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L’ARTE DELL’ATTORE

Maddalena Crippa mentre parla nel camerino del Fabbricone sembra vestita più che di abiti, della vocazione della sua vita, il teatro. Ha lavorato con i più grandi registi. Ma due sono gli incontri del destino. Giorgio Strehler che l’ha scoperta a diciassette anni e le ha fatto l’immenso dono dell’Arte dell’attore. E l’incontro artistico e d’amore con Peter Stein, che l’ha diretta in spettacoli memorabili, tra cui l’ultima grande produzione Metastasio che ha aperto questa stagione, Richard II di Shakespeare. La incontriamo poco prima dello spettacolo che l’ha riportata di nuovo a Prato dopo appena quattro mesi. L’Allegra Vedova, una riduzione a Caffè Chantant dell’operetta di Franz Lehár, che grazie a lei, unico attore in scena, assume l’aura magica di una fiaba. Lei che polverizza ogni difficoltà tecnica - e qui non sono poche - in un colto divertimento. L’arte dell’attore è anche questa, in fondo, far sembrare le cose difficili un gioco da ragazzi e rapire lo spettatore per un’ora o due come un bambino i racconti di un affabulatore.

Qual è il suo legame con Prato e il Metastasio?

Lontanissimo, risale al mio debutto in teatro, nel 1975, Lucietta, nel Campiello diretto da Strehler. Allora le grandi compagnie di teatro venivano a Prato, non a Firenze… Si stava tanto, almeno due settimane, c’era il bar degli artisti. Era un’altra cosa o così almeno io l’ho vissuta. In quei lunghi soggiorni gli attori e la troupe avevano il tempo di entrare in sintonia con la città e conoscerla davvero.

E lei, cosa conosce di Prato?

Il pubblico colto e teatralmente istruito del Metastasio. Si sente che qui è stato fatto del buon teatro, che Prato è stato un centro di produzione seria, con una affezione del pubblico vera.

E dei musei, ne apprezza qualcuno?

Li conosco tutti… Il Pecci, Palazzo Pretorio, il Museo del Tessuto, Il Museo dell’Opera del Duomo, gli affreschi di Lippi nel Duomo. Un rapporto di carattere duplice, con Prato, visto il sodalizio artistico con Peter Stein coronato dalla produzione Metastasio del Richard II?

Sì, era tantissimo tempo che non lavoravo in una produzione del Metastasio, i collaboratori, lo staff tecnico in particolare, sono stati meravigliosi. Avrei sperato in una vita più lunga per questo imponente e complesso lavoro, ma le regole del teatro sono molto più dure oggi di quelle che ho conosciuto agli esordi.

Ora è in tournée con l’Allegra Vedova, più leggero nei contenuti e nella storia e più contenuto nelle dimensioni.

In questo spettacolo sono sola in scena, a

HA APERTO LA STAGIONE DEL METASTASIO NEI PANNI MASCHILI DI RICCARDO II DI SHAKESPEARE, PER LA REGIA DEL MARITO PETER STEIN. ED È TORNATA A FEBBRAIO CON ‘L’ALLEGRA VEDOVA’

Maddalena Crippa attrice di teatro e cinema, nata a Besana in Brianza. Ha debuttato a 17 anni in teatro con Strehler (a sinistra in un ritratto di Fabio Lovino)

In parte i quattro bravissimi musicisti che mi accompagnano. E faccio tutto - Danilo, Anna, il narratore -, cantando le due voci, quella alta femminile, quella bassa di Danilo. E’ un cantare che mi ha impegnato molto. Non è una passeggiata insomma...

Che rapporto ha con la musica?

Dico sempre che ho sbagliato mestiere, che avrei dovuto fare la cantante. Non so leggere la musica, ma ce l’ho nel sangue, è qualcosa che mi appartiene. Ho fatto il Pierrot Lunaire di Schöenberg imparandolo tutto a memoria. Lo rifarò a Stresa a fine agosto. Posso andare avanti ore a studiare musica, senza annoiarmi.

Ma per cose del genere, dovrà educare almeno la vocalità

Assolutamente sì, le mie maestre si chiamano Marianna Brilla e Lisa Paglin, due italoamericane che stanno a Osimo. Studio con loro da quindici anni. Un impegno serio per ottenere la leggerezza.

Chi le ha trasmesso la passione per il teatro e la musica?

Mio padre. Recitava in una compagnia dilettantesca, ed era anche un grande appassionato di lirica. Andava al Piccolo di Milano e alla Scala. Ha fatto la scuola di teatro nella sala mensa dei Vismara, l’azienda dei salumi… Ho visto spettacoli memorabili in quella sala, con grandi attori.

Ricorda il momento in cui si è detta: farò l’attrice?

Nel mio paese avevamo un oratorio, anche lì si faceva teatro, uomini e donne rigorosamente divisi. Intorno ai miei dodici anni, mio padre tentò l’esperimento ‘rivoluzionario’ di unire maschi e femmine in uno spettacolo teatrale su poesie di Michel Quoist (uno scrittore francese) di cui curava la regia e nel quale mi coinvolse. Io provai una emozione così forte durante quella recita che decisi che sarebbe stata la mia strada. E al di fuori di qualsiasi sbrilluccichìo di fama e di successo, fu ed è sempre stata una cosa intima. Profonda.

Cosa significa per lei recitare?

Mi sento un mezzo al servizio dell’autore, per questo non sto mai davanti al personaggio, la mia posizione è sempre un passo dietro il personaggio.

Ha mai insegnato?

No, perché? Io desidero recitare e reciterò finché sarà possibile.

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