Backstage Press - Febbraio 2019

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Anno VII n.2 - Febbraio 2019 - Poste italiane s.p.a. sped in abb. postale D.L. 353/2003 (conv. in L. n. 46 del 27/02/2004) art. 1 comma 1 - DCB - Caserta


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Il 5 Febbraio prende il via la manifestazione che in Italia rappresenta un cult per la musica, sotto la direzione artistica di Claudio Baglioni prende il via il 69° Festival della Canzone Italiana di Sanremo. L’ unico evento che riesce allo stesso tempo ad essere il più amato ed il più odiato dal pubblico italiano. Al di là delle “solite” polemiche politiche e sociali che lo accompagnano, il Festival riesce puntualmente ad incollare tutti davanti alla TV. Quest’edizione ha visto le

scelte del “dirottatore” Baglioni, molto azzardate e molto distanti da quello che ci si poteva aspettare. Si parla di qualità musicale, di generi nuovi, del pop che cambia. Vince Mahmood che fa sussultare Salvini. Ultimo che snobba tutti per non aver vinto. La Bertè che oltre alla voce ci mette le gambe. Cristicchi e Silvestri ne fanno le spese. Viene da chiedersi ma quello di Sanremo è ancora il Festival della Canzone Italiana, della bella musica, del bel canto come dice qualcuno o oggi è solo una

manifestazione ove bisogna prestare attenzione all’auditel ed al Dio denaro? Mah, ai posteri l’ardua sentenza. Sicuramente oltre quello che va in onda in tv, c’è una settimana intensa di appuntamenti e di incontri. A noi tra i tanti ci piace ricordare quello con Ezia, i suoi fiori ed i suoi cani, persona speciale o “sarremasca” verace, come dice lei. Felici di averla incontrata e conosciuta, in fondo la vita non è altro che l’arte dell’incontro.

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REDAZIONE Alfonso Morgillo, Margherita Zotti, Michela Campana, Alfonso Papa, Marica Crisci, Domenico Ruggiero, HANNO COLLABORATO: Michela Drago, Alessandro Tocco, Francesco Ruoppolo, Alfonso Papa (To), Giuseppe Maffia, Ambra De Vincenzi, Tonia Cestari, Carmela Bove. REGISTRAZIONE n. 815 del 03.07.2013 presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (CE). Comunicazione EDITORE: Il Sogno è Sempre Onlus Sede Legale: Via Botteghino, 92 – 81027 San Felice a Cancello (CE) Sede Operativa: Via Giacomo Matteotti, 20 – 81027 San Felice a Cancello (CE) – Fax. 0823.806289 – info@backstagepress.it – www.backstagepress.it Distribuzione: Gratuita Stampa: Pieffe Industria Grafica. Tiratura 7.000.

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SIMONE CRISTICCHI

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IL VOLO

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ALEX BRITTI & MAX GAZZE’

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ISKRA MENARINI

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BANCO DEL MUTUO SOCCORSO

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ARTE

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EMERGIAMO

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CINEMA

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TEATRO



Subsonica

un equilibrio dettato dalla nostra musica

tx Michela Campana tx Alfonso Papa

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opo una prima parte tutta europea, il vostro tour arriva in Italia. Come mai la scelta di partire dall’Europa e cosa dobbiamo aspettarci in questi concerti? Il disco è uscito in un periodo, a cavallo tra estate e l’autunno, per cui dovevamo aspettare un po’ per preparare la tournée. In questo lasso di tempo abbiamo pensato, insieme al gruppo che lavora con noi, di iniziare dall’estero creando una sorta di “war map” di preparazione per i concerti nei palazzetti in Italia. Sono più di dieci anni che suoniamo fuori dall’Italia, girando per club europei e c’è tantissima gente che aspetta i Subsonica. Abbiamo preparato una scaletta mista, contenente oltre ai nostri brani storici anche dei brani del nuovo disco e siamo ripartiti. Erano più di tre anni che non suonavamo insieme, ed abbiamo utilizzato questi concerti proprio per rincontrarci e ricominciare a suonare. All’estero, in genere, si suona in dei club che hanno degli spazi molto piccoli rispetto ai palazzetti che utilizziamo in Italia. Per cui è stato ideale trovarci in quella situazione. Tornando al tour italiano, abbiamo strutturato questo spettacolo in modo molto ambizioso. Un palco completamente in movimento, ed è il primo del suo genere, mai usato in Italia. Sarà uno spettacolo molto entusiasmante sia da vedere che da vivere. Ogni elemento del palco si muoverà insieme al gruppo e insieme al pubblico. In modo che esso sia sempre

in movimento ed interagisca con la nostra musica. Quindi partire dall’Europa per portare nuove idee nel vostro progetto e non per in qualche modo “boicottare” l’Italia che non sempre è aperta a certi tipi di musica. No assolutamente, noi siamo italiani e ogni nostra esperienza parte dall’Italia. Semplicemente abbiamo avuto del tempo libero prima della grossa produzione preparata per l’Italia ed intanto abbiamo dato tempo al disco di arrivare alle persone. Qui in Italia si deve arrivare sempre con l’etichetta di qualità e di garanzia. Eh si, però più che altro volevamo che il disco arrivasse al cuore, che fosse interiorizzato. Il nostro pubblico e la nostra forza è in Italia, siamo italiani e scriviamo in italiano e per noi l’Italia è importante è il luogo che ci ha generato e formato. Siamo torinesi, nel dna abbiamo tutta l’Italia. Sentiamo il peso di essere italiani e di scrivere in italiano. Il partire dall’estero è stata semplicemente una scelta di tempistica, una voglia di cominciare a suonare il prima possibile. Otto le città toccate dal tour, otto è il titolo dell’album, otto gli album che avete pubblicato. Questo numero tanto ricorrente, nasconde anche dell’altro? L’otto è un numero molto simbolico, nell’otto c’è il segno dell’infinito e quindi il concetto che il tempo in qualche modo scorre e automaticamente ri-

torna. In questo album, se si ascoltano le parole spesso ritorna il termine “tempo”. Il concetto del tempo che scorre, del tempo che ritorna. L’otto in certe culture orientali va a dare il senso dell’equilibrio. Due cerchi che si toccano nel centro. L’equilibrio risulta essere una cosa fondamentale per un gruppo di cinque persone con un carattere molto forte come il nostro. Tutti questi elementi e in più il fatto che è il nostro ottavo album ci ha spinto a scegliere “8” come titolo. L’ album arriva dopo quattro anni di percorsi personali. Durante questo tempo cosa è cambiato nel vostro modo di scrivere e di comporre? L’essere in gruppo non è cosa facile, soprattutto dopo tanti anni, il nostro è un gruppo molto longevo. Vent’anni, le stesse problematiche relazionali, gli stessi dubbi, le stesse necessità umane ed emotive. Quindi abbiamo messo a punto questo meccanismo di riciclaggio di noi stessi che ci ha permesso di fare delle cose soliste, delle cose personali. Quindi avete messo insieme le vostre esperienze personali in questo album? Assolutamente si, in questi momenti ognuno di noi ha fatto evolvere la propria esperienza creativa e poi quello che ne è stato il risultato automaticamente è stato portato all’interno del gruppo da ognuno di noi. Senza dubbio c’è stata una forte crescita. Dove c’è crescita, sperimentazione, libertà, tutto si trasforma in una grande forza


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creativa. Sicuramente il nostro essere da soli in certi momenti della nostra vita ha portato linfa nuova al gruppo. Nel brano “l’ incubo” si vede la partecipazione del rapper Willie Peyote. Come mai la scelta ricade su di lui che è un rapper, apparentemente molto lontano dal vostro modo di far musica? A livello di linguaggio, il rap, è sicuramente un linguaggio diverso, come mezzo di comunicazione. Noi arriviamo dall’elettronica e caratteristiche diverse su determinati suoni. Le distanze e le differenze però a volte fanno forza, ti danno la possibilità di interagire ancora meglio. Quello che c’è di simile tra noi e lui è la poetica dell’immaginario. Intorno a lui e a noi all’epoca

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si era creato un mondo immaginario che fondamentalmente abbiamo sempre vissuto. Questa cosa ci ha spinto ad incontrarci e a conoscerci. Essendo sia noi che lui di Torino non abbiamo avuto molte difficoltà logistiche. E’ stato facile discutere, incontrarci e trovare punti di intesa ed è venuto naturale chiedergli di realizzare questo brano insieme. Adesso Willie è con noi nel tour e gli abbiamo dedicato parte del concerto, infatti sarà sul palco con noi per tre bra-

ni.

lo avessi fatto da solo nel mio album solista sarebbe stato diverso. Quindi alla fine in un gruppo è importante il confronto e lo scambio di idee ed è importantissimo restare in equilibrio anche se si lavora sull’idea del singolo. Bottiglie rotte? Quel passaggio del brano: “chiedimi come stai?” Oramai è una domanda che viene posta sempre più raramente

Respirare?

Tu come stai?

E’ l’episodio più Samuel di tutto il disco, si sente che arriva dal mio mondo creativo. Però anche qui l’interazione del gruppo è fondamentale. Sicuramente questo brano se

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Simone Cristicchi alla ricerca della felicità

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e tue canzoni hanno da sempre un’impronta poetica, quanto è difficile comporle da un punto di vista metrico e quanto lo è stato per questo pezzo? Abbi cura di me è stata la canzone in cui ho impiegato più tempo in assoluto per scriverla soprattutto per il testo, perché ogni verso, posso dire ogni singola parola è stata pensata, meditata, scelta con cura certosina. E’ ovvio che per fare una canzone del genere, c’è bisogno di vivere quelle parole e di averle vissute intensamente per poi poterle restituire agli altri. Ho scritto il testo insieme a Nicola Brunialti, uno scrittore di romanzi per ragazzi. Con lui ci siamo trovati a discutere e ragionare su grandi temi che ci appassionano: la bellezza, la felicità, il perdono, la sofferenza, il senso del dolore, il superamento delle ferite. Questo senso di separazione da qualcosa. Noi veniamo al mondo, usciamo dalla pancia della nostra mamma, da quel tepore, da quella sensazione di essere in un luogo protetto e veniamo scaraventati nel mondo. In questo mondo che ti prende a schiaffi e ti da qualche ca-

rezza. In questa altalena rimaniamo imbambolati, altre volte restiamo sospesi. Una sensazione di nostalgia, di ritornare all’unione, alla non separazione. Tutto questo lo proviamo: con l’amore della nostra vita, i nostri genitori, chi lo trova con Dio, con l’assoluto. Questa canzone nasce come una sorta di manuale di volo per l’uomo, nasce per porre al centro l’uomo e la sua fragilità ma allo stesso tempo da la sensazione che tutti insieme possiamo far sentire di essere ancora forti, ancora possiamo credere di essere una comunità in cui ognuno con il proprio talento può contribuire alla felicità degli altri. Quanto dovrebbe durare il documentario? Quante interviste avete fatto? Tra esse ce ne dovrebbe essere una speciale, vero? Abbiamo fatto un centinaio di interviste, con Andrea Cotti ed altri operatori sparsi in tutta Italia, abbiamo fatto interviste a Milano, l’Aquila, vicino Roma, anche a Parigi e a Londra. Abbiamo materiale immenso, ma la cosa che interessa di più è approfondire alcuni personaggi. Per esempio il monaco zen è una persona che ci ha regalato tante altre parole molto profonde,

tx Alfonso Papa tx Michela Campana

così come Mogol, Renzo Arbore, insomma personalità molto interessanti a cui dedicheremo nella realizzazione del documentario un giusto spazio. Riguardo alla sua divulgazione non abbiamo ancora deciso come pubblicarlo, c’è l’interessamento di alcune televisioni che vorrebbero trasmetterlo una volta finito. L’incontro con Papa Francesco. Ho ricevuto la promessa che avrebbe partecipato ed io credo che lui sia un uomo di parola. Quindi aspettiamo che ritorni dall’Oriente per poter fare anche a lui le stesse domande che abbiamo fatto ai bambini delle elementari. C’è una felicità più astratta ed una felicità più concreta. Come si può rimodulare il concetto di felicità quando capita di non poterla avere? Sono rimasto sbalordito dal fatto che ogni individuo da una definizione completamente diversa della felicità. Io sono sicuro che se affrontassimo altri temi, come l’amore, la bellezza, il dolore o la sofferenza sarebbe la stessa cosa. La bellezza sta proprio nel fatto che ognuno poi esprime quello che ha vissuto frutto anche della memoria e di quelle


ph Alfonso Papa

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Nei momenti di sconforto della nostra vita, nei momenti brutti e bui, dobbiamo pensare che ci siamo gettati alle spalle una manciata di semi. Così anche se la nostra traccia su questo pianeta verrà dimenticata molto presto sarà bella la sensazione di averne lasciata comunque una nel cuore della gente. Hai intervistato diversi bambini, spesso molti

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di loro sono tristi a causa del bullismo o del cyber-bullismo. Cosa pensi di questo problema? Il mio pensiero su questo argomento è che non si può chiedere ai ragazzi di essere diversi da quello che gli mostriamo noi, per cui loro sono lo specchio e sono la spugna di questa società. Non possiamo sentirci assolti dal loro comportamento, se vedono un mondo aggressivo è ovvio che ricalcano quel mondo, se invece vedono bellezza e serenità saranno dei bambini sereni. La canzone di Silvestri è in questo senso, ovviamente, azzeccatissima e credo che sia un messaggio importante per chi non riesce a

comprendere. Loro sono il nostro futuro, sono il futuro del pianeta. Per te cos’è la felicita? Ho perso mio padre quando avevo 12 anni, mi sono chiuso nella mia stanza ed ho cominciato a disegnare in maniera convulsiva. Mi sono costruito un mondo parallelo di creatività. La fantasia e l’arte mi hanno salvato la vita. Mi hanno permesso di esprimere il mio mondo interiore ed anche il mio dolore e trasformarlo in bellezza. La mia felicità è questa: condividere con gli altri. © Riproduzione riservata

ph Luca Ruggiero

che sono le sue esperienze passate. Per me la felicità è lasciare comunque dei segni del nostro passaggio, dei segni che possono germogliare appunto come quel fiore di cui parlo nella canzone, quel fiore che riesce a germogliare anche in mezzo alle difficoltà.



Il VOLO un graffio rock nel brano “musica che resta”

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mpegnati in un tour mondiale, partiti proprio dall’Ariston circa 10 anni fa che effetto vi fa ritornare qui dopo aver calcato tanti palchi e soprattutto rimettervi in gioco con una gara? Tornare a Sanremo, lo abbiamo voluto fortemente perché quest’anno festeggiamo dieci anni di carriera. L’Ariston è il palco che ci ha visto nascere e non potevamo non ritornare. Molte persone ci hanno detto: avete già vinto Sanremo, chi ve lo fa fare ritornarci e rimettervi in gara? C’ e’ chi soffre lo spirito della competizione della gara, noi crediamo che la musica sia condivisione quindi la competizione non deve esistere. Per noi salire su quel palco significa vincere nel cuore della gente. Abbiamo vissuto varie fasi della nostra carriera, dai bambini prodigio, poi ragazzini e adesso piano piano stiamo crescendo. Abbiamo ancora tanto da dimostrare e quindi proprio per questo la decisione di essere qua non solo per festeggiare il decennale ma anche per mostrare quella parte di noi che pochi conoscono. La scelta di un brano un pò più contemporaneo, per chi ha un’idea completamente distorta di quello che siamo, di quello che facciamo. Ovviamente senza snaturare quello che poi in realtà siamo. Vogliamo essere semplicemente ambasciatori del bel canto. Non

tx Alfonso Papa tx Michela Campana

possiamo deludere il nostro pubblico che ci segue da anni, ma stiamo cercando di conquistare un pubblico molto più vasto. “Musica che resta”, un brano d’amore verso una persona, verso la vita o verso la musica? Diciamo che questo brano è per chi non cerca un amore effimero ma per chi cerca un amore che resta. Quindi non solo per una persona amata, ma anche verso altro. Per noi la musica è vita. Abbiamo voluto chiamare il nostro disco Musica, perché racchiude dieci anni di amicizia e di musica. La Nannini fa parte di questo vostro “cambiamento”? Troviamo un graffio rock nel brano? Assolutamente si, sicuramente Gianna ha dato un graffio a questo brano, un graffio rock. Ovviamente c’è stato anche un grande lavoro da parte del nostro nuovo produttore Michele Canova. Con lui la nostra prima esperienza, non ci ha deluso, ha superato le aspettative e quindi ringraziamo lui e tutti i collaboratori. Queste nuove collaborazioni hanno dato un tocco diverso al vostro genere? Non si può rimanere indietro, siamo consapevoli anche che dal nostro ultimo Sanremo del 2015 la musica è cambiata. Quest’anno

ci sono personaggi come Achille Lauro, come Irama, l’altra volta c’eravamo noi, Nek e Malika Ayane sul podio. Quest’anno ci siamo noi, c’è Nek ma in più una lista di artisti diversi musicalmente parlando. Crediamo che Baglioni abbia fatto la scelta giusta, dando spazio a tutti i generi di musica. Le persone possono dire: questi cosa cantano? Ma pensiamo sia giusto che sul palco dell’Ariston ci siano tutti i generi musicali che oggi si ascoltano in Italia. Dobbiamo abituarci che la musica italiana sta leggermente cambiando. Esiste ancora il pop italiano ma insieme al pop sta cominciando ad emergere il Traks, il Trap, il Rap e tutte quelle influenze che arrivano dall’America e dall’Inghilterra e se hanno successo ci sarà un motivo. Dobbiamo prendere sempre più coscienza che la musica italiana andrà ad essere anche questo. Il vostro album uscirà anche in altre lingue oltre all’italiano? In cinese (scherza Ignazio). Non è facile seguire il nostro progetto musicale nel mondo, bisogna gestire il repertorio in modo diverso. Ci hanno chiesto: perché non fate un album completamente di inediti? Una ragione c’è, prima o poi lo faremo sicuramente. Il pubblico americano ha riscoperto il fascino del bel


canto italiano grazie a Pavarotti e Bocelli per questo abbiamo messo Be My Love di Mario Lanza e un brano americano People di Barbara Streisand, proprio perchè il pubblico che ci segue vuole dei classici, ma ci sono anche degli inediti.

da altri, inoltre non abbiamo nè l’età nè l’esperienza per poterli affrontare. Quindi ci limitiamo semplicemente a parlare d’amore visto con gli occhi di tre ventenni.

Per quanto riguarda l’Italia, abbiamo deciso il nostro repertorio in modo un po’ più contemporaneo e più pop. Ci sono più inediti, il brano di Sanremo e altri due. Il secondo singolo uscirà subito dopo Sanremo.

Si ovviamente, però è impegnata. Quindi abbiamo deciso di portare una cosa diversa, duetteremo con Alessandro Quarta. E’ un grande violinista, lo abbiamo conosciuto un paio di anni fa. Abbiamo avuto la conferma del suo talento nel tour fatto con Roberto Bolle e successivamente nello speciale televisivo a capodanno.

E’ stato l’evento più importante della nostra carriera e soprattutto della nostra vita perché non capita tutti i giorni. Eravamo emozionati e non immaginavamo di dover cantare a meno di un metro dal Santo Padre e davanti a cinquecentomila giovani.

Quando vedrete entrare Alessandro tutto penserete tranne che sia un violinista. Il contrasto tra la sua immagine, il suo suono e il nostro modo di cantare.

Con “l’Ave Maria Mater Misericordiae”, è un’Ave Maria speciale scritta per noi. In un’ udienza privata siamo riusciti a consegnargliela e infine a cantarla in sua presenza.

“Vicinissimo” e “Fino a quando fa bene”. Ci parlate un po’ di questi due inediti?

ph Alfonso Mirta Lispi Papa

Come un po’ tutti i nostri brani parlano di storie d’amore. Pensiamo che per parlare di argomenti politici e sociali devi essere un cantautore, bisogna scriverle quelle cose li. Non è facile cantare argomenti sociali e politici scritti

Avete chiesto alla Nannini di fare il duetto con voi?

E’ un buon connubbio per il fatto che sia noi che lui riu-

sciamo a dare al pezzo quel graffio rock di cui prima si parlava. Di recente avete cantato davanti al Papa in occasione della Giornata della Gioventù. Com’ è stata quell’esperienza?

Con quale pezzo vi siete esibiti a Panama?

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Banco del mutuo soccorso Transiberiana

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l Banco del Mutuo Soccorso è orgoglioso di annunciare l’uscita del nuovo album, dal titolo “Transiberiana” - il primo dopo 25 anni - per l’etichetta tedesca Inside Out Music/ Sony Music Group. Il nuovo album sarà pubblicato il 26 aprile 2019.

ph Karen E. Reeves

Di seguito il commento di Thomas Waber di Inside Out Music: “Siamo orgogliosi di lavorare con una delle più iconiche e importanti band italiane di sempre. Dietro al Banco del Mutuo Soccorso c’è un’enorme storia. Sono sicuro

che il risultato sarà fantastico!” Vittorio Nocenzi, leader del Banco: “Sono entusiasta di poter collaborare con Inside Out dopo aver lavorato così duramente sul nuovo album. Mi riempie di gioia e soddisfazione dato che sono stato davvero ispirato sin dall’inizio! Per troppi anni, la band si è dedicata solo alle esibizioni dal vivo, era ora che tornassimo a comporre, suonare e produrre nuovo materiale! Scegliendo il concetto di “Transiberiana” per questo nuovo lavoro, vorrei sottoli-

neare due aspetti principali: in primo luogo la nuova formazione del Banco composta da grandi musicisti e grandi persone; in secondo luogo, la presenza dei miei due figli nel progetto, Michelangelo ha collaborato alla stesura dell’album e Mario Valerio si è occupato della strategia di marketing e comunicazione ad esso correlata. Questi due elementi sono stati i migliori doni che potessi mai avere! E questa è una motivazione in più, se mai è necessario, per fare del mio meglio e per raggiungere gli obiettivi del Banco. Posso solo au-

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gurare ai fan di godere di questo incredibile progetto, e non vedo l’ora di vederli dal vivo quando andremo a suonare l’album assieme ai brani classici del Banco in tutto il mondo, con Filippo Marcheggiani (chitarra solista), Nicola Di Già (chitarra ritmica), Fabio Moresco (batteria), Marco Capozi (basso), il nostro cantante Tony D’Alessio e io!”

Di seguito tracklist di “Transiberiana”

L’ultimo album del Banco del Mutuo Soccorso “13” risale al 1994. Dopo tutti questi anni e dopo la perdita di due membri fondatori il Banco è tornato per confermare la propria importanza nel panorama progressive internazionale.

7. Eterna Transiberiana

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1. Stelle sulla terra 2. L’imprevisto 3. La discesa dal treno 4. L’assalto dei lupi 5. Campi di Fragole 6. Lo sciamano 8. I ruderi del gulag

Il Banco del Mutuo Soccorso è nato a Roma nel 1969 e grazie all’influenza di band inglesi del calibro di Gentle Giant, Genesis, Jethro Tull ed Emerson, Lake & Palmer è stato in grado di forgiare il suo caratteristico sound, complesso e dinamico allo stesso tempo. “Transiberiana” non è solo il nuovo album del Banco del Mutuo Soccorso ma il riflesso di tutta la carriera e di ciò che è la band al giorno d’oggi.

9. Lasciando alle spalle 10. Il grande bianco 11. Oceano: Strade di sale

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Iskra Menarini

l’incontro con Lucio Dalla mi ha cambiato la vita

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er un certo periodo hai vissuto a Sanremo, vero?

Si abitavo in una casa comprata dal mio papà proprio nel centro, a pochi passi dal Casinò. Mio padre è francese venne a fare il partigiano, sai in quei tempi…stiamo parlando di molti anni fa e andò a finire a San Felice sul Panaro, dove conobbe mia mamma che è della provincia di Modena; lei proveniva da una famiglia che aveva i mulini e facevano quelle farine che oggi possiamo solo sognarle. Ero ancora una bambina quando ci trasferimmo a Sanremo. Eri giovanissima, ma cre-

tx Michela Campana tx Alfonso Papa

do che ricordi bene le esperienze sanremesi. Sei ancora legata alla città? Si, all’epoca il Festival si svolgeva al Casinò e attualmente ho ancora un fratello che abita li, quindi so bene come si svolge il tutto. Non c’è niente dopo Sanremo. Oltre alla musica, anche danza e teatro nella tua formazione? Ho studiato con il maestro Barzizza, che adesso è un maestro pazzesco e all’epoca lavorava con personaggi un po’ particolari. Ho studiato chitarra classica, però a quei tempi, le donne che suonavano uno

strumento non erano tanto amate. Ho fatto tante cose, prima di trasferirmi a Bologna per studiare al Conservatorio canto lirico. Ho sempre amato tanto le voci di pancia, le voci spesse quando studiavo lirica andavo sempre ad ascoltare i tenori così ho messo su una voce un po’ piena invece il lirico ha la voce molto sottile. Cosa cambia per te a Bologna? Li ho conosciuto Andrea Mingardi e fu la prima persona che mi fece salire su un palco. Sono sempre stata timidissima, ti racconto che siccome ero una ragazza molto carina se capitava

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ph Ilaria Femia


che dovevo passare davanti ad un bar ero capace di fare il giro di tutta la piazza per non sentire i commenti ed evitare di diventare rossa. Una volta era così, oggi invece i ragazzi fanno di tutto e di più per apparire. Sempre a Bologna, ho continuato a fare musica con un gruppo “i tombstone”e poi l’incontro con Red Ronnie che mi regalò una cassettina con ottima musica dicendomi: “senti qua che roba…” Hai iniziato con il rock progressivo, l’elettro pop fino ad arrivare alla canzone d’autore. Si si, vero. Iniziammo a girare per locali, andammo “all’altro mondo”, locale dove suonavano i numeri uno non solo italiani ma anche da Londra. Fino ad arrivare al Piper di Roma, da dove partirono anche Patty Pravo e Mia Martini. Il problema era che donne che cantavano le cose che facevo io non c’erano, quindi ho dovuto un attimo cambiare registro. Hai trovato molte difficoltà nell’esprimere il tuo modo di far musica? Stiamo parlando di tanto tempo fa, è chiaro che a diciannove anni vedere una ragazza che fa quel tipo di musica che comunque è al maschile non era comune. C’era, ricordo Janis Joplin. Pian piano, poi, mi sono avvicinata più alla musica italiana. Comunque sono stata sempre in mezzo. Una vita in mezzo alla musica. Sono stata ferma un po’,

la nascita di mio figlio e poi l’incontro che mi ha cambiato la vita.

è matto! Invece è stato un viaggio pazzesco e molto emozionante.

Incontro avvenuto a Bologna?

Lucio conosceva tutto, insieme a lui ho fatto quattro anni in giro per il mondo. Lucio era principalmente un autore, molto poetico e non tutti lo seguivano. Anch’io ho fatto fatica a capire cosa faceva. Con “Attenti al lupo” ha conquistato il popolo, un giorno arrivò Ron e gli fece sentire il brano e lui volle tenerlo per se e creò questo balletto.

Oltre che con “i tombstone” ho suonato due anni con un gruppo che si chiamava “i cinque lire”. La storia è veramente assurda, ho scritto anche un libro ma poi non l’ho finito. Con “i cinque lire” all’epoca suonavamo in molti locali di Bologna. Ricordo questo omino piccolo, tutto peloso, non lo seguivo tanto perché naturalmente facevo un altro genere di musica. Ad un tratto lo vedo parlare con Curreri e poco dopo mi vidi portare via il gruppo. Ero arrabbiatissima e non ti dico cosa pensavo in quel momento di lui. Qualche tempo dopo, un amico che adesso non c’è più, mi portò in un luogo sotto una Chiesa ove facevano le prove e mi disse: “ti ho fatto una sorpresa”. E di nuovo mi ritrovai dinanzi a quest’omino peloso. Mi guardò e mi disse: “Non sto cercando una corista, io sto cercando”. Mi fece fare delle cose, poi un provino e da li è nata una simbiosi, bastava che mi guardasse e io sapevo esattamente cosa volesse.

Nel balletto c’era anche un’altra ragazza, Carolina Baldoni, lei era più corista. Lui tendeva a mettermi in evidenza facendomi cantare da solista, gli devo veramente tanto, gli devo tutto. Tu mi stai chiamando perché Lucio mi ha fatto conoscere anche te, è questa la magia. Lucio ha sempre creduto in te, come vera artista? Si abbiamo fatto tante cose, tanti video, ho fatto Tosca amore disperato, questa opera bellissima ove lui mi fece cantare il brano principale. Questo il suo modo di volermi bene. Il fatto che adesso non c’è più.

Tendeva ad esagerare ed era bugiardo quando diceva che io ero la più brava.

Una tragedia, non come artista, perché grazie a lui continuo a fare tante cose.

L’aver detto che non cercava una corista è stato per te un grande complimento?

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Eh si, sono entrata nel mondo di Lucio che avevo quarant’anni. Ho detto: questo

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Alex Britti & Max Gazzè

in missione per conto di Dio

in una formazione fuori dal comune. Britti, autore di canzoni tra le più amate dal pubblico italiano e chitarrista fenomenale; Max Gazzè, bassista raffinato, artista estremamente eclettico che riesce a trasformare in successo ogni suo progetto e Manu Katché, batterista di fama mondiale, i tre insieme per un nuovo evento imperdibile. © Riproduzione riservata

ph Alfonso Papa

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n missione per conto di blues di tutta Europa. Dio vedrà di nuovo sulA due anni da quell’unico lo stesso palco. concerto, al già eccezioAlex Britti e Max Gazzè, nale duo si aggiunge un già nel 2017 insieme per altro straordinario musidue concerti unici alla cista: il batterista franceCavea dell’Auditorium se Manu Katché che nel Parco della Musica di suo curriculum vanta lunRoma. ghe collaborazioni con Peter Gabriel, Sting, L’evento era nato come Pink Floyd, Joe Satriaun tributo alle loro radi- ni, Dire Straits e tra gli ci comuni che affonda- italiani Pino Daniele e no nel blues; negli anni Stefano Bollani. Novanta Alex e Max si erano ritrovati a suonare Il concerto vedrà Gazzè, insieme nei fumosi locali Britti e Katché insieme


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ph Alfonso Papa



Leonardo Da Vinci press

Disegnare il futuro

tx Gabriella Sandrelli

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na mostra con oltre cinquanta opere che racconta le ricerche tra scienza e arte di Leonardo da Vinci attraverso lo strumento del disegno. Il percorso ruota intorno al nucleo di disegni autografi di Leonardo conservati alla Biblioteca Reale di Torino, che comprende tredici disegni acquistati dal re Carlo Alberto nel 1840, e il celebre Codice sul volo degli uccelli, donato nel 1893 da Teodoro Sabachnikoff al re Umberto I. Uno straordinario insieme di opere databili all’incirca tra il 1480 e il 1515, diverse per soggetto e per ispirazione, ma in grado di documentare l’attività di Leonardo dalla giovinezza alla piena maturità. Alcuni disegni sono in relazione con opere note e celebrate del maestro: i nudi per la Battaglia d’Anghiari, i cavalli per i monumenti Sforza e Trivulzio, lo straordinario studio per l’angelo della Vergine delle Rocce, noto come Volto di fanciulla. Oltre all’unicum, il celeberrimo Ritratto di vecchio, ritenuto l’Autoritratto di Leonardo. Per restituire il senso, l’origine e la peculiarità del lavoro di Leonardo, la genesi dei disegni torinesi è indagata nella relazione con analoghe esperienze di altri artisti, attraverso l’esposizione in mostra di opere di grandi maestri, dai fiorentino Pollaiolo ai lombardi Bramante e Boltraffio, fino a Michelange-

lo e a Raffaello. L’itinerario è suddiviso in sette sezioni dedicate ad altrettante possibili chiavi di lettura dell’opera del maestro e delle esperienze condotte da tutti gli artisti del Rinascimento: l’eredità dell’arte antica; l’esplorazione dell’anatomia e delle proporzioni del corpo umano; il confronto tra arte e poesia; l’autoritratto; lo studio dei volti e la sfida della rappresentazione delle emozioni. Infine, gli studi sul volo, l’architettura e un tema finora inesplorato: “Leonardo e il Piemonte”, che si sofferma sulle citazioni dei luoghi presenti negli scritti di Leonardo e che ha, come disegno catalizzatore, il foglio del Codice Atlantico con il Naviglio di Ivrea. In occasione della mostra, l’Università degli Studi di Torino propone una rassegna interdisciplinare ispirata all’universalità

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di Leonardo dal titolo “Pioneers. Esploratori dell’ignoto da Leonardo ai giorni nostri”. Un public programme che, a partire dai disegni esposti, ne approfondisca i temi e si configuri al contempo come una piattaforma di scambio tra il pubblico e i protagonisti della ricerca, creando attorno alla mostra uno spazio inedito di partecipazione, dialogo e sperimentazione. La mostra è realizzata in collaborazione con Regione Piemonte, Città di Torino, Università degli Studi di Torino, Politecnico di Torino ed è compresa tra le iniziative finanziate dal Comitato per le Celebrazioni dei 500 anni della morte di Leonardo da Vinci presso il Ministero per i beni e le attività culturali. © Riproduzione riservata

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av, diminutivo di Lavinia, è una ragazza fragile e sincera. Sospesa tra il mondo reale e un mondo che esiste soltanto nella sua mente, si dimena per trovare la forza e il modo di far coesistere le due dimensioni senza venirne risucchiata.

e questo la fa sentire nuda e indifesa. Una parte di lei vorrebbe averlo, uno scudo, vorrebbe essere come gli altri, ma nella tentazione di conformarsi vede più vigliaccheria che coraggio. Di fatto il suo è un esilio, una scelta di purezza, nonostante tutto.

umano, alla ricerca di se stessi e degli altri, senza alcuna certezza di poter tornare con delle risposte».

Così cerca di orientarsi nella complessità dei rapporti con gli altri, ma tutto si trasforma in indolenza e in smania.

Il brano è tratto da “DI CHE COSA HAI PAURA?”, il disco d’esordio del cantautore del Montefeltro.

Influenzato dal Teatro Canzone di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, dal Folk e dal cantautorato italiano ma fortemente contaminato dal pop elettronico del nord Europa.

È fragile, come sono fragili tutti, loro malgrado, ma rispetto agli altri sembra aver perso la forza di nascondere la sua fragilità, sa di avere una spada affilata, ma combatte senza scudo,

Un album contaminato dal folk, dall’elettro-pop di matrice Nord Europea e dall’indie-pop italiano. «Otto tracce prodotte insieme a Livio Boccioni che conducono ad un viaggio dentro il cuore dell’essere

Comelinchiostro (al secolo Giorgio Bravi) è un cantautore di Sant’Angelo in Vado, una piccola cittadina del Montefeltro.

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le donne di carattere non piacciono

i sono artisti che hanno saputo, come pochi, esprimere lo spirito del tempo in cui vivevano e anzi, talvolta, anticiparne il corso. Tra questi c’è Mia Martini. Un’artista dalla voce unica, un’esperienza umana scandita da grandi successi e da un privato denso di emozioni, sempre in bilico tra crisi esistenziali e traguardi professionali. Per Mia Martini la consacrazione arriva nel 1972 con il brano “Piccolo Uomo”, che vince il Festivalbar e, l’anno dopo, bissa con il capolavoro “Minuetto”, in assoluto il

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suo 45 giri più venduto. Il 1974 è un anno fondamentale per Mia Martini che è considerata dalla critica europea la cantante dell’anno: i suoi dischi escono in vari paesi del mondo e registra i suoi successi in francese, tedesco e spagnolo, ottenendo consensi significativi anche all’estero. In particolare, in Francia dove viene paragonata a Edith Piaf. Una vita intensa e una personalità sincera e autentica, che ha saputo tenere testa a pregiudizi emarginanti e che non ha voluto scendere a compromessi, pagando a

duro prezzo le proprie scelte artistiche e personali. Questa è la sua storia e il racconto del pregiudizio che ha deviato il corso della sua vita. La vita di Mia Martini, come in fondo forse quella di tutti i grandi artisti, è stata spesso dominata dalla difficoltà di coniugare il suo indiscutibile talento e il diritto di poterlo esprimere liberamente, con gli impedimenti e le difficoltà della vita reale e quotidiana che continuamente l’hanno messa di fronte a scelte e compromessi difficili da gestire.


Questo è il dato di partenza, il nocciolo reale, vero, dal quale si dipana e si allarga tutto il racconto che mescola fatti realmente accaduti alla finzione di chi decide di raccontarli. Il ritorno di Mia Martini a Sanremo 1989, il perno intorno al quale la storia si sviluppa, è un fatto reale, com’è reale il fatto che accadesse dopo ben cinque anni che Mia si era ritirata dalle scene, anni nei quali per pagare l’affitto aveva scelto di continuare ad esibirsi, accompagnata solamente da una base - lei che aveva cantato all’Olympia - nelle sagre rionali e nelle feste di paese. Tutto vero. Vero anche quel suo carattere a volte troppo intransigente, irrequieto, che non sopportava imposizioni, che voleva essere sempre artefice del suo destino e che l’ha portata a recedere il contratto prima della scadenza con un’importan-

te casa discografica che la rappresentava - riducendola così sul lastrico - perché voleva imporle autori nuovi e un modo differente di vestirsi e di cantare, temendo che si alimentassero le voci che già negli anni ‘70 circolavano sul suo conto. Anche questo tutto vero. Le voci stupide, ma terribili, che avevano a che fare con il pregiudizio, con la calunnia, che si sono insinuate nella sua vita, inizialmente come un venticello leggero per poi trasformarsi in una vera tempesta che ha finito per travolgerla costringendola di fatto al ritiro. La parte affidata alla finzione nella storia è portata soprattutto dai personaggi che ruotano intorno a Mia e che servono a rendere più chiara la narrazione. Lucia Neri, prima tra tutti, è la giornalista che l’accompagna nelle quarantotto ore che la separano dal suo sperato e temuto

ritorno sulla ribalta di Sanremo. Non sapremo mai se Mia quelle quarantotto ore le ha vissute davvero così. Ricordando e raccontando a un’altra donna come lei cosa l’ha portata a ritrovarsi lì dove si trova adesso, con la paura e l’ansia di ritrovare il suo pubblico; come non sapremo mai se l’altro personaggio di pura fantasia, Tino Notte, sia stato davvero lui a mettere per primo in giro la voce che Mia Martini portasse sfortuna. Anche Andrea, un fotografo che incontra una sera dopo un suo concerto alla Bussola, grande amore che attraversa almeno dieci anni della sua vita, tra alti e bassi, liti e incomprensioni, fino alla chiusura finale, è un personaggio di fantasia e la loro storia è in linea con le tormentate storie d’amore vissute dall’artista. © Riproduzione riservata


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Concerti m Due

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Roberto Vecchioni 25 Marzo 2019 Politeama Genovese - Genova 27 Marzo 2019 Teatro Comunale - Gorizia

Greata Van Fleet 24 Febbraio 2019 Alcatraz - Milano 10 Luglio 2019 Sonic Park - Bologna

I Musici di Francesco Guccini 1 Marzo 2019 Teatro Giardino - Breno 7 Marzo 2019 Teatro Alessandrino - Alessandria


Slash 8 Marzo 2019 Fabrique - Milano 6 Luglio 2019 Villafranca di Verona - Verona

James Senese 3 Aprile 2019 Teatro del Verme - Milano 11 Maggio 2019 Auditorium Parco Musica - Roma

Jack Savoretti 16 Aprile 2019 Gran teatro Geox - Padova 17 Aprile 2019 Fabrique - Milano

Edoardo De Crescenzo 27 Aprile 2019 Teatro del Verme - Milano 2 Maggio 2019 Teatro Brancaccio - Roma


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Sogno di una notte di mezza estate tx Carmela Bove

n vero e proprio teorema sull’amore, ma anche sul nonsense della vita degli uomini che si rincorrono e che si affannano per amarsi, che si innamorano e si desiderano senza spiegazioni, che si incontrano per una serie di casualità di cui non sono padroni.

Così il nostro bosco sarà foresta, patria randagia di zingari circensi e ambivalenti creature giocherellone, Puck diventerà un violinista che non sa suonare, Bottom un pagliaccio senza palcoscenico, Oberon un antesignano cripto-gay e Titania una ammaestratrice di bestie selvagge.

Mito, fiaba e quotidianità si intersecano in questa originale versione del noto testo shakespeariano, di cui la rilettura del regista Massimiliano Bruno fa emergere la dimensione inconscia, onirica, anarchica e grottesca.

I dirompenti Stefano Fresi, Violante Placido e Paolo Ruffini ci trascineranno in questo moderno e travolgente Sogno di una notte di mezza estate.

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Sogno di una notte di mezza estate, con Stefano Fre-

si, Violante Olacdo, Paolo Ruffini; di William Shakespire; adattamento e regia di Massimiliano Bruno, con la partecipazione di Augusto Fornari nel ruolo di Oberon, con i comici Rosario Petix, Zep Ragone, Dario Tacconnelli e Maurizio Lops nel ruolo di Quince gli innamorati Sara Baccarini, Alessandra Ferrara, Antonio Gargiulo, Tiziano Scrocca la fata Annalisa Aglioti, scene e costumi Carlo De Marino, Light Designer Marco Palmieri, Musiche di Roberto Procaccini. © Riproduzione riservata




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