Angolo urbano, un innesto architettonico nel recinto della caserma Randaccio a Brescia

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ANGOLO URBANO un innesto architettonico nel recinto della caserma randaccio a brescia



Politecnico di Milano Scuola di Architettura e SocietĂ laurea magistrale in progettazione architettonica urbana A.A 2010_2011

ANGOLO URBANO un innesto nel recinto della caserma Randaccio a Brescia

tesi di laurea di_Andrea Quaranta 734525 relatore_Prof.ssa Ilaria Valente


.indice


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abstract

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brescia_lettura delle stratificazioni storiche

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_le tre cerchie murarie_la città dalla fondazione all‘800

_il superamento dell’ultimo limite_brescia tra ‘800 e ‘900

_demolizione e ricostruzione_il ventennio fascista

_tutela della città storica_anni ‘70 ‘80 ‘90

il piano secchi 2003_osservazioni

_gli interventi principali

_recupero del quartiere carmine

ring_elemento di connessione tra diversi scenari

_lettura dell’edificato_frammenti_recinti_isolati

_lettura dei tracciati_percorsi _nodi

_lettura degli spazi aperti_cintura verde

ripensare il costruito_innesto nella caserma

_il progetto

_il problema dell’angolo

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elaborati grafici

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bibliografia

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abstract



Il recinto della caserma Randaccio a Brescia ha origine da un lungo e intrecciato processo di stratificazioni, frammentazioni e saturazioni, inserendosi all’interno di uno scenario di trasformazioni puntuali dislocate su tutto il territorio cittadino. La sua storia ha origine nel XV secolo con la costruzione di un edificio monastico addossato al tracciato delle mura. All’inizio del XX secolo una serie di trasformazioni urbane, tra cui lo smantellamento della cinta difensiva e l’inserimento di ampi spazi militari hanno disegnato l’attuale planimetria della caserma. L’obiettivo della tesi è la definizione di un possibile punto nodale necessario al recupero del quartiere Carmine da attuarsi tramite un’operazione di innesto e addizione di elementi negli spazi della caserma, ovvero operando in termini di composizione morfologica e rifunzionalizzazione degli spazi esistenti, dimostrando in tal modo il ruolo centrale di un’area dal carattere eterotopico. .09

L’osservazione e la successiva descrizione delle tipologie di urbanizzato, la classificazione dei tracciati e degli spazi aperti ha permesso la costruzione di una mappa di sintesi della città che ha messo in evidenza misure, matrici e intervalli e contemporaneamente mostra le varie tipologie di sviluppo della città in relazione ai recinti urbani presenti sul territorio. Il progetto cerca, tramite l’utilizzo delle giaciture e delle matrici dispositive evidenziate, di riorganizzare l’interno del recinto operando disegni al suolo e innesti di elementi che dovranno formare un sistema con l’università e gli spazi museali cittadini. La composizione è affidata all’innesto di una torre destinata a residenze per studenti che funga da landmark relazionandosi con le emergenze cittadine e gli angoli urbani definiti dal tracciato del ring; da una sala conferenze ipogea che insieme alla distribuzione su livelli differenti degli spazi aperti definisce una misura regolatrice per il sito e dalla rifunzionalizzazione degli spazi esistenti.



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brescia_lettura delle stratificazioni storiche



Le tre cerchie murarie_Brescia dalla fondazione all‘800

Il tracciato urbano della città romana di Brescia risale al I e II secolo a.C. e risponde alle caratteristiche tipiche dei modelli di urbanizzazione delle colonie imperiali: ortogonalità del reticolo viario, pianta quadrangolare, gerarchizzazione delle strade basata sul cardo e decumano ed infine specializzazione funzionale delle insulae vicine ai luoghi pubblici del foro. Il sistema di convenzioni urbanistiche che deriva dal modello insediativo del castrum; l’accampamento delle legioni romane, diventa la matrice che genera le regole di insediamento delle città nuove che comunque, come nel caso di Brescia, tendono ad adattarsi al sito, adeguandosi alle possibilità offerte dalla composizione orografica del terreno, alle risorse idriche, alle esigenze di difesa e alle opportunità che offre il paesaggio. .013

Proprio il caso bresciano costituisce un esempio di flessibilità nell’uso del rigido schema romano; il reticolo sviluppato su 38 ettari viene addossato alle pendici meridionali del colle Cidneo, su cui viene eretta l’arx, il luogo fortificato. Il foro viene posizionato nell’intersezione dei due assi principali, il decumano che in direzione Milano-Verona, si estende fra le porte che prendono il nome appunto dalle due città e il cardo in direzione nord-sud situato in posizione baricentrica fra l’arx e la porta cremonensis, da cui parte il tracciato diretto a sud. Rispetto allo schema presentato il decumano è posizionato eccentricamente rispetto al sedime cittadino, ma divide la parte terrazzata della città, (la cittadella fortificata) dalla parte pianeggiante. Sfruttando l’orografia del terreno i costruttori, in epoca augustea e flavia, organizzarono gli spazi pubblici sull’asse del cardo massimo in una sequenza di aree terrazzate. Il centro cittadino si articolava quindi, partendo da sud, con gli spazi scoperti della basilica, del foro, del tempio Capitolino, del teatro e dell’acropoli, che vennero


ultimati soltanto nel I secolo d.C. offrendo così una spettacolare soluzione monumentale per il centro della città. La disposizione delle insulae residenziali poneva al centro il foro, con una dimensione di 139 metri di lunghezza, 40 metri di larghezza, e con una pendenza che permetteva l’innalzamento di circa 5 metri. Le cortine edilizie composte all’interno delle insulae si presentavano come cortine murarie compatte interrotte soltanto dagli ingressi ed erano generalmente edifici ad un unico piano. Nonostante l’importante ricostruzione della città nel V secolo, che ha rinnovato fortemente il tessuto edilizio, il reticolo viario si è mantenuto pur con delle piccole variazioni che hanno annullato la percezione ortogonale che offriva il sito prima dell’intervento.

“la successione regolare di palazzi a corte che sono visibile nelle strade di antico

impianto romano, l’assenza, o la minore frequenza, dei frazionamenti gotici di case a schiera, la regolarità delle dimensioni dei lotti edificati, la sezione dei percorsi stradali, consentono di percepire .014

la continuità morfologica del tessuto edificato con la matrice romana dell’insediamento; i resti archeologici del foro e del teatro, le colonne del tempio Capitolino, assumono in questo contesto una pregnanza evocativa particolare”1

L’antico sito romano si rivela, quindi, per le tracce che ancora oggi sono ben riconoscibili e che fanno notare la corrispondenza fra il sedime originale e quello odierno; in alcune parti di città è ancora attualmente percepibile la dimensione originaria della città romana nell’incontro fra la pianura e la montagna. L’andamento rettilineo e pianeggiante delle strade articolandosi lungo l’asse estovest e che si incrociano incrociano con quelle dirette verso sud assumendo la pendenza data dal declivio del colle Cidneo fino a diventare pianeggianti quando incontrano definitivamente la pianura. A livello architettonico la città presenta numerosi edifici ben conservati e fuoriterra, non anfiteatri, porte o archi, come nella vicina Verona, ma opere che nessun altra città della pianura padana possiede, esempio emblematico è un tempio complesso come il capitolium (ben riconoscibile in seguito a un importante re-


stauro) e un edificio civile, che chiude a sud il foro, detto curia. Il foro è situato ai piedi del colle Cidneo, allineato alla verticale del punto più alto del promontorio e il principale edificio religioso, il capitolium appunto, che chiude lo spazio lungo il lato settentrionale sfruttando il colle come scena naturale. La cinta muraria romana è quasi del tutto andata perduta ad eccezione di alcuni tratti che si sono invece mantenuti. Pur non avendo riscontri bibliografici certi, ma mettendo in rapporto la tipologia strutturale e costruttiva con altre cinte murarie del territorio romano, il tracciato bresciano è databile intorno alla prima età augustea, quindi in un periodo tardo rispetto alla fondazione avvenuta nel II secolo a.C. per una città che da decenni era un nodo viario importante sull’asse Milano-Verona. .centuriazione romana della città di Brescia

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Il circuito era aperto in solo cinque punti, ognungo dei quali corrispondente alle porte: tre ad est, porta Sant’Eusebii, situata sull’attuale via Brigida , porta Avo-


gadro che porta al castello, porta Sant’Andrea in corrispondenza del decumano massimo e porta Torlonga in direzione Mantova. Una sola porta permettava l’accesso alla città dal lato meridionale, porta Cremonesis, in corrispondenza del cardo massimo e in direzione Cremona. Due ingressi erano situati sul lato ovest, porta Paganora a sud-est e porta Mediolanensis, anch’essa in corrispondenza del decumano massimo in direzione di Milano. A nord il tracciato murario proseguiva sul pendio del colle Cidneo,tuttavia non sono ancora state ritrovate presenze certe di porte d’accesso da questo lato.

“Le mura di Brixia, per accogliere anche il colle del castello avevano un perimetro di m 2950, che è percorso veramente notevole, se si pensa che, limitate al solo nucleo urbano, sarebbero state di circa m 2500, il perimetro di poco inferiore al circuito delle mura di Ticinum (2850m), o di Ariminum (2650m), o di Bononia (2550m), pari a quello di Augusta Praetoria (2500m) per citare alcuni esempi. Mediolanum aveva già in età augustea 3380m di circuito ed era la città più grande della cisalpina”2

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Una particolarità dell’impianto planimetrico romano di Brescia è la non assialità dei decumani orientali con quelli occidentali rispetto al foro, le insulae occidentali divergono lievemente verso nord rispetto a quelle orientali in prossimità del foro e anche le dimensioni sull’asse est-ovest differiscono. L’insula base misurava 8990m di lunghezza (2,5 actus=89,10m) e 57m di profondità (1,5 actus=53,46m), alcune misuravano 57x57m, altre ancora avevano forma trapezoidale. Come già detto le due parti di città rispetto al foro non erano disposte sullo stesso asse longitudinale, la motivazione più plausibile era lo sfruttamento delle caratteristiche del colle, infatti attestando l’edificato ai piedi del colle la città sarebbe stata protetta dai venti freddi provenienti da nord, inoltre considerata l’impostazione del foro, con il tempio posto a nord come chiusura di questo spazio aperto il colle forniva uno splendido scenario al principale edificio religioso dell’insediamento.


.resti del tempio romano di Brescia

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Il processo di rarefazione e successivamente di ripresa della vita cittadina ebbe inizio durante la caduta dell’impero romano, per poi proseguire fino all’epoca comunale (V-VIII secolo) e costituì un complesso fenomeno che segnò profondamente lo sviluppo urbanistico della città. Il centro cittadino, compatibilmente con la collocazione nel periodo tardo romano di nuovi capisaldi ecclesiastici nei pressi o fuori le mura, soprattutto nella zona della porta mediolanensis, perse le caratteristiche di luogo attrattivo per la cittadinanza; la città iniziò così ad assumere una impostazione pluricentrica a discapito dell’organizzazione monocentrica della città romana. Le devastazioni inflitte all’edificato durante le invasioni barbariche probabilmente facilitarono l’opera di rinnovo e di consolidamento dell’abitato nelle zone periferiche e meno dense della città. Le residenze delle famiglie principali furono costruite sulle rovine delle domus romane, andando ad intaccare e distorcere i percorsi tipicamente ortogonali dei .018

tracciamenti romani, con inoltre l’aggiunta di strade non ortogonali e con forme sinuose. Progressivamente le addizioni avvenute in epoca e longobarda e franca (VII-IX secolo) portarono la città ad assumere una forma a L che avvolge la base del colle Cidneo. Gli invasori longobardi trasmisero modelli insediativi semplificati, adatti ad un economia povera vennero infatti introdotte le case a schiera, sistemi di abitazioni addossate le une alle altre, di notevole essenzialità distributiva realizzate in legno e paglia casusando così la scomparsa di modelli residenziali a corte che rimangono patrimonio tipologico dei soli monasteri. I lotti profondi della città latina vengono edificati solo perimetralmente, mentre ai giardini delle corti romane succedono serie di orti urbani sviluppati negli spazi di risulta del nuovo edificato. A partire dagli insediamenti longobardi intorno alla porta Bruciata (già Mediolanensis), inizia lo sviluppo urbano in direzione delle chiese di S.Faustino e


S.Giovanni. La forte presenza di corsi d’acqua, che oggi passano nel sottosuolo della città, facilitò la nascita e lo sviluppo di mulini, concerie e attività artigianali. Anche in queste zone viene riproposta la tipologia abitativa della casa a schiera, funzionale ai nuovi ceti artigiani, dove al piano terra erano disposte le botteghe e al piano superiore la residenza. La Prima cerchia medievale di mura (XII secolo) coincide largamente, soprattutto a est e sud, con il vecchio tracciato romano, mentre ad ovest inizia ad inglobare l’espansione alto medievale, fino all’altezza dell’attuale torre della Pallata, e di via delle Battaglie, via Pace e via Palestro. .mappa storica della città di Brescia, viene evidenziato il tracciato delle mura medievali

Durante il periodo comunale la città conosce un periodo in cui l’aspetto interno cambia notevolmente grazie al consolidamento del tessuto edilizio esistente nelle zone orientali ed occidentali vi è la creazione di piazza del Mercato nuovo (oggi

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piazza Tebaldo Brusato) e viene attuato un complesso programma di rinnovamento dei principali edifici simbolo della città: il palazzo pubblico (Broletto) e le cattedrali, davanti ai quali vengono aperti spazi che progressivamente assumono la forma di una piazza unita e dalla forma allungata. Ai piedi del colle si concentrano le nuove abitazioni delle famiglie nobili, con una forte presenza di torri, mentre nell’attuale via S.Faustino si consolida il denso abitato artigiano. Con l’ incremento residenziale in ascesa lo spazio interno alle vecchie mura diventa in pochi decenni insufficiente e viene stabilito un nuovo piano di espansione della città che rese centrali gli spazi della cattedrale e del palazzo comunale. Vengono stabilite chiare regole riguardanti gerarchie costruttive, il perimetro delle mura, le porte, e l’assetto e il raccordo della rete stradale con i tracciati preesistenti. I due sistemi, l’urbanizzato preesistente e quello di nuova costruzione, grazie a queste nuove istanze vengono resi compatibili. .020

Nell’area di nuova espansione la città viene organizzata principalmente dai grandi ordini ecclesiastici dei Domenicani, Francescani, Eremitani e Carmelitani; vengono inoltre distribuiti in modo omogeneo i conventi che guidano lo sviluppo edilizio, definendo e controllando la logica delle lottizzazioni e i metodi costruttivi di vaste porzioni di città poste sotto la loro proprietà. Probabilmente è anche grazie a questo modo di riprogettare la città ,quasi anticipatore delle conquiste dell’urbanistica rinascimentale che Brescia nel suo riassetto urbano dell’Ottocento potrà espandersi senza intaccare i limiti imposti dalla seconda cerchia muraria medievale. Dal Duecento si sono così sviluppati e definiti gli elementi caratteristici della forma urbana cittadina, la sua gerarchia funzionale, come il sistema difensivo con il castello posto sulla sommità del colle( avente la funzione di cerniera), la sequenza delle porte d’ingresso e il nuovo centro cittadino. Sia nella fase di dominazione Viscontea che in quella veneta, si vedranno delle operazioni di assestamento e consolidamento del tessuto urbano che però non


andranno a modificare in maniera sostanziale le caratteristiche dettate nel precedente periodo. Le principali azioni effettuate dai due governi erano rivolte a modellare con i propri caratteri i maggiori edifici di potere, più che a compiere operazioni che andassero ad intaccare o più semplicemente modificare l’urbanizzazione della città. Soltanto nel Novecento, con le profonde trasformazioni derivanti dalla rivoluzione industriale, Brescia conoscerà modificazioni paragonabili a quelle del 1200.

.porzione di tracciato delle mura medievali

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Il breve periodo di dominio Visconteo nella città di Brescia ha lasciato tracce marginali e secondarie rispetto alle aspirazioni e ai progetti che la signoria milanese voleva mettere in atto. Il sistema difensivo interno alla città, pensato e progettato per proteggere gli occupanti milanesi dalla stessa popolazione nel ‘300 si sgretolò velocemente e fu assorbito in pochi decenni durante la ripresa economica e costruttiva della città in seguito all’annessione alla repubblica veneta. L’unico elemento che restò invariato fu la netta separazione fra il castello, costruito in cima al colle Cidneo e il resto della città, che da allora divenne un elemento di oppressione della popolazione più che un elemento di difesa; mentre la cittadella fortificata entrò definitivamente a far parte del tessuto cittadino. Sia i veneziani che gli austriaci ne lodarono il ruolo di controllo militare che esercitava sull’edificato impedendo qualunque tipo di costruzione e vietando le coltivazioni per mantenere sgombre le pendici del colle per il tiro dell’artiglieria. .022

Per riattivare la vita economica della città, la Repubblica di Venezia, soprattutto nel suo primo secolo di dominio, cercò di facilitare l’acceso alla città da parte dei nobili della provincia e dei nuovi abitanti, seguendo un vasto programma di edilizia privata a cui fece seguito la sistemazione degli spazi pubblici e la fondazione di nuovi edifici religiosi. Mentre la città vecchia, la zona di antica fondazione romana, rimase la sede della nobiltà bresciana più antica, quella legata allo sconfitto partito visconteo e non prese parte alle importanti trasformazioni del periodo rinascimentale, le porzioni di città esterne alle mura medievali, ma già all’interno alle fortificazioni di origine viscontea subirono per contro le maggiori trasformazioni e i rinnovamenti più incisivi. Via Tosio, Corso Magenta, Corso Palestro e Via Pace diventarono così le zone di espansione dove sarà ubicata la maggior parte dei nuovi edifici di proprietà delle famiglie patrizie; il modello di costruzione è quello del palazzo rinascimentale, con corti auliche e fughe prospettiche sull’asse d’ingresso. Dopo un periodo di abbandono, la tipologia a corte segna grandemente lo sviluppo residenziale di


questo periodo. Le tipologie residenziali dominanti di questo periodo sono essenzialmente due: la casa a schiera, derivante dalle urbanizzazioni antecedenti, e la casa a corte ovverosia una modesta casa sviluppata attorno a un piccolo cortile o un palazzo aulico. E’ possibile notare come le tipologie edilizie siano suddivise in zone; infatti le case a schiera identificano nella maggior parte dei casi le aree adiacenti alle porte( i quartieri artigiani, popolari e le aree di espansione medievale), mentre le sequenze di case a corte oltre a essere caratteristiche della città vecchia interessano le zone di espansione rinascimentale e barocca, che seguivano le necessità della nobiltà cittadina. .pianta della regia città di Brescia

Il ruolo simbolico di piazza della Loggia, luogo su cui si attestano gli edifici del nuovo governo veneziano, è appunto quello di affermare l’importanza dell’area

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occidentale e meridionale ovvero le aree di nuova costruzione, esterne alla cittadella sede del vecchio potere aristocratico e vescovile.

“piazza della Loggia e piazza del Mercato (rispettivamente a nord e a sud del violento e distruttivo intervento di piazza Vittoria, che ha profondamente alterato la morfologia del

tessuto storico bresciano), si collocano entrambe ai bordi dei percorsi principali di attraversamento della città: corso Mameli, diretta prosecuzione del decumano romano, e corso Palestro, tratto centrale del percorso commerciale più importante fra le porte Milano e Venezia”3

Gli interventi rinascimentali sul centro cittadino, sviluppatisi intorno alla metà del Cinquecento, sono il risultato di una complessa sequenza di iniziative volte allo sviluppo di due luoghi centrali per la vita cittadina: piazza della Loggia, e piazza del Mercato. .024

“Sebbene i due spazi urbani non fossero stati progettati fin dall’inizio, la sequenza degli interventi costruttivi degli edifici rispetta una sequenza logica ben definita ed il risultato, scalato nel tempo, è di straordinaria omogeneità”4

I progetti quattrocenteschi del fronte meridionale, l’edificio delle carceri, del Monte nuovo e del Monte vecchio, quelli del lato occidentale, il palazzo della Loggia, che venne iniziato alla fine del Quattrocento, ed il porticato che si sviluppa di fronte, ridefiniscono uno spazio rettangolare, che mantiene un rapporto di 2:1 ed anche agli edifici che si affacciano sulla piazza viene trasmesso lo stesso rispetto per i moduli proporzionali, rendendo compatibili gli edifici ed esaltandone il diverso linguaggio architettonico. L’architetto Beretta intervenne nella metà del Cinquecento sull’asse principale di piazza della Loggia con la realizzazione di un percorso: la Strada Nuova, ed in piazza del Mercato con il disegno del fronte sud a portici sfalsati su due livelli e altri piccoli interventi delle strade adiacenti. Nel corso del XVII e XVIII secolo la città conobbe un lento assestamento all’interno


del perimetro delle mura ricostruite dai veneziani nel Cinquecento. Continui interventi servirono per completare le piazze principali della città, come nel caso di piazza del Duomo, della Loggia e del Mercato. Una delle operazioni principali fu la fabbrica del Duomo nuovo; vennero realizzate opere di demolizione della basilica preesistente e altre opere di abbattimento furono necessarie per uniformare gli allineamenti dei principali edifici, dando luogo a una piazza del tutto simile a quella attuale. Altri interventi urbanistici, anche se di piccola entità, modificarono alcune zone della città; ordinarono il tessuto viario, riducendo i vicoli e le anomalie riguardanti l’uso del suolo pubblico. Il divieto di costruire fuori le mura per motivi militari costrinse l’amministrazione .piazza della loggia Brescia

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a razionalizzare il più possibile lo spazio urbano; la necessità di abitazioni era risolta sacrificando aree verdi e ortive, e incrementando l’altezza degli edifici.


Gli interventi principali di questo periodo furono rivolti all’edilizia popolare: la densificazione e la sopraelevazione delle case a schiera, l’unione di due o più unità abitative in complessi di alloggi in affitto serviti da un solo blocco scale anche se la maggior parte delle modifiche riguardava l’innalzamento delle case, anche di tre o quattro piani, senza porre troppa attenzione alla qualità dei materiali e all’eccessiva densità abitativa. La ripresa dell’edilizia aristocratica e del clero avviene intorno alla metà del Seicento e per tutto il secolo successivo, vengono ricostruite le strade preferite dagli altolocati: via Battaglie, Via Cairoli, Via Cattaneo, Via delle Grazie, Corso Magenta, Via Marsala, Via Musei, Via Pace, Corso Matteotti, Via Trieste, Via Tosio, ecc. con palazzi con un impianto complesso e di forte effetto scenico

“Spesso l’impegno edilizio della costruzione dell’edificio aristocratico è accompagnato da operazioni immobiliari di frazionamento delle porzioni meno importanti degli ampi

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lotti di proprietà, al fine di realizzare, con la vendita e l’affitto, i capitali necessari a sostenere lo sforzo della costruzione del palazzo. Si compongono così le sequenze alternate di vie principali, di netto carattere aristocratico, e vie secondarie caratterizzate da edilizia minore a corte o a schiera, destinate alla residenza dei ceti subalterni”5

Con la conclusione del dominio veneziano e il passaggio attraverso la parentesi napoleonica ed austriaca fino alla formazione del regno d’Italia, si conclude anche l’egemonia dell’aristocrazia e del clero sulla città ed in questo modo va’ affermandosi il ceto borghese . La transizione del potere è innescata da alcune riforme napoleoniche che colpiscono in modo particolare le proprietà religiose a vantaggio della borghesia imprenditoriale. In seguito alla pace di Vienna l’affermazione del potere borghese prosegue più lentamente, tuttavia il processo di riorganizzazione urbanistica della città non verrà interrotto. Verso la fine dell’Ottocento, prima dell’inizio dello sviluppo esterno alle mura e degli sventramenti, la città avrà a disposizione un buon numero di servizi di pub-


blica utilità tipici dei valori borghesi quali: il teatro, il corso, il cimitero, il mattatoio, la rete idrica e fognaria, l’illuminazione pubblica e i primi trasporti pubblici. Il nuovo linguaggio architettonico è caratterizzato da nuove concezioni, come virtù e decoro e il ritorno agli ordini classici. Il nuovo gusto si afferma velocemente in città e ne rinnova il volto; case e palazzi vengono rivestiti utilizzando il marmo di Botticino per i portali e le finiture ,per monumenti e per gli edifici pubblici. La città viene modificata seguendo nuovi allineamenti viari per ragioni di pubblica utilità e per migliorare la circolazione urbana. L’intensa attività di riorganizzazione va ad incorporare tutti i livelli dell’edificato, i grandi complessi conventuali diventano i principali spazi da adibire a servizi pub.piazza del duomo Brescia

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blici, quali musei, ospedali, carceri e caserme. La riforma e la riorganizzazione dei vecchi modelli derivanti dal tessuto medievale viene portata avanti per garantire


igiene e salubrità. Il risultato di un’edificazione passata per varie epoche non garantisce il soddisfacimento delle nuove necessità portate dal periodo storico, ormai votato alla modernità; l’area cittadina è dunque un retaggio del passato e diventa centro storico.

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il superamento dell’ultimo limite La città giunge alla fine del XVIII secolo in condizioni di relativo privilegio rispetto a molte altre italiane. La Lombardia infatti aveva già acquisito le premesse per un avvio industriale ancora nell’ultima fase del dominio austriaco. La provincia di Brescia, pur lamentando condizioni di arretratezza delle attività produttive poteva essere considerata seconda solo alla provincia di Milano e possedeva requisiti positivi legati al territorio che le permettevano di mantenere dei rapporti con le città più fortemente sviluppate. Brescia, situata nel cuore del nord del paese, ai piedi della fascia prealpina, poteva .città di Brescia 1860

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essere considerata all’interno del triangolo industriale che faceva capo a Milano. La particolare posizione, nei pressi di uno dei nodi di interscambio principali della


nazione (asse Milano-Venezia e asse Brennero-Verona-Bologna) permise alla città di fruire di numerosi servizi per lo sviluppo. Il primo vero vantaggio derivante dalla collocazione territoriale fu l’inserimento nel 1837 della città nel tracciato della linea imperiale regia strada ferrata ferdinandea lombardo-veneta, che in futuro diventerà la più frequentata d’Italia.

“Ma Brescia già possedeva delle carte vincenti che furono esposte

nel 1841 da Carlo Carlo Cattaneo, sostenitore della linea delle città quale fu realizzata. La Provincia di Brescia è assai fertile e più densamente popolata di quella di Bergamo, e quanto all’industria, non si può dire che Bergamo abbia territorij che vincano la riviera di Salò e d’Iseo, la Val Trompia, e tutto il paese che giace tra Brescia e Chiari”6

L’inserimento di Brescia sulla linea ferroviaria ne fece un caposaldo non solo per quanto riguarda la struttura economica, ma anche nella delimitazione dei tracciati e delle linee guida che segneranno il futuro sviluppo della città. .030

Il trasporto ferroviario e la produzione meccanica necessaria per il funzionamento incidono sulle industrie, mentre il tracciato si ripercuote sull’organizzazione del sedime cittadino.

“Giorgio Lombardi conclude il suo discorso sul neoclassicismo a

Brescia individuando nella costruzione della stazione ferroviaria una discriminante storica che urbanisticamente si configura come perdita del centro, secolare perno dell’idea di città”7

La stazione nella nuova impostazione di città funge da polo di richiamo ed è infatti uno dei primi elementi che trascina esternamente alla cerchia muraria lo sviluppo della città e diventa simbolo delle moderne modificazioni urbane. L’edificio sorge appena fuori dalla Porta S. Nazaro, in aperta campagna, a sud della città, ed è collegata alla città esclusivamente da una larga via che approda in una grande piazza oggi intitolata alla Repubblica. Il nuovo elemento impone uno statico equilibrio del centro ponendosi come se-


condo fulcro di un elemento finora monocentrico. Il fascio dei binari, al contrario dell’elemento stazione, diventerà un forte limite nei confronti dell’espansione edilizia, che non verrà superato per decenni. L’attrazione da parte del nuovo polo sarà lenta fino alla fine del secolo. Anche gli insediamenti manufatturieri ad economia avanzata, che potrebbero essere interessati necessitano dei corsi d’acqua che percorrono il territorio perpendicolarmente rispetto alla linea ferroviaria. Tra la fine dell‘800 e l’inizio del 900 il contrasto fra i nuovi bisogni e funzioni e l’antico sedime entra in crisi. All’interno della cerchia muraria si concentrano le attività commerciali e i servizi (anche di carattere territoriale) mentre le attività produttive tendono a sviluppar.pianta del piano regolatore 1900

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si a ridosso delle mura ovest e nelle valli a nord della città e come si è già detto, lungo i corsi d’acqua.


La popolazione raddoppia negli ultimi decenni dell‘800 e si triplicherà alla fine della prima guerra mondiale. La città non è più sufficiente, diventa necessaria una modifica radicale e tramite le operazioni consuete per l’urbanistica del tempo: risanare il centro storico,ampliare la città oltre i proprio confini per cercare di trovare una soluzione. Le azioni svolte sul territorio segnano fortemente il futuro sviluppo della città;molti terreni agricoli subiscono un cambio di destinazione e diventano edificabili, le aree interne alla cerchia muraria vengono ricostruite con un netto aumento di densità e conseguente aumento di valore mentre l’ultima operazione, il vero punto di svolta nello sviluppo urbanistico è l’abbattimento delle mura. Osservando lo schema del piano di risanamento del 1887 si nota per la prima volta nella storia dei piani regolatori cittadini l’introduzione della demolizione di interi isolati come strumento di risanamento. Le trasformazioni urbanistiche sostituiscono gli interventi a scala edilizia che ave.032

vano lentamente modificato il volto della città antica, le demolizioni sono rivolte principalmente ai due quartieri popolari; il quartiere Peschiera e il Quartiere Carmine. Nel piano di sviluppo del 1897 vengono previsti inoltre due grandi viali alberati per la circolazione in sostituzione degli spalti che si stanno abbattendo e viene individuata una nuova fascia fabbricabile che corre attorno alla città,mantenendo come unico limite il colle Cidneo. Nel piano viene precisata la destinazione della nuova fascia di sviluppo: industria, commercio, residenze e ville isolate con giardino, un’impostazione tutt’ora ben riconoscibile a ridosso dei due grandi viali che definiscono quello che ormai è il centro storico.

Nel periodo compreso fra la fine dell‘800 e l’inizio del ‘900 il contrasto fra nuovi bisogni e nuove funzioni e l’antico sedime della città raggiunge un punto di


rottura. Sorgono numerose imprese, sia nei pressi della città che nelle valli, in città si concentrano le attività commerciali e i servizi, anche di interesse territoriale. Brescia necessita così di una rapida espansione. La popolazione raddoppia negli ultimi anni del Diciannovesimo secolo e si triplica alla fine della prima guerra mondiale. La città è ora in una condizione privilegiata rispetto a molte città italiane, la regione infatti era già in fase di industrializzazione nell’ultimo periodo dell’occupazione austriaca e superato il periodo di stallo coincidente con l’annessione del Piemonte all’Italia, la regione riprese la sua corsa all’industrializzazione. La Provincia di Brescia, pur non essendo all’apice delle sue possibilità di sviluppo, era da considerarsi la seconda area produttiva lombarda, seconda soltanto a quella milanese. Situata nel cuore industriale del paese, nei pressi di uno dei nodi di interscam.033

bio nazionali, la città dista meno di cento chilometri da Verona (asse nord-sud, Brennero-Verona-Bologna) ed è attraversata dall’asse Milano-Venezia (asse est-ovest); possedeva quindi i requisiti necessari per mantenere ed ampliare le proprie condizioni di sviluppo. Il vero vantaggio economico fu raggiunto attorno alla metà dell‘800 (1852-1854) con l’inserimento della città sul percorso dell’ “imperiale regia strada ferrata ferdinandea lombardo-veneta” e con la costruzione della stazione ferroviaria, che in futuro diventerà la linea più frequentata d’Italia.

“[...] già si prefigurava nel 1837 una virtuale certezza a favore del passaggio per Brescia. La “linea delle campagne”, prospettata nel 1835 dai promotori veneziani S.Wagner e F.Varé, perdeva terreno. [...] prevedeva un tracciato fondamentale che, attraversando la pianura padana, avrebbe collegato piccoli centri rurali come Ponte di Brenta, Orgiano, Nogarole, Orzinuovi e Pandino. Brescia si sarebbe trovata come Padova, Vicenza, Mantova, Cremona e Bergamo su di una ramificazione dell’arteria principale [...]. Ma Brescia già possedeva delle carte vincenti che furono esposte nel1841 da Carlo Cattaneo, sostenitore della “linea delle città” quale fu realizzata. “la provincia di Brescia è assai fertile e più


densamente popolata di quella di Bergamo; e quanto all’industria non si può dire che Bergamo abbia territorj che vincano la riviera di Salò e d’Iseo, la Val Trompia, e tutto il paese che giace tra Brescia e Chiari”. Il futuro di Bergamo resterà vistosamente compromesso dall’emarginazione dalla ferrovia”8

La costruzione della stazione, su progetto dell’ingegner Benedetto Foa, segna per Brescia un caposaldo non solo nell’impostazione economica ma anche nella determinazione di quelle linee di quadro che segneranno per lungo tempo lo sviluppo e la fisionomia dell’urbanizzazione. La stazione diventa quindi, una discriminante storica, individuabile con il processo della perdita del centro quale secolare perno dell’idea di città; diventerà oltre a un polo attrattivo, il punto di svolta e l’inizio delle moderne trasformazioni urbane. Situata appena fuori Porta San Nazzaro, in aperta campagna, a sud della città e collegata alla città esclusivamente da un grande viale alberato che porta a una piazza oggi intitolata alla Repubblica.

“La stazione, bizzarro meccanismo intruso e non campanilistico [...]. In rivalità con il

centro storico impone allo statico equilibrio del cerchio la dinamicità dell’ellisse con i due fulcri che rimandano l’uno all’altro l’inquieta necessità di confronto”9

Pur essendo la stazione un punto di svolta nella crescita e nello sviluppo cittadino, il fascio di binari, al contrario, si porrà come limite invalicabile che non verrà superato per molti anni, svolgerà in fatti una funzione di barriera per l’espansione edilizia. L’utilizzo da parte della cittadinanza della stazione avverrà lentamente ed avrà la sua espansione solo alla fine del secolo. Anche gli insediamenti manufatturieri ad economia avanzata, che potrebbero essere interessati al nuovo mezzo di trasporto, necessitano ancora dei corsi d’acqua derivanti dal fiume Mella, che corrono da nord a sud lungo il territorio. La fascia posta ad ovest delle mura si sarà la prima a


trarre vantaggio dalla ferrovia, verranno posti i presupposti per uno sviluppo del nodo di via Milano, ed è quindi facile capire perchè i primi insediamenti fuori le mura si sono sviluppati in questa direzione.

.espansione prevista nel piano regolatore 1900

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demolizione e ricostruzione_il ventennio fascista

Nel 1922 scade il piano di ampliamento della città entrato in vigore nel dicembre 1897. Già dal marzo 1921 tuttavia era pronto un elaborato di massima che aveva come obiettivo l’espansione della città con il posizionamento di nuovi quartieri residenziali e produttivi fuori le mura e lo spostamento della linea ferroviaria a sud. Il piano regolatore viene terminato nel 1925 per poi essere accantonato a favore di interventi meno estesi, ma più invasivi rispetto alla città storica. Brescia si propone come una delle città pilota per quei progetti che avevano come scopo il processo di rinnovazione delle città italiane auspicato e sostenuto dal regime. Nessuno dei progetti presentati al concorso per un nuovo piano regolatore nel 1927 venne considerato completamente attuabile, il progetto vincente fu quello del gruppo Aschieri, venne quindi redatto un piano da parte dell’ufficio tecnico comunale con la consulenza dell’architetto Marcello Piacentini (riconosciuto come principale architetto del regime). Il 30 novembre 1928 venne completato il piano che poi risultò approvato il 25 aprile 1929. La necessità di eliminare la “viziosa e sconveniente disposizione di certi edifici” nel centro storico era alla base del primo piano di risanamento del 1884 che interessava principalmente la porzione centrale dell’urbanizzato storico, sviluppatasi dal medioevo. Il programma, in un primo momento accantonato a causa dell’esiguità dei finanziamenti, delle resistenze degli abitanti e degli investimenti principalmente rivolti alle aree esterne della città, ebbe una vigorosa ripresa negli anni del fascismo con il piano del 1929.


“è indubbio che taluni quartieri malfamati e troppo densi di abitazioni come talora sussistono nel cuore della città, presso i più esigui monumenti devono essere rasi al suolo [...] non solo perchè costituiscono importante oltraggio all’igiene e al decoro, ma perchè qui solo l’aumento delle aree può permettere allo speculatore edilizio di intervenire a sorreggere il comune nell’opera di risanamento che inesorabilmente gli si impone”10

Tutta la “città antica” è interessata dal progetto di trasformazione del nucleo centrale. E’ prevista la demolizione della zona compresa fra via X giornate, via Mercato, via Fratelli Porcellaga, vicolo Prigioni, per permettere la realizzazione di una nuova viabilità e per risanare i quartieri degradati. Il nuovo piano radicalizza le scelte del piano del 1897, spostando il fulcro degli interventi da Piazza della Loggia all’area della Peschiera cercando così di definire .piano di ampliamento di Brescia 1925

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un nuovo centro urbano con l’obiettivo di metterlo in collegamento, tramite lo


sviluppo di assi rettilinei rivolti nelle quattro direzioni cardinali , alle porte cittadine. La realizzazione doveva avvenire attraverso cospicue demolizioni del tessuto edificato storico. Il piano fascista riporta sul centro urbano un programma di intervento che i piani di ampliamento precedenti (1897 e 1921) tendevano sempre più a proporre all’esterno dell’ex-perimetro murato. Come si può facilmente immaginare, ogni strategia a lungo termine viene abbandonata, (ad esempio lo spostamento della linea ferroviaria verso sud), segnando irrimediabilmente il futuro sviluppo della città. L’intervento di demolizione venne eseguito tra il 1929 e il 1932, il quartiere interessato fu il quartiere della Peschiera (uno dei più antichi della città) e circa 3000 abitanti furono fatti sgombrare. Il tessuto residenziale compatto, composto da case alte e addossate fra loro fu .038

sostituito da una piazza attorniata da edifici per attività terziarie, commerciali, alberghi e attrezzature pubbliche. L’impatto sulla città fu molto violento ed i risultati economici negativi; pur essendo preso a modello per interventi simili in altre città italiane il nuovo foro fascista non riuscì mai a diventare il fulcro della vita cittadina e nemmeno a catturare completamente l’immaginario collettivo della popolazione. Piazza della Vittoria, nonostante i veloci e diretti collegamenti pedonali con le tre piazze principali (P.zza Duomo, P.zza della Loggia e P.zza del Mercato) della città e pur essendo posizionata baricentricamente ad esse, esercitò soltanto una funzione di supporto e mai di piazza principale. Il programma di intervento prevedeva inoltre le demolizioni per lo sviluppo dei quattro nuovi assi diretti verso le porte, che non furono mai realizzati, eccezion fatta per alcuni frammenti del piano Piacentiniano attuati soltanto nel dopoguerra (ad esempio via Tosio). In sostanza, le modifiche apportate alla città da questo piano si rivelarono disa-


strose, estremamente impattanti sul sedime sia storico che morfologico cittadino e mancarono completamente il loro intento, non riuscendo mai a competere con la vitalitĂ degli spazi pubblici storici della cittĂ .

.quartiere della peschiera demolito in epoca fascista

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Il periodo di forte espansione esterna al nucleo della città storica iniziato nel dopoguerra subisce un forte rallentamento all’inizio degli anni ’70. La città, che nel 1951 contava 142.000 abitanti, aumenta al punto tale da raggiungerne 210.000 nel 1971rendendo quindi necessaria la revisione del piano Marini, adottato nel 1961. L’esigenza attuale, non è più quella di un’espansione pressoché illimitata, come si poteva notare nel piano di ricostruzione e sviluppo in vigore, bensì quella di governare la crescita urbana urbano; si dovette quindi adottare uno strumento capace di rettificare e correggere le problematiche esistenti, orientando gli interventi pubblici e privati fra residenza e servizi non più soltanto nella città esterna, ma anche a quelle aree comprese nel centro storico che stavano subendo un progressivo abbandono derivante dalla modificazione di alcune necessità e dal crescente degrado a cui purtroppo erano soggette. Il nuovo piano, redatto con due varianti, nel 1973 e nel 1977, si pone alcuni obiettivi principali quali la conclusione logica e regolamentata dell’espansione esterna e il risanamento progressivo, tutt’ora in atto, delle aree centrali della città, riducendone sistematicamente le cause di degrado e quindi migliorandone la qualità tramite interventi a livello di quartiere. Con le due varianti le stime di insediamento subirono un netto ridimensionamento, passando da 600.000 stanze a 120.000 stanze nel 1973 e successivamente a 40.000 stanze nel 1977. Parallelamente a queste azioni vennero aumentate le previsioni per le aree destinate a servizi pubblici e si diede inizio ad un’importante fase di tutela del patrimonio storico della città, che nel 2011 ne permise l’ingresso nel patrimonio dell’Unesco. Per quanto riguarda il completamento dell’espansione esterna al centro storico venne previsto il progetto di un nuovo quartiere residenziale autonomo (quartiere San Polo) per quanto riguarda i servizi e le aree commerciali. Nel centro storico invece venne sperimentata una metodologia normativa tipo-


logica per permettere il recupero dei quartieri, prestando particolare attenzione a quei processi di trasformazione socio-economica che soprattutto negli ultimi quarant’anni avevano modificato le necessità della popolazione cittadina. E’ quindi possibile suddividere questa stagione di rinnovo urbano in tre macroaree di intervento: analisi del degrado fisico e sociale della città, sviluppo di strumenti urbanistici attuativi e interventi di tipo speciale.

.proposte per il rinnovamento della città di Brescia

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note

1

Giorgio Lombardi, Brescia: il recupero urbano, programmi, progetti, realizzazioni

dell’amministrazione comunale (1978-1988) 2

AA.VV, storia di Brescia, dalle origini alla caduta della signoria viscontea (1426),

vol. I, Morcelliana editrice, Brescia 1961 3

Giorgio Lombardi, Brescia: il recupero urbano, programmi, progetti, realizzazioni

dell’amministrazione comunale (1978-1988) 4

Giorgio Lombardi, Brescia: il recupero urbano, programmi, progetti, realizzazioni

dell’amministrazione comunale (1978-1988) .042 5

Giorgio Lombardi, Brescia: il recupero urbano, programmi, progetti, realizzazioni

dell’amministrazione comunale (1978-1988) 6

Robecchi Franco, La nuova forma urbana, Brescia fra 800 e 900, Grafo edizioni,

1980, Brescia 7

Robecchi Franco, La nuova forma urbana, Brescia fra 800 e 900, Grafo edizioni,

1980, Brescia 8

Robecchi Franco, La nuova forma urbana, Brescia fra 800 e 900, Grafo edizioni,

1980, Brescia 9

Robecchi Franco, La nuova forma urbana, Brescia fra 800 e 900, Grafo edizioni,

1980, Brescia


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il piano secchi 2003_osservazioni


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Gli obiettivi di questo piano sono conseguenti alle impostazioni derivanti dal disegno degli anni ’80 di Leonardo Benevolo. Nonostante il piano Secchi adottato dal Consiglio Comunale nel 1998 sia stato fermato dal Tar con sentenza di annullamento nel 2001, il nuovo piano regolatore proposto e in seguito approvato nel 2003 affonda le sue radici nelle teorie proposte dagli anni ’70. Innanzitutto si è cercato di accelerare il processo di dismissione, quale conseguenza di complessi fenomeni sociali e tecnici di ampie parti del patrimonio fisico della città: scuole, fabbriche, edifici rappresentativi e attrezzature rilevanti con caserme, polveriere, sedimi ferroviari. Il tema della dismissione a Brescia, come in qualsiasi città europea, richiede complessi progetti di trasformazione e prospetti indirizzati al riuso funzionale. Un secondo fenomeno che ha caratterizzato la città dagli anni ’70 è l’aumento quasi esponenziale della motorizzazione privata, infatti all’oggi il rapporto auto.047

vetture/abitanti è di 70/100, dato accomunabile alle megalopoli americane. Il tema della mobilità è oggi quindi fra i più sentiti dalla popolazione diventando fonte di malesseri e discussioni. Il progetto urbanistico ha dunque dovuto tener conto di: investimenti mirati nel trasporto pubblico predisposizione di misure di traffic calming e ridisegno degli spazi adiacenti, come marciapiedi, sezioni stradali e piazze. riqualificazione dei grandi assi di scorrimento, delle vie di penetrazione alla città, cercando di introdurre una gerarchia stradale definita. Miglioria nelle politiche di sosta, connessa sia alla realizzazione di nuovi parcheggi che alla razionalizzazione sul piano tecnico ed economico degli spazi su suolo pubblico per la sosta automobilistica. Sviluppo e gestione di nuovi modi per lo spostamento in città, passando dal bike sharing, alla gestione dei filobus, fino all’inserimento di una linea di metropolitana leggera.


L’osservazione del piano prevede di conseguenza la suddivisione in aree di intervento ovvero: -riqualificazione urbana -le grandi trasformazioni -la residenza -la città industriale -progetti per l’ambiente -la mobilità

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.studio per lo sviluppo del piano regolatore 2003

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le grandi trasformazioni

La città europea sta affrontando, in varia misura il tema delle trasformazioni che coinvolgono il tessuto urbano storico. Numerose funzioni come servizi, attività produttive e poli industriali vengono smantellati e dislocati esternamente alla città, lasciando vuoti che attendono una rifunzionalizzazione e un riuso. Brescia, pur essendo una città di dimensioni ridotte non fa eccezioni: e il fenomeno è imponente visto e considerato che da sempre essa è una città industriale con un’area complessivamente estesa. A partire dagli anni ’70 sono state numerose le porzioni di territorio urbano che hanno subito la dismissione delle proprie funzioni. Le grandi fabbriche metallurgiche come l’Atb, la Bisider e la Lmi Europa Metalli .050

e le fabbriche alimentari come la Wuhrer hanno imposto alla città il tema del riuso di due grandi quadranti, rispettivamente il comparto Milano a sud-ovest del centro cittadino e nei pressi della stazione ferroviaria, e via Bornata a est della città. Un secondo momento di ripensamento per la città è stato definito dallo spostamento dell’ortomercato, come anche il grande fenomeno non ancora risolto della dismissione delle caserme (Goito, Papa, Randaccio, Ottaviani) a cui è possibile aggiungere il campo Marte, l’ex polveriera di Mompiano e il poligono del Violino. L’amministrazione si è così ritrovata a fronteggiare una situazione in cui era costretta a ripensare numerosi contenitori di grandi dimensioni situati in alcune delle zone nevralgiche della città. Un episodio più circoscritto, ma non meno importante è stata la dismissione di alcuni sedimi ferroviari nei pressi della stazione. L’amministrazione ha affrontato quest’opportunità per la città proponendo


all’interno del P.R.G. un preciso disegno di intervento limitando notevolmente le possibilità di progettazione ma allo stesso tempo tutelandosi di fronte a possibili utilizzi intensivi di sfruttamento per aree di superficie complessiva di 10.170.000mq.

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comparto milano

Quartiere industriale, situato a sud-ovest del centro cittadino, fra CampoFiera e il quartiere I maggio, è forse l’episodio più significativo per quanto riguarda le trasformazioni in atto nella città. L’area è stata il cardine della prima industrializzazione bresciana, i primi insediamenti erano risalenti al 1886, ma la sua massima espansione è stata raggiunta solo nei trent’anni successivi al secondo conflitto. In rapida successione le maggiori fabbriche sono state dislocate esternamente alla città nell’arco di pochi anni, rendendo necessaria la rifunzionalizzazione per un’area di circa 30 ettari. Dagli anni ’70 si sono alternate proposte di progetto, varianti al P.R.G. e piani particolareggiati di intervento, con la promessa che il comparto sarebbe diventato un .053

esperimento pionieristico in fatto di gestione urbanistica, in cui la proprietà doveva essere mantenuta dai privati, mentre il pubblico avrebbe indicato minuziose regole per lo sviluppo per poter realizzare obiettivi strategici per la collettività. Il piano particolareggiato prevedeva 11.700mq per servizi pubblici, 167.819mq di superficie lorda di pavimento, il 37.5% destinata a residenza, il 16% a commercio, il 24.4% a terziario e il 17% ad attività produttive. Inoltre 95.000mq dovevano essere destinate a verde e 55.000mq a parcheggio. All’oggi l’unico progetto realizzato è un centro commerciale situato nei pressi del centro cittadino. Nel 1989 una variante delle aree industriali ha vincolato il comparto con un piano d’area che nel 1990 tramite uno studio preliminare di progetto d’area dell’architetto Umberto Ferrari pone in previsione uno sviluppo dove l’area principale cioè il 56% doveva essere destinato alla residenza, il 44% al terziario e soltanto il 6% destinato alla produzione, . Nel 1998, tramite una variante al piano regolatore proposta da Bernardo Secchi,


è stata nuovamente ridotta l’edificabilità dell’area (passando da 230.000 mq a 179.000mq) ed è stata accentuata la mescolanza delle destinazioni d’uso.

.compar

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via flero e magazzini generali

Accedendo alla città tramite via Dalmazia e via Flero si nota una forte disomogeneità dell’edificato; aree dismesse (come i magazzini generali), spazi di risulta ,snodi viabilistici non in grado di sostenere l’attuale traffico cittàdino; tramite due distinti progetti è stato posto l’obiettivo della riorganizzazione di questi due accessi alla città. Il progetto per via Flero è stato attuato tramite la demolizione di due manufatti a cui sono state sostituite tre torri con destinazione direzionale di 15 piani fuoriterra per un’altezza di 75 metri, allineate lungo l’asse nord-sud tramite un percorso pedonale. Attraverso l’utilizzo di una soluzione che si sviluppa in altezza il 46% del lotto è stato mantenuto a verde. .056

A nord delle tre torri, ma situato sulla medesima direttrice , il progetto di recupero per l’area dei i magazzini generali si pone anch’esso come elemento di accesso alla città. Il progetto, non ancora realizzato, comprende un’area di 132.832 metri quadrati, che fin’ora è separata alla città inserendosi come un grande recinto urbano nel tessuto residenziale. L’idea è di realizzare un grande parco urbano lungo il corso del torrente Bova, che diventi un elemento strategico per la riqualificazione dell’intera zona. Gli unici elementi del complesso produttivo che verranno mantenuti sono le vecchie “casere” collocate a nord del complesso le quali troveranno destinazione come polo civico avente sede per le funzioni pubbliche e con una nuova biblioteca; mentre a sud del complesso dovranno essere ubicati gli uffici della Provincia ora sparsi in tutta la città. L’obiettivo del comune è di abbattere la separazione rappresentata dalla cinta muraria del complesso dei magazzini generali definendo una ricucitura dell’area con il resto della città.


.magazzini generali Brescia

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parco tarello

A Brescia due, tramite il piano di lottizzazione Sbim e il progetto del parco Tarello, si profila una minuziosa opera di ricucitura tra la città e questo episodio urbanistico da sempre carico di critiche e contestazioni da parte della popolazione. Il progetto si propone di riqualificare la zona nord e la zona est del complesso per un totale di 35.000 metri quadrati. Brescia due nasce con il piano regolatore generale Morini del 1961 che prevede l’espansione oltre la linea ferroviaria a sud tramite la realizzazione del cavalcavia Kennedy per poter dislocarvi funzioni amministrative e direzionali. Il progetto del parco aspira a qualificarsi come elemento cardine del paesaggio urbano della parte sud della città offrendo una nuova centralità per il quartiere di Brescia due attraverso uno spazio ad elevato valore ecologico ed ambientale; .058

dando ordine formale agli spazi circostanti smorzandone l’eterogeneità e offrendo una chiarezza di lettura che fino a prima della costruzione del parco era inesistente.


.parco Tarello Brescia

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san polo-volta

Esso costituisce un altro progetto per il completamento urbano volto alla ridefinizione di un insediamento cresciuto in maniera disordinata e che oggi si presenta come l’aggregazione di interventi che si articola nella zona del limite sud-est della città. L’area interessata per il progetto comprende una superficie di 480.000 metri quadrati, suddivisi in tre blocchi rispettivamente a nord, a est e ad ovest del quartiere Bonoris, zona da sempre problematica per la città. Importanza non minore avrà la costruzione a sud dell’ospedale Poliambulanza e di una fermata del nuovo Metrobus che sarà corredata da un parcheggio di interscambio con 1200 posti auto su due livelli per chi proviene dal sud della provincia. .060

Quest’area, destinata ad assumere un ruolo nevralgico all’interno della mobilità cittadina necessità di un’organizzazione attenta; le previsioni del piano mirano ad una progettazione minuta che porterà alla realizzazione di 10.700 metri quadrati di superficie lorda di pavimento di cui 4.300 destinati a residenza, 11.000 metri quadrati residenziali in tre palazzine a nord del pargheggio, 15.700 metri quadrati residenziali dislocati in tre blocchi ed altri 10.600 a sud dell’area. Un grande peso all’interno del progetto dovrà avere il verde pubblico, per una superficie complessiva di circa 360.000 metri quadrati che andranno a connettersi con il parco di San Polo in previsione.


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ex-orlandi d canton mombello

Un’altra trasformazione urbana in atto attorno al ring, direzionata dal comune e di iniziativa privata è costituita dal rinnovo dell’ex carrozzeria Orlandi in via Duca D’aosta e la ex filiale Fiat di piazzale Canton Mombello. Il primo progetto è sviluppato su un’area di 12.900 metri quadrati,in passato destinata ad attività produttiva ed ora riconvertita in area residenziale direzionale e commerciale. Il secondo progetto un’area di 25.000 metri quadrati destinati a terziario è stata riconvertita ad area commerciale con l’inserimento di un centro commerciale dedicato alla media distribuzione. I due interventi, diversi per operatore e progettista, si uniscono per ridisegnare un’area di accesso al centro urbano da sud-est. .062

Nel caso della ex-Orlandi, racchiusa tra due vie altamente trafficate e la linea ferroviaria Brescia-Venezia, il progetto vincitore del concorso è fortemente suggestivo rispetto all’edificato che lo circonda. Il progetto si compone di una torre residenziale e di un basamento sospeso destinato ad uffici, mantenendo una permeabilità necessaria per l’utilizzazione del parco situato verso la ferrovia.


.ex-orlandi Brescia

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università

Gli accessi viabilistici a est e a nord della città sono destinati a conoscere un’importante modifica. Il principale intervento riguarda la zona universitaria di Mompiano. Il piano regolatore ha introdotto un progetto costituito da 170.000 metri quadrati che comprendono anche edifici della facoltà di ingegneria e di medicina che andranno mantenuti. Il progetto mira al completamento del polo universitario all’altezza dell‘intersezione tra via Branze e viale Europa, inquadrandolo in un disegno urbano più ampio legato alla riqualificazione di viale Europa, tutt’ora in atto, e all’inserimento di una fermata del Metrobus. Un’ulteriore espansione di edilizia universitaria è prevista contemporaneamente ad una fascia verde disposta in direzione nord-sud, mentre ai lati andranno .064

realizzati una serie di edifici di 20 metri di altezza con un secondo ingresso per il Metrobus. Il disegno dello spazio verde insieme alle nuove edificazioni dovrebbe conferire al complesso l’immagine di un tipico campus universitario. Nel complesso si dovrà sviluppare un disegno che riporti unità ad un’area frammentata e disomogenea.


.universitĂ di Brescia

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via triumplina

Il progetto mira a ridisegnare radicalmente l’accesso nord alla città, sviluppandolo sull’area di 74.000 metri quadri che era occupata dalla falegnameria Pé e dalla conceria Colombo suddivisa in tre aree. Nell’insieme il progetto punta a trasformare aree che erano destinate al settore produttivo in aree direzionali e commerciali situate nei pressi di alcune grandi arterie viarie cittadine. La logica progettuale può essere distintamente riconosciuta in ognuno dei tre lotti, e sarà composta da una grande piazza coperta di circa 2000 metri quadrati su cui si affacciano diversi padiglioni commerciali per definire un grande mercato anch’esso coperto e connesso al Metrobus e ad un parcheggio di interscambio di 300 posti auto. .066

Nel lotto posto di fronte il progetto si manterrà per quanto possibile speculare al precedente. Nel terzo lotto l’edificato avrà una chiara vocazione residenziale, con villette mono e bi-familiari per una superficie lorda di circa 2.600 metri quadrati.


.nuovo edificio direzionale Brescia

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recupero del quartiere carmine

Il progetto riguarda il recupero e la sistemazione di un quartiere storicamente degradato. Nell’immaginario della popolazione il quartiere Carmine è sempre stato un quartiere difficile. Nel 2002, essendo “riqualificare” una delle parole chiave del piano regolatore, si decide di iniziare proprio dal centro cittadino. Il quartiere Carmine di Brescia pare quasi essere sinonimo di delinquenza e pericolo e su di esso da sempre si addensano le inquietudini dei bresciani.I luoghi comuni paiono essere insuperabili e inamovibili: lo straniero, l’immigrato che lavora o spaccia, saluta dai negozi o grida fuori dai bar, e che per tutti dai residenti agli operatori, sembra rappresentare un mondo poco conosciuto e difficile .068

da accostare. “siringhe e tazze di caffè; solidarietà e coltelli; antiquari e macellerie pakistane; prostitute e anziani; stamberghe e palazzi”1

con queste parole il giornalista Nicola Rocchi descrive perfettamente la realtà il Carmine;un quartiere situato a due passi dai più importanti edifici storici, culturali e amministrativi come la loggia quattrocentesca, oggi sede della giunta comunale, piazza Paolo VI con il duomo “vecchio” il duomo “nuovo” e il Broletto di epoca medievale, attualmente della prefettura e al cui interno si articola una delle maggiori biblioteche della città, piazza della Vittoria di epoca fascista e il castello di età medievale che domina la città dall’alto del colle Cidneo (il nome deriva da Cidno, il re dei liguri che furono tra i primi ad insediarsi in questo luogo). La storia di questo luogo affonda le sue radici lontano nel tempo, in epoca altomedievale con la costruzione della chiesa del Concilium Sanctorum da cui nascerà l’attuale San Giovanni Evangelista o la chiesa di Santa Maria di Silvia (da cui na-


scerà quella che oggi è la Basilica di San Faustino Maggiore e da cui prende il nome la via principale del quartiere, via San Faustino ). Il quartiere era allora particolarmente ricco di corsi d’acqua al punto che, fino alla fine del XIV secolo, le fonti scritte testimoniano la presenza di una palude. Ancora oggi la rete viaria del quartiere Carmine conserva una singolare conformazione che non rispetta l’assetto antico di maglie ortogonali proprio in ragione del fatto che fu costruita coprendo l’alveo di questi fiumi e ripercorrendone l’andamento. Numerose dovevano essere all’epoca le botteghe e gli esercizi commerciali che trovarono in questi corsi d’acqua le risorse necessarie alle attività protoindustriali, molti infatti erano i mulini, le macine ed i magli. I laboratori artigianali si concentrarono in questa zona della città anche perchè facilitati dal collegamento con la val Trompia, dalla quale provenivano ferro, uten.069


sili e manufatti. è questa vocazione al commercio e all’industriosità economica a rendere il Carmine uno dei quartieri più vitali della città fino al XIX secolo, al punto che anche le vie erano designate con il nome delle attività commerciali che le caratterizzavano. Nella toponomastica odierna sopravvivono solo i nomi di Rua Sovera (da “soyaria”, costruttori di soi, ossia mastelli) e rua Confettora (dove i “contettores” conciavano le pelli). La fervida produttività portò con sé un particolare tipo di edilizia residenziale, senza alcuna pretesa di rappresentanza. Le abitazioni degli artigiani rispondevano ad esigenze di tipo pratico e quindi si svilupparono in altezza piuttosto che in larghezza, addossate le une alle altre. Il confine cittadino con il passare del tempo fu spostato fino all’attuale I circonvallazione e così si mantenne fino alla fine dell‘800 grazie alle mura cinquecentesche. Lungo il percorso della cortina muraria a nord del quartiere Carmine .070

vennero edificate numerose dimore nobiliari lungo quelle che sono oggi via delle battaglie e via pace. Nella prima metà dell’ottocento, il quartiere conosce un fortissimo incremento di popolazione, pari al 47%. Si dimostra così la zona che, per posizione, storia e vocazione, meglio si prestava ad accogliere il flusso immigratorio. Le abitazione vengono sopraelevate con ampia tolleranza da parte dell’amministrazione. In questo rapido incremento della popolazione si deve forse leggere una delle premesse della progressiva “ghettizzazione” che interesserà il Carmine nel secolo successivo. “per entro a quella specie di quadrilatero di caseggiati che segnano press’a poco le vie del Carmine, delle Cappuccine, della Majolica, della Mercanzia e della tipica Rossoera, serpeggia, s’incrocchia un lurido dedalo di stradaccie, di viottoletti e di chiassuoli che gran parte dei cittadini più ammodo non attraversano che assai di rado e molte signore specialmente non conoscono nemmeno di nome. eppure in questo lercio e sfuggito quartiere, quantunque posto nel cuore della città, vive e si mescola come in un formicaio quasi un quarto della popolazione cittadina. Attrattivi della tenuità delle pigioni, ivi s’annidano più poveri tra i nostri artieri, i contadini di recente immigrati


entro le mura e i proletari d’ogni colore e provenienza. Accanto a questa turba povera ma onesta si agita, braveggia e all’uopo si cela, il malfattore, il barattiere, l’abbonato al carcere, la meretrice vagante della specie più abbietta, il limo inferiore della popolazione formandovi una compagine sociale da cui i più della classe agiata evitano studiosamente la vista e il contatto. Mezzo cadenti, annerite dal tempo e dal sudiciume, senza cortili; oscurissime quindi e fetenti di odori che non hanno nome, le case, più che umane abitazioni hannovi sembianza di selvaggi covili [...] non è più tollerabile che per parte delle autorità cittadine si lasci in cotal guisa imbrattata e negletta, come una accolta di wigg wans di pelli rosse un tratto si vasto e centrale di Brescia nostra.”2

Nonostante il “Carvmen”(come viene chiamato dai bresciani)sia nato come quartiere industriale non poche sono le opere di notevole pregio artistico che lo abbelliscono, come ad esempio la chiesa di San Faustino Maggiore,il cui chiostro è ora sede universitaria e all’interno della quale è conservato l’affresco del Tiepolo

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“Apparizione dei santi Patroni”(1754-55), la chiesa di S.Maria del Carmine, la torre della Pallata(1596), la chiesa di Santa Maria delle Grazie e il complesso monastico di Santa Caterina e infine l’ex casa balilla ora scuola elementare e centro di sviluppo musicale. Facoltà universitarie(Economia e Giurisprudenza) sono state inserite negli ultimi anni nel tessuto del quartiere insieme ad una biblio-ludoteca e al Museo della fotografia. L’aspetto più evidente e problematico del Carmine è purtroppo, come detto in precedenza il crogiuolo multiculturale, un assetto confluito all’interno di un quartiere ormai sull’orlo del tracollo.

La situazione precipitò con l’urbanesimo della fase di industrializzazione.Al decli.072

no dell’artigianato sconfitto dalle macchine si sommò la forte domanda abitativa da parte degli inurbati che erano costretti a sottoporsi a qualunque angheria pur di trovare un alloggio. Fu certamente negli ultimi decenni del ‘800 che andò formandosi l’immagine moderna del quartiere, fatiscente e abitato da una popolazione socialmente debole e spesso infiltrata da una vena di malavita inevitabile risvolto della precarietà economica e della cultura della marginalità sociale. Fra gli aspetti trasgressivi dominava quello della prostituzione testimoniata nella zona almeno dal ‘700. Il piano casa, politica delle ristrutturazioni degli ultimi 20 anni, è sotto gli occhi di tutti, ed effettivamente sta dando buoni risultati sotto il punto di vista della criminalità e del degrado, tuttavia a discapito degli attuali residenti della zona, i quali sono incentivati ad abbandonare il proprio alloggio. In conclusione quello che traspare dalla visione del Carmine pare semplicemente indicare un quartiere degradato e problematico. Se, con le scelte amministrative attuate, gli abitanti( la vera anima del luogo),


saranno costretti ad abbandonare il loro quartiere d’origine parte di quella che è la particolare e specifica bellezza di questo quartiere andrĂ persa.

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note

1

Nicola Rocchi, AB Atlante Bresciano, n째76 autunno 2003, Grafo edizioni, Brescia

2

quotidiano bresciano, anno 1877




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ring_elemento di connessione tra diversi scenari



Lo sviluppo della città ha subito una rapida evoluzione nel secolo scorso, da quando, per necessità, sono state modificate le logiche compositive di espansione urbana,superando il limite fisico dettato dalla cinta muraria ed abbandonando il contenitore storico della città.

“la condizione di disgregazione e di estensione [...] e senza limiti in

cui la grande città ha annegato il carattere civile della città storica, che riduce il proprio centro a un’artificiosa inclusione, in una distesa senza fondo e senza bordo [...] la città oggi è in generale una totalità sparpagliata, ma non più sostenuta da nessuna sovrana fermezza. Essa comunque è un luogo in cui ha luogo qualcosa. questo qualcosa non è il civile quanto piuttosto il cuore agitato, la crescita, e l’assalto al civile”.1

L’area presa in esame si colloca a ridosso dell’ultimo limite riconoscibile, in un punto caratteristico per l’impostazione cittadina che definisce infatti uno dei quattro angoli urbani della città. .085

La caserma Randaccio si pone come possibile elemento di mediazione fra la città storica e quella novecentesca;da un lato l’impianto si identifica come elemento conclusivo del quartiere Carmine, un’area da sempre problematica; dall’altro diventa parte di un sistema di fronti che delineano il bordo del tracciato perimetrale del centro storico, che fra il XIX e il XX secolo ha sostituito il sistema difensivo. La particolare posizione, in un contesto ampiamente antropizzato rende gli spazi del complesso militare un possibile luogo di comunicazione e relazione tra due macrosistemi in cui sono ormai integrate la città storica e la città novecentesca.




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descrizione dell’edificato_frammenti, recinti, scenari

La città attuale si discosta sempre più dall’idea di città che si era mantenuta fino all’Ottocento; non solo si è andato perdendo un preciso riferimento esterno, in molti casi accomunabile ad una forma poligonale precisa, una linea che indichi il confine, ma non è più possibile riconoscere una qualunque forma geometrica di riferimento per il sedime cittadino. La sovrapposizione di funzioni diverse, l’intersezione di percorsi e volumi, il moltiplicarsi di eventi, di trasformazioni e di luoghi sempre più rapidamente sembra definire una realtà senza un schema o disegno globale, si presenta quindi con un’interferenza di immagini diversificate che impediscono una chiara identificazione di punti di riferimento quali capisaldi, preesistenze e punti attrattivi. L’osservazione del confine cittadino è accomunabile quindi a una forma frattale, .089

sviluppatasi grazie alla sommatoria di elementi simili. I nuovi confini emergono come agglomerati che tendono ad avere un carattere dinamico, in rapida e continua evoluzione e che prendono le distanze dagli aspetti statici tipici della città storica tutelata. L’attuale confine è riscontrabile nei luoghi dove la periferia otto-novecentesca si disgrega lasciando spazio alle espansioni contemporanee, dove le infrastrutture si connettono alle aree produttive e direzionali per lo scambio delle merci e dove la campagna, ormai poco sfruttata si mescola alle ultime frange del costruito. La città si suddivide in aree che presentano nette differenze, sia per quanto riguarda la forma,sia per la funzione che è ospitata negli isolati che ne vengono caratterizzati. “l’intera città o sue grandi parti perdono ciò che ha dato loro fisionomia, cambiano natura, si frantumano. Sui grandi vuoti si affacciano tipi edilizi, disegni ed idee di città diversi; segni, attività, gruppi sociali tra loro prima separati sono ora messi a confronto, altri che prima erano tra loro separati sono ora messi a confronto, altri che prima erano tra loro collegati


sono d’improvviso allontanati”2

Il luogo deputato a questa figura di città, dove il tessuto si disgrega fino alla totale perdita di ordine e di interrelazioni è appunto il margine della città, che comunemente viene indicato come periferia. Aree agricole intercluse, bloccate tra l’edificato, ormai escluse dal sistema campagna, ma non inglobate come aree verdi fruibili nel sistema città; la tendenza che si riscontra dall’osservazione della città è di frammentare gli spazi per poi riempirne i vuoti che ne derivano. Il nuovo margine è quindi la somma di una serie di eventi che si accostano e spesso circondano e occludono le persistenze dell’impianto rurale preesistente. Emblematico è il caso di via Milano, infatti, lungo un tracciato di circa un chilometro, l’alternanza tra il tessuto urbanizzato e le aree residuali sono percepite come un’assenza di disegno e organizzazione dello spazio, rispecchiando le condizioni .090

riscontrabili nel resto della periferia cittadina. Proseguendo lungo il percorso, superato il primo nucleo storico di espansione esterna alla città storica, si nota una netta variazione nell’assetto urbanistico della città. Il tracciato del ring mettendo a confronto la città storica da un lato e la città postottocentesca dall’altro definisce due situazioni di margine distinte. La città storica è caratterizzata da una sequenza di fronti pressoché uniformi che demarcano una netta linearità lungo il tracciato causata dall’antico limite delle mura. L’insediamento generatore del margine interno ha mantenuto invariate nel tempo le proprie caratteristiche. Tipologie a schiera sono inserite in isolati irregolari a formare un edificato compatto e caotico, retaggio degli agglomerati produttivo-residenziali di epoca medievale. La città post-ottocentesca disegna il bordo esterno del ring con un susseguirsi di


impronte derivanti da insediamenti sviluppati in periodi storici differenti. Il passaggio da un fronte compatto, di derivazione ottocentesca, costituito dal nucleo storico di via Milano, a un fronte costituito in prima istanza dalle recinzioni degli edifici costruiti all’inizio del novecento è netto, il bordo resta comunque visibile anche grazie alla presenza della caserma Ottaviani, un recinto di grandi dimensioni rispetto agli isolati, composti da residenze private con giardino che compongono l’area. Il lato nord del ring mantiene le sue peculiarità per quanto riguarda l’interno con la presenza costante della città storica, mentre l’esterno è costituito da una fascia caratterizzata dalla compresenza di vari tipi di edificato che non permettono una lettura lineare e rendono poco chiaro il bordo sottolineato soltanto dalla presenza del tracciato, fino al raggiungimento di un secondo nucleo storico ( via Trento ) grazie al quale il bordo viene ricostituito. A sostegno di questa fascia è presente, oltre al recinto costituito dal campo marzio .091

collegato al sistema militare delle due caserme (Ottaviani e Randaccio), un’ampia porzione di città organizzata su un tracciato regolare con isolati di forma rettangolare al cui interno sono contenuti alti edifici a corte la cui funzione principale è la residenza. Nell’ultimo tratto del lato nord che si estende dal nucleo di via Trento fino alle pendici del colle Cidneo, la percezione di perdita di densità è coadiuvata da un insediamento, sviluppato nella seconda metà del ‘900, composto da residenze singole con ampi giardini e con uno sviluppo verticale ridotto a uno o due piani. La lettura dell’edificato implica la consapevolezza dello sviluppo della città nei vari periodi storici. E’ evidente come la città sia composta da macroaree con caratteristiche simili derivanti da periodi storici comuni. Il centro storico, racchiuso dalla circonvallazione subentrata alla cerchia dei bastioni, si è andata completando fino alla fine dell‘800, mantenendo le impostazioni dei vari periodi; è possibile notare quartieri di chiara derivazione romana,


dove è ancora evidente la suddivisione regolare della centuriazione sulle direttrici del cardo e del decumano (area di via Musei); medievale, con case a schiera alte e strette sviluppate all’interno di isolati irregolari e con vie strette e tortuose (quartiere Carmine); seicentesche, in cui gli isolati sono definiti da palazzi che si sviluppano con una corte interna. La frammentazione del centro storico è osservabile seguendo criteri di osservazione come la forma e la dimensione dell’isolato, il tracciato viario e la tipologia abitativa, anche se a prima vista appare come un’edificazione continua e compatta. L’espansione esterna alle mura seguì il modello di città napoleonica in cui gli edifici pubblici: palazzi comunali, musei, biblioteche, ospedali, macelli, carceri e cimiteri erano gli elementi primari generatori del tessuto di espansione oltre la linea invalicabile delle mura. Per Brescia il primo elemento trainante fu il macello comunale a cui vennero in .092

breve tempo affiancati il cimitero e l’area della fiera, che furono generatrici di un piccolo borgo residenziale. Attualmente l’area di via Milano si presenta frastagliata e composta da elementi dissimili e non legati fra loro; lungo un tracciato di circa un chilometro si alternano e si intersecano zone destinate all’industria, conseguenti alla fiera di epoca napoleonica, piccoli borghi residenziali di chiara derivazione ottocentesca, insediamenti della seconda metà del novecento con edifici alti destinati alla residenza, residui di aree agricole e il cimitero storico. Attorno a questa zona di sono sviluppate due realtà contrapposte; mentre a sud è l’industria metallurgica a insediarsi fortemente e attualmente in seguito alla dismissione degli anni ’70 è diventato un quartiere dismesso con la presenza di ruderi industriali e degradato, a nord di via Milano è la residenza ad essere predominante, case unifamiliari con giardino di proprietà non più alte di tre piani. Le macroaree individuate denotano la contemporanea presenza di residenza e industria suddivise in isole monofunzionali.


A sud del centro storico l’inserimento esterno alle mura della stazione ferroviaria nella seconda metà dell’ottocento ha dato origine alla compatta presenza di una fascia edificata compresa tra il limite della ferrovia e il ring e caratterizzata da edifici alti destinati a residenza e uffici con il piano terra commerciale. A nord del centro storico appare evidente che i quartieri sono stati costruiti nel secondo dopoguerra, composti da isolati regolari di forma rettangolare in cui sono inseriti edifici alti destinati alla residenza; è facile notare come a differenza della zona sud la maggiore presenza di suolo urbanizzabile, in cui non sono presenti vincoli naturali o artificiali, ha consentito un’espansione più dilatata dei quartieri. Osservando la porzione di città presa in esame ad una scala più ampia assume un carattere dilatato ed espanso che porta ad uno sfrangiamento della città nella porzione nord. All’interno del sedime cittadino la presenza di numerosi recinti urbani caratteriz.093

za l’area; sviluppatisi in periodi e con funzioni differenti, si inseriscono in contesti che hanno una scala differente. Il tracciato esaminato, che parte da via Milano, prosegue lungo il ring per concludersi sulla sommità del colle Cidneo si incontrano cinque recinti urbani. Il cimitero che comprende un area di xxx mq è inserito in un contesto composto principalmente da aree industriali dismesse, rapportandosi inoltre sul lato nord con i piccoli insediamenti residenziali di origine ottocentesca. Proseguendo lungo il tracciato si incontra il sistema delle caserme; Randaccio, Ottaviani e campo marte. Ognuno dei tre recinti appartiene a una realtà con caratteristiche differenti. La caserma Ottaviani, un grande isolato di forma rettangolare, suddiviso al proprio interno con una griglia estremamente regolare si chiude per mezzo di un alto muro di cinta nei confronti del quartiere di appartenenza, ponendosi con le proprie dimensioni in contrapposizione con il resto degli isolati di piccola dimensione.


La caserma Randaccio si sviluppa all’interno di un isolato a L che comprende un convento del XV secolo e si pone come elemento d’angolo del quartiere Carmine e quindi del centro cittadino. Il contesto è di chiara derivazione medievale, con isolati irregolari composti da case a schiera alte e strette, che denotano l’assenza di un disegno globale. Il campo marte, attorno al quale si sono sviluppati edifici alti a corte centrale con forma rettangolare. L’ultimo recinto che si incontra è il castello, posto sulla sommità del colle Cidneo, ha mantenuto le proprie caratteristiche grazie al parco urbano indicato lungo le pendici del colle stesso.

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descrizione dei tracciati_percorsi_nodi_recapiti

Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo anche Brescia segue l’esempio di molte città europee operando un riassetto urbano che prevedeva la demolizione della cerchia muraria per sostituirla con due viali di circolazione. A differenza della maggior parte delle città a Brescia l’intervento non ha dato luogo a una serie di strutturazioni urbane, come nel caso del piano napoleonico di Milano del 1807 “[...] non significò soltanto un passo verso il progresso civile e moderno ma significò concretamente la possibilità per la città di disporre di vaste aree urbanizzate, di sistemare le strade rettificando delle situazioni assurde, di costruire scuole, accademie, giardini [...] Così il foro Bonaparte non fu certamente un’esigenza architettonica; esso nacque con il bisogno della città di darsi un volto moderno costruendo un centro degli affari per la nuova borghesia che prendeva il potere”3 .099

L’entità del caso bresciano non era sicuramente paragonabile a quello milanese, ma l’opera di abbattimento delle mura non diede il via, se non in sporadici casi ad un continuum fra la città storica e i nuovi insediamenti; l’attuale Piazza della Repubblica, coincidente con il sedime di una porta, sviluppatasi per permettere un rapido collegamento della città con la stazione ferroviaria costruita intorno alla metà del XIX secolo. I nodi individuati, che nella maggior parte dei casi coincidevano con le porte cittadine, sono diventati punti di aggrappo per svariate soluzioni urbane spesso poco ordinate che non hanno definito una chiara impostazione per lo sviluppo della città, permettendo che si accostassero, ad esempio, aree residenziali a aree industriali. Dai tracciati evidenziati si può notare come quelli storici abbiano mantenuto il loro carattere fondatore, se pur affiancati da urbanizzazioni incerte e non determinanti per la città.


Non si nota un disegno complessivo, i nuovi collegamenti servono soltanto piccole porzioni di città, come se fossero delle semplici connessioni interne fra i nuovi insediamenti e il ring. All’interno della città storica, nel periodo compreso tra le due guerre, furono pensate alcune riorganizzazioni del riassetto urbano, ma pochi casi vennero effettivamente realizzati e con scarsi risultati; emblematico è il caso di Piazza della Vittoria, costituita sventrando parte del centro cittadino per formare un nuovo centro per la città in cui sarebbero dovuti approdare lunghi rettilinei in direzione dei quattro punti cardinali, che non furono mai realizzati; il risultato non fu quello sperato, la piazza non si integrò mai nella città, restando soltanto un sostegno per le tre piazze vicine ( piazza Duomo, piazza della Loggia e piazza del Mercato ). “uno degli strumenti essenziali del disegno urbano è stato per molti secoli la regola del tracciato insediativo e dentro di essa quella della tradizione .0100

europea della strada, della piazza e dell’isolato urbano, del monumento pubblico come eccezione [...] “4

Il tracciato quindi storicamente è parte fondamentale della strategia insediativa per la forma urbana. Si rende così possibile l’individuazione di nodi, dimensioni, spazi, luoghi ed elementi attrattivi e solo successivamente si apre la possibilità di espandere e sviluppare la città. Nelle osservazioni svolte su Brescia è emerso il carattere delimitativo del tracciato principale della città, con uno sviluppo ad anello attorno al centro storico in seguito alla sostituzione, nei primi anni del novecento, della cinta difensiva; ma la delimitazione del centro non deve essere vista come un limite, piuttosto come un possibile punto di partenza per un nuovo sviluppo. Nessuna nuova generatrice è stata inserita nel disegno di Brescia. Soltanto gli assi storici sono stati assunti come generatori della città, assi sui quali erano già presenti insediamenti e dai quali vennero sviluppati aggregati urbani definiti più


dalla necessità che dalla logica. Esternamente alla cerchia del ring non è individuabile una regola incisiva per lo sviluppo dell’urbanizzato. Ai tracciati storici, indicanti possibili direttrici logiche di sviluppo sono state aggiunte sequenze di elementi non rilevanti e slegate fra loro. Quello che è venuto a mancare nello sviluppo novecentesco è un sistema di fatti urbani, di elementi portanti per la conformazione del tessuto e che abbiano un ruolo necessario attraverso lo sviluppo temporale della città. In questo periodo, in cui la trama avrebbe potuto assumere maggior peso e autonomia, in quanto l’espansione cittadina ha determinato la possibilità di un nuovo inizio per la città, il processo espansionistico subì il processo dell’immigrazione industriale (campagna-città) sottostando a regole aggregative derivanti più dalla necessità rapida di alloggi, che di un buon disegno di città. Osservando la città è subito chiaro come l’utilizzo dei tracciati in alcune aree o pe.0101

riodi culturali (l’organizzazione del territorio e della città romana, la lottizzazione medievale, gli insediamenti murati e l’architettura del periodo rinascimentale) e la presenza di sistemi di costruzione logica della città e dell’architettura siano traducibili in sistemi di segni geometrici riconducibili al nostro retaggio culturale garantisce un’immediata leggibilità di molte parti della città storica; viceversa l’assenza di tali riferimenti rende la città contemporanea spesso poco leggibile, caotica e confusa. Nella città contemporanea vengono meno alcuni principi che hanno articolato nei secoli l’aggregazione di parti dell’urbanizzato; il tracciato come logica formale ordinatrice della progettazione, come elemento di orientamento e stabilizzazione da parte del fruitore e come elemento portatore della cultura del momento storico. Osservando poi Brescia contemporanea dal punto di vista strettamente progettuale, il tracciato non ha assunto il significato di fattore di conformazione dell’edificato e non ha consentito di superare le difficoltà rappresentate dal continuo


salto di scala degli elementi che costituiscono la cittĂ . Lo sviluppo tramite le direttrici non ha garantito quindi la definizione di regole organizzative capaci di relazionare ed equilibrare le varie parti costituenti dei nuovi insediamenti.

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descrizione degli spazi aperti_cintura verde

Gli spazi aperti che è possibile individuare all’interno della porzione di città presa in considerazione si differenziano per tipo, dimensione e contesto in cui sono inseriti. Con la definizione del ring si è cercato di comporre una cintura verde attorno al centro cittadino; infatti sono ancora visibili alcuni spazi che si sono mantenuti a parco nella fascia racchiusa dalle due vie che circondano la città ciò nonostante la maggior parte delle aree è stata edificata. Il punto di arrivo della cintura è il grande spazio verde corrispondente al colle Cidneo. Un secondo tipo di spazio aperto, di non facile definizione si ritrova all’interno del margine dilatato, individuato spesso ancora come verde agricolo ma in effetti riusato con un’infinità di scopi non pensati né programmati, in attesa di .107

un’ulteriore urbanizzazione di carattere puntuale con l’unico obiettivo di moltiplicare gli investimenti economici dei proprietari. Spesso questi spazi diventano terreno di risulta, utilizzati sempre più come campi di rifiuti, luoghi in cui senza alcuna regolamentazione viene accatastato ogni genere di oggetto; altre volte rimane un uso agricolo sottodimensionato, non collegato alla produzione primaria, oppure il terreno viene adattato all’insediamento di persone emarginate che non trovano una soluzione di integrazione nella società.

“Qui, nel rapporto tra spazi aperti e costruiti sono questi ultimi a de-

lineare i primi, anzichè, come nella città storica, la campagna a delineare la città [...] anche se gli sforzi per la protezione ambientale riescono a difendere in recinti le parti di paesaggio naturale più storicamente consolidate, i vasti spazi tra di esse e le zone a urbanizzazione compatta, specie laddove le ragioni produttive dell’agricoltura si sono più fortemente indebolite, restano esposti all’invasione selvaggia di insediamenti frammentati e dispersi, o all’abbandono. La fenomenologia estremamente variata degli spazi aperti e quindi la loro progettazione rimane una delle possibilità più importanti per la regolazione della campagna urbanizzata”5


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note

1

Vittorio Gregotti,architettura e postmetropoli, enaudi, Torino 2011

2

Bernardo Secchi, un progetto per l’urbanistica, Piccola libreria Einaudi Ed., Torino

1989

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3

Aldo Rossi, L’architettura della città, Clup Ed., Milano 1983 (1966)

4

Vittorio Gregotti,architettura e postmetropoli, enaudi, Torino 2011

5

Vittorio Gregotti, La città invisibile, Piccola Biblioteca Einaudi Ed., Torino 1993


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ripensare il costruito_innesto nella caserma


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il progetto

La caserma Randaccio, insieme al campo Marte e alla caserma Ottaviani, ha costituito nel diciannovesimo secolo uno dei principali poli militari del nord-est italiano. In seguito all’eliminazione del servizio militare obbligatorio è venuta meno la sua funzione di punto di raccolta per le reclute ed in breve è stata dismessa diventando così un vuoto urbano, un recinto non accessibile se non per l’utilizzo di particolari funzioni che si sono mantenute all’interno del complesso. L’area presa in esame è situata a nord-ovest rispetto al centro cittadino; definita da un lato dal ring viario , mentre dall’altro si pone come chiusura del quartiere Carmine. Uno dei temi che si evidenzia fin da subito è quello dell’angolo urbano, infatti il .115

complesso militare forma un angolo caratteristico per il sedime cittadino. Osservando la città ad una scala più ampia, includendo in questo modo tutto il tracciato del ring, si evidenziano altri tre angoli con caratteristiche assimilabili a quelle dell’area di progetto. Ognuno dei quattro angoli urbani se osservato singolarmente acquisisce ulteriore importanza rispetto al contesto nel quale è inserito grazie alla presenza di alcune funzioni che ne garantiscono l’attrattività. Nell’angolo formato da via XXV aprile e via Fratelli Lechi, posto a sud-est(noto per essere uno dei luoghi principali della la vita notturna cittadina),si trovano il carcere di Canton Mombello e un parco pubblico. L’angolo di Piazza della Repubblica, rappresenta invece uno dei principali snodi per la viabilità pubblica e privata grazie alla presenza della stazione ferroviaria, di due stazioni delle autolinee extraurbane ed un parcheggio multipiano, inoltre negli ultimi anni si è proposto come nuovo polo commerciale cittadino, poiché in una delle aree orientali del Comparto Milano è stato progettato un centro com-


merciale di medie dimensioni con annessa una multisala ed un centro fitness. L’angolo nord-est è caratterizzato dalla presenza del castello medievale situato sulla sommità del colle Cidneo. Attualmente svariate sale del complesso sono destinate a museo e lo spazio compreso dalle mura è adibito a parco pubblico il quale, grazie alla particolare posizione, offre scenari e scorci di tutta la città. Il quarto angolo, situato a nord-ovest, è definito dall’area presa in esame: la caserma Randaccio; esso si pone come possibile quarto punto attrattivo posto sul ring tuttavia a causa della perdita di funzione precedentemente descritta è un recinto con potenzialità non sfruttate. L’obiettivo del progetto sarà la ridefinizione dell’angolo urbano inteso come elemento caratterizzante per la porzione di città presa in considerazione e il conseguente riuso degli spazi dismessi della caserma con l’inserimento di nuovi elementi pensati per comporre l’area in modo che possa diventare una nuova via .116

d’accesso per il centro cittadino ed un punto di partenza per un possibile percorso culturale integrato agli spazi dell’università e all’area espositiva del castello. 1. obiettivo del progetto è il riuso della caserma come ulteriore opportunità di riqualificazione dell’intera zona. L’intervento rafforzerebbe la natura residenziale del Carmine, integrandola con commercio di piccola dimensione e soprattutto con spazi utili all’interno del quartiere (parcheggi, giardini, luoghi aggregativi). 2. Il valore architettonico/strutturale e l’attuale stato di conservazione orienta la scelta al riuso. Le zone residenziali e quelle commerciali saranno collocate nei lunghi corpi di fabbrica che si appoggiano al ring; gli spazi di servizio saranno organizzati lungo il ring, proteggendo l’interno dal rumore. Per gli edifici ancora in uso ovvero la stazione dei Carabinieri e il deposito della Croce Bianca, si conferma la destinazione a servizi, ma si propone una ristrutturazione che consenta di ricavare spazi culturali e sanitari (biblioteca, sale conferen-


ze, ambulatori, dispensario, ecc.). Per l’ex convento si propone un intervento non invasivo, mantenendone l’articolazione interna con destinazione a sale studio, sedi di associazioni o della circoscrizione. L’area scoperta interna costituisce un importante fattore di qualità del complesso; si prevedono dunque giardini prossimi alla residenza e alle sale studio, aree pavimentate per la sosta e per i percorsi pedonali. Lo sviluppo del progetto legge il principio regolatore dello spazio interno al recinto della caserma definito dall’inserimento e dal conseguente sviluppo di due direttrici derivanti sia dalle letture svolte sulla città che dall’edificato della caserma stessa. Le due direttrici si rapportano con uno spazio non regolare risultato della stratificazione storica del lotto; le linee e le superfici che reinterpretano le preesistenze .117

troveranno sviluppo e nuovo significato all’interno del progetto. La prima direttrice deriva dalle letture svolte su una porzione di città che comprende una serie di recinti (tra cui: il cimitero storico, la caserma Ottaviani, il campo Marte, la caserma Randaccio e il castello) legati dal tracciato del ring. Dall’osservazione delle misure ritrovate si ottiene una direttrice che corre da est ad ovest e lega il castello alla caserma Randaccio con un percorso che lambisce l’università situata in via San Faustino. La seconda direttrice trova i suoi elementi generatori all’interno del complesso evidenziando pertanto solo alcune direzioni degli edifici. All’interno del complesso verranno inserite funzioni direttamente connesse al sistema culturale della città, quindi sia per l’università che per il sistema museale. Saranno poi presenti alloggi e dormitori per studenti, una biblioteca, uno spazio espositivo, una sala conferenze, un parcheggio interrato, spazi per workshop e laboratori, uffici; inoltre verrà mantenuta la funzione di deposito per le ambulanze


che sarà comprensivo di un ufficio e uno spazio living per gli operatori. Nell’edificio ovest, lungo il ring, si manterranno le funzioni definite dal P.R.G.; al piano terra spazi commerciali, mentre al piano primo residenze private.

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il problema dell’angolo

Il problema dell’angolo si presenta in quest’area come elemento preponderante per lo sviluppo di un possibile nuovo accesso al centro cittadino. L’angolo è composto da due corpi di fabbrica allungati con un’altezza di 15 metri, non connessi direttamente tra loro, ma determinanti uno spazio rettangolare grazie al prolungamento dei loro assi, che si interseca con l’arco definito dal sistema viario del ring. Partendo dalla nozione di faktura cubofuturista pittorica ancora vincolata al pia.Vladimir Tatlin Controrilievo d’angolo 1914

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no, Tatlin propone una serie di collage tattili che successivamente, dilatandosi, prenderanno possesso dello spazio diventando prima rappresentazioni in rilievo e successivamente veri e propri oggetti studiati per il controllo e la definizione


dello spazio che li contiene. E’ il caso dei controrilievi angolari, in cui ogni rilievo d’angolo si organizza apertamente in funzione delle due pareti piane che fungono da supporto fisico per l’opera. L’angolo è pienamente parte dello spazio reale, nel caso dei controrilievi racchiuso nella stanza in cui sono esposti e l’architetto insiste sull’interpretazione del rilievo e dello spazio contenitore. Assimilando la teoria dei controrilievi al complesso della caserma Randaccio, le pareti dei due edifici rivolti verso l’angolo vengono considerate come supporti, non soltanto fisici, ma anche visivi, infatti se si osserva l’elemento basamentale il prolungamento delle linee visive fungerà da supporto visivo, mentre la struttura costituirà il suo supporto fisico, Per aumentare la percezione derivante dalle due tipologie di supporto il progetto attinge dalla composizione sviluppata da John .120


Hejduk per la wall house in cui diviene predominante una linea che diventa elemento portante di uno spazio tridimensionale che risulta formato dalla stratificazione di elementi bidimensionali. Allo stesso modo lo sviluppo dei piani visivamente appesi su di un elemento lineare che si raddoppia e viene separato dall’edificio esistente permette di aumentarne la percezione di sostegno visivo rispetto alla sua natura fisica. Il muro diventa quindi elemento compositivo e dispositivo costante che si ripete in ogni piano. A livello del terreno il tema dell’angolo subisce una variazione per quanto ri..John Hejduk Wall House 1 1971-72

guarda il suo sistema compositivo, passando da un linguaggio che predilige la verticalità dei setti all’articolazione di superfici (piani pavimentati e rampe) che disegnano lo spazio esterno riprendendo la giacitura delle due direttrici.

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elaborati grafici



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bibliografia



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_alla Prof.ssa Ilaria Valente per la sua cortese e precisa competenza, alla mia famiglia, a Valentina e ai bolidi per il sostegno che mi hanno dato, soprattutto nei momenti difficili_


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