Pineroloindialogo maggio2014

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Anno 5,Maggio 2014

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INDIALOGO

Supple m e n t o d i I n d i a l o g o . i t , a u t o r i z z . N . 2 d e l 16.6.2010 del Tribunale di Pinerolo

Pinerolo, smart city?

Docenti universitari del Pinerolese/15 inntervista a Silvia Bonino

Smart city: intervista a Luigi Pinchiaroglio


Buone News A cura di Gabriella Bruzzone

su iniziativa di labsus, laboratorio della sussidiarietà

La mappa dei beni comuni

I luoghi che ci stanno più a cuore censiti su un data base on line E se ad un certo punto al posto dei soliti laghi, fiumi e montagne, trovassimo invece sulle mappe italiane i luoghi che ci stanno più a cuore? Quelli di cui ci prendiamo cura giorno per giorno, che vorremmo rimanessero sempre incontaminati e perfetti come ce li ricordiamo? Da qualche mese questa idea culturale si è trasformata in realtà grazie a Labsus, il Laboratorio per la Sussidiarietà, composto da un gruppo di docenti e studiosi, ma anche di giovani interessati, che si occupano di mappare tutti quei luoghi curati e valorizzati dai “semplici” cittadini. Esistono realtà infatti di cui le istituzioni non si occupano: possono essere monumenti, strade, scuole, territori di vario genere e tipo, tutti con una storia

particolare che merita di non essere lasciata decadere. Attivo da poco più di un anno, il sito (www.labsus.org) raccoglie già più di 300 casi sull’intero territorio nazionale. Nello specifico si tratta di migliorare strade, dipingendo le saracinesche o aggiungendo fiori e piante nelle aiuole, o curare la manutenzione di alcuni edifici. Ma in molte città d’Italia ci si concentra anche su parchi e cortili, evitando il degrado e organizzando iniziative mirate alla valorizzazione dei luoghi. Obiettivo principale del Labsus è quindi coinvolgere più cittadini possibili nell’iniziativa aumentando i luoghi sulla mappa e permettendo agli italiani di dare visibilità ai cosiddetti “beni comuni”, materiali o immateriali, né privati né pubblici, risorse comunque preziose per il territorio. Sul sito è possibile cercare le località per categoria o interesse, approfondire le notizie al riguardo e segnalare i “propri” luoghi, proponendo progetti e idee. Chiunque può prendere parte al progetto. Unici requisiti: senso civico e passione per i beni comuni.

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wwwwAw Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

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|Elezioni con discernimento È innegabile che le elezioni regionali ed europee che si andranno a svolgere il 25 maggio avranno un ruolo cruciale per il Pinerolese. Questo territorio in crisi identitaria ancor più che economica ha bisogno di rappresentanti politici che abbiano la capacità di intessere relazioni con gli organismi politico-economici superiori: regionali, nazionali, europei. Oggi stiamo pagando l’assenza di relazioni politiche di ieri (vedi asl, ospedali, tribunale, ferrovia, caserma di cavalleria, ecc.): l’assenza di rappresentanti locali in Regione si avverte pesantemente. Non ci schieriamo per l’uno o per l’altro candidato, anche se abbiamo chiare in mente tra le persone candidate quelle che hanno fatto gli amministratori comunali per i propri cittadini con impegno e con successo. Anzi, è proprio a motivo di ciò che ci auguriamo che siano proprio queste persone ad essere promosse ed elette a livello regionale ed europeo. E invece quelle che hanno fatto della politica un mestiere auspichiamo caldamente che vengano ignorate: abbiamo un grande bisogno di gente che pensi al bene del territorio e non al tornaconto personale! Perchè sia eletto un rappresentante locale in Regione, però, c’è bisogno che non sia disperso il voto. Per questo auspichiamo da parte dei cittadini un grande discernimento. Antonio Denanni PINEROLO INDIALOGO Direttore Responsabile Antonio Denanni Hanno collaborato: Emanuele Sacchetto, Valentina Voglino, Alessia Moroni, Elisa Campra, Gabriella Bruzzone, Maurizio Allasia, Andrea Obiso, Rebecca Donella, Andrea Bruno, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Nadia Fenoglio, Giulia Pussetto, Francesca Costarelli, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Marianna Bertolino, Federico Gennaro, Demis Pascal Con la partecipazione di Elvio Fassone photo Giacomo Denanni, Francesca De Marco

Pinerolo Indialogo, supplemento di Indialogo.it Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010 redazione Tel. 0121397226 - Fax 1782285085 E-mail: redazione@pineroloindialogo.it

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2 Buone News

la mappa dei beni comuni

docenti universitari del pinerolese/15 intervista a silvia bonino

luigi pinchiaroglio e la città smart

non gettiamo il nostro pane quotidiano

le donne e la fabbrica: le filere

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Primo Piano

6 Incontri

8 Lettere al giornale 9 10

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Giovani & Storia

Giovani & Lavoro

“garanzia giovani” per trovare lavoro

Donne del Pinerolese

marcella gay

Vita internazionale

ludovica bolcato al parco divertimenti

13 Lettera a...

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un “artista poliedrico”

Per Mostre & Musei

rosanna giani: uno smile per l’arte

gli skamarcio

15 Visibili & Invisibili giovani amnesty a bari per Assemblea libera: don ciotti e il suo impegno 16 Musica emergente 17 Andare al cinema

Grand Budapest Hotel

18 Tecnologie & Innovazioni

cymascope

19 Appunti di viaggio

il pan etosha

cose belle e brutte dal mondo

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Cose dell’altro mondo

21 Arte&Architettura

pianificazione urbana

22 Eventi&Personaggi

luca barral e aperingiro 2014

23 Onda d’Urto Eventi

eventi in via vigone 22

24 Amici di Pinerolo Indialogo http://www.pineroloindialogo.it http://www.facebook.com/indialogo.apinerolo http://www.issuu.com/pineroloindialogo


Città & Università /15

4 a cura di Marianna Bertolino

Intervista a Silvia Bonino, psicologa

«Di Pinerolo mi piace la sua splendida posizione geografica... Con scelte più oculate potrebbe diventare un centro di attrazione» «Per i giovani laureati in Psicologia al momento non c’è sbocco lavorativo» Ci parli di sé e delle sue competenze in ambito universitario. Sono psicologa e psicoterapeuta, e come professore ordinario ho insegnato psicologia dello sviluppo prima all’università dell’Aquila e poi per molti anni a Torino. Ora, dopo il pensionamento, sono professore onorario. Ho studiato molto le relazioni sociali, sia aggressive sia positive, come la cooperazione, l’empatia, l’altruismo. Altri studi hanno riguardato la salute in adolescenza e la vita con la malattia cronica, settore in cui continuo a fare ricerca. Ho sempre creduto e lavorato alle ricadute applicative della ricerca psicologica e alla buona divulgazione. Nel suo ultimo libro lei sostiene che l’uomo è biologicamente altruista. Ci riassume il suo pensiero? L’altruismo non è solo il risultato di influenze culturali; queste operano su precise disposizioni biologiche, che abbiamo perché l’altruismo si è dimostrato utile nella nostra evoluzione. Per questo veniamo alla luce con disposizioni alla condivisione emotiva, alla comprensione degli altri, all’aiuto per lenire la sofferenza altrui. Affinché si realizzino pienamente, queste disposizioni vanno educate sia in famiglia che a scuola. Alla base di tutto vi è l’identificazione degli altri come simili a noi: li aiutiamo perché vediamo in essi, come in uno specchio, noi stessi. Quindi l’affermazione che “il più grande altruismo è il più grande egoismo”. E

viceversa, “il più grande egoismo è il più grande altruismo” è vera? No, sono entrambe false, perché impostano la questione in modo errato, secondo la tradizionale e superata contrapposizione tra egoismo e altruismo. Benché sia vero che l’altruismo fa bene anche a noi e ci rende più felici, è sbagliato ridurlo a una forma raffinata di egoismo; è invece uno dei modi in cui riusciamo a realizzare davvero noi stessi, data la nostra natura di esseri sociali. La sua competenza psicologica è rivolta soprattutto al mondo dei bambini, che vuol dire di riflesso dei genitori. Oggi faticano di più i genitori o i bambini? Che cosa è indispensabile per dare ai bambini un’educazione serena? Faticano entrambi, anche se ovviamente in modo diverso. I genitori sono spesso confusi e in balìa del consumismo, e appaiono incapaci di assumere un ruolo educativo adulto, di guida e non di amicizia o alla pari. Il buon genitore è autorevole, cioè in grado di dare amore e dialogo, ma anche regole e castighi adeguati. Senza questi pilastri non c’è serenità e i figli crescono insicuri, dipendenti e aggressivi. C’è bisogno di uno sforzo di riflessione sui valori a cui si vogliono educare i figli, per agire di conseguenza. È più facile crescere i figli in città o in provincia? Il luogo non è determinante. Contano l’autorevolezza educativa e l’apertura


«M’indigna l’apatia di molti pinerolesi che non si attivano per la loro città» al mondo circostante, in senso ampio: naturale, sociale, culturale. La provincia può rendere più facile l’organizzazione della routine familiare, ma varietà e ricchezza di esperienze si possono garantire ovunque, a partire dalle diverse risorse ambientali. Oggi in particolare va contrastata l’invadenza del mondo virtuale, per favorire la più ricca esperienza in quello reale. Veniamo con quest’ultima domanda alla nostra Pinerolo. Che cosa le piace di questa sua città natale e che cosa invece le piace meno o la indigna. Mi piacciono la sua splendida posizione geografica e la sua condizione di terra di frontiera, dove convivono eredità culturali e religioni diverse. Mi piace la sua architettura centenaria: ho abitato a lungo nel centro storico ed è un luogo di vita ideale. Mi piace molto di meno la sconsiderata espansione edilizia degli ultimi decenni, così come l’incuria di cui spesso la città patisce. M’indigna l’apatia di molti pinerolesi, che non si attivano per la loro città e restano indifferenti davanti alle troppe situazioni irrisolte (due esempi: palazzo Acaja e merlettificio Türck). Pinerolo vive come altre realtà, forse anche di più, la crisi economica del momento. Qual è a suo parere una risorsa potenziale di Pinerolo che non è sfruttata abbastanza e potrebbe esserlo? Il turismo. Con scelte più oculate, una manutenzione attenta e una buona accoglienza, la città potrebbe diventare un centro di attrazione. Per questo non dobbiamo perdere eredità importanti, come quella della cavalleria, e imparare a valorizzare ciò che abbiamo. Oggi non lo sappiamo fare né siamo in grado di approfittare del successo turistico della vicina Torino. C’è bisogno di maggiore collaborazione tra gli enti, pubblici e privati, e di un progetto comune per la città

e il suo circondario. Bisogna cooperare, non lavorare isolatamente o, peggio, contro. Queste interviste sono nate per dar voce ai docenti universitari presenti nel territorio (una cinquantina), ma anche per valorizzare la loro competenza intellettuale. Ha qualche proposta da suggerire, in particolare agli amministratori? Coinvolgere i docenti, per le loro specifiche competenze, nei progetti e nelle iniziative per la città, il territorio e il loro futuro. Credo che partendo da situazioni e progetti concreti sia più facile costruire nel tempo una collaborazione stabile che trasferisca nel territorio pinerolese le diverse competenze di cui i docenti dispongono. L’università a Pinerolo, un tasto dolente, ce la farà a radicarsi in modo stabile? Lo spero davvero, e l’avvio del corso di infermieristica sarebbe un buon inizio. L’università è una risorsa per tutti: per la formazione degli studenti, per dare al territorio personale qualificato, per le ricadute culturali ed economiche della ricerca. In un momento difficile, in cui istituzioni importanti la lasciano, Pinerolo non può permettersi di perdere quest’opportunità. Sono indispensabili un dialogo maggiore tra gli enti e una visione meno miope, di lungo periodo, che consideri le risorse economiche spese un investimento per il futuro di tutti. Ritorniamo alla psicologia e ai giovani che la studiano, numerosi anche nel pinerolese. Vi è per i ragazzi con queste competenze una reale possibilità di sbocco lavorativo? Purtroppo no: il mercato è saturo, per scelte errate fatte dall’università e dall’ordine, che hanno privilegiato gli alti numeri. In Piemonte gli psicologi iscritti all’albo sono oggi 6332, cioè uno ogni 700 abitanti. Anche se in molte aree - come la scuola e la sanità - ci sarebbero in teoria ampi spazi, questi sono tutti da inventare e costruire e non si vedono in concreto prospettive.

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incon t ri

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Pinerolo e la smart city di Antonio Denanni.

Intervista a Luigi Pinchiaroglio sulla smart city

«Sono convinto che un percorso smart possa rivelarsi una grande opportunità per il rilancio del Pinerolese» «L’avvento della città metropolitana è sicuramente un arricchimento» Per noi di Pinerolo Indialogo il discorso sulla smart city non è nuovo, ne avevamo già parlato nel numero di giugno del 2012. Oltre a questi articoli di nicchia circa un anno fa sono iniziati in città una serie di approfondimenti politici con alcuni appuntamenti formativi/informativi sull’argomento smart city. Sono iniziative nate all’interno del PD dove era allora segretario del circolo l’ing. Luigi Pinchiaroglio. Da questa esperienza è nata di recente l’Associazione La Pi.S. Per riprendere il tema abbiamo contattato l’ing. Pinchiaroglio, anche se è in questo periodo in Australia, allargando immancabilmente, data l’attualità delle elezioni, il discorso alla politica. Che cos’è una smart city e come si sta muovendo questo discorso in Italia? Spesso smart city è sinonimo di città ipertecnologica. Ma la tecnologia, pur essendo il pilastro della smart city, è solo uno strumento e non il fine. Infatti una città è tanto più smart quanto più in essa è radicata una cultura in grado di creare, in modo “intelligente” e attraverso l’impiego delle nuove tecnologie, condizioni infrastrutturali e di governo per produrre opportunità di lavoro, promuovere benessere e inclusione sociale, aumentare la qualità della vita, favorire lo sviluppo sostenibile attraverso la partecipazione attiva dei cittadini. L’Italia negli ultimi anni ha fatto parecchi passi in avanti sul tema smart, ma la strada da percorrere è ancora molto lunga e numerose sono le resistenze da vincere. E a Pinerolo che cosa si sta facendo? Non parlerei solo della città, ma estenderei il discorso

a tutto il territorio del Pinerolese nella convinzione che solo dalla sinergia fra città e territorio limitrofo possa nascere una nuova cultura smart. Sono convinto che un percorso smart possa davvero rivelarsi una grande opportunità per il rilancio/la valorizzazione di Pinerolo e del Pinerolese. Ma a fronte di questa opportunità si sta facendo poco. Per questo motivo e per stimolare l’elaborazione di idee ed un dibattito che porti alla produzione di progetti realizzabili, è stata recentemente costituita l’Associazione La.Pi.S. (Laboratorio Pinerolese per la città e il territorio Smart). Aperta a tutti, essa intende contribuire ad elevare il dibattito sullo sviluppo del nostro territorio sulla base di una visione di futuro che vada ben oltre ai ristretti confini geografici del Pinerolese. Il discorso smart city oltre alla capacità di usare la tecnologia ha anche un’implicazione comunitaria e politica e presuppone la capacità di ascoltare i cittadini. Vi è a Pinerolo negli amministratori una disponibilità in tal senso? Parlare di capacità di ascoltare i cittadini è limitativo in quanto il semplice ascolto sottintende un ruolo troppo passivo da parte dei cittadini. Posto che il ruolo decisionale deve rimanere in capo alla pubblica amministrazione, ai cittadini deve essere riconosciuto il ruolo di attori dei processi di cambiamento. Attori sia per gli aspetti propositivi, sia per quelli relativi alle modalità di fruire e vivere la città e il territorio. E su questo c’è parecchio da lavorare, anche fra gli amministratori. Una cosa a suo parere prioritaria a Pinerolo in un’ottica di smart city?


«Dal 2006 al 2013 in sostanza c’è stato un vero e proprio vuoto di rappresentanza politica del territorio» Non esiste una priorità sulla quale puntare in un’ottica smart. Smart city è un puzzle costituito da tanti tasselli, tutti insieme definiscono il modello di città/territorio che si vuole perseguire. Volendo provare ad elencare qualche tassello cito: la telemedicina; la produzione di energia da fonti rinnovabili e il contenimento dei consumi di energia; il governo e la tutela del territorio basati sulla drastica riduzione del consumo di suolo vergine; l’attivazione di sinergie con le Istituzioni universitarie e gli incubatori di impresa per favorire l’insediamento di laboratori artigianali e nuove imprese; la valorizzazione dell’offerta culturale e turistica attraverso la creazione di una rete multimediale fra tutti i soggetti oggi operanti sul territorio e quelli ad esso esterni; l’alfabetizzazione digitale della popolazione; la diffusione del wifi nelle aree pubbliche; l’attivazione della banda larga. Affinché tutto ciò possa realizzarsi occorre mettere in campo una buona dose di volontà politica e di coraggio. In una logica di smart city l’avvento imminente della Città metropolitana è più un arricchimento o un handicap? E’ sicuramente un arricchimento in quanto solo il mutuo scambio di relazioni fra grande città e territori ad essa esterni può garantire un reciproco ed equilibrato sviluppo. Ma potrà avvenire solo nella misura in cui i piccoli centri avranno la volontà e la forza di non farsi fagocitare dalla Città metropolitana e diventare semplici comparse nei percorsi decisionali. Noi di Pinerolo Indialogo insistiamo da tempo sul collegamento ferroviario veloce con Torino. Questo argomento rientra nel discorso smart city? Rientra a pieno titolo. D’altra parte l’attuale linea è un asse fondamentale del Sistema Ferroviario Metropolitano la cui attivazione è stata possibile con l’entrata in esercizio del Passante ferroviario di Torino. Il raddoppio della Torino-Pinerolo, la realizzazione di un tronchino di collegamento con l’area industriale di Pinerolo rappresentano investimenti molto importanti per la nostra zona. Il problema vero è che questi investimenti non sono ritenuti strategici e prioritari per RFI. Compito della politica, a livello locale e di Città metropolitana, è quello di trovare soluzioni al problema nella consapevolezza che una mobilità efficiente e sostenibile dal punto di vista ambientale è fondamentale per raggiungere obiettivi smart. Veniamo alle prossime elezioni regionali ed europee. Penso che lei voterà per il candidato del PD Elvio Rostagno. Al di là di questa scelta

di parte, chi si candida a rappresentare il territorio che garanzie dovrebbe dare ai pinerolesi? Purtroppo la mia assenza da Pinerolo per lavoro non mi permetterà di votare. Ovviamente il mio sostegno va a Elvio Rostagno per le sue capacità di amministrare e di garantire la rappresentanza del nostro territorio, delle sue istanze, della sua volontà di svilupparsi non in contrapposizione a Torino o ad altre aree, ma in sinergia con essi valorizzandone gli aspetti complementari. Al di là della crisi economica io credo che a livello di territorio stiamo pagando l’assenza di una politica di rappresentanza e di raccordo con le istituzioni superiori. Che cosa ci dice in proposito? Sono d’accordo. Dal 2006 al 2013 in sostanza c’è stato un vero e proprio vuoto di rappresentanza politica del territorio con il livello nazionale, e dal 2010 con il livello regionale. Ma la rappresentanza nelle istituzioni non è l’unico strumento di raccordo con i livelli superiori. La progettualità di un territorio e la sua capacità di essere attrattore di interessi sono un’altra leva sulla quale le politiche smart devono incidere. Ritorniamo al discorso smartcities. Oltre al collegamento con Torino e alla banda larga, noi vediamo come elemento strategico per Pinerolo il centro storico. La città intelligente ci può dire qualcosa in proposito? La riqualificazione dei centri storici rappresenta uno degli assi di intervento evidenziati nel “Vademecum per la città intelligente” messo a punto dall’”Osservatorio Nazionale Smart City” dell’ANCI. Su questo tema è necessario che Pinerolo attivi a breve politiche concrete. Occorre peraltro evidenziare che alcune idee sono già sul tavolo di discussione. Un’ultima domanda legata alla sua attuale esperienza lavorativa che la porta a vivere in Australia. Com’è Pinerolo vista dal Paese dei canguri? I 16.000 chilometri che mi separano da Pinerolo, fanno sentire la mia città ancora più vicina e rafforzano il mio impegno per contribuire a renderla smart. Sydney è una città molto vivibile, con un sistema di treni metropolitani efficiente, che ha saputo fare della sua recente storia, complice anche l’eccellente posizione, un’attrattiva turistica e culturale. Pinerolo ovviamente non è Sydney. Non ha la baia con il suo ponte, non ha l’Opera House, non ha edifici in stile vittoriano, non si affaccia sul Pacifico ove è possibile praticare il surf. Tuttavia ha delle sue peculiarità storiche, culturali, artistiche ed ambientali che occorre valorizzare in modo smart, e quindi con intelligenza.

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PINEROLO

Lettere al giornale di Elvio Fassone

Cifre sullo spreco che danno i brividi

Non gettiamo il nostro pane quotidiano Anni fa destò dapprima sorpresa e poi scandalo una sconsiderata politica agricola che comportava la distruzione di migliaia di tonnellate di arance, al solo fine di tenere alti i prezzi di mercato delle medesime: lo spettacolo dei trattori e delle pale che massacravano tonnellate di frutta si combinava con il pensiero delle migliaia o milioni di persone che soffrivano la fame al punto di morirne. Oggi, il fenomeno delle arance è in parte mitigato dalla trasformazione di una quota delle eccedenze in succhi di frutta, distribuiti ad associazioni di volontariato; ma in compenso è aggravato da una cultura dello spreco che si è fatta gigantesca. Questa indifferenza al valore delle risorse alimentari si manifesta sin dal momento della produzione, là dove le sovvenzioni a certi tipi di colture hanno spinto a produrre beni in eccesso e votati alla distruzione. Si trasmette alle monoculture ed agli allevamenti intensivi. Si perfeziona con le speculazioni finanziarie (i derivati) che spingono o frenano la produzione senza riguardo ai bisogni effettivi. Anche nella fase della distribuzione si scorgono gli effetti delle nostre abitudini schizzinose: pensiamo al pescato di piccole dimensioni, che viene buttato a marcire; ai vegetali che vengono scartati solo perché non conformi per taglia o per immagine agli standard della grande distribuzione; alle campagne promozionali che riempiono gli scaffali di merce destinata a rimanere invenduta. E che dire del nostro specifico agire quotidiano? Migliaia di porzioni inutilizzate nelle mense, avanzi scandalosi nella ristorazione, dispense domestiche piene di prodotti scaduti per effetto di una gestione casalinga sbadata, smaltimento di cibi nei cassonetti, sui quali si affacciano a rovistare gli affamati. E’ persino inutile ripetere cifre che danno i brividi. Le rilevazioni della FAO parlano di 1,3 miliardi di tonnellate all’anno di alimenti gettati e, in Italia, di 149 chilogrammi pro capite: cifre che nascono da un’eccedenza non contrastata nella produzione, e da una cecità anche legislativa nello smaltimento.

Come se non bastasse, una normativa ottusa, ispirata ad un igienismo ossessivo, sta frustrando anche le migliori intenzioni di recupero e di utilizzo dello spreco. Per i cibi cotti il trasporto del non consumato deve garantire la continuità della temperatura, il che presuppone un’attrezzatura che poche associazioni possono permettersi, soprattutto in centri di piccole dimensioni come il nostro. Per il pane l’invenduto ammonta a circa il 25% del prodotto, perché la grande distribuzione impone ai panificatori di consegnare ai supermercati una quantità eccessiva, siccome questi vogliono avere gli scaffali almeno semi-colmi sino al momento della chiusura, per esigenze di immagine presso una clientela che non si rende conto di camminare sull’orlo del baratro. La c.d. legge del buon Samaritano (L. n. 155 del 2003) assimila al consumatore finale, e quindi pretende gli stessi requisiti per la distribuzione, anche le Onlus che si occupano di distribuire l’invenduto ai bisognosi, e perciò consente loro bensì di prelevarlo gratuitamente, ma a condizione che lo ritirino quando è ancora presso il distributore, quindi solo nel tempo che precede immediatamente la chiusura. Tutto ciò implica un’organizzazione ed una disponibilità di volontari che difficilmente consente un servizio continuativo (non si può correre il rischio che in un certo giorno la mensa sia priva di pane perché il volontario si è fatto male o è stato trattenuto in ufficio). E intanto un numero crescente di affamati guarda alla tavola del nostro Epulone collettivo, che neppure sa quanti avanzi genera ogni giorno. Che fare? Si può solo confidare in una normativa un po’ più flessibile, senza dimenticare per questo le giuste esigenze dell’igiene; in regolamenti locali che, ad esempio, assegnino un punteggio a chi ha collaborato con organizzazioni impegnate in questo campo; e in una maggiore disponibilità dei tanti che impiegano le loro ore vuote discettando sul molto che ci sarebbe da fare e che nessuno fa.

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Giovani&Storia

Società

di Nadia Fenoglio.

Cenni di storia del Pinerolese

Le donne e la fabbrica: le filere

Il lavoro delle donne nelle filande pinerolesi del secondo ‘800 Del lavoro si continua a celebrare la festa il 1° maggio anche se, più che il festeggiato, il lavoro sembra essere il grande assente. Quale lavoro? Quali diritti? Una rubrica di storia locale può, a questo punto, soffermare l’attenzione su una figura, quella della filera, il cui lavoro a Pinerolo e nel circondario sosteneva l’industria tessile che qui fiorì nel secondo Ottocento accanto al settore metallurgico e meccanico. Quando il lavoro non fa rima con diritti la storia dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo continua a ripetersi - lo vediamo ancora oggi. La figura della filera, vale a dire della filatrice, si inserisce in un contesto socio-economico in cui si riconoscono due precisi avvenimenti come punto d’avvio della riscossa industriale pinerolese, segnata in precedenza da un carattere prevalentemente artigianale. Uno, l’apertura della ferrovia per Torino nel 1854 consentì l’arrivo delle materie prime e la spedizione dei manufatti in minor tempo e a prezzi competitivi. Due, l’emancipazione dei valdesi nel 1848 permise a un gran numero di imprenditori e capitali stranieri, provenienti dagli ambienti protestanti europei, di avviare nuove attività nel Pinerolese. È nel 1871, ad esempio, che l’imprenditore tedesco G. Quest acquistò dal Comune di Pinerolo l’antico convento dei Cappuccini e lo trasformò in una filanda. Sorsero quindi industrie di relativa grandezza in tutto il territorio, dotate di una manodopera che, in alcuni casi, contava fino a 500 operai: erano in maggioranza donne, venivano dette «filere». Queste provenivano in buona parte dalla pianura pinerolese e dal cuneese; si separavano dalle famiglie per venire a lavorare a Pinerolo in condizioni durissime. Generalmente vivevano negli ospizi gestiti dalle suore, con ferree regole di comportamento da rispettare. Nessuna forma di tutela sul lavoro né di previdenza sociale da parte dello Stato o degli industriali.

L’orario di lavoro giornaliero ammontava a 15 ore e mezza: dalle 4 del mattino alle 20,45 di sera le filere lavoravano in piedi, in locali spesso malsani e affollati, senza conoscere domenica. Era concessa solo un’ora e un quarto di intervallo per il pasto

di mezzogiorno. Ancora, nell’anno 1878 la paga ammontava a 1,50 lire giornaliere che la maggior parte delle filatrici doveva inviare interamente alla propria famiglia. In un simile quadro, la condizione sociale della filera era avvolta dalla maldicenza e dal discredito: si trattava di donne in genere sole, lavoratrici, provenienti da altre cittadine, di origini umili. Raramente riuscivano a sposarsi con uomini pinerolesi. E quelle che avevano bambini dovevano portarli in fabbrica, anch’essi a lavorare. Così racconta un settimanale dell’epoca, la “Lanterna Pinerolese”, in una pubblicazione del 1889: «Le donne [della Filanda dei Cappuccini di G. Quest] lavorano fino alle 8,30 serali, in piedi tutto il giorno; alcune di esse sono sposate e portano i figli in fabbrica. Durante le visite degli ispettori del lavoro molti bambini spariscono sotto le ampie gonne delle donne, sospendendo la rimescolatura dei bozzoli bolliti nelle vasche di acqua calda».

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Società

Giovani&Lavoro

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di Elisa Campra

Intervista ad ADa D’Onofrio di Coesa

“Garanzia Giovani” per trovare lavoro «È un programma di orientamento e di contrasto alla disoccupazione giovanile» La ricerca di lavoro da parte dei giovani passa anche dalla registrazione a “Garanzia Giovani”, un progetto della Regione Piemonte a favore dei giovani. Ne parliamo con Ada D’Onofrio, responsabile dei servizi al lavoro del consorzio COESA, operatore accreditato presso la Regione Piemonte. Cos’è “Garanzia Giovani Piemonte” e a chi è rivolto? È il progetto straordinario della Regione Piemonte rivolto ai giovani tra i 15 e i 24 anni che non lavorano e non frequentano un percorso formativo per conseguire un titolo di studio. I giovani avranno l’opportunità di ricevere un’offerta qualitativamente valida di lavoro, di proseguimento degli studi, di apprendistato o tirocinio. Che tipo di servizio offre? L’iniziativa è un vero e proprio programma di orientamento e di contrasto alla disoccupazione giovanile; attraverso l’iscrizione al portale regionale, integrato a quello nazionale, i giovani avranno la possibilità di ricevere informazioni importanti che li aiutino a conoscere e attivarsi nel mondo del lavoro. L’iscrizione è una candidatura per ricevere, entro quattro mesi, proposte formative, di lavoro in Piemonte, in Italia e all’Estero; proposte di formazione finalizzate all’occupazione e di tirocinio anche fuori regione ed all’estero; inviti a partecipare ad iniziative specialistiche di orientamento al lavoro, alla cooperazione ed al volontariato. L’inserimento (seppur temporaneo) in questi enti che offrono il lavoro è agevolato dai fondi: nel momento in cui inizia un tirocinio o un apprendistato infatti la prima mensilità verrà pagata proprio con i fondi a disposizione del progetto. A che scopo creare un progetto del genere? La realizzazione di tale progetto vuole innanzitutto vedere soddisfatto un diritto che

molto spesso, di questi tempi, non è più tale: quello al lavoro. È necessario che i giovani sappiano muoversi in un sistema qual è il mondo del lavoro oggi, che va veloce ed è in continuo cambiamento, che richiede un continuo aggiornamento delle proprie competenze e che esige specializzazione e qualificazione. Essi devono anche poter essere collegati strettamente al bisogno ed alla domanda del territorio in cui vivono e si muovono. Questo progetto è inoltre importante perché in esso il settore pubblico e quello privato cooperano, superando la logica della mera concorrenza, lavorando in rete in un sistema unico di servizi al lavoro per le persone. Quando partirà e come iscriversi? Dal 21 maggio gli enti che parteciperanno potranno pubblicare le opportunità da loro offerte sul portale GGP e dallo stesso giorno i giovani potranno avere queste possibilità. Il termine ultimo per questo servizio sarà il 31 luglio 2015. La partecipazione dei giovani al progetto GGP avviene attraverso l’iscrizione al portale Io Lavoro – Garanzia Giovani Piemonte o al portale Cliccalavoro: gli indirizzi web sono rispettivamente www.garanziagiovanipiemonte.it e www. cliccalavoro.gov.it . Prossimamente il Palared di Pinerolo ospiterà un’edizione di Io Lavoro: il progetto verrà presentato in questa sede? Proprio il lavoro sinergico tra enti pubblici e privati ha fatto si che si realizzasse nella città di Pinerolo questa importante iniziativa. Il direttore dell’APL (Agenzia Piemonte Lavoro) Franco Chiaramonte presenterà il progetto e darà tutte le indicazioni utili a riguardo. Vorrei inoltre aggiungere che COESA e Idea ag per il lavoro parteciperanno a Io Lavoro e, tra le offerte, presenteranno un progetto rivolto ai giovani, dal nome “Giovani talenti per una nuova impresa sociale”. Consiglio vivamente ai giovani di non perdere queste interessanti opportunità.


Società

Donne del pinerolese

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a cura di Fanny Bounous

Marcella Gay, una vita per la scuola

«Mi dispiace la mancanza di spirito critico» Marcella Gay, insegnante per lunghi anni di italiano e latino a generazioni di pinerolesi, impegnata anche nel sociale e nel mondo religioso ecumenico pinerolese, è stata anche una staffetta partigiana. E’ su questa tematica che le chiediamo una testimonianza. Il 25 aprile l’abbiamo incontrata che indossava i colori del Tricolore. Perché questa scelta? Siamo dei cittadini, la bandiera del nostro Paese, una libera Repubblica nata dalla Resistenza è qualcosa che ci riguarda, che ci appartiene. Che cosa è stata per lei la Resistenza? Il primo momento in cui siamo stati liberi di scegliere, dopo 20 anni di fascismo. Io sono nata nel 1922 (l’anno in cui Mussolini è salito al potere), mi sono trovata in divisa prima ancora di rendermene conto (qui mi mostra una sua foto del 1936 in divisa da Giovane Italiana). Dopo l’8 settembre quasi tutti i giovani della mia età hanno fatto la scelta giusta, pur essendo stati formati dalla disciplina fascista. Anche quelli che hanno fatto la scelta sbagliata avevano dei motivi giusti: l’unico mio compagno che si è arruolato con i repubblichini era di origini meridionali e vedeva l’arrivo degli Alleati come una forma di colonialismo, quindi anche lui era animato dalla volontà di difendere la patria. Che cosa rappresenta invece per le giovani generazioni di oggi? Mi stupisce il fatto che li interessa moltissimo. I ragazzi delle scuole chiamano i vecchi resistenti per farsi raccontare la loro esperienza. Quindi significa che per loro la Resistenza ha un valore importante. Che cosa invece vorrebbe che fosse? La possibilità di non dover vivere quello che abbiamo vissuto noi, capire la fortuna di avere una delle Costituzioni più belle che esistono. Veniamo alla nostra città di Pinerolo. Che cosa le piace e che cosa la indigna? Mi piace il fatto che, nonostante tutto, viviamo

ancora in un Paese libero, che in città ci siano tanti giovani che prendono iniziative interessanti, che hanno voglia di fare qualcosa. Mi indigna il fatto di avere delle amministrazioni che si occupano del superfluo più che del necessario (ad esempio hanno tolto la fontana dietro la biblioteca e le panchine che la circondavano). Mi indigna il fatto che si riduca tutto al suo aspetto economico: il valore è dato dal prezzo, mentre il metro dovrebbe essere un altro. Mi indigna che si voglia fare un nuovo grattacielo accanto a quello di via Buniva togliendo il giardinetto attuale, tanto comodo per riposarsi sulla via del rientro dal mercato. Mi dispiace la mancanza di spirito critico, l’adeguarsi passivamente ad ogni nuova moda, l’appiattimento. Si comincia però a voler conservare la diversità, a partire per esempio dalle antiche varietà di frutta: questo è positivo. Si può dire che alla malattia di un determinato momento storico si contrappone per fortuna sempre una reazione. Il mondo scolastico pinerolese ha mantenuto nel tempo la qualità che c’era ai suoi tempi? Per quello che conosco (il Liceo Porporato) direi di sì, sta continuando degnamente la tradizione. Un suggerimento all’amministrazione cittadina? Non sono capace di dare suggerimenti, sono una persona abbastanza passiva. Ho fatto Lettere perché odiavo la matematica e mi piaceva leggere. In fondo non ho mai scelto, ma sono sempre stata scelta. Questo vale anche nell’ambito della chiesa: andavo sempre a far roccia con gli amici; una domenica che pioveva sono andata in chiesa, dove c’erano le elezioni dei deputati alla conferenza distrettuale. Hanno pensato che essendo un’insegnante di lettere avrei facilmente steso i verbali, e così è iniziata la mia “carriera” ecclesiastica, fino a far parte della intervista di L.G. Tavola valdese.


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così per il mondo

Vita internazionale

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di Alessia Moroni

Intervista a Ludovica Bolcato

Pausa esami in un Parco divertimenti

«Volevo un’esperienza linguistica diversa dai soliti corsi d’inglese: volevo lavorare» Ludovica Bolcato, studentessa del Corso di Laurea triennale in Mediazione Linguistica per Inglese e Russo presso la Scuola Universitaria “SSML Vittoria” di Torino, ha passato da poco tre settimane lavorando in un parco divertimenti inglese, a Exeter nella contea del Devon. «Ho deciso di partire a Febbraio, nel mese di pausa dagli esami, per sfruttare questo periodo in un’esperienza linguistica diversa dai soliti corsi di Inglese, volevo lavorare». Con una compagna di classe si è rivolta ad un’agenzia che si occupa di soggiorni all’estero e, un mese dopo, ha avuto le carte in regola per partire. «Abbiamo scelto di stare in famiglia, perchè un’esperienza non è completa, a mio parere, se non si sta con delle persone del posto». Arrivate il venerdì sera del 7 febbraio, hanno trascorso il primo weekend visitando Exeter, cittadina fondata dai Romani. L’inizio dell’esperienza lavorativa vera e propria è stato la settimana seguente: «Siamo state accompagnate nel posto di lavoro, un adventure park molto grande. Siccome il parco sarebbe rimasto chiuso fino alla settimana successiva, siamo state affidate alla responsabile del “gift shop”, il negozio all’interno del parco. Abbiamo pulito scaffali, spacchettato nuovi giocattoli sistemandoli al posto di quelli vecchi». Oltre alla giornata libera del giovedì, nella quale hanno partecipato allo “student meeting”, una sorta di incontro con tutti coloro che si trovavano a fare un’esperienza del genere, la prima settimana lavorativa è stata molto diversa dai giorni successivi. «La settimana dopo siamo state divise, io ero in una ministruttura in cui lavoravo come “tourist assistant” dove i clienti venivano a chiedere qualsiasi genere di informazioni. Ero con una ragazza tedesca e due ragazzi inglesi, tra cui il team leader della mia sezione». Questi giorni sono stati i più belli e significativi per Ludovica, nonostante il clima rigido dell’Inghilterra, che, da come ci racconta, non ha per nulla scoraggiato i clienti, i quali riempivano il parco tutti i giorni.

Il lavoro di tourist assistant richiede una dimestichezza abbastanza affermata dell’inglese, specialmente quando si tratta di registrare i nomi dei clienti per generare varie tessere annuali e speciali: «Ci sono ovviamente dei nomi a cui non siamo abituati, quindi i primi giorni chiedevo due o più volte di ripetere, ma erano tutti molto gentili e risolvevano la questione con un sorriso». Un’esperienza dunque molto formativa, sia a livello linguistico che personale. Certo, tre settimane non è un periodo molto lungo, ma sono anche queste piccole esperienze che aprono gli occhi sul mondo lavorativo ed internazionale. «In tre settimane non si migliora a livello grammaticale, ma di padronanza dell’Inglese: essendo in un parco divertimenti ero a contatto con accenti linguistici totalmente diversi. Con il senno del poi lo farei d’estate, così starei un po’ di più, ma dovevo tornare per seguire le lezioni all’università».


Lettera a...

dal tempo

di Cristiano Roasio

Lettera a David Linch

Un “artista poliedrico” L’abusata locuzione “artista poliedrico” parrebbe un eufemismo di fronte alla smisurata serie di attività che contraddistingue l’operato di quella sorta di Leonardo post-moderno che è David Lynch: regista, attore, produttore, montatore, scenografo, scrittore, pittore, compositore e musicista (con alcuni cd al suo attivo), fotografo per rinomate sexy scarpe francesi, e ora, come qualcuno ha potuto sentire da Fazio (Verdone sbavante di fronte al “maestro” possiamo anche dimenticarlo) propugnatore di complesse teorie esotericobuddiste-junghiane sul subconscio energetico che ci collega tutti e raggiungibile tramite meditazione. Molto è stato scritto sui suoi film, surreali incubi o oniriche narrazioni atemporali o semplicemente noiosissimo cinema autoreferenziale e intellettualoide. Io personalmente sono debitore al mastodontico reportage di David Foster Wallace intitolato David Lynch non perde la testa dove con la solita prolissa genialità che contraddistingue l’autore americano si arriva a considerare l’ingenuità di Lynch come punto di forza per un’analisi sconcertante della realtà quotidiana che ci circonda. Punto di partenza è la famosa serie (da me appena vista) Twin Peaks, un coacervo di stilemi ultra kitsch, una banalità enfatizzata proprio per smascherarla nella sua vacua assenza di senso, un horror-noir psicologico che ruota attorno all’omicidio di Laura Palmer, reginetta del liceo di giorno, baccante cocainomane di notte. Il punto semplice, epifanico, è: non esistono nel cinema di Lynch buoni o cattivi, salvi o dannati, ma tutti i suoi protagonisti sono materia unica di grottesca perversità e infantile innocenza perduta. Twin Peaks è un paesetto di montagna al confine col Canada, ai piedi dei monti, circa 40.000 abitanti, una comunità dove di solito non succede nulla e improvvisamente si trasforma in un circo di menzogna e tradimenti: iniziate a capire dove voglio arrivare? Arrivisti capaci

di provocare incendi per ricevere premi assicurativi, malvagità astrale connaturata nelle menzogne del fidanzato alla compagna e viceversa, genitori distanti e depravati non benché ma proprio perché esseri umani e infine Bob, quella famelica sostanza di arraffamento e predominio quasi sessuale che ci controlla e nella quale ci specchiamo, dal nome così banale e comune. O ancora l’inizio magistrale di Velluto blu, tutti sorridono con quei denti spalancati bianchi puliti e belluini e si salutano con parole preconfezionate e gesti ripetuti ma nel giardino c’è un orecchio umano! C’è una loggia nera anche a Pinerolo, sento jazz soffuso ogniqualvolta vedo il singolo perseguire i suoi singoli, privati e unici desideri, vedo passeggiare doppelgänger di chi conoscevo, esplosioni di rabbia immotivate e insensati gesti di altruismo ed empatia. In questa stanza senza tempo, discostate le

dense tende rosso sangue, sulle piastrelle a zig zag mi aggiro paranoico come tutti, cerco di essere cosmopolita e socialmente accettabile, parlo per frasi fatte di politica ed Europa, votare è un diritto-dovere, sputo le mie sentenze e rincorro i miei obiettivi, convinto di averne qualcuno, sputo i miei obiettivi e rincorro le mie sentenze. Sento riecheggiare lo strisciante feu camina cun me.

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società

Per Mostre e Musei A cura di Chiara Gallo

Piccole città... “Promettenti artisti”

Rosanna Giani: uno smile per l’arte! “In questo momento mi esprimo attraverso i simboli, i caratteri...” L’esperienza artistica di Rosanna Giani inizia nella prima adolescenza, quando decide di iscriversi all’istituto statale d’Arte Moda e Costume di Torino. Prosegue dopo il diploma e si conferma con laurea presso l’Accademia di Belle Arti. Il talento ce l’ha e le prime commissioni non tardano ad arrivare: spazia dal trompe l’oeil ai disegni per stoffe, per giungere infine al campo della grafica e dell’illustrazione di cui attualmente continua ad occuparsi. Questo settore le ha permesso di

sviluppare una sua firma e di emergere con il suo stile originale, partecipando a numerose collettive e personali. A tal proposito potresti citare alcune delle esposizioni a cui hai preso parte recentemente? Il mese scorso ho preso parte alla mostra “Da maionese a Web” inaugurata da Elena Privitera e Marco Filippa presso l’En Plein Air di Pinerolo, mentre risalendo nel tempo ho partecipato all’evento “Seiartistiperunimmagine” e

a “Paratissima 2011”. La prima mostra invece risale al 2010 quando esposi al Polo Culturale Bertold Brecht di Milano. Qual è la tecnica che prediligi? Senza dubbio i colori ad olio. Tengo molto alla tecnica e dei colori ad olio amo soprattutto il tratto preciso e le campiture sfumate che essi mi permettono di creare. Come descriveresti la tua arte ad oggi? In questo momento mi esprimo attraverso i simboli, i caratteri e la punteggiatura. È una fase cominciata su Facebook un paio di anni fa, dove avevo iniziato ad assemblare simboli per comunicare, da lì l’idea di sviluppare uno stile che andasse oltre il semplice sistema alfabetico. In generale mi definisco leggermente pop per questa mia volontà di utilizzare mezzi di comunicazione di massa, e a tratti surrealista siccome non mi aggancio a veri elementi della realtà quotidiana. Ci sono artisti della scena contemporanea o del passato da cui trai ispirazione? Ci sono artisti del passato e del presente che ammiro molto. Faccio alcuni nomi: Caravaggio, Andy Wharol, Marc Rider, Ron English. Tuttavia cerco di mantenermi sempre aggiornata e di osservare la modernità più che posso. Che ne pensi del rapporto tra il mercato dell’arte e l’artista stesso? Trovo questo rapporto non semplice. Mi piacerebbe che i galleristi investissero di più e che agli artisti fossero date maggiori possibilità di successo a seconda del loro effettivo riscontro di gradimento. Che consiglio daresti ad un giovane artista come te? Semplicemente: fare, fare, e rifare!

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diritti umani

Visibili & Invisibili

gruppo giovani amnesty international

Bari: XXIX Assemblea di Amnesty It.

Tra il 25 e il 27 aprile si è svolta a Bari l’Assemblea nazionale di tutti i soci di Amnesty International Italia. Sono stati tre giorni di importanti discussioni sulle strategie e sull’organizzazione del movimento, che si sono concentrati soprattutto sull’Italia, senza però dimenticare il resto del mondo… Abbiamo discusso, abbiamo votato e abbiamo detto la nostra. Abbiamo riso, abbiamo incontrato vecchi e nuovi amici, abbiamo pianto e ci siamo commossi… L’Assemblea si è aperta con il saluto della presidente della Camera Laura Boldrini ed è continuata con la testimonianza di Lorenzo Guadagnucci (giornalista coinvolto nei fatti della scuola Diaz, Genova 2001) che ci ha portato ad approfondire la “nuova” campagna internazionale sulla tortura. Importante per tutte e tutti noi è stato l’approfondimento sui migranti e sulle regole europee sull’immigrazione perché ci ha aiutato ad esprimere con grande forza il messaggio che sabato 26 aprile abbiamo lanciato da piazza del Ferrarese (Bari) con la mobilitazione sulla campagna “SOS EUROPE – prima le persone,

poi le frontiere”, a cui abbiamo partecipato in più di 250 persone. E’ stata anche, e soprattutto, un’Assemblea con un’alta partecipazione di attivisti giovani che hanno lanciato un forte messaggio di rinnovamento e cambiamento all’interno dell’associazione, mettendo al centro delle future strategie l’importanza delle “nuove generazioni” e del loro valore aggiunto. Un’emozione fortissima. Non abbiamo altre parole per descrivere questa Assemblea che ha ufficialmente accolto il nuovo Direttore Generale, Gianni Rufini, il quale ha fin da subito dimostrato energie positive e tanto entusiasmo nella guida di Amnesty Italia. Abbiamo alle spalle uno dei momenti più belli dell’attivismo e della partecipazione della nostra associazione; abbiamo davanti mesi intensi di attività e di lavoro per promuovere e lavorare su queste campagne (ma non solo!)… contiamo sul vostro aiuto e supporto! Se volete venire a trovarci o conoscerci, potete scrivere a asmatini@hotmail.it oppure visitare la nostra pagina Facebook Amnesty Gruppogiovani Pinerolo!

Don Luigi Ciotti e il suo impegno nel sociale di Chiara Perrone

Sicuramente molti di voi sanno perfettamente cosa sia Libera e chi sia Don Luigi Ciotti, il suo fondatore, tuttavia ritengo doverso dedicare un po’ di spazio alla presentazione di questa grande personalità. Egli è quasi un simbolo nel nostro Paese. Non un semplice prete della provincia torinese, ma uomo attivo nel campo sociale in tutta l’area della penisola, che affianca, da anni, alla sua missione spirituale un grande impegno civile: si è occupato, negli anni, di progetti che prevedevano il recupero di ragazzi nelle carceri minorili, e, nel 1965, ha fondato il Gruppo Abele, un’associazione che si preoccupa di dare sostegno a tossicodipendenti, migranti,

vittime di sfruttamenti, e di coinvolgerli in attività culturali. Dall’esperienza del Gruppo Abele nasce Lila, di cui Ciotti è stato presidente. Infine, dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio, sorge nel 1995 Libera, associazione di lotta alla criminalità organizzata. Recentemente, Gruppo Abele e Libera si sono impegnate nella campagna Riparte il Futuro, che promuove l’ottica della trasparenza nel Paese. Con una petizione online che ormai sfiora le 500 mila firme, le associazioni chiedono che il curriculum vitae e la situazione patrimoniale e reddituale dei parlamentari venga resa pubblica sul sito del Ministero, in modo che i cittadini che si apprestano a votare alle comunali e provinciali possano meditare sugli eventuali conflitti di interessi che potrebbero interessare coloro che si apprestano a guidare il Paese.

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musica

Officine del suono

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di Isidoro Concas

M u s i c a emergente

Gli Skamarcio

“Torpedone” è il nome del loro primo album, uscito a fine 2013: una miscela autoprodotta di cover riarrangiate, brani originali e tempi in levare. Loro sono gli Skamarcio, gruppo ska/rocksteady di Villar Perosa in attività da quattro anni e già pronto ad invadere col loro sound Torino, dove il 9 di maggio suoneranno per la seconda fase dell’Emergenza Festival. Allora, voi Skamarcio nascete nel bacino di Villar con una formazione nata dalle ceneri di diverse altre band dove molti di voi si erano già trovati a fare musica insieme, spesso suonando altri strumenti (ognuno di voi è polistrumentista) ed altri generi musicali. Come siete arrivati alla conclusione che lo ska fosse ciò che fa per voi? Dici bene. Infatti siamo nati un po’come “gruppo di sostegno per suonatori di altri gruppi”, chiamiamolo così. Principalmente per fare un genere che ci divertisse suonare, ma che fosse godibile anche per chi ci avrebbe ascoltato. Lo ska ha subito soddisfatto questi requisiti (poi gradualmente è stato contaminato da reggae, rocksteady e dai nostri gusti personali) e ci siamo dati alle cover, mentre gli altri progetti continuavano. Ci abbiamo messo un po’a ingranare, specialmente con i fiati, terreno a noi fino a quel momento sconosciuto. Pian pianino però le cose miglioravano, e questo sideproject ha cominciato a premere contro le pareti della nostra saletta, perché voleva uscire, diventare più che un passatempo. E allora dopo ormai -fa impressione a dirsi- 4 anni, eccoci qui. Nell’album le cover si fanno notare per l’originalità della scelta, con brani di artisti decisamente fuori dal repertorio ska tradizionale. Come avete scelto

queste canzoni? Le scegliamo proprio perché sono lontane dalla musica ska, e il bello sta proprio del trasformarle completamente, sia come arrangiamento che come approccio. Ci piace riarrangiare pezzi che con il nostro genere hanno poco o nulla da spartire, metterci alla prova per dar loro un nuovo abito; ad esempio, chi l’avrebbe mai detto che i Mumford & Sons potessero essere riproposti in versione dub? Noi no, di certo. Proprio per questo ci abbiamo provato! Alessio, Mauro, voi conducete insieme a Valerio Suppa una trasmissione su Radio Beckwith (Random Off, ogni mercoledì dalle 21): come ci si sente ad essere sia nei panni di chi produce musica che in quelli di chi la propone? Questa esperienza vi ha insegnato qualcosa a livello musicale? L’esperienza della radio è innanzitutto una cosa che avremmo voluto provare, e adesso ci siamo tolti lo sfizio. Per quello che riguarda i gusti musicali non li ha modificati particolarmente, tutt’al più ci ha fatto riscoprire parti della nostra conoscenza che erano rimaste in ombra, come capita spesso a chi ascolta musica. Di certo molto hanno contribuito gli ascoltatori che attraverso le loro proposte talvolta ci hanno fatto conoscere artisti, brani, album. Tutto questo non fa che contribuire alla grande varietà di gusti anche all’interno degli Skama, che poi si sintetizzano nel semplice gusto di suonare, inventare, sperimentare e divertirsi. Prima di finire, quali sono i vostri futuri progetti musicali? Avete dei contatti tramite i quali possiamo tenerci aggiornati? Siamo in gara all’Emergenza, contest internazionale che ci ha visti superare la prima fase regionale. Adesso ci aspettano le semifinali e una data al La Claque di Genova, sempre grazie alla vittoria nella prima eliminatoria. Per il resto, suoniamo in giro quando ci capita e quando meno ce l’aspettiamo, quindi andate su Facebook e piaceteci alla pagina Skamarcio. Su Youtube c’è qualche brano del nostro primo disco, ne abbiamo ancora qualche copia: se la desiderate contattateci e vi mostreremo la via skamarcia!


società

Andare al cinema di Andrea Obiso

una realtà immaginaria e intrigante

Grand Budapest Hotel

Regia: Wes Andreson Attori principali: Ralph Fiennes, Toni Revolori, Jude Law, Adrien Brody, Willem Defoe In un immaginario Paese dell’est Europeo all’inizio del Novecento Monsieur Gustave, concierge del famosissimo Grand Budapest Hotel, conduce una vita all’insegna del rigore e della precisione al servizio degli ospiti dell’hotel. Alla morte di un’anziana ed affezionata cliente dell’albergo, Gustave ed il suo nuovo collaboratore si recano alla villa della signora per la lettura del testamento nel quale pare figuri il nome del concierge. Durante la lettura del testamento i presenti vengono a conoscenza del fatto che un antico e prezioso ritratto, unico vero pezzo di valore della ricca signora, è stato donato a M. Gustave. Da questo semplice episodio nasce una diatriba che porterà il raffinato concierge a scontrarsi con una famiglia potente e pericolosa, attraversando mille avventure in compagnia del suo fidato Zero. Wes Anderson conferma di avere uno sguardo sul mondo estremamente interessante. I colori e le atmosfere di

“Grand Budapest Hotel” introducono lo spettatore in una realtà immaginaria ed intrigante nella quale i personaggi rischiano di apparire grotteschi e ridicoli, ma grazie ad un sapiente lavoro in sede di sceneggiatura e di regia risultano invece credibili ed enigmatici allo stesso tempo. Intrigante è soprattutto la figura di Monsieur Gustave, sicuro e controllato nella vita in albergo come nelle situazioni più disparate ed improbabili, durante le quali non perde le sue misurate maniere ed il suo sguardo razionale sulla vita e sul mondo. Un ultimo apprezzamento va riservato al giovane Tony Revolori, attore che ha fornito una prova degna di nota e che sicuramente farà ancora parlare di sé. Come accennato in precedenza eccellenti la fotografia e la colonna sonora che concorrono a rendere il mondo creato da Anderson tanto immaginario quanto realistico. Un consiglio, non perdete “Gran Budapest Hotel”.

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società

Giovani,Tecnologia@Innovazioni a cura di Greta Gontero

CymaScope Ormai, ai giorni nostri, si può comunicare con persone da tutto il mondo grazie allo studio delle lingue più parlate, o grazie a innumerevoli sistemi di traduzione. Ma è possibile che il genere umano riesca a capire il linguaggio degli animali? Attualmente si sta svolgendo un progetto di grande importanza, condotto dalla ricercatrice Denise Herzing, che sta studiando un sistema di comunicazione tra l’uomo e i delfini. Sono stati scelti questi cetacei perché sono animali estremamente intelligenti e perché hanno una notevole flessibilità cognitiva. Non bisogna sottovalutare inoltre il fatto che, negli anni ’70, ad alcuni esemplari di questa specie è stato insegnato una sorta di linguaggio dei segni, il che ha dimostrato che i delfini erano in grado di capire una vera e propria lingua. Il progetto va avanti da più di 30 anni e si svolge principalmente nelle zone marittime tra Florida e Bahamas; l’obbiettivo è quello di insegnare ai delfini a comprendere dei termini inglesi e riuscire a rispondere con dei suoni. Questi animali, infatti, possono associare dei suoni agli oggetti e il “CymaScope” è uno strumento in grado di catturare la

struttura di ogni emissione sonora e di riprodurne un’immagine schematizzata grazie a registrazioni ad alta definizione. In questo modo ai ricercatori non resta nient’altro che “tradurre” le immagini in termini inglesi e il gioco è fatto. Secondo una dichiarazione della Herzing, il momento più importante e, allo stesso tempo, più emozionantedel progetto è stato quando il primo fischio di un delfino è stato associato a una parola specifica: Sargassum. Letto così non dirà niente a nessuno, ma il Sargassum è un tipo di alga che i ricercatori usano come ricompensa durante le comunicazioni con gli animali: tutto ciò è stato possibile poiché hanno associato un determinato fischio alla pianta marina e l’hanno insegnato ai delfini. É incredibile pensare che il prossimo passo sarà un dispositivo detto CHAT (CetaceanHearing and Telemetry), il quale consentirà, attraverso l’uso di un algoritmo, di avere una traduzione “delfinese”-inglese e viceversa…. Chissà se in futuro avremo tutti quanti la possibilità di comunicare con il nostro animale del cuore?

I pinerolesi puzzano?

Mi ha colpito, passando in via Nizza a Torino, a circa 300 metri dalla stazione di Porta Nuova la scritta sul muro: “I pinerolesi puzzano di merda vecchia”. E mi sono chiesto: chi può essere stato? Un graffitaro che ha voluto lasciare le sue tracce prendendo come bersaglio una città di provincia? Improbabile. Allora un torinese che è andato a farsi un giro a Pinerolo e visto il degrado della stazione con merda di piccioni dappertutto gli è venuta la voglia di dirlo alla città di residenza? Può essere. Oppure un pinerolese che stufo di situazioni irrisolte da anni, oltre alla vista del degrado (Turck, Palazzo Acaja, ancora la stazione, ecc.) sente questo odore di stantio e di vecchio e lo vuole gridare al mondo? Può essere. A voi la scelta! Certo è che come pinerolesi non ci facciamo una bella figura. A.D.

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società

Appunti di viaggio di Mauro Beccaria

trek in Namibia

Il Pan Etosha

In una regione della Namibia, nell’Africa del Sud Ovest, Okaukuejo, si trova una landa più che desolata, il Pan Etosha, lo zero assoluto. Etosha significa in lingua Owambo “il grande luogo bianco dell’acqua asciutta”, perché le piogge sono rare e la depressione centrale rimane quasi sempre asciutta. L’Etosha Pan è infatti la vastissima depressione salina verde opale che occupa buona parte della zona orientale del Parco e che occasionalmente viene raggiunta dalle acque provenienti dal bacino pluviale dell’Angola (4.950 kmq); le sue origini risalgono a 12 milioni di anni fa, quando era un basso lago alimentato dalle acque del fiume Kunene. Negli anni in cui le piogge sono abbondanti, la depressione è alimentata d’acqua da canali, alcuni dei quali sono fiumi apparentemente prosciugati. Per fortuna, nostra e loro, la fauna si può abbeverare alle pozze artificiali, e una di queste, alla sera, ci racconta la telenovela della savana. Ed anche la gerarchia: leone, rinoceronte, elefante, giraffa, coyote. I primi ad aver diritto ad una bella bevuta sono i leoni che poi si acquattano tra le rocce con cui si confondono. Solo una bella femmina si attarda un poco, si dirige verso i cuccioli e si accoccola a pancia in su. In lontananza una giraffa osserva. Ecco Rino il raro rinoceronte grigio, presto raggiunto da moglie e figlio. Ma la signora si accorge della leonessa in agguato e la caccia bruscamente. Con l’ormai prevedibile lentezza si impossessano della pozza per

un paio d’ore, con l’unica variante di un elefante e di un secondo Rino con cui c’è una finta zuffa. La giraffa osserva timorosa in disparte. Invadono la scena gli elefanti, in gruppo, caciaroni e giocherelloni. Scacciano tutti quanti. Arriva, discosta, una madre col piccolo. E un maschio dall’aria no global, poco integrato. Dopo frizzi e lazzi se ne vanno. Si sente nella notte un ruggito terribile, seguito dallo sghignazzare di iene. Il ruggito del leone può udirsi a 5 km: non lo vediamo, ma siamo a soli 20 m dalla pozza; protetti dal buio, da un muraglione e da assi oblique. Qualche intermezzo di visite di coyote. La giraffa ci riprova, ma fiuta il pericolo. Si avvicina, si allontana, ritorna e tenta di abbeverarsi con le sue gambe lunghe incrociate, una spaccata da soubrette. All’improvviso un attacco di un giovane leone. Dopo un ennesimo, inutile, tentativo la giraffa si allontana di nuovo. E noi si va a dormire. Al mattino lungo la strada del ritorno, un ultimo incredibile avvistamento, preceduto dalla sensazione dei cuscinetti delle zampe sull’asfalto: la regina, una bella leonessa, ci attraversa la strada, per raggiungere un giovane maschio; lo ignora, e lei prosegue fino al suo compagno, il re.

Martedì 13 maggio, h 17,30, racconteremo di un Brasile alternativo presso la libreria Mondadori in piazza Barbieri a Pinerolo

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Cosedell’altromondo

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di Massimiliano Malvicini

Aprile 2014 – Test di ammissione a Medicina Aprile 2014 verrà ricordato per l’entrata in scena dei test di ammissione all’università di medicina. Il nuovo sistema - esteso e confermato da tre ministri dell’istruzione: Profumo, Carrozza (che tolse temporaneamente la valenza al famigerato “bonus maturità” con un decreto ministeriale) e Giannini - si è quindi svolto in un’atmosfera agrodolce per molti studenti e studentesse italiane. Il nuovo sistema, messo a regime quest’anno ma già presente sul territorio da anni in formati similari come in Bocconi a Milano ed alla Scuola Sant’Anna a Pisa, farebbe parte di un più ampio progetto di riforma del sistema scolastico italiano per raggiungere gli obiettivi prefissati in sede UE dell’ampio progetto “Horizon 2020”. Anticipare i test di accesso potrebbe essere una

soluzione solo transitoria ai vari progetti che al Ministero si stanno studiando per rendere competitiva l’istruzione universitaria italiana con il contesto internazionale. A tal fine sarebbero al vaglio degli esperti le ipotesi di ridurre il ciclo di istruzione secondaria a quattro anni e di anticipare l’entrata nelle università dei diplomati. La vera sfida è però quella di incentivare l’ingresso nelle università e di aumentare la competitività e il tasso di ingresso nel mercato del lavoro degli stessi universitari. Per questo motivo il sistema universitario italiano dovrà finalmente realizzare quel collegamento tra atenei ed imprese che è sempre stato annunciato come principio irrinunciabile da tutte le forze politiche ma che non è mai riuscito a trovare una realizzazione su scala nazionale.

13 aprile 2014 – Il “nuovo” Museo Egizio di Torino

L’attesa e poi la conferma: il progetto per il nuovo Museo Egizio di Torino, il più grande al mondo assieme a quello di Alessandria d’Egitto, verrà realizzato in un anno. L’insieme delle idee per il totale rinnovamento dei sito, sottoposto dal comitato promotore all’Accademia dei Lincei, è stato approvato con stupore ed emozione. Il nuovo allestimento museale vedrà quindi la luce entro il 1 aprile 2015, su questo non ci dovrebbero essere più dubbi.

Saranno tante le novità tra le quali intere nuove sale d’esposizione e di workshop, oltre che una nuova mentalità dietro l’esposizione dei reperti per spiegare e coinvolgere alla scoperta del passato superando la mentalità della semplice esposizione. Evelina Christillin ed il nuovo direttore del museo, Christian Greco dichiarano “Sarà un centro di ricerca centrale nel panorama egittologico mondiale per sottoscrivere accordi di collaborazione con istituti di ricerca nazionali e internazionali”.

27 aprile – Canonizzazione di Giovanni XXIII e Givanni P.II

“Il giorno dei quattro Papi”, così probabilmente verrà ricordata la mattina in cui Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II sono stati canonizzati, dopo essere stati precedentemente beatificati, da papa Francesco alla presenza del papa emerito Benedetto XVI. Al di là delle opinioni contrastanti tra chi considera

la beatificazione come un traguardo essenziale per l’arricchimento umano della Chiesa cattolica e chi lo considera poco più che un retaggio di epoche lontane, rimane l’unicità dell’evento con milioni di pellegrini arrivati da tutto il mondo.

Se c’è una tematica che accende gli animi delle persone e poi regolarmente viene dimenticata, quella è la pena di morte. Abolita in Italia dopo il periodo fascista, presente ancora in molte parti del mondo, torna sotto i riflettori per un episodio vissuto negli Stati Uniti d’America. La condanna alla pena capitale era stata erogata per Clayton Lockett, condannato per omicidio nel 1999 e la notte del 29 aprile è stato sottoposto all’iniezione del cocktail letale. Dichiarato incosciente il detenuto ha però iniziato ad agitarsi e contrarre i muscoli ed è stato dichiarato morto per “arresto cardiaco” solo 43 minuti dopo l’inizio della procedura di esecuzione.

In molti lamentano l’eccessiva crudeltà del trattamento soprattutto alla luce di questa vicenda. Se la pena di morte è infatti considerata da alcuni come uno strumento afflittivo esagerato per determinati crimini, altri riconoscono che la pena maggiormente afflittiva per un detenuto sia l’ergastolo. Entrambi i procedimenti fanno però capo a principi morali ed etici diversi e l’eterogeneità conferma l’assenza di un senso comune internazionale. La questione è da sempre in cima ai dibattiti nei forum delle organizzazioni per la tutela dei diritti umani ma non trova spazio nei giornali e nei dibattiti nazionali anche per la scarsa attenzione dei media e dell’opinione pubblica.

29 Aprile– Pena di morte in Usa, dibattito infinito


Arte&Architettura

Tra varianti e PRCG

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di Riccardo Rudiero

A proposito di pianificazione urbana «Viabilità e riqualificazione non siano killer seriale del patrimonio storico» La pianificazione urbana può essere definita come traduzione dei bisogni umani nella forma della città, avendo come faro guida il rispetto e la tutela della nostra “casa comune”. Da questa semplificata definizione emerge la necessità della salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio storico, elementi indispensabili per il benessere dell’uomo e il perdurare della sua cultura e delle sue radici. A Pinerolo, il dibattito a riguardo è molto vivo da anni, cominciato con l’adozione del PRG e proseguito con la sua necessaria revisione, in seguito alla presa di coscienza di alcuni presupposti sovrastimati nella capacità edificatoria della città. Tra le strategie di modifica, già adottate o in discussione, hanno particolare peso quelle legate alla riqualificazione delle aree degradate e alla viabilità, strettamente legate tra loro: la variante, infatti, ne collega le sorti in più aree, specialmente nel comparto sud della città (nuove strade dovrebbero infatti attraversare l’area ex Türck ed ex Annovati, collegandosi poco oltre la ferrovia in via Vigone). Che serva una riorganizzazione viaria è fuor di dubbio, specialmente nella zona sopracitata, come anche la riqualificazione urbana delle aree degradate. Purtroppo però, guardando lungo le nostre strade, pare che l’unico modo per portarle avanti sia la sistematica distruzione del patrimonio architettonico pinerolese. Gli esempi, purtroppo, non mancano. Si pensi all’abbattimento delle fonderie Poccardi – meglio conosciute dai pinerolesi come Beloit, per via dell’ultima proprietà – con la successiva costruzione delle torri residenziali, lungo via Vigone. O, ultimo in

ordine di tempo, la demolizione

del suo dirimpettaio comparto produttivo a est della ferrovia, dove sorgeva la fabbrica elettrodi della Società Talco Grafite Val Chisone. Molti hanno plaudito questi interventi come logica trasformazione di queste ormai irrecuperabili

“fabbriche di topi”. Ammettendo mio malgrado di non aver mai visto un roditore prodotto serialmente, è doveroso segnalare che la distruzione di queste fabbriche ha fatto sì che venisse eliminato, tra le altre testimonianze degne di nota, il trecentesco mulino di San Giovanni, chiamato anche di Justitia perché nei suoi pressi si eseguivano le esecuzioni capitali. Una pagina della nostra storia irrimediabilmente perduta, e tutto per far passare una strada! E il rischio di vedere distrutte altre fabbriche lungo il Rio Moirano – dal Medioevo propulsore dell’industria pinerolese – non è di certo arginato (leggasi Türck, anche se le ultime iniziative della sezione pinerolese di Italia Nostra lasciano ben sperare in un’efficace sensibilizzazione della popolazione e delle amministrazioni pubbliche). Possibile che il binomio viabilità/riqualificazione debbano essere killer seriale del patrimonio storico cittadino? La tradizione pinerolese, in effetti, è ormai consolidata. Si pensi alla caserma Vauban (grossomodo collocabile nell’area dell’attuale piazza Terzo Alpini), unico caso al mondo in cui la distruzione di un edificio progettato dall’architetto militare del Re Sole sia avvenuta non per gli eventi bellici, ma per programmatica volontà di favorire la circolazione! Per il prossimo futuro, bisognerà prestare molta attenzione all’asse di via Vigone, dove la variante agisce parecchio.Perchéadesempio,nonprendereseriamentein considerazione la strategica dislocazione dell’ingombrante attività dell’ACEA a priori rispetto a una variante stradale che ancora la preveda in loco, valorizzandone poi l’area? O rileggere il tratto ferroviario PineroloTorre Pellice, ormai in disuso, in chiave di viabilità sostenibile? Attenzione, però: valorizzare non vuol dire monetizzare a discapito del patrimonio architettonico lasciatoci dai nostri avi!


Eventi & Personaggi

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di Gabriella Bruzzone

Aperingiro 2014 - 3a edizione

Musica e arte per valorizzare la città LucaBarral:«Èstatofortissimofindasubitoilcoinvolgimentodeigiovani» Luca Barral, volto noto del pinerolese per le sue iniziative ricreativo-culturali, ci parla dell’Aperingiro, evento arrivato alla sua terza edizione. Terzo anno consecutivo dell’aperitivo itinerante. Com’è nata l’iniziativa e come si è articolata nel corso di questi anni? Fa decisamente effetto pensare di essere arrivati già alla terza edizione. L’Aperinigiro è nato vivendo il centro storico. Una sera passeggiavo in via Trento e voltandomi verso via Principi d’Acaja ho immaginato una spillatrice di birra e due gazebo, quello che poi sarebbe diventato l’Aperingiro. Inizialmente il nome che avevo immaginato era Aperitivo Royal, un po’ “fighetto”, diciamo così. Ma grazie al suggerimento di un amico, Gabriele Barbarossa, diventato poi collaboratore prezioso dell’iniziativa, abbiamo poi optato per Aperingiro. L’organizzazione e l’arredamento del primo anno erano stati un po’ improvvisati. Da allora abbiamo migliorato sia l’arredamento, personalizzato, sia l’illuminazione, importante per valorizzare al meglio le location. Inoltre, l’aperitivo del primo anno era stato meno ricco, non c’erano né il sushi della Cascinetta né la grigliata di carne dell’Argal. Quest’anno si è pensato anche al piatto di verdure grigliate per i vegani. Inoltre, essendo attenti all’ambiente, abbiamo comprato stoviglie biologiche. Quali sono le finalità e gli obiettivi principali dell’Aperingiro? L’intento è di unire cibo, musica e arte. Creare una situazione piacevole per persone di tutte le età, dove si possa andare anche con i propri genitori. L’obbiettivo principale inoltre resta di valorizzare quei luoghi di Pinerolo che generalmente non vengono vissuti quanto dovrebbero. Il riscontro del pubblico è stato molto positivo. Quali

differenze hai notato tra la prima e la seconda edizione? Il pubblico è sempre lo stesso? Il primo anno è stato quello con più presenze. Lo scorso anno il meteo non è stato molto clemente, via Principi d’Acaja e San Maurizio non erano letteralmente invasi dai partecipanti come l’anno prima. Il pubblico di per sé è vario anche se è stato fortissimo fin da subito il coinvolgimento dei giovani. L’anno scorso comunque non sono mancati genitori di amici o famiglie con bambini piccoli. Quindi direi che il target poco a poco si è allargato. Quali sono gli appuntamenti di quest’anno? E quali differenze sono state introdotte rispetto agli anni precedenti? Il primo sarà il 17 maggio al Napoli. Il secondo sarà poi il 27 giugno a San Mauruzio e l’ultimo sarà un Aperingiro limited edition a Casa Canada, con un format leggermente diverso. Come nelle scorse edizioni, la componente artistica rimane. La curatrice quest’anno è Chiara Gallo (nostra collaboratrice di Pinerolo InDialogo, ndr.). Si è occupata della scelta degli artisti che eseguiranno alcune opere nel corso della serata, con tema ovviamente Pinerolo. Gli artisti non sono cambiati, così come il dj, che continua ad essere Filippo Fumagalli. Novità è il gruppo dal vivo: per aprire la serata abbiamo ingaggiato un gruppo country locale che fa cover di artisti commerciali. Abbiamo organizzato un contest su Instagram curato da Carlo Marchisio, che si è occupato di scattare alcune foto promozionali con soggetto Pinerolo. L’idea nasce dalla serie di foto scattate dal blogger Murad Osmann in giro per il mondo. Saranno premiate le dieci foto migliori, stampate ed esposte durante l’Aperingiro del 27 giugno. E per quanto riguarda il futuro? In tanti hanno chiesto di aumentare il numero delle location e tra le proposte c’è stata anche la Rocca di Cavour, ma l’idea è quella di rimanere nel centro storico di Pinerolo, facilmente raggiungibile. In futuro l’idea è di esportare l’Aperingiro in tutto il Piemonte.


eventi

Via Vigone da valorizzare

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la via degli artisti e degli artigiani

Onda d’Urto Eventi Mostra di Matteo Roetto Per il ciclo ‘Giovani Artisti’, venerdì 2 maggio si è inaugurata con grande successo di pubblico presso la sede di Onda d’urto, la prima mostra personale di pittura di Matteo Roetto. La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 2 giugno nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì negli orari 15.00-18.00.

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Venerdì 30 maggio alle ore 18, Serate di Laurea

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Il15 e 16 maggio IOLAVORO IOLAVORO, la manifestazione regionale dedicata al lavoro e alla formazione, che ogni anno si svolge a Torino e offre la possibilità di facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, il 15 e 16 maggio sarà presente a Pinerolo È un’iniziativa del progetto Garanzia Giovani Piemonte, promossa dalla Regione e realizzata in loco dall’assessorato al lavoro e da altre agenzie di formazione, per la prima volta quest’anno nel Pineroleseo. Si svolge-

rà al Palared il 15 e il 16 maggio, dove sarà possibile incontrare aziende, approfondire percorsi di accompagnamento e formazione per una ricerca efficace di un nuovo impiego, partecipare a seminari sul contesto attuale del lavoro e tanto altro ancora. Saranno coinvolte le scuole del territorio, le realtà produttive, i centri di formazione, le agenzie per il lavoro e tutti i soggetti interessati a vario titolo al mondo del lavoro. Il dettaglio degli eventi sul sito www.iolavoro.org

Concorso letterario Anlib: il bando sul sito del Comune: www.comune.pinerolo.to.it 9-10-11 maggio, Salone Off PineroloPoesia: il programma nelle news del sito del Comune


Sono a m i c i d i P i n e r o l o I n D i a l o g o

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