quella di “razzismo” dovuta al frequente uso di termini discriminatori, giustificati dal regista spiegando che l’odio razziale è parte fondante della trama, essendo lo schiavismo il problema centrale nell’America del periodo. Altra accusa sferratagli è quella di misoginia, per la violenza che i protagonisti infliggono al personaggio di Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh). In realtà Tarantino, mostrando tali scene, è stato coerente con la trama: Daisy è un personaggio molto forte, è una criminale ben più spietata degli stessi uomini che la circondano, perciò sarebbe sbagliato riservarle un trattamento speciale solo per via del suo sesso. In ogni caso, controversia o no, anche questa volta Tarantino è riuscito a mettere fascino, tecnica e comicità in un altro capolavoro e sembra che abbia intenzione di realizzare addirittura un terzo western, sarà davvero così?

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mondo

Appunti di viaggio di Angelica Pons e Mauro Beccaria

Lungo la via francigena del sud

Appia Antica o Regina Viarum Mio marito Mauro, il pellegrino, sta percorrendo in questi giorni la Via Francigena del Sud, che conduce da Roma a S. Maria di Leuca. Già in partenza era entusiasta, perché, come testimoniato nelle esperienze precedenti, camminare lungo le strade d’Italia è un tuffo nel passato, nell’arte e nella bellezza della nostra terra. In questo caso la sorpresa avviene subito, all’inizio del cammino, percorrendo la via Appia antica: la “Regina Viarum” la regina delle strade, come la definiva il poeta Stazio nel I sec. d.C.! In parte ristrutturata coi sampietrini dove è più vicina alla capitale, in un grande tratto è invece stata conservata proprio com’era un tempo, con le lastre di pietra. E si può immaginare chi l’ha percorsa: patrizi e schiavi, imperatori e consoli, soldati, viaggiatori e commercianti. Lungo questa, dopo la rivolta di Spartaco, 6.000 ribelli vennero catturati e crocifissi. Fu la prima delle grandi strade romane a prendere il nome non dalla funzione o dal luogo a cui era diretta, ma dal magistrato che l’aveva costruita. Nel 312 a.C. il censore Appio Claudio Cieco provvide alla realizzazione di questo nuovo asse viario tra Roma a Capua per spostare rapidamente le truppe romane verso Sud in occasione della seconda guerra coi Sanniti (326-304 a.C.). Dopo fu prolungata fino al porto di Brindisi, per i collegamenti con la Grecia,

l’Oriente e l’Egitto. Il tracciato della Via Appia aveva le caratteristiche tipiche della rete stradale romana: la strada era larga circa 4,10 m, sufficiente per permettere la circolazione nei due sensi; era affiancata da marciapiedi laterali generalmente larghi 3,10 m, con tombe monumentali che risaltano tutt’ora sulla campagna circostante, a quell’epoca disseminata di villaggi contadini, ma che poi, verso la fine della Repubblica, furono sostituiti dalle ville lussuose dei patrizi romani desiderosi di dimorare lontano dal caos della città, oltre a stazioni di posta, alberghi, osterie, piccoli impianti termali. All’epoca c’era un’interruzione, con un tratto navigabile in un canale che passava nelle paludi Pontine. Gli storici raccontano delle zanzare che infestavano la zona. Così si cammina attraverso la storia: dalla porta di S. Sebastiano a Roma verso il Mausoleo di Cecilia Metella, il Capo di Bove, la chiesa Santa Maria Nova, la Villa dei Quintili, con una particolare menzione chiesetta Domine Quo Vadis. Le numerose iscrizioni, conficcate nel terreno o sistemate a corredo di edifici o su basamenti di statue sono documenti archeologici, ed anche testimonianze di chi ha scritto in varie situazioni della vita, con diversi scopi e da personaggi di differenti strati sociali, conservando un valore di comunicazione, linguistico e sociale.

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Tutto Bandi

documenti

A cura di Federica Crea

Mese di OTTObre 2016 BANDO

OGGETTO

Educazione alla cittadinanza attiva

Valorizzazione dell’educazione interculturale e della pace

Educazione cinematografica

Il cinema come strumento attraverso il quale “fare educazione

Abitare una casa, Vivere un luogo

Vivere in un luogo progetti di abitare solidale, di miglioramento delle condizioni abitative, di sviluppo delle comunità locali, di cura e valorizzazione del territorio di prossimità

Polo del ‘900 – Bando per il Piemonte

Valorizzazione dei patrimoni materiali e immateriali

Talenti dell'export

Formazione di laureati per la specializzazione nel settore dell’export

Iniziativa lavoro

Progetti volti a favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro

ENTE PROMOTORE

Regione Piemonte

SCADENZA 10/10/2016

www.regione.piemonte.it/bandipiemonte/cms/avvisi/educazione-allacittadinanza-attiva

Regione Piemonte

10/10/2016

www.regione.piemonte.it/bandipiemonte/ cms/avvisi/educazione-cinematografica

Compagnia di San Paolo

16/10/2016

http://www.compagniadisanpaolo.it/ ita/Bandi-e-scadenze/Bando-Abitareuna-casa-Vivere-un-luogo

Compagnia di San Paolo

20/10/2016

www.compagniadisanpaolo.it/ita/Bandi-escadenze/Polo-del-900-Bando-per-il-Piemonte

Fondazione CRT http://www.fondazionecrt.it/ attivit%C3%A0/ricerca-e-istruzione/2016talenti-export.html

Fondazione Crt

fine ottobre 2016

31/10/2016

www.fondazionecrt.it/attivit%C3%A0/ welfare-e-territorio/2016-bando-iniziativalavoro.html

Reciproca solidarietà e lavoro accessorio 2016

Attività rivolte alla cura della città e dei suoi cittadini destinate a lavoratori disoccupati residenti nei comuni del CISS

Compagnia di S.Paolo http://www.comune.pinerolo.to.it/servizi/ lavoro/reciproca_solidar.htm

15/11/2016

Reciproca solidarietà e lavoro accessorio 2016

Attività rivolte alla cura della città e dei suoi cittadini destinate a lavoratori disoccupati residenti a Pinerolo

Compagnia di S.Paolo http://www.comune.pinerolo.to.it/servizi/ lavoro/reciproca_solidar.htm

15/11/2016

#diamociunamano

Attività di volontariato in progetti di utilità sociale

Ministero del Lavoro e Politiche Sociali www.lavoro.gov.it/AreaSociale/diamociunamano/Pages/default.aspx

01/02/2017

Horizon 2020

Incentivi per progetti di ricerca e sviluppo in vari settori

Unione Europea

31/12/2017

Sostegno alle Start up innovative

Servizi di sostegno alle Start up innovative

Regione Piemonte www.regione.piemonte.it/notizie/piemonteinforma/diario/finanziamentiper-le-start-up-innovative.html

31/12/2020

Erasmus + Plus

Educazione formale e informale dei giovani

Agenzia Nazionale Giovani

2020

http://ec.europa.eu/dgs/education_culture/ index_en.htm Stazioni ferroviarie in comodato gratuito

Riutilizzo delle stazioni per attività sociali

Fondazione Lonati, richieste libere

Sostegno a soggetti che operano in ambiti: Istruzione (formazione, istituzionale, minori) giovani, anziani, sanitario, ricerca, cultura, sociale

Alla ricerca di nuove idee!

Famiglia, Anziani, Disabilità, Nuove Povertà ed Inserimento Lavorativo

Sostegno all’Attività Istituzionale (SAI)

Ferrovie dello stato

Senza scadenza

www.rfi.it/cms/v/index.jsp?vgnextoid=3aa298 af418ea110VgnVCM1000003f16f90aRCRD

Sostegno al complesso delle attività di un ente e non già ad uno specifico progetto o iniziativa

Fondazione Lonati

Senza scadenza

http://www.fondazionelonati.it/presentaprogetto.asp

Fondazione Cattolica Assicurazioni

senza scadenza

http://www.fondazionecattolica.it/allaricerca-di-nuove-idee/

Compagnia di San Paolo http://www.compagniadisanpaolo.it/ita/Contributi/SAI-Sostegno-all-Attivita-Istituzionale

Senza scadenza


Sono amici di Pinerolo Indialogo.it e di Onda d’Urto25


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