Il Cammino dei Cappuccini

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IL PERCORSO


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Fossombrone ➜ gola del Furlo

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Da Fossombrone alla gola del Furlo

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1.200

600 400

SANT’ANNA

800

FOSSOMBRONE

1.000

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GOLA DEL FURLO

TERRAZZA DEL FURLO

1.400

0m 0 km

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LUNGHEZZA: 20,5 km DISLIVELLO: SALITA 781 m DISCESA 917 m DIFFICOLTÀ: media-impegnativa FONDO: 74% STERRATO 26% ASFALTO

Mezzi di trasporto FOSSOMBRONE: Adriabus, linee Fano-

Calcinelli-Fossombrone-Urbino, Cantiano-Cagli-Calmazzo, tel. 800-66.43.32 / 0722-37.67.38, www.adriabus.eu. FURLO: Adriabus, linee Cagli-Urbino, Cantiano-Cagli-Calmazzo, tel. 800-66.43.32 / 0722-37.67.38, www.adriabus.eu.

Servizi FOSSOMBRONE: Punto Iat, piazza Dante 23,

tel. 0721-72.32.63, puntoiat@comune. fossombrone.ps.it. Presenti tutti i servizi principali. FURLO: Punto Iat Riserva del Furlo, via Flaminia, tel. 0721-70.00.41 / 800-02.88.00 / 329-83.18.698, riservafurlo@provincia.ps.it. Bar, ristorante.

Dove dormire FOSSOMBRONE: Convento Frati Cappuccini,

via Frati Cappuccini 13, tel. 0721-71.43.70 / 366-48.90.258, colledeicappuccini@gmail. com, 6 posti, a donativo, con colazione. Aperto tutto l’anno. Hotel ristorante Mancinelli, piazza Petrucci 5, tel. 0721-71.65.50, albergo.mancinelli@

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gmail.com, 26 posti, €, cena con menu pellegrino. Aperto tutto l’anno. Affittacamere Il Cavallino, piazza Dante Alighieri 8, tel. 0721-16.95.491, filippinileonardo@hotmail.com, 12 posti, € con colazione. Aperto tutto l’anno. B&B La Corte alta, via Nazario Sauro 37, tel. 349-29.00.917, 5 posti, €. Aperto maggio-novembre. B&B La Finestra sul fiume, via Umberto I 30, tel. 0721-71.45.40 / 339-79.11.841, rita.rinci@ gmail.com, 4 posti, €. Aperto tutto l’anno. B&B Camera con vista, via Umberto I 18, tel. 0721-74.07.74 / 392-61.58.789, santisamuele@libero.it, 7 posti, €. Aperto aprile-novembre. B&B Casa Giulia, via Rebichini Von Stein 1, tel. 320-31.81.733, saraduranti@me.com, 26 posti, €€. Chiuso gennaio e febbraio. GOLA DEL FURLO: B&B La Corte di nonna quercia, strada Monte Paganuccio 13 (1,5 km dopo l’arrivo), tel. 327-09.75.112, sarixyz@gmail.com, 4 posti, €, servizio navetta gratuito. Aperto aprile-ottobre. B&B Aquilegia, via Furlo 12, tel. 072118.36.638 / 340-39.93.066, info@ aquilegiabeb.com, 10 posti, €€. Aperto metà aprile-metà novembre. Albergo Birra al pozzo, via Pianacce 12 (1,3 km dopo l’arrivo), tel. 0721-70.00.84, info@birraalpozzo.it, 12 posti, €. Aperto tutto l’anno.

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Fossombrone ➜ gola del Furlo

Hotel Antico Furlo, via Furlo 60, tel. 0721-70.00.96, info@anticofurlo.it, 13 posti, €€€, cena con menu pellegrino. Chiuso gennaio e febbraio. Albergo La Ginestra, via Furlo 1, tel. 0721-79.70.33, info@ginestrafurlo.it, 20 posti, €€€. Aperto tutto l’anno. B&B Locanda dell’abbazia San Vincenzo, loc. Furlo (1,5 km dopo l’arrivo), tel. 334-81.44.997, info@ lalocandadellabbazia.it, €€€. Aperto metà marzo-metà settembre. Area di sosta Parco Le Querce, via Pianacce (1,3 km dopo l’arrivo), tel. 339-15.02.473 / 366-41.98.321, info@parcodelfurlo.it, 70 posti tenda, €. Aperto tutto l’anno.

ACQUALAGNA: Albergo Shine, via Gamba 56 (4 km dopo l’arrivo), tel. 0721-797487, info@shineacqualagna.it, 24 posti, €€, servizio navetta gratuito. Aperto tutto l’anno. CAGLI: Agriturismo Ca’ Pierello, strada Ca’ Rio 124 (9 km dopo l’arrivo, lungo la tappa successiva), tel. 333-33.15.904, 12 posti, € con colazione. Aperto tutto l’anno. Agriturismo Ca’ Belvedere, strada Pigno Monte Martello 103 (11 km dopo l’arrivo, lungo la tappa successiva, 1,5 km fuori percorso dopo il km 10), tel. 0721-79.92.04 / 333-86.60.350, info@cabelvedere.it, 8 posti, €€ con colazione. Aperto tutto l’anno.

Iniziamo il cammino con un momento fortemente evocativo: la benedizione al pellegrino da parte dei cappuccini sotto la grande croce, che avviene dopo la celebrazione eucaristica mattutina delle 7.30. La prima parte della tappa è molto panoramica e nel tratto collinare consente fin da subito uno sguardo ampio dal mare ai monti, tipico delle Marche. Una volta attraversato il bosco e scesi a valle il percorso diventa più pianeggiante e permette una duplice opzione: un’alternativa breve, semplice e godibilissima, che costeggia il fiume, passa dentro la gola del Furlo e in appena 14 km conduce alla meta, oppure il percorso principale, decisamente più impegnativo, ma con una panoramica dall’alto sulla gola che ripaga della fatica.

Il cammino parte dal convento dei cappuccini di FOSSOMBRONE, e inizia con la consegna della credenziale, del ciondolo del cammino e con la benedizione dei cappuccini che accompagna il pellegrino lungo tutto il percorso. Da lì costeggiamo le vecchie mura del convento per 100 m, svoltiamo a sinistra sulla strada asfaltata per circa 450 m e poi prendiamo a destra la strada sterrata che sale ripida [1.1], oltrepassando la sbarra. Dopo la salita e due tornanti arriviamo a un grande vigneto di recente impianto: tenendolo alla nostra sinistra percorriamo la stradina sterrata di destra che costeggia il bosco; dopo 500 m giungiamo alle pendici del monte Raggio, che ci permette di vedere verso nord la vallata del Metauro, fortemente antropizzata fino al mare, e a est la valle del Tarugo, che da Fossombrone va verso Cartoceto di Pergola, luogo dell’importante ritrovamento dei Bronzi dorati. Proseguiamo fino alla fine del vigneto per poi scendere sulla strada sterrata che prosegue dritto davanti a noi tra i campi coltivati. Di fronte si apre la veduta sui monti della gola del Furlo e poco dopo, sulla destra, si vede in lontananza la città di Urbino. Fatti 600 m, al bivio a T 40


Fossombrone ➜ gola del Furlo

SI PARTE. I pellegrini ricevono la credenziale, il ciondolo e la benedizione.

svoltiamo a destra in leggera discesa (la scorciatoia in mezzo al campo dinanzi a noi non sempre è percorribile a causa del fango). Dopo poco più di 100 m arriviamo alla strada asfaltata e proseguiamo a sinistra verso il borgo di Montalto Tarugo, il cui castello, ormai un rudere, è attribuito a Francesco di Giorgio Martini. Percorriamo la strada asfaltata per 1,1 km, attraversando un altopiano chiamato “Piani di Marzo” (m 446), quindi all’incrocio svoltiamo per il sentiero che scende leggermente sulla destra [1.2] e poco dopo proseguiamo sulla strada sterrata sempre sulla destra. Qui il percorso diventa impegnativo per il fondo argilloso denominato in dialetto dei “lubachi”, caratteristico di queste zone, con notevole pendenza e con il fondo dissestato dall’azione dell’acqua piovana. Questo tratto di circa 1,6 km è da percorrere con attenzione soprattutto in caso di pioggia. Una volta giunti in fondo attraversiamo la valletta, saliamo verso l’asfaltata via dei Mulini, proseguiamo a destra per 1 km circa fino a raggiungere un bivio [1.3]: ci troviamo in una zona aperta, con di fronte le colline di Urbino. Quest’area, detta “il Barco”, sulla sponda destra del Metauro, ospitava il Barco di Bellaguardia, residenza e riserva di caccia dei duchi di Urbino. Proseguiamo a sinistra sulla strada principale e, superata la vecchia scuola, prendiamo la strada bianca in leggera discesa; continuiamo per poco più di 2 km sulla carreggiabile fino allo stabilimento di imbottigliamento dell’acqua minerale di Sant’Anna del Furlo, dove si può sostare e fare rifornimento di acqua. Proseguiamo sulla strada per 300 m e dopo aver percorso il ponte che supera la superstrada svoltiamo a sinistra sulla vecchia Flaminia, che percorriamo, attraversando Villa Furlo di Pagino, per 700 m fino a trovare sulla destra il sentiero Cai 440A [1.4]. Qui abbiamo due possibilità: a chi non ama i grandi dislivelli e i sentieri un po’ esposti, consigliamo l’alternativa più breve e più facile, 41

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Fossombrone ➜ gola del Furlo

La via Flaminia La gola del Furlo è attraversata dalla romana via Flaminia, che fu realizzata attorno al 220 a.C. dal console Gaio Flaminio su un percorso già frequentato in epoca preromana, per collegare Roma e Ariminum (Rimini). Lungo questo tratto sono presenti due gallerie, una piccola, probabilmente di origine etrusca, e una più lunga, realizzata da Vespasiano nel 77 d.C., che i romani chiamavano forulum, da cui deriva il nome di Furlo. Per realizzare queste gallerie furono impiegati centinaia di schiavi che aprirono un varco nella roccia avendo come attrezzi solo martello e scalpello. La leggenda narra che per accelerare il lavoro la roccia venisse surriscaldata con grandi fuochi e poi cosparsa con acqua e aceto per renderla meno dura. Al di sopra dell’entrata nord-est del traforo è presente un’epigrafe che ne ricorda la realizzazione per volontà dell’imperatore.

ma non per questo meno bella, che prosegue su asfalto lungo la vecchia strada consolare e ci permette di imboccare, dopo la diga, il percorso pedonale della GOLA DEL FURLO con le caratteristiche pareti a strapiombo sul fiume Candigliano, attraversare la galleria di Vespasiano e visitare la galleria Minore, di epoca romana; continuando sempre a seguire la vecchia Flaminia (anche chiamata via Sant’Anna del Furlo), questo percorso lungo fiume, semplice e gradevolissimo, ci conduce in soli 3,5 km a destinazione. Il percorso principale invece, più lungo e con notevole dislivello, ci porta alla terrazza alta del Furlo da cui si gode di una suggestiva visuale dall’alto sulla gola: se decidiamo di seguirlo, superata Villa Furlo di Pagino prendiamo il sentiero Cai 440A che troviamo sulla destra [1.4] e che sale repentinamente per circa 1 km. La pendenza è notevole, il sottosuolo pietroso, e spesso dilavato, si presenta di non facile percorrenza ed esposto per brevi tratti fino a quando si collega al sentiero principale che transita sul crinale (440). Una volta saliti, infatti, prendiamo a sinistra il sentiero Cai 440 e dopo 300 m, al bivio [1.5], imbocchiamo il sentiero di destra. Da qui le pendenze sono meno rilevanti e il percorso si snoda sul versante del monte Pietralata lungo una vecchia strada di servizio che si inoltra nella lecceta. Proseguiamo per circa 2,1 km: incontriamo l’ingresso di una piccola grotta e dopo due svolte raggiungiamo un piano che si collega alla strada (siamo a quota 658 metri): prestando attenzione svoltiamo a sinistra (curva a gomito) e prendiamo il sentiero Cai 449B [1.6] che conduce alla terrazza del monte Pietralata per ammirare dall’alto lo splendido panorama sulla gola del Furlo e le pareti calcaree dove negli anfratti più nascosti nidifica l’aquila reale. Ci troviamo nell’area protetta della Riserva naturale statale della Gola del Furlo (circa 3.600 ettari), un ambiente incontaminato di notevole interesse naturalistico per gli aspetti floristici e faunistici. Dopo una meritata sosta, riprendiamo il sentiero in discesa che ci conduce al rifugio Furlo e quindi alla strada brecciata [1.7] che a sinistra scende gradualmente al paese di Furlo. Proseguiamo sempre sulla strada principale in discesa per 4,4 km e giunti al bivio 42


Fossombrone ➜ gola del Furlo

FOSSOMBRONE. Il ponte della Concordia, simbolo della città.

della cava [1.8] svoltiamo a destra mantenendoci sempre sulla strada che scende ancora per 800 m, fino a giungere all’abitato di Furlo.

Da vedere Fossombrone Cuore del centro storico è corso Garibaldi, con il ca-

ratteristico doppio porticato chiamato “le logge”, ricco di locali dove è possibile assaggiare un piatto di passatelli serviti, come da tradizione, in brodo o con sugo di pesce o tartufo, e bere un buon calice di Bianchello del Metauro. Lungo il corso si trovano la CHIESA DI SAN FILIPPO, esempio maestoso di barocco, con il particolare pavimento realizzato in seminato veneziano, e la CATTEDRALE DI SANT’ALDEBRANDO, patrono della città, con uno dei rari esempi di meridiana a camera oscura, un calendario solare che ogni giorno a mezzodì indica in quale segno zodiacale ci si trova. Attraverso due suggestive scalinate è possibile raggiungere la CORTE BASSA e la CORTE ALTA, entrambe residenze dei duchi di Urbino, signori della città. La prima è una costruzione cinquecentesca che conserva la pregiata cappella privata del cardinale Giulio Della Rovere, mentre la seconda è oggi sede del Museo Archeologico e della Pinacoteca Civica. Da qui si può ammirare un suggestivo panorama sulla valle del Metauro dal Furlo fino al mare e, sul lato opposto della valle, il colle dei Santi, con l’alta croce in traliccio di ferro che si illumina di notte ed è visibile da grande distanza. Qui si trova il SANTUARIO DEL BEATO BENEDETTO PASSIONEI, con l’annesso convento dei frati cappuccini, punto di partenza del Cammino. Simbolo di Fossombrone è il PONTE DELLA CONCORDIA, da cui si gode un colpo d’occhio suggestivo per l’illusione ottica che crea attraverso il riflesso sull’acqua: un cerchio quasi perfetto nel quale incorniciare la città. 43

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Fossombrone ➜ gola del Furlo

GOLA DEL FURLO. La suggestiva vista dall’alto sulle pareti a strapiombo.

Gola del Furlo Tra il monte Pietralata e il monte Paganuccio, la ripida gola si è creata grazie alla forza erosiva del fiume Candigliano. Si tratta di un autentico angolo di paradiso con una ricca vegetazione costituita in prevalenza da querce, roverella, carpino nero, orniello, acero e sorbo. È l’habitat di molte specie animali protette, quali l’aquila reale, il gufo reale, il picchio muraiolo, la rondine montana. Qui vivono inoltre lupi, caprioli, daini e cinghiali. Dal 2001 l’area è una Riserva naturale statale. A valle della gola la diga, di tipo ad arco di gravità, fu realizzata nel 1922, è alta 59 metri, ed è una tra le più importanti del centro Italia. In località Pianacce, facilmente raggiungibile mediante il sentiero che costeggia il fiume, si trova l’ABBAZIA DI SAN VINCENZO AL FURLO, eretta intorno all’anno Mille da san Romualdo sopra i resti di un tempio pagano; la struttura austera e dimessa è caratterizzata da una facciata a capanna, un portale ad arco con architrave in pietra scolpito, un’unica navata coperta da volte a crociera e tetto a capriate lignee. La cripta sopraelevata da 15 stretti gradini in pietra custodisce affreschi del Quattrocento: una Madonna col Bambino, San Vincenzo e i santi e un dipinto della Madonna del latte. Ottimo per una pausa ristoratrice, il parco della Golena, lungo le rive del fiume Candigliano, è attrezzato per la sosta e il picnic. Tra le specialità da assaggiare nei locali dei dintorni i vari piatti a base di TARTUFO DI ACQUALAGNA, pregiato e profumato tartufo bianco caratteristico di questa zona, o più semplicemente la CRESCIA SFOGLIATA, una sorta di piadina perfetta da farcire con salumi, formaggio e verdure.

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Gli indumenti tipici del cappuccino Come si riconosce un frate cappuccino? Se è vero che “l’abito non fa il monaco”, tuttavia l’abbigliamento è sempre stato segno distintivo della persona che lo porta. Francesco d’Assisi, figlio di Pietro di Bernardone, ricco mercante di stoffe, volle per sé e per i suoi frati un abito di lana grezza non colorata e a forma di croce, con un cappuccio aguzzo attaccato alla stessa veste, tessuto a saia, cioè con un tipo di intreccio tessile caratterizzato da una rigatura diagonale (da cui il nome “saio”) e per cingolo una semplice corda. Nel corso dei secoli l’abito francescano, pur rimanendo simile, ha subito notevoli cambiamenti, tanti quanti furono le numerose riforme prodotte dall’effervescenza del carisma francescano. I cappuccini furono così chiamati perché a differenza degli altri ordini francescani essi avevano un cappuccio vero e proprio attaccato all’abito. Nel libellus supplex, presentato da fra Ludovico al papa e concesso con la bolla del 1528 Religionis zelus, si domandava licenza di portare un “habitum mendicum et heremitarium cum paupercolo capuccetto quadrato”, cioè un abito povero ed eremitico con un piccolo cappuccetto quadrato. Secondo la tradizione degli spirituali, infatti, la forma quadrata del copricapo richiamava idealmente il braccio superiore della croce, che dava all’abito di san Francesco la sua autentica forma. La tonaca o saio era di panno grosso e di colore bigio e cinerizio; nel corso del XVIII secolo invalse la tendenza a mescolare più abbondantemente il colore rossigno, ottenendo un risultato più vicino al marrone. Tale colore divenne ufficiale nel 1912, anno in cui il Consiglio generale dichiarò che l’abito doveva essere del colore della lana naturale scura, cioè castano. I sandali sono segno dell’itineranza che, a differenza della stabilitas loci dei monaci, Francesco d’Assisi volle per i suoi fratelli, perché si ricordassero che sono “forestieri e pellegrini in questo mondo”, in cammino verso la patria del cielo. Simbolo di uno stile povero è il cingolo, una corda rozza fatta di fili di lino o di canapa (e non la cintura di cuoio, come per altri ordini religiosi), che si annoda alla vita con un semplice nodo scorsoio, e con tre nodi, a indicare i voti religiosi di obbedienza, povertà e castità; a esso per antica usanza, viene appesa la corona del rosario con una crocetta in legno. Oggetti tipici, benché ormai in disuso, erano anche per i fratelli laici la bisaccia che accompagnava il frate questuante alla cerca, come ben descrisse Manzoni di fra Galdino quando bussò alla porta di Agnese e Lucia: “un laico cercatore cappuccino, con la sua bisaccia pendente alla spalla sinistra, e tenendone l’imboccatura attorcigliata e stretta nelle due mani sul petto”; e la sporta. Era quest’ultima, tutta artigiana, un intreccio di vimini e di legno stagionato, che aveva come qualità la solidità, la capienza e anche una certa rustica bellezza. In essa i predicatori portavano libri e prediche; quelle dei frati cercatori erano piene di regalucci per i benefattori nel partire, ma al ritorno eranoå ricolme di provvidenza. 45


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