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Luana AIMAR & Nicola CASTELNUOVO

Il Progetto Speleopaleo

In Lombardia un moderno database raccoglie le testimonianze del passato

Luana AIMAR & Nicola CASTELNUOVO

I fossili, talvolta delicatissimi, che sporgono dalle superfici della grotta richiedono una grande attenzione da parte degli speleologi. Cercare di asportare, o anche solo sfiorare, reperti come questo – un gasteropode su un ramo di corallo in una cavità bergamasca – ne causerebbe l’inevitabile distruzione. (Foto Francesco Merisio)

Frequentando il mondo ipogeo capita abbastanza frequentemente di osservare fossili: nella maggior parte dei casi si tratta di reperti di scarsa importanza, tuttavia talvolta possono essere molto significativi per la ricostruzione della storia locale. La documentazione paleontologica è incompleta: per sua natura un fossile si forma in un ambiente anossico, a bassa energia e con un elevato tasso di sedimentazione, caratteristiche che, nella maggioranza dei casi, si possono trovare in ambienti come paludi, laghi e zone di sedimentazione costiera. Gli organismi che vivono in questi habitat o nelle sue vicinanze hanno quindi buone possibilità di fossilizzarsi, mentre quelli di ambienti prettamente terrestri, dove prevalgono i fenomeni di erosione, si conservano solo in condizioni del tutto eccezionali. Le grotte sono uno dei pochi ambienti terrestri in cui i processi di deposizione talora prevalgono su quelli di erosione, e i fossili in esse conservati possono rappresentare delle importanti finestre che consentono di indagare e ricostruire il passato di biocenosi che altrimenti avrebbero avuto scarse o nulle possibilità di conservarsi fino ai nostri giorni. L’altro lato della medaglia tuttavia è rappresentato dal fatto che le grotte sono ambienti poco visibili e non accessibili per la maggior parte delle persone; quindi i fossili in esse contenuti spesso non sono mai stati studiati da esperti che in alcuni casi non sospettano nemmeno l’esistenza di certi “cimiteri di ossa” o “strati di mortalità di massa” che invece sono ben noti alla comunità speleologica. In Lombardia fino ad oggi sono state esplorate e catastate oltre 4600 cavità, concentrate soprattutto nella fascia prealpina: molte di queste contengono reperti fossili che sono stati segnalati, fotografati e documentati da ricercatori specializzati o, nella maggior parte dei casi, dagli speleologi che fanno attività nell’area. La mole di documentazione prodotta, tuttavia, fino a pochi anni fa era dispersa nei bollettini dei gruppi speleologici, nelle pubblicazioni specializzate di Musei e Università o semplicemente… negli archivi e nella memo-

Carta tratta dal database del Progetto Speleopaleo.

I cerchietti gialli indicano la posizione delle cavità nel territorio lombardo; gli asterischi rossi evidenziano in particolare le grotte note in cui sono stati ritrovati resti fossili umani o tracce della passata frequentazione antropica. (Elaborazione grafica di Paola Tognini)

Carta tratta dal database del Progetto Speleopaleo.

Particolare delle aree del Triangolo Lariano e del massiccio delle Grigne: i cerchietti rossi indicano le grotte in cui è stata rinvenuta e documentata la presenza di reperti fossili. (Elaborazione grafica di Paola Tognini)

A fianco: all’iniziativa

“Workshop Speleopaleo: le grotte custodiscono

il passato!” hanno partecipato 34 iscritti provenienti da 4 regioni d’Italia. Dopo le lezioni teoriche, sono stati visitati il sito paleontologico di Besano, riconosciuto Patrimonio UNESCO, e due importanti grotte fossilifere di Campo dei Fiori. (Foto Antonio Premazzi)

A destra: Ossa di Ursus

spelaeus in una grotta di

Campo dei Fiori (VA). I resti fossili sono stati trasportati e accumulati in questo punto dall’azione dell’acqua. (Foto Luana Aimar) ria degli speleologi! Nel 2013 la Federazione Speleologica Lombarda (FSLo) si è resa promotrice del Progetto Speleopaleo, un lavoro di raccolta dati sulla presenza e distribuzione dei fossili all’interno delle grotte lombarde. L’obiettivo è quello di inserire, in maniera completa e omogenea, in un database informatico le informazioni disperse sul tema arrivando così, per la prima volta, a delineare un quadro completo e aggiornato delle conoscenze del patrimonio paleontologico custodito nelle grotte che si sviluppano nella regione. Per ogni cavità vengono indicati i tipi di fossili che sono stati osservati, la loro quantità e distribuzione, la matrice in cui sono inglobati, l’eventuale presenza di bibliografia in merito. Oltre a ciò, nel database del Progetto Speleopaleo trovano posto anche le immagini e numerose altre osservazioni che possono variare in base alla competenza e alle capacità di analisi di chi effettua la segnalazione: la determinazione generica o specifica, il grado di conservazione, ipotesi di datazione, constatazioni di atti di asportazione illegale, considerazioni sulla disposizione e sulle associazioni faunistiche ecc. I reperti sono distinti in due categorie fondamentali, diverse per età, storia ed ambiente di vita: i fossili inglobati nella roccia, ossia che sporgono dalle pareti e dalle superfici della grotta per un fenomeno di erosione differenziale, hanno un’età contemporanea a quella del calcare in cui si sviluppa la grotta ed il loro ambiente di vita in origine doveva essere molto diverso da quello attuale. Ne sono degli esempi ammoniti, crinoidi, gasteropodi, bivalvi ecc.; i fossili presenti nei sedimenti – come ossa, denti,

zanne ecc. – sono cronologicamente molto più recenti della grotta stessa e in vita hanno frequentato la cavità in cui allo stato attuale è possibile osservarli, o ambienti adiacenti a essa. Una sezione particolare del database è inoltre dedicata alle grotte d’interesse antropico, ossia in cui sono stati ritrovati reperti ossei attribuibili al genere Homo o tracce (resti di utensili, pietre scheggiate, ceramiche ecc.) della frequentazione umana. Tutte le fotografie e i dati raccolti sono organizzati in un’apposita sezione del database realizzato con il Progetto Tu.Pa.Ca. della Federazione Speleologica Lombarda: si tratta di un database che si avvale di un software via web dove si stanno inserendo – e costantemente aggiornando! – i dati catastali di tutte le grotte lombarde in modo da metterli a disposizione di tutti gli speleo e di renderli realmente fruibili. Mentre i dati più generici sulle grotte sono visibili a chiunque, l’accesso ai dati paleontologici è strettamente limitato e richiede l’autorizzazione dei responsabili del Progetto Speleopaleo. Questa precauzione è stata presa sia per ragioni di protezione e salvaguardia dei fossili stessi, sia per evitare di invogliare collezionisti e raccoglitori ad avventurarsi in un ambiente che, per essere percorso in sicurezza, richiede specifiche competenze. Nel 2015 i primi dati sono stati sintetizzati in quattro poster esposti nella mostra “Speleopaleo: un progetto vivo!” durante il Congresso Nazionale di Speleologia di Auletta di Pertosa. La partecipazione al Progetto Spe leo paleo è aperta a tutti gli speleologi che fanno attività e che frequentano le grotte lombarde. Chiunque, indipendentemente dal grado di conoscenza della materia, può collaborare inviando segnalazioni, fotografie e riferimenti bibliografici. L’iniziativa viene portata avanti in concomitanza con una indispensabile e capillare opera di sensibilizzazione presso gli speleologi: oltre alla diffusione di regolari relazioni sullo stato dei lavori sulle mailing list lombarde e all’organizzazione di workshop con cadenza annuale, vengono tenute serate “private” nelle sedi dei singoli gruppi e delle associazioni. Queste iniziative hanno lo scopo di illustrare i principi basilari della paleontologia, presentare modalità e obiettivi del Progetto e di sensibilizzare gli speleologi alla protezione dei reperti, evidenziando l’importanza di una loro corretta documentazione ed evitando una raccolta indiscriminata destinata a produrre solo una irreversibile perdita di informazioni.