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FRANCESCA RUFFINI STOPPANI

PEOPLE

Francesca Ruffini Stoppani

Direttrice creativa F.R.S For Restless Sleepers

«Tra sogno e ragione, passione e coerenza: così nascono le mie creazioni»

Con la sua linea di roomwear Francesca Ruffini Stoppani rivisita il concetto di pigiama, superando i confini domestici in nome di un’eleganza decontratta e raffinata. Filantropa e attenta lettrice, ci racconta dei suoi progetti e della collaborazione con Umit Benan

DI CARLA MERCURIO

Sopra, creazioni del brand F.R.S For Restless Sleepers. Francesca Ruffini Stoppani è anche responsabile della delegazione di Como della Fondazione Umberto Veronesi, per la quale ha raggiunto un record di raccolta fondi nel corso di un evento lo scorso novembre. Un fundraising per consentire l'attivazione di un nuovo protocollo a sostegno dell'oncologia pediatrica

Com'è destinata a evolvere la sua linea? Ha in mente di rivolgersi anche al pubblico maschile?

Vorrei affacciarmi al mondo con una visione più allargata, dove si aprano nuovi punti di vista e nascano nuovi progetti. Ho già iniziato a rivolgermi a un pubblico maschile con Umit Benan: abbiamo realizzato una serie di capi unisex lanciati la scorsa estate.

Com'è nata la colab con Umit Benan?

Il suo mondo sartoriale, fuori dai cliché del classico, mi ha attratta sin da subito. Umit invece ama il loungewear: lo legge come un elemento di rottura del perbenismo classico e di eleganza tra le righe nell’intimità domestica, che diviene senso di libertà quando si sposta per Milano indossando un pigiama di seta sul suo skateboard. Abbiamo da poco presentato il prosieguo del progetto.

I mesi del lockdown sono stati un incentivo per la vendita delle sue creazioni?

Durante il lockdown i consumi si sono spostati verso altri settori, ma ho esteso la gamma di prodotti, focalizzandomi sia sulla praticità che sulla versatilità e la risposta del mercato è stata molto positiva. Un periodo in cui ho compreso molti equilibri che spesso la frenesia della quotidianità rendeva sfuggenti, ma soprattutto che la vera ricchezza risiede nella capacità di star bene con se stessi, in qualsiasi situazione.

Come descrive il suo carattere?

Sono una persona resiliente, lo sono sempre stata e da tutti i periodi più difficili della mia vita sono uscita più forte. Perseveranza, curiosità, umiltà ed empatia mi hanno aiutato moltissimo e avvicinato a persone straordinarie.

Cosa è assolutamente necessario per la costruzione di un brand come il suo?

In primis tantissima passione. Altrettanto importante è restare sempre coerenti al proprio dna, anche quando le logiche di mercato ti porterebbero altrove. Infine ho una formazione un po' atipica, perché dopo avere frequentato la Scuola superiore di Setificio a Como ho studiato economia e marketing, quindi se da una parte la mia mente è rivolta al sogno, dall’altra c’è una parte molto razionale.

Qual è il capo preferito nella sua linea e come suggerisce di indossarlo?

Tra le prossime proposte estive il kaftano verde sfumato, che già indosso sopra ai pantaloni, come una specie di uniforme. Inoltre da sempre amo portare delle catene vintage: fanno parte della mia quotidianità da quando ero ragazza.

In quali mercati sta avendo più successo la sua linea?

Sicuramente in America e in Europa. Penso che il valore aggiunto risieda nell’unicità delle stampe e nella versatilità dell’uso dei capi, che si possono indossare sia in modo molto casual, che estremamente elegante.

Quanto spazio trova nella sua collezione il concetto di sostenibilità?

Difficilmente riesco a trovare fondi stampa che utilizzano filati riciclati idonei a garantire il livello di qualità per me imprescindibile. Nell’ultima collezione con Umit Benan abbiamo usato un tessuto jacquard ottenuto con fili di seta riciclata: l’effetto è fantastico, perché il capo ha la stessa morbidezza di un cappotto di cachemire, ma la composizione è 100% seta. Ho provato a usare questa base per le stampe, ma purtroppo i colori sembrano quasi sbiaditi dal tempo.

Lei è un’avida lettrice: quale il libro che consiglierebbe?

Ho divorato un libriccino del filosofo coreano Byung-Chul Han. La domanda che lo attraversa è: siamo veramente liberi nella società dell’iperconnessione, di un Internet senza barriere? Per me è stato importante anche capire come possiamo essere influenzati dall’eccesso di informazioni mediatiche, spesso contrastanti tra loro.

Suo marito, Remo Ruffini patron di Moncler, realizza piumini che tengono al caldo; mentre le sue creazioni sono la quintessenza della leggerezza: cosa le suggerisce questa dicotomia?

La stessa domanda mi è stata posta un paio di anni fa da una cronista asiatica. Mi ha sorpreso moltissimo, perché il pensiero non mi aveva mai sfiorato. Penso comunque che non ci sia alcuna connessione interpretabile nel senso filosofico del termine dicotomia. 

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