The Rope n. 7

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TheRope

marzo 2012

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B-Alarm! 6/7

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Editoriali B-Alarm! Il film Questioni di deontologia con Lettera Aperta ad un CUT mai nato Renato Tomasino (Re-visioni) Il filosofo, la ballerina, il sadico e la “cosa” nella notte di nevercity Renato Tomasino B-Alarm! - Romanzo criminale nella Bollywood isolana Dario Tomasello B-Alarm! Intarsi e incendi cromatici Alessandro Cappabianca B-Alarm! Classici costrutti di una debordante postmodernità Rino Schembri Ritorni Giulia Raciti “Dodici personaggi in cerca d’autore”-Memorie di una sceneggiatrice Federica Marchese

B-ALARM! B-Alarm!

Pressbook Manifesto cinematografico di B-ALARM Sceneggiatura Foto di backstage SCRITTURE I lupi e i defunti - Shutter Island (2010) di Martin Scorsese Giulio Barbagallo Woody Allen e la “macchina del tempo” Vito Bianco VISIONI Resti[tua]zione Giulia Raciti

Non si uccidono così anche le riviste? Cinema: a scuola di “tendenza” – B-ALARM! è oltre l’universo Quella notte Romeo sfidò il “signore delle acque”Il sadico ama Shakespeare e sevizia le pin-up Tutti i film del mondo per gli occhi di Sofia, Manuela, Piera, Chiara, Monica Premio «The Rope» a Pina Bausch in 3D

Grafie dello Spettacolo e Pratiche dell’immaginario

ISBN 978-88-89137-03-9

Strumenti bibliografici Premio The Rope assegnato a Wim Wenders per Pina 3D

€ 15,00

RIVISTA

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FALSOPIANO


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FALSOPIANO

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TheRope 6/7

B-ALARM! Non si uccidono così anche le riviste? Cinema: a scuola di “tendenza” - B-ALARM! è oltre l’universo Quella notte Romeo sfidò il “signore delle acque” Il sadico ama Shakespeare e sevizia le pin-up Tutti i film del mondo per gli occhi di Sofia, Manuela, Piera, Chiara, Monica Premio «The Rope» a Pina Bausch in 3D

Grafie dello Spettacolo e Pratiche dell’Immaginario


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TheRope Grafie dello Spettacolo e Pratiche dell’Immaginario Comitato scientifico: Alessandro Cappabianca, Antonio Gentile, Giovanni Isgrò, Liborio Termine, Dario Tomasello, Renato Tomasino, Gloria Lauri-Lucente (Università di Malta) Direttore responsabile: Renato Tomasino Direttore editoriale: Rino Schembri Redazione: Giulia Raciti Collaborano a «The Rope»: Giulio Barbagallo; Vito Bianco; Alessandro Bonacasa; Umberto Cantone; Alessandro Cappabianca; Giorgio Cappello; Andrea Caramanna; Alessandra Costanza; Salvo Cutaia; Maria Angela D’Agostaro; Roberto De Gaetano; Luigi De Marchi; Francesco Di Gesù; Elisabetta Di Stefano; Francesco Paolo Ferrotti; Lucilla Furfaro; Davide Gambino; Piera Gemelli; Roberto Giambrone; Andrej Jastrebov; Enzo Li Mandri; Daniela Mannino; Federica Marchese; Maria Luisa Montaperto; Irina Murzak; Sergio Nuzzo; Daria Parisi; Gianfranco Perriera; Giulia Raciti; Rino Schembri; Luca Savettiere; Dario Tomasello; Barbara Tomasino; Renato Tomasino; Marcello Walter Bruno. The Rope si avvale di referee anonimi Fatte salve le autorizzazioni e i pareri del comitato scientifico e dei referee, la responsabilità delle pubblicazioni o mancate pubblicazioni dei pezzi attiene esclusivamente alle competenze della redazione-direzione

Numero sei/sette Rivista semestrale, 2012 Registrazione Presso il Tribunale di Palermo, nr.14 08/05/2007 Redazione e amministrazione: LUM Michele Mancini Università degli Studi di Palermo Palazzo dei Principi Aragona Cutò, 90011 Bagheria (Pa) Fax. 091 23860778 Web: www.lum.unipa.it mail: redazione.therope@gmail.com lum@unipa.it © Edizioni Falsopiano 2012 Via Bobbio, 14/b 15100 - Alessandria http://www.falsopiano.com Per le immagini, copyright dei relativi detentori Progetto grafico e impaginazione: Daniele Allegri Stampa: Atena - Vicenza


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SOMMARIO

B-Alarm! 6/7 EDIToRIALI

p. 7

B-Alarm!, il film

p. 7

Questioni di deontologia con Lettera Aperta ad un CUT mai nato Renato Tomasino

p. 9

RE-VISIoNI Il filosofo, la ballerina, il sadico e la “cosa” nella notte di nevercity Renato Tomasino

p. 19

B-Alarm! - Romanzo criminale nella Bollywood isolana Dario Tomasello

p. 25

B-Alarm! Intarsi e incendi cromatici Alessandro Cappabianca

p. 27

B-Alarm! Classici costrutti di una debordante postmodernità Rino Schembri

p. 29

Ritorni Giulia Raciti

p. 31

“Dodici personaggi in cerca d’autore” - Memorie di una sceneggiatrice Federica Marchese

p. 32


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Pressbook

p. 35

Manifesto cinematografico di B-ALARM

p. 36

Sceneggiatura

p. 86

Foto di backstage

p. 146

SCRITTURE I lupi e i defunti - Shutter Island (2010) di Martin Scorsese Giulio Barbagallo

p. 159

Woody Allen e la “macchina del tempo� Vito Bianco

p. 191

VISIoNI Resti[tua]zione Giulia Raciti

p. 195

Strumenti bibliografici

p. 197

Premio The Rope assegnato a Wim Wenders per Pina 3D

p. 198


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Editoriali B-Alarm!, il film Ancora un numero doppio di The Rope. Ma non si tratta tanto di recuperare il tempo perduto, piuttosto della voglia di dare il massimo rilievo possibile all’oggetto di cui si parla e che, eccezionalmente, offriamo in dono ai lettori. L’oggetto in questione è infatti un film, B-Alarm!, lungometraggio a soggetto prodotto dal L.U.M. – Laboratorio Universitario Multimediale “Michele Mancini”, la struttura filmologica e mediologica dell’Ateneo di Palermo che con la sua équipe esprime la presente rivista. Un film prodotto da un Laboratorio Universitario dovrebbe essere un fatto logico e normale. Non è così nel nostro Paese, dove invece costituisce un’assoluta eccezione, tant’è che i circa trenta studenti che hanno realizzato l’impresa si sono dovuti tassare e i molti docenti e tutor che li hanno preparato e seguito hanno lavorato gratis o quasi, gli uni e gli altri reperendo nel territorio le location più adatte, ma anche queste pressoché gratuite; mentre il grosso del budget veniva fornito dal prezioso parco hardware e software del Laboratorio stesso, nonché dalla collaborazione della “Associazione Nazionale di Azione Sociale” per la gestione amministrativa. Se si aggiungono le centinaia tra stagisti, comparse volontarie ed interessati a vario titolo, si hanno le dimensioni di un film dalla troupe davvero consistente anche se dal costo vivo di poche decine di migliaia di Euro e, però, dal budget reale di un film italiano medio. Una formula felice, dunque, che si può replicare, ma che tuttavia discende da un gran lavoro progettuale e da una ferma volontà realizzativa. ovviamente, di contributi della stremata Istituzione Accademica manco a parlarne. Meno che mai sono state in questione le amministrazioni “Comune, Provincia, Regione e annesse Film Commission varie” a tutt’altro affaccendate. E però dell’eccezionalità dello sforzo compiuto ci rendiamo conto quando ne parliamo in giro e ci sentiamo immancabilmente rispondere: “Ma cos’è...un corto d’autore?”, “Cos’è ... un documentario?”, un “intervento militante”, una “camera-verità sociologica”, e via di questo passo. Ed eccolo qua, nelle vostre mani e per i vostri occhi, il motivo per cui possiamo rispondere con compiaciuta soddisfazione: “È un film. Un vero film!...”. Siamo voluti uscire dalla logica giovanile ed antioccupazionale del “faccio il cinema perché mi voglio esprimere!”, dalla logica dilettantesca del rifiuto a priori del mercato, delle sue regole, dei suoi standard. Se poi il mercato dovesse rifiutarci in tutto o in parte, non sarà di certo colpa nostra e di un intento ideologico a-priori, ma solo dell’asfitticità intollerabile di questo mercato e della distribuzione. Ma il film è lì, nella sua forma standard che vuole cimentarsi con i festival, con le rassegne, con le sale d’essai e, perché no, con le sale generaliste, e nella misura del possibile lo farà. 7


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ovviamente, il LUM è arrivato a questo con una scuola propedeutica per gli studenti di area DAMS, nella quale tutte le professioni del cinema sono state curate e sperimentate sul campo con gli allievi: da quelle del pre-cinema scritto ed organizzativo alle varie professioni di set, a quelle di edizione e postproduzione, a quelle infine di backstage e P.R.; e per tutti la dovuta analisi filmologica della storia del cinema e degli autori prediletti. L’intrapresa ha avuto alla Direzione Artistica un nome prestigioso, quello del compianto Emidio Greco cui siamo debitori non solo per i suoi film assai importanti, ma anche per il suo quasi mezzo secolo di docenza straordinaria ed efficacissima, generazione dopo generazione, presso il C.S.C. di Roma. Ma ci manca di sottolineare la cosa più importante: il L.U.M. intende produrre ancora, con cadenza biennale o quasi, per cui già nel prossimo autunno dovremo impostare i primi lineamenti del film lungometraggio 2013. Perché la lavorazione di B-Alarm! è durata tanto? Prima di tutto perché l’addestramento alle professioni è dovuto andare di pari passo con la lavorazione. In secondo luogo perché non abbiamo voluto fare, né faremo in seguito, un film quale che sia, ma un film che con tutte le sue inevitabili carenze - che ovviamente riconosciamo - esprimesse una precisa idea di cinema nel contesto culturale della postmodernità: non sociologico, non concettuale e/o minimalista, non autorale ma nemmeno di becero mercantilismo. Un’idea di cinema prima di tutto appassionatamente filmologica e che recuperi, attraverso la filmologia, i miti “specifici” della bella storia avventurosa, delle belle forme iconiche, della violenza, del sesso, dell’amore e della malinconia, insomma dell’accensione dei sensi e del desiderio (di cinema). E se il tutto poi fa “metafora”, che ogni spettatore può rigirarsi nella testa e intendere come vuole, non guasta; purché la metafora resti articolata dalle forme filmiche, sia forma delle forme, e mai ammannita nei contenuti. Questa è in sintesi la “tendenza” del LUM, e ringraziamo i registi Giovanni Cannizzo e Marco Correnti per avere piegato la loro gioventù a ciò che suggeriva una “tendenza” la cui esperienza generazionale va almeno dai Cahiers a Rodriguez. Così, film dopo film, vorremmo ancora continuare a fare “tendenza”... proprio là dove nell’Università si insegna il cinema!

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Questioni di deontologia con Lettera Aperta ad un CUT mai nato di Renato Tomasino È una storia - una brutta storia - che attraversa tutto il nostro secondo dopoguerra fino ad oggi. Riviste di “tendenza” che esprimono movimenti, anche eterodossi, di militanza culturale e che esplorano epistemologie, metodologie, temi con apparati interdisciplinari, ottiche non provinciali, voglia d’analisi serie, profonde e non irreggimentate da gerarchie di valori ideologici precostituiti vengono sistematicamente prima sbeffeggiate dalle cordate accademiche e/o politiche, poi ignorate da ben orchestrate congiure del silenzio. Infine vengono depredate dei loro procedimenti metodologici e d’ogni tematica specifica da una saggistica ed un’editoria copiosa quanto sciatta, che avvilisce e rapina ogni cosa nel registro di scrittura e di idee di un “burocratese” culturale che congiunge: interessi di controllo accademico dei registri di linguaggio e divulgazione svilente da parte di editori foraggiati dalle Università e dalle Istituzioni. C’è bisogno di ricominciare dalla polemica Togliatti-Vittorini? Non facciamola così lunga (e in ogni caso per chi voglia rivisitare l’arroganza del potere culturale espressa da “Roderigo di Castiglia”, alias Togliatti, rinvio a The Rope n. 4/5, “Gli italiani si voltano...”). Per farla più breve ripartiamo dai ’60, ma da atteggiamenti, sotto-sotto, mai superati: la critica da “realismo socialista” - pardon, “storicista”, “dialettica”, “lukacsiana” erano definizioni più chic e salottiere - il cui potentato andava dalla militante Unità alla culturale Rinascita, a Cinema Nuovo del nume tutelare Aristarco, ad un arcipelago ricco di riviste e cattedre, si affannava a raccontare le sceneggiature dei film e i testi delle pièces teatrali, evidenziando quel che di ideologicamente “corretto” e “scorretto” emergeva per dare il suo voto. È ovvio che gli “irregolari”, i “tendenziosi” - che pure militavano a sinistra e si proclamavano “marxiani” (magari anche debordiani o althusseriani) - fossero con arrogante dileggio definiti come “i giovani critici che fanno la spola tra Roma e Parigi”. Naturalmente - poiché allora la critica teatrale era immobile - si alludeva a Filmcritica, a Falcone Maltese, a Cinema e Film, più tardi a Fiction e a quanto altro del genere, colpevoli di porre attenzione alla Nouvelle Vague ed ai Cahiers, e in genere allo strutturalismo e - orrore orrore - alla psicoanalisi (che, ancora oggi si vuole senza statuto scientifico tanto che non è accettata dal registro di discorso accademico, se non nella versione addomesticata e semantizzata degli archetipi junghiani), al lacanismo ed a tutti i suoi “seminaristi” (che importa se magari questi resteranno come Levi-Strauss, Barthes, Foucault, Derrida, Baudrillard, etc...etc...). Tutto risibile, tutto ciarpame di giovani dilettanti allo sbaraglio, che magari non avevano alcuna base “filologica” seria! Perchè - ohibo! - lo “storicismo” in Accademia flirtava e flirta con la filologia, senza tema dell’ossimoro purché sia salvo il “registro di discorso”, quello concorsuale ovviamente. Risposta odierna dell’establishment di fronte al dilagare delle mode “perverse” e delle rivistine “perverse”: Uffah! Sono dispositivi vecchi! Alcuni degli anni ’60 addirittura! 9


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I temi magari sono accettabili, ma oggi va di moda ben altro quanto agli approcci: che so, i “cultural studies”, il “cognitivismo”, la “interculturalità”, le scritture delle minoranze, i genre studies e i gender studies (che chic fare notare come la scrittura di una cineasta, una regista, una drammaturga sia “femminile” e opposta al “maschile”!...) e via “cazzeggiando” (direbbe Mancini) con fregnacce da rotocalco alle quali non credono nemmeno più gli anglosassoni. Tuttavia, in nome di quelle fregnacce si taglieggiano i nostri giovani ai concorsi accademici... e se poi, malgrado tutto, dovessero “passare” perchè sono intelligenti, perché hanno titoli da vendere e perfino originali, almeno li si lascia umiliati e confusi di fronte a tanta scienza accademicamente “seria” alla quale si auspica che un giorno aderiranno, dato le loro indubbie doti. Terza mossa nel tempo: Toh, mi metto a parlare e a scrivere a tutto spiano sui temi “risibili” e/o “scabrosi” che sono abitualmente oggetto “d’amore” di coloro che critico. Non ne posso più fare a meno se voglio sperare d’essere “in”. Ed ecco allora che persone serissime, come uno che aveva dichiarato della mia - scusate l’immodestia del citarmi - Storia del Teatro che era una storia dello spettacolo notturno e dello strip-tease, tutti quanti eccoli dedicarsi d’improvviso al pop, al rock, agli eventi di sport, allo entertainment, allo spogliarello e alle Drag Queen, al Burlesque ed alla pornografia, passando naturalmente per sfilate di moda e simulacri divistici. Ma, attenzione, il registro di discorso è sempre quello del tipo “cultural studies” di cui sopra, e se raramente ci scappa in nota un Baudrillard o un Deleuze, potete contarci che non c’è altro che il nome. Ci saranno, invece, a profusione, i riferimenti a coloro che non c’entrano per nulla, bontà loro, pur essendo di per sé magari persone serissime e autorevoli. E così, avanti con Schechner, malamente inteso e peggio utilizzato a sproposito; ma pazienza, ci potrebbe pure stare, ma che c’entra col “pop” un immancabile Eugenio Barba? E che c’entrano con il “pop” i riferimenti a colleghi “ex-bolognesi” ora sparsi per il Centro-Nord accademico, si occupino essi di Dario Fo o della Commedia dell’Arte o del Kathakali? E che c’entra Pontedera? Naturalmente, essendo del tutto assenti i dispositivi e i metodi d’analisi necessari, la conclusione reiterata è che, per carità, ci abbassiamo anche a trattare di tutto ciò, purché sia chiaro che noi restiamo gente seria (accademicamente) e che tutto ciò, cui ci apriamo perchè siano anche “in” e soprattutto invidiosi delle ricerche e degli ordini di discorso altrui - tutto ciò non è “teatrale”, ma “extra-teatrale”, e allo stesso modo non è filmico, ma dell’universo “extra-filmico” delle immagini. Ce ne occupiamo perchè riconosciamo delle “interferenze”, perché ci piace aprirci, e poi, insomma, perché ce ne occupiamo e basta: siamo “in” e prepotenti (ma seriamente accademici, s’intende). Però lo facciamo con tante, tante note in apparato di autori di tutto il mondo in ed. originale e di riviste U.S.A., e se anche queste ci stanno come i classici cavoli a merenda, poco importa: tante note esterofile fa “serio”, fa “studioso” rango international (e scrupoloso filologo, ex-marxista s’intende); altro che quei chiacchieroni dilettanti delle rivistine di tendenza: io viaggio dappertutto e semino note! ... Quarta mossa: la più spietata congiura del silenzio, per l’appunto. Fin qui noi “di ten10


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denza” allo sbaraglio potevamo nutrire qualche speranza. Se delle nostre cose futili e abiette se ne occupa anche l’Accademia che conta, e con una vera e propria invasione sia di “gran maestri” sia di giovani “allievi gran maestri”, beh!... allora, si ricorderanno pure qualche volta di noi tra centinaia di note, non fosse altro perchè abbiamo dato fuoco alle polveri e perchè tanta filologia non può ignorare di certo le priorità! E allora ci sarà una qualche interlocuzione; e anche per noi si aprirà almeno qualche spiraglio di dibattito negli usci dei Santuari accademici... Macché! Speranza mal riposta: non dico una citazione, ma nemmeno una noticina, una nota in parentesi quadra nella nota! Nulla! Nulla di Nulla! Alla faccia della filologia! Alla faccia dello storicismo suo sposo! Anzi, si proclama che non esistiamo: non esistiamo come persone, come autori, come sedi universitarie, come iniziative culturali, come pubblicazioni, riviste, editori; e nemmeno come siti on-line in cui quelle pubblicazioni dovrebbero pur trovarle dei professionisti della nota a go-go come loro. Tant’è, tutti i nostri temi - che fin qui hanno giudicato abietti e non-teatrali, o nonfilmici... - ci sono proprio tutti in quel che pubblicano e ci sono le nostre definizioni, le parole d’ordine con cui ci ritroviamo nella nostra fisionomia culturale, c’è tutto fino al limite dei periodi plagiati, ma non ci siamo noi! Anzi, si proclama che “per la prima volta” l’Accademia - sua bontà generosa e munifica - si occupa di queste cose perchè ha deciso di aprirsi, e sia chiaro: per la prima volta in assoluto! Purché, s’intende, queste cose restino i territori degli “extra”, delle “interferenze”; d’altra parte, chi di loro accademici “veri” direbbe mai che oggi la grande performance non è più Barba ma Lady Gaga, il grande teatro non è più Grotowski ma Confessions Tour di Madonna o Burlesque Undressed di Immodesty Blaize?!... Al massimo questi accadimenti sono degli interessanti “extra interferenti”, magari con Barba o addirittura con Copeau, e in prospettiva utili per tornare a studiare e Barba e Copeau, quando sarà passata questa ventata di follia massmediologica alla moda. Dovremmo restare allora mortificati e avviliti dal nostro “non esistere”. Credevamo di insegnare in un’Università del Regno, ma evidentemente era una taverna come il castello di Don Chisciotte, magari un night con lap-dance; credevamo di percepire un doveroso stipendio, e invece lo rubiamo o al massimo lo accattoniamo da quei vecchi picari che siamo; credevamo di avere studenti e invece sono indigeni con la sveglia al collo perchè ci stanno a sentire ancora, mentre quelli di razza migliore - e di buona tasca familiare - è da un pezzo che hanno raggiunto l’unica, vera Accademia lassù; credevamo di pubblicare, ma se non ci sono i loro editori e il loro reciproco citazionismo è carta, per essere puliti, straccia. Infine, ciliegina sulla torta, su quei tuoi temi abietti ci fanno tanti bei convegnucci, dei quali ti mandano l’invito rigorosamente a posteriori, nel tentativo di farti rodere il fegato vedendo che c’è uno di loro che parla di Elvis Presley che però è un “extra-performer”, un altro di Rita Renoir, un altro ancora delle icone simulacrali, e via sfregiandoti. Ubbie da reietto o da relitto? Di sicuro non così provinciali come quelle dell’Accademia che conta. Le “tendenze” e la militanza culturale non sono una riven11


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dicazione sudista, nè tanto meno una Lega in salsa meridionalista, cosa che peraltro consideriamo la nostra afflizione politica peggiore. Noi, benché accerchiati dal vostro silenzio e dai vostri saccheggi, ci sentiamo, guarda un po’, al centro della tessitura di vere trame, globali e presenti, della cultura: siamo “non identitari” e stranieri in questo e in ogni Sud, e ci riconosciamo come territori ibridi, di scorrerie nomadiche, di rotte planetarie e se vuoi intergalattiche, lontani da voi milioni di anni-luce, anzi di anni-neutrini visto che sarebbero più veloci. E ad ogni saccheggio, guarda un po’, ne inventiamo un’altra, e invece di sentirci avviliti pensiamo: o.k., prendi pure, il resto mancia! Non ci raggiungerete mai e, quand’anche, saremo altrove!... Così è sempre stato da decenni e così è ancora la nostra The Rope - non l’unica, certo - ma così è, e per questo ne siamo gelosi e la difendiamo. Ci rende orgogliosi la lista del sacco culturale - ripetiamo: temi, registri di discorso, epistemologie - quanto più essa si allunga. In primo luogo tutta la tematica dell’Immaginario (sì per noi con la maiuscola), quella che quando apparve un illustre “barone” sentenziò ridendo: “questi si occupano di qualcosa che per sua stessa definizione non esiste!”, salvo farci dei convegni subito dopo. E giù “immaginari” in tutte le salse, ma solo “collettivi” ovviamente. Poi le connesse tematiche d’analisi - estetologiche e psicoanalitiche - delle “pratiche alte” e delle “pratiche basse”, laddove con sbandata pazzesca di perspicacia culturale le prime son diventate senza altro il teatro nobile di drammaturgia e il cinema d’autore e le seconde lo “spettacolo notturno” che mi impuntava quel caro collega,e il trash-film, confondendo le prospettive analitiche con il giudizio di valore. Tocca subito dopo ai procedimenti di “sutura” ed a quelli di “scollamento”, laddove ben presto la prima non ha più nulla a che fare con il freudismo o con la linguistica, al massimo con la sartoria, e la seconda si scorda di Mannoni e acquista invece il riferimento ai decolletés: ma non importa, tutti a “suturare” e “scollare”!... Delle aperture conseguenti a quello che lor signori chiamano “lo spettacolo popolare extra-teatrale” - ovvero pop, moda, pubblicità, videogame, porno, e quant’altro...abbiamo già detto: al momento è una marea impressionante, quanto priva di approcci meditati. Un esempio fra i tanti: come summa di tutte le carenze e le magagne qui esposte ecco uno degli ultimi numeri di Prove di Drammaturgia - “Performing Pop” - settembre 2011, una rivista che pure spesso abbiamo apprezzato. Scoperto (a pag. 7) che la famosa “aura” benjamiana si moltiplica e non s’annulla negli eventi massmediali del “pop” - fenomeno già diffusamente analizzato sulla non menzionata The Rope n. 2/3,2009 - la rivista lamenta “la pressocché generale assenza di un’adeguata strumentazione metodologica del teatrale tarata sul ‘problema’ del pop [...]” (pag. 6), con la quale affermazione ci cancella dal panorama della teatrologia, dato che “tra la storia delle discipline legate al teatro e allo spettacolo e quella delle fenomenologie pop vige da sempre una sorta di silenzio imbarazzante e imbarazzato” (pag. 6), laddove ovviamente la nostra saggistica sul tema è “silenzio”. Prove di drammaturgia si lancia dunque in una serie di 12


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ipotesi metodologiche peregrine, perché riguardano guarda caso i loro amori di sempre e non certo il pop che pure è in questione come contenuto tematico negli articoli. Ma per approdare a cosa? Al risultato che, con loro, la “teatrologia” sta “sperimentando l’applicabilità extra-teatrale [sic!] delle sue culture fondanti” (che sono le loro, ovviamente!) (pag. 3). E forse tutto ciò potrà apportare dei benefici agli “studi di carattere strettamente teatrologico” (pag. 6). Ah, ecco!... Compiuta l’incursione licenziosa, sarà bene poi tornare subito sulla via maestra del “teatro vero”! Ma torniamo al nostro excursus. A un certo punto, a partire dagli anni ’70, sul testospettacolo come “sintomo”, come cancellazione di un corpo inconscio che è il lavoro di produzione, il set, si innesta - grazie soprattutto al genio di Michele Mancini - tutta la fruttuosa ed articolata tematica della gestione teorica e pratica dell’Archivio. Sua prima fase: l’archeologia del set e dello stage; seconda: le immagini trattate come “sintomi” e la loro “messa a registro” per l’appunto per sintomatologie; terza: la “spettacolarizzazione” rielaborata attraverso i linguaggi multimediali. “Bravi”, ci dice allora a un di presso Baudrillard, “noi fin qui - nouvelle vague, école du regard, lacanismo e dintorni - siamo passati dalla patografia d’autore alla patografia testuale, ma voi di Fiction ci avete aperto la dimensione della patografia dei modi di produzione della quale la patografia testuale è il sintomo...”, e via di conseguenza con la sua teoria dello scambio simbolico-economico tra Simulacri e Thanatos. Ma ecco, come prevedibile, una torma di sciagurati pronti a “spettacolarizzare” di tutto; e le “immagini a registro” diventano il modo corrente di introdurre qualsiasi cosa, fino agli odierni montaggi pubblicitari di Sky-TV. Naturalmente “i registri” hanno perso per strada “il sintomo” ed acquistato le più stravaganti e frivole eterogeneità: che so, come sono vestite le star, chi ha il sedere più bello, semplicemente puri miscugli in successione, oppure “immagini a registro” che sotto l’apparenza facile e rotocalchesca delle tematiche ritornano all’àncora sicura dello storicismo inteso come pura cronologia. In tali modi ci si adorna degli straziati brandelli metodologici del saccheggiato per essere “in”, tutti quanti fervorosi adepti delle elaborazioni d’Archivio. Ma se il discorso cade proprio sulla storiografia dello spettacolo di questi anni, allora la storiografia analitica semplicemente non esiste; esistono invece, citatissimi, sconsolanti manuali dell’ovvio, redatti in fretta e furia per potere dire con sicumera: “anch’io, se voglio, faccio una storia globale dello spettacolo, ma accademicamente affidabile [dopo avere detto che una “storia” non era un progetto scientificamente serio]; e quella che non lo è non esiste, di fatti io che sono l’autorità non la cito!”. Questa posizione si porta dietro il silenzio su ogni saggistica di quella enorme area che potremmo definire “semanalitica”: non solo quella che evoca la Kristeva - la quale, poverina, viene citata come “ femminista” in nome dei “gender studies”, insieme alla Irigaray... - ma tutta quella che s’avvia dallo sganciamento saussuriano del significante dal significato, per giungere alla “similarità” ed alle “afasie” jakobsoniane, al testo come “gerarchia di funzioni” di Hjelmslev, alla “semiosfera” di Lotman, alla “differanza” di Derrida, alle “fratture scritturali” di Tel Quel, e via di questo passo. 13


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Naturalmente, la rovina semanalitica si porta dietro quel contributo fondamentale alla nostra epistemologia contemporanea che è la teoria lacaniana della specularità. Tutto ciò non ha statuto accademico, se a parlarne è qualche “tendenzioso”, ma loro signorie accademiche possono citare quegli illustri anagrammisti e metaforici, logico-modellisti e formalisti, sintomologi e antistrutturalisti, fino al genio post-freudiano dei Seminaires, nei testi e in nota, a sproposito! Senza che c’entrino in nulla con quello che stanno dicendo, pur di usare tutto in modo che tu non possa più usare nulla. Se protesti, ti ascrivono a tardivo ripetitore dei “philosophes”. Ma il filo-gallismo c’entra ben poco - certo, meglio gallicano che beota globetrotter dei “cultural studies” – e non si accorgono che dietro c’è Warburg e l’iconologia come scienza delle apparenze iconiche nel contesto di sua maestà l’Immaginario, e dietro c’è Nietzsche apollineo e dionisiaco; e dietro c’è Novalis e Lessing; e dietro c’è Agostino e Plotino; e dietro c’è Platone e Aristotele, ovvero la reminiscenza e i phantàsmata con cui già allora analizzavano il teatro, la danza, la musica, e perfino le ombre filmiche a venire... Guarda caso, nessuno di questi è gallico! Ma loro signorie accademiche che si possa fare storia e saggistica di spettacolo con tutto ciò, e con altro, non lo immaginano nemmeno, strette come siete tra l’ultima delle “300 repliche ibseniane 300” della tal compagnia di giro e il tal altro spettacolino di “post-drammaturgia” ispirato all’odin; stretti, cioè, come siete dentro i confini del “teatro morto”. Non immaginano nemmeno che dietro il “passo lunare” di Michael Jackson ci possano essere tutte quelle cose: per loro è un ritrovato di “extra-teatro” che deve quel poco di sua nobiltà al fatto di prendere a prestito una pratica “extra-quotidiana”, cioè ad un’incursione massmediale e consumista nei domini della teatralità, quella vera. Quanto agli approcci scientifici, soprattutto matematico-topologici, con cui noi “tendenziosi” ci rivolgiamo all’analisi delle nuove icone n-dimensionali e dei nuovi spaziotempi virtuali e paralleli? Da quando questo è accaduto, non c’è tranquillo cultore di Pirandello - non della “trilogia” metateatrale, ma anche solo de L’uomo dal fiore in bocca - che non parli di “Catastrofi” o di “Frattali” senza sapere di che parla. Il fatto è che con quegli strumenti, e con l’ignorato matematico-filosofo Leibniz della deleuziana “piega di piega” barocca, noi analizziamo le proprietà che già la scienza ellenica riconosceva alla sezione della conica delle “funzioni di funzioni” (hjelmsleviane) dei testi dinamici offerti dal corpo, dal tempo e dallo spazio barocchi; poi dal “neobarocco” o “post barocco” che dir si voglia; poi ancora dalle immagini catastrofiche e frattaliche nell’attuale età del caos. Altro che “pratiche extraquotidiane” dietro i lazzi di Arlecchino o i travestimenti di Madonna: ci vuol ben altro per descriverli! Ma adesso che faremo, poveri noi, quando “catastrofi” e “frattali” esprimono solo lo sgomento esistenziale di chi si scopre un epitelioma sul labbro? Abbiamo chiuso. Al momento, temiamo molto noi di The Rope per il futuro della nostra recente messa a punto sul “Neofigurativo”, che aspira a porsi come globale messa a punto iconologica sul rapporto tra pulsione scopica e icona - sia quella riproducibile che come doppio del corpo performante nell’Immaginario - . Per ora siamo passati dal dileggio al silenzio, 14


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tuttavia abbiamo ancora qualche mese di sopravvivenza prima di veder blasonati come neofigurativi, che so...il cinema di Sorrentino e le performance dei Raffaello Sanzio, al posto di Rodriguez e LaChapelle... Tutta la faccenda sarebbe risibile se non riguardasse molto concretamente l’avvenire di tanti giovani, appassionati, veri ricercatori. A chi scrive possono abbassare qualche rating: e chi se ne frega dopo 40 anni di lavoro, in cui tutto quello che era in campo è consegnato ad una chiarezza solare, rating o no. Ma quei giovani vedono bloccata e/o taglieggiata la loro vita, il loro serissimo progetto professionale. Ed ecco la lettera al CUT. Delle questioni che seguono investo per iscritto direttamente e per le sue specifiche responsabilità l’organismo che tutti ci rappresenta come teatrologi, il CUT - così come già ho fatto oralmente al congresso bolognese del 27 maggio 2011 - auspicando che qualcuno ne investa anche il CUC dei filmologi e mass-mediologi. Quel che sottoponiamo all’attenzione di questi organismi rappresentativi è che abbiamo accettato supinamente i criteri anglosassoni di valutazione delle discipline scientifiche, che per nulla si adattavano alle peculiarità delle nostre, solo perché conveniva a qualcuno, magari autorevole ma in realtà poco produttivo o per nulla originale. Esempi concreti: abbiamo valorizzato gli interventi su riviste straniere, senza tener conto che il panorama complessivo delle nostre riviste di spettacolo è più avanzato - in ogni senso - tematico, storico, critico ed epistemologico - rispetto al panorama di molte situazioni estere (USA compresi). Abbiamo sminuito il valore delle monografie, senza contare che una capitale scoperta scientifica può anche essere comunicata in due cartelle, ma che ci son volute duemila pagine a Sartre per dire tutto quello che di straordinario aveva da dire su Flaubert! Il risultato è che quasi mai non c’è stata differenza, finora, tra interventini d’occasione di poche righe su riviste compiacenti e lavori estesi, organici, meditati che magari son costati anni di fatica e di impegno culturale molteplice, e che in qualche caso si sono oggettivamente posti come pietre miliari, imprescindibili, per ogni susseguente ricerca sullo spettacolo. Questo misconoscimento è di una gravità inaudita! E ancora: si è valorizzato l’editore preteso “autorevole”, con il risultato che l’editorecommerciante che stampa quintali di carta in riviste e monografie - al novanta per cento questa sì davvero carta straccia - perché prepagato dagli Atenei più danarosi su pacchetti globali di collaborazione, contano molto di più degli editori piccoli ma indipendenti, che magari non ti chiedono soldi, che comunque calibrano le loro scelte secondo un progetto culturale... Anche questa discriminazione editoriale può valere per alcune branche scientifiche - quelle mediche soprattutto - ma non ha senso nel nostro caso e addirittura, spesso, premiando i più noti premia i peggiori; in un contesto di editoria “umanistica” in cui perfino gli editori del massimo calibro ti chiedono il costo della pubblicazione, mentre magari il piccolo editore locale rischia in proprio perchè sposa un progetto culturale. Questa questione si tira dietro quella delle citazioni, parametro di valutazione somma15


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mente ingiusto, perchè consente ad editori che posseggono riviste nel settore di attuare il gioco incrociato delle recensioni e delle reciproche menzioni decretato nei “salotti”. Mentre abbiamo visto come scatti la totale congiura del silenzio nei confronti di chi si presenti come outsider rispetto al giro di affari editoriale-accademico. Il sistema dei referee, poi, sembra fatto proprio apposta per uccidere tendenze e militanze culturali e per omologare i prodotti su una fascia di registro accademico medio. Perché mai, infatti, devo far valutare i pezzi di una équipe “di tendenza” a chi con quella non ha nulla a che vedere? Da ultimo - e tralasciando molto altro - la questione della validità scientifica che sarebbe attestata dalla presenza di un autorevole Comitato Scientifico garante. Non vogliamo fare di ogni erba un fascio, per carità, e mischiare comitati scientifici seri e motivati con situazioni in cui gli autorevoli componenti nemmeno sanno perché sono lì, né hanno mai partecipato a riunioni redazionali. Ma questa ultima situazione è di sicuro la più frequente, poiché è dettata da cordate accademiche che hanno il solo scopo di garantire l’avvenire ai propri allievi, o a quelli altrui, attraverso spartizioni possibili proprio nelle sedi ed attraverso gli equilibri dei “Comitati Scientifici”. Sono questi i volti peggiori del “baronato”, e non le supposte parentele che in molti caso sono naturali e proficue “botteghe dell’Arte” - perché sotto la maschera dell’autorevolezza scientifica sono, questi si, i volti ignoti nella loro vera fisionomia all’opinione pubblica, volti subdoli che agiscono poi con determinazione inesorabile nelle sedi concorsuali, non garantendo in alcun modo i giovani di merito. Anche The Rope, non avendo alcuna vocazione al sacrificio, continuando così le cose prima o poi si troverà un autorevole “Comitato Scientifico” garante (magari già in questo numero e ne siamo sinceramente grati ai suoi membri “coraggiosi” e che davvero ricevono tutta la nostra stima). Ma, mi chiedo e vi chiedo, perchè mai una rivista di “tendenza”, di “militanza culturale”, dovrebbe averlo? Non è maggiore garanzia l’omogeneità della sua équipe - quella che in un tempo felice si chiamava “la scuola” - e la definizione epistemologica e metodologica della sua ricerca? Un tale misconoscimento ha portato a perpetrare torti che sono sotto gli occhi di tutti, e non solo nei confronti della nostra The Rope che potrebbe qui, per ipotesi, essere la peggiore e più dilettantesca rivistina del mondo. Prendiamo, ad esempio, una testata storica come Filmcritica, che rappresenta un patrimonio notevole dell’episteme filmologico italiano: sola, ha analizzato a suo tempo il neorealismo come forma e non come tema; ha scoperto in Italia la Nouvelle Vague e Bazin; è stata frequentata da Pasolini; ha lanciato la politica degli autori; per prima ha aperto la critica filmica alla semiotica, al lacanismo, al post-lacanismo, ai media...Una rivista che non è stata solo di Eduardo Bruno - oggi in pensione - ma di Umberto Barbaro, Libero Solaroli, Galvano Della Volpe, Armando Plebe, Roberto Rossellini... Bene, è di serie C come The Rope, almeno siamo in buona compagnia. Ma come si permettono? Ma come si permettono lor Signorie accademiche? Ma hanno il senso del ridicolo culturale? E non ci vengano a dire che il CUT non c’entra, perché è proprio lì che è avvenuta la prima sanzione; oppure che si è votato democraticamente per definire la graduatoria 16


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delle riviste, quando i membri autorevoli dei “comitati scientifici” si son contattati freneticamente l’un l’altro ed hanno fatto blocco sulle loro testate da portare in serie A, dando ad alcune altre, come la nostra, il permesso di sopravvivere umiliata in serie B, e ora C, autovotandosi da sole! E ancora. Non una parola di protesta è stata avanzata di fronte allo scempio delle “mediane” per le Commissioni d’idoneità: che senso ha valutare la richiesta quantità aberrante di monografie e di articoli negli ultimi dieci anni a docenti che hanno speso una vita nella ricerca e lasciato pietre miliari (una delle quali, magari, undici anni fa)? Ha solo il senso di formare Commissioni con “giovani” capitani coraggiosi all’arrembaggio del sistema editoriale della “carta straccia” di cui sopra e di accordi sotto etichette accademiche del tipo cultural studies. Che senso ha valutare solo Isbn e altre sigle culturalmente del tutto incongrue quando fino a poco tempo fa nei nostri settori umanistici pubblicava senza queste sigle perfino la Treccani? E poi la cosa più grave. La valanga della burocrazia on-line (tanto poi sempre in tonnellate di carta si riduce), schede, simulazioni, scannerizzazioni, autenticazioni... per tutto! E in particolare per controlli asfissianti: sul docente, la logistica. le lezioni, i corsi, il Dipartimento, l’Ateneo... tra autovalutazioni, valutazioni studentesche, Anvur, Surplus, Cineca, simulazioni di valutazioni, valutazioni finali, ri-valutazioni in parametri nel frattempo mutati, ne ho contato una quindicina - tutte complicatissime - in un solo anno accademico. Molto peggio che nella Bulgaria del socialismo reale! Ma dov’è il CUT quando i suoi membri tentano di sopravvivere tra i monitor e i mari di carta, invece di insegnare e ricercare come dovrebbero? Tace, dunque acconsente a questo incivile apparato neo-giacobino di polizia e/o idiozia, la qual cosa è gravissima per un consesso di intellettuali. C’è da chiedersi, se così continueranno le cose, a che serve il CUT?!... E spero che qualcuno degli amici del CUC si ponga un analogo quesito, anche se loro, forse, non hanno toccato il fondo come noi. Non vorremmo parlare di secessione dall’organismo che tutti dovrebbe rappresentarci. Perchè quando anche fosse solo la nostra secessione - e forse così non accadrebbe, ma molto peggio - sarebbe comunque un fatto di inaudita gravità. No, non vogliamo nemmeno pensare in un frangente critico come l’attuale ad un’ipotesi del genere. Piuttosto ci appelliamo agli uomini migliori - e ce ne sono - che nel CUT hanno responsabilità a qualsiasi livello, dai vertici al più giovane dei membri: occorre cambiare, e cambiare radicalmente!... Proprio perché la crisi è terribile, e colpisce i nostri settori di studio e di formazione più di altri, è indispensabile un sussulto di oggettività e di dignità, pari a quella che in tempi lontani - quelli che si vuole del peggiore “baronato” - ho sempre incontrato nella mia carriera e nei miei concorsi in Maestri lontanissimi da me e dalle mie posizioni, fino ad allora a me sconosciuti, con al seguito altri allievi ma non io, i quali Maestri hanno sempre messo la loro faccia, non la loro maschera, sulle scelte, con tutto 17


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il peso di una vera autorevolezza culturale che è in grado di valutare e decidere anche, se necessario, a scapito del proprio interesse. Ecco, abbiamo ora urgente bisogno di Maestri a noi sconosciuti, che prendano in mano i libri di ora, le riviste di ora, i saggi di ora, le ricerche di ora... e che, pur partendo magari da posizioni sideralmente lontane, entrino nel merito, analizzino, valutino in maniera circostanziata, e decidano... magari sbagliando, ma vivaddio mettendo la loro faccia culturale al posto degli artati parametri, la loro motivazione di uomini di cultura. Senza siffatti Maestri, e senza riconoscere ad essi le prerogative di autorevolezza, non solo il CUT, ma l’Università intera muore. Ma già un cambiamento di stile da parte di tutti noi potrebbe essere il preannuncio di tali necessari avventi: il primo gradino dovrebbe essere la deontologia professionale che rompa il silenzio, e che almeno porti a dire “grazie” quando si prende qualcosa.

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RE-VISIONI Il filosofo, la ballerina, ilsadico e la “cosa” nella notte di Nevercity di Renato Tomasino Quando è iniziata per il cinema l’era postmoderna? Con l’attacco alle torri gemelle del 2001 e il conseguente scambio tra realtà e finzione nel loro rapporto con l’immaginario (Baudrillard). Con l’avvento del digitale e la simulazione dei set alla consolle. Con la diffusione globale dei networks satellitari e/o digitali. Più indietro, con la crisi dei generi filmici e la fine dello star-system negli anni ’70...Non ha importanza, il fatto è che, sommato tutto questo, ci siamo: l’arte del cinema vive la sua “postmodernità”. E, per conseguenza, l’unico cinema che si può plausibilmente fare oggi è quello “postmoderno”, tutto il resto è inessenziale perché inattuale, e viceversa. Ma quali sono i parametri di definizione di un film postmoderno? Un dato dovrebbe trovare il comune accordo degli “addetti ai lavori”: non è più in questione la creatività, non è possibile formulare la “opera nuova”, quella che determina una svolta e sulla genialità di un nuovo autore, o di una nuova tecnica, determina alcuni decenni di futuro cinematografico differente dallo stato attuale, fondato su altri parametri fin qui non praticati. Non sul piano dei contenuti, poiché dal sociale all’inessenziale, dai generi alla loro mescolanza e agli anti-generi, dal più arrovellato concettuale alla beanza ed al futile dichiarati come tali, tutto è stato perseguito, e talora con ottimi esiti. Non sul piano delle forme, poiché dalle grammatiche e sintassi del “cinema classico” si è arrivati alle grammatiche e sintassi “scorrette” delle sperimentazioni, dalla tridimensionalità spazio/tempo/azione della diegèsi alla n-dimensionalità di cui sono stati alfieri i “clip”, dalla bidimensionalità iconica al 3D (che, in fondo, è anche questo una rivisitazione), dal muto al sonoro (ora entrambi attuali), dal colore preteso “realistico” al pop (e di contro al ritorno del bianco e nero), dall’arte “povera” e minimal al kolossal e al neobarocco, dalle pratiche fatte per aizzare lo spettatore “voyeur” alle tecniche per attivare lo “spettatore coinvolto”, e via via rivisitando. Forse il “cinema olografico” ci farà uscire dalla postmodernità e ci offrirà altri parametri innovativi e duraturi, ma si tratta ancora di ipotesi rivoluzionaria di là da venire. Il film oggi, dunque, è tanto più valido quanto e meglio “rivisita” e “contamina” rispondendo all’ansia di catalogazione del sapere e delle emozioni di un’umanità che si suppone alla fine della storia. Ma che cosa è opportuno “rivisitare”della già immensa storia del cinema? In definitiva, di che cosa il “bel” film postmoderno occorre che sia il metalinguaggio? A ciascuno il suo. Noi che amiamo il “cinema-cinema”, ovvero l’attuazione stessa della pulsione scopica (si, proprio in senso lacaniano) non possiamo fare altro che apprezzare il film che ne rivisita le condizioni; ovvero da un lato l’oggetto di desiderio, sempre quello e sempre altrove, e dall’altro le traiettorie di sguardi che tentano di inseguirlo, imprigionarlo, distruggerlo, ricostituirlo... 19


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Chiameremo per comodità la prima cosa “carne”, poiché ogni oggetto è comunque un dato di memoria, e insieme qualcosa che si ipotizza come materiale, sensibile, concreto, definito; e la seconda cosa – ma questo termine è improprio, adattandosi solo all’oggetto, poiché solo quello è freudianamente una “cosa” – la chiameremo “forma”, poiché le traettorie degli sguardi sono la pratica pulsionale, la tecnica, e la definizione formale di quello stesso oggetto per noi, di quella “carne” che diviene per noi desiderabile se la investiamo della “forma”, cioè se nella nostra interrelazione incessante all’oggetto, questo è diventato “carne formata”. Dunque, possiamo affermare che per noi un film postmoderno è un “bel film” quando è “carne formata”, ovvero rivisitazione dell’oggetto di desiderio secondo rivisitazioni di tecniche del vedere (filmico). B-Alarm! è per noi un “bel” film, perché è essenzialmente un’opera di rivisitazione proprio di quella “carne formata”. Partiamo da quel che qualifica e dunque dall’aggettivazione, partiamo dalla “forma”: c’è una città metaforica, poiché notturna, mediterranea e mediorientale anche nel sound rock che l’avvolge, che potrebbe essere Beirut o Palermo/Balarm o anche un’immaginaria Puerto Rico o chissà cos’altro, dispendiosa e miserabile, antica e moderna fino al “non luogo” (le installazioni dei moli, le luci, le discariche...), mitica e lercia; e questa città, che assomiglia a quelle di Miami Vice! di Michael Mann, viene attraversata dal tramonto all’alba da un drappello di adolescenti-bene costretti da un’avventura iniziatica di sangue, di morte, di rigenerazione. Uno di loro, all’inizio, tiene in mano l’Iliade, e da questa predilezione originaria su tutti cadrà nello sviluppo della diegèsi la pietà “erotica” di omero per i bei fiori recisi anzitempo: i giovani eroi. Ma quella peregrinazione nella notte verso la salvezza del giorno strizza l’occhio al postmoderno Walter Hill, rivisitatore a sua volta di Senofonte. C’è un killer sadico, che ci gode un modo a seviziare belle donnine come in un b-movie di Jess Franco – ovvero per il puro gusto di punirle come si meritano per quella loro esibizione di beltà – ma che quando lo fa non può fare a meno di estasiarsi con i versi di Shakespeare (quelli che otello dedica alla sua avvenente vittima, Lear all’adorata figliola, Macbeth all’insostituibile compagna) o con musiche shakespeariane (il tema del destino ineluttabile dal Romeo e Giulietta di Prokopiev, l’ouverture del Macbeth verdiano o la Canzone del salce di Desdemona) quasi fosse un hidalgo del crimine; della stessa matrice contegnosa, esaltata e raffinata di don Archibaldo del buñueliano Ensayo de un crímen. E almeno la sequenza del Macbeth, che lo vede farsi direttore d’orchestra con l’accendino spento-acceso è grande cinema: in un gesto, che è ritmo e musica, il fort-da dell’infanzia si fa sintomo della criminale perversione dell’adulto, della sua mancanza originaria che lo porta sempre a violentare e devastare la stupenda madre assoluta della sua passione malata. C’è una fotografia pastosa di colori, che rifiuta il marrone escrementizio di tanta parte del recente “cinema d’autore” italiano, “Sundance cinema” e nuova Hollywood engagée, e naturalmente rifiuta le connesse motivazioni ideologiche minimaliste, e che vuole rifarsi invece alla Hollywood del technicolor; o addirittura alle aberrazioni cro20


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matiche digitali dello stesso Mann o dei serial del tipo CSI Miami: ma a questo livello, purtroppo, dobbiamo ammettere che, il bersaglio è stato mancato!... Riuscito, invece, l’aggancio – per la sequenza della passeggiata nella “movida” – alla poikilía dell’underground anni ’60, ai suoi flash stellari, alla sua prefigurazione di pop presto in arrivo, alla realtà frantumata e ricolorata nel sogno e nell’incubo. E allora, parliamo di Kenneth Anger, citato nel nome del locale, Scorpio Rising, e dei suoi zodiachi favolosi e mostruosi, dei suoi uomini-ramarro, uomini-luna, omosex e transex dalla maschera indefinibile perché doppio del volto. E che cosa troviamo dentro la Pleasure Dome? Una Sibilla profetica e alonata, che lascivamente si torce orgasmica sotto sguardi indegni e profanatori, e che sembra precipitata lì in mezzo dritta dritta da Trecento: Snider/Anger, che connubio! E forse ce n’è più di una di ragioni contaminanti, anche se tra i due è trascorso tanto tempo, e tanta tecnica. E c’è poi il regista che muore, vivaddio, nel suo film: Ed ha voluto farlo per lasciare nella pellicola (pardon, nel DVD) una firma singolare. Ma da quella caduta al rallenti parte una delle sequenze più belle: braccato nella notte come un plantigrado in una battuta di caccia senza quartiere, un grasso gangster già ferito al piede zoppica in campo lungo verso la sua immancabile esecuzione, ed è come se orson Welles – Quinlan infernale – fosse resuscitato per tornare a morire lì. E quando cade appoggiandosi alla ringhiera del molo, la camera si alza come per una preghiera, e inquadra lo sfondo luminoso e lontano delle gru, le navi carenate, le torri dei cantieri di quella città che non c’è. Nel frattempo, la musica cresce cercando spudorata l’emozione e la fiction classica. Il drappello notturno di improvvisati eroi giunge al covo dei boss malavitosi, il “Trinidad”, ma lì non c’è la divina Rita ad attenderli, piuttosto una Abbe Lane fiammeggiante che intona, e soprattutto interpreta con le sue curve, Dame un beso di Xavier Cugat, il mago della musica latina; poi Sale la luna, il leit-motiv (elaborato dal co-regista Marco Correnti) che come tale funzionerà fino al finale quasi si trattasse di un melò barocco alla “Johnny Guitar”. Ma il tocco di maestria sta nell’atmosfera malinconica che grava sul locale, prima della sanguinosa resa dei conti, e avvolge “i buoni e i cattivi” in egual misura: gli eroi sono stanchi! Manuela-Abbe Lane si sposta al banco del bar e lì trova Jean-Luc, un compassato barman-filosofo che potrebbe essere proprio Godard in vacanza da Vivre sa vie. La camera li inquadra in un p.p. di profilo, di fronte a metà volto, e panoramica dall’uno all’altro in un lento dialogo che rifiuta il taglio del controcampo, in mezzo un lume impalla il dialogo ed esaspera le parole con la sua luce, come tra Picccoli e la Bardot in Le Mépris; Jean-Luc parla alla seducente ballerinetta triste del “teatro” (da Mankiewicz), della “Giustizia” (da Lumet) e della “Bellezza” (da Platone) e il nodo delle contaminazioni, impastandosi, porta alla commozione autentica, poiché ciò che è stato nel nostro immaginario mai più sarà, e gli echi si perdono, didatticamente, nello scintillio improbabile e fuori luogo di una “forma” godardiana che riscopriamo, ora, come assolutamente classica. Ma almeno la ballerinetta si riscatta, e cita adesso la star delle star, Gilda (“Chi, io?...”), nel p.p. in camerino, quando l’icona teme e s’attende di essere scempiata dai 21


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gangster traditi (di nuovo il fort-da, stavolta dell’immagine). Bisogna attraversare il “motivo dei tre scrigni”, shakespeariano e freudiano, per giungere, come in una favola di Walt Disney, alla pallida ultima donna, la principessina reclusa e sepolta viva in un sorta di “terra di nessuno” che è lontana sette anni sette. E così il vate di Stratford è tirato giù dentro questa diegesi postmoderna, facendoci ritrovare nello “scrigno di piombo” di Porzia il fantasma di Cordelia, quello che Ezio, il gangster folle, vorrebbe sopprimere (magistrale, la misurata pazzia di Mastropaolo). Però, per attraversare la “terra di nessuno”, occorre affrontare la strega cattiva, alias la madre sessualmente onnivora e vendicativa, che ha i contorni fagocitanti di Bocca di Samuel Beckett: l’antro del vizio e della vita. Ma chi regna sulla sterminata “terra di nessuno”, dalla sommità di un castello che, sebbene barocco e mediterraneo, sembra ergersi sul nulla come Xanadu? Ma, naturalmente, Noè (Lollo Franco), il vecchio e immortale signore “di tutte le terre e le acque che lo sguardo può misurare”, un patriarca che ricorda John Huston in Chinatown di Polanski. “Lascia stare, è Chinatown” allora, se proprio si vuole trovare la metafora socio-politica, che comunque è più tragica proprio perché resta sospesa e sgomenta, perché rifugge dall’ottusa e autoritaria militanza contenutistica. Di conseguenza Romeo, il superstite di quel “mucchio” che è stato costretto a divenire “selvaggio”, si allontana solitario in preda alla tempesta dei pensieri, e abbandona la “sua” donna che ha salvato, e tutto il gineceo, scomparendo nella libertà assoluta dell’ignoto, come un eroe di Clint Eastwood. Magari non grida, mentre si allontana sul cavallo bianco, “...e non si maltrattano così le donne!”, come nel finale de Gli Spietati, però il suo p.p. del bel volto tumefatto e smarrito contro il sole che sorge, ci pare egualmente polisemico, a marca simbolica di un finale opportunamente aperto. Ma tutto ciò è il modo in cui una meditata organizzazione formale esibisce il piatto appetitoso della “carne”. Un peccato di gola che resterebbe inconfessabile se non venisse nobilitato, ma anche reso metaforico e metalinguistico, da quella forma sapiente. Si tratta di quella “carne” cinematografica cui, a volte, indulgono anche i grandi autori ma che, più spesso, esalta il b-movie. È innegabile che quel bel viso piagato di Romeo, così come quello di Nicolò pestato nel vicolo, ha un sapore viscontiano - Alain Delon pugile, Alain Delon dopo il pestaggio notturno – che è di religioso erotismo omosessuale; così come l’imberbe gangster che resta morto in croce sul selciato ha un sapore pasoliniano. Ma B-Alarm! non cerca di proposito nobilitazioni su questo suo tono dominante della “carne”, consapevole come è che la “carne cinematografica” è già di per sé l’esatto contrario della “carnezzeria”, poiché è la compattezza levigata della figurabilità iconica, il volume e la profondità parametrati e ricondotti alla b-dimensionalità, il disegno fumettistico in azione, tutto quello che molte volte ha fatto del b-movie grande cinema, insostituibile “cinema-cinema”, uno specifico cinematografico ben più fondante di ogni dialettica tra “cinema” e “film”, e che anzi “il film” spesso dimentica, proponendosi magari come “opera”, ma scadendo proprio perché tale nel “non-cinema”. Quella b-dimensionalità iconica è il campo di investimento di ogni n-dimensionalità 22


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olografica a venire, ben più del 3-D, in quanto è essa lo specchio su cui lavora l’Immaginario, e non il reale. Di questa b-dimensionalità iconica sono sintomi le sgrigliature di luce della camicetta di seta rosa di Sofia, la giovanissima e polposa eroina sacrificale, la sua mini jeans stirata sulle natiche, i capelli scomposti, il sudore, l’allusiva boccuccia a cuore e tutta quella bellissima danza di evoluzioni curvilinee per lo sguardo assetato del giovane gangster; ed attraverso il suo di quello del pubblico, signore come lui di tutto e di nulla. Il kidnapping dell’icona è la logica conseguenza, dalle motivazioni pulsionali del tutto analoghe rispetto a quello di Diane Lane architettato da Walter Hill. Tutto quello che poi accadrà a Sofia – che non a caso, si chiama “Sapienza” – sarà poi nell’ordine pulsionale ineluttabile dell’immagine sempre minacciata e sempre ricomposta, nella diegèsi dell’Immaginario che fu dei martirologi delle sante, del feuilleton, del fumetto, del b-movie, ma anche di Racine come segnala Barthes. Analogo discorso si potrebbe fare per quella del tutto improbabile principessa orientale che è Monica – moglie o amante del patriarca Noè? Come Ava Gardner. Madre o amante del figlio o figliastro?... – e che, tutta veli dorati e lamé inguainante come una Hedy Lamarr di altri tempi e altri film, sa singhiozzare come una tragica Fedra, mentre da ciò che mostra sullo schermo profuma e fruscia come una cocotte. E la blusa lattea di Chiara sul decolleté e sotto l’ambrato viso purissimo, sul quale la lama del coltello incide una stria rossa sottile come una scrittura sul campo immacolato, crea un’altra immagine sintomatica di notevole pregnanza, tale da sopportare perfino il peso di Shakespeare. Ma Chiara, oracolare e premurosa come una santa, resta tale: nel nome l’immagine. Bianca nei pensieri come Leuconoe, e solo un pizzico, ma proprio un pizzico, resa imperfetta in quell’immagine, a ricordarci che il nostro lavoro di sguardo suturante è un’ossessione. Manuela è poi l’apoteosi della silhouette, e come tale si addentra nella “terra di nessuno”, infreddolita e decisamente fuori tono con il “mucchio selvaggio”: la silhouette va alla guerra in lamé e sui tacchi a spillo, e il suo passo inseguito dalle sparatorie, fatalmente si porta dietro il cha cha di quella che fu, per tutta la prima generazione televisiva italiana, la “chica caliente” e dunque fa somigliare il film a Giulio Cesare contro i pirati, ai Baccanali di Tiberio, a tutti i film-capolavoro di Abbe, e grazie ad Abbe. E quando si libera dei segni della sua servitù lanciando via la nuvola rossa dei volants che esaltavano la mise aderente, le scarpette rosse e oro, sono altrettante pugnalate per lo sguardo spettatoriale che la vorrebbe schiava fino alla fine, magnificamente malferma e traballante. E c’è anche Lachesi, la Sibilla, che torcendosi riempie il peplum come Jane Mansfield ne Gli amori di Ercole di Bragaglia, che ha la capigliatura e la carnagione creola di Bella Cortez o di Sylvia Lopez, che quando allude alla sua verginità compromessa ha il gesto elegante e il sorriso vizioso di Tracy Lords in un bel porno d’annata. Sofia. Manuela, Monica, Chiara e Piera sono B-Alarm!, che non ci sarebbe senza di loro, 23


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come non può esistere un Matt Helm di Dean Martin senza le sue bambole diverse a lui tutte intorno. Con sensibilità tutta femminile le cinque fanciulle l’hanno capito e ci hanno dato sotto, con entusiasmo e senza risparmio, ognuna ritagliandosi con piena consapevolezza il suo piccolo capolavoro di “cinema-cinema” come se fosse stata diretta da un Mario Bava, da Bruno Corbucci, o magari da Alain Robbe-Grillet in vacanza; e spesso tra la sorpresa del resto della troupe, dove qualcuno magari pensava sgomento dove fossero andati a finire i valori e i messaggi che lo avevano indotto al cinema, a fronte di quel gineceo così presente e flagrante. Ma poi tutto si ricomponeva in una diegèsi che, col suo procedere, appariva sempre più calibrata e contaminante. Certo anche noi ci accorgiamo che a volte gli attori – benché quasi tutti “carne” straordinaria per il cinema – proprio tecnicamente non ce la fanno e che lo scollamento recitativo viene fuori fino a spingere qua e là al riso improprio. Anche noi ci accorgiamo che, a volte, il décor non regge per povertà alla sua funzione significante. Ci accorgiamo che qua e là c’è aria di scuola e di location di comodo, e di tanto altro. Ebbene, tutti questi scollamenti non definiscono proprio il b-movie? Non aizzano forse le sue ragioni d’essere “cinema-cinema” di contro a tutte le suture che spesso rendono asettico il film? Ben per questo B-Alarm! si intitola così: per rendere conto di quel che c’è e non di quel che non c’è, e che sarebbe addirittura sospetto qualora ci fosse. Ma, alla fine, ci si accorge che la diegèsi ha condotto il suo gioco fino in fondo nel suo essere racconto e meta-racconto di un b-movie, splendido perchè del b-movie fa una scienza, e una tendenza autorale. B-Alarm! di Cannizzo e Correnti, a dispetto e grazie al suo non essere “opera”, resterà a rilucere di voyeurismo sapiente nel grigio panorama del cinema italiano di questi anni, stretti tra Sorrentino e Panariello, e resterà come sorprendente testimonianza di “tendenza”, della quale speriamo che il LUM, intitolato a “Michele Mancini”, sappia farsi portatore coerente dentro la nuova generazione di cineasti.

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B-Alarm! Romanzo criminale nella Bollywood isolana di Dario Tomasello

Attinge ai colori vividi del sangue versato invano e del nero di una notte farneticante, B-Alarm, dimostrando che il postmoderno o la modernityat large di appaduriana memoria prosperano felici alle latitudini isolane. Il riferimento, nella dizione del titolo, è ai B-movie del poliziottesco italiano (tornato in auge grazie a Tarantino e Rodriguez), tuttavia sembra ammiccare alla Bollywood che ha fatto del trash una geniale metafora della rutilante pattumiera dei generi filmici occidentali. L’allarme invece echeggia come una sirena inquietante o come il più fiabesco o epico degli espedienti per l’intreccio picaresco (all’inizio «c’è sempre una principessa»). Il rapimento della conturbante figlia di un giudice è, infatti, il pretesto per un regolamento di conti in cui vorticano truci sicari, il figlio del boss e il suo edipico desiderio di rivalsa, un Romeo innamorato, vendicativo e maldestro, un killer melomane e Shakespeare addicted, il Drugo melancolico pistolero con un conto da saldare, i bassifondi di una metropoli terzomondista nel cui sottofondo tenebroso si cela un misterioso e aureo oracolo appena uscito dal Satyricon felliniano. Il lungometraggio di Giovanni Cannizzo e Marco Maria Correnti non arretra di fronte a situazioni scabrose, infette della putredine di una realtà alla deriva, marcescente. Le sequenze sono spesso spinte verso esiti di estrema (e calligrafica) concretezza, toccando talora certa accademia rovesciata, quella del morboso a tutti i costi, della degenerazione troppo insistita, protratta in descrizioni che si sostengono in modo meccanico. Il vizio, le brutture del mondo, gli ambienti sordidi, i volti sfigurati e intossicati dal livore e dalla violenza sono delineati con ostentata sicurezza, con atteggiamenti che, pur perentori nell’avventurarsi in un territorio sgradevole, finiscono per intingere la loro forza di penetrazione in un inchiostro sofisticato. La trascinante volontà di stupire rompe il ritmo narrativo, ne sconvolge il filo, crea frangenti e zone isolate, parti troppo autonome o incidentali, riflessioni elucubrate, miscele confuse di azione. Teoria, vaniloquio, espellono il respiro degli sfondi, l’aria di un paesaggio mai stemperato, peraltro, in un descrittivismo greve, piuttosto attento alla panoramica vertiginosa di abbaglianti luminarie che promettono una carneficina che non tarda a venire. S’alza, talora, una punta di nostalgia che non scova note di perplesso incanto. A irrompere con fragore sono i suoni pesanti di una quotidianità materica, triviale che calibra lo scorcio goffo e deformato con il realismo dolente e lirico, straziato con accanimento, martellato perché possa divenire esemplare. E così paradossalmente si allontana un po’ dalla sua stessa sostanza stolida e acquista, per vie involontarie, una trasognata leggerezza. Tuttavia non è che un istante, indeciso, sopraffatto da un nuovo, incalcolabile 25


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groviglio frenetico: realtĂ e finzione, fantomatici eroi a metĂ tra telenovela e cartoon, si mescolano in un sussulto che viene dal gusto del pastiche nervoso, incline a far sprizzare lo stravolgimento sintetico, folgorante. ÂŤBisogna attraversare la notteÂť, dice, in una delle sue battute chiave, il film. Come una promessa allettante e fatale a cui vale la pena di cedere una volta per tutte.

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B-Alarm! Intarsi e incendi cromatici di Alessandro Cappabianca Senza aver l’aria di scherzare, diceva Michele Mancini (al ricordo del quale è dedicato il nome del LUM, Laboratorio Universitario Multimediale dell’Università di Palermo – omaggio, raro in Italia, a uno studioso sempre pronto a condividere la sua grande intelligenza, come sanno quelli che hanno avuto la fortuna di essergli amici o allievi), che al cinema non capiva quasi niente del plot e dei rapporti tra i personaggi, e a malapena gli restavano impressi il tempo dei suoni, la grana della voce, il movimento dei corpi. Da un po’ di tempo (magari è solo l’effetto della forte accelerazione subita dagli odierni plot) succede anche a me di non capire più niente di certe trame troppo complicate, ricche di troppi personaggi – e mi restano in mente sagome di corpi (in movimento e no), luci, colori, suoni, voci, effetti di montaggio. Lev Manovich, come si sa, ha ridefinito il cinema analogico alla luce delle possibilità aperte dal cinema digitale, come qualcosa capace di fornire a quest’ultimo la “materia prima” (cinefotografica) per le più libere e ardite manipolazioni pittoriche – un po’ come la tavolozza per il pittore. E in questo, secondo lui, il cinema si riallaccerebbe alle sue origini “grafiche”, alla sua anima di anime (o cartoons), poi trascurata in favore del racconto “realistico” (o presunto tale). Ma allora, ammesso che si abbia ragione a fruire del cinema in questo modo (non solo in questo modo, ovviamente), nascono alcuni problemi: perché faticare per inventarsi una trama? Perché non viene meno l’istanza narrativa, a favore, p.e., dell’istanza pittorica? Perché il neofigurativo non decide di fare a meno, tout court, della “storia”? Perché (è il caso di un prodotto come B-Alarm!) si pretende dagli studenti coinvolti la stesura di un soggetto? L’elaborazione di una sceneggiatura? La creazione di personaggi, ognuno col proprio nome e con le proprie caratteristiche? Perché una trama, insomma, se poi questa diventa (e lo si vede) la cosa meno importante? Perché (addirittura) si tiene presente l’appartenenza ai “generi” (in questo caso: il film “di mafia”, il melodramma, il musical …), sia pure mescolati, e ibridati con una serie di altre pratiche (fumetti, clip, videogames ecc.)? È solo per ragioni “didattiche”, ossia per far fare pratica concreta agli studenti di certe tecniche, comprese quelle di regia? (Che i “registi” qui siano due, non mi sembra un particolare secondario; ho l’impressione, anzi, che siano stati anche più di due). No. Tra incertezze, goffaggini e inesperienza, l’intuizione fondamentale d’un film come B-Alarm! e, ancora di più, del progetto culturale che lo sorregge, è che non si dà epifania dei corpi, senza un pretesto narrativo, perché sono state le “narrazioni” (un secolo di narrazioni, o Histoires, godardianamente al plurale) a rendere possibile la mitologia dei corpi attoriali e il loro rendersi disponibili all’assunzione di forme archetipiche. Certo, la narrazione è un pretesto, “l’azione” è sempre sbrigativa (diciamo così). Ci si spara nel buio, si muore quasi casualmente. All’inizio, le figure dei sicari mafiosi, come 27


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quelle dei loro antagonisti, sono poco più che sagome oscure. Ci colpisce solo che uno di loro (di nome Ezio), mentre sta per sfregiare una ragazza, colpevole di chi sa quale sgarro, reciti i versi di otello in procinto di uccidere Desdemona. È lo stesso Ezio che vedremo più tardi giocare ad accendere e spegnere un accendino nel buio, come se il fuoco, nell’oscurità, camminasse con lui. Certo, altre volte si preferirebbe che i personaggi non aprissero bocca, denunciando troppo evidentemente l’inesperienza degli attori che ne sostengono i ruoli. Ma insomma: come potrebbe sorgere il fantasma di Gilda dalla silhouette di Manuela (la cantante del night), se quel fantasma non si fosse depositato nel nostro immaginario, pronto a reincarnarsi (e a colorarsi) nell’altro corpo/fantasma, di questa giovane attrice che appare all’improvviso in palcoscenico, inguainata in un abito rosso-sangue, guanti rossosangue lunghi fino al gomito e tacchi alti una ventina di centimetri? È come se il fantasma di Rita Hayworth, ossia uno dei feticci delle narrazioni mitiche del cinema americano, non volesse smettere di venire a turbare i nostri sogni, come se Hollywood (come scriveva Renato Tomasino ai tempi lontani di “Fiction”) non avesse mai smesso (almeno nell’allucinazione desiderante) di “vestire il manque”. Ma non è il solo fantasma. Ètale anche il boss Noè Pietrangeli, seduto davanti a una scacchiera, solo e rabbioso in una stanza disadorna, mentre dietro di lui un vento notturno agita i tendaggi di finestre prive di infissi. E c’è perfino il fantasma di Godard, il barista Jean-Luc, che spiega a Manuela cos’è il teatro, cos’è la giustizia, cos’è la bellezza. Non tutto quello che dice riesce a sfuggire alla banalità, ma è illuminante quello che dice del teatro: che non ha sede nelle istituzioni imbalsamate, ma è l’opera, il Circo, il varietà, la musica pop, Topolino, Ibsen – e implicitamente, diversamente, il cinema, dove si disegna senza fine l’epifania dei corpi accesi, incendiati dalla cromia eccessiva dei nostri desideri e delle nostre visioni. Forse è per questo che un film del genere (dati i suoi scopi e la sua origine), inevitabilmente non privo di difetti, evita il difetto peggiore: l’accademismo.

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B-Alarm! Classici costrutti di una debordante postmodernità di Rino Schembri B-Alarm! colpisce per come dei giovani poco più che ventenni possano aver dimestichezza con un vasto immaginario cinematografico e letterario e lo sappiano ricontestualizzare in una duplice catena significante di segni ripartiti nel film secondo una densità diversa: zone in cui il lessico attinge ad una simbologia di tipo universale ma di consumo più o meno incosciente; zone in cui l’analogia tra il significante e il significato si presenta come disgiunta e inattesa. B-Alarm! sa essere al contempo classico e postmoderno. La classicità di questo film scritto a più mani (indice di una paternità quasi “collettiva” che condivide un’idea di cinema piuttosto che frutto solitario dell’immaginario di un singolo autore-sceneggiatore) risiede innanzitutto nel rispetto puntuale delle tre unità aristoteliche: il luogo è “Balarm”, città portuale e metropolitana (l’acqua del mare che segna il punto di partenza e di arrivo della storia è simbolo di nascita e di rigenerazione ma anche di approdo e di ritorno); il tempo è la notte, la vicenda abbraccia l’arco temporale che va dal tramonto all’alba successiva e si svolge tutta al buio, senza luce del sole, in un’atmosfera di opacità dell’occhio guardante (espressa dalle zone bianche “bruciate” dell’immagine e dalla grossa grana che in alcuni momenti riveste la “pelle” del film) che è metafora della cecità di chi percorre un labirinto in assenza di mappa (quello dei vicoli della metropoli e quello mentale del gruppo dei giovani dabbene che si trovano catapultati all’improvviso in una situazione di assoluta extraquotidianeità); l’azione è la caccia e la fuga: su e giù tra lo spazio aperto della periferia della città nella quale avvengono gli spostamenti rigorosamente a piedi e quello chiuso dei locali malfamati nei quali avvengono le svolte importanti o si attivano slittamenti (l’apparente sosta allo “Skorpio Rising” che sembra arrestare l’erranza di questi “guerrieri della notte” diviene soglia attraverso la quale il viaggio trova il suo ideale proseguimento inviluppandosi nei meandri dell’inconscio). Ulteriori barthesiani “segni staccati” (analogie disgiunte tra significante e significato, tra espressione e contenuto) marchiano e nell’insieme definiscono la “forma” dell’intero film in un continuo debordamento postmoderno delle “cornici” sonore, visive e narrative. È il caso ad esempio della scena in cui la musica della “ouverture” tratta dal “Macbeth” di Verdi ci illude e ci inganna: sembra usata oggettivamente e a commento drammatico della discesa di Guido nella stanza di Ezio, si rivela poi soggettiva sonora di Ezio quando si toglie l’auricolare e la sentiamo proseguire in sordina. Altre volte questi inganni si presentano in maniera inattesa sul piano narrativo: la bella Manuela, dopo aver offerto le sue grazie alla vista e all’udito degli avventori del “Trinidad”, il locale ove si esibisce, consegna a Romeo un “dono”, ovvero l’indicazione ove trovare Sofia: “se cercate la ragazza, l’hanno portata ai quartieri nord”, che ne rivela così la sua natura di “mentore”. Eppure Manuela non possiede le caratteristiche fisiche, stereotipate del mentore: non è un uomo avanti con l’età che aspira fiducia per la saggezza acquisita negli anni; è invece giovane, seducente ed avvolta da fasciante lamé color 29


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rosso fuoco. Ma è proprio quel segno rosso fuoco che disambigua il significante: Manuela è una moderna Atena che, celandosi nelle vesti del “Mentore”, guida il giovane Telemaco/Romeo nel suo percorso di ricerca che attraversa il Reale, il Simbolico e l’Immaginario. Diverso è invece il discorso per Jean-Luc. Lui è il membro anziano di quella famiglia allargata che compone la società fondata sullo spettacolo; lui – mentore dei mentori – trasmette il suo sapere, la sua saggezza a Manuela in un lungo monologo che ha per oggetto “la Giustizia”, “il Teatro”, “la Bellezza”. È il sapere che si personifica, è Platone e al contempo è Godard; è “rilievo che si stacca e si stacca dallo sfondo” - per dirla con Michotte - profilo che si traccia e libera dal supporto, individualizzandosi, prendendo vita, così come suggerisce la felice fotografia che ritrae quella scena. B-Alarm! presenta una visualità dunque costruita sull’alternanza tra colore desaturato e tinte acide (colorazione che caratterizza l’evolversi delle situazioni o dei personaggi), tra sguardo opaco e sguardo epifanico. Quest’ultimo è esplicitato già all’inizio del film, con i titoli di testa che trasfigurano il referente “reale” dell’immagine (i primi piani degli attori) in “possibile” (grafema-fumetto dei personaggi cui daranno vita), in linea con quella tendenza al “neofigurativo” che caratterizza l’opera di alcuni registi contemporanei tra i quali ci piace ricordare Michael Mann, Quentin Tarantino, Robert Rodriguez, Zack Snyder… B-Alarm! è al contempo thriller, musical e film di bande giovanili in una atmosfera di violenza mai eccessiva. Questo film attrae il pubblico non cinefilo e giovane per la forte capacità di coinvolgerlo nelle dinamiche raccontate; protende a un pubblico colto, capace di ricostruire la catena di significati sparsi nella miriade di segni linguistici presenti nel film, ma il suo vero valore estetico risiede nella distanza che l’ “autore” ha saputo introdurre tra i significanti e i suoi possibili significati, senza mai valicare i limiti dell’intelligibilità.

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Ritorni di Giulia Raciti Tra citazionismo e intertestualità tutto ritorna in B-Alarm!. Ritornano Shakespeare e Freud come metafora del teatro e dello spettacolo tout court; Barthes come compimento dell’immaginario sadico; Godard come primato del linguaggio filmico e dell’“animalità” attoriale; il Neofigurativo come montaggio multimediale di forme ed edonismo neoplatonico; Baudrillard come attuazione delle pratiche figurali Della seduzione e del simulacro; insomma, ritornano i nodi di «The Rope» e i suoi tendenziosi tracciati analitici traslati in immagine-movimento per il grande schermo. L’esito di un simile lavoro d’intarsio è B-Alarm!, opera di “livelli” dichiaratamente postmoderna data dall’assemblaggio di didascalie extradiegetiche dall’esplicita funzione metalinguistica e di citazioni filmiche, letterarie, musicali, pittoriche messe in forma grazie alla metodologia d’Archivio di taglio trasversale, che qui si fa museologia del cinema, e forgia un testo filmico apparentabile, sotto certi aspetti, a quel gigantesco monumento alle/delle immagini e dei suoni del ventesimo secolo rappresentato da Histore(s) du cinéma - quale miglior omaggio al Maestro se non il dialogo tra Jean Luc e Manuela? - . Questo e altro ancora risuona in B-Alarm!, che già a partire dal titolo inneggia a quella superiorità intellettuale del b-movie eletta a manifesto figurativo di cultura pop, la quale marchia di stile autoriale questo action movie in cui è la morfologia dello spazio a ordire ogni bivio e ramificazione di un racconto slittato in direzione di trame archetipiche. Così, nell’allucinata polluzione notturna di una città metaforica e senza centro gli eroi e la mala si danno la caccia tra inseguimenti al cardiopalma e stalli alla messicana. E, mentre la m.d.p. scopre porzioni di grafie metropolitane sospese tra cromie acide e stilizzazioni noir, ci s’imbatte in rituali orge estatiche alla Kenneth Anger; in esseri teriomorfi; in una profetica sibilla aureolata di soprannaturale mana, in un sadico alla Jesus Franco pieno di grazia shakespeariana, in una lubrica e perversa megera, che vediamo a tratti raffigurata sineddoticamente dalle carnose labbra laccate di rosso, le quali sembrano citare alla lettera la speaker radiofonica de I guerrieri della notte o le opere pittoriche di Wesselmann. Come non riconoscere dunque nelle scorribande notturne di questo sogno allucinato le vestigia dei formidabili cinque: Zack Snyder, Robert Rodriguez, Quentin Tarantino, Zhang Yìmóu, Frank Miller, ossia i cavalieri assunti dalla rivista «The Rope» a emblema di quell’estetica neofigurativa che propugna il piacere per la visione, la pulsione e la dissipazione. B-Alarm! allora non ha fatto altro che vivificare in immagine la poetica della militanza di «The Rope», fatta di nodi tendenziosi che fanno linguaggio e linguaggio altro, metaforizzandoli in un’epopea pulp scritta all’insegna del pluristilismo e del plurilinguismo, del mélange, del virtuosismo sperimentale, e fruita nel segno incorruttibile del simulacro. Come non scorgere allora il fantasma di BB nelle curve di Sofia, il simulacro di Gilda nella silhouette di Manuela, lo splendore di Gong Li imperatrice nell’icona bizantina di Monica? 31


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“Dodici personaggi in cerca d’autore” - Memorie di una sceneggiatrice di Federica Marchese Come in un gioco di libere e inconsce associazioni, la formula “film corale” evoca altisonanti nomi quali Robert Altman o Walter Hill, o rinvia a cast stellari che quasi riuniscono l’intero star system in un equilibrio di camei che attrae un pubblico assolutamente eterogeneo. Ma se le intrecciate folle della notturna e affannosa corsa de “i guerrieri della notte” rendono opera d’arte visiva la già eccellente sceneggiatura di Walter Hill, e se soltanto i premi oscar Robert De Niro e Hilary Swank, giustapposti a Sarah Jessica Parker, Katherine Heigl e Lea Michele, idoli dei “ TV series addicted”, riescono a sollevare le sorti del mediocre “Capodanno a New York” di Garry Marshall, l’esperimento cinematografico “B-Alarm!” assiste quasi a una creazione partenogenetica della sceneggiatura che si modella su un incredibile materiale umano. Non si parla qui di dodici aspiranti attori, piuttosto di “tipi” miracolosamente estrapolati da una tradizione letterario/cinematografica, e offerti, quasi in sacrificio, a dieci mani che hanno cucito i lembi di una “favola archetipica” influenzata da suggestioni fumettistiche che vanno da Edward o’Reilly fino a Frank Miller. Dieci occhi che hanno osservato con cura e scrupolo queste dodici creature “abbandonate” all’improvvisazione. E come non notare, dunque, nella timida camminata di Marco Romeo e nei suoi occhi da bello e dannato quella (quasi bramata) somiglianza con il Leonardo di Caprio/Arthur Rimbaud di “Poeti dall’inferno”? Torna alla memoria anche un acerbo Alain Delon con un ciuffo ribelle, quel ciuffo che Romeo scosta dal viso ogni qual volta ha uno scontro con le malvage creature di questa oscura città che gli hanno sottratto la piccola Sofia (Sofia Farruggio). Sofia… selvaggia chioma mogano che arriccia con le dita mentre osserva annoiata i suoi colleghi e, all’improvviso, sembra di aver davanti una Traci Lord orientale. Questa bambolina casta, ma impura sembra esser destinata alle sevizie di sudici e vogliosi mostri e di invidiose e incestuose dark lady; e così nasce “B-Alarm!”: un tramonto incendiato, una festa sulla spiaggia, una provocante danza su un altare/baldacchino e questa piccola e ancheggiante Slue-Foot Sue dell’era moderna, avvolta in una camicetta color ciliegia, di almeno una taglia più piccola, perfettamente abbinata a una gonna jeans longuette, cade nel mirino del vendicativo bullo Guido (Guido Compagno), figlio di un boss della malavita locale: il sempiterno Noè Pietrangeli (Lollo Franco) nemico giurato del magistrato Anna Giordano (Consuelo Lupo). In una notte alla “The Warriors” Romeo diventa adulto, ogni ferita, ogni corpo a perdere, sia esso sangue, una lacrima o sudore, è un passo che lo avvicina alla sua amata, un passo verso i Quartieri Nord, dove la “piccola Sue” è alla mercè del sadico Ezio (Ezio Mastropaolo). Il giovane attore sembra quasi un animatore mentre scherza con i colleghi nell’atrio di Palazzo Cutò a Bagheria, ma, nell’attraversare il piccolo corridoio creato in mezzo alle sedie della sala prove, diventa uno shite proveniente dalla Stanza dello Specchio. Sguardo vitreo, voce suadente… ricorda quasi un Neo che assurge al potere 32


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diventando l’Eletto e la sua nemesi; sì perché fa quasi paura mentre recita versi shakespeariani, perso nelle sue, apparentemente, luciferine riflessioni. Ezio Mastropaolo è, quasi per diritto, il malvagio e sadico braccio destro del boss, che vive nelle segrete del castello, ascoltando brani d’opera e leggendo Shakespeare. Inizialmente contrario al rapimento dell’indifesa e conturbante Sofia, si diverte infine a torturarla e a dissipare la sua provocante bellezza, ma mai in maniera irreversibile (ricordiamo l’odiosa frase “fa male, ma non lascia traccia…”), perché, proprio nel momento di massima tensione, quando il bel fiore sembra che stia per essere reciso, ecco che il coraggioso Romeo irrompe nella fortezza per liberare la sua amata. L’eroico e giovane condottiero si fa strada tra le insidie di una difficile e misteriosa megalopoli mediterranea, che talvolta assume i tratti di una Gotham City alla Tim Burton, supportato e incitato dai suoi prodi cavalieri Marco, Nicolò e Luciano. Spavaldi, i primi due, giocano a fare i playboy anche ( e soprattutto!) nella vita reale: Marco Maria Correnti e Nicolò d’Acquisto sono due interessanti biondini amanti del teatro, il primo calca le scene sin da bambino, l’altro è un egocentrico giocoliere; Luciano Montagno Bozzone è un timido e silenzioso cucciolo dagli occhi impauriti, non parla con nessuno e siede sempre in disparte, ma non appena incrocia la macchina da presa sembra circondarsi di un’aura di coraggio che lo rende un uomo vero. Tre “ragazzi per bene” nella vita così come all’inizio del “viaggio dell’eroe”, devoti all’amicizia come bene assoluto si fanno carico dei contrassegni di guerra non appena cala l’oscurità. “Battezzati” dal Drugo (Andrea Tedesco), che al posto del fonte battesimale mostra loro un arsenale contenente gioiellini da guerra rumeni e affilati coltelli orientali, come in un gioco di ruolo scelgono ciascuno la propria arma e diventano coraggiosi guerrieri, macchine da guerra che si fanno carico di scontri dove non mancano combattimenti corpo a corpo e sparatorie degne di un film western. Ed è proprio il caricaturale Drugo che, con i suoi ingressi in scena un po’ alla Beatrix Kiddo, più e più volte rende “B-Alarm” quasi un frammento di metal gear solid! Indisciplinato, quasi selvaggio, Andrea Tedesco è già personaggio prima di essere attore. Ha spesso con sé una bottiglia di Jack Daniel’s, veste come il Mickey di “snatch”, è irriverente come Jeffrey Lebowski e il suo arrivo a Palazzo Cutò è sovente caratterizzato da una nube di polvere cui la sua auto dà origine quando sterza violentemente davanti all’ingresso. Come non immaginare dunque questo già singolare “tipo umano” nei panni di un trafficante d’armi slavo che vive in una baracca ai margini della società e il cui “nome in codice” è Drugo? La vita di questo pariah è scandita dalla bramosia di vendetta contro Ezio che, tempo addietro, ha sfregiato l’angelico volto di Chiara (Chiara Lo Conte) costringendo il marito, Drugo appunto, a osservare impotente la scena. L’intreccio di vendette è quasi primo motore immobile della storia, ma la dolce Chiara, vittima sacrificale, Ifigenia dei nostri tempi che, però, non godrà mai della pietà divina, si oppone costantemente a queste “relazioni pericolose”implorando il marito di pensare a lei ed al loro bambino. È pacata, ma decisa, usa le parole con parsimonia, ma di rado si sbaglia e, in effetti, Chiara Lo Conti è uguale a lei: motivata e responsabile, 33


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è una vera Attrice che si adatta a qualsiasi esigenza pur di portare egregiamente a termine i l proprio lavoro. Di certo più ribelle, ma non meno determinata, è l’eroina romantica Manuela (Manuela Lo Cascio): una sorta di Calamity Jane strizzata in un rosso lamè, con tanto di coda di tulle e vertiginosi tacchi a spillo sui quali corre con una certa nonchalance. Diametralmente opposta rispetto al proprio personaggio, la sportiva Manuela Lo Cascio, in seguito a sforzi non ininfluenti, è riuscita, e, a quanto pare, egregiamente, a mettere da parte la propria timidezza e una sorta di avversione alla sensualità estrema per portare sullo schermo una combattiva e coraggiosa Gilda postmoderna che passa da un sensuale cha cha cha alla Abbe Lane ad una corsa in moto, chiaramente non in stile amazzone, abbandonando la sua preziosissima coda nella quale, al termine di un malinconico “baja la luna” si richiude come una purpurea crisalide nel proprio bozzolo. Desiderosi di estorcere una confessione alla splendida Manuela, ma in grado semplicemente di discutere su chi sia stato adocchiato per primo da una bella ragazza, fanno parte della gang di Pietrangeli anche i cattivi e quanto mai imbranati Sonny e Frank. Giuseppe Palazzolo e Andrea Siculiana sono senza dubbio una formidabile coppia degna di un certo avanspettacolo nonché nota aggiuntiva di black comedy e gangster movie. Entrambi con esperienze teatrali alle spalle, i loro volti si prestano perfettamente a qualsivoglia desiderio metamorfico degli autori e, grazie soprattutto all’aiuto della costumista Barbara Anselmo, diventano parte integrante di quel fumetto underground che è “B-Alarm!”. Se nella futuristica scacchiera di “B-Alarm” i bianchi e i neri vantano un numero pari di alfieri e pedoni, è di certo una e una sola l’indiscussa regina di questo corrotto regno: Monica. Dotata di un magnetico sguardo alla Bette Davis, Monica Santangelo sembra destinata a interpretare una dark lady immersa però nell’oro che ricorda la “città proibita” di Zhang Yìmóu. È forse la più disinibita tra i suoi colleghi: è spontanea, semplice, a volte quasi bambina, ma quell’ipnotico sguardo le permette, sul set, di diventare un’incestuosa e seducente Giocasta dei nostri giorni che ammalia il suo uomo, Noè Pietrangeli, intessendo nel frattempo una morbosa e pericolosa relazione con il figliastro Guido (Guido Compagno). Questi è cattivo e viziato, non accetta rimproveri e non vede l’ora di ottenere il comando assoluto; così come il suo personaggio Guido Compagno ha uno sguardo cupo, sin dall’inizio tende ad alienarsi dai suoi “compagni di viaggio”, ma dopo un po’ si congratula con gli sceneggiatori per avergli assegnato il ruolo di antagonista, affermando altresì la propria intenzione di non deludere alcuna aspettativa. Michelangelo diceva di non essere l’artefice dei propri capolavori, piuttosto spettava a lui l’arduo compito di liberare le opere d’arte dalla loro prigione di marmo; così, come da una nebulosa, hanno avuto origine i personaggio di “B-Alarm!”. I dodici attori, come gli adepti di Demetra, hanno celebrato i propri misteri eleusini, hanno compiuto il proprio rito di passaggio per rinascere come protagonisti di una favola assoluta, in cui schemi e archetipi ritornano nella loro più pura manifestazione. A Giuseppe Acquaro, Alessandro Aricò, Serena Chillura, Giuseppe Mineo e a me, umili aedi, il compito di narrare le gesta di questi eroi. 34


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LUM - LABoRAToRIo DI PRoDUZIoNE CINEMAToGRAFICA Direzione artistica del regista Emidio Greco – ed. 2010-11 Università degli Studi di Palermo Laboratorio Universitario Multimediale “Michele Mancini” LUM

Città di Bagheria Provincia di Palermo

presentano

PRESSBOOK Ufficio Stampa Vincenzo Castronovo vincenzo-castronovo@tiscali.it tel. 389 5318602 Marina Testa marina-1981@hotmail.it tel. 339 1260865

L.U.M. – Laboratorio di Produzione Cinematografica Università degli Studi di Palermo Via Consolare, Palazzo Aragona - Cutò 90011 BAGHERIA (PA) Italia lum@unipa.it

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COS’È B-ALARM! È la prima volta che un ateneo universitario italiano affronta l’impresa ambiziosa di realizzare un lungometraggio a soggetto in cui sono affidati agli allievi tutti i principali ruoli, compresa la regia (Giovanni Cannizzo e Marco Maria Correnti). B-ALARM!., prodotto dal Laboratorio di Produzione Cinematografica del LUM (Laboratorio Universitario Multimediale “Michele Mancini”) in sinergia con l’A.N.A.S. (Associazione Nazionale di Azione Sociale), è il saggio finale degli allievi del Laboratorio di Produzione Cinematografica (ed. 2010-11) che ha preso il via il 10 marzo 2010 a Palazzo Aragona Cutò di Bagheria, sede del LUM. Il LUM, Laboratorio di Produzione Cinematografica, è un laboratorio teorico-pratico sostenuto da corsi formativi su tutta la gamma delle professionalità del cinema con la costante guida di professionisti del cinema e dell’audiovisivo, docenti dell’Università degli Studi di Palermo, la direzione artistica del regista Emidio Greco (L’invenzione di Morel, Il Consiglio d’Egitto, L’uomo privato) - che qui ricordiamo con commossa gratitudine - e la direzione esecutiva del prof. Rino Schembri. L’ambizione e l’originalità del progetto emergono anche dalla storia ideata con la voglia di confrontarsi con un genere insolito nel panorama cinematografico italiano. Balarm, megalopoli dalle mille contraddizioni, fa da sfondo ad un’azione che si svolge nell’arco di una sola notte. Notte cruciale che segnerà irreversibilmente il destino di un gruppo di ragazzi che si troveranno per la prima volta a fare i conti con la dura realtà metropolitana. Lo splendido tramonto urbano sarà la cornice di partenza per questa sorta di viaggio senza ritorno nella violenza e nella morte, in cui ogni possibilità di salvezza sembra negarsi a priori. Le vicende ruoteranno attorno al rapimento di Sofia e all’intervento dei suoi amici che cercheranno a tutti i costi di salvarla dai malviventi. I ragazzi, trascinati in ripetuti inseguimenti tra locali di dubbia reputazione e inquietanti incontri con loschi personaggi, si troveranno al centro di un vortice di violenza senza senso né giustificazione che farà crollare il labile confine tra bene e male. Tutti i personaggi principali sono interpretati dagli studenti del laboratorio, alcuni dei quali con esperienza teatrale alle spalle, seppur breve. La partecipazione straordinaria di affermati attori siciliani come Consuelo Lupo (Il 7 e l’8), Lollo Franco (Alla luce del sole, La siciliana ribelle, Baarìa) e Gianfranco Perriera (Teatès) completa il cast. Il film, girato a Palermo tra centro storico e zona costiera, nonché nelle splendide location delle ville settecentesche di Bagheria, ha impegnato circa 200 persone (tra cast tecnico e artistico, tra i quali 120 figuranti e 12 tirocinanti). Il trailer ufficiale di B-ALARM!. è stato presentato in anteprima al Festival Un Mare di Cinema in programma dal 9 al 18 Luglio 2010 nelle Isole Eolie. Il progetto si avvale del patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Bagheria, della Provincia di Palermo e della Regione Siciliana.

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I registi

Giovanni Cannizzo nasce a Palermo il 26/06/88. Vive a Partinico dove completa gli studi superiori al Liceo Scientifico Santi Savarino. Da sempre è attratto dal cinema ma solo a 16 anni si rende conto che questa passione è talmente grande da divenire sogno, il sogno di diventare un regista. Con questo obiettivo si iscrive al corso di Laurea in Scienze e Tecnologie dell’Arte dello Spettacolo e della Moda della Facoltà di Lettere e Filosofia - Università di Palermo. Qui viene a conoscenza del Laboratorio di Produzione Cinematografica, che lo interessa molto e decide di presentarsi alle selezioni. Viene scelto come regista e intraprende con entusiasmo questa esperienza formativa che si conclude con la realizzazione del lungometraggio B-ALARM!. . Dopo la fine del corso e contemporaneamente agli studi universitari realizza due cortometraggi. Il primo L’Assemblea viene selezionato tra i finalisti dei concorsi nazionali Creativi per Costituzione e Un Corto sulla Carta. Il secondo Lives è in concorso alla prima edizione del Sicilia Queer Festival. Attualmente lavora come aiuto regista nel film Ore diciotto in punto del regista palermitano Pippo Gigliorosso. Questo giovane lungo, allampanato, taciturno dall’aria di bel tenebroso, è stato davvero un problema per B-ALARM!, ma un problema salutare: i suoi lunghi silenzi sapevano di disapprovazione, le sue puntuali e scarne indicazioni di precisione tecnica e di attesa di puntualità nell’esecuzione, suggerite da talento e vocazione. Va bene, divertitevi pure nella sarabanda dell’azione… imitate pure i vostri miti attoriali e/o registici… ma lo spessore del film, la serietà significativa delle immagini e delle sequenze, beh, a quello non si può rinunciare! Ecco come è stato visto intervenire sul set, malinconico per la lontananza dal sogno custodito negli occhi e nel cuore: il cinema di Fellini! Ma anche il suo consenso, il suo orgoglio, trasparivano di tanto in tanto in quel contegno, e si materializzavano nell’apparizione luminosa, al suo fianco, di una misteriosa fidanzata “mozzafiato”: chi lo credeva duro e introverso, è stato servito…

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Marco Maria Correnti nasce il 20 Aprile 1990. Vive l’esperienza del set fin dall’età di 13 anni. Esordisce come attore nel 2003 nel film Miracolo a Palermo per la regia di Beppe Cino, a fianco di attori quali Maria Grazia Cucinotta, Vincent Schiavelli, Luigi Maria Burruano e Tony Sperandeo. Sempre per la regia di Cino recita nel film Maria venera (2007), con olivia Magnani e Dario Costa. Dopo queste due importanti esperienze, continua a dividersi tra teatro (esibendosi anche al teatro Massimo di Palermo) e cinema, fino all’esordio televisivo nella soap-opera prodotta da Rai Fiction Agrodolce nel ruolo di Andrea Zacco. Il cortometraggio Rita di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, vincitore di diversi e prestigiosi premi internazionali, lo fa conoscere al grande pubblico festivaliero. Nel 2009 esordisce come regista teatrale nello spettacolo Amare è donarsi all’infinito, messo in scena al teatro Savio di Palermo. I suoi successivi studi in campo cinematografico, mirati alle conoscenze delle pratiche di regia fanno sì che nel 2010 entri a far parte come allievo regista del Laboratorio di Produzione Cinematografica del L.U.M, al termine del quale esordisce come regista cinematografico nel film B-ALARM!. e nel quale lavora anche come attore nel ruolo di Marco. Nello stesso anno cura la regia di un cortometraggio da lui stesso scritto, L’invito, che attualmente è in gara in diversi concorsi nazionali. Con quel po’ po’ di curriculum a poco più di venti anni, “fate largo al professionista sperimentato!” sembra proclamare il suo atteggiamento spavaldo. È perciò lavora molto con gli attori, ci tiene a mostrarsi uno dei loro e sa come prenderli; al punto che si permette di “dirigere” mostri sacri come Lollo (Franco), Consuelo (Lupo), Gianfranco (Perriera). E ci tiene, eccome, a dirigere se stesso! Ma si riserva il ruolo del primo dei ragazzi a cadere in quella notte infernale: “il regista va ammazzato subito”, dice ridendo. Il fatto è che con la sua esuberanza e il suo entusiasmo Marco contagia ottimismo, e voglia di lavorare a tutta la troupe. Ed è anche un gran diplomatico: smussa gli angoli, trova le sintesi, crea l’accordo. In fondo è anche questa la regia, o no? Il rapporto con Gianni, il suo partner e pari grado, e poi addirittura idilliaco, ne traduce le indicazioni e perfino le silenziose disapprovazioni in operatività… e dire che lui ama le sparatorie, l’azione, il sangue finto e, naturalmente, il cinema di Tarantino. Sono complementari: dopo Powell e Pressburger, Paolo e Vittorio (Taviani), avremo Cannizzo e Correnti? Marco è anche l’autore della canzone leit-motiv di B-Alarm!, La ballata del desiderio di suggestivo melò caraibico.

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Gli attori

Guido Compagno (Guido) nasce il 07/04/1990 a Palermo. Trascorre i suoi primi 10 anni nella cittadina greca di Siracusa, dove fin da piccolo respira un aria artistica tra storia e teatro. Nel 2000 trasferitosi nella sua città natale inizia i suoi studi secondari nel corso dei quali scopre una vera e propria attrazione e predisposizione nei confronti dell’arte. Fin dai primi anni liceali partecipa, in qualità di attore, a corti di piccoli registi indipendenti e negli anni successivi a laboratori teatrali (con attori e registi professionisti siciliani) toccando diversi temi: dai miti greci a Pirandello, dall’immigrazione al futurismo, recitando in diversi teatri siciliani e italiani quali il Teatro Bonci di Cesena e vincendo dei premi. Diplomatosi nel 2009 presso il liceo Scientifico Ernesto Basile in un corso sperimentale in lingue, decide di proseguire gli studi in modo più attento iscrivendosi al DAMS di Palermo indirizzo Spettacolo. Qui viene a conoscenza del LUM (Laboratorio Universitario Multimediale) e intraprende uno studio più approfondito del cinema. Successivamente viene selezionato per il film prodotto dallo stesso LUM dal titolo BALARM!., nel quale interpreta il ruolo dell’antagonista Guido Pietrangeli. Un’esperienza significante per lui che lo porta successivamente a collaborare con altri registi e in altri progetti. Attualmente continua con passione lo studio della recitazione e nel frattempo si dedica ad altre passioni quali la musica, la radio e il vjing. Conduce un programma su Radio Time e compone musica con la sua band. Il suo motto è: “Credi in ciò che sei... e sarai ciò che vuoi!”. Bello, è bello… per essere un cattivo. Di quei cattivi tenebrosi e in fondo romanticamente votati al castigo della morte precoce; quelli che non di rado suscitano il tifo dello spettatore che si rispecchia nella loro ribellione contro l’ordine, le leggi, la morale! Ma Guido ottiene questo esito perché in realtà è un galantuomo: forbito nel contegno e nel linguaggio, sensibile e cavalleresco, gentile con le ragazze (altro che machista violentatore!), e soprattutto gran professionista in erba, per naturale istinto e vocazione. Primo al trucco, al set, a captare indicazioni e suggerimenti e ad aiutare i colleghi in difficoltà. Insomma è l’attore che ogni regista vorrebbe avere.

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Nicolò D’Acquisto (Nicolò) Nato a Palermo l’1 dicembre 1989. Si descrive così: “Sono un giocoliere, uno a cui piace stare in mezzo alla gente, far ridere. Lo spettacolo è le mia vita, amo stare al centro della scena e sono egocentrico e narcisista ma spero simpatico. Mi impegno al massimo delle mie forze in un progetto. Mi diverte fare l’attore e questa sarà la mia strada!”. Glielo auguriamo. Di certo, in B-Alarm! ha mostrato un primo piano che spacca: di una beltà maschia, sofferente e pensosa, che ci ha fatto tornare in mente una grande icona, quella di Alain Delon dopo il “pestaggio” di Rocco e i suoi fratelli. Quanto alla vocazione di giocoliere, il suo set di coltelli se l’è portato nel film, volgendo il suo personaggio in un romantico Rambo.

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Manuela Lo Cascio (Manuela) Nata a Palermo il 26 giugno 1984, un avvocato che ha sempre subito il fascino del mondo dell’arte e della recitazione in particolare. Prima di dedicarsi interamente alla professione forense, ha pensato bene di mettersi in gioco in un progetto che vedeva la partecipazione di appassionati e brillanti giovani, e di un supporto di validissimi professionisti. Chiedendole perché abbia deciso di partecipare a B-ALARM!. . risponde: “È fondamentale non prendersi troppo sul serio, soprattutto in un mondo dove poche sono le certezze e la capacità di reinventarsi è la forza per sopravvivere all’appiattimento. Non volevo che la mia professione ponesse degli ostacoli alle mie passioni e almeno una volta nella vita ci si deve provare”. Quello con Emidio Greco è il suo primo provino cinematografico, così come B-ALARM!, è la sua prima esperienza da attrice, per questo ci ha incuriositi sapere cosa abbia provato a interpretare il suo personaggio: “Ho provato imbarazzo e talvolta inadeguatezza, ma se attorno hai artisti veri che credono in quello che fai, scoprire che sei in grado di superare i tuoi limiti è una sensazione bellissima, che vale la pena provare”. Eppure Manuela sembra nata attrice: si muove con decisione sia nei provini che, poi, nelle scene d’azione del film. Timida malgrado la sua prima professione, introversa, ma caparbia, non ha voluto né maestri né coreografi per i suggestivi numeri di canto e ballo latini; ha fatto tutto da sé e non certo per arroganza ma per timore… Ed ha fatto bene, perché sensibilità e fisicità hanno saturato lo schermo e resa inutile la tecnica. Il fatto è che l’avvocatessa sembra non essere cosciente di quanto sia brava ed eccezionalmente bella, o forse finge di non esserlo. La sua chanteuse da night imita Gilda per copione, ma le auguriamo che resti come Gilda nell’icona perché ne ha tutti i numeri: per adesso è un sogno, come ben le dice il barman Jean-Luc Perriera. Un sogno minacciato dalla violenza, dal sadismo, e perciò ancora più invincibile.

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Chiara Lo Conti (Chiara) nasce a Palermo il 29 dicembre del 1983 e dall’età di 17 anni si dedica a studi pratici di recitazione e dizione, teatro e danza terapia frequentando diversi laboratori e corsi per attori, tra cui quello del teatro Libero di Palermo e il Teatès. Dopo il diploma decide di approfondire questa passione iscrivendosi al corso di Scienze e Tecnologie di Arte, Moda e Spettacolo, in cui si laurea nel marzo 2008. È attualmente inscritta al corso di laurea magistrale in Scienze dello Spettacolo e Produzione Multimediale della Facoltà di Lettere e Filosofia (Università di Palermo). oltre a numerose esperienze lavorative nel campo del teatro sperimentale e delle cantine teatrali, poi presso il Circolo Culturale Classico di Palermo in qualità di attrice e ballerina, nel 2008 viene scritturata dal maestro Lollo Franco per lo spettacolo teatrale Miracolo W Santa Rosalia, fistinu, calia, simensa, babbaluci, muluna e vinu proprio nel ruolo della Santa, da qui avvia una lunga collaborazione con il Maestro e con la compagnia del teatro Franco Zappalà partecipando a diverse produzioni, quali La giara di Pirandello e Come rapinare una banca di Samy Fayad. Che Chiara, malgrado l’età, sia già un’attrice sperimentata non ci sono dubbi, né che sia brava. Quel che ha sorpreso, come specifica qualità cinematografica, è la purezza immacolata del suo volto, e ciò ha reso tanto più pregnante la scena-cult dello sfregio. Una bellezza non esplosiva, lenta ad affermarsi, ma impossibile poi a dimenticarsi: il p.p. di Chiara trascinerà con sé molti amori, passioni, tormenti (filmici, si intende) e li eleverà tra gli angeli.

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Ezio Mastropaolo (Ezio) Nato a Palermo l’1 settembre 1985, fin da piccolo rivela una spiccata passione per la recitazione, sempre in prima linea negli inevitabili recital scolastici e negli spettacoli di quartiere. Autentico topo di biblioteca (ha letto centinaia di libri) e pittore a tempo perso (ha frequentato l’Istituto d’Arte), da qualche anno a questa parte ha aggiunto a queste attività la visione massiccia di film, nella media di 3 al giorno, causando danni permanenti al suo sistema neurale onirico: i suoi sogni notturni sono spesso concepiti come dei film d’azione dei quali però, sfortunatamente, ricorda solo qualche piccola sequenza. Inoltre sostiene di aver vissuto un’esperienza simile a quella descritta nel film Inception. Si è diplomato alla scuola di recitazione del Teatro Biondo Stabile di Palermo nel 2008 e ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze dello Spettacolo e Produzione Multimediale all’Università di Palermo nel 2011. Ha partecipato a vari stage di approfondimento con attori professionisti quali Pierluigi Corallo, Salvo Bitonti, Magda Mercatali, Luciano Roman e preso parte ad alcuni spettacoli prodotti dallo stesso Stabile di Palermo per la regia di Pietro Carriglio (Il povero Piero, Il Re muore, L’oro in bocca, Assassinio nella Cattedrale, Amleto). Ha collaborato con Umberto Cantone alla regia dello spettacolo La città risorta e ad alcune pubblicazioni per la casa editrice Sellerio. Dopo varie esperienze nei cortometraggi, BALARM!. . costituisce il suo esordio nel lungometraggio. Affidargli il ruolo del bandito pazzo di Shakespeare - evocazione del Victor Mature di My Darling Clementine - è stato naturale. Ma tutto suo è quel sadismo freddo e folle che fa del suo personaggio uno “Jago” del crimine, un cattivo assoluto drogato dalla musica (shakespeariana). Ezio è bravissimo, e si vede. Ma è una garanzia di professionalità è abnegazione per ogni regista, oltre a essere nella vita un “buono” di cui fidarsi ciecamente.

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Luciano Montagno (Luciano) Nasce il 15 ottobre 1990 nella città dello Stretto e vive per 18 anni a Tortorici, la più verde vallata del Parco dei Nebrodi. Trascorre un’infanzia serena e gioconda tra corse in bicicletta e palleggi quotidiani per difendere la sua squadra di calcio. Avrebbe voluto seguire i compagni al Tecnico commerciale del proprio paese, ma spinto da una famiglia assetata di cultura frequenta il Liceo scientifico di Capo D’orlando, paese turistico del litorale tirrenico. Socievole, allegro e scherzoso instaura buoni rapporti con compagni e professori che lo considerano di brillante intelligenza ma di impegno travolgente. Temperamento forte, ponderoso nelle decisioni e giudice insindacabile, oggi, nel coltivare la sua passione per il cinema, vive nella monumentale città di Palermo per completare gli studi alla Facoltà di Lettere e Filosofia, attendendo il destino. Comunque sia, Luciano per il cinema sembra nato: preciso e scrupoloso sul set, quanto silenzioso e fattivo nelle collaborazioni; si muove come il classico “animale filmico” e tutto nel suo contegno è misura ed efficacia nell’immagine; infine, possiede un primo piano bellissimo e teneramente infantile, con occhi che recitano, ridono, piangono, hanno terrore e smarrimento.

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Giuseppe Palazzolo (Sonny) è nato a Palermo il 9 Aprile del 1989. Frequenta il liceo classico Santi Savarino di Partinico ed è proprio li che inizia a fare teatro. Nel 2005 a soli 16 anni debutta per la prima volta con il Cyrano de Bergerac, negli anni seguenti partecipa alla messa in scena di L’opera da tre soldi di Bertold Brecht e L’amore fa fare questo ed altro di Achille Campanile nel ruolo principale. Ricorda gli anni del liceo come un periodo importante e soprattutto determinante per le sue aspirazioni da attore, dal momento che ha iniziato proprio lì a conoscere il teatro e l’arte della recitazione. Nel 2008 partecipa ad un laboratorio teatrale tenuto da Franco Però, Renato Sarti e Domenico Pugliares con la realizzazione dello spettacolo È vietato digiunare in spiaggia. Nel 2009 partecipa ad un laboratorio di recitazione con Renato Carpentieri. Dopo essersi diplomato e iscritto al DAMS di Palermo, continua a lavorare presso l’attività di famiglia e nel frattempo fonda a Partinico insieme ad altri amici la piccola associazione culturale EIDoS con una sezione teatrale, per poter esprimere nelle piazze dei paesi vicini o in piccoli teatri l’amore per il teatro e per la recitazione. Nel 2010 viene selezionato come attore per il film B-ALARM!; la reputa una esperienza molto bella e che lo ha fatto avvicinare al cinema. Con la partecipazione a questo film si è innamorato della recitazione cinematografica e di tutti i retroscena e i segreti del mondo del cinema. Se è un comico - e in B-ALARM! lo è - lo fa con una misura ed un’esattezza invidiabili, segno della duttilità dell’attore. Basta vederlo come conduce il gioco di spalla nei duetti con Frank (Andrea Siculiana). Di sicuro, potrà sperimentarsi anche in ruoli molto diversi, e glielo auguriamo.

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Marco Romeo (Romeo) nasce a Palermo il 15 Gennaio 1991. Sin da piccolo ha sempre adorato il cinema. L’iniziale interesse per la regia lo porta a seguire diversi corsi (regia, fotografia, cameraman) e all’età di dodici anni gira il suo primo cortometraggio, premiato fuori concorso al Progetto Telarium di Bagheria. L’esperienza cinematografica come attore parte nel Marzo del 2010 con il LUM, quando gli viene assegnato il ruolo di protagonista nel lungometraggio B-ALARM!. Riferendosi a quest’esperienza racconta: “Non avevo mai studiato teatro, non avevo alcuna formazione, ero solo un grande appassionato di cinema che traeva piacere sin da bambino nel recitare ancora e ancora i film che già conoscevo a memoria. Credo che quello che hanno visto in me, affidandomi un ruolo così importante e delicato, sia stata questa mia grande passione” e continua: “ Il Maestro Gianfranco Perriera, in tre mesi di formazione intensiva, ha poi dato una struttura teorica e pratica a quella mia passione, rendendomi più completo e professionale”. Dopo B-ALARM!. ha lavorato per diversi spot televisivi (La fine di un amore con Luca Barreca; spot pubblicitario per Unipastore Palermo), cortometraggi e videoclip. Conclude dicendo: “Spero che questo fortuito inizio sia un primo gradino verso una scala che, un giorno, mi piacerebbe conducesse alle porte del successo”. E non c’è dubbio che Marco - il bel “Romeo” coraggioso e problematico che guida alla riscossa la banda giovanile - il successo lo otterrà, anzi lo ha già ottenuto. Fisico atletico, ma quasi androginico nella sua candida levigatezza; viso d’angelo nella migliore tradizione divistica da Alain Delon a Brad Pitt; sicurezza fisico-gestuale ed intensità attoriale per naturale talento: un protagonista coi fiocchi! Ed è merito suo se tutti gli amori delle spettatrici non vanno verso Guido, il suo antagonista. Tenebroso, romantico e solitario. La sua camminata nel finale ne esalta tutte le attrattive.

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Francesca Monica Santangelo (Monica) nasce il 27 Agosto 1983. All’età di quindici anni comincia il suo percorso artistico con il gruppo della Chiesa Cristiana di cui fa parte, con spettacoli vari e mimo. Nel 2000 con il gruppo Jesus Revolution intraprende anche il percorso di danza hip hop. Nel 2002 si trova a far parte di un gruppo artistico chiamato Controcorrente Group, che si occuperà di metterne in pratica tutte le capacità acquisite, ampliandone le performance. Nel 2005 insieme alla compagnia Heaven’s Gates & Hell’s Flames inizia il suo percorso teatrale associando al mimo la parola. In quello stesso anno dopo essersi diplomata in grafica pubblicitaria decide di intraprendere il percorso della recitazione, iscrivendosi prima al DAMS e frequentando poi vari laboratori (tra cui nel 2007 un corso di teatro sperimentale con il professore Sergio Rubino), poi presso il Centro di Formazione Spettacolo di Palermo dove intraprende la formazione al Musical. Nello stesso anno comincia il suo studio in canto moderno con il soprano palermitano Alessia Sparacio, e nel 2008 si iscrive al Corso di formazione regionale “attori” presso la scuola Alibi club. Iniziano contestualmente le prime partecipazioni in spettacoli come Piccola città di Thornton Wilder e Il povero Piero di Achille Campanile (entrambi diretti da Maurizio Spicuzza). Nel 2009 intraprende un corso per Aiuto Regista, presso la scuola di formazione Alibi club, che le fa acquisire il ruolo di assistente alla regia per Maurizio Spicuzza presso il Teatro3 di Palermo. Nel 2010 si iscrive al Laboratorio di Produzione Cinematografica del LUM con il ruolo di Attrice. Nello stesso anno si laurea al DAMS, comincia il suo percorso formativo in Musical presso L’MTA di Catania e diviene membro della compagnia gestita da Lollo Franco e Giuditta Perriera. Nel ruolo della cattiva lussuriosa e sadica, agghindata da zingara o regina d’oriente, è brava. Ma che merito ha se madre natura le ha dato occhi da gazzella in ci si perde come nella notte, e una bocca carnosa da sogni inconfessabili?!... anche questo è cinema. Romeo, il giustiziere, lo sa e forse per questo la risparmia.

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Andrea Siculiana (Frank) Nato a Palermo l’11 giugno 1982. Nel dicembre 2006 consegue la laurea in Scienze e Tecnologie dell’Arte, dello Spettacolo e della Moda indirizzo Spettacolo - Università degli Studi di Palermo. Nel 2005 ha frequentato un laboratorio universitario diretto da Emma Dante e dopo un’esperienza teatrale nel laboratorio tenuto dal professore Beno Mazzone (novembre 2007- maggio 2008) ha iniziato con delle partecipazioni come comparsa nel film Baarìa di Giuseppe Tornatore e come figurante speciale nella soap opera prodotta da Rai Fiction Agrodolce. Fin da ragazzino ha manifestato una vis comica raccontando barzellette e facendo imitazioni. Molto riuscito è il suo personaggio comico di telecronista sportivo Cosé Citrigno nella trasmissione Tutt’apposto andata in onda nel 2009 sulla rete televisiva locale CTS. Ama scrivere canzoni e ascoltare musica pop-rock. Tra le sue passioni ci sono il cinema, i cortometraggi e il teatro. B-ALARM!. rappresenta il suo debutto come attore cinematografico in un ruolo comico, esperienza che è stata importante a livello di crescita personale oltre che formativa. “Sarò all’altezza”… “Viene fuori il mio personaggio?... ”. Con scrupolo, con i dubbi tipici dell’attore la cui esistenza dipende dal consenso altrui, Andrea ha chiesto e si è chiesto mille volte queste cose prima di ogni ciak… Ma quando si comincia, il gioco si fa serio e i “duri”, come lui, giocano… Si, perché occorre essere molto seri, come lui, per riuscire assolutamente comici. Con Sonny, Frank è stata una di quelle coppie che si ricordano, e per questo è stato giusto farlo morire da eroe nel finale.

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Andrea Tedesco (Il Drugo) Nato ad Agrigento il 2 febbraio 1990. Dopo aver conseguito la maturità scientifica e il diploma di tecnico informatico multimediale si iscrive al DAMS di Palermo (indirizzo spettacolo). Grande appassionato e praticante di Downhill (discesa libera in mountain bike) e vela, in B-Alarm! riveste il ruolo dell’aiutante-malavitoso di Romeo e dei suoi amici, del tutto deciso a vendicarsi dei soprusi e delle violenze esercitate su di lui e sulla sua famiglia da parte dei Pietrangeli. Il gitano vendicatore di Andrea è sicuramente il più tenebroso dei belli dell’intero film. Un fisico ed un volto caratterizzati al massimo, suggestivi, per un personaggio straordinario, un autentico eroe della notte votato al sacrificio. E una grande promessa per il nostro cinema.

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Piera Gemelli (Lachesi) Nata a Messina il 5 dicembre 1984. È iscritta alla Laurea Magistrale in Scienze dello Spettacolo Multimediale della Facoltà di Lettere e Filosofia (Università di Palermo). Artista di net-art, cultrice del neofigurativo nelle sue svariate applicazioni artistiche, scrive per la rivista The Rope. Grafie dello spettacolo e pratiche dell’Immaginario (Falsopiano, Alessandria) ed è stata tutor del Master in “Cinema pubblicitario in digitale” per conto dell’Anas e del LUM. La produzione di B-Alarm! l’ha scelta per il ruolo di Lachesi. È alla sua prima esperienza cinematografica. È un’intellettuale colta e aggiornatissima Piera, e un talento artistico all’orizzonte della post-post-avanguardia. Ma che colpa ne ha se è sinuosa come un felino femmina, scura come una berbera dagli occhi di brace, e con una chioma zingaresca in tempesta, di quelle che oggi è difficile vedere nel mondo “civilizzato”?... Ed eccola, per forza e per gioco, raggiungere il cast attoriale in un ruolo di Sibilla-prostituta che fa impallidire quella dei mitici Trecento!... Guardare, per credere! Ma, attenzione, nelle sue cesellate parole di sesso si apre tutta la metafora che regge il film.

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Sofia Farruggio (Sofia) Nata a Ragusa il 3 dicembre 1989. Dopo aver conseguito la maturità scientifica e realizzato abiti da autodidatta (apprendendo tecniche di sartoria) si è iscritta all’indirizzo moda del DAMS dell’Università di Palermo. Presso il LUM, Laboratorio di Produzione Cinematografica, ha frequentato la sezione Costume e MakeUp, ma allo stesso tempo la produzione l’ha voluta nel ruolo della giovane protagonista che è contesa dalle due bande rivali nel film B-ALARM!. . E non si poteva fare una scelta diversa: Sofia che danza impudente e ubriaca, Sofia la fanciulla sexy atrocemente punita con il rapimento e gli stupri, Sofia abbandonata e derelitta come Arianna sono le tre facce da fumetto di un unico immaginario “machista”; quello che, con buona pace di tutte le ragioni femministe del mondo, regge le bipolarità dei sessi antagonisti, violenta, seduttrice e tragica, e quindi ogni allarme dei sensi di serie B, ogni B-ALARM! per l’appunto. A questa voglia di cinema-cinema Sofia, la nostra, offre una carnalità oltre ogni classificazione pura di bellezza, e un volto da peccato ancorché infantile. E per questo tutto il pubblico e noi la proteggiamo teneramente, né le torceremmo mai un capello nella realtà: Sofia è ormai parte, alla lettera carne e sangue, del nostro cinema come lei fanciullesco e avventuroso.

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SPECIAL GUESTS

Lollo Franco (Noè Pietrangeli)

Consuelo Lupo (Anna Giordano)

Gianfranco Perriera (Jean-Luc) 68


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Sceneggiatori

Giuseppe Acquaro nasce a Partinico l’1 luglio 1988. Dopo un diploma conseguito all’istituto tecnico commerciale si iscrive al DAMS di Palermo. Sin da piccolo mostra di avere una passione smodata per il cinema, un’incredibile sensibilità umana, una grande forza di immaginazione e una grande facilità di socializzazione. Nel 2010 si presenta alle selezioni del LUM – Laboratorio di Produzione Cinematografica e viene preso come allievo sceneggiatore. Serena Chillura nasce a Palermo l’11 febbraio 1988. Si diletta fin da bambina nella scrittura, decide di iscriversi alla Facoltà di Lettere Moderne dell’Università di Palermo per approfondire l’interesse nei confronti della letteratura e delle altre discipline umanistiche. Scopre assieme alla musica la passione per il cinema, che osserva in una prospettiva nuova dopo essere rimasta colpita dalla rappresentazione esistenziale fatta da registi quali Fellini e Bergman. B-ALARM!. è la prima esperienza cinematografica nella quale si cimenta nel ruolo di sceneggiatrice. Federica Marchese nasce a Palermo il 20 novembre 1987. All’età di otto anni muove i primi passi nel mondo del teatro, che resterà per sempre una sua grande passione. A tredici anni, grazie a un professore che le insegna ad amare la poesia e la letteratura, scopre la vocazione per la scrittura e da quel momento si dedica alla stesura di testi teatrali, soggetti e poesie sognando di diventare una sceneggiatrice. Spinta dalla volontà di realizzare il proprio sogno, dopo aver conseguito la maturità classica nel 2006, si iscrive al DAMS di Palermo che le permette di approfondire gli studi sul teatro e sulla letteratura e di prendere parte a diversi laboratori teatrali. Nel marzo 2010 consegue la laurea in Scienze e Tecnologie dello Spettacolo con una tesi sull’allestimento scenico di uno spettacolo itinerante a Palermo, nella quale illustra, attraverso una documentazione fotografica, la possibilità di mettere in scena Le Troiane di Euripide nei luoghi più rappresentativi della città lasciando che questa si offra come palcoscenico ad un pubblico egualmente itinerante. Nello stesso periodo prende parte, nel ruolo di sceneggiatrice, al Laboratorio di Produzione Cinematografica ed è dunque grazie al lungometraggio B-ALARM!. che per la prima volta ha la possibilità di vedere realizzato, almeno come co-autrice, il proprio grande sogno. Giuseppe Mineo nasce a Palermo il 6 Settembre 1988. Cresce a base di cartoni animati e fumetti di supereroi. A circa 17 anni si palesa, però, la sua passione per il cinema. Inizia a vedere i classici e si innamora di maestri come Hitchcock e Kubrick. Nel 2009 si iscrive al corso di laurea DAMS dell’Università degli Studi di Palermo e nel marzo 2010 viene a sapere del Laboratorio di Produzione Cinematografica. Partecipa alle selezioni e viene scelto per essere uno degli sceneggiatori del film in progetto. Esattamente un anno dopo si trasferisce a Londra per “essere più tutelato dal punto di vista lavorativo, grazie alla Writers Guild of Great Britain”. In B-ALARM! ha anche recitato nel ruolo del cattivissimo Pepo.

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Alessandro Pericò nato a Palermo il 28 aprile 1989. Amatore e quasi professionista nel gioco degli scacchi (vanta la partecipazione a numerosi tornei conseguendo per ben quattro volte il titolo nazionale nella competizione promossa dal Ministero della Pubblica Istruzione) mostra sin da piccolo passione per la letteratura e la saggistica, con interesse rivolto a svariati argomenti, comprese le scienze. È iscritto al primo anno del DAMS dell’Università di Palermo quando si presenta alle selezioni del Laboratorio di Produzione Cinematografica e viene scelto come allievo sceneggiatore.

Direzione di produzione Simona Barone, nata a Palermo il 30/05/1981, è iscritta al primo anno della Laurea specialistica di Scienze dello Spettacolo Multimediale. Ha frequentato a Roma il corso base annuale alla Scuola romana di Fotografia. Dal 2007 dj specializzata in musica anni ‘50, nell’ultimo anno ha svolto il ruolo di direttrice e segretaria di produzione per alcuni cortometraggi. Attualmente è assistente alla regia per un lungometraggio.

Gianluca Liguori nasce a Palermo il 9 Marzo del 1974. Conseguita la maturità classica, intraprende gli studi universitari presso la Facoltà di Giurisprudenza - Università degli Studi di Palermo. Nel Luglio 2000 consegue la laurea con il massimo dei voti (e lode) discutendo una tesi in materia di diritto processuale penale. Nel 1993, durante gli studi universitari, partecipa ad un corso in tecnica dell’illustrazione tenuto dall’ente di formazione Eta Beta di Palermo (con stage formativo presso l’I.C.E.I. di Roma) diplomandosi con la votazione di 60/60. In tale contesto sviluppa conoscenze in materia di comunicazione pubblicitaria e marketing. Successivamente al conseguimento della laurea in Legge assume l’incarico di amministratore all’interno di una s.r.l. acquisendo conoscenze dirette circa il funzionamento di organismi societari. Si abilita alla professione forense nel luglio 2003 ed attualmente esercita la professione di avvocato presso lo studio legale paterno (ove si occupa eminentemente di diritto civile). La sua passione per il Cinema lo porta nel 2009 ad “accompagnare” il cortometraggio animato Lorenzo Vacirca (regia di Nico Bonomolo) al N.I.C.E. Festival (New York, San Francisco e Seattle). Ad oggi, nella qualità di produttore esecutivo, continua a supportare il lavoro del regista bagherese impegnato nella lavorazione del suo nuovo cortometraggio animato. Nel 2010 partecipa al Laboratorio di Produzione Cinematografica del L.U.M. come organizzatore/direttore di produzione. Sempre nel 2010, contagiato dall’entusiasmo del regista palermitano Giuseppe Gigliorosso, conosciuto come tutor sul set di B-ALARM!., costituisce la EIKONA Film, associazione di promozione sociale avente per oggetto la promozione di attività culturali collegate alla fotografia, al cinema e al teatro.

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Laura Martino. Nata a Palermo il 2 Agosto del 1990, sin da piccola mostra i suoi primi interessi verso il mondo dello spettacolo e dell’arte. Negli anni successivi cerca di dar prova di questa sua passione attraverso l’entusiasmo che mette nelle sue piccole creazioni. Cresciuta in una famiglia di geni matematici insieme ad algoritmi, derivate e limiti, capisce ben presto di avere lei dei “limiti” verso il pianeta dei numeri e frequenta un corso di cinematografia presso il Liceo Scientifico Stanislao Cannizzaro presieduto dal docente Vincenzo Torregrossa. Rimane piacevolmente stupita da questa prima esperienza e decide così di iscriversi al Dams di Palermo per poter far diventare le sue aspirazioni concrete realtà. Durante il periodo delle lezioni presso la Facoltà di Lettere e Filosofia scopre il Laboratorio di Produzione Cinematografica e decide di partecipare nel settore di produzione ma più specificatamente come segretaria di edizione. Il progetto si rivela veramente impegnativo, ma i primi segni del duro lavoro risultano ben presto produttivi. Il lavoro di squadra, la caparbietà e anche un pizzico “abbondante” di pazienza sono le caratteristiche essenziali per riuscire a svolgere un mestiere unico fra tutti, in grado di donarti momenti di riflessione e di soddisfazione professionale.

Direzione di fotografia e illuminotecnica Gabriele Buffa nasce a Palermo il 26 gennaio 1990. Fin da piccolo, si intuisce che il cinema farà parte della sua vita: a 5 anni infatti impara a memoria tutte le battute di Toy Story e le recita davanti a chi ha la pazienza di ascoltarlo. Pratica e studia recitazione teatrale, chitarra, sport assortiti e il cinema nelle sue varie discipline focalizzandosi sulla direzione della fotografia. Attualmente divide il suo tempo fra gli studi al Dams e lavori come documentari e interviste per piccole produzioni, anche internazionali.

Gabriele De Palo. Nato il 20 ottobre 1989 a Palermo. Dopo aver conseguito la maturità scientifica si iscrive al DAMS dell’Università di Palermo. Da sempre appassionato di fotografia è attraverso gli studi di livello universitario che intuisce di voler intraprendere la carriera di Direttore della fotografia. B-ALARM!. è la sua prima occasione. Attualmente è impegnato al fianco di Rosario Neri nella direzione della fotografia del film Ore diciotto in punto di Pippo Gigliorosso.

Cameraman e specializzato di ripresa Davide Marchese nasce a Palermo il 27 Novembre 1988 ma ha sempre vissuto a Partanna (TP). Sin da piccolo manifesta spiccati interessi e attitudini per tutto ciò che rientra nell’ambito dello spettacolo (musica, cinema, teatro, fotografia). Deve tutto esclusivamente ai suoi genitori, mamma Alida gli faceva ascoltare Beethoven quando era ancora nella culla, poi tra i 4 e 5 anni gli insegnava i versi di Carducci e Pascoli, il tutto 71


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mentre gli faceva poggiare per la prima volta le mani sulla tastiera. Papà Pietro a 4 anni gli ha messo in mano i vinili di artisti del calibro di Pink Floyd, Santana, Stevie Wonder, Alan Parson Project, oltre alla sua macchina fotografica e alle sue bobine di filmati in Super8. Crescendo ha affinato il suo orecchio musicale imparando a suonare da autodidatta chitarra, tastiera e batteria, quest’ultima oggetto dei suoi desideri sin dalla più tenera età. Dal 2000, anno in cui frequentava la classe Seconda Media Inferiore, ha sempre partecipato a laboratori teatrali improntati al versante Musical/Commedia Musicale, ricevendo anche un premio nazionale come Miglior Attore Non Protagonista. A tutt’oggi porta avanti questa sua passione integrandola ulteriormente con la musica e realizzando spesso gli arrangiamenti dei lavori messi in scena. Ha realizzato quella che era una sua grande passione dall’età di 12 anni, fare il Dj come hobby/lavoro, e da circa 5 anni si dedica a quest’attività a livello professionale. Studia presso il DAMS della Facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo e con B-ALARM!., lungometraggio realizzato dal Laboratorio Universitario Multimediale, ha avuto la sua prima esperienza cinematografica che l’ha visto impegnato in veste di Cameraman e Montatore.

Daniele Platania. Nato il 14 Dicembre 1989 a Palermo, è iscritto al corso di laurea in DAMS dell’Università di Palermo. Mostra il suo particolare interesse per la fotografia in seguito ad una errata scelta di corso di laurea. Terminato il liceo scientifico decide infatti di indirizzare i suoi studi verso un corso di laurea che mettesse in evidenza la dedizione alle materie scientifiche e ciò lo porta a frequentare Informatica. Inizialmente a suo agio, col passare dei giorni rifiuta l’idea di vedersi invecchiare di fronte ad un pc e decide di lasciare gli studi. Cerca un’alternativa di lavoro, ma non possedendo alcun titolo o praticità in qualche settore, capisce che non è ancora il momento di chiudere definitivamente i libri. Così inizia a interessarsi a vecchi apparecchi fotografici in casa e intenzionato ad approfondire lo studio della fotografia si iscrive al DAMS. Acquista a poco prezzo due apparecchi fotografici a pellicola e scatta le prime fotografie. Odia il fotomontaggio in tutte le sue forme e ammira la fotografia artistica “pura” di Atget, Stieglitz, Haas, Adams. Entra a far parte del Laboratorio di Produzione Cinematografica con la mansione di Cameraman e Specializzato di Ripresa nonostante la sua richiesta fosse nel ruolo di Direttore della Fotografia. Adesso si ritiene fortunato di aver svolto questo ruolo poiché non smette mai di interessarsi a tecniche e apparecchi di ripresa audiovisiva. Da questa esperienza è nata una passione che spera si possa realmente trasformare in un lavoro.

Costumi e make-up Barbara Anselmo. Nata a Palermo il 17/08/1977. Diplomata al Liceo Artistico Eustachio Catalano nel 1995. Consegue la laurea in Scienze e Tecnologie dell’ Arte, della Moda e dello Spettacolo nel 2008. Ha frequentato un corso di ricamo e un laboratorio di sartoria teatrale. 72


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Nella veste di costumista ha lavorato nel corto L’Assemblea di Gianni Cannizzo e nel corto Lives di Gianni Cannizzo e Gemma Margherita Randazzo. Come Aiuto Costumista ha partecipato alla soap opera prodotta da Rai Fiction Agrodolce e al videoclip Vucciria del gruppo musicale Sei/Ottavi.

Produzione di backstage, fotografia di scena, grafica, Marketing, PR Vincenzo Castronovo nasce a Palermo il 17 Marzo 1984 ma vive da sempre a Bagheria. Fin da bambino sviluppa un’incredibile memoria fotografica riconoscendo le auto in lontananza solo dai fari. Crescendo sposta l’attenzione sui cartoni animati e sui fumetti Disney. Spielberg e Chaplin, i suoi compagni di banco preferiti, fanno esplodere in lui un’inesauribile passione cinefila che culmina nel periodo adolescenziale quando decide che il cinema farà per sempre parte della sua vita. Diplomatosi al Liceo Scientifico nel 2002 si iscrive al corso di laurea in Scienze e Tecnologie dello Spettacolo dell’Università di Palermo per approfondire i suoi interessi nel campo artistico. Parallelamente allo studio universitario scrive recensioni per periodici locali e siti web e nel 2004 conduce una rubrica settimanale di critica cinematografica per l’emittente televisiva Tele One. Nel 2007 partecipa al workshop di formazione e scambio culturale sull’arte del documentario all’interno del Sole e Luna Doc Fest. Nel 2010 viene selezionato nel settore Backstage e Ufficio Stampa per il Laboratorio di Produzione Cinematografica, esperienza che gli consente di partecipare attivamente alla realizzazione di un lungometraggio e di sviluppare nuovi interessi per la fotografia e il montaggio. Da appassionato ha seguito i più importanti festival cinematografici nazionali scrivendo anche dei reportage.

Marina Testa Nasce a Palermo nel 1981 e dopo una brevissima e traumatica esperienza alla scuola materna, si rivela studentessa precisa e volenterosa, decisa ad arrivare alla laurea. La sua prima passione in assoluto è la moda: già a quattro anni si diletta a consigliare amici e parenti su come abbinare abiti, colori, accessori e crea un book di abiti da sposa con tanto di collezione invernale ed estiva. Crescendo sviluppa interessi per il teatro e per il cinema; se da un lato adora organizzare festival e spettacolini casalinghi e partecipare a recite e saggi scolastici, dall’altro rimane incantata dai film di Charlie Chaplin. La realizzazione di un cortometraggio al quinto anno di Liceo Scientifico la porta alla decisione di iscriversi al corso di laurea triennale in Scienze e Tecnologie dello Spettacolo, cui seguirà la laurea specialistica in Scienze dello Spettacolo e della Produzione Multimediale, entrambe conseguite con lode. Nel frattempo consegue anche il titolo di Esperta in Didattica Museale, per potere esplorare il mondo dell’arte a 360 gradi. La sua più recente impresa la vede frequentare contemporaneamente il Master in Cinema pubblicitario in digitale, alla fine del quale realizza uno spot per la linea di moda londinese Client (occupandosi principalmente di montaggio ed effetti speciali) e il Laboratorio di Produzione Cinematografica patrocinato, come il master, dal L.U.M. e dall’A.N.A.S. per la realizzazione del lungometraggio a soggetto B-ALARM!., dove si occupa del settore Backstage e Ufficio Stampa.

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Tirocinanti Angela Maria Benivegna (nel settore Direzione della Fotografia e Illuminotecnica) Nata a Erice nel 1976, è cresciuta in quel luogo dell’hinterland trapanese che oggi ama farsi chiamare Valle del Misiliscemi. Sviluppa una passione per l’arte, la poesia e tutto ciò che può essere costruito con le mani (e con la mente) fin dall’infanzia. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Palermo dove avviene l’incontro determinante con la macchina fotografica, laureandosi nel 2001 in Pittura con la tesi in fotografia LUOGHI-frammenti di vuoto interiore. Artista concettuale, da qualche anno le sue opere assumono anche un corpo tridimensionale e i vari linguaggi si stratificano e si incastrano in una “sensazione visiva” a costituire quella che può definirsi “poetica del frammento”, attraverso operazioni simboliche, l’uso di determinati oggetti o scale cromatiche, atti concettuali che sfruttano meccanismi messi in opera dal cervello in fase onirica. Durante il soggiorno Erasmus nel 2000 presso l’UPV di Valencia una sua foto viene selezionata per entrare nella collezione permanente Art Europa in Messico. Partecipa al Genio di Palermo IV edizione nel 2001 selezionata per il Workshop con Studio Azzurro. Dal 1996 ha all’attivo diverse mostre in Italia ed all’estero. Attualmente frequenta il corso di laurea in Scienze dello Spettacolo Multimediale presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo.

Sarah Marino (nel settore Fotografia di scena) nasce a Cefalù (PA) il 30 Marzo del 1989. Entra da subito in contatto con l’arte, anche grazie alla famiglia da sempre legata al mondo dello spettacolo e della musica. Vive gli anni dell’adolescenza a Cefalù, dove si diploma al Liceo Linguistico, maturando nel frattempo la passione per la fotografia e l’organizzazione di eventi che la spingono a iscriversi al corso di Scienze e Tecnlogie dello Spettacolo presso l’Università di Palermo. Si trasferisce così nel capoluogo siciliano dove comincia a collaborare con diverse realtà del settore come freelance e dove si attesta come Fotografa di scena presso la scuola professionale Alibi Club. Partecipa inoltre come stagista in fotografia alla realizzazione del lungometraggio B-ALARM!. . Terrorizzata dallo scorrere del tempo fa suo il motto “live fast, stay young” immortalando gli attimi con l’otturatore della macchina fotografica come mezzo catartico. Fotografo preferito Nobuyoshi Araki.

Francesca Palazzo (nel settore Costume e Make-Up) è nata a Palermo il 22/01/1985. Si è laureata nel dicembre 2009 in Scienze dell’Arte, dello Spettacolo e della Moda all’Università degli Studi di Palermo. Attualmente è iscritta al corso di Laurea Magistrale in Scienze dello spettacolo multimediale. Questo percorso di studi le ha permesso di sviluppare le passioni che ha sempre coltivato come lo studio dei costumi e la realizzazione di bozzetti e figurini (di cui possiede un attestato rilasciatole nel 2007), ma anche lo studio di programmi di grafica 3D. Tra i suoi interessi ci sono il cinema, il teatro ed in particolare i Musical. Ha partecipato alla messa in scena del Musical La bella addormentata presso il Teatro Lelio di Palermo nel 2011.

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Gaetano Sarcì (nel settore Direzione della Fotografia e Illuminotecnica ) Nasce a Palermo il 12 giugno 1986. Grazie al padre fotografo fin da piccolo sviluppa una passione per la fotografia, per le sue possibilità comunicative e per la grande proprietà di conservare il passato e il presente. Conclusi gli studi superiori e dopo una breve parentesi all’Università di Palermo - Facoltà di Ingegneria dell’Automazione, capisce che la sua passione verso il mondo della Fotografia può diventare una professione. Comincia a studiare da autodidatta, successivamente frequenta un corso di fotografia della durata di un anno e nel settembre 2009 si iscrive nuovamente all’Università di Palermo - Facoltà di Lettere e Filosofia - Dams Spettacolo. Affianca agli studi diversi stage presso studi fotografici a Palermo, Padova e Roma. Specializzato principalmente in fotografia di Reportage (dagli studi antropologici sul territorio agli spettacoli, dalle cerimonie alla cronaca giornalistica), ultimamente sta studiando direzione della fotografia nel cinema. Gli studi tecnico-scientifici, la notevole esperienza nonostante l’età, la continua ricerca e studio nel campo umanistico e artistico, riescono a forgiarlo in modo completo, sia sul piano degli strumenti pratici, sia su quello della sensibilità e recettività, come uno spirito libero da schemi e concetti, capace di spaziare su tante tematiche e sempre pronto a nuove conoscenze.

Salvatore Tagliavia (nel settore Fonica ed Elaborazione del suono) nasce il 26 luglio 1984 a Palermo, dove cresce a base di Lupin III, Tom&Jerry, Il piccolo principe e tanta Nutella. Scivola tra le burocrazie scolastiche, tra voti calanti e discordie padre-figlio, fino all’incontro, divenuto amore, col teatro, la danza e infine il cinema. Dal 2005 al 2008 pubblica racconti e poesie con la casa editrice Ibiskos Risolo di Empoli. Nel 2009 si classifica 1° al “Premio Nicola Martucci - Città di Valenzano 2008”, sezione Opere teatrali, con Bentornata Caterina, e riceve una menzione al “Premio Ucare per il Cinema 2009” per Nel giardino di Georgenthal, soggetto e sceneggiatura per cortometraggio. Nel 2010 partecipa alle riprese del film B-ALARM!. . in qualità di Fonico e Tecnico Audio e nella fase di post-produzione ne cura l’editing audio. Collabora attivamente con compagnie teatrali e coreutiche e registi di Palermo, Milano e Bologna come sceneggiatore e tecnico audio in cortometraggi e videoclip e per varie produzioni palermitane.

Alessandra Vizzini (nel settore Scenografia) Nata il 20/10/85. Laureanda presso la facoltà di architettura di Palermo. Attualmente lavora alla tesi dal tema Urbanizzare il sacco; l’edilizia dell’espansione nord degli anni ’70 a Palermo come patrimonio: operazioni di riconversione urbana. Ha appena concluso un workshop internazionale di architettura dall’omonimo titolo in collaborazione con la scuola internazionale di Dessau, del quale è stata, insieme ad altri, organizzatrice e partecipante. Collabora con uno studio di architettura di Palermo. Negli anni della formazione accademica ha partecipato a diversi workshop di progettazione architettonica, di design e di pianificazione. A seguito del workshop more e less, nuovi stili di vita e di consumo ha vinto la pubblicazione del progetto di design wireless book nella rivista specializzata Ottagono. Ha partecipato a diversi seminari in Italia e all’estero tra i quali la presentazione del progetto di ricerca: Passive and Hybrid downdraught cooling in buildings; sulle strategie bioclimatiche 75


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passive presso lo studio di architettura AP Architecture project di Malta. Nell’anno 2007 ha studiato presso la escuela tecnica superior de Valladolid come vincitrice del progetto Erasmus, è tornata in Spagna nell’estate 2010 per uno stage presso lo studio di architettura fusina 6 a Barcellona. Ha fatto parte di questo progetto nel reparto scenografia spinta dall’interesse e dalla curiosità di sperimentare l’architettura in ogni sua applicazione.

B-ALARM!. CREDITS Written by Giuseppe Acquaro Serena Chillura Federica Marchese Giuseppe Mineo Alessandro Pericò Directed by Giovanni Cannizzo Marco Maria Correnti

Produced by L.U.M. Laboratorio Universitario Multimediale “Michele Mancini”, University of Palermo & A.N.A.S. Associazione Nazionale di Azione Sociale Starring (in alphabetic order) GUIDo CoMPAGNo Guido MARCo MARIA CoRRENTI Marco NICoLo’ D’ACQUISTo Nicolò SoFIA FARRUGGIo Sofia PIERA GEMELLI Lachesi MANUELA Lo CASCIo Manuela CHIARA Lo CoNTI Chiara EZIo MASTRoPAoLo Ezio GIUSEPPE MINEo Pepo LUCIANo MoNTAGNo BoZZoNE Luciano GIUSEPPE PALAZZoLo Sonny MARCo RoMEo Romeo MoNICA SANTANGELo Monica ANDREA SICULIANA Frank ANDREA TEDESCo Il Drugo 76


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Special Guest LoLLo FRANCo Noè Pietrangeli CoNSUELo LUPo Anna Giordano GIANFRANCo PERRIERA Jean-Luc And for the first time on the screen LoRENZo DEJoMA As Figlio del Drugo

Production Manager Simona Barone Gianluca Liguori Executive Producer Gianluca Liguori Federica Marchese Unit Production Manager Simona Barone Location Manager Laura Martino Script Girl Laura Martino

Director of Photography Gabriele De Palo Gabriele Buffa Light Assistant Angela Benivegna Still Photographer Vincenzo Castronovo Marina Testa Extras Casting Director Daniela Capobianco Extras Casting Assistant Luisa Mulè Cascio Film Editor Davide Marchese Assistant Editor Simona Barone

Costume Designer Barbara Anselmo Sofia Farruggio Costume Supervisors Barbara Anselmo Costume Assistant Luisa Mulè Cascio Master Dressmaker Enza Marfia Set Decorator Gabriele Conte Gemma Randazzo Key Make-up Artist Alessandro Costagliola Assistant Make-up Artist Daniela Mannino Special Effects Emilio Zangara Special Make-up Effects Emilio Zangara Key Hair-stylist Pietro Balzano Filippo Tantillo

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Assistant Hair-stylist Adriana CalĂŹ Piero Girgenti Fabiola Liga Camera operator Daniele Platania 2nd Camera operator Davide Marchese Steadicam operator Giuseppe Vaiuso Boom operator Salvatore Tagliavia Chief Lightning Technician Pietro Carelli Electrician Angela Benivegna Visual Effects Pietro Vaglica Digital Film Colorist Pietro Vaglica Title Designer Ivan Monterosso Sound and Dialogue Editor Salvatore Tagliavia Press office Vincenzo Castronovo Marina Testa Supervising Writer and Producer Rino Schembri & Renato Tomasino

Apprentice Set Decoration Emanuela Pennino Alessandra Vizzini Costume Design Silvia Spacca Francesca Palazzo Production Mirella Buono Patrizia Culmone Direction of Photography Gaetano SarcĂŹ Still Photography Sarah Marino Extras Cast

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Fabrizio Adragna Luigi Affranchi Fabrizio Agnello Domenico Amodeo Barbara Anselmo Eraldo Arangio Alessandro Arioti Antonio Badagliacca Simona Barone ornella Barraco Alessandra Bennici Giorgia Bennici Chiara Berlioz Federico Bruno Laura Bua Andrea Buffa Davide Buglisi Maria Giulia Callari Claudio Campagna Pietro Candela Giovanni Cannizzo Francesca Caralli Giovanni Caruso Francesco Caselli Vincenzo Castronovo Jessica Cataldi Selvaggia Cataldi Giovanni Chianchiano Matteo Coffaro Gabriele Conte Federica Corso Alessandro Claudio Costagliola Elisa Cricchio Patrizia Culmone Giusy Cusimano Margherita Cutrera Lucia D’Acquisto Alessia D’Angelo ornella D’Angelo Marco D’Arrigo Domenico Dejoma Annalisa De Simone

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Manuela Donzelli Francesco Evola Andrea Faraci Lucia Farinella Marco Fasciana Luigi Fiorello Giovanna Furceri Antonino Galioto Giuseppe Gallo Silvia Gallo Ylenia Galluzzo Silvia Gennaro Claudio Geraldi Ettore Giacalone Gaspare Giacopelli Simona Gigliorosso Franziska Grippi Erika Guadagnino Maddalena Inglese Salvatore La Monica Erica La Venuta Alessandra Leone Salvatore Leto Gianluca Liguori Sonia Lo Coco Dalila Lo Duca Giovanni Lo Grasso Filippo Lo Monte Miriam Lo Piparo Laura Lodato Francesca Lozito Anna Maniscalco Andrea Maniscalco Rosaria Maniscalco Davide Marchese Federica Marchese Michele Andrea Mastrosimone Teodoro Mazzotta Emanuele Meli Salvatore Meli Ludovica Messina Roberta Maria Minisola Angelo Mollame Fabrizia Monroy

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Danilo Monte Girolamo oliveri Maria Adelle Paci Caterina Pagano Letizia Pagano Antonio Panzica Riccardo Pecoraro Emanuela Pennino Alessandro Pericò Fabiana Piccione Rosalia Pisello Daniele Platania Manlio Prestianni Daniele Profeta Marta Puccio Margherita Gemma Randazzo Rosa Rizzo Giovanni Sanfilippo Stella Salvaggio Alessandra Sciaturro Davide Sciortino Salvatore Scirè Pietro Serra Zaira Simonelli Costanza Siviglia Daniele Sorbello Luigi Spaggiari Pietro Spatafora Valentina Spina Aldo Stagno Marina Testa Simone Testa Giuliana Tricoli Fabiana Tripodi Giulia Trombino Elisabetta Vassallo Giorgio Vincifora Giuseppe Vivona Andrea Zarcone Bianca Ziino

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Dubbing Director Gianni Cannizzo Marco Maria Correnti Dubbing Recordist Salvatore Tagliavia

original SoundTrack “LA BALLATA DEL DESIDERIo” Written by Marco Maria Correnti Musical Arrangement by Davide Marchese Performed by Miriam Conte “APoCALYPSE PREMoNITIoN” Written by Marco Maria Correnti Musical Arrangement by Salvatore Tagliavia Played by Salvatore Tagliavia “SMooTH” Written and Played by Salvatore Tagliavia “EASY ALARM” Written and Played by Salvatore Tagliavia “L’ULTIMA BALLATA” Written and Played by Salvatore Tagliavia Music “LEADERSHIT” Music © Uidian 2010 Alessio Vultaggio (guitar and bass) Domenico Di Lauro (drums) “MAMMADDRAU’” Music © Uidian 2010 Lyrics © Roberto D’innocenzo Alessio Vultaggio (guitar, bass, voice) Domenico Di Lauro (drums) Mohamed Gehmi (contrabass) Karin Baldanza (backing vocals)

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“CHERRY EARRINGS” Music © Uidian 2010 Lyrics © Roberto D’innocenzo Alessio Vultaggio (guitar, bass, voice) Domenico Di Lauro (drums) “DAME UN BESo” Music © Xavier Cugat Played by Davide Marchese Performed by Miriam Conte For the granting of the following tracks as part of the compilation “Flower in the Desert” (© Mark LeVine 2010), and advice provided music, we thank Mark LeVine and Barbara Tomasino

Classic Music Arrangements “Romeo and Juliet” Sergej Sergeevic Prokof’ev Musical Arrangement Davide Marchese Giuseppe Verdi “Macbeth – ouverture” Musical Arrangement Davide Marchese Giuseppe Verdi “othello – Canzone del saggio” Musical Arrangement Salvatore Tagliavia Subtitles Daniela Mannino

Thanks Questura di Palermo Polizia di Stato Film commission Palermo Comune di Bagheria Addaura Reef, Palermo Agricantus, Palermo I Candelai, Palermo Cinema Cityplex Metropolitan, Palermo Compagnia della vela, Palermo

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Tasmira Dinner & Dance, Palermo Palazzo dei principi Aragona Cutò, Bagheria (Pa) Villa Cattolica, Bagheria (Pa) Armysport, Palermo Arredamenti Buffa, Bagheria (Pa) Arredamenti Mineo, Bagheria (Pa) Davidoff Service, Palermo Downbeat Studio, Palermo Flockcart, Milano Grandi servizi s.r.l., Palermo Antea, Palermo Bazar dell’antico Egitto, Palermo H&M, Palermo Naracamicie, Palermo Nicol, Palermo Prima Visione, Palermo Zara, Palermo Balzano Parrucchieri, Bagheria (Pa) Personal Hair Style Filippo Tantillo, Bagheria (Pa)

Production is also grateful to Roberto Lagalla Rector of the University of Palermo Mario Giacomarra Dean of the Faculty of Humanities University of Palermo Franco Lo Piparo Director of the Department of the University of Palermo Fieri-Aglaia Lea Amodeo Director of the Municipal Library “V. Scaduto” Bagheria (Pa) and all the staff in Fausto Clementi headmaster of the Liceo Scientifico “N. Palmeri”, Termini Imerese (Pa) Francesco Albanese Consultant for Mixing Audio our apologies go to all those not mentioned This film was made by students of the University of Palermo LUM – Laboratorio di Produzione Cinematografica (2010 edition) with the support of teachers, tutors and members of the Scientific and Technical Committee of LUM – Laboratorio Universitario Multimediale, all of which goes a special thanks LUM – Laboratorio Universitario Multimediale “Michele Mancini”, University of Palermo President Renato Tomasino Director Antonio Gentile Secretary Rino Schembri LUM – Laboratorio di Produzione Cinematografica, University of Palermo (2010 edition)

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Artistic Director Emidio Greco Executive Director Rino Schembri Teachers Giovannella Brancato Press office, Marketing and PR Giovanni Maria Falcone Set Photography Ivan Monterosso Backstage Production Gianfranco Perriera Acting Giovanni Massa Production Management Mario Bellone Location Management and Script Supervising Renato Tomasino Subject and Treactment, Screenplay, Story Board Samuela Cirrone Costume Design Guia Garsia Costume Design Rosario Neri Direction of Photography Pippo Gigliorosso Digital Camera operating Systems Renato Tomasino Production Design Rino Schembri Filmology Rino Schembri Screenwriting Giulia Raciti Aesthetics of cinema Maria Angela D’Agostaro Costume Design in Film Tutors Luisa Mulè Cascio Class Tutor Pietro Vaglica Laboratory Tutor ANAS Italia Chief office Production Alessandra Giannola Public Relations Antonio Lufrano

All characters appearing in this work are fictitious. Any resemblance to real events and/or to real persons, living or dead, is purely coincidental. No animals were harmed during the making of this movie. In an effort to present the most complete version of this film possible we have been forced to rely on several different video and audio elements of varying quality, for which we apologize. This film is meant for educational purposes only. © L.U.M. & A.N.A.S. 2011

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TheRope

Vuoi scaricare gratuitamente il film in formato digitale? www.falsopiano.com/balarm.htm

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FALSOPIANO

CINEMA

Alessandro Marini Bertolucci. Il cinema, la letteratura. Il caso Prima della rivoluzione

Ignazio Senatore Conversazione con Giuseppe Piccioni

Giulio d’Amicone Vamos! Il western italiano oltre Leone

Claver Salizzato I Gattopardi e le Iene. Gli splendori (pochi) e le miserie (tante) del cinema italiano oggi

LE ARTI

FALSOPIANO

Federica Natta L’inferno in scena. Un palcoscenico visionario ai margini del Mediterraneo Roberto Morpurgo L’autoritratto

In libreria e su www.falsopiano.com (le spese di spedizione sono gratuite)


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