Qui ho posto il cuore ottobre 2015

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ANNO DELLA VITA CONSACRATA, 30 novembre 2014 - 2 febbraio 2016 Anno IV, n°42 - Ottobre 2015

Notiziar io de l Santuar io de l Beato Lu ig i Mar ia Monti - Saron no

sommario Editoriale

Editoriale

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PER...APPROFONDIRE Padre Monti e dintorni Con Maria, come Maria Giocando con Dio

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PER...pregare Il mio “Grazie” a Padre Monti Preghiera per le vocazioni Una preghiera per...

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PER...riflettere Le parole montiane Parole e fuoco Tracce per una lettera da Saronno

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PER...testimoniare Riconoscere vocazioni Emanuele e Bonifacio

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PER...incontrarsi Glossolalie Vita di famiglia Lettere alla redazione

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PER...conoscere Forse non sapevate che... La porta aperta

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PER...conoscersi La Giovinezza dei vecchi

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Uova, salame e santità di Aurelio Mozzetta

Sua suocera, signora Concetta, le ha detto: portagliele, portagliele, non ti vergognare. Concetta abita in campagna, ha tante galline e, in certi periodi, non ce la fa a smaltire tutte le uova, così le distribuisce a parenti e amici oppure anche alle suore dell’asilo. La giovane nuora le aveva fatto notare: eh, ma anch’io ho i miei frati!, intendendo la comunità che gestisce l’Istituto Padre Monti, dove lei lavora. E così, quella mattina, Concetta l’ha chiamata: tieni, sono 30 uova, portale ai tuoi frati. Ma io mi vergogno, ha reagito lei. E la suocera: portagliele, portagliele… Lei si vergognava davvero a portarmele, ritenendo fosse cosa da nulla, troppo contadina forse, non elegante o non adatta… pensa tu! Invece mi ha fatto un dono grandioso e dolcissimo, perché il sapore dell’uovo fresco, da bere, fa parte dei più bei ricordi della mia infanzia. E mi riporta l’odore dolce e caldo di mia madre e del camino acceso nel grande locale che faceva da entrata, cucina, sala pranzo, soggiorno e camera da letto. Nessun altro dono avrebbe potuto smuovere questo miracolo di sentimenti, affluenti a un ricordo. Sono nato in una qualunque ordinaria “piazza Garibaldi, numero 2” di un qualunque paesello del mondo, dove si sentivano ancora gli odori della

stalla e del letame, dell’erba bagnata e del fieno; dove si mangiavano pane olio e sale, uova, salame e mortadella, e non esistevano tutte le invenzioni mortifere del ‘food’ (junk, fast, slow, e altre americanate da esportazione); dove nell’unico gabinetto sul ballatoio non c’era acqua corrente e si usava il secchio d’alluminio; dove chi aveva una motoretta era già benestante... Un mondo che non esiste più e che non vorrei ritornasse: la durezza dei disagi quotidiani; il freddo d’inverno, che ancora sento nelle ossa; i geloni alle mani; il male ossessivo dei denti cariati, curati a grani di sale grosso e sorsi di acquavite; i fogli di carta-paglia del macellaio usati come quaderni di brutta… Nessuna nostalgia dei bei tempi andati. Non è vero che erano belli e di sicuro non erano migliori dei presenti. Erano poveri, duri e tragici. E soprattutto erano freddi, tanto freddi. Meno male che oggi stiamo bene nelle nostre case riscaldate; e grazie a Dio, se viviamo infinitamente meglio di allora! Segue a pag 2


Anno IV, n° 42 - Ottobre 2015 Segue da pag 1

Uova, salame e santità

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Ma è un mondo al quale si rivolgono i miei pensieri d’affetto, talora perfino le mie silenziose lacrime. Perché è la fontana dei miei ricordi. Questo sì: ricordo giorni e persone e cose e fatti, sentendomi pieno di gratitudine e di affetto, visto che se oggi io vivo molto meglio di allora, lo devo a loro. E per questo non posso, proprio non posso, né dimenticarli né buttarli in una discarica di rifiuti. Essi costituiscono i mattoni, le colonne e il cemento posti sottoterra, invisibili, come fondamenta della mia costruzione di vita. Se li scavassi e li buttassi via, tutta la costruzione crollerebbe senza rimedio alcuno. Quella umana, quella civile, quella culturale e anche quella religiosa. E penso, urlando di dolore, di indignazione e di rabbia, che proprio questo stiamo facendo con la nostra società: scavando, distruggendo, intaccandone le radici o negandole, anzi addirittura vergognandoci di esse e uccidendo i poveri e gli anziani e gli esuli che ce le ricordano. Il costrutto che ne viene fuori è solo pseudocultura, pseudopolitica e

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pseudoreligione. Non è destinato a durare: collasserà su se stesso, perché ogni cosa che va contro l’uomo, non viene da Dio. E perché non c’è niente che sia costruito su vuoto, sabbia o cartastraccia, che possa resistere e durare a lungo. Intanto, però, ucciderà molti, moltissimi altri ne ferirà, a moltissimi altri ruberà identità, gioia e speranza. La cosa tragicamente buffa sai qual è? È che quelli stessi che uccidono, feriscono e derubano, si dichiarano paladini di non so quale bene comune, mentre urleranno che la colpa di tutti i guai è di Dio. E poi, a pioggia, di tutti quelli che a nome di Dio parlano. È storia vecchia come il mondo… ma noi siamo (forse geneticamente?) incapaci di impararla.

E la santità? La santità non nasce da strani impulsi spirituali, sradicati o disumanati, né da vaghi devozionismi sentimentali né da galatei di moralità. Non nasce dalle sacrestie e neppure da ideologie gridate a più non posso. La santità è appesa alle travi del nostro vivere ordinario, come la carne e i salami appesi a seccare sopra il camino di casa vecchia, perché diventassero nutrimento buono per il gelido inverno… perché diventi, essa santità, nutrimento della nostra felicità povera e quotidiana! Aurelio Mozzetta

La neve a piazza Garibaldi

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parole e fuoco

Basta

...con l’impegno di parlare bene e gettare semi di parola fecon di, capaci di donare bellezza e vita; di far risorgere le parole per la relazione; e anche di combattere la marea di grezza volgarità che vorrebbe inon darci a unico beneficio di chi cerca soldi e brama potere ...

Sono cieco!

Troppo dolore nella solitudine dei vecchi.

Vedo, ma non so cosa.

Sono cieco!

Davanti mi scivolano immagini

Vuote speranze di giovani padri, madri.

sempre p iù veloci, non le so fermare. Male, solitudine, violenza, morte. Sono cieco! Troppo dolore nel viso di migranti. Sono cieco!

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Sono cieco! Basta. Non voglio nemmeno p iù sentire. Perché ancora mi chiami?


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luigi m. monti e dintorni

Carote e patate, fate la pace

In spiaggia, sdraiato sul lettino, colgo la frase: Carote e patate, fate la pace. La dice Francesca, la mamma di Giorgia, amica della mia nipotina Sofia. Sono sorte lacrime disperate causate dalla presa di una delle due del gioco dell’altra. Si era reso necessario il suo intervento. Subito dopo aver sentito la frase, quasi per magia, le bambine si sono abbracciate e di nuovo a giocare assieme. Come sempre avviene tra bambini. Non è così tra adulti: che tristezza! Se invece di usarci violenza qualcuno ripetesse quella formula detta alle bambine, non ci si potrebbe calmare, trovare accordi, e poi riderci su? Purtroppo siamo troppo pieni di noi per diventare semplici come sono i nostri bambini. Davvero disdicevole. Eppure è Gesù stesso che ci suggerisce di ritornare come loro - bambini - per entrare nei cieli (vedi: Mt 18,1-5). Litigare era quello che succedeva all’Ospedale di Santo Spirito nel 1875. Motivo del contendere è sempre quello: il dominio su quel gruppo di giovani frati, che avevano volontariamente messo a disposizione dei malati ricoverati la loro vita in umile servizio. Da una parte i Cappuccini, che si arrogavano il diritto di guidarli in tutte le loro scelte; dall’altra la giusta voglia di autonomia degli stessi frati. I Cappuccini poi tramavano davvero, e tutte le occasioni erano buone per tentare questo dominio. Pur di riuscirci, richiamarono quel padre Giovanni Battista da Genova che, nel 1857, aveva strappato a Cipriano Pezzini - il compagno di Luigi Monti - il progetto della nuova Congregazione dedita ai malati e ai più deboli, aprendo così la via a questa lunghissima querelle. Ma ancora una volta dall’Ospedale, a seguito del suo comportamento, padre Giovanni Battista è scacciato quasi subito e questa volta definitivamente.

Non cedendo, i Cappuccini cercarono nelle alte gerarchie sostegno. Alla fine fu direttamente Pio IX ad interessarsene. Il Santo Padre ha sempre avuto un occhio attento ai “Concettini” e comprende che è il momento di intervenire. Così invia Mons. Scipione Perilli, per ottenere una relazione precisa e non di parte, in cui fossero ben messi in evidenza i problemi che affliggevano i Concettini. Era il 17 dicembre 1875. La relazione, piena di orrore verso i comportamenti che si tengono nell’Ospedale, segnala con chiarezza che l’unico in grado di sistemare la situazione è Luigi Monti. Già, e cosa sta facendo il nostro Beato nel frattempo? Tace. Possiamo fare diverse ipotesi: - sta così bene a Orte, da non intervenire in una spiacevole situazione; - vuole aspettare gli eventi; - non si fida. Di fatto cerca di non sollevare critiche, perché sa perfettamente che sarebbe accusato di sobillare i Fratelli. Tuttavia è continuamente sollecitato da tutti, e a tutti rivolge parole di pazienza e la propria attenzione. Già sono in corso reazioni pesanti e Luigi teme che un collasso della disciplina potrebbe dare voce ai Cappuccini. È un atteggiamento di sofferta prudenza. Cosa avrei fatto io in quel frangente? Sicuramente avrei aumentato la confusione. Impulsivo, 3

(la Redazione si scusa con Marco e con i lettori. A causa di una svista, nel numero scorso, settembre 2015, al posto di questo pubblicato oggi, era stato inserito l’articolo già apparso nel settembre 2014)

senza paure, vedo troppo spesso attraverso le ombre e così interpreto segnali di pericolo; la reazione è sempre di durezza. Molto diverso è lo sguardo dei Santi. Loro vedono bene; ci suggeriscono prudenza e coraggio che non consiste nel fare violenza o terrorismo. Purtroppo noi facciamo fatica a riabbracciarci, scoprire nuovi sentieri, tendere la mano... e dirci: Carote e patate, fate la pace. Non temere. Marco


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preghiera per le vocazioni

Ascolta la nostra voce filiale O Maria santissima,

Preghiera a Maria per le vocazioni

prediletta creatura, Figlia di Dio Padre onnipotente, ascolta la nostra voce filiale, interprete del cuore di tutta la Chiesa. A te, sorgente della Vita, consegniamo le attese dei giovani, inquieti nella ricerca di un mondo più giusto e umano, e fiduciosi chiediamo: orienta i loro passi verso il Cristo, primogenito dell’umanità rinnovata, perché nella sua luce si compongano i loro sforzi e si compiano le loro speranze.

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(Paolo VI)

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una preghiera per... “La preghiera, figli e fratelli miei carissimi, apre il tesoro del cuore di Dio”. Padre Monti

CHI NE HA BISOGNO: - por Valentino Guerra, niño de 9 años atropellado en accidente automovilístico. Diagnóstico después de la operación de columna: cuadriplejía. Está mejorando su aparato respiratorio, primer paso a su recuperación y confiamos en su paulatina mejoría. Beato Monti tu imagen con el niño viene a mi mente y confío que por tu interseción Valentino y sus padres tendrán la fuerza para seguir luchando. Gracias. - per Silveya, che cerca affannosamente un lavoro e vuole opporsi a tutte le reazioni interiori generate dalla propria situazione di vita. Il Beato Monti guidi il suo cammino. PER I GIOVANI: - per EMMA che cerca la propria

strada e si fa domande sulla propria vocazione. Il Signore guidi il suo discernimento. - per ALEX e FRANCO: anch’essi cercano Dio e – dicono! – non lo trovano… - che io possa incontrare Gesù e si chiarisca questa confusione che sento nella mia vita. Non lasciarmi sola, perchè sono troppo debole e sento d’essere impaurita dalle difficoltà. PER I MALATI: Il beato Monti interceda per loro - il Signore doni salute a UMBERTO e guarisca le sue gambe, in pericolo di amputazione a causa di complicazioni diabetiche. PER CHI E’ IN ATTESA: - per Luca e Alice in attesa del loro primo bambino, LORENZO, la cui

nascita è prevista a inizio dicembre. Lo attendiamo anche noi, pieni di preghiera e di speranza. PER CHI SOFFRE: - per CATERINA, operata allo stomaco a metà settembre; - pregate per mia mamma che è stata operata alla colonna vertebrale e trova difficoltà e riprendere a camminare... Abbiamo paura che possa rimanere invalida. Il Signore vi benedica per le vostre preghiere.per ROSSELLA, che ha subito un intervento chirurgico. PER I DEFUNTI: - ADELE, 61 anni, morta il 28 settembre, per tumore. È la cognata di Rita degli ‘Amici di Padre Monti’ di Saronno.

Inviateci le vostre intenzioni di preghiera a: quihopostoilcuore@padremonti.org 4


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con maria, come maria

Maria, una bambina al tempio! Perchè?

La Presentazione di Maria Bambina al Tempio, parte del nostro patrimonio di fede, è celebrata il 21 Novembre, ultima festa mariana dell’anno liturgico. Non è biblica, ma scaturisce dalla tradizione ebraica, con radici negli apocrifi. Infatti nel Vangelo di Luca (2,22-24) leggiamo: «Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore». Accanto a questa verità evangelica si sa dagli apocrifi che le bambine ebree, quando i genitori lo volevano, potevano essere presentate al tempio, non per la vita, ma fino all’età della pubertà (12 anni) e poi essere date ad un uomo per il matrimonio e così dare figli al Signore. Maria, in seguito ad un voto dei genitori Gioachino ed Anna che non hanno avuto facilità ad avere figli, avrebbe vissuto circa 10 anni nel tempio. Ecco perché il 21 novembre, festa della Presentazione, si celebra anche la Giornata delle Claustrali: ricordare quelle donne che vivono la loro consacrazione di vita nella preghiera, nella meditazione e nel nascondimento, come Maria, la Bambina destinata a divenire la Dimora del Figlio di Dio che verrà ad abitare in mezzo agli uomini. Dice il Protovangelo di Giacomo (risalente al III secolo): «Tutte le fanciulle della città prendono le fiaccole ed un lungo corteo luminoso accompagna la bambina su in alto, nel tempio del Signore. Qui il sacerdote l’accoglie dicendo: “Il Signore ha magnificato il tuo nome in tutte le generazioni: in te, nell’ultimo dei giorni, Egli manifesterà la sua redenzione ai figli di Israele”... Maria stava nel tempio del Signore come una colomba allevata e riceveva il cibo per mano di un angelo».

Al di là della poetica fantasia del brano, importante è il fatto che quella piccola Bambina, unica e adorabile, era destinata a divenire la Dimora del Figlio di Dio. Come tale, la Presentazione di Maria Bambina, che anticipa quella del Bambino Gesù, suo Figlio, è il simbolo di una verità più alta, la totale consacrazione a Dio fin dai primi istanti della propria esistenza. Così lo ricorda san Francesco di Sales: “La Madonna fa oggi un’offerta quale il Signore la vuole, perché, oltre la sua persona, che sorpassa tutte le altre, fatta eccezione del Figlio suo, offre tutto ciò che è, tutto ciò che ha e questo è quanto Dio chiede” (Opere, t. ix, p. 236). La Chiesa, prima in oriente e poi in occidente, ha venerato sin dai primi tempi la sublime santità di Maria fin dalla nascita. A parte le verità di fede mariane professate dalla Chiesa, i titoli che mostrano la santità della Madonna - quali Sede della Sapienza, Tempio dello Spirito, Scala Santa, ecc. - coprono tutta la vita di Lei e manifestano le 5

divine meraviglie che lo Spirito compie in Cristo, nella Chiesa e in ciascuno di noi. Presentata al Tempio, la Bambina Maria è già salutata non solo come la Madre dei credenti, ma anche come la Donna dei tempi nuovi, perché in Lei si realizzeranno le promesse dei profeti, e, per sua mediazione, lo Spirito Santo metterà in comunione Dio con gli uomini. Come afferma il catechismo della Chiesa Cattolica, “in Maria, lo Spirito Santo manifesta il Figlio del Padre divenuto Figlio della Vergine. Ella è il roveto ardente della teofania definitiva: ricolma di Spirito Santo, mostra il Verbo nell’umiltà della sua carne ed è ai poveri e alle primizie dei popoli, che lo fa conoscere” (CCC n. 724). In quest’anno dedicato alla Vita Consacrata, ricordare la Presentazione della Vergine al Tempio è occasione per meditare sul legame strettissimo di un’inestimabile santità che dovrebbe, sull’esempio di Maria Bambina, esistere tra il consacrato e la Chiesa. P. Emmanuel Mvomo


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glossolalie: appunti, ricordi e saluti dal mondo

Fare ciao a Gesù Un mondo diverso da saper apprezzare.

Essere cresciuta in un piccolo paese di montagna, dove tutti ti conosco e sanno di te, ti preclude le idee, i comportamenti e le compagnie da frequentare; ma, nello stesso tempo, t’insegna a vivere correttamente, poiché ogni azione errata verso il prossimo e la comunità viene riferita a genitori e parenti… Insomma: un piccolo paese, una grande famiglia. Non mi sono mai chiesta se Dio esiste, ho la certezza che esista. Questa certezza mi è stata comunicata da opere, gesti e vita vissuta nella mia famiglia. Una famiglia umile e semplice, le cui radici provengono dalla terra, dalla fatica, dal sacrificio per poter offrire una vita migliore a noi figli. I miei nonni, contadini e religiosi, conoscevano soltanto il lavoro manuale della campagna che affrontavano da lunedì a sabato… per poi svegliarsi la Domenica di buon mattino, cucinare il piatto più prelibato che potevano permettersi, indossare in fretta il “vestito della festa” ed andare alla Santa Messa. Ricordo mia nonna, che m’insegnava le preghiere in dialetto prima di andare a dormire; e mio padre, che mi faceva fare la genuflessione quando entravo in chiesa. E ricordo la mia difficoltà nel fare il segno della croce... A mia madre dissi che era più semplice salutare Gesù facendo ciao con la mano. Sono cresciuta in parrocchia, seguita e protetta sotto le ali di un angelo, il mio parroco. Il mio caro parroco ha voluto che suonassi l’organo in chiesa e facessi catechismo ai bambini. Sono cresciuta, ho frequentato l’università, quegli studi che mi hanno portato a fare un lavoro particolare, “curare i piedi”. Sono dottoressa podologa.

Ero ambiziosa: sognavo d’intraprendere una strada diversa, trasferirmi in una grande città, vivere lì per il resto della mia vita… invece i piani del Signore sono stati diversi. Ho conosciuto mio marito, un ragazzo semplice e umile. L’umiltà, virtù che da piccola mia nonna mi comunicava continuamente. Io non riuscivo più a metterla in pratica da anni poiché, nella società d’oggi, averla non ti porta in alto… ma, grazie all’esempio di questo giovane, capii che tutto si può fare in silenzio, senza essere ambiziosi, senza mettersi in mostra. Da lì la mia vita è cambiata. Dopo dieci anni di fidanzamento ci siamo sposati. Io e mio marito ci siamo consacrati, nel giorno del nostro matrimonio, alla Sacra Famiglia di Nazareth, affinché sia il nostro esempio di vita. Gesù ci sta sempre accanto. Anche quando non lo cerchiamo, Egli c’è. A volte siamo noi che non ci ricordiamo di Lui. Ora vivo in campagna, sono tornata alle origini, sto creando un futuro con mio marito, agricoltore diretto da lunedì a sabato. E la Domenica si va in chiesa insieme. Il segno della croce solo ora ha svelato il significato più profondo nel mio cuore, pilastro della mia famiglia: Gesù nella mia mente, nel mio cuore e intorno a me. Serena

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forse non sapevate che... Breviario di curiosità montiane

Breve storia dell’Istituto S. Ilario a Rovereto

La scorsa puntata avevamo chiuso con queste indicazioni:

Se si guarda all’attività dell’istituto dalla fine del 1919 al 1941 si contano 1591 alunni di cui 72 sarti, 59 legatori, 175 calzolai, 86 falegnami, 75 tipografi compositori, 30 tipografi impressori, 32 agricoltori. Ebbe inoltre 9 sacerdoti, 17 maestri, 5 ragionieri, e 796 scolari delle classi elementari. Continuiamo, ora, rimasticando nel palato tutto il sapore acre dell’atmosfera di regime e di guerra, che non si fa alcun problema a toccare anche le istituzioni più benemerite, se questo serve all’interesse personale o di partito. Si fa presto a requisire beni… ma non si può requisire una storia, che è viva, per sempre, e che prima o poi torna a splendere! Ma una pagina poco delicata fu segnata negli ultimi anni del passato governo verso di noi che da ormai quasi un ventennio, lavoravamo con operosa solerzia in quell’istituto. L’ambizione di un giovane gerarca ci fece allontanare adducendo voler fare dell’istituto un moderno collegio modello per tutti i collegi d’Italia. Ed il 30 Settembre 1941 P. Rampini, che da molti anni vi aveva profuso le sue migliori energie e il frutto di una lunga esperienza, abbandonava l’opera per la quale aveva faticato e sofferto, non senza nutrire la ferma speranza del ritorno, tanto che nel salutare i suoi alunni mostrò ad essi la chiave d’ingresso dicendo: “Porto con me la chiave, perché tornerò presto tra di voi”. Infatti, dopo soli 20 mesi il fascismo capitolava e l’Amministrazione provinciale telegraficamente richiamava i religiosi Concezionisti a rioccupare l’Istituto.

Imperversava intanto la seconda grande guerra e, quando sopraggiunse l’armistizio del 9 settembre 1943, le soldataglie tedesche che tracotanti scendevano la strada imperiale BrenneroVerona e portavano il terrore in mezzo alle pacifiche popolazioni trentine, adocchiarono una volta ancora l’Istituto che per capacità e comodità tornava ad essi assai comodo. Giunse l’ordine di requisizione l’11 Settembre, e in gran fretta si dovettero sfollare tutti gli alunni, che furono alloggiati in due altri nostri istituti di Arco e in data 15 settembre nell’Istituto risuonava l’inno germanico e sul portone sventolava la bandiera con la croce uncinata. Sul posto, come sentinella, ci rimase solo p. Saturnino Rampini, più che per l’incarico di sorveglianza dell’Istituto che la cura dell’anima della frazione. Visse con i tedeschi sfidando il pericolo del campo di concentramento, e saldo alla consegna, tenne duro sfidando i bombardamenti. Ben 4 volte l’Istituto fu colpito con rilevanti danni oltre che all’edificio anche alla chiesa che ebbe il tetto sfondato e l’interno massacrato, e quasi non bastasse, la malvagità tedesca chiudeva la sua ultima pagine di sangue col far brillare le

mine, con relativo incendio, nei saloni più vasti dell’istituto, distruggendo quanto era rimasto. Sulle rovine dell’istituto con il direttore ritornarono gli altri religiosi, e con un lavoro lungo e paziente in due anni coadiuvati da una impresa locale ridiedero la sua passata fisionomia tanto che ben 100 alunni vengono ora accolti a far risuonare della loro chiassosa gioia le rinate volte e i vari saloni per tanto tempo rimasti tristi e silenziosi. S.R. (estratto da: Vita Concezionista, Ott./Nov. 1947, p. 8 – Seconda puntata)

... a spulciar gli archivi e rimescolar le carte della storia, per sapere... 7


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Intensità di settembre

SETTEMBRE. Un mese intenso, lungo, prezioso, pieno delle benedizioni di cielo e di terra. Abbiamo iniziato con il gruppo degli ALUNNI MONTIANI DI SANTA FE (Argentina), venuti in Italia (puoi vedere qualcosa sul loro sito facebook: Juntos llegamos Italia), al completarsi del ciclo degli studi superiori. Erano in 18, ben allegri e soprattutto simpaticamente “montiani”. Hasta la proxima, chicos! E abbiamo continuato con il GRUPPO FRATELLI PROFESSIONE PERPETUA, 14 giovani religiosi di diverse nazioni, che si preparano, appunto, alla consacrazione per tutta la vita nella Congregazione di Padre Monti. Guidati da P. Giuseppe e P. Emmanuel, i Fratelli hanno potuto visitare (la maggior parte di essi per la prima volta) i luoghi del Fondatore. Il nostro grazie per la presenza e gli auguri migliori per la vita…

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La mostra con gli Angeli

LA MOSTRA CON GLI ANGELI “dal Visibile all’Invisibile”, curata dal Centro Aiuto alla Vita di Varese e tenuta da 15 artisti, ha allietato i locali del nostro Istituto durante la FESTA DEL BEATO MONTI. Le opere pittoriche, scultoree e

letterarie, sono rimaste esposte dal 17 al 28 settembre. Tra gli autori presenti: Antonio Quattrini, Enrico Milesi, Augusto Belloni, Roberto Benotti, Giulia Martinelli, Zoraya Martines, Zel Karaci… La bellezza che ci salva!

La Festa del Beato Il 1 ottobre, alla conclusione, abbiamo lodato e ringraziato il Signore, perchè tutto si è svolto senza difficoltà, con tanto bene sparso a piene mani. La sera del 22 settembre, Festa Liturgica del Beato Luigi Maria, Mons. Paolo Martinelli, Vicario Episcopale per la Vita Consacrata, ha presieduto la solenne Eucaristia, donandoci una splendida omelia su P. Monti (vedi alla rubrica: La porta aperta). Grazie, sempre!

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i vostri messaggi: e-mail e lettere dal mondo

Lettere alla redazione

Meditare con calma * Quello scorso era un editoriale da meditare con calma. Direi che la vicenda di G mi fa tornare in mente le parole di Gesù: “I poveri li avrete sempre con voi”, con quel loro significato misterioso. G ci ricorda che ogni giorno abbiamo un’occasione per incontrare l’oro e non ce ne accorgiamo. I poveri sono una delle tante manifestazioni di Cristo in mezzo a noi oggi (oltre all’Eucaristia, allo Spirito Santo, alla comunità, che ritengo essa stessa sacramento). Sono l’occasione e al contempo il monito per redimerci e salvarci. D’altra parte essere nei panni di G è difficile, si cade facilmente nello sconforto, nella rabbia, nella depressione. È difficile per i tanti G capire che, agli occhi del Padre e nella logica del Regno, loro sono in posizione privilegiata. Hanno la “fortuna” ogni giorno di poter incontrare davvero la provvidenza (anch’essa manifestazione concreta della presenza di Cristo), di sentirsi

strumento del Padre (la matita di Madre Teresa), di poter sentire l’amore dei fratelli… però è dura! Quando si parla dei poveri, noi ricchi (e poveri per altri versi) dovremmo metterci in ginocchio come di fronte al Santissimo. Molto bella e interessante anche la riflessione sui migranti e sui giovani all’estero. * Molto bello ho trovato l’editoriale (come sempre, ma questo in particolare): è una valutazione veritiera e obiettiva. Siamo comunque persuasi che la forza dello Spirito è sempre presente e sta solo a noi giovani “fortunati” lottare contro le molteplici storture di questi tempi, per cercare di consegnare ai nostri figli qualcosa di buono e di meglio rispetto a quanto fatto dai nostri padri. La fame e la sete di Verità devono essere trasmesse e ci devono guidare sempre. Questo è l’augurio che ci facciamo in questo significativo mese. Un abbraccio fraterno, FB

* Grazie ho ricevuto. A proposito del precedente bollettino ho dimenticato di dirti che l’articolo sulla creatività mi è piaciuto moltissimo, l’ho letto più volte! Tutti gli articoli erano bellissimi, vuole dire che la lettura cartacea rende di più, si può gustare di più. Perciò stamperò anche questo di settembre. Bellissima e interessante la mostra sugli angeli. Mi piacerebbe avere qualche foto e altro della mostra, siamo appassionate di devozione e raccolta degli angeli. Buone feste del Fondatore! * GRAZIE per il QPC di settembre, arrivato da qualche giorno. Anche mamma l’ha ricevuto, e ne è stata molto contenta: vedo che lo legge volentieri e che le fa bene, quindi GRAZIE anche da parte sua! * Grazie sempre per il costante ricordo e per le riflessioni. In unione di preghiere. * Grazie, Padre. La ricordo con gratitudine e stima. Mi benedica. * Grazie di cuore. Vi leggiamo sempre con molto piacere! * Grazie per il pensiero di oggi e grazie per il giornale. Purtroppo per tutta l’estate sono stata senza collegamento internet a causa del trasloco e sono rimasta un po’ fuori dal giro. Solo ora pare che tutto funzioni regolarmente. Speriamo bene. L’altra sera abbiamo verificato che alcuni della Comunità non ricevono “Qui ho posto il cuore”. Possiamo sempre girarlo loro, ma se ti è possibile per i prossimi numeri puoi inserirli nell’indirizzario?

Scriveteci a quihopostoilcuore@padremonti.org 10


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la porta aperta: Incontri, ricordi e proposte di montiani vecchi e nuovi

Il cuore del giusto

Omelia di Mons. Paolo MARTINELLI, 22 settembre 2015. Festa liturgica del Beato (prima parte) Il cuore del giusto confida nel Signore. Così abbiamo ripetuto al Salmo responsoriale evocando una figura assai significativa nella spiritualità ebraico cristiana: quella del giusto. Questa parola non è da comprendere innanzitutto in senso morale o giuridico, ma nella forma esistenziale. L’uomo, ci ricorda san Paolo nelle sue lettere, non può mai giustificare se stesso in forza delle proprie opere. È Dio che giustifica mediante la grazia che ci è stata rivelata in Gesù Cristo morto e risorto per noi. In modo ancora più specifico, è giusto quell’uomo che confida nel Signore; ossia è la fede che rende la nostra vita gradita e giusta davanti a Dio. Così è stato per il beato Luigi Monti, fondatore della congregazione dei figli dell’Immacolata Concezione. Guardando a tutta la sua vita, al suo percorso esistenziale, alle numerose prove che ha dovuto attraversare, fin dalla giovinezza, per poter realizzare l’ispirazione ricevuta dallo Spirito Santo come carisma per l’edificazione della Chiesa, comprendiamo bene come al cuore di tutto stia proprio la sua esperienza di fede; il suo costante e deciso affidamento all’azione di Dio nella storia. La parola di Dio che abbiamo ascoltato ci permette di approfondire anche un legame molto particolare e decisivo anche per noi oggi tra l’esperienza della fede e la vocazione. Proprio nel brano del vangelo secondo Giovanni troviamo una affermazione di capitale importanza a questo proposito: Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché

portiate frutto e il vostro frutto rimanga. In effetti è la fede che rende l’uomo giusto a renderci capaci di scoprire la scelta che Dio ha fatto per noi, per farci collaboratori del suo regno che viene. Infatti una dedizione così totale come quella che venne realizzata dal beato Luigi Monti non è innanzitutto frutto dello sforzo proprio ma il riconoscimento di una chiamata che viene dall’alto. Mi domando: Avrebbe potuto infatti il beato attraversare le difficoltà attraversate fin dalla giovinezza, l’incomprensione delle sue iniziative giovanili come la cosiddetta “compagnia dei frati” fino ad arrivare ad essere ingiustamente incarcerato; per non parlare poi delle successive fatiche che ha dovuto affrontare anche a Roma presso l’Ospedale di Santo Spirito, se tutto ciò fosse stato solo espressione di un proprio progetto o di una personale generosità? Penso proprio di no; la sua dolce tenacia era radicata proprio nella certezza che non era stato lui a scegliere questa strada, ma il Signore l’aveva scelta per lui. Si deve dire che questo messaggio è importantissimo anche per noi oggi, per rafforzare il senso profondo della vita consacrata (come anche per la vocazione al sacerdozio e al matrimonio) come risposta ad una elezione che viene da Dio. Ho l’impressione che la scarsità delle vocazioni che patisce la vita consacrata spesso è segno di una mancanza di fede nel Dio che chiama. Allo stesso modo penso che tanta fragilità vocazionale dipenda dal fatto che non

Questa Rubrica, LA PORTA APERTA, è messa a disposizione di tutti, Rubrica, LA APERTA, per è messa a disposizione di tutti, eQuesta particolarmente deiPORTA CONSACRATI, l’intero Anno della Vita e particolarmente dei CONSACRATI, per l’intero Anno della Vita Consacrata, proclamato dal Papa. Ognuno di voi è Consacrata, proclamato dal Papa. Ognuno di voi è invitato a mandarci il proprio contributo di approfondimento, riflessione, invitato a mandarci il proprio contributo di approfondimento, proposta, preghiera e simili. riflessione, proposta, preghiera e simili. 11

si è consapevoli che la vita di ciascuno è voluta da Dio, che la vita non è un caso, ciascuno di noi è voluto, noi

siamo un pensiero di Dio, siamo un suo desiderio che si realizza. Questo sentimento supremo della vita - essere voluti ed essere amati - è alla base di ogni scelta e di ogni fedeltà vocazionale. Se siamo noi a scegliere, allora la nostra scelta è revocabile; ma se è Dio ad averci voluti e chiamati, allora, la nostra fedeltà si fonda sulla fedeltà stessa di Dio che non viene mai meno. Ha detto del beato Luigi Monti Carlo Maria Martini: “Egli ha potuto agire così perché anche per lui c’è stata una preistoria eterna, un amore di Dio che lo ha scelto, che lo ha amato, che lo ha fin dall’eternità voluto e desiderato come figlio prediletto di Maria, come araldo, cantore, promotore dell’Immacolata concezione”.


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riconoscere vocazioni

a cura dei Cercatori di Dio

Addio al rugby: diventa Missionario

Un giocatore di rugby che si fa prete! Un campione, Ruggero TREVISAN, il cui nome è molto conosciuto tra gli appassionati. In realtà scopro che sono due: un altro rugbista, anche se meno famoso, lascia tutto ed entra in seminario. Si chiama Daniele CAGNATI. La passione enorme per la palla ovale ha portato questi due giovani a centinaia di partite negli stadi in Italia e all’estero. La notizia non è da poco, ma neppure inusuale. Ce n’è tanta di gente dello spettacolo, della finanza, dello sport o della politica, che sceglie la via di Gesù. Ben più di quello che s’immagini. Ovvio, però, notizie così non sono pruriginose, non fanno cassa. La cosa viene riportata, ma dopo il giorno dell’incredulità o della meraviglia o della commiserazione, la notizia sparisce. Noi vorremmo che le buone notizie restassero a lungo. Come questa, appunto: un giovane uomo di 25 anni che, nel pieno del successo, lascia tutto per darsi a Dio e prendersi cura del prossimo. Ci sono mille modi per essere buone persone e buoni cristiani, così come ce ne sono altrettanti per fare del bene. Ma non succede tutti i giorni che la persona lasci tutto quel che è e quello che possiede per seguire Cristo. Giocava da esterno nella Benetton e nella Nazionale italiana di rugby, Ruggero Trevisan, la forza che sprizza da ogni poro della sua montagna di muscoli e di simpatia. Ora studierà per diventare sacerdote missionario, presso il seminario della Fraternità San Carlo Borromeo. Mischie e zuffe. Il problema era porgere l’altra guancia. Perché quando giochi a rugby arrivano certe sventole che è difficile mantenere la

calma. E Ruggero è sempre stato un tipo sanguigno. Uno dai modi spicci, a volte manesco: “ma da oggi farò il bravo, giuro”. È successo, poco alla volta eppure tutto di colpo: “come un placcaggio che ti toglie il fiato e ti fa ripensare a tutto”. E dire che fino a quattro anni fa non era neppure credente. Veloce, robusto e lottatore, ha affrontato il percorso di maturazione del proprio spirito con la grinta dello sportivo. “Ho lasciato la mia ragazza. Niente di traumatico. Semplicemente, stavo cercando qualcosa di diverso. Continuavo a comportarmi da professionista, mi allenavo seriamente e in partita cercavo di dare il massimo. Ma lontano dal terreno di gioco ho cominciato a fare volontariato, a occuparmi di giovani, orfani e ragazzi passati attraverso esperienze fallimentari di adozione”. Il direttore sportivo della Benetton Treviso dice di lui: “Un buon giocatore, ma soprattutto un ragazzo puro. Coscienzioso, leale. Io credo stesse maturando questa sua scelta da due-tre anni, ma non

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lo sapeva neppure lui”. I compagni di squadra, però, in qualche modo se n’erano resi conto. Ruggero si è presentato nello spogliatoio e ha parlato con loro, poco e chiaro: “Mi faccio prete”. Lo hanno abbracciato senza fare domande, senza sorprendersi. (AA.VV.)


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tracce per una lettera da saronno: chi scrive a chi

Dio è misericordia.

Quando noi ci facciamo dio inventiamo leggi. Il Papa per il prossimo Giubileo, darà la possibilità a tutti i sacerdoti di assolvere il peccato di aborto. Mi risulta invece che il peccato di omicidio può essere assolto da qualsiasi sacerdote. Vorrei capire il motivo di questa differenziazione attualmente esistente: forse la Chiesa considera il peccato di aborto più grave di quello di omicidio, per cui necessita di confessori particolari? Giuseppe

Non mi pongo la domanda. E mi chiedo perché porsela. A che pro, a cosa serve? Soprattutto mi chiedo se serva ad aumentare il mio amore a Cristo e alla sua Chiesa e la mia fede nella sua Parola. Uccidere una persona è grave sempre: una vita viene annullata nella sua realtà terrena. La questione non sta nella gravità o in un’ipotetica tavola dei valori, dove questo ha più valore e quello ne ha meno: ragionare così è travisare alla radice l’impostazione cristiana della fede e della morale. Che, in assoluto, non è un fatto matematico, di scambio commerciale o di peso fisico, a grammi, litri, minuti o metri: tanto pecchi, tanto paghi; se sei buono ti premio, se cattivo ti punisco... Le ragioni specifiche per la differente valutazione di gravità sono inscritte nel codice morale, che non è qualcosa di cristallizzato nel tempo-spazio, ma che si evolve e si adegua all’evolversi dell’umanità. Fatta salva la perenne validità della Parola rivelata, i modi di viverne il dettato nei diversi tempi e culture e le relative discipline che ne scaturiscono, sono questioni importanti sì, ma tutte e sempre relative e mutabili. Sono ‘legge positiva’, scritta da uomini e, per se stessa, fallibile e soggetta a cambiamenti. Succede che in situazioni e tempi particolari nascano indicazioni e norme particolari e mirate: ad es. in Sardegna l’abigeato (furto di bestiame, di pecore) è peccato riservato, proprio per la sua gravità in riferimento alla vita delle famiglie di pastori. Rubare bestie è forse più grave che uccidere persone? Certamente no, ma in quel contesto assume un tale peso da farlo diventare davvero insopportabile... Dico però che nello specifico dell’aborto si parla sì di disciplina, ma la questione tocca ambiti di una profondità così abissale da rendere davvero inadeguate e povere tutte le norme e tutte le parole. La questione sta nel peso e nelle risonanze interiori, vitali, esistenziali e sociali del gesto; la lacerazione di vita in una donna che abortisce è talmente profonda e grave da essere indescrivibile. E infinitamente più quando il gesto è imposto da altri, da oppressione o da ragioni mercenarie. La questione sta nella totale situazione di debolezza della creatura che si uccide: smisurata è l’asimmetria tra chi uccide e chi è ucciso, il feto è radicalmente impossibilitato a qualsiasi difesa. Sta nel bruto rifiuto del dono di Dio in un’altra vita e nel misconoscere che quella del feto è vita a pieno titolo. Sta nel rigettare la misericordia e la provvidenza di Dio - il quale non abbandona nessuno, neppure gli uccelli del cielo nè i gigli del campo quando ci facciamo noi stessi dio e decidiamo che quella vita non potrà avere futuro, che la famiglia non ce la farà, che il bambino non potrà essere felice, e via dicendo... Credo siano queste le direttive della riflessione. Ragionare per “più grave - meno grave” non porta da nessuna parte, si ragiona soltanto in base alla legge; e la legge, dice Paolo, non salva, ma ci uccide. Un saluto. PA 13


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il mio “grazie” a padre monti

I miei bambini Beato Padre Monti, sorveglia su di me, sulla mia famiglia, sui miei figli. Proteggili tu. Benedicili ed assistili sempre, in ogni luogo, anche quando non ci sono io… Che possano essere in buona salute, nell’animo e nel corpo. Per tua voce, ringrazio il Signore del respiro che ogni giorno mi dà. E voglio chiedergli: toglilo a me, se vuoi; ma donalo e conservalo, ampio e gioioso, a loro, i miei bambini.

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RENZO, papà di R, N e D

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le parole montiane

Camminando verso l’Alto Vengo da Dio: a Dio devo ritornare. Dio mi ha posto in questa terra unicamente per servirlo, onde guadagnarmi una gloria eterna in Paradiso.

(Beato Luigi Maria MONTI, dicembre 1852)

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giocando con dio

Il potere della morte

Da un punto di vista biologico, la morte è la cessazione di ogni processo vitale. Il cuore smette di battere, il sangue di circolare, il cervello di mandare segnali e impulsi nervosi agli organi che non svolgono più alcuna attività; le cellule non si duplicano più e inizia un processo inverso di decadimento, che vede tutte le complesse molecole di cui siamo costituiti ridursi ad anidride carbonica, ammoniaca, sali inorganici semplici, e il progressivo disfacimento del corpo di cui rimarranno solo ossa prive di contenuto. In questi termini, la morte è un freddo processo biochimico, destinato a non avere conseguenze se non in quella parte di cimitero che è l’ossario. Come se non dovesse lasciare nessun segno. di tutti i soldi che hanno fino ad Ma non è così. oggi ricevuto dall’Unione Europea e Tutti abbiamo visto in televisione si sono affrettati a erigere muri di le immagini strazianti di quel bimbo filo spinato per cercare di arginare siriano di tre anni, Aylan Kurdi, un’ondata migratoria inarrestabile. annegato con il fratellino Galip di L’Inghilterra ha fin colto l’occasione cinque e la mamma Rehan nelle per limitare l’immigrazione anche da acque dell’Egeo tra Turchia e Grecia. Paesi Europei. Quella famiglia cercava rifugio in Canada, dove la zia già lavora e aveva già dato tutte le garanzie del caso alle autorità, ma il permesso all’immigrazione era stato negato; la speranza stava da qualche parte in Europa. Quella famiglia ora non esiste più: il padre è tornato e rimarrà in Siria, dove tutti i suoi ricordi sono ormai sepolti accanto al suo desiderio di evadere dalla guerra, dalla devastazione, dalla morte. In tutta questa vicenda la vecchia Europa si è dimenticata le decine di milioni d’emigranti che in tre secoli hanno lasciato i loro Paesi d’origine per andare negli USA, in Canada, in Argentina e Brasile ed ha chiuso gli occhi. I Paesi dell’Est si sono dimenticati delle condizioni in cui hanno versato fino a pochi anni fa,

Caro Aylan, tu, inconsapevolmente, ci messo tutti di fronte alle nostre responsabilità. La tua morte silenziosa ha lasciato il segno e avrà conseguenze. Tedeschi e Austriaci accoglieranno i Siriani, altrettanto faranno gli Inglesi e chissà se i Francesi lasceranno a Ventimiglia quei poveracci che non hanno mai voluto lasciar entrare nel loro territorio. Ora pare che si vogliano ridiscutere i trattati internazionali in materia d’immigrazione e di accoglienza di rifugiati, arrivando a stabilire quote (manco si trattasse di latte o di acciaio) cui tutti i Paesi Europei dovranno attenersi pena sanzioni. Quel che però mi preme, Aylan, è di riconoscere che tu ci hai messo di fronte alla nostra incoerenza. Domenica 6 Settembre abbiamo ascoltato Giovanni 15

5,37-47, dove Gesù grida: “Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire da me per avere la vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi riconosco: non avete in voi l’amore di Dio”. E Giacomo, nella sua lettera (1418), richiama: “Tu hai la fede ed io ho le opere; mostrami la tua fede senza le opere ed io con le mie opere ti mostrerò la mia fede”. Che la tua morte sia l’occasione per tutti noi di un profondo, sincero e onesto esame di coscienza, nella consapevolezza che certamente tu prima di noi riposerai per sempre tra le braccia del Padre nostro celeste. E così sia. PG


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la giovinezza dei vecchi

Quelle dei 238

83.79.76: una terna di “diversamente giovani donne“ portano a spasso allegramente 238 anni e circa 170 kili di piccoli e grandi malanni! È da un po’ di anni che ci concediamo (o ci viene concesso?) di trascorrere qualche giorno lontano da casa, verso la fine dell’estate, per ossigenarci nel corpo e nello spirito e poi riprendere i nostri ruoli in famiglia con impegno rinnovato. Il micro progetto di quest’anno prevedeva: 1) l’amicizia in ogni età della vita, prendendo spunto da uno scritto di Eugenio Borgna, psicoterapeuta ricco di valori professionali, ma soprattutto di grande sensibilità e di attenzioni propositive valide dall’infanzia fino alla quarta età; 2) per l’autobiografia: interrogarci su quali incontri amichevoli siano stati significativi nella nostra vita;

desiderato imparare “Macchiavelli”, gioco di carte per tenere esercitata la memoria… Abbiamo anche pregato con gli occhi, col cuore, magari solo recitando semplici giaculatorie, ripromettendoci, come dice Borgna, di migliorare le nostre relazioni con chi ci circonda. E ci è piaciuta la metafora di Nietzsche che “guarda all’amicizia come a una nave che segue la sua rotta, ma che può richiamare intorno a sé altre navi, le quali si avvicinano alla scia di una reciprocità e una solidarietà di intenti”. I giorni sono volati tra risate, canti e qualche lacrima… ma intanto, a Dio piacendo, già sogniamo di poter rivivere l’esperienza il prossimo anno! SIL

3) un assaggio di arte terapia come esperienza di relax (colorare un mandala); 4) scegliere, per la settimana San Giuda Taddeo come Santo protettore: di lui sapevamo ben poco, ma è considerato il Santo per le cause impossibili; 5 ) camminare nel verde per scoprire la bellezza del Creato, esplorando il territorio (altitudine compatibile con le nostre arterie), ma disponibili a conoscere flora e fauna umana di piccoli centri sopra Verbania, con il piacere della scoperta. Peccato che l’alberghetto, in quei giorni, era frequentato soprattutto da turisti tedeschi e francesi, coi quali ci scambiavano solo grandi sorrisi, ma poche parole: noi tre non bevevamo boccali di birra e loro, però, avrebbero 16


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Anno IV, n° 42 - Ottobre 2015

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emanuele e bonifacio

Una pozione di santità al giorno...

Una pozione di santità al giorno fa bene alle coronarie e ridona la voglia di vivere. Parole, pensieri e preghiere in compagnia di Fratel Emanuele STABLUM e Fratel Bonifacio PAVLETIC

Preghiera per la Beatificazione di Fr. Emanuele Stablum O Padre, fonte della vita, ti ringraziamo per aver concesso al tuo servo Emanuele Stablum, religioso e medico a te consacrato nel nome dell’Immacolata, il dono di sanare il malato nell’anima e nel corpo e di essere pienamente obbediente alla tua volontà nella prova della malattia e nell’ora della morte. Concedi a noi, o Padre, per sua intercessione, di vivere nella fede l’amore verso gli infermi, di godere la salute fisica e spirituale e di ottenere la grazia che in particolare ti domandiamo. Per Gesù Cristo nostro Signore.

La virtù dell’obbedienza e dell’umiltà Mi domandò una volta in che virtù dovesse esercitarsi. Nell’ubbidienza, nell’umiltà e nell’osservanza delle regole. Mi disse che voleva (per mortificazione) lasciare per sempre metà del vino, fare la disciplina spesso, ma nei tempi di carnevale e quaresima specialmente, anche di digiunare. Non gli permisi per la sua malferma salute se non di lasciare una terza parte del vino, qualche volta. E che la disciplina la facesse, qualche volta. E così eseguiva a puntino. Dicevami: non mi andrebbe né di giocare né di parlare. Faccio molta fatica - diceva spesso - a far ciò. Ed io gli diceva: tanto è merito giocare che pregare. Ebbene procurerò di resistere. Qualche volta, vedendo tra i fratelli qualche cosa che non andava bene, veniva a manifestarmela. Ed io talora mandavo lui stesso a fare la correzione fraterna… ed egli lo faceva con gran carità.

(testimonianza di P. Luigi Monti, raccolta da Fratel Serafino Banfi) 17


Anno IV, n° 41 - Settembre 2015

Santuario del Beato Luigi Maria Monti - Saronno

Nel Cuore della Carità Montiana

Via A.Legnani,4 - 21047 Saronno (VA) - Tel. 02 96702105 - Fax 02 96703437 e-mail: santuario@padremonti.org sito web: www.padremonti.org C.F.: 93054190892

orario delle celebrazioni del santuario Giorni Feriali 6.30 Lodi del Mattino (lunedì in cripta) 7.00 Santa Messa (lunedì in cripta) 9.00 Santa Messa 18.50 Rosario e Vespro

Tutti i giovedì 18.30 Adorazione Eucaristica per le Vocazioni

DOMENICA E FESTIVI 8.20 Lodi del Mattino 9.00 Santa Messa 19.00 Santa Messa

sacerdoti E FRATELLI a disposizione in santuario P. Aurelio Mozzetta, rettore - P. Pierino Sosio - P. Michel Ange N’Galulaka Fratel Rolando Sebastiani - Fratel Corrado Blundo

offerte Conto corrente bancario intestato a: Provincia Italiana della Congregazione dei Figli Dell’Immacolata Concezione BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI BARLASSINA, Filiale di SARONNO EUR IBAN: IT 44 P 08374 50520 00000 8802614 - per bonifici dall’estero: codice BIC: ICRA IT RRAE 0 (zero) Causale: Offerte pro-Santuario o Sante Messe

Direzione: Via San Giacomo, 5 - 21047 Saronno (VA) Tel.02 96702105 - Fax 02 96703437 e-mail: quihopostoilcuore@padremonti.org Direttore: Saverio Clementi

sito web: www.padremonti.org

Collaboratori di questo numero: Aurelio Mozzetta, Marco Perfetti, P. Emmanuel Mvomo, Serena, Juntos Llegamos Italia, Gruppo Professione Perpetua 2015, Renzo, FB, S.R. (Vita Concezionista 1947), SIL, Mons. Paolo Martinelli, Giuseppe, Pa, I cercatori di Dio, PG, Raffaele Mugione.

Redazione: Aurelio Mozzetta Raffaele Mugione

(Nessun collaboratore percepisce compenso. Questo Notiziario è realizzato da volontari)

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