Pineroloindialogo aprile2014

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Anno 5,Aprile 2014

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INDIALOGO

Supple m e n t o d i I n d i a l o g o . i t , a u t o r i z z . N . 2 d e l 16.6.2010 del Tribunale di Pinerolo

Intervista a Pierangelo Negro, assessore al Turismo

Pinerolo, resistere, resistere, resistere! Intervista a Patrizia Polliotto


Buone News A cura di Gabriella Bruzzone

incentivi statali per usare il mezzo a pedali

In Francia si guadagna anche andando al lavoro in bicicletta Lo sanno tutti: andare in bicicletta fa risparmiare in carburante, parcheggio, stress e fa bene alla salute. Ma chi avrebbe mai pensato che addirittura facesse guadagnare? Mentre l’Italia poco a poco si adegua agli standard europei potenziando le piste ciclabili, costruendo parcheggi, migliorando la viabilità e introducendo il bike sharing in quasi tutte le città, la Francia sta facendo invece enormi balzi in avanti. Il ministro dei trasporti francese Frédéric Cuvillier, già impegnato sul fronte ambientale, ha infatti lanciato una nuova proposta che prevede di incentivare i lavoratori che utilizzano la bicicletta con un piccolo contributo variabile tra i 21 e i 25 centesimi a chilometro. L’incentivo statale va a sostituire tutta quella serie di detrazioni fiscali e contributi per l’acquisto di mezzi a pedali, dando una “spintarella” consistente a chi ancora era titubante. Ovviamente la proposta non si esaurisce qui ma prevede tutta un’altra serie di

iniziative mirate ad aumentare e a rendere più sicuri i parcheggi in prossimità di stazioni e metropolitane entro il 2020; inoltre, la possibilità di svoltare a destra anche con il semaforo rosso, cosa che in Belgio e in Olanda è permessa già da diversi anni; l’autorizzazione a circolare non solamente sul lato destro della strada per evitare portiere di automobili e tombini; infine rivolgersi in particolar modo alle grandi aziende, con la creazione di parcheggi personalizzati per i dipendenti che intendono andare al lavoro in bicicletta. Attualmente sono 3 milioni i francesi che usano la bici per recarsi al lavoro tutti i giorni e ben 17 milioni quelli che la usano almeno una volta a settimana. Secondo l’Agenzia francese per l’Ambiente e la Gestione dell’Energia lo stanziamento previsto di 110 milioni di euro per questo progetto farà guadagnare altrettanto in salute e produttività. Obbiettivi principali? Far diminuire gli incidenti stradali, tutelare l’ambiente e migliorare la salute dei cittadini.

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wwwwAw Informazione e cultura locale per un dialogo tra generazioni

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|Nessuno tocchi Agliodo! Su facebook quando piace una foto, un intervento, una notizia… si clicca “Mi piace”. Sull’Eco del Chisone delle settimane scorse è stato riportato il “battibecco” del sindaco Buttiero con il suo assessore Agliodo sulle strategie relative alla città: se fosse stato riportato su facebook anche noi di Pinerolo Indialogo avremmo cliccato “Mi piace”, non perché non vogliamo una giunta coesa o sfilacciata, ma perché vogliamo una Giunta dove ci sia dibattito, qualche idea, qualche fermento. In molti hanno accusato questa Giunta, in particolare il sindaco Buttiero – lo abbiamo fatto anche noi – di non avere idee, ma una volta che ce n’è qualcuna, anche se in conflitto con un’altra teniamola viva, così le idee sono almeno due. Non abbiamo particolari motivi per difendere Agliodo, anzi abbiamo da rimproverargli di non aver raggiunto l’obiettivo della “banda larga” (e sì assessore “ha perso la faccia”, l’aveva detto lei), ma proprio per questo lo difendiamo con maggiore forza, perché chi ha il coraggio di contraddire il proprio capo va sempre difeso, perché avanza il principio del dubbio, intacca il decisionismo dell’uomo solo, del pensiero unico, mantiene aperta la dialettica, ha il coraggio di intervenire in caso di abuso o di errore… e questo non può che essere un bene per tutti.

Antonio Denanni

PINEROLO INDIALOGO Direttore Responsabile Antonio Denanni Hanno collaborato: Emanuele Sacchetto, Valentina Voglino, Alessia Moroni, Elisa Campra, Gabriella Bruzzone, Maurizio Allasia, Andrea Obiso, Rebecca Donella, Andrea Bruno, Chiara Gallo, Cristiano Roasio, Nadia Fenoglio, Giulia Pussetto, Francesca Costarelli, Michele F.Barale, Chiara Perrone, Marianna Bertolino, Federico Gennaro, Demis Pascal Con la partecipazione di Elvio Fassone photo Giacomo Denanni, Francesca De Marco

Pinerolo Indialogo, supplemento di Indialogo.it Autorizzazione del Tribunale di Pinerolo, n. 2 del 16/06/2010 redazione Tel. 0121397226 - Fax 1782285085 E-mail: redazione@pineroloindialogo.it

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Buone News

andare al lavoro in bicicletta

4 Primo Piano

resistere, resistere, resistere!

4 Lettere al giornale

ricordare la resistenza con voci nuove

6 Incontri

pinerolo-torino: patrizia polliotto

8 Politica giovane young

pinerolo città del turismo?

11 Serate di Laurea

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elisa campra e francesca riili

Giovani & Lavoro

alessandro rota, liutaio

Donne del Pinerolese

laura zoggia

14 Vita internazionale

gabriella bruzzone a poitiers

15 Lettera a...

genitori con un’edera rosata

16 Per Mostre & Musei

claudia petacca e i colori

17 Visibili & Invisibili

amnesty: venezuela e i diritti libera: il 22 marzo a latina

18 Musica emergente

i thee-sherpa

19 Andare al cinema

lei

20 Tecnologie & Innovazioni

ecobot???

21 Appunti di viaggio

ai margini del deserto del sahara

22 Cose dell’altro mondo

cose belle e brutte dal mondo

23 Onda d’Urto Eventi

mostra di matteo roetto

24 Amici di Pinerolo Indialogo http://www.pineroloindialogo.it http://www.facebook.com/indialogo.apinerolo http://www.issuu.com/pineroloindialogo


«L’idea mistificante che vogliamo distruggere è quella dell’eroe»

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di Nadia Fenoglio

“Avevamo vent’anni...”

Resistere, resistere,

A settant’anni dalla Resistenza i ragazzi degli Istituti Superiori di P in uno spettacolo scritto e sceneggiato da Elvio Fassone. La rappresen Il 30 aprile andrà in scena al Teatro Sociale di Pinerolo lo spettacolo “Avevamo vent’anni...”, una rilettura della Resistenza scritta da Elvio Fassone e diretta dalla regia del gruppo teatrale CRAB di Torino. Non le gesta ma i pensieri profondi, le scelte laceranti, la vita dura di ogni giorno dei giovani che, settant’anni fa, sentirono dentro l’imperativo di andare, non a combattere una guerra, ma a resistere sui monti per difendere un’idea di libertà. Abbiamo incontrato i giovani di oggi protagonisti del recital, ragazzi e ragazze degli Istituti Superiori di Pinerolo - nello specifico Porporato, Buniva e Curie - alcuni con esperienze teatrali alle spalle, altri alla prima. Sono solo una rappresentanza dell’intero gruppo, che ne conta venticinque. Sono Tommaso, Federica, Francesca, Susanna, Gabriel, Monica, Isidoro e Benedetta.

Ragazzi, raccontateci come è nata l’idea di formare un gruppo teatrale sulla Resistenza. «L’iniziativa è partita da Elvio Fassone» ci spiega Monica «che nel marzo dello scorso anno ha iniziato a lavorare al testo dello spettacolo. Ogni 25 aprile ci troviamo sempre a dire e fare le stesse cose, questo è stato lo spunto iniziale. L’idea è poi stata raccolta dal gruppo di teatro del Buniva e, grazie al professor Ferraris del liceo artistico, sono state contattate altre scuole di Pinerolo. Si è così formato un vero e proprio laboratorio teatrale sotto la guida del CRAB e di Fassone». Da quanto tempo lavorate allo spettacolo? «Da ottobre, quando abbiamo iniziato a lavorare coi maestri del CRAB, che sono veramente bravi. Il lavoro consisteva nel ripensare lo spazio teatrale, la non casualità dei gesti, l’importanza dei movimenti dei muscoli del viso, ad esempio» risponde


«I partigiani che hanno fatto la Resistenza erano persone comuni che provavano emozioni umane» 5

, resistere!

Pinerolo attualizzano quei momenti ntazione il 30 aprile al Teatro Sociale Tommaso. «Il copione vero e proprio lo abbiamo avuto a gennaio» precisa Benedetta «e per prima cosa abbiamo ricostruito, grazie all’aiuto di Fassone, il contesto storico e sociale in cui avremmo dovuto muoverci». Nello spettacolo non c’è un personaggio principale. Tante voci che rompono il silenzio per esprimere se stesse. «Se volessimo usare una facile espressione, si direbbe che la Resistenza l’hanno fatta tutti» commenta Tommaso «è vero, non c’è una trama con un personaggio principale, secondo me per dare più valore a tutti. In fondo la Resistenza l’hanno fatta soprattutto persone provenienti da classi sociali basse, senza un’organizzazione ben strutturata che li guidasse. E si sono giocati tutto, questo è il messaggio che vogliamo far passare. Emozionare, fare sentire viva la Resistenza. Ritrovare la forza e l’orgoglio di lottare per delle idee». segue a pag.10

Ricordare la Resistenza con voci nuove di Elvio Fassone

Aprile 1944, istituzione del primo governo di unità nazionale, dopo il ventennio fascista. La lotta di liberazione prende corpo, i resistenti non sono più dei gruppetti sparuti, ma circa 80.000 persone. Settant’anni fa, una vita. Mi accade di ascoltare la domanda: “Nonno, che cos’è la Resistenza?” e provo due piccoli sussulti. Il primo perché la domanda è rivolta al nonno, saltando una generazione. Il bambino sa, oscuramente, che i genitori non c’erano, il nonno c’era: forse non come protagonista, perché quelli che l’hanno fatta stanno scomparendo tutti, ma ci sono ancora quelli che l’hanno vista, ed a loro bisogna chiedere. Dunque, il nonno ha la responsabilità di rispondere e di spiegare. L’altro moto di sorpresa risiede nell’uso del presente. Non che cosa è stata la Resistenza, ma che cosa è, adesso. Perché il bambino intuisce che la Resistenza come accadimento appartiene al passato, ma come categoria dello spirito si distende nel tempo, senza confini. Resistenza è dire no a qualche cosa che non si può accettare, pagandone il prezzo, anche molto caro. E ogni stagione ha le sue cose alle quali occorre dire di no. E’ per l’incrocio di questi pensieri che ho ritenuto di raccogliere questa responsabilità. La mia generazione è, appunto, quella di coloro che, per ragioni anagrafiche, non hanno fatto la Resistenza, ma l’hanno vista. Dopo questa generazione non ci sarà più nessuno che l’abbia almeno vista e la possa raccontare. Si può replicare che questo in fondo è ciò che càpita a tutti i fatti della storia, destinati a scivolare nel passato e quindi, dopo un certo tempo, ad essere unicamente attestati dai libri, dai documenti, qualche volta dai monumenti. Ma questo fatto è diverso. Perché, pur con tutti i limiti che vanno riconosciuti, la Resistenza è stato il primo e forse unico momento in cui il volgo disperso che nome non ha si è fatto popolo consapevole ed ha cercato il proprio riscatto. Se oggi viviamo respirando libertà, non è per merito dei pur ammirevoli Ettore Fieramosca o Pietro Micca o Carlo Pisacane o tanti altri, ma per la dignità riconquistata agli occhi del mondo da parte di quegli anonimi partigiani, che ci hanno puliti dalla vergogna di avere scatenato una guerra planetaria e averla persa. Allora ho sentito la responsabilità di rispondere non solo ai nipotini, ma anche ai giovani più grandi, che si domandano che cosa è la Resistenza. E ancor più il dovere di dare una risposta anche a chi non si pone la domanda, per indifferenza o per disprezzo. Perché è assolutamente necessario che la memoria non si spenga con la scomparsa dei testimoni. segue a pag. 10


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incon t r i

Pinerolese e Città metropolitana di A.D.

Intervista a Patrizia Polliotto

«A Pinerolo ho riscontrato sempre un ambiente molto serio, ma ora ha perso il potere contrattuale»

L’imminente abolizione delle province e l’arrivo della città metropolitana sta creando un po’ di fermento nella politica locale, in quanto tutto il Pinerolese, secondo il dispositivo di legge, dovrà farne parte. Si tratta di nuovi equilibri di potere nel governo della realtà locale, ma anche di nuove identità da acquisire, sia da parte degli amministratori che dei cittadini. Incominciamo a parlare di questa nuova realtà che avanza con cittadini/e del capoluogo che questa identità l’hanno acquisità da un pezzo. Per prima sentiamo l’avvocato Patrizia Polliotto, pinerolese di nascita, ma residente da decenni a Torino, che periodicamente ritorna nella sua Pinerolo. Ormai da torinese, come vede la nostra Pinerolo? Ci ritorna sovente? Ritorno settimanalmente per lavoro almeno una volta, poi per gli affetti perché qui vivono i miei genitori e quindi Pinerolo è una terra a cui mi sento legata per molti motivi. Inoltre qui ho sempre riscontrato un ambiente molto serio, molto professionale anche dal punto di vista del lavoro, molto più che in altri luoghi. È una buona terra sotto il profilo della serietà. Qualità però che non vengono vendute bene, pare... In effetti ho visto diminuire molto il peso economico del territorio. Ho visto anche persone impegnate nel mondo economico e politico cedere il passo agli interessi personali. Questo ha fatto sì che la città abbia perso dei punti importanti, da ultimo il tribunale, che in quanto avvocato ho sentito particolarmente.

La perdita di realtà economiche forti ha fatto perdere anche il potere contrattuale del territorio. La città metropolitana nasce sicuramente da esigenze economicofinanziarie, ma è anche vero che quando si accorpa è colui che è più forte che accorpa. Che cosa le piace e che cosa la infastidisce di questa nostra città? Da giovane mi infastidiva molto il pettegolezzo e non vedevo l’ora di andar via da questa città. Ma poi sono sentimenti che passano e ora capisco anche in positivo come il controllo sociale sia anche un valore. La cosa che mi piace di più è che qui trovo dei valori di serietà, di onestà che non trovo in altre realtà, come ad esempio la non necessità dei clienti di precisare la transazione degli affari con clausole infinite come si fa di consueto altrove: qui c’è ancora lo spirito della stretta di mano che è la cosa che mi piace di più. Di recente, in una riunione di una decina di docenti universitari del territorio è stato affermato che nel Pinerolese c’è un ottimo sistema scolastico. Come è stata la sua esperienza scolastica? Ho frequentato a Pinerolo tutte le scuole dell’obbligo, fino al Liceo. Credo che per me sia stata in assoluto l’esperienza più importante. La mia vita lavorativa attuale è partita da lì, da una formazione eccellente: non credo che nella vita avrei fatto tutto quello che ho fatto senza questa esperienza. Ho avuto occasione di confrontare la formazione avuta a Pinerolo con quella di altre scuole blasonate, ma non c’è paragone. Il nostro territorio è in una condizione di

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«Alla base della mia vita lavorativa c’è la formazione eccellente avuta a Pinerolo» grave crisi economica, ma anche di identità (perdita del tribunale, della presidenza dell’ASL, ridimensionamento degli ospedali, ecc.). Lei ha qualche idea da suggerire? Una realtà da valorizzare? Ho avuto occasione di esaminare, per conto della Compagnia San Paolo, il corso di Infermieristica che dovrebbe partire all’Università qui a Pinerolo: non so se possa costituire un polo di attrazione. Certamente però qualcosa dal territorio deve nascere. Ci devono essere delle forze che attraggono, è necessario che qui si crei un centro di eccellenza, nella sanità o in altro campo (ad esempio quello dell’ambiente), in modo che le aziende abbiano l’interesse ad investire qui nel territorio dove ci sono le competenze. È intorno a queste eccellenze che si possono costruire nuove forme di impresa. Lei è anche presidente del comitato regionale dell’Unione Nazionale Consumatori. Avete qualche strategia per vivere questa crisi? Noi nel porci dalla parte dei consumatori cerchiamo di fare in modo che la crisi colpisca di meno l’anello debole della catena: questa è la nostra regola di fondo. Allo stesso tempo pensiamo che la nostra azione non debba porsi esclusivamente contro l’azienda, puntiamo a far sì che l’azienda si rivolga a noi in anticipo: è una strategia che punta più alla prevenzione che allo scontro. Tra i sindaci del pinerolese c’è un po’ di fermento per via della nuova area metropolitana. Per la perdita di potere, ma anche di identità: lei che idee si è fatta? Credo che sia un’opportunità. In Italia tutti i cambiamenti sono percepiti negativamente e questo è uno dei mali del nostro Paese. Io credo che questo della città metropolitana si debba interpretare più come un’opportunità che come una perdita di sovranità. Una cosa che agli occhi di una torinese sarebbe a suo parere da valorizzare? Mi ha stupito molto la moria del centro storico di Pinerolo. Mentre il centro storico di Torino pedonalizzato è molto vivo e frequentato, pieno di gente, qui stranamente ho trovato piazza del Duomo deserta. Il centro storico è stato pedonalizzato, è bello, ma è morto come vitalità e non ne ho capito la ragione. Il centro storico è sicuramente una

ricchezza da valorizzare. Poi bisogna coltivare le relazioni; oggi questa terra soffre di un basso livello di persone che si interessano della cosa pubblica. È un bacino ricco culturalmente, ma manca anche di relazioni politico-istituzionali tali da valorizzare questa ricchezza. Sono mancati i personaggi capaci di interloquire con le istituzioni superiori. Il nostro giornale si rivolge a giovani e adulti, ma è fatto quasi esclusivamente da giovani. Come vede il futuro di questi giovani, ha qualche suggerimento da dare? Il futuro dei giovani del territorio non è diverso da quello di altri luoghi. È un momento certamente difficile, ma è anche un momento ricco rispetto al passato di potenzialità, a incominciare da quella della facilità di spostamento. I giovani di oggi oltre ai problemi concreti dovuti alla crisi hanno anche meno sicurezze e meno punti di riferimento e l’essere nati in un contesto familiare che li ha abituati all’agio li ha resi anche impreparati ad affrontare la crisi che stiamo vivendo e questo a mio parere è più forte in provincia che in città. La crisi però ha anche in sè una forte spinta a tirare fuori le energie, l’inventiva che i giovani hanno dentro e questo sicuramente avverrà.

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Politica giovane young di Emanuele Sacchetto

Intervista all’assessore P. Negro

Pinerolo città del turismo?

Dopo la “città della cavalleria”, “la città della cultura”, ora si vuole tentare anche quella di “città del turismo”. Sarà vero? Cosa dice Negro E’ passato del tempo da quando il Sindaco Buttiero ci disse del suo progetto di rilancio di Pinerolo come città del turismo e della cultura. E’ dunque giunto il momento di sentire le proposte dell’assessore Negro, in ambito turistico per l’appunto. In questi tempi abbiamo sentito parlare poco di turismo, e sopratutto abbiamo sentito poche e confuse proposte. Esiste un piano di settore su questo tema? Su cosa vuole puntare l’Amministrazione? L’Amministrazione cerca di fare di Pinerolo ciò che è sempre stata: la città del cavallo. Per far ciò stiamo valorizzando il Museo della Cavalleria, la Cavallerizza Caprilli e la Scuola per Istruttori. Nel Pinerolese infatti ci sono ben 1500/1600 cavalli. Non pochi dunque. Un altro grande progetto che stiamo portando avanti è quello di realizzare le Ippovie del Pinerolese. Questo coinvolgerà 36 comuni e porterà turisti a conoscere il nostro territorio passeggiando a cavallo. E’ evidente che Pinerolo non ha molte risorse turistiche di eccellenza (come Venaria per esempio). E’ necessario dunque valorizzare ciò che più ci contraddistingue sul territorio nazionale e all’estero: il cavallo e il panettone. Inoltre, il nostro progetto è quello di mettere il turismo “via

internet”, in siti come Booking.com, ecc... Non ultimo, poi, il progetto di “Cammini di libertà”, con il quale stiamo creando 6 percorsi cittadini, dei pacchetti turistici per portare visitatori nei week-end a Pinerolo. A dei potenziali turisti, cosa consiglia di vedere a Pinerolo? Naturalmente la nostra forza sono i musei e il centro storico, che bene si prestano a una visita di fine settimana, per staccarsi dalla vita della città e assaporare cibi tipici (numerosi i luoghi in Pinerolo adibiti a questo, come il Mulino di Riva), circondati dal piacevole scenario di una cittadina piacevole da vivere. Un elemento importante del turismo è la mobilità. Avete valutato quanto blocca l’arrivo in città di turisti il treno-lumaca dove si viaggia ancora con dei tempi di percorrenza dell’800? Certo, Pinerolo ha perso l’opportunità di realizzare il doppio binario alle Olimpiadi. Siamo consapevoli della situazione e per questo abbiamo continui incontri con la Regione su questo aspetto. Tuttavia è proprio la Regione a fare da freno, sostenendo che il servizio è ottimale. Il Comune, purtroppo, non può far molto su questo punto.

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9 Parliamo di ecoturismo. Avete progetti per fare dell’ambiente e della sua tutela una fonte di turismo? Il progetto principale è quello di fare di Pinerolo una città della bicicletta. L’amministrazione è pronta a riconsegnare entro 3-4 mesi alcune piste ciclabili terminate e utilizzabili alla cittadinanza. Per quanto riguarda il bike-sharing, il flop è evidente. Tuttavia, l’iniziativa inizialmente ebbe successo, quando ancora veniva gestita dal Comune. In seguito la Regione, avendo preso l’appalto, ne complicò la fruibilità per i cittadini di Pinerolo, obbligandoli ad esempio ad andare a Torino a fare la tessera. Inoltre, gli atti di vandalismo ci hanno costretto a ritirare le biciclette. Tuttavia, stiamo pensando di rilanciare l’iniziativa, creando nuovi punti e pubblicizzandola maggiormente, anche nelle scuole. Parliamo di manifestazioni. L’artigianato, così come impostato finora, mostra una certa stanchezza e carenza innovativa. Avete novità su questo punto?

Personalmente ho una sola cosa su cui vorrei puntare: proporrò in Giunta di dare spazio a gruppi musicali di giovani, fornendo suolo pubblico e allacciamento dell’elettricità, per poter suonare nei vari spazi della città. Un’ultima domanda sul centro storico. C’è finalmente un progetto per valorizzarlo? Su questo punto l’Amministrazione sta cercando di rilanciare sotto l’aspetto dell’arredo urbano. Infatti, il Consigliere Barbero sta portando avanti il progetto. Un esempio è la realizzazione di zone 30 km/h in tutto il centro storico. Non è accettabile l’atteggiamento fatalistico di Negro sul collegamento ferroviario con Torino. Abbiamo l’impressione che su questo punto l’Amministrazione stia sottovalutando il problema. Noi riceviamo numerose segnalazione da parte di giovani che se ne vanno da Pinerolo per stare a Torino per via di questi collegamenti lumaca. Avanti così e a Pinerolo rimarranno solo i vecchi. Oltre alla Regione bisogna rivolgersi all’AMM e a Trenitalia! (A.D.)


Lettere al giornale

PINEROLO

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di Elvio Fassone

“Avevamo vent’anni...”

Resistere,resistere, resistere segue da pag. 6 «L’idea mistificante che vogliamo distruggere è quella dell’eroe» aggiunge Isidoro «nell’immaginario tradizionale, in battaglia ci si aspetta l’eroe, la gioia per la vittoria. Ma i partigiani che hanno fatto la Resistenza erano gente comune che provava emozioni umane – come il panico, ad esempio. E quando si vince non si è felici». «Per questo i nostri personaggi sono quasi sempre anonimi» conclude Gabriel. Avete avuto difficoltà a immedesimarvi in ragazzi che settant’anni fa avevano la vostra età? «Per me non si tratta di semplice immedesimazione durante le prove» risponde Susanna «io ci penso spesso al lavoro che stiamo facendo. Lo ritrovo nella vita quotidiana, certo non esattamente le stesse emozioni ma come una loro eco che mi fa riflettere. Del resto, ci vuole un sacco di lavoro per rendere il personaggio come lo senti davvero tu, per trasmettere le stesse emozioni come le provi tu». «La difficoltà dell’immedesimazione sta nel fatto che è tanto facile sembrare innaturali» chiosa Tommaso. «Non è una realtà immediata, a teatro devi reimparare da capo le cose più semplici e spontanee» prosegue Federica. «Reimparare a parlare, sorridere, piangere. A teatro è diverso» interviene Gabriel. Teatro ed emozione. Un binomio che ritorna spesso nelle vostre parole. «Sì, per me il teatro ha un valore che definirei liberatorio» spiega Tommaso «permette alle emozioni di emergere, tanto più che nel quotidiano. Devono essere emozioni forti, perché più forte l’attore prova un’emozione, meglio riesce a far sentire al pubblico la stessa emozione». A questo Susanna aggiunge: «A teatro occorre parlare forte perché un attore “respira” la scena. E deve raggiungere anche l’ultima fila!». «Oltre a questo, l’attore deve immaginare la scena, anche quella che la scenografia non rende.

E se non lo fai, il pubblico chiaramente se ne accorge. E se non lo fai bene se ne accorge lo stesso!» commenta Isidoro. Resistenza. Nel 1943 i giovani si sono armati per resistere alla dittatura. Oggi c’è qualcosa contro cui bisogna resistere? «Qui sta il significato sempre vivo di Resistenza. Fare oggi una nuova liberazione dei giovani contro nuovi obiettivi, mi sembra lo spirito giusto. Certo i nemici cambiano, allora erano i nazifascisti, oggi il nemico potrebbe essere la crisi economica, la fuga dei giovani all’estero...» commenta Monica. «Resistere all’idea che i giovani di oggi siano fannulloni, senza voglia di lavorare né di sapere, senza voglia di soffrire, di essere combattuti, insomma di mettersi in gioco per degli ideali» aggiunge Tommaso. «Resistere all’ignoranza, all’omologazione» prosegue Federica «alla superficialità, all’abbrutimento mentale, all’irresponsabilità, al conformismo» seguono in coro gli altri ragazzi, un entusiasmo contagioso e una complicità non comune. Resistere, resistere, resistere! Nadia Fenoglio

Ricordare la Resistenza con voci nuove di Elvio Fassone

segue da pag.6 Ho chiesto a dei giovani se si sentivano di interpretare idealmente quelli che furono giovani settant’anni fa. Di entrare nella loro vita di allora, nei loro sentimenti, nelle loro paure, nelle loro scelte. Senza retorica, senza declamazioni o toni esagerati. Ma con uno spirito di possibile identificazione. Perché anche i giovani di oggi hanno paure, frustrazioni, debolezze, nobilitate però dal coraggio quando occorre. Ho trovato risposte che hanno oltrepassato le mie aspettative, e in piccola parte le si può leggere in altra pagina, nella quale si parla dell’esperienza teatrale che sta per nascere. A me compete dire grazie per avere accettato di ricevere il testimone.


in città

Serate di Laurea A cura di Maria Anna Bertolino

Serata di Letteratura Con Elisa Campra e Francesca Riili

Cristina Campo e Dante/Milton Serate di Laurea di Marzo è stata all’insegna della letteratura. Francesca Riili ed Elisa Campra, quest’ultima collaboratrice di Pinerolo in Dialogo, sono due fresche neolaureate in Lettere: la prima ha frequentato un corso di laurea magistrale in Letteratura, filologia e linguistica italiana con una tesi dal titolo Cristina Campo e “La posta letteraria” (1953-1956), la seconda si è invece specializzata in Culture moderne comparate presentando un lavoro intitolato Lucifero e Satana: l’immagine del male tra Dante e Milton. Francesca ha quindi introdotto il suo studio Elisa Campra sulla figura della letterata Cristina Campo e sul suo impegno per “La posta letteraria”, inserto del Corriere d’Adda dedicato alla letteratura italiana e internazionale, analizzando inizialmente le frequentazioni e il clima intellettuale che ha attorniato la scrittrice e poetessa, nonché le influenze esercitate da autorevoli figure quali Simone Weil e Hugo Von Hofmannstahl. Ha poi analizzato i 90 numeri e i 380 articoli inseriti in questi e pubblicati tra il 1953 e il 1956, suddividendoli per provenienza e per sottocategorie (saggi, recensioni, poesie, racconti creativi, autori al primo libro), notando che la Campo preferiva di gran lunga la letteratura straniera, di cui compaiono numerose traduzioni di autori in vita o del passato (dagli esponenti della lost generation a Gertrude Stein o Daniel Defoe, per esempio). La giovane studiosa è poi giunta alle conclusioni per cui sicuramente “La posta letteraria” doveva essere destinata ad un pubblico colto ma soprattutto informato e che alla base vi era la traduzione quale concetto

che racchiudeva l’idea di opera d’arte, intesa come riconoscimento di una parte di sé che ne pretende uno studio attento, in particolar modo da parte del critico. Elisa, invece, si è soffermata sull’analisi della figura del Diavolo come viene disegnata ne La Divina Commedia di Dante (1265-1321) e nel Paradiso Perduto di John Milton (1608-1674). Per far ciò ha dovuto soffermarsi molto sullo studio dei diversi retroterra culturali di cui i due scrittori facevano parte per rintracciarne ideologie, conoscenze e modalità di pensiero e di azione. Il Lucifero dantesco e il Satana miltoniano Francesca Riili risentono infatti fortemente del periodo storico in cui sono stati creati e pare che tra i due non vi possa essere paragone. Tuttavia, seppur emergono grandi differenze nel tratteggio dei due personaggi già solo nella loro rappresentazione fisica, grazie all’analisi comparata Elisa ha potuto evidenziare anche delle somiglianze riassumibili nella caratteristica della dismisura delle loro forme, nella degenerazione del linguaggio a cui i due sono condannati: l’uno, Lucifero, in quanto costretto a divorare i tre peccatori per eccellenza, Cassio, Giuda e Bruto; l’altro, Satana, che aveva fatto dell’oratoria la sua arte, in quanto alla fine della narrazione viene trasformato in un serpente. Ed infine la prigionia: per Lucifero l’essere bloccato nel lago del Cocito, le cui acque vengono ghiacciate dal suo sbattere d’ali nell’estremo tentativo di liberarsi, per il Satana miltoniano si tratta di una prigione, quella del male, che lo perseguita in ogni sua azione.

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Giovani@Lavoro

Società

di Elisa Campra

Alessandro Rota, liutaio di chitarre

Un lavoro dove la passione conta

«Ogni strumento è fatto su misura di chi me lo chiede» Un liutaio a Pinerolo mi sembra una novità, sei il primo e l’unico? Non sono l’unico a fare questo lavoro, in Pinerolo c’è anche Bonini, ma mentre io mi occupo di chitarre e bassi lui costruisce violini. È sciocco farsi concorrenza nella stessa città. Ci spieghi in che cosa consiste il lavoro del liutaio? Principalmente il liutaio dovrebbe occuparsi di costruire gli strumenti, ma molto spesso si lavora sulle riparazioni. Sarebbe bello poter scegliere di creare e basta, ma in questo periodo non è possibile. Mi sembra di capire che sia un lavoro per veri appassionati, non una carriera da intraprendere a scopo puramente redditizio. Ciò che conta davvero in questo lavoro è la passione e la volontà di realizzare uno strumento che soddisfi pienamente ciò che il committente desidera. Soprattutto all’inizio la strada è difficile, si deve far esperienza e capire davvero cosa vuole il cliente. Ogni strumento infatti è fatto su misura per chi me lo chiede: ogni volta che ne costruisco uno voglio che soddisfi pienamente le aspettative. Il lavoro del liutaio è importante proprio perché permette di costruire uno strumento che dia esattamente il suono che desidera chi lo usa: questa è la grande differenza tra ciò che viene creato a mano in un laboratorio e un prodotto dell’industria. Per questo motivo sono un po’ riluttante quando mi chiedono di costruire le chitarre da studio, ovvero quelle con cui i principianti iniziano a suonare. Per cominciare va bene una chitarra da “grande distribuzione”, il mio lavoro è utile quando chi suona cerca qualcosa di più

specifico. Come hai incominciato? Ho iniziato a suonare quando avevo tredici anni; mi sono accorto che non mi piaceva la chitarra che avevo comprato e così ho deciso di costruirmene una da solo: da lì è cominciato tutto. Qui a Pinerolo hai un posto dove lavorare? Sì. Il garage è diventato il laboratorio in cui costruisco gli strumenti. Quanto può costare una chitarra fatta da un bravo liutaio? Dipende. Si va dagli 800 euro per una chitarra per principianti, ma dato che, come ho detto, gli strumenti creati da un liutaio sono costruiti in funzione del suono che si vuole ricercare, il prezzo dipende anche dall’uso dei materiali. Per una chitarra o un basso dal suono più “specifico” si parte dai 1200 euro. Hai partecipato a fiere o concorsi nell’ambito della costruzione degli strumenti? Sì, sono andato a Sarzana, all’Acoustic Guitar Meeting. In quell’occasione un giornalista che lavorava per una rivista musicale di Torino ha scritto un articolo dopo aver visto il mio lavoro. È stata una bella soddisfazione. D’altra parte io non mi faccio pubblicità, i committenti arrivano grazie al passaparola tra clienti e forse anche grazie ad articoli del genere. Hai progetti per il futuro? L’idea è quella di andare all’estero. Quando si decide di andare a vivere altrove credo sia utile portare qualcosa con sé, a livello di conoscenze professionali, in modo da poter offrire un prodotto diverso dagli altri, che non si possa trovare ovunque.

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Società

Donne del pinerolese

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di Fanny Bounous

Laura Zoggia di Svolta Donna «Nel nostro territorio abbiamo delle belle figure di donne, anche se spesso lavorano ‘dietro le quinte’»

Pinerolo Indialogo avvia questa nuova rubrica sulle donne del pinerolese, in vista o meno. La curerà Fanny Bounous, ostetrica, con la collaborazione dell’equipe de La Mandorla. Incominciamo con una intervista a una delle donne più attive sul territorio, Laura Zoggia, sindachessa di Porte, nonchè presidente di Svolta Donna, una delle associazioni a favore delle donne altrettanto attiva. Come vede questa nostra rubrica sulle donne del pinerolese, può essere utile per dare visibilità all’altra “metà del cielo”? Credo che sia davvero una bella iniziativa, perchè nel nostro territorio abbiamo delle donne di una certa importanza, anche se spesso lavorano un po’ “dietro le quinte”. Ci racconti di sè, a incominciare dal suo impegno politico, che è il campo dove si è impegnata di più in questi ultimi anni. Come è nata questa passione? Tutto nasce, come sempre nel mio caso, dal mondo del volontariato. Infatti dal 1990 al 1995 sono stata presidente del Gruppo Sportivo di Porte, in seguito sono stata consigliere comunale, poi assessore e dal 1999 sono diventata Sindaco. Io però non mi ritengo una politica, preferisco definirmi un “amministratore”, cioè una che cerca di risolvere le cose nel modo migliore e nel minor tempo possibile. Io credo che i nostri piccoli comuni abbiano bisogno di “amministratori”. Lei è anche presidente dell’Associazione Svolta Donna. Ci dice di che cosa si occupa in particolare? L’idea di Svolta Donna nasce alcuni anni fa, dopo un’iniziativa contro la violenza sulle donne, tenutasi a Porte, in occasione della festività dell’8 Marzo. Ci siamo subito attivati per avere l’appoggio dell’ASL e della Procura, per trovare una formula che potesse funzionare come aiuto e supporto alle donne del territorio vittime di violenza, ed abbiamo individuato come strumenti privilegiati l’ascolto telefonico e le consulenze gratuite da parte di specialisti (avvocati, medici, assistenti sociali ecc...). Siamo ufficialmente attivi del Gennaio 2008, e il primo anno si è speso principalmente per capire la realtà del territorio: già in quel primo anno

ben 150 donne si sono rivolte a noi, testimoniando così che anche il pinerolese in fatto di violenza è in linea con il resto dell’Italia. Allora, attraverso volontarie che si sono via via specializzate, abbiamo allargato il nostro raggio d’azione, andando nelle scuole superiori; abbiamo istituito un punto di ascolto presso l’ospedale di Pinerolo e stiamo lavorando affinchè Svolta Donna diventi il centro di riferimento antiviolenza per tutta l’ASL TO3. Lei prima di fare il sindaco ha svolto una professione che mi tocca da vicino. Ce la racconta? Ricordo sempre con piacere i 25 anni in cui ho lavorato per il Prof. Trompeo. Formalmente ero una segretaria che avrebbe dovuto occuparsi di contabilità, ma il professore mi ha sempre lasciato molto spazio arricchendomi di molte nozioni di ginecologia ed ostetricia. È stato un lavoro che mi ha gratificata molto, e ho svolto con passione. Come vede la situazione del pinerolese, in riferimento anche alla condizione della donna? Innanzitutto ritengo che, per crescere, sia necessario sempre guardare avanti e mai fermarsi a commiserarsi. In secondo luogo, ritengo che nel pinerolese abbiamo delle belle “figure” di donne; gradualmente infatti, anche sul nostro territorio, un buon numero di figure femminili hanno iniziato a raggiungere posizioni di rilievo (come sindaci, nel volontariato, o professionalmente). In questo momento di crisi nel nostro territorio ci sono delle bellissime figure femminili che fanno cose grandi all’interno di associazioni, come volontarie e quant’altro. Facciamo una puntatina a livello nazionale, sulla parità di genere, che cosa ne pensa delle quote rosa in politica? Io sono contraria alle quote rosa, poiché le ritengo una cosa assolutamente riduttiva; la donna deve essere trattata alla pari dell’uomo: dunque, così come un uomo, deve dimostrare le proprie capacità e la propria sufficiente professionalità per ricoprire una determinata carica.


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così per il mondo

Vita internazionale di Alessia Moroni

Intervista a Gabriella Bruzzone

Buone News da Poitiers Gabriella, redattrice della rubrica “Buone News” del nostro giornale, vive e studia a Poitiers da ormai tre mesi, grazie al programma Erasmus. Laureata in Culture e Letterature del Mondo Moderno, prosegue gli studi nel corso di Laurea Magistrale in Culture Moderne Comparate, quasi volto al termine. Nel bel mezzo della sua avventura, ci dedica qualche minuto per raccontarcela. Sei al secondo anno della Laurea Magistrale, raccontaci la tua formazione e come mai hai deciso di partire. Sin da ragazzina ho sempre avuto l’idea di fare un’esperienza all’estero. L’Erasmus è arrivato all’improvviso: ho visto il bando e ho pensato che avrei avuto solo più un anno per fare un’esperienza del genere. Ho colto subito l’occasione e mi hanno quindi assegnata a Poitiers. Qui studio “Livres et Médiation”, una sorta di mediazione culturale. Di che si tratta esattamente? E’ un corso di Laurea che qui in Italia, da quanto ne so, non ha simili. C’è una parte tutta dedicata all’editoria, sia a livello teorico che pratico e una riguardante la comunicazione del testo, ovvero seminari di letteratura in cui si spiega come un determinato tema venga comunicato. E’ un percorso di studio molto più pratico: abbiamo fatto anche un progetto editoriale. Ovviamente i corsi sono tenuti in Francese. Lo hai mai studiato prima dell’Erasmus? Sì, mi sono diplomata al Liceo Linguistico e grazie al Professor Guillot e alla Professoressa Primo ho raggiunto un buon livello della lingua. Sono quindi partita abbastanza avvantaggiata e qui, stando con le mie compagne francesi, facendo le

commissioni e vivendo da sola, ho avuto la possibilità di perfezionarmi. Mi sento abbastanza sicura, tanto da voler sostenere l’esame per il livello C2. Frequenti solo amici francesi o hai legato di più con gli studenti internazionali? In realtà appena arrivata, c’erano pochissime persone nella residenza dove vivo, perchè era ancora tempo di vacanze di Natale. Ho subito fatto amicizia con una ragazza cinese e da quando ho incominciato l’università ho trovato un gruppo di italiani, ho legato con altri internazionali e francesi. Qui è difficile trovare qualcuno proprio originario di Poitiers. Perchè? Perchè Poitiers è cittadina universitaria e raccoglie moltissimi studenti da fuori, non solo francesi, ma anche internazionali. A questo proposito, ti piace la città e come ti trovi? Subito ero un po’ scoraggiata perchè mi sembrava come Pinerolo e, per quanto mi piaccia, volevo qualcosa di diverso. Poi però ho scoperto che il giovedì è serata universitaria, quando ci sono giornate di sole escono tutti di casa e c’è molto più verde rispetto a noi. Non ci vivrei per sempre, ma mi trovo molto bene. Il tuo ritorno, se non sbaglio, è a giugno. Quali sono i tuoi progetti futuri? Intendo tornare e laurearmi. In primis cercherò poi un lavoro a Torino. Ho sempre desiderato rimanere in Italia, perciò prima di considerare le opportunità fuori, Torino ha la precedenza.

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Lettera a...

dal tempo

di Cristiano Roasio

Lettera a...

Genitori con un’edera rosata

Crescere è sbagliare e trovare non già le soluzioni ma la maniera migliore di... Se un padre appena divenuto tale entra in libreria con la ferma intenzione di comprare testi di matematica applicata e scienze per sic - un esperimento, dicono che apprendono tutto se glielo si legge – e sentendo, leggendo, questo discorso vi sale un brivido su per la spina dorsale, ebbene questa lettera è per voi; meglio, è per tutti i padri e le madri che a cavallo della primavera vengono festeggiati quantomai ovviamente nella loro funzione genetica. I veri genitori, in fin dei conti, dovrebbero essere coloro che già hanno stabilito, o quantomeno ne sono discretamente certi, di non prolungare la specie. Il perché? Molto semplice giacchè solo loro si sono posti tutti i problemi che la pedagogia di un figlio comporta e, a differenza di chi ha fatto tabula rasa, l’unico modo, un salto logico del tutto irrazionale verso la cancellazione di ogni convinzione personale e una incerta fiducia nel futuro, hanno deciso di passare oltre. Alla Homer, crescere è sbagliare e trovare non già le soluzioni ma la maniera migliore di camuffare lo sbaglio, via via sempre più grosso, una sorta di palla di neve paranoica piena di tutte le possibilità mancate che rotola a valle con gli anni. Solo un genitore consapevole di ciò potrebbe insegnare davvero ad un figlio il modo migliore di affrontare la realtà. Invece quello che sperimento, percepisco e vedo e conosco è: genitori iperprotettivi che pensano che si riesca ad affrontare meglio il futuro con dei calzini piegati nel cassetto o con un edera rasata sul muro. Intere categorie generazionali fervidamente convinte che avere un lavoro ripetitivo, mettere benzina più sovente delle volte in cui ci si ferma chessò a guardare una parola sul dizionario o osservare una lentiggine sul volto amato o ancora a guardare una tartaruga passeggiare (sto andando un po’ sul patetico ma almeno la semplicità ovvia e scontata intercala bene con un discorso che è cattivo e violento), vivere da soli e pagare le tasse sia sintomo di responsabilità. Genitori

disposti a dare qualsiasi cosa ai propri pargoli in modo da trasformarli in future termiti giganti tronfie di flebile sicumera commerciale. Bambini fastidiosamente autocoscienti e autodeterminati da dimenticare il naturale relativismo esistenziale: per dirla più facile, bimbi che dicono, e forse credono, le stesse scemenze retrograde e antepolliceopponibile del corredo genetico che li ha creati. Bambini, futuri consumatori, immersi nel liquido amniotico di una parola, “crisi”, che indica sì una situazione economica ma, diciamolo

tranquillamente: non esiste da un ottica un po’ meno consumistica. O al massimo può esistere come cambiamento, come paradosso col quale confrontarci, un’occasione e non come piagnisteo pubblico. Si diventa adulti quando mamma e papà diventano soltanto delle feste sul calendario. Arriva un momento in cui si capisce che quelle persone, che sicuramente nella rozza maniera evoluzionistica ti amano e che tu, nel banalotto amore da gratitudine dovuta ami, appaiono vecchie, stanche e, che non erano infallibili spero tu lo abbia già capito molto tempo fa, incapaci di aiutare chicchessia figuriamoci te stesso. Ed è allora che ti viene voglia di avere dei figli, per avere l’illusione che esista qualcosa da aiutare per aiutarti. Ma non è così.

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società

Per Mostre e Musei A cura di Chiara Gallo

Piccole città... “Promettenti artisti”

Claudia Petacca: “Ammiro lo stile di Bacon” “Sono attratta da quegli artisti che rielaborano molto il colore” Attualmente studentessa presso l’Accademia di Belle Arti di Torino, Claudia Petacca continua il suo percorso nella pittura, iniziato al Liceo Artistico di Pinerolo. Le tecniche che predilige sono tuttavia molteplici e le sue tematiche molto differenti. La ricerca è al centro del suo impegno, tuttavia in quanto giovane artista non mancano soddisfazioni e difficoltà. Com’è la vita da studentessa di Belle Arti? Non posso negare che sia impegnativa. L’insegnamento è di base classico, facciamo molte ore e spesso gli insegnanti sono duri e severi, ma so che tutto questo mi sarà utile nel prossimo futuro, devo continuare ad esercitarmi in modo tale da costruire un mio stile ed una mia personalità cambiando e sperimentando sempre. La passione per ciò che faccio è tutto. Ad oggi qual è la tua tecnica e quali sono le tematiche che preferisci trasmettere sulla tela e a chi guarda? Avendo scelto pittura ovviamente preferisco gli oli su tela e poi carboncino o matita come studi preparatori. Con il colore si può comunicare molto, soprattutto a livello espressivo,

riuscendo così a creare una sorta di connessione con il pubblico. I miei sono soggetti complessi e spesso non sono del tutto apprezzati, ma questo non mi scoraggia assolutamente. Vorrei che i miei quadri suscitassero emozioni per quanto forti esse possano essere. Ci sono artisti del passato o del presente a cui ti ispiri o che ammiri? Ammiro molto lo stile di Francis Bacon sicuramente. Per quanto riguarda il contesto contemporaneo sono attratta da quegli artisti che rielaborano molto il colore e lo usano per colpire l’animo del fruitore. L’astrattismo mi incuriosisce e lo apprezzo a livello concettuale e di ricerca, ma sicuramente non si riflette e non lo si ritrova sui miei lavori. Che consiglio daresti ad un giovane che si affaccia su questo mondo? L’unica cosa che posso consigliare è di non farsi mai scoraggiare. Se si ha un’inclinazione per una tecnica o per una determinata tematica, occorre seguirla. Non pensare solo al futuro perché spesso è più lesivo che altro. Non si sa mai cosa può capitare nell’avvenire quindi è fondamentale lavorare sodo e seguire il proprio istinto cercando di creare sé stessi ed un proprio stile, senza preoccuparsi eccessivamente.

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diritti umani

Visibili & Invisibili

gruppo giovani amnesty international

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Venezuela: Diritti Umani in pericolo Dal “lontano” 4 febbraio 2014, data in cui sono iniziate le proteste in Venezuela, 37 persone sono state uccise, più di 550 sono rimaste ferite e il numero degli arresti è salito oltre quota 2000. Sono questi i numeri di una forte azione di opposizione del popolo venezuelano che negli ultimi anni è stato schiacciato da un profonda crisi economica, da un’inflazione che tocca il 50% e da carenza di beni e servizi di base. La “storia dei diritti umani” del Venezuela inizia nel 1999 quando, con l’approvazione della nuova carta costituzionale, le istituzioni si impegnano formalmente nel rispetto delle garanzie fondamentali . La storia recente del Venezuela, tuttavia, è un alternarsi di proteste e periodi di relativa pace sociale durante le quali il governo, sebbene si sia impegnato nel migliorare alcuni servizi di base,

tra i quali l’accesso alle strutture sanitare e all’istruzione, la recente crisi economica ha acuito particolarmente le differenze sociali. Amnesty International è profondamente preoccupata per la reazione violenta da parte delle autorità e delle forze dell’ordine: numerose sono state le denunce ricevute da Amnesty rispetto a episodi di tortura e di eccessiva violenza nei confronti dei manifestanti, sia nelle piazze che nei luoghi di detenzione; decine di denunce e segnalazioni, poi, provengono da giornalisti e organizzazioni che lavorano per la difesa dei diritti umani che lamentano minacce, aggressioni e arresti arbitrari. Una forte attenzione da parte di tutte e tutti noi e una maggiore pressione da parte della Comunità internazionale possono rallentare e fermare una crescente crisi per la tutela dei diritti umani.

Il 22 marzo a Latina Lo scorso 22 marzo, a Latina, si è tenuta la XIX giornata dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia, organizzata da Libera e Avviso pubblico. La città si è riempita di giovani, anziani, famiglie e bambini. Oltre 100000 persone hanno marciato contro le mafie. In testa al corteo vi era don Luigi Ciotti, il quale ha affermato: “Siamo qui a Latina anche per chiedere giustizia per Don Cesare Boschin, perché dalla sua finestra vedeva camion che quotidianamente arrivavano a Latina e che trasportavano fusti tossici ed è morto in circostanze ancora da chiarire. Anno dopo anno è cresciuta la coscienza in tanta gente: sono migliaia le scuole che portano avanti progetti in tutta Italia. Ecco la cultura può dare una sveglia alle coscienze”. Il riferimento di Don Ciotti a Don Cesare Boschin riguarda il parroco ucciso in circostanze misteriose a Borgo Montello nel 1995. Le indagini non hanno mai chiarito la reale dinamica di quel delitto anche se era noto l’impegno del sacerdote contro il traffico di rifiuti in provincia di Latina. Egli ha proseguito il discorso dicendo: “Le

a cura di Chiara Perrone

nostre antenne di cittadini e associazioni ci dicono che qui le mafie non sono infiltrate, sono presenti. Fanno i loro affari nel settore dell’economia e della finanza. Se fosse solo un problema di criminalità basterebbero le forze dell’ordine ma è anche un problema di case, di povertà e di politiche sociali”. Questo già può farci riflettere a lungo, ma il messaggio che dobbiamo fare nostro e ricordare in ogni momento, lo possiamo trovare nella parte conclusiva del suo discorso: “Il modo di fare memoria per le vittime della mafia è quello di impegnarci 365 giorni all’anno. Nel nostro Paese la legalità è sulla bocca di tutti, anche di chi la calpesta quotidianamente. La storia dell’Antimafia, questa parola, è una espressione che è diventata più un luogo comune: a parole tutti, in Italia, dicono che si impegnano contro la mafia ma bisogna farlo davvero, tutti i giorni”. Ha infine salutato la folla che lo ascoltava affermando che i giovani sono meravigliosi e che: “ Per vivere ci vuole coraggio, non perché la vita sia spaventosa, ma perché la vita così è più vera”.


musica

Officine del suono

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di Isidoro Concas

M u s i c a emergente

Tee-Sherpa

Tee-Sherpa, al secolo Tito Pasini, classe 1994, è un rapper e beatmaker di Torre Pellice. È recentemente uscito in free download il suo primo mixtape di inediti intitolato “Dropped in the World Pt.1” (potete trovare il link sulla pagina Facebook OFFICINA PROD), e per l’occasione ci siamo incontrati per parlarne. Allora Tito, il tuo primo disco è del 2013 ma sei in attività già da diversi anni, con all’attivo diverse collaborazioni, concerti e jam. Come è nata questa tua passione per l’hip-hop? La passione per l’hiphop nasce come tutte le altre passioni. Per quanto mi riguarda, a spingermi nel suono è stata la voglia, l’impulso, l’istinto che ho sentito nel dover dire qualcosa. In una società che punta alla vanificazione delle parole, tocca trovare il mezzo di comunicazione più efficace, che per mia opinione è la musica. La mia non è carriera, è amore per il suono. Il suono ho imparato a gestirlo avendo a che fare con persone appassionate come me, dalla valle da cui provengo e nei dintorni. Nel tuo lavoro si può osservare una grande attenzione nella scelta dei beat, con nomi come Eskmo ed Emancipator, e molte produzioni originali, alcune di tua stessa fattura. Qual è il rapporto tra le tue liriche e la musica? È il testo che determina la musica o il beat influenza il testo? Come sono nate le tracce in cui anche il beat è di tua produzione? La musica è riproduzione sonora della vita e nasce nello stesso modo in cui nasce un qualsiasi altro essere: tu sei nato e il mondo ha influenzato la tua crescita, ma è chiaro che, allo stesso modo, tu abbia avuto ed avrai la responsabilità di influenzare il mondo che vivi. I miei testi nascono da ispirazioni che mi dà la vita in sè. I beats che Phine, Tuzzy, Joeb da Volvera producono influenzano direttamente la mia vita e questo modella i miei testi. Le autoproduzioni sono nate in maniera assolutamente casuale, lo stesso vale per

i beat di produzione estranea, a volte a distanza di mesi mi accorgevo che il testo appena scritto funzionava perfettamente sul beat prodotto mesi prima. L’arte è caso e caos a volte, come la vita. Le tematiche che tocchi nei tuoi testi sono svariate e spesso molto serie: qual è la tua opinione sulla scena hip-hop italiana attuale, riguardo gli argomenti? Gli argomenti sono un fatto delicato. Ben sappiamo che la stessa cosa vista da due persone diverse può colpire una e lasciare l’altra indifferente. A volte una tematica viene sviluppata all’insegna di un messaggio che poi viene ignorato o sottovalutato. Credo che l’importante sia comunicare con il cuore. Purtroppo mi rendo conto che esso è spesso tralasciato nei testi e nelle argomentazioni del più recente hip-hop italiano, tuttavia rimane chi rappa con passione, sacrificando la fama. In questo momento stai facendo un anno di volontariato in Repubblica Ceca, trovandoti a dover usare altre lingue oltre all’italiano per comunicare: come ha inciso questo fattore linguistico sulla stesura dei pezzi? Usare linguaggi che non sono i miei mi insegna a trovare l’essenziale nel discorso e a rendere il parlato più chiaro possibile per l’interlocutore. La schiettezza del testo e la sua nettezza sono un concetto introdottomi dall’hip hop di Digi e Joeb, grandi riferimenti per quanto riguarda la comunicazione.Oraquestoconcettolostostudiando da più vicino, avendo a che fare con persone che il 60% delle volte faticano a comprendermi. Bene, grazie per l’intervista! Prima di lasciarci, quali sono i tuoi progetti per il futuro? Ora sto progettando un disco, probabilmente prodotto per intero in Repubblica Ceca, in cui coinvolgerò gente di altre nazioni e orientamenti musicali. In futuro è chiaro che tornerò a produrre in Officina, con gli amici Parsi, Phine, Siu ed altra gente con cui non vedo l’ora di tornare a suonare.


Andare al cinema

società

di Andrea Obiso

un film d’amore e tecnologia

LEI

Regia: Spike Jonze, Attori: Joaquin Phoenix, Amy Adams, Rooney Mara, Olivia Wilde In un futuro vicino, e non meglio identificato, Theodore vive con fatica la recente separazione da sua moglie Catherine. In suo soccorso arriva Samantha, un nuovo sistema operativo che riesce ad apprendere e ad empatizzare con lui al pari di un vero essere umano. Queste caratteristiche porteranno Theodore ad innamorarsi del proprio sistema operativo (la cui voce originale è di Scarlett Johansson) che sembra capirlo profondamente pur non sapendo cosa si prova ad avere un corpo e a vivere delle emozioni. Spike Jonze firma una sceneggiatura (premiata con l’Oscar) che colpisce nel segno già dalle prime scene. In un mondo dove il contatto umano è ridotto ai minimi termini da una tecnologia troppo invasiva Theodore trova conforto amoroso nel proprio sistema operativo,

ignorando le differenze che lo separano da un software privo di anima e corpo. L’analisi della nostra società è spietata come spietata è la comprensione che lega lo spettatore a Theodore, il quale è vittima delle proprie frustrazioni, della propria insicurezza e della solitudine che caratterizza la sua vita. Necessario sottolineare, oltre all’ottima prova di regia e cast, quanto incida la voce roca e ipnotica di Scarlett Johansson (premiata al Roma Film Festival per la migliore interpretazione femminile). L’atmosfera che si viene a creare nella pellicola porta lo spettatore in questo mondo così lontano e allo stesso tempo così realistico, guidandolo ad una conclusione che, per quanto efficace e poco sorprendente, apre più di un interrogativo sul nostro rapporto con il futuro.

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società

Giovani,Tecnologia@Innovazioni a cura di Greta Gontero

EcoBot??? EcoBot??? è la terza generazione di una gamma di automi nati nel 2002, grazie ai ricercatori dell’Università di Bristol, proprio per rendere più pulito il nostro pianeta. L’ecologia è, infatti, alla base della creazione di questi robot che si nutrono esclusivamente di rifiuti organici, per poi ricavarne energia. Questo è possibile perché sono composti da microbi che riescono a digerire i rifiuti e a trasformarli in energia pronta all’uso, grazie a celle a combustibile microbiche. Questa terza “generazione” di EcoBot può nutrirsi davvero di tutto e i suoi rifiuti saranno l’elettricità che gli permetterà di funzionare: la sua “vita” potrebbe essere infinita, poiché i microbi al suo interno (finchè trovano da mangiare) possono sopravvivere e riprodursi. Questo tipo di robot è quindi fondamentale: troverà applicazione nelle case, dove potrà smaltire rifiuti di qualsiasi tipo e trasformarli in energia elettrica! Si attende perciò con grande entusiasmo l’arrivo di EcoBot, che salverà il nostro pianeta dalla sporcizia e produrrà energia in modo pulitissimo.

I Meta Space Glasses L’idea è stata ispirata da Iron Man quando camminando per la stanza raccoglie ologrammi e poi li plasma e modifica uno ad uno. Meta Space Glasses sono occhiali in stile aviatore che permettono a chi li indossa di vedere e interagire con oggetti virtuali in uno spazio 3D. Creati da Manos Gribetz, israeliano CEO 28 anni, Ben Sand, australiano COO 31 anni, sono dotati di minuscoli proiettori che riflettono l’immagine del proprio smartphone, computer nello spazio, mentre i sensori rilevano la presenza delle mani: questi due elementi consentono l’interazione. Per creare l’interfaccia Meta ha assunto Jayse Hanson, colui che ha realizzato il

display interattivo di Iron Man. Oltre ai sensori, gli occhiali incorporano microfoni per il suono e il riconoscimento vocale, una mini-macchina fotografica e una telecamera. Per realizzare il progetto i due fondatori hanno ottenuto 200mila dollari con Kickstarter. Il progetto ha avuto un buon successo nei pressi di San Francisco a tal punto che due ingegneri di Google, un impiegato di Microsoft e uno della NASA, hanno lasciato le rispettive aziende per unirsi a Meta. Mentre i due fondatori pensano a come usare gli Space Glasses nel fashion system, il prodotto sarà disponibile sul mercato il prossimo settembre.

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società

Appunti di viaggio

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di Mauro Beccaria

trek in marocco

Ai margini del deserto del Sahara Pietre e sabbia: un trek nella Valle del Draa, ai margini del grande deserto del Sahara Il mese scorso ho intrapreso un cammino alla ricerca di oasi, dune, laghi, al di là dei monti dell’Atlante. Quando si fa un trek, la prospettiva della giornata è molto diversa da quella cui si è abituati, nella nostra vita da occidentali civilizzati. Niente orologio, né tv; niente onde radio, niente web. Sveglia alle prime luci del sole, colazione sostanziosa e cammino su sentieri, sassi, sabbia, rocce... Il deserto non è solo dune, ma varia in relazione alla latitudine e alle condizioni atmosferiche. Pausa alla ricerca di un po’ d’ombra e di siesta, sotto quell’unico albero che la guida sa ritrovare lungo le peregrinazioni che ben conosce. Si riprende il cammino fino al tardo pomeriggio, si monta la tenda e ci si trova insieme agli amici, intorno ad un fuoco. Il tramonto lo si ammira in silenzio, ognuno sulla “sua” duna, immerso nei pensieri e nei ricordi di casa, metabolizzando le immagini del giorno appena trascorso. Lunghe chiacchierate e fragorose risate accompagnano la cena. Il pane viene cotto nella cenere, sotto le braci: si scrolla un poco e si spezza: non ne avanza nemmeno una briciola. Perché ci si mette in cammino? Anche per questo, per costruire rapporti veri.

Proverbiale la risposta della nostra guida Mohamed a Maria: Quanto ci vuole per arrivare? - 20 minuti. Sempre così. Ma quanto durano questi 20 minuti? Meraviglioso camminare sulla sabbia a piedi scalzi, godendo passo dopo passo, salendo e ridiscendendo dai crinali, con uno spettacolo dinnanzi di enormi onde di sabbia, un piede sul lato in ombra, fresco, un piede sul lato illuminato e tiepido, finché la temperatura lo consente e non ti frigge. Il caldo secco dalla mezza mattinata, fino al primo pomeriggio, ti prosciuga. Il vento, comparso improvviso da mille direzioni, ti acceca. Nonostante i turbanti, gli occhiali, le sciarpe... gli occhi bruciano! La sabbia sottile si infila ovunque, si sente stridere sotto i denti e pizzicare nel naso. Alla sera ci si pulisce il viso a malapena con le salviettine umidificate: niente doccia! Fino all’oasi dove c’è un pozzo cui attingere con un secchio, a turno: prima le donne e poi gli uomini. Un intenso té marocchino ed il sapore dell’amicizia sono il ricordo vivissimo di una lunga camminata. Martedì 8/4, h 17,30, alla Mondadori in piazza Barbieri a Pinerolo, proiezione del Camino de Santiago a cura di Mauro Beccaria e Franco Vecco. Prossimamente presso la stessa sede una proiezione del trek in Marocco di cui sopra.


Cosedell’altromondo

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di Massimiliano Malvicini

11 marzo 2014 – Indipendenza della Crimea La cosiddetta “crisi ucraina” ha una svolta decisiva l’11 marzo 2014, quando la Repubblica autonoma di Crimea si dichiara indipendente a seguito delle pressioni della popolazione filo-russa. A seguito di questo atto sono note le varie vicende che si sono sviluppate nel campo delle relazioni internazionali tra le varie potenze mondiali. Ad oggi la Repubblica Ucraina non riconosce la qualifica dell’indipendenza e considera la regione come territorio occupato, segno che la crisi è ben lontana dal risolversi sia sul piano politico che su quello giuridico.

È bene ricordare però che la crisi ucraina venne alla luce nel novembre 2013 con le manifestazioni dell’”Europiazza” a seguito della sospensione dell’accordo di cooperazione tra il governo ucraino e l’Unione Europea anche se il malessere politico del paese è manifesto fin dal 2004 quando la cosiddetta “Rivoluzione arancione” fece breccia nelle notizie internazionali per la veemenza con cui furono denunciati i brogli elettorali. Un paese che non ha ancora trovato una fase di stabilizzazione della democrazia.

21 marzo 2014 – Twitter si spegne in Turchia

Il governo turco ha bloccato l’accesso a Twitter a tutti i suoi cittadini.Dopo aver minacciato di interdire il social network il premier Erdogan ha deciso di intraprendere questa misura dopo che il network avrebbe pubblicato intercettazioni che lo coinvolgono in uno scandalo di corruzione. Le reazioni della Comunità internazionale non sono mancate ma ciò che dovrebbe far riflettere è che la libertà di espressione e di pensiero non è garantita

ovunque come invece viene tutelata dalla nostra Costituzione. Sono ancora molti i paesi che nel 2014 a causa di particolari tradizioni giuridiche e religiose non consentono il pieno dispiegarsi della libertà d’informazione, tale rimane un problema che molte volte viene mal compreso e che possiede le sue specificità a livello non solo ideologico ma anche culturale.

Televisione monamour, italiani e la tecnologia

È uscito l’Annuario Scienza, tecnologia e società del 2014, del centro studi “Observa Science in Society” dell’Università di Trento e di Firenze e, per la prima volta, in esso è stata introdotta un’analisi della scienza nella società italiana degli ultimi dieci anni. Le statistiche dipingono un quadro grigio: quasi il quaranta per cento dei cittadini italiani è completamente tagliato fuori dalle tecnologie digitali, rispetto alla media europea, che prevede una media dei tecnoesclusi di circa il 20%. Televisione mon-amour, relazione antica ma

resistente: aumentano, infatti, le ore medie di consumo televisivo giornaliero, passate rispetto alla precedente edizione (oltre quattro ore) diventando il quinto dato tra i Paesi Ocse. Rimane quindi da capire, in base alle statistiche, in quale direzione dovrebbe muoversi la cultura: l’Italia vanta infatti una grande tradizione che potrebbe svilupparsi anche secondo questo canale, il dubbio però si sposta sul tipo di cultura che si svilupperebbe: potrebbe essere la qualità dei programmi televisivi a giovarne o sarebbe piuttosto la cultura a depotenziarsi sfruttando questo media?

Martedì 25 marzo – Giornata contro lo schiavismo internazionale

Passata quasi inosservata, questa data ha rappresentato la giornata internazionale contro la schiavitù. Promossa dal Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, il 25 marzo vuole ricordare le vittime passate e presenti, quasi 15 milioni, dello schiavismo transatlantico che rappresenta una delle grandi responsabilità storiche e morali delle civiltà europee. Lo schiavismo è perdurato per oltre quattrocento anni ma è ancora lontano il tempo in cui questo fenomeno sembra poter scomparire definitivamente dal mondo.

Riemerso come tematica mediatica anche grazie al film vincitore Oscar “Dodici anni Schiavo”, questa vera e propria “piaga” dell’umanità sembra tuttavia essere contrastata da un numero sempre più alto di organizzazioni e associazioni che contrastando all’origine, nei contesti politicamente più fragili ed alla fine, nei paesi destinazione delle tratte, questo processo cercano di salvaguardare la dignità umana e di ampliare quella sfera di diritti e doveri dove se ne sente la mancanza.


eventi

Via Vigone da valorizzare

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la via degli artisti e degli artigiani

Onda d’Urto Eventi Mostra Per il ciclo ‘Giovani Artisti’, venerdì 2 maggio dalle ore 18.30 alle 21.00 presso la sede dell’Associazione Culturale Onda d’urto, via Vigone 22, Pinerolo, si inaugura la prima mostra personale dell’artista Matteo Roetto. La mostra rimarrà aperta al pubblico fino al 2 giugno nei giorni lunedì mercoledì e venerdì negli orari 15.00-18.00.

Serate di Laurea

Il prossimo incontro di Serate di Laurea è il 30 maggio alle ore 18

Gli artigiani di via Vigone Il nuovo negozio del calzolaio Buscema spostatosi da via Vigone 23 a via Vigone 27


Sono a m i c i d i P i n e r o l o I n D i a l o g o

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