What Now? - Numero 2 - Estratto

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What Now?

Turismo di massa? L’antidoto è proprio dietro l’angolo

La transizione digitale può aiutarci a gestire meglio le nostre acque

Milano, Bologna, Roma, Napoli: 4 esempi di restyling climatico

Imparare a gestire il fuoco. E a convivere con lui

Mare: le coste meno battute per evitare la folla

E altri articoli all’interno NUMERO 2 / giugno-agosto 2023
LE SOLUZIONI OLTRE AL PROBLEMA GLI INCENDI STANNO AUMENTANDO? IL NUOVO VOLTO DELLE CITTÀ L’ACQUA: NUOVE SOLUZIONI AD ALLUVIONI E SICCITÀ SPECIALE VACANZE

Sommario

EDITORIALE

Una questione di impatto di Martina Fragale

ACQUA PULITA E SERVIZI IGIENICOSANITARI

La rete idrica italiana perde acqua. Parole d’ordine: ammodernamento e stoccaggio di Giulia Angelon

La transizione digitale può aiutarci a gestire meglio le nostre acque. Anzi, lo sta già facendo di Giulia Angelon

Così i progetti di raccolta e recupero delle acque stanno cambiando il volto delle città europee di Giulia Angelon

Come sta cambiando la gestione dell’acqua nei Paesi in via di sviluppo? di Giulia Angelon

L’agricoltura assorbe il 70% dell’acqua dolce disponibile. Nuove tecniche per ridurne l’impatto di Giacomo Capodivento

Cos’è il water grabbing, il furto dell’acqua che deve essere impedito su scala globale di Pasquale De Salve

CITTÀ E COMUNITÀ SOSTENIBILI

Le soluzioni ai cambiamenti climatici? Passano anche attraverso le misure di adattamento di Giacomo Capodivento

Torino si tinge di verde e fa da battistrada anche alle altre città di Pasquale De Salve

Milano, Bologna, Roma, Napoli: le nuove frontiere del restyling climatico di Pasquale De Salve

6 esempi di città europee che stanno sperimentando modelli di adattamento al climate change di Giacomo Capodivento

Dalla Cina all’America (passando dall’Australia):

5 esempi di città che guardano verso il futuro di Giacomo Capodivento

VITA SOTT'ACQUA

Metà dell’ossigeno che respiriamo, lo producono gli oceani. L’Unesco ci aiuta a tutelarli di Pasquale De Salve

Trattato Globale sugli Oceani e Piano d’Azione Europeo. Una speranza per l’alto mare di Pasquale De Salve

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Cosa può fare l’innovazione per la pulizia dei mari? di Giacomo Capodivento

La chiave di volta dell’economia del mare? Conciliare sviluppo e sostenibilità di Chiara Bastianelli

Viaggio tra i mari più blu d’Italia. Sono 458 le spiagge premiate di Monia Carriero

SPECIALE VACANZE

I numeri del turismo in Italia: dopo la pandemia, il settore si prepara a ripartire col piede giusto di Chiara Bastianelli

Overtourism, il lato oscuro del turismo contemporaneo che richiede soluzioni urgenti di Pasquale De Salve

Gli italiani scelgono il mare: le coste meno battute per evitare la folla di Giacomo Capodivento

Turismo lento: l’Italia dei cammini e dei borghi di Pasquale De Salve

Non solo Dolomiti. Dalla Calabria al Friuli, le montagne italiane fuori dai radar del turismo di massa di Giacomo Capodivento

SPECIALE INCENDI

Gli incendi in Italia, tra cambiamenti climatici e responsabilità umana di Giovanni D'Auria

Imparare a gestire il fuoco. E a convivere con lui di Giovanni D'Auria

MAGAZINE

Che fare per non lasciare soli gli anziani in vacanza? di Monia Carriero

Le vacanze estive per gli anziani, tra sicurezza e relax di Monia Carriero

Viaggiare con i bambini: ecco alcuni consigli utili di Monia Carriero

Dove lasciare i propri animali quando si va in vacanza di Monia Carriero

Ecco dove (e come) andare in vacanza con i propri animali nel 2023 di Monia Carriero

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Una questione di impatto

Proviamo a immaginare la sala di un teatro. La classica, ampia sala con il pubblico in platea – immerso nella penombra – e un palco, illuminato a giorno dai riflettori, su cui si muovono diversi attori. Questa immagine esemplifica in un rapido scatto quelle che sono le principali caratteristiche del giornalismo tradizionale. Il pubblico assiste, seduto in poltrona, mentre sul palco si muovono gli attori, cioè i giornalisti che danno corpo e voce a ciò che si muove sul ben più vasto palcoscenico del mondo. In una parola: alle notizie.

Ora, proviamo a operare un piccolo cambiamento. Attori e pubblico rimangono esattamente dove sono, l’unica cosa che cambia è

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EDITORIALE

l’orientamento delle luci di scena, che in questo caso si spostano, lasciano il palcoscenico nella penombra e vanno a illuminare, invece, proprio il pubblico presente in sala. Cosa succederebbe in questo caso? Probabilmente una mezza rivoluzione o quantomeno un radicale ribaltamento di prospettiva. È questo il cambiamento che il giornalismo costruttivo cerca di portare avanti ed è di questo che parliamo quando poniamo al centro del nostro lavoro il tentativo di ripensare le notizie dal punto di vista dell’impatto che hanno sui lettori. Ripensare alle notizie (prima ancora che scriverle) dal punto di vista del giornalismo costruttivo, significa chiamare in causa il lettore, accendere i riflettori su di lui e portare alla luce le sue esigenze e i suoi problemi utilizzandoli come materia viva e come chiave di lettura per dare forma alle notizie. Un esempio? Le alluvioni. Penso sia a quanto è successo in Emilia-Romagna sia all’alluvione di settembre nelle Marche. Ora, partendo da questi due episodi, una cosa è accendere i riflettori su ciò che è successo, elencando a menadito una lunga sequela di tragedie. Un’altra è parlare comunque di ciò che è accaduto ma chiedersi anche: cosa è necessario cambiare perché la prossima alluvione abbia un impatto minore? Cosa non è stato fatto e perché? Che strategie possono mettere in pratica i cittadini colpiti per agire nell’immediato e quali azioni possono adottare per spingere “chi di dovere” a trovare e attuare le soluzioni necessarie?

Questo approccio presuppone ovviamente una cosa. Torniamo al nostro teatro con i riflettori accesi sulla platea. In questo quadro i lettori non rimarranno seduti in poltrona a guardare ma verranno

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Cosa succederebbe se, in un grande teatro, le luci – anziché accendersi sugli attori presenti sul palco –andassero a illuminare il pubblico seduto in platea? È questo che fa il giornalismo costruttivo

chiamati in causa, trasformandosi automaticamente da agìti ad attori veri e propri. Fuor di metafora, non sto parlando di puro e semplice giornalismo partecipativo, né del giornalismo civico (che fanno comunque parte del DNA del giornalismo costruttivo) ma di qualcosa di diverso, cioè del dopo. Cosa c’è dopo la notizia? Raramente chi fa giornalismo se lo chiede ed è un peccato perché in realtà, in questo dopo, c’è tutto un mondo. Un mondo che possiamo e dobbiamo cambiare. In questo ribaltamento di prospettiva, le notizie partono dai lettori (dal: cosa serve? Di cosa c’è realmente bisogno?) e con i lettori finiscono, confluendo in un’unica grande domanda: cosa si può fare concretamente? Ovvero, come recita il nome del nostro trimestrale: what now?

Coerentemente con questa visione, in questo secondo numero della nostra rivista abbiamo provato a partire proprio dai lettori, portando alla luce quelle che ci sembrano le tematiche più urgenti di questi densissimi mesi estivi. Lo abbiamo fatto, così come nel primo numero, usando come chiavi di lettura a monte i 17 goal dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile: un programma d’azione globale sottoscritto otto anni fa da quasi duecento Paesi membri delle Nazioni Unite. In questo caso, come lenti per mettere a fuoco cosa sta cambiando, abbiamo utilizzato il Goal n.6 (che parla di acqua e disponibilità idrica diffusa), il Goal n.11 (dove si guarda a come le città stanno cambiando per rispondere alla sfida climatica in corso) e il Goal n. 14 (dove si affronta il tema della

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Per ricucire lo strappo tra giornalisti e lettori occorre ripensare alle notizie dal punto di vista dell’impatto

Siccità e alluvioni portano alla ribalta il tema della disponibilità idrica. Abbiamo parlato di questo ma anche di soluzioni agli incendi, di tutela dei mari e di vacanze fuori dai radar del turismo di massa

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salute di mari e oceani e della vita sott’acqua). Abbiamo parlato di siccità e alluvioni: i due estremi fra cui oggi, in piena crisi climatica, si gioca il complesso problema della disponibilità idrica. E abbiamo raccontato le diverse soluzioni che attualmente vengono messe in campo, nel nostro Paese e altrove.

Abbiamo parlato del fuoco, prendendoci il lusso di un intero Speciale dedicato agli incendi apposta per poter spaccare il capello in quattro. Perché in realtà, sugli incendi, c’è molto da dire sia per quanto riguarda le cause (quanto incide il clima? E quanto pesa la responsabilità umana?) sia per quanto concerne il doveroso cambiamento di prospettiva che è necessario adottare per trovare risposte migliori. Risposte, peraltro, che già esistono e che più che trovate, necessitano di essere diffuse.

Abbiamo parlato di mari e oceani, dei grandi passi avanti che abbiamo fatto con il Trattato Globale sugli Oceani e di cosa è necessario fare ancora per conciliare l’economia del mare con la tutela ambientale. Dopodiché abbiamo parlato di vacanze dedicando a questo tema un secondo Speciale. E proprio qui, forse più che altrove, alle prese con il trend topic del momento, abbiamo provato a mettere in pratica gli strumenti del giornalismo d’impatto. Lo abbiamo fatto parlando del rischio che questa prima estate post-pandemica mette sul piatto della bilancia (l’overtourism, ovvero il turismo di massa) e suggerendo ai nostri lettori delle soluzioni concrete e percorribili. Abbiamo parlato di viaggi: delle coste italiane meno battute, degli scenari montani fuori dai radar del turismo di massa, abbiamo parlato di borghi, di cammini e di una sana tendenza che ha preso piede proprio durante la pandemia, il cosiddetto slow tourism. O turismo lento, che dir si voglia. Un trend che, dal punto di vista dell’impatto, può davvero portare nuove linfe a località e borghi spopolati contribuendo, contemporaneamente, a sgravare i luoghi più “presi d’assalto” dal peso ambientale (e non solo) del turismo di massa. Tutto questo, caro lettore – con l’aggiunta della consueta rubrica Magazine – lo troverai nelle prossime pagine. Buona lettura!

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ACQUA PULITA E SERVIZI IGIENICO-SANITARI

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La rete idrica italiana perde acqua

Parole d’ordine:

Ammodernamento e Stoccaggio

Acqua e vita scorrono insieme, ad ogni livello: ambientale, sociale ed economico. In Italia lo spreco di questa risorsa è ancora una questione delicata. Il paragone più frequente accosta la rete idrica del nostro Paese a un colabrodo mentre il tema dello stoccaggio, in concomitanza anche a eventi alluvionali estremi come quelli che lo scorso settembre e nel mese di maggio hanno avuto luogo nelle Marche e in Emilia-Romagna, resta marginale.

Secondo il più recente report ISTAT 2022 sugli anni 2019-2021, in Italia si perde più di un terzo dell’acqua immessa nella rete di distribuzione, ovvero una media nazionale di circa il 36,2% del volume totale. 41 metri cubi di oro blu per chilometro di acquedotto (nei capoluoghi di provincia o città metropolitane) fuoriescono ogni giorno dalle tubature, con grandi differenze tra regioni e città lungo lo Stivale. Per arginare le perdite, il governo ha stanziato quasi 4 miliardi di euro. La copertura maggiore (2,9 miliardi) deriva dal PNRR mentre il miliardo restante proviene direttamente dallo Stato. L’obiettivo è quello di finanziare il potenziamento, completamento e manutenzione straordinaria delle infrastrutture di diramazione, stoccaggio e fornitura idrica in tutto il Paese.

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Aumentano gli investimenti, migliora la rete idrica. Ma l’acqua persa è ancora tanta Nonostante il dato delle perdite della rete sia in calo rispetto al 2018 e gli investimenti annui per abitante nel settore risultino mediamente in crescita posizionandosi sui 56 euro annui per abitante, (+17% dal 2019 e +70% dal 2012, contro una media EU di 82 euro per abitante - Invitalia 2023), il sistema idrico italiano necessita ancora di interventi strutturali ingenti.

La maggior parte dell’acqua prelevata in Italia deriva dalle fonti sotterranee di acqua dolce. Ogni giorno, nelle reti di distribuzione dei capoluoghi di provincia/città metropolitana ne vengono erogati 236 litri per abitante (ISTAT 2022). “L’efficacia del generale incremento degli investimenti osservato negli ultimi anni – si legge nel comunicato di Utilitalia di marzo 2023 - sembra essere confermata dagli indicatori della qualità del servizio idrico e dalla minor frequenza degli sversamenti/allagamenti in fognatura. Tuttavia, si osservano differenti performance tra Nord e Sud”.

Nonostante l’acqua “persa” non scompaia, in quanto assorbita dal terreno, lo spreco di tempo e denaro è comunque ingente. I costanti problemi di dispersione si manifestano principalmente su due fronti: da un lato quello più consistente riguardante la rete idrica, dall’altro gli impianti di stoccaggio, deputati alla raccolta delle acque piovane in primis.

In Italia si perde più di un terzo dell’acqua immessa nella rete di distribuzione, ovvero una media nazionale di circa il 36,2% del volume totale.

Un territorio che è un puzzle. L’Italia che “fa acqua” tra maglie nere e casi virtuosi

La rete di acquedotti italiani si estende per circa 430 mila chilometri e la sua costruzione è alquanto datata; come riportato anche dal FAI, il 60% della rete è stato posizionato più di 30 anni fa, mentre il 25% supera i 50 anni. L’obsolescenza unita a un’estrema diversificazione nella gestione della rete idrica sono le principali cause

Macerata (9,8%), Pavia (11,8%) e Como (12,2%) sono le province italiane più virtuose rispetto al dato della dispersione idrica reale.

delle attuali perdite e sprechi.

Il dato medio nazionale della dispersione reale (36,2%) cela in realtà un profondo divario a livello territoriale. In alcune aree, soprattutto al centro-sud e isole, si disperde fino all’80% della risorsa idrica. Tra i capoluoghi, la media di perdite è di 131 litri di acqua al giorno per abitante. Abruzzo, Basilicata, Sardegna, Molise e Sicilia sono maglia nera, con valori superiori al 50%. Tra le province, invece, i valori peggiori sono quelli di Latina (73,8%), Belluno (70,6%) e Siracusa (67,6%). Le più virtuose quelle di Macerata (9,8%), Pavia (11,8%) e Como (12,2%).

Dal punto di vista della gestione della rete, come sottolineato da Utilitalia “permane un profondo divario in termini di capacità di investimento tra le gestioni industriali e quelle comunali in economia, diffuse soprattutto nel

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Meridione, con investimenti medi annui di circa 8 euro per abitante”. Nonostante la carenza di acqua, un esempio virtuoso di organizzazione regionale per la gestione idrica è quello della Sardegna, dove, grazie alla legge regionale n. 19 del 2006 si è passati da una gestione per singoli Consorzi a una centralizzata, retta dall’Ente Regionale tramite l’Autorità di Bacino. Anche la città di Novara è riuscita a ridurre recentemente il 10% degli sprechi, da un lato con l’unificazione della gestione e dall’altro grazie all’implementazione di nuove tecnologie.

A gennaio 2023 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha assegnato la seconda tranche di investimenti per la riduzione delle perdite, finalizzata al restauro, ammodernamento e digitalizzazione della rete idrica italiana. 2 miliardi vanno all’ammodernamento delle infrastrutture primarie di cui l’85% al potenziamento e adeguamento della rete idrica e il 15% all’adeguamento in funzione antisismica. Per quanto riguarda la riduzione specifica delle perdite, sono stati stanziati 900 milioni in più rispetto ai 293 già stanziati e destinati soprattutto alla digitalizzazione delle reti di acqua potabile.

Uno stoccaggio efficiente per rispondere alle situazioni di carenza idrica

Alle criticità derivanti dalle perdite della rete idrica si aggiunge l’inadeguatezza su scala nazionale di molti sistemi di stoccaggio. Come evidenziato da ISPRA, il 15,4% del territorio italiano è classificato “a pericolosità media ed elevata di alluvioni” classificandosi tra le nazioni europee con maggiore apporto pluviometrico (quinta tra i Paesi Ue27 per apporti meteorici - ISTAT 2022).

“In media – scrivono nel report ISTAT - le precipitazioni annuali registrate in Italia nel periodo 1991-2020 sono state di 943 mm, pari ad un afflusso annuale medio di acqua piovana di circa 285 miliardi di metri cubi. Circa il 53% dell’acqua piovana (498 mm) è però tornato in atmosfera per evaporazione, dal terreno e dai corpi idrici, e per traspirazione attraverso gli apparati fogliari delle piante. La restante parte di acqua (47%) è rimasta sul terreno, una parte infiltrandosi nel sottosuolo (21%) e l’altra scorrendo in superficie (26%), andando pertanto ad alimentare gli acquiferi, i fiumi e i laghi naturali e artificiali del Paese”.

Nell’ultimo decennio osservato, il 2020, si presenta come uno degli anni meno piovosi nei Comuni capoluogo di provincia/città metropolitana. In un periodo di eventi siccitosi da un lato e alluvionali dall’altro, uno stoccaggio efficiente si rivela estremamente utile per rispondere prontamente a situazioni critiche, come avviene - ad esempio - nella città di Rotterdam che si è dotata di vasche di raccolta delle acque piovane che confluiscono in grandi serbatoi sotterranei in grado di aumentare poi le scorte utilizzabili durante i fenomeni siccitosi.

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Lo stoccaggio necessita ancora di efficientamento. Circa il 53% dell’acqua piovana (498 mm) è tornato in atmosfera (ISTAT 2022).

La transizione digitale può aiutarci a gestire meglio le nostre acque

Passi avanti a suon di innovazioni

I dati sulla dispersione idrica in Italia parlano chiaro, dei circa 10 miliardi di metri cubi all’anno immessi negli acquedotti per gli usi potabili, 4 miliardi sono dispersi durante il trasporto nelle reti. L’innovazione tecnologica può aiutare ad affrontare la situazione, accrescendo la conoscenza delle infrastrutture, migliorandone la gestione, creando efficienza operativa e intervenendo efficacemente su mitigazione e adattamento. Ma su questi aspetti, a che punto siamo? A livello nazionale, la digitalizzazione nel settore idrico è in fase di sviluppo e c’è urgenza di creare ecosistemi sempre più strutturati a supporto della diffusione di tali tecnologie.

Digitalizzare una rete idrica significa mettere in atto un processo

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che permette di sistematizzare le informazioni raccolte per renderle funzionali a una gestione ottimizzata.

“La digitalizzazione permette di convertire dati reali in formato digitale allo scopo di creare archivi organizzati facilmente consultabili” ha dichiarato l’ingegner Cristian Cecchetto, Responsabile Rinnovamento ed Estensione Reti di Alto Trevigiano Servizi SpA, Gestore del Servizio Idrico Integrato nell’ambito Veneto Orientale. “Tutti gli operatori di mercato del settore idrico – continua - devono confrontarsi con la necessità di raccogliere e rendicontare una mole importante di dati. Accade spesso però che questi dati, una volta comunicati, vengano semplicemente archiviati e restino di fatto inutilizzati”.

Quando si parla di digitalizzazione dell’infrastruttura idrica, si fa riferimento principalmente a due tecniche: la distrettualizzazione e la modellazione matematica delle reti. La prima permette di identificare e delimitare delle porzioni di rete da monitorare in tempo reale misurando, ad esempio, portata e pressione delle acque; la seconda, consente di sviluppare una fotografia precisa del sistema acquedottistico e grazie

Entro il 31 dicembre

2024 circa 45.500 chilometri di condotte a uso potabile

saranno attrezzate con strumentazioni e sistemi di controllo innovativi per la localizzazione e la riduzione delle perdite.

a speciali software, di simulare il comportamento di una condotta. “La sfida sta però nell’integrazione di tutte queste attività – continua Cecchetto - al fine di generare scenari previsionali a supporto delle decisioni. Le applicazioni poi possono essere molteplici, in funzione delle problematiche che ci troviamo ad affrontare. Ad esempio, la ricerca delle perdite, la razionalizzazione delle pressioni, la gestione delle emergenze (PFAS e siccità sono esempi recenti)”.

Anche i processi interni e i rapporti con gli utenti sono oggetto di innovazione, volta a favorire da un lato un flusso di lavoro più efficace e dall’altro una comunicazione semplificata, più tempestiva e trasparente dove l’utente partecipa sempre di più alla conservazione e tutela della risorsa acqua (app, messaggistica istantanea, sportelli online e aree utenti web personali, bolletta web). Tutto questo si traduce in efficienza, maggior velocità di reazione ma anche e soprattutto nella previsione e quindi pianificazione e programmazione degli investimenti per priorità, con una razionalizzazione delle risorse utilizzate.

In merito a queste ultime, a gennaio 2023, il ministero dei Trasporti, nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ha stanziato 293 milioni di euro per gli investimenti in progetti di riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua e relativi interventi di digitalizzazione e di monitoraggio delle infrastrutture. “Si tratta di una seconda tranche di finanziamenti –dichiara il MiT – in totale sono stati assegnati 900 milioni di euro per 33 interventi volti a ridurre le perdite di acqua potabile nella rete degli acquedotti. Entro il 31 dicembre 2024 circa 45.500 chilometri di condotte a

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uso potabile saranno attrezzate con strumentazioni e sistemi di controllo innovativi per la localizzazione e la riduzione delle perdite”. Dei 33 progetti selezionati, 19 interessano le regioni del Nord e del Centro e 14 quelle del Sud. Zone del Paese che viaggiano anche in questo settore a più velocità; al centro e sud Italia, infatti, la dispersione d’acqua è più alta della media – con valori talvolta superiori al 50% – e si tratta pertanto di aree dove è necessario intervenire con urgenza.

Il primo passo prevede la creazione del modello digitale della rete, delle infrastrutture e degli impianti. “La digitalizzazione è un processo, è quindi più corretto parlare di progetti di transizione digitale nella gestione delle reti idriche” sottolinea Cecchetto, occorre partire dal digital twin, cioè la replica virtuale della topologia delle

reti. Il gemello digitale dell’azienda AlmaViva consentirà ad esempio di salvaguardare fino al 20% delle risorse idriche. Entro fine 2023 l’azienda prevede di digitalizzare oltre 14mila chilometri di rete idrica del Paese.

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Il Network diventa intelligente con la modellazione idraulica avanzata, introducendo concetti di machine learning e strategie di ottimizzazione multiobiettivo per l’analisi di reti complesse.

Il Network diventa intelligente con la modellazione idraulica avanzata, introducendo concetti di machine learning e strategie di ottimizzazione multi-obiettivo per l’analisi di reti complesse. Un esempio è la startup, AIAQUA, spinoff di Unibz, che usa algoritmi deep learning per identificare e prevedere perdite e anomalie e per predire consumi e domanda di acqua al fine di ottimizzare il funzionamento degli impianti.

Il progetto

“Sustainable water management” nei sistemi acquedottistici di Padova e Vicenza prevede di diminuire del 35% le perdite idriche nella rete di tutti i territori di riferimento entro il 2026 e quindi di risparmiare, in 5 anni, 13 milioni di metri cubi di acqua.

“La rotta è tracciata, non possiamo scappare da questo approccio moderno in merito alla gestione delle reti idriche, e più in generale di tutti i sistemi a rete” dichiara Cecchetto. Lo stesso PNRR ha recentemente premiato la rete di gestori dell’Ato Bacchiglione (composta da Viacqua, acquevenete, AcegasApsAmga) e il progetto

“Sustainable water management” nei sistemi acquedottistici di Padova e Vicenza. Si tratta di un progetto strategico attraverso il quale si

prevede di diminuire del 35% le perdite idriche nella rete di tutti i territori di riferimento entro il 2026 e quindi di risparmiare, in 5 anni, 13 milioni di metri cubi di acqua; 33 milioni di euro del PNRR finanzieranno un progetto complessivo di 40 milioni, supportando piani di digitalizzazione, modellazione, gestione della pressione e asset management. “L’utenza deve essere sempre più al centro del modello di sistema – conclude Cecchetto – è necessaria una continua sensibilizzazione da parte degli addetti ai lavori all’uso responsabile dell’acqua, ci siamo accorti che è una risorsa preziosa che non deve essere data per scontata”.

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Così i progetti di raccolta e recupero delle acque stanno cambiando il volto delle città europee

Alluvioni, allerte meteo, precipitazioni intense e improvvise, ma anche scarsità di piogge, perdite delle reti acquedottistiche, consumi sregolati e scarsa consapevolezza del valore della risorsa idrica. Agire per un miglior utilizzo dell’acqua disponibile e al contempo sviluppare strategie efficaci di raccolta e recupero delle acque è sempre più urgente. L’obiettivo è quello di uscire dalle logiche emergenziali e ragionare in ottica di prevenzione e pianificazione al fine di salvaguardare sia gli ambienti naturali che le attività antropiche. Secondo quanto riportato da Legambiente nel report realizzato per la Giornata mondiale dell’acqua 2023, tale accelerazione è ancor più necessaria nell’area del Mediterraneo.

“A livello europeo, come evidenziato dal Joint Research Centre della Commissione Europea, sono circa 52 milioni (l’11% della popolazione EU) le persone che vivono in aree considerate sotto stress idrico per almeno un mese all’anno ed entro il 2050 è previsto che la richiesta di acqua raddoppierà o triplicherà”.

La raccolta delle acque piovane ha molteplici vantaggi, tra questi la mitigazione degli effetti di piena della rete urbana di drenaggio, la riduzione dell’impatto ambientale degli inquinanti presenti, l’abbattimento dei costi del trattamento depurativo delle acque che finiscono nella rete di raccolta acque nere e, pensando al riutilizzo ad esempio sotto forma di reti duali, la riduzione del consumo idrico potabile. Anche le acque grigie, una volta trattate, sono potenziali fonti alternative di acqua, adatte a diversi utilizzi, quali l’irrigazione, il lavaggio delle strade, le cassette dei WC, le lavatrici, i rubinetti di acqua non potabile. In Europa, 1 miliardo di m3 di acque reflue urbane trattate viene

riutilizzato annualmente, numero che potrebbe però aumentare di 6 volte rispetto ai livelli attuali. La strada da fare è ancora molta, si pensi che, solo in Italia, “il sistema di riutilizzo delle acque reflue è sfruttato per il 5%: solo 475 milioni di metri cubi di acque reflue depurate sono infatti utilizzati per irrigare i campi agricoli, a fronte dei circa 9 miliardi di metri cubi che ogni anno vengono forniti dai depuratori dislocati sul territorio” (fonte: indagine Utilitalia).

L’utilizzo sostenibile dell’acqua coinvolge sia la sensibilità nell’uso responsabile della risorsa, sia aspetti strutturali di water management all’interno delle città. Queste ultime, sempre più densamente popolate, incrementano anno dopo anno le superfici edificate e le aree pavimentate impermeabili (strade, parcheggi…) a discapito di quelle traspiranti. I fenomeni del ruscellamento e deflusso sono pertanto più frequenti poiché il terreno impermeabile non è più in grado di trattenere l’acqua che scorre via rapida in superficie portando con sé anche molti inquinanti e costringendo fiumi e altri corsi d’acqua a rompere gli argini. Molti Paesi europei stanno affrontando da anni il tema del water management prevalentemente in ambiente urbano, implementando pratiche e politiche virtuose nella gestione, raccolta e recupero delle acque.

Già attorno agli anni ‘80 il Regno Unito ha introdotto i SuDS, “Sistemi di Drenaggio urbano Sostenibile” per ridurre le inondazioni delle acque superficiali e allineare i moderni sistemi di drenaggio con i processi idrici naturali. Tra i SuDS ci sono ad esempio le aree di ritenuta, le vasche di prima pioggia e i bacini di ritenzione dell’acqua piovana.

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“A livello europeo sono circa 52 milioni (l’11% della popolazione EU) le persone che vivono in aree considerate sotto stress idrico per almeno un mese all’anno ed entro il 2050 è previsto che la richiesta di acqua raddoppierà o triplicherà”.

Le NBS, “Soluzioni Basate sulla Natura”, sono un utile strumento per ripristinare la vegetazione nelle aree urbane. Tra queste, le pavimentazioni permeabili, le pareti e i tetti verdi e i giardini pluviali.

Anche le NBS, “Soluzioni Basate sulla Natura”, sono un utile strumento per ripristinare la vegetazione nelle aree urbane. Tra queste, le pavimentazioni permeabili, le pareti e i tetti verdi e i

giardini pluviali. Come riportato da Legambiente, un progetto virtuoso è quello di Copenaghen con la trasformazione dello storico parco cittadino Enghavepark. “Con un bacino idrico di 22.600 m3, il parco rientra in uno dei 300 progetti che la città prevede di completare per proteggerla da future inondazioni e dall’assenza di precipitazioni. Nel perimetro del parco è stato ricavato un mini-argine in grado di trattenere l’acqua piovana, che serve contro gli eventi di piogge estreme, ma anche nei periodi di siccità. L’acqua piovana raccolta dai tetti del quartiere Carlsberg Byen viene condotta verso il parco e raccolta in un serbatoio sotterraneo di 2.000 mc e, successivamente, utilizzata per l’irrigazione degli alberi di Copenaghen e attività ricreative”.

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Rotterdam, nei Paesi Bassi la “Piazza dell’acqua”

è il risultato di un processo partecipato; lo spazio ospita tre grandi bacini di raccolta dell’acqua piovana che, quando non vengono utilizzati a tale scopo, diventano anfiteatri, campi da basket e da pallavolo o piste da skateboard.

Un altro progetto che sta prendendo piede è quello delle Sponge City (città spugna, modello nato in Cina).

A Manchester, lo “Sponge Park” di West Gorton Community ha le dimensioni di tre campi da calcio ed è stato progettato per catturare l’acqua in eccesso dalle strade vicine e rallentare la velocità con cui defluisce negli scarichi. A livello europeo, ha riscosso interesse anche il progetto CWC – City Water Circles nato nel 2019 e conclusosi nel 2022 finanziato dall’UE nell’ambito del programma Interreg Central Europe, per facilitare l’adozione della circular economy e volto a “promuovere e diffondere la cultura del risparmio idrico, pratiche e politiche di raccolta e utilizzo di acque meteoriche, di recupero delle acque grigie e soluzioni naturali per la gestione della risorsa idrica in cinque città europee (Budapest, Torino, Maribor, Bygdoszcz e Spalato)” (fonte: Interreg Central Eu).

A Rotterdam, nei Paesi Bassi la “Piazza dell’acqua” è il risultato di un processo partecipato; lo spazio ospita tre grandi bacini di raccolta dell’acqua piovana che, quando non vengono utilizzati a tale scopo, diventano anfiteatri, campi da basket e da pallavolo o piste da skateboard. Localizzare in superficie i sistemi di accumulo ha anche lo scopo di renderli espliciti agli occhi dei contribuenti, oltre che aumentare la qualità ambientale e di vivibilità dei quartieri.

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A Manchester, lo “Sponge Park” di West Gorton Community ha le dimensioni di tre campi da calcio ed

è stato progettato per catturare l’acqua in eccesso dalle strade vicine e rallentare la velocità con cui defluisce negli scarichi.

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