EyeSee 1/2024

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RIVISTA SCIENTIFICA E DI INFORMAZIONE OFTALMOLOGICA FGE S.r.l.-Reg. Rivelle 7/F - 14050 Moasca (AT) - Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI) - Anno VI - N. 1/2024 - Trimestrale 1/2024 ANNO VI PRIMUM NON NOCERE  L’approvazione di FDA e il successivo rifiuto dell’EMA nei confronti di Syfovre infiamma il dibattito in Europa e oltreoceano RIFLETTORI SULL’ESPERTO Jorge L. Alió LARGO AI GIOVANI Specializzarsi in glaucoma è ancora un’opportunità per i giovani? APPROFONDIMENTI Gioventù e cheratocono: un occhio allo sport
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Redazione

Timothy Norris

Laura Gaspari, MA redazione@eyeseenews.it www.eyeseenews.it

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Direttore responsabile

Ferdinando Fabiano f.fabiano@fgeditore.it

Grafica e impaginazione

Cristiano Guenzi

Copertina

Silvia Schiavon

Coordinamento scientifico Vittorio Picardo, MD

Hanno partecipato a questo numero

Jorge L. Alió, MD, PhD, FEBOphth

Alessandra Balestrazzi, MD

Francesco Bandello, MD, FEBO

Alessandro Galan, MD

Pier Enrico Gallenga, MD, FEBO

Daniele Gaudenzi, MD

Baruch Kuppermann, MD, PhD

Paolo Lanzetta, MD

Silvano Larcher

Andrea Lembo, MD

Leonardo Mastropasqua, MD

Cosimo Mazzotta, MD, PhD, FWCRS

Alessandro Mularoni, MD

Paolo Nucci, MD

Giorgio Parisotto

Daniele Petrini

Olga Prenat

Serge Resnikoff, MD, PhD

Dario Romano, MD

Laura Sciandra, MD

Editore

FGE srl – Fabiano Gruppo Editoriale

Redazione: Strada 4 Milano Fiori, Palazzo Q7 – 20089 Rozzano (MI)

Sede legale: Regione Rivelle, 7 14050 Moasca(AT)

Tel 0141/1706694

Fax 0141/856013

Registrazione presso il Tribunale di Asti n. 1/2020 del 05/02/2020

Copia omaggio

1 Sommario EditorialE CovEr topiC PRIMUM NON NOCERE largo ai giovani SPECIALIZZARSI IN GLAUCOMA È ANCORA UN’OPPORTUNITÀ PER I GIOVANI? riflEttori Sull’ESpErto MEDICO PER VOCAZIONE innovazioni INTRAVEDERE IL FUTURO CaSi da inCubo A VOLTE RITORNANO nEwS approfondimEnti EDEMA MACULARE DIABETICO E LA FORZA DELL’INTEGRAZIONE NUTRACEUTICA GIOVENTÙ E CHERATOCONO: UN OCCHIO ALLO SPORT VISIONE ARTIFICIALE tECniChE ChirurgiChE A VOLTE BASTA POCO EvEnti CongrESSuali ottiCa fiSiopatologiCa INTERNATIONAL MYOPIA INSTITUTE: UN IMPEGNO COSTANTE PER LA MIOPIA nEwS dallE aziEndE
RIVISTA SCIENTIFICA E DI INFORMAZIONE OFTALMOLOGICA 1/2024 ANNO VI PRIMUM NON NOCERE  L’approvazione dell’FDA e successivo rifiuto dell’EMA nei confronti di Syfovre infiamma il dibattito in Europa oltreoceano RIFLETTORI SULL’ESPERTO Jorge L. Alió Specializzarsi in glaucoma ancora un’opportunità per giovani? Gioventù cheratocono: un occhio allo sport 2 4 8 12 16 20 26 30 34 23 38 36 44 40

QUALE SARÀ IL FUTURO

DEI FARMACI PER LA DEGENERAZIONE MACULARE ATROFICA IN EUROPA

Di Professor Francesco Bandello, Ospedale San Raffaele, Milano

Con l’approvazione lo scorso anno di Syfovre (pegcetacoplan, Apellis Pharmaceuticals) e Izervay (avacincaptad pegol, Iveric Bio – Astellas) da parte della FDA statunitense – rispettivamente a febbraio e agosto – si è aperta una nuova possibilità per i pazienti affetti da degenerazione maculare atrofica. Tuttavia, è di qualche settimana fa la notizia, confermata da Apellis tramite un comunicato stampa, che EMA non ha approvato Syfovre in Europa. Per capire la motivazione di questa scelta da parte dell’Agenzia del Farmaco comunitaria, dobbiamo fare una grossa premessa. La degenerazione maculare atrofica ha come caratteristica quella dell’evolvere in tempi molto lenti e prevede la morte dei fotorecettori centrali, che avviene in modo graduale. Dunque, il danno che si determina è irreversibile. Il processo di degenerazione porta alla morte cellulare e la tempistica è così dilazionata nel tempo che il paziente finisce con “l’abituarsi” un po’ alla disabilità che la sua malattia sta determinando. Questo fattore è peraltro uno dei motivi per cui spesso il paziente arriva in ritardo da noi medici per farsi visitare. Il suo cervello, giorno dopo giorno, instaura dei meccanismi per compensare e questo gli permette di vivere il suo handicap

Tutte le interviste contenute in questo numero sono consultabili collegandosi al sito: www.eyeseenews.it

meglio di come accade quando la malattia ha tempi di evoluzione molto più rapidi, come ad esempio la sorella cattiva della degenerazione maculare, cioè la forma umida.

Ciò che si deve dunque comprendere è che qualsiasi forma di trattamento si faccia nei casi di degenerazione maculare secca, esso non sarà mai in grado di determinare un miglioramento dell’acuità visiva. Pertanto, non ci si può attendere che il farmaco in questione sia in grado di restituire quei fotorecettori che nel frattempo sono già morti.

FDA ha registrato prendendo atto che questi farmaci non siano in grado di dare un miglioramento della funzione visiva, ma comunque contribuiscano a rallentare l’allargamento delle zone atrofiche. EMA, al contrario, ha messo uno stop al farmaco perché non è in grado di migliorare la qualità visiva dei pazienti, cosa che non è possibile con tale prodotto, e va al di là delle capacità di questo tipo di terapie e della natura della patologia stessa. Non può esserci un miglioramento della funzione visiva quando i fotorecettori, che sono cellule perenni che ci portiamo dalla nascita, sono morti. La migliore delle ipotesi è che la terapia rallenti la progressione e faccia sopravvivere qualche fotorecettore in più. Questo EMA sembra non abbia voluto capirlo. Tuttavia, bisogna riconoscere che il paziente difficilmente riesce a capire che le cose stanno andando meglio perché non c’è un miglioramento tangibile e percepito. Dunque dobbiamo essere noi medici a fargli capire che decisamente sta andando meglio di come andrebbe il decorso della patologia senza questi trattamenti. Tocca a noi spiegare e far capire ai nostri pazienti che al momento non ci sono trattamenti all’orizzonte che migliorano la loro condizione visiva.

Possono solo conservare più a lungo la funzione visiva, ma non sono terapie in grado di produrre un miglioramento nel senso tradizionale del termine. In Europa stiamo comunque assistendo a movimenti, specialmente dal lato di pazienti e delle società monotematiche, che stanno scrivendo a EMA chiedendo la registrazione del prodotto anche nel nostro continente. L’ha fatto la società spagnola ad esempio e, nel nostro Paese, si sta muovendo l’Associazione Pazienti Malattie Oculari, che sta scrivendo un documento da presentare alle autorità dell’EMA insieme a tutti gli altri. Mi auguro però che EMA riveda la sua posizione e che consenta anche ai pazienti europei con degenerazione maculare atrofica di essere trattati con farmaci come Syfovre e Izervay, in grado di migliorare bene o male la prognosi. Siamo abituati a dire ai nostri pazienti che non c’è nulla da fare per la loro condizione, vedendoli anno dopo anno per valutare il progresso della malattia. Il numero di pazienti che arriva con questo tipo di problemi è una grande quantità, e dagli Stati Uniti stanno arrivando molti dati a riguardo, ed è un grandissimo risultato.

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PRIMUM NON NOCERE

L’approvazione di FDA e il successivo rifiuto dell’EMA nei confronti di Syfovre infiamma il dibattito in Europa e oltreoceano

UIntervista al Professor Baruch Kuppermann, Università della California, Irvine e Gavin Herbert Eye Institute, e al Professor Paolo Lanzetta, Scuola di Specializzazione in Oftalmologia dell’Università di Udine, Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare (IEMO), Udine

Una piccola differenza nella visione nella prassi e nelle politiche. Una decisione binaria tra un’approvazione o il suo contrario, piuttosto di una sospensione del giudizio. Un piccolo momento nella storia della medicina che potrebbe avere ripercussioni sensibili nella strategia di gestione del paziente con delle differenze radicali da una parte come dall’altra dell’Oceano Atlantico. Stiamo parlando della decisione contrapposta della FDA, e a un anno di distanza dell’EMA, nei confronti di Syfovre (pegcetacoplan) di Apellis, a tutti gli effetti il primo farmaco al mondo per la terapia dell’atrofia geografica ad approdare sul mercato.

Quasi come un’ironia etimologica, la differenza tra approvazione e rifiuto si cela nella sfumatura della vox media per eccellenza, un φάρμακον (pharmakon) che può essere allo stesso tempo un rimedio o un veleno a seconda di

come esso viene osservato; senza tuttavia scadere nella sua forma dicotomica, bensì generando un ventaglio di osservazioni etiche - contrapposte ma mai del tutto errate. La riproposizione di una vexata quaestio ben più antica della medicina moderna, eppure prepotentemente capace di tornare in prima linea per sfidare il consenso della comunità medica stessa.

“Si tratta di un inibitore del complemento C3 già precedentemente approvato per il trattamento dell’emoglobinuria parossistica notturna, e che oggi, sotto il nome commerciale di Syfovre, è diventato il primo farmaco per il trattamento di una patologia precedentemente incurabile come l’atrofia geografica”, spiega Baruch D. Kuppermann, MD, PhD. “Inibendo la proteina del complemento C3, questo farmaco è in grado di interferire nella cascata enzimatica e rallentare di conseguenza il

Baruch Kuppermann è Professore di Oftalmologia all’Università della California, Irvine, e Direttore del Gavin Herbert Eye Institute, ed è uno dei maggiori esperti al mondo di degenerazione maculare.

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L’impossibilità di quantificare veramente il rischio in questa fase ha causato molta esitazione. Si tratta però di eventi rari che sembrano presentarsi alla prima iniezione con una frequenza sull’ordine di uno ogni quattromila, cinquemila occhi trattati.

Baruch D. Kuppermann

processo di deterioramento delle cellule retiniche, di fatto frenando la perdita della visione centrale nel paziente”.

Professore di Oftalmologia all’Università della California, Irvine, e Direttore del Gavin Herbert Eye Institute, Baruch Kuppermann è uno dei maggiori esperti al mondo di degenerazione maculare. Come medico attivo negli Stati Uniti, Kuppermann ha avuto la possibilità di utilizzare Syfovre per il trattamento dei propri pazienti, formulando dei protocolli preliminari per la somministrazione del farmaco.

“A differenza di ciò che è successo negli Stati Uniti con FDA, l’EMA non ha approvato l’uso del farmaco in Europa. Cos’è successo?”, si interroga Paolo Lanzetta, MD, Direttore della Clinica Oculistica e della Scuola di Specializzazione in Oftalmologia dell’Università di Udine, Fondatore e Direttore Scientifico dell’Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare (IEMO).

ci per la qualità della vita del paziente trattato, considerando la più lenta progressione della lesione maculare come un parametro non sufficiente per soprassedere su questo criterio e concedere l’approvazione.

Oltre a questo, la decisione di EMA si è mossa valutando la presenza di un elevato rischio di effetti avversi non sufficientemente bilanciati dai benefici del farmaco stesso. Una problematica osservata anche da Kuppermann.

“La valutazione dei rischi rispetto ai benefici è tuttora una parte molto importante della nostra discussione”, sottolinea. “C’è sicuramente un certo grado di riconoscenza nell’avere un’opzione terapeutica, e a prescindere è molto meglio di non avere nulla per il paziente. Alcuni colleghi hanno tuttavia sottolineato che potrebbe essere peggio questo che non avere nulla, evidenziando con preoccupazione la presenza di alcuni rischi legati alla somministrazione del farmaco”.

Secondo Kupperman sono tre le preoccupazioni principali riguardanti i parametri di sicurezza, non tutti osservati durante la fase di sperimentazione clinica.

Secondo Lanzetta, la decisione opposta delle due agenzie dipende principalmente dall’interpretazione in fase registrativa dell’endpoint primario degli studi di fase 3 OAKS e DERBY. “Da una parte FDA ha accettato come endpoint un risultato non funzionale, ma anatomico, prendendo in esame la crescita dell’atrofia geografica e osservando una crescita inferiore nei pazienti trattati rispetto a quelli non trattati”, spiega. “Dall’altra parte, l’EMA ha fin da subito avvisato Apellis della mancanza nei loro studi di un endpoint funzionale, reputato in quel caso fondamentale per l’approvazione”. In linea con questo principio, la comunicazione ufficiale da parte dell’EMA ha sostenuto una valutazione negativa sulla base della mancanza da parte degli studi di una valutazione dei benefi- ➧

“Il primo era ben noto e riportato negli studi, ed è il rischio di conversione a una forma essudativa di degenerazione maculare. Si tratta comunque di un problema che ha una terapia ed è oggi facilmente gestibile, per quanto spiacevole”, spiega Kuppermann. “Un altro effetto collaterale noto è la neuropatia ottica ischemica, considerata un ‘disc at risk’, che dobbiamo tenere in considerazione, ma non risulta essere particolarmente spaventosa come condizione”, osserva. “Non quanto invece la terza, non osservata nei trial, emersa in un numero fortunatamente limitato

Il Professor Paolo Lanzetta è Direttore della Clinica Oculistica e della Scuola di Specializzazione in Oftalmologia dell’Università di Udine, e Fondatore e Direttore Scientifico dell’Istituto Europeo di Microchirurgia Oculare (IEMO).

di casi e di cui stiamo ancora cercando di capire la vera entità del rischio, ed è una grave complicanza chiamata vasculite retinica occlusiva emorragica, che può portare a cecità e che ha portato in due casi all’enucleazione”.

“Negli Stati Uniti l’approvazione di Syfovre da parte della FDA nel febbraio del 2023 ha scatenato subito un gran dibattito”, racconta Lanzetta. “Polarizzando le posizioni tra chi come Richard

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EMA ha fin da subito avvisato Apellis della mancanza nei loro studi di un endpoint funzionale, reputato in quel caso fondamentale per l’approvazione

Spaide sostiene che sia tempo sprecato, e chi come Caroline Baumal difende il composto a spada tratta. In Europa invece fino ad ora non c’è mai stato dibattito, perché abbiamo visto i risultati degli studi registrativi, ma non abbiamo mai avuto esperienza diretta del farmaco”.

“L’impossibilità di quantificare veramente il rischio in questa fase ha causato molta esitazione”, spiega Kuppermann. “Si tratta però di eventi rari che sembrano presentarsi alla prima iniezione con una frequenza sull’ordine di uno ogni quattromila, cinquemila occhi trattati, ed è qualcosa che al momento dobbiamo saper affrontare”, aggiunge. “Questo ci porta a creare una strategia gestionale, perché come mostrato in OAKS e DERBY e successivamente nello studio esteso GALE, il beneficio è direttamente proporzionale alla durata della terapia, ed è nel nostro interesse proteggere a tutti i costi la fovea”. Una delle strategie suggerite da Kuppermann riguarda la selezione non solo del paziente, ma dell’occhio da usare per il primo impatto con il farmaco. “Il paziente che potrebbe accettare il rischio di questa terapia solitamente è quello che ha già un’atrofia avanzata in un occhio e vuole salvare l’altro a tutti i costi. Ovviamente, la cosa che meno vorremmo causare al paziente è una vasculite nell’occhio buono, e siccome questa grave complicazione avviene in genere tra la prima e la seconda iniezione, partiamo con l’occhio meno buono, tenendo strettamente monitorato il paziente”, spiega Kuppermann. “Per le prime due iniezioni usiamo quindi l’occhio meno buono come un ‘test eye’, poi, se tutto è andato come previsto, procediamo con il trattamento dell’occhio più sano”. L’approvazione della FDA e il rifiuto dell’EMA si pongono in due posi -

zioni polari di uno spettro orientato alla tutela del paziente: la posizione europea più conservatrice, forte di un principio di precauzione volto a tutelare il paziente da uno sbilanciamento nel rapporto tra rischio e beneficio da una parte, e quella statunitense orientata a dare comunque al paziente un’opzione terapeutica per contrastare una patologia degenerativa inarrestabile e invalidante. Un concetto che in ambo i casi risponde in due modi diversi al principio ippocratico primum non nocere.

“I pazienti hanno tuttavia preso molto male la notizia”, puntualizza Lanzetta. “L’approvazione da parte della FDA ha creato aspettative che sono state deluse dalla decisione dell’EMA, e questo ha generato molto smarrimento.

comprensibile: per lo stesso principio, dunque, neppure i farmaci per il glaucoma che, pur regolando la pressione intraoculare, non hanno un endpoint funzionale di recupero dell’acuità visiva non dovrebbero essere approvati. Non ha senso”, sottolinea. Per quanto questa situazione stia mantenendo l’Europa senza un farmaco per l’atrofia geografica, l’arrivo di altri farmaci potrebbe presto risolvere il problema.

C’è sicuramente un certo grado di riconoscenza nell’avere un’opzione terapeutica, e a prescindere è molto meglio di non avere nulla per il paziente
Baruch D. Kuppermann

L’ente europeo dovrebbe prendersi la responsabilità di approvare un farmaco che sarebbe al momento l’unico disponibile per questi pazienti che, pur avendo delle criticità potrebbe, con una selezione accurata e un adeguato monitoraggio, dare notevoli soddisfazioni”, aggiunge.

Il giorno successivo all’emissione del verdetto negativo, Apellis ha annunciato in un comunicato stampa che sottoporrà Syfovre (pegcetacoplan) a una riesaminazione presso l’ente regolatore. “Rimane comunque il grosso ostacolo dell’assenza dell’endpoint funzionale”, spiega Lanzetta. “Una posizione così granitica è in-

“C’è un altro farmaco di cui si sentirà parlare sempre più, chiamato Izervay (avancincaptad pegol, Astellas), recentemente approvato dalla FDA, grazie ai risultati più o meno similari degli studi GATHER-1 e GATHER-2, che inibisce la proteina C5 del complemento e che sta a tutti gli effetti entrando a far parte del nostro armamentario”, spiega Kuppermann. “Un esempio è il farmaco ANX007 di Annexon che inizierà uno studio pivotale in sei mesi, ma che ha già portato dei risultati che dimostrano un effetto funzionale con un miglioramento dell’acuità visiva”, aggiunge Lanzetta.

“Dal punto di vista dell’AMD atrofica invece Stealth BioTherapeutics sta sviluppando l’elamipretide che lavora su tutto un altro endpoint anatomico: la riduzione dell’assottigliamento della zona ellissoide con un potenziale miglioramento della vista. Credo che l’approvazione di questo farmaco potrebbe aprire le porte a una nuova realtà di trattamenti delle patologie della macula”, afferma Kuppermann. “I prossimi cinque anni saranno densi di novità, e sarò grato a tutte le aziende e ai ricercatori che renderanno questo possibile”, conclude.

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Largo ai giovani

SPECIALIZZARSI IN GLAUCOMA È ANCORA UN’OPPORTUNITÀ PER I GIOVANI?

Una riflessione sul perché c’è scarsità di nuove menti, a fronte di tutte le innovazioni all’orizzonte

Intervista al Dottor

Dario Romano, Ospedale San Paolo, Milano

IIl Dottor Dario Romano

Il glaucoma è una patologia complessa, ancora non del tutto compresa in tutti i suoi aspetti e che richiede un continuo studio da parte degli specialisti. Nonostante il terreno fertile per la ricerca clinica e l’innovazione, quella del glaucoma non è una sottospecialità dell’oftalmologia così ambita: gli specialisti sono pochi, soprattutto nel nostro Paese, ed è reale la preoccupazione che sempre meno giovani si avvicinino alla disciplina, malgrado siano quasi un milione gli italiani affetti da glaucoma. Tuttavia, chi ha intrapreso questo difficile percorso lo fa con passione e dedizione, sacrificio e voglia di mettersi in gioco. Con il Dottor Dario Romano, giovane specialista di glaucoma, abbiamo parlato dei problemi conseguenti alla carenza di specializzandi e oculisti esperti di glaucoma, cercando di capire il perché di questo fenomeno e di come invece questa sottospecialità sia stimolante, innovativa e piena di gratificazioni.

C’È SEMPRE QUALCOSA CHE BOLLE IN PENTOLA

“L’oculistica e l’occhio come organo mi hanno sempre affascinato molto; al di là dei luoghi comuni, è una parte del nostro corpo che riesce a trasmettere tutto durante le interazioni umane”, afferma Dario Romano. Giovanissimo oculista presso l’Ospedale San Paolo di Milano, dove ha svolto il suo percorso di specializzazione sotto la guida del Professor Luca Rossetti, Dario Romano aveva chia-

ra la sua passione per il glaucoma già ai tempi della facoltà di medicina all’Università La Sapienza, incoraggiato anche dal Professor Andrea Perdicchi. Dario Romano è anche membro dal 2022 della faculty della European School for Advanced Studies in Ophthalmology (ESASO), che ha frequentato lui stesso quando era ancora specializzando.

L’oftalmologia è, per Romano, una specialità poliedrica e in continua evoluzione. “Si tratta di una disciplina che si serve tanto di tecnologia e innovazione: c’è sempre qualcosa che bolle in pentola”, spiega. “L’aspetto che mi piace di più è che c’è la possibilità di spaziare ampiamente dalla clinica, alla chirurgia, alla ricerca. In altre specialità invece si è un po’ più vincolati”. Il glaucoma è, nello specifico, un esempio lampante di questa eterogeneità della scienza oftalmologica. “Il glaucoma permette di seguire tanta clinica, perché abbiamo pazienti con una malattia cronica e che necessitano di essere costantemente seguiti e controllati, seguendo l’evoluzione della patologia e delle terapie, che è un aspetto interessante”, commenta Romano. “C’è inoltre l’aspetto chirurgico, perché una buona fetta di questi pazienti con glaucoma andranno incontro a uno o più interventi. Infine, non va messa in secondo piano l’attività di ricerca che nel campo del glaucoma è sempre viva, nonostante sia una patologia conosciuta da secoli”.

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Il Dottor Romano al congresso AISG 2023

PERCHÉ COSÌ POCHI?

Specializzarsi in glaucoma sembra abbastanza stimolante per un giovane, con così tante possibilità e strade da intraprendere. Tuttavia, la realtà dei fatti è diversa. Specialmente nel nostro Paese i giovani che si vogliono specializzare in glaucoma sono sempre meno, e anche a livello internazionale l’aria che si respira non è molto diversa. “Ai congressi nazionali si soffre molto di questa carenza, ma anche in quelli internazionali”, racconta Dario Romano. “Due anni fa ho avu-

to l’occasione di fare da relatore al congresso della European Glaucoma Society ad Atene e, nonostante sia una società abbastanza giovane e dal grosso peso scientifico, l’età media era piuttosto alta”. Questa carenza di nuove leve sta destando preoccupazione nella comunità oftalmologica esperta di glaucoma, accendendo dibattiti a riguardo anche tra le figure senior.

Perché si sta assistendo a questo fenomeno di scarsità di giovani specializzandi e, di conseguenza, di futuri specialisti? Secondo Dario

Romano, le ragioni vanno ricercate nella natura della disciplina stessa. “Avendo una grossa fetta di clinica, il glaucoma può risultare poco attrattivo per gli specializzandi. Richiede moltissimo studio che non tutti se la sentono di affrontare dopo un percorso duro come quello di medicina”, afferma. “Nel glaucoma lo studio teorico è necessario, non solo come aggiornamento continuo, ma per accrescere sempre più il proprio bagaglio culturale per gestire al meglio i nostri pazienti”. La natura stessa della malattia por- ➧

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Largo ai giovani

Nel glaucoma lo studio teorico è necessario, non solo come aggiornamento continuo, ma per accrescere sempre più il proprio bagaglio culturale per gestire al meglio i nostri pazienti

ta quindi a dover dedicare molto tempo allo studio e al follow-up dei pazienti, con una progressività e una lentezza che, evidentemente, non sono per tutti. “Purtroppo non sempre il glaucoma dà soddisfazione. Se operiamo una cataratta, il paziente entra in ospedale che vede poco ed esce con un buon visus. Un paziente con distacco di retina può arrivare da noi con una prognosi e visus scarsi e uscire, dopo una chirurgia di successo, che ci vede bene”, afferma Romano. “Nel glaucoma invece abbiamo pazienti che vanno seguiti tutta la vita dal mo-

Il Dottor Dario Romano con il Professor Luca

mento in cui viene fatta la diagnosi. Alcuni di loro, una minoranza per fortuna, manifestano peggioramento anche dopo trattamenti farmacologici e chirurgici ben riusciti. Per alcuni può essere causa di grande frustrazione”.

UN FUTURO BRILLANTE, PIENO DI SORPRESE E DA SCOPRIRE Nonostante il problema della scarsità di nuove leve, il glaucoma è una delle aree in cui si sta registrando una grande crescita. “Siamo a uno stadio avanzatissimo, pensiamo alla diagnostica: siamo ora in grado di

identificare un glaucoma che un tempo avremmo definito preperimetrico, anche negli stadi iniziali, cosa un tempo impensabile”, spiega Dario Romano. “Dal punto di vista terapeutico abbiamo moltissime opzioni, dai trattamenti laser poco invasivi alle nuove formulazioni di colliri senza conservanti, fino alla somministrazione di farmaci a lento rilascio, che ci aiutano a migliorare la compliance del paziente”. Anche la chirurgia ha fatto passi da gigante, così come la ricerca che si sta spingendo sempre più in là nel campo della neuroprotezione. “La terapia chirurgica si è perfezionata molto negli ultimi anni, con tecniche sempre meno invasive e sempre più efficaci”, commenta. “C’è il grosso capitolo della neuroprotezione, con sempre più molecole che vengono studiate. Anche se un po’ in ritardo rispetto ad altre sottospecialità, stiamo iniziando a parlare di terapia genica nel glaucoma, così come di ‘neurorigenerazione’ con studi che, qualora dessero buoni risultati, cambieranno tutto lo scenario della gestione della malattia glaucomatosa”.

Tutte queste prospettive future sono estremamente convincenti e si spera attraggano sempre più giovani nello studio della materia. “Lo stimolo deve venire dalla voglia di tenersi in continuo aggiornamento e di volerne sapere sempre di più, di tenersi al passo con tutte le innovazioni. Dal perfezionamento delle tecniche esistenti, all’introduzione di nuovi farmaci, fino alle nuove vie di somministrazione e tecniche diagnostiche”, conclude Dario Romano. “Questo per un giovane dovrebbe essere un grande motivo di attrattiva e stimolo, e per questo consiglio di buttarsi in questa sottospecialità”.

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La storia di uno dei giganti dell’oftalmologia europea, Jorge L. Alió, e di come la sua determinazione lo ha reso chi è oggi

Intervista al Professor Jorge L. Alió, Università Miguel Hernandez de Elche e Vissum, Alicante, Spagna

NNel panorama oftalmologico europeo non si può certo negare che Jorge L. Alió sia un gigante. Noto esperto di segmento anteriore, il Professor Alió è una di quelle figure decisamente famose e che si guardano con ammirazione. È incredibile quindi quando una personalità di tale portata, raccontandosi, ammetta di essere partito completamente da zero e di aver lottato per essere chi è oggi: formatosi come specialista di retina, è virato verso il segmento anteriore seguendo le orme dei grandi, di cui è stato allievo. È fondatore poi della Vissum Corporation ad Alicante, che ha creato 50 centri oftalmologici solo in Spagna, e che oggi è stata incorporata in Miranza e in VEOMED, una delle società più importanti in Europa che detengono centri oftalmologici. Professore dedicato e appassionato, prima all’Università di Alicante e poi

Per collegarsi al video, scansionare il codice QR

all’Università Miguel Hernandez de Elche, sempre ad Alicante, Alió ha dedicato la sua carriera alla ricerca e all’innovazione, di cui è ampiamente protagonista, con più di 800 pubblicazioni scientifiche peer review, con un h-index di 77 (Scopus) e più di 90 libri pubblicati e, a dar credito della sua attività scientifica, numerose collaborazioni. Insieme alla moglie, Maria, tiene una Fondazione a suo nome in cui si occupa di sensibilizzare alle malattie della vista e prevenire la cecità, arrivando a promuovere la fondazione di un ospedale oftalmico in Mauritania nel 2010. Potremmo definire quindi Jorge L. Alió un ‘self made man’: uno specialista che con determinazione ha seguito la sua passione, riuscendo a ottenere ciò che voleva. In questa appassionata intervista, il Professor Alió si è raccontato e ha condiviso con i lettori i suoi successi, le sue passioni e le sue speranze per il futuro degli oftalmologi e dei pazienti.

Professore, quali sono la sua sottospecialità e le sue aree di interesse? Mi sono dedicato alla chirurgia della cataratta, le lenti intraoculari, la chirurgia refrattiva, la cornea e la superficie oculare, anche se il mio background formativo è più esteso perché mi sono formato come chirurgo di retina. Infatti, ho frequentato una fellowship sulla retina al Wilmer Eye Institute. Mi sono occupato anche di strabismo, motilità oculare e immunologia e infiammazione oculari. Tuttavia, la mia attività chirurgica degli ultimi vent’anni si è concentrata sul segmento anteriore, quindi cataratta, cornea, chirurgia refrattiva, glaucoma e superficie oculare.

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RiflettoRi sull’espeRto
Il Professor Jorge L. Alió
Citando Martin Luther King, “ho un sogno: quello” con: “Citando Martin Luther King, ‘ho un sogno’: e il mio sogno è quello

Chi sono state le persone più influenti nella sua carriera? Chi considera un maestro e un mentore? Questa è una domanda importante perché riconoscere da dove arriva la propria conoscenza e chi ti ha assistito è secondo me indicativo di chi si è ora. Il mio primo mentore è stato il Professor Gustavo Leoz di Madrid, molto conosciuto in Spagna, ma un po’ meno all’estero. Molta della mia formazione è stata internazionale. Il primo che menzionerei è sicuramente George Waring III, mio mentore per la chirurgia refrattiva. Poi, il Professor Herbert Kaufman è stato il mio mentore nella chirurgia della cornea. Per quanto riguarda la cataratta, sono fiero di essere stato tra gli ultimi allievi del fondatore della facoemulsifica-

zione, Charles Kelman. Tra gli altri ci sono Richard Lindstrom, un mentore e un modello per me nella ricerca clinica, e Howard Fine per la chirurgia microincisionale e l’ingegneria.

Quali sono stati i suoi più grandi traguardi e contributi all’avanzamento dell’oftalmologia?

Ho lavorato in parecchi campi grazie al mio profilo accademico, però se dovessi restringere alle aree a cui ho dedicato il grosso della mia carriera, dividerei quindi in cornea, cataratta e chirurgia del cristallino. Nella chirurgia del cristallino ho lavorato con quasi tutte le lenti intraoculari conosciute fino ad oggi, e ho contribuito allo sviluppo di molte di esse. L’ultima a cui ho lavorato è la lente

intraoculare accomodativa Lumina (Akkolens): l’accomodazione è l’ultimo step mancante che ci manca per ottenere il ripristino del meccanismo fisiologico della visione usando la focalizzazione naturale. Ci siamo arrivati dopo quattordici anni di studi proprio con le lenti Lumina. Per quanto riguarda la chirurgia della cataratta, il mio contributo è stato quello di promuovere lo sviluppo della moderna chirurgia microincisionale mini-invasiva della cataratta e recentemente la capsulotomia laser. Sono partito dal lavoro dei miei mentori nella chirurgia della cataratta, che avevano iniziato con incisioni di 3 mm, arrivando fino a quelle da 1 mm, che danno ottimi risultati nella fluidodinamica e nei micromeccanismi. Abbiamo oggi modo e capacità di operare con delle incisioni ultra piccole. Ho pubblicato un libro che si intitola “Minimizing incision and maximizing outcomes in cataract surgery”, che riassume molto di quello che ho fatto per la chirurgia della cataratta. Per quanto riguarda la cornea, ho pubblicato un altro libro intitolato “Modern keratoplasty”, che include le innovazioni raggiunte in quest’area. In questo senso, un grande risultato è stato dimostrare che la cornea e lo stroma possono essere rigenerati dalle cellule staminali del tessuto adiposo, prelevabili con una liposuzione dal paziente stesso. Esse sono in grado di produrre nuovo collagene nella cornea e compensare parte della perdita di spessore. Queste cellule staminali possono essere incluse nella chirurgia espansiva dello stroma corneale, usandole in modo che si trasformino in cheratinociti. Infine, per la chirurgia refrattiva sono stato coinvolto in numerose innovazioni in questo settore. Per esempio, ➧

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Jorge L. Alió con il suo maestro e mentore George Waring III

RiflettoRi sull’espeRto

nella chirurgia laser ad eccimeri e femtosecondi per la miopia, l’ipermetropia e l’astigmatismo irregolare. Il mio contributo maggiore nella chirurgia refrattiva è stato la creazione di un corso universitario specializzato e internazionale su Chirurgia Refrattiva, della Cornea e del Cristallino che include cinquecento ore di attività didattiche. Tutti questi contributi li devo ai miei mentori, aiutanti, amici e al mio staff medico, che mi hanno supportato per raggiungere i miei obiettivi.

Lei è presente sulla scena internazionale ed è coinvolto nei grandi avanzamenti dell’oftalmologia. Quanto di ciò che fa e ha appreso trova spazio nella quotidianità della sua pratica clinica?

Devo dire che ciò che uso oggi è tutto frutto della mia curiosità e dell’osservazione degli altri. Tutto ciò che ho applicato nella ricerca lo utilizzo in un modo o nell’altro: la ricerca ha successo per non più del 20% delle idee di partenza. Se si vuole avere successo nella ricerca bisogna lavorare in di-

versi campi in cui non sempre si può riuscire. Devo dire che tutto ciò che si fa nella ricerca ci dice come fare me-

glio le cose, come meglio includere l’innovazione per ottenere risultati sempre migliori, per promuovere il progresso e migliorare la qualità della vita dei propri pazienti. Sulla base degli stimoli che ci diamo nel perseguire un percorso d’eccellenza, ogni risultato porta a qualcosa di sempre migliore, a nuove domande e nuove risposte per risolverle. Quindi, credetemi, sto applicando tutto quello che ho imparato nella mia vita, sia a livello pratico, chirurgico e dalla ricerca, che nell’interpretazione clinica dei progressi di un paziente, nella diagnostica e nello sviluppo di nuovi strumenti. Ho imparato molto presto queste cose dai miei mentori che citavo prima. Ho applicato il metodo che ho imparato dai miei insegnanti all’inizio della mia carriera. Per questo li devo ringraziare e continuare a seguire le tracce che hanno lasciato.

Cosa ne pensa di sé come insegnante? Quanto è importante dare spazio ai suoi studenti?

Mi considero un insegnante attento. Credo di essere anche un buon insegnante, considerando i feedback che ho ricevuto dai miei studenti in trentacinque anni all’università, ed è estremamente positivo. Si trovano anche degli amici insegnando, che sono uno stimolo, alcuni ti seguono per tutta la vita, altri non li rivedi mai più, ma sarai sempre nella loro memoria.

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Il corso sulla chirurgia refrattiva tenuto ogni anno da 9 anni dal Professor Alió Jorge L. Alió e la moglie Maria hanno fondato insieme la Fondazione Jorge L. Alió e il premio artistico Miradas

Ho dedicato molta della mia carriera a insegnare e ho creato un sistema per interagire con i miei studenti che applico sempre, in cui cerco di insegnare a risolvere un problema non spiegando subito la soluzione, ma dando loro gli strumenti per arrivare alla risposta giusta. Il mio sistema lo chiamo “insegnamento tutoriale”. In questo modo, secondo me, rimane impresso negli studenti ciò che hanno imparato. Di solito procedo con i primi quindici minuti in classe rivedendo con gli studenti l’argomento che avevo già comunicato precedentemente. Nei successivi quarantacinque minuti i miei studenti provano a risolvere in autonomia i problemi clinici rilevati, con gli strumenti a disposizione. Questo è il mio sistema e mi piace molto.

Quanto è importante la sua professione nella sua vita? Quali sono le sue passioni e hobby fuori dalla sua professione?

Questa è una domanda molto difficile perché credo di dedicare almeno il 70% della mia vita alla mia professione. Sono un medico per vocazione, la mia famiglia non voleva che lo diventassi, non ci sono stati medici prima

di me, e sono finito nell’oftalmologia per caso. Ovviamente la medicina e l’oftalmologia sono una parte importantissima della mia vita, tanto che ho convinto mio fratello a diventare un medico, mia sorella è un’infermiera e due dei miei quattro figli sono già medici. Questo dimostra quanto l’oftalmologia sia riuscita a influenzare la mia vita. Sono comunque un essere umano e la mia seconda passione è l’arte. Sono esperto in arte classica e arte mediterranea e possiedo una collezione di quasi mille pezzi. Ho istituito con la mia fondazione un premio, chiamato Miradas (sguardi, in spagnolo), per portare attenzione ai problemi della vista attraverso l’arte. Le opere che raccogliamo finiscono sulle copertine del Journal of Refractive Surgery ogni mese. Questo avviene da quasi vent’anni. Potete vedere le copertine e le opere di Miradas sul sito web dedicato. Oltre a oftalmologia e arte amo lo sport, specialmente quello individuale perché la mia agenda è molto fitta e non ho molto tempo per gli sport collaborativi. Di solito pratico sport molto presto la mattina. Sono un bravo nuotatore e atleta, e sono costante nel praticare sport. Quindi

questi sono i miei hobby principali: oftalmologia, arte e sport.

La Lampada di Aladino. Un desiderio, una svolta che vorrebbe vedere pronta per i suoi pazienti.

Citando Martin Luther King, ‘ho un sogno’: e il mio sogno è quello quello di arrivare alla rigenerazione dei tessuti corneali. Oggi il trapianto di cornea e i tessuti corneali sono all’avanguardia, ma bisogna considerare che il 45% dei lenticoli non sono puliti e il 30% non arrivano all’obiettivo di restituire una buona visione. La mia richiesta alla Lampada di Aladino è la rigenerazione dei tessuti corneali. Sappiamo che possiamo già rigenerare lo stroma corneale, la superficie della cornea e pure l’endotelio, ma quello che manca è la rigenerazione di un organoide corneale intero, non servendosi di tessuto fornito da un donatore, e che possa essere disponibile per tutti, personalizzabile, che sappia ricreare qualsiasi forma necessaria al paziente. Inoltre, deve essere neutrale nella sua immunogenicità. Questo metterebbe fine alla cecità causata dai problemi alla cornea. Troviamo un modo per rigenerare la cornea, creare e avere tra le mani un organoide corneale.

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Il Professor Alió è stato allievo di Charles Kelman

INTRAVEDERE IL FUTURO

La storia incredibile del primo trapianto oculare al mondo apre a nuovi possibili scenari per l’oftalmologia

IIl 27 maggio 2023, al Langone Health Hospital di New York City, è stato intrapreso un percorso che potrebbe un giorno rivoluzionare il mondo della chirurgia oftalmica. Per la prima volta nella storia, un trapianto facciale parziale è stato effettuato includendo un occhio intero da donatore.

Secondo il comunicato stampa, pubblicato a novembre dello stesso anno, a cinque mesi dall’intervento l’occhio trapiantato mostra notevoli segni di buona salute, compresa una buona irrorazione della retina, ma resta ancora da vedere se ci saranno possibili segni di una ripresa anche minima del funzionamento dell’organo.

IL CASO

A sottoporsi al rivoluzionario trapianto è stato Aaron James, un veterano dell’Arkansas di 46 anni, che nel giugno del 2021 è sopravvissuto a un grave incidente sul luogo di lavoro. Un accidentale contatto con un cavo elettrico ad alta tensione ha provocato uno shock elettrico a 7200 volt, causandogli di conseguenza la perdita dell’occhio sinistro, assieme a naso, labbra e denti, e a intere porzioni del lato sinistro del viso e parte del braccio sinistro.

I molteplici interventi chirurgici sono riusciti a salvargli la vita, ma non a ripristinare il suo aspetto.

Due mesi dopo l’incidente, James è

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InnovazIonI
Durante l’intervento. @ Joe Carrotta
Questo è il primo tentativo in assoluto di iniezione di staminali in un nervo ottico umano durante un trapianto

Il paziente Aaron James (da sinistra) prima dell’incidente, prima dell’intervento e dopo l’intervento.

stato presentato al team chirurgico del NYU Langone, che ha iniziato subito a considerare la possibilità di effettuare un trapianto parziale del viso. “Aaron era estremamente determinato a riottenere la propria indipendenza motoria e fisica persa a causa dell’incidente”, ha affermato Eduardo D. Rodriguez, MD, DDS, Direttore del programma trapianti del NYU Langone. “Non potevamo sperare in un paziente migliore di lui”. Quando il team chirurgico precedente è stato costretto a effettuare la rimozione del occhio danneggiato, a causa del forte dolore che esso arrecava al paziente, il team del NYC Langone ha suggerito di tagliare il nervo ottico il più possibilmente vicino al bulbo allo scopo di preservare il massimo quantitativo di tessuto e

di massimizzare di conseguenza le opzioni ricostruttive. A quel punto, il team ha iniziato a valutare la possibile aggiunta di un trapianto di occhio alle opzioni chirurgiche.

TEMPI RECORD

Ottenuta l’approvazione dal NYC Langone, James è stato inserito nelle liste d’attesa del United Network for Organ Sharing (UNOS) nel febbraio del 2023 e la ricerca del donatore è stata affidata all’organizzazione LiveOnNY. In soli tre mesi un potenziale donatore è stato identificato, e dopo un’analisi approfondita, compreso lo stato di salute dell’occhio da parte della specialista di retina Vaidehi S. Dedania, MD, è stato ritenuto adatto per il trapianto. Secondo quanto affermato dal Presi-

dente e CEO di LiveOnNY, Leonard Achan, RN, MA, ANP, il donatore era un uomo sulla trentina, grande sostenitore, come i suoi famigliari, della donazione di organi. “Oltre al trapianto del volto e dell’occhio, la generosità del donatore ha salvato la vita ad altri tre pazienti, donando reni, fegato e pancreas”.

PROCEDURA

La procedura è stata effettuata utilizzando tecnologie d’avanguardia sia per la fase preparatoria, che per la fase chirurgica, utilizzando software di visualizzazione e guide chirurgiche personalizzate prodotte con la stampa tridimensionale allo scopo di aumentare la precisione del taglio e dell’allineamento delle ossa e dei tessuti.

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InnovazIonI

Avevamo dato al massimo una speranza di vita dell’occhio di 90 giorni. A cinque mesi dall’intervento abbiamo osservato una cornea sana, associata a una retina con un’ottima circolazione sanguigna

L’operazione è stata condotta usando delle guide di precisione generate con la stampante 3D.

Durante il processo, delle cellule staminali prodotte dal midollo osseo del donatore sono state iniettate nel nervo ottico durante la fase di trapianto dell’occhio, in modo da favorire la rigenerazione del tessuto.

“Questo è il primo tentativo in assoluto di iniezione di staminali in un nervo ottico umano durante un trapianto”, ha dichiarato nel comunicato il Direttore Esecutivo del Transplantation and Cellular Therapy Center, Samer Al-Homsi, MD, MBA. “Nella speranza di potenziare la rigenerazione del nervo abbiamo optato per cellule staminali CD34-positive, note per la loro capacità di sostituire le cellule danneggiate e per le sue proprietà neuroprotettive”. Ottantasette professionisti tra medici e infermieri sono stati impiegati in due sale operatorie durante tutto l’intervento. Per assicurarsi la buona riuscita e per ridurre al limite il tempo ischemico, l’intero personale si è ad-

destrato per un anno nella procedura. A seguito dell’operazione, il paziente è stato tenuto in terapia intensiva per diciassette giorni, e riallocato il 6 luglio in un alloggio dove si è impegnato in un processo di riabilitazione, recuperando nei mesi successivi il senso del gusto, dell’olfatto e la capacità di mangiare cibi solidi. Nonostante l’occhio trapiantato non dia ancora alcun segno di recupero della sensorialità visiva, ha tuttavia mostrato di essere in ottima salute. “Il progresso che abbiamo osservato per quanto riguarda l’occhio è eccezionale”, ha affermato Bruce Gelb, MD, chirurgo trapiantologo e Responsabile del Dipartimento di Chirurgia. “Avevamo dato al massimo una speranza di vita dell’occhio di 90 giorni. A cinque mesi dall’intervento abbiamo osservato una cornea sana, associata a una retina con un’ottima circolazione sanguigna”, osserva.

“Continueremo a tenere monitorati i

progressi, e sono davvero impaziente di scoprire cosa ci riserverà il futuro”, aggiunge.

“Dato che il paziente avrebbe comunque dovuto assumere immunosoppressori, il rapporto tra razionale e rischio era favorevole. A prescindere dal risultato finale, anche dal punto di vista estetico, siamo davanti ad un grandissimo risultato”, ha dichiarato Eduardo D. Rodriguez.

Secondo Steven L. Galetta, MD, neuro-oftalmologo del NYC Langone, questo è un passo straordinario nella giusta direzione. “Stiamo per attraversare la frontiera del sistema nervoso centrale”, ha dichiarato nel comunicato stampa. “Qualsiasi cosa succederà ci darà la possibilità di provare diverse opzioni per potenziare il tessuto ancora vivo della retina. Attendo impaziente i prossimi sviluppi nella collaborazione con le grandi menti che hanno portato a questo grande risultato”.

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La miopia sta diventando un problema sempre più diffuso a livello planetario.

Per rispondere a questa problematica Ital-lenti ha sviluppato MYOPICA, un’innovativa lente con defocus periferico realizzata con tecnologia “Perifocale”, con lo scopo di limitare lo sviluppo della progressione miopica nei bambini e negli adolescenti.

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Casi da inCubo

A VOLTE RITORNANO

Quando i piccoli dettagli dal passato tornano a rovinare un intervento altrimenti perfetto

Intervista ai Dottori

Alessandro Mularoni e Daniele Gaudenzi, Ospedale di Stato di San Marino

NNella carriera di un chirurgo possono capitare dei casi molto difficili, con pazienti delicati, e che richiedono giustamente un buon grado di attenzione in più. L’abilità sta nel riconoscerli, arrivare alla soluzione più congeniale formulando una buona diagnosi e agire. Tuttavia, ci sono dei momenti in cui, nonostante la convinzione di aver fatto tutto al meglio, il castello di carte crolla improvvisamente, peggiorando la situazione. Questo a volte capita non tanto per un errore dello specialista, ma per contingenze che decidono di spuntare e complicare decisamente la pratica clinica. Alessandro Mularoni, Responsabile del reparto di oculistica dell’Ospedale di Stato di San Marino, pensava di aver

Per collegarsi al video, scansionare il codice QR

fatto tutto al meglio. Presentato dallo stesso Dottor Mularoni assieme allo specialista Daniele Gaudenzi, questo caso è tuttavia finito in questa sezione, a chiara indicazione che l’incubo stava comunque annidato dietro l’angolo. La storia di questo paziente inizia nei primi anni ‘90: miope elevato, con un bulbo di 30 mm, e cheratocono, viene sottoposto a una cheratoplastica perforante bilaterale. Tutto bene per più di vent’anni, fino al 2017, quando arriva dal Dottor Mularoni. “Il paziente si è presentato a noi con un peggioramento progressivo del visus in entrambi gli occhi”, racconta Mularoni. “L’abbiamo sottoposto a una visita oculistica completa, compresa di conta delle cellule endoteliali e una tomografia corneale, che ci restituisce una diagnosi di un astigmatismo elevato e irregolare”. Nel capire quali fossero le cause, l’équipe del Dottor Mularoni si rende conto del problema. “Questo astigmatismo irregolare è stato causato da uno scivolamento della zona di giunzione tra il lembo del donatore e quello del ricevente, che ha formato una zona ectasizzata”, spiega Daniele Gaudenzi. Il problema sembra collegato dunque a quel trapianto di cornea ricevuto negli anni ‘90. “Può succedere che nei settori inferiori le forze meccaniche legate all’appaiamento del lembo, alla sutura e ai meccanismi di forza esercitati dalle palpebre, vadano a modificare i rapporti fra i lembi di donatore e ricevente”, commenta Mularoni. “Avviene più frequentemente in basso dove c’è l’azione delle palpebre. A volte può essere dovuto anche a una recidiva del cheratocono, o alla differenza di spessore tra i due tessuti”. Dopo varie valutazioni, Alessandro Mularoni decide di risolvere il problema optando per delle suture rimodellanti sulla cornea al fine di regolarizzare

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Il Dottor Alessandro Mularoni è Responsabile del reparto di Oculistica dell’Ospedale di Stato di San Marino.

l’astigmatismo; astigmatismo che si è deciso poi di correggere con l’impianto di una piggy-back, soprattutto perché il paziente era pseudofachico, avendo subito precedentemente un intervento di cataratta all’occhio sinistro. “La piggy-back è una lente da solco, ed è spesso utilizzata nei pazienti pseudofachici. Nel nostro caso avevamo bisogno di una lente torica, per correggere l’astigmatismo, che era il nostro principale problema”, spiega Gaudenzi. La lente impiantata è acrilica, idrofila, appositamente pieghevole e customizzata. “La scelta è logica secondo i nostri protocolli terapeutici perché, in caso di ri-trapianto, possiamo rimuovere la piggy-back senza problemi”, aggiunge Mularoni. L’operazione, avvenuta nel giugno 2020, è un successo: dai controlli post-operatori il paziente risultava avere 8-9/10 con una lieve correzione -1 (sfera, o difetto miopico) con 0.75 di astigmatismo. A dicembre 2020 il paziente è estremamente soddisfatto. Le cellule endoteliali della cornea

Stavamo tra la clinica e la leggenda

sono ancora in numero sufficiente a mantenere la trasparenza. Tutto è bene quel che finisce bene. Il Dottor Mularoni e la sua squadra possono cantare vittoria. Invece no. Durante i controlli successivi, il paziente riferisce un calo progressivo del visus, arrivando a vedere 1-2/10. Un crollo totale. Il paziente inizia a vedere sempre meno, ha un tracollo psicologico non da poco e bisogna trovare una soluzione. “Abbiamo controllato qualsiasi cosa: la cornea, la retina, l’astigmatismo. Niente. Alla fine ci siamo resi conto che era l’unica cosa che speravamo non capitasse: la IOL nel sacco impiantata anni prima si era opacizzata”, afferma Mularoni. “Quando è partita quest’opacizzazione?”, osserva Mularoni. “Da un lato pensiamo che qualunque noxa possa favorire dei cambiamenti e accelerare l’opacizzazione; dall’altro è vero che dalla nostra esperienza sappiamo che queste lenti si sono opacizzate anche in

Il Dottor Daniele Gaudenzi lavora all’Ospedale di Stato di San Marino nell’équipe del Dottor Mularoni.

pazienti non rioperati”, spiega. “Capire la vera causa è difficile, tuttavia penso che questa lente avesse in sé delle caratteristiche per opacizzare”. Il Dottor Gaudenzi è d’accordo. “Non conoscevamo i materiali della lente; forse era un percorso già iniziato e che un ulteriore intervento ha leggermente favorito. Tuttavia, dato il recupero dopo l’impianto di piggy-back, se già c’era opacizzazione questa non andava a influire sull’acuità visiva”, commenta.

Mularoni e i suoi si trovano quindi con una bella gatta da pelare; il tutto si complica poi quando ci si rende conto che non si avevano dati o referti su questo impianto di IOL precedente. “Quando abbiamo chiesto al paziente la documentazione, questa era di difficile lettura o inesistente”, racconta Mularoni. “Addirittura ➧

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Mappa corneale che mostra l’elevato astigmatismo irregolare che presentava il paziente prima di eseguire le suture rimodellanti all’inizio del caso.

Casi da inCubo

Lesionare il sacco voleva dire poi dover intervenire sul paziente afachico e programmare qualche altro intervento con magari una lente a fissazione sclerale o iridea

OCT preoperatorio del paziente che mostra la cornea trapiantata e la presenza dietro all’iride della piggy-back e della IOL.

stavamo tra la clinica e la leggenda, poiché forse quella IOL era già stata sostituita perché di potere non idoneo. Avevamo soltanto un foglietto scritto a mano dal precedente chirurgo”. Il fatto che spesso i pazienti non si presentano con la corretta documentazione storica è purtroppo comune. “Capita spesso perché una volta le cartelle cliniche non venivano rilasciate. Stiamo parlando di interventi di trent’anni fa. Spesso gli ospedali e le cliniche liberano anche gli archivi, molto viene perso”, spiega Mularoni.

La situazione però è grave e il paziente ha reali difficoltà nella vita quotidiana, per cui bisogna agire: togliere la lente opaca della quale non si conosceva il potere prima di tutto e fare un calcolo di una lente basandosi sui dati raccolti durante le visite, utilizzando il potere corneale e quello pupillare medio, sperando che le formule non sbaglino a causa della lunghezza assiale di una miopia elevata e dei valori di cheratometria elevati “out of range”. Il giorno dell’intervento, nel luglio 2023, che si può vedere nel video, il Dottor Mularoni riesce a estrarre tranquillamente la lente piggy-back proprio grazie alle caratteristiche descritte sopra. L’osso duro però è la lente intraoculare nel sacco da più di vent’anni. “Il

Foto alla lampada a fessura preoperatoria (sinistra) che mostra l’importante opacizzazione della IOL e foto alla lampada a fessura post-operatoria (destra) con il quadro finale e la risoluzione dell’opacità.

problema è quello di liberare la lente senza decentrare o lussare un sacco già molto fragile, e senza fare manovre pericolose per l’endotelio, o mobilizzare il vitreo, rompere la capsula. Un occhio così ha molte problematiche. Ho deciso di optare quindi per manovre molto caute e decise”, spiega Mularoni. Il rischio di lesionare il sacco poteva avere conseguenze importanti. “Lesionare il sacco voleva dire poi dover intervenire sul paziente afachico e programmare qualche altro intervento con magari una lente a fissazione sclerale o iridea”, aggiunge Gaudenzi.

Dopo aver applicato del viscoelastico tra l’endotelio e il piatto della lente, e successivamente tra il piatto della lente e la capsula, il Dottor Mularoni decide di tagliare la lente con una forbicina vitreale per liberarla e consentire un’uscita più confortevole, senza danneggiare l’endotelio. La seconda aptica fa un po’ i capricci, ma alla fine il Dottor Mularoni ce la fa. Dopo essersi assicurato che il sacco fosse integro e che non ci fosse alcuna fuoriuscita di vitreo, ci si prepara all’impianto della nuova lente. “Abbiamo scelto una lente a tre pezzi, che ci dà la garanzia di non stressare il sacco. La mettiamo nel solco con una manovra classica, mettiamo un punto di apposizione

sul tunnel perché abbiamo a che fare con una cornea instabile, controlliamo che non ci siano residui di vitreo o fibrille e il tutto si completa fortunatamente con successo”, spiega Mularoni. Nonostante le difficoltà, il paziente riesce a recuperare un visus di 6/10. L’astigmatismo ancora c’è, la lente nuova impiantata non era torica, con un difetto astigmatico -4 ad asse 95, e la cornea dovrà essere tenuta sotto controllo. Tuttavia, l’incubo era finito.

Mularoni ha definito questo caso un “apripista”. “Quello che i chirurghi, specialmente i giovani, devono sapere è che saranno ‘la generazione delle IOL Exchange’: cambierete molte lenti perché purtroppo i materiali possono opacizzarsi. Quindi queste tecniche dovranno essere sempre più perfezionate e meno traumatiche”, spiega Mularoni. Il messaggio fondamentale è poi quello di cercare soluzioni anche ardite dove necessario. “Bisognava correre il rischio, per fortuna non ci sono stati problemi, nonostante il quadro clinico problematico. Abbiamo avuto comunque delle soddisfazioni”, conclude Gaudenzi. Parola d’ordine, osare programmando. “Dobbiamo razionalmente osare, soprattutto quando il paziente non ha un’altra strada. Il rischio è sì elevato, ma se ben condotto possiamo farcela”, conclude Mularoni.

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NUOVI DATI A LUNGO TERMINE

CONFERMANO VABYSMO EFFICACE PER TENERE A BADA LE OCCLUSIONI

VENOSE RETINICHE

GGenentech ha annunciato nuovi dati a 72 settimane dagli studi di fase 3 BALATON e COMINO per valutare Vabysmo (faricimab) nell’edema maculare causato dall’occlusione venosa di branca e da quella centrale (BRVO e CRVO). I dati condivisi da Genentech hanno dimostrato che quasi il 60% dei partecipanti in BALATON e il 48% in COMINO hanno potuto estendere gli intervalli di trattamento a 3 o 4 mesi di distanza. I partecipanti di entrambi gli studi hanno mantenuto i miglioramenti visivi e una notevole asciugatura della retina nelle prime 24 settimane e per più di un anno. Il profilo di sicurezza di Vabysmo emerso negli studi

precedenti è stato confermato. “Questi risultati a lungo termine si basano su dati clinici e real world che confermano Vabysmo come un’opzione terapeutica efficace per le persone affette da patologie retiniche che possono causare perdita della vista”, ha affermato in un comunicato stampa Levi Garraway, MD, PhD, Direttore medico di Genentech e Responsabile dello sviluppo globale dei prodotti. Inoltre, nel complesso, i risultati hanno mostrato che i miglioramenti della vista e le riduzioni del fluido retinico ottenuti nelle prime 24 settimane degli studi sono stati mantenuti fino a 72 settimane. “I miglioramenti prolungati della vista e l’asciugatura della retina osservati fino a 72 settimane riaffermano Vabysmo come un trattamento efficace per l’occlusione venosa retinica”, spiega Ramin Tadayoni, MD, PhD, dell’Université Paris Cité di Parigi e Presidente di Euretina, che ha presentato i dati all’Angiogenesis, Exudation, and Degeneration 2024 organizzato dal Bascom Palmer Eye Institute in Florida. “Sono necessarie più opzioni terapeutiche per i pazienti che vivono con questa condizione, e questi dati mostrano che Vabysmo può potenzialmente migliorare i risultati riducendo al contempo il numero di visite cliniche necessarie”, aggiunge.

Fonte: https://www.gene.com/media/ press-releases/15017/2024-01-31/ new-long-term-data-for-genentechsvabysm

23 News

BUONI RISULTATI PER UNA TERAPIA GENICA PER LA RETINITE PIGMENTOSA LEGATA AL CROMOSOMA X

BBeacon Therapeutics ha presentato al 47° incontro annuale della Macula Society a Palm Springs, in California i risultati intermedi a 12 mesi su sicurezza ed efficacia per lo studio di fase 2 SKYLINE in pazienti con retinite pigmentosa legata al cromosoma X (XLRP). Secondo il comunicato rilasciato dall’azienda, i dati relativi a soggetti maschi affetti da XLRP hanno dimostrato una percentuale di risposta del 63% negli occhi studiati e trattati con una dose elevata (6,8 E+11 vg/occhio) di AGTC-501. La “percentuale di risposta” è stata definita come un miglioramento della sensibilità retinica, valutata mediante microperimetria, di almeno 7 decibel (dB) in almeno

5 loci. I pazienti nella coorte ad alto dosaggio hanno inoltre dimostrato un notevole miglioramento della funzione visiva e AGTC-501 è stato ben tollerato. Non si sono verificati eventi avversi clinicamente significativi e quelli correlati al trattamento sono stati considerati di gravità da lieve a moderata. “Questi dati, che dimostrano un profilo di sicurezza favorevole e un notevole miglioramento della funzione visiva, rappresentano un altro passo positivo nello sviluppo di AGTC-501 per la XLRP, una malattia orfana e che rende ciechi per la quale attualmente non esiste un trattamento approvato”, ha dichiarato Nadia Waheed, Direttrice medica di Beacon Therapeutics in un comunicato stampa. La XLRP è una malattia orfana, causata prevalentemente da mutazioni nel gene regolatore della GTPasi della retinite pigmentosa (RPGR). AGTC-501 esprime la proteina full length RPGR e si prevede sia in grado di salvare la funzione dei fotorecettori, bastoncelli e coni, rendendolo particolarmente adatto come potenziale trattamento per migliorare la vita dei pazienti con XLRP.

Fonte: https://www.prnewswire. com/news-releases/beacon-therapeutics-announces-positive-12-month-data-from-phase-2-skyline-trial-of-agtc-501-in-patients-with-x-linked-retinitis-pigmentosa-302056840.html

24 News

FDA METTE IN GUARDIA SULL’USO DI GOCCE OCULARI CONTRAFFATTE SOSPETTE

CContinua la battaglia di FDA contro le gocce oculari contraffatte o contaminate. Dopo il tragico caso di quattro pazienti morti e molti altri rimasti ipovedenti per l’uso di gocce contaminate lo scorso anno, FDA ha avvisato i consumatori di non acquistare o utilizzare tre specifiche marche (South Moon, Rebright e FivFivGo). Secondo l’agenzia federale statunitense, queste gocce sarebbero non approvate e il packaging molto simile alle Lumify (brimonidina tartrato 0,025%) di Bausch + Lomb, vendute per alleviare il rossore oculare. Le etichette dei prodotti delle tre marche sospette affermano di essere in grado di alleviare i sintomi di rossore oculare, dry eye, glaucoma, presbiopia, cataratta e ipertensione intraoculare. Addirittura uno di questi riportava sul sito web di essere “clinicamente testato” per trattare retinopatia diabetica e degenerazione maculare senile. Alcuni prodotti, acquistabili online,

sono risultati inoltre contaminati con Burkholderia cepacia complex, che può causare infezioni antibiotico-resistenti. I test hanno inoltre rilevato che questi colliri “imitatori” non avevano nella formulazione la brimonidina, principio attivo delle Lumify. L’agenzia sta conducendo delle indagini sull’origine di questi prodotti. FDA si è sincerata di comunicare ai pazienti di riportare al proprio medico o alle strutture sanitarie qualsiasi sintomo di infezione, soprattutto dopo aver assunto i colliri in esame. Gli operatori sanitari e i consumatori possono segnalare eventi avversi o effetti collaterali correlati all’uso di questi prodotti a MedWatch, il programma di segnalazione sulla sicurezza dei prodotti medici della FDA.

Fonte: https://www.fda.gov/drugs/drug-safety-and-availability/fda-warns-consumers-contaminated-copycat-eye-drops

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Approfondimenti

EDEMA MACULARE DIABETICO E LA FORZA DELL’INTEGRAZIONE NUTRACEUTICA

Un caso di edema maculare risolto con l’uso dell’integrazione a base di verbascoside, C3G e zinco

Intervista alla Dottoressa

Laura Sciandra, Libera Professionista presso Ospedale Cottolengo e Humanitas Cellini, Torino

IIl diabete mellito, in Italia, colpisce quasi 4 milioni di soggetti1. Nei pazienti diabetici la complicanza microvascolare più comune è la retinopatia diabetica. Se si innescano alterazioni del microcircolo vascolare retinico i processi ossidativi e infiammatori conseguenti possono portare a una delle manifestazioni più temute della retinopatia diabetica: l’edema maculare, causa di grossi disturbi nella visione centrale e possibile ipovisus grave. Com’è noto, per contrastare tali alterazioni retiniche è necessario monitorare attentamente i livelli di glucosio nel sangue così come i valori pressori e i livelli di colesterolemia; in alcuni casi è necessario ricorrere anche a fotocoagulazione laser o iniezioni intravitreali di anti VEGF, fino ad arrivare alla vitrectomia nelle situazioni più gravi. Tuttavia, in alcuni casi clinici, un’inte-

Dottoressa

Laura Sciandra

grazione di elementi nutraceutici può risultare un valido aiuto nel contrastare l’edema maculare diabetico. Uno studio in vivo, pubblicato nel 2022, di Canovai et al2., ha dimostrato che alcuni composti naturali, come il Verbascoside, l’estratto di riso nero (C3G) e lo zinco, possono agire positivamente nei confronti della retinopatia diabetica e dell’edema maculare diabetico, grazie alle loro proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. In particolare il Verbascoside è un glicoside fenilpropanoide idrosolubile, ampiamente presente nel regno vegetale, che ha dimostrato attività antinfiammatoria e antiossidante correlate alla sua capacità di inibire la produzione di ossido nitrico (processo strettamente regolato alla downregulation di fattori di trascrizione proinfiammatori e di regolazione della differenziazione, proliferazione e apoptosi cellulare delle cellule ganglionari retiniche). Inoltre tale molecola ha dimostrato avere anche attività vasoprotettrice e antiedemigena utile nei primi stadi della retinopatia diabetica. Queste specifiche proprietà aiutano a contrastare l’instaurarsi e la progressione della malattia poiché è stato dimostrato come tale molecola sia in grado di esplicare la sua azione antiossidante anche con specifico riferimento alle cellule B del pancreas. È stato inoltre dimostrato che, a livello del reticolo endoplasmatico, si assiste a una significativa diminuzione della ROS e della perossidazione lipidica (Galli A. et al.3). Di recente è stato pubblicato un articolo da Anfuso C.D. et al.4 relativo allo studio in vitro dell’attività sinergica di Verbascoside e C3G. L’associazione

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di questi due polifenoli è in grado di proteggere efficacemente l’endotelio dal danno causato da elevati livelli di glicemia in modo dose-dipendente. In tale contesto, emerge un integratore prodotto da Fidia mirato alle alterazioni intraoculari in caso di retinopatia diabetica ed edema maculare: il Repaxial. Esso è composto da Verbascoside 10 mg , C3G estratto di riso nero 40 mg e Zinco 5 mg. Lo studio di Canovai et al., secondo quanto emerso dai dati, è stato comprovato da un caso clinico relativo a una paziente della Dottoressa Laura Sciandra, affetta da edema maculare diabetico bilaterale. Nella seguente intervista la Dottoressa Sciandra spiega a EyeSee il caso e come Repaxial si sia rivelato un prezioso alleato nella gestione dell’edema maculare diabetico.

Dottoressa, qual era il background clinico della paziente?

La paziente è una signora di 75 anni che presenta patologie croniche quali ipertensione e dislipidemia compensate da adeguata terapia medica; dal 2007, in seguito alla diagnosi di diabete, assume ipoglicemizzanti orali con discreto compenso glicemico. La paziente è stata sottoposta a estrazione

di cataratta circa 10 anni fa e nel 2021 è stata sottoposta anche a vitrectomia in occhio destro per pucker maculare. In questi anni la signora si è sottoposta a periodiche visite oculistiche ed esami del fundus oculi da diversi specialisti fino a giungere alla mia osservazione a giugno del 2023.

Come si presentava la paziente alla prima visita?

Ho visitato per la prima volta la signora il 20 giugno del 2023. Mi ha portato in visione un esame OCT di novembre 2022 dove si evidenziava già un edema diabetico di lieve entità confermato e invariato all’esame OCT eseguito da me nel corso della visita oculistica di giugno 2023. La paziente da novembre a giugno non era stata sottoposta ad alcuna terapia e la situazione retinica era rimasta stabile. Il collega che l’aveva visitata a novembre le aveva solo consigliato uno stretto monitoraggio clinico. L’edema di lieve entità era bilaterale; il visus corretto dell’occhio destro risultava 6/10 mentre quello dell’occhio sinistro 8/10; la differenza del visus era probabilmente imputabile al fatto che l’occhio destro era stato sottoposto a vitrectomia per pucker maculare.

Come è riuscita a intervenire sull’edema maculare senza l’uso di iniezioni intravitreali?

L’edema non si presentava massivo e la signora, clinicamente, non accusava nessun disturbo particolare, affermando di non aver notato differenze in merito alla sua capacità visiva. Di conseguenza, considerando il suo quadro clinico complesso, caratterizzato da ipertensione, ipercolesterolemia e altri fattori di rischio ho ritenuto opportuno non proporre terapia iniettiva, consigliandole l’assunzione del Repaxial, con una posologia di una compressa al giorno, senza sospensione. Inoltre, le ho consigliato di sottoporsi al controllo del fundus e all’esecuzione di un nuovo OCT, in occasione della visita di controllo successiva a 4 mesi.

Come si presentava la paziente al follow up?

La paziente è stata da me rivalutata l’8 novembre 2023. Affermava di stare bene; le compresse sono state assunte con regolarità, non determinando l’insorgenza di alcun disturbo. La paziente sosteneva, inoltre, di avere una visione più nitida. Il controllo del visus, con sei decimi a destra e otto a sinistra evidenziava una situazione clinica sostanzialmente invariata. Dal successi-

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di Laura Gaspari Lo spessore maculare della paziente all’OCT tra novembre (foto sinistra) e giugno (foto destra) 2023

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vo controllo OCT, è emerso un profilo asciutto e la totale scomparsa dell’edema in entrambi gli occhi. Ho rivisto ancora la paziente a dicembre, a ridosso delle vacanze natalizie, provvedendo a ripetere l’OCT, che risultava totalmente invariato. Ho invitato la paziente a proseguire con l’assunzione delle compresse di Repaxial, a titolo di mantenimento. La stessa ha accolto il consiglio, affermando di non avere alcun problema a porlo in essere. Il suo soggettivo miglioramento era di tipo qualitativo: il visus, cioè, era invariato, ma la nitidezza delle immagini era aumentata. Rivedrò la paziente verso maggio.

Perché ha scelto questa terapia per la sua paziente?

Ho scelto di proporre la terapia con Repaxial per le caratteristiche cliniche e personali della paziente, conside-

rando le oggettive difficoltà legate all’esecuzione della terapia iniettiva (non scevra di rischi) che avrebbero determinato ricadute complesse, oltre che sulla paziente stessa, anche sui familiari direttamente coinvolti nella logistica delle operazioni. Repaxial è un integratore relativamente nuovo con una comprovata attività antiedemigena che favorisce una progressiva riduzione dell’edema retinico. Repaxial si caratterizza proprio per il possesso di una specifica indicazione per l’edema retinico, rivolto ai pazienti diabetici, differenziandosi, quindi, da altri prodotti, che, pur evidenziando un’azione antiedemigena, non possono vantare un’analoga e specifica indicazione, poiché risultano adatti anche per fattori infiammatori, o post-operatori, o legati ad una maculopatia senile. La mia esperienza con altri pazienti ha messo

in luce una sostanziale tollerabilità del prodotto convincendomi di suggerire anche ad altri l’assunzione di Repaxial. Giova, tuttavia, evidenziare che una efficacia clinica così eclatante, l’ho notata solo nel caso precedentemente discusso.

Consiglierebbe quindi l’uso di Repaxial ai suoi colleghi?

Si, ovviamente va selezionato il paziente in modo adeguato. Se ad esempio non dovessero esserci particolari disturbi visivi soggettivi, ma se all’OCT venisse evidenziato un edema iniziale maculare, in questo caso sarebbe razionale proporre questa terapia orale per valutare se è sufficiente ad ottenere una risposta clinica soddisfacente ed evitare così una terapia più invasiva quale quella intravitreale. Se si opta per una terapia orale, il paziente va monitorato con visite e OCT periodici per accertare la risposta e la compliance all’assunzione di Repaxial. Se i riscontri dovessero evidenziare una scarsa efficacia o un peggioramento del quadro clinico, non dimentichiamo, che si può comunque proporre la terapia iniettiva intravitreale anche in seconda battuta.

BIBLIOGRAFIA

1 Diabetes Barometer Report 2023, 1° luglio 2023, disponibile: https://issuu. com/raffaelecreativagroupcom/docs/ barometer_report_2023?fr=xKAE9_ zU1NQ&fbclid=IwAR10322WrQLfJyfHueoZ8gmfg76kXEw4yPHWVNmQwWl00_jAmQI9sEZ-P-A

2 Canovai A et al, Preventive Efficacy of an Antioxidant Compound on Blood Retinal Barrier Breakdown and Visual Dysfunction in Streptozocin-Induced Diabetic Rats, Antioxydants Supplement and Diabetic Retinopathy, 2022, 12. doi:https://doi.org/10.3389/ fphar.2021.811818

4 Galli A, Marciani P, Marku A, Ghislanzoni S, Bertuzzi F, Rossi R, Di Giancamillo A, Castagna M, Perego C. Verbascoside Protects Pancreatic ß-Cells against ERStress. Biomedicines. 2020; 8(12):582. https://doi.org/10.3390/biomedicines8120582

5 Anfuso CD, Giurdanella G, Longo A, et al. Antioxidant Activity of Cyanidin-3-O-Glucoside and Verbascoside in an in Vitro Model of Diabetic Retinopathy. Front Biosci (Landmark Ed). 2022;27(11):308. doi:10.31083/j. fbl2711308

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OCT di giugno 2023 fatto dalla Dottoressa Sciandra alla paziente, occhio sinistro e occhio destro OCT di novembre 2023 fatto dalla Dottoressa Sciandra alla paziente, occhio sinistro e occhio destro
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GIOVENTÙ E CHERATOCONO: UN OCCHIO ALLO SPORT

Proteggere gli anni più belli della vita con la corretta informazione sul cheratocono

Intervista al Professor Cosimo Mazzotta, Scuola di Specializzazione in oftalmologia dell’Università di Siena, Siena Crosslinking Center

TTra i molteplici aspetti del cheratocono non si può certamente trascurare l’impatto che esso ha sulla qualità della vita del paziente durante l’età della giovinezza. Mostrando i primi sintomi della sua insorgenza tra la seconda e la terza decade della sua vita, questa grave patologia distrofica e degenerativa della cornea può rappresentare un’autentica spada di Damocle sulla testa di un giovane in piena fase di sviluppo, talvolta portandolo a vivere con la costante preoccupazione di dover affrontare un repentino aggravamento della sua condizione a causa della scelta di un’attività sportiva, formativa o, addirittura, una scelta di vita importante come la nascita di un figlio.

Per quanto sia oggi una patologia curabile e trattabile, tutt’altro che rara, grazie all’introduzione del crosslinking corneale, sono molti i pazienti a rischio di peggioramento anche a causa di cattive abitudini o scelte inopportune legate alla sua sottovalutazione. Al contrario si assiste spesso a eccessi di cautela o semplicemente paure che possono portare a rinunce o condotte di evitamento le quali minano fortemente la qualità di vita personale e relazionale di questi giovani e delle loro famiglie.

La corretta informazione basata sulle evidenze scientifiche e, laddove manchino, sulla esperienza clinica risulta essere uno dei migliori strumenti di prevenzione, ma anche un ottimo modo per non rinunciare completamente alle mille occasioni che la giovinezza offre.

“Vedo moltissimi pazienti affetti da cheratocono che si presentano

alla mia osservazione portando con sé mille preoccupazioni”, racconta il Professor Cosimo Mazzotta, MD, PhD, FWCRS “Spesso mi chiedono se possono frequentare la palestra, se possono fare sport, e in particolare se possono fare bodybuilding o sollevamento pesi, tutte situazioni percepite come rischiose per la progressione della malattia”.

Medico Chirurgo, Specialista in Oftalmologia, Dottore di Ricerca in Patologie Oculari Degenerative e Docente della Scuola di Specializzazione in oftalmologia dell’Università di Siena, fondatore e responsabile scientifico del Siena Crosslinking Center, il Professor Cosimo Mazzotta è tra i più autorevoli esperti di cheratocono e crosslinking corneale a livello mondiale.

Secondo Mazzotta, tale preoccupazione ha un suo preciso razionale scientifico che si fonda prevalentemente su tutte quelle attività che coinvolgono la manovra di Valsalva , la quale si compie come un’espirazione a glottide chiusa estrinsecata nelle attività di sforzo e di spinta, la quale porta a un aumento transitorio della pressione venosa intratoracica e intraddominale la quale si scarica anche sul bulbo oculare per via della mancanza di sistemi valvolari di protezione cuore-occhio. Il sollevamento pesi e l’attività subacquea rientrano, come il suono di strumenti a fiato, in questa situazione.

“Voglio rassicurare questi pazienti. Non vi sono a oggi evidenze scientifiche che provino in maniera indiscussa l’impatto di questa ma -

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Cosimo Mazzotta
Non vi sono a oggi evidenze scientifiche che provino in maniera indiscussa l’impatto di questa manovra nella progressione del cheratocono
Cosimo Mazzotta

novra nella progressione del cheratocono”, spiega Mazzotta. “La spinta causata da questa manovra causa certamente dei cambiamenti temporanei, come un aumento del diametro pupillare, una diminuzione di ampiezza dell’angolo irido-corneale, un abbassamento della camera anteriore con conseguente riduzione del suo volume, talvolta un appiattimento della curvatura (riduzione transitoria del K max e dello spessore centrale), che tuttavia non hanno dimostrato un’influenza statisticamente significativa sulla modifica permanente dei parametri della cornea quali curvatura e spessore”, poiché aggiunge “essendo la cornea una struttura pneumo-visco-elastica, tende a deformarsi transitoriamente e a ritornare in condizioni normali in meno di due minuti”.

Esistono ovviamente delle eccezioni, o delle attività che devono essere modulate e tenute sotto controllo. In particolare, per quanto riguarda attività che possono comprendere un uso più prolungato e ripetuto nel tempo della manovra di Valsalva. “Anche il powerlifting, quando alternato da attività aerobica, non dà alcun problema, perché corrisponde a uno sforzo istantaneo di breve durata che non influenza la curvatura corneale. È tuttavia sconsigliabile l’alta intensità prolungata ed è consigliabile per questi pazienti non effettuare sollevamenti superiori al 30% del proprio peso corporeo, e di non superare i due minuti di sforzo continuo, tanto più senza far seguire altri due minuti di esercizio aerobico”, osserva Mazzotta. Anche una prati -

ca eccessiva, ad esempio di tre o quattro ore al giorno per quattro o cinque giorni la settimana può, senza alcuni accorgimenti, essere dannosa per la cornea. Questi casi non considerano ovviamente pazienti affetti da cheratocono più avanzato con cornee estremamente sottili e di grande diametro, al di sotto dei 400 micron, o con un cheratocono al 4° stadio dove, a causa dello spessore ridotto e della minore resistenza corneale, la curvatura decresce maggiormente durante la manovra di Valsalva per cui è necessario un maggiore grado di attenzione e monitoraggio tomografico, limitando lo sforzo e il carico al massimo del 20% del peso corporeo. Anche nello sforzo isometrico il consiglio è di non prolungarlo oltre i due minuti facendo seguire due minuti di recupero per far tornare i parametri oculari allo stato originario. Gli studi clinici hanno dimostrato che l’esecuzione di uno sforzo isometrico della parte superiore del corpo di due minuti non ha alterato la profondità della camera anteriore, lo spessore corneale centrale, il volume corneale e la curvatura massima della cornea. Questi risultati sono certamente rilevanti per la prevenzione e la gestione delle ectasie corneali e del glaucoma.

Una delle preoccupazioni potrebbe venire dalla più banale delle abitudini durante l’attività sportiva: lo sfregamento dell’occhio. “Capita durante l’attività sportiva che del sudore possa finire negli occhi, causando bruciore e di conseguenza la tendenza a un involontario strofinamento della

superficie oculare”, spiega Mazzotta. “Questo genera nei pazienti a rischio un cortocircuito negativo che deve essere assolutamente evidenziato e corretto”. Esistono tuttavia altre attività sportive, aerobiche e anaerobiche, che possono comunque rappresentare un serio pericolo per l’insorgenza o il peggioramento del cheratocono. “Parlo ovviamente della boxe e di tutti gli sport da contatto, che privi di protezioni adeguate possono portare a traumi diretti del bulbo oculare e della cornea”, spiega. “Vi è un’ampia letteratura sui danni oculari causati dalla boxe, e una forte correlazione tra trauma oculare e cheratocono”, aggiunge. “Anche il nuoto può avere il suo rischio, legato tuttavia esplicitamente all’uso degli occhialini orbitali, che possono imprimere un effetto di compressione orbitaria, riduzione dell’ampiezza dell’angolo irido-corneale, aumento della pressione intraoculare e spinta sulla cornea che alla lunga può portare ad aumento della curvatura corneale”, osserva. “Uno studio scientifico ha dimostrato che l’uso degli occhialini da nuoto ad appoggio orbitale provoca un assottigliamento della cornea, una riduzione dell’angolo irido-corneale e un aumento della pressione intraoculare. Questi risultati possono essere di particolare rilevanza per i soggetti con ectasie corneali, nonché per i soggetti ad alto rischio di insorgenza o progressione del glaucoma. In questi casi un paziente a rischio affetto da cheratocono può usare semplicemente una maschera con apertura più ampia che non deter-

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Sono moltissimi i ragazzi che si impegnano in uno sport e noi dovremmo essere in grado di consigliare loro al meglio, risolvendo questa carenza di informazioni sull’argomento
Cosimo Mazzotta

mina assolutamente alcun rischio”. È consigliabile, secondo Mazzotta, mantenere i pazienti a rischio, comunque, sotto maggiore controllo clinico-strumentale. In considerazione del grande interesse collettivo e della grande espansione dello sport tra i giovani, la letteratura sull’argomento necessita di una doverosa espansione secondo il Professor Mazzotta, che ha già in cantiere un progetto di ricerca a tal proposito. “La stessa attenzione che si pone nei confronti delle malattie dal punto di vista clinico e chirurgico dovrebbero essere poste anche nei confronti delle attività sportive”, spiega. “Sono moltissimi i ragazzi che si impegnano in uno sport e noi dovremmo essere in grado di consigliare loro al meglio, risolvendo questa carenza di

informazioni sull’argomento”, osserva. “D’altro canto dobbiamo sfatare molti falsi miti, incluso quello di non poter partorire in modo spontaneo se si è affette da cheratocono per un pericolo di peggioramento anche questo non corrispondente alla realtà”, conclude.

BIBLIOGRAFIA

1 Pekel G, Acer S, Yagci R, Kaya H, Pekel E. Impact of Valsalva maneuver on corneal morphology and anterior chamber parameters. Cornea. 2014 Mar;33(3):271-3.

2 Duru N, Duru Z, Çiçek A, Altınkaynak H, Karatepe Ha ş ha ş AS, Arifo ğ lu HB. Does Valsalva Maneuver Affect Corneal Morphology in Eyes With Keratoconus? Eye Contact Lens. 2017 Sep;43(5):308-312.

Oltre a essere uno dei maggiori esperti mondiali di ectasie corneali, Cosimo Mazzotta è anche un appassionato di fitness.

3 Vera J, Redondo B, Molina R, García-Ramos A, Jiménez R. Immediate and cumulative effects of upper-body isometric exercise on the cornea and anterior segment of the human eye. PeerJ. 2022 Mar 21;10:e13160.

4 Jiménez R, Molina R, García JA, Redondo B, Vera J. Wearing Swimming Goggles Reduces Central Corneal Thickness and Anterior Chamber Angle, and Increases Intraocular Pressure. Curr Eye Res. 2020 May;45(5):535-541.

5 Ulusoy DM, Duru Z. Does wearing swimming goggles affect corneal morphology in keratoconic eyes? Arq Bras Oftalmol. 2020 Jun;83(3):225-228.

6 Zhang X, Wang H, Nie Y, Li W. Short-term effects of two types of goggles on intraocular pressure and anterior eye segment biometrics. BMC Ophthalmol. 2022 Feb 12;22(1):73.

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VISIONE ARTIFICIALE

Comunicazione sensoriale ambiente-cervello

di Pier Enrico Gallenga, già Direttore Clinica Oculistica, Università G D’Annunzio Chieti-Pescara

LLa diffusione dell’immagine di Telepathy, il chip di comunicazione cervello-ambiente prodotto da Neuralink di Elon Musk e autorizzato all’impianto in cervello umano da FDA, apre ulteriori possibilità all’auspicato sviluppo di ‘sostegno-sostituzione-integrazione funzionale’ del complesso sistema neurale che ci coordina la vita.

Il cervello umano è il risultato dell’integrazione di tre componenti dell’adattamento-evoluzione darwiniana, secondo MacLean: il cervello rettiliano primordiale, poi il sistema limbico con nuovi mediatori biochimici (glutammato, dopamina, serotonina, endorfine, etc.) e infine la corteccia che nell’individuo completa il suo sviluppo maturativo nel maschio intorno ai 18-22 anni; nelle femmine un po’ prima. Il quarto cervello è quello intestinale, rete neurale non agglomerata, ma diffusa lungo il tubo digerente e in cross-talk con il contenuto della scatola cranica.

‘’Dio è nel cervello’’, ci ha comunicato Michelangelo con la ‘creazione di Adamo’ nella cappella Sistina: la forma del Creatore è armonizzata nella sagoma di sezione sagittale del cervello umano. Messaggio grandioso!

E ha capacità plastiche incredibili. Il bambino nasce senza abilità: non sa parlare, non vede che luce e ombra, non sa camminare né compiere movimenti fini controllati con gli arti: il cervello si arricchisce via via di informazioni e in continuo feedback-feedforward impara e insegna. E la neuroplasticità continua per tutta la vita; certo, via via meno intensa e vivace. Con la stimolazione biofeedback è stata dimostrata la possibilità di

implementare la funzione corticale anche in età che erano considerate fuori tempo sui testi scolastici, confermando gli studi sul visivo di Maffei, Presidente dell’Accademia dei Lincei e di Fiorentini sulla definizione dei contorni della neuroplasticità, proseguendo gli studi di Giuseppe Levi e Levi-Montalcini. Infatti, le aree cerebrali si specializzano. L’area della visione con i suoi circuiti: la via del ‘’dove’’ e la via del ‘’cosa’’; quella dell’udito e quella della parola, quella della memoria e delle emozioni; le aree sensoriali del tatto e dell’olfatto e quelle motorie che comandano le funzioni muscolari. E poi l’interpretazione del percepito, che con l’imaging funzionale i neuroscienziati stanno via via disvelando, aiutandosi con gli sviluppi tecnologici e la miniaturizzazione. Di pari passo con l’evoluzione delle tecnologie digitali e con l’interpretazione e l’applicazione delle reti neurali. Domani saranno realizzate quelle che oggi sono fantasie: che dovranno però superare il test del tempo, cioè la verifica dell’efficacia. Trent’anni fa, ci fu un momento di grande attenzione alla possibilità di realizzare una ‘visione artificiale’: i fratelli Chow proposero una retina in silicio – che si degradava però rapidamente nell’animale da esperimento; Humayun sviluppò il sistema Argus, riferimento nemmeno tanto velato ad Argo Panoptes, il mitologico gigante dai cento occhi; eponimo peraltro utilizzato spesso anche da agenzie investigative, ma fu Dobelle che fece il passo più lungo. Sviluppò una interfaccia elettrica da applicare alla superficie cerebrale nell’area visiva, attraverso un pie-

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Pier Enrico Gallenga

destallo ancorato alla teca cranica e collegato a un computer che decodificava il segnale luminoso di una piccola telecamera montata su un occhiale. È stato un tentativo che va ricordato per l’audacia e la progettualità, anche se lo sviluppo del supporto tecnico non era sufficientemente adeguato. Tanto per citare un particolare, il pc era equivalente a un Commodore 64. Vennero operati in Portogallo – il Ministero concesse l’autorizzazione al Neurochirurgo - 8 soggetti completamente ciechi (di cui una italiana, tre americani, un argentino, un canadese, un inglese e un tedesco), e altri due vennero operati a Birmingham, Alabama. Dopo un breve entusiasmante successo di percezione di spot luminosi per pixel di 10x10, tutti gli impianti fallirono in tempi più o meno brevi.

È di quegli anni il postulato elaborato da Pier Giorgio Data e Pier Enrico Gallenga a Chieti, e presentato a Bue-

nos Aires alla Società Oftalmologica Argentina con Chairmen Sampaolesi e Weil, secondo il quale per ricostruire un’ immagine accettabile del mondo esterno è necessario portare almeno 128 pixel intelligibili alle colonne del Corpo Genicolato Laterale (CGL). Successivamente, nel 1999, Stanley, Li e Dan, di Berkeley, California, hanno realizzato una simulazione grafica di ricostruzione, sufficientemente utile per l’interpretazione dell’ambiente, arrivando a stimolare 177 cellule del CGL. Iezzi, nel 2001, negli USA, propose l’impianto non di una interfaccia elettrica, ma di un serbatoio corticale con rilascio diretto di neurotrasmettitore gestito in modalità wireless; ma non ebbe seguito. Nel frattempo, il sistema Argus II – che prevede l’impianto di protesi epiretinica (quindi una comunicazione funzionale col cervello attraverso il suo telerecettore visivo) – venne commercializzato ed

applicato nel mondo con successo ed entusiasmo: Rizzo, in Italia, dapprima a Pisa poi alla Cattolica, ne è riferimento. Anche Tor Vergata e San Raffaele a Milano partecipano alla sperimentazione europea per impianto sottoretinico. Ma il mondo non si ferma: i sognatori di oggi sono i pionieri del domani. Pertile, a Negrar, con un Consorzio multidisciplinare, sta sviluppando una retina artificiale ‘liquida’, di cui darà comunicazione quando sperimentata. Le biotecnologie apriranno scenari impensati: Musk ha finanziato questo studio per ampliare la sensorialità e rimettere in relazione cervello e ambiente. Fantastico ed entusiasmante. È giusto che riceva plauso. Il test del tempo ne dirà meglio la valenza. Vigiliamo affinché sia realmente un business etico.

Dal Il Messaggero d’Abruzzo

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Immagine di Valentina Luciani

A VOLTE BASTA POCO

Come un intervento combinato di cataratta e XEN può aiutare un paziente catarattoso e con glaucoma

Intervista al Dottor Alessandro Galan, UOC Oculistica dell’Ospedale Sant’Antonio di Padova

MManualità, molta pratica e maestria nel destreggiarsi in due tecniche diverse. Quando si presenta un paziente con un glaucoma ad angolo aperto, e che ha bisogno di sottoporsi anche a chirurgia della cataratta, una delle opzioni è andare per un intervento combinato. In una situazione simile, però, il chirurgo deve essere ben consapevole del paziente che ha di fronte, che è più delicato rispetto alle chirurgie della cataratta ordinarie. Per casi come questo, il Dottor Alessandro Galan, Direttore dell’UOC Oculistica dell’Ospedale Sant’Antonio di Padova, propone un intervento combinato di cataratta con facoemulsificazione e, successivamente, un impianto con XEN Gel Stent. Per EyeSee il Dottor Galan ha spiegato i passaggi di questo intervento, sottolineandone benefici, criticità e dando utili consigli ai colleghi che vogliono provare a eseguirlo sui propri pazienti.

IL PAZIENTE IDEALE

E COME FUNZIONA

Il paziente ideale ha una cataratta e un glaucoma ad angolo aperto. “Un paziente glaucomatoso con l’angolo stretto rischia che, nel momento in cui si opera di cataratta, la camera non si apra abbastanza. Non va proposto nemmeno a glaucomi con pressioni da 40-50 mmHg in su”, spiega. “Quindi l’indicazione verte verso un glaucoma cronico a tensione non troppo elevata, controllato a stento dalla terapia, sia monoterapia che duplice, e che dunque necessita contemporaneamente della rimozione del cristallino e dell’abbassamento della pressione intraoculare”. Una volta stabilito che il paziente è idoneo a sottoporsi a questo tipo di chirurgia combinata, si può procedere. “L’intervento di cataratta è un’ordinaria chirurgia standard con facoemulsificazione. Quello che poi cambia è ciò

che accade dopo, con l’inserimento di XEN”, esordisce Alessandro Galan spiegando gli step della tecnica. Come mostrato dal video gentilmente offerto dal Dottor Galan, dopo aver estratto il cristallino catarattoso e impiantato la IOL il chirurgo si prepara alla chirurgia microinvasiva del glaucoma.

“Si mantiene la camera anteriore riempiendola con un viscoelastico ad alto peso molecolare per aprire meglio l’angolo. Dopodiché si procede con un’incisione nel temporale inferiore per attraversare tutta la camera fino ad arrivare al lato opposto, quindi al nasale interno”, spiega Galan. Prima di inserire il device per XEN, si inietta della mitomicina c sotto la congiuntiva, lontano dall’incisione che ospiterà poi l’inserimento del device. Successivamente si fa scivolare la mitomicina nel punto dove poi uscirà lo XEN, per facilitare il deflusso nei mesi successivi. A quel punto, si è pronti per l’impianto di XEN. “Si inserisce quindi lo XEN, che rimane molto visibile per tutto l’intervento, fino a che non sbuca sotto la congiuntiva dalla parte opposta, liberando il tubicino che fa da tramite con la camera anteriore”. L’inserimento di XEN dura poco più di cinque minuti, meno di un intervento di una chirurgia della cataratta standard.

I BENEFICI

Secondo Alessandro Galan, i benefici di questa tecnica combinata sono innumerevoli. “Prima di tutto non è un intervento particolarmente invasivo, non lede alle strutture dell’occhio, non richiede lembi congiuntivali e non altera l’anatomia dell’occhio”, afferma. La scelta di effettuare un intervento combinato è di per sé un grande vantaggio. “Si risolvono sia cataratta che un glaucoma non troppo aggressivo in un tempo molto breve. In più anche l’intervento di ca-

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Tecniche chirurgiche
Dottor Alessandro Galan Per collegarsi al video, scansionare il codice QR
La parte più difficile è quella di riuscire a uscire perfetti sotto la congiuntiva e ruotare, con una certa manualità, il device che inietta XEN e poi espellerlo

Alessandro Galan

taratta abbassa di per sé la pressione intraoculare quindi l’azione di un intervento si somma a quella dell’altro”, commenta Galan.

I tempi di recupero di questo intervento sono molto veloci. “La bozza si forma subito e il paziente non deve essere sottoposto ad alcuna manovra particolare, a differenza di interventi come la trabeculectomia. Se il primo giorno d’intervento è andato tutto bene, possiamo rivedere il paziente dopo quindici-venti giorni”, spiega Galan.

I risultati attesi ovviamente sono la risoluzione della cataratta del paziente e la normalizzazione della pressione intraoculare senza instillazione di colliri antiglaucoma. “Io mi aspetto questa normalizzazione della pressione per un paio di anni. Poi magari si deve ripetere e riaprire: stiamo parlando anche di pazienti che dobbiamo continuare a seguire, che noi curiamo, ma non possiamo guarire mai”, afferma Galan.

CRITICITÀ E COMPLICANZE

La chirurgia in sé, dunque, non è particolarmente complicata ed è sicura, breve ed efficace; quello

che può mettere in difficoltà però è il non avere abbastanza manualità. “La parte più difficile è quella di riuscire a uscire perfetti sotto la congiuntiva e ruotare, con una certa manualità, il device che inietta XEN e poi espellerlo”, afferma il Dottor Galan. “Ci si può far aiutare da un assistente e risolvere il problema di usare due o tre dita per fare due o tre movimenti diversi”. Non riuscire a inserire bene XEN è il punto più critico in cui il chirurgo può trovarsi, e che può essere determinante per la buona riuscita o meno dell’intervento. “Si rischia di prendere i vasi e avere un sanguinamento, oppure non riuscire a mettere diritto XEN può far defluire il liquido in modo non lineare. Un’altra complicanza è che si formi una bozza troppo ampia, ma anche qui non c’è molto da preoccuparsi”, commenta. La criticità maggiore, secondo Galan, è che l’intervento non funzioni. “Si tiene conto di questo come tutte le tecniche di glaucoma. Può succedere che la congiuntiva e la capsula di Tenone formino un agglomerato intorno al

Foto di XEN fornite

dal Dottor

Alessandro Galan

tubicino, impedendo il deflusso del liquido dall’interno dell’occhio”, spiega. “Lì sono previste tecniche di needling, con cui si va sotto al tubicino con un aghetto e si sbrigano queste aderenze per aiutare il deflusso”.

CI VUOLE UNA CERTA MANUALITÀ Il concetto fondamentale per Galan è proprio la manualità. “Il mio consiglio è quello di prendersi un manipolo per XEN e abituarsi manualmente a fare tutti i movimenti fuori dall’occhio. Non sono movimenti naturali e vanno acquisiti. Bisogna fare pratica”, afferma. Quello che serve è anche una certa mentalità nel proporre al paziente giusto questa tecnica combinata, che deve essere comunque seguito in tutto e per tutto. “Bisogna dire al paziente che l’intervento con XEN non è comunque per la vita, che però aiuta molto la terapia. La consiglierei soprattutto per quei pazienti che non hanno una buona compliance per la terapia topica con le gocce. Molti di quelli che ho operato in questo modo sono rimasti molto soddisfatti dall’intervento”, conclude Alessandro Galan.

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EvEnti CongrEssuali

14° CONGRESSO AIMO

ASSOCIAZIONE ITALIANA

MEDICI OCULISTI

Si è svolto a Roma dal 16 al 18 novembre 2023, presso il Palazzo dei Congressi a Roma il 14esimo congresso dell’Associazione Italiana Medici Oculisti (AIMO) organizzato con la collaborazione della Società Italiana di Scienze Oftalmologiche (SISO). Un ritrovo di grande oculistica, in cui tutti i professionisti della visione e le aziende si sono incontrati per discutere di grandi novità, nuove collaborazioni e nuovi orizzonti per il futuro della pratica medica e dei pazienti.

Per vedere tutte le video interviste integrali www.eyeseenews.it

oppure accedi direttamente utilizzando il codice QR

IL SUCCESSO DEL CONGRESSO AIMO 2023

Alessandra Balestrazzi, Presidente di AIMO, parla dell’enorme successo del 14esimo Congresso AIMO, organizzato con la collaborazione di SISO; la Dottoressa Balestrazzi ha parlato delle novità e delle attività messe in campo da AIMO e di quelle che saranno le previsioni future per l’oftalmologia in Italia.

OPHTHALMOLOGY UP-TO-DATE: UN NUOVO VOLUME PER L’OFTALMOLOGIA A 360°

Leonardo Mastropasqua da AIMO 2023 parla del primo volume in inglese “Ophthalmology Up-To-Date” curato dalla Società Oftalmologica Universitaria (SOU) e edito da Fabiano Editore, dedicato al segmento anteriore. Un volume indispensabile e utile per tutte le categorie di specialisti dell’occhio e per conoscere da vicino ogni aspetto dell’oftalmologia.

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COMUNICARE BENE IN OFTALMOLOGIA PEDIATRICA

Paolo Nucci e Andrea Lembo ci hanno parlato del simposio di AIMO - promosso dalla SIOPS - sulla comunicazione in oftalmologia pediatrica. Entrambi hanno sottolineato l’importanza di usare la simulazione ai congressi per migliorare le prestazioni mediche e la comunicazione con i pazienti, specialmente i più piccoli e i loro genitori.

INSIEME PER LA PRESBIOPIA, MA C’È ANCORA LAVORO DA FARE

Silvano Larcher per Hoya Italia parla in modo entusiasta della nuova comunione di intenti tra industria, classe medica e ottica nel provvedere al meglio per il paziente presbite. C’è ancora tuttavia del lavoro da fare per rendere questa ritrovata collaborazione ancora più solida, dando benefici a sempre più pazienti.

LA SINERGIA DELLE FIGURE COINVOLTE NELLA PRESCRIZIONE DI UN OCCHIALE PROGRESSIVO

Secondo Giorgio Parisotto di EssilorLuxottica, una buona sinergia tra le tre figure coinvolte nella prescrizione di un occhiale progressivo è fondamentale. Quindi, medici oculisti, ottici optometristi e aziende devono lavorare in concerto per creare un percorso di successo per ogni prescrizione ai pazienti presbiti.

L’INDISPENSABILE COMPLEMENTARITÀ DELLE PROFESSIONI PER LA VISTA

Daniele Petrini di Vision Optika esprime le sue impressioni sul pre-lunch symposium di Fabiano Editore, svoltosi al Congresso AIMO 2023. Petrini ha posto l’accento sull’importanza del dialogo tra i vari professionisti della vista, ognuno nel rispetto delle sue competenze, e sulla loro collaborazione per il bene dei pazienti.

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Ottica FisiOpatOlOgica

INTERNATIONAL MYOPIA INSTITUTE: UN IMPEGNO COSTANTE PER LA MIOPIA

L’importanza di disseminare conoscenza per tutti gli esperti

LIntervista al Professor Serge Resnikoff, Presidente del consiglio direttivo dell’International Myopia Institute e a Olga Prenat, Responsabile Global Head of Medical and Professional Affairs di EssilorLuxottica

L’aumento dell’incidenza di miopia nei giovani pazienti è un problema che negli ultimi anni è diventato tema sempre più centrale per gli esperti della visione, dagli oculisti, agli ottici, ortottisti, optometristi, e di interesse delle aziende di settore. Controllare la progressione della miopia e promuovere strategie per prevenirla è diventata una vera e propria missione per molti professionisti che si interessano alla cura degli occhi. La miopia è stata ampiamente discussa anche all’ultimo congresso Floretina/ICOOR svoltosi a Roma lo scorso dicembre. Tra i protagonisti dei simposi dedicati ci sono stati il Professor Serge Resnikoff, Presidente del consiglio direttivo dell’International Myopia Institute e Olga Prenat, Responsa-

bile Global del Medical and Professional Affairs di EssilorLuxottica. Insieme a loro abbiamo parlato dell’International Myopia Institute, della sua mission e dei suoi progetti e dell’impegno che globalmente è importante assumersi per prevenire e controllare la progressione miopica, specialmente nei più piccoli.

Cos’è l’International Myopia Institute e qual è la sua mission?

Serge Resnikoff: l’International Myopia Institute (IMI) è nato nel 2015 come risultato del primo meeting internazionale dell’OMS e del Brien Holden Vision Institute (BHVI). In quella sede venne riconosciuta la miopia come problema di salute pubblica e si convenne che, purtroppo, tutta la ricerca in materia rimane confinata e condivisa tra i ricercatori e specialisti che ci lavorano. È stato riconosciuto inoltre che gli specialisti della visione spesso non sono completamente aggiornati sui progressi in campo scientifico. C’era quindi la necessità di creare qualcosa che colmasse questo spazio vuoto costruendo un ponte tra la scienza e i professionisti: l’International Myopia Institute si prefigge proprio di fare questo.

Olga Prenat: La mission dell’International Myopia Institute è molto chiara: creare opportunità uniche per mettere insieme un’ampia platea di stakeholder provenienti da diverse professioni, ricercatori e clinici e da tutto il mondo, che sono fondamentali non solo per l’avanzamento della ricerca e la conoscenza clinica basata sulle evidenze, ma anche per promuovere tutte le azioni necessarie a contribuire all’adozione della ge -

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Il Professor Serge Resnikoff, Presidente del consiglio direttivo dell’International Myopia Institute
La prevenzione e la gestione della miopia sono due concetti che si estendono tra le varie sottospecialità nella cura della visione, arrivando fino alla promozione di buone pratiche sanitarie e alla riabilitazione

stione della miopia tra i professionisti. Io penso sia questo il punto fondamentale.

Quali sono i progetti dell’International Myopia Institute?

SR: Si è discusso fin da subito di quale fosse la modalità migliore per raggiungere i nostri obiettivi e si è concluso che il primo da perseguire è quello di raccogliere e leggere la letteratura basata sulle evidenze, argomento per argomento. Voglio porre l’accento sul fatto che si lavora con dati basati sull’evidenza perché spesso i professionisti della visione non sanno che la ricerca in questo campo è vastissima; quindi, è quasi impossibile per una persona documentarsi su ogni singolo studio o trial clinico. C’è bisogno di una struttura che aggreghi questa letteratura e ne estrapoli i concetti fondamentali. Dunque l’International Myopia Institute si occupa di fare questo lavoro tramite delle task force, e per ogni argomento associato alla miopia viene preparato un white paper che sintetizza le pubblicazioni e gli studi, rendendoli comprensibili e facilmente assimilabili da parte dei professionisti della visione. Dai white paper vengono poi ricavati e tradotti in varie lingue, attualmente tredici, quelli che chiamiamo i ‘clinical summaries’, di una pagina. I white paper vengono anche pubblicati su illustri riviste come Investigative Ophthalmology & Visual Science (IOVS).

Com’è strutturato l’International Myopia Institute?

SR: L’International Myopia Institute è network di persone che lavorano su base volontaria: è un vero

e proprio think tank. I white paper vengono elaborati da una task force specifica di specialisti. Quando i white paper vengono pubblicati, in ogni Paese abbiamo degli ambasciatori che si occupano di divulgarne i contenuti, rendendoli disponibili per le società scientifiche nazionali, andando a parlare ai congressi e ai meeting. C’è inoltre un advisory board, che attualmente presiedo, composto da esperti di miopia.

In che modo EssilorLuxottica appoggia i lavori dell’International Myopia Institute?

OP: EssilorLuxottica supporta l’International Myopia Institute dal 2019 ed è stata platinum sponsor di tre serie di white paper decisivi sulla miopia pubblicati rispettivamente nel 2019, 2021 e 2023. Abbiamo dunque una lunga collaborazione di cui siamo molto felici e fieri. Io partecipo ai lavori dell’advisory board rappresentando il mondo delle aziende e EssilorLuxottica. Il nostro rappresentante per la ricerca e sviluppo, il Dottor Björn Drobe, è uno dei coautori di un importante paper del 2019, intitolato “Industry guidelines and ethical consideration for myopia control”. Insieme poi, partecipiamo a importanti meeting e conferenze come l’International Myopia Conference. Quindi, noi sosteniamo gli sforzi di IMI promuovendo l’istruzione e la pratica tra i professionisti che si occupano della cura degli occhi e della visione e supportando il dibattito sulla gestione della miopia a livello globale aiutandoci a realizzare la nostra missione di condi -

videre informazioni sulla miopia e contribuire a ridurne l’impatto sulla salute degli occhi nel lungo periodo. I professionisti che si occupano della salute degli occhi si tengono aggiornati con le evidenze più recenti, le soluzioni disponibili e le raccomandazioni sulla gestione clinica e la comunicazione con i loro colleghi è fondamentale per prevenire e controllare la progressione della miopia nei bambini.

Quali sono le migliori strategie per gestire e prevenire la miopia nei bambini?

SR: Come ha detto prima Olga, una delle azioni fondamentali è raggiungere e mettere insieme gli stakeholder coinvolti nella prevenzione e nella gestione della miopia.

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Ottica FisiOpatOlOgica

È importante conoscere anche i fattori che ci fanno riconoscere i bambini a rischio di miopia

Soprattutto perché ogni Paese ha un diverso approccio, in particolare se parliamo di figure professionali: ad esempio, la figura dell’optometrista non esiste ovunque. Inoltre, è importante coinvolgere non solo gli oftalmologi quando parliamo di classe medica, ma i pediatri che sono quelli più a contatto con i genitori dei bambini, così come i medici di base. Formarli nel riconoscere i primi segnali di miopia può evitare al paziente eventuali complicanze future. Bisogna fare anche una buona promozione di buone pratiche sanitarie, come consigliare di passare più tempo all’aria aperta, fare sport, ridurre l’uso di dispositivi elettronici: questo è importante non solo per prevenire la miopia, ma anche per la salute dei bambini in generale, sia fisica che mentale. Per quanto riguarda la miopia, parlare direttamente con coloro che devono gestire i pazienti è fondamentale. Ci sono diversi trattamenti che possono essere prescritti e bisogna essere consapevoli delle eventuali complicanze che ci si può trovare ad affrontare, dalla chirurgia refrattiva, all’uso dell’atropina, alla prescrizione di occhiali, all’uso combinato dei diversi trattamenti a seconda del paziente e del suo stile di vita. La cosa importante è che bisogna agire tempestivamente prima che sia troppo tardi. La prevenzione e la gestione della miopia sono due concetti che si estendono tra le varie sottospecialità nella cura della visione, arrivando fino alla promozione di buone pratiche sanitarie e alla riabilitazione.

OP: È importante conoscere anche i fattori che ci fanno riconoscere i bambini a rischio di miopia. Prima di tutto, l’età media dell’insorgenza della miopia si sta abbassando, con una crescente incidenza di casi di miopia in popolazioni sempre più giovani. Inoltre, i professionisti della visione devono tenere

conto della storia familiare. Infatti, se entrambi i genitori sono miopi il rischio si moltiplica per cinque, se solo uno lo è si moltiplica per due, mentre chi ha entrambi i genitori non miopi ha meno probabilità di sviluppare miopia. Gli studi hanno dimostrato che le bambine sono più a rischio dei maschi. Questi dati vanno incrociati con lo stile di vita, le abitudini, come il tempo speso all’aperto e le attività da vicino, l’età (la progressione annuale è maggiore nei bambini più piccoli), così come l’esame della refrazione in cicloplegia in relazione all’età, che sono buoni indicatori per identificare i fattori di rischio della miopia e della pre-miopia. Attualmente ci sono molte soluzioni disponibili per gestire la miopia nei bambini, la cui scelta dipende dal profilo del paziente e dalla velocità della progressione miopica. Gli occhiali con lenti a tecnologia HAL (Highly Aspherical Lenslet) sono una di queste soluzioni. Queste lenti oftalmiche sono una soluzione semplice da adottare per la gestione della miopia, perché sono semplici da prescrivere e da utilizzare. Queste lenti sono progettate per offrire la correzione della miopia, che fornisce una visione più nitida, e aiutano a rallentare sia la progressione della miopia che l’aumento della lunghezza assiale nei bambini. I risultati clinici dimostrano che dopo due anni, le lenti HAL sono in grado di rallentare la progressione della miopia di una media del 67% (0.99D) rispetto alle tradizionali lenti monofocali, indossando gli occhiali per almeno dodici ore al giorno, tutti i giorni 1 Dopo il primo e il secondo anno, la crescita dell’occhio di 9 bambini su 10 che indossano le lenti HAL per almeno dodici ore al giorno tutti i giorni è simile o più lenta di quella dei bambini non miopi 2*. Gli studi di follow-up a tre 3 e quat -

tro anni hanno dimostrato inoltre che gli occhiali con lenti HAL confermano una forte efficacia nel rallentamento della progressione miopica e dell’allungamento assiale. I risultati a cinque anni saranno presto disponibili.

*La crescita dell’occhio dei bambini che indossavano lenti per occhiali Essilor® Stellest® è stata confrontata con i modelli di crescita degli occhi di bambini non miopi a Wenzhou, Cina. I risultati si basano su uno studio clinico prospettico, controllato, randomizzato, in doppio mascheramento della durata di due anni a Wenzhou, Cina, su una coorte di 32 bambini, che hanno dichiarato di indossare lenti Essilor® Stellest® almeno 12 ore al giorno tutti i giorni. La crescita dell’occhio nei bambini non miopi è basata su 700 dati di scolari arruolati nello studio prospettico di coorte Essilor Progression and Onset of Myopia (WEPrOM) dell’Università di Medicina di Wenzhou.

BIBLIOGRAFIA

1 Bao J, Huang Y, Li X, Yang A, Zhou F, Wu J, Wang C, Li Y, Lim EW, Spiegel DP, Drobe B, Chen, H. Spectacle lenses with aspherical lenslets for myopia control vs single-vision spectacle lenses: a randomized clinical trial. JAMA ophthalmology. 2022;140(5):472-8. doi:10.1001/ jamaophthalmol.2022.0401

2 Wong YL, Li X, Huang Y, Yuan Y, Ye Y, Lim EW, g A, Spiegel DP, Drobe B, Bao J, Chen H. Eye growth pattern of myopic children wearing spectacle lenses with aspherical lenslets compared with non-myopic children. Ophthalmic Physiol Opt. 2024;44(1):206-213. https:// doi.org/10.1111/opo.13232

3 Li X, Huang Y, Yin Z, Liu C, Zhang S, Yang A, Drobe B, Chen H, Bao J. Myopia Control Efficacy of Spectacle Lenses with Aspherical Lenslets: Results of a 3-year Follow-up Study. American Journal of Ophthalmology. 2023; 253:160168. DOI: https://doi.org/10.1016/j. ajo.2023.03.03

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XXIII CONGRESSO NAZIONALE DI IPOVISIONE

Presidente

Marcella Nebbioso (Roma)

Vice presidente

Emilia Gallo (Catania)

Segretario scientifico

Maria Rosaria Franco (Lecce)

Consiglieri

Federico Bartolomei (Bologna)

Rocco Di Lorenzo (Palermo)

Luigi Donato (Messina)

Federica Franzone (Torino)

Paolo Giuseppe Limoli (Milano)

Marco Ulisse Morales (Padova)

Erika Rigoni (Latina)

Sergio Zaccaria Scalinci (Bologna)

Lucia Scorolli (Bologna)

Gianfrancesco Villani (Verona)

Enzo Maria Vingolo (Roma)

Segreteria Organizzativa

Reg. Rivelle 7/F - Moasca (AT)

Tel. 0141 1706694 - Fax 0141 856013

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DRUSENoffEVO: EVOluzione IN VISTA NELLA DMLE

LEVOLUZIONE NELLA SCELTA DELLE SOSTANZE ATTIVE

Le sostanze attive utilizzate per la formulazione di DRUSENoffEVO sono scelte considerando le più autorevoli pubblicazioni scientifiche internazionali, prendendo come riferimento lo studio AREDS 2, il cui ultimo report di giugno 2022 conferma l’utilità di Luteina, Zeaxantina, Zinco, Vitamine C ed E nella prevenzione della DMLE.

L’evoluzione della composizione è stata cercata operando proprio in direzione di un completamento della formula AREDS 2, puntando su sostanze che agissero direttamente sulla protezione dell’Epitelio Pigmentato Retinico (EPR)

La scelta è così caduta sulla Cyanidin 3 O-Glucoside (C3G), una antocianina comunemente presente nel riso nero che raggiunge il tessuto oculare dopo somministrazione orale. (1)

Tra gli antociani il C3G è quello che possiede le più forti proprietà antiossidanti utili ad inibire la fotossidazione anche a livello delle cellule della retina.

Il C3G si è dimostrato essere un valido supporto al mantenimento dell’efficienza funzionale dell’EPR

• C3G aumenta la vitalità delle cellule dell’Epitelio Pigmentato Retinico (EPR) contrastando l’apoptosi indotta da stress ossidativo.(2)

• C3G migliora la funzione di barriera delle cellule dell’EPR sovra regolando l’espressione di proteine delle tight junction.(2) Un ulteriore aspetto importante del C3G è che evidenziato la capacità di accelerare la rigenerazione della rodopsina apportando un contributo utile alla qualità della visione, andando così a sinergizzare con la Luteina che

si è dimostrata capace di ridurre il fastidio da abbagliamento. (3,4)

EVOLUZIONE NELLA TECNOLOGIA FARMACEUTICA

Le compresse di DRUSENoffEVO sono preparate con una tecnologia farmaceutica innovativa, la “NEW MICRONIZATION TECNOLOGY”.

Tale sistema prevede la micronizzazione dei principi attivi e consente un maggiore contatto delle sostanze attive con i villi intestinali migliorandone notevolmente la biodisponibilità, ottimizzando l’assorbimento e di conseguenza l’efficacia.

EVOLUZIONE NELLA COMPLIANCE DEL PAZIENTE

Le dimensioni delle compresse ed il loro numero per confezione possono costituire fattori limitanti per la compliance del paziente alla terapia prescritta.

Ecco perché DRUSENoffEVO è caratterizzato da:

• compresse di facile deglutizione grazie alle dimenzioni ridotte

• ìconfezione da 30 compresse per la terapia di un’intero mese

DRUSENoffEVO: l’EVOluzione della formula AREDS mirata alla protezione dell’EPITELIO PIGMENTATO RETINICO

BIBLIOGRAFIA

1) Amato R, Canovai A, Melecchi A, Pezzino S, Corsaro R, Dal Monte M, Rusciano D, Bagnoli P, Cammalleri M. Dietary Supplementation of Antioxidant Compounds Prevents Light-Induced Retinal Damage in a Rat Model. Biomedicines. 2021 Sep 7;9(9):1177. doi: 10.3390/biomedicines9091177

2) W. Peng et al. “Cyanidin-3-glucoside improves the barrier function of retinal pigment epithelium cells by attenuating endoplasmic reticulum stress-induced apoptosis.” FoodResearch International, Volume 157 July 2022 3)

3) Matsumoto H, Nakamura Y, Tachibanaki S, Kawamura S, Hirayama M. Stimulatory effect of cyanidin 3-glycosides on the regeneration of rhodopsin. J Agric Food Chem. 2003 Jun 4;51(12):3560-3. doi: 10.1021/jf034132y. PMID: 12769524.

4) James M Stringham, Paul V Garcia, Peter A Smith, Leon N McLin, Brian K Foutch Macular pigment and visual performance in glare: benefits for photostress recovery, disability glare, and visual discomfort. Invest Ophthalmol Vis Sci. 2011 Sep 22;52(10):7406-15. doi: 10.1167/iovs.10-6699.

44 News dalle azieNde

CSO AL XXV CONGRESSO NAZIONALE AICCER 2024

CCSO – Costruzione Strumenti Oftalmiciè pronta a svelare le sue ultime innovazioni nella diagnostica oftalmologica al Congresso dell’Associazione Italiana di Chirurgia della Cataratta e Refrattiva – AICCER - previsto a Roma dal 7 al 9 marzo 2024.

L’azienda fiorentina è presente con uno stand dove espone alcuni tra i suoi strumenti, in particolare MS-39 e Osiris.

GLI STRUMENTI

L’OCT del segmento anteriore MS-39, è risorsa essenziale per la valutazione pre e post operatoria dei pazienti candidati a interventi di cataratta e chirurgia refrattiva. Grazie alla sua straordinaria risoluzione nei

tessuti, lo strumento fornisce mappe epiteliali utili per la diagnosi precoce di patologie come il cheratocono. L’approccio avanzato di MS-39 consente la pianificazione di trattamenti personalizzati, consentendo una valutazione accurata e su misura per ogni singolo paziente.

Osiris è l’aberrometro progettato per offrire informazioni dettagliate sul posizionamento e sul corretto funzionamento delle IOL premium impiantate. Quando combinato con MS-39, Osiris fornisce dati essenziali per ottimizzare il risultato chirurgico e garantire un’eccellente comprensione degli outcome post-operatori.

Il team di esperti CSO invita gli specialisti allo STAND 19 per mostrare gli strumenti e fornire informazioni tecniche di dettaglio.

LO STAND ECOSOSTENIBILE PLURIPREMIATO

Lo stand di CSO ad AICCER 2024 è completamente ecosostenibile. L’installazione si è aggiudicata il premio Sustainability Exhibitor Award della manifestazione ESCRS 2023 e il premio Stand Up For Green negli Award di MIDO 2024.

www.csoitalia.it.

45 News dalle azieNde

GESTIONE DELLA MIOPIA E VIZI REFRATTIVI IN ETÀ PEDIATRICA

Nuove lenti oftalmiche ZEISS dedicate a bambini e adolescenti

ZZEISS consiglia 2 soluzioni specifiche in base alle esigenze visive di bambini e adolescenti: ZEISS MyoCare per la gestione della miopia infantile e ZEISS SmartLife Young per la correzione dei soli errori refrattivi.

In seguito ai risultati dello studio condotto presso l’Ospedale oftalmico dell’Università di Medicina di Wenzhou (WMU)1, sono stati valida-

ti due innovativi design della lente MyoCare® specifici per i bambini in base all’età (fino a 10 anni oppure oltre i 10 anni). L’importanza di considerare l’età del bambino quando si valuta il successo del trattamento viene sottolineata anche da Dott. Fuensanta Vera-Diaz in “A practical guide to managing children with myopia”, pubblicata dal World Council of Optometry.2

46 News dalle azieNde
differenza tra ZEISS MyoCare e MyoCare S3
La

Oltre a questa novità del doppio design, MyoCare ® si distingue per la tecnologia brevettata C.A.R.E.® (Cylindrical Annular Refractive Elements), che utilizza microstrutture cilindriche alternate ad aree di correzione regolare per creare il defocus simultaneo competitivo, che ad oggi risulta essere una delle soluzioni più efficaci per il contenimento della progressione miopica. I primi risultati 2 degli studi clinici in corso mostrano una significativa differenza nel contenimento dell’aumento della lunghezza assiale e l’equivalente errore refrattivo sferico fra il gruppo di bambini che ha utilizzato le lenti ZEISS MyoCare e il gruppo di controllo non sottoposto a trattamento specifico, che ha utilizzato lenti monofocali tradizionali. Inoltre, circa il 98% dei bambini ha affermato che la visione da lontano e da vicino è molto buona e il 100% dei bambini che usa ZEISS MyoCare si abitua alle lenti entro un giorno. Inoltre, il design ZEISS ClearFocus della lente consente una correzione ottimale dell’errore refrattivo adattata alle esigenze del singolo paziente, riducendo al minimo le distorsioni periferiche, sempre mantenendo il defocus miopico desiderato in tutti gli angoli di visione. Per tutte le altre ametropie, in cui non si verifica una progressione miopica importante, le lenti monofocali ZEISS SmartLife Young sono ottimizzate sulle esigenze visive di bambini e adolescenti nell’età della crescita. Sono infatti presi i considerazione i parametri personali variabili in base alla crescita ed età del giovane paziente:

• i movimenti degli occhi nello spazio, anche nella visione da vicino grazie a Smart Dynamic Optics

• le variazioni del diametro pupillare durante la crescita, determinate dalla tecnologia Luminance Design® 2.0

• cambiamenti anatomici del viso grazie alla tecnologia Dynamic AgeFIT

ZEISS SmartLife

Young

60% dei campi visivi più ampi rispetto alla lente monofocale ZEISS di serie.

Inoltre, le lenti oftalmiche ZEISS specifiche per i bambini usufruiscono di vantaggi esclusivi:

1.ZEISS UVProtect di serie su tutte le lenti

Protezione UV completa fino a 400nm (standard previsto dall’OMS per le lenti da sole), per garantire ai bambini protezione agli occhi e all’area perioculare anche quando giocano all’aperto, senza scurire la lente.

2. Trattamento ZEISS

DuraVision Premium

Un trattamento superficiale applicato alla lente consente di aggiungere proprietà antiriflesso, di resistenza e maggiore facilità di pulizia.

3.Programma 4 Kids

A disposizione delle famiglie un programma di supporto ai riordini:

Per maggiori informazioni sulle lenti MyoCare ® o ZEISS SmartLife

Young, scrivere a: oculisti.vision@zeiss.com

NOTE

1 Two yearprospective, double-blind, randomized controlled clinical trial lead by Wenzhou Medical University Eye Hospital, China, 2021, on 78 myopic children wearing ZEISS MyoCare Rx lenses, 72 myopic children wearing ZEISS MyoCare S Rx lenses and 76 myopic children wearing ZEISS Single Vision lenses for 12 months. Unpublished results

2 Abesamis-Dichoso, C., Chan, R., Gifford, K., VeraDiaz, F. (2022,January 13) A practial guide to managing children with myopia. https://myopia. worldcouncilofoptometry.info/ wp-content/uploads/ Professional-Article- English.pdf

3 I due design si distinguono per il diametro della zona di visione centrale nitida (A) e per il potere ottico superficiale medio che produce il defocus miopico voluto (B). Entrambi i design hanno lo stesso fattore di riempimento (fill factor) 50:50, bilanciando le aree funzionali e di correzione refrattiva per garantire comfort e portabilità.

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GESTIONE DELLA MIOPIA:

Il Prof. Paolo Nucci protagonista del format

EssilorLuxottica in Conversation

STRATEGIE PER CONTROLLARNE LA PROGRESSIONE E RIDURNE L’IMPATTO SOCIALE È

È nato a MIDO 2024 il format EssilorLuxottica in Conversation attraverso cui il Gruppo ha raccontato ad ottici, stakeholder e visitatori le numerose innovazioni grazie agli interventi di alcuni manager di EssilorLuxottica e di prestigiosi relatori esterni. Tra i molti, anche il Professor Paolo Nucci, Ordinario di Oftalmologia presso l’Università degli Studi di Milano, che ha affrontato questioni cruciali relative alla crescente prevalenza della miopia e alle soluzioni ottiche disponibili. L’OMS prevede un drammatico aumento della miopia, con la proiezione che entro il 2050 la metà della popolazione mondiale sarà miope. Attualmente, il 25% dei giovani è affetto da miopia, che inizia a manifestarsi sempre più precocemente.

“Quando un bambino a 5-6 anni manifesta una miopia di -0,50 o comincia a non essere ipermetrope - che a quell’età è fisiologico -, significa che l’occhio è

già cresciuto a sufficienza e se crescerà ulteriormente crescerà quindi verso una serie di complicanze che non possiamo permetterci di trascurare” ha affermato Nucci. “Non possiamo perché non ci sono le risorse per curare tutti e ce ne saranno sempre meno, più malati avremo, meno prevenzione faremo e più costi insostenibili avremo domani.” Intervenire precocemente è fondamentale, in quanto ogni diottria aggiuntiva comporta un aumento del rischio di degenerazioni retiniche, glaucoma, cataratta e degenerazione maculare. È fondamentale comunicare in modo chiaro ed efficace con i genitori, sensibilizzando sulle possibili soluzioni e sugli interventi preventivi disponibili, e incentivare la collaborazione tra il settore medico e ottico per trovare soluzioni efficaci a questa crescente sfida sanitaria. Sulle recenti innovazioni proposte dall’industria, come le lenti oftalmiche per il controllo della progressione miopica, Nucci ha sottolineato come ci siano oggi evidenze ed ampia letteratura che ha bisogno di essere selezionata ed analizzata. “Non funziona ogni tipo di defocus, ma quelle lenti a defocus che hanno il grande vantaggio di permettere una percezione ambientale ottimale pur in presenza di una defocalizzazione periferica che altrimenti potrebbe dar fastidio. Ciò che deve guidare è la letteratura, perché abbiamo lenti a tempiale con evidenze pubblicate su riviste peer-reviewed e vanno scelte quelle perché hanno superato il vaglio di riviste scientifiche.”

48 News dalle azieNde

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SENZA GLUTINE SENZA LATTOSIO REPAXIAL® è un integratore alimentare e, come tale, non deve essere ritenuto un sostituto della terapia farmacologica. Cod. 99003215 1. A. Canovai et al. «Preventive Efficacy of an Antioxidant Compound on Blood Retinal Barrier Breakdown and Visual Dysfunction in Streptozotocin-Induced Diabetic Rats». Antioxidants Supplement and Diabetic Retinopathy. 2022. 12. Approfondimento STUDIO
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