Frammenti figurativi

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Frammenti figurativi

insignificanti di vecchie notazioni cartacee ormai lacere e quasi del tutto indecifrabili. Non rimaneva che prendere in considerazione il linguaggio delle opere le quali, comunque, ostentavano un mix di componenti culturali di varia estrazione che andavano riconosciute e ragionevolmente collocate in situazioni storiche circostanziate. Il primo impatto fu quindi caratterizzato dalla constatazione di una situazione di eterogeneità culturale non indifferente. Nonostante una serie di attente osservazioni maturate nel tempo, che lasciavano gradualmente emergere qualche nuovo elemento, continuavano a imperversare molti interrogativi. Non era facile spiegarsi la coesistenza di un nutrito nucleo di dipinti dell’Ottocento napoletano, animati da pescatori, contadini e mucche al pascolo (foto 5-8) con un puro paesaggio privo di personaggi, più correttamente definibile come un «ritratto di un albero in un bosco», dal sentore forse piemontese, paragonabile all’esperienza di un Massimo d’Azeglio in atto di rimeditare in termini più sereni e contemplativi sulle nature inquietanti del tardo Bagetti (foto 9). Avrei dovuto giustificare, nello stesso contesto, l’incisione a stampa della neoclassica Educatio Bacchi (foto 10) in cui Giovanni Martino de Boni a Roma, nel 1800, veniva a diffondere, mirabilmente tradotti sul piano grafico, i rilievi realizzati nel 1797 da Antonio Canova. Di più: che termini di rapporto potevano avere questi modelli con le due suggestive incisioni con vedute notturne di Venezia, tratte nel 1846 da dipinti del tedesco Frederich Nerly (foto 11-12)? Che tipo di cultura poteva aver determinato la scelta di opere derivanti da questo artista di Erfurt - la cui fortuna non mi sembra che in zona sia poi così particolarmente diffusa - tanto da indurci a credere che ancora a lui, probabilmente ancora permeato dall’esperienza romana, potrebbe essere attribuito un dipinto su tela, siglato F.N. e datato 1836 (foto 13)? E se volessimo parlare poi dei soggetti sacri le domande si verrebbero a moltiplicare, proiettandoci in un viaggio a ritroso nell’arco del XVI secolo, tra opere esistenti, altre non più in sito e altre ancora di cui, purtroppo, non rimane che la memoria documentaria. Oggi un’Adorazione dei Magi campeggia al centro della parete del salone di ingresso, racchiusa in una semplice ma dignitosa cornice dorata (foto 14-15). Le dimensioni un poco più ampie rispetto alle altre

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