Pineroloindialogo maggio2015

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Anno 6, Maggio 2015

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INDIALOGO

Supple m e n t o d i I n d i a l o g o . i t , a u t o r i z z . N . 2 d e l 16.6.2010 del Tribunale di Pinerolo

A Pinerolo tante associazioni, ma vi è un “nanismo culturale” Giuseppe Pichetto, ex presidente Unione Industrale: l’infanzia nel Pinerolese

Dibattito sul Polo Culturale/4 il progetto del PD pinerolese. Luca Barbero I giovani vanno di sera in Biblioteca a studiare: con i propri soldi! Luca Barral


Buone News A cura di Gabriella Bruzzone

l’esperienza 2i3t

Startup, il futuro è giovane Il nuovo mondo del lavoro richiede flessibilità, dinamismo, creatività. Prevede idee sempre nuove e la capacità di rinnovare se stessi e il proprio lavoro. Bisogna essere in grado di intuire le necessità dell’ambiente che ci circonda e accoglierle, trasformandole in servizi. È ciò che noi giovani stiamo gradualmente imparando a fare, stupendoci talvolta di quanto una all’apparenza modesta idea può trasformarsi in una vera e propria attività, riconosciuta e redditizia. Tutto questo viene racchiuso in una sola parola: startup. Da sempre popolo creativo, gli italiani si sono distinti per la loro abilità nel saper trasformare un’intuizione in un’industria, un sogno in una società. Siamo il Paese con il maggior numero di piccole imprese in Europa, alcune nate per caso, quando di startup ancora non si parlava. In questi ultimi anni sono nati enti appositi per supportare e guidare i giovani in questi progetti. Tra questi, importante il lavoro svolto dall’Incubatore d’imprese dell’Università degli Studi di Torino, conosciuto anche come 2i3T. Oltre ad organizzare un seminario sulla cultura d’impresa per studenti e neolaureati, con la partecipazione di giovani imprenditori e formatori esperti del settore, l’Incubatore

offre supporto e professionalità, affiancando figure provenienti dal campo dell’industria e della consulenza azienale. Si tratta di un vero e proprio accompagnamento imprenditoriale individuale che prevede, attraverso una serie di tappe, il raggiungimento degli obiettivi prefissi. Ad esempio, si inizia con la promozione dell’idea sui mercati di riferimento per passare poi alla realizzazione degli strumenti gestionali ed organizzativi necessari. Il tutto tramite l’affiancamento di tutor dedicati, professionisti del settore, esperti di business e gestione manageriale. Uno degli obiettivi è inoltre aumentare la consapevolezza dei neo-imprenditori, stimolarli a riflettere sulla loro attività per essere sempre allineati alle esigenze del mercato. Le neo-imprese finora avviate sono più di quaranta e riguardano ambiti diversi, dal settore chimico a quello informatico, dall’ambientale al sociale. Numerosi sono anche i bandi per ottenere sovvenzioni consistenti e utili a sostegno di idee giovani e innovative. Un esempio è Star Cup Piemonte Valle d’Aosta, nato dalla collaborazione tra le università delle due regioni, che premia i progetti migliori con un premio in denaro.

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wwwwAw Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

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|Un forum della cultura

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Che Pinerolo sia una città ricca di proposte culturali non c’è dubbio: decine di associazioni (un centinaio?) nei più diversi ambiti dello scenario creativo e culturale sono attive in città facendo circolare idee e iniziative. Eppure c’è qualcosa che non funziona: le iniziative sono troppe e troppo assidue! A volte ce ne sono tre o quattro in contemporanea, con le associazioni sempre a caccia di partecipanti, con la precettazione quasi permanente dei propri soci. Sarà pure che “piccolo è bello”, ma questa situazione non porta nessun arricchimento alla città, in quanto non ha la forza di far maturare e circolare idee condivise. Pinerolo è affetta da “nanismo culturale”, con tanti piccoli “bonsai”, con un giro di 20-30 persone, indifferenti alle iniziative degli altri. C’è bisogno di fare rete, di creare eventi che abbiano la forza di coinvolgere tutta la città e di attrarre oltre il territorio. C’è bisogno di un “forum” della cultura, attraverso il quale sviluppare un’interazione positiva tra istituzione e mondi culturali oltre che tra le associazioni stesse, producendo delle politiche culturali coordinate e almeno un’iniziativa comune che abbia la forza di coinvolgere “gli attori dello scenario creativo e culturale della città”. È capace l’amministrazione di mettere in campo una politica culturale di coinvolgimento delle associazioni? E le associazioni sono capaci di dimostrare che il tessuto associativo, frammentato e corporativo, agitato comprensibilmente da “invidie” e “gelosie”, sa dare prova di una visione generale di sistema a beneficio di tutta la Antonio Denanni cittadinanza?

4 Primo piano

Buone News

startup, il futuro è giovane intervista a giuseppe pichetto

6 In città

dibattito sul polo culturale/4 -pd

8 Politica giovane young

intervista a luca barral

10 Lettere al giornale

un luogo dove posarsi

11 Sociale & Volontariato

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È nata ashar gan

Il Passalibro

se le coscienze vanno in fumo

Lettera a...

alla mia resistenza

14 Serate di Laurea Veronica sciannameo e daniele jahier 15 Vita internazionale

umberto mottura in lussemburgo

16 Uomini del Pinerolese un poeta in versi in “limba sarda” 17 Teatro

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Musica emergente

peta

Cose dell’altro mondo

giornata della libertà di stampa

Visibili e Invisibili

giovani amnesty e libera

Giovani & Tecnologia

PINEROLO INDIALOGO

Direttore Responsabile Antonio Denanni Hanno collaborato: Emanuele Sacchetto, Alessia Moroni, Aurora Fusillo, Gabriella Bruzzone, Maurizio Allasia, Andrea Obiso, Stella Rivolo, Andrea Bruno, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Nadia Fenoglio, Giulia Pussetto, Francesca Costarelli, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Marianna Bertolino, Federico Gennaro, Isidoro Concas, Sara Nosenzo, Valentina Scaringella Con la partecipazione di Elvio Fassone photo Francesca De Marco, Giacomo Denanni, Andrea Costa Pinerolo Indialogo, supplemento di Indialogo.it Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010 Associazione Culturale Onda d’Urto Onlus redazione Tel. 0121397226 - Fax 1782285085 E-mail: redazione@pineroloindialogo.it

22 Andare al cinema

giulietta e romeo

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softhand

avengers: Age of Ultron

Viaggiare

l’organo marino di zara

24 Amici di Pinerolo Indialogo http://www.pineroloindialogo.it http://www.pineroloindialogo.it/eventi http://www.facebook.com/indialogo.apinerolo http://www.issuu.com/pineroloindialogo


p r imo piano

Città e territorio

44 di Antonio Denanni

Intervista a Giuseppe Pichetto

Industriale con l’infanzia nelle valli pinerolesi «A Pinerolo c’è una stanchezza del ceto dirigente...Vi è una colpevole inattività» Giuseppe Pichetto, classe 1937, è figura nota nel mondo economico-industriale del Torinese e non solo: è stato presidente dell’Unione Industriale di Torino, della Camera di Commercio di Torino, dell’Unioncamere e riconfermato della Camera Arbitrale del Piemonte, oltre ad aver ricoperto numerosi altri incarichi. Meno noto è il fatto che Giuseppe Pichetto ha vissuto un pezzo della sua infanzia nel Pinerolese, a Torre Pellice, dove ora è ritornato con la ripubblicazione del libro “Corografia della città e provincia di Pinerolo”. Lo incontriamo.

Incominciamo con una nota personale su Giuseppe Pichetto e il Pinerolese. Quano ero piccolo la mia famiglia, con zii e cugini, andava in vacanza in val Pellice, a Luserna dove c’era l’hotel Villa Olanda. Mio padre era diventato anche amico della famiglia Susan di Torre Pellice, in località Condrè (dietro l’Hotel Du Parc) dove aveva comprato una casa. Scoppiata la guerra, nel ‘40/41 ci siamo trasferiti a Torre Pellice. Mio padre continuava a lavorare a Torino e in modo avventuroso viaggiava avanti e indietro. A Torre Pellice ho vissuto la mia infanzia, che è esplosa in tutta la sua vivacità, vivendo in un ambiente sano di montagna, molto stimolante anche culturalmente. All’asilo e alle elementari ero l’unico bambino cattolico in mezzo a 26 bambini valdesi, con i quali ho coltivato una grande amicizia. Poi finisce la guerra, e con la famiglia ritorno a Torino, ma ho ancora mantenuto il collegamento con Torre Pellice come luogo di vacanza, da dove mi spostavo sovente in bicicletta fino a Pinerolo. Da giovane industriale ho ancora frequentato Pinerolo per via dell’amicizia con altri giovani industriali. Insomma con Pinerolo ho avuto una certa familiarità.

È qui che nasce allora la decisione di pubblicare la Corografia… Sì certo, questo legame giovanile, il possesso di questo vecchio libro pressoché introvabile, poi il contatto recente con l’arch. Agostino Magnaghi per il concorso di idee per la ristrutturazione dell’exmerlettificio Türck sono stati gli elementi che mi hanno spinto a ripubblicare questo antico libro. Come era la Pinerolo di allora? Era una città occupata dai francesi, che subiva l’influsso della cultura francese, quindi sottomessa. Però era una città e un territorio molto vivi a livello industriale ed agricolo. E la Pinerolo di oggi? Come vede questa nostra città? Fino a 10 anni fa era una città normale, viva, attiva, come io l’ho vista anche da bambino; oggi la vedo in decadenza come altre realtà, forse anche di più. Ha perso troppe opportunità, anche per ignavia (lasciarsi rubare la roba il Tribunale - sotto il naso…), oltre che per mancanza di collegamenti e relazioni. Ci parla del Centro Studi Piemontesi di cui è presidente? Da presidente dei giovani industriali piemontesi in occasione del centenario di Italia61 mi sono trovato a collaborare con il prof. Renzo Gandolfo, fondatore del Centro Studi Piemontesi, per realizzare le celebrazioni del centenario. Da lì è rimasto il legame con il Centro e dopo il prof. Gandolfo, a tutt’oggi sono ormai 19 anni, sono presidente. Con le sue attività il Centro Studi Piemontesi si propone di ridare vigore e dignità alla cultura regionale, studiata e vissuta in chiave europea e internazionale. Attraverso pubblicazioni, convegni ed altro si prefigge di promuovere lo studio della


«Trovare una vocazione del territorio è difficile... La civiltà e l’appeal del luogo aiuta molto» vita e della cultura piemontese. A Pinerolo si sta discutendo in questo periodo di creare un polo culturale. Ricordo che a uno dei primi dibattiti in biblioteca anche lei era presente. Che idea si è fatto? Bisogna che venga incaricata una persona giovane, qualificata, di valore (il capitale umano!) che segua questo progetto, che cerchi di mettere insieme le energie. Fare rete dev’essere l’impegno, ognuno dica la sua e poi si parta tutti insieme. Bisogna puntare sui giovani prima che scappino. Torino-Pinerolo deve essere un unico asse, un’unica linea metropolitana, dove si va e si viene: il collegamento ferroviario veloce è fondamentale. Lei per lungo tempo ha ricoperto la carica di presidente dell’Unione Industriale. Una domanda sul tema è d’obbligo. Qual è la situazione industriale nel Pinerolese? Quali sono le sue potenzialità? Domanda difficile. Se parlassi per il polo di Ivrea sarebbe più facile dare una risposta. Qui invece molte delle attività produttive legate alla manifattura sono andate via 30 anni fa. Trovare una vocazione del territorio è difficile. Direi che innazitutto bisogna non farsi portare via quello che c’è anzi bisogna puntare ad incrementarlo (ad esempio l’industria dolciaria) e poi bisogna trovare occasioni di investimento sul posto. Bisogna invogliare gli industriali a venire, con delle agevolazioni, con una burocrazia non oppressiva, ma che aiuta. I soldi ci sono, nessuno vuole andare a Torino per

via della microcriminalità e simili: la civiltà del luogo e l’appeal del luogo aiutano molto. Il Pinerolese sarebbe un luogo ideale per investimenti stranieri se si riuscisse a creare le condizioni favorevoli. Nell’introduzione alla Corografia lei parla dell’effervescenza culturale di questo territorio, un’effervescenza che non ha la forza di andare oltre la realtà locale. Non è un po’ questo indice di chiusura e di provincialismo? Pinerolo non è provinciale. E’ un po’ chiusa sì, un po’ locale pure. Riporto un esempio che conosco, quello della Mustad (svedese) che aveva investito a suo tempo a Pinerolo e a Balangero; quando in seguito ha deciso di ampliarsi ha puntato tutto su Balangero, perché a Pinerolo non si sono mossi. Perché Pinerolo non ha convinto la Mustad a potenziare Pinerolo? Bastava una piccola azione per sviluppare Pinerolo e non Balangero. Quindi più che provinciale, direi che a Pinerolo vi è una stanchezza del ceto dirigente, della borghesia, vi è una colpevole inattività. Non basta svegliarsi e protestare quando si è colpiti, bisogna fare anche qualcosa al momento giusto. L’effervescenza culturale c’è, quella economica meno. Ritorniamo al libro da cui siamo partiti. A questa opera ne seguiranno altre? Ci può fare qualche anticipo? Una pubblicazione no, ma discussioni sul Pinerolese sì.

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IN CITTÀ

Dibattito sul Polo culturale - Bochard /4 di Luca Barbero - Segretario PD

Il documento del PD

È necessaria «Una regia complessiva affidata a chi ha competenze specifiche» L’acquisizione al patrimonio della città di Pinerolo del complesso della Caserma Bochard di San Vitale e la sua trasformazione rappresenta una grande intuizione, una grande speranza ed una straordinaria possibilità per tutto il Pinerolese. Il documento che segue prova a presentare scenari, criteri, linee ed azioni al fine di mettere in campo idee inedite in grado di attrarre e attivare risorse economiche, sociali, culturali e umane, sulla falsariga di analoghe esperienze che hanno saputo intrecciare, in modo innovativo, istituzioni e presidi culturali (e turistici) di carattere tradizionale, processi di innovazione sociale e imprenditoriale, animazione territoriale. Il Pinerolese è una “buona terra”, che ha storia, tradizioni, culture, servizi, energie umane, intellettuali ed economiche. Questo patrimonio non è però un elemento immutabile, si può impoverire. Si è impoverito. La causa principale è la crisi economica, grave e perdurante. La crisi non deve però impedirci la ricerca di un futuro migliore, in un momento in cui si avverte una diffusa voglia di fare e di partecipare. Gli ingredienti di questo sforzo comune devono essere idee, visione strategica, passione e partecipazione civili. Perché restare a vivere a Pinerolo? Perché crescere i propri figli? Perché decidere di venire ad investire? Perché intraprendere un’attività? Perché visitare Pinerolo? Queste domande ci interrogano su quale idea, progetto di domani, abbiamo. Cogliere questa occasione permette di rivitalizzare il nostro patrimonio, di reinterpretarlo e rigenerarlo, proiettandolo su un orizzonte temporale ampio e futuro. Il progetto Bochard è l’opportunità per

costruire una idea di città e di territorio possibili e per ragionare sulle priorità da affrontare: le vocazioni per generare sviluppo economico locale e coesione sociale. La crisi ha modificato condizioni, abitudini, consumi, certezze e molto altro ancora. Ha modificato e modificherà, inoltre, i paradigmi con cui interpretiamo la realtà e con cui proviamo ad intervenire nella realtà stessa. La crisi sta cambiando il concetto stesso di cultura e i modelli di offerta culturale. La vera frontiera è così, oggi, intraprendere iniziative culturali, ma anche economiche e sociali, con una visione che sappia intrecciarsi non solo con la dimensione del loisir e del turismo, ma anche con altri bisogni, più profondi e nuovi, delle nostre società. La vera sfida è sollecitare, attraendoli, finanziamenti pubblici e privati, nonché attitudini e comportamenti partecipativi inediti della cittadinanza. La sfida è difficile perché significa ricondurre a unità dinamiche divergenti che investono temi di diversa natura: economica, finanziaria, decisionale e partecipativa, gestionale, culturale, sociale, ambientale, infrastrutturale, urbanistica e architettonica. Questi incroci impongono di affrontare le criticità, le potenzialità e gli scenari complessi con un approccio olistico ed integrato. Alcuni criteri di fondo a) La prima questione discriminante è la sostenibilità della iniziativa, nelle sue diverse valenze: democratiche, partecipative, culturali, sociali, economiche, gestionali, ambientali, ecologiche, urbanistiche ed edilizie. b) L’intervento sull’area in questione non può

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“L’area della caserma Bochard di San Vitale: una sfida storica per Pinerolo” essere inteso come alternativo, sostitutivo di altre iniziative già intraprese o isolato dallo scenario circostante. L’idea di fondo è quella del tessuto, di una trama e di un ordito che sia capace di mettere in relazione positiva e competitiva le risorse, le potenzialità esistenti affinché acquistino coerenza e ordine in un disegno di scala spaziale e strategica adeguato. L’idea è quella di ragionare su tutta l’offerta culturale e turistica della città. c) Un percorso come quello intrapreso non può che muovere dal tentativo di rispondere al seguente interrogativo “di cosa abbiamo realmente bisogno, che l’operazione-Bochard è in grado di soddisfare?” d) Non si può pensare a questa area solo come una ristrutturazione e ricollocazione di funzioni già esistenti. Le proposte devono nascere da un’intensa competizione di immaginari che sappiano trovare coerenza ed armonia, con tradizioni, vocazioni, culture, fili già presenti, ma avendo ben chiaro che questo luogo deve avere una sua marcata originalità. e) È fondamentale riflettere sulla dimensione architettonica, spaziale, morfologica e fisica dell’intervento e sul rapporto tra il futuro complesso della Bochard e il contesto urbano. f) Pensare, progettare, sognare in grande. g) Il progetto si deve spendere in chiave territoriale e deve saper interagire con altre iniziative presenti che possono venire da tutto il Pinerolese e dalla Città Metropolitana. Alcune linee generali di indirizzo • La possibilità di trasformare la caserma Bochard, consente di ragionare su temi che toccano piani diversi e complementari tra loro, in grado di ridefinire alcuni contenuti di fondo per Pinerolo Domani: • organizzare un modello e un’offerta culturale per dare una risposta sociale ai bisogni di cultura, in grado di modificare l’attuale sistema di welfare locale e di generare anche richiamo turistico. • pensare ad un nuovo modello di biblioteca orientato a fornire una pluralità di servizi diversificati; • valorizzare l’esistente e creare sinergie con le altre polarità culturali (in primis gli spazi museali esistenti o previsti) di Palazzo Vittone e con gli altri manufatti architettonici di valore, spazialmente prossimi (ad esempio la

Cavallerizza Caprilli), configurando un vero e proprio quadrante a valenza turistica, culturale e sociale; • valorizzare e mettere in rete le realtà maggiormente significative (quelle tradizionalmente culturali e associative, ma non solo) del contesto cittadino e del territorio locale; • attrarre nuove forme di socialità e imprenditorialità, capaci di sostanziare progettualità e vocazioni (il turismo, la cultura, il commercio, ecc.); • ripensare l’assetto, l’utilizzo (compresi la mobilità e la sosta) e l’immagine di tutta la parte di città che si è venuta a consolidare sino ai primi del Novecento, sia per l’uso dei fabbricati esistenti, sia per l’impiego degli spazi vuoti (le piazze, i giardini, le strade); • censire il patrimonio edilizio pubblico, utilizzato e non, le aree destinate a servizi pubblici (per tipologia d’uso) e pensare ad una loro valorizzazione e messa in rete; Alcuni impegni amministrativi immediati • Per poter dare vita a un progetto di tale rilievo e ambizione, garantendo al contempo efficacia e sostenibilità economica dell’operazione, è indispensabile mettere in campo un percorso articolato, condiviso, inclusivo e capace di mobilitare – sotto il forte indirizzo dell’amministrazione pubblica locale – le forze migliori della società pinerolese. • La necessità di redigere un studio di fattibilità tecnica ed economica e allo stesso tempo, la necessità di incrociare temi e questioni plurimi e differenti richiedono che la regia complessiva venga affidata a chi ha competenze specifiche, savoir faire, professionalità e autorevolezza scientifica per gestire le fasi e le “lavorazioni” successive: • la definizione del quadro complessivo delle risorse esistenti, dei bisogni e degli interessi diffusi e delle necessità; • la mappatura dei portatori (anche potenziali) di interesse di diverso tipo (locali e non) per costruire alleanze e partenariati; • l’elaborazione di una proposta (o di una rosa di proposte) di layout distributivo-funzionale che risponda a quanto condiviso; • la gestione dei tavoli di confronto con tutte le realtà interessate (culturali, sociali, scolastiche, imprenditoriali) attraverso l’esplicitazione chiara Segue a pag.22

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Politica giovane young a cura di Emanuele Sacchetto

Intervista a Luca Barral

“Notte sui libri” alla Biblioteca Alliaudi «Con circa 4000 euro paghiamo luci, personale, assicurazione per aprirla di sera» Luca Barral, conosciuto nel mondo giovanile come dj e organizzatore di feste a tema (la più nota è Aperingiro) s’impegna ora anche nel mondo della cultura con l’apertura della Biblioteca Alliaudi in orario serale. In una città come la nostra dove quasi tutte le iniziative culturali sono in mano a pensionati, questa iniziativa è un evento. Incontriamo Luca per parlarne. Ci descrivi il progetto di “Notti sui libri” e come sei arrivato alla sua realizzazione? Il progetto di tenere aperta la sala studio in orario serale è partito circa due anni fa, dopo aver vissuto la realtà torinese delle sale studio Verdi, Opera e la nuova Murazzi Study-zone. Proponemmo il progetto al Direttore della Biblioteca che lo accolse con entusiasmo, pur riscontrando il problema economico della necessità di retribuire lo straordinario ai dipendenti dalle ore 19 alle 24. Ecco allora che ho deciso di partecipare a un bando di idee sul tema “Situazioni di aggregazione giovani e diffusione della cultura e della legalità”, presentando tre progetti, tra cui proprio “Notte sui libri”. Con i circa 4000 € vinti, ci proponiamo dunque di pagare luci, riscaldamento e assicurazione permettendoci di tenere aperta la sala studio tutti i lunedì sera fino al 13 luglio. In particolare, abbiamo firmato una Convenzione scritta con il Comune, dovendo necessariamente sottoscrivere una fideiussione di 9900 €. Hai lanciato l’evento su Facebook: quanti hanno risposto e quanti credi parteciperanno? Per ora siamo a circa 70 partecipanti su Facebook. Ma ciò che più conta è che si ha l’impressione che questa esigenza fosse sentita dagli studenti pinerolesi e questo ci lascia sperare che l’iniziativa sarà seguita con successo nei prossimi mesi. Quali ostacoli hai incontrato nella realizzazione del progetto e come li hai risolti? Come ho già detto, l’unico ostacolo da superare è stato quello economico. Per il resto, sia il

Direttore della Biblioteca, sia gli Assessori e i Dirigenti comunali si sono dimostrati soddisfatti dell’iniziativa e disponibili a trovare un modo per attuarla. Non ho avuto bastoni tra le ruote. Solo ordinaria burocrazia, facilmente superabile con la collaborazione di tutti. Allarghiamo il discorso alla politica della città: come vedi la situazione di questa Giunta? È capace di attuare politiche per i giovani interessati? L’unica cosa che mi sento di dire è che potrebbero coinvolgere di più le persone. Dovrebbero collaborare maggiormente con le varie associazioni, che non siano solo la Proloco. Ad esempio, un evento come Aperingiro, che organizziamo tutti gli anni, ha la capacità di attrarre moltissima gente non solo di Pinerolo. Per questa iniziativa ho ricevuto più proposte da diversi Comuni per andare a realizzarla lì, in quanto portatrice di turismo, vita sociale ed economica. Da Pinerolo invece non ho mai avuto un particolare interessamento. Un altro esempio è stato quando, avendo intenzione di pubblicizzare Pinerolo e alcune sue iniziative in una città come Saluzzo con lo scopo di attrarre gente, chiesi al Comune un contributo, pensando che sarebbe stato nell’interesse di tutti rendere più vivace Pinerolo. Ancora non ebbi un riscontro positivo. L’amministrazione dovrebbe essere più capace di “approfittare”, con buone intenzioni certo, della voglia di realizzare iniziative delle Associazioni del territorio. I giovani hanno voglia di impegnarsi nel campo culturale e politico oppure c’è totale indifferenza? Io certamente ho sempre realizzato eventi di svago e divertimento, che sono i più apprezzati dal mondo giovanile. Tuttavia credo che la capacità di attrarre i giovani verso qualcosa di diverso, come la cultura, stia nella capacità di renderla attraente. Io ad esempio pubblicizzo l’evento di Notte sui libri esattamente come sponsorizzo gli eventi di svago come gli Aperingiro. Bisogna convincere i giovani che anche con la cultura, anche studiando ci si può divertire.

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«Una cosa che manca a Pinerolo, senza alcun dubbio, è un treno diretto con Torino» Per quanto riguarda l’iniziativa, invece, i giovani spesso sono spaventati dagli ostacoli che si possono incontrare per la realizzazione di un evento. Io ho sperimentato che per ogni cosa che si vuole fare, un modo per realizzarla si trova sempre. Non ti sembra che i giovani in Pinerolo siano un po’ assenti, incapaci di rivendicare un proprio spazio e ruolo, con l’unico desiderio di andarsene? Certamente la prassi ormai consolidata della maggior parte degli studenti universitari è quella di trasferirsi a Torino. La domanda che dovremmo porci è se si ‘migra’ perché mancano le iniziative a Pinerolo o se queste mancano a Pinerolo perché la gente se ne va. Io credo sia più vera la seconda. Infatti, se le persone abitassero ancora qui, la nostra città sarebbe certamente molto divertente. Infatti, pur vivendo a Torino, molto spesso le amicizie rimangono a Pinerolo e dintorni, e ci si trova sempre con loro, solo in una città diversa. Speriamo dunque che, con iniziative come “Notte sui libri”, si creino quelle capacità attrattive indispensabili per convincere i giovani studenti pinerolesi che vivere a Pinerolo è divertente. Parliamo del progetto del Polo Culturale: cosa ne pensi? Ci sarà uno spazio reale per i giovani? Premetto che non ho competenze per poter dare un giudizio sul progetto in atto. Mi limito a dire che, al di là delle belle chiacchiere che si possono fare sul fascino di avere un “Polo Culturale” a Pinerolo, bisogna guardare concretamente alle casse del Comune e bilanciare i costi con le utilità che ne deriverebbero. Ad esempio, è doveroso chiedersi se sia davvero necessaria una nuova biblioteca e in cosa sarebbe diversa da quella attuale. Inoltre non basta creare degli spazi, ma c’è il rischio di investire soldi e poi non riuscire a creare quel Polo così come fantasticamente lo si immagina. Una cosa che manca in Pinerolo e che dovrebbe esserci?

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Il treno diretto con Torino, senza alcun dubbio. Siamo una città a misura d’uomo, ma non possiamo negare la realtà dei fatti: siamo servi di Torino per alcuni servizi (Università,...). Ecco che allora per non far morire la nostra città è necessario dare un collegamento veloce con il capoluogo. Ho parlato di treno diretto e non di doppio binario perché ben sappiamo quali siano i costi elevatissimi che il se-condo progetto implicherebbe. Per la stessa logica che dicevamo in merito al Polo culturale, allora, prima di investire moltissimo in un progetto, proviamo a vagliare altre possibili soluzioni più facili da realizzare. Alcuni treni diretti per Torino in una giornata infatti non comporterebbero un costo aggiuntivo per Trenitalia, ma solo una necessità di riorganizzazione del servizio. Pensi che una Consulta giovanile sarebbe utile in questa città? Certamente un’organizzazione che raggruppi i rappresentanti delle diverse realtà associative, studentesche, giovanili di Pinerolo, che si riunisca con cadenza periodica insieme alle istituzioni, e avente un ruolo propositivo e consultivo su determinate tematiche sarebbe utilissima. Certamente, è indispensabile che quest’organo abbia gli stessi diritti e lo stesso peso della Proloco, altrimenti sarebbe del tutto inutile. Le elezioni comunali sono fra un anno: pensi di buttarti nella mischia? Di cosa pensi ci sia bisogno? La cosa indispensabile sarebbe una campagna elettorale in cui si parli di cose vere, di cose fatte e non solo di promesse. È portando le cose che si sono già fatte che si può valutare come una proposta politica potrà essere realizzata o meno. Io personalmente penso proprio che mi candiderò, ma non so ancora bene in che modalità. Ritengo sia in un certo senso doveroso per chi si occupa della vita della città partecipare anche alla sua gestione politico-amministrativa.


PINEROLO

Lettere al giornale

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di Elvio Fassone

Un luogo dove posarsi

“Il semplice invito ad una moralità superiore non basta più”

“Devono portarli via - si legge in una delle tante interviste effettuate quando scoppiano disordini che coinvolgono degli immigrati - qui non ci possono stare. Saranno anche dei disperati, ma il nostro è un territorio piccolo, che non ce la fa ad accogliere tutta quella gente”. Sono in molti a dirlo, con esasperazione crescente, talvolta giustificata. Ma c’è un controcanto che mette a tacere anche le urla scomposte. Il controcanto sono i volti disfatti ed impauriti dei migranti sui barconi, di quelli che sopravvivono alla strage del “mare nostro” diventato fossa comune. E’ l’involucro di sofferenza che sembra avvolgere il mondo come una maledizione invincibile, i naufraghi, ma anche il Nepal, le guerre, la fame, la desertificazione della terra, gli odi religiosi, le crudeltà e tutte le invenzioni della banalità del male. Si scontrano così due impossibilità: quella di fermare con la forza una marea ingovernabile, e quella di addomesticarla con un semplice aumento della pietà. Le grandi migrazioni della storia non sono mai state impedite dai muri o dagli eserciti, perché il motore che le spinge è più potente di ogni altra forza. Ma d’altra parte la pura e semplice accoglienza illimitata è destinata a generare tensioni sociali pericolose e alla fine sanguinose, poiché i grandi flussi migratori di oggi non si dirigono più verso spazi pressoché vuoti, ma verso aree densamente popolate e con forti problemi interni di auto-sostentamento. E la solidarietà va predicata e richiesta, ma si regge finché esiste coesione sociale. Se la marea sommerge la terra di approdo, questa non può più nutrire né chi ci viveva né chi ci arriva. Il semplice invito ad una moralità superiore non basta più. Rimane indispensabile, ma deve essere affiancato da altro. Questo “altro” si sta dipanando faticosamente, tra le mediazioni estenuanti della politica e degli egoismi nazionali; e si traduce nel contrastare le cause degli esodi e nel distribuire i pesi dell’accoglienza. I migranti affrontano le sofferenze che sappiamo perché premuti da pericoli ancora maggiori, guerre, stragi, violenze. E quelle guerre hanno luogo perché qualcuno le alimenta con armi, danaro, istruttori, sostegno ideologico e altro. Oc-

corre che le democrazie occidentali si risolvano ad usare tutti gli strumenti politici, diplomatici, economici, religiosi e di comunicazione, per fermare gli artefici occulti o palesi delle violenze: senza escludere un simmetrico intervento di sostegno anche militare, per agevolare una difesa degli oppressi, nei casi in cui ciò è possibile perché una resistenza può essere attuata. Accanto a questo bisogna rivedere i filtri all’ingresso, collocandoli non più solo nel Paesi di approdo dei migranti, ma in quelli di partenza. A poco servirà un’improbabile azione di forza a danno delle imbarcazioni, molto di più un insediamento di uffici della comunità internazionale sulle coste dei Paesi di imbarco, per verificare la fondatezza della richiesta di asilo, respingendo coloro che non hanno titolo, e assicurando l’incolumità nel viaggio a quelli che l’hanno. Avvertendo che non ci sono solo le guerre, ma anche la desertificazione dei luoghi, la denutrizione, la fame e l’assenza di cure. La grande differenza di reddito tra il nord e il sud del pianeta ci obbliga a rivedere la distribuzione delle risorse, uscendo dalla logica dell’elemosina, dello 0,4% del PIL, ed entrando in quella della vera cooperazione internazionale. La seconda direttrice non può che fare appello ad un supplemento d’anima dei Paesi di accoglienza. Dovrà essere modificata la clausola della Convenzione di Dublino che fa carico al solo Paese di primo sbarco il compito di farsi carico dell’accoglienza, poiché il peso, per essere sopportato, deve essere distribuito sulla totalità dei Paesi dell’Unione europea. Ma dovrà essere modificato anche l’atteggiamento dell’anima. Perché ormai, accanto ai tanti stravolgimenti che ci fanno sentire smarriti, c’è un altro fenomeno destinato a sconvolgere la nostra esistenza: il rimescolamento dei popoli, la perdita del possessivo “mio” applicato ad un territorio. E’ duro accettarlo, ma il diritto ad un luogo nel quale posarsi è più profondo di ogni altro argomento. E’ il luogo-mito di Rilke: “Io ho dimora fra giorno e sogno, / ove dopo le corse ai bimbi viene sonno, / là dove i vecchi si mettono a cena, / le stufe scottano e rischiarano la stanza”.


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Sociale&Volontariato Società

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di Aurora Fusillo

È nata “Ashar Gan Onlus”, associazione per la cooperazione internazionale

Rishilpi Development Project Pinerolo ha cambiato nome: è diventata Ashar Gan, che vuol dire “Canto di Speranza”

L’associazione Rishilpi Development Project Onlus di Pinerolo, costituita nel 2002 come sostegno all’omonima associazione umanitaria in Bangladesh, ha cambiato nome: ora si chiama “Ashar Gan Onlus”, che in lingua bengalese significa “Canto di speranza”. Adriano Dal Col, che è stato confermato presidente della nuova associazione, afferma: «È stato scelto un nome che in qualche modo vuole richiamare sia il settore di intervento» (l’aspetto “corale” e la speranza che nella cooperazione non possono mai mancare), «sia il nuovo momento storico dell’associazione: la speranza di rinascita con nuove mete e nuove prospettive dopo aver concluso la collaborazione con la Rishilpi Development Project Bangladesh», che ora è diventata Progetto Uomo Rishilpi International Onlus con sede a Milano. Insieme al nome è stato cambiato anche il logo: un fiore di loto che, superbo, irrom-

pe sul grigiore dello stagno con il suo forte colore rosa, accanto a un germoglio che ci comunica una nascita in arrivo, una nuova vita. «Pure il logo, tratto da una fotografia scattata in Bangladesh proprio da un socio di Ashar Gan Onlus, vuole richiamare il messaggio contenuto nel nome prescelto». Dietro il cambiamento del nome dell’associazione c’è anche un cambiamento di prospettiva e di azione, sia nei progetti di solidarietà che nei territori di intervento: «oltre al Bangladesh, che finora era l’unico luogo della sua mission, l’associazione nel 2015 si vede impegnata per la prima volta in India e, novità di grande rilevanza, con la modifica dello Statuto associativo si è aperta anche alla cooperazione locale», continua Dal Col. La sede dell’associazione continuerà ad essere in Via Vigone 82 e in via del Pino 65,

così il c/c che resterà invariato. Tel. 0121043477, www.ashargan.org


Il Passalibro

Società

di Valentina Scaringella

Dario Fo e Florina Cazacu

Se le coscienze vanno in fumo Oltre a una trascurabile infelicità, qual è quella su cui ben ironizza Francesco Piccolo, esiste un’infelicità che trascurabile non è. Anche se, con l’indifferenza d’un reo egoismo, da troppi trascurata. Quella del quando il valore della vita d’un uomo si fa ora inestimabile ora nullo. Sulla base dello sconcertante metro di valutazione del “dipende dall’uomo”. Assai diffuso, al di là delle rare ammissioni. Rarità dovuta a quell’ipocrisia di convenienza che si è capaci di adottare sia con gli altri sia con se stessi. Nonostante la quale, però, restano ben percepibili il sibilo affilato e il viscido strisciare d’un siffatto modo di pensare. Il cui veleno è letale. Come sa bene Florina Cazacu, che, con Dario Fo, ha scritto la storia di suo padre Ion: Un uomo bruciato vivo. Alto e forte, pacato e sorridente. Con una moglie e due figlie, ma senza un lavoro. Nonostante la laurea in Ingegneria. Che, accerchiato dalla miseria in Romania, prova a sfuggirle in Italia, in una Lombardia che gli offre un posto da piastrellista. Certe offerte però, anziché dare, tolgono. Anche la pelle a un innocente. A Ion sino al 90 per cento. Perché un giorno il padrone dell’impresa edile per cui lavora, al grido di “Ti brucio, ti brucio”, gli dà fuoco: con una bottiglia di benzina e un accendino. Tanto vale, di fatto, la vita d’un uomo. E quella dei suoi cari. Perché le fiamme si propagano. E bruciano dentro. In Florina, che oggi vive in Italia, a partire

da quel 17 marzo 2000 in cui, ancora adolescente, venne a sapere di suo padre. Giacché incendi come il suo possono esser spenti soltanto da verità e giustizia. Fonti di rinascita a cui, però, non è sempre dato attingere. Il che permette, oltretutto, che la storia si ripeta. E che una stessa famiglia venga addirittura colpita più volte. Piastrellista oggetto di sopruso diviene infatti anche il marito di Florina. Donna che, sebbene ferita, non si arrende, ma resiste: facendosi, nel dolore, ancor più forte. Come il padre. Perché, grazie al Cielo, anche gli esseri umani degni di questo nome si ripetono. A dispetto degli altri. Dei padroni di schiavi di oggidì. Quelli che ai propri operai danno appena l’indispensabile ad avere le forze necessarie per lavorare l’indomani. Che di mese in mese rimandano la paga pattuita ricorrendo a minacce e violenze. Che alla qualità dei lavori antepongono quel massimo ribasso atto ad aggiudicarsi gli appalti. Che impongono scarse o inesistenti misure di sicurezza. Che sfruttano il lavoro dei migranti. E a dispetto di chiunque altro calpesti la vita altrui. Con gesti e parole. Nonché col non dire e non fare in difesa di. Tristi individui di cui a ognuno di noi è capitato o può capitare d’esser vittima. Perché il locus amoenus non esiste. In quanto, nello specchio della caduta delle maschere, le immagini non sono tutte specchiate. «Lo sai che l’onestà non è un concetto vecchio, non vergognarti mai quando ti guardi nello specchio» canta Fiorella Mannoia.

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dal tempo

Lettera a... di Cristiano Roasio

Lettera a... la mia resistenza

La resistenza interiore/esteriore Quando si avvicina il 25 aprile improvvisamente sembra che la storia si spacchi in due e ci si ricordi, solo in quel lasso di tempo fatto di tg e manifestazioni più o meno colorate, della parola “resistenza”. Non che io sia uno di quegli immancabili revisionisti storici e che voglia insistere sulle malefatte dei partigiani, né al contrario che mi senta così in vena di saltellare al ritmo di “Bella Ciao”. Credo che vivere il proprio tempo non permetta di fare considerazioni sul proprio tempo, un po’ come quando si guarda l’esame di terza media, diploma o laurea prima di averli superati o conseguiti, e poi dopo: si riveleranno sempre troppo facili se paragonati ai futuri traguardi, venendo così sminuiti nel tritacarne del tempo trascorso. Allo stesso modo, un conto è attraversare la strada facendo attenzione ai posti di blocco, ai fucili e alle facce rabbiose, rosse o nere, un altro è attraversare la strada facendo occhio a quella tipa carina con lo zaino adorno di orpelli politici, rossi o neri. La resistenza è un atteggiamento e come tutti gli atteggiamenti più la si manifesta esteriormente meno la si conosce interiormente. La prima resistenza che dobbiamo opporre come esseri viventi e pensanti è quella verso noi stessi, esseri pigri, tendenti all’insulsaggine, finiti e scaltri dove non serve: tendere al complesso è una palestra quotidiana contro l’ovvio, e non c’è niente di peggio,

niente che meriti di più la nostra resistenza di tutto ciò che è semplificato. La seconda, sempre contro di noi, è quella di Bartleby, quella del “preferirei di no”: ne ho le scatole piene di persone che agiscono secondo l’impersonale “si deve fare”. Preferirei di no. Semplice, gentile, educato e perentorio. No. La resistenza passiva, quella di Gesù, di Gandhi, di Foster Wallace nel discorso Questa è l’acqua che andrebbe letto ogni giorno finché si campa, sono delle versioni, quelle coraggiose, del No di Melville (lo scrittore a cui dobbiamo quel formidabile personaggio, il Bartleby che a forza di dire di no scompare dal racconto). Ma quel “no” ha una controindicazione, la versione avvilente, perché una volta iniziato il No Colossale che Avvolge l’Esistenza è sempre più evidente, più buio, più denso, un buco nero capace di stringere lo svolgersi della vita. Quindi, bisogna resistere anche a questa resistenza del no, perché altrimenti si ritorna alla scelta ovvia. E così via, all’infinito. Almeno la parte che riusciamo ad immaginare. Così festeggio tanti 25 aprile, li spoglio della loro denotazione politica (o forse no: cosa c’è di più fascista del dimenticare la complessità, cosa di più comunista del cancellare l’alterità), faccio manifestazioni immaginarie, svolgendo stendardi e cantando canzoncine tutte dedicate a me, l’unico baluardo della Resistenza. Sempre, Resistenza.

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società

Serate di Laurea

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a cura di Gabriella Bruzzone

Matematica e Ingegneria Informatica con Veronica Sciannameo e Daniele Jahier Pagliari

Metodi statistici per l’analisi di studi caso-controllo /Accelerazione delle microonde per la rivelazione del tumore al seno Serate di Laurea di venerdì 24 aprile ha ospitato l’esposizione di due tesi di campo scientifico. Veronica Sciannameo, studentessa magistrale di Matematica, ha presentato la sua tesi triennale dal titolo Metodi stati-stici per l’analisi di studi caso-controllo: applicazione ad un problema di endocrinologia dell’Ospedale Mauriziano, mentre Daniele Jahier Pagliari ha esposto il suo lavoro specialistico in Ingegneria Informatica intitolato Acceleration of Microwave Imaging Algorithms for Breast Cancer Detection via High-Level Synthesis. Veronica ha illustrato lo studio epidemiologico di tipo caso-controllo condotto durante il tirocinio presso l’Ospedale Mauriziano di Torino. L’intento era di ricercare un’eventuale correlazione tra l’iposodiemia e le cadute avvenute all’interno dell’ospedale stesso durante l’anno 2011. Oltre alla raccolta e alla preparazione dei dati, avvenuta grazie al supporto dei medici del Mauriziano, Veronica ha poi svolto alcune analisi statistiche utilizzando il software SAS,

per l’elaborazione di un modello di regressione logistica. I soggetti presi in esame sono stati 496 di cui 171 casi e 325 controlli. Le conclusioni tratte sono diverse ma significativo risulta il fatto che i pazienti con malattie endocrine hanno il 77% di probabilità in meno di cadere durante il ricovero rispetto agli altri pazienti. Lo studio tuttavia non è ancora concluso ma proseguirà sulle cartelle cliniche dei pazienti del 2012. Il lavoro di Daniele, sviluppato durante un periodo alla Columbia University di New York, riguarda lo studio su due sistemi hardware/ software che permettono di eseguire due particolari algoritmi in modo efficace nella rilevazione del tumore al seno, utilizzando le microonde. L’attuale strumentazione a raggi X risulta infatti limitante, costosa e non sempre affidabile. L’obbiettivo risulta quindi migliorare i due algoritmi (chiamati MIST e MUSIC) per applicarli in futuro a strumentazioni di diagnosi più veloci, economiche e affidabili, così da inserirli anche all’interno delle farmacie.


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così per il mondo

Vita internazionale

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di Alessia Moroni

Intervista ad Umberto Mottura

Alla Ferrero in Lussemburgo

Dopo due giorni dalla laurea era già in fabbrica a lavorare Umberto Mottura ha da poco ottenuto la Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale al Politecnico di Torino. Mentre completava il suo percorso di studi ha risposto ad un annuncio per uno stage alla Ferrero - sede nel Lussemburgo - ed ha affrontato due colloqui preliminari online. Si è dunque laureato il venerdì a Torino e due giorni dopo si è trovato nel suo ufficio proprio in Lussemburgo. Lo incontriamo via Skype tre settimane dopo il suo trasferimento all’estero. Deve essere stato difficile catapultarsi in un

nuovo ambiente in così poco tempo. Come ti trovi? Benissimo. Abito in un appartamento molto grande: siamo in tredici, tutti lavoratori. In Ferrero siamo pressoché tutti italiani e il team è formato da persone giovani ed in gamba, molto unite. Al lavoro parlo inglese

ed italiano: qui in Lussemburgo tutti sanno parlare l’inglese. Inizierò presto un corso di francese, due volte a settimana. Sei uno stagista per sei mesi: di cosa ti occupi esattamente in azienda? Il mio lavoro riguarda le relazioni estere, in particolare l’acquisto di gas ed elettricità per tutti gli stabilimenti Ferrero. Il mio capo si occupa proprio di questo ed il mio compito è aiutarlo e supportare la sua attività. Il lavoro è molto interessante ed offre molte prospettive. Da cosa nasce la volontà di affrontare un’esperienza lavorativa in un paese con lingua e cultura diverse da quelle italiane? Tutto è partito da un Erasmus in Finlandia durante la Triennale, che mi ha portato a fare la specialistica interamente in Inglese. Inoltre ho pensato «Se non lo faccio ora, non lo farò più». Certo, un giorno vorrei tornare in Italia, ma ho cercato lavoro all’estero perché voglio crescere personalmente. Com’è la vita in Lussemburgo e come passi il tuo tempo libero? La vita è tendenzialmente più cara, e Lussemburgo, la capitale, ha ritmi e tendenze molto nordici, come la sicurezza e la pulizia. Finora non ho conosciuto alcun autoctono, fuori dal lavoro frequento i miei colleghi o degli amici con cui gioco a calcio la domenica. In questo periodo si parla molto di «cervelli in fuga». Ti senti così anche tu? Sì, mi sento un cervello in fuga, ma mi spiego meglio. Al contrario di tutto quello che viene detto su questo argomento, molte persone vanno all’estero più per l’esperienza in sé che per la poca offerta lavorativa in Italia. Come ho già sottolineato, ho fatto questa scelta per poter crescere: voglio mettermi in gioco e poi, perché no, tornare in Italia e condividere la mia esperienza.


Società

Uomini del Pinerolese

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a cura di Alessia Moroni

In ricordo di Priamo Arca: intervista ad Annina Marras

Un poeta in versi “in limba sarda” È da pochi mesi che è mancato un pezzo di storia pinerolese, un grande poeta amante della cultura sarda ed italiana. Fondatore del Circolo dei Sardi “Grazia Deledda” e autore di numerose raccolte poetiche, Priamo Arca si è distinto per la sua dedizione al mondo sardo ed ha dedicato la sua vita alla famiglia, al lavoro e alla scrittura, che egli stesso ha definito «il mio grande amore segreto». Poche settimane dopo la scomparsa di Priamo, abbiamo incontrato la moglie, Annina, che ci ha raccontato i momenti più belli e importanti della vita di Priamo. «Ha amato la scrittura fin da quando era ragazzino e l’ha sviluppata molto durante gli anni della pensione. Da Abbasanta, in Sardegna, è arrivato in Piemonte nel 1962 e ci siamo trasferiti a Pinerolo nel 1966. Priamo si è subito innamorato di questa cittadina solare». Nella nota dell’autore della raccolta di poesie in lingua Sarda “Su donupiusbellu – Poesias in limba sarda” Priamo ha parlato del suo interesse verso la metrica e del suo continuo studio dei più noti poeti sardi, fra i quali ha citato il suo preferito, Pauliccu Mossa. Annina ci spiega che «Il bagaglio culturale che aveva se l’era fatto tutto da solo, leggendo e interessandosi di tutto, dalla poesia alla politica. Era un lettore accanito e curava moltissimo i suoi lavori». Dopo i primi tempi

a Pinerolo seguono gli anni del Circolo dei Sardi che, non a caso, porta il nome di una grande scrittrice, ovvero Grazia Deledda. «Abbiamo tutti i libri di Deledda» – racconta Annina - «All’inizio gli iscritti al Circolo si riunivano in una sede in Via De’ Rochis e poi si sono spostati definitivamente in Via San Giuseppe. Mio marito è stato il primo presidente e vi è rimasto per diciotto anni». L’idea del Circolo è nata proprio perché si voleva preservare la cultura del popolo sardo e farla conoscere anche ai pinerolesi, che sono sempre stati ben accetti al Circolo. «Priamo era un’amante della pace ed ha proprio fondato il Circolo con l’intenzione di non perdere le radici della Sardegna e dei paesi da cui gli iscritti provengono». Sempre nella nota dell’autore leggiamo infatti che è stata la nostalgia delle sue origini a dargli la forza di riprendere a scrivere “in limba” (in lingua) e, grazie al supporto della sua famiglia e degli amici, si è iscritto a dei concorsi di poesia, riscuotendo molto successo in tutta Italia, ma soprattutto nella sua amata isola. «Scriveva in sardo, ma anche molto in italiano ed ha vinto molti premi. Esprimeva quello che aveva dentro e spesso scriveva di notte o quando andavamo in qualche posto in cui gli veniva l’ispirazione». Il poeta a cui si ispirò di più nella sua vita? Probabilmente suo padre, Salvatorangelo Arca-Ponti, “che in paese era famoso per quella sua abilità nel declamare i versi adatti per ogni occasione e fare la rima a qualunque cosa” (Da “Nota dell’autore”). A lui Priamo ha dedicato il libro sopra citato, nel quale è presente gran parte delle sue poesie, molte delle quali vincitrici di numerosi riconoscimenti.


Teatro

arte& spettacolo

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di Sara Nosenzo

romeo e giulietta

Ama e cambia il mondo

Shakespeare è forse l’autore più citato e rappresentato in ogni forma d’arte: questo rende difficoltosa la scelta di metterlo in scena in chiave moderna. Creare un mondo che la maggior parte del pubblico conosce è certamente un peso, l’insuccesso e il già visto sono sempre die-tro l’angolo. Ma non in questo caso. L’aver puntato sui testi, appositamente scritti da Vincenzo Incenzo, e sul linguaggio fresco e giovanile, ha contribuito a creare uno spettacolo fruibile ad ogni tipo di pubblico, capace di avvicinare i più giovani alla celeberrima tragedia di Shakespeare e lasciare chiunque affascinato. La magia narrativa del testo inizia a sipario chiuso: su un telo è proiettato il libro su cui verrà scritta la storia. Le pagine, spinte dalla forza di un vento misterioso, iniziano a scorrere e sotto il rumore dei graffi del pennino appaiono sulla carta i nomi di Giulietta e Romeo. La platea è suolo di rappresentazione e si illumina interamente, dal centro verso sinistra di blu e dal centro verso destra di rosso, e nei corridoi una mezza dozzina di sacerdoti di bianco vestiti e incappucciati, con in mano i turiboli, disperdono incenso alimentando la tensione. Il telo sparisce al crescere della musica e le pareti mobili sul fondo del palco raccolgono le immagini digitali della scenografia. Montecchi da un lato e Capuleti dall’altro, Verona è divisa dalla lotta insensata di due famiglie, il cui odio ad oltranza porterà a uno degli epiloghi più amari conosciuti. Rosso e blu, il colore è simbolo della classe, della famiglia, dell’odio ingiustificato che infiamma le strade e i cuori di chi le

abita. Lo spettatore è subito avvolto dallo spettacolo, magistralmente diretto da Giuliano Peparini, presenziando all’ennesimo duello delle due fazioni. La danza è il codice di linguaggio adottato dai personaggi per combattere come le voci lo sono per i sogni e le paure. Le scene di maggiore importanza sono sicuramente quelle vedono presenti sia Giulietta sia Romeo: il loro primo incontro, al ballo, è un esempio di fusione tra passato e presente. La musica contemporanea e le luci stroboscopiche si fondono con i costumi e le maschere animali, spesso citate nei racconti delle feste in maschera. Non appena Romeo scorge Giulietta tra la folla danzan-te, il tempo pare fermarsi e i protagonisti, Giulia Luzi e Federico Marignetti, catturano l’attenzione dello spettatore. Il momento più toccante è la celebre scena del balcone, rivisitata anch’essa: Romeo appoggiandosi su un muro lo spinge lentamente verso il basso facendolo diventare un ponte per raggiungere la sua Giulietta, il cui abito bianco ha un lungo strascico che copre i muri del balcone. Un bel colpo d’occhio per lo spettatore! Anche se i protagonisti, come è giusto che sia, si esprimono nelle scene più famose, è in realtà il personaggio di Mercuzio a rapire lo spettatore. Il bravissimo e conturbante Luca Giacomelli Ferrarini dona al pubblico un nuovo Mercuzio, che incarna la sfera del sogno e del desiderio, carnale e non. Varrebbe la pena vedere lo spettacolo solo per la sua presenza!

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musica

Officine del suono di Isidoro Concas

M u s i c a emergente

PETa

PETa è un progetto EDM di Alessandro Petacca che mescola elementi di dubstep, glitch, drum n’ bass e downtempo. Ale, tu studi chimica, e molte delle tue tracce hanno titoli che si riferiscono ad essa (citandone giusto alcuni, Chemical Reaction, GalvaniCell, Clostridium, Carbon, Materia). C’è un legame? Da cos’altro trai ispirazione nel comporre? Sì, nelle mie tracce c’è un legame tra composizione, arrangiamento e titolo. Un esempio potrebbe essere Clostridium, genere di bacillo che provoca il tetano, del quale ho cercato di far sentire gli spasmi a partire dal drop. Solitamente traggo ispirazione dai comportamenti dei vari agenti chimici o biologici, oppure da concetti astratti come i sentimenti, cerco di immaginarmi una scena, come un film, e farci una strumentale sopra, e la maggior parte delle scene viene girata in un laboratorio. La musica elettronica è un territorio vastissimo e senza troppe regole, dominato da autodidatti: quali sono le cose che hai imparato, e che trovi più utili? Quali le maggiori differenze con la musica “canonica”, quali le possibili fusioni? Sì, la musica elettronica è un territorio vastissimo, ma, a mio parere, con determinati dettami. Un pezzo che musicalmente risulta un fia-sco totale non può essere definito sperimentale, c’è bisogno del giusto equilibrio, nella musica elettronica così come in quella canonica. Questa cosa potrei ripeterla all’infinito. Per equilibrio intendo la posizione degli strumenti, il loro volume, l’arrangiamento: con la giusta “dose” anche il peggiore dei rumori può diventare musica. Ho imparato molte cose guardando tutorial su internet, leggendo letterature inerenti, studiando l’elettronica in modo scientifico e, al riguardo, spesse volte sento molti produttori amatoriali come me dire “ho saturato i bassi” senza sapere, elettronicamente parlando, cosa

significhi saturare un segnale, rischiando addirittura di rovinare le proprie tracce. Le uniche cose che trovo utili sono i 10 anni da chitarrista che mi porto dietro, che mi rendono molto più semplice la composizione e l’arrangiamento dei brani. Credo che saper suonare anche solo discretamente uno strumento musicale organico renda più semplice e gratificante l’utilizzo di un sequencer. Detto ciò credo che di fusioni ce ne siano state e ce ne saranno molte ancora, d’altronde “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, no? Molti produttori creano featuring insieme a cantanti, per avere a disposizione lo strumento più difficilmente sintetizzabile, ovvero la voce. Hai mai pensato a collaborazioni di questo – od altro – genere? Quali saranno i tuoi prossimi progetti? La voce può sì essere uno strumento difficilmente sintetizzabile, ma può essere anche limitante. Tutto dipende dall’intenzione di un brano! Certe volte mi comunica di più un Bolero di Ravel anziché un brano pop odierno. Ogni strumento ha una voce in sé e le proprie cose da dire. In ogni caso in questo periodo sto collaborando con un cantante nonché socio in un duo elettronico. Tengo ancora tutto in basso profilo perché stiamo per firmare un contratto con un’etichetta e preferisco tenere le cose per me, un po’ per scaramanzia, un po’ per fare sorpresa. Ora la mia produzione si intensificherà e devo iniziare a considerare ogni sfaccettatura della cultura musicale occidentale per creare qualcosa di innovativo, cercando sempre di non discostarmi troppo da un determinato format. Mi piace pensare ai miei prossimi progetti come una sfida, non competizione, quindi mi impegnerò a superare me stesso in ogni pezzo come ho sempre cercato di fare e magari arrivare a poter dire un giorno “questo è un capolavoro”, proprio come tutta la musica classica che ascolto quotidianamente.

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Cosedell’altromondo di Massimiliano Malvicini

3 maggio 2015 - Giornata mondiale per la libertà di stampa Il prossimo 3 maggio si celebrerà, nell’ambito delle ricorrenze previste dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, la la XXI edizione della Giornata per la libertà di Stampa. L’evento ha l’obiettivo di ricordare la rilevanza del rispetto e della promozione del diritto sancito nell’articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948), e riconosciuto sin dalla Rivoluzione francese (1789), che risulta essere “essenziale alla costruzione di una società libera e democratica”. Dal questo punto di vista, la stessa Dichiarazione pone in massimo risalto l’importanza di questo dispositivo democratico nel senso che questo si configura addirittura come un “prerequisito per la protezione e la promozione ditutti gli altri diritti umani”; una tale rilevanza è ben confermata dal fatto che tutte le costituzioni delle liberaldemocrazie legittimano a livello costituzionale una serie di isti-

tuti giuridici posti alla formale tutela di questa imprescindibile condizione democratica. Rispetto alla celebrazione del 2012, il tema che l’UNESCO ha scelto per quest’anno è “Parlare senza timore: assicurare la libertà d’espressione in tutti i mezzi d’informazione”. In questo senso appare in tutta la sua pienezza l’obiettivo di portare avanti un’azione volta non solo alla tutela ma anche alla promozione della libertà di espressione e di stampa degli scrittori e dei giornalisti in tutti quei contesti dove vi sono ostacoli in tal senso. L’impegno dell’ONU si concretizzerà quindi nel coordinamento delle iniziative, nell’attività di sensibilizzazione e nel supporto ai paesi che stanno implementando i principi internazionali e legiferando in favore della libertà di espressione e di informazione sia attraverso finanziamenti sia con il supporto politico ed istituzionale dei suoi organi e mezzi.

15 maggio 2015 – Giornata internazionale della Famiglia Pochi lo sanno, ma ogni 15 maggio si festeggia, a partire dal 1993, la Giornata Internazionale della Famiglia. L’appuntamento, voluto dall’Assemblea Generale delle UN e sancito con Risoluzione 47-237, ha un alto valore informativo oltre che celebrativo: ogni anno infatti vengono organizzate migliaia di

iniziative non solo per ricordare l’importanza del nucleo famigliare come contesto di formazione e crescita valoriale oltre che di sostegno emotivo, ma ha l’obiettivo di catalizzare un dibattito multilivello sulle sfide di ordine politico, economico e culturale che questa irriducibile istituzione si trova a dover affrontare.

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diritti umani

Visibili & Invisibili

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gruppo giovani amnesty international

40 anni della sezione italiana di Amnesty Tra il 17 e il 19 aprile si è svolta a Roma la XXX Assemblea generale di Amnesty International: l’annuale ricorrenza vede riunirsi membri di tutti i gruppi Italia assieme al Comitato Direttivo e al resto della direzione della Sezione Italiana, che quest’anno festeggia i quarant’anni di attività. I lavori assembleari sono stati, di conseguenza, significativamente densi, inaugurati da una conferenza in Campidoglio (con interventi, tra gli altri, di Laura Boldrini, Stefano Rodotà e del Premio Nobel per la pace Tawakkul Karman) e da un’intensa e scenograficamente imponente mobilitazione per l’introduzione del reato di tortura nel codice penale italiano, argomento cui sono stati rivolti, nel corso delle tre giornate, numerosi approfondimenti e testimonianze (prima fra tutte, il toccante intervento del padre di Riccardo Magherini,

morto a Firenze, nel marzo del 2014, durante un fermo della polizia). Largo spazio è stato dedicato alle morti dei migranti nel Mediterraneo: già lo scorso anno, Amnesty ha lanciato una fondamentale campagna dal titolo SOS Europe, alla luce delle tragedie che si stanno consumando al largo delle nostre coste, l’ultima delle quali è costata la vita di circa 800 migranti e rifugiati (una strage che ha portato a 1700 le morti in mare registrate dall’inizio dell’anno, 100 volte superiori a quelle avvenute nel 2014 durante lo stesso periodo). Se i quarant’anni della Sezione Italiana, non avari di soddisfazioni e vittorie, sono certamente un traguardo di significativa importanza cui volgere con orgoglio lo sguardo, mai come ora Amnesty Italia deve mantenere gli occhi saldamente e lucidamente puntati sul futuro.

Testimoni di giustizia, proseguono i lavori parlamentari

Mercoledì 22 aprile la Camera ha approvato all’unanimità la risoluzione relativa alla Relazione sul sistema di protezione dei testimoni di giustizia, già approvata nell’ottobre 2014 dalla Commissione parlamentare Antimafia. L’obiettivo è di ottenere un testo organico che meglio definisca l’identità dei testimoni di giustizia (fino al 2001 equiparati ai collaboratori di giustizia), garantendo misure di tutela e di assistenza economica più mirate, volte a migliorare la fase del reinserimento lavorativo. C’è inoltre la volontà – come ha spiegato Davide Mattiello, parlamentare indipendente del Pd e coordinatore del V Comitato della Commissione antimafia che ha messo a punto la Relazione – “di mettere a loro disposizione un Comitato di assistenza e un referente unico, che aiutino

il testimone a curare al meglio le proprie attività economiche e le proprie difficoltà psicologiche”. Il deputato Pd Laura Garavini, componente della Commissione antimafia, ha specificato: “La Camera chiede in tempi brevi una legge che ridefinisca i tempi, i criteri, le modalità di assistenza e di protezione per i testimoni di giustizia, per dare un messaggio chiaro e forte a tutti coloro che vogliono stare dalla parte della legalità, che non hanno paura di denunciare e che, proprio per questo, devono sapere di potere contare sull’appoggio dello Stato”. Attualmente sono ottanta i testimoni di giustizia inseriti nel programma di protezione, numero che arriva a 350 persone se si considerano anche i famigliari.


Giovani,Tecnologia@Innovazioni società

a cura di Greta Gontero

Softhand Finalmente è arrivato il primo prototipo di mano artificiale, già sperimentato su un paziente, che rappresenta un grande successo nell’ambito delle innovazioni tecnologiche. Dobbiamo innanzitutto ricordare che il prototipo è stato interamente progettato e realizzato in Italia, grazie alla collaborazione tra Inail e l’Istituto italiano di tecnologia (Iit), e che la “Softhand” è stata creata al Centro protesi Inail di Budrio. Questo prototipo, che è di derivazione robotica, è composto da plastica e metallo

ed è stato creato anche grazie all’utilizzo della stampante 3D; inoltre è molto leggero, infatti il suo peso si aggira attorno al mezzo chilo, e contiene un tendine artificiale che gli permette di muoversi e afferrare o rilasciare gli oggetti. Softhand è controllabile in modo completo da chi la indossa perché possiede due sensori elettromiografici che sono all’altezza dell’avambraccio e recuperano i segnali elettrici inviati dal cervello ai muscoli per poi inviarli, decodificati, alla mano. Questo progetto è quindi un enorme risultato per la ricerca italiana.

Onda d’Urto / Appuntamenti Via Vigone 22 - Pinerolo

• Sabato 9 maggio, ore 9-12, Startupper si diventa. Dall’idea al business model, workshop a cura di The Doers • Venerdì 22 maggio, alle 18,00, Serate di Laurea Dibattito sulla Bochard/4 delle regole e degli obiettivi del processo partecipato; • la messa a punto di tutti gli scenari per la valorizzazione dell’area, con la definizione delle funzioni, delle tipologie e del più generale progetto urbano complessivo, al fine di determinare sinergie e convergenze rispetto a quelli che risulteranno essere gli obiettivi sociali, culturali e imprenditoriali emergenti del progetto; • l’elaborazione di un masterplan generale che contenga tutte le indicazioni delle cose da fare; • le valutazioni in ordine alla sostenibilità complessiva della proposta.

segue da pag 7

• I prossimi 12 mesi saranno quindi utilizzati per attuare un percorso per provare a rispondere ad alcuni interrogativi: • Cosa ne facciamo della caserma Bochard? Quali compiti, ruoli dovrà svolgere e assolvere? • È economicamente sostenibile la sua realizzazione e la sua gestione futura? • In quale visione strategica interagirà con gli altri fili del nostro tessuto? Se saremo in grado di dare risposte positive, convincenti, motivate e condivise, andremo avanti. In caso contrario, ci si dovrà assumere la responsabilità ed il coraggio di fermarsi e di rinunciare.

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società

Andare al cinema di Andrea Obiso

Avengers: Age Of Ultron

Regia: Joss Whedon . Attori: Robert Downey Jr., Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Chris Evans, Scarlett Johansson, Jeremy Renner, Aaron Taylor-Johnson, Elizabeth Olsen Poco dopo i fatti di New York City (invasione aliena respinta a fatica dal nutrito gruppo di supereroi) gli Avengers sono impegnati in una difficile missione nell’Est europeo: recuperare lo scettro di Loki e porre fine alla minaccia che esso rappresenta per la Terra riportandolo nel regno di Odino. Una volta ottenuto il pericoloso scettro, Thor e compagnia si recano al quartier generale degli Avengers dove Tony Stark e Bruce Banner proveranno ad isolarne e ad utilizzarne il potere. Come prevedibile, però, tale potere si ritorcerà contro di loro. Il risultato sarà dunque: una misteriosa intelligenza artificiale che minaccia gli Avengers e tutto il genere umano, una coppia di fratelli determinati a vendicarsi di Tony Stark e, come se non bastasse, diversi attriti all’interno del gruppo. “The Avengers: Age of Ultron” mantiene esattamente ciò che promette guardando il primo capitolo della saga, i trailer, le interviste e persino la locandina fuori dal cinema. Si tratta di un film di supereroi (ov-

vio), caciarone il giusto e con discreti innesti di sceneggiatura tradizionale. L’obiettivo principale è, per tutta la durata della pellicola, quello di non abbassare il ritmo narrativo, per fare ciò sono state ridotte all’osso le sottotrame (neanche così interessanti a dire il vero) e aumentate sia quantitativamente che qualitativamente le battaglie e gli scontri. Difficilmente valutabile dunque il complesso di eventi che si susseguono in “Avengers: Age of Ultron”, più interessante valutare il filo rosso che lega tutti i film derivanti dall’universo Marvel. Essi infatti, per quanto poco ricchi dal punto di vista narrativo se presi singolarmente, offrono una ricca ed infinita storia se visti nel loro insieme (ed in ordine di uscita). Nel complesso dunque il filone Marvel continua, senza sentire la necessità di rinnovarsi e potendo contare su un gruppo di star e un assenso di pubblico davvero invidiabile. Come accennato “Avengers:Age of Ultron“ mantiene le promesse: se quelle promesse interessano, è il vostro film.

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Appunti di viaggio

società

A cura di Angelica Pons

In Dalmazia

L’organo marino di Zara Bisognerebbe andare a Zara a prescindere da questa chicca architettonica, molto suggestiva, perché Zara è un gioiellino della costa croata, la parte storica sul mare, ben conservata, cinta da mura, congiunta alla terraferma da un breve passaggio; negozi caratteristici, musica lungo le stradine, ristorantini con prelibatezze marine: la parte recente, sulla terraferma, è per la villeggiatura, disseminata di belle casette curate e di viuzze con aiuole. Lungo la banchina del porto fuori le mura, verso la luce del tramonto, tutti si vanno a sedere sui gradoni di marmo che scendono verso il mare. Se c’è una lieve brezza, le onde si increspano e … suonano! I gradoni bianchi che compongono l’organo marino (seaorgan per gli zaratini) si estendono per 70 m, in 7 sezioni di 10m. Al di sotto, parallele alla riva e a livello della bassa marea, si trovano 35 canne in polietilene di varie lunghezze, diametro e inclinazione, che s’innalzano trasversalmente fino alla pavimentazione della riva per terminare nel canale. L’aria viene innalzata dalle onde del mare attraverso la canna, il cui diametro si fa piccino verso l’imboccatura esterna. Questo passaggio produce il suono nelle canne (attraverso i fischietti), situati sotto i piedi dei passanti, suono che poi fuoriesce attraverso delle aperture nella pavimentazi-

one. Lo strumento ha 7 cluster e 5 toni, tipici della musica tradizionale dalmata a cappella. L’imprevedibilità del mare con le maree, la forza variabile e la direzione creano un concerto continuo, irripetibile nelle sue variazioni, quasi un canto di sirene ammaliatrici. Il progetto datato 2004-2006 di Nikola Bašic, con coautore Ivan Stamac (per il suono) ed i collaboratori prof. Vladimir Androcec (idraulica), Tomislav Heferer (fischietti), Matija Galošicd.i.a. (modellazione) ha vinto numerosi premi tra cui il Cemex, quello internazionale dei costruttori di Monterrey, Mexico. Ad aggiungere fascino a questo luogo, pochi metri più in là, sul lungomare, succede un’altra cosa: durante la giornata un disco di vetro a più strati del diametro di 22 m protegge 300 pannelli solari fotovoltaici, presentandosi a chi vi passeggia sopra come una griglia formata da rettangoli che racchiudono 5x5 celle nere rettangolari. Come scende la sera compaiono delle luci che danzano al ritmo suggerito dalle onde marine: l’energia solare immagazzinata di giorno si trasforma in “light show” al tramonto su un pavimento del lungomare. Viene chiamato così il “Saluto al sole”. Alfred Hichcock, molti anni prima, definì il tramonto di Zara “the most beautiful sunset in the world”. Martedì 12 maggio, ore 17,30, presso la libreria Mondadori a Pinerolo, video proiezione sulla Croazia. Ingresso libero.

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Sono amici di Pinerolo InDialogo e di Onda d’Urto 24


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