Pineroloindialogo novembre2015

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Anno 6, Novembre 2015

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I N D I A L O G O .it Indialogo . i t , a u t o r i z z . N . 2 d e l 1 6 . 6 . 2 0 1 0 d e l Tr i b unale di Pinerolo - dir.Antonio Denanni

Pinerolo: avanti i giovani con capacità d’innovazione! Nanni Tosco: «Pinerolo riparta dal patrimonio scolasticoculturale»

Dibattito sul futuro di Pinerolo / 3

Dalle interviste ai docenti universitari/2: “Dalla decadenza al cambiamento”


Buone News A cura di Gabriella Bruzzone

per ridurre l’impatto ambientale

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Minicase, biciclette, turismo sostenibile «Impatto ambientale: alterazione da un punto di vista qualitativo e quantitativo dell’ambiente, considerato come insieme delle risorse naturali e delle attività umane a esse collegate, conseguente a realizzazioni […] di rilevante entità». Questa la definizione del Dizionario Treccani per le due parole di cui più abbiamo sentito parlare in questi ultimi vent’anni, ovvero da quando nel 1992 le nazioni del mondo hanno firmato l’UNFCCC, la convenzione quadro sui cambiamenti climatici, durante il summit di Rio De Janeiro. Purtroppo, nonostante l’impegno di tutti, da allora la situazione non è cambiata molto: le emissioni di anidride carbonica non sono diminuite e l’inevitabile scioglimento dei ghiacciai prosegue la sua corsa. Ma gli esperti sono ottimisti e credono che il 2015 sia l’anno della svolta. A confermarlo arrivano alcuni dati importanti: a livello globale l’emissione di anidride carbonica non è aumentata e i combustibili fossili cominciano gradualmente ad essere sostituiti dalle energie rinnovabili. Esistono inoltre numerose piccole accortezze che possono fare la differenza e che devono partire dalla volontà dei singoli. Tra le proposte, ci sono le minicase: appartamenti o casette singole che a malapena raggiungono i 10 metri quadrati

ma che al loro interno offrono tutti i comfort di una qualsiasi abitazione. In grandi città come Tokyo e Parigi, i miniappartamenti non sono una novità: generalmente soppalcati, hanno cucinino, toilette, salottino con sala da pranzo incorporata e letto nel soppalco. Uno schema utilizzato anche per le case indipendenti, costruite generalmente in legno per essere più sostenibili e alimentate da pannelli solari per sfruttare le energie rinnovabili. Per quanto riguarda i mezzi pubblici, gli esperti sconsigliano l’uso sia dell’automobile sia dei mezzi pubblici, a meno che siano elettrici o alimentati a idrogeno. La soluzione migliore resta sempre quella di spostarsi a piedi o in bicicletta. Anche il turismo e i grandi viaggi sono messi a rischio dall’inquinamento. Per questo, oltre a potenziare il trasporto su rotaia, molti Stati hanno attivato programmi turistici ecosostenibili, come l’Islanda che salvaguarda la purezza dei suoi territori incontaminati e riduce al minimo l’inquinamento, sfruttando l’energia geotermica e utilizzando mezzi pubblici a idrogeno. Come questi, ci sono moltissimi altri accorgimenti che possiamo adottare per rendere le nostre vite più sostenibili e dare il nostro piccolo ma importante contributo.


33 Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

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|Giovani e innovazione

2 Buone News

Si è concluso da poco Spazi Sonori, la rassegna musicale organizzata dall’associazione culturale Onda d’Urto, che ha visto l’esecuzione di quattro concerti in quattro chiese del territorio con l’obiettivo di valorizzare i luoghi dell’esecuzione e i giovani musicisti. A parere unanime sono stati quattro concerti di alto profilo e gradimento, sia per la qualità dei giovani esecutori, sia per i numerosi partecipanti. Una nota da aggiungere è che l’organizzatrice di questi eventi è stata una giovane violoncellista pinerolese di 26 anni che vi ha dedicato passione e competenza, tanto per rimarcare quanto andiamo dicendo da tempo sulla valorizzazione del capitale umano, specie quello giovane, come via primaria per il rilancio e la rinascita della città. Sono numerosi i giovani che nel territorio nel campo delle arti e della tecnica hanno acquisito delle competenze di alto profilo e aspettano di essere valorizzati anche con piccoli progetti come quello di Spazi Sonori (è così che è rinata Glasgow!), altrimenti l’alternativa per loro è la ricerca di nuove frontiere. Abbiamo scritto la volta scorsa che per il rilancio della città nella prossima amministrazione comunale bisogna far largo ai quarantenni e qualcuno ci ha fatto osservare che l’età non è indice di buon governo: gli adulti hanno più esperienza! Certo l’età non è tutto, ma è innegabile che nella giovinezza c’è più entusiasmo ed energia e soprattutto capacità di innovazione, che è quello di cui ha un estremo bisogno questa città; non basta la gestione degli affari correnti! Pinerolo è diventata città della cavalleria non perchè aveva tanti cavalli e cavalieri, ma perchè aveva un giovane capitano trentenne di nome Federigo Caprilli! Antonio Denanni

4 Dibattito sul futuro di pinerolo/ 3

PINEROLO / INDIALOGO.it .

Direttore Responsabile Antonio Denanni Collaborano: Emanuele Sacchetto, Alessia Moroni, Aurora Fusillo, Gabriella Bruzzone, Andrea Obiso, Andrea Bruno, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Nadia Fenoglio, Giulia Pussetto, Francesca Costarelli, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Marianna Bertolino, Federico Gennaro, Isidoro Concas, Sara Nosenzo, Valentina Scaringella Con la partecipazione di Elvio Fassone photo: Giacomo Denanni, Andrea Costa, Lara Fantone Indialogo.it, Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010 - Ed. Associazione Culturale Onda d’Urto Onlus redazione Tel. 0121397226 - E-mail: redazione@pineroloindialogo.it STAMPA: Servizi Grafici, Bricherasio

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minicase, biciclette, turismo sostenibile dalle interviste ai doc. univ. pinerolesi

Vita internazionale

intervista a pier marzocca

10 Primo piano/ 1

intervista a Nanni tosco

12 Primo piano /2

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il libro di fassone “fine pena: ora”

Giovani & Lavoro

intervista a stefano galoppo

15 Teatro

il teatro del lavoro

16 Donne del Pinerolese

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Enrica marino e la scuola

Per Mostre e Musei

davide binello e diego scursatone

tutto ciò che è piccolo scompare

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Storiae...

19 Musica emergente

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i blucordero

Visibili & Invisibili

libera, ci stiamo attivando

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Tecnologia e innovazioni

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il materiale autoriparante del futuro

Cose dell’altro mondo

amanti l’hi-tech /giornata della povertà

Serate di Laurea

con alessia lacchio e luca cabrini

Spazi Sonori

un grande successo di onda d’urto

24 Viaggiare

la luce del sol levante

25 Amici di Pinerolo Indialogo http://www.pineroloindialogo.it http://www.pineroloindialogo.it/eventi http://www.facebook.com/indialogo.apinerolo http://www.facebook.com/ondadurtopinerolo http://www.issuu.com/pineroloindialogo


IN CITTÀ

Dibattito sul futuro di Pinerolo /3 A cura della Redazione

i 23 docenti universitari pinerolesi finora intervistati

Sostituire la parola “declino” con “necessità di cambiamento”

“Partendo da progetti concreti è più facile costruire nel tempo una collaborazione stabile che trasferisca nel territorio pinerolese le diverse competenze di cui i docenti dispongono” BRUNO DE BENEDETTI, Ingegneria dei materiali Veniamo al Pinerolese, questo nostro territorio... Il Pinerolese non è diverso da molte altre realtà: ormai la competizione è globale e solo chi si ritaglia un ruolo con competenze di eccellenza riesce a prosperare. E’ inutile sfidare i paesi emergenti, tipo Est Europeo, Corea, Brasile, Vietnam sul terreno di prodotti tecnologicamente poveri... nel futuro emegeranno quelli che avranno più capacità ad operare nel contesto globale. E la città di Pinerolo? Una cosa che le piace e una che la indigna? Prima di tutto la qualità della vita che offre il Pinerolese grazie ad una antica tradizione di civiltà. Non sono abituato ad indignarmi, ma vorrei che sapessimo comunicare meglio, evitando di sprecare le grandi occasioni. Gli investimenti nelle valli olimpiche sono il caso negativo che mi viene da citare. Che contributo potrebbero dare i numerosi docenti presenti nel territorio? Ha qualche proposta? Credo che determinante sia mettere a punto strategie efficaci di comunicazione e sostituire la parola declino con la parola necessità di cambiamento. I giovani ingegneri pinerolesi che si laureano anche con il contributo dei suoi corsi hanno possibilità di sbocco lavorativo nel pinerolese o devono necessariamente spaziare su un territorio più ampio o addirittura a livello mondiale? Anche se il prezzo umano è molto alto (difficoltà di creare una famiglia “tradizionale”) credo che sia finito il tempo delle occasioni nel breve raggio di un piccolo territorio. Quindi se si desidera rimanere nel Pinerolese è molto meglio seguire altri percorsi (ad esempio nel produrre cibi di filiera alta), mentre l’ingegnere deve solo più fare i conti con il mondo. (Bruno DeBenedetti, Pinerolo Indialogo, Gennaio 2014) _______________________________________ ALESSANDRO BARBERO, Storia medievale Lei, torinese di nascita, come trova questa

nostra città? Io ho allevato un figlio a Pinerolo e trovo che la dimensione della piccola città è bellissima per i bambini e i ragazzi. Mio figlio adesso vive a Parigi e non ho l’impressione che aver trascorso i primi vent’anni a Pinerolo lo abbia reso meno adatto ad affrontare la sfida, anzi: gli ha dato sicurezza e padronanza del mondo. Ho anche apprezzato molto la presenza così vicina del mondo valdese - una minoranza agguerrita alza il livello medio della convivenza civile e del dibattito intellettuale, e costringe anche gli altri ad adeguarsi se non vogliono soccombere. Nel Pinerolese abitano più di 40 docenti universitari. Che contributo potrebbero dare per questo territorio in decadenza? La decadenza è solo economica, non è umana nè civile. I professori universitari sono come tutti gli altri, possono agire nel loro campo: nel loro caso, farsi vedere, intervenire ai dibattiti, è particolarmente importante, perchè sono o dovrebbero essere più allenati a farlo. Però è bene che siamo consapevoli che il nostro mondo e il nostro pensiero sono interamente dominati dall’economia, ed è solo all’economia che pensiamo quando parliamo di crescita o di decadenza. Ecco qualcosa che ai nostri antenati sarebbe sembrato molto bizzarro! Qual è una risorsa potenziale di Pinerolo che a suo parere non è sfruttata abbastanza e potrebbe esserlo? La tradizione dolciaria di Pinerolo è sbalorditiva. E non si chiama solo Galup: a Pinerolo ci sono almeno tre pasticcerie migliori di qualunque pasticceria di Roma o di Milano. (Alessandro Barbero, Pinerolo Indialogo, Febbraio 2014) _________________________________________ GIOVANNI PONS, Biologia Veniamo a Pinerolo e al Pinerolese. Come vede lei questa realtà del nostro territorio? La realtà del territorio Pinerolese, per quanto

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S.Bonino: «La provincia può rendere più facile l’organizzazione della routine familiare» mi è dato di vedere è in una situazione di stallo, si cerca di mantenere, di ridurre il meno possibile ma con poche prospettive di ripresa. [...] Di Pinerolo mi piace la vivibilità: una cittadina ancora a misura d’uomo e in una favorevole posizione geografica; il rammarico potrebbe essere non riuscire a dare lavoro in loco a tutti i suoi abitanti. Il Pinerolese nell’Ottocento ha visto un grande sviluppo anche per un intervento dei capitali protestanti. Ci può dire qualcosa in merito? Qualcosa di simile sarebbe ipotizzabile oggi? Lo sviluppo, nella seconda metà dell’800, di attività industriali, principalmente tessili, legate alla presenza di investimenti provenienti dall’area europea a maggioranza protestante (Germania e Svizzera, l’Inghilterra fu presente prevalentemente nel sociale), può trovare una spiegazione nei contatti molto stretti mantenuti dalle comunità valligiane valdesi con le chiese protestanti dei paesi citati. Oggi la situazione storica è ovviamente diversa, i collegamenti si sono mantenuti ma essenzialmente sul piano religioso e culturale. I criteri che regolano oggi l’attività industriale credo che si basino su elementi assai più complessi di allora. Qualche idea da suggerire per questo territorio in crisi? Questa è la domanda che tutte e tutti ci facciamo ogni giorno, mattino e sera. Vivendo da qualche anno con continuità (sono stato” pendolare” per più di 30 anni!) specialmente sul territorio montano (il più in difficoltà), mi rendo conto che soluzioni facili e immediate non ce ne sono. Si potrebbe, però, pensare ad un turismo rurale montano, che si sviluppi nei territori valligiani ancora non contaminati dal turismo di massa e ricchi di storia e di tradizioni, recuperando o potenziando aspetti dell’artigianato locale e delle coltivazioni autoctone “di nicchia” abbinate ad allevamenti biocompatibili, aumentando la ricettività nei luoghi caratteristici, proponendo programmi di escursionismo didattico, anche per fasce d’età, con possibilità di spostamenti transfrontalieri in territori montani confinanti, invogliando con opportuna e adatta informazione le famiglie residenti nelle aree metropolitane a trascorrere weekend e vacanze nei nostri territori e ad acquistare direttamente dai produttori locali. (Giovanni Pons, Pinerolo Indialogo, Marzo 2014)

__________________________________________ SILVIA BONINO, Psicologia È più facile crescere i figli in città o in provincia? Il luogo non è determinante. Contano l’autorevolezza educativa e l’apertura al mondo circostante, in senso ampio: naturale, sociale, culturale. La provincia può rendere più facile l’organizzazione della routine familiare, ma varietà e ricchezza di esperienze si possono garantire ovunque, a partire dalle diverse risorse ambientali. Oggi in particolare va contrastata l’invadenza del mondo virtuale, per favorire la più ricca esperienza in quello reale. Veniamo alla nostra Pinerolo. Che cosa le piace di questa sua città natale e che cosa invece le piace meno. Mi piacciono la sua splendida posizione geografica e la sua condizione di terra di frontiera, dove convivono eredità culturali e religioni diverse. Mi piace la sua architettura centenaria: ho abitato a lungo nel centro storico ed è un luogo di vita ideale. Mi piace molto di meno la sconsiderata espansione edilizia degli ultimi decenni, così come l’incuria di cui spesso la città patisce. M’indigna l’apatia di molti pinerolesi, che non si attivano per la loro città e restano indifferenti davanti alle troppe situazioni irrisolte (due esempi: palazzo Acaja e merlettificio Türck). Pinerolo vive come altre realtà, forse anche di più, la crisi economica del momento. Qual è a suo parere una risorsa potenziale che non è sfruttata abbastanza e potrebbe esserlo? Il turismo. Con scelte più oculate, una manutenzione attenta e una buona accoglienza, la città potrebbe diventare un centro di attrazione. Per questo non dobbiamo perdere eredità importanti, come quella della cavalleria, e imparare a valorizzare ciò che abbiamo. Oggi non lo sappiamo fare né siamo in grado di approfittare del successo turistico della vicina Torino. C’è bisogno di maggiore collaborazione tra gli enti, pubblici e privati, e di un progetto comune per la città e il suo circondario. Bisogna cooperare, non lavorare isolatamente o, peggio, contro. [...] Coinvolgere i docenti universitari, per le loro specifiche competenze, nei progetti e nelle iniziative per la città, il territorio e il loro futuro. Credo che partendo da situazioni e progetti concreti sia più facile costruire nel tempo una collaborazione stabile che trasferisca nel territorio pinerolese le diverse competenze di cui i docenti dispongono. (Silvia Bonino, Pinerolo Indialogo, Maggio 2014)

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IN CITTÀ

Dalle interviste di Pinerolo Indialogo ai docenti universitari 6

___________________________________________ MARIA MARTIN, Chimica Agraria Da non pinerolese (abita a Pinasca), ma che vive la realtà del territorio, come vede la voglia di università in Pinerolo che vi è in alcuni politici (e anche docenti), crede che sia realistica, con prospettive di futuro? Decentrare ha vantaggi e svantaggi. E’ ben noto che negli ultimi anni le risorse destinate all’università si sono contratte in modo spaventoso ed è indispensabile ottimizzare il poco che c’è. Non so quali saranno le scelte dell’Ateneo di Torino, ma dovranno per forza tener conto di vincoli sempre più stringenti. Il Pinerolese, in particolare la Val Chisone ove lei abita, sta vivendo una profonda crisi. C’è una realtà che a suo parere sarebbe da valorizzare? Difficile rispondere. La deindustrializzazione ha lasciato un vuoto che richiederà probabilmente molto tempo per essere colmato. Ci sono esempi di scelte coraggiose, legate all’intraprendenza e fantasia dei singoli. Occorrerebbe un’azione congiunta, magari unendo più valli che vivono problemi analoghi, per arginare la continua diminuzione di risorse destinate al territorio. (Maria Martin, Pinerolo Indialogo, Giugno 2014) __________________________________________ MARCO AMEDURI, Fisica Ammetterà che la presenza di un pinerolese in Qatar non è usuale. Ce la racconta? In realta’, in Qatar vivono persone di provenienza piu’ diversa, ed e’ un Paese molto accogliente. La vita quotidiana naturalmente ruota attorno al lavoro, come dappertutto... La sua storia personale è esemplare. Pinerolese di origine e di formazione, è dovuto (o ha voluto) andare all’estero per affermarsi. È la strada obbligatoria per i giovani di talento o è solo la peculiarietà di certe lauree specialistiche come la sua? Alla luce dell’esperienza di tutti questi anni all’estero - ormai piu’ di venti - direi che studiare e lavorare in istituti e Paesi diversi e’ fondamentale per chi voglia partecipare appieno all’eccitante mondo della ricerca e del lavoro intellettuale. Si confrontano punti di vista diversi, approcci intellettuali e pratici diversi, e si costruisce una ampia rete di contatti in cui scambiare idee e progetti. Ritengo che questo valga in qualsiasi disciplina. Alla lunga diventa poi una scelta di

vita, in cui la curiosita’ di conoscere e cercare di capire posti nuovi diventa altrettanto eccitante. Secondo me questo e’ uno degli aspetti positivi ed attraenti della carriera universitaria. Si stabilisce un linguaggio condiviso e si entra in una comunita’ che permettono di sentirsi sempre a casa, dovunque ci si trovi. Dal Qatar come vede la nostra Pinerolo? Confesso che con il tempo la lontananza e’ sempre piu’ reale, e Pinerolo diventa sempre piu’ un luogo della memoria. Ricordo molto volentieri il carattere pacato e tranquillo della vita quotidiana e la saldezza delle tradizioni e delle abitudini. Mi auguro che queste caratteristiche vengano mantenute, perche’ per crescere nel vortice dell’economia e della societa’ di oggi e per costruire in modo duraturo il proprio sviluppo, una comunita’ ha bisogno di poter contare su radici solide. (Marco Ameduri, Pinerolo Indialogo, Luglio 2014) ___________________________________________ ALESSANDRA ALGOSTINO, Diritto Costituzionale Come vede la nostra Pinerolo dove lei ha vissuto tanti anni (ora vive a Torino)? Come ha detto lei, sono ormai molti anni che non vivo nella realtà di Pinerolo, ma mi sembra che vi sia un buon fermento di idee, iniziative ed incontri, come dimostra anche la realtà del vostro giornale. Sappiamo che lei ha frequentato il Liceo Porporato. Che cosa ricorda di quegli anni? Ho ricevuto una buona formazione al Liceo Porporato, che mi ha indubbiamente aiutato ad affrontare gli studi successivi. All’epoca ho però un po’ patito una certa difficoltà nel seguire e condividere interessi, diciamo, in senso lato politico-sociali, in parte per questioni logistiche, perché pendolare da un paese del circondario, e in parte per l’ambiente un po’ chiuso. (Alessandra Algostino, Pinerolo Indialogo, Ottobre 2014) ___________________________________________ PAOLO COZZO, Storia del Cristianesimo Lei nel Pinerolese più che come docente universitario è conosciuto come sindaco di SanSecondo. Sono stato sindaco per 10 anni (dal 2004 allo scorso mese di maggio), e prima (dal 1995 al 2004) assessore: in tutto 19 anni... Come amministratore quali sono state le maggiori difficoltà riscontrate?


M. Martina: «Ritengo ci sia del forte potenziale dietro questi poli dell’innovazione» Quelle che tutti i sindaci lamentano: scarsità di risorse ed eccesso di burocrazia. Ci dà un giudizio sull’attuale situazione del Pinerolese? Può ancora trovare alcune sue specificità o è destinato a un ulteriore degrado lento e inesorabile? Forse la crisi del Pinerolese parte da molto lontano, addirittura dal 1859 quando, perdendo la provincia (accorpata a quella di Torino) si trovò sprovvista di una forte struttura istituzionale. Eppure il secondo Ottocento e il primo Novecento hanno rappresentato, complessivamente, epoche di prosperità economica, di fermento culturale, persino di orgoglio identitario: in fondo è in quegli anni che si è formata una certa immagine della città (la città della cavalleria, del Galup, del Proton, dei “Pesi e Misure” ecc.) che ci portiamo ancora dietro e di cui ancora oggi coltiviamo la memoria. Il problema è che la memoria, da sola, non basta per rilanciare un territorio ricco di potenzialità ma impoverito sul piano produttivo, manifatturiero, imprenditoriale. E di questa situazione non penso si possa ritenere responsabile solo la politica, come spesso si sente dire. L’ingombrante vicino, Pinerolo: qual è il rapporto tra i due Comuni? Oggi, come cittadino sansecondese, non ho molte osservazioni da fare; ieri, come sindaco, oltre a confermare rapporti di buon vicinato, avrei espresso il mio auspicio che Pinerolo diventi realmente capofila di un territorio non troppo omogeneo, che scelte a mio avviso poco oculate (ad esempio, la rottura dell’unità territoriale rappresentata dalla Comunità Montana) non hanno fatto che indebolire. In questa prospettiva, è chiaro che il banco di prova sarà la rappresentanza nel Consiglio della città metropolitana. (Paolo Cozzo, Pinerolo Indialogo, Novembre 2014) ___________________________________________ GIUSEPPE QUAGLIA, Ingegneria Meccanica Ci parli del Pinerolese. Il nostro territorio ha moltissimi elementi positivi: l’ambiente naturale; la cultura contadina, con tutte le attività ad essa connesse; la presenza di attività industriali, spesso PMI, ma anche aziende di respiro internazionale; un tessuto sociale ancora a dimensione umana. Per quanto riguarda gli elementi negativi, non

trovo aspetti che mi indignino. Forse chi opera in questo territorio tende in parte a ripiegarsi su se stesso e non sempre si sente parte di un mondo globale, che insieme a molti problemi porta tanta ricchezza sia di opportunità che di cultura. I recenti anni di crisi sono stati anche un periodo di disfacimento dei valori etici, che però sono gli unici a garantire una serena e proficua interazione non solo tra gli uomini, ma anche tra le imprese e le istituzioni. La conflittualità è in crescita e temo anche la tendenza ad atteggiamenti “predatori”. Una cosa a suo parere essenziale per il suo rilancio? Penso che sempre di più sia necessario non solo immaginare il futuro popolato di professioni ed iniziative tradizionali, ma saper inventare nuove attività, partendo dalle opportunità. Abbiamo un territorio ampio e bellissimo, con aree che si sono spopolate nel dopoguerra a fronte del richiamo della città. Abbiamo un bagaglio di conoscenze, competenze e cultura che non dobbiamo disperdere, ma che possiamo mettere al servizio del nostro territorio. In questo ambito la tecnologia può fare molto: offrire nuovi strumenti (ad esempio al servizio dell’agricoltura e dell’industria), connettività (e con esse informazioni, azioni), qualità delle abitazioni, dispositivi per la salute e tanto altro. A Pinerolo si parla tanto di smart city. Ci può dire qualcosa dal punto di vista della sua disciplina? Il tema della città intelligente è fortemente indirizzato alla qualità della vita. Gli ambiti della mobilità, dell’efficienza energetica, della domotica, dei dispositivi per la salute, per la sicurezza e per far fronte all’invecchiamento della popolazione possono coinvolgere le mie discipline. (Giuseppe Quaglia, Pinerolo Indialogo, Dicembre 2014) ____________________________________________ MAURIZIO MARTINA, Ingegneria Il nostro territorio del Pinerolese è in forte declino. Per aree come queste si parla anche di Poli dell’innovazione. A suo parere nel Pinerolese un polo di questo tipo (magari con tanta elettronica) potrebbe attecchire? Ritengo ci sia del forte potenziale dietro questi poli dell’innovazione, per questo sono possibilista. Tuttavia per funzionare bene devono essere accompagnati da infrastrutture adeguate e devono diventare appetibili per le aziende. Nel settore di sua competenza, c’è qualche filone che si sentirebbe di consigliare a dei giovani in cerca di lavoro o che intendono avviare una start-up?

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IN CITTÀ C.Guiot: «Sempre di più il territorio dei giovani è il mondo» In questo momento tutto cio’ che riguarda la riduzione del consumo di potenza e’ sicuramente di grande interesse. Inoltre se si guardano gli obiettivi della comunita’ europea la tecnologia applicata alla salute ed al benessere e’ sicuramente un tema che puo’ attrarre finanziamenti. A Pinerolo si parla di creare un Polo culturale. Un centro o un piccolo laboratorio tecnologico pensa che ne potrebbe fare parte? Nell’ambito della sua disciplina, per dei giovani appassionati si può fare ricerca anche in un garage, come hanno fatto Bill Gates e Steve Jobs? Perche’ no, l’idea mi sembra interessante. Ci sono aspetti della mia disciplina che si possono sviluppare anche in un garage, sarebbe divertente. Il suo, insieme a tanti altri da noi intervistati, è un esempio dove si concilia la vita tranquilla di provincia e il lavoro in un ambiente stimolante e prestigioso come quello universitario. Che cosa manca o non funziona per renderlo ancora più attraente? Per quanto mi riguarda al momento l’aspetto piu’ “difficile” e’ il trasporto. Se uso i mezzi pubblici esco di casa alle 7:00 per arrivare in ufficio alle 9:00. (Maurizio Martina, Pinerolo Indialogo, Febbraio 2015) _____________________________________________ CATERINA GUIOT, Fisica Ho sempre vissuto a Pinerolo, ma ne fruivo molto di più da ragazza che non ora…Rischio pertanto di dare valutazioni molto datate... Università, oltre che studio e cultura vuol dire soprattutto ricerca. Le risulta che sia in atto qualche collaborazione tra università e territorio? C’è qualche settore dove questa collaborazione si potrebbe attivare? Purtroppo nell’ ambito delle mie attività i legami sono molto deboli (qualche collabo-razione con reparti ospedalieri che sono disponibili per le attività di tirocinio del nostro Master in metodiche eco guidate). In altri ambiti per fortuna c’è più fermento. La settimana scorsa ho partecipato ad un incontro a Pragelato in cui i colleghi della Facoltà di Agraria hanno presentato una interessante proposta, frutto della loro attività di ricerca con fondi pubblici, per la creazione di una Associazione Fondiaria (AsFo) tra i proprietari di terreni per ottimizzare la loro fruizione silvo-pastorale. Chapeau! Una proposta alla classe politica di questa città in declino? Il declino riguarda il nostro intero modello di sviluppo, l’unico atteggiamento utile è essere aperti e attenti alle piccole e grandi idee che possono prefigurare un diverso futuro assetto delle nostre

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città. I laureati nella sua disciplina hanno buone prospettive di lavoro o anche per loro è difficile oggi trovare un’occupazione? I fisici sono per definizione molto eclettici ed hanno una formazione generale che rende più facile adattarsi ai successivi cambiamenti. Ci vuole certamente molta pazienza e resilienza, e anche creatività e disponibilità a mettersi in gioco. I giovani pinerolesi, soprattutto quel 25% di laureati.H che reali possibilità hanno di spendere il titolo nel territorio o devono ragionare su confini più vasti? Sempre di più il territorio dei giovani è il mondo. (Cristina Guiot, Pinerolo Indialogo, Settembre 2015) _____________________________________________ KATIA MARTINA, Chimica Lei pur abitando a Pinerolo, è originaria della Val Pellice: ci racconta? Sono nata a Luserna San Giovanni: mamma valdese e papà cattolico. Sono cresciuta frequentando l’ambiente valdese. Sicuramente la Val Pellice mi ha condizionata, così come la mia educazione religiosa. Tolleranza verso gli altri, senso di responsabilità e valorizzazione dello studio mi sono state insegnate dalla comunità che avevo intorno. Di Pinerolo, che cosa le piace e che cosa non le piace o la disturba? A Pinerolo manca un’anima, un’identità. Questo differenzia il ricordo di ciò che ho vissuto in Val Pellice da quello che sto vivendo ora. Pinerolo ha la grande fortuna di trovarsi alla confluenza di due valli, vicino a Torino pur non essendo nella cintura della città. Forse ai pinerolesi manca il senso di appartenenza, a partire dall’amministrazione comunale che non è avvertito come luogo di promozione né di proposta. Per via del suo lavoro lei fa la pendolare con Torino. Quanto è importante il collegamento ferroviario veloce per il rilancio di questa nostra città in crisi? Vado al lavoro in macchina. Essendo madre di due figli non posso permettermi di aspettare treni che non arrivano o farmi aspettare dai miei famigliari. Inquino molto e spendo molto. Per me, come per tutti i pendolari, essere a 40 Km scarsi dal posto di lavoro e pensare che con i mezzi non è sufficiente 1 ora di viaggio causa sconforto. Chiedere un servizio migliore sembra scontato ma forse realizzarlo non è semplice. (Katia Martina, Pinerolo Indialogo, Ottobre 2015) Sintesi interviste ai docenti pinerolesi 2/ fine


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ondo così per il m

Vita internazionale di Alessia Moroni

Intervista a Pier Marzocca, direttore

Royal Melbourne Institute of Tecnology Il professor Pier Marzocca è cresciuto a Pinerolo, dove la sua famiglia si è trasferita dalla Puglia quando lui aveva solo quindici giorni di vita. Attualmente è il direttore del Dipartimento di Ingegneria Aereospaziale presso il “Royal Melbourne Institute of Technology”, in Australia. In questa intervista via Skype ci racconta la sua storia. Qual è stata la tua formazione? Mi sono diplomato come Geometra ed ho conseguito la Laurea in Ingegneria Aerospaziale presso il Politecnico di Torino. Ho poi continuato gli studi con un dottorato di ricerca, durante il quale sono stato in Virginia, presso la “Virginia Tech”, per quattro anni. In seguito mi sono trasferito alla “Clarkson University”, a Postdam, molto vicino al Canada. Lì ho continuato la mia carriera fino a diventare full professor. Da Gennaio dirigo il dipartimento di Ingegneria Aereospaziale presso il “Royal Melbourne Institute of Technology” e mi dedico sia alla ricerca che all’insegnamento. È una nuova esperienza, che mi piace molto: il gruppo con cui lavoro è molto affiatato. Inoltre coordino anche le sedi distaccate del Dipartimento, che si trovano a Singapore, Cina e Hong-Kong. Di che cosa ti occupi per quanto riguarda la ricerca nel campo Aerospaziale? Principalmente del controllo aerodinamico strutturale, cioè andiamo a guardare il modo in cui gli aerei volano in termini di performance e ne analizziamo i problemi. L’idea è quella di controllare la vibrazione della struttura e minimizzarla, al fine di migliorare il comfort dei passeggeri e le prestazioni di velocità. Quando ero in America mi sono dedicato anche all’ambito energetico, in particolare ho diretto il centro dove si effettuavano test per analizzare la performance di mulini eolici. Il gruppo di

ricerca in cui lavoro attualmente è molto forte nel campo strutturale aereodinamico, ed è entusiasmante lavorare per un centro così bello e prestigioso in Australia. Qual è stato il lavoro più significativo per la tua carriera? Dal punto di vista scientifico sono affezionato ai primi lavori, che ho fatto con i miei “advisors” del Politecnico e della Virginia Tech: in particolare tengo molto a quelli svolti con il Prof. Chiocchia del Politecnico di Torino in una co-supervisione con il Prof. Librescu, che nel 2007 è riuscito a mettere in salvo i suoi studenti durante la sparatoria proprio alla Virginia Tech, nella quale lui è purtroppo rimasto vittima. Io mi trovavo già alla Clarkson University e ricevere questa notizia è stato un momento molto brutto per me. Uno dei miei sogni era quello di lavorare per la NASA e durante gli anni in Virginia l’ho realizzato. Ne sono stato molto felice. In generale in ogni lavoro sento di aver partecipato a qualcosa che potrà essere utile in futuro. Quale pensi che sia la differenza tra le università Americana ed Australiana rispetto alla nostra? In Italia c’è molta formazione teorica, una delle migliori. Il contatto con il docente non è così forte come nelle università americane o australiane. Negli USA ho visto le cose cambiare negli anni: adesso c’è un nuovo tipo di insegnamento, nel quale lo studente deve essere stimolato negli aspetti tecnici, ma ci si aspetta che sia autonomo. Forse la formazione tecnica non è cosi approfondita come in Italia e l’educazione professionale è molto pratica sia in America che in Australia. Il bilancio è che ovviamente entrambe le formazioni sono utili, soprattutto quella teorica, più difficile da colmare se si è carenti.

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o prim o pian

Città & Capoluogo

10 10 a cura di Antonio Denanni

Intervista a Nanni Tosco, presidente dell’Ufficio Pio

«Pinerolo deve ripartire dal suo patrimonio scolastico-culturale e dai suoi giovani» «Si pensava che si ereditasse solo la ricchezza, invece si eredita anche la povertà» L’Ufficio Pio, ente strumentale della Compagnia San Paolo, compie quest’anno 420 anni di storia e ne è presidente il pinerolese d’adozione Nanni Tosco, già segretario della Cisl torinese. Lo incontriamo per parlare non solo dell’Istituto, ma anche del Pinerolese, alla luce del suo vivere tra città e provincia. Incominciamo con il suo attuale impegno di lavoro. Ci racconta l’Ufficio Pio, di che cosa si occupa... È un’antica istituzione nata nel ‘500 che si occupa di interventi nel campo economico-sociale. I beneficiari di questi interventi sono le famiglie e alcune categorie di persone. Ha tre aree di intervento di contrasto alla povertà: l’istruzione dei figli, la casa e le situazioni critiche derivanti dalla perdita del lavoro. Poi interveniamo su due categorie specifiche di cittadini: i detenuti di fine pena e i senza fissa dimora. Vi sono infine le iniziative estive per i minori delle famiglie povere che noi già seguiamo. L’Ufficio Pio lavora principalmente su Torino città o anche in provincia? Principalmente in Torino città e in tredici comuni della prima cintura, ma alcuni progetti (ad es. il progetto sui detenuti) sono estesi anche al di fuori. Voi date un contributo direttamente alle persone o finanziate anche progetti di associazioni? Noi, a differenza della Compagnia di San Paolo che finanzia associazioni che danno ser-

vizi alle persone, finanziamo direttamente le famoglie e le persone senza intermediazioni. Ci interessa il sostegno che date ai giovani. Che tipo di intervento fate? Vi rivolgete solo ai giovani di famiglie in difficoltà economiche o finanziate anche dei progetti che ritenete qualificanti? Nell’intervento di sostegno alle famiglie povere che noi facciamo, uno dei criteri a cui facciamo riferimento è la presenza di bambini e giovani in età scolastica. L’intervento sui giovani - uno di questi è il progetto Percorsi - è sempre collegato alla famiglia. A proposito di finanziamenti della Compagnia di San Paolo ai territori, le risulta che dal Pinerolese arrivino pochi progetti o è la Compagnia che non riconosce validi i progetti che le arrivano (cioè a Pinerolo non sono capaci di progettare)? La Compagnia è molto selettiva sui progetti, perchè riceve moltissime domande di finanziamento. Nelle scelte privilegia la qualità dei progetti, l’affidabilità dei soggetti che li propongono e cerca anche di mantenere un’equità territoriale. Credo che i soldi che la Compagnia ha dato al Pinerolese non siano pochi. Mi risulta inoltre che il territorio abbia un buon know how per fare bene i bandi, il vero problema è far fruttare al meglio queste competenze. Con quest’ultima domanda ci soffermiamo su Pinerolo sua città di residenza, mentre lei è


«Il treno come mezzo per allacciare relazioni tra la città e il territorio» originario di Chieri. Come vede questa nostra città? Io credo che Pinerolo possa avere veramente il ruolo di una sorta di capitale del territorio, soprattutto per la sua storia e posizione geografica. Da questo deriva una complessità di problemi da gestire, ma anche di opportunità. Il tema è che i primi a sentirsi membri di questa capitale devono essere quelli che ci vivono prima che siano gli altri ad attribuirglielo. Come non nativo di Pinerolo mi hanno sempre colpito due cose, il prendere come paragone massimo Saluzzo e l’idea che Torino sia un capoluogo che succhia e non ridà, vi è diffidenza nei confronti del grande... ...qualcuno chiama questo atteggiamento di Pinerolo localismo o provincialismo... Insomma Pinerolo guardandosi allo specchio pensa di essere una capitale e guardando fuori dalla finestra piange perchè la capitale è Torino. Bisogna fare l’inverso, guardare fuori e pensare che si è un capoluogo e quando ci si guarda allo specchio pensare ugualmente che si è un capoluogo, ma non come Torino. Con Torino bisogna cercare di fare alleanze: che cosa io posso offrire a Torino e che cosa posso ricevere da Torino. Tra qualche mese si rinnova l’amministrazione comunale. Lei vede una priorità da suggerire alla classe politica della città in declino? Se io dovessi dire da dove deve ripartire Pinerolo direi dal patrimonio scolastico-culturale che ha. È una realtà ricchissima con un polo scolastico e un patrimonio di giovani che vengono a studiare da tutto il circondario, fino da Nichelino, da Rivalta... Proviamo a costruire una città accogliente che si dilata a partire da questa vocazione di attirare i giovani a studiare. Ultimamente nell’ambito del progetto di ristrutturazione della caserma Bochard si è discusso della creazione di un polo della cultura. Pensa che possa essere questo un elemento trainante per il rilancio della città? Il tema della cultura per diventare motore di sviluppo e di crescita del territorio deve collegarsi a quello del turismo e di altre vocazioni che ci sono nel territorio. Pinerolo un’attività culturale “domestica” per i suoi cittadini ce l’ha eccome, però non può essere

ripetitiva sempre allo stesso modo. Bisogna chiedersi che cosa c’è di specifico della cultura pinerolese che oltre a dare identità a noi cittadini pinerolesi può attrarre altri. Si tratta di aprire la città. Lei è l’esempio di persona che concilia la vita tranquilla di provincia dove vivere ed educare i figli con il lavoro in un ambiente stimolante del capoluogo. Che cosa manca o non funziona per renderlo ancora più attraente? Certamente il collegamento ferroviario con Torino. Il treno e il pendolarismo è una ricchezza per la socializzazione che vi si vive. Il treno non è solo un problema di orari e di corse, ma va rivalutato anche come mezzo per allacciare relazioni tra la città e il territorio. Se intorno al treno non c’è un qualcosa di più grande e di più importante sarà ben difficile che ci diano il raddoppio della ferrovia o una linea più efficiente. Il treno per Pinerolo rappresenta non soltanto il pendolarismo, ma il legame tra una piccola capitale e una grande capitale. Un’ultima domanda attinente ancora il suo lavoro. Statistiche europee dicono che gli adulti poveri per il 75% lo erano anche da bambini. Che cosa significa questo dato? Questo dato ci dice che la povertà è ereditaria, come la ricchezza. Si pensava che si ereditasse solo la ricchezza, invece si eredita anche la povertà. Gli interventi che si fanno sulle povertà sono in gran parte riparatori; la grande sfida è di interrompere questa catena dell’ereditarietà e questo avviene nell’età a cui noi pensiamo di meno, da zero a tre anni. Tutte le ricerche confermano che in questa fascia di età gli interventi sono fondamentali. Quindi per un’amministrazione comunale investire a livello educativo nella fascia da 0 a 6 anni vuol dire investire sull’abbattimento delle disuguaglianze e sul futuro per migliorare la comunità.

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Letture

PINEROLO

di Isa Demaria

l’ultimo libro di elvio fassone

Fine pena: ora

Una corrispondenza durata ventisei anni tra un ergastolano e il suo giudice Il libro di Elvio Fassone è tra quelli che è bene leggere con particolare attenzione, perché il racconto, tratto da fatti reali, ci aiuta a mettere a fuoco problemi spesso dibattuti in modo superficiale o male informato. Si parla di carcere infatti e lo si fa grazie alla testimonianza diretta e disinteressata offerta da una lunga corrispondenza tra un ergastolano e un giudice, proprio quello che lo ha condannato. Questa improbabile relazione nacque nel corso del processo alla mafia catanese, svoltosi a Torino nel 1985, un gigantesco meccanismo con 142 imputati, a giudizio per venti mesi in un’ aula bunker, sistemati in gabbie con vetri anti-proiettile, panche imbullonate al pavimento, e all’ esterno metal detector, mitra spianati, scorta armata per il giudice, elicotteri e cani lupo. Eppure in questa cornice così cupa e rigida nelle sue regole la scelta del giudice di gestire il processo in modo fermo ma pacato e di istituire un momento, seppur breve, in cui i detenuti potevano incontrarlo e spiegare i loro problemi minuti (dalla necessità di una visita dal dentista ad una difficoltà nell’ incontrare i parenti) creò una atmosfera di rispetto e consentì l’ avvio di una sorta di “pedagogia” dei comportamenti (si parla a turno, non si urla o insulta….). Una piccola delegazione di detenuti dirà al giudice “Lei ci tratta da ommini e noi da omo faremo con lei. Stia tranquillo, signor Presidente”.

Ma è soprattutto con uno degli inquisiti, un “capo” riconosciuto, giovane e feroce , che si crea un dialogo, un confronto e sarà proprio quest’ ultimo , alla vigilia ormai della sentenza, che mostrerà la consapevolezza che è possibile un altro modo di vivere e concepire i rapporti tra le persone, senza violenza e sopraffazione, un modo lontano da lui, ma desiderabile e rimpianto. Salvatore, questo il nome che l’ autore gli attribuisce , dirà al giudice “Se suo figlio nasceva dove sono nato io, adesso era lui nella gabbia e se io nascevo dove è nato suo figlio magari ora facevo l’ avvocato, ed ero pure bravo”. Non è la ricerca di una scusante, del tutto priva di efficacia, ma la constatazione che le situazioni in cui ci troviamo a nascere e vivere condizionano pesantemente le nostre scelte. A questo penserà il giudice nella notte dopo la sentenza con cui ha condannato molti imputati, e tra questi Salvatore, all’ergastolo . Forse anche questa idea (che per quelli di noi che hanno scelto il rispetto degli altri e l’onestà, oltre al merito c’è stato anche un po’ di fortuna, un più ampio ventaglio di possibilità) spinge il giudice ad un gesto impulsivo e poco razionale: scrivere poche righe a Salvatore allegando un suo libro, Siddharta, in cui è scritto tra l’altro “Mai un uomo è interamente santo o interamente peccatore”. Il giovane ergastolano è colpito da chi lo invita a non perdere , insieme alla libertà, la dignità e la speranza ; risponde nell’ italiano approssimativo di chi “è stato cacciato da

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«Se suo figlio nasceva dove sono nato io, adesso era lui nella gabbia e se io nascevo dove è nato suo figlio io...»13 tutte le scuole”, di chi “non ha mai letto un libro, solo atti giudiziari” e si avvia così una corrispondenza che attraverserà 26 anni, dando conto della sua tenace volontà di cambiare, acquisire conoscenza, dare gambe alla speranza di poter vedere un termine, sia pure lontano, per la sua pena. Salvatore studierà come un matto, leggerà tutto quello che gli capita sottomano, conquisterà un primo diploma di giardinaggio , poi la licenza elementare, poi , con enorme difficoltà, la terza media . Il suo percorso vedrà momenti positivi: il primo permesso (dopo 21 anni di carcere) , un lavoro all’ esterno presso un vivaio di fiori, la nomina a “responsabile” della cucina, la partecipazione all’ attività di una compagnia teatrale del carcere, ma anche continue fermate, delusioni, necessità di ricominciare da zero a causa di uno dei tanti trasferimenti “automatici” e di massa che il carcere impone ai detenuti quando nell’ istituto o nella sezione accada qualcosa di negativo. E’ questo micidiale meccanismo , non dovuto a cattiveria quanto a ottusa, ordinaria crudeltà burocratica che rende la “riabilitazione” una fatica di Sisifo, in grado di spezzare anche i più determinati. Così accade a Salvatore, che, vedendo allontanarsi nuovamente la semilibertà che sembrava ormai vicina (dopo ventotto anni di carcere) crolla, finisce nel repartino psichiatrico e lì tenta di impiccarsi, di fissare un termine della sua pena nell’ unico modo che gli è possibile, togliendosi la vita. Da questo fatto nasce il libro, come tentativo di dare ancora una volta sostegno a chi sembra non poter più rialzarsi ma anche per chiedere a chi legge una seria riflessione “sui delitti e sulle pene”. Il nostro carcere non funziona bene, non adempie pienamente a tutte le funzioni per cui è stato previsto : mettere la società al riparo da chi delinque, garantire la punizione

dei reati (consistente nella privazione della libertà, non nelle pene accessorie e illegittime del sovraffollamento, delle cattive condizioni igienico sanitarie…), rieducare i condannati per consentirne la riabilitazione e il reinserimento nella società . Oggi non solo molti istituti penali non forniscono possibilità di studio e formazione, opportunità di lavoro e reinserimento , ma la stessa natura “illimitata” della pena dell’ ergastolo pare negare una funzione rieducativa. La Corte Costituzionale ha bensì chiarito che non vi è contraddizione, perché esistono già meccanismi che consentono , a chi abbia scontato gran parte della pena e mostrato ravvedimento, di ottenere una liberazione anticipata ma questa possibilità , teorica, si scontra con una pratica che la nega, come nel caso di Salvatore. Occorre dunque riesaminare il problema, sapendo che vi sono tre gravi difficoltà : • le paure che attraversano la nostra società , acuite dai casi in cui detenuti tornati liberi per sconti di pena tornano a delinquere o uccidere (sono una esigua minoranza, ma il loro atto è un colpo terribile per la credibilità degli altri) • la convinzione che le pene non siano abbastanza “certe” (certe non vuol dire immutabili, ma la diffusa sensazione di una generale corruzione e impunità provoca in chi rispetta le leggi, paga le tasse, timbra regolarmente il cartellino di presenza una comprensibile tentazione di giustizialismo) • l’ abbandono in cui vengono in genere lasciate le vittime o (nel caso di omicidi) i loro congiunti ai quali, dopo aver loro ossessivamente chiesto “se perdonano”, non viene dato alcun sostegno psicologico o pratico. La storia di Salvatore ci chiede un ripensamento e proposte che non eludano le difficoltà e considerino con attenzione e rispetto tutti gli elementi in gioco.


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territori

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Stefano Galoppo,

Giovani & Lavoro

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di Aurora Fusillo

consulente del lavoro

«Un contratto al 60%dei tirocinanti» Oggi, in Italia, i consulenti del lavoro sono molto numerosi, per via del tessuto produttivo italiano centrato sulla micro e piccola impresa e soprattutto per il notevole apparato burocratico connesso al lavoro che rendono indispensabile questa figura. Questo mese abbiamo intervistato Stefano Galoppo, Consulente del Lavoro a Pinerolo da più di 10 anni. Lei è consulente del lavoro, di cosa si occupa di preciso questa figura professionale? Seguiamo tutte le tipologie di aziende presenti sul territorio, dalla piccola azienda artigiana alle industrie. La professione di consulente del lavoro è molto ampia, però si occupa della parte relativa alle risorse umane. Cosa è cambiato nel mondo del lavoro con il Jobs Act? Ho visto un maggiore interesse delle aziende verso una tipologia di contratto che prima non era tanto utilizzata. Sono state eliminate determinate agevolazioni (es. quelle per i lavoratori in mobilità) ma con l’introduzione del contatto a tutele crescenti, con le agevolazioni triennali, le imprese, a parità di costi, possono assumere con più facilità, dando anche maggiore leggerezza alla stipula del contratto di lavoro. Quali sono le richieste più comuni da parte delle aziende? Per quanto riguarda l’inserimento lavorativo, a volte è molto difficile trovare la figura di impiegato amministrativo perché spesso manca la conoscenza dei processi aziendali, che purtroppo si crea solo con l’esperienza. Questo in parte è dovuto alla mancanza di interventi formativi che possono accontentare la domanda. Oltre le mansioni, quello che mi richiedono le aziende è un percorso di prova “allungato”, quindi il tirocinante vie-

ne spesso inserito con i voucher, per circa tre mesi, poi si sfocia in un tirocinio di sei mesi e poi, eventualmente, in un contratto di apprendistato. In ogni caso, quello che chiedono le imprese, è spendere sempre meno. A quale percentuale di giovani, dopo il tirocinio, viene proposto un contratto di apprendistato ? A circa il 60 % dei giovani tirocinanti. Per diventare consulente del lavoro, bisogna avere dei requisiti particolari? È necessaria la laurea in determinate discipline (economiche, giuridiche..) e, dopo questa, si può fare richiesta per diventare praticante (18 mesi, poco retribuiti); al termine si affronta l’esame finale che comprende tutte le discipline attinenti alla professione (fiscale, del lavoro, previdenza sociale..). Consiglierebbe ad un giovane di intraprendere questa professione? Sì, si torna a casa soddisfatti ed essendo una materia molto ampia ci si può specializzare in determinate nicchie e se uno ha la possibilità di seguire ciò che gli piace, ci sono buone prospettive. Quali sono i settori più trainanti nel Pinerolese? Colf e badanti. Ultimamente questa categoria, nel mio ambito lavorativo, ha portato una buona fetta di mercato, ed è sicuramente un settore in espansione. Quale consiglio darebbe ad un giovane che vuole intraprendere una piccola attività di impresa? Farsi bene i conti di quello che può generare come profitto; bisogna considerare i regimi fiscali ai quali si può aderire. Agli inizi conviene puntare sulle imprese individuali, per la semplicità nell’avvio.


arte& olo spettac

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Teatro di Sara Nosenzo

“Sciroppo di Lumaca” di Mercè Framis

Il Teatro del Lavoro, piccola perla

Uno spettacolo per famiglie, ma come ha voluto ricordare la direttrice artistica Georgina Castro Küstner: «L’arte anche se pensata per un target può raggiungere ogni tipo di persona». Si spengono le luci e l’atmosfera del teatro, composto da volte in mattoni a vista, risulta già suggestiva; il tutto si tinge di mistero alla comparsa di una scatola sul centro della scena, di fronte a tre pannelli. «Cosa ci sarà in questa scatola?» si chiede la narratrice stringendo tra le mani il contenitore colorato: allo schiudersi del coperchio inizia la storia. Clara è una dottoressa, una di quelli che curano i suoi pazienti, che vive in una casa molto alta con una capretta e una palla rimbalzina. Con canzoni, immagini e ombre proiettate sui teli prende vita una giornata lavorativa della giovane protagonista le cui dimensioni sono molto ridotte. I suoi pazienti, tutti con strane patologie, vengono curati con medicine artigianali contenenti vari elementi, anche in questo l’inventiva prende il sopravvento. I più scettici potrebbero commentare: «È per bambini». Forse è vero: la trama è semplice e la narrazione è spesso frammentata da canzonette per aiutare i bambini, alcuni piccolissimi, alla comprensione. Ma alcuni elementi sono chiari elementi di richiamo a un insieme di conoscenze totalmente appartenenti al mondo degli adulti. Primo chiaro esempio la rappresentazione della malattia di Martino, primo paziente di Clara: il ragazzo non sa vestirsi. Il tutto viene rappresentato come un quadro di Picasso: braccia scomposte, occhi con ciglia spesse nere e colori sovrapposti che riempiono forme spigolose. Un chiaro omaggio all’artista spagnolo. Una storia per bambini leggera che fa pensare anche i più grandi. Mercè Framis, la compagnia di questo spettacolo, prende il nome dall’ideatrice e narratrice della storia che muove i suoi primi passi in campo artistico nel 1989 a Barcellona. L’accento ne tradisce la provenienza e dona

alla narrazione un carattere forte e famigliare. Il lavoro dietro le quinte è ingente: i personaggi devono muoversi, sparire completamente o per metà dagli scenari, avere una voce e interagire con Mercè Framis in persona nelle scene in cui l’oggetto e il suo creatore interagiscono. Lavoro ancora più ammirato all’apertura del sipario quando le due artiste invitano i presenti a scoprire come si può dar vita a una storia con fogli di plastica colorati e

proiettori. Un momento speciale: non tutti gli artisti sono aperti a mostrare i propri trucchi. Questo mondo affascinante sarà offerto la domenica alle 15.30, in questa nuovissima rassegna domenicale, presso il Teatro del Lavoro con un susseguirsi di artisti internazionali che mostreranno, ognuno con la propria tecnica, la bravura e l’inventiva che li contraddistingue. Molte persone non si sono recate al Teatro del Lavoro e questo è una mancanza. È un chiaro esempio per Pinerolo di dedizione e amore incondizionato per l’arte e per lo spettacolo. Rinnovo l’invito di Georgina a partecipare ai prossimi appuntamenti: verrete accolti come in famiglia e non potrete pentirvi di essere passati al Teatro del Lavoro. Prossimo appuntamento domenica 8 novembre alle 15.30 con uno spettacolo di teatro disegnato dal rinomato Gek Tessaro.

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Donne del Pinerolese

Società

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a cura di Sara Nosenzo

Enrica Marino

«La mia vita nella scuola in un isolato» Incontriamo la prof. Enrica Marino, docente in pensione del Liceo Porporato, una vita nella scuola. Lei ci tiene a dire che è una pinerolese nata e vissuta nel centro di Pinerolo, ce ne parli… Pinerolo è una parte di me, sono nata ai piedi del campanile e imboccando via Saluzzo si vede in fondo quella che era la mia casa. La apprezzo soprattutto di ritorno dai miei viaggi; scorgere il Monviso poi mi fa sentire subito a casa. Questa rivendicazione identitaria è un richiamo anche alle grandi famiglie pinerolesi che hanno inciso nella storia di questa città? Questa realtà di famiglie a volte la viviamo inconsapevolmente perché sono situazioni stratificate nel tempo. Ci sono famiglie che hanno contato, anche se col tempo si sono dissolte. Un esempio pregevole che mi conforta è pensare alla signora Cosso; il suo operare per la città dovrebbe essere una spinta per tutti i cittadini, soprattutto per quelli più abbienti. Passiamo al suo curriculum scolastico, da allieva e da insegnante, ci racconta il suo percorso? Scherzosamente posso dirti che la mia vita scolastica ruota intorno a un isolato di Pinerolo: da bambina ho frequentato il Giardino d’Infanzia, una scuola materna collegata all’Istituto Raineri che permetteva alle allieve dell’Istituto di impratichirsi con i bimbi della materna. La mia scuola media era la Silvio Pellico e il Liceo Porporato ha concluso i miei studi superiori, qui dopo la laurea sono tornata in veste di insegnante di italiano e latino. Si può dire che la mia storia scolastica si riassuma nelle vie Brignone, Battisti, Marro e piazza Vittorio Veneto. Devo ammettere che ho lasciato a malincuore l’insegnamento:

sono sempre stata legata all’ambiente scolastico e agli alunni e ho sempre preso parte alle lezioni con grande entusiasmo. Una domanda su suo padre non può mancare: ci può parlare del suo libro e del suo legame con la città? Poco fa parlavo col Professor Marchiando Pacchiola che ricorderà mio padre a 40 anni dalla sua scomparsa e del suo legame col territorio. La sua ricerca storica, il teatro dei bimbi e le poesie sulla città sono tre fattori che descrivono mio padre. Il suo amore per il territorio, tramite il suo libro, è arrivato ai cuori di molte persone e alcuni suoi scritti vengono riproposti nelle cerimonie ufficiali della città. Un’altra sua passione è il teatro: come vede Pinerolo nell’ambito teatrale? Attiva o limitata? Mio padre mi ha trasmesso la passione per il teatro essendo lui stesso un commediografo. Ammetto di essere stata fortunata a crescere in una casa in cui il teatro e la musica erano argomenti famigliari; senza merito, per così dire, ho potuto capire questi mondi ascoltando le parole di mio padre e di mio zio, appassionato di lirica. Pinerolo è in un periodo di grande fermento: penso ad esempio al Teatro del Moscerino, dove questi ragazzi vanno assolutamente supportati. In campo teatrale Pinerolo sta facendo delle ottime scelte, secondo me, ma il lato negativo è che spesso vi sono più spettacoli la stessa sera. Manca un coordinamento degli eventi. Parliamo dei giovani: come vede le nuove generazioni della città? Sono sempre fiduciosa, anche se i tempi sono Segue a pag.17 quelli che sono, purtroppo.


Per Mostre e Musei

società

di Chiara Gallo

A rtisti

pinerolesi

Davide Binello e Diego Scursatone alla Galleria Scroppo di Torre Pellice Una mostra a quattro mani quella presentata alla Galleria Filippo Scroppo di Torre Pellice da Diego Scursatone e Davide Binello. Visitabile fino all’8 dicembre si compone di 12 grandi tele e alcune sculture. Un viaggio alla ricerca dell’infinito con due modalità di ricerca differenti, ma che insieme plasmano un universo sinergico fatto di costellazioni, città spettrali e immagini oniriche. Il rischio delle opere a quattro mani è sempre quello che uno dei due artisti venga meno o, al contrario, che il risultato finale sia troppo conflittuale. Davide e Diego tuttavia hanno accettato la sfida con consapevolezza e hanno condotto uno studio approfondito di tematiche comuni, come la scienza e la fantascienza, l’inconscio e l’incertez-

Segue da pag.17 Se è vero che sul posto diventa

più difficile radicarsi, si può oggi trovare un futuro altro. I giovani oggi possono viaggiare e aprirsi a nuove realtà: ai miei tempi succedeva molto di rado. Vedere questi ragazzi intraprendenti che si spostano non è necessariamente solo un male.

za del domani, la tecnologia e la filosofia del passato. Le tele riproducono ambienti contemporanei, uniti sotto cieli stellati e ancestrali. Sono opere materiche in parte astratte e in parte figurative, ognuna rispecchia lo stile pittorico di entrambi gli artisti. Obiettivo della ricerca è andare oltre il mondo conosciuto, esplorare tramite la geometria, le forme, il colore e la materia ciò che il futuro nasconde. “Davide Binello dipinge cosmi, io dipingo cimiteri di automobili – afferma Diego Scursatone -. Binello cita le scritture sumere e io l’inconscio Junghiano, ma forse entrambi cerchiamo la stessa cosa: l’infinito!”. Due modi di dipingere, di osservare e riprodurre la realtà che si incontrano, senza mettere mai da parte la propria identità.

Ha un consiglio per la Pinerolo del futuro? Quante cose si potrebbero cambiare… ci vorrebbe uno specialista. Vorrei vedere, per così dire, “rivitalizzate” alcune strutture abbandonate, prendere vita, diventare una galleria d’arte o qualcosa di pregevole per la comunità.

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dal tempo

Storiae.... di Cristiano Roasio

Il misterioso abitante delle praterie interne

Tutto ciò che è piccolo scompare Occorre riassumere: – Partenza, con Zermesio e Soriano a salutarmi una mattina presto ed entrambi che mi guardano con gli occhi di chi sa non che non rivedrà più ciò che sta guardando ma come se già sapesse di non essere più in grado di riconoscerlo. – Primo giorno: un’allegra scampagnata, lo sappiamo tutti che la superficie delle cose riesce a renderle sempre divertenti e piacevoli, la vera profondità il più delle volte richiede l’intervento delle Idee Non Belle. Notte e prima colazione. – Secondo giorno: i Dubbi di non aver fatto la cosa giusta mi fanno accelerare, e quando si corre non si fa mai la cosa giusta, ed eccomi sbucare in una radura di erba infestante e mais troncato alla base, segni di civilizzazione, probabilmente minuta vista la dimensione delle case, tra una foglia tagliente ed un ciuffo strappato. Poi nel pomeriggio dopo aver pranzato con qualche pop corn al caramello avanzato dal giorno precedente ecco arrivare, sotto forma di pop corn scomparsi, il misterioso abitante delle Praterie Interne. E’ opinione diffusa che i piccoli non riescano a fare grandi distanze, bloccati così come sono dalle loro gambette minute e dalla prospettiva di chi li guarda. In realtà, non è tanto la distanza misera (per noi) che certo se paragonata alle loro dimensioni può sembrare grande, quanto piuttosto l’impegno da loro dimostrato nel percorrere tale distanza. Ed è per questo che presso quelle genti in grande considerazione sono tenute le formiche, alle quali innalzano veri e propri templi con la speranza di essere

colpiti da quella che loro chiamano La Divina Invisibilità e cioè quella condizione quasi paradisiaca di assenza di inferiorità giacché si è già quanto di più piccolo esista. Tutto questo mi è stato raccontato da XXZV (il loro alfabeto è così complesso che non tenterò di spiegarlo, vi basti sapere che si basa su alcuni pezzetti a brandelli di quelli che io compresi essere sacchi di diserbante), il frugoletto bizzarro che ormai ho dimenticato. O voglio dimenticare perché ricordo ancora con angoscia gli occhi folli di chi si ritiene il più piccolo al mondo. Certo si può stare nascosti nell’invisibile ma prima o poi il mondo verrà a fare i conti con te e non importa quanto grande o piccolo tu sarai. Ho tentato di spiegargli la mia missione, invano: infatti, per loro tentare, percorrere distanze, conoscere l’ignoto è pura tracotanza destinata al fallimento, è un atteggiamento irresponsabile che esula dalla missione religiosa del “rimpicciolimento”. Tengo a mente queste parole perché, qualora riuscissi a cavarmela, vorrei proprio spiattellarle in faccia alla sorella di Zermesio, sempre restia a considerarmi per il mio essere ribelle senza ambizioni, e vedere cosa mi dice. Mi sveglio umido di sudore e pensieri di Zermesia la sorella di Zermesio, delle sue dita integre e dotate di tutte le falangi, del contorno che riesce a far assumere agli oggetti quando lei è presente, quasi li colorasse con pastelli di realtà per renderli tali ed innalzarli aldilà del loro 2d. E’ innegabile, mi manca, così com’è, sparita nel ricordo. Sparito è anche XXZV quasi a dimostrare che, come da lui professato, tutto ciò che è piccolo scompare e viene dimenticato.

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musica

Officine del suono

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di Isidoro Concas

M u s i c a emergente

I Blucordero

I Blucordero sono un progetto performativo tra musica e pittura formato da Cavu, Sado e Tobia, tre giovani musicisti, e Zeno, pittore. In cosa consiste la vostra performance? Come è nato il progetto Blucordero? La nostra performance è un dialogo tra arte musicale e pittorica, due arti diverse nella forma e nell’essenza: la prima è effimera, si dissolve quando i musicisti si fermano, la seconda è permanente, durevole nel tempo finché esiste il suo supporto. Ciò che sostanzialmente facciamo non è altro che giocare con queste due risorse lasciando libero spazio all’improvvisazione. Per farlo c’è bisogno di regole chiare a tutti affinché essa possa essere concepita e recepita: sulla base di un tema scelto dal pubblico Zeno ci lancia un colore di partenza al quale è stato precedentemente associato un genere musicale. Ogni volta che lui cambia colore noi musici cambiamo genere musicale e di conseguenza cambia l’ambiente sonoro. In tutto usiamo sei colori distinti: i tre base ed i tre derivati. E’ un gioco molto stimolante, soprattutto rispetto alle molteplici evoluzioni che ha subìto e che tutt’ora subisce. Abbiamo frequentato tutti e quattro lo stesso liceo artistico, rimanendo amici affiatati. Ci trovavamo nel tempo libero a fare piccole animazioni a casa di Zeno, ma ad un certo punto ci siamo chiesti come unire al meglio le nostre forze per fare qualcosa di veramente creativo, rimanendo nel campo della manualità, senza l’ausilio di computer o tecnologie particolari. Abbiamo pensato ad un progetto che fosse aperto a più stili, stufi della band stereotipata dentro ad un genere musicale unico e limitante, e che desse in qualche modo spazio anche alla pittura di Zeno. Decidemmo di sfogarci nella totale improvvisazione, senza discriminazioni, per un po’. Il risultato è stato inaspettato quanto sorprendente e ci ha spinti a continuare sulla stessa strada. Quali sono le coppie colore/genere? C’è stato un qualche legame sinestesico nella loro scelta? Preferiremmo non rendere ancora pubblici gli accostamenti, ci piace che le persone alla fine del concerto vengano a chiederci se hanno indovinato di che genere era quel colore. Inoltre potrebbero essere

ancora soggetti a qualche cambiamento. La loro scelta è stata comunque frutto di ricerca. Su consiglio del nostro professore di arte Cordero (a cui dobbiamo l’ispirazione per il nome) abbiamo scrutato le teorie di Kandinskij, in particolare il suo saggio “Lo spirituale nell’arte”, in cui si tratta l’armonia del colore associata a quella musicale. Alcuni colori sono più vivaci, tipo il giallo il quale non si controlla in alcun modo, altri più profondi e meditativi, ad esempio il blu. Il rosso è aggressivo ma controllato, autodisciplinato. E via dicendo. Al di là del saggio, ci siamo fatti ispirare dalle nostre sensazioni e dalle opinioni di chi partecipa alle nostre perfomance. Il concetto di influenza reciproca è molto sviluppato in quello che fate. Che influenze intercorrono tra musicisti, pittore, pubblico ed ambiente, nelle vostre sessioni? La metodologia che applichiamo quotidianamente al nostro lavoro ruota proprio intorno all’ascolto in ogni sua possibilità. Ascolto di sé, come base di ogni rapporto con l’altro; ascolto dell’artista con cui si performa, per accrescere la potenza creativa individuale dentro a quella del gruppo; ascolto del pubblico, nel tentativo di accorciare sempre un po’ di più la distanza fra chi è attivo sul palco e chi passivo in platea. Da questo approccio nasce la performance, sensibile all’ambiente in cui ci troviamo, quanto all’energia del pubblico intorno a noi. Pertanto se suoniamo in un pub, il risultato avrà una forma, una velocità, un carattere ed una tonalità diverse da quelle che assumerà se suoniamo in una galleria d’arte, idem se siamo ad una festa di laurea o in un centro sociale. Non siamo noi a sceglierne a tavolino le sembianze, ma è lo spettacolo stesso, in un certo senso, a mutare di forma e di colore, prendendo ogni volta la sua strada. Quali sono i prossimi passi che intendete muovere, come Blucordero? La prima frontiera che vorremmo esplorare e a cui già ci stiamo lentamente affacciando è quella delle gallerie d’arte. Questo progetto ha la possibilità di circuitare anche in territori artistici molto diversi, in ambienti non prettamente musicali, per noi nuovi in questo senso.


diritti umani

Visibili & Invisibili

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di Chiara Perrone

libera contro le mafie

Tre, due, uno... Ci stiamo attivando! In data 20 ottobre 2015 è stata presentata una proposta di legge (la n. 165) da parte del Consigliere Rossi e appoggiata da altri 21 rappresentanti regionali. Tale proposta sarebbe in materia di “Disciplina delle attività estrattive: disposizione in materia di cave” e si proporrebbe di abrogare una precedente (legge regionale n.69/1978) in materia di coltivazione di cave e torbiere. Sicuramente vi starete chiedendo cosa abbia a che fare tutto questo discorso con Libera e con l’infiltrazione mafiosa. Vi posso segnalare che è straordinariamente pertinente, infatti dimostra che dopo 37 anni la regione Piemonte ha finalmente deciso di affrontare nel complesso la materia delle attività estrattive nella nostra Regione. Un passo importante per la tutela del territorio e che permetterà di mettere un freno all’infiltrazione delle mafie in questo settore, sempre più spesso attive nelle cave. Proprio a questo punto tornano in mente tutti gli interventi di Libera Piemonte che in passato ha più volte sottolineato la necessità di intervenire sulla materia, tanto da

inserire la proposta di modifica nella piattaforma L7, manifesto programmatico sottoposto a tutti i candidati presidenti, e a tutti i candidati consiglieri, nella tornata elettorale in Piemonte del 2014. Nel punto 4 di L7 è stata richiesta da parte di Libera una modifica delle norme esistenti “incrementando il ruolo della Regione nella pianificazione del recupero ambientale delle cave dismesse e abbandonate; adeguando le norme vigenti in favore del riutilizzo dei materiali inerti e dei sottoprodotti sulla base dell’innovazione tecnologica; rivedendo il calcolo dei canoni di concessione e degli oneri cauzionali, affinché i risultati finali non vadano solamente a vantaggio degli operatori del settore, ma costituiscano anche la giusta compensazione e tutela per il territorio e le collettività locali”. Ecco che finalmente questa proposta di legge sembra prestare orecchio a tutte queste richieste, pertanto ci auguriamo che presto possa divenire legge, in modo da tutelare il territorio dalle attività estrattive e da innalzare gli argini per evitare l’infiltrazione delle organizzazioni criminali nelle cave.

Giovani,Tecnologia@Innovazioni

di Greta Gontero

Il materiale autoriparante del futuro Grazie ad una richiesta, inoltrata nel 2012 da un gruppo di scienziati aereospaziali al professor Duncan Wass dell’Università di Bristol, il team capitanato da quest’ultimo è riuscito a creare un materiale del tutto innovativo: la sua peculiarità? Si ripara da solo. Infatti era stato loro richiesto di ideare un metodo per prevenire le fratture o i danni che si generano su un aereo in volo; la soluzione trovata, in realtà, non è in grado di prevenire i danni ma di ripararli in un tempo relativamente breve (poche ore). Come funziona dunque questo “magico” materiale? Bisogna innanzitutto dire che per la sua realizzazione il gruppo di scienziati si è ispirato all’autoriparazione della pelle umana dopo lievi ferite: come l’epidermide è in grado di rigenerarsi grazie all’azione delle piastrine, così il materiale, grazie alla fuoriuscita di un

liquido riparatore al momento della frattura, è capace di autorigenerarsi. Questo avviene perché, all’interno del materiale (in fibra di carbonio), vi sono delle microsfere che rilasciano il liquido al momento del danno: quando il liquido arriva nella zona della “ferita” si indurisce grazie ad una reazione chimica e ripara così la frattura. Ci sono due forme applicative per questo processo: il sistema a capsule, quindi comprende delle capsule di gel riparante, o quello vascolare, ovvero il più efficace tra i due per i traumi più gravi. Questa tecnologia può essere applicata nei settori che producono materiali in fibra di carbonio, quindi il settore aereonautico, automobilistico, dell’energia eolica (per riparare le pale eoliche), dell’abbigliamento e delle attrezzature sportive.


Cosedell’altromondo

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di Oscar Fornaro

Amanti dell’hi-tech con il dono dell’ubiquità Amanti dell’hi-tech che con astuzie all’avanguardia trovano il modo di acquisire l’ubiquità. Nel negozio della Apple Store di Sidney, in Australia, per l’uscita del nuovo iPhone 6S, un robot ha preso parte alla coda chilometrica per aggiudicarsi il nuovo smartphone della casa Apple. La proprietaria del robot, Lucy Kelly, è stata così una delle prime acquirenti del nuovo smartphone. La ragazza ha collegato in remoto il suo iPad al robot e l’ha posizionato davanti al negozio per ventisette ore prima dell’apertura. Lucy ha affermato che “E’ la chiara dimostrazione del futuro, di quello che accadrà”. All’apertura dello store, Lucy tramite la videochiamata dal tablet ha acquistato il suo

nuovo telefonino. L’idea, nata dalla necessità di possedere il dono dell’ubiquità, ha deciso di essere in due posti contemporaneamente anche se in uno in modo “virtuale”; nello stesso momento che il robot era a fare la coda davanti allo store, lei era al lavoro. Lucy ha preso in prestito uno dei robot che produce la società per cui lavora e l’ha posizionato davanti allo store. Effettuato l’acquisto, ha guidato il robot attraverso la città fino al suo ufficio.

La Giornata internazionale contro la povertà Il 17 ottobre è stata la giornata internazionale contro la povertà, istituita dalle Nazioni Unite nel 1993. La data prende il suo significato da una manifestazione partita il 17 ottobre 1987 in piazza Trocadero a Parigi, dove centomila persone manifestarono contro la povertà. Una piaga che ancora oggi è difficile da curare. Le Nazioni Unite si erano imposte di dimezzare tra il 1990 e il 2015 le persone che vivono con meno di 1 dollaro al giorno. Purtroppo l’obiettivo è fallito poiché sono diminuiti solo di 1 miliardo i poveri, dai tre miliardi che erano in tutto il mondo. Il problema esiste e persiste. Secondo uno studio condotto dal World Bank, nel 2011 il tasso di povertà mondiale era pari all’11%. Tuttavia anche a causa della recente

crisi economica, la gestione della povertà è diventata una realtà anche per i paesi sviluppati dove fino a qualche anno fa il benessere economico sembrava una conquista intoccabile. L’Europa si trova a fronteggiare un aumento di persone che versano in stato di povertà. È l’era dei poveri 2.0, dove le persone pur lavorando, non riescono ad arrivare a fine mese. È l’era dell’elevato tasso di disoccupazione giovanile (42% in Italia). Le Nazioni Unite hanno chiesto di trattare questo tema a tutti i Parlamentari nel giorno della commemorazione. Hanno così analizzato i dati più recenti e le possibili soluzioni da adottare. La giornata è stata fondamentale per il rilancio dell’impegno per la difesa dei diritti sociali e della dignità delle persone.


società

Serate di Laurea

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a cura di Aurora Fusillo

Scienze Naturali e Farmacia con Luca Cabrini e Elisa Lacchio

Strategia comunicativa per presentare il metodo scientifico di Galileo Galilei nella scuola secondaria e il glioblastoma, il tumore cerebrale più aggressivo attualmente conosciuto Ospiti del primo appuntamento di Serate di Laurea di questa stagione sono stati Luca Cabrini, laureato in Scienze Naturali ed Elisa Lacchio, laureata in Farmacia. La tesi presentata da Luca dal titolo “Strategia comunicativa per presentare il metodo scientifico di Galileo Galilei nella scuola secondaria di secondo grado“ ha come obiettivo presentare Galilei e la sua opera attraverso il teatro. «Poiché lo spettacolo teatrale costituisce un mezzo comunicativo capace di raggiungere in maniera immediata e coinvolgente un pubblico ampio e diversificato - ha affermato l’autore - esso può essere impiegato con successo al fine di migliorare il processo di apprendimento delle materie scientifiche, soprattutto in ambito scolastico. La sperimentazione effettuata su un campione di undici classi quarte di diversi licei pinerolesi, ha dimostrato come un percorso didattico basato sull’uso del teatro per trattare temi scientifici complessi, come gli studi e le scoperte di Galileo Galilei, possa produrre un sensibile miglioramento nei livelli di apprendimento rispetto a quanto ottenibile attraverso la tradizionale metodologia d’insegnamento frontale. È inoltre emerso come gli incrementi più significativi nei livelli di apprendimento siano stati registrati proprio laddove erano inizialmente individuabili delle “lacune” circa gli argomenti trattati, dovute a casi di difficoltà nello studio o semplicemente riconducibili alle differenze dei vari programmi scolastici”. Elisa invece con la tesi “SLN contenenti didodecilmetotrexate preparate con la tecnica della coacervazione: primi studi di efficacia” si è occupata di ricerca sul tumore cerebrale. Ha

affermato Elisa: “Il glioblastoma è attualmente il tumore cerebrale più aggressivo conosciuto: una volta diagnosticato, le aspettative di vita medie si aggirano intorno ai 14 mesi. Ciò è dovuto alla sua elevata capacità infiltrante e alla barriera emato-encefalica, un vero e proprio muro che impedisce al farmaco di raggiungere il cervello. Per superare questi problemi, si è ricorsi a nuove formulazioni (le Nanoparticelle Solide Lipidiche: SLN) e a test in vivo, essenziali poichè i limiti dei test in vitro non permettono di mimare in modo corretto e completo ciò che avviene all’interno dell’organismo. Il mio lavoro è consistito nella sintesi di un derivato del metotrexate che si ingloba meglio nelle SLN, nella preparazione e nella purificazione delle SLN contenenti il farmaco, anche funzionalizzate con proteine per direzionare le SLN al cervello, e poi nello svolgimento di test in vivo sui ratti. Altri gruppi di ricerca con cui ho collaborato hanno svolto anche test in vitro per verificare la tossicità delle SLN su una linea cellulare tumorale. Io ho poi verificato se l’accumulo del farmaco ai vari organi analizzati fosse maggiore in seguito a somministrazione endovenosa di SLN contenenti didodecilmetotrexate rispetto alla somministrazione di farmaco libero e, mediante risonanza magnetica, se il trattamento con SLN determinasse l’arresto della crescita tumorale. I risultati che ho ottenuto sono incoraggianti e costituiscono un buon punto di partenza per ulteriori studi in vivo. Chiaramente sarà necessario aumentare il numero del campione per avere dati statistici più certi, ma in linea di massima si può dire che le SLN rappresentano un veicolo per i farmaci con un grande potenziale”.


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SPAZI SONORI 2015 Un progetto di Onda d’Urto, un grande successo!


società

Andare al cinema di Andrea Obiso

The Martian

Regia: Ridley Scott Attori Principali: Matt Damon, Jessica Chastain, Kristen Wiig, Jeff Daniels, Michael Pena, Kate Mara, Sean Bean L’equipaggio dell’Ares 3 si trova su Marte quando una violenta tempesta si abbatte su di loro. Data la potenza della tempesta gli astronauti, capitanati da Melissa Lewis, sono costretti ad abbandonare l’inospitale pianeta ma nelle operazioni di lancio perdono i contatti con un loro membro, Mark Watney. Data l’impossibile sopravvivenza di un essere umano su Marte e la situazione di imminente pericolo l’equipaggio si allontana dal Pianeta Rosso con la sicurezza di non poter fare nulla per salvare Mark. Una volta passata la tempesta Mark Watney si ritrova solo, in un ambiente inospitale e con poco cibo, ma è vivo. Mentre a Houston cercano di trovare un modo per riportare a casa lo sventurato astronauta Mark sfrutta tutto il suo ingegno e le sue conoscenze per cercare di sopravvivere in un pianeta inadatto alla vita. Sulla Terra intanto la storia appassiona milioni di persone. Un film, che sia di guerra o di fantascienza,

trascende i generi nel momento in cui è ben fatto. The Martian è un film di genere e, nonostante esplori tematiche di recente toccate sia da Nolan che da Cuaròn, riesce ad essere originale e completo sia come impatto che come sviluppo. Ridley Scott sa fare un film, non si discute, ciò che tuttavia stupisce è l’improvviso giro di vite che alcune superstar di Hollywood decidono di dare alle loro carriere. E’ successo con Matthew McConaughey, Sandra Bullock e ora con Matt Damon; dopo un segmento della propria carriera contraddistinto da film improbabili o recitazioni improponibili si riscoprono professionisti di indicibile talento, sfoggiando prove d’attore memorabili in film incentrati interamente su di loro. The Martian è soprattutto questo, una prova d’attore e di regia ottima ed incisiva. A completare il quadro generale c’è ovviamente una sceneggiatura solida, un ottimo cast di supporto e una perfezione audiovisiva che solo le grandi produzioni hollywoodiane possono realizzare.

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mondo

Appunti di viaggio

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di Mauro Beccaria

in giappone, TRa hiroshima e nagasaki

La luce del Sol levante

Estremo Oriente, settembre 2015: finalmente si parte. I primi giorni sono a Tokyo, maestosa ed infinita creazione dell’uomo, di vetro e acciaio, spot e luci, templi e giardini. Poi Sapporo nell’isola di Hokkaido, tra vulcani e mare. Raggiungo quindi le Alpi giapponesi a Kamikoci con i colori dell’autunno. Qui salgo alcune cime di 3.000 m circa, dall’aspetto molto simile alle nostre montagne, spaziando su ampie valli alberate, percorse da fiumi, con la differenza sostanziale che, essendo di origine vulcanica, presentano fumarole e bocche ancora attive con rocce sulfuree. Ma il motivo principale del mio viaggio è forse Hiroshima. L’emozione è già tangibile prima del mio arrivo in stazione. Dopo aver depositato il mio zaino in ostello, mi dirigo subito verso il Parco della Pace. Più mi avvicino, più gli occhi mi si coprono di un velo. Non c’è molta gente in giro. I miei passi sono accompagnati dal ticchettio di una leggera pioggia che cade dal cielo. Viene da alzare gli occhi... Il luogo dell’impatto è stato conservato così

come è rimasto dopo l’esplosione. Sento i brividi. Nel verde curato una grande campana: si può suonare in segno di preghiera, ancora mi percorre una scossa al ricordo del suo suono. Una piccola bimba piange a dirotto di fronte al monumento dei piccoli caduti. Altre steli ed edifici sono stati eretti in memoria, anche a ricordo dei numerosi prigionieri lavoratori koreani. Il museo è toccante, pieno di foto e testimonianze, con una sala adibita alle preghiere di ogni tipo di religione. Una fiamma su di un altare resterà sempre accesa fino a che l’ultima arma nucleare esistente non sarà distrutta. Proseguo il mio viaggio verso Nagasaki, una città completamente distrutta e poi ricostruita e piena di vita. Osaka, Kyoto ed infine il monte sacro, la meta dei pellegrinaggi shintoisti: il monte Fuji. Non ci sono parole. Video racconto di viaggio martedì 10 novembre, ore 17,30, presso la libreria Mondadori, piazza Barbieri, Pinerolo.


Sono amici di Pinerolo Indialogo.it e di Onda d’Urto26


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