Giornale Gamberale - n° 2 Dicembre 2012

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Gamberale

Anno 7 - N. 2 Dicembre 2012 Periodico quadrimestrale Poste Italiane S.P.A. Spedizione in abbonamento Postale -70% CB BERGAMO Registrato presso il tribunale di Bergamo n.14 del 07/04/2006 Editore: Isidoro Sciulli, Via Torretta 15 - 24125 Bergamo Direttore Responsabile: Isidoro Sciulli Stampa: In proprio

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Seguono Bigante, Falorio, Di Tano, D’Andrea, Giampaolo, Guidone. Sono presenti nel nostro comune anche cognomi non storicamente di Gamberale: Le Donne, Pasquarelli, Di Nucci. Per i cognomi preceduti da “Di” e da “De” è abbastanza facile farne la storia. Cominciamo. Di Nardo

I cognomi (seconda parte) Riassumiamo quanto scritto nella prima parte, sul N.° 1 Aprile 2012: i cognomi attuali divennero stabili solo nel 1500, quando nel Regno di Napoli per ordine del re Alfonso di Aragona furono contati i “fuochi”, cioè le famiglie, per imporre loro il pagamento della tassa familiare, il “focatico”; i cognomi nascono da: - nomi propri di persona, - nomi propri da scienze (geografia, storia, letteratura…), - soprannomi, - nomi comuni di persona, di animali e di cose, - nomi composti da più parole (Mastrorocco, Giampaolo…). La maggior parte dei cognomi del nostro paese viene da nomi propri di persona. Relativamente a questo bisogna dire che la regione Abruzzo, pur essendo

geograficamente parte dell’Italia centrale, è per tradizione, cultura, dialetto ed economia legata alla parte meridionale della nostra penisola. Malgrado ciò i cognomi non sono caratterizzati dalla preposizione tipica del Sud “De”, ma da “Di” seguito dal nome paterno che va inteso come “figlio di…”. La classifica dei primi 10 cognomi del nostro paese è presto fatta. (La classifica risale a qualche anno fa e non tiene presente il numero attuale degli abitanti.) Cognome Sciulli Bucci Di Nardo Bellisario Pollice Conicella Varrati De Iuliis D’Angelo De Pasquale

N.° individui 92 29 29 23 18 14 11 9 9 9

Ha origine da nome proprio di persona (antroponimo), aferesi (caduta di lettera o sillaba all’inizio del cognome) di Bernardo e Leonardo: (Ber-)-Nardo, (Leo-)-Nardo. Nardo si attesta come nome proprio di persona sin dal Basso Medioevo [XIIXIII secolo], anche come forma cognominale autonoma. La parola deriva dal germanico hard[hu], che significa forza, audacia, valore; anche in senso figurato, morale e religioso. Hard si trasforma [n]-hard assimilando la n inziale da altri nomi composti germanici assai frequenti dal Medioevo in poi e dei quali forma il secondo elemento: Ar-n-aldi, Ber-n-ardi, Leo-n-ardi. In Nardo/Nardi, ormai autonomo, n-hard conserva l’enne iniziale a pieno titolo. Dall’originario Nardo vengono tante varianti e tanti derivati: Nardari, Nardella, Nardelli, Nardello, Nardiello, Nardilli, Nardin, Nardon, Nardone, Narducci, Nardulli… E naturalmente Di Nardo, che è da intendersi come [Figlio] di Nardo. 1


Gamberale n.2 - anno 7

D’Angelo

L’ “ascesa” dei ricchi pastori

Deriva da un nome proprio di persona (antroponimo) e di santo (agionimo). Deriva dal greco aggelos-anghelosangelos e dal latino angelus. Le due parole derivano a loro volta dal sanscrito, che significa andare; quindi per esteso: nunzio divino, messaggero inviato da Dio; ma anche “colui che fa da intermediario fra il cielo e la terra”. Dall’originario Angelo sono derivati: Agnelutti, Agnoletti, Agnolo, Agnolon, Agnoloni, Angelastri, Angeletti, Angelucci, Arcangeli, Arcangioli, D’Angeli, De Angeli, De Angelis, Dandolo, Lelli, Lotti e tutte le loro varianti. E naturalmente il nostro D’angelo! I cognomi D’Angelo e De Angelis, assai frequenti al Sud con Angelini diffuso in tutta l’Italia, sono tra i primi 50 più diffusi. Il cognome si attesta e cresce dal Medioevo cristiano in poi. Agnolo-Agnoletti e Lotti prevalgono in Toscana e Veneto, Arcangeli al CentroNord. Il diminutivo Lelli nella forma De/Di Lello e diffuso prevalentemente al Centro-Sud. Dandolo, molto raro, è diffuso nel Veneto. Di Tano E’ un cognome ipocoristico per aferesi di Gaetano-Gaetani (cognome cambiato per caduta di una sillaba all’inizio). Il cognome, perciò, è incrociato con il nome proprio di persona Gaetano (Gae-tano, che significa “oriundo, nativo di Gaeta”, dal latino Caietanus), che ha perso la prima sillaba Gae- ed è restato -Tano, da cui Di Tano, cioè figlio di Tano. Deriva dal toponimo (nome di luogo) Gaeta (latino Caieta o Caiete), nel Lazio in provincia di Latina, che ha dato inizio a tanti cognomi etnici. Virgilio nell’Eneide lega il nome dell’antica cittadina laziale all’omonima nutrice di Enea, Gaeta appunto, che in latino significa cavità, alludendo alla linea costiera curva del golfo omonimo. E’ diffuso soprattutto al Centro-Sud nella variante Di Gaetano; Tano con tutte le sue varianti risulta molto diffuso al Centro. La varianti sono queste: Caeta, Caetano, Caieta, Caietani, De Gaita, Di Gaetano, Di Gaita, Gaetan, Gaetani, Gaidano, Gaita, Tani, Tanelli, Tanini, Tanino, Tano, Di Tano, Tanucci… 2

I secoli 1600 e 1700 segnano il periodo d’oro della transumanza abruzzese, probabilmente anche grazie al clima particolarmente freddo che ebbe ripercussioni negative sull’agricoltura delle aree montane. Nell’anno 1604 i locati abruzzesi (affittuari dei pascoli invernali in Puglia) denunziarono alla Dogana di Foggia ben 5,5 milioni di ovini. Le pecore erano la ricchezza della regione, in particolare nel settore montano, Gamberale compreso. I centri dediti a questa attività, come Pescocostanzo o Scanno e tutti i paesi a loro vicini, si arricchirono di fastosi palazzi e monumenti;

lo stesso si verificò in altri centri minori dediti alla lavorazione della lana come nel caso di Taranta Peligna (“le coperte della Taranta”) ove, proprio in questo periodo, venne edificato il campanile della chiesa di San Biagio arricchito dal bel portale ligneo per volontà dei lavoratori della lana. E’ in questo periodo che a Gamberale viene costruita la chiesa di San Lorenzo martire, che sarà distrutta da un terremoto nel 1706. E sarà immediatamente ricostruita nel 1709. In questo stesso periodo, 1680 circa, sarà costruito l’organo che è uno strumento di pregio e uno dei pochi organi antichi conservati.

Il rilancio della pastorizia nelle zone montane nel 1500

La famiglia Croce

Sin dal periodo romano, le greggi che pascolavano sulle montagne dell’Appennino Centrale, d’inverno venivano condotte sui caldi pascoli del tavoliere pugliese, attraverso antichi percorsi denominati calles, successivamente tratturi. La transumanza ebbe impulso decisivo con Alfonso d’Aragona nella seconda metà del XV secolo. Questo sovrano riorganizzò il sistema della “mena delle pecore in Puglia” sul modello spagnolo, che è sopravvissuto fino al XX secolo. Il re individuò le aree di svernamento nella Capitanata e lungo la fascia costiera abruzzese e molisana; ridefinì la rete tratturale e istituì la Dogana di Foggia e le altre Doganelle al fine di garantire un controllo diretto su un’attività che portava ingenti ricchezze nelle casse regie. Rese obbligatoria la transumanza a chiunque possedeva un gregge di oltre venti pecore e, naturalmente, concesse ai pastori alcuni privilegi tra cui quello di essere giudicati solo dai Magistrati della Dogana di Foggia ed evitare, così, le corti feudali.

Molte grandi famiglie della zona investivano ingenti capitali negli armenti; quella dei Croce di Montenerodomo (Benedetto Croce, filosofo e protagonista della storia politica del ‘900 italiano, è un loro discendente), nel XVIII secolo, possedeva 11.000 pecore. Grandi proprietari di greggi si localizzavano anche in aree non a stretta vocazione pastorale come i Paglioni di Gessopalena nella vallata dell’Aventino. Un gran numero di animali, nel corso dei secoli XVII e XVIII, evitava la transumanza pascolando, d’inverno, lungo le vallate fluviali dell’Aventino e del Sangro, solitamente sulle grandi proprietà feudali. Sul finire del XVIII secolo e agli inizi del successivo, iniziò la crisi irreversibile della pastorizia transumante. La messa a coltura del Tavoliere pugliese e la proclamazione delle leggi sull’eversione feudale furono gli eventi principali che ne segnarono il declino a vantaggio dell’agricoltura.


Gamberale n.2 - anno 7

CRONACHE CITTADINE Una tabella per cercare di leggere i risultati delle ultime elezioni amministrative.

Elezioni Comunali 2007 Regionali 2008 Politiche 2008 Camera Provinciali 2009 Europee 2009 Referendum 2011 Comunali 2012

Votanti

Voti validi

Schede bianche

Schede nulle

281

281

0

0

199

189

4

6

245

235

6

4

246

233

6

7

246

211

16

19

166

159

6

1

215

190

9

16

La tabella vuole mettere in evidenza il numero di elettori che non si è recato a votare, ha votato scheda bianca o ha annullato la scheda. Nelle precedenti elezioni coloro che si sono recati a votare, fatta eccezione per il referendum 2011 e per le regionali del 2008, si aggirano tra il numero massimo di 281 alle Comunali del 2008 e i 215 delle ultime comunali. Cosa vuol dire questo? Che tra l’una elezione e l’altra almeno 66 persone non sono andate a votare, se a queste aggiungiamo che alcune, 25, sono andate a votare, ma hanno votato scheda bianca (9) o annullato la scheda (16), dobbiamo concludere che 82 elettori di Gamberale hanno espresso il loro voto contrario. Per non essere troppo catastrofici, teniamoci bassi e prendiamo i dati delle provinciali del 2009: i votanti sono stati 246, mentre alle comunali del 2012 i votanti sono stati 215, vuol dire che 31 elettori non si sono recati a votare e, se a questi aggiungiamo le 9 schede bianche e le 16 schede nulle, fanno 56. Se pensate che il candidato sindaco della seconda lista ha ottenuto 55 voti, vuol dire che una bella fetta di elettori gamberalesi o se ne è stata a casa o ha espresso non gradimento per il nuovo sindaco, che come si dice in questi casi è “un’anatra zoppa”. D’altra parte è la prima volta che a Gamberale siano stati messi in lista personaggi che niente hanno a che fare con Gamberale e, se poi pensiamo che la seconda lista che ha eletto 2 consiglieri è una lista di appoggio al sindaco, ci rendiamo conto che a Gamberale non c’è vera opposizione.

Il “vecchio sindaco”: ultimi atti 300 pali di castagno Siamo a metà aprile, le elezioni amministrative si avvicinano e il comune, nella persona del sindaco, autorizza l’acquisto di trecento (300) pali di castagno. La spesa complessiva è di 1272,00 euro da pagare alla ditta F:lli Diana di Villa S.Maria. Ma a quale scopo? “Per il ripristino dei pascoli comunali esistenti”. Ma a vantaggio di chi vanno? Ma del nuovo padrone della Posta Vecchia! Già nel 2007 aveva ricevuto un bel regalo in pali di castagno dal sindaco Corrado Varrati per i voti ricevuti. Questa volta i pali sono stati regalati prima della fine del secondo mandato. Perché? Per avere i voti per essere rieletto consigliere comunale. “Cugino mio, voglio fare pace con te!” Vi racconto una storiella. L’ex sindaco nella primavera del 2012 incontra intenzionalmente suo cugino Enrico: “Cugino mio, voglio fare pace con te!”. Alla faccia delle liti furibonde e delle angherie che c’erano state prima, la pace viene siglata con un regalo. Il comune si fa garante del passaggio dell’ex ambulatorio comunale dalla società “Il tetto d’Abruzzo” di Maurizio Bucci a nuovi soci tra cui il cugino dell’ex sindaco. Cerchiamo di dare una spiegazione a questi due fatti. L’ex sindaco voleva essere rieletto consigliere nel nuovo consiglio comunale, ma si era accorto che nel capoluogo non avrebbe preso nessun voto al di là di quelli della sua famiglia e allora si è dato alla caccia di voti: quelli della famiglia del cugino, favorendo il passaggio dei locali dell’ex ambulatorio comunale. Ha cercato voti anche nelle frazioni e ne ha trovato, regalando paletti di castagno. Ecco tutto qui! Indennità di fine mandato Si era appena insediata la nuova amministrazione e l’ex sindaco aveva già presentato la richiesta di indennità di fine mandato, che gli viene liquidata con una determina del 13-06-2012. La somma complessiva liquidata è stata di 10.779,08. La legge lo prevede, nulla da dire. Se alla indennità di fine mandato aggiungiamo i circa 130 mila euro percepiti nei dieci anni precedenti, ci viene da esclamare: “Ma quanto ci sei costato!”. Se poi guardiamo ai risultati, ci è costato troppo. Sarà ricordata come l’amministrazione dell’immobilità, della vanterie e dell’incapacità complessiva a programmare, che ha fatto qualche lavoro utilizzando i progetti fatti da quella precedente.

E non è finita qui! In genere quando uno finisce il proprio mandato torna alle proprie attività. Non vale per il nostro ex sindaco, che continua a tenere le mani in pasta. Fa il “portaborse” all’assessore regionale alla Sanità e quindi si è assicurato uno stipendio ancora per due/tre anni. E come se non bastasse è riuscito a farsi eleggere consigliere comunale nella nuova amministrazione e in ogni manifestazione pubblica è sempre al fianco del sindaco. Il messaggio è: “Ogni decisione che prendi non può essere presa senza il mio parere favorevole preventivo!” e “Attento alle parole che dici!”. Ma il nuovo sindaco si accorge di questo? Crediamo di sì. Ma deve fare buon viso a cattivo gioco, perché nel capoluogo ha tutti contro e nessuno lo vuole. E così si è consegnato nelle mani di Corrado Varrati, che ha l’ultima parola su ogni decisione. Per usare una espressione un po’ greve, e i lettori ci perdoneranno, lo tiene per gli “attributi”. Il “nuovo” sindaco Come già sanno i lettori secondo noi il nuovo sa molto di antico…Un antico che ritorna: usare le istituzioni pubbliche per curare meglio gli interessi privati. Che cosa è il passaggio dell’ex ambulatorio da “Il tetto d’Abruzzo” ai nuovi conduttori? Non dimentichiamo che uno dei soci di “Il tetto d’Abruzzo” era l’attuale sindaco. Sarebbe stata credibile la storia se i locali fossero stati restituiti al legittimo proprietario, il Comune; invece c’è stata una specie di trattativa privata tra i nuovi e i vecchi soci, come se si trattasse di proprietà private. Il Comune, nella persona dell’ex sindaco, si è fatto garante dei passaggi. Non possiamo dimenticare che il sindaco attraverso la Sicet è titolare della concessione riguardante la Forcella e nelle sue intenzione e nei suoi programmi c’è la riattivazione degli impianti di risalita richiedendo soldi pubblici, cioè lo stato mette i soldi per riattivare un impianto e i risultati economici diretti e indiretti di questo vanno ai privati. E tutto questo in barba a quanto previsto dalla concessione al punto 9, che cioè il titolare della stessa doveva farsi carico della riattivazione degli impianti. E se questo non fosse stato rispettato il comune avrebbe revocato la concessione. Ve lo immaginate il sindaco, Maurizio Bucci, che revoca la concessione alla Sicet, cioè a suo padre Remo e a sua madre Lina Sciulli? Perché il sindaco, invece di darsi da fare per gli impianti della Forcella, non chiede fondi per far tornare puliti i torrenti che attraversano i nostri territori, in cui scaricano le fogne del capoluogo e delle varie contrade? 3


Gamberale n.2 - anno 7

Provate a fermarvi sui ponti della strada cha collega la stazione al capoluogo e potete vedere le acque sporche e odorare i miasmi che salgono dal fondo. E ancora. Attraversate a piedi la mulattiera che dal Capoluogo scende per Sant’Antonio, troverete una discarica continua di rifiuti dell’edilizia! Lo stesso vi può capitare sulla strada del Trocco e su tante altre strade interpoderali. Che buon biglietto da visita per un paese a vocazione turistica! Tutti hanno bisogno prima o poi di scaricare rifiuti dell’edilizia, perché il sindaco non fa attrezzare un’area nella quale obbligare a portare i rifiuti, invece che farli scaricare di nascosto e in modo abusivo ed inquinante? I primi atti Leggiamo un verbale del consiglio comunale, dal maggio del 2012 sono tutti così. “…Il consiglio comunale, vista la proposta che, allegata alla presente, ne forma parte integrante e sostanziale; preso atto dell’intervento del Sindaco; apertasi la discussione; esauritasi la discussione, il Sindaco pone in votazione la proposta di deliberazione che dà il seguente esito: presenti e votanti 6, favorevoli 6, astenuti 0 contrari 0 (il consiglio comunale) delibera di approvare la proposta avente per oggetto…” Avete capito quale è la proposta e che cosa è stato deliberato? No, certamente! E non vi viene in mente che forse se si ricorre a queste maniere, il consiglio comunale e il Sindaco hanno qualcosa da nascondere? E temono le critiche. E ritengono un fastidio le discussioni e i pareri su un problema: quello che è il sale della democrazia è un ostacolo fastidioso da rimuovere. Ricorrono per di più ad un trucco linguistico, “…vista la proposta che, allegata alla presente, ne forma parte integrale e sostanziale…”, per aggirare le legge che obbliga alla pubblicità degli atti amministrativi. Ricorso al TAR Insieme ad altri sindaci, pochi, della comunità montana di cui fa parte il nostro comune, il nostro sindaco ha aderito all’iniziativa di fare un ricorso al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) per far annullare una delibera della Comunità montana, quella che aveva eletto l’attuale Presidente. I ricorsi al TAR, però, costano. Questo complessivamente viene a costare sui settemila euro e la quota spettante a Gamberale è di circa duemila. Perché? In quella circostanza Maurizio Bucci era candidato alla Presidenza della Comunità montana, ma ebbe pochi voti e non fu eletto. Ora si ricorre a cavilli formali per far annullare quella delibera, ma questo a spese dei contribuenti di Gamberale. A questo dobbiamo aggiungere che per due anni l’amministrazione comunale non ha pagato 4

la quota associativa alla comunità montana, che si è vista costretta a rifiutare alcuni servizi, tra questi il calcolo dell’IMU. Prima si poteva andare presso la sede della comunità montana e potevi ricevere i documenti che ti permettevano il calcolo senza nessuna spesa. Questo non è più possibile, perché il sindaco del nostro comune ha rifiutato di pagare le quote associative. Continua una storia di scontri con le istituzioni, che non può che portare danni. E a noi chi calcolerà l’IMU? Si può sempre andare presso uno studio privato, pagando. Volete l’indirizzo? Il convegno sulla sanità in Abruzzo Nel pieno dell’estate, il 4 agosto, il nostro comune ha ospitato un convegno sulla sanità in Abruzzo. Sono intervenuti assessori regionali e il presidente della Regione. Naturalmente le spese per l’evento sono state tutte a carico dei contribuenti del Comune; il pranzo al Tetto d’Abruzzo di Enrico Varrati è stato a carico del comune, più di mille euro: i voti costano! Cosa ne avrebbe potuto tornare come utile al Comune? Secondo noi niente. E’ stata un’occasione per il sindaco e l’ex sindaco di farsi pubblicità e poter dire: “Vedete noi siamo capaci di far venire autorità alte. Contiamo…”. Ma così dimostrano la loro debolezza e il loro bisogno di affidarsi a qualche santo in paradiso per ottenere “elemosine”. Gli impianti di risalita: prime mosse Il 3 ottobre il responsabile del servizio tecnico scrive una lettera con oggetto “Mutamento di destinazione terre civiche per attività scioviaria e relativi annessi in località “La Forcella” del Comune di GamberaleLegge regionale n.25/88 Art.6.” Il tecnico chiede al sindaco di attivare la procedura del cambio di destinazione d’uso dei terreni della Forcella da terre civiche a terreni destinati ad attività scioviaria. Il tutto per poter utilizzare il finanziamento concesso dalla regione Abruzzo per lavori di ristrutturazione e ripristino dell’impianto. Per noi che seguiamo da tanto la vicenda, non c’è nulla di nuovo: sapevamo che le tappe sarebbero state queste. La cosa che fa senso è che tanti nostri compaesani, consiglieri comunali compresi, raccontano la storia di posti di lavoro che saranno creati, cioè questa gente ci vuol far credere che quell’impianto riattivato darà lavoro a tanta gente…Non perdiamo tempo a confutare questa opinione. Il fatto certo è che il sindaco si è dato da fare e si darà da fare per ottenere fondi pubblici e riattivare impianti che sorgono su terreni comunali dati in concessione alla Sicet, cioè a suo padre e a sua madre… Per raggiungere questo scopo non ci saranno ostacoli. Se il sindaco voleva essere veramente colui

che ha a cuore le sorti del comune e ne era interessato alla rinascita, prima di tutto avrebbe fatto sì che la Sicet rinunciasse alla concessione, dando così di sé l’immagine di uno interessato all’interesse pubblico non a quello personale. E poi avrebbe guardato a quelle opere veramente capaci di dare una immagine dignitosa del nostro comune, mettendo fine all’immobilità decennale precedente. Sistemazione delle strade comunali A settembre sono iniziati i lavori di sistemazione delle strade comunali. In verità sarebbero da sistemare tutte, ma capiamo che i soldi a disposizione sono pochi e non è possibile fare tutto in una stagione. Ci saremmo aspettato che il sindaco facesse un discorso chiaro ai cittadini: viste le finanze del comune, non è possibile fare tutto in un anno, ma ci impegniamo a fare quanto è necessario in tot anni. Sarebbe stato un discorso di buon senso. E invece a che cosa assistiamo? A tanti rattoppi sparsi su tutto il territorio comunale e ci viene il sospetto che non siano casuali, ma che corrispondano al pagamento dovuto per i voti ricevuti per essere eletto. Come va letto il rattoppo alla Stazione? E quello dell’accesso alle stalle situate vicino alla contrada Ciabacchi? E che cosa dire dei rattoppi sulla strada che va alle Morrecine e di quella che scende alle Noci Bianche? Dobbiamo continuare? Due belle notizie La prima: Un avviso del sindaco vietava che nel mese di agosto fosse sparso letame nei campi e fosse trasportato utilizzando le strade comunali. Il “nuovo padrone della Posta Vecchia”, ha tentato di contravvenire all’ordine dopo la metà di agosto, ma evidentemente ha dovuto rinunciare. Speriamo che sia l’inizio del rispetto di un minimo di regole di civiltà. La seconda: I lettori del periodico sanno che ci battiamo sin dal primo numero per il rispetto del periodo di pascolo sui terreni comunali, come è sempre stato e come era stato deliberato tra il 1945 e 1950 e come tutti ci ricordiamo: gli animali venivano portati in montagna a maggio e venivano riportati nelle case alla fine di settembre. Il sindaco Varrati ha sempre fatto orecchie da mercante, anzi aveva sempre favorito l’interessato. Ora il nuovo sindaco ordina: “E’ fatto assoluto divieto di pascolo sui terreni comunali oltre i limiti previsti dalla legge vigente in materia (1° giugno-31 ottobre)”. Cosa dirà adesso Corrado Varrati di fronte ad una legge che risale al 2000 (D.Lgs.267/2000)? E poi. Come ci piacerebbe vedere la faccia del “nuovo padrone della Posta Vecchia”! Sarà difficile far rispettare l’ordinanza, conoscendo il tipo. Ma è un buon segnale!


Gamberale n.2 - anno 7

Una testimonianza sull’occupazione tedesca del 1943-1944.

Il racconto è di Luigi Sciulli che vive in Australia e che è nato il 16 novembre del 1931 e ha vissuto la sua infanzia ai Giardinari. All’epoca dei fatti aveva 13 anni. Lo ringraziamo e ci scusiamo per aver “tradotto” in italiano il suo vivace racconto fatto in dialetto. Le domande e la conduzione dell’intervista sono fatte da suo fratello Nicolino. Allora raccontaci di quando sono arrivati i tedeschi a Contrada Giardinari. La famiglia nostra… noi siamo sfollati, siamo stati all’Aruccia. Abbiamo scavato una buca sul fianco di una collina, tre metri profonda. Dopo due tre mesi una pattuglia tedesca è arrivata di notte. C’era Vittorio di Carmine degli Zecconi e mio zio Raffaele, hanno detto a mio padre: - Portaci il coltello che dobbiamo ammazzare questo tedesco. Mio padre aveva il pugnale e se l’è messo nella cintura, dietro le spalle ed è uscito con le mani libere. Uno dei tedeschi aveva la pistola e avrebbe sparato a tutti e tre se vedeva che papà aveva il pugnale. Quando il tedesco ha visto che non era armato, gli ha stretto la mano e se ne sono andati. I tedeschi ormai avevano scoperto il nostro nascondiglio, non potevamo stare più là e siamo andati via. Siamo andati al Casino. Lì c’era un sacco di gente. Tutti gli Zecconi e c’era anche Mincuccio, che era stato sparato alla spalla e aveva una pallottola conficcata dentro. Si sono aggiunti a noi tutti i Celestrini, che erano venuti via dalle Coste, perché pioveva dove si erano riparati. Quando è entrato Cesidio dei Celestrini e ha visto Mincuccio, ha esclamato: - Caro Mincuccio siamo diventati tutti come te! E Mincuccio gli ha risposto: - Caro zio Cesidio io sono stato abituato ad andare a cavallo e a piedi. Tu che prima andavi solo a cavallo, ora cammina a piedi come me!

Un giorno io e mio padre con Cavaliere e suo figlio siamo andati ad Isernia, al campo militare americano, per dire che non sparassero troppo, tutti i giorni. Siamo tornati a piedi da Isernia. Poi siamo andati via dal Casino e siamo andati a contrada Ciabacchi. E lì mia mamma macinava il grano con la macchinetta per tritare la carne per le salsicce. - Devo fare un po’ di farina per fare qualche pizza, perché non c’è niente da mangiare… Abbiamo, poi, deciso di partire. Dovevamo andare a Capracotta, dove c’erano gli inglesi. Siamo partiti di sera. Siamo arrivati alla Pulcinella, ai Varrati, ma hanno lanciato in aria i raggi illuminanti e per paura di essere scoperti siamo tornati indietro. Per tre sere è stato così. La quarta sera siamo riusciti a passare, dai Varrati, dalla Pulcinella siamo andati verso il Colle della Valle. Da lì giù fino alla ferrovia. L’abbiamo percorsa fino all’altezza dei Giammarchi. Lì il Sangro aveva poca acqua e l’abbiamo attraversato. Una volta dall’altra parte siamo risaliti fino al bivio Capracotta-Sant’Angelo del Pesco. Sulla strada è saltata una mina, che non ha colpito nessuno. Io ero il primo della fila e mi hanno detto: - No, no! Cammina al centro della strada, perché qui c’è un campo minato! E siamo arrivati al ponte delle Mulinelle di Sant’Angelo. Sono sceso fino al torrente e poi sono risalito. Sopra ho trovato tre persone. Uno mi ha chiesto se c’era qualcuno che parlava inglese. Mi sono girato ed ho chiesto: - Chi parla inglese? Ha risposto Aniceto Sciulli: - Io parlo inglese. Aspetta che vengo sopra. Erano tre soldati e uno era nero. Chi parlava inglese era il nero. Avevo ricevuto da loro un pezzo di cioccolata e sopra la carta che l’avvolgeva c’era l’aquila tedesca e dico a mio padre: - Papà sono tedeschi! Andiamo via! - Ma no! Cosa dici! Qualcuno di quelli che erano dietro di noi, quando hanno sentito la parola tedeschi, sono tornati indietro e sono scappati. Uno dei soldati chiama mio padre e gli chiede: - Da dove venite? - Da Gamberale, giù giù fino al fiume…” Voleva sapere quanti bambini c’erano. Mio padre gli ha detto dei numeri in abissino, perché il soldato era nero… La figlia di Aniceto grida al padre: - Papà, bada a quello che fai! - Stai zitta! Sciarapp (Shut up)! Aniceto poi ha chiamato mio padre: Cesidio,

Cesidio, vieni qua che mi devi aiutare! E nel frattempo i soldati hanno parlato in tedesco tra di loro. Intanto Lorenzo dei ‘Divichi ha capito qualcosa e, mentre mio padre andava da Aniceto, gli ha toccato il braccio e gli ha detto: - Andiamo, scappiamo! E siamo scappati. Un soldato ha cominciato a mitragliare e un altro ha tirato tre colpi di pistola: ad Aniceto, a Ciccio e al figlio di Virgilia. Papà aveva una bisaccia con una pagnotta di pane e della salsiccia…Quello solo avevamo da mangiare. Nella fuga l’ha persa. Ci siamo ritrovati alla fontana sulla strada mulattiera che da Gamberale entra a Sant’Angelo. Ma quanti sono morti lì? Tre: Aniceto, Ciccio e Maria, la figlia di Aniceto. Il figlio di Virgilia è stato ferito alla pancia. Si è salvato, non è morto! La mattina dopo io e mia madre siamo tornati indietro per recuperare la bisaccia con il pane e la salsiccia. Non abbiamo trovato niente. Era pericoloso andare in giro, perché dai Colli dei Lupi i tedeschi sparavano con la mitraglia e ci siamo salvati perché ci siamo riparati in una cunetta alta due metri. Da lì dove siete andati dopo? La sera siamo stati a Sant’Angelo del Pesco e abbiamo incontrato Nuccio di Fantino ed un’altra persona che cercavano proprio noi. - Andate da Zia Pietrina, là è la famiglia. Ci ha detto. Dopo due giorni siamo partiti e siamo andati a Pescopennataro. Da lì ad Agnone. Da Agnone ad Isernia. E da lì a Ferrandina, in Puglia. Finita la guerra siamo tornati indietro fino a Torino di Sangro. Li siamo saliti su un carretto (ru trai’n’). Donne e bambini sul carretto e gli altri a piedi. La sera siamo arrivati a Bomba. C’era il segretario Mario Pollice. Abbiamo mangiato qualcosa e ci siamo un po’ ravvivati. Il giorno dopo siamo ripartiti e siamo arrivati a Fallo, nel mese di settembre del 1944. A Fallo c’era un campo di pomodori. Con la fame che avevamo, abbiamo mangiato pomodori a crepapelle. Siamo ripartiti e appena abbiamo passato Quadri, ci siamo ritrovati tutti con la diarrea. E siamo arrivati alla stazione di Gamberale e lì abbiamo incontrato i nostri compaesani. - E’ morto questo, è morto quello… E le persone hanno cominciato a piangere… Ma quando sono entrati i tedeschi ai Giardinari cosa è successo? Ci cacciavano dalle case, perché dovevamo andare via, a Sulmona. Ma nessuno voleva andare via! 5


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