Caccia Passione novembre 2016

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ANNO V nr. 11 - Novembre 2016

CACCIA PASSIONE Dedicato a chi ha la passione per la caccia..

“IL MI’ BARACCO”

Ungulati:

• Apertura col "Soriso"

Cani da caccia:

• Caccia in palude con l’American Water Spaniel

Canna rigata:

• Mauser Europa 66: dopo mezzo secolo


ANNO V nr. 11 - Novembre 2016

CACCIA PASSIONE

in copertina

Dedicato a chi ha la passione per la caccia nel sangue

“IL MI’ BARACCO”

“IL MI’ BARACCO”

Ungulati:

• Apertura col Soriso

Cani da caccia:

Caccia ai tordi: ai primi segnali del passo autunnale il capanno esercita la sua attrazione fatale.

• Caccia in palude con l’American Water Spaniel

Canna rigata:

• Mauser Europa 66: dopo mezzo secolo

SOMMARIO Anno V Nr. 11

www.cacciapassione.com

16 Ungulati:

Apertura col "Soriso"

Pg 8 News ed eventi venatori

a cura della redazione

Pg 10 Migratoria: “Il mi’ baracco” Vincenzo Frascino

22 Speciale cinghiali:

Braccate Blaser Club Italia: buona la prima!

Pg 16 Ungulati: Apertura col "Soriso"

Pg 22 Speciale cinghiali: Braccate Blaser Club Italia: buona la prima!

36 Fucili canna liscia: Semiauto Beretta A400 Ultralite cal. 12 Caccia Passione 2

Pina Apicella

Pina Apicella

Pg 28 Viaggi di caccia: A caccia di vampiri Saverio Patrizi


Sommario Pg 54 Ottiche: Ottica Zeiss Victory V8 1,8-14x50

Emanuele Tabasso

Pg 60 Digiscoping: Parlare con i cervi.

10 Migratoria:

“Il mi’ baracco”

Pg 32 Cani da caccia: Caccia in palude con l’American Water Spaniel Pierfilippo Meloni Pg 36 Fucili canna liscia: Semiauto Beretta A400 Ultralite cal. 12 Saverio Patrizi Pg 42 Fucili canna rigata: Mauser Europa 66: dopo mezzo secolo

Emanuele Tabasso

Pg 50 Munizioni: La cartuccia 8x68 S: nata per il cervo ottima in tante altre situazioni Costantino Ramolfi

Riccardo Camusso

Pg 66 Tiro a volo: Giovanni Gobbo troneggia sul podio del campionato sociale

ASD Trap Concaverde

Pg 68 Fauna & Migratori: Cesena: la bella dai molti nomi

Claudia Zedda

Pg 72 Veterinaria: Salute del cane: due su dieci soffrono di difficoltà digestive. Karalis

42 Fucili canna rigata: Mauser Europa 66: dopo mezzo secolo

54 Ottiche:

Ottica Zeiss Victory V8 1,8-14x50 Caccia Passione 3



Editoriale LUPO BUONO O LUPO CATTIVO? In Italia sono stati spesi decine di milioni per far tornare i lupi nei nostri boschi e sulle montagne. Erano quasi estinti nel 1971, quando iniziò la loro protezione. Adesso, seppur molto difficile contarli, i lupi sono fra i 1.070 e i 2.452 sull'Appennino, fra i 100 e i 150 sulle Alpi. Il ministero dell'Ambiente, in un documento preparato con l'Unione zoologica italiana, in sostanza annuncia che, dopo avere speso tanti milioni per la protezione del Canis lupus, adesso bisogna investire qualche euro per abbattere alcuni esemplari, si pensa al 5% dei capi censiti. In termini burocratici, si propongono "deroghe al divieto di rimozione del lupo dall'ambiente". Si mette anche un limite a questi "prelievi": il 5%, ma ancor prima che il piano diventi esecutivo partono polemiche pesanti dalle associazioni animaliste. Rimozioni e prelievi arrivano dopo che, per decenni, ingenti risorse sono state spese anche per rimborsare gli allevatori dei danni. Provincia simbolo può essere quella di Grosseto, per l'alta presenza di questi animali e per le conseguenti proteste di padroni di pecore, vitelli e asini che hanno trovato le bestie sventrate o ferite. Il Canis lupus non è certo il solo animale che crea problemi. Dal 1980 al 2010 - si legge nel documento ministeriale - il cervo è aumentato del 700%, il capriolo del 350%, il camoscio alpino del 120%, il muflone del 300%. Il cinghiale, non censito nel 1980, dal 2000 ad oggi è cresciuto del 400% ed è per questo che in Toscana la caccia è stata aperta tutto l'anno. Ma il "prelievo" del lupo pone problemi seri. La direttiva Habitat 92/ 43 Cee lo definisce "specie prioritaria" e ne proibisce "cattura, uccisione, disturbo, detenzione, trasporto, scambio e commercializzazione ". Deroghe sono state però ottenute da Francia, Spagna e Svezia. Nel documento ministeriale si legge che l'Italia chiede la deroga per limitare la "forte tensione sociale", soprattutto nelle zone dove la specie "ha fatto ritorno dopo decenni di assenza e dove si sono sviluppati metodi di allevamento che, per essere compatibili con la presenza del lupo, richiedono onerose misure di prevenzione". Per cui il "prelievo di alcuni esemplari" può "coadiuvare le altre azioni di prevenzione e mitigazione del danno". D'accordo con gran parte del piano i contadini e gli allevatori. Infatti finalmente il governo ha capito che chi lavora non può più sopportare i continui attacchi dei predatori di bestiame. L'eliminazione di qualche capo troppo aggressivo può davvero ridurre la conflittualità sociale. Non ci piace, invece, la proposta di ridurre i pascoli e l'agricoltura nelle aree marginali della montagna dove il lupo è più presente. Queste sono le terre dove giovani agricoltori stanno costruendo, anche con fondi europei, le loro attività". Non ci resta che aspettare cosa verrà deciso dalle SSLL che siedono a Roma, che seppur convinti che i danni da fauna selvatica in Italia stanno aumentando e sono un grosso problema, devono ancora comprendere come affrontare il problema del lupo buono o lupo cattivo.. Pierfilippo Meloni


Basilicata. Parco Gallipoli Cognato cerca selecontrollori L'ente ha deciso di indire un corso di formazione per 50 selecontrollori : c'è tempo fino al 21 novembre per presentare la domanda corso di formazione per qualificare esperti nel censimento e prelievo degli ungulati. Queste lezioni serviranno dunque a formare l’addetto al censimento e il selecontrollore, ma a chi sono rivolte? Le domande di partecipazione possono essere presentate entro il prossimo 21 novembre dai residenti nei comuni del Parco, dunque Accettura, Calciano, Castelmazzano, Oliveto Lucano e Pietrapertosa. Si tratta di 50 posti e nel caso in cui le domande siano superiori rispetto ai posti disponibili, allora verranno privilegiati determinati requisiti. In effetti, si darà la precedenza ai titolari di licenza di caccia da almeno tre anni, a chi non ha mai riportato condanne penali definitive per quel che riguarda l’attività venatoria e chi non ha riportato più di una sanzione amministrativa in materia di caccia negli ultimi cinque anni. Inoltre, l’età massima ammissibile è pari a 75 anni, quella minima richiesta è di 21 anni. Il titolo di studio minimo l Parco Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Luca- sarà la licenza di scuola media inferiore. Gli aspiranne, area che sorge in località “Palazzo” nel comu- ti esperti dovranno contribuire alle spese di organizne di Accettura (provincia di Matera) ha indetto un zazione e a quelle per la prova di tiro al poligono.

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Le scosse di terremoto hanno modificato la rotta migratoria I colombacci si sono diretti da sud a nord e da ovest ad est, perdendo di fatto l'orientamento a causa delle forze elettromagnetiche.

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l Club del Colombaccio ha riportato quella che è una interessante ricerca pubblicata online su Science Heresy. Secondo questo studio, le ultime scosse di terremoto in Italia Centrale hanno fatto registrare una migrazione “invertita” dei colombacci, un fenomeno molto particolare e che sarebbe legato alle temporanee forze elettromagnetiche sprigionate dalla frattura delle faglie.

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In poche parole, la forza sarebbe stata così intensa da modificare l’orientamento dei volatili. Gli strani comportamenti dei colombacci ci sono stati anche prima delle scosse di quasi due domeniche fa, come rilevato da molti cacciatori esperti (si tratta di osservatori CIC). Nello specifico, queste anomalie si sono verificate sui valichi e le montagne della catena appenninica e sulle coste tirreniche dal Lazio alla Liguria. I volatili si sono diretti da Sud a Nord e da Ovest ad Est, inoltre la maggior parte dei capi abbattuti erano giovani. Il picco del fenomeno si è avuto inevitabilmente in corrispondenza delle scosse più forti, tra cui quella dello scorso 30 ottobre che, tra le altre cose, ha devastato Norcia. Il 31 ottobre, poi, la migrazione si è normalizzata quasi completamente, proprio come era iniziata 26 giorni prima.


News venatorie Arte venatoria & Bracchi di Weimar Il 26 e 27 novembre 2016, un weekend per scoprire un’antica e solida tradizione la caccia con il cane weimaraner o bracco dei Weimar, cane bello ed elegante ma anche soprattutto da caccia

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l Weimaraner? Un cane bello ed elegante. Ma anche e soprattutto un cane da caccia. Partendo da questa indiscutibile premessa, nota fin dai tempi del Granduca Carlo Augusto nel XVII secolo e forse anche quattrocento anni prima alla corte di Luigi IX, è stato pensato ed organizzato, per iniziativa di Maurizio Maggiorotti, chirurgo ortopedico, cinofilo e cacciatore, un workshop dal titolo “Arte Venatoria e Bracchi di Weimar”. L’iniziativa si terrà sabato 26 e domenica 27 Novembre 2016 a Tuscania, provincia di Viterbo, nell’azienda faunistico venatoria di Roccarespampani. La partecipazione è gratuita ed aperta, previa iscrizione, a tutti i proprietari di Weimaraner che intendono apprezzare le potenziali qualità venatorie del loro amato cane e conoscere da vicino, il rapporto ambiente, caccia e cinofilia. Il workshop è patrocinato dal Weimaraner Club Italia e del Gruppo Cinofilo Capitolino e si articola in due sessioni, una teorica ed una pratica. Nella prima parte si potranno approfondire le tematiche relative alla storia e allo standard di lavoro del Weimaraner, il suo utilizzo cinofilo e venatorio nel contesto di una attività, quella della caccia che sempre più è collegata alla tutela della biodiversità e alla buona gestione del territorio. Nella seconda parte gli iscritti al workshop potranno partecipare -come spettatori- ad alcune dimostrazioni di impiego venatorio del Wei-

maraner. Si alterneranno come relatori il giudice Luca Massimino, l’esperto Marco Ciarafoni, il medico veterinario Antonio Scungio, l’addestratore Marco Bausani oltre, naturalmente, agli interventi dei presidenti dei due sodalizi cinofili Roberto Rossi (WCI) e Sergio Bianconi (GCI). “La Mission del workshop è quella di avvicinare gli appassionati della razza al suo impiego naturale”, sottolinea Maurizio Maggiorotti. Non può e non deve, il Weimaraner, per la sua storia, essere relegato a cane da compagnia. Farlo scendere dal salotto buono di casa significa restituirgli la dignità di cane da caccia che con la sua versatilità, il suo equilibrio e il notevole olfatto non teme confronti con le razze inglesi e le altre razze continentali. “In Italia – prosegue il dott. Maurizio Maggiorotti– nascono un migliaio di cuccioli all’anno e la gran parte di quei cani dovrà rinunciare a far emergere la qualità venatoria che è scolpita nel proprio dna. Per questo diciamo ai tanti proprietari dei Weimaraner di rendersi conto, da vicino, delle virtù del loro cane partecipando al weekend di Roccarespampani. Potranno anche acquisire quegli elementi utili a comprendere meglio la caccia e a conoscere le norme che ne segnano la sua compatibilità con l’esigenza della tutela del patrimonio faunistico nell’interesse di tutta la comunità”. Per info: grigioweimaraner@gmail.com - Telefono: 333.1411958 Caccia Passione 7


Amplificare il suono dello zirlo e contemporaneamente abbattere il rumore dello sparo è possibile Caccia Passione 8


Migratoria

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“IL MI’ BARACCO” Caccia ai tordi: ai primi segnali del passo autunnale il capanno esercita la sua attrazione fatale. di Vincenzo Frascino

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al 28 ottobre del 1982, il mio primo giorno di caccia in assoluto, questo “baracco” qui mi ha visto tornare. Ogni anno, fedele, io a lui e lui a me. È la mia cattedrale della caccia, è la mia casa!”. Mirco mi accoglie col buio ai piedi della scaletta di legno che porta al suo capanno, arroccato su un rigoglioso poggio della bassa maremma Toscana. Fa luce con la lampadina per illuminare i dettagli e le rifiniture di una struttura che negli anni si è mantenuta benissimo. “Baracco” è il termine che è solito usare per definire l’appostamento fisso, ma questa scultura di legno e fronde è molto di più. “Già molto tempo prima che questo posto diventasse appostamento fisso con i miei amici venivamo qui. Era più di 30 anni fa... dapprima per occupare il posto prendemmo una tenda, ci si stava anche in 10! Si mangiava tutti insieme come in un campo militare, al mattino ci reggevamo gli specchi a turno per raderci- sorride intenerito. Poi comprammo due roulotte usate, ci eravamo evoluti! Ho sempre cacciato qui. Cono-

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Migratoria

L'autore al momento del tiro

Mirco scruta l'orizzonte sperando in una proficua giornata di passo

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Diego e la sua breton bianco-nera Simba

sco ogni fronda, ogni albero. Oramai posso indovinare la direzione del vento, l’angolo da cui sbucheranno i tordi, le loro traiettorie in funzione delle correnti d’aria. Il parasole fatto di foglie per coprire l’abbaglio del sole da est, potrei orientarlo bendato a seconda dell’ora. Ogni ramo che cresce o viene tagliato lo fa in funzione del suo ruolo qui: estate e inverno, in ogni mese dell’anno, vengo su al “mi baracco” a controllare e a correggere la vegetazione. Tutto è funzionale a questi pochi, magici, giorni di passo”. Mirco alza lo sguardo sopra la sua testa, le canne del piccolo 28 seguono gli occhi. Due veloci colpi anticipano il tonfo sordo del primo tordo dell’anno. Come cotillons centinaia di frammenti di piombo ricadono a terra con rumore di pioggia. Lo spettacolo comincia....

L'anticipo gioca un ruolo chiave soprattutto nei tiri ad una certa distanza

I voli radenti la vegetazione impongono tiri di stoccata Caccia Passione 12


Migratoria

Perfetto riporto di Simba

Non solo tordi.... Caccia Passione 13


Alle poste sale l'adrenalina Caccia Passione 14


Ungulati

APERTURA COL "SORISO"

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APERTURA COL "SORISO" Caccia al cinghiale. Prima battuta della stagione in compagnia della squadra piemontese della Madonna della Gelata di "Soriso" di Pina Apicella

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l sole è ancora caldo, le fronde degli alberi dei parchi cittadini sono ancora verdi, sebbene qualche foglia ingiallita e caduca si lasci sfuggire la promessa dell’autunno incipiente, scrocchiando sotto le ruote delle biciclette. Alla sera, anche in città, da qualche misterioso o immaginario comignolo si spande odore di legna arsa e, forse, addirittura di castagne! Ottobre è alle porte e, come ogni, anno inizia a serpeggiare sotto le prime sciarpe la voglia di caccia, di macchia, di cinghiale! In Piemonte il cinghiale è aperto dall’ultima domenica di settembre, e già il mercoledì raggiungo i miei amici Carlo, Nino e Camilla alla seconda battuta della squadra della Madonna della Gelata di Soriso. L’appuntamento è molto presto al mattino, si cercherà di sfruttare le prime ore prima che il caldo sfianchi cani e canai, ancora poco allenati dopo il fermo estivo. Alle 8.30 del mattino sono già alla posta con Andrea. Come tutti gli altri cacciatori della squadra Andrea ha con sé il fedele calibro 12: per un accordo tra loro (!?) durante il primo mese di caccia non usano carabine, il sottobosco è ancora troppo fitto e sporco. La nostra posta che si trova in mezzo alla braccata, ha una bella visuale ampia, si af-

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faccia sulla SPA dei cinghiali, un largo insoglio tempestato d’impronte. Andrea tira fuori dalla tasca la radio e porta all’orecchio l’auricolare, ma nell’altra tasca c’è un altro “strumento”, cui rivolge furtive e frequenti occhiate. “Cos’è quello? Sarà mica un palmare?” gli chiedo, stupita di vedere una posta che segue i cani dal satellitare. “Eh, si, in effetti lo è. È collegato al collare di Chicca. Per me è come una figlia, sono più tranquillo a seguirla da qui!”. Chicca è una vecchia maremmana, ausiliario trainante della muta di cani della squadra. Alcuni altri ausiliari sono suoi figli. Quando aveva sei mesi Chicca è stata sottratta alle torture fisiche e psicologiche cui era sottoposta dal precedente proprietario, un alcolista violento. Per i primi mesi non si faceva avvicinare da nessuno e fuggiva di continuo poi, grazie all’affetto di Andrea, della sua famiglia e della squadra, ha trovato la grinta e il coraggio di lanciarsi nella macchia e da allora è diventata una vera macchina da scovo! Pochi minuti dopo l’accensione delle nostre radio sentiamo che quattro cinghiali sono stati visti passare verso il fiume, davanti ai “mormoni”. Giuseppe scioglie il suo cane sui setolosi ma l’abbaio di Rambo “sa” di caprio-


Ungulati

Andrea segue le gesta di Chicca attraverso il palmare

lo, e prontamente il cane torna nei ranchi accanto a Rago [Giuseppe, ndr]. Le voci della muta si avvicinano a noi, finchè si fermano: abbai a fermo arrivano all’orecchio destro dal “vivo” e al sinistro attraverso l’auricolare. Andrea si prepara al tiro. Parte la seguita nella nostra direzione, le voci sono tante, quelle acute dei maremmani e l’ululato dell’ariegeois. Da un momento all’altro arriveranno i cinghiali! A 50 metri da noi, dietro parecchi tronchi, il trenino formato dalla scrofa e tre porcastri, si fa beffa di noi sfilando a passo baldanzoso ma senza correre. Da qui è impossibile tirare: ci separano il fitto bosco e i rovi che costeggiano l’insoglio. Gattonando, io e Andrea ci avviciniamo al trottoio percorso dagli animali: non sembrano essere andati oltre, potrebbero essersi fermati nell’invalicabile rogaione alle nostre spalle. Stiamo zitti e concentrati. I cani arrivano poco dopo, circondano il muro di spine: Argo e Stella sono i più audaci e sembrano voler sfondare. Quando arrivano i canai, gli abbai si fanno più concitati. Andrea s’infila tra le spine cercando di stanare i cinghiali che si sono rifugiati nello sporco. “È partitooooo!! Attentiii” …bam!...bam! Spari dietro al più piccolo cinghiale, l’unico che si è alzato. È una padella. Tutti i cani corrono die-

L'apertura rappresenta sempre un gran motivo di gioia per le squadre

L'entusiasmo che precede l'inizio di una nuova avventura Caccia Passione 17


I cani accorrono sul cinghiale fermato alle poste

tro al porcastro e l’eco di due spari, parecchie poste più in basso, ci conferma che stavolta i colpi sono andati a segno. Angelo, il capocaccia, trova parecchio sangue tra le spine, ma degli altri animali che ci aspettavamo nel roveto, neanche l’ombra! Dalle poste del mulino giungono notizie di un grosso verro fermato. Un’ombra nera passa come una saetta davanti a noi, lungo lo stesso stradello dei quattro animali di prima. Sulle sue tracce arriva Zorro, ma non emette nemmeno un “bau”. Il cane si ferma qui, alle nostre spalle e inizia un abbaio a fermo dapprima timido, poi sempre più coraggioso e spavaldo. È solo, e si volta sovente per cercare lo sguardo del suo conduttore. Rago arriva anticipato da altri 3 cani: ancora una volta il centro dell’azione è questo enorme muro di spine alle nostre spalle, dove è impossibile entrare e che sembra risucchiare i cinghiali. Andrea e Rago sono pronti col fucile imbracciato, ma gli abbai si spengono senza che alcuna setola faccia capolino. Sull’usta del primo trenino di animali parte per prima la piccola Wendy e Caccia Passione 18

dietro tutti gli altri cani. Vanno in basso, i loro abbai diventano quasi impercettibili. Ora le voci dei cani a fermo, stavolta più giù di noi, verso il fiume, si sentono nella radio del canaio Mattia. “I cani sono tutti qui! Abbaiano a fermo! Mi venite ad aiutaree?!” urla Mattia per radio. I cani hanno preso un porcastro e al canaio non resta che finirlo misericordiosamente. Subito dopo arriva anche Andrea, e dalle “cannette” si sente il colpo che fermerà il più grosso cinghiale della giornata. Alla casa di caccia ci sono otto cinghiali a terra. Un bel bottino per essere la seconda battuta di una stagione dall’esordio caldissimo! La squadra della Madonna della Gelata ha a disposizione 850 ettari di macchia per insidiare la bestia nera, e tutti i numeri giusti: un bel territorio, cacciatori esperti, giovani e coraggiosi e cani validi. L’ingrediente in più, che da solo non basta ma senza il quale non esisterebbe una squadra così bella e affiatata, è l’amicizia e l’ospitalità che si respira stando con loro. Grazie per questa apertura al cinghiale col Sorriso, con e senza “r”!



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Speciale cinghiale

BRACCATE BLASER CLUB ITALIA: BUONA LA PRIMA!

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BRACCATE BLASER CLUB ITALIA: BUONA LA PRIMA! testo di Pina Apicella foto di Vincenzo Frascino

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Speciale cinghiale

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abato 22 ottobre un bel sole ha accolto il nutrito gruppo di cacciatori del Blaser Club Italia per la prima braccata al cinghiale della stagione 2016-2017. L’invito compariva da tempo sulla pagina FB del club, il solerte Presidente Francesco Giordano non mancava mai di ricordare ai soci la fatidica data. Tra dinieghi, adesioni e conferme dell’ultimo minuto, sono stati in molti ad accorrere a quest’atteso evento. Nella splendida cornice

della tenuta di Montozzi, in provincia di Arezzo, si è tenuta una cacciata veramente imponente per il numero di poste spiegate: 108, cui vanno sommati i numerosi canai. Giuseppe Arangio si è prestato nella delicata organizzazione e nella logistica. I cacciatori accorsi da tante regioni dello stivale sono tutti muniti di un ragguardevole curriculum venatorio e di un certo numero di rinnovi del PDA, ma le raccomandazioni del Presidente e il de-

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calogo del “buon postaiolo” sono stati il leitmotiv della cena del venerdì a Poggio Molina e dell’adunata del mattino alla casa di caccia. Cacciatori esperti e cinghialai non di primo pelo i blaseristi ma, come si sarebbe fatto senza l’aiuto della squadra I Butteri di Ponticino? Capitanati da Gabriele Ferri, i mitici Butteri hanno aiutato nella braccata e sono stati con i Caccia Passione 24

loro segugi il “deus ex machina” della giornata. Mute di cani sciolte in più turnate hanno assicurato emozionanti canizze per ore e ore. I numerosi cinghiali presenti nella battuta hanno dato del filo da torcere a cani e canai, ferendo alcuni ausiliari e non lasciandosi smuovere dalle loro impenetrabili lestre. Il lavoro dei cani e dei loro conduttori è stato magistrale,


Speciale cinghiale

permettendo a tanti ospiti di divertirsi. Le poste più fortunate hanno visto passare parecchi animali, molti dei quali sono stati abbattuti, senza contare le numerose immancabili e (diciamolo) simpatiche padelle! Al termine della giornata, cominciata con una fitta nebbia, 28 cinghiali erano a terra sotto il tipico sole d’Arezzo, timido e sfuggente come

i suoi abitanti all’inizio, caldo e accogliente dopo un po’ di conoscenza... La famiglia del Blaser Club ha così festeggiato la sua prima battuta al cinghiale in un clima di festa e di amicizia. Amicizie spesso nate attraverso “like” e “tag” ma che, scaldate al fuoco della passione per la caccia, son diventati legami profondi e talvolta fraterni. Caccia Passione 25


A CACCIA DI VAMPIRI In Inghilterra fra boschi e paludi. di Saverio Patrizi

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nche quest’anno il mio amico Vittorio mi ha invitato per l’apertura alle anatre nella sua tenuta del Suffolk. Come sempre l’ospitalità è pari al livello della caccia, dopo due mattine dedicate agli acquatici, con un carniere caratterizzato da germani, alzavole, canapiglie, fischioni, oche selvatiche e oche canadesi, uno degli ospiti chiede la possibilità di tentare una posta serale al muntjac, specie presente in discreto numero nell’azienda. Si tratta di un cervo cinese, di piccole dimensioni, i maschi arrivano a circa 15 kg, caratterizzato dalla presenza di piccoli palchi e da canini sviluppati. Questi cervi di origine cinese furono immessi in Inghilterra dal Duca di Bedford, nel parco dell’Abbazia di Woburn in Bedfordshire circa a metà del 1.800. Altri sono fuggiti dallo zoo di Whipsnade e da qui hanno colonizzato tutto il sud dell’Inghilterra. Attualmente la popolazione continua a crescere e, onde limitarne il numero, ne è stata permessa la caccia tutto l’anno. Gianandrea, l’amico interessato a questa caccia, mi chiede di accompagnarlo, io conosco bene la zona e negli anni ne ho già prelevati diversi, fra cui anche uno risultato essere “medaglia d’oro”. Il pomeriggio è nuvoloso e caratterizzato da brevi ma intensi temporali, dopo un veloce consulto con il nostro Ospite, decidiamo la zona di caccia. Si tratta di un area con tre piccoli ma lunghi laghi e due corpi di bosco separati, il tutto confinante con la ferrovia locale che fa a sua Caccia Passione 26

volta da confine con le Marsch, una zona di prati alluvionali e semi paludosa. Giunti in zona, visto il tempo, e ormai esperto di questa zona di caccia, attraversiamo con il Land Rover un grande campo fra i due boschi e i laghi, dove incontriamo un centinaio fra fagiani e pernici al pascolo, oltre agli immancabili colombacci, per arrivare fino alla ferrovia e, costeggiandola, recarci in un campo quasi quadrato lungo la linea ferroviaria stessa. Parcheggiamo il Land Rover sotto un grande albero, dove una volta c’era un’altana, e aspettiamo fiduciosi. Dopo circa un’ora, compare un muntjac dal bosco sulla nostra sinistra, tempo di renderci conto che si tratta di un maschio, mi sembra anche con un buon trofeo, che sempre semicoperto dalla vegetazione, scompare fra gli alberi e rientra nel bosco. Abbiamo una carabina in cal. 222 Rem. E, giustamente, Gianandrea non se l’è sentita di tirare con arbusti e rami che coprivano parzialmente le zone vitali dell’animale, l rischio di un ferimento era troppo alto. Passano ancora 30/40 minuti, con un via vai di fagiani impressionante, quando in fondo al campo, lungo la ferrovia, a circa 140 metri, osservo una sagoma rossiccia. Prendiamo subito i binocoli e, come prima impressione, la valuto una femmina di muntjac, però non sono convinto, le orecchie sono troppo arrotondate, siamo a pochi passi dalle Marsch, quando si scopre e riesco a osservarlo distintamente mi rendo conto che si tratta di un Chinese Whater Deer e, osservandolo meglio, noto il


Viaggi di caccia

Caccia agli acquatici, il nostro primo obiettivo 2° mattina, caccia mista, anatre e oche.

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Giovane Muntjac

Denti da vampiro

Una delle altane dell’azienda

candore dei lunghi denti da vampiro, è un maschio e anche con un trofeo decisamente bello, così io non ne ho mai visti. Anche la storia dei Cervi d’Acqua Cinesi è molto simile a quella dei loro stretti parenti muntjac, provengono anch’essi dall’Abbaziia di Woburn e da essa dopo varie traversie si sono allargati anche in Cambrigeshire, North Essex, Norfolk e, come nel nostro caso, Suffolk, abitando le zone alluvionali, i canali e comunque dove c’è abbondanza d’acqua. Il piccolo cervo compare e scompare continuamente fra l’erba alta e i cespugli che costeggiano la massicciata del treno, Gianandrea aspetta il momento opportuno, i minuti passano che sembrano ore, poi finalmente si ferma quasi di traverso in una zona con l’erba più bassa, prende bene la mira e esplode il sordo colpo, qui si Caccia Passione 28

usa il silenziatore, il cervo scarta sulla destra, poi parte sulla sinistra, verso il centro del campo e, dopo 50 metri scompare fra l’erba. Gianandrea ha paura di averlo sbagliato, mentre a me sembra di aver sentito il classico “tonf ” del colpo di ritorno, aspettiamo qualche minuto e ci dirigiamo nel punto dove lo abbiamo perso di vista. Giunti sul luogo, dopo una breve perlustrazione, lo troviamo morto fra l’erba, avevo ben valutato, si tratta di uno splendido trofeo, un Vampiro con circa 6/7 cm di denti sporgenti dalla mascella, leggermente arcuati e diretti verso il basso. Siamo usciti per un Muntjac e torniamo con un ben più difficile e raro trofeo di Chinese Whater Deer, la caccia in Inghilterra è sempre piena di sorprese, spesso particolarmente piacevoli.


Viaggi di caccia Il Protagonista del nostro racconto

Pronti per il trasporto

Gianandrea con il bel maschio di Whater Chinese Deer

Il Chinese Whater Deer, è lungo circa 100 cm, alto alla spalla 50 cm con una piccola coda di 5 cm, la groppa è situata più in alto rispetto al garrese, a causa delle potenti zampe posteriori visibilmente più lunghe di quelle anteriori. L’andatura in corsa è a salti, simile a quella dei conigli. È l’unico rappresentante della famiglia dei Cervidi ad essere dotato di ghiandole odorifere inguinali. Le orecchie sono molto corte e arrotondate. Entrambi i sessi sono privi di corna, anche in età adulta, ma i canini superiori sporgono dal muso, soprattutto nei maschi, come delle vere e proprie zanne La pelliccia è di colore biondo-bruno, con sparute macchie più scure, talvolta addirittura nere. Di un uniforme color avorio nella zona ventrale.

Trofeo di Whater Chinese Deer

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Caccia in palude con l’American Water Spaniel L’American Water Spaniel è un bravissimo cacciatore in acque difficili, nei boschi e sui terreni disuguali. È impiegato specialmente nella caccia alle anatre, alla quaglia, al fagiano, al gallo cedrone e al coniglio selvatico. Questa razza è anche molto apprezzata come cane da guardia e da compagnia. di Pierfilippo Meloni

L’

American Water Spaniel è una razza originaria degli Stati Uniti d’America, quest’ultima riconosciuta dal Kennel Club americano solo nel 1940, anno in cui fu registrato anche il primo esemplare di questa razza, “Tidewater Teddy”. L’American Water Spaniel ha ottenuto il riconoscimento della Federazione Cinotecnica Internazionale nel 1979. Molto popolare negli USA, nel vecchio continente non è particolarmente diffuso. Nella selezione della razza sono stati incrociati “L’Irish Water Spaniel” e il “Curly-coated Retriver”. Per quanto riguarda l’aspetto estetico, siamo di fronte ad un cane di media taglia, di aspetto solido, caratteristico dello Spaniel. Il suo mantello è riccio, reattivo e atletico. Il carattere dell’American Water Spaniel è abbastanza equilibrato. Appare come un cane molto

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calmo e dà molte soddisfazioni se destinato alla compagnia. Particolarmente indicato per stare vicino ai bambini, con i quali si dimostra molto paziente e affettuoso. All’American Water Spaniel piace molto stare al centro dell’attenzione e giocare, dimostrandosi gioviale e socievole. Con gli estranei si dimostra subito disponibile ad instaurare un buon rapporto, senza mostrarsi diffidente o aggressivo. L’altezza varia da 38 cm a 46 cm alla spalla, mentre il peso è compreso tra i 13 kg ai 20 kg per i maschi ed 11 kg e 18 kg per le femmine. Possiede un tronco ben sviluppato, una struttura solida ma non troppo compatta. Con un torace molto profondo, ma non eccessivamente largo, presenta una gabbia toracica molto aperta. La testa ed il muso sono di lunghezza moderata, il cranio è piuttosto largo e compatto, lo stop abba-


Cani da caccia stanza definito ma non troppo pronunciato. La dentatura è salda ed allineata, senza prognatismo superiore o inferiore. Il collo è rotondo, di media lunghezza, robusto e muscoloso, mentre le orecchie sono lunghe e larghe, a forma di lobo, sopra la linea degli occhi. Gli occhi possono essere color nocciola, marrone o scuri, secondo il mantello, ben distanziati tra loro, conferendo all’American Water Spaniel un’espressione sveglia, simpatica e intelligente. Gli arti sono robusti e ben proporzionati, presentando spessi cuscinetti che consentono a questa razza di adattarsi ai terreni più difficili. La coda è di lunghezza equilibrata, leggermente ricurva a forma di culla e viene portata leggermente sotto la linea del dorso, diventando molto mobile quando il cane è in azione. Il pelo è riccio su tutto il corpo. L’American Water Spaniel è cane che svolge funzioni di riporto e passa all’azione subito dopo lo sparo, andando a raccogliere selvatici come la quaglia, il fagiano, il gallo cedrone ed il coniglio selvatico. È un ottimo

riportatore tanto in terra, quanto in acque paludose, sa dare grandi soddisfazioni poiché non si lascia intimidire dall’acqua, dai cannetti o dai roveti, dimostrandosi un eccellente riportatore d’acqua anche su selvaggina ferita. È dotato anche di un eccellente olfatto che gli consente di seguire come un

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qualsiasi cane da cerca le tracce dei selvatici. L’American Water Spaniel è una razza entusiasta del lavoro cui viene chiamato a svolgere, dimostrando passione, tenacia, obbe-

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dienza ed affetto. È una razza facilmente addestrabile. Come già accennnato sopra, è una razza che ama stare a contatto con le persone e consigliato per i bambini.


Cani da caccia

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Lo strozzatore “M” (***) è montato di fabbrica. Caccia Passione 34


Fucili canna liscia

SEMIAUTO BERETTA A400 ULTRALITE CAL. 12 Caccia Passione 35


SEMIAUTO BERETTA A400 ULTRALITE CAL. 12 testo di Saverio Patrizi foto Daniele Borghetti

Ottobre, ecco il nuovo fucile dedicato alla regina del bosco.

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omincia la nuova stagione venatoria e Beretta presenta il nuovo semiauto dedicato alla beccaccia e comunque alla caccia vagante. A400 UltraLite cal. 12, come dice il nome, è un fucile particolarmente leggero: pesa solo 2,7 Kg con canna da 61 cm. Fa parte della grande famiglia A400, caratterizzata dal meccanismo di riarmo B-Link che integra il sistema a presa di gas con testina otturatore rotante: una garanzia di affidabilità e funzionalità collaudata ormai da diversi anni. Per scoprire il nuovo nato ci siamo recati a Trenzano (BS), presso il TAV Bettolino. Il fucile è contenuto in un’elegante valigetta in polimero presagomato verde, e al suo interno troviamo i due strozzatori di tipo “F (*)” e “CL” (*****)” oltre al “M (***)” già montato sulla canna, le magliette per la cinghia, le piastrine per la variazione della piega del calcio, il libretto d’istruzioni e la garanzia. Appena aperta la confezione - si tratta di un fucile nuovo e mai uscito dall’imballo - notiamo subito la nuova bindella in fibra di carbonio, derivata da quella dei fucili da tiro serie Beretta Black. La canna- in questo caso da 61 cm - è di tipo Steelium in acciaio trilegato Beretta, ottenuta tramite

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martellatura a freddo e distensione sottovuoto. La geometria del tubo OptimaBore HP si accoppia agli strozzatori OptimaChoke HP, il tutto per garantire rosate omogenee sia con pallini di piombo sia con quelli d’acciaio. Prima di montare la canna notiamo la testina rotante e il sistema di recupero di gas, autopulente grazie alla fascia raschiante, e la generosa molla posizionata intorno al tubo serbatoio. La carcassa è in ergal con ossidazione nera antiriflesso, ed entrambi i fianchi sono arricchiti da sobrie incisioni laser ispirate al mondo venatorio. Sul lato destro, sopra il grilletto, sono visibili il logo Beretta e una beccaccia in volo; proseguendo in avanti, sotto l’apertura del carrello si trovano il logo UltraLite e due fregi curvi; nella zona anteriore della culatta, dopo il bottone di sblocco serbatoio s’invola una seconda beccaccia. Passiamo al lato sinistro, dove oltre al bottone del cut-off sono presenti altre due beccacce in volo, troviamo il logotipo A400 UltraLite e fregi. Il grilletto in acciaio cromato è protetto dalla guardia in polimero nero dove è riportato il logo Xplor, mentre la sicura, con il generoso pulsante triangolare, si trova subito sopra il grilletto stesso. Il calcio e l’asta sono in legno di grado 2,


Fucili canna liscia

La bascula satinata nera

Dedicato alla Regina del Bosco

Il cut off e le beccacce del lato sinistro

Sulla canna sono incisi i dati salienti.

La bascula è predisposta per l’alloggiamento di sistemi di mira

L’ampia finestra per il caricamento e il bottone della sicura

Il tappo e la presa d’aria classici della serie A400

Lo zigrino del calcio Caccia Passione 37


una soluzione che consente un facile ripristino in caso di graffi – evenienza abbastanza comune soprattutto quando si tratta di un fucile nato per la caccia vagante. Il calciolo è il classico MicroCore Beretta da 10 mm che espandendosi all’atto dello sparo aumenta la superficie d’appoggio sulla spalla, conferendo maggiore stabilità e assorbendo gran parte del rinculo: una caratteristica importante, soprattutto per un fucile la cui principale caratteristica è appunto la leggerezza. Sulla pistola del calcio, nella coccia, è inserito un’elegante ovale in fibra di carbonio che riporta il classico 3 frecce Beretta. Veniamo alla prova sul campo. Prendendo in mano il fucile ci si rende conto immediatamente del gran lavoro realizzato dai progettisti per realizzare un’arma leggera e bilanciata, senza tuttavia aver trascurato la sicurezza: sia lo spessore dell’acciaio della canna sia il sistema di ricarica/ chiusura sono infatti identici a quelli presenti sui semiautomatici Beretta di peso standard. Imbracciando A400 UltraLite ci si rende conto di un piccolo saltino realizzato sulla carcassa nella linea di proseguimento bindella, che aiuta nell’imbracciata veloce: un accorgimento molto utile quando, specialmente a caccia, si tende a non abbassare bene la testa. Per la prova decido di fare alcune serie di percorso di caccia Compak. Lascio montato lo strozzatore intermedio “M (***)” - si tratta di piattelli a varie distanze e con diverse traiettorie - e il fucile risulta subito molto agile e veloce. Grazie alla leggerezza e alla ridotta lunghezza della canna mi permette agevoli rotture a pochi metri dall’uscita del piattello, mentre è più impegnativo nel caso di bersagli lunghi che necessitano di un tiro mirato e meno istintivo: in questo caso sarebbe infatti consigliabile una canna più lunga, ad esempio da 66 o 71 cm. Lo zigrino sul calcio e l’asta lunga consentono un’imbracciata sicura e salda anche alle persone alte e con leve lunghe. Una presa ben salda è infatti indispensabile soprattutto con un fucile da soli 2,7 kg. Per la prova sono state impiegate cartucce FiocCaccia Passione 38

Calciolo Microcore, leggero e deformabile allo sparo

L’ovale in carbonio, con logo Beretta, applicata sul calcio

L’asta è largamente zigrinata e con il logo Beretta ben evidente

chi TT da 28 g. In tre serie non si sono mai verificati problemi o malfunzionamenti: ho provato anche a sparare tre colpi in rapidissima successione, senza appoggiare il fucile alla spalla, ed anche in questi casi estremi l’Ultralite ha ricaricato correttamente e senza esitazioni. Tutto merito del sistema B-Link a recupero di gas, che spara e riarma in qualsiasi condizione d’uso e con qualsiasi grammatura, anche le più leggere. Ho l’impressione che con A400 UltraLite Beretta sia riuscita a realizzare un fucile particolarmente agile e maneggevole, oltre che di peso davvero contenuto, facendo affidamento sulla collaudata tecnologia della serie A400, in origine concepita per fucili ben più pesanti, e senza scendere a compromessi con la qualità dei materiali e nella sicurezza passiva. Nel complesso si tratta di un’arma che potrà regalare grandi soddisfazioni a tutti i beccacciai, ma non solo: anche chi caccia in montagna potrà apprezzare un fucile leggero e maneggevole, in grado di fare davvero la differenza.


Fucili canna liscia

Il mirino in fibra ottica e bindella in fibra di carbonio Il pistone di riarmamento con la fascia raschiante autopulente

Al peso Kg 2,72… solo 20g oltre il dichiarato dalla fabbrica

A corredo, due strozzatori “F” e “CL”, piastrine per la variazione piega calcio e magliette per la cinghia

SCHEDA TECNICA Modello Beretta A400 UltraLite Calibro 12/76 Funzionamento Semiautomatico a recupero di gas B-Link Otturatore Testina rotante e carrello in acciaio brunito Carcassa Ergal Finitura carcassa Ossidazione nera Incisione Al laser, con logo A400 UltraLite e beccacce Canna OptimaBore HP, brunitura lucida Lunghezza canne 61, 66, 71 cm Strozzatori OCHP, tre a corredo (CL, M e F) Bindella 6x6 ventilata in fibra di carbonio Estrazione Espulsore elastico Scatto Gruppo scatto A400 Grilletto Cromato Tappo Standard A400 Sicura Sul ponticello reversibile Mirino Fibra ottica rosso Piega Variabile con piastrine Calciolo MicroCore 10 mm Astina Standard A400 Magliette cinghia Fornite in valigetta Imballo Valigetta in ABS Altro Piastrine piega e chiave strozzatori Peso 2,7 Kg circa Prezzo di listino € 1.959,00 Caccia Passione 39


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Fucili canna rigata

MAUSER EUROPA 66: DOPO MEZZO SECOLO Caccia Passione 41


MAUSER EUROPA 66: DOPO MEZZO SECOLO di Emanuele Tabasso

L’anno 2016 ha segnato il cinquantesimo dalla presentazione della Mauser 66, punto di svolta dell’arma lunga rigata che con essa ha compiuto un balzo in avanti seguito poi per alcuni versi da molti costruttori

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oco capito agli inizi, apprezzato in seguito quando le prove pratiche ne avevano illustrato anche ai tenaci amanti del passato le qualità, il fucile Mauser Europa 66 ha segnato un’epoca con una progettazione totalmente innovativa. Fra i primissimi a comprenderlo fu il mai dimenticato Pietro Colombano, tecnico e giornalista di primaria caratura, mentre fra quelli che tardarono a capire ci fu anche il sottoscritto convinto poi, come tanti altri, dalle prove pratiche esperite dal Maestro della caccia al camoscio con uno dei primi esemplari giunti nella nostra zona. I progetti risalgono alla fine degli Anni 30 e portano la firma di Walther Gehmann, validissimo tecnico nonché campione di tiro, probabilmente fra i pochi che riuscirono a salvare qualche carta e qualche disegno nell’imminenza dell’occupazione militare della Germania nel 1945 da parte degli Alleati. Trascorsero vent’anni prima che queste carte rivedessero la luce dando origine a qualcosa di inusuale dalle caratteristiche molto particolari. Gli obiettivi tendevano a un fucile più corto e più leggero della norma, a parità degli altri fattori, e insieme scaturiva la pregevole Caccia Passione 42

opportunità della canna intercambiabile, ovviamente su gruppi analoghi di calibri. C’era già di che essere contenti, ma altre soluzioni vedevano migliorare sensibilmente la precisione: ricordiamo come in quei tempi i cacciatori di montagna considerassero valido il fucile che a un centinaio di metri ponesse i colpi in una mano, mentre i meno esigenti parlavano addirittura del fondo di un secchiello. Con la Mauser si comincia a ragionare facilmente in termini di MOA e a osservare la terna di fori quasi tangenti fra loro. La tecnica vede un otturatore telescopico come base della soluzione con la chiusura nella culatta della canna a cui si aggiunge un’incassatura di estrema precisione e tenuta. La tecnica Il castello è inesistente quindi canna e otturatore hanno supporti ben diversi dal solito: la prima viene fermata da due brugole che attraversano l’asta della calciatura e lo scarico della forza passa da uno zoccolo prismatico, fresato dal manicotto investito sulla canna stessa, posto a contrasto con un parallelepipedo in bronzo fissato, tramite altre due viti, nel-


Fucili canna rigata

Nel tappo di coda del cilindro otturatore è inserito il traversino zigrinato della sicura: agisce con un incastro sul percussore bloccandolo stabilmente e insieme blocca il manubrio e il congegno di scatto

Nella posizione completamente arretrata si nota il movimento telescopico dell’otturatore che è composto da due parti scorrevoli fra loro e sulla culatta fissa; sotto sporge il tasto rigato di svincolo a fondo corsa

Parte della culatta fissa con le guide per lo scorrimento dell’otturatore; nella culatta della canna si nota la rampa di invito per la cameratura delle cartucce e il profilo angolato per l’estrazione primaria

Le due basi dell’ottica vengono fissate alla culatta della canna e al suo manicotto anteriore, dove si trova anche la tacca di mira: soluzione molto favorevole per la precisione e la costanza di tiro

la propria sede scavata nel legno. All’origine questo pezzo era piatto assumendo in seguito la forma di una L con il lato lungo orizzontale per lucrare un contrasto di maggior efficienza, inoltre si incrementerà, nei tipi a seguire, la lunghezza del manicotto stesso ottenendo una base più estesa per il fissaggio anteriore dell’ottica aumentando il peso totale, risultato persino troppo leggero. Solo nell’ultima edizione, già con qualche pezzo microfuso, tale manicotto subirà una nuova riduzione, ma rimane sempre il fissaggio dell’ottica su due punti: la canna e il suo manicotto. La prima vite si fissa nello zoccolo del manicotto unen-

do questi pezzi; un secondo punto di giunzione è dato da una spessa lamina stretta fra canna e culatta e inserita in una tasca ricavata nel fusto: la seconda vite passa nel rebbio anteriore della guardia e si serra in un riscontro ricavato nello spessore inferiore della culatta. Ancora più indietro troviamo un terzo ancoraggio formato da un aggancio a semicerchio fra la culatta della canna e lo scatolato definito come culatta fissa, incassata nella zona posteriore della calciatura, e da cui si ricavano le sedi per le guide di scorrimento del carrello otturatore, del magazzino cartucce e del dente di scatto. Ancora un piccolo zoccolo prismaCaccia Passione 43


La parte sinistra della meccanica con il profilo angolato della culatta mobile entro cui scorre il cilindro otturatore: la linea non sarà di grande eleganza, ma davvero funzionale per ridurre le dimensioni totali

La guardia con i due grilletti di forma differente per consentire già al tatto di capire se si è su quello giusto e poi per avere sul secondo un buon appoggio nel montare lo stecher e sul primo una maggiore sensibilità allo scatto

Il calcio con impugnatura a pistola, zigrino scozzese, appoggia guancia di classico stile mitteleuropeo: usavano ancora i filetti spaziatori bianchi al calciolo e alla coccia in ossequio al gusto americano Caccia Passione 44

tico, ricavato di precisione dalla fusione del pezzo, ha la sua sede nel legno: nella sua filettatura si posiziona la terza vite di serraggio dopo esser passata nel rebbio posteriore della guardia. A breve distanza dall’inizio della produzione viene aggiunto un letto di resina epossidica per garanzia di inamovibilità: intuibile la complessità del lavoro manuale, ma i costi non erano ancora proibitivi e la precisione di tiro era solitamente strepitosa pur con la sezione usuale di canna molto snella. L’otturatore è davvero innovativo presentandosi con due pezzi scorrevoli l’uno entro l’altro e il complesso scorre a sua volta sulla culatta fissa dotata di apposite guide. Nell’otturatore si nota il cilindro dotato delle due spesse alette di chiusura con sedi nelle mortise fresate nell’anello di culatta della canna. La faccia ribassata con bisellatura periferica ospita il foro del percussore rettificato e il puntone a molla dell’espulsore; qualificante l’unghia di estrazione dalla forma ad H, in acciaio speciale temprato, scorrevole ortogonalmente nella propria sede posta sopra all’aletta destra, tenuta in sito da una molla a cappio con i rebbi inseriti nel corpo otturatore e l’asola che fa presa in un piccolo incavo arrotondato. Eccellente lavoro di precisione per un pezzo importante. Nel corso della trentennale vita del fucile il manubrio varierà di poco mantenendo sempre la sua ottima funzionalità, salvo che in un modello con la nocca sferica tagliata a metà: una vera incongruenza. All’estremo posteriore un prisma sagomato accoglie il robusto traversino tondo della sicura che agisce su un corrispondente incavo praticato nel codolo del percussore: stabilità assoluta con rapidità di intervento e silenziosità. Anche in questo particolare si vedrà una soluzione diversa negli ultimi modelli dove il traversino tondo sarà sostituito da un tasto con lamina a molla di fermo: analogo il bloccaggio del percussore ottenuto con la


rotazione anziché con la traslazione dell’asse. La funzione blocca anche il manubrio per cui non è possibile scarrellare a sicura inserita estraendo la cartuccia camerata. La culatta mobile è foggiata a prisma con piani laterali lisci che da verticali alla base salgono poi inclinati: anteriormente risulta aperta con i due rebbi da inserire nelle sedi della culatta fissa. La culatta mobile e l’otturatore sono collegati da un ponte ad arco superiore e un semiarco inferiore per consentire il passaggio del cilindro e il movimento dei due pezzi con corse di lunghezza diversa. La soluzione permette di risparmiare circa 6-7 cm rispetto a un’azione K98 con eccellente fluidità dei movimenti. Un tastino rigato, posto sotto alla parte destra, svincola l’otturatore a fondo corsa. Calciatura, particolari e considerazioni La scelta dei legni è sempre stata orientata dalla struttura adeguata e dalla bellezza della vena: il pezzo unico lavorato con perizia unisce stile tedesco e statunitense con ottime rese nel tiro a fermo e buone in quello alla corsa. Nei particolari notiamo lo scatto, certo fra i migliori mai provati, con corsa del percussore di 5,7 mm e superficie dei piani di ingaggio pari a soli 1,5 mm²: lo stecher a due grilletti, con fine regolazione, è superbo. La suola elevatrice delle cartucce viene realizzata in acciaio lucidato: azionare questa meccanica produce un suono che gli animi accorti e dediti alle belle sensazioni non mancheranno di apprezzare. Nel corso di circa un trentennio sono talmente variati i costi e le condizioni del lavoro che anche soluzioni così pregevoli hanno dovuto essere messe da parte. Ci conforta osservare come questo fucile sia tuttora seguito da molti conoscitori sul mercato dell’usato: a nostro parere, insieme a una Mannlicher Schönauer e a una Sauer 80, formano per progettazione ed esecuzione, una triade speciale in grado di dar lustro a una rastrelliera.

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Le tre brugole che fissano la complessa e funzionale architettura di bloccaggio fra meccanica e calciatura: all’epoca erano state criticate perché lo stile richiedeva le classiche viti a spacco fine, poi si è capito come il serraggio avvenisse meglio così

L’estrattore è composto da un blocchetto a H in acciaio termicamente trattato e gli incavi laterali scorrono nelle guide apposite; sulla superficie è ricavato un piolino in cui si aggancia la molla a cappio. Difficile pensare a un bossolo che resista a questa presa

Il gruppo di scatto appartiene a uno dei primi modelli apparsi in commercio: al centro si osserva la levetta dello stecher con il dentino di aggancio. Il complesso è molto ben eseguito

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Viste intere

SCHEDA TECNICA Costruttore: Mauser Werke A.G. – Oberndorf am Neckar (Deutsche Bundesrepublik) Importatore attuale della marca: Bignami spa, via Lahn 1, 39040 Ora (BZ) – tel. 0471/803000 – fax. 0471/810899 – www.bignami.it – email@bignami.it Modello: Europa 66 Tipo: fucile a canna rigata Funzionamento: otturatore telescopico girevole scorrevole con ripetizione ordinaria Chiusura: due alette anteriori - mortise nella culatta della canna Percussione: percussore con molla coassiale interno all’otturatore Estrattore: a unghia con base ad H e movimento ortogonale - molla di registro a filo Espulsore: nottolino elastico in testa all’otturatore Canna: in acciaio sostituibile secondo gruppi di calibri Scatto: stecher regolabile a due grilletti o scatto diretto Sicura: bottone trasversale sul codolo otturatore con due posizioni - blocca percussore, manubrio, scatto – tasto laterale per svincolo otturatore a fondo corsa Caricatore: fisso in acciaio da 3 o 4+1 cartucce Mire: tacca di mira a U o a V ampia con regolazione in deriva e mirino a prisma - attacco dell’ottica a incastro su coulisse anteriore e base saldata posteriore su culatta canna Calciatura: monopezzo in legno di noce con zigrino manuale fine oppure a scozzese nei punti di presa – calciolo in bachelite Calibri: 8x68S Schuler (ampia scelta fra i calibri in auge nel periodo di produzione) Materiali: acciaio forgiato e fresato per castello e otturatore con alcuni particolari pressofusi - canna in acciaio al carbonio Lunghezza: 110 cm con canna da 650 mm Peso: da 3.000 a 3.400 g circa senza attacchi e ottica Finiture: corpo centrale otturatore lucidato e brunitura delle parti restanti Caccia Passione 46



La cartuccia 8x68 S: nata per il cervo ottima in tante altre situazioni Una nobildonna non si mette mai troppo in vista e così succede per la cartuccia 8x68S che negli ultimi anni ha ceduto un po’di terreno nei confronti di prodotti stadi Costantino Ramolfi tunitensi decisamente più reclamizzati

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ata ufficialmente nel 1940 con gli studi del tecnico Otto Schuler la cartuccia 8x68S viene allestita con lo scopo precipuo della caccia al cervo nelle foreste tedesche, nelle pianure danubiane, nei boschi e nei monti dei Carpazi dove esemplari intorno ai trecento kg di peso e dai trofei imponenti illustrano la valentia del cacciatore, delle sue armi e del territorio. Già erano in uso altri 8 mm, la misura ritenuta specifica per il re della foresta, come l’8x57 e l’8x60 di Mauser, insieme al gagliardo 8x64 di Brenneke, tutti proposti in versione normale o S che indica la palla da 8,2 mm anziché quella più vecchia da 8,02 mm. La nuova realizzazione è nata e rimasta solo in versione S, come puntualmente indica il suffisso apposto alle canoniche misure di palla e bossolo.

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Presto detti i fini del progetto: una cartuccia in grado di spingere proiettili medio pesanti, indicativamente da 11,5 a 14,5 g, a velocità inusuali per l’epoca, quindi in grado di assicurare una elevata tensione di traiettoria e una cospicua riserva di energia anche a distanze considerevoli, all’epoca quantificabili nei 300 m, senza trascurare la debita precisione. Non va dimenticato come nel periodo la Germania fosse ai vertici nella scienza e nella tecnica, ivi comprese le poveri da sparo, quindi l’idea di accelerare una palla da 12,7 g, la misura più caratteristica, poco sotto i 1.000 m/sec si era tramutata in realtà. Se osserviamo il bossolo noteremo alcune differenze dalle ultime realizzazioni attuali e una riconferma: quest’ultima è rappresentata dal corpo liscio, senza cintura, a cui i tede-


Munizioni schi sono sempre stati affezionati, con la sola eccezione del 7x73 Vom Hofe, perché garante di una posizione più precisa grazie allo spazio ben più corto fra la battuta effettuata dalla spalla e la posizione del proiettile rispetto a quello dato dalla battuta sulla cintura. Tutte le cartucce odierne, e in particolare quelle da tiro a media o lunga distanza anche statunitensi, sono così strutturate, e si vedano in proposito la .338 Lapua Mag., la 6 XC, la 6 PPC, la 6,5 Creedmor, la 6,5 Grendel insieme alla serie dei magnum corti di Winchester e Remington. Le differenze risiedono nel rapporto fra lunghezza e diametro del corpo, si accorcia e si allarga, e nell’angolatura della spalla decisamente più marcata sfruttando meglio polveri anche un poco più vivaci. L’affidarsi a pressioni elevate rimane una costante perché già la cartuccia di Schuler bazzica intorno alle 4400 atm: il corpo appena rastremato risponde all’esigenza di una maggior volumetria nella lunghezza e, insieme alla pendenza della spalla, a stemperare un poco, ma proprio poco, il rinculo secco e deciso che deriva da una carica ad esempio di 78,0 gr di MRP con una palla Nosler Partition da 200 gr, innesco Federal 215 M. che, in una canna da 70 cm, esce a 935 m/sec con 577 kgm, oppure da una meno aggressiva, sempre con bossolo RWS, 73,7 gr di N/160 con innesco RPM, palla Hornady SP da 195 gr, OAL 86,7 mm, V/0 in canna da 65 cm pari a 900 m/sec con 522 kgm di E/0 (senza ns responsabilità né garanzia). Sparando con fucili di qualche decennio addietro come un eccellente prodotto degli indimenticati Casartelli o un classico Mauser Europa 66, senza freno di bocca ovviamente, gli esiti sono assicurati sia sulla preda che sul cacciatore a cui la spalla darà qualche dolorino per un po’ di giorni. La soddisfazione sarà comunque tanta nel padroneggiare una simile cartuccia che, anche in poligono, manifesterà una costanza e una precisione ragguardevoli. Sul terreno è

La scatola di queste 8x68S RWS ha parecchi anni, ma confermiamo che il risultato balistico delle cartucce contenute rimane perfettamente all’altezza delle aspettative

Muta l’aspetto della scatola, decisamente più appariscente, ma sempre in stile con la classe del produttore e rimane uguale a se stessa la palla H-Mantel con punta riportata, cava e in rame, dal temibile effetto sul selvatico

Sempre apprezzato lo specchietto riportato sulle confezioni RWS con i dati balistici riferiti alla traiettoria con l’azzeramento secondo la GEE, cioè la miglior taratura per non avere mai più di 4 cm in elevazione: qui il punto è a 195 m con caduta a 300 di soli 20 cm Caccia Passione 49


Pur con una cinquantina d’anni il fucile rigato costruito su meccanica Mauser K98 dall’indimenticato Carlo Casartelli per la cartuccia 8x68S conserva uno stile e una valenza d’impiego di tutto rispetto

Ancora 18 cartucce con cui realizzare qualche sogno venatorio o delle belle rosate in poligono dove i reiterati colpi di questa carica abbisognano di uno spirito tenace e volitivo

Una confezione ben più recente riporta, pari pari, gli stessi dati balistici

La cartuccia è inserita nel magazzino fisso, pronta per essere camerata: è una RWS con palla H-Mantel da 12,1 g usata per molto tempo sul cervo prima delle ultime novità arrivate da poco sul mercato, ancora oggi si rivela una scelta indovinata

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più che mai doveroso scegliere una palla adeguata al selvatico: per animali leggeri va bene un po’ tutto purché la palla non sia troppo fragile danneggiando molto la spoglia, ma per il cervo, specie maschio, una palla come quella citata poco sopra, la sempre eccellente TUG della Brenneke, le nuove realizzazioni di RWS come la palla EVO garantiscono lo shock idrodinamico, la corretta penetrazione e la dovuta cessione di energia per un arresto


Munizioni

Dietro la Casartelli e davanti una Mauser Europa 66 anch’essa camerata per l’8x68S. Due diverse soluzioni per uno stesso problema: catturare il cervo e non solo

L’interno di questa serie di scatole vedeva astucci in cartoncino nero che liberavano sostanze ossidanti per l’ottone dei bossoli: se ne vedono le conseguenze. Per fortuna ora sono state sostituite

immediato del superbo selvatico. L’impiego in Africa ha sempre garantito belle soddisfazioni specie con la palla da 14,5 g, la famosa Torpedo Stopring, con cui, da conveniente distanza, si atterra il bufalo con un preciso colpo al collo sulla spina dorsale, oppure la KS da 225 gr; sulle grosse antilopi poi si procede senza difficoltà di sorta. Una cartuccia di medio calibro che merita davvero l’appello di regina delle realizzazioni europee.

Ecco la cartuccia di Schuler 8x68S: corpo capiente leggermente conico, spalla lunga con conicità non troppo accentuata, colletto parimenti lungo per trattenere saldamente la palla Caccia Passione 51


Lo Zeiss Victory V8 1,8-14x50 montato sulla Sauer 404 XTC Carbon mostra la sua compattezza di forme: il diametro del tubo centrale pari a 36 mm induce a considerare di entità ridotte la campana dell’obiettivo e l’oculare Caccia Passione 52


Ottiche

OTTICA ZEISS VICTORY V8 1,8-14X50

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OTTICA ZEISS VICTORY V8 1,8-14X50 Nella posizione più elevata della scala di valori prodotta da Zeiss quest’ottica si pone in mezzo alle altre proposte della Casa di pari grado qualitativo e tecnico quanto a entità di ingrandimento, di peso e di ingombro condensando in modo ottimale quanto un cacciatore possa desiderare di Emanuele Tabasso

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uando pochi anni addietro la Zeiss presentò la serie Victory V8 fu subito chiaro a tutti che ancora una volta l’azienda dal marchio bianco e blu aveva posto l’asticella a un livello tale da monopolizzare certi fattori di eccellenza. Nella vasta congerie di ottiche da puntamento oggi presente sul mercato pare, a volte, di poter criticare i prezzi elevatissimi a cui le marche di vertice propongono i loro prodotti: non siamo certo così addentro alle segrete cose, ma l’aver osservato direttamente almeno un paio di volte come si svolge la produzione nello stabilimento di Wetzlar consente anche a un profano di far propri certi concetti e di monetizzare, seppur in maniera molto approssimata, lo scorrere dei costi orari, dei materiali, degli impianti e della ricerca a cui si associano alcune eccellenze manuali del tutto peculiari come il controllo delle superfici ottiche effettuato manualmente da due gentili signore che decidono a fior di polpastrelli se la lisciatura debba considerarsi compiuta o se ancora siano necessari ulteriori passaggi sull’apposito apparecchio prima che Caccia Passione 54

l’opera possa dirsi terminata a regola d’arte. Buttare l’occhio in uno di questi cannocchiali rallegra lo spirito perché le immagini sono rese in maniera perfetta, la luminosità è fantastica, l’acquisizione in mira del bersaglio del tutto naturale: insomma si è arrivati alla migliore comodità di azione senza manco aver studiato un poco che cos’è che ci facilita a tal punto il compito. Cerchiamo di comprendere qualcosa di più sondando i diversi fattori in gioco. L’impostazione tecnica Le tre proposte dei Victory V8 si configurano nei seguenti valori: 1,1-8x30, 1,8-14x50 e 2,8-20x56 quindi con l’ottica classica da battuta ancora ben sfruttabile anche a distanze considerevoli su selvatici d’una certa mole, l’ottica universale con cui agire ancora con scioltezza in battuta e impegnare ungulati o nocivi alle distanze che si considerano già molto elevate mantenendo una compattezza volumetrica e ponderale, mentre i valori più elevati si possono riservare a quelle caccie solitamente di montagna dove le distanze


Ottiche

Nel blocco dell’oculare sono evidenti l’anello in gomma a protezione del sopracciglio e la parte ruotante per la messa a fuoco in base al visus del tiratore; davanti è posta la ghiera corrugata in gomma per la regolazione degli ingrandimenti

Dall’alto si nota la ghiera per la regolazione dell’intensità luminosa del punto centrale e, al centro, il pulsante di accensione/spegnimento

La torretta di elevazione con i riferimenti numerici sulla fascia laterale e il valore di 1 cm per ogni scatto (1/3 di MOA): sollevando la parte esterna è possibile la messa a zero dopo le regolazioni del caso. Piccola la torretta destra per lo scostamento e decisamente maggiorata quella sinistra per la parallasse

si ingigantiscono e i valori crepuscolari diventano determinanti. Come si nota il cannocchiale che abbiamo avuto agio di provare grazie alla cortesia della Bignami è quello che molti vorrebbero montato sulla propria carabina: noi lo abbiamo sperimentato su una nuovissima Sauer 404 XTC Carbon, anch’essa ai vertici della tecnologia di settore. Le misure, oltre ai poco più dei 50 mm di diametro dell’obiettivo, vedono 343 mm di lunghezza per 710 g di peso, senza la slitta di montaggio, quindi valori ristretti per un insieme flessibile e versatile nell’impiego dove intervengono i fattori di amplificazione di ingrandimento, lo zoom, e l’ampiezza di correzione per la caduta della palla.

Le lenti Schott FL alla fluorite denominate HT ad alta trasmissività di luce (si raggiunge il 92%) assicurano una perfetta qualità dell’immagine, un elevato potere risolutivo che stacca il bersaglio dal resto della visuale e un campo visivo estremamente dilatato: insieme all’ampia pupilla di egresso e alla distanza pupillare di 95 mm il bersaglio viene catturato dall’occhio in un attimo facilitando la concentrazione sul posizionamento del reticolo, la correzione della parallasse e sull’imminente pressione al grilletto per il tiro. Le correzioni per le lunghe distanze Dopo aver accennato all’uso della terza torretta per la parallasse con l’aggiustaggio della distanCaccia Passione 55


L’attacco a sgancio rapido mostra in queste due immagini la semplicità e l’efficacia del meccanismo basato sul sollevamento e la successiva rotazione delle due levette laterali

za certificato da una messa a fuoco dell’immagine che, per la sua precisione, in azienda viene definita a lama di rasoio, osserviamo il sistema di compensazione della caduta del proiettile detto BDC Long Range, considerato attualmente il meccanismo più performante e intuitivo: qui viene motivato l’inusuale diametro del tubo dell’ottica, ben 36 mm, grazie a cui si rendono disponibili 100 scatti per correzioni fin oltre i 600 metri; oltre a ciò si ha un punto centrale in speciale fibra ottica del diametro virtuale di soli 3,3 mm a 100 m con ampia regolazione dell’intensità luminosa: si può così ingaggiare un bersaglio di minima entità sempre conservando una visuale molto ampia dell’insieme e piazzando il reticolo al punto esatto. Detto della luce parliamo un momento dell’impianto racchiuso nella rondella sagomata posta sopra all’oculare dotata di più funzioni e sempre veloce da utilizzare, silenziosa e intuitiva grazie alle corrugazioni su cui il dito si impegna con facilità: inoltre il risparmio della batteria vede un sensore che capta la posizione del fucile così che con la canCaccia Passione 56

na pressoché in verticale, alto o basso che sia, l’illuminazione si disattiva, pronta a riattivarsi quando la canna si rimetta in posizione quasi orizzontale. Da ultimo indichiamo il Reticolo 60 quale scelta ottimale operata dall’azienda su tale ottica per il riferimento classico a croce extra fine posta sul secondo piano d’immagine e con il punto centrale di ridottissimo diametro, ma di intensa luminosità. A conclusione ritorniamo un momento su quello che potrebbe rappresentare uno scoglio duro da superare: la quotazione rilevabile presso l’armeria di fiducia appare elevata, ma se si desidera davvero il meglio e lo si apprezza ogni volta che lo si impiega e poi ancora si pone il piacere dell’uso proiettato, a Dio piacendo, per un cospicuo numero di anni ecco che si affaccia alla mente quel famoso detto che recita chi più spende, meno spende applicabile a molti acquisti, ma che a noi pare attinente in modo speciale e specifico a un cannocchiale da mira da cui dipende, in percentuale elevate, l’esito della nostra caccia.


Ottiche

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PARLARE CON I CERVI. Ancora a buio, ci affacciamo all’arena dei cervi. Il bosco risuona del bramito dei cervi. Lo abbiamo ascoltato mille volte, ma è sempre un’emozione nuova, diversa. Poco importa se portiamo in spalla la carabina o se siamo solamente in ricognizione, con il lungo: il bramito è un appuntamento al quale nessun appassionato può rinunciare. di Riccardo Camusso

S

eduti al riparo di un grande larice, ci invade un profondo senso di pace. Stiamo ascoltando la voce dei cervi. Nel bosco c’è un silenzio quasi irreale, che è stato rotto, per un momento, soltanto dalla nostra presenza. Il bosco riprende subito la propria vita. Sentiamo i primi bramiti. La mente libera da ogni altro pensiero. Poco distante, un sottile rumore prende corpo: sappiamo bene cosa significa questo rumore: al limite del bosco, un capriolo esce in pastura. Le narici larghe aperte ad ogni alito di vento, le orecchie mobili spalancate che interrogano lo spazio, due occhi da antilope pieni di mistero e di profonda dolcezza. Non è in allarme, perché nulla intorno a lui suona di pericolo e il nostro odore non può giungere al suo olfatto: è la sua innata prudenza, che ha bisogno di segni rassicuranti per iniziare a brucare l’erba saporita. Immersi nei pensieri e nell’ascolto dei bramiti, non ci accorgiamo quasi più dello scorgere del tempo: l’occhio non va all’orologio, ma al sole che comincia a lambire il versante oppo-

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sto, tingendo le cime di rosa. Ci attende ancora un’ora di ombra, in queste arene dei cervi, ma aspetteremo senza problemi il momento in cui il sole inizierà a filtrare tra larici e abeti, in fuggevoli giochi di luce. Un’attesa, tuttavia, piena di suggestioni e di magia. Noi siamo qui per questo. Vogliamo “parlare” con i cervi. Ci sono due appuntamenti, per un cacciatore, cui non si può assolutamente arrivare in ritardo: il matrimonio e il bramito dei cervi. Purtroppo non sempre i calendari venatori nostrani coincidono con il momento forte del bramito (come accade in altre parti d’Europa), ma ciò non condiziona la voglia di parlare con i cervi. Il bramito è come un gioco d’azzardo: non si può mai prevedere il giorno esatto in cui inizierà; troppo numerose sono le variabili in gioco. Ma va bene lo stesso: se, per legge, la carabina dovrà tacere – per ora -, noi rispetteremo comunque l’appuntamento. Il lungo e la fotocamera sostituiranno la carabina, fino all’apertura.


Digiscoping A intervalli regolari, portando la corona fin quasi sulla schiena, la bocca aperta e protesa in avanti, il collo teso nello sforzo, il cervo emette il suo grido di amore e dominanza.

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L’AVVICINAMENTO. Lontano, più in alto, un suono cupo, roco – assolutamente inconfondibile – risuona nel bosco. È il momento di muovere verso di Lui. Un po’ infreddoliti, sistemiamo lo zaino sulle spalle e iniziamo ad accorciare il più possibile la distanza, ora lunga e tortuosa, fra noi e quel “rumore”. All’inizio, camminiamo spediti, salendo lungo il crinale, e ci fermiamo soltanto per localizzare, in modo sempre più preciso, la fonte del suono che si ripete ad intervalli abbastanza regolari. Quando questo diventa più forte e più preciso, cerchiamo di alleggerire il passo: ogni rumore (sbagliato) può vanificare l’avvicinamento. Circa i rumori, sappiamo bene che dobbiamo immedesimarci nella situazione: ci sono suoni “concessi”, anzi graditi, che non fanno fuggire il cervo e ce no sono altri che lo mettono in fuga anche se questo è il momento dell’anno in cui è meno diffidente. Il rumore del bastone battuto a terra o fra i rami - per esempio – attira il maschio dominante, che crede di essere in presenza di u rivale da scacciare; la stessa cosa vale per un “bramito” riprodotto dalla nostra voce con un richiamo o un corno di bue. Ben diversamente, invece, stanno le cose se il nostro bastone ha il puntale di metallo che batte sulle pietre, oppure se nel bosco risuonano voci umane, o qualsiasi suono metallico. Spegnere il cellulare è d’obbligo. La distanza – ora – si è ridotta. Le nostre soste, si fanno più lunghe, in attesa di una “risposta” e di una conferma dall’altra parte. Evidenti, fresche, sul terreno le tracce di grandi zoccoli. Come altre volte, ripetiamo un gioco che ci fa immedesimare nella situazione: mettiamo, cioè gli scarponi esattamente nelle orme lasciate dal cervo. Seguendo gli stessi sentieri e gli stessi passaggi che ci hanno preceduto. Nei passaggi più complicati, ci stupiamo – ogni volta – come grandi e ingombranti palchi possano perforare una boscaglia così intricata. È straordinario constatare come, nella stessa orma ci siano molte zampe. Numerosi animali, una sola pista. Zampe nelle stesse orme dell’animale che precede. Caccia Passione 60

Finalmente, soltanto una piccola altura ci separa dal bramito del cervo. È il momento più delicato. Fino ad ora, non abbiamo sbagliato nulla, ma adesso che, pur non vedendo ancora il cervo, ne ascoltiamo – forte e nitido – il roco bramito, ogni errore si paga. Immobili sui nostri passi, studiamo il terreno circostante. Occorre trovare la via più comoda, più riparata e soprattutto più silenziosa per “scollettare” senza farci vedere, senza farci sentire. Cerchiamo di avanzare – al rallentatore – nei momenti del bramito, che può creare una certa copertura, pur se sappiamo bene che il rischio maggiore sono le femmine dell’harem, il cui senso di prudenza è più sviluppato nel periodo del bramito. Il nostro cuore batte all’impazzata, e temiamo che il cervo lo senta. Avvicinando il cervo dal basso, abbiamo però un vantaggio: le corone del palco, che stanno ben sopra gli occhi dell’animale, si materializzano nel bosco assai prima che Lui ci veda; te-


Digiscoping

L’ascolto del bramito alle prime luci dell’alba è una suggestione indimenticabile.

Un “vecchio” cervo in evidente regresso.

nendo il terreno tra noi e i suoi occhi, possiamo localizzare il punto preciso dove si trova il cervo. Colmata così questa breve, ma interminabile distanza, riusciamo a contare le punte in corona. Il movimento ritmico del palco durante ogni bramito rappresenta per noi il primo, emozionante impatto con il maestoso ungulato. È il coronamento di un avvicinamento appassionante, che ci proietta quasi fuori dal mondo, nel silenzio e nella pace profonda del bosco. In modo lento, studiato, maestoso, il cervo ruota leggermente la testa interrogando lo spazio intorno a lui. Ogni sua cura non è difensiva, in questi momenti: nessun maschio deve avvicinare l’harem. A intervalli regolari, portando la corona fin quasi sulla schiena, la bocca aperta e protesa in avanti, il collo teso nello sforzo, il cervo emette il suo grido di amore e dominanza. Profondo, forte, cupo, roco, inconfondibile. Il cervo bramisce il proprio bisogno di grandi spazi, il proprio dominio sulle femmine e il suo inderogabile possesso del territorio. Bramire – per il cervo – è attirare, scacciare e provocare nello stesso tempo; prima, durante e dopo la conquista, la sera, la notte, il mattino e talvolta nella parte centrale della giornata, nel momento dei propri anni migliori. Dopo aver scorto le corna, ma non ancora l’animale, ci dobbiamo fermare, immobili come statue; il gioco è fatto e lo spettacolo che la Natura ci offre in questi momenti è davvero straordinario. Tutto ciò, a volte, può durare anche molto a lungo: la difesa e la prudenza sono armi meno importanti per il cervo in bramito. La sua assoluta priorità non è quella del cibo, ora, ma quella di tener ben radunate le femmine, di non disperderle e di allontanare in modo perentorio e violento i giovani o chiunque intenda contendergli questo dominio. Null’altro conta – per il padrone dell’harem – durante il bramito. Trascorrono ore, giorni, settimane per questo “lavoro”. Il boss, durante i brevi trasferimenti, cammina sempre in coda, chiude regolarmente la fila, “conta” e controlla il numero Caccia Passione 61


Un maestoso cervo da medaglia nel tipico atteggiamento del bramito.

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Digiscoping delle femmine più volte. Se qualche femmina si attarda troppo, o si “distrae”, viene subito richiamata all’ordine, “ripescata” con forti rimproveri. Ogni tanto, la calma del bosco è rotta dalle fragorose “volate” verso qualche maschio non ancora accasato, che cerca di approfittare di ogni sbandamento delle femmine. Non si tratta quasi mai di scontri violenti, mai mortai, ma soltanto di precisi rituali d’imposizione; molto spesso, infatti, questi scontri si risolvono ancor prima di iniziare: il maschio dominante impone la sua forza anche solo con il bramito o con il proprio peso e sviluppo del palco; di fronte a tale dimostrazione di forza, i maschi più deboli e/o giovani preferiscono abbandonare (momentaneamente) l’arena, in attesa di ritornavi in momenti più favorevoli. In uno di questi brevi e violenti scoppi d’impeto, un filo d’aria ci porta, nitido, quello che, nei nostri pensieri solitari, abbiamo battezzato “odore di cervo”. Acre, forte e che non possiamo paragonare a nessuna altra emanazione olfattiva: odore di cervo, e basta. Giunge la sera. Dopo queste emozioni, che abbiamo fermato nella testa e/o in un file fotografico, scendiamo. Gli alberi salgono verso di noi, come una mano che si tende. Dal bosco, emergono il campanile del paese, i campi, le case, l’odore di fumo e quella luce che si accende lontano, come se ci chiamasse. Non importa se abbiamo con noi la spoglia del cervo o la sua immagine catturata per sempre nella scheda di memoria della fotocamera. Le emozioni sono state le stesse, sempre. Abbiamo “parlato” con Lui, e questo ci basta. Non dobbiamo stupirci se, ritornati a casa, piombiamo nel silenzio. L’eccitazione degli incontri fatti, le emozioni tuttora calde e vive sono ancora dentro di noi. La maestosità dei cervi è un’immagine che rimane a lungo nella nostra mente. Persi nei silenzi e nei suoni della Natura, siamo penetrati e ci siamo immersi profondamente nelle sorgenti alle fonti della condizione umana. Ritorniamo da lontano. Lasciateci il tempo di arrivare. Caccia Passione 63


GIOVANNI GOBBO TRONEGGIA SUL PODIO DEL CAMPIONATO SOCIALE L’alfiere del TAV Concaverde vince la finalissima del Trony Challenge di ASD Trap Concaverde

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ONATO D/G - Nome: Giovanni. Cognome: Gobbo. Passione: tiro a volo. È il beniamino del Tav Concaverde a portarsi a casa la vittoria nella finale riservata ai sei migliori tiratori del Trony Challenge 2016, sotto il plumbeo cielo di domenica 23 ottobre. Dopo 10 entusiasmanti turni, che consacrano Dario Premoli come campione assoluto, nella finale secca Gobbo ha la meglio, con il punteggio di 24/25, su Massimo Negretti (Tav Poggio dei Castagni) e Vittorio Taiola (Tav Mattarona). Si fermano invece ai piedi del podio, tutti a quota 20: Andrea Fortunato (Tav Pezzaioli); Pierangelo Facchini (Tav Valleduppo) ed Ernesto Ferrari (Tav Top Ten). «È stata una finale emozionante che rispecchia quanto il nostro impianto sportivo sia sede di aggregazione ed amicizia, indipendentemente dai colori della maglia - commenta al termine della gara Ivan Carella, presidente del Trap Concaverde - Sei tiratori appartenenti a sei società diverse si sono sfidati, con grande spirito agonistico e altrettanta amicizia, al termine di una stagione passata insieme sul nostro campo di tiro. Un particolare ringraziamento va a Stefano Tavernini, per il supporto e per l’entusiasmo in ogni occasione». Contestualmente al campionato sociale, nel corso della giornata ha luogo anche un Open Day curato dagli istrutCaccia Passione 64

tori del CAS Concaverde, a cui partecipano una trentina di persone, divise in tre gruppi di lavoro su altrettanti campi, di cui dieci ragazzi giovanissimi. Per l’occasione è presente al completo lo staff tecnico-dirigenziale della squadra, composto da: Elena Gallina e Liliana Vicini che si occupano della accoglienza e segreteria; Walter Miotto che coadiuva i tecnici in pedana; Roberto Armani, Marco Faustinelli e Giampietro Faustinelli che assistono i tiratori nell’ impresa di rompere il loro primo piattello. Presente anche l’immancabile Silvio Grande, che coordina le attività della “giornata di prova” e illustra agli adulti le caratteristiche del corso per principianti che partirà sabato 5 novembre. La magia del tiro al volo, infatti, non si ferma mai e già a partire dal prossimo fine settimana avrà inizio il circuito invernale, giunto alla sua quarta edizione, quest’anno in collaborazione con “Perazzi”. I partecipanti si sfideranno al meglio dei 50 piattelli nell’arco di 5 prove (29-30 ottobre; 19-20 novembre; 10-11 dicembre; 14-15 gennaio; 11-12 febbraio con inizio sempre alle ore 13) fino alla finale del 12 marzo, in cui il vincitore riceverà in premio l’ultimo gioiello della ditta di Botticino Mattina: un fucile Perazzi High-Tech customizzato “Trap Concaverde”. Per iscrizioni e informazioni telefonare allo 030/9990200.


Tiro a volo

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Cesena: la bella dai molti nomi di Claudia Zedda

Di cesena si parla poco e a torto, visto che è un volatile non solo bello ma anche piuttosto interessante da un punto di vista squisitamente venatorio. La si chiama in molti modi diversi: nel nord Italia è il Tordo Ciack, ma anche la Viscarda, o la Gardena eppure è sempre lei, la Cesena. Biologia

co massimo dell’inverno. Piemonte, Trentino Alto Adige, Lombardia, alto Veneto diventano il volatile più grande della sua fami- per brevi periodi sua dimora. glia (turdidi), il colore del piumaggio è molto attraente e le sfumature La caccia delicatissime. Il capo è grigio chiaro, il dorso La cesena è una creatura piuttosto intelligendi un bel rosso tendente al marron, la groppa te; ecco perché è fondamentale conoscerne è grigia e nere sono le ali e la coda. Il petto in- le abitudini per cacciarla con successo. È fine garantisce il tocco di colore: è giallo ocra, prudente, è sospettosa e se questo non bapuntato di schizzi neri che regalano ancora stasse il gruppo, quando si sposta, si affida a delle vere e proprie vedette che rimangono più eleganza a questo volatile. Inoltre è piuttosto lungo e pesa intorno ai 150 di controllo quando le altre si trovano nei g. Insomma una creatura di tutto rispetto. luoghi di pastura, avvertendo con rapidità incredibile il branco in caso di pericolo. Figlia del Nord Non è un caso che l’unica caccia alla ceseViene dal grande freddo, dal lontano Nord e na consentita sia quella in appostamento, raggiunge solo alcune regioni italiane, estre- muniti di capanno ben mimetizzato fra la mamente settentrionali e solo quando tempe- natura. Indispensabili risultano inoltre i rirature sono particolarmente basse. Con la sua chiami unico reale modo attraverso il quavenuta sembra quasi voler annunciare il pic- le la cesena si avvicina. E pur avvicinandosi

È

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Fauna & Migratori

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rimane sospettosa: è sufficiente il minimo movimento innaturale nella zona del capanno per vederla scappare e non ritornare più. Insomma per chi non l’avesse capito non si tratta di una caccia grossolana o semplice, ma proprio per questo è tanto appagante. Prima di piazzare il capanno è bene conoscere l’habitat ideale della cesena. Preferisce abitare le pianure con pochi alberi, poco distanti da zone boscose dove di norma la cesena si alimenta. Per questo la presenza degli alberi da buttata, di bacche e cibarie varie, quando si predispone un capanno, è indispensabile. Tanto per la cronaca, la cesena va matta per le bacche di vischio, di biancospino e ginepro. Se queste piante sono assenti o non esattamente ricche di bacche potreste pensare anche di portare appositamente sul loco frutti di recente caduti dagli alberi e posizionarli strategicamente per attirare i volatili. Il movimento Non è mai costante quando si parla di cesene. Può capitare che dopo una giornata abbondantissima, il giorno seguente le cesene siano praticamente scomparse e senza alcun motivo apparente. A determinare il movimento di questa creatura è soprattutto il clima, che come detto precedentemente deve essere freddo, meglio se con perturbazioni provenienti da nord. Ecco perché la caccia risulta tanto difficile ma molto soddisfacente: la cesena è difficile da trovare, difficile da adescare, ma bellissima e buonissima. L’unico aspetto non troppo difficile è relativo al tiro. Per quanto abbia un volo piuttosto veloce, questo è comunque privo di movimenti imprevisti, per cui il consiglio che possiamo dare è quello di tirare dritto e incrociare le dita. L’arma più adatta è certamente un semi automatico con canna sui 65 – 70 cm e strozzatura tra le tre e le due stelle. Le cartucce invece meglio se a 32 grammi con pallini del 10, del 9 o dell’8 per tiri lunghi. Caccia Passione 68



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Veterinaria

Salute del cane: due su dieci soffrono di difficoltĂ digestive. Caccia Passione 71


Salute del cane: due su dieci soffrono di difficoltà digestive. di Kalaris

Uno dei problemi più ricorrenti nel cane da caccia sono le difficoltà digestive.

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ue cani su dieci soffrono di problemi di digestione. E sì. Uno dei disturbi più frequenti che può avere un cane da caccia è legato alle difficoltà digestive. Queste possono essere dovute ai continui spostamenti ai quali l’animale è sottoposto durante le battute di caccia e all’allenamento intensivo. Come deve intervenire allora, in questi casi, il cacciatore nei confronti del suo cane da caccia? Sicuramente non deve far nulla senza il consiglio del veterinario, magari scegliendo, erroneamente, di somministrare al cane da caccia dei farmaci umani. Questi, infatti, «possono essere pericolosi se usati nei cani e devono essere sconsigliati; – afferma Giorgia della Rocca, professoressa di Farmacologia e tossicologia veterinaria presso il dipartimento di Patologia, diagnostica e clinica veterinaria, della facoltà di Medicina veterinaria, dell’Università di Perugia – anche se si tratta, infatti, di

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farmaci la cui efficacia e sicurezza sono state scientificamente dimostrate sull’uomo, non è detto che sia la stessa cosa negli animali. Per la prevenzione e il trattamento dei disordini gastrointestinali, caratterizzati da squilibri della normale flora intestinale del cane da caccia, è utile avvalersi di probiotici e sali che bilancino i liquidi persi. – continua della Rocca – È importante prestare attenzione a tutti i sintomi e chiedere sempre consiglio al veterinario, soprattutto in caso di diarrea acuta o cronica. Così come nell’essere umano, è possibile ricorrere ai probiotici per prevenire gli effetti collaterali del trattamento antibiotico o dello stress legato a trasferimenti e viaggi, allenamento intensivo o cambio dell’alimentazione». E allora ecco un piccolo suggerimento affinché il cacciatore più attento possa intervenire sui disturbi intestinali del proprio cane da caccia: si chiama Canikur


Veterinaria

Pro ed è il nuovo prodotto studiato appositamente per il cane. È un medicinale ad uso orale ed è valido e sicuro perché, in un solo prodotto, sono uniti tre elementi attivi utili a ripristinare lo stato di salute dell’intestino del cane da caccia: i probiotici (citati da Giorgia della Rocca), che aiutano a diminuire la diarrea acuta e la diarrea determinata dall’uso di antibiotici; i prebiotici Bio-Mos-C, i quali sono carboidrati simili alla fibra alimentare, (questi favoriscono la moltiplicazione dei batteri buoni Bifidobacteri e Lactobacilli, che, in questo modo, creano un ambiente acido che riduce progressivamente la crescita dei batteri patogeni; e poi la montmorillonite, la quale è un’argilla minerale che stimola l’eliminazione delle tossine e combatte i virus favorendo, così, la guarigione dalle infezioni e prevenendo le varie intossicazioni al cane da caccia. Caccia Passione 73


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Caccia alle anatre con

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