Il diario di Raymond. Un demone a fin di bene

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Traduzione di Alessia Porto



Cominciamo male. Ho il morale a pezzi. Perché? Ah, ecco, tu non hai letto il primo volume del mio diario. Io sono un demone. Il demone Raymond, c’è scritto sulla copertina. In realtà non mi chiamo neanche Raymond, ma RZSQSODIUFQSX. Facile da pronunciare, eh? Dunque, visto che ho un certo fiuto per gli affari, riassumo in due parole la situazione così capisci perché sono di cattivo umore. Non pensare che ti racconti tutto però, chiaro? Te lo compri, il primo volume, se vuoi conoscere i dettagli. Un demone, dicevo. Ebbene sì, esistono. Io sono un demone per bambini. Il mio compito è preparare i più piccoli a diventare grandi insegnando loro cosa significhi essere adulti. Ed essere adulti significa mentire, imbrogliare, rubare, uccidere, inquinare, indossare vestiti da adulto e amare il denaro. Il problema è che all’inizio gli umani sono piuttosto carini. 7


Appena nati l’azione più malvagia che riescono a compiere è sputacchiare pappine ovunque producendo con la bocca suoni simili al mio nome. Certo, è già piuttosto fastidioso. Ma per trasformarli in veri adulti come si deve c’è un bel lavoro da fare. E di questo bel lavoro me ne occupo io. Io e i miei simili: gli altri demoni per bambini. Vuoi sapere come agiamo? Semplicissimo. Siamo invisibili e sussurriamo qualche ideuccia all’orecchio. Diciamo pure che diamo dei consigli. Iniziamo gradualmente, suggerendo ad esempio di prendere il grazioso vaso della mamma e lasciarlo cadere a terra per vedere che succede. Con un po’ di fortuna a volte il bambino si taglia, il sangue schizza dappertutto e bisogna precipitarsi al pronto soccorso. In un secondo momento gli insegniamo a prendere in giro i compagni, sai, quelli grassi, quelli mingherlini, i secchioni con gli occhiali. Gli spieghiamo come copiare i compiti… cose di questo genere, insomma. Di solito intorno all’adolescenza i ragazzi se la cavano già piuttosto bene, e a quel punto affidiamo la loro educazione ad altri demoni. Per millenni e millenni sono stato un eccellente demone per bambini. Il capo (ebbene sì, ho un capo, avremo occasione di riparlarne) mi aveva offerto una promozione. Mi apprestavo a diventare un demone per adulti: il che è infinitamente più interessante. Per farlo, però, dovevo superare una specie di esame, 8


capisci? Una prova finale. Introdurre al male una ragazzina di nome Anne-Fleur che, a quanto si diceva, non aveva MAI commesso la minima cattiveria. All’inizio mi sono messo a ridere, pensa un po’. Una ragazzina! Nulla di più facile da manipolare e influenzare! Invece no. Ho fallito. Ecco. Se vuoi sapere come e perché metti mano al portafoglio. Il risultato è che il capo mi ha punito. Sono stato condannato a trasformarmi in un piccolo umano – in realtà dovrei dire a incarnarmi, ma è meglio evitare parole difficili se voglio vendere il libro. E sono stato dato in affido a una famiglia composta da due genitori piuttosto cretini, Raul e Marguerite, e Brian, loro figlio, di cui ti farai un’opinione da solo. Brian è innamorato di Anne-Fleur e, a quanto pare, lo sono pure io, anche se non ci credo per niente. Cos’altro? Ah, sì, sono costretto ad andare a scuola. Ma la cosa più brutta in assoluto è che devo compiere BUONE AZIONI. È questa la vera punizione. La peggiore. Io, lo specialista del Male, uno dei migliori, senza vantarmi. Compiere buone azioni! Adesso capisci perché sono così di cattivo umore? Come quando i tuoi genitori ti obbligano a passare l’aspirapolvere. Esiste al mondo qualcosa di più noioso? A parte fare i compiti? A proposito, conosco un trucco fantastico per rendere l’aspirapolvere un 9


aggeggio interessante. Sono sicuro che hai un criceto. O un porcellino d’India. Funziona benissimo anche con i topolini bianchi, i gattini e i pulcini soffici e piumosi. Dunque: lasci la bestiolina libera nella tua stanza, chiudi la porta e la insegui con l’aspirapolvere acceso. Se viene risucchiata, ha perso. C’è anche il vantaggio che nove volte su dieci l’aspirapolvere si blocca e quindi stai in pace per almeno due settimane... NO! NO RAYMOND! Questo era il genere di consigli che davi prima. Adesso la tua missione è il BENE. Il Bene, piccolo lettore. Il Bene. Lascia la bestiolina nella sua gabbia e vai a passare l’aspirapolvere.

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Il giorno peggiore della settimana nella vita di un umano. Soprattutto in questa famiglia dove non si fa mai nulla. La domenica Raul e Marguerite guardano la tv (più degli altri giorni, intendo) e Brian gioca alla console dall’alba al tramonto. O meglio: dalle 11 del mattino, quando si alza, a mezzanotte circa, quando crolla sfinito col naso contro lo schermo. Ah, sì, a volte andiamo a passeggiare nel bosco in mezzo al fango. Del tipo: “prendere un po’ d’aria”. Io però oggi passo all’azione. Alla buona azione. Se devo farlo, tanto vale non perdere tempo. Ho messo a punto un piano insieme ad Anne-Fleur. Mio piccolo lettore, tu che mi sei fedele e mi segui fin dall’inizio, certo ti ricorderai che Anne-Fleur sa che sono un demone. Sono stato più o meno costretto a informarla. E lei ha accettato di aiutarmi a compiere il Bene perché io possa di nuovo, e il prima possibile, 11


dedicarmi al Male. Mi pare il minimo, direi. Se sono in questa situazione è solo a causa sua. Be’, a essere del tutto onesto (cosa che non sono neanche un po’), non le ho esattamente detto che riacquisirò il mio status di demone passato questo periodo di “lavori forzati”. In realtà le ho raccontato che verrò trasformato in un angelo, o qualcosa del genere. È alquanto ridicolo, me ne rendo conto, però le ragazze sono delle credulone e hanno la fissa per gli angeli. Venerdì scorso, quando Anne-Fleur mi ha visto mogio mogio seduto su una panchina nel cortile della scuola, si è avvicinata. “Qualcosa non va, Raymond?” mi ha chiesto. “Secondo te?” “Su, coraggio! Vedrai: essere buoni può essere difficile all’inizio, ma poi ci si abitua e ci si prende gusto.” L’ho guardata dritto in fondo agli occhi sperando di impressionarla. Perché anche se mi hanno affibbiato questo ridicolo corpo da ragazzo piuttosto bruttino (corporatura snella, capelli chiari, bocca carnosa e muscoli tesi sotto la pelle), io rimango un artefice del Male. E quando guardo le persone negli occhi, nelle mie pupille si accende una fiamma rossa. “Io sono un DEMONE, Anne-Fleur.” “Lo so.” “Da secoli allontano i giovani dalla retta via, li corrompo, li depravo, li devio, li perverto, li travio... ” 12


“Non c’è bisogno che mi reciti il dizionario dei sinonimi.” “Sto solo cercando di farti capire che io del Bene non ne so niente.” “Ma io sì.” E così dicendo, ha tirato fuori un foglio di carta ripiegato in quattro e me l’ha passato. “Cos’è?” “Ci sono i nomi di tre nostri compagni di classe. Comincerai da loro. Attenzione! Le informazioni contenute in questo documento sono ultrasegrete. Le ho raccolte in mesi di indagini, con molta pazienza, nel corso di lunghe conversazioni e discrete osservazioni.” Ho letto:

1. Jade Cabirol: pensa di essere brutta. 2. Noel Balcon: qualche problema con il fratello maggiore. 3. Constance Jardinier: zucchero-dipendente. L’ho guardata di nuovo, perplesso questa volta, e senza fiamme rosse nelle pupille. “E io che dovrei fare?” “Aiutarli. Hai dei poteri, no?” Ha ragione: ho dei poteri. Te lo ricordo, piccolo lettore, perché anche se hai letto il primo volume sono sicuro che hai all’incirca la stessa memoria di un nonnetto in una casa di riposo. Dunque, io posso 13


diventare invisibile, volare, teletrasportarmi o viaggiare attraverso le tubature e nelle onde wi-fi, leggere nel pensiero, insomma: il minimo necessario per poter diffondere il Male come si deve. Però non riuscivo a capire in che modo le mie facoltà potessero tornarmi utili per aiutare quei tre sfortunati. “Spremiti le meningi”, mi ha detto Anne-Fleur. “Non posso fare tutto il lavoro al posto tuo.” E allora me le sono spremute e ho elaborato un piano abbastanza semplice. Tanto per cominciare, domenica mattina ho annunciato che andavo a fare una passeggiata. Non c’è stato nessun problema. La mia famiglia affidataria era piuttosto sollevata all’idea di sbarazzarsi di me. Così ho camminato fino a casa di Jade Cabirol, che se ne stava in giardino a raccogliere fiori piagnucolando. Sì, certo, avrei potuto raggiungerla in volo, ma avrei dato un po’ nell’occhio e avevo voglia di fare due passi. Se potessi evitare di interrompermi ogni cinque minuti con le tue domande, piccolo lettore, sarebbe carino. E lo dico nel tuo interesse. Se stai zitto il libro finirà più in fretta. Dunque, dov’ero rimasto? Ah sì, alla povera Jade Cabirol che singhiozzava sul prato. L’ho salutata e lei è parsa felice di vedermi. Ha ricacciato indietro i singhiozzi. Faccio questo effetto alle ragazze. Tu no, lo so. “Ciao, Raymond!” “Ciao, Jade.” 14



Ha aperto il cancelletto del giardino e mi ha raggiunto sul marciapiede. “Che ci fai qua?” “Una passeggiata. Perché piangevi?” Ha fatto spallucce. “Così.” Gli umani sono un disastro sotto questo aspetto. Non vogliono mai ammettere apertamente il motivo per cui sono tristi. Bisogna cavargli le parole di bocca. Io di solito, da demone, riesco a farlo abbastanza bene. Riesco a cavare le informazioni che mi servono da qualunque parte del corpo, ma al momento la questione era un’altra. Ho quindi abilmente rilanciato la conversazione grazie alla precisa conoscenza della psicologia femminile acquisita a contatto con Anne-Fleur e la sua nemica Berenice. Te la ricordi, piccolo lettore? In caso, non ti preoccupare: sono sicuro che la incontreremo presto. Ad ogni modo, quello che ho imparato stando insieme a loro è che le ragazze sono una categoria di umano particolarmente sensibile e fragile, che bisogna manipolare con delicatezza. “Piangi perché pensi di essere brutta, vero?” le ho chiesto, quindi. Mi ha fissato inorridita. “Perché dici questo?” Ho sorriso: uno di quei sorrisi adorabili che mi rendono tanto affascinante. “Non ci vuole molto a capirlo.” 16


A quel punto è scoppiata di nuovo a piangere. Mi sa che devo rivedere due o tre cosine in quanto a sensibilità psicologica. Eppure avevo riflettuto a lungo sul piano. Dovevo proseguire? Nel dubbio sono passato alla fase due che consisteva nel prenderle le mani. Lei si è irrigidita, ma non ha protestato. “Non piangere più, Jade”, le ho detto. “Sono qui per consolarti.” Sembrava averle fatto piacere. Ha smesso di singhiozzare e ha tentato di asciugarsi il naso ma, dato che continuavo a stringerle le mani, e che sono incredibilmente forte, non ha potuto. All’improvviso le è schizzato fuori un mucchio di roba dalle narici. Io vado matto per tutto ciò che il corpo umano è capace di produrre. “Ti spiace lasciarmi le mani e darmi un fazzoletto?” mi ha chiesto. “Oh, scusa.” Visto che non avevo un fazzoletto mi sono tolto la scarpa sinistra, ho sfilato il calzino e gliel’ho offerto. L’ho fatto con piacere. Per quanto mi riguarda, se c’è una cosa davvero fastidiosa nell’avere un corpo sono i vestiti. Pizzicano. Soprattutto i calzini. Ne faccio volentieri a meno. Jade però si è allontanata con un balzo. A quanto pare mi sbagliavo. Promemoria: i bambini si asciugano il naso con qualunque cosa: la manica, la sciarpa, la sciarpa di un compagno quando è distratto, il tovagliolo, però NON coi calzini. Strano. Me lo sono 17


rimesso e sono passato alla fase tre. I denti da coniglio. Già, perché avevo letto nei pensieri di Jade che si considerava brutta proprio a causa di ciò che chiamava “denti da coniglio”. E anche questo mi ha stupito perché di solito i conigli piacciono molto alle bambine. Ce ne sono un sacco nei cartoni che guardano. Sempre così carini, con quelle vocine e quei dentoni. Quando i dentoni spuntano a loro, però, si fanno venire i complessi. Perché? Mistero! Comunque, ero venuto per essere gentile e quindi ho detto la cosa gentile che mi ero preparato. “A me non sembra proprio che tu abbia dei denti da coniglio.” Ha aggrottato le sopracciglia. Continuava a fissare il mio piede, intento a infilarsi di nuovo nel calzino. “Lo dici sul serio?” ha chiesto con una vocina flebile. “Sì, e ti dirò anche che secondo me assomigli a un gatto.” Mi ero informato. Al primo posto, al top nella classifica degli animali più carini secondo le bambine, ci sono i gattini. Prima dei coniglietti, dei delfini, dei pony, delle lontre e degli anatroccoli. Questa volta ho fatto centro: ho avuto l’impressione che le mie parole l’avessero davvero rincuorata. Jade mi ha sorriso sfoggiando i suoi dentoni da coniglio. “Lo pensi veramente, Raymond? Sei molto gentile. Ma perché dici che assomiglio a un gatto?” 18


Avevo la risposta pronta. Una risposta inattaccabile, te lo assicuro, piccolo lettore. Non mi ero spremuto le meningi invano. “Per i baffi”, ho risposto. Per preparare la mia prima buona azione avevo esaminato il viso di Jade da vicino e avevo notato che il labbro superiore era ornato da una leggera peluria. Appena percepibile, è vero: bisognava stare molto attenti per accorgersene. Mi forniva però un ottimo argomento per dimostrarle che quando la paragonavo a un felino il mio giudizio era fondato. Confesso che per me gli umani si assomigliano un po’ tutti. E sono tutti abbastanza brutti in confronto alle piovre o alle tarantole. Sai che i ragni hanno sei e a volte anche otto occhi? Mi pare ovvio che sono molto più interessanti da guardare del tuo viso piatto e molle, piccolo lettore, senza offesa. Quindi per Jade mi ero proprio sforzato e avevo passato un sacco di tempo a osservarla nei minimi dettagli. E quando finalmente avevo notato quella discreta pelosità sotto il naso, mi ero detto che avevo trovato IL complimento che l’avrebbe resa felice e liberata dai suoi complessi. Dei baffetti da gattino: che cosa c’è di più adorabile? Ha funzionato. Era talmente contenta che è rimasta a bocca aperta, con gli occhi sgranati, ammutolita. Così dopo un po’ me ne sono andato. Avevo altre faccende da sbrigare. 19


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