Pineroloindialogo maggio2016

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Anno 8, Maggio 2016

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I N D I A L O G O .it Indialogo . i t , a u t o r i z z . N . 2 d e l 1 6 . 6 . 2 0 1 0 d e l Tr i b unale di Pinerolo - dir.Antonio Denanni

Pinerolo: con le prossime elezioni decide il suo futuro! Docenti Universitari/27 Sergio Dellavalle: «Nel Pinerolese come altrove l’Italia soffre di gerontocrazia»

Dibattito sul futuro di Pinerolo /9 Enrico Falda: «La Fondazione Bertoni è un modo di fare turismo e cultura in modo professionale»


Buone News A cura di Gabriella Bruzzone

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Pomodori: una nuova fonte di energia E se i pomodori fossero utilizzati come fonti di energia? No, non è una bufala, ma un’idea innovativa e anti-spreco che arriva direttamente dalla Florida. Il progetto è stato proposto da un gruppo di ricercatori statunitensi e presentato al meeting annuale dell’American Chemistry Society. Gli studiosi hanno notato che i pomodori lasciati a compostare generano gas metano, facilmente utilizzabile sotto forma di energia elettrica: i batteri, infatti, ossidano gli scarti dei pomodori e scatenano una reazione chimica che rilascia elettroni; questi vengono poi catturati in una cella a combustibile e trasformati in energia elettrica, convertendo quindi l’energia chimica in energia elettrica. Secondo i ricercatori, inoltre, i pomodori si prestano molto bene a questo tipo di processo perché contengono un pigmento - il licopene - che li rende un perfetto catalizzatore. La Florida è uno dei grandi produttori di pomodori negli Stati Uniti e ogni anno è costretta a scartare 396mila tonnellate di prodotti che per questioni estetiche

non possono essere venduti sugli scaffali di negozi e supermercati. I pomodori imperfetti, danneggiati, ammaccati vengono lasciati direttamente nei campi, senza neanche essere raccolti, oppure gettati nelle discariche. In entrambi i casi producono metano – quindi gas serra – e inquinano le falde acquifere. Ed ecco che il pomodoro non apprezzato trova una seconda vita nella produzione di energia. Per ora è solo un’idea in fase di sviluppo perché la quantità di energia prodotta è relativamente troppo bassa. Ma gli studiosi garantiscono che con ulteriori studi potrebbero raggiungere risultati soddisfacenti. Sostengono che una “batteria al pomodoro” ben progettata potrebbe essere talmente potente da alimentare il parco, i negozi, gli hotel di Disney World per tre mesi all’anno! Insomma, tutto ciò che scartiamo ha le sue potenzialità se sfruttato bene. E chissà, magari con gli scarti del nostro orticello potremmo metterci anche noi a produrre energia elettrica, totalmente green.

segue da pag.3

ma anche i trentenni socialmente affermati presenti in altre liste). Segno che la voglia di cambiamento in città è forte e la voglia di mettersi in gioco in prima persona pure. L’impressione che si ha è che ci sia in città un forte desiderio di ricambio generazionale

della classe politica. A nostro parere è giunto il momento di passare la mano a nuove generazioni. Però l’ultima parola in quale direzione andare il 5 giugno spetta ai pinerolesi. Antonio Denanni


33 Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

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Il futuro di Pinerolo in gioco

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Pinerolo è a una svolta. Con le prossime elezioni amministrative i pinerolesi si giocheranno il futuro della loro città. Il dilemma sarà tra il gestire la decadenza con una squadra di politici collaudati, ma ormai ripetitivi e stantii, o scommettere su un futuro innovativo gestito da forze giovani che rilanci la città. Affidarsi ancora alla vecchia politica, tanto brava a gestire la decadenza e a piangere sulle cose che ci sono state tolte (con tanta nostalgia per la cavalleria!), con un futuro triste e grigio o affidarsi al nuovo, fatto di tanti giovani, magari anche inesperti, ma carichi di tanta energia, più capaci di intercettare il nuovo che avanza (si pensi solo alle nuove tecnologie informatiche! / solo da loro abbiamo sentito parlare di “Pinerolo città europea”!) e con tanta voglia di fare per questa città ormai caduta nel degrado. Abbiamo seguito la presentazione dei programmi di alcune liste e l’impressione che se ne è ricavata è il grigiore e le parole fumose della vecchia politica in contrasto con l’entusiasmo, a volte anche ingenuo, di giovani candidati. Sta qui la scelta a cui i pinerolesi saranno chiamati con le prossime elezioni per il rilancio della città: affidarsi a forze giovani, magari anche inesperte, ma genuine e molto motivate, oppure ai consumati politici che hanno governato la città in questi ultimi anni. Sono ormai decenni che non si vedeva in Pinerolo la partecipazione di tanti giovani alla vita politica della città (considerando come tali non solo i ventenni di una nota lista, segue a pag.2 Antonio Denanni

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PINEROLO / INDIALOGO.it .

Direttore Responsabile Antonio Denanni Collaborano: Emanuele Sacchetto, Alessia Moroni, Aurora Fusillo, Gabriella Bruzzone, Andrea Obiso, Andrea Bruno, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Nadia Fenoglio, Federica Crea, Greta Gontero, Giulia Pussetto, Francesca Costarelli, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Marianna Bertolino, Federico Gennaro, Isidoro Concas, Sara Nosenzo, Valentina Scaringella Con la partecipazione di Elvio Fassone photo: Giacomo Denanni, Lara Fantone Indialogo.it, Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010 - Ed. Associazione Culturale Onda d’Urto Onlus redazione Tel. 0121397226 - E-mail: redazione@pineroloindialogo.it STAMPA: Servizi Grafici, Bricherasio

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Buone News

pomodori: una nuova fonte di energia

sergio dellavale, diritto pubblico

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Docenti universitari / 27

Dibattito sul futuro di Pinerolo/ 9

enrico falda, fondazione bertoni

progetto “chiese da riaprire”

la generazione voucher

draghi: la disoccupazione giovanile

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Benchmarking territoriale Lettere al giornale

Giovani & Lavoro

Tuttobandi

i bandi del mese di maggio

Vita Internazionale

intervista a elisa prina

Teatro

il temp(io) della libertà

davide sorasio, new york

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Incontri

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Eventi nel Pinerolese

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Visibili & Invisibili

ritorna direfarecosolidale

le notizie di amnesty e libera

17 Cose dell’altro mondo

lo smartphone e lo zombie

non mi accorgo che sono rimasto solo

l’efid awards al rifugio carlo alberto

the trivettes bluegrass brothers

con marco chiappero e simone niardi

nella città di edoras

18 Storiae... 19

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Sociale &Volontariato Officine del suono Serate di Laurea Viaggiare

23 Eventi di Onda d’Urto

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serate video

Amici di Pinerolo Indialogo

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inc o n t r i

Città & Università /27

44 a cura di Antonio Denanni

Intervista a Sergio Dellavalle, Istituzioni di Diritto Pubblico

«Nel Pinerolese come altrove, l’Italia soffre di gerontocrazia» «Ogni spazio lasciato a giovani impegnati non può essere visto se non come una giusta scommessa sul futuro... Senza nuove energie anche le vecchie tradizioni sono destinate a spegnersi» Ci parli di sé e del suo lavoro universitario. Sono nato a Torino nel 1958 in una famiglia della classe operaia. Sono cresciuto in un quartiere di periferia, dove ho avuto occasione di conoscere direttamente la Torino “proletaria”. È stata un’esperienza che mi ha segnato profondamente. Dopo aver frequentato il Liceo classico – appartengo a quella generazione che ha potuto continuare negli studi anche senza appartenere a un ceto privilegiato – ho studiato Filosofia, laureandomi in Filosofia politica. In seguito mi sono trasferito in Germania dove ho preso il Dottorato e ho cominciato ad accostarmi agli studi giuridici. Al mio rientro sono stato chiamato presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino. Ci parli anche della sua disciplina. A Torino insegno Dottrina dello stato e Istituzioni di diritto pubblico – nella sostanza materie teoriche legate alla dimensione pubblica del diritto. Il compito consiste nell’accompagnare le studentesse e gli studenti a scoprire gli elementi concettuali presenti nel diritto e le sfide interpretative che la sua applicazione comporta. Ho la

fortuna di conservare anche buoni rapporti con l’estero, in primis con la Germania, ma anche con Israele e con gli Stati Uniti. Vedo questi contatti anche come un’opportunità per le mie studentesse e per i miei studenti di avere un accesso facilitato ad ambienti di studio che – per chi ha voglia di impegnarsi – possono risultare molto arricchenti. Lei ha vissuto parecchi anni in Germania. Ci racconta di questa esperienza, facendo anche una comparazione col sistema scolastico italiano? La Germania possiede un sistema della formazione valido, nel suo complesso, a tutti i livelli. Soprattutto per la formazione terziaria va rilevato che le università sono buone, le biblioteche eccellenti e i centri di ricerca meritatamente famosi. Ma anche in Germania non mancano alcune ombre. Ad esempio la divisione dei percorsi formativi avviene troppo presto, col risultato di sfavorire pesantemente chi proviene da famiglie non agiate. Inoltre la formazione secondaria trascura sempre più la dimensione culturale a favore di quella tecnica. Infine, pur migliorando, il sistema universitario rimane relativamente chiuso per chi proviene da fuori, soprattutto nelle materie


«Sul Pinerolese l’impressione che ho è che in effetti lo sguardo sia rivolto più al passato che al futuro» umanistiche. Veniamo a Torre Pellice, la sua cittadina di residenza. Come ci è venuto a vivere? Allorché mia moglie, che è tedesca, e io decidemmo di trasferirci in Italia, ci trovammo di fronte al desiderio di far crescere la nostra famigliola in un posto laico, sufficientemente ricco di cultura, ma anche pieno di natura. La scelta – abbastanza astratta (nessuno di noi due aveva mai visto Torre Pellice!) – cadde su quella che è diventata la nostra cittadina. Qualche volta protestiamo per questo o per quello, ma nella sostanza non ce ne siamo mai pentiti e si può ben dire che ci siamo molto affezionati al posto. Del resto, molti amici provenienti da tante parti del mondo ci hanno visitato – e tutti hanno trovato Torre molto affascinante. Allarghiamo lo sguardo al Pinerolese. Come lo trova: qualcuno sostiene che vi è un certo immobilismo? Non essendo nato o cresciuto in zona e lavorando altrove, è possibile che il mio giudizio sia impreciso. Ma l’impressione che ho è che in effetti lo sguardo sia rivolto più al passato che al futuro. Ad esempio: perché uno o più Comuni non scelgono di far proprio prioritariamente un compito che costituisca una risposta ai problemi dei decenni a venire, qualificandosi così come esempio nazionale e non solo? Nella sostanza, un territorio non può vivere di sussidi o limitarsi a riprodurre una borghesia delle professioni sempre più obsoleta. È necessario lasciare più spazio a idee innovative. Perché, allora, non puntare a divenire un esempio virtuoso nel riciclaggio? O essere all’avanguardia nelle energie rinnovabili e nel risparmio energetico? O diventare uno spazio di realizzazione per start-up per le quali la città è troppo onerosa? O puntare con decisione e coerenza sul turismo ambientalista? Naturalmente, queste sono le scelte che piacerebbero a me, ma anche scelte opposte sarebbero probabilmente meglio dell’assenza di scelte. I giovani pinerolesi, come quelli che lei trova in università o i giovani laureati,

pensa che in questo rilancio possano avere un ruolo? Nel Pinerolese come altrove, l’Italia soffre di gerontocrazia, col solito seguito di parenti e sodali. Ogni spazio lasciato a giovani impegnati non può essere visto se non come una giusta scommessa sul futuro. E i docenti universitari residenti nel territorio (noi ne abbiamo individuato una cinquantina) che contributo possono dare? Politica e accademia dialogano poco in Italia, e la responsabilità è di entrambe le parti – della politica che, per paura di ascoltare i “gufi”, rischia di cadere preda degli allocchi, e anche di noi accademici, spesso troppo autoreferenziali e un attimo supponenti. Sappiamo che lei (come altri pinerolesi) ha un cruccio, il collegamento ferroviario efficace e veloce con Torino. Quanto è importante questa infrastruttura per il territorio? Il collegamento ferroviario di Pinerolo – ma anche di Torre Pellice – con Torino, nonché il sistema dei trasporti delle vallate nel loro complesso, è di vitale importanza per il territorio. In questo ambito abbiamo decenni di ritardo. Se è vero, infatti, che una fascia della popolazione tende necessariamente a inurbarsi, è anche indiscutibile che in un’altra fascia d’età – soprattutto quando si devono crescere figli piccoli – la metropoli può essere poco attraente. A questo punto, un valido collegamento ferroviario può consentire di attrarre giovani famiglie, anche grazie a un patrimonio immobiliare formidabile e male sfruttato, dando così nuova linfa a popolazioni gravemente invecchiate. Senza nuove energie anche le vecchie tradizioni sono destinate a spegnersi. In questo senso, credo che anche la nuova Città metropolitana debba essere intesa come un’opportunità: senza Torino non c’è futuro, ma per avere un futuro con Torino – ossia per non essere lasciati ai margini – è necessario sapere che cosa si vuole offrire in cambio.

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Dibattito sul futuro di Pinerolo/9

di Antonio Denanni

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Un bell’esempio per Pinerolo d

Enrico Falda, presidente della Fond «La nostra Fondazione è un modo di fare Il turismo e l’organizzazione di eventi culturali sono sempre più dei modi non solo per promuovere le città e il territorio, ma anche per creare occasioni di lavoro. Non solo Torino (seconda capitale europea per intraprendenza culturale), ma anche piccole città si danno molto da fare. Un esempio lo abbiamo nella vicina Saluzzo con la Fondazione Bertoni, il cui presidente dal 2014 è Enrico Falda che abbiamo incontrato. Ci racconta la storia della Fondazione Amleto Bertoni? La Fondazione nasce nel 1999 per volontà dell’amministrazione comunale dalla fusione della Sala d’Arte Amleto Bertoni che si interessava delle mostre di Antiquariato e Artigianato con la Pro Saluzzo che organizzava e patrocinava gli eventi cittadini per conto del Comune È intitolata ad Amleto Bertoni, illustre cittadino, artigiano, mecenate, educatore, considerato il padre dell’artigianato saluzzese contemporaneo. La Fondazione è l’ente strumentale del comune di Saluzzo per lo sviluppo turistico e la valorizzazione della città, si occupa di organizzare, promuovere e coordinare i principali eventi del saluzzese, oltre che ospitare manifestazioni e convegni di vario genere. Ha un consiglio di amministrazione formato da 10 persone, tutte volontarie, di nomina comunale: 6 sono espressione della maggioranza che amministra il Comune, 1 della minoranza e 3 sono espressione delle categorie associative locali (gli artigiani, i commercianti e la Coldiretti). Il consiglio dura in carica quanto l’amministrazione comunale e abbiamo in usufrutto questa ex grande caserma M.Musso dove organizziamo i nostri eventi. Ci può dare anche qualche cifra? A quanto ammonta il suo bilancio, quante persone ci

lavorano, quanta gente mobilita nelle sue iniziative turistico-culturali? La fondazione ha un bilancio di circa 800 mila euro, il Comune ne dà 110 mila, il resto lo riceviamo dai privati e dalle decine di nostre manifestazioni, compreso il calendario estivo del Comune di Saluzzo e il Festival Occitano. La Fondazione ha 5 dipendenti ed è operativa tutto l’anno. Circa le persone che la fondazione riesce a mobilitare con gli eventi in città è difficile fare un conto (durante gli eventi estivi delle notti bianche si parla di 25-30 mila persone per sera), un dato più certo che abbiamo sono le persone che partecipano alle manifestazioni organizzarte presso la nostra sede, che sono 80-90 mila. È comunque riconosciuto che Saluzzo è una città molto viva. Qual è il rapporto con l’ente pubblico? Con l’attuale sindaco Mauro Calderoni vi è una stretta sinergia e collaborazione. Io e Luca Ellena, il presidente dell’altra fondazione di Saluzzo, la scuola di Alto Perfezionamento Musicale (APM), siamo tutti i mercoledì in Giunta, siamo praticamente degli assessori aggiunti e questo permette una condivisione continua delle problematiche e dei progetti. Di fatto siete coinvolti nell’amministrazione della città... Sì, oltre che in Giunta siamo presenti nei gruppi di lavoro importanti e nelle varie iniziative cittadine inerenti il sociale, la scuola, il turismo... Il legame tra fondazione e amministrazione è strettissimo. Il grande vantaggio per un ente pubblico di operare attraverso un ente autonomo è la flessibilità e la velocità degli interventi (contratti, bandi, ecc.),


«Le collaborazioni sono ormai determinanti. Le alleanze tra vicini sono strategiche» 7

di professionalità turistica e culturale

dazione Amleto Bertoni di Saluzzo: turismo e cultura in modo professionale» cosa che un Comune con le sole forze interne non riesce a fare. Che cosa ha significato in questi anni per Saluzzo la nascita della Bertoni? È un fare turismo e cultura in modo professionale. Noi abbiamo un addetto stampa, un addetto per gli eventi, un’amministrativa, due operai a tempo pieno. Per Saluzzo nel settore turistico-culturale è stato un cambiamento epocale. L’arricchimento per la città è la conseguenza della professionalità e del tempo che la nostra fondazione vi dedica, cosa che nessun assessorato riuscirebbe a fare: i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ha ancora senso il turismo fatto con il volontariato delle Pro-loco? Io non ho mai fatto turismo con le Pro loco, quindi non saprei... Tuttavia la promozione turistica di una città o di un territorio, come stiamo facendo noi in questo periodo con i Comuni del Monviso e delle Valli occitane, con le pro-loco non si riesce a fare di sicuro, in quanto incentrate su dei volontari, mentre con una struttura come la nostra Fondazione che fa perno su dei professionisti che lavorano a tempo pieno tutto l’anno, con una certa esperienza e dinamicità nel gestire gli eventi, ciò è possibile. La formula della Bertoni è esportabile in una città come Pinerolo? Secondo me la formula della Bertoni è esportabile dappertutto. Bisogna che ci sia la volontà di farlo e che ci sia una struttura idonea. Bisogna crederci. Certo è che a fronte di un finanziamento di 110 mila euro dato dal Comune a una fondazione come la nostra, il vantaggio che questa col suo lavoro porta al settore turistico-culturale della città non è poco. Pinerolo-Saluzzo, vuole dare un giudizio su questo vicino con il quale nei secoli passati c’è stato anche un confronto poco pacifico e che ora invece ammira il fermento culturale della sua città? Conosco poco Pinerolo, mi piacerebbe conoscerla di più. Per quel che la conosco è una città molto bella, situata anche in un posto strategico e che ha sicuramente tutte le potenzialità di leader del

territorio. Il Pinerolese è anche una realtà a cui guardiamo con interesse, per portare i pinerolesi ai nostri eventi di Saluzzo. È una realtà importante che confina con noi e con la quale si potrebbero creare anche delle sinergie come facciamo con altri paesi del territorio o al di fuori come le Langhe e il Roero. Le collaborazioni sono ormai determinanti, perchè non si va più a chiedere i finanziamenti europei come città, ma come territorio. Quindi le alleanze tra vicini sono strategiche.

Basta con il turismo da Pro loco! Urgono in città delle politiche turistiche che valorizzino il territorio: basta con il turismo da Pro loco affidato alla disponibilità di volontari, in buona parte pensionati che organizzano il carnevale, sapori di vini, manifestazioni di Natale e simili. Tutte iniziative lodevoli e meritevoli per l’impegno che i volontari della Pro Pinerolo ci mettono, ma oggi occorrono programmazione e professionalità per valorizzare le potenzialità turistiche della città e del territorio.Ormai anche quella turistica e culturale è una vera e propria attività imprenditoriale e di marketing che richiede competenza e preparazione, ci sono dei veri e propri corsi di laurea in materia. Pinerolo non può fermarsi al turismo da Pro loco - tanto di cappello per chi finora si è impegnato in questa associazione - ma è ora di cambiare. Non c’è bisogno di andare lontano per vedere degli esempi virtuosi che hanno arricchito le città. Basta guardare la vicina Saluzzo (16 mila abitanti) che fa delle cose eccelse con la sua Fondazione Bertoni. Pinerolo invece è ancora ferma al palo, anche questo è indice della mancanza di iniziative, di idee, di ripetitività. C’è un bisogno assoluto di cambiamento, di aprirsi al nuovo, di uscire dall’immobilismo che la soffoca. La competenza del futuro assessore al turismo e alla cultura, finora considerato di serie B, sarà fondamentale per fare delle politiche turistico-culturali che arricchiscano la città. Antonio Denanni


G L OB -L O C

Benchmarking territoriale di TAC (Territorio, Architettura, Scultura) - www.tac-lab.it

Progetto “Chiese da riaprire”

Per le chiese abbandonate di Napoli Un impegno per un recupero sociale di 200 edifici di culto

Il centro storico di Napoli è entrato a far parte della lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco nel 1995, perché racchiude oltre 27 secoli di storia ancora rintracciabili lungo le sue vie, testimonianze urbane e architettoniche di rara bellezza. Tra il suo patrimonio più consistente e significativo, non possono non annoverarsi le chiese: oltre 200 edifici – appartenenti alla diocesi, agli ordini religiosi, alle confraternite, ma anche ad enti pubblici o privati cittadini – che fanno trasparire la grande religiosità del popolo partenopeo lungo i secoli. Considerato il notevole numero in questione, e vista la parabola discendente della loro frequentazione, quasi la metà di questi fabbricati risulta essere abbandonata, relitti urbani che rispecchiano una società mutata e che non riconosce più nei luoghi di culto uno spazio identitario e di aggregazione sociale. Il quadro iniziale, dunque, non parrebbe essere dei più rosei. Eppure la città ha saputo, spinta da una forte volontà di riscatto sociale e culturale e attraverso un’iniziativa davvero virtuosa, invertire questa tendenza negativa: affidare in comodato gratuito le chiese al mondo associazionistico e imprenditoriale, con il preciso scopo di insediare al loro interno attività che restituiscano alla collettività questi spazi. È nato così il progetto “Chiese da riaprire”, concepito dall’Arcidiocesi di Napoli con la partnership di importanti istituzioni culturali, capaci di fornire competenze tecniche e supporto professionalmente qualificante; tra queste, spiccano la Facoltà di Architettura dell’Università Federico II e la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della Città di Napoli. La partenza dell’iniziativa risale al 2011, con l’indizione di un Giubileo speciale cittadino da parte del cardinale Crescenzio Sepe: «un invito a tutti gli uomini di buona volontà della cultura, dei mezzi di comunicazione, delle istituzioni, delle industrie, dei sindacati, i quali,

per un anno intero, si “compromettano”, ossia si adoperino, per un risveglio della nostra città. Non vorrei che accoglieste questa proposta come un semplice auspicio. È, invece, l’indicazione di una meta, di un obiettivo». Una prospettiva a lungo termine, dunque, che passa anche attraverso la rivitalizzazione di un patrimonio altrimenti destinato all’abbandono e al degrado. L’iniziativa si propone di innescare circuiti virtuosi, attribuendo alle chiese oramai chiuse al culto nuove forme d’uso, facendole diventare catalizzatori sociali o incubatori utili a produrre cultura, svago, conoscenza. L’affidamento della chiesa in comodato passa attraverso la presentazione di un progetto, la cui approvazione deve rispondere a severi criteri di compatibilità con l’esistente e prevedere, laddove necessari, interventi di restauro e ristrutturazione, nonché una costante manutenzione. Attraverso questo meccanismo, quindi, si perviene a un triplice risultato: il mantenimento di un patrimonio altrimenti destinato al deperimento, la creazione di nuove attività lavorative e, non da ultimo, una rinascita socio-culturale di aree a volte fortemente degradate che, spesso, scoprono sorprendentemente di avere una spiccata vocazione turistica. Un esempio su tutti: la Basilica di San Giovanni Maggiore che, dopo oltre quarant’anni di chiusura, grazie all’intervento dell’Ordine degli Ingegneri è tornata ad essere aperta non solo per le celebrazioni, ma anche per eventi di tipo culturale e turistico. Tra gli affidamenti ancora in itinere, la chiesa di Santa Maria della Vittoria e della Santissima Trinità all’Anticaglia, richiesta da un gruppo organizzato di artigiani del quartiere, i quali vorrebbero inserirvi all’interno un atelier e un luogo espositivo per i loro prodotti. Che sia una suggestione replicabile anche a Pinerolo?

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società

Lettere al giornale di Elvio Fassone

La generazione-voucher

Li hanno chiamati in mille modi, ormai: generazione Millennium, generazione mille euro (quando va bene), ragazzi flessibili, generazioneErasmus, inventa-futuro, e chissà quante altre etichette. Ora, all’improvviso, è venuta alla luce una nuova infelice denominazione: la generazionevoucher. Sono quelli che compri al super-mercato della manodopera, li paghi poco più di un’elemosina e non ci pensi più: ferie, malattia, pensione, maternità, sicurezza, contributi, tutto nel tagliando. Dieci euro l’ora, per pulire la cacca dei cani o per una lezione di matematica. Dopo che è stato pagato, il prenditore del “buono” va alla posta e lì glielo monetizzano, trattenendo la quarta parte, che viene versata su un suo conto-pensione. L’idea in sé non era male, era uscita dalla controversa “legge Biagi”, che aveva anche delle cose pregevoli. Ma l’infernale capacità di stravolgere tutto in profitto e sfruttamento ha sporcato anche i voucher. Erano nati per i piccoli lavori domestici occasionali, l’assistenza domiciliare sporadica, il giardinaggio saltuario, la pulizia e la manutenzione di edifici, l’insegnamento privato supplementare, e simili. Lavori occasionali, insomma, resi da persone fuori dal mercato del lavoro, perché già occupate o non più o non ancora occupate. Volevano essere un modo per contrastare il “nero”: il lavoratore disponeva di uno strumento per ottenere un accantonamento previdenziale, e quindi aveva interesse a richiedere il “buono”, senza la soggezione che viene dal timore di un licenziamento. In questo modo il voucher avrebbe fatto emergere una fetta del mercato sommerso, avrebbe creato una copertura anche a chi un rapporto di lavoro vero non l’aveva (o non ancora, o non più); avrebbe dato ossigeno all’INPS e tolto acqua (almeno in parte) all’economia invisibile, madre di tutte le sopraffazioni. Ma poi che cosa è accaduto nella realtà? E’ successo che i vari governi hanno rimosso i paletti che Biagi aveva ideato: il centro-destra ha esteso l’applicabilità dei voucher a quasi tutti i settori, la legge Fornero ha cancellato il riferimento alle sole attività occasionali, e il “Jobs act” ha alzato il tetto

retributivo portandolo da 5.000 a 7.000 euro l’anno, che coprono anche attività tutt’altro che occasionali. Il tutto in nome delle briglie sciolte sul collo di quel cavallo pazzo che è diventata l’economia del secolo presente. I datori di lavoro, poi, ci hanno aggiunto del loro: la ragazza che lavora cinque ore alla tavola calda viene pagata per tre, con il pretesto che i voucher coprono anche i contributi; il contratto a termine, che era meglio di niente, lascia il posto a questa nuova forma di usa e getta, e la morale è sempre la stessa: se non ti piace, fuori c’è la fila. Ora la questione è deflagrata: a quanto pare verrà promosso un referendum abrogativo su questo punto della legge, e sembra si voglia ri-abbassare il tetto dei compensi annuali e ripristinare l’applicabilità solo ai lavori davvero occasionali. E’ un tema da seguire con cura: ma lo sfondo tragico, che smorza le speranze e devitalizza le lotte, è sempre quello da oltre un secolo: “c’è la fila fuori”. E se un secolo fa la fila era costituita dai braccianti del sud costretti a vendersi per meno di un tozzo di pane, ora la fila è gonfiata dai migranti e dagli espulsi dal mercato del lavoro ad opera della più grave crisi da ottant’anni a questa parte. Creare lavoro (lavoro vero e dignitoso) resta l’imperativo principale di qualsiasi governo. Lo dicono tutti, ma non basta dirlo. Il lavoro possibile (bonifica del territorio, tutela delle opere d’arte, miglioramento delle infrastrutture, assistenza e cura, ricerca e formazione) non è riconosciuto dal mercato, dunque deve essere creato e pagato dalla mano pubblica. Con quali danari? Non con il debito, non con le finanze sempre esauste, allora come? Si affaccia un pensiero drammatico, ricacciato indietro per pudore: l’unico episodio di robusta imposta progressiva sui dividendi delle società e sulle proprietà immobiliari si colloca nell’ottobre del 1936 (e sappiamo chi imperava all’epoca). Allora servì per colmare i buchi dell’impresa etiopica e riallineare la lira. Non è un esempio edificante, però …. Che sia lì la chiave del pensiero alternativo?

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europei

La disoccupazione giovanile una tragedia

“La disoccupazione giovanile è una tragedia e impedisce alle persone di giocare un ruolo pieno e significativo nella società. Tutti noi beneficiamo di una economia solida. E perciò abbassare gli alti livelli di disoccupazione giovanile è una priorità per tutti”. Sono nette e preoccupate le parole di Mario Draghi in una intervista al quotidiano britannico Guardian, dove affronta il problema dei giovani europei senza lavoro. Nella visione del presidente della Banca Centrale Europea, la questione tocca anche le fasce della popolazione più anziane poiché “nessuno rimane giovane per sempre”. Draghi trova rischioso per l’intera economia del continente il fatto che milioni di ragazzi dai 16 ai 34 anni non possano creare ricchezza. “Se un giovane su due è escluso dal mercato del lavoro - e questo accade ancora in alcuni paesi europei - questo danneggia seriamente l’economia poiché chi vuole lavorare non trova una occupazione e non sviluppa le proprie capacità. Ciò minaccia l’armonia sociale. La disoccupazione alla lunga accresce i problemi sociali e la cattiva salute”.

Draghi si dice preoccupato dalla “crescente disuguaglianza” che sta contribuendo alla mancata partecipazione dei giovani nel campo professionale: “Questo è un tema al quale dobbiamo dedicare estrema attenzione”. E fornisce una ricetta della Bce: “Il ruolo della Bce è mantenere la stabilità dei prezzi, la quale previene una distribuzione ingiusta della ricchezza. Per esempio una nostra ricerca dimostra che nella zona euro una inflazione troppo bassa provoca un passaggio di ricchezza dalle famiglie più giovani e indebitate verso quelle più anziane che tipicamente sono creditori netti”. Il consiglio del presidente della Banca centrale ai governi è quello di favorire la creazione di posti di lavoro “e rendere la loro società più giusta”. “L’idea generale è creare un mercato del lavoro giusto e flessibile dove le imprese non hanno paura di assumere personale quando ne hanno bisogno e specifiche categorie di persone non rimangano svantaggiate quando i loro datori di lavoro hanno bisogno di tagliare sul costo del lavoro”. da Huffington Post, 11,3,2016

Watly

Un solo nome ma un progetto di importanza mondiale: Watly è il primo computer al mondo che purifica l’acqua contaminata o salata, genera energia elettrica e rende possibile la connettività ad Internet. Una sola grande macchina (lunga 40 metri e con un peso di 15 tonnellate) ma tre diverse funzioni, rese possibili dalla presenza di 80 pannelli fotovoltaici che generano elettricità (150kWh giornalieri) per alimentare la struttura e per ricaricare all’esterno dispositivi come computer o smartphone. Un solo team che si divide tra Italia e Spagna, ma la possibilità di trasformare la vita di milioni di persone in tutto il globo; Watly può purificare cinquemila litri di acqua al giorno grazie a un sistema di distillazione che comprime il vapore e che è noto per essere il metodo più efficace per rendere potabile l’acqua. Un costo di circa 500mila euro per ogni macchina ma la presenza già di moltissime richieste da parte di Paesi interessati, ovvero luoghi che offrono realtà

di Greta Gontero

in cui non vi sono servizi adatti e in cui mancano le possibilità proposte dal progetto. Watly è tutto questo, ma non solo: i suoi ideatori credono che possa rappresentare la soluzione contro l’emigrazione dai paesi poveri poiché cerca di risolvere il problema alla radice, offrendo strumenti come acqua pulita, energia elettrica e connessione Internet che possono salvare milioni di persone dalla denutrizione e dalla mancanza di istruzione. Non a caso questa macchina è stata sperimentata in un villaggio del Ghana, dove ha riscosso molto successo e ha anche ottenuto 2 milioni di finanziamento dalla Commissione Europea: ma per proseguire il suo percorso, Watly necessita di numerosi fondi e per questo il suo team cerca di coinvolgere la maggior parte di persone possibilienella raccolta di denaro a favore della loro causa. Una causa sicuramente positiva e carica di speranza se si pensa che potrebbe rivoluzionare il mondo delle energie rinnovabili.


documenti

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Tutto Bandi A cura di Francesca Villiot e Gabriella Bruzzone

Mese di maggio 2016 BANDO

OGGETTO

ENTE PROMOTORE

Volontariato culturale

Contributi per le organizzazioni di volontariato

Not&Sipari

Promozione e diffusione della cultura musicale e teatrale sul territorio

Fondazione CRT http://www.fondazionecrt.it/attività/arte-ecultura/2016-note-e-sipari.html

Open 2016

Nuove forme di coinvolgimento attivo del pubblico in ambito culturale

Compagnia di San Paolo 15/07/2016 http://www.compagniadisanpaolo.it/ita/ Bandi-e-scadenze/Bando-OPEN-2016

Social housing

Esperienze abitative innovative ad uso sociale

Compagnia di San Paolo http://www.compagniadisanpaolo.it/ita/ Bandi-e-scadenze/Bando-2016-per-progetti-di-social-housing

17/06/2016

Vivomeglio

Miglioramento della qualità della vita delle persone disabili

Fondazione Crt http://www.fondazionecrt.it/ attivit%C3%A0/welfare-e-territorio/2016bando-vivomeglio.html

30/06/2016

Valorizzazione dei patrimoni culturali: scadenza unica 2016

Domande di contributo a sostegno di iniziative volte alla valorizzazione dei patrimoni culturali presenti sul territorio

Compagnia di San Paolo http://www.compagniadisanpaolo.it/ita/ News-contributi/Valorizzazione-dei-patrimoni-culturali-scadenza-unica-2016

31/05/2016

Bando Fatto per bene

Contrasto alla povertà e miglioramento della qualità della vita

Compagnia di San Paolo http://www.compagniadisanpaolo.it/ita/ Bandi-e-scadenze/Bando-Fatto-per-bene

03/06/2016

#diamociunamano

Attività di volontariato in progetti di utilità sociale

Ministero del Lavoro e Politiche Sociali http://www.lavoro.gov.it/AreaSociale/diamociunamano/Pages/default.aspx

01/02/2017

Horizon 2020

Incentivi per progetti di ricerca e sviluppo in vari settori

Unione Europea

31/12/2017

Sostegno alle Start up innovative

Servizi di sostegno alle Start up innovative

Regione Piemonte www.regione.piemonte.it/notizie/piemonteinforma/diario/finanziamentiper-le-start-up-innovative.html

31/12/2020

Erasmus + Plus

Educazione formale e informale dei giovani

Agenzia Nazionale Giovani http://ec.europa.eu/dgs/education_culture/ index_en.htm

2020

Stazioni ferroviarie in comodato gratuito

Riutilizzo delle stazioni per attività sociali

Ferrovie dello stato http://www.rfi.it/cms/v/index.jsp?vgnextoi d=3aa298af418ea110VgnVCM1000003f 16f90aRCRD

Senza scadenza

Fondazione Lonati, richieste libere

Sostegno a soggetti che operano in ambiti: Istruzione (formazione, istituzionale, minori) giovani, anziani, sanitario, ricerca, cultura, sociale

Fondazione Lonati http://www.fondazionelonati.it/presentaprogetto.asp

Senza scadenza

Alla ricerca di nuove idee!

Famiglia, Anziani, Disabilità, Nuove Povertà ed Inserimento Lavorativo

Fondazione Cattolica Assicurazioni http://www.fondazionecattolica.it/allaricerca-di-nuove-idee/

senza scadenza

Sostegno all’Attività Istituzionale (SAI)

Sostegno al complesso delle attività di un ente e non già ad uno specifico progetto o iniziativa

Compagnia di San Paolo http://www.compagniadisanpaolo.it/ita/Contributi/SAI-Sostegno-all-Attivita-Istituzionale

Senza scadenza

Città metropolitana di Torino http://www.cittametropolitana.torino.it/ cultura/contributi/volont_culturale.shtml

SCADENZA 31/05/2016

31/7/2016


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ondo così per il m

Vita internazionale di Alessia Moroni

Intervista a Elisa Prina

In partenza per le isole Fiji Con un progetto di volontariato internazionale

Elisa è un’educatrice scolastica e lavora da ormai sei anni nelle scuole del Pinerolese. Diplomata al liceo “G.F. Porporato”, con indirizzo Scienze Sociali, ha svolto attività di Servizio Civile Nazionale a Torino, in un centro attività diurno per disabili, ed Europeo, vicino a Barcellona, in un centro diurno per disabili fisici gravi. Grazie a queste esperienze ha poi capito di voler dedicare la sua vita lavorativa al sociale, nell’ambito scolastico. Ad agosto, Elisa svolgerà un progetto di volontariato di un mese, immersa nella realtà delle isole Fiji. In questa intervista ci racconta le sue aspettative e come si sta preparando. Come mai hai deciso di partire per un progetto di volontariato? Come ti stai preparando? Era ora di fare un viaggio importante e straordinario. In me c’è soprattutto un forte desiderio di conoscermi in una situazione e in un contesto culturale nuovo, differente da dove vivo. Il mio interesse è quello di stare in mezzo alla gente e questo progetto mi incuriosiva perché è un lavoro diverso da quello che faccio durante l’anno. Mi sto preparando raccogliendo informazioni rispetto a come vivono, la storia, le tradizioni, lo stile di vita. Sto migliorando il mio inglese. Di che cosa ti occuperai e come sono organizzate le settimane di volontariato? È un progetto di costruzione nelle scuole e nelle biblioteche: restauro mobili, tinteggiare le pareti, riparazioni varie. Sono circa quattro ore di volontariato al giorno ed è prevista anche qualche attività di giardinaggio. La prima settimana invece, in cui alloggerò in un ostello con altri volontari, è di inserimento e avvicinamento alla cultura del posto. Che cosa ti aspetti da questa avventura? La mia paura principale è la lingua, farmi capire, soprattutto all’inizio. Mi aspetto tante cose belle, penso che sarà un’esperienza fantastica. Credo che tornerò a casa cambiata, con un pezzetto in più. Sicuramente mi rimarranno le persone, la parte umana dell’esperienza, ma anche il posto, che è sicuramente un paradiso

terrestre: amo i viaggi a stretto contatto con la natura e perdermi nella meraviglia. La tua passata esperienza a Barcellona ha avuto qualche influenza nel prendere la decisione di affrontare un altro percorso di volontariato all’estero? No, è una cosa totalmente indipendente. È stato dieci anni fa, io avevo vent’anni. Era un progetto totalmente diverso e davvero molto impegnativo. Sicuramente non dimenticherò mai gli sguardi dei ragazzi che ho seguito e l’entusiasmo che gli si porta con le attività.

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arte& olo spettac

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Teatro

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di Sara Nosenzo

Da una storia vera di una famiglia valdese

Il Temp(i)o della libertà

Le filodrammatiche regalano spesso delle ottime narrazioni e un’affezionata atmosfera in sala. In questo frangente “Il temp(i)o della libertà” è stato un esempio di lavoro, ricostruzione e memoria storica davvero ammirevole. Pochi personaggi raccontano le vicende di una famiglia valdese di Luserna San Giovanni e i vari eventi storici e religiosi più significativi tra la fine del 1700 e il 1848. Il popolo valdese, non riconosciuto e ostacolato dalla comunità cattolica, accusa la mancanza di un tempio, un luogo di culto e aggregazione sociale dove poter parlare di fede e di vita in totale armonia. In quegli anni è una vera e propria lotta culturale e religiosa. Il copione parla chiaro: non si tratta solamente di una questione religiosa. È nel diritto di ogni gruppo religioso avere un luogo sacro per ritrovarsi. Lo spettacolo di Claudio Pasquet, diviso in tre atti, mostra con semplicità e onestà il rimpianto e il dolore di molte generazioni a cui questo privilegio e diritto era negato. Una serata che ha permesso ai presenti di informarsi, istruirsi ed entrare in contatto con un pezzo di storia piemontese buia e ricca di ingiustizie. Gli attori, non professionisti, si sono calati seriamente nella parte intrattenendo il pubblico sotto diversi punti di vista. Ognuno di loro è credibile, persino le piccole parti,

come quella del pastore Lasseur, rendono completa la narrazione. La trama si sviluppa seguendo una linea temporale dando così la possibilità agli spettatori di ragguagliarsi sugli eventi e sulle vicende della famiglia, altro tema estremamente importante. Ottima scelta il meta racconto tramite proiettore: tra le scene venivano proiettati filmati amatoriali, anche in essi attori non professionisti, in cui un nipote chiedeva alla nonna di raccontargli com’era essere valdese quando era piccola. Questo escamotage narrativo, spensierato e semplice, permette allo spettatore di paragonare il prima e il dopo la costruzione del tempio. Permette, inoltre, di apprendere nozioni storiche, quali date e interventi politici, tra i quali si ricorda quello di Napoleone Bonaparte. Le scenografie, curate ed essenziali, incontrano perfettamente lo stile della narrazione. Riempire lo spazio narrativo con ulteriori oggetti sarebbe un sovra caricare un racconto il cui centro va oltre la storia dei personaggio: ciò che è in scena è la memoria storica, l’importanza di ricordare e non dimenticare. Le repliche di questo spettacolo sono terminate, si aspetterà l’anno nuovo per gustare la nuova narrazione.


società

Per Mostre e Musei

Davide Sorasio, New York

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di Chiara Gallo

Direttore di fotografia e Assistant Camera

Davide Sorasio ha 26 anni, si è diplomato al Liceo Classico e dopo aver conseguito la laurea in Psicologia all’Università di Torino si è trasferito a New York dove oggi lavora nel settore cinematografico in qualità di Direttore di Fotografia e Assistant Camera. Un traguardo importante che ha saputo raggiungere grazie a tanto lavoro, impegno, costanza e soprattutto passione. Cresciuto con i film di Martin Scorsese e Woody Allen ha trovato nella Grande Mela la sua vera casa e la sua vocazione. Cosa si prova a vivere in una realtà come quella newyorchese, per di più in un settore competitivo come quello cine-

matografico? È un processo che richiede un po’ di adattamento. Qui tutto si muove molto più velocemente rispetto all’Italia, è una realtà dinamica e le cose accadono in fretta. L’industria del cinema in particolare può essere molto stressante, bisogna essere sempre pronti a cogliere ogni occasione. Al tempo stesso offre opportunità incomparabili, si viaggia molto, si incontrano persone uniche sia a livello creativo sia professionale. La film community di New York è un piccolo microcosmo dove tutti si conoscono e dove occorre fare attenzione a mantenere il livello della propria performance sempre alto poiché ci si aspetta il massimo da tutti. È una pressione con la quale non è facile convivere, ma fa parte del gioco! Una delle cose che mi ha colpito è come il duro lavoro viene ripagato. Qui si è valutati per la qualità e la professionalità dimostrata, l’età non

è mai un fattore determinante. È normale trovarsi in una posizione di forte responsabilità fianco a fianco con persone che hanno esperienza pluriennale. Le possibilità ci sono ciò che conta è essere all’altezza delle aspettative. Quali sono i progetti realizzati finora di cui vai più fiero? Ho avuto potuto lavorare su progetti di alto livello qualitativo e che hanno ottenuto una buona accoglienza. Due pellicole da me filmate, “StickyFingers” e “Leche”, sono stati accettati in Festival di primo livello sia negli Stati Uniti che in Canada. Durante la realizzazione di Leche ho inoltre lavorato a stretto contatto con un’attrice del calibro di Jessica Pimentel, lead star di “Orange Is The New Black”. Così con altri progetti. Una domanda importante: come si diventa Direttore della Fotografia e Assistant Camera? Il Direttore della Fotografia è il responsabile della riuscita visiva del film e delle scelte tecniche legate all’immagine, l’Assistant Camera, invece, è responsabile del funzionamento della telecamera, in particolare per quanto riguarda la messa a fuoco dell’immagine. Entrambi i ruoli sono soggetti a molta pressione, in quanto si è costantemente di fronte agli occhi della produzione, della crew e in fine del pubblico, non vi è spazio per il minimo errore. Non esiste tuttavia un iter predefinito per lavorare nel cinema. La scuola riveste un aspetto importante, dà l’opportunità di crearsi un network e di prendere confidenza con l’attrezzatura. A scuola ho avuto l’occasione di studiare da vicino il funzionamento di numerose telecamere, sia digitali che a pellicola, e da allora ho continuato ad appassionarmi e informarmi. La pratica e la costanza sono il requisito fondamentale per chiunque voglia lavorare nel cinema. Che consigli daresti ad un giovane che vuole muovere i primi passi in questo campo? Saper cogliere le occasioni e avere una grande preparazione. La formazione scolastica è importante ma bisogna compiere quel passo in più da soli per raggiungere traguardi significativi. Per chi volesse diventare Direttore della Fotografia consiglierei di studiare tanti dipinti. Tutti i grandi pittori del passato oggi probabilmente sarebbero dei grandi direttori della fotografia poichè di fatto significa dipingere con la luce.


società

Eventi nel Pinerolese di Sara Nosenzo

Anche un workshop su “Usi e costumi della canapa”

Ritorna DireFareEcosolidale Il 28 e 29 maggio 2016 ritorna Direfarecosolidale, evento dedicato alle associazioni locali, all’uso ragionato del territorio e alle risorse del nostro pianeta. Tra i temi affrontati anche quello dell’uso e dei costumi della canapa. Nostra intervista ad Alessandro D’Agostino, uno degli organizzatori dell’evento. Parlaci della serata. All’interno della quinta edizione della manifestazione DirefareEcoSolidale, Officina Pinerolese organizza ‘Cannabis Education - una risorsa stupefacente’, il primo evento pinerolese interamente dedicato alla ‘pianta proibita’. Un’iniziativa completamente apartitica ed apolitica, unicamente informativa. Sabato pomeriggio 28 maggio in Piazza Facta andremo ad analizzare tutte queste tematiche insieme ad ospiti d’eccezione ed esperti del settore: nel primo pomeriggio vi sarà il Workshop “Usi e costumi della Canapa” dove si tratterà dell’ambito botanico, agricolo, alimentare, industriale, medico. Seguirà il dibattito “Perchè legalizzare la Cannabis?” dove ci occuperemo dell’ambito più prettamente legato alla lotta alla mafia, di giustizia, prevenzione, economico, politico. Inoltre concluderemo la serata in piazza San Donato con i concerti di alcuni gruppi musicali locali. Come credi possa cambiare il dibattito culturale sulla canapa grazie a questo incontro? Attualmente, nel mondo, in Europa ed in Italia il dibattito culturale su questo argomento è ancora piuttosto limitato, ma continua gradualmente a farsi spazio. A Pinerolo questo è praticamente assente, quindi il fatto di riuscire a generare un vero e proprio dibattito culturale su questo argomento nella nostra città sarebbe sicuramente una vittoria. Il nostro intento è quello di riportare alla memoria la lunga tradizione che lega il nostro paese a

questa pianta e di informare famiglie, giovani, istituzioni e cittadini esponendo una realtà che non è ben compresa e su cui c’è ancora molta confusione e disinformazione. Indipendentemente dal fatto che le opinioni in merito cambino o rimangano tali, pro o contro, col nostro contributo spero che questa iniziativa porti coscienza, sensibilizzazione e chiarezza nel pinerolese. Quali persone pensi che potranno partecipare? Siamo contro l’abuso di droghe, la criminalità organizzata, lo spaccio, la repressione, i pregiudizi, l’ipocrisia. Ci poniamo a favore di un’informazione precisa e corretta, della prevenzione, in un’ottica pragmatica sull’argomento con delle iniziative popolari. Ecco da cosa deriva il nome ‘Cannabis Education’. Oltre che semplici curiosi, speriamo che all’evento partecipino sia proibizionisti che anti-proibizionisti, ma soprattutto speriamo siano presenti quegli individui che tendono ad evitare l’argomento poiché lo considerano tabù. Il confronto costruttivo di pensieri differenti è sempre fonte di forza, crescita e positività. Perché dei giovani vogliono mettersi in gioco con questo argomento? Credo che non sia una questione anagrafica. È un argomento che tocca ogni età ed ogni settore sociale. Iniziative di questo genere sono diffuse in diverse città italiane (vedi la ‘Indica Sativa Trade’ di Bologna, la ‘Canapa Mundi’ di Roma o la ‘Fumaparei’ di Torino). Ci siamo messi in gioco con questo argomento perché riteniamo che sia importante discuterne e dare anche a Pinerolo quest’opportunità. Specialmente quest’anno che in parlamento è stata calendarizzata la discussione di una proposta di legge per la legalizzazione e la regolamentazione della sostanza.

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diritti umani

Visibili & Invisibili

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GRUPPO GIOVANI AMNESTY INTERNATIONAL

A pochi mesi dalle Olimpiadi... Mancano meno di cento giorni all’inizio delle Olimpiadi a Rio de Janeiro. Dovrebbe esserci un clima di festa, ma è il terrore a regnare negli animi dei cittadini. Nel mese di aprile sono morte 11 persone nelle favelas di Rio per mano della polizia. Nello scorso anno sono state uccise per mano delle forze armate almeno 307 persone, un numero che equivale ad un quinto degli omicidi avvenuti in quell’anno nella città. Rio de Janeiro dovrebbe essere un luogo sicuro dove ospitare le Olimpiadi, ma gli omicidi ad opera della polizia sono nettamente aumentati di anno in anno. La maggior parte delle vittime sono abitanti delle favelas e di altre aree di emarginazione. Durante le manifestazioni, le proteste in piazza può capitare di rimanere feriti da

proiettili di gomma, piuttosto che da granate, e a volte da armi da fuoco: i manifestanti sono considerati dalla polizia quasi come dei nemici pubblici e la strategia è “Prima spara, poi fai domande”. Con l’entrata in vigore della normativa anti-terrorismo (in occasione delle Olimpiadi), è ancora più facile stroncare e criminalizzare le proteste. Il direttore generale di Amnesty in Brasile ricorda che non ci sono mai state indagini sulla maggior parte degli omicidi commessi dalle forze armate e che non solo a Rio, ma anche in altre città brasiliane gli omicidi ad opera della polizia sono parte della quotidianità, e insufficienti sono le prese di posizione delle autorità. Fra pochi mesi Rio sarà sotto tutti i riflettori… sarà fatta luce anche su questa realtà? di Chiara Perrone

Antimafia e partigiani: la storia di P. Rizzotto Ha saputo catturare e mantenere viva l’attenzione del pubblico, durante tutta la durata del suo intervento, Davide Mattiello la sera del 23 Aprile, in occasione degli eventi organizzati a Villadossola per la Festa della Liberazione. L’onorevole, membro della Commissione Antimafia, invitato da Libera, ha voluto subito mettere in relazione Libera e il movimento partigiano e l’ha fatto raccontando la storia di Placido Rizzotto, di origine siciliana, partigiano durante la Seconda Guerra Mondiale; finito il conflitto tornò nella terra natìa dove, da convinto sindacalista, si impegnò in favore del movimento contadino e continuò la sua lotta nonostante le intimidazioni di Cosa Nostra, che finì con l’ucciderlo nel 1948. Per Placido Rizzotto la battaglia contro la mafia fu naturale continuazione della Resistenza, perché fu ispirata dalla stessa passione per la libertà e i diritti. La lotta partigiana e quella di Libera per la Legalità e l’Antimafia hanno infatti fronti comuni e valori condivisi e secondo Mattiello non devono mai “essere chiuse in un museo come capitoli già scritti”. Antimafia vuol dire anche lottare contro la cultura mafiosa; Mattiello in proposito ha citato Peppino Impastato, che ha avuto il coraggio di rompere con la famiglia, appartenente a una cosca mafiosa, e l’ha

denunciata. Il suo gesto è stato tragico, perché ha implicato la fine di qualsiasi rapporto con i consanguinei, ma allo stesso tempo eroico: è un esempio di chi non vuole sottomettersi alla logica mafiosa, ma vuole “resisterle”. Peppino Impastato fu assassinato dalla mafia, proprio il giorno in cui avrebbe dovuto tenere il suo comizio elettorale. Aveva capito come bisognava combattere la mafia: dall’interno delle istituzioni della nostra Repubblica democratica, che, ha sottolineato Mattiello, ci sono state consegnate da chi ha lottato per la Resistenza e devono essere difese. Ma fin dove bisogna “sporcarsi le mani”? Per riuscire a combattere la mafia fino in fondo bisogna organizzare una forza davvero “resistente” che non si scoraggi mai. Secondo Mattiello, non c’è un limite oltre al quale non bisogna “lottare”, tutto dipende dalle motivazioni che uno ha per farlo. Ad esempio, molti mafiosi, quando vengono arrestati, mantengono il silenzio, non rivelano alcuna informazione. Sono “resilienti”, come dice Mattiello, cioè sono come quei materiali che attutiscono un colpo e ritornano alla forma iniziale, niente li trasforma perché si sentono parte di un progetto politico che travalica la loro esistenza, restano in gioco solo perché motivati dall’avidità di potere e ricchezza.


Cosedell’altromondo

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di Oscar Fornaro

Cos’hanno in comune uno smartphone e uno zombie? In Germania hanno coniato una nuova parola: “smombie”. La città di Augusta, in Baviera, per affrontare il rischio dei pedoni che camminano per la strada senza badare a nient’altro che non sia il proprio cellulare ignari del mondo che li circonda, rischiando così di passare col rosso, di andare a sbattere contro un palo o di mettere il piede dentro un tombino rotto, hanno deciso di installare dei semafori nell’asfalto, in modo che i pedoni che guardano verso il basso (lo smartphone), possano più facilmente notare il semaforo rosso ed evitare così grossi rischi di incidenti. Gli smombie sono in tale e pericoloso aumento

per le strade del mondo, che in alcune città, come ad esempio in Belgio e in Cina, hanno creato corsie apposite. Linee bianche entro le quali tutti gli assorti nello smartphone possano continuare serenamente a dedicarsi all’attività di messaggiare, pubblicare foto o leggere il cellulare senza irritare gli altri o scontrarsi con loro. Secondo il Sunday Times, infatti, sono aumentati i morti e i feriti causati dai telefonini. Più sicurezza per i distratti dai telefonini quindi e più attenzione anche ai poveri vecchietti e alle persone che camminato normalmente per strada che ricevono la spallata dagli sbadati utilizzatori di smartphone.

Cosa non si fa per vincere una scommessa! Rob Young 33 anni e una voglia matta di vincere una scommessa fatta con la compagna. Circa due anni fa Rob, costretto a guardare la maratona di Londra dalla compagna, Joanna, che non aveva nessuna intenzione di cambiare canale, le lanciò una sfida. Scommise 20 pence che sarebbe riuscito a correre 50 maratone. Il giorno dopo, con il percorso della maratona di Richmond in mano, partì e completò il percorso prima di andare al lavoro. Ad oggi Rob viene chiamato Marathon

Man, avendo completato in un solo anno circa 370 maratone. Ha anche conquistato numerosi record, come la corsa più lunga senza sonno correndo 600 km in 88 ore e 17 minuti senza chiudere occhio. Forse la sfida gli è sfuggita un po’ di mano, ma Rob sostiene che la corsa gli dia bellissime sensazioni. Il segreto della sua resistenza atletica sta nella forza mentale e nella sopportazione elevata del dolore, forse e n t r a m b e dovute alle c o n t i n u e p e r c o s s e ricevute nel corso della sua infanzia dal padre.


dal tempo

Storiae.... di Cristiano Roasio

Nel mia Città Aldilà del Campo

Non mi accorgo che sono rimasto solo Ricordavo ancora con angoscia gli occhi di chi si ritiene piccolo al mondo. Quel frugoletto di XXZV, inutile pensar diversamente, era davvero riuscito nella sua impresa: le lillipuziane costruzioni con i loro ancor più piccoli abitanti ora non esistevano più. Cosa c’è di più piccolo ed insignificante del nulla? Il mais, laddove una volta (chissà quando) c’era una radura abitata in comunione ed ogni tanto in contrasto con la natura, si estende placido, fluttua accarezzato dal vento che fa oscillare le sue foglie e, rapace pacifico, si nutre del terreno con disinteresse verso le civiltà morte dalle quali trae sostentamento, grazie alle sue radici di sangue. E improvvisa come un mal di pancia, una consapevolezza, o piuttosto un’intuizione: la mia Città, verso la quale sto tornardo, non esiste più. Ne sono ormai certo. Come ci si può allontanare alla volta di un’avventura e p o c a l e , insensata e folle, con la speranza di ritrovare il punto di partenza? Dove porterò i fuggiaschi che hanno visto in me, ma sopratutto nella mia Città Aldilà del Campo, la salvezza? E di me cosa è rimasto se non un tempo indeterminato di mais e delle peripezie da non poter raccontare a nessuno? Sono ormai una doppia negazione, esisto cioè in virtù di tutto quello che non ho più, ed inutile spiegare che a rigor di logica doppie negazioni affermano. In questo momento di sconforto (ma quanto è riduttivo dire sconforto laddove c’è soltanto il nulla, il vuoto e l’insensatezza) cerco sollievo negli occhi

della Bellissima Figlia... ma non vedo altro che verde riflesso di piante scheletriche. Cerco conforto nelle braccia tonanti del Donnone, ma c’è solo risolutezza nello scostare lembi taglienti di verde. Negli stivali del Nuovo Soriano, invece della tranquillità del Potere, vedo solo l’ineluttabilità della conquista sulla terra friabile ombrata di verde. E negli occhi scemi di Germesio, nei suoi guaiti, vedo solo che ha fame, una fame verde. Ho trascinato con me, spinto da un moto di benevolenza, ma in realtà animato solo da personale egoismo, degli Altri. Che cosa ridicola, in fondo tutti devono pensare prima a Se Stessi, chi sono io per loro? Certe volte c o m u n q u e filosofare è utile perchè permette di prendere consapevolezza della propria immancabile individualità; e allora si scopre che vivendo a lungo tra il mais ed il verde, avevo smarrito proprio il Mais ed il Verde, scopro cioè, mentre la luce sopra le piante cola con intensità nuova, che le cose sono dotate di linee e di contorni permeabili e che le piantine non esistono uniche ma soltanto quando si stagliano con tutte le altre. Solamente così si riescono a vedere non individualità distinte, ma tante individualità in sequenza, insomma un Campo: non tante piantine e basta, ma un campo fatto sì, inutile negarlo, di tante piantine. Guardo con occhi diversi il mondo unico ed irripetibile che mi circonda e marcio deciso alla volta della mia Città che non c’è più. Non mi accorgo che sono rimasto Solo.

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o primo pian

Sociale & Volontariato di Federica Crea

l’efid awards al rifugio re carlo alberto di luserna

Alzheimer nel Mondo

«Migliorando la qualità della vita si può rallentare la progressione delle malattie; la demenza non fa eccezione» “Alzheimer nel Mondo” è il titolo della conferenza stampa che si è tenuta giovedì 7 aprile presso il Rifugio Re Carlo Alberto di Luserna San Giovanni. La struttura, gestita dalla Diaconia Valdese – Coordinamento Opere Valli, dal 2000 è specializzata nell’accoglienza di pazienti affetti da Alzheimer e da altre forme di demenza. Obiettivo dell’incontro con i giornalisti è stato condividere l’esperienza vissuta negli ultimi due anni dal Rifugio, che, grazie al progetto Us with You – Ambassadors For Alzheimer’s, ha ottenuto un importantissimo riconoscimento internazionale, aggiudicandosi il premio “EFID Awards 2014”. Il responsabile del Rifugio Re Carlo Alberto, Marcello Galetti, racconta: «L’EFID – la European Foundations’ Initiative on Dementia – è nata dall’incontro di più fondazioni e, da Bruxelles, finanzia progetti europei orientati alla cura della demenza. L’assegnazione dell’EFID Awards al Rifugio Re Carlo Alberto ha rappresentato per noi un’impareggiabile forma di legittimazione; tutto ciò per cui abbiamo lavorato duramente negli ultimi tredici anni, ovvero prenderci cura di persone affette da demenza partendo dalle loro storie personali e non dalle loro limitazio-

ni, guardando ai loro punti di forza e non alle loro debolezze, è stato ampiamente riconosciuto». «Migliorando la qualità della vita si può rallentare la progressione delle malattie; la demenza non fa eccezione» queste le parole di Molly Tyler-Childs, educatrice presso il Rifugio, che aggiunge: «Puntare sulla qualità della vita sia dal punto di vista dell’integrazione e della partecipazione sociale sia della salute personale, per tentare di restituire umanità a un individuo affetto da demenza, è stata ed è tuttora la mission di “Ambasciatori per l’Alzheimer”, un progetto che, da Luserna, sta raggiungendo altre aree della comunità europea sensibili a questa tematica». La Bulgaria, in particolare, è stata assegnataria del premio EFID nell’anno 2012 e proprio in occasione della conferenza stampa di aprile ha potuto inviare una delegazione di sei professionisti facenti capo alla Foundation Compassion Bulgaria, operativa nelle città bulgare di Sofia e Varna. EFID ha inoltre designato il progetto Ambassadors For Alzheimer’s come uno dei tre più rappresentativi d’Europa e ha invitato il Rifugio alla 26esima Conferenza Europea sull’Alzheimer che si terrà a fine ottobre a Copenaghen.

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musica

Officine del suono

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di Isidoro Concas

M usica emergente

The Trivettes Bluegrass Brothers The Trivettes Bluegrass Brothers è una formazione bluegrass composta da Umberto Eynard, Matteo Meloni, Mirko Vivacqua e Andrea Caccavone attiva dal 2014. a prima domanda è d’obbligo: com’è il panorama bluegrass in zona? In quali occasioni suonate? C’è seguito, risposta di pubblico? In zona il bluegrass è un genere pressoché assente, almeno per quanto ne sappiamo. Conosciamo a malapena amanti del genere a Torino, tra cui persone che suonano alle jam session, magari ex componenti di gruppi, oppure singoli musicisti non propriamente attivi sul territorio. Una nostra particolarità, se così possiamo dire, è quella di portare in giro una musica da queste parti praticamente “nuova” per la maggior parte delle orecchie che ci ascoltano. Possiamo più che altro dire che il bluegrass, più che una rete locale, ha semmai una rete nazionale (esiste un raduno nazionale che si tiene una volta all’anno, di solito a Sarzana, e un Bluegrass Party organizzato a teatro, sempre una volta all’anno, dai Red Wine, storico gruppo italiano di bluegrass). Noi da un anno a questa parte suoniamo principalmente per strada (in varie città d’Italia: Torino, Genova, Siena. etc.), seguendo manifestazioni ed eventi pubblici, e in concerti presso alcuni locali o per alcune associazioni (Stranamore di Pinerolo, Officine Corsare di Torino, etc.), oltreché, su richiesta, in vari eventi privati. La risposta del pubblico è sempre molto buona, sia perché varia in quanto a età (da un pubblico di famiglie con bambini piccoli, a giovani coetanei, a amanti della musica più attempati), sia perché mai disgiunta da partecipazione ed entusiasmo. Parallelamente ai live, voi portate in giro la vostra musica anche facendo busking. Quali sono le differenze che percepite tra la strada ed il palco? La strada e il palco sono due realtà per noi complementari e fonti di soddisfazioni diverse. Senza togliere nulla al palco, la strada è per noi un luogo di aggregazione migliore, perché direttamente a contatto con la gente, senza la rigidità dei ruoli

separati di artista e di spettatore, e sempre aperto all’imprevisto, alla sorpresa. Suonando per strada abbiamo inoltre conosciuto tante persone interessanti sia dal punto di vista umano, sia dal punto di vista artistico professionale, dato che dietro il passante può nascondersi semplicemente una persona socievole e desiderosa di divertirsi con la musica, ma anche un musicista, un direttore artistico, un fotografo, etc. Molti dei nostri contatti, delle nostre occasioni, sono nati da un incontro fortuito durante un’esibizione di strada. C’è da aggiungere inoltre che, per la natura acustica dei nostri strumenti (chitarra, mandolino, banjo e contrabbasso), il genere si presta perfettamente al busking e ci concede una certa libertà e comodità, anche negli spostamenti (contrabbasso a parte!). Accostarsi a brani tradizionali è una sfida diversa dal comporre brani propri. Confrontandovi con le vostre esperienze, come vi approcciate ad un repertorio di questo genere? In che modo scegliete e rendete vostri i brani che avete in scaletta? È vero, la maggior parte dei brani che suoniamo è tratta dalla tradizione Bluegrass, Folk e Country americana. Una tradizione, tuttavia, che, almeno fino a poco tempo fa, non ci accomunava tutti. C’è chi di noi, come Umberto, aveva già confidenza con il genere, che ascoltava fin da piccolo all’interno delle mura di casa, e chi invece lo ha scoperto negli ultimi anni, a partire dal Country. In ogni caso, per la scelta dei brani ci ispiriamo sia naturalmente ai gusti personali, per cui scegliamo le canzoni che ci coinvolgono di più, sia a un filone più o meno storico del Bluegrass, da Bill Monroe, Earl Scruggs, fino a gruppi più recenti. L’idea di creare, di comporre brani propri, non è mai svincolata dal saper riprodurre e rivitalizzare musica già esistente. Lo stimolo perciò è grande, se non maggiore. C’è da dire poi che il repertorio, sempre in via di aggiornamento, comunque, non si limita alla musica americana; abbiamo infatti cercato di riproporre anche brani del cantautorato italiano riadattato alle sonorità e ai ritmi dei nostri strumenti. Tutto ciò senza escludere un futuro di brani scritti da noi. Vedremo!


società

Serate di Laurea

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Serate a cura di Sara Nosenzo

Management ed Economia / Ingegneria per l’Ambiente con Simone Niardi e Marco Chiappero

“Il D.Lgs. 139/2015: il nuovo bilancio d’esercizio” e “Misure con ultrasuoni in una statua egizia” Relatori alla Serata di laurea del 6 maggio 2016 sono stati Simone Niardi, laureato in Management ed Economia e Marco Chiappero, laureato in Ingegneria per l’Ambiente. La tesi di Marco dal titolo “Misure con ultrasuoni in una statua egizia” ha per oggetto uno studio realizzato attraverso una tecnica di indagine non distruttiva ad ultrasuoni sulla Statua di Hathor, esposta al Museo delle Antichità Egizie di Torino, per la valutazione dello stato di integrità interna della statua. In generale il controllo ultrasonico si basa sulla trasmissione, sulla cattura e quantificazione delle onde riflesse o trasmesse. Nello specifico si fa uso di una tecnica per trasparenza per il calcolo della velocità apparente nel mezzo fratturato, indice della qualità del materiale: per ogni misura, facendo uso di due sonde, sorgente e ricevitore, si misura il tempo di transito e la distanza rettilinea, ricavando la velocità apparente, minore della velocità in un mezzo compatto. Il lavoro si articola su tre capitoli: il primo tratta gli ultrasuoni, il secondo introduce le tecniche utilizzate, il terzo entra nel merito dello studio. Sulla base dell’analisi, la statua di Hathor si presenta come un manufatto in granodiorite con la presenza diffusa di fratture riempite

di malta, caratterizzato da uno stato di criticità strutturale, ma non problematico. La tesi di Simone dal titolo “Il D.Lgs. 139/2015: il nuovo bilancio d’esercizio” ha per obbiettivo l’analisi della Direttiva 2013/34/UE, recepita in Italia con il D.Lgs. 139 del 18/08/2015, e l’impatto sugli aspetti civilistici, contabili e fiscali. L’analisi si sofferma sui nuovi principi generali del bilancio e sui criteri di valutazione introdotti nel Codice civile, (prevalenza della sostanza sulla forma, rilevanza, fair value per i derivati, costo ammortizzato e nuove disposizioni riguardanti le spese di pubblicità e l’avviamento). In seguito si sono analizzati i nuovi schemi di Stato patrimoniale e Conto economico e il contenuto della Nota integrativa. Di particolare importanza è l’introduzione del Rendiconto finanziario, ora obbligatorio per tutte le società che redigono il bilancio in forma ordinaria. Lo studio si sposta poi sulle modifiche riguardanti il bilancio consolidato e sulle semplificazioni a favore delle imprese di dimensioni minori; in particolar modo viene analizzata la nuova categoria delle micro-imprese e il contenuto dei relativi bilanci. Prossima Serata il 27 maggio, alle ore 18, presso Onda d’Urto con Alessia Moroni e Giacomo Denanni


mondo

Appunti di viaggio di Angelica Pons e Mauro Beccaria

in nuova zelanda

Nella città di Edoras Monte Sunday è un luogo splendido, con ampie viste sui fiumi Rakaia e Rangitata e sulle montagne circostanti. La piccola collina ha preso questo nome, perché i piloti di confine si sarebbero incontrati qui di domenica. Vi sono state girate delle scene per il secondo film de Il Signore degli Anelli: Le Due Torri; vi hanno interamente costruito il set della città di Edoras, il regno dei Signori dei cavalli di Rohan. Vi ci si può arrivare in auto, su Hakatere Potts Road, e raggiungere a piedi il sito. Mountain bikers percorrono in lungo e in largo l’Hakatere Conservation Park su diverse piste. La zona è molto ventosa, lo spazio aperto sull’immensa regione di Canterbury, che si estende su circa 60.000 ettari di campagna aspra, montagna, tussocklands, boschi di faggio e fiumi chiari spumeggianti e laghi tra due possenti fiumi. La zona fu notata dall’esploratore capitano James Cook che diede il nome alla cima più alta delle Alpi del Sud, che si estendono su quasi tutta la lunghezza della South Island. Nelle vicinanze, la stazione Monte Potts offre alloggi e un ristorante, ma molte gite partono da Christchurch, distante 159 km. Così ha fatto il nostro pellegrino Mauro, che si è aggregato ad un gruppo di fans del film, che, una volta arrivati in sede si sono sbizzarriti in foto con spade e oggetti di scena. Christchurch è una città moderna ma conserva l’impronta coloniale; è la più importante dell’Isola del Sud con circa 350.000 abitanti. È molto inglese: si può girare in tram o a piedi, e nella piazza della cattedrale si incontrano suonatori e artisti

di strada; nei parchi si gioca a cricket e si tengono regate di canottaggio sul fiume Avon, dove è possibile usufruire del servizio di punting: imbarcazioni a fondo piatto e un rematore che, con un lungo bastone simile al remo dei gondolieri, trasporta i turisti. Sorge su terreno sismico: nel febbraio 2011 fu devastata ed ancora si ricostruisce; nell’aprile dello scorso anno una nuova scossa. Ancora danneggiata risulta la cattedrale. Fu fondata intorno al 1850: un giovane tory inglese, John Robert Godley, cercò di concretizzare la sua visione di una società nella quale gli organi ecclesiastici e quelli legati alla nobiltà convivessero in armonia. Questo desiderio si espresse anche nell’edilizia sacra e civile: la Cattedrale antica ed il Municipio (modernissimo), l’Hagley park, la St. Barnabas Church, la biblioteca, il Christchurch Arts Centre, che fu sede dell’Università, la pinacoteca McDougall gallery; il Christ’s college (scuola pubblica su modello dell’800 inglese); i Botanic gardens; la Cattedrale del SS.Sacramento cattolica lodata da G.B.Shaw; il Canterbury museum, con interessanti cartine dell’Antartide, testimonianza del rapporto della Nuova Zelanda col continente ghiacciato. Non troppo distante dall’aeroporto di Christchurch si trova l’International Antarctic Centre dove si possono ammirare pinguini, filmati delle spedizioni Antartiche e partecipare ad una simulazione di tempesta Antartica in una stanza con vento freddo che raggiunge i -52 °C (-61,6 °F).

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Gli Eventi di ONDA D’URTO

eventi

In collaborazione con il Liceo Scientifico M. Curie

Serate Video

Serata Video: “Il Presente - Microstorie di vita quotidiana” Venerdì 13 maggio alle ore 21.00 presso l’Associazione Culturale Onda d’Urto in via Vigone 22 a Pinerolo Presentazione dei video di: Andrea Pastore “La musica nelle tue mani” Lara Fantone “Assenza Essenza” Filippo Consorti “Flusso di presenti” Nicholas Coviello “Carpe Diem” Roberta Stacchini “Piccoli gesti” Pietro Comba “Drums life”

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Sono amici di Pinerolo Indialogo.it e di Onda d’Urto24


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