14 minute read

MEDIA MARKETING

NUOVI INFLUENCER

Media marketing

Tra business e brand awareness

1

La moda sfila sulla ribalta di Netflix, Sky & co. E le fiction diventano passerelle

Complici i social media, le serie in streaming sono diventate un riferimento ispirazionale importantissimo per una platea di utenti sempre più vasta. Lo sanno bene le griffe di moda, che oggi sono protagoniste sul set di molti dei titoli più gettonati. E forse siamo solo agli inizi

DI CARLA MERCURIO

Riuscirà un Nft griffato a eguagliare il successo della baguette di Fendi sfoggiata da Sarah Jessica Parker sul set di Sex and The City? Ce la faranno gli avatar digitali del Metaverso a ottenere il beneplacito delle consumatrici al pari della Lily Collins di Emily in Paris con le sue mise eclettiche? La dialettica tra mondo reale e mondo virtuale apre sempre nuovi scenari. E mentre l’universo della moda è in corsa per accaparrarsi visibilità e opportunità di business nei nuovi Cyber-territori, i consumatori trovano infiniti spunti in tema di moda, design e stile di vita sui “set fisici” delle serie Tv, che spopolano su piattaforme come Netflix, Sky, Prime o Apple Tv. Un fenomeno accelerato e accentuato dalla pandemia, che ha costretto le persone a vivere di più in casa e a cercare sullo schermo, che sia un televisore, un computer o un iPad, una via di fuga dal senso di isolamento provato nei lunghi mesi del lockdown. A questo proposito Brenda Otero, cultural insight Musica, videogame, trend digital born e piattaforme streaming ispirano i fashion lover di oggi

manager della fashion shopping app Lyst, ha dichiarato recentemente che gli amanti della moda non hanno più bisogno di prendere come modelli gli influencer di Instagram, perché oggi si preferisce mixare influssi diversi in arrivo dalla musica, dai videogame, dai trend digital-born e da Netflix. Proprio su questa piattaforma la serie in costume Bridgerton è stata vista da 82 milioni di abbonati in un solo mese dopo il debutto, a fine 2020, generando una richiesta enorme di corsetti sui motori di ricerca e concorrendo alla nascita del cosiddetto look Regencycore. L’anno dopo, sempre su Netflix, la serie è stata surclassata da Squid Game, con 111 milioni di utenti totalizzati in soli 17 giorni. Emblematico a questo proposito il balzo del +7.800% a pochi giorni dalla release per le slip-on bianche di Vans indossate dai protagonisti, secondo quanto riferisce la piattaforma britannica The Sole Supplier. Una manciata di giorni dopo il debutto su Sky della seconda stagione di Euphoria - la serie che vede protagonista Zendaya - la tendenza Euphoria High School ha conquistato ben 10,5 miliardi di visualizzazioni su TikTok, con un vero boom di ricerche per gli outfit in scena. Grandi riscontri anche per Emily in Paris: come riferisce Lyst, una settimana dopo il lancio su Netflix la ricerca online di giacche di Courrèges è schizzata al +194%, le valigie Rimowa sono salite dell’11% e la giacca in finta pelliccia di Casablanca del 100%. Ancora meglio ha performato l’abito di Valentino indossato da Sarah Jessica Parker nella puntata finale di And Just Like That, su Sky, che in sole 24 ore ha portato alle stelle la

2

3

richiesta di “Valentino dresses” (+1.085%) e di abiti lunghi color arancio (+194%), secondo quanto riporta l’aggregatore di e-commerce Love The Sales. I numeri, insomma, parlano chiaro. «Il product placement attraverso le serie, ma anche nei film, può essere un veicolo potente per i marchi desiderosi di interagire con i propri consumatori, che possono raggiungere una audience più vasta, creando un effetto eco che impatta positivamente sulla brand awareness - spiega Alison Bringé, cmo di Launchmetrics -. Per fare un esempio, la seconda stagione di Emily in Paris si è tradotta in un media impact value totale di 95,9 milioni di dollari per marchi come Dior, Valentino e Prada. Tra l’1 settembre e il 15 novembre dello scorso anno, alla notizia dell’arrivo di House of Gucci sono stati oltre 25mila i post per il brand online e sui social, generando una visibilità il cui valore economico è quantificabile in 104 milioni di dollari. Più o meno l’equivalente di un mese di Media

4

«Il product placement nelle serie è un veicolo potente per i brand desiderosi di ampliare l’audience»

Impact Value per il brand». Come chiarisce Daniele Dodaro, semiotico e fondatore di Squadrati, realtà nata come blog e poi diventata una società di ricerche di mercato, «quella tra reale e virtuale non è una vera dicotomia, ma una coesistenza in cui il virtuale diventa sempre più “iper” (il Metaverso), mentre il reale è sempre più vicino e reale: si pensi al fenomeno delle social street o dei negozi di vicinato. Una cosa non esclude l’altra». E puntualizza: «Anche decenni fa i film e la televisione rappresentavano importanti modelli di riferimento per i consumatori. Fin qui niente di nuovo, se non fosse che a rivoluzionare il paradigma emittente-ricevente oggi ci

1. Lo stile eclettico e colorato di Emily (Lily Collins), protagonista di Emily in Paris 2. Carrie Bradshaw (Sarah Jessica Parker) star di And Just Like That. Dopo una settimana dal lancio della serie, le ricerche online di capi in tulle sono cresciute del 40%, secondo la shopping app Lyst 3. La special Baguette di Fendi dedicata alla fiction 4. Un momento della seconda stagione di Euphoria. La tendenza Euphoria High School ha conquistato ben 10,5 miliardi di visualizzazioni su TikTok poco dopo il debutto della serie

IL PROGETTO DI SARA KLAUSING «Con Seek-Shop.com le serie si trasformano in un grande fashion store»

«Seek-Shop.com connette le varie dot. com in base a ciò che viene visto sullo schermo e rende più facile trovare sul nostro sito il capo cercato. Il link ai prodotti è diretto e la disponibilità dipende dal merchant. In genere diamo la priorità ai brand, ma se non ci sono alternative, per esempio nel caso di pezzi esclusivi, apriamo anche ai retailer». Sara Klausing (nella foto) spiega così la mission del nuovo portale lanciato pochi mesi fa a New York, per il momento solo in versione beta, che sta riscuotendo interesse anche in Europa. Una piattaforma dove è possibile trovare i capi seen on screen, che vedono tra le serie in pole position titoli come Gossip Girl, Euphoria e Outer Banks, ma anche quelli inspired o “su licenza”, categorie in cui spiccano serie come Bridgerton, Sex Education e Dune. «Per noi - chiarisce Klausing - è fondamentale capire cosa vuole esattamente il consumatore, se preferisce una palette di ombretti in un packaging ispirato al suo show preferito o se cerca il capo esatto visto sullo schermo. A tal fine è importante collaborare con i nostri partner, in modo da utilizzare i feedback ricevuti per creare le migliori opportunità di business». Un aspetto importante sottolineato da Klausing è la flessibilità: «Siamo un piccolo team e se un brand ci segnala un articolo a cui tiene particolarmente, non ci è difficile aggiungere nuovi contenuti. Il nostro obiettivo è sostenere i creativi, che siano dietro le scene o sul set o, più concretamente, gli stilisti e i marchi dietro il prodotto».

1

sono i social media, che rendono i messaggi virali e fanno in modo che noi stessi diventiamo strumenti di trasmissione. Un fenomeno su cui le serie fanno molta leva». «Non a caso - prosegue - l’industria creativa è attenta a intercettare i trend emergenti (che sia il revival di epoche passate o proiezione verso inediti orientamenti). Si pensi a serie come Stranger Things, uno zoom sugli anni Ottanta che ha portato alla ribalta prodotti iconici come le sneaker bianche stile high school americane, o gli anni Cinquanta/Sessanta e Settanta raccontati da Mad Men, o ancora titoli come Fleabag, che ha proposto nuovi modelli di femminilità non edulcorata, ma di matrice casual e grunge». Le serie televisive sono dunque in grado di attivare un circolo virtuoso capace di dare enorme visibilità alle griffe presenti sul set che, a loro volta, generano un ritorno di audience per lo show in questione. Non si tratta insomma di semplice product placement, bensì di un dialogo che apre numerose possibilità. Ma attenzione, ammonisce Alison Bringé, è importante che le griffe considerino «un Voice Mix ben calibrato per creare una conversazione efficace con il consumatore e di conseguenza fidelizzarlo, con l’obiettivo di incrementare la brand performance». Sulla dicotomia tra virtuale e reale ritorna Daniela Kraler delle boutique Franz Kraler di Dobbiaco, Cortina e Bolzano, supportate dal sito di e-commerce lanciato lo scorso agosto: «Il virtuale avanza, senza ombra di dubbio, e anche noi nel nostro lavoro ne abbiamo tratto un importante insegnamento. Ma la gente in parallelo ha voglia di comunicare, di avere consigli, di parlare. Per

Tra lo schermo e il pubblico oggi si inseriscono i social media, che rendono i messaggi virali

questo durante la pandemia abbiamo stabilito tantissimi contatti con la nostra clientela tramite il sito, i social e attraverso un numero di WhatsApp creato ad hoc». «Sicuramente - prosegue - grazie a questa voglia di “reale”, serie, film e show televisivi stanno riscuotendo molto successo. Non a caso ricevo ogni giorno richieste relative ad abiti visti sui set, corredate anche da foto che ritraggono l’articolo desiderato. A tal fine ho attivato una per-

1. Un frame di Made in Italy, una rilettura degli anni Settanta dal punto di vista della moda 2. Un momento della serie Halston, dedicata allo stilista che raggiunse l’apice del successo negli anni Settanta 3. Un’immagine di Fracture, la fiction creata da Balmain in partnership con Channel 4 e 4., un outfit firmato dalla griffe, dedicato allo show The Harder They Fall

2

sona ad hoc del team che segue queste richieste e le inoltra alle maison - chiarisce Kraler -. E, nonostante il nostro portale di e-commerce al momento sia attivo solo in Europa, riesco a soddisfare anche le esigenze di consumatori fuori dal Vecchio Continente con spedizioni extra sito. Spesso mi chiedono capi di produzioni fuori collezione e in molti casi le maison riescono ad accontentarmi. Alcuni dei clienti che mi contattano, ad esempio, si informano prima sul nuovo portale Seek-Shop.com». Quest’ultima è una piattaforma lanciata pochi mesi fa da Sara Klausing, ex redattrice di Vogue, con esperienze digital in realtà come Google e Antler, dove l’offerta (abiti, ma anche profumi e make-up) è presentata in base ai titoli delle serie Tv. «Grazie a noi - afferma Sara - un contenuto particolare può superare lo spazio di un semplice istante sullo schermo, rendendo più facile a chi naviga la

PH. FIORENZO NICCOLI

PARLA IL COSTUMISTA ALESSANDRO LAI

«Vi racconto perché l’impermeabile arancione di Aspesi è diventato un’icona»

Interpretare lo spirito dei tempi, ma al tempo stesso proporre uno stile che non si leghi solo al presente e che possa, anche a distanza di anni, avere un impatto e un appeal presso gli spettatori. Una delicata alchimia, spiega Alessandro Lai (nella foto), noto costumista italiano, il cui nome si lega a titoli come Napoli Velata e La Dea Fortuna di Ferzan Özpetek, Sei Mai Stata Sulla Luna? di Paolo Genovese, ma anche a serie televisive in costume come I Medici e Leonardo. «Fare la scelta giusta in mezzo al mare magnum di collezioni sul mercato non è facile. Occorre scegliere capi in grado di caratterizzare i personaggi, che non siano troppo legati a una stagione e quindi non tramontino rapidamente come accade per le tendenze fashion. Emblematico ad esempio l’impermeabile arancione di Aspesi, indossato da Ambra Angiolini in Saturno Contro, divenuto un’icona evergreen». Importante da questo punto di vista è il dialogo con le case di moda, chiarisce Lai, «che sono sempre molto generose e disponibili, all’occorrenza, a realizzare capi ad hoc per le produzioni. In questo senso per me è stata importante la collaborazione con realtà come Chanel, Fendi, Missoni e Antonio Riva. Lavoro molto anche con Armani e Aspesi, da cui attingo alle collezioni, ma che mi hanno fornito anche capi quasi unici o di archivio. A volte capita che le griffe paghino per il product placement, ma l’importante è dare sempre un senso all’investimento, rendendolo coerente con la storia raccontata».

COURTESY OF BALMAIN

scoperta o la conversione (si veda il box in queste pagine)». Si tratta di un progetto che ribadisce ulteriormente il potenziale in termini di business rappresentato dal mondo dello spettacolo e dell’enterteinment. Un dato di fatto che, apparentemente, le griffe non tengono particolarmente a evidenziare. Almeno stando a quelle contattate per questo articolo, che non hanno voluto esprimere il proprio punto di vista sull’argomento. Forse per il timore di tradire quell’idea di esclusività e di irraggiungibilità a cui le maison restano legate, nonostante cresca sempre più l’attenzione verso nuovi target di consumatori, in primo luogo la generazione Z, e inedite experience. Bisogna allora dare ragione a chi, come il creative director e brand consultant Brian Phillips, sostiene che i grandi marchi stanno perdendo l’occasione di cavalcare la crescita esponenziale delle piattaforme di streaming? In realtà non è così. E lo dimostrano le numerose case history che vedono il mondo del fashion protagonista in prima persona di progetti ad hoc. Si pensi alla Baguette di Fendi in limited edition lanciata lo scorso febbraio, realizzata in collaborazione con Sarah Jessica Parker, che la sfoggia nell’episodio numero 9 di And Just Like That e ispirata alla versione originale comparsa in Sex and The City agli inizi degli anni 2000. O a Louis Vuitton e Gucci, che hanno scelto rispettivamente come global house ambassador la protagonista femminile di Squid Game, Ho Yeon Jung, e l’interprete maschile Lee Jung-jae. Ma anche alla capsule dedicata da Halston alla serie omonima su Netflix, che tra l’altro ha fruttato alla griffe un aumento delle vendite del 631% anno su anno. O ancora allo store di Bloomingdale’s sulla 59esima strada a New York, che proprio in questo mese di marzo ha inaugurato un pop-up dedicato interamente alla seconda stagione di Bridgerton, al via il 25 marzo su Netflix. Uno spazio dove sono in vendita abbigliamento, beauty, home e kids ispirati alla serie. Ma l’esempio più

3

COURTESY OF FARFETCH

4

eclatante è quello di Balmain, che la fiction se l’è creata da solo, in partnership con Channel 4: una mini-serie in cinque puntate, intitolata Fracture e dedicata alla collezione dell’inverno 2021-2022, che ha debuttato lo scorso mese di settembre sul canale on demand All 4 e sul sito creato ad hoc, fractureseries.com. «Un progetto mirato a superare i confini, per cercare nuovi modi di comunicare con un’audience che cresce costantemente», ha dichiarato il direttore creativo, Olivier Rousteing, che un paio di mesi dopo ha lanciato una capsule in colab con Netflix in occasione del lancio della serie western The Harder They Fall. Una proposta veicolata tramite Farfetch, nello store online della griffe e in alcuni selezionati monomarca, ma anche attraverso il sito di e-commerce netflix.shop, dove si possono acquistare capi e accessori legati a titoli tra cui Squid Game, Emily in Paris, Stranger Things e Sex Education, per citarne alcuni. L’universo del fashion, secondo Rousteing, ha bisogno di iniezioni di «voci fresche, variegate e particolari». «La moda - aggiunge - anche per una maison storica come Balmain, diventa più rilevante quando si rende più accessibile, tramite l’interazione con la musica e le storie più coinvolgenti dei nostri giorni». La partita è aperta e il campo di gioco vastissimo. 

IL PUNTO DI VISTA DELLA PRODUTTRICE «Nel mondo delle fiction è proprio l’abito che fa il monaco»

«Da sempre la moda ha un ruolo di primo piano nel mondo del cinema e della televisione. Un sodalizio che sta diventando sempre più stretto e foriero di interessanti liaison e in cui è strategico il rapporto di collaborazione con gli uffici di pr delle griffe». Lo racconta Camilla Nesbitt (nella foto), co-fondatrice della casa di produzione Taodue nel 1991 (poi acquisita da Mediaset), che lo scorso anno ha lanciato la nuova casa di produzione audiovisiva Camfilm. «Faccio questo lavoro da 30 anni - prosegue - e ho sempre supervisionato personalmente la scelta dei capi indossati dagli attori, insieme ai registi e ai costumisti. Scelte fondamentali per caratterizzare i personaggi. Si pensi a Distretto di Polizia e Squadra Antimafia, che vedono protagoniste due donne dal carattere molto forte e per cui la scelta del look è stata fondamentale». «Proprio questa attenzione al mondo del fashion mi ha portato a realizzare la serie Made in Italy, visibile su Prime Video e trasmessa lo scorso anno anche da Canale 5, che racconta gli anni Settanta dal punto di vista della moda. Un’esperienza di successo distribuita in tutto il mondo, con critiche positive ovunque. Un progetto reso possibile anche dalla collaborazione con le case di moda, che molto volentieri ci hanno messo a disposizione i loro capi di archivio». Dunque è il momento di pensare a una seconda stagione? «Forse. Aspettiamo che si faccia avanti un partner», auspica Nesbitt.

This article is from: