Caccia Passione - ottobre 2015

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ANNO IV nr.10 - Ottobre 2015

CACCIA PASSIONE Dedicato a chi ha la passione per la caccia nel sangue

“Il Dito nell’occhio” di Bruno Modugno: • Renzi e le armi..

Ungulati:

• Caccia al capriolo. “Stoccobianco”..

Cani da caccia:

• Slovensky Kopov: il cane che racconta il cinghiale..

Viaggio a Bute

l’isola verde delle beccacce..




ANNO IV nr.10 - Ottobre 2015

CACCIA PASSIONE

in copertina

Dedicato a chi ha la passione per la caccia nel sangue

Viaggio a Bute

l’isola verde delle beccacce.. “Il Dito nell’occhio” di Bruno Modugno: • Renzi e le armi..

Ungulati:

• Caccia al capriolo. “Stoccobianco”..

Cani da caccia:

• Slovensky Kopov: il cane che racconta il cinghiale..

Viaggio a Bute

l’isola verde delle beccacce..

La protagonista assoluta della vacanza è lei, la signora beccaccia e pochi posti al mondo permettono di fare una caccia di così alta qualità come a Bute.

SOMMARIO Anno IV Nr. 10

14 Migratoria:

Preapertura Km 0

www.cacciapassione.com

Pg 8 “Il Dito nell’occhio”.. Renzi e le armi..

Bruno Modugno

Pg 12 News ed eventi venatori

22 Ungulati:

Stoccobianco

a cura della redazione

Pg 14 M igratoria: Preapertura Km 0..

Vincenzo Frascino

Pg 22 Ungulati: Stoccobianco..

28 Attualità:

Con lo Stambecco,la marmotta.

Caccia Passione 4

Pina Apicella

Pg 28 Attualità: Con lo Stambecco, la marmotta..

Goffredo Grassani

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Sommario Pg 64 Digiscoping: Il Movimento.. Digiscoping come a caccia.. Riccardo Camusso

Pg 67 Cucina: Fagiano al vino con prugne secche e mele..

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“Il Dito nell’occhio”.. Bruno Modugno: Renzi e le armi

Pg 70 Veterinaria: Allergie alimentari nel cane da caccia..

Pg 36 Itinerari di caccia: Viaggio a Bute: l’isola verde delle beccacce.. claudia Zedda Pg 42 Cani da caccia: Slovensky Kopov: il cane che racconta il cinghiale..

Adelmo Giacomini

Kalaris

36 Itinerari di caccia: Viaggio a Bute: l’isola verde delle beccacce

Claudia Zedda

Pg 48 Fucili canna rigata: RIZZINI BR 550: l’express a canne affiancate come stile comanda.. Emanuele Tabasso

48 Fucili canna rigata: RIZZINI BR 550: l’express a canne affiancate..

Pg 56 Munizioni: La cartuccia 7x65R di Brenneke.. Emanuele Tabasso Pg 60 Ottiche: SWAROVSKI OPTIK: CL Companion Polaris sulle tracce dell’infinito.. Pierfilippo Meloni

70 Veterinaria: Miodesopsie..

Disturbi visivi del cane da caccia e del cacciatore.. Caccia Passione 5



Editoriale LA CACCIA DEGLI ALTRI.. Allodole, beccacce, cinghiali, elefanti e bufali, ovvero il cervo, il camoscio, il coniglio e chi più ne ha più ne metta. Ma ovviamente c’è di più e di più specifico: le beccacce solo con il cane da ferma, guai a cacciarle con gli Springer o con i Cocker; i cinghiali in braccata alla maremmana ogni altra forma è aborrita; la monterias? roba da barbari, come del resto la caccia ai cervidi con i cani. Insomma potremmo stare qui a parlare e scrivere per ore e comunque non ne verremmo a capo. Molte volte ci siamo lamentati, a ragione, che i nostri appelli le nostre argomentazioni venivano prese in scarsa considerazione dagli organi di stampa “generica”, e quando lo facevano tendevano sempre a denigrarci. In questa occasione la discussione è del tutto nostra, del nostro mondo della caccia e dei cacciatori. Vogliamo fare davvero un po’ di autocritica? Più o meno siamo tutti uniti nel dire che gli anticaccia si muovono sulla base di preconcetti, di posizioni che prescindono la semplice conoscenza delle questioni legate alla natura, alle tradizioni, alla gestione corretta e moderna del territorio. Ci siamo indignati per accuse prive di fondamento, abbiamo provato a spiegare le nostre ragioni trovando sempre lo stesso muro di gomma. E noi di contro che facciamo? Commettiamo esattamente gli stessi errori, siamo ugualmente ottusi verso chi non pratica il nostro tipo di caccia? Quante volte i cacciatori di selezione si son sentiti dire: sparare ad un animale fermo che mangia non è caccia. E’ semplicissimo. E’ come sparare ad un vacca al pascolo. E gli stessi selecontrollori che in merito alla caccia in braccata dicono: non è etica, non è sostenibile, è una barbarie. I tordaioli e allodolari sono “cellettari” per usare un termine dispregiativo che indica una caccia minore. Taluni beccacciai sono tra i più estremisti, sono contro tutto quello che non risponde esattamente al loro stretto modello di andare a caccia. C’è chi decide che la caccia all’estero è facile e poco etica (forse perché non ci è mai andato), chi fa la distinzione tra le specie cacciabili, ovviamente legalmente, come se per essere un buon cacciatore bisognerebbe cacciare solo quello che dicono loro. Insomma guardando attentamente questo quadro direi che non hanno torto gli anticaccia a dire le scemenze che continuamente sostengono se tra noi riusciamo ad essere così feroci. A mio avviso la chiave è la conoscenza, l’informazione. Capire la caccia degli altri, provare a conoscerne le tradizioni, la storia, la tecnica, prima di giudicare. Poi, è legittimo ovviamente avere opinioni e gusti diversi, ma l’importante è non disprezzare in maniera preconcetta ciò che non si conosce o non si pratica. Uniti si vince, le divisioni invece continuano ad indebolirci e se continuiamo così avremo ben poco su cui litigare tra di noi, nel frattempo ci avranno pensato i nostri nemici a portarci via la nostra passione. In bocca a lupo a tutti..

Federico Cusimano


Renzi

e le armi.. di Bruno Modugno

Q

uesta volta il dito lo metto nell’occhio di Matteo Renzi che ha dichiarato pubblicamente che cambierà le disposizioni di legge che finora hanno consentito al cittadino italiano di acquistare e di detenere armi. Prevedo tempi duri per tutti noi, ma anche per i tiratori sportivi, guardie notturne e per quanti hanno una buona ragione per girare armati. Stia attento Renzi, che se continua così perderà un bel po’ di voti da parte di tutti noi e dei nostri familiari! Ed è sulla buona strada. Il suo governo ha già complicato la vita di quanti, per una ragione e o per un‘altra, detengono in casa un’arma ereditata dal Caro Estinto o che abbiano deciso di appendere il fucile al chiodo e rinunciare ad andare a caccia. La legge consentiva loro fino a ieri, anche se sprovvisti di porto d’armi, di tenersi lo schioppo purché fosse regolarmente denunciato e opportunamente custodito. Ora, migliaia di persone hanno dovuto fare il certificato anamnestico dal medico di base (a pagamento) e poi fare il giro degli specialisti della loro Asl o recarsi da un medico militare (sempre a pagamento) per farsi rilasciare la certificazione che si trova in buona salute mentale, che non assume droghe e che non eccede nell’alcool. Condizioni condivise da tutti quelli che spararono alla moglie, alla suocera o al vicino di Caccia Passione 8

casa (mai cacciatori o eredi di cacciatori, ma agenti di custodia, vigilantes, carabinieri e poliziotti presi da raptus improvvisi). Quindi, ditemi voi a che serve ‘sto certificato visto che persino i cittadini in divisa possono uscire pazzi in qualsiasi momento. Ma comunque, è sempre dopo un fatto del genere che la richiesta di maggiori restrizioni sorge dalla società civile (quella stessa che bocciò un referendum popolare per l’abolizione del porto d’armi con l’84 per cento dei no!), o piuttosto da lobby buoniste, vegane-arcobaleno, terzomondiste e da quella cultura che vuole il rom (vittima del disagio sociale) a rubare in casa mia e il cittadino disarmato! Lo dico quindi per una seconda volta: tietti ‘sta gente Renzi, e non avrai i nostri volti. Ora mi sono girati i santissimi ed ho perso il filo. Lo riprendo subito. Quindi abbiamo visto migliaia di cittadini sottoporsi all’esame medico, ma migliaia di altri di tentare di riconsegnare le armi al Commissariato. E qui viene il bello. Immaginiamo un tizio che abbia in casa un’arma e non ci tenga più a tenersela. Che fa? Chiama il commissariato: “Avrei un vecchio schioppo del mio babbo e non voglio più tenerlo perché non mi va di perdere tempo e soldi per fare le visite mediche. Ve la venite a prendere, visto che non


Il dito nell’occhio..

avendo porto d’armi non posso portarvela?” “Impossibile, caro signore, abbiamo solo un paio di auto, poca benzina e dobbiamo fare il nostro lavoro di poliziotti e occuparci della vostra sicurezza”. “E allora, che faccio?” Silenzio, dall’altra parte della cornetta. Poi: “Aspetti che le passo il collega” Silenzio. Poi la voce del collega: “Deve far venire un armiere a casa sua, cedergli l’arma e chiedergli di consegnarcela”. “E dove lo trovo un armiere? E quanto mi costa?” “Ha un amico col porto d’armi? Gli faccia una cessione in comodato pro-tempore e lo preghi di venire con lei e l’arma al commissariato”. Giuro che in questa immaginaria conversazione ho rappresentato una situazione dove in quel commissariato c’era qualcuno che fosse in grado di dare una soluzione. Le altre risposte erano: “Non so cosa dirle. Si arrangi”.

Immaginiamo ora che qualcuno avesse utilizzato una delle due soluzioni prospettate dal l’ipotetico poliziotto esperto e avesse riconsegnato al suo commissariato di zona delle armi un po’ diverse dallo schioppo del babbo. Per esempio, un fucile ad aria compressa di non libera vendita e una pistola lanciarazzi comprati negli anni ’70, quando non c’era tutte queste restrizioni. Immaginate l’imbarazzo delle due signorine che in quel momento erano all’ufficio armi. “E mo’, che ne facciamo? A chi le diamo? Sono armi?” Caccia Passione 9


Potete immaginare cosa sia successo in tutta Italia con i commissariati e le stazioni dei carabinieri piene di armi da consegnare per la distruzione a non so più quale direzione di Artiglieria, a sua volta intasata dai nuovi arrivi di schioppi, baionette, carabine ad aria compressa, sciabole e pistoloni della milizia forestale. Un gran casino causato dall’incompetenza e dall’irragionevolezza di chi ha varato provvedimenti demenziali per accontentare quella minoranza che vuole il cittadino italiano disarmato. E altri sono in arrivo. E ora, che cosa avrà in mente il boy-scout Renzi? Tanto per cominciare, gira voce (e pare l’abbia detto lo stesso capo del governo) che, chi detiene lo schioppo del nonno senza avere la relativa licenza, dovrà non solo fare ogni sei anni il suo bravo certificato medico, ma dimostrare di saper maneggiare un’arma. Per farne che? Per sparare al rapinatore sorpreso in casa? Allora si può? Bruno Modugno

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News venatorie Arcicaccia: ” Wilma la cacciatrice con un passato da anticaccia”. Caccia & ambiente: La storia di una donna che dall’ostilità preconcetta ora dirige un circolo dell’Arci Caccia.

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pensare che ero stata sempre contro la caccia…”. Confessa il suo “peccato originale”, che l’ha accompagnata per oltre quarant’anni, Wilma Vettorel, trevigiana, dal 2010 cacciatrice e da quest’anno presidente del circolo Arci Caccia di Mareno che conta 104 cacciatori, tutti uomini. Simbolicamente e convintamente, a ridosso dell’8 marzo, nell’assemblea congressuale, all’unanimità dei presenti, l’hanno voluta a capo dell’Associazione. “Una scelta difficile – ci dice Wilma – perché si trattava di prendere il posto di Ferruccio Carnielli, indimenticabile dirigente dell’associazione che ha segnato positivamente, per più lustri, con le battaglie dell’Arci Caccia che lo hanno visto in prima fila, la storia della caccia come piace a me: responsabile, legata alla gestione e alla conservazione della fauna”. “Di Carnielli – continua a raccontare Wilma a tavola con Pier Luigi Pittarello, Paolo Sponchiado e Giuliano Ezzelini Storti – ricordo il primo incontro dopo che mi associai al circolo Arci Caccia di Mareno e mi iscrissi all’Atc n.4. Avvertii subito la sua passione e la sua ostinazione nel promuovere la caccia popolare e sostenibile.

Ferruccio sono andata a caccia per due anni. Imparo da lui la caccia col cane a lepri e a fagiani, a rispettare le regole e le distanze, a conoscere le zone, a considerare il lavoro degli agricoltori, a capire sempre di più cos’è la caccia, chi sono i cacciatori e perché occorre combattere i bracconieri e la cultura della rapina e della distruzione che portano con sé”. “E poi ..”.- si ferma un attimo Wilma. Con lo sguardo rivolto all’orizzonte sembra rivivere quei momenti e il suo volto si illumina. “Ho partecipato alle catture delle lepri nelle zone ripopolamento e ho scoperto la gioia e l’amarezza degli uomini a seconda dei risultati conseguiti perché quelle catture rappresentano la palese testimonianza del buon lavoro di gestione fatto e di quanto sia utili i cacciatori nella tutela della biodiversità. In quelle circostanze capisco cos’è la caccia: tradizione, rispetto per l’ambiente, impegno sociale, sano divertimento, amicizia vera e genuina ma anche sana rivalità e competizione. Durante le operazioni di cattura guardi gli occhi e la fatica di quelle persone, che sacrificano tempo e denaro alla loro famiglia, e avverti la devozione per la natura da parte dei cacciatori. Molto di più di certe persone che amano definirsi ambientalisti ma che poi dalle piccole cose quotidiane dimostrano, purtroppo, il contrario”. “Torna a chiamarlo fin che te eo trova…” rispose Ferruccio in dialetto stretto.aro magica ma sento, e so di dargli un dispiacere, che non è nelle mie corde, non mi entusiasma.

Nel frattempo faccio allenamento al tiro al piattello per prepararmi, ma… con le anatre non ci so proprio fare. Roberto ha anche passione per la caccia agli ungulati e mi coinvolge in questa nuova esperienza. Per un’intera stagione lo seguo zitta e attenta in altana, alla cerca nei boschi al tempo del bramito dei cervi e nelle grandi battute ai cinghiali. Sono affascinata, anche se la sveglia è alle 3 del mattino e fa un freddo cane. Ora si, mi piace tutto. Dopo aver ottenuto la licenza ungherese e una carabina mi cimento nella caccia ai cinghiali. La gente capirà. D’altronde è già Mi colpì. E’ stato un grande presidente e un grande successo a me!” uomo pur con i difetti, ad iniziare dal suo partico- Fox Red lare carattere, che hanno tutti gli esseri umani. Con Caccia Passione 9


Sardegna, Calendario Venatorio sotto attacco Calendario Venatorio sardo 2015-2016 sotto attacco delle associazioni ambientaliste che hanno presentato ricorso al Tar.

G

li ambientalisti della Lega per l’abolizione della caccia, del Wwf e del Gruppo d’intervento giuridico onlus hanno presentato ricorso al Tar contro il Calendario Venatorio regionale sardo 2015-2016 promulgato con decreto assessoriale il 5 agosto 2015 e pubblicato sul Buras numero 37 del 13 agosto

2015. Le associazioni ambientaliste sostengono che il decreto “è stato formulato in assenza di vincolante procedura di valutazione di incidenza ambientale (V.I.A.), necessaria per tutte le attività o progetti che possano modificare le caratteristiche ecologiche e naturalistiche delle aree appartenenti alla Rete Natura 2000”, si legge in una nota. Col ricorso viene chiesto l’annullamento del calendario venatorio, previa sospensione cautelare. “Secondo i dati ufficiali del ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare – sottolineato gli ambientalisti – i siti di importanza comunitaria (Sic) esistenti nel territorio della Sardegna e individuati con un percorso procedurale che ha coinvolto a pieno titolo la Regione, lo Stato e l’Ue sono 87, per una superficie complessiva pari a 269.333 ettari (17,7% del territorio isolano), mentre le zone di protezione speciale (Zps) sono 31, per una superficie complessiva pari a 147.644 ettari (6,13% del territorio), sono inoltre sei le aree coincidenti fra Sic e Zps, per una superficie complessiva pari a 97.094 ettari (4,03% del territorio).

Caccia al cinghiale. Maremma, cacciatori soddisfatti Il primo di novembre apre la caccia al cinghiale. Con decreto del presidente della provincia di Grosseto sarà consentito organizzare battute di caccia nelle zone vocate al cinghiale e assegnate alle squadre di cinghialai con un numero minimo di diciotto cacciatori. GROSSETO – «Esprimiamo apprezzamento per la decisione assunta dal presidente della Provincia di Grosseto Emilio Bonifazi e dai sindaci componenti il consiglio provinciale, che hanno riportato il numero dei partecipanti alle battute da 23 a 18, così come indicato dal regolamento regionale. Alla base della decisione la comprensione dell’importanza di assicurare alla Maremma la gestione del territorio, anche attraverso l’attività venatoria rendendola più snella e più efficace – dicono i rappresentanti di Federcaccia, Arcicaccia, Anuu Migratoristi -. In particolar modo in questo determinato momento attraverso la caccia al cinghiale, ci si preoccupa giustamente di evitare danni ingenti all’aCaccia Passione 12

gricoltura, al patrimonio ambientale e di garantire la sicurezza dei cittadini sulle nostre vie di comunicazione». «Con questo atto, richiesto da tempo, siamo certi che la Maremma potrà contare sull’impegno dei cacciatori per far fronte ai vari problemi che si stanno verificando in alcune zone della nostra provincia, per l’elevato numero di cinghiali presenti – aggiungono -. Utilizzeremo possibilità dettate dalle normative vigenti, cercando di abbassare il numero di cinghiali, di riflesso anche nelle aree a divieto di caccia, cercando di garantire un elevato numero di battute nelle aree vocate al cinghiale, dove operano le 140 squadre di cinghialai maremmani».


News venatorie “Armi: Capacità dei caricatori. Le modifiche in vigore dal 5 novembre 2015. In relazione alle incombenze introdotte con D. Lgs. 121/2013 relative alla capacità dei caricatori nonché alle modifiche all’art. 38 TULPS introdotte dalla legge 43/2015, si offre il seguente prospetto riassuntivo relativo alla corretta gestione dei caricatori.

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ARICATORI: se di capacità superiore a 5 cartucce per le armi lunghe e 15 per le armi corte, se previsti per armi ad uso sportivo, antiche e repliche di armi antiche, sono vendibili senza obbligo di annotazione nel registro delle operazioni giornaliere da parte dell’armiere ma devono essere denunciati dal detentore. Il detentore può utilizzare tali caricatori nelle armi sportive o nelle armi comuni non conformate al limite di colpi acquisite prima del 5 novembre 2015. Ciò vale anche per i caricatori destinati alle armi sportive a gas o aria compressa di capacità superiore a 5 pallini per le armi lunghe e 15 per le armi corte. SERBATOI: i serbatoi fissi inamovibili di capacità superiore a 5 cartucce di armi lunghe qualificate da tiro per uso sportivo ex legge 85/1986, siano essi a canna liscia o rigata, essendo parte integrale dell’arma stessa, non devono essere denunciati separatamente. PIASTRINE: le piastrine sono manufatti tecnologicamente diversi da un caricatore (non funzionano se non inserite nel serbatoio inamovibile e quindi sono assimilabili ad una minuteria del serbatoio stesso, ovvero a sistema per il rapido riempimento di caricatore/serbatoio). Le piastrine non sono pertanto soggette a quanto stabilito dalla Legge 43/2015. ARMI CORTE “SPORTIVE” (pistole qualificate da tiro per uso sportivo anche a gas o aria compressa ex legge 85/1986): possono essere dotate di caricatore superiore a 15 cartucce (se previsto dalla scheda di classificazione). In questo caso, dal 5 novembre 2015 il possesso di caricatori destinati a tali armi di capacità superiore a 15 cartucce, anche quello di servizio deve essere denunciato dal detentore. ARMI LUNGHE “SPORTIVE” (Fucili e carabine a canna liscia o rigata, a gas o aria compressa qualificate da tiro per uso sportivo ex legge 85/1986): possono essere dotate di caricatore di capacità superiore a 5 cartucce. In questo caso, il possesso di caricatori destinati a tali armi di capacità superiore a 5 cartucce, anche quello di servizio, deve essere denunciato dal detentore. ARMI CORTE “COMUNI”

(non classificate sportive): dal 05 novembre 2015 sarà definitivamente vietata la vendita o cessione dopo di armi corte con caricatore di capacità superiore a 15 cartucce. Tali armi in giacenza in armeria avente caricatore di capacità superiore, possono essere vendute esclusivamente se dotate di caricatore limitato per contenere un massimo di 15 cartucce. I detentori di armi corte non classificate sportive acquisite prima del 5 novembre 2015 possono utilizzare in esse caricatori di capacità superiore a 15 cartucce (tali caricatori andranno denunciati). Dal 5 novembre 2015 i detentori di armi comuni potranno cedere tali armi solo se dotate di caricatori a capacità non superiore a 15 cartucce. ARMI LUNGHE “COMUNI le armi antiche non sono soggette all’obbligo di conformazione dei caricatori e/o ” (Fucili e carabine da CACCIA a canna liscia o rigata o armi lunghe comuni a gas o aria compressa NON classificate sportive): dal 05 novembre 2015 sarà definitivamente vietata la vendita o cessione di armi lunghe da caccia a canna rigata o liscia con caricatore o serbatoi fissi di capacità superiore a 5 cartucce. Dal 05 novembre 2015 i detentori delle armi comuni lunghe non classificate sportive potranno cederle solo se con il caricatore/serbatoio conformato a capacità non superiore a 5 cartucce. ARMI ANTICHE: sia lunghe che corte le armi antiche non sono soggette all’obbligo di conformazione dei caricatori e/o serbatoi REPLICHE DI ARMI ANTICHE: tali armi possono essere cedute dopo il 5 novembre 2015 solo a condizione che il caricatore amovibile o il serbatoio fisso non possa contenere più di 10 cartucce. ARMI LUNGHE DEMILITARIZZATE (non classificate sportive): tali armi non possono essere cedute dotate di caricatori di capacità superiore a 5 cartucce anche se acquisite prima del 5 novembre 2015. Per le armi lunghe demilitarizzate classificate sportive vigono le stesse prescrizioni previste per le armi lunghe sportive. Assoarmieri

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Migratoria

Preapertura Km 0 ..

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Preapertura Km 0 ..

di Vincenzo Frascino

Caccia alle tortore. Una giornata improvvisata a due passi da casa può riservare sorprese inaspettate..

Da sempre ho trascorso le mie pre-aperture in Sicilia o in Calabria, terre notoriamente prodighe di selvaggina migratoria e con una densità venatoria relativamente contenuta. Quest’anno, per una serie di vicissitudini, non son riuscito a raggiungere le amate terre del sud, e mi ero fatto dunque una ragione, per una volta avrei saltato quest’appunCaccia Passione 16

tamento venatorio. Caso vuole che mi trovo in Toscana, in Maremma, per una settimana di mare in cui spero, tra l’altro, di completare il mio piano di abbattimento al capriolo, e intorno a me si dipana il fermento per questo fatidico mercoledì della preapertura. In Toscana, infatti, i campi coltivati a girasole, accolgono numerose tortore ma l’unico gior-


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no concesso dal calendario venatorio alla caccia fa si che moltissimi cacciatori si affollino in queste zone. L’avversione per la confusione e la competizione che si generano in questo contesto fanno a botte con la voglia che avrei di gettarmi nella mischia, sicché decido di tenermi in disparte e dedicare alla caccia di selezione al capriolo anche questa giornata. “Vincenzo, allora sei venuto su?! Perchè non vieni con me domani? Sarò da solo in un ettaro di girasole proprio attaccato al tuo agriturismo. Magari non sarà pieno di tortore ma insieme ci divertiremo di sicuro!” - la telefonata di Alberto mi giunge gradita e fa l’effetto di quel piccolo granello di riso che fa sbilanciare di colpo la mia ten-

mo tranquilli che non arriverà nessun altro per oggi. Con un po’ di fortuna vedrai che qualche colpo lo spariamo!”. Ci posizioniamo ai due angoli del campo e approntiamo, con alcune canne, dei capanni per mimetizzarci. Una volpe ci sfila davanti, sgusciando sospettosa e furtiva nel fosso, quasi avesse intuito che da lì a breve decine di minacciosi spari avrebbero cominciato a fendere l’aria. Prima di caricare il fucile, provo a imbracciare più volte, come a voler richiamare alla memoria quei movimenti, così naturali un tempo, e ormai apparentemente arrugginiti dopo mesi in cui ho maneggiato esclusivamente l’arma rigata. Mentre carico il mio semiautomatico, un colombaccio sbuca alla

tennante indecisione sul da farsi. Ancora a buio lascio l’agriturismo col fucile in spalla, e come un cacciatore d’altri tempi, raggiungo a piedi il campo dove mi aspetta Alberto. “Nei giorni scorsi non ho avuto tempo di verificare le traiettorie delle tortore”- mi dice Alberto - “quando sono arrivato erano già nel campo. Sono poche, ma almeno sia-

mia destra cogliendomi di sorpresa: compio un rapido movimento che rivela la mia presenza, permettendogli una rapida virata che lo porta troppo lontano da un tiro utile. Un po’ stizzito ma intrigato da questo inaspettato incontro fisso la direzione del fosso da cui son quasi certo sbucheranno le prime tortore. Proprio da lì ecco la prima tortora: Caccia Passione 17


mi abbasso ulteriormente dietro le canne per rendermi ancora meno visibile, quando è a tiro, esplodo un primo colpo, con cui la manco, per poi fulminarla con il secondo. Un mucchio di piume nell’aria mi segnala il punto che avevo già fissato nella mente per recuperarla. Raccolgo la tortora lisciandole con le mani le penne, e ritorno al capanno. Ora è il momento di Alberto, che con due fucilate inaugura la sua stagione venatoria. Come s’intuiva già prima che il sole sorgesse, questa giornata di settembre si presenta piuttosto afosa, basse nuvole velano il cielo da cui si spande un’umida e pallida luce. Caccia Passione 18

Le zanzare fanno festa sulle nostre braccia nude, attratte dal sudore e dell’adrenalina che sprigionano. Tutt’intorno s’iniziano a sentire gli spari, ma non tanti quanto avrei immaginato. Intanto le tortore continuano ad arrivare, non certo con ritmo cadenzato, ma abbastanza ravvicinate da tenerci sempre concentrati. La difficoltà maggiore è data dall’incredibile presenza di tortore dal collare e torraioli, che puntano il campo di girasoli mettendo alla prova i nostri riflessi. “Oh, con un colpo l’ho rimessa al mondo!”commento autoironico sulla tortora che si allontana vivace, dopo essere passata illesa


attraverso ben tre colpi di Alberto e un successivo mio, che pare averle ri-dato ancora più smalto. Una tortora alla mia sinistra arriva con una traiettoria bassa, con un primo colpo la fermo in aria, il secondo sembra non lambirla e solo al terzo cade a piombo in terra. “Le cartucce non vanno un granché bene” bofonchia Alberto, e sono pienamente d’accordo con lui. Ma la musica cambia quando, in fondo allo zaino, trovo un pacco di cartucce piombo 8 con 28 grammi. Alle 9.00 del mattino il numero delle tortore in carniere è sufficiente per farci ritenere soddisfatti. Gli intervalli tra una tortora e l’altra

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s’iniziano ad allungare in maniera snervante. Uno sguardo d’intesa con Alberto ci trova concordi nel sancire la fine della nostra uscita, sebbene consapevoli che rimanendo al capanno avremmo sicuramente sparato ancora. Dai racconti raccolti dagli amici la sera scoprirò che per altri non ci sono stati carnieri tanto più consistenti, a fronte di fastidiosi dispetti, discussioni, e non solo. Ma già al mattino, davanti a un fumante caffè con il mio amico Alberto, ero pienamente soddisfatto per l’inaspettata preapertura, vissuta in piena libertà e letteralmente a km 0! Caccia Passione 19


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Ungulati

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Stoccobianco

di Pina Apicella

Caccia al capriolo. Dopo la stagione degli amori è finalmente giunta l’ora di prelevare il bel maschio che inseguiamo da tempo.

S

vegliati! Sono le quattro!. Apro gli occhi pesanti di un sonno atavico e vedo intorno a me ombrelloni e lettini. No, non sto sognando. Ai primi di settembre il mare è un vero incanto e dopo la levataccia di stamattina per andare a caccia ci stava proprio bene qualche ora di relax. La stanchezza delle sveglie da cacciatore di selezione si fa presto sentire e appena ci si sdraia un secondo Morfeo è subito lì in agguato. “Se vogliamo andare all’appostamento sopra il fosso delle ortiche dobbiamo sbrigarci” mi incita Vincenzo trafelato mentre scuote la sabbia dalle infradito. “Per arrivare lassù ci vuole un’ora buona di cammino”. Nel giro di dieci minuti passiamo dalla versione “turisti settembrini” a quella di “accaldati cacciatori di selezione”: il caldo di questa terrificante estate proprio non demorde, e rende faticoso il più piccolo spostamento. Il primo tratto, di circa mezz’ora, giunge a un altro appostamento, generalmente prodigo d’incontri fortunati. Ma non è a questo cui siamo diretti. Attraversiamo un ruscello ormai secco, inondato di felci, rovi, marruche e tutte le specie infestanti esistenti. Avanziamo nella macchia fitta con gli abiti leggeri che laCaccia Passione 24


Ungulati sciano penetrare le spine. Risaliamo un poggetto, calpestando milioni di rametti secchi residui del recente taglio. “Maledizione, che rumore che facciamo! Proprio ora che siamo quasi arrivati!” bisbiglia seccato Vincenzo. Ma l’acqua non passa di qua da molte settimane, e ogni cosa solo a guardarla fa “crack”. “Fermaaa! Fermatiii!!” mi intima Vincenzo, lui stesso immobile come una statua di sale. Non mi sarei mai aspettata che ci fosse già fuori qualcosa, sono appena le 18.15, e fa un caldo becco! “È un maschio?” chiedo timidamente a Vincenzo, che nel frattempo ha lentamente portato il binocolo agli occhi. “È “quel”

maschio” - mi sorride Vincenzo estasiato - “…come lo chiami tu? Stoccobianco!”. La prima volta che ci siamo imbattuti in Stoccobianco era in giugno. Eravamo in cerca di un maschio giovane, e in giro c’era un gran fermento di caprioli. Avevamo visto altri M2, ma questo ci aveva impressionati per il notevole palco, non poderoso ma molto alto, ben sviluppato nelle altre due punte ma con gli stocchi tozzi, brevi e dalle punte bianchissime che, illuminate dalla luce del tramonto, sembravano intinte nell’argento. “Un gran bel capriolo”- ci dicevamo con Vincenzo - “speriamo di ritrovarlo quando sarà il nostro capo!”.

- L’autrice Pina Apicella

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Dopo gli amori è arrivata la tanto attesa assegnazione e, senza dircelo esplicitamente, ogni volta che tornavamo in quella zona sia io che Vincenzo speravamo di incontrare Stoccobianco. La sera prima, un martedì, eravamo a sbinocolare in giro per vedere com’era la situazione e, dopo esserci saziati della vista di femmine con uno o due piccoli, c’eravamo accorti quasi a buio di un maschio che brucava nel tagliato in una posizione dominante ma ben defilata. Le punte degli stocchi biancheggiavano sullo sfondo scuro. Oggi finalmente è mercoledì, e la carabina è qui. “Fai piano, e con calma. Hai tutto il tempo del mondo. Da come sta brucando tranquillo non si è accorto di noi” mi sussurra Vincenzo. Mettiamo giù gli zaini, la carabina poggiata sopra. Mi stendo tra i rametti cercando di non fare rumore. “Sono 140 metri, con 14 gradi di angolo di sito, non dovresti fare particolari aggiustamenti” mi dice

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Vincenzo, col tono falsamente freddo e distaccato che usano i piloti degli aerei quando comunicano “Stiamo precipitando, ma la situazione è sotto controllo”. È emozionato, ma sa che lo sono anch’io e non vuole mettermi pressione. Stoccobianco è sulla croce di mira, ma è quasi sempre di punta. “Ora è a cartolina. Quando te la senti spara” mi incoraggia Vincenzo. Il capriolo si mette a brucare dai rametti che piovono giù dal muro di rovi che gli fa da sfondo. Sento rivoli di sudore scorrere tra la mia guancia e il legno del calcio. La pancia nuda sulla terra secca, il sole abbagliante che mi fa lacrimare l’occhio sinistro, il calciolo oscilla impercettibilmente al mio respiro. Forse dovrei resettare tutto, trovare il giusto comfort e stabilizzare di più la carabina. Ma trattengo il respiro, la croce ora è ferma sul capriolo e decido di sparare adesso. “È partito! …no, aspetta…ora si è fermato!...non lo vedo


Ungulati

- Delusione e sgomento dopo la clamorosa padella.

più”. Non sono queste le parole che mi aspettavo di sentire dopo aver esploso il colpo. Mi fanno male. Sento un gusto amaro venire su dallo stomaco, le membra rammollite come petali di un fiore reciso lasciato al sole. “Andiamo a controllare, su!” mi sprona Vincenzo. Sull’anschuss non una goccia di sangue. Sul tragitto che ha compiuto il capriolo, fino all’ultimo punto in cui Vincenzo l’ha visto, nemmeno. “Non ci sono dubbi, Vi’, l’ho misera-

mente mancato!”, concludo amareggiata. “Eh si, mi sa che hai ragione” conviene Vincenzo. “Evidentemente non era la tua giornata fortunata e, forse…oggi era il giorno fortunato di Stoccobianco!”. Un vigoroso abbaio viene dal bosco, pochi metri oltre la cortina di rovi che lo delimita. “Alla prossima!” sembra dirci, con tutta la superbia, la furbizia e l’ironia di cui è capace un capriolo dagli stocchi argentati.

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AttualitĂ

Con lo Stambecco,

la marmotta..

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Con lo Stambecco,

la marmotta..

di Goffredo Grassani

I

n un contesto razionale (non solo emotivo o, peggio, speculativo), tutto il territorio andrebbe monitorato e, conseguentemente, “gestito”. Globalmente ( è di moda, no?). Ivi compresi, quindi, tutti i componenti. Compresa la fauna selvatica. Con il coinvolgimento (attivo e tecnico) di tutte le categorie interessate, coordinate dalle istituzioni. Che senso ha, infatti, “proteggere” – in senso negativo o passivo, ossia non “controllando”, una certa specie, soprattutto se invasiva, in un nucleo territoriale circoscritto ( parco, oasi, riserva biogenetica ecc., ovviamente, per taluni, un “ sancta sanctorum”, per altri una …..inerzia assurda, inutile, dispendiosa e pericolosa) , rendendo così vano anche il “controllo” effettuato all’esterno, con i relativi dispendi di energie e risorse? Gli esempi non mancano. Ne citerò uno che ho vissuto appieno personalmente. Nella seconda metà del secolo scorso ( non è una eternità!), proveniente dal Parco Nazionale del Triglav (Slovenia, allora ancora Yugoslavia) scoppiò nell’estremo Nord Est e precisamente nella “Foresta di Tarvisio” ( e di conseguenza nel territorio gestito dalla Caccia Passione 30

Riserva di caccia di diritto di Tarvisio/Malborghetto) la rogna sarcoptica del Camoscio, che decimò la specie (morì il 90-95% della popolazione), senza che noi cacciatori potessimo intervenire efficacemente. L’epidemia interessò tre Paesi : Austria, Slovenia ed Italia e, più precisamente, Carinzia ( Caravanche), Slovenia ( Triglav) e Friuli Venezia Giulia ( Alpi Giulie e Carniche). Immediato l’interesse del Corpo Forestale dello Stato, che gestiva la “Foresta di Tarvisio”, della Riserva di caccia, delle Università di Lubiana, Vienna, Padova e Torino. Si delinearono subito tre tendenze: per gli Austriaci, individuare e isolare i focolai e creare tutt’attorno terra bruciata ( per impedire o tentare di impedire l’espansione dell’epidemia ); per gli Sloveni, abbattere ovunque ogni capo sospetto; per gli Italiani, lasciar fare alla natura! Risultato? L’intervento au-


AttualitĂ

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striaco fu esteso su tutto il territorio interessato; idem per gli Sloveni ( gli abbattimenti, tra l’altro, furono opportunamente monetizzati); da noi, vietato intervenire al di là del normale prelievo e limitatamente al territorio riservato. Anzi, meglio ridurre anche il prelievo normale! Chissà perché! Ancora oggi da noi il Camoscio fatica a riprendersi totalmente. In Austria e Slovenia la situazione pare normalizzata. In ogni caso per noi, cacciatori tarvisiani, oltre all’aCaccia Passione 32

maro in bocca per non poter offrire tutto l’appoggio necessario ( e immediatamente offerto!) nella circostanza, un amarissimo per vedere distrutta una popolazione di oltre duemila Camosci, dopo tanti sacrifici e rinunce per collaborare alla crescita quantitativa e qualitativa della popolazione|. A fianco di questo avvenimento, nella ricerca di possibili cause e rimedi della/alla epidemia, c’era chi era convinto ( e non per pruderie) che possibili


Attualità

vettori potessero essere anche i vasti piani in atto di ripopolamento di Marmotte. Ma non è per questo che, dopo il preambolo, mi accingo a sostenere che anche la Marmotta, come lo Stambecco, andrebbe prontamente reinserita nella lista delle specie cacciabili. Ripeto, tutti i selvatici, a mio avviso ( e non solo mio ) andrebbero “gestiti” , su tutto il territorio. In tutta la Slovenia, ad esempio, puoi prendere l’Orso e la Lin-

ce, in Austria il Gallo Cedrone ed il Gallo Forcello al canto, in primavera, nonché il Francolino di Monte, in Svizzera lo Stambecco e la Marmotta. E noi? Noi, no! Noi stiamo a guardare. Ci chiamassero almeno a sfoltire la Capra di Montecristo! La Marmotta ( già nota all’epoca di Plinio, che la definì “Mus alpinus”), in montagna è sempre stata cacciata: per la carne, per la pelliccia e per il grasso. La carne è buona, come tutta la carne di selvaggina. Nello Caccia Passione 33


specifico, andava trattata per limitare il residuo sapore di tana; la pelliccia era molto ricercata per ovvi motivi di abbigliamento; il grasso era ( e pare sia), tra l’altro, al centro di un grosso affare: in Svizzera nel 1946 si abbatterono ben sedicimila Marmotte per il loro grasso, il “Mankeischmalz”, molto usato nella medicina popolare, ma anche pubblicizzato per i suoi poteri terapeutici, nelle affezioni bronchiali e polmonari e per le sue virtù antireumatiche! Forse si collegava il potere magico del grasso di Marmotta al fatto della vita dell’animale in tana, riuscendo a sopravvivere al freddo, alla fame e all’umidità. Sta di fatto che poco tempo fa, richiesto del perché si provvedesse ancora all’abbattimento di Marmotte nel Parco Nazionale austriaco di cui era responsabile, lo stesso giustificò l’evento con la necessità di soddisfare la domanda di grasso!

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er quanto attiene alla “gestione” di questo selvatico, dobbiamo anche tenere presente che la Marmotta è un roditore e, come tale, soggetta a improvvise crescite della popolazione, favorita dalla vita di comunità e dalla forte socialità, dal continuo contatto. Due o più, sino a sette i piccoli all’anno : la crescita delle colonie è garantita. Ma è garantita anche la rapida diffusione delle possibili malattie, quali la peste bubbonica ( e la rogna sarcoptica ? e la rabbia silvestre?), favorite ancora dal letargo invernale e quindi dalla stretta convivenza . Questo rapido susseguirsi di crescite e cali della popolazione ha un impatto altalenante sulla alimentazione dell’Aquila, principale predatore della Marmotta. Che nei periodi di magra si scatenerà inevitabilmente sui Tetraonidi, sulla Lepre variabile o sulla Pernice Bianca ! Caccia Passione 34

Due famosi scienziati, Frank e Zimmermann, hanno sostenuto, al riguardo, che “ la morte dei singoli animali avviene tanto più all’improvviso e contemporaneamente, quanto più elevata è la densità della popolazione”. Che andrebbe, quindi, “gestita”. In base a tutte queste considerazioni, in particolare alla limitata longevità dei singoli animali, alla diminuzione dell’indice di natalità in funzione della densità e di mortalità durante l’inverno, fattori che rendono altalenante la popolazione delle Marmotte, e, di conseguenza, oltremodo impattante negativamente sui Tetraonidi, oltre ai danni ai prati-pascoli nella costruzione delle tane, che tanto fanno infuriare i pastori all’alpeggio, non si capisce la riluttanza del reinserimento della Marmotta nella lista delle specie cacciabili, auspicata e giustificata anche da quell’illustre tecnico che è il Dottor Marco Giacometti. Chiudo citando quanto scritto dal Prof. Mario Spagnesi e dal Dottor Silvano Toso, dell’INBS”A.Chigi” (“Evoluzione recente della situazione faunistico-gestionale in Italia” – Atti del II^ convegno nazionale dei Biologi della selvaggina-1991 ) : “Ci sembra debba essere valutata la possibilità, sollecitata dal mondo venatorio, di una nuova inclusione della Marmotta nell’elenco delle specie cacciabili, che dovrebbe essere presa in considerazione solo nel caso in cui fosse possibile, nella prassi gestionale e non solo dal punto di vista teorico, un prelievo conservativo e comunque dimensionato alla densità e alla dinamica delle popolazioni locali”.

Weidmannsheil!


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Itinerari di caccia

Viaggio a Bute:

l’isola verde delle beccacce ..

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Viaggio a Bute:

l’isola verde delle beccacce.. di Claudia Zedda

Montefeltro Sport - Scozia, Isola di Bute. La protagonista assoluta della vacanza è lei, la signora beccaccia e pochi posti al mondo permettono di fare una caccia di così alta qualità come a Bute.

L

e nuvole a Bute corrono basse, le stagioni hanno il proprio peso, la natura è signora incontrastata dei paesaggi. Prati verdi di erica e macchiati di ginestra, lunghe pinete e piccoli boschi di carpine, pascoli aperti che scivolano contro un mare freddo e forte: Bute ti entra nel cuore, Bute è un piccolo incanto scozzese che Montefeltro tour operator ha messo a disposizione di tutti quei cacciatori che amano le sfide, che amano la caccia dura e gratificante. Bute l’isola incantata L’isola è verde e fortunata. I suoi inverni miti la rendono bella di una bellezza silenziosa. Sembra sempre in attesa di qualcosa l’isola di Bute, con la sua varietà di territori, con selvatici autentici e scaltri, con il cantericcio costante delle campanelle portate dal bestiame al pascolo che va, lento e pacifico. Raggiungere il porto di Wemyss Bay è una bellissima avventura nell’avventura. Se si sceglie di percorrere il tragitto in macchina è richiesto di attraversare Italia, Francia, Inghilterra e mezza Scozia in un viaggio nel viaggio suggestivo e appagante. Si ha la possibilità di ammirare Caccia Passione 38


Itinerari di caccia piccoli villaggi sconosciuti, paesaggi innevati, vegetazione folta e ricca. Quando si è arrivati al porto di Wemyss Bay l’Italia è dimenticata, la routine quotidiana sembra non essere mai esistita, e solo Bute, isola verde e incantata sembra essere importante. Quasi la si tocca con mano. Il viaggio in macchina come è facile immaginare non è l’unica soluzione. Corre in soccorso a chi deve fare i conti con il tempo il viaggio aereo, rapido, elegante, economico grazie alle linee low cost. Sbarcati sull’isola il cacciatore troverà ad attenderlo l’efficiente personale Montefeltro che dopo un caloroso benvenuto condurrà in un caratteristico albergo a gestione familiare, caldo, confortevole: l’ospitalità e la cucina sono sempre speciali. Dopo il lungo viaggio e la cena una bella notte di riposo è d’obbligo. All’alba partono 4 lunghi e intensi giorni di caccia.

Isola di Bute: un magico momento di caccia..

Beccaccia ma non solo Le beccacce amano Bute, è indiscutibile. Tutto merito del clima invernale mite che le attrae e che le trattiene per una sosta più o meno prolungata. Ad amare Bute non ci sono solo le beccacce ma anche i cacciatori. La riserva di caccia d’altronde è speciale, riservata a pochi e veri appassionati della regina dei boschi; offre un’esperienza intensa, faticosa ma soddisfacente. Tanto per cominciare c’è la varietà dei terreni di caccia, acquitrinosi, collinosi, impegnativi. Permettono al cacciatore di vivere 4 giorni venatori tutti diversi. I terreni sono difficili, diciamolo subito, ma difficile in questo caso è bello, perché vincere facile ai cacciatori con la C maiuscola non piace. È indispensabile essere appassionati e allenati, ma pure avere con se cani collegati al padro-

Nella foto: Toni Gialdini presso la riserva di caccia La Stoppa. Caccia Passione 39


ne, con un buon naso, con la voglia di fare. La giornata di caccia parte alle 9 del mattino e prosegue fino alle 16; il sole sorge tardi e cala presto, ma le ore disponibili per la caccia a Bute si vivono intensamente. Poi c’è la sorprendente possibilità di incontri: sono frequenti, numerosi in qualsiasi condizione climatica, mettono alla prova i cani e li spingono a dare il meglio. Permettono di portare a casa carnieri abbondanti che fanno dimenticare ogni fatica. D’altronde la mente del cacciatore ospite dell’isola incantata di Bute è una girandola emozionata. Non ci sono solo bec-

cacce, che già basterebbero: oche, lepri, fagiani e anatre sono un piacevole contorno che rende viva l’isola e i suoi paesaggi. La beccaccia è comunque la protagonista: alcune tengono la ferma del cane, altre sono più nervose. Quelle che invece sembrano docili finiscono per dimostrarCaccia Passione 40

si le più scaltre, le più furbe, le imprendibili, quelle per cui vale la pena sbarcare su Bute, che ti costringono a dare il meglio. La stagione di caccia inoltre è piuttosto lunga e varia: parte da novembre e prosegue per tutto gennaio.


Itinerari di caccia Cani e servizi Montefeltro Quando si parla di Scozia è bene precisarlo: non è consentito trasportare i cani in aereo. Per questo Montefeltro offre ai propri cacciatori un mezzo per il trasporto cani alternativo. Il servizio extra è proposto solo in alcune date che possono essere comodamente concordate. A preferenza il cacciatore più scegliere di organizzarsi con mezzi propri. La riserva di caccia Montefeltro, una volta raggiunta mette a disposizione non solo tutta l’ospitalità che ci si aspetta, ma pure la possibilità di noleggiare armi di grande qualità Benelli e Beretta. Mettiti alla prova I posti disponibili sono pochi, l’esperienza di quelle che un cacciatore deve vivere. Regalati una settimana (17 – 22 novembre 2015) venatoria ricca di emozioni e avventura. Se scegli di prenotare entro il 16 ottobre ti regaliamo la quota di iscrizione di 50 euro e uno sconto imperdibile.

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Cani da caccia

Slovensky Kopov:

il cane che racconta il cinghiale.. Caccia Passione 43


Slovensky Kopov:

il cane che racconta il cinghiale..

di Claudia Zedda

E’ un cane poco conosciuto dalle nostre parti, ma gli amanti della caccia al cinghiale non possono non averne almeno sentito parlare. Ai più fortunati può essere capitato di vederlo in azione. Oggi ne raccontiamo le doti e i limiti.

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el Kopov si può dire tanto, ma ci piace iniziare descrivendolo su un campo di caccia, con davanti un cinghiale. Spesso capita di perdere di vista il nostro cane, ma se il cane è un kopov nessuna paura, quando si trova davanti al cinghiale è perfettamente in grado di aggiornarci sulla situazione con il suo abbaio. Ovviamente il conduttore deve parlare la stessa lingua del Caccia Passione 44

cane, ma se c’è feeling e attaccamento è addirittura possibile intuire le dimensioni del selvatico, la fuga o la presenza del cinghiale. Quest’ultima non sempre da luogo a alla ferma del cinghiale per difendersi, ma quando capita l’abbaio è forte, potente, preciso, in grado di martellare le orecchie del cacciatore e del selvatico. Per dirla semplice il Kopov è un cane che va scoperto; non ha solo pre-


Cani da caccia gi, ma questi superano di gran lunga i difetti. La razza è antica: dello Slovensky Kopov (segugio slovacco) si ha traccia fin dal XIV secolo in Moravia. In ogni caso l’ufficializzazione è arrivata piuttosto tardi, poco dopo la seconda guerra mondiale. In Slovacchia, Germania e tutta la Mitteleuropa il kopov veniva usato per la caccia alla selvaggina di una certa taglia: tanto per intenderci cinghiale, lupo e orso, ma viste le sue grandi capacità di seguita delle tracce di sangue, spesso il cane era impiegato anche per i recuperi più difficili. Non solo questo; il Kopov è da sempre un grande amico dell’uomo, meglio, del suo proprietario con il quale ha necessità di stabilire un legame simbiotico, di stima e comprensione. A quel punto può diventare un cane da guardia, un cane da lavoro, ma

mente il cinghiale tende a nascondersi. La sua taglia è media, il suo peso va dai 15 ai 20 kg e si ha fin da subito l’idea che sia un cane solido e robusto, dotato di muscolatura poderosa. Le cose stanno effettivamente così. In questo modo ha la possibilità di affrontare la vegetazione fitta e grazie alla sua muscolatura forte è capace di scatti repentini che di certo non smettono di stupire il proprietario. Una manna dal cielo quando si tratta di arretrare davanti ad un cinghiale o quando si tratta di sorprenderlo di lato. Nella testa del kopov Uno dei motivi per il quale il kopov non è famoso quanto meriterebbe sta nel fatto che non sempre è capito. Prima di scegliere come compagno di caccia questo segugio sarebbe bene conoscerne i tratti, le preferenze, i pregi e i difetti. Que-

anche e soprattutto un cane da compagnia. Kopov: come riconoscerlo Non è un cane che salta all’occhio, ma ad osservarlo bene si scopre che nel kopov la natura non ha posizionato niente a caso. Prendi ad esempio il pelo, che se accarezzato si percepisce sufficientemente lungo (dai 2 ai 5 cm) e fitto. Questo lo aiuta a cacciare in ambienti ostili e difficili dove normal-

sto è potenzialmente vero per ogni cane, ma nel caso del kopov fare un acquisto a scatola chiusa significa con probabilità creare sul campo incomprensioni e malumori. • Capacità di apprendimento. E’ davvero sorprendente e non va sottovalutata. Il kopov apprende e lo fa velocemente a patto che gli si insegni nella maniera giusta. Non lo spaventa imparare cose nuove, ma le maCaccia Passione 45


niere forti non danno risultati. L’approccio con questo segugio deve essere completamente. Prima di compiere un’azione, è strano dirlo, ma il kopov vuole capire e in un certo senso deve essere convinto a svolgere quella particolare mansione. Va da se che la fiducia nei confronti del proprietario deve essere indiscutibile: in quel caso sono animali obbedienti, che si prestano agli esercizi di tutti i generi, anche di riporto in acqua. • Intelligenza. Sono cani astuti, sono cani che sanno ragionare e trovano rapidamente la soluzione a qualsiasi problema. Il kopov prima di agire ragiona e questo torna sempre utile in un campo di caccia. Trovata la soluzione migliore il cane parte e non lo ferma più nessuno. • Ostinazione. Non tutti lo sanno ma quello che abbiamo davanti è un ottimo cane da traccia. Lavora benissimo sugli animali feriti, e cascasse il mondo, se il

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Cani da caccia

cacciatore lo lascia libero di agire, riporta sempre il selvatico. Questa caratteristica si lega benissimo con la sua ostinazione. In alcuni casi il cane si allunga inaspettatamente spingendosi oltre il territorio previsto e risolvendo situazioni che si dava per spacciate. Fortuna vuole che sia dotato di un orientamento infallibile. Questo gli consente sempre di tornare a casa e di farlo in tempi rapidi. Il consiglio è comunque quello di dotarlo sempre di un collare GPS. • Vita in branco. Questo è uno degli aspetti che potremmo dire negativi: il kopov caccia da solo e ama vivere da solo. Non condivide il campo di caccia con altri cani, e se lo fa non è contento, né tanto meno condivide la propria cuccia o la propria ciotola. Si tratta dunque di un cane che non si ammuta con facilità, e che da i risultati migliori se usato singolarmente. • Solo con il padrone. Ecco un altro aspetto che potrebbe non piacere al cacciatore. Il kopov per “funzionare bene” sul campo di caccia deve necessariamente stringere un legame di stima e amicizia con il proprietario. E’ difficile che obbe-

disca ad altre persone o che collabori con altri cacciatori. Il massimo della felicità per lui è cacciare con il suo amico, che conosce e che ha imparato a capire e amare. Sul campo di caccia Grazie al naturale legame che riesce a stabilire con il suo conduttore il Kopov può spaziare in un ambiente piuttosto vasto che va da 150 ai 300 metri. Una volta che aggancia l’usta fresca è in grado di seguirla anche per ore. Di tanto in tanto abbaia, quasi a voler conversare con il proprio conduttore. Quando l’abbaio aumenta per intensità e ritmo è certo che il cinghiale sia vicino. Preferisce comunque avvicinarsi al selvatico con pochi abbai di modo che questo non si allarmi troppo. Piuttosto gli abbaia contro a fermo. E’ a questo punto che il tono cambia e diventa più profondo, più rapido e ritmico. In questo modo ottiene due vantaggi: allerta il conduttore e stordisce il cinghiale. Chiudiamo ricordando che il segugio slovacco è un cane davvero eccezionale, ma prima di tutto è importante conoscerlo a fondo: solo in questo modo si può sapere con certezza se è il cane che fa al caso proprio. Caccia Passione 47


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Fucili canna rigata

RIZZINI BR 550: l’express a canne affiancate come stile comanda..

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RIZZINI BR 550:

l’express a canne affiancate come stile comanda..

di Emanuele Tabasso

Da quando pochi anni fa la Rizzini ha inserito nell’ampio panorama di sovrapposti anche la doppietta non poteva mancare la versione a canne rigate, quella che davvero ha il diritto storico di chiamarsi express.

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l lessico ha un suo specifico valore e serve a dar connotazione a un prodotto o a un particolare: nel settore armiero molti termini provengono dall’inglese o dal tedesco dove inventori e costruttori hanno dato loro le origini e poi qui da noi vengono tradotti o ripresi di sana pianta se la loro fonetica si presta

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a una facile pronuncia e a un suono gradito. Express è parola magica che richiama savane africane o insidiosi percorsi indiani a dorso di elefante. Sembra sia stato Purdey a denominare così uno dei suoi primi due canne rigati, tecnicamente double barrel rifle, apparsi nella seconda metà dell’Ottocento per cacciare


Fucili canna rigata gli animali pericolosi, ed express era termine mutuato dagli Express train, quei treni veloci dell’epoca, imperiosi emblemi di potenza e insostituibili mezzi per i lunghi spostamenti via terra quando auto e autostrade erano ancora di là da venire. La bellezza di questi fucili derivava dalla classe somma delle doppiette a canna liscia, da un’ingegneria e da menti di altissimo livello, dalla raffinatezza esecutiva spinta al massimo grado. Intanto nei paesi di lingua tedesca erano già in uso i Bockdoppelstutzen, la stessa soluzione montata però su un due canne sovrapposte. Differivano le finalità: da un lato l’incontro ravvicinato con selvatici fieri e pericolosi, dall’altro il faticoso avvicinamento a selvatici elusivi, ma il tutto su terreni montani, difficili e insidiosi. Sullo stile c’è poco da dire anche per chi, come noi, è amante delle armi mitteleuropee: forse il parallelo fra champagne e birra può sembrare ingeneroso, ma rende una prima idea. Poi un Bockdoppelstutzen di Merkel o di Sodia ha tali e tante raffinatezze da muovere i precordi e torna sempre utile il detto di non far di tutta l’erba un fascio. Una cosa ci pare incontrovertibile: la superiorità tecnica al tiro delle due canne sovrapposte deve cedere il passo alla classe delle due affiancate. Solleti-

chiamo un poco questo presupposto tecnico mentre ci rigiriamo fra le mani una delle ultime realizzazioni della Rizzini®, la doppietta rigata BR 550 messa a disposizione dal Signor Battista che ne è il papà. Perché creare il due canne parallele quando già l’azienda aveva fior di sovrapposti rigati? Per lo stesso motivo grazie a cui si va a un incontro importante con un abito scuro e non con uno spezzato se non si desidera passare da improvvisati o da originali a tutti i costi: Franck Sinatra poteva arrivare in maglioncino a una festa dov’era richiesto lo smoking, tanto tutti sapevano che ne aveva una trentina nell’armadio, così come oggi un altro maglioncino, scaramantico e apotropaico, ha rubato la scena agli abiti classici sulla ribalta automobilistica. Ma questa è un’altra storia. Anche la caccia ha le sue regole, alcune codificate e scritte, altre impresse nell’animo e sovente queste ultime valgono più delle prime; caliamoci in una realtà viva e vivace come la caccia al cinghiale e scopriremo quanto siano diverse le situazioni in cui ci si può trovare. La braccata in montagna o in certe zone della Maremma è aperta a molte soluzioni, la gente che le frequenta ha, in quei frangenti, uno spirito che richiama caccie ataviche dove il

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raggiungimento del fine fa premio su tutto, o quasi. Ben vengano allora abbigliamenti rudi e tecnici così come nei fucili i semiautomatici rigati o lisci, le carabine con i lesti movimenti in linea e quanto possa consentire fuoco rapido e preciso con calibri determinanti. Altra cosa ritrovarsi invitati o primi attori in una riserva dove l’incontro fra le persone riveste un’importanza tutt’altro che secondaria, e tutto quel che il cacciatore ha con sé deve possedere quel fascino proprio delle cose non soltanto funzionali, ma ugualmente di classe. Già le due canne rigate possiedono tale prerogativa, maggiorata se sono parallele: il cinghiale non si accorgerà della differenza, ma voi stessi per primi dovrete percepirla, non per effimero esibizionismo, ma per intima soddisfazione e compiutezza di azione. Caccia Passione 52 50

Che cosa si richiede all’express? Facilità di imbracciatura, messa in mira e bilanciatura così da attuare un tiro alla corsa come se si avesse fra le mani una doppietta per un drive a fagiani, equilibrio statico e dinamico con scatti netti e di medio peso per conseguire il risultato anche sul secondo colpo, senza che il primo ci abbia messo completamente fuori mira, una massa proporzionata perché non sia troppo greve reggerla sulle braccia e nemmeno troppo leggera per assorbire il rinculo di una buona cartuccia. Vediamo allora la bascula della misura ridotta, compatta, del tipo integrale e con dorso chiuso, seni molto in risalto, rinforzi laterali spessi e ben modellati per garantire resistenza nel punto critico dove potrebbe originarsi una frattura, due tenoni con doppia Purdey inferiore più una terza Purdey del 2° tipo che coadiuva quella


Fucili canna rigata principale e funge anche da registro all’estrattore. Chiave superiore in sol pezzo con il proprio perno, aderente alla codetta superiore al cui apice è inserito il tasto della sicura. Gli scatti su batterie corte garantiscono celerità di intervento e lo sgancio è demandato a un monogrillo: la scelta muove all’anatema e a una conseguente guerra di religione, ma subito la razionalità e la bonomia del Signor Battista rimettono le cose in pari. Il costruttore ci spiega come molti freschi clienti di queste armi non abbiano ancora la giusta manualità nel gestire lo scatto a due grilletti e il rinculo può generare la partenza dei due colpi quasi in simultanea. Dagli States abbiamo importato parecchie cose, fra queste l’insano concetto che se ci si fa male è sempre colpa di un altro, mai della nostra dabbenaggine o incompetenza. Ergo meglio lasciar da parte quella bella prerogativa di due fucili separati montati su un calcio unico, così da poter far comunque fuoco almeno con una canna, e approdare all’idea di un banale, pratico monogrillo che certo non darà grane al cacciatore meno esperto e nemmeno al fab-

bricante. Le canne lunghe 60 cm sono unite con il sistema del monobloc di culatta che, con i sistemi di saldatura attuali, garantisce buon risultato a costi sostenibili: la mezza bindella superiore presenta un elegante raccordo a lancia e fresature per il montaggio di un’ottica. Le mire aperte vedono la tacca regolabile in deriva, dotata di due riferimenti in plastica rossa ai fianchi della U centrale, e il mirino, sempre in plastica traslucida rossa, fissato a uno zoccolo e regolabile in elevazione. Fra i due vivi di volata è inserita una brugola per eventuali aggiustaggi della convergenza su una data munizione. Le distanze di ingaggio della bestia nera sono solitamente limitate ed ecco che la maggior precisione delle due canne rigate sovrapposte, vere sulle ampie metrature, non sono qui determinanti. Il legno di noce venato presenta il calcio con appoggia guancia arrotondato su linee diritte molto classiche; pregevole il disegno della testa e le specchiature laterali con raccordi accurati così come tutta l’incassatura realizzata con legno leggermente a crescere. Concessioni alla modernità: calcio-

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lo in legno riportato e asta a coda di castoro. Il calibro camerato nell’esemplare in visione è il 7x65R: scelta eccellente perché il 7 mm di Brenneke, nato agli inizi del Novecento, rappresenta tuttora una delle migliori cartucce in assoluto. Il collarino consente l’estrattore con la sola bisellatura, senza unghiette a molla sempre delicate, e le pressioni sono studiate proprio per i basculanti, quindi meno aggressive delle consorelle da carabina. La sezione maestra della palla è già una bella garanzia di successo che si unisce alla densità sezionale garantita appunto da tale fattore e dal peso dei proiettili che possono raggiungere i 177 grani. Una vasta scelta è garantita dai maggiori fabCaccia Passione 54

bricanti e tuttora le palle di Brenneke, ad esempio le TIG e le TUG, consentono di affrontare cinghiali anche di peso assai elevato e di vitalità eccezionale. Vale poi sempre la regola di piazzare il colpo là dove si deve, ma un po’ di margine questa cartuccia lo concede favorevolmente. Un fucile quindi che riprende concetti tuttora insuperati per l’uso specifico cui è destinato, abbinato a una cartuccia sempre ai vertici della propria categoria per concedere soddisfazioni impareggiabili a chi sappia scegliere con oculatezza i proprio mezzi di caccia.


Fucili canna rigata

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La cartuccia

7x65R di Brenneke

La misura dei 7 mm è considerata la proporzione aurea dei proiettili da caccia media e gli studi di Wilhelm Brenneke datati agli inizi del Novecento avevano individuato le proporzioni per giungere a una cartuccia equilibrata e di ottima valenza su prede diverse di Emanuele Tabasso

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ancano solo tre anni al centenario di questa superba realizzazione del grande inventore tedesco e la 7x65R, così come la sorella 7x64 per carabina, gode di ottima salute grazie a un impianto originario che ha coniugato nelle parole equilibrio ed efficacia le sue prerogative. Senza scomodare i magnum questo bossolo

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di una certa capienza, è vero, ma non debordante, si presta bene a gestire un ventaglio di proiettili ampio e funzionale: se nei fucili a otturatore il calibro aveva subito negli anni dopo la II GM una notevole flessione, ora ha ripreso quota grazie alla maggior conoscenza degli appassionati, più dediti allo studio e alla sperimentazione e meno preda della


Munizioni pubblicità. Osservando per contro la versione R adatta ai basculanti vedremo come insieme alla 6,5x57R sia sempre stata sulla cresta dell’onda camerando i fucili misti e i kipplauf di tradizione centroeuropea con piena soddisfazione degli utenti. Nei primi decenni del secolo passato la 7x65R era cartuccia polivalente e narra la tradizione che, in quel periodo, siano caduti molti più cervi sotto i suoi colpi di tutti gli altri messi insieme: oggi pare bello usare mezzi di maggior spicco e la stessa Germania con Otto Schuler aveva creato la splendida 8x68S con quella botta più secca e decisa, garante di un maggior braccio operativo e quella solita virgola in più di letalità su un colpo non proprio perfetto. Sta di fatto che per molto tempo la 7 mm in esame ha espresso la maggior con-

locuzioni anglosassoni del killing power, stopping power e via elencando. Ogni tanto ci facciamo prendere anche noi da queste discussioni elencando fatti oggettivi a cui tuttavia non si riesce a dare un seguito scientifico. L’idea comunque di un rapporto ottimale fra velocità, massa e area retta del proiettile quindi densità sezionale, fattore di forma, cessione di energia e quant’altro ci dovrà essere e, a nostro sommesso parere, in questa cartuccia ci sta a meraviglia. L’adozione di un passo di rigatura stretto consente l’impiego di palle pesanti e quelle da 11,2 g non avranno la traiettoria piatta di un 7 Rem. Mag. ma dove arrivano fanno il loro lavoro senza troppo fracasso. Sempre per restare nell’ambito dello stesso progettista e scendendo ai minimi ponderali i proiettili Teil Mantel da

servazione di energia ai 500 metri, superando bellamente mostri sacri come il Super .30 di Holland. Purtroppo si è sovente portati a giudicare le cariche leggendo i valori numerici alle varie distanze, con velocità, energia cinetica e calo di traiettoria; più difficile penetrare nei valori meno quantificabili, ma di notevole valenza, raggruppati in quelle

6,7 g, si rivelano adeguati a tiri tesi con efficacia dal camoscio al capriolo, fidando che anche su selvatici di maggior corporatura, se ben piazzati, sono parimenti letali: magari proprio per vedere il pelo nell’uovo la mantellatura è un po’ duretta e se non incontra masse consistenti può trapassare con poca cessione di energia. Sono casi eccezionali e Caccia Passione 57


non fanno certamente testo. A nostro gusto per le prede di piccola e media taglia preferiamo per questa cartuccia un peso medio di palla intorno ai 7,8 – 9,1g (120 – 140 grani) e diverse ricariche rassicurano sugli esiti, favorite anche dalla lunghezza di canna di un drilling Merkel ancora con i tradizionali e rispettabili 65 cm. Una ricetta ben riuscita del Maestro vede la palla Sierra Pro Hunter o la Game King da 140 grs filare a una V/2 intorno ai 902 - 905 m/sec con precisione eccellente dei primi due colpi, quelli che servono, e uguale effetto si raggiunge se la palla è una Nosler Accubond sempre da 140 grs. Molto ampia la disponibilità di cariche originali, specie delle Case europee con RWS, Norma, Sellier & Bellot, Geco, la stessa Brenneke che da qualche anno allestisce eccellenti cartucce complete, e da poco anche la nostra Fiocchi con interessanti proposte di resa e di prezzo. Per evidenziare il potere d’arresto su animali coriacei e a distanze medio brevi proprio la Norma propone la sua palla Oryx da 156 o 170 grs: una botta gagliarda per dirimere le questioni in una entusiasmante braccata. Una cartuccia per molte situazioni dunque decisamente vantaggiosa anche nei fucili a due canne rigate sia alla posta al cinghiale come nella caccia alla cerca in bosco.

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Munizioni

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Ottiche

SWAROVSKI OPTIK CL Companion Polaris sulle tracce dell’infinito.. Caccia Passione 61


SWAROVSKI OPTIK CL Companion Polaris

sulle tracce dell’infinito.. a cura di Pierfilippo Meloni

SWAROVSKI OPTIK presenta un’edizione esclusiva degli affermati binocoli CL Companion, con uno stock limitato di 1.000 unità: i CL Companion Polaris. CL Companion Polaris. Questi modelli sono caratterizzati da un design elegante ispirato agli spazi sconfinati delle regioni polari e ai colori che riflettono le immense distese di ghiaccio. Con la loro ottica di comprovata eccellenza, i binocoli CL Companion vi faranno fare scoperte memorabili. I CL Companion Polaris sono dotati di attrezzature di prima qualità e di una gamma di accessori specifici come la cinghia galleggiante e la custodia idrorepellente. I viaggi alla scoperta di angoli remoti del pianeta attirano da sempre moltissime persone. Scoperte uniche ed esperienze indimenticabili donano fascino alle avventure in terre sconosciute. Se osservate da vicino, le immense distese di ghiaccio si mostrano ricche di vita e diversità. E se avrete con voi i binocoli CL Companion Polaris, riuscirete a vedere creature e dettagli nascosti che altrimenti sarebbe impossibile notare. Con un binocolo CL Companion Polaris come fidato compagno, potrete immergervi – pur a distanza di sicurezza, come a bordo di una nave – nell’affascinante spettacolo della natura delle regioni polari e godere appieno di quella magica luce ai confini del mondo e della suggestiva vista Caccia Passione 62

dei pinguini o del maestoso orso polare artico. CL Companion Polaris: il compagno perfetto per le mete insolite Il rivestimento dei binocoli CL Polaris è blu scuro e le conchiglie girevoli in argento donano al prodotto un tocco di eleganza, ispirato ai colori che riflettono le immense distese di


Ottiche ghiaccio. Oltre a essere un accessorio di stile, la custodia idrorepellente con cerniera avvolgibile protegge i binocoli dalle condizioni meteo più estreme. Ogni binocolo CL Companion Polaris è accompagnato da un certificato esclusivo e numerato, firmato da Carina Schiestl-Swarovski, Presidente del Comitato esecutivo di SWAROVSKI OPTIK. I binocoli sono, inoltre, corredati di un diario di bordo su cui annotare i momenti speciali dei vostri viaggi. Ottica eccezionale, ottimizzata per uso intensivo I binocoli CL Companion Polaris di SWAROVSKI OPTIK sono disponibili con ingrandimento 8x o 10x e vantano un obiettivo di ben 30 mm di diametro. Con il loro design elegante e compatto e un peso di appena 500 grammi, questi binocoli sono i compagni di

viaggio ideali. I CL Companion Polaris, inoltre, sono estremamente confortevoli da usare e sono dotati di un’ottica di alta precisione, di un’elevata trasmissione della luce e di uno speciale rivestimento ottico in grado di garantire immagini luminose, ad alto contrasto e dai colori naturali. I binocoli CL Companion Polaris sono anche resistenti a polvere, acqua e urti grazie a un corpo in gomma altamente robusto che li rende perfetti per l’uso intensivo durante i viaggi. Sono, inoltre, corredati di coprioculari e copriobiettivi, di una cinghia classica e di una cinghia galleggiante. I binocoli CL Companion Polaris saranno disponibili a partire dal 1° ottobre 2015, su richiesta, presso negozi specializzati e online sul sito www.swarovskioptik.com.

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Il Movimento..

Digiscoping come a caccia.. Molti sostengono che i soggetti del digiscoping sono (e devono essere) “imbalsamati”; nel senso che i maxiingrandimenti forniti dall’abbinamento fra una fotocamera digitale e un telescopio da osservazione non amano il movimento e pretendono soltanto soggetti fermi come statue, come se fossero senza vita.

Parlando di tecnica, noi preferiamo intervenire con i fatti, l’esperienza diretta sul campo e le fotografie: anche animali in movimento hanno pieno diritto di cittadinanza fra i soggetti preferiti dal digiscoper. Il “segreto”, per ottenere questo scopo sta nella testa del trepiedi e, soprattutto, nel perfetto bilanciamento dell’attrezzatura. Questo è il senso delle foto allegate. Due caprioli maschi, si sfidano in una lotta territoriale - neppure troppo rituale – fatta di veloci attacchi, raspate, arretramenti e continui spostamenti. Il tutto a circa 100 mt. di distanza, in un prato d’erba medica, con scarsa luce. In questa situazione, parallela al punto di ripresa, si nota come la profondità di campo sia estremamente ridotta - tutto ciò che sta davanti e dietro ai soggetti è (volutamente) sfocato – e quanto sia perciò decisiva una buona messa a fuoco. Risolta la focheggiatura, manuale, la serie di oltre 50 scatti (compresi i due Caccia Passione 64

di Riccardo Camusso

protagonisti separati, sia prima che dopo il “conflitto” territoriale) ha preteso un perfetto bilanciamento dell’attrezzatura per seguire/ ingaggiare i soggetti e scattare velocemente. Le stesse accortezze tecniche sono riservate al brevissimo atto dell’accoppiamento. Il risultato finale dimostra, più delle parole, che il digiscoping può anche essere movimento, vita, documento naturalistico ed emozione. Non solo: il poter stare fuori scena – prerogativa essenziale del digiscoping – ci regala proprio quella “vita” che animali che fuggono spaventati da un teleobiettivo che abbia superato la distanza di fuga, non ci permettono di osservare, documentare e fotografare. Le “statue” preferiamo ammirarle nei musei. Dal punto di vista tecnico, gli elementi fondamentali per affrontare queste situazioni (e non solo) sono la testa del trepiedi e il bilanciamento. In digiscoping, ciò è tanto più decisivo se si considera la “tassa” da pa-


Digiscoping

- Due maschi di capriolo si affrontano in un duello non rituale durante il periodo degli amori; la profondità di campo è scarsa, ma privilegia la stretta fascia d’erba dove si svolge la scena; il Movimento (raspate, rincorse ecc.) è “fermato” da un tempo d’esposizione di 1/500”.

gare ai maxi-ingrandimenti che tanto apprezziamo per poter stare fuori scena. La testa deve tassativamente avere i due movimenti – orizzontale e verticale – separati tra loro. Ciò esclude le teste a sfera, dove lo sblocco provoca movimenti senza controllo. Per avere un assoluto bilanciamento, occorre che la proiezione del baricentro di tutta l’attrezzatura cada esattamente al centro della base e della testa. Questo scopo si ottiene con grande semplicità: basta interporre fra la base del telescopio e la testa una slitta di bilanciamento che permetta di trovare il baricentro a seconda del peso della fotocamera (o videocamera) utilizzata. Trovato il punto esatto, tutta l’attrezzatura resta ferma e non “cade” né in avanti né indietro, con qualsiasi angolo di sito e senza alcun gioco; è sufficiente un dito per spo-

stare – fluidamente – il lungo e non è neppure necessario chiudere i freni della testa. Sul campo: ingaggiamo il soggetto in movimento, mettiamo a fuoco e lo seguiamo muovendo tutta l’attrezzatura - sbloccata e “senza peso” - con un dito. Quando il soggetto è al centro del monitor (o del mirino), non serve bloccare nulla e possiamo scattare. Nessun gioco perché l’inquadratura resta quella che vogliamo. Quando e se vogliamo fare un po’ di “panning”, poi, sarà sufficiente scattare senza fermare il lungo ma cercando di seguire il soggetto alla sua stessa velocità: sfondo “strisciato”, soggetto ben leggibile e grande effetto. Esattamente come si fa a caccia, e con l’anticipo.

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Accessori per la caccia Pattadese, Coltelli di Sardegna per Tradizione. Si tratta di un coltello a serramanico, dalla linea affusolata e sinuosa con il manico in monoblocco con un’anima in ferro o ottone, compresa tra due guance in corno. Anticamente, ma anche oggi, veniva commissionato a seconda delle esigenze che andava a servire. Il corno usato per la realizzazione del Pattadese è di muflone o montone,

Hornady Lock-N-Load Sonic Cleaner e i 100 bossoli come nuovi È possibile, disponendo dell’attrezzatura adatta la pulizia dei bossoli, prima di procedere con ogni ulteriore criterio di selezione, può determinare il più indimenticabile dei successi sportivi se ben eseguita, oppure il più doloroso sconforto se sottovalutata. Dalla Hornady Manufactoring Company di Grand Island, Nevada, ci giunge notizia di questa nuova pulitrice elettrica per bossoli, la cui concezione coinvolge la tecnologia degli ultrasuoni applicata alla ricarica. La macchina può pulire, in una sola sessione, cento bossoli calibro .308 Winchester, oppure ben duecento in calibro .223 Remington.

Il collare beeper “CANIBEEP RADIO PRO” mette in comunicazione cane e cacciatore Il CANIBEEP RADIO PRO della Canicom è un collare beeper ideato per stabilire un contatto tra il cane ed il padrone. E’ stato progettato per consentire al cacciatore di localizzare il cane quando è in ferma, in cerca o quando si ritiene necessario. Durante le battute di caccia, spesso, è necessario stabilire un contatto con il cane ai fini di una buona riuscita della stessa. Canibeep Radio Pro è un collare beeper dotato di telecomando, che permette al cacciatore di localizzare immediatamente il cane fino a 300 mt. Caccia Passione 70


Cucina

Fagiano al vino

con prugne secche e mele..

di Adelmo Giacomini

Cucinare è l’arte che si sposa da sempre con la caccia. Vediamo nel dettaglio come preparare questa gustosa ricetta, fagiano al vino con prugne secche e mele. INGREDIENTI PER 4 PERSONE: • 2 fagiani • 12 prugne secche con il nocciolo • 1 mela renetta • 250 ml di vino rosso di buona qualità (Chianti) • timo fresco • bacche di ginepro • farina q.b. • 40 g. di burro • sale e grani di pepe q.b.

PREPARAZIONE: spellare i fagiani (per questa preparazione è meglio togliere la pelle quindi tanto vale farlo direttamente invece di spiumare) sciacquarli sotto acqua corrente, asciugarli bene e dividerli in pezzi grossi avendo cura di lasciare intere le cosce. Salare ed infarinare i pezzi di fagiano avendo cura di eliminare la farina in eccesso, rosolarli nel burro aromatizzato con del timo fresco, le bacche di ginepro ed il pepe in grani. Una volta rosolato per bene la carne aggiungere il vino, subito dopo aggiungere le prugne secche e cuocere a fuoco moderato. Tenere sotto controllo la cottura e se necessario aggiungere del brodo. Dopo circa 40/45 minuti aggiungere una mela renetta tagliata in 8 spicchi. Lasciar cuocere per altri 10/15 minuti avendo di non cuocere troppo la mela e fino a quando il liquido di cottura non risulti della giusta densità (aver precedentemente infarinato la carne consentirà di ottenere un liquido di cottura corposo). Impiattare guarnendo il piatto con le prugne secche, gli spicchi di mela e del timo fresco. Buon appetito a tutti.

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1 - Fagiano pronto per la nostra ricetta.

2- I nostri ingredienti pronti per la cottura.

Sopra: l’esperto di cucina Adelmo Giacomini Caccia Passione 68


Cucina

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Veterinaria

Miodesopsie..

Disturbi visivi del cane da caccia e del cacciatore.. Caccia Passione 71


Miodesopsie..

Disturbi visivi del cane da caccia e del cacciatore..

Miodesopsie - La vista è un bene prezioso, sia per gli uomini che per gli animali. Entrambi possono condividere dei disturbi visivi in grado di compromettere qualsiasi attività, caccia compresa.

T

ra le patologie che presentano una certa rilevanza nell’ambito della caccia, vogliamo ricordare le miodesopsie, conosciute anche come “ mosche volanti”. Qesto disturbo è causato dalla degenerazione del corpo vitreo, la sostanza gelatinosa che si trova nel lato posteriore del globo oculare. Quando il corpo vitreo diminuisce, Caccia Passione 72

di Kalaris

si sfalda o si disidrata, si ha come l’impressione di avere dei puntini o dei filamenti che fluttuano davanti agli occhi. Gli oculisti rassicurano sugli effetti di questa malattia, che non è assolutamente legata a un probabile rischio di cecità. I disagi di chi è affetto da miodesopsie riguardano, però, la compromissione delle immagini, disturbate dalla


Veterinaria

presenza di questi fastidiosi “moscerini “ che saltano dall’alto in basso davanti agli occhi. Il cacciatore affetto da miodesopsie, infatti, per non vederle, ha bisogno di stare lontano da fonti di luce, rischiando una cattiva mira nell’uso del fucile e conseguenti spari a vuoto o molto pericolosi. Il cane, invece, spaventato da queste strane tracce oculari, potrebbe innervosirsi o non prestare attenzione alla preda da inseguire o da individuare. Insomma, leggendo queste poche righe avrete capito che per cacciare bene, gli occhi del cacciatore e del suo cane devono essere in buona salute. Non a caso, per ottenere la licenza di caccia, gli esseri umani appassionati di arte venatoria devono sottoporsi proprio a un’approfondita visita oculistica. Miodesopsie: Diverse, però, le cause delle miodesopsie negli uomini e nei cani. Nei primi, la degenerazione vitreale può essere determinata da miopia elevata ( causa che l’uomo condivide con l’animale), denutrizione e invecchiamento, mentre nei secondi, esclusivamente da cause genetiche non

ancora del tutto chiare. Uno studio riportato sul sito dell’Associazione “Cielo Azzurro Onlus” e condotto da James V. Schoster, veterinario della Highland Animal Hospital del Minnesota USA, ha evidenziato che le miodesopsie colpiscono prevalentemente i levrieri, razza canina dalla testa piccola e dal corpo snello, adatta allo scatto, alla velocità e all’inseguimento della preda “ a vista”. In questi cani, le miodesopsie possono rivelarsi davvero fastidiose, perché lo scatto dei levrieri è determinato proprio dall’individuazione visiva della preda e non dal fiuto o dai rumori emessi dalla selvaggina. I levrieri da caccia affetti da miodesopsie diventano dunque degli ausili venatori non idonei a garantire delle buone prestazioni di caccia. Secondo i dati del CERF americano (Canine Eyes Register Foundation), riportati sempre dall’Associazione “Cielo Azzurro Onlus”, dal 1991 al 1999 le miodesopsie hanno colpito il 18% dei levrieri italiani e il 6% dei levrieri Whippet, cioè inglesi. Le due razze hanno origini temporali molto lontane tra loro: la prima Caccia Passione 73


risale addirittura a 5 mila anni a.C, mentre la seconda è stata selezionata nell’Ottocento da operai minatori inglesi. Nonostante le diverse origini, le probabili cause genetiche alla base della degenerazione vitreale hanno determinato miodesopsie anche nelle nuove generazioni di levrieri. Le terapie per curare le “mosche volanti” sono ancora oggetto di studio e perfezionamento. Occhi a Cofronto: quello a destra affetto da Miodesopsia Per l’uomo viene spesso consigliato di bere molto e di assumere degli integratori vitaminici; per il cane da caccia, la soluzione più valida resta la selezione genetica. Se i genitori del levriero soffrono di degenerazione vitreale, è probabile che trasmettano il disturbo anche ai cuccioli. Gli allevatori e i cacciatori dovranno, dunque, fare attenzione alla scelta

dei levrieri da caccia. Non è semplice, però, effettuare una selezione tra levrieri sani e malati perchè non è ancora possibile individuare precocemente la malattia. Un levriero affetto da degenerazione vitreale si scoprirà solo con un’accurata visita oculistica in cui le pupille dell’animale verranno dilatate per controllare la parte posteriore dell’occhio. Gli studi genetici mirano, però, a mettere a punto dei test per individuare anche i portatori sani di questi disturbi visivi. Nel frattempo, gli allevatori devono avere cura di sottoporre gli animali a specifiche visite oculistico-veterinarie. L’obbligo di controllare la vista con regolarità spetta anche al cacciatore, perché una buona visione è sempre alla base di una buona mira.

Sopra - Ecco come si presenta questo disturbo visivo.

Sopra - Nel disegno, le differenze tra un occhio normale ed uno affetto da questo disturbo visivo. Caccia Passione 74


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Caccia alle anatre con

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