Giornale Gamberale - n° 1 Luglio 2013

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Gamberale I cognomi (terza parte) De Pasquale/Pasquarelli Derivano dal nome proprio di persona originario ‘Pasqua’ (maschile Pasquale) dato a chi nasceva nell’omonima festa ebraica (liberazione dalla schiavitù in Egitto) e cristiana (resurrezione di Cristo). Deriva dall’ebraico pesach-pesah-pisha che significa passaggio o protezione, e da loro deriva il verbo pasach, andarepassare oltre. Si fa riferimento ad un fatto narrato nella Bibbia, quando l’angelo sterminatore degli Egiziani avrebbe oltrepassato le porte delle case degli Ebrei contrassegnate da un simbolo a lui noto.

Pasqua, De Pascale, De Pasquale, De Pasqualis, Di Pascale, Di Pasquali, Pasca, Pascale, Pascalino, Pascalis, Pascalizzi, Pascarella, Pascarelli, Pascrazio, Paschetti, Paschi, Paschini, Pasco, Pascoli, Pasquali, Pasqualetti, Pasqualigo, Pasqualini, Pasqualis, Pasquarelli... De Juliis Ha origine dal nome proprio di persona (antroponimo) e di santo (agionimo). Deriva dal latino Julius e quindi sta per figlio di Giulio o appartenente alla gens Julia. Sia De, particella prepositiva semplice determinativa, sia Juliis che finisce con una desinenza ablativa (-is), stanno ad indicare che De Juliis è un patronimico,

Il verbo (pasach, andare-passare oltre), poi, nella concezione popolare cristiana ha assunto il significato di patire, soffrire e la Pasqua è diventata l’emblema della morte e della resurrezione di Cristo. Esiste un vasto elenco di cognomi che si riferiscono a Pasqua. Pasqua-Pasquali sono equidistribuiti su tutto il territorio nazionale. Paschi-Pascucci-Pasquelli-Pasquini è diffuso al Centro-Nord e sono prevalenti in Toscana. Pasquali, Pasquale, Pascali, Pascale, Pasquarelli, Pasquariello e i patronimici De Pasquale, De Pascale sono diffusi prevalentemente al Sud. L’elenco completo è:

cioè deriva dal nome del padre e lo potremmo tradurre come “coloro che appartengono al gruppo familiare dei Giulii”. Alla diffusione del cognome ha contribuito certamente l’ascendenza prestigiosa di Giulio Cesare, espressione eminente della gens Julia, ma non si deve escludere che possa avere origine dal culto e dalla devozione per uno dei tanti santi e beati del Martirologio romano: Giulia, Giuliana, Giulietta, Giuliano, Giulio. Etimologicamente Iulius significa “consacrato a Giove” e per questo la gens Julia godeva, a Roma, di privilegi divini. Più frequenti al Sud i patronimici De Giulio-Iulio-De Juliis e Di Giulio-Iulio con Giuliano e Giugliano; Giolitti specifico del Piemonte; Giuliani prevale

Anno 8 - N. 1 Luglio 2013 Periodico quadrimestrale Poste Italiane S.P.A. Spedizione in abbonamento Postale -70% CB BERGAMO Registrato presso il tribunale di Bergamo n.14 del 07/04/2006 Editore: Isidoro Sciulli, Via Torretta 15 - 24125 Bergamo Direttore Responsabile: Isidoro Sciulli Stampa: In proprio

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al Nord; nelle Venezie Zuli-Zuliani. De Giullo e Giullo al Centro Nord, prevalentemente in Toscana, dove sono specifici. Giullini, rarissimi, sono specifici del Sud. Da Julius e da Julia derivano: De Giuli, De Giulio, De Julio, De Juliis, Di Giulio, Gioli, Giolitti, Giugliano, Giuli, Giuliana, Giulianini, Giuliano, Giulietti, Giulini, Giuliotti, Giuliuzzi, Giulli, Giullo, Iuli, Iulio, Julio, Zuli, Zulian, Zuliani… D’Andrea Sta per figlio di Andrea. Deriva dal nome di persona (antroponimo) e di santo (agionimo). E’ attestato sin dall’età romana ed usato come cognome sin dal 1


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Medioevo cristiano, grazie al culto di oltre 50 santi omonimi, primo fra tutti l’apostolo di Gesù, fratello di Pietro, martire. Deriva dal greco anèr-andros: “fortezza” e per estensione analogica, “uomo”; poi nel Medioevo cristiano stava a significare uomo di Dio. Da Andrea derivano i seguenti cognomi: Andrei, Andrade, Andrè, Andrea, Andreani, Andreini, Andreis, Andreoli, Andreoni, Andreotti, Andria, Andrich, Andrioli, Andriolli, D’Andrade, De Andrè, Dreas, Drei, Drioli. E naturalmente il nostro D’Andrea.

Lo gambro Vi presento due foto di carte geografiche della fine del 1500. Come potete vedere, in una ci sono tanti nomi di comuni delle nostre zone. C’è anche un “Pizzo Sterrato”, che è da intendersi come Pizzoferrato. Immediatamente sotto appare un comune che ha un nome un po’ strano, Lo gambro. “Lo gambro” tradotto darebbe il nome “Il gambero”, che è nello stemma del nostro comune. Vista la collocazione geografica è da intendersi come il nome del nostro comune, Gamberale. Naturalmente la disposizione è sbagliata, perché andava collocato più a Nord e all’altezza di Pizzo Sterrato (Pizzoferrato). Inoltre è collocato quasi alla confluenza di due fiumi. Uno, quello più grande, è Il Sangro, ma quello più piccolo quale torrente è? Se guardate bene, poi, anche altri comuni sono collocati in posizioni sbagliate. La carta è, comunque, un documento molto importante. Si trova nei Musei Vaticani a Roma, nella Galleria delle Carte Geografiche. Il nome, Galleria delle Carte Geografiche, deriva dalle 40 carte topografiche delle regioni italiane e dei possedimenti della Chiesa che papa Gregorio XIII vi

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fece dipingere tra il 1580 e il 1583 da cartoni disegnati da Ignazio Danti, uno dei maggiori cosmografi del tempo. Ignazio Danti adottò come elemento divisorio l’Appennino, raffigurando sulla parete di sinistra le regioni bagnate dai mari Ligure e Tirreno, e su quella di destra le regioni cinte dalle Alpi e quelle bagnate dall’Adriatico. E proprio sulla parete di destra c’è la regione “Aprutium”, a cui si riferiscono le immagini fotografate.

I ricoveri dei pastori Chi attraversa le nostre montagne incontra tante grotte dalle quote più basse fino alle altitudini più elevate. Venivano usate dai pastori, che ne facevano ricoveri per le greggi. Solitamente le grotte venivano chiuse con muretti a secco o con rami; una parte veniva riservata al pastore per la lavorazione del latte e per passarvi la notte. Sui pascoli montani aperti il pastore realizzava piccole capanne in pietra dove trovava rifugio durante le intemperie o vi custodiva gli agnelli non ancora in grado di seguire il gregge. Accanto a queste venivano anche costruiti stazzi circondati da muretti a secco.

La “gentile di Puglia” E’ una razza di pecora derivata da incroci tra le pecore indigene, soprattutto quelle pugliesi conosciute per la qualità della loro lana, e la merinos, una razza nordafricana introdotta in Spagna e importata nell’Italia meridionale dal re Alfonso di Aragona. La gentile di Puglia era una pecora ben adatta ai lunghi spostamenti, perché piccola e molto rustica. La lana prodotta dalla “gentile di Puglia” era ritenuta di ottima qualità e veniva lavorata dai lanifici locali ed esportata.

Pastorizia ed ambiente Uno dei fattori che maggiormente hanno inciso sulla trasformazione dell’ambiente naturale in Abruzzo è stato il pascolo del bestiame. Le praterie di alta quota, i pascoli naturali o primari, che si collocano solitamente oltre i 1800 m non erano sufficienti a sostenere un numero elevatissimo di animali. Venne così intrapresa una colossale opera di disboscamento allo scopo di ottenere nuovi pascoli, i pascoli secondari. La faggeta fu la formazione forestale che più delle altre risentì dell’opera di deforestazione. Vennero abbattute grandi formazioni boschive per far posto ai pascoli. Le faggete furono così sostituite da praterie a dominanza di bromo, una pianta erbacea autoctona. Vennero favorite le specie degli ambienti aperti come le orchidee, oppure di numerose specie di graminacee, nonché le piante caratteristiche dei suoli ricchi di sostanza organica quali lo spinacio selvatico o i cardi. Pagarono un pesante tributo alla pastorizia anche le fasce arbustive in quota, ossia le macchie di ginepri nani e le intrigate formazioni di pino mugo, scampate solo sulla Majella e sulla Camosciara. L’accanimento dei pastori si rivolse anche contro singole specie come la sabina, considerata tossica per il bestiame. Un tempo sacra al popolo dei Sabini, venne quasi totalmente annientata nell’area appenninica. La si trova nelle nostre montagne: alle Morrecine, sui Tre Monti e sui Monti Pizzi.


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CRONACHE CITTADINE Premessa Sconsigliamo vivamente la lettura di questa parte a persone che si arrabbiano facilmente, perché non ci riteniamo responsabili della loro salute. La sconsigliamo vivamente a chi, pur avendo immobili di proprietà propria (ricordate il bar gestito dai Varrati nel centro del paese?), ha preferito prendere locali del comune per fare attività economiche, vedi l’ex ambulatorio comunale e la vecchia sede del comune. E tutto questo con la complicità dell’ex sindaco e dell’attuale, che lo aveva avuto in gestione precedentemente. E se “coce” che qualcuno ricordi queste cose e le diffonda, non si leggano queste righe! Il consiglio vale soprattutto per Enrico Varrati.

La “pistarella” Facciamo un breve riassunto dei fatti a partire dal 2006. Il comune concede per trent’anni a Saverio De Juliis alcuni terreni siti nella località “La Forcella”. L’impegno della società era di riattivare gli impianti fermi ormai da tempo. I lavori per il ripristino non iniziano. Nel febbraio 2007 vengono fatte presso il notaio D’Angiolella di Castel di Sangro due scritture private. La prima riguarda la cessione di quote di società a responsabilità limitata, la S.I.C.E.T., dai fratelli De Juliis a Remo Bucci e Lina Sciulli, che così diventano gli unici proprietari della S.I.C.E.T., pagando 10 mila euro. La seconda scrittura privata riguarda la cessione di ramo di azienda dai fratelli De Juliis a Remo Bucci e Lina Sciulli: viene ceduta la concessione trentennale dei terreni della “Forcella”al prezzo di 15 mila euro. In conclusione la S.I.C.E.T. di Remo Bucci e Lina Sciulli diventa titolare della concessione dei terreni della “Forcella” e non si dimentichi che i proprietari della S.I.C.E.T. sono i genitori dell’attuale sindaco. Veniamo al 2012/2013. Il nuovo sindaco, Maurizio Bucci, appena insediato, prende in mano la questione. Il primo atto è il frazionamento della particella 7 del foglio 5

in tre nuove particelle con i numeri 40134014-4015-4016: le nuove particelle corrispondono ai fabbricati di servizio della vecchia sciovia. Il secondo atto è il cambio di destinazione d’uso di terre civiche in terreni destinati ad attività scioviaria e “relativi annessi”. Perché questi due atti? Per poter avere i finanziamenti regionali PAR FAS, che ammontano a 400 mila euro. L’ultimo atto della storia è questo: il costo del ripristino e della ristrutturazione dell’impianto scioviario è di 690 mila euro. Il 16/05/2013 il sindaco delibera che la restante somma di 290 mila euro sarà reperita con un project financing. Per capirci un privato o una società si farà carico della restante somma. Domandiamoci: chi ha pagato i frazionamenti e il cambio di destinazione d’uso, le spese per il progetto e tutti le altre spese connesse? Il consiglio comunale ha deliberato (delibera n° 28 del 22/12/2012) che la ristrutturazione e il ripristino sono opere di interesse pubblico e quindi le relative spese sono a carico del comune e quindi di noi tutti. Nell’arco di meno di un anno il nuovo sindaco ha fatto quello che il precedente non è riuscito a fare in dieci anni. Ma domandiamoci ancora: che bisogno c’era di una concessione di terreni comunali ad una società privata, se poi le spese di riattivazione e di ristrutturazione del vecchio impianto sono a carico del comune con fondi pubblici regionali? Chi saranno i proprietari degli impianti riattivati e ristrutturati? Il finale di tutta la storia è che il sindaco fa realizzare un’opera con finanziamenti pubblici su terreni dati in concessione alla S.I.C.E.T., i cui proprietari sono suo padre e sua madre. Ma al sindaco è mai passato per la mente che si tratta di palese conflitto di interesse?

Storie di parenti: fratelli, cugini,... Il sindaco con la delibera n° 10 del 13/02/2013 nomina come tecnici comunali per la redazione di progetti l’ingegnere Nicola Scaricaciottoli di Paglieta e il geometra Domenico Calabrese.

Con delibera n°12 del 20 febbraio l’incarico viene affidato all’ingegnere Dante Bucci, perché Scaricaciottoli, nominato precedentemente, si era detto indisponibile ad assumere l’incarico. Se qualcosa viene deliberato, vuol dire che si può. Ma non esistono anche ragioni di opportunità a non nominare in un incarico ben retribuito e sicuro un proprio cugino? Un’altra storia di cugini l’abbiamo raccontata nel numero precedente. L’ex sindaco favorisce la cessione dell’ex ambulatorio comunale a suo cugino Enrico, facendo da tramite con la società “Il Tetto d’Abruzzo”, che l’aveva avuto in locazione con delibera del consiglio comunale nel 2006. Uno dei soci de “Il Tetto d’Abruzzo” è l’attuale sindaco. I nuovi locatari dell’ex ambulatorio hanno pagato qualcosa ai vecchi? E quale è al somma che pagano al Comune per la locazione?

Strade comunali Se per gli impianti di risalita il sindaco si è impegnato a fondo per reperire 690 mila euro, per le strade comunali è stato fatto un preventivo di 847 euro per sistemare alcune buche e di 6600 euro per sistemare alcune strade del Capoluogo. E a chi sono stati affidati i lavori per sistemare le strade del Capoluogo? Alla EV Impresa Edile Artigiana Enrico Varrati! Il nostro sindaco perché non ha usato altrettanta cura e costanza per fare in modo che i pochi km della fondovalle fossero finanziati? Il nostro comune ha un territorio fragile e a rischio frane, soprattutto da quando l’attività agricola è stata abbandonata e tutti i canali di raccolta delle acque non sono più ripuliti. Rischiamo di avere tante frane grandi e piccole, che renderanno inaccessibili zone del territorio. Perché non pensare ad un studio idrogeologico del territorio? Quando sarà sistemato l’accesso alla vecchia strada comunale della Taverna? Per chi vuole informarsi su quest’ultima questione rilegga le pagine 2 e 3 del numero del giugno 2010 (www.issuu.com/giornale-gamberale). 3


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Una nuova idea di turismo Riattivare e ristrutturare i vecchi impianti di risalita della Forcella fanno parte di un’idea di turismo che cerca di scimmiottare Roccaraso, che ha impianti di risalita che si trovano sopra i 2000 metri sul livello del mare e che sono lunghi tanti kilometri. Gli impianti della Forcella sono poco più di 200 metri, sono a circa 1400 metri s.l.m. e il periodo di innevazione può durare un mese, quindi lo sci a Gamberale è impensabile, almeno secondo le dimensioni di Roccaraso. E’ possibile, però, fare un turismo che pensi alla montagna come luogo di relax estivo e invernale. E allora si attrezzano i sentieri di montagna, se ne tracciano di nuovi. Si facilita la ristrutturazione delle case dei privati del capoluogo e delle frazioni per affittarle per periodi più o meno lunghi. Si sollecitano i privati a fare questo, e li si aiuta a trovare i clienti in modo da integrare il reddito. Si favoriscono iniziative come quella dell’Associazione “Vivere la Montagna”, che per iniziativa del suo presidente Avv. Antonio Ciccarelli aveva chiesto di gestire la pista da fondo “Mandra” che passa per buona parte nel territorio del nostro comune. Invece la presenza ingombrante dell’ex sindaco ha affossato l’iniziativa, rimandando la decisione. 4

A noi interessa poco! Quel che è chiaro è che un gruppo di persone ha pranzato, gratis. E qualcuno ha pagato: i cittadini di Gamberale!

L’organo della Chiesa di San Lorenzo Martire: una precisazione

Il convegno sulla sanità dell’agosto del 2012 Ne avevamo parlato già nel precedente numero. Appena insediato il sindaco si è dato da fare ed è riuscito ad organizzare un convegno con la presenza del presidente della regione. Alla fine, poi, tutti a mangiare, gratis, al “Tetto d’Abruzzo” di Enrico Varrati. Quando si dice tutti si intende che c’erano anche i consiglieri comunali, tutti! Naturalmente ha pagato il Comune con i soldi dei contribuenti. Sappiamo quale è la risposta: era un incontro istituzionale e come tale deliberato da tutto il consiglio comunale.

Nel n°2 del novembre 2010, in prima pagina avevamo parlato della Chiesa e, soprattutto, dell’organo antico in essa presente. Avevamo scritto che “la maestra Clara Pollice si era interessata e aveva ottenuto il supporto della Soprintendenza ai beni culturali e il sostegno finanziario della Carichieti per restaurare l’organo”. La precisazione è della stessa maestra Clara Pollice. “Circa il restauro dell’organo devo darle informazioni esatte. L’interesse di un Comitato formato da: Pietro Di Nardo, Mario Caruso, Nicolino De Pasquale, Lorenzo Falorio e Clara Pollice, rese possibile il restauro stesso… Nicolino De Pasquale seguì il restauro della parte tecnica dello strumento… Questo impegno ebbe il permesso e il supporto concreto del Parroco Don Vincenzo Di Pietro.”


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