GIORNALE DI MEDICINA MILITARE 1986

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DIREZIONE REDAZIONE AMMINISTRAZIONE VIA S. STEFANO ROTONDO, 4 - ROMA
in Abb. Post. Gruppo IV - 70% Periodico-Bimestrale a cura del COMANDO DEL CORPO DI SANITÀ DELL'ESERCITO ANNO 136° FASCICOLO 1 GENNAIO FEBBRAIO 1986
Sped.

Redazione: Via S. Stefano Rotondo, 4 - 00184 Roma

presso il Centro Studi e Ricerche Sanità Militare - Esercito

Tel. 4735/7939 - Tcl. int. O.M. Ce li o o.2 55

SOMMARIO

L'ARTICOLO DFL MAESTRO

VèC.:CHI0i\l R.: La chirurgia della carotide

VI CCH/0'\E A., 8Os1O C.: Patologia polmonare in eromomam Studio su di un campione metà di leva .. ALB.\\ESE A., D'\RRTG0 C., G \IU0 D., P0U\1FSJ M., Zno G.: A proposito dz due casi di cheratodern11a palmoplantare

PLRFTTA R., Bt.RTELÈ G P., MH0J\'T0 R.: Il Gabinetto Stomatologzco dell'Ospedale Mzl1tare dez Verona: una esperien::.a dt lavoro 111 un moderno Presidio d1 profilassi e terapia ronservatzva d1 massa ......... ..

LOMBARDO G.M.: Evoluzione del!ejratture 11el morbo di C.111cher ................................................ . Dt MARTl\'O M., C0LAC,R0SS0 B., RASO.\/ G.: Potenziali el'ocat1 somatosensorial1. note medico legali di interesse anche 1ntl1tare

CR0SARA C., CARNER M ., KILI FFR E.: Valutazione della capacità uditiva nella definizione dell'idoneita al servizio militare: prove acumetriche 11ocal1 \iS Audiometria Tonale Lzmmare .............................. ..

MAR I/RE F.: Prestazioni di lavoro comportanti contmua e diretta esposiziolle a rischi pregiudizievoli per la salute o l'incolim11tà personali> in una Brigata Corazzata: prevenzione delle malattie professionali e degli mfortuni e moda lita d'intervento sanitario periodico

BH'( .\ A.: li convoglio di pronto mterr1e11to del Reggimento Genio Ft'rrovzeri ................................. ..

C.I1wso E.: Contingente italiano di Pacem Libano: Esperienze di un chirurgo ne/l'Ospedale Mzlitare da Can1po a Be,n,t

TR!.\'CHI E., PAR/SI F.: Le fratture del bacino

BIONDI B., CAB RAS M ., CA VE,\AGHI R., M l-.\ARE1 ro S.: Malattia tubercolare: relazione su di un caso c/1 peritonite ..................................................................................................................... ..

Pt ESCIA M ., TOSI A., A NT0NIA/Ll F.: Incidenza di 1percalcitma in 713 giovani alla visita di leva BROS0L0 P., SAI\' I A.\1BR0GT0 R., SPADA L.: La patologia emorro1darw in g101•,mi milztart dz leva

CA.'i\1/R0 M., SA\:S0:-. F., MA\1,\1..\.\A G., VISCO,\ TT D., VOI /'E A.: Un occasionale reperto TAC m diagnostica neuroradiologica ................................................................................................... .

CA1\'TARJNI M., AMBROGIO A., P-\L\,1/LRI N.: Congiuntivite ltgnea: considerazioni in mento ad unt1 rara osservazione cltnrca ........................................................................................................... .

CAVALLARO A., CAZZA IO A., Dr MAR LO L., NARDI M , RJB/.~ E.: Su 11n caso di c1stilinfoepiteliale laterale del collo

VI !Al E G., Mt.'-:ON\'E A., MEROLLA A., MAVRO S., PEPE R.: Rzlevaziont elettrocard1ograf1che su 700 rmlitari di leva: l'incidenza della sindrome di pre-eccitazione ventricolare (PQ breve ) ......................... .. MAR \10 F.: La trasmissione delle co11giuntzv1t1 infettive neglz ambulatori

G., L0FJ."-:0 G., BL'RLCA G. C.: Ecografia b1dimens1011ale nell'mfarto acuto del m1ocardt0 .... .. LA PAGINA

IN ( OPERTINA· Il Centro Studi e Ricerche deUa Sanità Mìliw-c dcll'Eserci10 ha reJe 1,11111 ,·,li/1c10 cos1rt1110 olla fine deglt 0>1111 '50 nel comprrmiorio d, Villo Fomeco III Roma. tra f/.lt edifìc, che osp1ta110 la D1re:uone Ge111:wle di S1111ilà M,l11arl', rl Co111a11do dei \erv1:r1 ç,muari del/'l:serr:ito e la Carem1<1 del Reparlo Comando e Scrv,zr del/ 'Ospedale Mtlitare di Roma

LA molteplice attmlà Jel/'ls//t11to nel/'ambi10 del Senn,o ~n,tano del/'l:.serr:110. và dncumcntat.J su quei/e paf!.1111" con 1111 art/colo apporw sul fasctcolo 4-5, lt1f/.lto·otlobrt' 1983, li è III ques// 1dt11m anm amcch,ta J1 remprt' pi,ì agy,wmate erpertem:e (11t1di gem·11rr, e,ulocrùtologici, J1 fìs10terapra resptratona, dt 1111munolog1a, sull'Atds, ecc.)

lno/Jre è i,, cono 1111 programmo d, collaboraz1011e fra ,I nortro ed I comspcmden// Ce11tri St11J1 della .\larifla (st11d1 di 11eurofis10wy.ia 1penme111ale III camera iperbanca) e del/'Aero11autica (ncerche 1m1111111olog1chl').

Orgo110 d, co11sule11za scie1111fica de, vert,c, della Sonrta e del Com111issaria10 Miluan 11011chè delk1 S1a10 MagJ1.1ore del/'Eserc110, il Centro Studi è allreiì 1111 [s///11/0 J, ricerca che svolge programmi rperimemali in collaborazio11e con 11unu'Tosi 1s//t11ti Unmmitan e .-011 eq111p,•s di ricercatori ospedalieri 5i può seni 'altro affermare che il Centro çtudi i, pone al/'ai·a11ç.11ardia tkl sapere md1co m1hldrt'

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE
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oculistici: alcune indzcaziom pratiche per la profilassi Casco MA 7 LUCA, FRANCO G., PAV0LJ.\JI B.: Esiti lontani del piede cavo non trattato GARRIElLJ
If.L 71 E.: Porta Furba LL SOLDATO ITALIANO DELL'OTTOCENTO: L'Opera di Quinto Cenni il ,,Pittore dei Soldati» RECENSIONI DA RJVJSTE E GIORNALI SOMMARI DI RIVISTE MEDI CO- MILITARI (a cura di D.M. MONACO) NOTIZIARIO: Con.g~essi .. : ...... . ··--: ·:....................................................................................................... . Not121e tecn1co-sc1cnt1f1chc Pag. ,, I 7 17 24 32 36 41 46 49 53 63 70 73 78 80 83 86 91 94 96 101 104 108 111 114 118 120
CULTURALE

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE

L' ARTICOLO DEL MAESTRO

li Prof. Roberto Vecchioni è nato a Massa Marittima ( Grosseto ) il 23 aprile 1932.

Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Padova nel 1957;

Assistente volontario, poi incaricato, poi di ruolo presso gli Istituti di Patologia e Clinica Chirurgica dell'Università di Padova (Direttore Prof P.G. Cévese ) dal 1960 al 1968; Aiuto di Ruolo nel 1968, ha conseguito nello stesso anno la maturità per i Concorsi di Cattedra di Patologia Chirurgica di Siena e Semeiotica Chirurgica di Catania.

Nominato Direttore dell'Istituto di Patologia Speciale Chirurgica dell'Università di Padova per la sede di Verona nel 1969, dal/'1.11. 1970 è titolare della Cattedra di Patologia Chirurgica dell'Università di Verona.

Libero docente in Patologia Speciale Chirurgica e Clinica Chirurgica; specialista in Chirurgia Generale; Direttore delle Scuole di Specialità dell'Università di Verona di Chirurgia Generale, Chirurgia Pediatrica e Cardioangiochirurgia.

Autore di 300 pubblicazioni fra cui parti di un "Trattato di tecnica Chirurgica" e di "un Manuale di Patologia Chirurgica", è Membro Titolare e Fondatore della Sezione Italiana del Collegium Internationale Chirurgiae Digestivae, Membro Titolare della Societé Internationale de Chirurgie, Membro Titolare dell'lnternational College o/ Surgery, Membro Titolare della Società Italiana di Chirurgia Toracica, Membro della Società Italiana di Chirurgia.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA-ISTITUTO DI PATOLOGIA CHIRURGICA

Direttore: Prof. R. V E CCHIONI

LA CHIRURGIA DELLA CAROTIDE

Prof. R. Vecchioni

La chirurgia del sistema carotideo, intesa come mezzo per restituire efficacia funzionale ed integr it à anatomica ai più rilevanti tronchi vascolari sovraortici ha preso avvio circa 25 anni fa, allorché venne riconosciuta l'importanza dell'aterosclerosi dei vas i

exrracranici nella genesi dei disturbi cerebrovascolari e prospettata la possibilità di interventi sulle carotidi a l collo per il trattamento dell'T.C.V . (Fisher, 1951).

Carrea, Mollins e Murphy per primi concretiz-

ANNO 136 - FASCICOLO 1 GENNAIO - FEBBRAIO 1986
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zano nel 1951 un atto chirurgico utile attuando un'anastomosi tra arteria carotide esterna ed interna a valle di una stenosi arteriosclerotica in un paziente con emiplegia.

Nel 1953 Strully, Hurwitt, Bmankenberg eseguono una trombectomia della carotide, ma non ottengono flusso retrogrado, la rivascolarizzazione risulta inefficiente perché il circolo a valle è ormai occupato dalla trombosi secondaria.

Dc Bakey, Crawford, Morris e Cooley nel 1953 eseguono con successo una endoarteriecromia della carotide interna. Nel 1954 Eascott, Pickering e Rob conducono a termine in ipotermia la resezione del carrefour carotideo con reanastomosi termino-terminale tra carotide comune e carotide interna.

Il successo dell'intervento mette in chiara luce l' importanza della chirurgia carotidea e focalizza l'esigenrn della protezione cerebrale durante l'ischemia da clampaggio. In seguito le comunicazioni di casi operaci si moltiplicano: Denman, Ehni, Duty sostitu iscono il tripode carotideo con un innesto autologo (1954), Lin, Javid, Doyle vi trapiantano la sa fena ( 1955 ), Murphcy e Mill er praticano tre tromboendoarteriectomie; Lyons e Gallbraith ( 19 5 6), confezionano un by-pass protesico succlav io-carotideo.

Nel 1957 Rob e Wheeler raccolgono già una casistica di 27 pazienti operati. Nei IO anni successivi J. E. Thompson esegue 595 interventi e li compendia in una monografia che propone definizione ragionata e logica terapia delle diverse forme di ictus 1968 ) Attualmente lo stesso autore annovera l 140 interventi di cui 338 eseguiti in fase acuta (1976).

L'opera dei chirurghi che si sono dedicati a questa branca si è fatta via via più incisiva e mirata, le indicazioni so no state precisate il ri!>chio operatorio è divenuro valutabile, le tecniche h anno assunto precisione e sicurezza, i risultati oggi non più deludenti sono divenuti talvolta spettacolarmente risolutivi (Caron, Goutelle, Natali, Thevenet, De Bake y, De Wcese, Fiedls, Javid, Mc Dowcll, Thom pson, Stefanini, Fiorani, Gallucci, D'Addaro ).

I campi di applicazione sono rappresentati in larga maggioranza dalle stenosi carotidee arteriosclerotiche e dalle loro complicanze, ma indicazioni all'aggressione chirurgica elettiva o di urgenza del sistema carotideo possono essere rappresentate da altre lesioni spontanee vascolari, aneur ismi (Du Bost e C ., Webb e C., D'Addado), fistole arterovenose

(Adam e C. Hammer e C.,) Kinking (De Bakey, Natali, Quattlebaum e C.) fibrod1splasie (Morris, Stanley, Ehrenfeld), neoplasie glomiche o secondarie di vicinanza (As la m, ConJey, Dargent), da molte lesioni traumatiche (Crissey, Flint, Wewitt, Huges, Jerningam, Thai, ecc.), da lesioni consecutive ad interventi portati per varie motivazioni sulle regioni later al i del collo ( Adam), da embolie in cardiopatia o in portarori di lesioni dell'aorta ascenden te.

L'ischemia cerebrale è una situazione clinica in cui una pane più o meno rilevante dell'encefalo non riceve sangue o ne riceve in maniera insufficiente.

IJ deficit dell'irrorazione può essere temporaneo o stabile, dj modestissimo g r ado o molto rilevante, da ciò discendono una se rie di situazioni cliniche assai dissimili fra di loro con la possibilità di stadi di transizione che possono indurre in assenza o meno di atti cruenti, spontanea evoluzione verso il rapido aggravamento o la lenta risoluzione=

Di fronte a una così vasta gamma di possibilità cliniche la diagnostica si articola oggi su accurati esami seme iologici e precise indagini strumentali, quali la panangiografia sovraortica (tet raangiografia), la valutazione Aussimcrrica cerebrale (Xenon 133 ) e le altre indagini ad indicazione emodinamic a; molto valore hanno l'EEG e la tomografia assiale computer izzata ( TAC) più nota come EM I SCANNER. L'angiografia è l'esame fondamentale va programmata su precisa indicazione ed eseguita talvolta con cautela. Oggi con la angiografia digitale molti rischi possono essere evitati .

Le indicazioni principali della moderna chirurgia della carotide son o rappresentate da:

a) le stenosi carotidee serrate e circoscritte mono o plurifocali, mono o bilaterali.

b) Le placche ulcer ate embolizzanti o potenzialmente fornitrici di micro-emboli cerebrali.

c) Le stenosi associate a una ostruzione conrrolaterale.

d) Le stenosi misconosciute e scoperte magari occasionalmente in corso di esami di screening.

f ) Gli aneurismi della carotide.

g ) il Kinging carotideo.

h ) Jl furto succlavio.

i) Le ostruzioni trombotiche post-traumatiche.

1) Le lesioni dirette ch iu se o aperte.

m)I tumori glomici.

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n ) Le forme neoplastiche ad interessamento carotideo.

o ) I trapianti liberi al collo uri lizza ti nella chirurgia dell'esofago.

In molti casi di ICV (insufficienza cerebrovascolare ) la chirurgia della carotide ha il carattere della vern e propria chirurgia preventiva tanto è vero che l'indicazione principe alla aggressione chirurgica della carotide è rappresentata dal TIA o da les ioni sconosciute e scoperte per caso non ancora palesatesi con segni neurologici, ma che inevitabilmente giungeranno ad un TIA o peggio ancora ad uno stroke vero e proprio. In tali casi l'intervento ha da essere precoce, preceduto da un accurato esame angiografico (oggi optiamo quasi sempre per una arteriografia digitale dopo aver eseguito un comune esame doppler d'orientamento).

Sia che si tratti di stenosi serrate che di placche embolizzanti l'intervento è sempre una endoarterieccomia della carotide che comunque nella gran parte dei casi comprende iJ carrefour e la carotide interna ed esterna. La endoarteriectomia si chiude per solito con sutura diretta senza parch, ma questo può trovare talvolta indicazione ad un uso giustificato.

Se la lesione è monofocalc con circolo controlaterale in buone condizioni l'intervento di disostruzione può essere praticato in semplice clamp carotideo senza l'utilizzo di un by-pass interno carotidocarotideo. Il tempo medio di esecuzione è di circa 8 minuti: durante il clampaggio è utile un trattamento eparinico. I ri sultati sono ottimi; gl i incidenti da clampaggio rnrissimi.

Qualche problema in pi ù sorge nel caso di stenosi serrata coesisteme ad una occlusione totale cronica comro laterale del c ircolo caroti d eo e talora anche del circolo vertebro-basilare.

In cali casi è consigliabile operare con un bypass caroti d o-carotideo in situ onde ass icur are la con tinuità di flusso cerebrale durante il tempo della endoarteriectomia.

Nel complesso i rischi della disostruzione carotidea sono oggi mod esti; la possibilità di incidenti post-operatori è contenuta nel 5% dei casi, le restenosi s i possono manifestare nel 2-3% dei casi.

Le comp lican ze più gravi possono essere costituite dalla insorgenza di un \ ero e proprio stroke o da un rialzo impro vviso e mal controllabile della pressione sangu igna. Interventi d'urgenza nella chi-

rurgia delle lesioni croniche della carotide sono quasi sempre da bandire, aggravano sovente uno stroke già in atto e ne peggiorano la successiva evoluzione.

Le complicanze intraoperatoric nella chirurgia carotidea per fCV sono ridcmissime. L'intervento se condotto in clamp carotideo viene eseguito sotto protezione eparinica cakhé le trombosi intraoperatoria sono un evento eccezionale. Il cont rollo elettroencefalografico intraoperatorio si rende necessario solo nei casi a forte compromissione bilaterale del circolo carot ide o.

li by-pass carotido-caroc id eo intraoperatorio è utilizzato solo nel caso che venga operato un paziente con entrambe le carotidi interne fortemente stenotiche; dal lato operato può essere in siffatta occasione utiliaato uno shunt momentaneo di sicurezza. Se le indicazioni sono corrette i risulrati operatori nella ICV sono assolutamente soddisfacenti. La mortalità operatoria si aggira attorno ali' 1 % , gli strokes post-operatori non superano il 2-4%. L'80%-90% dei malati non presenta segni cerebrali per un periodo che va da 1 a 3 anni dopo l'intervento .

Se si tiene conto che circa un 40% dei TIA non trattati sviluppa entro breve termine strokes più o meno gravi si deduce che la chirurgia mantiene nel trattamento della ICV un ruolo di grande attualità

Restano ovviamente esclusi dal trartamento chirurgico gli strokes evolutivi, quelli con grave compromissione della coscienza, le fo rm e croniche e con segni di lato stabilizzati.

Gli aneurismi della carotide costituiscono lesioni che possono essere anche gravemente embolizzanri; la loro curn è quindi chirurgica, ma pone problemi diversi a seconda della topografia della lesione. Gli aneurismi "bassi" sono la le sione più facile da curare con la a neurismectomia cui può seguire una ricostruzione diretta del vaso o l'interposizione di un by-pass in dacron.

Gli aneu rismi alti cioè direttamente confinanti con la base cranica pongono problemi assai gravi che spesso non sono risolvibili con la so l a resez ione dell'apofisi stiloide

Il kingking carotideo è una lesione assai semplice ma che può essere all'origine di un TIA o di TIA ricorrenti per fenomeni di microembolizzazione. L'acro chirurgico di resezione arteriosa è sempli ce e non comporta rischio alcuno. I risultati sono quasi sempre molto buoni.

Un particolare aspetto della chirurgia carotidea

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è quella che viene praticata nel caso del cosiddetto «furto succlavio».

Quando la stenosi si localizza alla origine della arteria succlavia durante l'esercizio muscolare il fabbisogno ematico dell'arto viene mantenuto a spese del circolo vertebrale essendo l'arteria vertebrale uno dei più consistenti rami della prima porzione della a. succlavia. L'inversione di flusso nella a. vertebrale crea nei casi più gravi una ischemia cerebrale relativa con vertigine e stati presincopali. Esistono comunque tutte le varietà sintomatologiche sino a casi assolutamente asintomatici.

L'accertamento è solo angiografico. La terapia può consistere nella endoarreriecromia del tratto stenosaro od occluso o, se questo non è possibile specie a sinistra ove può essere compreso l'arco aortico nel processo ateromasico, nel by-pass succlaviosucclavio e carotido succlavio omo o controlaterale.

La terapia chirurgica sortisce sempre buoni risultati, il rischio è contenuto, gli esiti a distanza sono favorevoli.

La carotide è sovente coinvolta in traumi diretti o indiretti in cui la tempestività nell'atto chirurgico può essere determinante per il recupero delle funzioni motorie compromesse.

Nella mia esperienza figurano due casi clinici paradigmatici: il primo riguarda un giovane di 23 anni che va incontro nella mattinata di un sabato ad un trauma stradale con esito contusivo al collo. li paziente viene ricoverato solo per un vasto emaroma cervicale esente da qualsivoglia sintomo neurologico o cardiocircolatorio. Dopo 24 ore il paziente sviluppa lentamente una emiplegia comrolaterale che nel volgere di poche ore si fa completa. L' angiografia dimostra un trombo nella carotide comune ed interna del lato leso con occlusione completa del vaso: viene praticato un intervento immediato con arteriotomia e liberazione del vaso dai depositi trombotici, cui segue chiusura per prima della breccia arteriotomica. È posta in atto una rianimazione emodinamica adeguata. Il paziente recupera completamente entro 4 giorni la sua attività motoria. Non è semplice rendersi ragione di una sintomatologia siffatta al cui instaurarsi probabilmente hanno contribuito fenomeni di spasmo o di microembolizzazione, sta di fatto che in questo caso la terapia chirurgica mirata e tempestiva è stata efficace.

L'altro caso riguarda una giovane donna che nel corso di una rapina a mano armata in una banca ove ella prestava servizio come impiegata viene col-

pita al collo da una pallottola di mitra. Grave emorragia faringea, lesione della carotide interna destra per «striscio», gravissimo ematoma periarterioso: intervento d'urgenza, ma non possibile per ragioni di dislocazione ambientale prima delle 4 ore. All'atto chirurgico si constata l'assenza della parete posteriore della carotide interna per un tratto di 4 cm. La paziente ne] tempo compreso fra l'evento traumatico e l'intervento ha sviluppato una completa emiplegia controlaterale. Sostituzione del tratto di carotide lesionata con vena safena autologa. rI decorso postoperarorio è stato buono, il recupero entro 3 mesi quasi totale, se si eccettuano i movimenti di precisione della mano. Anche qui il meccanismo d'ischemia cerebrale non è di facile comprensione: microemboli e spasmo riflesso porrebbero esserne la causa aggravati dall'imponente deplezione ematica.

La considerazione conclusiva è che quelle lesioni acute traumatiche dell'asse carotideo in cui si sospettino focolai embolizzanti o lesioni parietali l'intervento d'urgenza è da consigliare essendo sovente altamente benefico anche in presenza di gravi segni di lato. In tali occasioni sono possibili arteriotomie semplici, sostituzioni autologhe, by-pass.

Le lesioni dirette aperte sono rappresentate da traumi da taglio, contusioni, traumi da strappo o da fuoco che ledono direttamente l'asse carotideo provocando soluzioni di continuità che determinano un drammatico sanguinamento aJl'estemo; la riparazione si impone e non offre nessuna difficoltà né abbisogna di tecniche particolari.

In tali casi l'importante è arrivare rapidi al clampaggio del focolaio emorragico per organizzare poi con serenità la migliore via per la ricostruzione.

In alcune lesioni con perdita di sostanza dal vaso è consigliabile l'uso del patch sia esso in safena autologa o in materiale sintetico; questo si offre oggi in forme di perfetta tollerabilità ed efficienza.

Le forme neoplastiche ad interessamento carotideo sono quasi sempre di spettanza otoiatrica, ma possono anche verificarsi casi in cui neoplasie maligne della tiroide o del timo coinvolgono ampiamente gli assi carotidei talché la loro exeresi impone un intervento aggiuntivo di chirurgia vascolare. È un tema trattato di recente da varie Società Chirurgiche e che si impone per le brillanti soluzioni che talora possono essere raggiunte . L'evento più frequente è la compromissione della carotide comune da parte di una neoplasia maligna delle alte vie respiratorie che può realizzare una estesa infiltrazione della pa-

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rete della carotide comune siano a raggiungere l'intima e generare in casi particolari anche segni tipici della ICV con TIA ricorrenti da microembolizzazione per microtrombosi sovrapposte.

Gli atti operatori sono semplici e richiedono la to t ale exeresi, spesso in blocco con la neoplasia , del tratto carotideo comune compromesso e la sua sostituzione con una protesi in dacron. Il rischio è modesto, non occorre lo shunt intraoperatorio, a meno che il paziente non sia anziano e con compromissione del circolo carotideo controlaterale.

La pervietà. del by-pass si mantiene a lungo ed io genere supera il periodo in cui il malato viene a morte per la sua primitiva neoplasia.

Nel caso di patologia d e l mediastino superiore i problemi vascolari si possono presentare relativamente più complessi specie se si tratta di neoplasie tiroidee invasive o di neoplasie timiche maligne. In tali casi è possibile che i tronchi sovraortici siano compromessi all'origine rakhé risultano coinvolte a destra l'arteria anonima e/o la radice della carotide o della succlavia e a sinistra separatamente o unitamente la carotide comune o la succlavia.

Se le condizioni operatorie lo consentono la via di scelta è la resezione in blocco col rumore del tratto di vaso interessato. Qualora ciò non sia pos s ibile si può ricorrere a "pontages'' anche lunghi fra arco aortico e tronchi sovraortici a valle della lesione ostruttiv a ( by-pass aorto-succlavio, aorrocarotideo), nei casi in cui si presenta rischioso l'accesso al mediastino superiore e quindi all'arco dell'aorta si può agevolmente ricorrere al by-pass extra anatomico carotido-carotideo o carotidosucclavio crociato. Non esiste, nei tempi successivi all'intervento vascolare, alcuna limita zione all'uso di terapie aggiuntive quali la chemio o la radioterapia.

Un campo interessante di applicazione della chirurgia carotidea riguarda il trattamento chirurgico del cancro dell'esofago cervicale.

Una delle tecniche in uso è quella ideata da Nakayama, ma poi ripresa da molti autori fra cui noi stessi, e che consiste nel trapianto libero al collo di un segmento di intest ino ( che in genere è un tratto del colon sinistro, ma che può anche essere un tratto di tenue ) provvisto di un suo peduncolo vascolare che viene direttamente utilizzato per rist a bilire una efficace vascolarizzazione .

Come vaso donatore arterioso si usa di solito la carotide comune di Destra o di Sinistra cui tramite

una picco la arteriotomia viene anastomizzata la arteria mesenterica inferiore, avendo cura di praticare una larga anastomosi a becco di flauto possibilimente nel senso della corrente. Può essere in alternativa utilizzata la a. tiroidea inferiore che viene anastomizzata a pieno canale con la a. mesenterica.

Come vaso ricevente venoso viene utilizzata la vena giugulare interna cui viene anastomizzata la vena mesenterica inferiore avendo cura di confezionare anastomosi quanto più possibile ampie, senza che si verifichino angolature o malposizioni, che nel tronco venoso sono possibili e che predispongono alla trombosi da difficoltato reflusso con la conseguente sofferenza trofica del trapianto. In questo campo le tecniche micro-chirurgiche trovano nel microscopio operatore un valido ausilio.

Nel complesso della moderna chirurgia vascolare molte sono le occasioni in cui il chirurgo è porraro ad intervenire sull'asse carotideo inteso come carotide comune esterna od interna.

La patologia detta la diagnostica e condiziona la tecnica; nelle forme di ICV spontanea pare bandito l'intervento d'urgenza; un tempo accertato e largamente praticato oggi è considerato come un'utile esplorazione che spesso è foriera di un aggravamento del quadro. Nelle forme di plegia insort a dopo un evento che si presuppone abbia causato una trombosi acuta e progressiva, la diso s tru zione immedi at a è invece tassativa e sovente foriera di inspera te risoluzioni.

Nelle forme neoplastiche la chirurgia carotidca è d'obbligo, ma va considerata come una tecnica aggiuntiva, elegante e precisa ma non in grado di modificare l'evoluzione della malattia di fondo.

Nel trapianto libero al collo il coinvolgimento dell'asse carotideo è una brillante soluzione che permette di risolvere un importante problema di trasposizione d'ansa ed ottenere un trapianto autologo. La parte vascolare di questo intervento se ben condotto dà grande soddisfazione; questa è purtroppo compromessa dalla inevitabile disillusione correlata con la evoluzione della mal attia neoplastica di fondo.

Riassunto . - Dopo una breve revisione storica della lettcramra, l'Autore prende in considerazione le principali indi caz ioni nella moderna chirurgia della carotide.

Vengono quindi discussi i problemi diagnostici e prese in considerai.ione le possibili complicanze dell'intervento s ia in fa-

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se inrraoperatoria che nel periodo post-operatorio.

La tecnica chirurgica viene esposta brevemente e vengono illustrati i particolari aspetti riguardanti la confezione dei bypass e delle endoaneriectomie.

Viene ricordato l'uso dello shunt intraoperatorio valutandone le opportunirà d'uso.

I risulcari ottenibili con il trattamento chirurgico sono assai lusinghieri e questo deve essere oggi considerato tappa essem:iale nella terapia delle ostruzioni dei grossi tronchi sovraonici.

Résumé. - Après une révision historique de la littérarure, l'Aureur prende en considération les indications opératoires, dans l'actuelle chirurgie, pour l'arcère carotide. On descute, alors, des problèmcs diagnostiques et on prend en considération les possibles complications opératoires dans la salle d'opération et dans le remps post-opératoire.

La technique chirurgicale vient exposée brièvement et on illustre Ics aspects paniculiers qui touchent les ponrages er les

endoanérectomies.

On rappe]le l'emploi du "shunt" inrra-opératoire en évaluant ses 111dications.

Les résulrats obtenus avec la chirurgie sonr rrès positifs et cela doir erre considéré, aujourd'hui, un poinr fondamenta) dans la rhérapie des oblitérations des grosses artères supraaorriques.

Summary. - This srudy deaJs with the main indications of carorid surgery after a brief historical review of rhe literature.

The Author considers rhe diagnostic problems and che possible intraoperative and post-operative complicarions.

The surgical rechnique is briefly exposed focusing on bypass-grafring and thromboendoarrheriecromy.

The indicarions to che inrraoperative shunt are reviewed.

The resulrs of che surgical creatrnenr of carotid disease are very good and this has to be considered an essencial srep in the therapy of rhe obstrucrion of the supraaorric arteries.

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OSPEDALE MILITARE DJ TORJNO • ALESSANDRO RIBERI, Direttore: Col. me. N. LEONCAVALLO

REPARTO RADIOLOGICO

Capo Reparto: Ten. Col. me. A. VECCHIONE

OSPEDALE MAGGIORE 5. GIOVANNI BATTISTA - TORINO

I O SERVIZIO DI RADIOLOGIA

Primario: Prof. Luigi CAMPI

PATOLOGIA POLMONARE IN EROINOMANI: Studio su di un campione in età di leva

A. Vecchione•

INTRODUZIONE

Nell'ultimo decennio si è ass1smo ad un progressivo aumento in Italia del numero dei soggetti dediti all'uso di sostanze stupefacenti tali da costituire per Ja società un doloroso problema.

• Il dato più probante attestante tale escalation è rappresentato da un aumento dei decessi legati alla assunzione di stupefacenti che costituisce l'ultimo atto di una patologia che, i] più delle volte, passa per una serie di lesioni a carico di molteplici apparati.

Partendo da questa considerazione scaturisce l'importanza di una oculata ricerca delle lesioni minime che, se trascurate, condurranno il soggetto verso gravi ed irreversibili alterazioni.

NelJ'anaJizzare i possibili approcci a tale ricerca si è ritenuto opportuno studiare, sotto l'aspetto radiologico, l'evoluzione delle lesioni polmonari fin dalle manifestazioni iniziali anche per il fatto che l'indagine radiografica de] torace è di facile esecuzione e di routine all'incorporamento.

Un ulteriore motivo di interesse è dato dal fatto che gli eroinomani per la patologia acuta da stupefacenti sono costretti a ricorrere a strutture di Pr onto Soccorso Ospedaliero, mentre in gene re per una eventuale patologia cronica tendono ad evitare ogni accertamento.

Si è pensato inoltre di effettuare tale studio in quanto finora in Italia non è stata ancora affrontata e pubblicata una indagine sulle lesioni croniche polmonari da eroina evidenziabili radiologicamente.

dell'Ospedale Militare di Torino; "" dell'Ospedale Maggiore S. Giovanni Battista cli Torino.

C. Bosio••

EFFETTI TOSSICO-FARMACOLOGICI DELL'«EROINA DI MERCATO» NEL TOSSICOMANE CON PARTICOLARE RIGUARDO

ALL'APPARATO RESPIRATORIO

Nel parlare dell'effetto tossico-farmacologico sull'apparato respiratorio bisogna considerare che la patologia di maggior riscontro è quella acuta mentre quella cronica, a causa del suo presentarsi in modo subdolo, spesso è misconosciuta.

Le forme acute possono manifestarsi come polmonite, embolia polmonare, ascesso polmonar e, patologie riportabili alla somministrazione di materiale infetto e, soprattutto, come edema polmonare e atelectasia che da molti Autori sono ritenuti patologia da eroina (Tav. 1).

Tav. 1 - Frequenza delle manifestazioni patologiche respiratorie in eroinomani

Patologia

Depressione respiratoria, coma

Polmonite ab ingestis

Edema polmonare

Polmonite

Ascesso polmonare

Embolia settica polmonare

Atelectasia

Fibrosi polmonare: granulomatosi da talco

L'eroina, come tutti i narcotici, deprime i centri bulbari, dapprima abbassando la sensibilità alla C0 2 , e, successivamente, inibendo i riflessi che abitualmente sono stimolati dall'ipossia.

La genesi dell'edema polmonare non è chiara; tuttavia quasi tutti gli Autori sono concordi sul fatto che l'eroina induca la liberazione nel polmone di istamina la quale, provocando un aumento della

Percentuale 56,8 12,9 10,0 7,5 5,0 5,0 2,5 0,8
7

permeabilità vascolare, favorisce l'eliminazione di liquidi, sali e proteine.

L'atelectasia, estesa ad un intero polmone o ad un suo lobo, può essere prodotta dal ristagno di secrezione dovuta alla depressione dei centri della tosse mentre la polmonite è spesso da ricollegarsi ad un meccanismo ab-ingestis.

La patologia respiratoria cronica ,è soprattutto legata alla immissi one in circolo di sostanze amorfe usate come eccipienti ed, in particolare, al talco ( trisilicato di magnesio) che determina una pneumoconiosi , microemboli da corpo estraneo, formazione di granulomi ed ipertensione polmonare.

Il quadro clinico è spesso polimorfo e abbastanza attenuato; infatti la maggior parte degli eroinomani sono asintomatici ed i granuloni si riscontrano quasi sempre all'esame autoptico, il più delle volte eseguito per altri motivi.

Il primo sintomo è quasi sempre la dispnea che si manifesta più frequentemente nei consumatori più accaniti i quali continuano a manifestare tale disturbo anche dopo la interruzione della somministrazione della droga poiché, come per le pneumoconiosi da silicati, si osserva un costante peggioramento delle condizioni gene rali ed una progressione delle lesioni.

Anche nei casi con sintomatologia silente studi eseguiti hanno dimostrato una alterazione degli scambi gassosi a livello alveolare.

Campanello d'allarme per queste lesioni è l'accumulo di particelle luccicami nel fundus oculi soprattutto al polo posteriore; tali lesioni si sono riscontrate anche in assenza di alterazioni delle prove funzionali respiratorie.

QUADRO ANATOMO-PATOLOGICO

POLMONARE NEGLI EROINOMANI

P er una migliore trattazion e dell'argomento è opportuno considerare separatamente i quadri acuti dai cron ici.

A - Quadro acuto.

La patogenesi deIJ'edema polmonare dopo «overdose» non è del tutto nota.

Svariati meccanismi sono stati proposti: ipossia, reazione allergica acuta, effetto neurogenico oppure tossico diretto dell'eroina e delle sostanze da taglio sulla membrana alveolo-capillare.

Tutti questi fattori possono causare edema poi-

menare nell'animale da esperimento; nei primati è stata indotta, dopo somministrazione di eroina, una marcata ipoventilazione.

Dopo l'immissione in circolo dell'eroina segue una grave ipossiemia che può essere responsabile dell'edema come accade in quello da altitudine ove gioca un ruolo non indifferente la sensibilità costituz ionale.

Nonostante cali dati un effetto diretto dell'e roina o dei sofisticanti non può essere escluso; infatti Katz e Collaboratori hanno trovato che l'essudato polmonare nei pazienti con edema da eroina contiene un'alta quantità di proteine ed ha un quadro elettroforetico simile a quello del siero; ciò suggerisce che la permeabilità della membrana alveolocapillare sia gravemente alterata.

Il meccanismo di questa alterazione non è conosciuro; è di particolare effetto l'ipotesio che la presenza di eroina nel circolo polmonare induca una massiccia liberazione di istamina, di chinine e di sostanze vasoattive con marcato aumento della permeabilità vascolare.

AJtri Autori hanno prospettato l'ipotesi che tale alterazione della membrana alveolo-capillare sia determinata dal fatco che l'organismo umano reagirebbe all'introduzione di eroina (o degli adulteranti) producendo una immunoglobulina; cale produzione continuerebbe anche per mesi dopo l'interruzione della droga e pertanto la reintroduzione della sostanza iniziale potrebbe scatenare una massiva ed anche letale reazione tessutale.

Un terzo meccanismo patogenetico ipotizzato, che agisce in concerto con l'aumentata pressione micro-vascolare e permeabilità vascolare, è quello legato alla compromissione del drenaggio linfatico per insufficienza dei movimenti rèspiratori.

Da un punto di vista anatomo-patologico si rileva nelle prime tre ore congestione con essudato contenente un piccolo numero di macrofagi; si evidenziano inoltre strie di atelectasia frammiste a bolle di enfisema.

Tra la terza e settima ora il numero di macrofagi aumenta considerevolmente; dopo la quinta ora l'essudato diviene francamente emorragico e a livello alveolare e nei bronchioli terminali sono presenti numerosi polim orfonucleati.

B - Quadro cronico

Come già detto, il quadro maggiormente nscontrabile è la pneumoconiosi da talco.

8

A livello polmonare l'immissione in circolo di cale sostanza determina la formazione di granulomi intra ed extra vascolari, una degenerazione dei setti interalveolari ed una arterite; a ciò segue ipertensione polmonare con proliferazione delle cellule intimali, fibroelastosi ed ipertrofia della tonaca muscolare delle arterie e arteriole.

La fibrosi intestiziale, inoltre, è causa della diminuzione della compliance e della djffusione alveolo-capillare.

QUADRO RADIOGRAFICO POLMONARE

NEGLI EROfNOMANJ

Come per il capitolo precedente distinguiamo, per maggior chiarezza, i quadri acuti da quelli cronici.

A - Quadro acuto

Il quadro radiologico dell'edema polmonare da eroina è simile a quello degli edemi da altre cause.

Generalmente le alterazioni sono bilaterali e simmetriche spesso a focolai multipli (fig. n. l ); talvolta vi può essere una localizzazione monolaterale o addirittura lobare forse per effetto della gravità.

In tali casi può essere arduo differenziare il quadro da una polmonite batterica, anche se la detersione della opacità è molto più rapida nel caso dell'edema; tuttavia in caso di persistenza della diafania oltre le 24 - 48 ore occorre sempre sospettare la presenza di polmoniti batteriche o ab-ingestis sovrapposte.

Le dimensioni del cuore sono del rutto normali.

B - ()uadro cronico

La maggior difficoltà che si risconm.. nello studio radiografico delle lesioni da pneumoconiosi <la trisilicato di magnesio è legata alla povertà dei reperti nello stadio iniziale e alla scarsa possibilità di risalire a tali alterazioni in presenza di lesioni eclatanti.

La talcosi in fase pre-nodulare può essere sospettata quando, su di radiogramma tecnicamente perfetto, si osservi una perdita di nitidezza del disegno polmonare e dei contorni delle formazioni ilari; in altre parole il disegno polmonare tende a sfumare in quanto l'opacità di fondo aumenta e quindi diminuisce il contrasto tra strutture aereate e non aereate.

Le zone in cui tale fenomeno si osserva con maggior facilità sono quelle in cui si proiettano i segmenti anteriore e posteriore dei lobi superiori.

Successivamente compaiono micronoduli di opacità discreta il cui diametro varia dai limiti della visibilità fino ad un millimetro.

Tali nodulazioni non hanno una localizzazione preferenziale: alcuni Autori hanno riscontrato queste lesioni in campo polmonare medio, mentre altri le hanno ritrovate diffuse a tutto l'ambito polmonare con una densità maggiore alle basi probabilmente legata solo al maggiore volume polmonare di tali zone.

Le lesioni micronodulari sopra descritte tendono irrimediabilmente, col passar del t~mpo, ad aumentare di volume.

Tali noduli possono rimanere per lungo tempo ben distinti gli unì dagli altri tanto da rivelarsi sempre più chiaramente visibili.

Lentamente il volume polmonare tende a ridursi con diminuzione della aereazionc; le opacità nodulari tendono a confluire specie nelle regioni superiori fino a dar luogo ad un quadro paragonabile alla fibrosi progressiva massiva della pneumoconiosi da carbone.

In cale stadio i noduli sembrano aumentare di

Fig. 1 - Edema polmonare acuto da eroina
9

numero a causa della già menzionata diminuzione del volume polmonare.

Olcre a questi segni, a causa delle lesioni granulomatose poste in vicinanza o all'interno delle arteriole e dei capillari, spesso si evidenziano i segni radiografici di ipertensione arteriosa polmonare e cuore polmonare.

CASISTICA PERSONALE

La casistica raccolta si riferisce al periodo novembre 1981-maggio 1982. Tutti coloro che sono stati studiati hanno ricevuto una richiesta non vincolante per effettuare i radiogrammi.

È stato loro consegnato un questionario su cui non comparivano le generalità: ciò per ottemperare a quanto disposto dalla Legge 685 del 22.12.1975, la quale prevede l'anonimato.

MATERIALI E METODI

Ogni soggetto ha risposto ad un questionario su cui era indicata:

- data di nascita

- comune di residen za

- condizioni famigliari

- grado di istruzione

- data di inizio della tossicom a nia

- tipo e dose di stupefacente utilizzato - via di assunzione

- zona di approvvigionamento

- ricoveri ospedalieri P.er «malattie polmonari da eroina».

Il tossicomane era libero di non rispondere, a sua discrezione, a tutte le voci elencate; possiamo già anticipare-che generalmente vi è stata una certa reticenza a rispondere alla domanda riguardante la zona di approvvigionamento e coloro che lo hanno fatto sono sempre rimasti nel vago come per tutelare un segreto.

Dopo la compilazione del questionario il paziente è stato sottoposto ad un esame radiografico; esso è staro eseguito solo nella proiezione P.A. con la tecnica tradizionale e con quella ad alte tensioni.

Nell'effettuare l'esame sono state osservate le seguenti norme:

- distanza fuoco - film: m 2

- paziente in profonda inspirazione

- incidenza orizzontale del fascio con raggio centrale sulla quarta vertebra dorsale.

Per quanto riguarda i dati di esposizione, per la tecnica tradizionale sono stati utilizzati: 5 5-65 K v, 20-25 mAs, mentre per quella a raggi duri: 120-130 Kv, 2,5-3 mAs con griglia mobile.

Gli schermi utilizzati sono stati: Kodak X-OMA TIC Regular.

DISCUSSIONE

Sono stati esaminati 122 soggett i ricorrendo alla tecnica dei raggi duri e a quella tradizionale in quanto, con ambedue le metodiche, si riesce ad avere una corretta valutazione di tutto l'ambito polmonare. Infatti la tecnica dei raggi duri, pur comprimendo i contrasti ed aumentando la scala dei grigi, dà una corretta valutazione delle strutture polmonari e di quelle mediastiniche; sva ntaggio di tale tecnica è che le piccole calcificazioni possono sfuggire. La tecnica tradizionale consente un buon contrasto soprattutto nel documentare le fini strutture, però sacrifica la visione delle strutture mediastiniche ed, entro certi limiti, quelle retrocardiache.

La maggioranza dei soggetti esaminati apparteneva alle classi 1961-1962-1963 e ciò è legato alla fascia di età soggetta agli obblighi di leva (T av. 2-3).

Tav. 2 - Frequenza delle lesioni polmonari in rapporto alla classe di appartenenza

CJ Individui senza lesioni polmonan evidenziabili

Individui con lesioni polmonari evidenziabi li

10
1963 1962 1961 1960 1959 IY58 1957 1956 1Y53

Quasi il 70% dei tossicomani esaminati risiedeva in Piemonte e tale dato è facilmente g iu stificato dal fatto che l'utenza dell'Ospedale Militare Tipo A di Torino «A. Riberi » è prevalentemente regionale.

Tav. 3 - Rapporto tra lesion e polmonare Rx evidenziabile e non, in relazione alle diverse classi dr appartenenza

N. di casi con N. di casi senza

Anno N. di casi lesioni polmonari lesioni polmonari *!"'** • radiologicameme radiologicamente in'\', e1•ùle11:.iabili *** evidenziabili

Tutti coloro che sono stati valutati erano dediti all'eroina e la sua assunzione, per tutti, era quella parenterale.

Nessuno di questi ha mai presentato epi sodi polmonari acuti riconducibili a patologie legate alla droga.

Le dosi ponderali dello stupefacente assunto quotidianamente variano da 250 mg. a oltre un gr., tuttavia, data la poliedricit~ del linguaggio del tossico-dipendente, c;pec;<;e \ Clltt L" ri-.ulrata diffi cilmente quantificabile la dose del farmaco (Tav. 4 )

Per risalire a cale dose s1 e fatto ricorso alle statistiche riguardanti il conte nuto medio di eroina pura in ciascuna confezione; in tali ricerche s i dimostra che cale contenuto medio è incorno al 20% del peso della «b usca »

Circa il 90% dei tossicomani esaminati acquistava «dose » che oscillava da O a 500 mg. mentre solo l'undici per cento assumeva quantitativi superiori.

Il maggior numero degli eroinomani era dedito al farmaco da uno a tre anni anche se bisogna menzionare che il 16 % circa era rappresentato da nuovi adepti; raie numero essendo costituiro fondamentalmente dai più giovani rappresenta un dato preoccupante (Tav. 5).

Tav. 4 - Frequenza delle lesioni polmonari Rx

eviden:::.iabili in rapporto alla dose di eroina assunta

DN. di and1vidu1 senz:i le,imu polmonari evidcn,iab,li

N. d, mdl\1dw con lc\1om polmonari cvidenz1ab1lo

Tav. 5 - Rapporto di comparsa di lesioni polmonari Rx apprezzabili e anni di tossicodipendenza

d lnd1 v1du1 ?>Cn,a le~iono polmonari e,·iden,iabili

Indi, 1du1 con lesioni polmonari ev1den21ab1h

Anm to,sicod1pende111,1

1963 26 (21,3 L%) 5 (4,09%) 2 1 f 7,21%) 19,23 1962 62(50,81%) 13 ( 10,65&) 49 40,16%) 20,96 1961 16(13,11%) 3 (2,45%) 13 (10,65%) 18.75 1960 8 (6,55%) 4 (3.27%) 4 (3,27%) 50 1959 5 (4,09%) 3 (2,45%) 2(1,63%) 60 1958 I (0,81%) l (0,81%) 1957 I (0,81%) I (0,81 %) 1956 2 (l,63%) I (0,81%) 1 (0,81%) 50 1955 1954 1953 I (0,81%) 1 (0,81%) Totale 122 29 (23,77%) 93 (76.23%) 23,77%
Croma iniettata 250 mg 500 mg
1000 mg HJ()(l mg
-1
6 t,+ 11

Per uno studio sistematico, tenendo conto delle probabili lesioni che avremmo potuto incontrare, abbiamo suddiviso i reperti in 4 gruppi:

- gruppo O: inequivocabilmente normale

- gruppo 1: reticolazione suddivisa in: tenue, discreta e marcata ( fig. 2a-b; 3a-b ) .

hg. 3a-b: Quadro reticolare di rossicomane dedito ad eroina da 3 anni.

12
Fig. 2a-b: Aumento dell'opacità di fondo determinante a spetto a «vetro smerigliato » in tossicomane dedito da 3 anni all'uso di eroina.

- gruppo 2: nodularità: suddivisa in base al diametro del nodulo fino a I mm, superio re a l mm. (fig. 4a-b )

- gruppo 3: reticolo nodularità: nel quale 'iOno presenti ambedue le manifestazioni suddette (fig. .'ia-h )

Fig. 4a-b: Quadro nodulare più evidente in campo medio di destr a in tossicomane dedito da 3 ann i ad uso di ero in a.

Dei 122 pazienti studiati coloro che prese ntavano delle manifestazioni radiologicamente eviden-

l'ig. 5,1-b: Presenza di opaci t à micronodulari e reticolari più evidenti in camp o medio di destra in soggetto dedit,, ad eroina da 7 anni.

ziabili sono stati 29 di cui 20 del gruppo 1 , 8 del gruppo 2, 1 del gruppo 3.

13

Gruppo 1

Di questo gruppo fanno parte circa il 69% dei casi con accertata patologia polmonare; di questi la maggior parte ha presentato una tenue reticolazione mentre discreto è stato l'aspetto reticolare nei rimanenti 6 casi.

L'aspetto radiografico è quello della riduzione deUa nitidezza della struttura polmonare in modo abbastanza omogeneo; tale reperto è spesso più evidente nei quadranti supero-lacerali.

La quasi totalità di questi soggetti assumeva la droga da non più di tre anni (Tav. 6).

Tav. 6 - Frequenza del segno radiologico «reticolazione» in rapporto agli anni di tossicodipendenza

Reticolazione + -

14 casi

ll,47% della casistica totale

48,27% dei casi con manifestazioni polmonari radiologicamerue evidenziabili

Residenza N

Torino 7 Padova 2

Alessandria I Cuneo I Genova I Savona l Roma I

Reticolazione + 6casi inizio toss.

da I a 2 anni

da 2 a 3 anni

da 3 a 4 anni

da 4 a 5 anni

da 5 a 6 anni

da +di 6 anni

N. Eroina assuma N.

6 -di 250 mg

6 da 250 a 500 mg 13

I da 500 a 1000 mg I

1 +di 1000 mg

4,91% defla casistica wurle

20,69 % dei casi con manifestazioni polrnonari radiologicamente evidenziabili

Residenza N. inizio toss. N. Eroina N. assuma

Torino 3 dal a 2 anni l - di 250 mg

Firenze 2 da 2 a 3 anni I da 250 a 500 mg 5

Reggio E. I da 3 a 4anni

I da 500 a 1000 mg da4 a 5 anni + di 1000 mg da 5 a 6 anni 1 da+ di 6 anni 2

Gruppo 2

Di questo gruppo fanno parte circa il 27% dei casi con accertata patologia polmonare e solo un caso ha mostrato una noduJarità superiore al millimetro.

IJ quadro radiografico è caratterizzato dalla presenza di lesioni nodulari ampiamente distribuite nei polmoni p iù evidenti nella regione mantellare.

In questo secondo gruppo si nota un allunga-

mento del periodo di tossicodipendenza (Tav. 7).

Tav. 7 - Frequenza del segno radiologico <modularità » in rapporto agli

anni di tossicodipendenza

Nodularità +7casi

5, 73% della casistica iota/e 24.13% dei casi con manifest. polmonari radiolog. evidenziabili

Residenza Torino Pisa Napoli Alessandria Novara

N. Inizio toss.

3 dal a 2 anni

l da 2 a 3 anni

1 da 3 a 4 anni

l da 4a 5 anni

1 da 5 a6 anni da +di6 anni

Nodularità + 1 caso

0,81 % della casistica totale

N. Eroina assuma N.

J da 250 a 500 mg 1

2 da 500 a 1000 mg

I +di 1000 mg

2

3,44 % dei casi con manifest. polmonari radiolog. evidenziabili

Residenza N. Inizio toss. N. Eroina assunta N.

Torino da I a 2 anni da 250 a 500 mg da 2 a 3 anni 1 da 500 a LO00 mg da 3 a 4 anni I +di 1000 mg da 4 a 5 anni da 5 a 6 anni da+ di 6 anni

Gruppo 3

Solo un caso può essere annoverato in tale gruppo.

ln esso si apprezza una commistione dei quadri radiografici precedentemente descritti (Tav. 8 ).

Tav. 8 - Frequenza del segno radiologico «reticolonodularità» in rapporto agli anni di tossicodipendenza

Retico/011odulare

1 caso

0,81 % della casistica totale 3,44% dei casi con manifest. polmonari radiologie. evidenzi.abili

Residenza N. Inizio ross. N. Eroina N. assunta

Torino dal a 2 anni -di 250 mg

da 2 a 3 anni da 250 a 500 mg 1 da 3 a 4 anni da 500 a 1000 mg da 4 a 5 anni +di 1000 mg da 5 a 6 anni da +di 6 anni

14

Tale soggetto era dedito alla droga da circa 5 anrn.

Correlando i vari dati ricavati dallo studio, quelli che sembrano più significa rivi sono:

J - rapporto tra quantità di droga assunta e manifestazioni polmonari radiologicamente evidenziabili;

2 - rapporto tra quantità di droga assunta e gravità delle lesioni polmonari evidenziate;

3 - rapporto tra durata dell'assunzione dell'eroina e manifestazioni radiografiche evidenziabili;

4 - rapporto tra lesioni e residenza.

Il punto 1 dimostra che i soggetti che assumono un quantitativo superiore a 250 milligrammi aJ giorno hanno una possibilità di andare inco n tro a lesioni polmonari; infatti costoro rappresentano iJ 37% circa di tutti coloro che fanno uso di tali dosi (Tav. 9).

Tav. 9 - Numero di quadri polmonari con lesioni radiologicamente evidenziabili in rapporto al quantitativo di eroina assunta

J:.roina assunfCI -di 250 mg

Il punto 2 tenderebbe a dimostrare come il manifestarsi delle lesioni non sia correlabile in modo direttamente proporzionale con la quantità del farmaco ( T av. 10 ).

Tav. 1 O - Rapporto tra quantità di eroina assunta e manifestaèzioni polmonari radiograficamente evidenziabili

Eroina assunta

-di 250 mg

250 a 500 mg

500 a 1000 mg

1000mg

T aie discorso è da considerarsi «s ub iudice » in quanto, come precedentemente già detto, spesso ci si è dovuti r icondurre a modell i statistici per quantificare quanto d ich iarato in questionario.

Il punto 3 dimostra in modo ineccepibile come, con l'aumentare del periodo della tossicodipenden-

za, vi sia una maggiore incidenza delle lesioni (Tav. l J )

Tale studio ci permette di affermare che, per evidenziarsi, le lesioni hanno bisogno di più di un anno e che, continuando l'assumione del farmaco, Tav. 11 - Rapporto tra durata della tossicomania e manifestazioni polmonari radiologicamente evidenziabili

Duraw Numero

da -d i I anno 0 / 20

da I a 2 anni 8/ 32

da 2 a 3 anni 10/ 34

da 3 a 4 aruù 3 12

da4a5anni 4 / 15

da 5 a 6 anni 2/

l'incidem.l c;i mantiene intorno al 25-30; non si considerano pienamente attendibili, anche se sono abbastanza indicativi, i dati riguardanti i casi di coloro che assumono droga da più di cinque anni poiché il loro numero è basso rispetto agli altri.

11 punto 4 tenderebbe a dimostrare che il maggior taglio si ha nelle regioni settentrionali le quali sono economicamente più evolute; tale dato si accorda con quelli che evidenziano come le sofisticazioni siano maggiormente eclatanti negli Stati Uniti rispettoall'Europa (Tav.12).

Ta v. 12 - Distribuzione dei soggetti esaminati in base alla residenza Nesidenza Numero Casi positivi 'X, casi positivi

CONCLUSIONI

Dall'indagine effettuata risulta che, pur nell'esiguità delle manifestazioni, una patologia po l monare cronica da «e roina» è presente nel nostro terrirorio.

La mancanza di r eperti eclatanti è verosimilmente da attribuirsi ad un insieme di fattori tra cui i principali sembrano essere:

- il breve periodo di rossicodipendenza,

- la qualità del prodotto in commercio,

- l'età deU'eroinomane.

da 250 a 500 mg da 500 a 1000 mg +di 1000 mg Numero 26 2 '¾, dei casi positivi '.!l.3l 23,77 1,63 0,81
da
da
+di
Numero 0/ 45 26 / 63 2 / 10 1/ 4 'A, dei casi positivi 41,26 37,66 20 25
6 da+ di 6 anni 2/3 'f, 25 29.41 25 26,66 33.33 66.66
Torino 89 14 20,29 Piemonte 84 18 21,42 Allre regioni 19 5 26,31 Italia sett. 103 37 22,33 Italia centr. 11 4 36.36 Italia mer. 8 I 12,50
15

Più del 50% dei soggetti esaminati ha dichiarato di far uso del farmaco da non più di tre anni; tra questi, coloro che sono stati inclusi nella prima fascia non hanno mai presentato lesioni polmonari radiologicamente evidenti; rapportando infatti l'età della tossicodipendenza con le manifestazioni polmonari accertate risulta esistere un rapporto di proporzionalità.

La mancanza di lesioni eclatanti, ben evidenti oltre oceano, è da riferirsi al fatto che in America la maggior parte delle talcosi da stupefacenti è da ascrivere alla somministrazione di tavolette di metadone sbriciolate; ben si comprende quindi che il quantitativo di talco in questi casi è significativamente maggiore; ad avallare maggiormente questa considerazione occorre menzionare che il prodotto di mercato europeo presenta una concentrazione maggiore della sostanza attiva a discapito di una minore quantità di sofisticami e additivi .

Per ultimo bisogna tener conto che la maggior parte dei soggetti esaminati appartiene alle classi 1962, 1963 e quindi, data la giovane età, ben difficilmente può essere dedita all'eroina da molti anni; a ciò si deve aggiungere che la comparsa in modo significativo dell'eroina sul mercato italiano ( 1973) si è avuta in epoche successive rispetto agli Stati Uniti (guerra di Corea).

Riassunto. - Gli A.A. analizzano i dati emersi da un'indagine condotta su un tampione di giovani eroinomani riformati dal Servizio Militare, circa le lesioni polmonari da eroina evidem:iabili all'esame radiologico diretto del romee.

Sono presentati i quadri radiografici di pii, frequente ri~contro e le alterazioni anatomo-patologiche tanto delle forme acute che delle croniche.

Résumé. - Le Auteurs analysent !es données qui émergcnt d'une étude effectuée sur une sélcction de jeunes héroinomanes réformé s du Service Militaire au sujec des lésions pulmonaires attribuées à l'héroine et visiblcs à l'exarnen radiologique du thorax.

Les Auteurs décrivent en outre Ics aspects radiographiques !es plus fréquemment renconcrés ainsi que le s a lrérations anacomo-patholog iqu es concernant aussi bien !es formes aigucs que chron iqucs.

Summary. - The Authors analyse data coming out from a research on young heroin druged persons exonerated from dury in the Army.

TI1is research refers to pulmonary lcsions caused by heroin which can be stated by direct thorax X-ray

The results show the radiographic films which are most frequently met and anatomo-pathological alterations borh of acute and chronic forms.

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MESSINA - CLINICA DERMOSIFILOPATICA

Direttore: Prof. B GUARNERI

OSPEDALE MILJTARE "G. SCAGLIOSI" MESSINA

Direttore: Col.me M. PANARELLO

A PROPOSITO DI D UE CASI D I CH ERATOD ERMIA PALMOPLANTARE

Albanese A.

D'Arrigo G .

Po limeni M.

Le cheracodermie palmoplantari, oggetto di numerose ed approfondite ricerche, suscitano, per il continuo progredire degli studi genetici e per i problemi connessi alla loro col locazione nosografica, un interesse sempre maggiore.

Non siamo, a tutt'oggi, sufficientemente informati sulle modalità di trasmissione di queste affezioni e riteniamo che ulteriori e maggiori chiarimenti sulla etiopatogenesi possano scaturire dagli studi intrap r esi al fine di potere stabilire la dinamica di trasmissione genetica.

La diagnosi si basa sull'anamnesi familiare, sulla insorgenza nei primi anni di vita, sulla sede palmare e plantare delle lesioni, sulla lenta evoluzione,

Tabella n. 1 - Classificazione

l) Forme a carattere dominante

a) Isolate:

Garzo D .

Zit0G. sulla persistenza per tutta la vita.

La sede, la sintomatologia, il carattere ereditario a trasmissione in dominanza ed in recessività, le caratteristiche cliniche, la possibile associazione con altri sintomi, l'evoluzione e la diffusione delle lesioni hanno porcaro alla elaborazione di numerosi tentativi di classificazione.

La classificazione da noi preferita, pur peccando di semplicità, è riportata - per una più chiara esemplificazione - in forma tabulare (Tab. n. 1 )

Dall'esame della tabella si evince che, nella nostra classificazione, non sono riportate le forme di cheratodermie palmoplantari descritte isolatamente e quelle in cui la dermatosi è espressione di un sinto-

- Sindrome di Thost-Unna o cheratodermia palmoplantare d iffusa

- Sindrome di Brunauer-Fuchs e cheratosi striata

- Sindrome di Burschke-Fischer o cheratodermia palmoplantare papuloide o punctata

- Sindrome di Greithe o cheratodermia progressiva

- Sindrome di Vonwinkel o cheratodermia mutilante

b) Con sinto mi associati:

- Sindrome di Jadassohn -L ewandowsky o pachionichia congenita

- Sindrome di Naegeli-Franceschetti-Jadassohn

- Cheratodermia palmoplantare scleroatrofica (Huriez)

2) Forme a carattere recessivo:

- Malattia di Meleda o cheratodermia palmoplantare transgrediens e progrediens

- Sindrome di Papillon-Lefèbvre o cheratodermia palmoplantare con periodontosi

17

mo occasionale o di poca rilevan1.a ( policheratosi, displa&ie ectodermiche anidrotichc cd idrotiche, progerie, sindrome di Rothmund, sindrome di Thomp<;on, sindrome di Siemem, ecc.).

I.e mulri formi espressioni patologiche delle cherato<lcrmic palmopbntari possono essere, ancora, raggruppate seguendo un indirizzo genetico o clinico.

Il vizio genetico, che sta alla ba'ìc della m.1ggior parte ddlc più pure chermodcrmie palmoplantari, <;i trasmetterebbe con ereditù aurosomiale e le dermatosi ~.1rebhcro sostcnurc da uno <;taro di ipcrn:atti\ itn fun1ionalc della cute dei di~tretti palmare l' pLintarl'.

Il quadro clinico è l'<ipre~~o dalla iperchcratmi (.kllc ~uperficii palmari<: plantari giù complet;1111cnte S\ ilupp;tr.1 alla ctù di 2-J anni e - .1 \Oltc - preceduta da uno <;tadiu eritemato-de~quamativo accompagnato da iperidrosi.

li difetto della cherariniaazionc dovrebbe ricercarsi in una alterata attività enzimatica, che trasformerebbe le proteine globose in proteine fibrose a livello della zona di transizione fra strato malpighiano e strato corneo.

Da un punto di vista strettamente morfologico, la spiccata tendenza alla iperchcratininazione, di intensit,\ ed estensione quanto mai varia a livello cutaneo e mucoso, si traduce in altrettante molteplici ed eterogenee manifestazioni cliniche (cheratosi follicolare, cheratodcrmia palmoplantare, ipercheratosi sotto ungueale, pachionichia, onicogrifosi, cheratosi mucosa, ecc.); a queste possono associarsi eritema, iperidrosi, iperpigmenca;,ione, turbe del sistema pilifero e dentario, turbe psichiche, cisti sebacee, dirn ippocratiche, lassità articolari e stato distrofico.

L'istologia mette in evidenza una congestione del derma sorropapillare, accompagnata da modesta reazione linfoistiocitaria perivasale, mentre nell'epidermide è presente uno stato di ipercheratosi, ipergranulosi, ed ipercheratosi.

Allorquando la cheratodermia palmoplanrare si presenta in forma - ormai - conclamata, è evidenziabile alle regioni palmari e pbntari una ipercheratosi uniforme e di colorito rosso vivo.

Presentiamo due casi clinici di cheratodermia palmoplantare venuti recentemente alla nostra osservazione, anche e soprattutto per le possibili implicazioni medico-legali a questa particolare patologia correlate o correlabili.

CASO J

C. C. di anni 19, da Brolo (Messina ) , lscr. Leva Terra.

Genitori non consanguinei, viventi ed in apparente buona salute. All'anamnesi fisiologica remota nessun particolare degno di nota.

L'::ittuale sintomarologia ha avuto inizio all'età di 6 mc..,i con la comparsa di lesioni eritematose ed ipercheratosiche al palmo delle mani ed alla pianta dei piedi accompagnale da fi~surazioni rngadiformi.

Al momento della nostr;i os~crv::izione il pa;,iente pre~enrava lesioni ipcrcheratosiche alle regioni pal111;1ri e plantari che debordavano alle superfici dur~;tli interessando anche i polsi cd i t:1lloni: le k-;1on1 erano circondate da un ,,Ione eritematoso (rigg. 1- 4 ).

18
fig. 1 - Caso n. J: superfici dorsali delle mani Fig. 2 - Caso n. 1: ~upcrfici palmari

Le unghie erano interessate da notevoli alterazioni distrofiche (Fig. 5).

Gli esami di laborarorio rutinari non hanno evidenziato alcun dato patologico. Nulla da rilevare alla visita odontoiatrica, oculistica e neurologica. L'E.E.G. non ha mostrato alterazioni degne di rilievo. L'esame cariocinetico ha escluso alterazioni cromosomiche.

Diagnosi: MALAT11A DI MELEDA.

CASO 2

A. G. di anni 20, da Niscemi (çaltanissetta), militare in servizio di leva.

All'anamnesi familiare risulta che il padre è afferro, da circa 10 anni, da psoriasi generalizzata.

L'inizio dell'attuale forma morbosa risale a 4-5 anni prima, epoca in cui il paziente ha notato il distacco a grosse lamelle della cute delle superfici palmari dopo immersione in acqua; da circa 2 mesi la comparsa di lesioni ipercheratosiche e fissurazioni ragadiformi alle superfici plantari e di piccole aree ipercheratosiche alle superfici palmari.

Al momento della nostra osservazione il paziente presentava lesioni ipercheratosiche alla superficie flessoria delle dita delle mani ed eritema e desquamazione alle superfici palmari; le superfici plantari erano interessate da ampie aree iperchera-

hg. 3 - Caso n. J: ~uperf1cie <lor~ale dei piedi hg. 4 - C.1~0 n. I: superfici plancari Fig. 5 - Caso n. l: particolare superficie dorsale e unghie piedi
19

tosiche, soprattutto a sx, rilevate sul piano cutaneo ( Figg. 6 -8 ); le lesioni, lcvemente debordami ai polsi ed ai talloni, erano circondate da un alone eritematoso con tendenza a desquamazione lamellare; le unghie si presentavano ispessite, in parte distrofiche e di colorito brunastro.

Nessun dato significativo ai rutinari esami di laboratorio, alle visite odontoiatrica, oculistica e neurologica, all'esame radiologico delle mani e dei piedi ed all'esame cariocinetico.

Diagnosi: SINDROME 01 BUSCHKE-FISCHER.

CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONI

L'esame dei nostri casi e delJa letteratura in argomento, ci induce a poter concludere con il ritenere che le cheratodermie palmoplantari, pur rappresentando a tutt'oggi un capitolo in via di sistemazione nosologica, possano essere schematicamente classificate in due grandi gruppi:

- cheratodermie congenite a carattere dominante o recessivo;

- cheratodermie con sintomi associati .

NelJa diagnostica clinica, le cheratodermie palmoplantari possono rappresentare inoltre l'epifenomeno occasionale, iniziale o parcellare, di forme cutanee più complesse (psoriasi, lichen ruber planus, ecc. ) o essere spesso associate a quadri patologici cutanei, come l'acantosis nigricans maligna od a carcinomi degli organi interni (esofago, stomaco, bronchi, polmoni, ecc.).

È da sottolineare, a questo proposito, la relativa frequenza di ispessimento delle creste epidermiche costituenti i dermatoglifi (pachidermatoglifia) nel corso di acantosis paraneoplastica, t anto che Lassegue e coli. la considerano un segno patognomonico di malignità, nonché la possibilità di degenerazione in epitelioma spinocellulare delle "genodermatosi sclera-atrofizzanti e cheratodermiche delle estremità"

fig. 6 - Caso n. 2: superfici plantari
20
Fig. 7 - Caso n. 2: superfici palmari Fig. 8 - Caso n. 2: superfici palmari e plantari {quadro d'insieme)

È stata recentemente descritta l'associazione di cheratodermie palmoplantari con la "carcinosi nodulare solitaria di Winer", verosimilmente riconducibile ad una turba della cheratinizzazione contrassegnata, clinicamente, dalla frequente concomitanza di grani di milio e corni cutanei.

La cheratodermie possono essere, inoltre, espressione di alterazioni traumatiche o allergiche e spesso di disturbi endocrini. Sebbene il meccanismo di queste correlazioni rimanga ancora sconosciuto, è da ricordare il caso descritto da Imp erato e coli. di una associazione di cheratodermia palmoplancare con acamosis nigricans in correlazione con ovaio policistico, nonché la risoluzione delle lesioni cutanee dopo ovariectomia bilaterale e conseguente abbassamento del livello plasmatico di androgeni : ciò ha fatto supporre che alcune cheratodermie, isolate od associate ad alterazioni di tipo iperplasticoproliferativo, possano essere in relazione con un 'attiva7_ione ormonale come - peraltro - riferiscono Millard e coll. di associazioni di ipercheratosi palmoplantare con neoplasie degli organi interm cJ elevati livelli di "growth hormone".

Per quanto concerne le forme congenite va sottolineato che la malattia di Meleda, pur con il s uo carattere congenito recessivo, non è facilmente differenziabile dalla malattia di Thost-Unna, specie in età neonatale: si tratta di una forma caratteristicamente evolutiva e che si stabilizza nella sua espressività clinica verso il 10° anno di vita ( Kogoj). lnfatti iJ paziente n. 1, all'età di 4 anni, venne diagnosticato affetto da "malattia di Thost-U nna" e, solo recentemente, è stato riconosciuto quale affetto da malattia di Meleda (Piacenza e coli.) per l'evidenza dei caratteri clinici "trasgrediens" e "progrediens" assunti nel tempo dalla cherarndermia.

A proposito del caso n. 2, affetto da sindrome di Buschke-Fischer, ci pare opportuno riferire la definizione di "complesso genoecologico" data da BoIoga e tesa a sotto lineare l'importanza che il fattore ecologico riveste nel determinismo fenotipico delle due va ri anti: sindrome di Brunauer-Fuchs e sindrome di Buschke-Fischer, espressioni diverse della medesima forma.

Per quanto riguarda il ca r attere genetico, non ci è stato dato trovare un riscontro nei nostri casi: il cariogramma, infatti, è risultato assolutamente normale.

Nel corso della loro evoluzione, le che r atoder-

mie palmoplantarì, pur non degenerando in ve re e proprie mutilazioni salvo casi eccezionali, portano a notevole riduzione nell'uso delle mani e dei piedi. Le mani, infatti, assumono un aspetto tumido e rigido e, con il passare del tempo, le dita - che presentano estremità coniche ed affilate - sono interessate anche nella superficie estensoria da indurimenti e da atteggiamenti sclerodermici mentre le unghie presentano - a volte - disturbi trofici anche di un a certa gravità e possono essere ora ispessire ora atrofiche (F igr,. 9-1 O); i movimenti delle mani e dei piedi sono molto

inceppati e possono diventare molto dolorosi per la presenza di fissurazioni ragadiformi ed è, inoltre, presente una notevole iperidrosi regionale accompagnata da macerazione fetida.

Fig. 9 - Caso I : particola re dei poUici Fìg. 10 - Caso n. I: particolare unghie e piedi
21

La presenza, anche limitata, della suaccennata sintomatologia rende impossibile o quasi l'assoggettamento ad esercitazioni, a marce ed a quant'altro è richiesto dall'uso più o meno prolungato di mani e piedi.

A nostro avviso le cheratodermie palmoplantari rientrano, a pieno titolo, nel gruppo delle dermarosi di cui all'art. 15 lettera a) e b) dcll'«Elenco delle imperfezioni ed infermità causa di non idoneità al servizio militare» e, pertanto, i giovani che risultino affetti da forme in avanzato grado di evoluzione dovrebbero essere esonerati dall'obbligo dell'espletamento del servizio militare di leva qualora la dermatosi sia riconosciuta alla visita di leva come per il caso n. 1, o posti in congedo nel caso che la dermatosi sia diagnosticata come per il caso n. 2 durante il periodo di ferma.

Ci sembra utile, comunque, soffermare per un momento la nostra attenzione per ciò che riguarda l'Autorità cui compete l'assunzione degli eventuali provvedimenti medico-legali nei confronti e degli iscritti alla leva e di eventuali giovani in servizio militare: la competenza decisionale dovrebbe essere riservata agli Ospedali Militari dopo un ragionevole periodo di osservazione necessario per la formulazione di una esatta diagnosi clinica suffragatam là dove utile, da appropriate ricerche di laboratorio ( mappa cromosomica) e relativo esame istologico.

Riassumo. - Vengono descritti due casi di cheratodermie palmoplantari (una malattia di Meleda e una sindrome di Buschke-Fischer )

Dopo una accurata revisione della letteratura, gli M. allo scopo di fissare meglio le numerose sindromi esistenti e spesso morivo di facili confusioni diagnostiche, propongono una più semplice classificazione delle cheratodermie palmoplantari, basata essenzialmente su criteri morfologie.o-clinici.

ln tema di considerazioni e conclusioni gli M. propongono la inclusione delle cheratodermie palmoplantari fra le dermatosi di cui all'art. 15 dell'Elenco delle infermità e per le quali è previsto il non espletamento del servizio militare di leva.

Summary. - Two cases of palmar and piantar hyperkerarosis (Meleda disease and Buschke-Fischer's syndrome) are described.

Following an accurare survey of che literature rhe Authors \uggesr an easier classification method of palmar and piantar hyperkcrarosis, based mainly on morphological and clinica) standards in order to avoid possibility of misunderstanding among che numerous syndromes at present described by severa! Authors.

Thereforc che Authors propose to include che palmar and piantar hypcrkeratosis among rhose dcrmatosis, described by

the Arride 15th of che Diseases' list which allow to relieve from conscription.

Ré~umé. - Les Auteurs décrivenr deux cas de Keratodermie palmoplanraire ( une Maladie de Meleda et une Syndrome de Buschke-Fischer)

Après d'avoir passé en rcvue la littérature c.ourante, les Auteurs, pur éviter toutc confosion parmi les nombreuses syndromes existanres, proposcnt une classification plus simple des kératodermies palmoplantaires, basée pour la pluparr sur des critères morphologiques et cliniques.

Les Auteurs prùposent de mertre Ics kératodermies palmoplancaires au nombre de ces dermatites craitées par l'arride 15 de la Liste des maladies qui prévoient la possibilìré d'etre dispensé du scrvice militaire.

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20) 21) 22) 23) 24) 25) 26) 27) 28) 29) 30) 31) 32) 33) 34) 35)
23

OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI VERONA

Dirertore: Col. me. M. PLESCIA

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DJ VERONA

CUNICA ODONTOIATRICA

Direttore: Prof. Paolo GOTTE

IL GABINETTO STOMATOLOGICO DELL'OSPEDALE MILITARE DI VERONA:

UNA ESPERIENZA DI LAVORO IN UN MODERNO PRESIDIO DI PROFILASSI

E TERAPIA CONSERVATIVA DI MASSA

INTRODUZIONE

Il Gabinetto Stomatologico Militare e gli analoghi presidi delle U.L.S.S. si caratterizzano per l'alto numero di pa z ienti aventi diritto a usufruire del servizio e per la necessità di educare, dal punto di vista sanitario, l'utenza che ad essi si rivolge.

Nel 1982 nell'Ospedale Militare di Verona, in collaborazione con la Clinica Odontoiatrica dell'Università degli Studi di Verona, è stato svolto un esperimento riorganizzativo della attività ambulatoriale teso a verificare le reali possiblità della struttura a soddisfare le varie esigenze, a volte contrastanti con una odontoiatria che deve essere di massa nel numero di utenti che usufruiscono della struttura senza per questo rinunciare alla qualità della terapia.

Sotto l'aspetto quantitativo , i dati sono molto significativi e vedono le .2803 prestazioni complessive fornite nell'anno 1962 salire nel 1982 a 6.000 ca. ln conformità allo spirito della Legge n. 833 che vuole le strutture e i servizi sanitari destinati alla promozione ed al manténimento della salute, oltre che al suo recupero, si è voluto dare ampio spazio alle attività igienico profilattiche del ramo odontoiatrico.

Questa scelta è motivata dalla particolare posizione delle strutture sanitarie militari nel tessuto sanitario nazionale.

li periodo del servizio deJla leva, infatti, quale epoca di transizione tra il mondo della scuola e quello del lavoro, costituisce un'ottima occasione di verifica degli interventi educativi svolti dalla struttura pubblica sul giovane cittadino . Inoltre esso rappresenta una ulteriore, e per certi aspett i definitiva

occasione di intervento pedagogico nei soggetti nei quali la struttura pubblica non ha potuto completare la sua funzione formativa. Questo intervento si rende necessario soprattutto in quelle persone che, in conseguenza di un certo grado di isolamento geografico, nelle zone montane delle nostre regioni, hanno sofferto anche di isolamento cultura le. Un'ultima considerazione riguarda l'igiene orale quale elemento fondamentale di prognosi, l'assenza della quale renderebbe inutile oltre che antieconomico qualsiasi intervento. Per tutti questi motivi si è ritenuto corretto, dal punto di vista etico oltre che economico, impostare l'attività del nostro ambulatorio sulla indissociabilità tra il momento terapeutico e quello igienico-profilattico.

L'ATTJVITÀ DI IGIENE E PROFILASSI

I fattori patogenetici fondamentali deJla malattia cariosa e parodontale sono rappresentati, come noto, dalla scarsa igiene orale e dalla percentuale di carboidrati facilmente fermentabili assunti con la dieta.

Una inchiesta condotta nel nostro ambulatorio ha confermato infatti che la maggior parte dei pazienti nel periodo della leva ha cambiato tipo di alimentazione, aumentando in modo significativo, sul totale calorico della dieta, la percentuale dei carboidrati.

Nel contempo diminuisce l'introito di verdura fresca e frutta, che costituiscono un importante fat*

R. Peretta• G.P. Benele R. Meconio,.,.
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Della
- Università
• • Dell'Osped a le 1\i1ilitare di Veronà
Clinica Odontoiatrica
di Verona

tore protettivo sia per l'apporto vitaminico e minerale, sia per l'azione di detersione meccanica determinata dalle fibre vegetali indigeribili.

Il fattore dietetico non è sempre influenzabile in modo sostanziale perché determinato, come nel caso delle truppe alpine, da fattori climatici, esigenze cli servizio, ecc. Per questo motivo ci è sembrato conveniente concentrare lo sforw dell'opera di prevenzione sull'informazione all'igiene orale.

Le sedute di igiene, pertanto, sono diventate una quota importante dell'attività ambulatoriale, non solo per l'impegno organizzativo richiesto, ma soprattutto perché esse costituiscono un momento privilegiato di educazione sanitaria.

La demotivazione all' igiene, manifestata nella maggior parte dei soldati che si rivolgono a noi, si spiega soprattutto per la mancanza di informazione. Le sedute di igiene perciò, oltre a recuperare tma situazione orale compromessa, costituiscono un'occasione favorevole a svolgere una proficua opera cli informazione. Solitamente esse iniziano s in dalla prima visita. Il rapporto prosegue durante la terapia vera e propria evidenziando i progressi compiuti ed eventualmente correggendo gli errori commessi dal paziente nel pulirsi.

L'informazione cioè, è seguita da una necessaria opera di educazione sanitaria volta a creare un soldato motivato all'igiene e istruito a gestirsi in maniera autonoma e corretta: in definitiva a farlo diventare il ve ro protagonista della sua salute.

LA TERAPIA CONSERVATIVA

Quantitativamente la terapia conservativa è l'attività di gran lunga prevalente nel nostro ambulatorio in risposta ad una precisa richiesta della nostra utenza. Nella tabella n. 1 sono rappresentati, secondo le rispettive frequenze, i motivi che spingono i soldati a chiedere le nostre prestazioni:

Tabella n. 1

1 - Dolore cronico

2 - Motivi estetici

3 - Dolore acuto

4 - Malattia parodonrale

5 - Insufficienza masticatoria

li dolore cronico e la problematica estetica, che figurano ai primi due posti, sono le conseguenze dirette di una patologia cariosa che ha interessato in maniera diffusa i settori posteriori e anteriori delle

arcate; tale patologia richiede un ampio restauro conservativo.

Le prestazioni complessive distribuite nell'anno 1982 sono state 6.000 circa. Nella Tabella n. 2 a bbiamo cercato di dare un quadro riassuntivo delle caratteristiche principali del servizio, con riferimento alle ore lavorative necessarie ed al tempo medio di utenza per paziente.

Tabella n. 2

Prestazioni

Giornate lavorative effettive

Pazienti/ die / poltrona

Ore effettive di lavoro/ die

Minuti effettivi per paziente 6.000

È ovvio però che il calcolo di un tempo medio non può essere rappresentativo di alcune prestazioni particolarmente lunghe: gli interventi di piccola chirurgia e le terapie endodontiche dei poliradicolati richiedono più tempo di quello medio previsto. Ma il fattore che maggiormente condiziona l'attività dell'ambulatorio è certamente la discontinuità dell'afflusso che impegna soprattutto in alcune gionate piuttosto che in altre. Pur escludendo gli intervlenti d'urgenza, una programmazione ad appuntamento della routine ambulatoriale è resa difficoltosa dagli impegni prioritari di servizio degli utenti.

Jn conclusione, si può affermare che il numero di pazienti che usufruisce del servizio è decisamente elevato in relazione al tempo reale disponibile. Da questa situazione consegue la necessità di risolvere in via prioritaria l'urgenza e programmare nel tempo in pit1 sedute il completamento della terapia.

Un altro fattore che limita decisamente la realizzazione globale di un a riabilitazione è costituito dall'impossibilità di confezionare protesi.

Scartate alcune soluzioni provvisorie, quali coroncine prestampate e cementi d'urgenza, già sperimentate da alcune ditte produttrici su truppe impegnate in zone operative, la nostra scelta ha priviJegiato metodologie e materiali d'uso corrente in sede civile. Praticamente s i realizzano restauri conse r vativi anche molto ampi che hanno una validità funzionale ed estetica immediata, ma passibili comunque di miglioramento o impiegabili come pilastri di protesi da esegui rsi al termine del servizio di leva in sede civile.

Da questo punto di vista il nostro Ambulatorio, pur conservando la sua identità di str uttura mi-

250 12 5 20
25

litare, ~i inserisce perfettamente e senza soluzione di continuo con il tessuto sanitario del paese e si disringue a buon diritto come una delle strutture più attive nel suo settore.

A scopo esemplificativo dell'imposta,ione operati, a da noi data al servizio ci e parso opportuno presentare un caso, per la solu11one del quale sono srnte impiegare le risorse più significative della stmtlura.

Paziente V.C. di truppa alpina, da nove mesi in servizio.

All'anamnesi: cattiva igiene e.la sempre; aumenro dei carboidrati nella dieta accompagnato da diminuzione della frutta e della verdura; veloce progressione delle lesioni cariose. Nella figura n. I si possono notare lesioni cariose diffuse a rutti i settori ed una importante presenza cli placca e tartaro con un evidente stato di flogosi a carico del tessuto gengivale. Il paziente lamenta algie dentarie diffuse e persistenti.

Pulite le cavità cariose (fig. n. 2) si provvede alla disinfe7ione e medicazione provvisoria. Con questo prov, ed i mento si intende riso!, ere il problema immediato del dolore del paziente ed impedire l'ulteriore progressione della carie durante il periodo della terapia che, data la situa7ione obiettiva, si pre<,ume ass,ti lungo. I primi prc-.1d1 ter,tpcurici sono

volti alla bonifica degli elementi irrirnediabilmeme perdun.

Successivamente (fig. n. 3) si procede alla ricostruzione in amalgama degli elementi posteriori per mettere nel più breve tempo possibile il paziente in condizioni di masticare. Si posticipa deliberatamente la conservativa dei settori anteriori perché la riso1uzione dei problemi estetici non releghi in secondo piano quelli funzionali. In questa fase noi ricorriamo molto spesso ad interventi di piccola chirurgia orale ( figg. n. 4-5-6) che ci consentono di risolvere rapidamente ed in modo sicuro il problema del recupero di molti elementi masticanti compromessi da patologie apicali che non recedono alle normali terapie endocanalan.

Le figure n. 7 e 8 mostrano la visione occlusale della terapia conservativa ultimata nei settori posteriori. le ricostruzioni in amalgama eseguite sui molari assolvono temporaneamente alla funzione masticatoria. Succes~ivamente al termine del servizio di leva potranno essere mantenute o impiegate come pilastri <li ponte per la definitiva funz1onalizzazione protesica dei settori posteriori delle arcate. Infine si ricostruiscono i settori anteriori con l'impiego di resine composite autopolimerizzanti.

S1 noti inolrre in figura n. 9 come siano migliorate le condizioni parodontali del paziente, adeguatamente educato all'igiene orale durante l'iter terapeutico.

hg. I - Paziente con ,unpia d1~truL1one c,mo~a rn rum 1 ~cuon t: m.1l,H11,1 p,1roJ0111,1k 111 arto. 26
Fig. 2 - Pulizia e medicazione provvisoria delle cavità cariose.
27
rig. 3 - Ricostruzione conservaci va dei serrori masticami posrenon.

I ,g. 4 - Ch,u~urn a cielo aperto con otturazione retrograda m am.dgamJ delle rJd1ci vestibol.m del 27 comprese in una grossa formazione cistica.

28
rig. 5 - f CS~lllO Ct~tlCO asportato. I ,g. 6 - \ l\tonc r.1d1ogr.1f1c.1 d1 controllo dopo nco~truz1onc in amalgama della superficie occlusale.
29
Figg. 7-8 - Conservariva dei settori posteriori completata.

CONCLUSIONI

l.'organi71azione del Gabinetto Stomatologico ha tenuto conto ed anzi ha valorizzato la flessibilitù della '>trunura, cioè la capacita di adanamcnro e di risposta ai bisogni degli utenti. Le necessità fondamentali alle quali abbiamo cerc~lto di dare una rispo~ta <,ono quattro:

- accoppiare il momento terapeutico a quello igienico-profilattico

- all ctrgare l'intencnto con<,crvati, o ad un numero di persone sempre maggiore

- rendere economico il sen i7io

- inserire la struttura militare nel comesto del tessuto sanitario nazionale.

L.1 revisione dell'iter terapeutico è st,lta finali,zarn essenzialmente alla riduzione dei tempi tecnici di lavoro, ampliando la cap,Kità di inrervento ad un numero sempre maggiore di persone. L'impiego dei materiali moderni ha sopperito in modo soddisfacente ,t ll'impoc;sibilità di re ,1li11are manuf.nti protc-

.,ici, consentendo una notevole economia di L''>crc11io. I noltre la realizzai ione dei resraun comen .tti\'i, di per sé validi, ma passibili di miglioramento protesico in '>cde civile, consente un,1 continuità di intervento tra strutture militari e civili, secondo un criterio globale di praticità cd economia.

Come ultima conc;1dera,ione è d ,1 dire che la sola terapi,1 conservativa non avrebbe creato i presupposti igienico-sanitari atti a limitare il diffonder'ii della malattia cd a garantire una prognosi fa, ore, ole dei restauri eseguiti nei nostri p:u.ienri .

Di qui la necessità di organii'Lare un sen i,io :1trivo di igiene e profilassi in gr.1do di recuperare situazioni orali anche molto compromesse, ma volto soprattutto a fornire quel pammonio di inform,17ionc ed educazione sanitaria che costitu1'>ce l'indi-.pensabile strumento per conservare la salute della bocca. La validità di questa impo<,ta1ionc profilnmca si esprime in una duplice veste: la prima, di ordine economico, per l'individuo e la comunità, in quanto l'onere per qualsiasi attività a c,1ratterl' profil ,mico e

Fig. 9 - Ricostruzione con materiale auropolimerizzante dei settori anteriori .
30

di gran lunga m inore di quello sostenuto pe r l'attivit à terapeutica . La seconda, di ordine etico, in quanro la p rofilassi costituisce l'atto m edico che più si car atterizza per l'attenzione all'uomo nella sua integrità fi s ica e ps icologica.

Ri ass unto . - Gli Autori riferiscono di un esperimento riorgan in:.nivo delranività ,1mbularori,1le nel Stomato logico dell'Ospedale Militare di Verona.

Valorizzando la 0essibilità del la srrunura ed inserendola, in condi1.ioni operative di pace, nel cumesro del tessuto sanitar io n azio n ale si sono potuti re:tl iuare i seguenti obiettivi:

- accoppiare al momenro rerapt·utico quello igienicoprofi Lmico;

- a ll a rga re l'intervento conservativo ad un numero clevaco di perso n e;

- re n dere econom ico il serv izio

A scopo ese m p l ificativo viene de~critto un caso t ipico delle m odalità di intervento della struttura operativa rior~ani?.1.ata dagl i Autor i.

Rés umé . - Les Auters réfèrent \ur un expériment de réorga n isarion de l'activité ambulatoria le du Cabinet dentaire de l'H opital Mi lir aire de Verona.

En valorisant la fl exibi l ité de cetre structure et en l'insércnt d ans l'ensemblc du service méd ical nmiunal, en temps de paix, il a été possib le arceindre Ics buts suivant~:

- join<lre à l' aspect thérapeutique ccl.i hygicnique et de p rèventi o n ;

- éten d rc l'inrervent ion conservat ive à un nombrc a!.Se z élévé de su jet~;

- rendrc k servicc éconornique

Au bu t de donner un éxemp lc, un c,1s rip ique des modal ité\ d'intervenrion de la structu r e réorg,miséc p.u Ics Auteurs vient décri.

S umma ry - An experiment in comulring room act iviry rcorganiz.irion in rhe Denta l Depanment of the Milirnry Hospiral of Verona is considered by rhe Author,.

In imroducing the strucrurc into the National I lea lth Scheme, taki n g into account its flexibility ,md pc:icr tllll t' condition,

the Authors have been able to achievc rhe following:

- couple therapeurics with higicne-prophilaxis;

- widen thc ficld of conservative therapy to cover a larger numbcr of patienrs;

- render rhe service economically viable.

A typical case sho\\~ng the method of therapy used by the operative strutture, ab reorganised by thc Authors, is herc described a, an exemple of thc above.

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15 Schon F : Teamwork ( In the dental practice) Quintessence, 1980

16 Schon F , Kimmel K : Ergonomie in der zahnarztlichen praxis Quintessence, 1980

3 1

OSPEDALE

MILITARE DI CAGLIARI

Direttore: C ol. me I. S ATTA

OSPEDALE SS. TRINITÀ - CAGLIARI

DIVISIONE DI ORTO PEDIA• TRAUMATOLOGIA

Primari o: ProL I:. PtRA~l U

EVOLUZIONE DELLE FRA TIURE NEL MORBO DI GAUCHER

S. Teo. mc.G. M. Lombardo

NOTE INTRODUTTIVE

Il morbo di Gaucher si inquadra nell'ambito delle tesaurismosi, affezioni causate da un disturbo del metabolismo legato a deficit enzimatici assoluti o relativi, con accumulo di particolari sostanze nei parenchimi ricchi di tessuto reticoloistiocitario e manifestazioni anatomo-cliniche ben definite.

Trattasi di una lipoidosi da alterato tum-over dei cerebrosidi, o cerasina, i quali, a causa della carenza dell'enzima cerebrosidasi, che li scinde in glucosio e ceramide, si depositano in particolari cellule di natura istiociraria, dette appunto cellule di Gaucher. È una malattia ereditaria alquanto rara, a trasmissione autosomica re cessiva. Se ne distinguono principalmente: una forma infantile, o acuta, da deficit enzimat ico totale, con grave interessamento neurologico, ritardo di sviluppo fisico e mentale, epato-spleno-linfoadenomegalia, ipertonia muscolare, op1srotono, strabismo, disfagia, trisma, spasmo laringeo, sordità, cecità, disturbi respiratori e morte in genere entro il primo anno di vita; una forma adulta o cronica, de deficit enzimatico meno spiccato, circa venti volte più frequente, caratterizzata soprattutto dalle lesioni viscerali e dal lento progredire della malattia, con aumento di volume dall'addome per l'epatosplenomegalia, segni di ipersplenismo con alteraL.ioni del quadro emarologico e manifestazioni emorragiche, pigmentazione cutanea gia llo ocra nelle parti esposte alla luce e nella congiuntiva pericorneale, dolori ossei e articolari, fratture patologiche. La sintomatolog ia dolorosa insorge quando l'interessamento della midollare ossea ha già prodotto alterazio ni visibili radiologica mente.

CASO CLIN fCO

Il soggetto da noi trattato è un uomo di 45 an-

ni, venuto alla nostra osservazione per la prima volta nell'aprile dell'80, di professione meccanico. Ha sempre vissuto in Sardegna, non ricorda di avere parenti affetti da simile patologja, non ricorda alcun evento patologico remoto degno di nota.

Da una decina d'anni ha notaro un progressivo aumento cli volume dell'addome, fino ad assumere aspetto globoso, accompagnato da disturbi digestivi ingravescenti.

Ricoverato in reparto chirurgico universitario, a seguito di indagini laboratoristiche e bioptiche veniva posta diagnosi istologica di morbo di Gaucher ed eseguito intervento di splenectomia per ipersplenismo.

Ripetuti controlli radiografici non mettevano in evidenz a alcuna partecipazione del tessuto osseo.

A distanza di cinque anni, in seguito ad un irrilevante trauma, riportava la frattura patologica del femore destro ( Fig. 1 )

11 quadro radiografico mette in evidenza una frattura completa spiro ide scomposta a l confine fra il terzo superiore e il terzo medio del femore destro con notevole alterazione della struttura scheletrica. Si notano numerose areole osteolitiche a contorni netti in corrispondenza del terzo superio re del femore, con scompaginamento e invasione della corticale esterna.

Una panoramica radiografica delle altre ossa ha evidenziato la presenza di estese aree di osteolisi vacuolate interessanti il 3° prossimale e medio della diafisi femorale sn. con assottigliamento dell e corticali. Nulla di particolare da segnalare a carico del bacino e delle coste. Nella colonna si notava unariduzione di altezza del corpo di D3, asintomatica. Areole di radiotrasparenza a carico della clavicola e dell'omero sn., aspetto spongioso della teca cranica con assottigliamento del tavolato esterno e note di cranio a spazzola.

32

TERAPIA

Al momento della decisione terapeutica c1 s1 pose il problema di quanto e in quali termini la malattia di base potesse interferire nella formazione ed evoluzione del callo osseo riparatore, peraltro poco confortati dalla scarsissima letteratura esistente a questo riguardo.

Si escluse comunque la terapia per osteosintesi a causa della distruzione delle corticali, che offrivano ben scarso appoggio e si optò per il trattamento classico con trazione e apparecchio gessato. Si pose allo ra trazione transcheletrica che venne mantenuta per 15 gg., quindi confezionato apparecchio pelvipodalico per 60 gg. ; al termine, controllo Rx e rinnovo del gesso per altri 60 gg.

Dopo 5 mesi (Fig n. 2) notiamo radiologicamente una buona evoluzione del focola io di frattura, con presenza di una discreta gittata di callo osseo

periostale, i monconi sono ben allineati, ma permangono le alterazioni della struttura ossea. La corticale appare quasi completamente scomparsa. Viene concesso il carico assistito da grucce per altri 6 mesi, dopo i quali il focolaio di frattura appare saldato con un callo meccanicamente efficiente (Fig. n. 3), per cui il paziente viene lasciato libero dal tutore gessato e inizia chinesi terapia e deambulazione a carico progressivo.

A questo punto i ripetuti controlli Rx e la riconquistata efficienza funzionale ci consentivano di affermare che nel morbo di Gaucher l'evoluzione della frattura porta alla formazione di un callo osseo efficiente, confermando la validità del trattamento classico da noi attuato

A distanza di alcuni mesi, mentre il paziente deambulava ormai a pieno carico, lo stesso riporta-

Fig. I Fig. 2
33

va una frattura spontanea con le stesse caratteristiche anatomo-pato l ogiche della precedente, a carico questa volta del tratto metafisario de l femore sinistro (Fig o. 4 ).

Si pratica la stessa terapia della frattura precedente, dopo circa 7 mesi si rimuove il tutore gessato e si inizia ch inesiterap ia e cauta deambulazione con carico progressivo.

Al contro llo radiografico, a dista n za di circa 8 mesi , la frattura s i presenta in via di guarigione (Fig. n. 5).

Successivamente, un nuovo episodio di frattura patologica si ebbe a carico della 12ma vertebra dorsa le con improvvisa insufficienza del rachide, notevole dolore locali zzato, in assenza comunque di deficit radicolari.

Anche in questo caso la confezione di un busto ortopedico in tela e stecche consentl una rapida mobili zzazione del paziente e la buona evoluzione della frattura.

.Attualmente, in considerazione delle aree di osteolisi evidenziate radio l ogicamente nella gamba destra , il paziente è protetto da un tutore ortopedico in cuoio con attacchi in velcro allo stesso arto.

CONCLUSIONI

Lo studio di questo caso ci consente di poter a ffennare che nella forma cronica del morbo di Gau-

Fig. J
34
Fìg. 4

Fig. 5

cher, nonostante la grave alterazione architettonica del te ssuto osseo, le fratture evolvono verso la guarigione. Si ha infatti la formazione di un callo osseo prev a lentemente periostale che stabilizza la frattura, sia pure in tempi più lunghi del normale.

Nel caso in questione abbiamo evidenziato il tipo di trattamento e la durata e l'importanza della riabilitazione, in mancanza di alcuna chemioterapia efficace.

Riassunto. - Viene esaminaro un raro caso di M. di Gaucher con localizzazione ossea e fratture multiple, verificatesi in tempi successivi e trattate con il sistema classico di uazione transcheletrica pii'1 gesso.

L'Autore riconosce la validità di questo trattamento e la buona evoluzione nel tempo del callo riparatore, che stabilizza la frattura in rcrmini appena più lunghi del normale.

I risultati sono documentati dalle Xgrafie e viene sottolineata l' importanza della terapia riabilitativa.

Résumé. - On examinc un cas clinique rare de mal de Gaucher, avec localisation dans Ics os et beaucoup des fractures qui se sont produires dans !es temps suivants et elles sont traitées avec le sistème classique de traction transquelettique et piatre.

L'Aureur reconnait la validité du rraitemem et de la évolurion positive dans le temps du ca] osseux réparateur. Le meme ca! stabilise la fracrure d'os dans des délais un peu plus longs q ue la règle.

Les résultacs sont documenrés clairement par les radiographies et l' imporrance de la thérapie de réhabilitation est parriculièrement soulignée.

Summary. - A rare case of Gaucher disease was examined, localized in rhe bones with multiple fracrures at different rimes which were treated with che classica! system of transcheletric rraction and plaster.

The Aur.hor recognize che vaJue of this treatmenc and the satisfaccory developmenc of the rapairing bone-callosity, which renders the fracrure stable in a slightly longer time than usual.

Thc resu lts are documenced with X-rays and che importance of che rehabiliracion therapy is emphasised.

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35

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA «LA SAPIENZA » FACOLTÀ DI MEDICINA E CHIRURGIA

Insegnamento d, Tossicolog1a Industriale 2 °

Ticolare: Prof. G. RAYMOND!

COMANDO DEL CORPO DI SANITÀ DELL'ESERCITO

Capo del Corpo: Ten Gen. me G. Cucct1'1ll LO

POTENZIALI EVOCATI SOMATOSENSORIALI: NOTE MEDICO LEGALI

DI INTERESS E ANCHE MILITARE

M. Di Martino• B. Colagrosso • • G. Rasoni •••

I potenziali evocati rappresentano l'attività bioelettrica cerebrale che viene registrata sulla superficie dello scalp nell'uomo come risposta all'applicazione di definiti sci moli sensoriali esterni.

Tali risposte corticali evocate non sono normalmente evidenti sull'EEG perché, a causa del loro basso voltaggio, vengono nascoste dall'attività bi oelettrica cerebrale spontanea; l'ampiezza dei potenziali evocati è difatti dell'ordine di 10 mv e quindi di voltaggio molto più basso rispetto all'attività corticale biolettrica spontanea che è dell'ordine di 50 mv, ed anche rispetto ai potenziali che si origin ano dalla contrazione dei muscoli dello scalp, che sono intorno ai 50-200 mV e dei potenziali riferibili all'attiv ità mu scolare oculare che h anno una ampiezza di 200 mV.

Per cercare di estrarre da questa attività cerebrale cli fondo i segnal i co rrispondenti ai poten ziatori evocati, Dawson ( 1947-1950) per primo applicò una tecnica di sovrapposizione fotografica di tracciati EEG in cu i veniv'a rilevata la costante relazione temporale fra le variazioni di potenziale che costituivano la costante relazione tempora le fra le variazioni di potenziale che costituivano la risposta corticale evocata e lo stimolo sensoria le che produceva. ln seguiro Dawson ( J 95 J ) mise a punto una tecnica elettromeccanica per l'estrazione ad interval1i regolari dei vo ltaggi di Potenziali Evocaci ottenuti con gli stimoli; le cariche, che corrispondevano al voltaggio dei potenzia li evocati bioelettrici, venivano accumu late nei condensatori ed in seguito i segnali elettrici, corrispondenti ad una media di voltaggio dei potenziali, venivano esaminati su un oscilloscopio.

Diverse altre tecniche furono usate successivamente da altri autori ma fu con l'introdu7 ione dei

metodi di soppressione statica del rumore, chiamato «media correlata» o «averag in g» che si poté riconscere ed estrarre dall'EEG di fondo i potenziali evocati; questo metodo si basa sulla caratteristica dei potenziali evocati di avere una collocaz ion e temporale governabile tramite la somministrazione degli stimoli.

Il procedimento consiste nel rilevare una serie di risposte ad uguali condizioni di stimolaz ioni ed eseguire una media aritmetica era i valori del segnale corrispondenti ad istanti equidistanti dallo stimolo.

Se il potenziale evocato ha andamento ripetiti\ o il suo contributo alla media rimane costante; il contributo del rumore biologico ed ambientale è sufficientemente irregolare da poterlo considera re costituito da porzioni statisticamente indipendenti di un processo casuale.

Con l'aumentare delle risposte sommate i poten7iali aventi una relazione temporale con lo stimolo cresceranno stabilmente con il progressivo cancellamento delle attività casuale.

Il risultato finale ottenuto lo si può dividere per il numero degli stimoli ottenendo una più chiara morfologia dell'onda stimolo-correlata.

Per ottenere il calcolo della media correlata ( «a\eraging ») si impiegava un elaboratore elettronico; inizialmente furono impiegati elabora tori a funzionamento analogico, successivamente sostituiti da elaborarori a funzionamento digita le. L'elaboratore elettronico riceve il segnale EEG, lo suddivide in punti attribuendo ad ogni punto un va lore numerico ( conversione analogico / di girale }, ri conosce un se-

Direttore dell'Ospedale Militare d, Roma;

Aiutante Maggiore dell'Ospedale M1hrare d1 Roma;

h • Chirurgo prc~so l'Ospedale Civile di Velletri.

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gnale di sincronismo che risulta temporaneamente correlato all'erogazione dello stimolo, esegue una somma dei singoli segmenti di segnale EEG che presentano un eguale ritardo del segnale di sincronismo; elabora i risultati e ritrasforma infine le espressioni numeriche in segnale analogico (conv ersione digitale I analogica) provvedendo alla visualizzazione e trascrizione grafica.

Per provocare la formazione di un potenziale evocato neuroelettrico si potrebbe usare, teoricamente, qualsiasi stimolo che sia sufficiente a provocare depolarizzazione di un nervo periferico; nella pratica clinica i potenziali evocaci che vengono usualmente ricercai sono quelli Uditivi, Visivi e Somarosensoriali.

Sperimentalmente sono stati usati nell'uomo anche altri sistemi sensoriali per ottenere dei potenziali evocati relativi ai sistemi Olfattivo ( Allison 1967 ) e Gustativo (Funakoshi 1971 ).

La registrazione delJ'attività bioelettrica corticale in seguito alla stimolazione di un nervo periferico fu messa in atto da Dawson nel 1947 e successivamente çonfermata da altri autori tra cui Larsson 1953, Giblin 1960, Bergamini 1965.

Il potenziale evocato somatosensoriale lo si può ottenere mediante stimolazioni per via transcutanea con shocks elettrici, stimoli meccanici o stimoli tattili del nervo ulnare o mediano per l'arto superiore e del nervo sciatico popliteco esterno per l'arto inferiore.

L'area di contratto tra elettrodi stimolanti e cute deve essere trattata con etere e su di essa applicata una pasta conduttrice al fine di diminuire la resistenza e la dispersione dello stimolo.

Usando come stimolo uno shock elettrico, quest'ultimo deve avere una durata di 0,2-0,3 m sec. con intervalli interstimolo di 3-4 sec. e l'intensità di stimolaz ione deve essere appena superiore alla sogl ia motoria. Nella stimola,ione di un potenLiale evocato somatosensoriale deve essere posta anche imporranLa allo stato di tensione muscolare del paziente, il quale deve essere sottoposto all'esame in stato di completo rilasciamento muscolare e ad occhi chiusi, evitando comunque l'utilizzazione di sedativi che possono influire sulla latenza ed ampiezza delle componenti del potenziale evocato somatosensoriale; anche l'ambiente dove viene effettuato l'esam e deve essere in condizioni cli luminanza e rumore di fondo stabili per rendere minimi gli stimoli sensoriali estranei a quello in esame.

Il Potenziale Evocato Somatosensoriale è costituito da una serie di onde negativo-positive di basso voltaggio (4-1 O V ) (Fig. n. 1 ) e, sulla base della denominazione raccomandata (radiazioni talamocorticali), Jones (1978) ipotizzata che l'onda P15 potrebbe derivare dalla fusione di due onde negativo-positive di basso voltaggio ( 4-10 V).

Sull'origine della prima deflessione positi\ a P15 sono state fatte da vari autori diverse ipotesi: Cracco ( 1975) ritiene che cale potenziale origini a livello talamico (ra diazioni talamo-corticali ), Jones ( J 978) ipotizza che l'onda P15 potrebbe derivare dalla fusione di due onde (N13 e N14 ) registrabili dal midollo cervicale alto che avrebbero origine dal Nucleo Caudato e dal Nucleo VPL del Talamo.

L'origine dell'onda N20 sarebbe dovuta secondo Allison ( 1974 ) ad eventi presinapcici corricali; quest'onda è considerata da molti autori il primo evento corticale.

Per l'onda successiv::t P29 si è visto che essa presenta una certa variabilità intra - ed intersoggeuiva ( può variare da 21 a 20 m sec.) ed una sensibilità ai fenomeni della sfera attentiva; la sua origine è stata ipotizzata a livello della corteccia somatoestesica opposta al lato stimolato.

Per le componenti successive è stata ipotizzata da Cracco ( 197 6) una origine dalle aree corticali d'associazione controlaterali, mentre Goff (1977) ipotizza una probabile origine miogenica dai muscoli retroauricolari e nucali.

Fra i var i tipi di potenziale evocato, il somatosensoriale risulta essere quello di cu i si osserva una

10 5 Amp O (µVI 5 10 ( +) 50 100 150 200 La1c11za (m. sec.)
250
Fig. n. 1 - L..1 -.erie di onde negarivo-posinve di un P.E.S.
37

minore variabilità intra - ed inrer-individuale; le latenze ottenute variano, comunque, in rapporto alla lunghezza della fibra nervosa periferica e delle vie midollari che devono essere percorse essendovi una differenza di latenza di 8-1 O m sec. tra i potenziali evocati somatosensoriali ottenuti con la stimolazione del nervo sciatico-popliteo esterno.

APPLICAZIONE E RJSUL T ATI DEI

POTENZIALI EVOCATI NEI PA ZIEN TI

CON TRAUMA CRANICO

La registrazione dei potenziali evocati dipende dalla vitalità neuronale e quindi offre, rispetto ad altre tecniche diagnostiche, notevoli vantaggi per la valutazione funzionale cerebrale. Essi sono usati spesso come complemento diagnostico nelle malattie demielinizzanti, nei tumori cerebrali, nelle malattie cerebrovascolari, nei disordini visivi.

Nei soggett i con trauma cranico, a causa dei diversi meccanismi del danno e della disseminazione dei luoghi di lesione, è difficile valutare pienamente la disfunzione cerebrale o la efficacia del trattamento; si è quindi cercato di utilizzare i potenziali evocati come mezzo complementare per la valutazione delle aree di disfunzione cerebrale e per la prognosi nei traumatizzati cranici.

Sull'utilità dei P.E.S. nei pazienti con trauma cranico si basa anche uno studio effettuato da De la Torre e Co11. ( 1978) i quali seguirono su 17 pazienti , in coma a seguito di trauma cranico, una registrazione dei potenziali evocati somatosensoriali basandosi sui risultati di questi ultimi per stabilire una prognosi di guarigione o di non guarigione.

I soggetti in esame avevano un 'età compresa tra i 3 ed i 72 anni e nessuno di essi era in grado di rispondere a comandi verbali al momento dell'esame.

In questi pazienti fu eseguito a diversi intervalli di tempo, da 3 giorni a 4 settimane, uno studio dei potenziali evocati somatosensoriali mediante stimolazione bilaterale del nervo mediano e peroneo, per un totale di 36 tests, ma la valutaz ione prognostica fu comunque fatta già dopo il primo test.

Allo scopo di avere un controllo gli autori sottoposero 74 soggetti volontari, che erano esenti da malattie neurologiche, al test dei potenziali evocati somatosensoriali ottenendo quindi dei valori medi di latenza e devia zione standard su cui confrontare i dati ottenuti dai pa z ienti da esaminare (Fig. n. 2 ).

J 17 pazienti in stato comatoso furono s uddivisi, a seguit0 dell'esam e con i potenziali evocati, in 2 gruppi: gruppo con prognosi di "recupero positivo" (Fig. n. 3 ); gruppo con prognosi di "recupero negativo" ( Fig. n. 4 ).

Fig. n. 2 - P.E.S. in soggetti di controlJo

Fig n. 3 - P.E.S. di pazienti con prognosi di «recupero positivo »

Fig. n. 4 - P.E.S. di pazienti con prognosi di «recupero negativo »

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sx lOµV I o 100 m.sec.
SX IOµV I o
250
DX
69 11 5
m.sec.
2 sx
I o 300 m.sec. 14 DX
lOµV

Nel gruppo di "recupero positivo" furono imeriti 4 pMienti che riacquistarono coscienza ed anche un buon grado di riabilitazione sensomotoria, 3 di questi poterono camminare senza difficoltà ed uno solo presentò in seguito lievi deficieme motorie.

In questo gruppo di pazienti l'analisi dei potenziali evocati somatosensoriali nell'emisfero destro e sinistro mostrò una buona simmetria bilaterale e la presenza di almeno 8 ben definiti picchi-onde in un tempo base di 300 m sec.

Nel gruppo dei pazienti classificati con prognosi di "recupero negativo" furono compresi 12 pazienti comatosi, che successivamente morirono, in cui il test con i potenziali evocatj somatosensoriali mostrò la presenza di notevoli asimmetrie bilaterali e la maggioranza di essi presentava solo una ini11ale deflessione positivo-negativa senza le successive deAessioni presenti normalmente. Questi dati confermerebbero l'opinione, già avanzata da Perot (1976), che le ultime componenti del potenziale evocato somatosensoriale appaiono essere più significative, rispetto alle prime componenti e che il ritorno della coscien1a in tali pazienti è correlato al ripristino, nei potenziali evocati somatosensoriali di questi ultimi, della loro componente tardiva. Un altro punto importante che emerge dallo studio effettuato da De La Torre su questi pazienti, con trauma cranico in coma, è la presenza nei pazienti con prognosi di "recupero negativa" del complesso primario anche in 2 pazienti di questo gruppo che presentavano linea isoelettrica all'EEG e morte cerebrale clinica. In base a questi dati si renderebbe possibile formulare una prognosi di potenziale recupero dallo stato vegetativo o di "recupero negativo" nei p:11ienti in coma a seguito dell'analisi dei potenziali evocati somatosensoriali.

CONCLUSIONI

Durante gli ultimi anni si è sviluppato un rapido ed esteso campo di ricerca nello ambito dei potenziali evocati sensoriali nell'uomo in relazione anche al progresso tecnologico dei computers e di più sofisticati metodi di stimol:uione del Sistema Nervoso Centrale.

La maggioranza delle metodiche diagnostiche usate nei pazienti con traumatologia cranica, rendono a riflettere più le condi;,ioni anatomiche quali ematoma, impegno di porzioni cerebrali, edema,

che non lo staro fun,ionale del Sistema Nervoso Centrale.

Lo studio <lei potenziali evocati visivi, acustici e somatosensoriali è in grado invece di offrire al clinico una valutazione dell'integrità funzionale neuronale e quindi i dati che ne derivano risultano importanti nel localinare il danno neurologico ma soprattutto per poter ottenere una valutazione prognostica ed il successivo progresso dello stato neurologico del pa,iente.

Dai lavori precedentemente illustrati emerge che nei pazienti con trauma cranico i potenziali evocati risultano essere degli indicatori prognostici particolarmente validi; inoltre la precisazione prognosti ca e l'affidabilità di altre metodologie quali la T.A.C., la misurazione della pressione inrracranica e l'esame clinico neurologico vengono notevolmente migliorate se usate in combinazione con i dari ottenuti dai potenziali evocati.

L'elaborazione dei potenziali evocati non richiede un paziente cosciente per cui essi si sono dimostrati specialmente utili nel fornire informazioni riguardami la funzione cerebrale dei pazienti comatosi nella fase acuta e, negli stadi successivi al trauma cranico, risultano in grado di poter formulare, già in base a1 risultati dei primi tests effettuati, una prognosi di possibile recupero o non recupero del paziente.

Per questi motivi i risultati dello studio dei potenziali evocau potrebbero essere utilizzati in modo sistematico per conoscere il grado di disfunzione cerebrale nei pazienti con trauma cranico e per poter seguire in tali pazienti successivamente l'efficacia del trattamento.

Riassunto. - Gli Autori mettono in evidenza l'1mporcanw dei Potenziali Evocati Somarosensoriali nel correlare il ri~ultato clinico fir1al nei paLiemi con trauma cranico.

Résumé. - l.es Auceur~ mcttcm cn e\ 1dcnce l'importance des P.E.S. dans le rapporter le résulranr cl inique finale c.lans Ics patsents avcc trauma cranicn.

Summary. - The Aurhors point our che 1mportancc of che ~om.ttosensory evokcd potcnt1als ro correlme che fin.il outcome in paticnts with head trauma.

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OSPEDALE MILITARE PRINCIPAU DI VERONA

S. Tcn. G. Attilio D.1lln Bona M.O. V .M

Diretcorc: Col. me Michele PLESCLA

REPARTO OTORINOI.ARJNGOIATRICO

(apo Rep.1rro: .\lag~ mc. !:.milio KitFFFR

VALUTAZIONE

DELLA CAPACITÀ UDITIVA

NELLA DEFINIZIONE DELL' IDONEITÀ AL SERVIZIO MILITARE:

PROVE ACUMETRICHE VOCALI VS AUDIOMETRIA TONALE LIMINARE

C. Crosar-a

M. Camer

E. Kicffer

INTRODUZIONE

L'apparato uditivo costituisce, come è noro, una delle otto caratteristiche somaro-funzionali esaminate nella valutazione dei r equisiti fisici di idoneità al servizio militare e a i corsi AUC.

II criterio nel calcolo del coefficiente da attribuire a questa specifica funzione è rappresentato dalla percentuale complessiva di perdita uditiva all 'a udizi one biauricolare.

Secondo le disposizioni stabil ite dalla DGSM (ci rcolare n. 1019/ML 4-27 2-12-1982: Revisione dei profili sanitari di selezione del personale militare ) un prim o screening audiologico deve essere effettuaro dai Nuclei Selettori presso i Consigl i di leva o dal CMl mediante prove acu m etriche vocali. Solo quei can did ati che h a nno fornito ri s poste patologiche devono esser e in viati a cont rollo tonale.

Scopo del presente lavoro è di dimostrare attraverso considerazioni di fi s ica acustica, di acus tic a fisiologica e di p sicoacustica la scarsa validità della acumetria vocale nella definizione della capacità uditiva ai fini della determinazione dei profili sanitari e la necessità quindi di una sua sostituzion e con l'a udiometria tonale liminare.

L'introduzione di questa metodica come primo screening audiologico in ambiro san itari o militare è motivata anche da importanti implicazi on i di ordine m edico-l egale che saranno esposte e discusse a l te rmin e del presente lavoro.

ASPETTI GENERALl DELLE PROVE ACUMETRICE VOCALI

L' acumet ri a, molto in uso in ca mpo audiologi-

co fino ad un ventennio fa, consiste nel presentare al soggetto in esame determinati suoni per via a rea o via ossea: i parametri fisici degli stimoli sonori non strumentalmente selezionati sono giudicati soggemvamcme e di conseguenza stimati in maniera grossolana.

Tale metodica consente solo una valutazione approssimativa sia del grado di funzionalità uditiv_a (giudizio quantitativo-grado di ipoacusia) sia del t ipo di deficit eventualmente presente ( giudizio qualitativo = ipoacusia trasmissiva ovvero neurosensoriale ) .

Attualmente sono ancora utt lizza re 111 ambito clinico prove acumetr iche tonali (prove con i diapason ) e prove acumetriche vocali (voce viva, voce di conversazione e voce sussurrata o afona )

Per eseguire correttame nt e un test acumetrico vocale il soggetto da esaminare deve essere posto su una sedia girevole, dal centro della quale inizia una scala g raduata in metri segnata sul pavimento. L'esaminatore, durante l'esecuz ione della pro"a, '>i muoverà su questa traccia avendo così immediata conoscenza della distanza che lo separa dall'esaminato.

All'inizio si esam inano entramb i gli orecchi e successivamente una per volta: in questo caso uno dei due viene escluso mediante mascheramento con rumori di tipo diverso (asso rd ato re di Barany, fruscio di un pezzo di carta ) oppure la s i fa coprire dal palmo della mano d1 un aiutante ovvero s1_111v ita lo stesso esaminando a comprimere con un dito il trago contro l'orifi z io del condotto uditivo esterno.

Il soggetto, seduto con le spalle girate, viene invitato a ripetere le parole pronunciate dall'esaminatore, mentre quest'ultimo va progress i"ameme au-

4 1

mentando o dimuendo la sua distanza (soglia rispettivamente rilevata con tecnica discendente o ascendente ) La capacità uditiva dell'esaminando è correlata a ll a distanza alla quale viene anco ra (metodica discendente ) o appena ( metodica ascendente) correttamente ripetuta la parola pronunciata dall'esaminatore.

Quando il soggetto non ha le spalle volte all'esaminatore questo dovrebbe, dopo aver fatto chiudere gli occhi all'esaminando, porcare davanti alla bocca un foglio di carta: tale manovra ha loscopo di selezionare, era le parole bisillabiche scritte sopra, quelle che contengono un num ero approssimativamente uguale di toni gravi ed acuti e contemporaneamente di impedire ad altri la lettura labiale e di nascondere il proprio viso per non far trapelare alcuna espressione indicatrice di correttà o scorretta ripetizione della parola pronunciata.

Malgrado una scupo losa e rigorosa osservanza di tutte queste condizioni e accorgimenti, numerosi sono i fattori che possono rendere imprecisa o addirittura inattendibile l'acumetria vocale (Tab. 1 )

Si ritiene opportuno, qui di seguito, anali zzare dettagliamente ed in maniera critica ciascuno dei diversi agenti invalidanti le prove acurnetriche vocali

Tabella 1 - Possibili fattori che inficiano la validità dell'acumetria vocale

Condizioni acustiche dcll'ambienlc circostante:

-diversa rumorosità ambientare ovvero differente effetto mascherante sul messaggio vocale;

- differente attenuazione acustica ambientale del messaggio sonoro.

Caratteristiche dell 'esaminatore:

- timbro della voce;

- inflessioni dialettali;

- variabilità intra inter-individuali di pronuncia e di intensità sonora di emissione del messaggio vocale.

Contenuto del materiale vocale impiegato:

- fonemi non rigorosamente bilanciati.

Caratteristiche dell'esaminando:

- scorretta posizione di ascolto;

- possibilità di compenso mediante integrazione centrale.

Lnconvenicnti e Limiti generici:

- insicuro (difficile) mascheramento monoaurale ;

- incapacita di rilevare la presenza (compatibilità) di ipoacusia sui toni acuti.

RUMORE AMBIENTALE ED [HETTO DI MASCHERAMENTO

Quando due suoni giungono contemporaneamente ad un orecchio, per effetto del mascheramento che uno esercita sull'altro, la soglia di p ercezio ne

per entrambi risulta innalzata rispetto a quella rilevata inviando i due stimoli sonori saparatarnente.

Si tratta di un fenomeno audiologico di rilevante interesse sopr attutto in ambito acumetrico poiché durante l'esecuzione di tali prove, al messaggio vocale da riconoscere si aggiunge inevitabilmente il rumore di fondo.

L'effetto mascherante di un suono si esercita su un'area del campo uditivo che è in rapporto con l'intensità e la frequenza del suono stesso (curve di mascheramento - Wegel e Lane, 1924 ) .

L'azione di mascheramento operata da un determinato tono si esplica maggiormente sulle frequenze superiori ed è massima per i toni di frequenza molto prossima ad essa (banda critica - Zwicker, 1954).

Un rumore bianco, ci oè un rumore la cui energia sonora è distribuita in modo uniforme su tutte le frequenze dello spettro sonoro, esercita un effetto mascherante su tutto il campo uditivo, anche se la sua azione non è uniforme.

In un amb iente comune il livello di rumore in esso presente è assai variabile (30-60,70 dB) a seconda del momento della giornata in cui viene eseguita la rilevazione (traffico scradale, rumori da ambienti vicini), ovvero var ia in rapporto al numero di persone in esso presenti e all'attività svolta da questi ultimi. Ancora più significative sono poi le differenze di rumorosità ambientale tra locali diversi.

Lo spettro di frequenza del rumore am bientale comprende tutte le audiofrequenze, tuttavia le «gravi» risultano maggiormente rappresentate: ne deriva quindi, che il rumore ambientale maschera in modo efficace il messaggio vocale, essendo quest'ultimo, come è noto, distribuito in una range di frequenza comprense tra 500 e 3000 Hz (Shindler, 1974 ).

La presenza di un rumore ambienta le, soggettivamente non ritenuco eccessivo, può annullare da sola la validità del riscontro audiologico ottenuto con prove acumetr ich e: si consideri inoltre che il rumore di fondo è ineliminabile ( traffico strada le, rumore proveniente da piani o abitazioni attigue, macchinari etc.) e che per queste prove non esistono di spos izioni o documenti che fissino i livelli massimi di rumorosità ammissibili.

ASPETTI INERENTI I FENOMENI

DI RIFLESSIONE E ASSORBIMENTO SONORO

Secondo le leggi di fisica acustica sulla propa gazione dell'energia sonora l'intensità di un suono

42

decresce in misura inversamente proporzionale al quadrato della distan za dalla sorgente.

Tale relaz ione tuttavia è vera solo in condizioni di campo libero. In caso di ambienti confinati la legge non è più applicabile a causa di riflessioni multiple del suono contro ostacoli a superficie sufficientemente -ampia e liscia.

Un soggetto, sottoposto alla prova acumetrica vocale all'interno di un ambiente chiuso, percepisce un suono la cui intensità soggettiva risulta dalla sommaz ione tra energia diretta ed energia rivcrberarante: Ja prima segue la legge della propagazione del suono in campo libero, mentre la seconda è indipendente dalla distanza della sorgente ed è invece in relazione con il volume, la forma dell'ambiente ed il coefficiente di assorbimento globale delle pareti della stanza in cui viene eseguita la prova. Alle distanze comunemente impiegate durante l'esecuzione delle prove acumetriche vocali le due energie sonore investono il sensore uditivo del soggetto a distanza di pochissimi millisecondi l'una dall'altra e quindi in pratica, si sovrappongono ( interferenza positiva= sommazione di energia): l'attenuazione dell'intensità del messaggio vocale in funzione della distanza diviene molto modesta.

È stato dimostrato che (Tab. 2), durante l'esecuzione di prove acumetriche, l'energia sonora del messaggio vocale si attenua di circa 19 dB ad una distanza di 9 metri i.ne ampo libero, e di soli 9 dB alla stessa distanza in ambiente chiuso e provvisto di pareti fonoassorbenti (Marullo e coll., 1967). Bosastra e coll. ( 1973) hanno inoltre riscontrato che negli ambienti confinati non trattati acusticamente, ove di solito vengono eseguite le prove, l'attenuazione del messaggio vocale ad 8 metri di distanza risulta in media di appena 4 dB, cioè circa 1 / 5 del valore teorico che si avrebbe in campo libero.

Tab. 2 - Attenuazione dell'intensità sonora in rapporto alla distanza di esecuzione della prova acumetrica in diverse condizioni ambientali

Ambiente di prova

Campo libero

Ambiente chiuso con pareti fonoassorbenti

Ambiente chiuso non trattato acusticamente

Attenuazione totale (in dB) da I a 9 metri di distanza

- 19. L*

- 8.9*

- 4.0**

* Da MaruJlo e coli., 1967 ** DaBosastra e coli., 1973.

VIARIABILT DIPENDENTI DALL'ESAMINATORE

La misura zi one di un qualsiasi parametro sensoriale risulta attendibile soltanto se le caratteristiche fisiche dello stimolo sono perfettamente fisiche.

Mentre una precisa standardizzazione si ha con l'audiometria tonale, questa risulta impossibile con le prove acumetriche: a parte il timbro, l'accentazione e la pronuncia del messaggio vocale, è soprattutto il parametro intensità di emissione dello stesso che varia significativamente a seconda dell'esaminatore.

Infatti è stato già dimostrato mediante rilevazioni fonometriche (Fo wler, 1948) che l'intensità della voce afona di sanitari diversi, durante l'esecuzione di prove acumecriche, si caratterizza per notevoli differenze di valori. Inoltre si è rilevato che questa può variare per uno stesso esaminatore a seconda delle distanza dal soggetto in esame e dell'ambiente in cui si svolgono le prove. È stato infatti evidenziato (Bocca e Pellegrini, 1950) che l'intensità della voce, a causa di fenomeni riflessi neuropsicolologici, viene inavvertitamente aumentata dall'esaminatore man mano che questi si allontana dal soggetto in esame.

ASPETTI INERENTI IL MATERIALE VOCALE

Qualsiasi stimolo vocale è costituito «da un flusso di onde sonore di frequenza, altezza, intensità e timbro vari (vocali) intervallati da rumore (consonanti ) il cui insieme può avere o meno un significato nel linguaggio del soggetto (rispett ivamente parole o Jogotomi) » (Portmann e Portmann, 1977 )

Il materiale vocale impiegato per eseguire una corretta acumetria deve:

- avere una composizione fonetica tipica della lingua in cui si effettua l'esame;

- possedere un soddisfacente equilibrio fonetico;

- essere semplice e familiare, di uso comune nella lingua parlata;

- essere privo di quei vocaboli che possono ingenerare dubbie interpretazioni;

- avere una limitata ridondanza (per ridondanza di un messaggio verbale si intende la quantità di informazioni in eccesso rispetto al significato semplicemente linguistico dello stesso).

È assai difficile rispettare contemporaneamente tutte queste condizioni anche quando vengono utilizzate liste di parole preformate e addirittura impossibile quando tali parole sono scelte mentalmente ed in maniera estemporanea dall'esaminatore.

43

V ARJABILI RELATIVE ALL'ESAMINANDO

La posi1ione assunta dall'esaminando è un aspetto di non secondaria importanza nell'ambito dei fattori inficianti le prove acumetriche: il soggetto può involontariamente o intenzionalmente assumere una scorretta posizione durante la prova, ulreriormente invalidandola.

Un ulteriore aspetto si evince da una ricerca di Bocca e Pellegrini ( 1950 ) secondo la quale durante l'intellezione dei messaggi vocali, i fenomeni di integrazione centrale, diversi da soggetto a soggetto in relazione al grado di cultura, possono compensare una perdita uditiva di circa 15 dB, mentre questo non può accadere utilizzando stimoli acustici tonali.

AL TRE PROBLEMATI CHE SPECIFICHE

DELLA METODICA

La metodica dell'acumerria vocale si presta ad un'ulteriore critica quando essa è utilizzata per esaminare un soggeto con grave ipoacusia monoaurale: in questi casi può non risultare efficace il mascheramento dell'orecchio migliore attuato secondo i metodi classici e quindi il soggetto viene erroneamente considerato addirittura normoacusico.

Per quanto riguarda la correlazione esistente tra soglia tonale ( perdita media di dB ) e distanza alla quale è possibile percepire il messaggio vocale bisogna considerare ovviamente il tipo di voce impiegata nella prova (viva, di conversazione, sussurrata o afona ) Da11'esame della tabella 3 ( Mayet e Rey, 1960) si può osservare che anche una perdita uditiva media di 30 dB sulle frequenze 0.5-1-2 kHz ( range di frequenze entro il quale è situato il messaggio vocale ) è ancora compatibile con la percezione della voce afona ad 8 metri di distanza.

Tab. 3 - Sono riportati i valori di correlazione tra il livello di soglia tonale ed intellezione del messaggio vocale

Perdita media in dB-*

0-30 35 35-45

45-50

50-65 oltre 65

Di.stanza a cui

è percepita

Distanza a cui

è percepita la voce stis.rnrrata la voce di conversazione

80-50 cm

50- 25 cm

25-5 cm

non percepita

non percepita

Tale soglia uditiva è senza dubbio eccessivamente innalzata per poterla ritenere ancora normale tanto più se si considera che una soglia audiometric a media per queste frequenze può anche essere associata ad una perdita uditiva di grado anche significativo sulle frequenze acute ( 4-8 kHz ).

Nella figura 1 si possono osservare i limiti della fascia del campo audiometrico entro la quale si situano le soglie tonali liminari di soggetti considerati normoudenri alle prove acumetriche.

Tali dari risultano da un'indagine audiologica da noi condotta su 103 soggetti, tutti di sesso maschile, di età compresa tra 18 e 27 anni e classificati normali alle prove acumetriche: 21 di questi, pari al 20.3%, hanno presentato al controllo audiometrico tonale una ipoacusia di tipo neurosensoriale sui 4-8 kHz di entità medio-grave (45-60 dB HL). Risulta quindi evidente il grosso limite di questa metodica, rappresentato dall'incapacità di individuare per le frequenze acute gradi anche elevati di perdita uditiva.

5-4m

4-2 m

2-1 m

1-0.25 m

al padiglione

o non percepita

• VnJorecalcolato dividendo per tre la somma delle perdite uditive in dB per le frequenze 0.5-L-2 kJ l z.

F1g. J - Arc,1 audiometrica enrro la quale possono i~rivers1 soglie uditive tonali compatibili con la percezione della voce ,1fona ad 8 mcm.

CONSIDERAZIONI CONCLUS I VE

Mediante le prove acumecriche si valuta umcamente l'intellegibilità del linguaggio ( range di frequenze indagato 500-3000 Hz ) che è espressione della capacità di comunicazione del soggetto ovvero della sua idoneità sociale; per le considerazioni suddette tali prove inoltre non sono in grado di fornire sufficienti garanzie di precisione e di attendibilità. Per tutti questi morivi le risposte ottenute con l'acumetria vocale non possono ritenersi sufficiente-

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0----+---~--+----+--+--+-+....-j-~ I --

mente informative della reale sensorialità uditiva del soggetto in esame.

In ambito medico militare una metodica audiometrica perfettamente scandardiz7ata risulta pertanto indispensabile non solo per una affidabile valutazione della capacità uditiva nell'ambito di tutte le audiofrequenze, ma anche per altre motivazioni di ordine medico-legale estremamente importanti.

L'audiometria tonale si dimostra assai valida, come primo screening di soggetti particolarmente predisposti al danno uditivo da rumore: l'esclusione di quesiti soggetti da situazioni ambientali militari sicuramente o potenzialmente pericolose per il loro apparato uditivo, consentirebbe così di evitare ulteriori aggravamenti uditivi con conseguente invalidità personale e danno economico-sociale (efficace azione preventiva ).

Una metodica perfettamente standardizzata rappresenta inoltre un mezzo di confronto inconfutabile in quei casi in cui viene indebitamente richiesto un indennizzo per un deficit uditivo riferito a trauma acustico da sparo e che in realtà preesisteva all'evento stesso e che la prova acumetrica non era stata in grado di documentare ( insostituibile prova medico legale).

Riassunto. - Gli AA. sulla base dell'esperienza personale e anraverso consideraL1oni teoriche di fisica acusuca, di acusnca fisiologica e di psicoacustica sottolineano la scarsa validità e attendibilità delle prove acumetriche vocali comunemente impiegate per la valutazione della capacita uditiva nella defirn1ione del giudizio di idoneità al serviliO militare.

Si rende quindi necessaria e auspicabile la sostituzione di questa metodica con l'audiometria tonale liminare che si dimostra utile, come primo screening audiologico, non solo in ambito preventivo e clinico ma anche in quello medico-legale.

Résumé - Les Auteurs d'après leur expérience cliniquc et par le milieu dc considérations sur la physique acoustique, phy-

siologie auditi\ e et psych o -acousuqu e merrenr in év1dence, la pauvre valdité dc l'acumétric vocale cmployée dans le définit1on de l'aptitude ,rn \crvice miliraire.

Il est donc necessarr de ~ubstttuer cette mètodique d'mve,ug.mon aud1olog1quc avec l'audiométrique tonale limanaire qui est utile, commc rccherchc de screening. dans la prévention, la dmique er le domame méd1co-légal.

Summary - On che basis of thcir clinica! experiencc and according to psyc oacustics, phys1cs and acoustical physiolog> cons1der,tt1ons thc Aurhors emphas11e poor \ , tl1dit} ol a coumetric test~ commonly utilized during hearing ,ensitiv1ry estimation in milirary fitness subjecrs selection.

Th1s modaliry of exammation has co be replaced by pure rone audiomerry that appears useful, a) a preliminary audiologica! screening rest, nor only in prc\cnction ,111d clinica! field bur also m medico-legai maner.

BIBLIOGRAFIA

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CORAZZATA MAMEI I» SERVIZIO SANI T ARIO

Dirigcnre: Cap. me. spc. Mario CARll~O

«PRESTAZIONI DI LAVORO COMPORTANTI CONTINUA E DIRETTA ESPOSIZIONE A RISCHI PREGIUDIZIEVOLI PER LA SALUTE O L'INCOLUMITÀ PERSONALE IN UNA

BRIGATA CORAZZATA: PREVENZIONE DELLE MALATIIE PROFESSIONALI E DEGLI

INFORTUNI E MODALITÀ D'INTERVENTO SANITARIO PERIODICO ». S. Ten. me. France~co Martire •

INTRODUZIONE

In base al D.P.R. 19 /3/ 1956 n. 303 sono stati da noi effettu,ui i controlli medici dei Sottufficiali (aventi incarichi che comport ano un'indennità giornaliera di rischio per le presta7ioni di lavoro ) al fine di garantire la s icur ezza e l'igiene delle condizioni di lavoro in applicazione dell e norme relative, intese alla tutela dell'integrità p sico-fisica e dello stato di salute dell'uomo negli ambienti di lavoro.

li nostro co ntr o llo medico si è svo lto su 60 Sottufficiali e sull'ambiente di lavoro in cui ve n gono esp li cate le diverse attività (officine, parcheggi automezzi e mezzi cingolati, sa l e rad io, armeri e, luoghi di verniciatura, amb ienti aperti sede di esercitazione co n mezzi cingolati o di operazioni di bonifica a rtificiera, etc.).

MODALfTÀ DEI CONT ROLLI SANTT ARI

I n collaborazione con la U .S.L. locale abbia m o preparato il «Librett o san itar io e di ri sc hio lavorativo» che deve accompagnare il Sottufficiale per tutto il periodo in cui si svo lge l a nttiv ità a rischio. li «Libretto » riport a le ge n eralità cd il gruppo sanguigno e consta di:

- un a prim a parte ri ser vata a ll 'anam nesi medicn vera e propri a, all'anamnesi lavorativa, ai rilievi oggettivi su ll 'a mb iente di lavoro, alle caratteristiche psico - fi s iche <lei lavoro svo lro;

- una seconda parte costituita da una scheda d ove sono segnalati, a cura del medico, tutti i possibili disturbi (v is ivi, uditivi, psico-nervosi, dell'apparato respmuorio, ca rd io-circolato r io, digerente, sessuale, mu scolare e c ut aneo) accusati d al lavorntore sul lavoro e/ o lontano dal lavoro e la frequenza, l'inten sità e la durata soggett iva di questi disturbi. Qu esta sched a viene compilata og ni volta c he il lavoratore si presenta ( per obbligo di legge periodicamen-

te) a sostenere la visita medica. Al termine della visita medi ca s i co mpila la pagina dell'esame obiettivo e, tenen do in giusta considerazione anche i s intom i soggettivi, si decide per un eventuale controllo tecnico-laboratoristico più specifico: in tal caso si segnala accanto a l risultato della visita medica con l'eventua l e diagnosi, il referto tecn1colaboratoristico.

Le visite mediche periodiche, in accordo con la circo lare 6/10/84 n. 6130501 MP del Comando dei Servizi Sanitari della R.M.N.E., sono state effettuate a cura di un Uffic iale Medico esperto in m edicina del lavoro c he si è avva lso, per gli approfo ndim e nti sanitari, de ll e strutture m ilitari, finché possibile. Il nostro esperto in medicina del l avoro, in base a l regolamento di attua;,ione de ll'art. 4 della legge 15 / l 1/ 1973 n. 734, ha fi ssato la periodicità del contro llo medi co così ripartendola a second a delle var ie attività :

G R UPPO

IV-1

IV-2

IV-3

IV-3/V-1

V-8

INCAR ICO

Ehmromagnctisti Operatori ponte radio Motoristi gruppi elettrogeni Meccanici mezzi cingolati Meccanici automeai

Capi-Officina Am1aioli

Meccanici artiglieri

CONTROLLI

T rimcstrali Semestra li Semestrali Semestrali Semestrali Semestrali Semestrali Semestrali !I 1

I ) Visita medica immediata qualora il dipendcnre denunci o presenn segn I pat0log1c1 sospem

La periodicità della visita medica obbligatoria è segna l ata anche sui «Libretti sanitari e d i rischio lavorativo » fissa nd o du ran te l a visi t a m ed ic a s t essa l'appuntamento pe r la successiva.

• Specializzando in l\led1cina del Livoro prc,so l'Uni\'crsicà di Messina

J2• BRJGA fA
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CONTROLLI SPECIFICI

In alcuni casi si è ritenuto opportuno approfondire l'indagine, riservandoci di esprimere un giudizio di idoneità all'incarico solo dopo l'esito di esami cecnico-laboratoristici più specifici.

Operando in una Brigata Corazzata, abbiamo rivolto particolare attenzione alla funzione uditiva (meccanici mezzi cingolati, meccanici automezzi, meccanici di artiglieria, artificieri) e ad eventuali casi di ossicarbonismo (meccanici mezzi cingolati, meccanici automezzi).

Per quanto concerne la valutazione della funzione uditiva, ci siamo recati in luoghi di lavoro selezionando, in base all'entità del rumore ed all'ambiente (chiuso o aperto), i soggetti più esposti. Inoltre abbiamo svolto un'indagine anamnestica lavorativa per conoscere sia eventuali attività precedenti, connesse a patologie da rumore, sia il tempo assoluto di esposizione che è in rapporto con l'anzianità dell'incarico specifico. Abbiamo tenuto inoltre conto anche del parere soggettivo su eventuali disturbi uditi vi accusati, «filtrandoli» sulla base della conoscenza medica nel settore. Siamo così giunti ad un numero ristretto di individui «a rischio}> sui quali si è svolta l'indagine più specialistica O. R.L. ed audiometrica.

Per svelare eventuali casi di intossicazione da ossido di carbonio, i nostri sforzi si sono rivolti alla patologia cronica, in quanto non abbiamo mai rilevato, durante la nostra attività nella Brigata, sintomi tali da poter diagnosticare una patologia acuta da ossicarbonismo.

Anche in quesro caso ci siamo immersi nella realtà lavorativa valutando le condizioni ambientali di lavoro ed i vari momenti lavorativi in cui si potrebbe verificare un'inalazione di ossido di carbonio; a completamento dell'indagine abbiamo effettuato un'accurata visita medica privilegiando la semiologia cardiologica e neurologica.

Abbiamo così selezionato un ristretto gruppo di soggetti che sono stati sottoposti a prelievo di sangue per la valutazione della carbossiemoglobina.

RISULTATI OTTENUTl E CONSIDERAZIONI

Alla visita special istica otorinolaringoiatrica solo tre dei Sottufficiali ritenuti maggiormente «a rischio» hanno presentato un tracciato audiometrico

da riferire a «trauma acustico iniziale » , mentre altrettanti presentavano lievi deficit uditivi dovuti a patologie flogistiche non da rumore.

Il deficit tipo «trauma acustico» rappresenta il quadro iniziale di quella che potrebbe diventare «ipoacusia da rumore » , secondo la definizione data dalla A .A.O.O. (American Academy of Ophtalmology and Otolaringology), dove si considera ipoacusico il soggetto con diminuzione utiditiva tale da compromettere la comoda udibilità sociale.

li danno uditivo provocato dal rumore si sviluppa secondo un modello relativamente costante anche se l'epoca d'insorgenza e la gravità sono determinate dal livello acustico dell'ambiente, dalla suscettibilità individuale e dall'eventuale assunzione disostanze ototossiche (aventi azione sinergica con il danno da rumore, secondo gli studi di Darrouzet e Lima - Sobrinho).

Nel nostro caso abbiamo rilevato un incremento del danno percettivo (massim o a 4.000 Hz sino a 45 dB in media) tale da non compromettere certamente la "udibilità sociale". ma che ci stimola a perfezionare ulteriormente la profilassi della patologia da rumore e, nel caso individuale, a scaglionare pit1 parsiomoniosamente l'esposizione e a rendere tassativo l'uso di protettori acustici.

Sé si considera che l'esposizione totale dei soggetti "a rischio", a partire dall'inizio della attività lavorativa, è in media di circa 1O anni, il risultato ottenuto è ottimistico per ciò che riguarda la prevenzione (ambientale ed individuale) che viene attualmente praticata.

Solo quattro dei soggetti sottoposti a dosaggio della carbossiemoglobina mediante metodo spettrofotometrico hanno fatto registrare un valore di saturazione appena più alto del 5% (limite superiore della normale percentuale di saturazione della carbossiemoglobina nel sangue).

La valutazione attenta dei dati ha dimostrato un rapporto di proporzionalità diretta tra il valore di saturazione di ossido di carbonio nel sangue ed il numero di sigarette fumate quotidianamente: i non fumatori ed i fumatori fino a 1 O sigarette/ die raggiungono valori di HbCo (Carbossiemoglobina) compresi tra 1,3 e 2%; i fumatori fino a 20 sigarette/ die raggiungono valori di HbCo tra 3 e 4,8%.

J quattro soggetti che hanno raggiunto valori di HbCO superiori alla norma presentano un'età media di 30 anni, fumano dall'età di 18-19 anni e da

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qualche anno consumano in media 30 sigarette/ die: i valori presunti o normali, oscillanti era il 6% ed il 7%, sono pertanto da considerare solo in rapporto al fumo di tabacco e non ad intossicazione da ossido di carbonio proveniente da altre fonti (molti e recenti studi hanno dimostrato che un fumatore di 2-3 pacchetti di sigarette al giorno raggiunge livelli da saturazione pari al 7-9% ).

CENNI DI PREVENZIONE

La prevenzione dei danni uditivi viene arcuata a vari livelli:

- a livello amb ientale, pro gettando sia le macchine che gli ambienti di lavoro per la realizzazione di luoghi sufficientemente silenziosi;

- a livello organizzativo, stabilendo programmi di lavoro rali che il soggetto, una volta raggiunto il limite di durata massima per il corrispondente livello di rumore, svolga la sua attività in ambient i silemios1;

- a livello individuale, con l'uso di protectori acustici.

I protettori acustici che s i trovano in commercio sono numerosi: abbiamo i caschi (costituiti da materiale isolante vario, cuoio, plastica ) che forniscono un'attenuazione globale del rumore, trasmesso s ia per via aerea che ossea, di circa 50 dB; le cuffie, che attenuano la trasmissione del rumore per via aerea di circa 30 dB; gli inserti auricolari (costituiti da plastica morbida o gomma, cotone misto a cera, materiale spugnoso), che realizzano un'attenuazione del rumore trasmesso per via aerea di 10-15 dB (l'uso del semplice cotone è sconsigliato poiché non solo da un potere di attenuazione molro basso, ma spesso contiene impurità che possono provocare irritazioni e flogosi del meato acustico esterno )

La prevenzione dcll'ossicarbonismo s i attua valutando periodicamente con strumenti idonei, laddove esistono reali rischi di intossicazione, la concentrazione di ossido di carbonio nell'aria.

Negli ambienti chiusi è ne cessaria l'utilizzazione di impianti di aspirazione posti in prossimità delle fonti per evirare la dispersione del gas o di speciali maschere anti-gas con filtro costituito da ossidi metallici.

Riassunto. - In occa~1one delle v1s1te mediche periodiche al personale addetto alle lavorazioni nocive in una Brigata Corazz.ata, abbiamo approfondico un'indagine (.I\ valendoci della d1~pontb1lità di un Ufficiale medico esperto m Medicina del lavoro) circa le condi1ioni di ~alutc «professionale» di 60 Sottufficiali che espletano presta,ioni di 1.ivoro regolate dalla legge 15.11.73 n. 734 e circa gli ambienti di lavoro m cui il per,onalc ,uddetto lavora. Sono emersi dei multati mccressanri che ci danno la possibilità di indiriuare piu specificatamente le indagini speciali,ciche e di formulare i primi consigli tecnico · sanitari per auu,ire una previsione primaria al fine di ,congiur.ire, per quanto po~sibile, le patologie professionali che caratterinano t,lli prest,11ioni lavorative.

Résumé. - À l'occasion des \ isite, méd,cales périodiques au pen,onnel anaché aux tra, ·aux noc1fs dans une Bngadc CUJr,1ssee, on a fair des recherches (avcc la collaboracion de l'Officier Méd1cin expcrr en Médicine du cravail) ~ur !es conditions profess1onne1Jes de sancé de 60 Sous • Offic,er, dont le rravail csc regle par la 101 15.11.1973 n. 734 et sur le<, lieux ou le sou,dic pcrsonnel cravaille. On est parvenu à des résulcats iméres,,rnrs qu, nous donnent la possibilité d'adresser ces recherches ,nec une plus grande preos1on et de formuler des conseils rechniques et médicalcs pour une première prévention dans le but d'évirer. k- plus po,~1bile, !es parhologies profcss1onnelles rélarivcs à ce ~cnre de rravaiJ.

Summary. - On che occasion of regular medicai examioa11on to rhe personnel atrached to work involvmg risk in an armoured bngadc, ,1 research w,ls carried out (thanks lO the Medicai Officer experr in ~led1cine of \\Orking condition~) on rhe "profess1on,1l" heahh condmons of 60 Non· Commis~mncd Officers, carrying on services regulated by rhe law 15 I I 73 n. 714. Th1s ,.une research was ,liso conducred on che working ennronments where the above • ment1oned per\onnel 1\ uscd to work. lnteresring resulrs were achicvcd allowing us 601h to direcc our rescarch 111 a more specific m,inner and co formulate firsc tech111cal & medicai adHce "h1ch would be fund,lmental fora prnnary prevenrion in order ro avoid. as far as possible, occupation.11 discases peculiar to such kind of works.

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REGIONE MILITARE TOSCO-EMILlANA

COMANDO DEI SERVIZI SANITARI - DIREZIONE SANITÀ

Direttore: Magg. Gen. mc. R. STORNELLI

REGGIMENTO GENIO FERROVI E RI - CASTELMAGG IORE

Dirigente del Servizio Sanitario: Cap. me. A. BECCA

Il CONVOGLIO DI PRONTO INTERVENTO DEL REGGIMENTO GENIO FERROVIERI

Cap. me. A. BECCA

INTRODUZIONE

Viene presentata una realizzazione moderna e tecnologicamente avanzata frutto del lavoro cli personale militare, principalmente cli leva, del Reggimento Genio Ferrovieri.

Il Convoglio Pronto Intervento (CPI) è composto da 8 vetture + 2 carri-cisterna ed è stato costruito, per disposizioni dello SME, nell'officina allestita allo scopo in locali del Poligono Palmanova, attiguo alla Caserma Montezemolo, sita in Castel Maggiore (BO), sede del Comando del Reggimento Genio Ferrovieri. Progettato dal Ten. Col. Lanfranco CASTIGNANI a partire dal Maggio 1980, i lavori di costruzione, iniziati nel Maggio 1981, sono terminati negli ultimi mesi del 1984: il 1 ° Dicembre 1984 il CPI è stato ufficialmente inaugurato ed ora si trova in un capannone-ricovero del Poligono Palmanova: un collegamento con i binari alla vicina Stazione FF.SS. di Castel Maggiore (BO), posta sulla linea Bologna-Ferrara-Padova, ne rende possibile il potenziale uso immediato.

L'esigenza di un CPI è nato dalla necessità di potere utilizzare, in tempi brevi, una struttura di supporto tecnico-logistico adatta ad affrontare situazioni di emergenza, quali il montaggio rapido di ponti ferroviari metallici scomponibili, in generale situazioni tipo «calamità naturali,> e «disastri» ambientali nei quali le attrezzature di cui il convoglio dispone possono essere utili per i soccorsi.

CARATT ERISTICHE TECNICHE

Il CPI è stato costruito ristrutturando vetuste carrozze FF.SS. di II classe (MOD. B2.30.0001925) ormai avviate alla demolizione. Esse hanno subito un'opera di risanamento totale (interno ed esterno) per quanto riguarda le ossidazioni delle parti metalliche; i finestrini sono stati allargati e so-

stituiti con il tipo Kleine e sono state applicate sul tetto bocchette di aspirazione d'aria. Il riscaldamento è del tipo Webasto ad aria con ventilazione forzata: nella carrozza refettorio funziona un impianto di aria condizionata. I servizi igienici sono tutti del tipo wc-chimico, escludenti qualsiasi possibilità di inquinamento ambientale. Un gruppo di potabilizzazione garantisce, in ogni vettura, presenza di acqua potabile spinta in rete da un sistema di pompe (come normali acquedotti).

L'impianto elettrico si basa su 2 gruppi elettrogeni autonomi in grado di fornire tensioni di 360 e 220 Volt .

Il CPI risulta pertanto così composto (Fig. 1 ):

Carrozza servizi e impianti: in essa sono stati posti il pota bilizzatore (del tipo a filtrazione su carbone e sabbia ), i due gruppi elettrogeni, il locale «officina», due magazzini ed il posto medicazione, do r ato di tutto lo strumentario, i farmaci e e attrezzature (rianimatore tipo Emerson, bombolé di 02, elettrocardiografo con defibrillatore) utilizzabili per un primo soccorso d'urgenza .

Carrozza cucina (Fig. 2): è ripartita in magazzino derrate, zona cucina p.d. (con fornelli a gas, piastre elettriche, frigorifero) e zona distribuzione (con banchi termici) in cui le vivande sono date lungo una linea a self-service.

È possibile confezionare e contemporaneamente fino a 150 pasti.

Carrozza refettorio (Fig. 3): comprendente il locale per consumazioni pasti con 17 tavolini fissi disposi simmetricamente in corrispondenza dei finestrini, 60 posti a sedere ed il locale per pulizia, dotato di lavastoviglie.

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modulo ab11a11vo ad 8 posi, armad1e11 o

cen1rallna ele1111ca le110 b1pos10 vesl1bolo

CARROZZA ALLOGGIAMENTO TRUPPA ' ff :~ fil~ -tt

, uff,c,o comandanle

CARA ALL UFFICIALI SOTTUFFIC I ALI I COMANDO lavastov,glte

CARROZZA REFETTORIO

derrate [l~EEtJlL_]EJ e

CARROZZA CUCINA posto med1ca11one I magazzino of I1c,na qruppo ootabil111a11on~

CARROZZA SfRVIZI f IMPIANTI

Fig. I - Convoglio di pronto interventO

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Carrozze alloggiamento truppa (Fig. 4): ogm carrozza è suddivisa in 2 stanze, ciascuna costituita da un «modulo abitativo» ad 8 posti, con 4 letti a castello, 8 armadietti metallici e 4 tavolinetti; i servizi igienici sono dotati ciascuno di 2 lavandini 1 doccia e 1 WC.

Carrozza alloggio Ufficiali e Sottufficiali + Comando: è composta da un modulo abitativo ad 8 posti (analogo a quello per l'alloggiamento truppa ), la zona alloggio del comandante e la zona ufficio-comando, dotate di scrivania, tecnigrafo, impianto diffusore (con altoparlanti in ogni vettura) e impianto telefonico (con predisposto attacco alla rete FF.SS. e SIP.).

Carri Cisterna: hanno ciascuno capacità di 29. 000 litri: uno ha funzione di stoccaggio dell'acqua e l'altro di trasporto: sono collegati, con tubi, all'impianto di potabilizzazione.

CONCLUSIONI

Ai compiti tradizionali della Sanità Militare (logistico-sanitario, medico-legale, 1g1enicoprofilattico, clinico-terapeutico nei rig1,1ardi degli appartenenti alle Forze Armate) si è aggiunto, ed è divenuto operante negli ultimi anni, il <<concorso nelle operazioni di soccorso in caso di pubbliche calamità »: tale ultimo compito necessita di un complesso di lavori di approntamento e coordinamento di tutta una serie di strutture e attrezzature, prontamente utiliz zab ili, che rispondano a tutte le possibili esigenze che si manifestano in occasione di calamità e disastri, che tanto spesso funestano il nostro paese. li CPI, pur con i limiti derivanti dalle sue caratteristiche intrinseche (principalmente dalla necessit à di una via rotabile, per poter giungere in sede adeguata e utile ), sembra corrispondere pienamente ai criteri di progettazione e costruttivi richiesti a una struttura del genere: in particolare la sua duttilità

Fig. 2 - Carrozza cucina Fìg. 3 - Carrozza refettorio Fig. 4 - Interno di una carrozza alloggiamemo truppa
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(esso è al tempo stesso una «caserma viaggiante» e un supporto logistico dagli innumerevoli usi) lo rende uno strumento di grandissima utilità, specie se inserito opportunamente nell'ambito di quella rete di soccorsi (comprendente uomini, materiali, mezzi sia delle Forze Armate sia di Enti e Organi pubblici e privari ) che oggi , in I talia, è possibile organizzare.

Riassunto. - Viene presentato il Convoglio di Pronto Intervento, progctc.tto e costru1t0, su d1rerrivc dello SME, da mil1rnn del Reggimenco Genio Ferrovieri; sono illu~tratc le caratteristiche tecniche delle otto carrozze e dei due carri cisterna. È discussa la sua possibile unlizzazione, nell'ambico della organiaazione dei soccorsi in caso di pubbliche calamità, sia come ca~erma vi.iggiante sia come supporto logistico multi-uso.

Résumé. - On présence le Tram de Premier Secour\, pro1éré et construit su ivanr !es instructions du SME, par !es militaires du Reggimento Genio Ferrovieri; on illusrre Ics caractéristiques techmques de\ huir vo1tures et dcs deux wagons-c1stemc. On discute son evcnruel emploi dans le cadre de l'organisarion des secours lors dc calamités publiques, aussi bicn comme casernc roul.tnte que comme base logisttque a1Lx emplois multiple,.

Summary. - The Fim-Aid Train, projecred and constructed by the soldicrs of thc Reggimento Gemo Ferrovieri according roche SME instructions is presented; che rechnica l feature, of rhe cighr coache\ and che two c.1sh-wagom are describcd. lt\ possible use in the organiLation of re,;cucs in the event of publi c disasters, both as travelling barrncks and as logistica l base for \cveral uc;cs is discusscd.

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COMANDO DEL CORPO DI SANITÀ DELL'ESERCITO

Capo del Corpo: Ten. Gen. me. G. CuccINIELLO

CONTINGENTE ITALIANO DI PACE IN LIBANO

Esperienze di un chirurgo nell'Ospedale Militare da Campo a Beirut *

Il Libano, Svizzera del Medio Oriente. Beirut, perla del Mediterraneo Orientale. Un paese di sogno; una cornice da fare invidia a Nizza e Montecarlo. Alberghi sontuosi. Un casinò da Mille e una Notte ....

Così mi parlava del Libano, qualche anno fa, un amico che c'era stato varie volte e quindi la realtà libanese la conosceva bene; ma aggiungeva anche che si trattava di una realtà destinata a scomparire quando l'equilibrio razziale, che a quell'epoca era del 55-60% a favore della componente cristiana, fosse mutato in conseguenza del costante aumento della componente musulmana in conti1rno incremento demografico e della massiccia immigrazione di ~iriani che fornivano la manodopera meno qualificata.

Quando le proporzioni fossero murate, mi diceva. a svantaggio dei cristiani, allora, purtroppo, qualche cosa dovrà accadere ... e qualcosa di brutto perché i rancori fra componenti etniche e religiose si sentivano, di tratto in tratto, ribollire.

E nel Libano, patria dei Fenici, che per decenni è stnto un magnifico esempio di come popolazioni di r:1n.e e nazionalità diverse possano serenamente e proficuamente convivere, purtroppo ciò è avvenuto.

È avvenuta, proprio in un paese di così diffuso benes~ere, una crisi talmente profonda da sfociare nella più sanguinosa delle guerre civili che si è prorran.1, con alterne vicende, fino a questi ultimi anni.

Rappresentando così un pericolo per la pace mondia le, fu richiesto, in un vano tentativo di pacificazione, l'intervento prima delle Nazioni Unite e poi, poiché queste non ottennero "lcun risultaro, quello di una Forza Mu ltinazionale formata dagli USA, dalla Francia, dall'ltalia e, in minor misur:i,

dall'Inghilterra, idonea a proteggere dal sicuro genocidio sia i profughi indifesi rimasti nei campi, si~1 le popolazioni inermi delle città.

A questa Forza Multinazionale partecipò anche l'Italia, la prima volta per proteggere l'esodo dei palestinesi armati e la seconda volta, dopo la strage dei civili palestinesi nei campi profughi di Sabra e Charila, con il compito di fornire concorso all'esercito libanese nel proteggere la popolazione civile e contribuire al ristabilimento della Sovranità del Governo Libanese.

li Contingente Italiano fu dislocato nel settore compreso tra i Francesi al Nord e gli USA al Sud, nella zona dei campi di Sabra, Chatila, Burj e Barahneh; era composro da un Comando di Raggruppamento, un Battaglione Bersaglieri, un Battaglione Paracadutisti Folgore, un Battaglione di Fami di Marina San Marco, dall'Ospedale da Campo e dal supporto complero logistico per il funzionamento e la sopravvivenza del Contingente stesso.

Al momento dell'impiego siamo stati riuniti ali' Aeroporto Militare di Pisa all'alba del 1 O ottobre 1982.

Sorelle della C.R.T., Ufficiali, Sottufficiali e soldati di Sanità si imbarcavano nei C 130 e nei G222 dell'Aeronautica Militare.

('·) CLinfcrenza renuta al Circolo Ufficiali di Presidi o di Bologna ( 10 / 4 / 84), a l Rotary Club di Bologna ( maggio 84) e lrcnco ( 25 / 6/84 ) ed al Lions Club di Bologn:i ( 14 / 5 / 85 )

( *' ) Docente Scuola di Specializzazione in Chirurgia d'Urgenza e Pronto Soccorso e Titolare dell'insegnamento di Chirurgia dell'Emergenza presso la Il" Clinica Chirurgica dell'Universi tà di Bologna

Col. me. Dott. Enrico CARUSO Capo Reparto Chirurgia ed Ortopedia dell'Ospedale Militare di Bologna ,..
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Fig. 1 - Lo sbarco, all'aeroporto di Beirut, degli Ufficiali Medici e degli Amtann d1 Samra il 10 / 10/1982.
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Hg. 2 - La targa all'mgre~~o dcll'O\pcdale da Campo di Bc1ruc. 11g. 3 - L·o~pcdalc da Campo di Be1ru1 pochi giorni dopo l'arrivo in Libano.
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I 1g. 4 - I.o ,1l·,,o O!>pcd,1h: da l..unpu J, lk1ru1, un ,umo dopo un:a, l:011 r.1ggmma Jd • u:ndonc per le nuniorn dc, militari del Contmgenre e con le protezioni dei sacchi d, sabbia e dc, containers d1 metallo eretti a difesa del personale.

Dopo cinque ore eravamo all'aeroporto di Beirut, semidistrutto dai bombardamenti.

All'arrivo trovammo il Generale Angioni e lunghe file di bianchi camion e di campagnole; ci scaricarono 111 un piazzale che <;tavano asfaltando e che poche ore prim a era ancora un campo di calcio.

Vicino c'erano delle palazzine disabitate e par1ialmenre danneggiate dai recenti bombardament i e cannoneggiamenti israeliani.

Qui furono sistemati i medici e le crocerossine.

Ci trovavamo in una zona vicina all'aeroporto, in quartieri musulmani di Beirut Est, tra gli sciiti e i palestinesi. Non c'erano né porte, né finestre, né vetr i L'acqua spesso mancava e così pure la luce.

I.e fogne aperte, i cadaveri ancora sotto le macer ie , I.i vicina fossa comune di Sabra. Erano gli odori dolciastri di una città che si decomponeva.

In compenso c'era un sole meraviglioso ed un caldo tepore che ci ha p ermesso di ini ziare sub ito a montare le rende dell'Ospedale.

Il J 5 ottobre iniziammo a funzionare.

I.a popolazione occasionalmente chiede la nostra collaborazione per i primi traumariaati stradali

e per i numerosi civili che saltano sulle mine e c;ulle piccole ma micidiali "Cluster-bombs", le bombe ami-uomo ideate allora per il Vietnam e qui lasciate dagli israeliani.

Quasi tutti i colpiti sono bambini che raccoglievano oggetti nelle strade.

Ironia della sorte: i primi due morti del Cont ingente sono due Marines americani, proprio a causa di questi ordigni.

Il Comando di Raggruppamento aucorina ed organizza un serv izio di pronto soccorso per tutta la popolazione, indipendentemcnce dalla fede religiosa e dalle ideologie politiche con l'aiuto di un interprete libanese.

Così era nato l'Ospedale da Campo del Contingente Italiano in Libano a Beirut che, piazzato nel cuore del Contingente stesso, protetto succe<;'ìi\,ameme da sbarramenti di container!., sacchetti di sabbia ed M l 13 , creato per i nostri so ldati , servirà pit1 che altro per la popolazione civile.

Il nostro Ospedale è il più piccolo di cui è dotato il nostro esercito, può servire gli effettivi di una Brigata ( 5000-7000 uomini ) e, rispetto al numero

hg. 5 - l'ingresso dell'ambularorio chirurgico prorcno da barriere di sacchi di sabbia. 56

I 1g. 6 - L'interno della ~,1!.1 operarona del nucleo

dei soldati presenti (2000 circa ) , esuberante pertanto ncll.1 sua possibile funzionalit~\.

Er.i sistemato interamente sotto Lenda, a, C\ a una capacità ricettivn cli 50 posti letto eleva bili a 70, articoLHo in Dire7ione; Serviti di Pronto Soccorso ledico, Chirurgico, Ortopedico; Rianimatorio; Reparti di Degenza; farmacia; Laboracorio Analisi; ~c:rvi,io Odontoiatrico; Servi;,.io Psicologico; Servi1io <li Disinfezione e Disinfrsta,ione; Plotone Comando e Servizi.

Era costituito <la:

I tenda direzione

I tenda per promo soccorso

4 rende d i degenza

2 tende operatorie e di rianima7ione

I nucleo chirurgico "Dogliorti" montato su ruote

renda farmacia

renda laboratorio

renda per il servizio di p<; icologia ambulanza odontoiatrica

18 tende alloggio per il personale.

L'Ospedale iniziò la sua attività avendo in organico un massimo di 21 Ufficiali, 9 Sottufficiali, 35 militari di truppa e 12 infermiere volontarie della C.R.I.

Il nucleo chirurgico ''Dogliotti" montato su rimorchio è una specie di cara, anche però, un ,1 , olta fermo, si può aprire nei suoi lati aumentando così la capienza della camera operat iva interna del l 00%.

Era fornito di un leno operatorio radiotrasparente, mobile nei suoi vari segmenti; di un lcno ortopedico per trazione sugli arti inferiori e superiori; di un apparecchio radiologico portatile e di un apparecchio per anestesia generale. Era dotato di un comp lesso per la sterilizzazione della biancheria, mediante due bollitori ed un'autoclave. La sterilizzazione della camera operativa avveniva tramite un normale impianto a raggi ultravioletti.

Completa la dotazione dello strumenrario chirurgico ed anestesiologico; di poco ingombro gli aspiratori, gli elettrobisturi e modernissimo il de:-fibrill,1tore portatile che funtion :n a anche da ECG con monitor.

chirurgico « Dogliotti »
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Le apparecchiature radiologiche erano rappresentate da un'unità radiologica mobile che poteva funzionare anche a batteria, da un amplificatore di brillanza con circuitv televisivo; un tavolo a clic, un teleradiografo con griglia mobile a pedana motorizzaw; una sviluppatrice auwmarica modificata per il fun1ionamento sotto tenda.

Il pediatra poteva giovarsi al bisogno di una modernissima incubatrice ed il cardiologo di un elettrocardiografo a 3 canali.

L'assistenza odontoiatrica vernva espletara nell'interno di una modernissima ambulanzacamper (s u telaio FIAT 242), costituita da un «riunito » completo di apparecchio radiologico, di apparato per la sterilizzazione e di un gruppo elettrogeno autonomo che la rendeva autosufficiente . Proprio, per questa sua peculiarità, fu poi impiegata, d'acconlo con il Ministero della Sanità libanese, per il servizio di controllo e di prevenzione sui bambini nelle scuole libanesi all'interno delle zone sciite.

li laboratorio era dorato, oltre alle normali atm:uature, di uno spettrofotometro per le analisi dei meraboliti urinari delle droghe (ca nnabinoidi, op-

piacei, morfinoidi, ecc ... ) .

Dal mese di settembre 1983 l'Ospedale ha fornito, previa autor izzazione del Comando di Raggruppamento, vagliata di volta in volta da un Ufficiale Medico, Unità di sangue o di plasma provenienti dall'Italia o prelevati da donatori militari del Nostro Contingente, agli Ospedali civili di Beirut che ne facevano richiesta motivata per i ricoverati affetti da gravi lesioni o malattie per un torale di n. 150 esigenze.

Continua e comp leta è stara l'attivirù di disinfezione e di disinfestazione del nucleo specializzato, al fine di prevenire focolai di infezione in un paese dove regna endemica l'epatite.

Ogni mezzo che rientrava dall'impiego veniva disinfettato e periodicamente tutti gli attendamenti ed i posti fissi di guardia nonché i vari camp i palestinesi subivano analogo trattamento.

L'Ospedale, per ragioni di sicurezza, poteva ricoverare solo personale militare anche se, in effetti, prestò la sua opera agli innumerevoli civili che giornalmente ricorrevano, ambulatoriamente, alle nostre cure con una media di circa J 50 prestazioni al

~1g. 7 - L'apparecch io di RaJ1ologi,1. 58

giorno.

In 16 mesi complessi, ,unente le prc<,tationi dfottuatc ai ci\ili d:11l'O<,pcd,1k sono <,t,lte oltre: 63.000 di cui oltre 46.000 bambini. In que-;co modo l'Ospedale è divenuto il miglior tramite tra noi e la popolazione locale.

1mil11ari complessivamente ricoverati <,ono r.1ti 614 per un rnwle di 3871 giorn,tre di dcgema.

Solo per gravi lesioni 'ii è ricorsi al ricovc:ro in <,trunurc: s,rnitaric a li, elio <,uperiore per necessita di controllo continuo rianimawrio o in monitor,1ggio: in 17 c:1<,i presso la dinic1 Riti cd in dut ca'>i prc..,so l'Univcr'>itù Americana.

I e epatiti riscontrate e cur.1tL' sono <,tate 71. l e .1ffe,.ioni dcll'appar.tto digerente 187, quelle drll'.1pp ,1raro respir :ttorio 50.

Cli esami radiologici C'ìcguiti nell'anno 1982 sono ... r.tti 470; nell'.111no I 983, 1376; e neU\mno 1984. 220 per un totale di 2066 pa11enti.

Per i soli militari gli interventi chirurgici in an<:<,tesia gt.·nerale sono stati 7 1: 58 d'urgcn1.1, di cui 48 per 1--. :\.I--. compiuti <;pesso in cond i11on1 <lr,tmm.trichl'. i.' <,otto l'infuriare tki cnnnoneggi.1111cnri. comL·

ad <.·-.empio il 6 febbraio quando gli sciiti di Amni occuparono quasi rutta la zona arrorno all'Ospedale Militare. L'E se rcito regolare libanese sembr,l\'a -;opraffatto. Era battaglia anche attorno al nostro Ospedale.

Una gran,tta scopp1,1 1nnan1i ,td un r---1 I I del San Marco dislocato .1d un posro fi.,..,o nei pr<.•<,<,1 del campo di Burj e Barajnch.

8 ~!arò sono feriti <,criamentt· e contcmpor.1ne.11ncnte.

t\rri,,tno in Ospedale.

<ii lavora sotto tcndn ininrcrrottamenc<: per 12 Orl'.

~empre presenti tr.1 noi le sorelle: della ( . R. I. Nessuno si era nel frattempo .1ecorto chl'. la tend.1 era stata trapassara da dl'cine di schegge e e.li p.dlorrok.

Negli ultimi mesi l,1 vita dell'O<,pcdale l' meno monotona anche alla notte: ci fanno compagnia per lunghe ore i sibili dei rani e dei Kariuscia ed i boati dei cannoni che s parano dalla terra e dal mare.

Progre-;si, ,unente la :-.illt,11.ionl' politica L milita-

Fig. 8 - L'amplificaLOre di brillanza con monirnr ed .1pparecch 1t1 per I ancs1c,1J tomie e lclllnt> traspan:111" uve st asportano i proiettili e le schegge delle F A.F.
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I

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1g. 10 • Il pro1l.'tt1lc: a,pon,uo 111 ,wc,rcsia gcnc:r,tll.'.
,g. 9 - ,\lilitare fenw Ja pro1etnle d, m1rr.1gliarm:c pe~antc cht, tr.1p.i,,,mdo l,1 r,t<lKt <lcllJ 1.o!.c1,1, " e rrrcnuto nella regione pubica.
l
1-ig. 11 - Amputazione d1 ano inferiore in una donna palestinese fenca da una granata.
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Fig. 12 - Il presepio costruito dai militari a l l'interno dell'Ospedale in occasione del Natale '83.

re dd I ibano si aggr.wa. Le Ione interne tra le, arie fazioni ~fociano in vere e proprie bc111aglie. Gli sciiti si dimettevano dal Governo, aprendo così una drammatica crisi.

Veniva così ora a mancare la ragione per lc1 quak la For,a Multin.tzionale era st,1ra imi.ira in l.1bano.

Pertanto il Nostro Governo ordina il profressivo rientro del Contingente.

Il J 2/2/1984 viene firmato l'arto di donazione del nosrro Ospedale con il dottor Mansaur, medico libanese, direttore e chirurgo al vicino Ospedale di Al Zahara che aveva studiato in Italia, a Parma e_a Bologna; ha sposato una parmense; ora è rappresentante per la Sanità del Consiglio Superiore Sciita, autorità che in quel momento comandava ne ll azona Ovest di Beirut. Gemaiel ed il suo seguito non c'erano più.

La mattina della partenrn molti libanec,i piange, ano.

Nonostante l'opposizione del Movimento sciita Am,tl alla permanenza della Forza Multinazionale delle quatcro nazioni in Beirut, il responsabile dell'Ufficio Politico dichiarava che sentimentalmente er,l riconoscente e grato agli Ufficiali ed ai Soldati lt,tlian1 .ti quali il Libano era ormai legato d.1 un ,tncolo di ~angue, di quel sangue che noi avevamo loro, con tanta larghena, donato.

Riassunto. - L'Autore ricorda le csperien,e vissute nell'O\pcdale Militare da Campo d1 Beirut come Capo-équipe

ch1rurgic,t nella pnm,1 e ndl.t <;ecomJ;1 missione (dal 11 10 / 82 ,ti 12/12 / 82cdal2.5/ll/lU.il26 / 2/84 ) pcrunror,1ltd1151 giorni, conclusisi con il rientro del Contingente Italiano in Libano.

Descrive la compos11ionl' e le ,1ttrc11arnrc dcll'mpcd.tle ed enumera ,ommariamcnrc le prcq.11ion1 cffe1ru.1rc ,ti c11 ili cd ai mtlit.tn 111 16 mesi d, acm tt:1: 63.000 Cl\ ili \1,1t ,ltl di n1143.000 b.1mbini; .SSO nuht,m ncmcr.11i per un totale d1 3.871 g1orn,1tc <l, dcgen1.t; 71 mdit,tri opcr,tti in anc,tt'sia gt'ncrnlc, di cui 4R per ferite d',trma d.1 fuoco.

Résumé. - L.' Auteur r.tppclle Ics c,périenccs vecue, che, l'Hòpiral Militairc de Campagne de Beirut, quand il éta1t Chef de l'équ1pe chirurgtcale dans sa prem1ère et deuxième mission ( du 12/ 1()/82 au 12/ 12/82 cc du 25/ I 1/83 au 26/2 / 84 ) pour un rotal de 151 jour,, qui s'c,t conclu ;t\ cc b rcntrée du ( onringcnr lcalum cn l.ib.m.

Il décrit l::t compositton et les équq,cments dc l'hùpit,tl et il énumèrc ~ommaircment le~ prescanon~ effcctuécs au, Cl\ ils et ,tu, milit,11re~ pend.mr 16 mo1, d'ac111 tté: 6 3.000 cinl, \l\1tcs dont 43.000 enfants; 550 militaires admis pour un rotal de .3.871 journées dc c;éjour, it l'hopiral: 71 mtl1r.11res opcrcs en ,mcsthé\lc genéralc dont 48 pour blc\sure~ d'.irmes :i. fcu.

Summary. - Thc Author rcporr, his e,pt·ricnce, 111 tbc Bcirur·s r tcld Mtl1tary Hmpttal as Chicf of rhe ,urp;ical team in his first and second mission (from ocrober 12th to Deccmber 12th 1982 ,md from November 25th 1983 ro February 26th J 984 ) for a coca! of 151 dar~, unni the rcpatnanon of rhe ltah,m Contingem m I cbanon.

He dcscribes thc ho.,pical's composicion and equipment and enumcraces ,ummarily che seniccs performcd for Cl\ 1liam .1nd milit.1ry men dunng 16 monrh~ of ,1crivity: 61.000 ci, tlian, cxamincd of which 43.000 childrcn; 550 Milirnry men admitccd fora roral of 3.871 day\ of stay in hospical; 71 Milit.tr} men opcrated in tocai anaesthe,i,1 of \\hich 48 for firc-ann wound\.

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REGIONE VENETO - UNITÀ SANITARIA I OCALE NR. 28 PRESIDIO OSPEDALIERO Dl LEGNAGO

Dl\1\Ìone di Orropcdta e Tr,1umarolog1a

OSPEDALE Mli !TARE DI VERONA

Diretrorc: Tcn. Col. me. M. PLESCIA

R!'PARTO CHIRURGIA - ORTOPEDIA

( JPO Repnrm: Ten. Col. mc. F. PARISI

LE FRATTURE DEL BACINO

E. Trinchj

Le fratture di bacino hanno assumo negli ulcimi decenni importanrn maggiore 111 relazione .tlla conlinua evoluzione, per numero cd entità, dei traumatismi della strada e del larnro. Il tipo e la sede di frattura non sono soltanto Jererminar1 d,11le cosiddette :rnne di maggior o minor resiscenza ma anche e soprattutto dalle modalità, dalla dire,ione e dall'intensirù della forza traumanca che in genere è rilev:111te e tale da super.ne la re-.istc:nza in qualunque zona.

Di norma si tratta di frauure complesse con interru1io111 del cingolo pelvico caratrenuate da quadri clinici ben noti, quali la pressoche costante compromissione delle condizioni generali, la concomitanza di frattura di altri segmenti scheletrici ed il simultaneo interessamento di organi viscerali endopelvici. In sostanza le fratture di bacino complesse spesso si accompagnano a lesioni di organi endopclvici talora incompatibili con la vita del paziente. Inoltre la gravità delle complicanze non c;empre è in r apporto diretto con la enrirù delle lesioni ossee: infarti fratture multiple possono non essere associate ad importanti lesioni viscerali e viceversa.

Secondo le varie statistiche le fratture di bacino corrispondono al 2-3°/4, di tutte le fratture. È opportuno però ricordare che i gravi traumatizzati spesso giu n gono in fin di vita a l pronto soccorso e per la presenza di concomitanti lesioni endopeh 1che vengono smistati in reparti chirurgici o urolo~ici. Pertanto i cimi statistici possono non essere esatti.

Il se<,<,o più colpito è il mac;chilc, ma nelle ultime sraristil'.he la differenza si è note, olmentc ridotrn.

l i tipo di frattura è da mettere in relazione alla parti colare costituz,ione anatomica del bacino per la presenz .1 delle cosiddette /Olle di minor resistenza quali la sincondroc;i <,,1croili.1ca, la por7ione del sacro corrispondente ai forami, In parte media dell'ala

F. Parisi

ikica, la branca orizzont.1 le del pube, l'ischio e la branl'.a ischiopubica, la sinfis i pubica. Infatti, pur non risparmiando le zone particolarmente robuste, una \ iolenra a,ione traumatica intere<;sa prevalentemente le wne deboli ( Fig. I ) .

Fig. I - In alto: sedi di minor resistenza del bacino.

In basso: esempio di frattura di emibacmo che attrnversa le sedi di minor resistenza.

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È facile immaginare che le strutture del bacino possono essere sollecitate nei modi più vari, ma i momenti patogenetici che risultano dalle osserva7ioni più frequenti son essenzialmente le seguenti:

1) sollecitazioni del bacino in senso anteroposteriore: la forza viva si estrinseca sulle branche ileo-pubiche ed ischio-pubiche per esaurirsi sulle sincondrosi sacro-iliache;

2 ) sollecitazioni trasversali in senso laterolateralc: la compressione laternlc causa la frattura delle branche ischio-pubiche, oppure un avvicinamento delle a li iliache mediante rotazione sulle sacro-iliache con diastasi delJa sinfisi pubica;

3 ) sollccitatione del bacino in senso longitudinale dall'altO in basso e viceversa. Si verifica il risalimento di un emibacino con soluzioni di continuo a livello delle branche ischio cd ileo-pub iche, o della sinfisi pubica o delle sincondrosi sacro-iliache o dei punti deboli del sacro e dell'osso iJiaco;

4 ) sollecitazione diretta del bacino: il trauma si sviluppa direttamente sull'ala iliaca che può fratturarsi in modo assai vario a seconda della forza viva che lo investe.

Sulla base dei presupposti patogenetici descritti possiamo suddividere, da un punto <li vista anatomo radiologico clinico, le fratture di bacino nel modo seguente:

a ) fratture dell'arco anteriore;

b ) fratture del cotile;

c ) fratture dell'arco posteriore;

d ) fratture marginali; .

e ) fratture combinate a+ b, a+ c, a+ b + c.

a) Fratture dell'arco anteriore. Interessano le branche ileo ed ischiopubiche. Se le fratture sono monolaterali e la sinfisi pubica rimane integra, i frammenti mediali non si spostano. Se bilaterali, iJ frammento intermedio può risalire e ruotare.

b) Fratture del cotile: sono le fratture più imporranti poiché possono comprom ettere in modo g r ave l'articolazione dell'anca.

Si distinguono in:

l) fratture del cig lio posteriore;

2 ) fratture co n lussazione centrale;

3) fratture trasversali;

4 ) fratture del pilastro posteriore;

5) fratture del pilastro anteriore.

1) Fratture del ciglio posteriore: sono causate da traumi sul ginocchio ad anca flessa: la testa femora-

le urta contro la parete posteriore del cotile frattur,indola in uno, due o piì.1 spesso tre frammenti. Se la spinta traumatica è sufficiente la testa femorale si lussa posteriormente ( frattura del ciglio con lussa7ione posteriore della testa del femore ).

2 ) Fratture del fondo del cotile con lussazione centrale di anca: si verificano per trauma violento sul gran trocantere con arto abdotto. Presuppongono una buona resistenza del collo del femore e pertanto non interessano quasi mai le persone anziane. L1 resta femorale spinta violentemente contro il fondo del cotile ne provoca la sfondamento e si infossa nella cavitù peh ica (lussa7ione centrale d'anche). li fondo del cotile si frattura in piccoli frammenti che ruotano e si distribuiscono in modo vario intorno alla testa femorale. La riduzione della lussa7ione, di norma difficile, non comporta l'allineamento dei frammenti. li cotile resta alterato ed atto a virare m arrrosi secondaria (hgg. 2-3 ).

3 ) Fratture trasverse: la rima di frattura è oriz70ntalc e divide in due sia il cotile che I pilastri. Talora queste fratture hanno un andamento a T.

4 ) Fratture del pilastro posteriore. rt pilastro posteriore è costituito dal basso verso l'alto dall'ischio, dalla lamina quadrilatera, dal bordo posteriore dell'osso iliaco.

I e fratture del pilastro posteriore <;Ono rare ( 5% dei casi ). Nella massima parte dei casi si verifica un distacco di tutta la colonna in un solo frammento. La rima di frattura ha un decorso verticale, dalla incisura ischiatica si porta verso il basso, attraversa il cot ile tra il tetto e la parre posteriore fino a lla branca ischio-publica. Il grosso frammento si sposta indietro cd in alto.

5) Fratture del pilastro anteriore. Il pilastro anteriore comprende, dal basso verso l'alto, la sinfisi pubica, la branca orizzontale del puble ( iliopubica ) , la parre antero-superiore del cotile e l'osso iliaco fino alla cresta nel suo terzo anteriore. Le fratture del pilastro anteriore non sono frequenti (7% dei casi). I l pilastro può essere interrotto in toto oppure in vari frammenti. In alto la rima di frattura può fermarsi in corrispondenza del tetto del cotile.

e) Fratture dell'arco posteriore. Si distinguono 111:

1) fratture dell'ala iliaca;

2 ) lussaLione dell'articolazione sacroil iaca

3) fratture verticali del sacro a livello dei fori sacrali o dell'ala sacrale.

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Queste fratture possono essere singole o variamente associate. La frattura dell'emiarco anteriore associata a frattura verticale del sacro è chiamata frattura del Volleimier, associata a frattura dell'ala iliaca è chiamata frattura di Malgaigne; associata a disgiunzione dell'articolazione sacro-iliaca è chia-

mata lesione di Breus e Kolisko seconda. Per frattura di Breus-Kolisko prima si intende la doppia frattura che anteriormente interessa un emiarco e posteriormente l'emiarco del lato opposto. Nelle fratture doppie il frammento intermedio, che comprende l'articolaz ione dell'anca, può subire un movimento di rota zione secondo l'asse antero posteriore, con avvicinamento dell'ischio verso la linea mediale e la laterizzazione dell'ala iliaca.

Le fratture quadruple, con interessamento dei due emiarchi anteriori e posteriori, sono rare.

d) Fratture marginali. Possono essere distinte

1) fratture isolate del pube

2 ) fratture isolate dell'ischio

3) fratture isolate dell'ala iliaca

4 ) fratture delle spi ne iliache

5) fratture del sacro

6) fratture del coccige .

1 ) Fratture isolate del pube. Possono interessare le branche orizzontale, discendente, ed il corpo. Le branche pubiche rappresentano punti deboli e pertanto sono frequentemente sedi di fratture. Le fratture del corpo sono molto rare e sono provocate da traumi diretti.

2 ) Fratture dell'ischio. Possono essere a carico della sola tuberosità, della branca ischio-publica. Raramente si ha il distacco totale dell'ischio per frattura contemporanea del segmento sotto cotiloideo e della branca ischio-pubica.

3) Frattura dell'ala iliaca. Possono essere complete ed incomplete e si distinguono in verticali, trasversali, a T e a settore.

Sono causate da trauma diretto.

4) Fratture delle spine iliache. Quelle della SIAS sono per lo più causate da contrazione violenta dei muscoli che su di essa si inseriscono. Le fratture SIAI analogamente si verificano per contrazione violenta del muscolo retto anteriore attraverso il suo tendine diretto. Sono rare e riguardaIJO i giovani sportivi intorno ai 14-15 anni, nei quali il gruppo di ossifica zione non è ancora saldato all'osso iliaco. Le fratture della spina iliaca posterior-superiore sono eccezionali se isolate.

5) Fratture del sacro. Se isolate sono per lo più trasversali. Il frammento inferiore può subire spostamenti in avanti o in alto.

6) Fratture del coccige. Sono relativamente fre-

Fig. 2 - Frattura comminuta d e ll'emibacino con luss a zione centrale della testa femorale. Fig. 3 - Frattura fondo cotile con lussazione centrale, in trazione.
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quenti e provocate da trauma diretto. La rima di frattura è trasversa ed il frammento inferiore si atteggia in antiversione.

ASPETTI C LINICO-DIAGNOSTICI

Se il traumatizzato è cosciente la diagnosi è di solito facile. ll dolore spontaneo e provocata alla pressione, l'ematoma in sede glutea e in sede perineale, l'atteggiamento e la dismetria degli arei indirizzano verso una sufficiente interpretazione del quadro.

Se il paziente è in stato di shock o di incoscienza si rende necessario un rapido b.il.ancio delle lesioni. Mentre si adottano tutti i provvedimenti atti aripristinare il polso e la pressione, si devono parallelamente ricercare eventuali concomitanti lesioni di organi endopelvici.

In ordine di gravità cd urgenza di trattamento, le lesioni vasali e delle vie urinarie occupano il primo posto. Seguono le complicanze viscerali. Le lesioni del sistema nervoso sono invece percentualmente le più numerose.

Sintomatologia: il quadro locale è dominato dal dolore spontaneo in sede di fratture che aumenta alla pressione diretta e alla pressione trasveralc simmetrica o asimmetrica sulle creste iliache. Il dolore può aumentare anche alla pressione sul gran trocantere o alla mobilin azione degli arti. Ecchimosi possono vistosamente ,tpprenarsi in sede glutea, sacrale, inguinale e sulla faccia anteriore della coscHt in relazione alla sede di frattura. Nelle fratture verticali doppie può verificar~i accorciamento apparente dell'arto inferiore, risali mento della cresta iliaca ed asimmetria delle spine iliache anteriori-superiori. Se le fratture interessano il cotile senza lussazione i sintomi sono modesti e simili a quelli di una contusione. Se esiste lussazione della cesta femorale, il quadro è clamoroso sia dal punto di vista generale che locale: uno stato di shock, dolore violento, l'assoluta imp ote n za funzionale sono i segni fondamentali.

A seconda del tipo di lussa7ione l'arto assume un atteggiame nto particolnre:

J ) lussazione iliaca: anca lievemente flessa, arto addotto inrraruotato.

2) lussazione ischiatica: anca molto flessa, arto addotto incraruocato.

3) lussazione pubica: anca estesa, arto abdotto ed e'>traruotato.

In nmi i casi è presence accorciamento piu o

meno \.IStOSO.

Quando la testa femorale è infossata nel cotile fratturato fino alla dislocatione inera pelvica, il dolore è sempre presente, si accentua ad ogni tentativo d1 mob1lizza1ione dell'articolazione, peraltro pressoché impossibile, ed alla pressione sul gran trocantere. L'arto può essere abdotto, esteso, ruotato all'esterno oppure lievemente fle.,so e ruotato all'interno. È sempre appreaabile l'accorciamento di due, tre centimetri. La s,1lienza trocanterica è poco appreuabile o scomparsa cd è pressoché costante il dolore lungo il decorso del nervo otturatorio. Nelle fratture marginali senza spostamento il dolore e l'echimosi sono localizzate nelle sedi di fratture.

Se esiste spostamento 11 frammento può appre7zarsi in sede atipica con crepitio e mobilità preternaturale.

Un buon numero di lesioni scheletriche di bacino anche se ~composte e complesse presentano una e, olutione favorevole e non necessitano di trattamento chirurgico. Talora però il trauma non esaurisce l.1 sua forta lesi, a a li, elio delle strutture ossee, ma va ad interessare anche gli organi interni del piccolo bacino con complica7ioni locali immediate e tardive. Tra le pnme vanno incluse le lesioni delle vie urinarie, viscerali, embolie gassose, lesioni va~colo nervose; tra le seconde le lesioni arrrosiche secondarie, stenosi uretrali, viziature pelviche.

COMPUCANZE DEL SISTEMA NERVOSO

L1 lesione del plc~~o lombo-sacrale rappresenta la complicanza immediatn più frequente in senso as~oluto. Secondo recenti statistiche si , erificherebbero nel 12 % dei casi In ordine di frequenza e gravit;\ il nervo occupa il primo posto. Seguono il nervo femoro-cutaneo, il genito-femorale, eccezionalmente il crurale. Ciò in conseguenza del profilo anatomico della regione sacro-iliaca dove le radici del plesso lombo-sacrale decorrono in prrn,simità dell'arco pelvico posteriore. In particolare il nervo sc iatico decorre sulla proie7ione <lei ciglio posteriore del cotile e ciò spiega il suo frequente intercs-,amento nelle fratture del cotil e con o <,enza lus,;a7ione poste riore della testa del femore. li deficit funt'ionale riguarda tutto il tronco dello sci;ttico ,;olo nei gra, i traumi. Di solito è a carico dello sciatico popliteo esterno le cui fibre gua rderebbero la parete posteriore del cotile e per questo più facilmente colpite. Le lesioni ossee che più facilmente provocano lesioni

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nervo..,e sono:

J ) fratture del ciglio con lussa1ionc posteriore della cc<,ta del femore;

2 ) fratture ischioacetabol.iri;

3) fratture verticali doppie;

4 ) fratture con rima lungo la linea dei fori sacrali {L5, Sl, S2 ) . Tali fratture richiedono un trattamento immedjato di decompressione del nervo.

LESIONI DELL'APPARATO URINARIO

Sono di gran lunga le più frequenti. Tn primo luogo '>ono inreress,1te la , c<;cica e l'uretra. Sono provocare per lo più da diastasi trnumaci<.:a della sinfisi pubica con sovrapposizione delle br,rnche o I.i frattura delle sres<;e con infossamenro del pube.

Se non sono murare d'urgenza possono prm ocare infiltrazione e flemmone urinoso e inquinare 1 focolai di frattura con osreomcliti difficili da dominare. Si ricerca la di sangue nell'orifizio esterno <lell'uretr,1 e nelle urine. Si cateterizza l'uretra e la si palpa dal perineo ed.il retto per valutare la posizione del catetere cd individuare eventuali lesioni u rerrali.

Se l'uretra è completamente lacerata, la prosrnta si palpa alta ed è mobile. Nei casi dubbi si può fore uso di mezzo di contrasto <.:he consente di visualizzare facilmente la sede di lesione uretrale. La rottura della vescica è più diffi c ile da diagnosticare. Il tenesmo vescicale, ematuria nonostante la buona posizwnc del catetere ed il manc,iro recupero di soluzione fisiologica attraverso il catetere sono segni di lesione vescicale.

Nel dubbio si può visualiaare la vescica con mezzo di contrasto o con l'esplorazione diretta della lesione. Le lesioni della vescica possono essere inrra ed esrraperitonali. Le prime sono in genere causate da scoppio del punto debole, il superiore e posteriore, dclL1 parete vescicale per trauma diretto su vescica distesa. Le lesioni esrrapenronali sono provocate da frammenti ossei delle branche pubiche o della ampia diastasi della sinfisi. (Fig. 4).

Il trattamento deve essere immediato per l'alt, 1 indice di mortalità che dal 20-30 % può arrivare .11 90% nei casi misconosciuti. Il trattamento delle lesioni urologiche naturalmente spetta all'urologo. l'onopedico, laddove è possibile e necessario, provvederà alla riduzione e sintesi delle fratture nella stessa seduta.

COMPLI CAZ IONI VISCERALJ

In genere sono os~ervate in primo luogo dal chirurgo o da altro specialista e success ivamente dal Lraumatologo. Sono di riscontro relarjvamcnte infrequente e possono essere classificate nel modo seguente:

l ) lesioni del retto causate da frammenti ossei o da scoppio per eccessivo aumento della pressione cndorettale in un determinato distretto. Sono state descritte anche lesioni del mesentere e degli intestini.

2 ) Lesione degl i organi genitali della donna: per lo piì.1 è interessata la vagina La rottura delle tube e dell'utero è rarissima.

3 ) E ma comi retroperitonali ed inera peri tonali per rottura dei vasi.

Fig. 4 - In alto: frattura branche ischio ed ileo-pubica con diastasi della sinfisi e lesione vescicale; In basso: dopo trattamento.
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4) tromboembolie secondarie per contusione dei vasi della pelvi e successiva stasi .

L a rottura degli intestini da schegge ossee è da considerars i eccezionale. Le lesioni da scoppio per aumento della pressione cndoaddominale sono di riscont ro più frequente. L'ileo paralitico è invece osscrva7ione pressoché costante nei gravi traumi di bacino. Quando l'addom e è trattabile si rileva timpanismo. Se è presente reazione peritoneale ogni manovra è pressoché impossibile. La terapia è specifica.

La lesione della vagina è più frcqucnce che quella dell'utero e delle tube.

L a rottura dei vasi è una complican7.a grave. Se l'emato ma intra o estrape ritonealc è imponente, è necessaria una laparatomia esplorativa e d emostasi con estrema urgenza.

TRATTAMENTO

Il trasporto del traumatin.ato grave del bacino deve essere estremamente cauto per evirare lesioni viscerali, nervose. Deve avvenire con automezzo adatto che consenta l'ini,.io immediato di un rratramento anti<; h ock. In ambiente os p eda l iero si esegue un bilancio delle lesioni e a tale scopo è necessaria la ùisponibilit,ì di un urologo, di un chirurgo, oltre che <ld traum ato lo go. In casi di lesioni assoc ia te d i organi endopelvici e fratture di bacino è necessnrio l'intervento dei vari specialisti nella stessa seduta secondo pri orità che le circostan7e richiedono.

li trattamento delle fratture sarà soprattutto incruento. Le ridu 7.ioni cruente delle lesioni ossee e la s intesi sono interventi indaginosi ad alto rischio e trovano indic azione so lo se le fratture interessano zone art icola ri o di carico. Il trattamento orto pedico non consente una riduzione anatom ica che peraltro in genere non è indispensabile. Ri sulta ti o ttimi si ottengono anche in fratture non perfe ttam e nte ridotte.

li trattamento onopl'dico può essere sintetizzato nelle- sequenti manovre:

a) trazione continua di uno e dei due art i in feriori. La trazione ridu ce lo spostamento verso l'alto e la rotazione esterna di un em ib acino;

b) pre ssione s ulle ali iliache, che riduce le rotazion i esterne ed avv icina i frammenti diastasati. Per questo scopo attualmente si usano i fissatori esterni che hanno efficacemente sostituito le vecchie amache.

Le manovre di trazione e pressione sulle ali iliache va nn o sempre accompagnate da movimenti attivi e passivi d e lle articolazioni libere degli ani inferiori.

Le fr atture di bacino per quanto ri guarda gli esiti hanno un comportamento particolare. I.a loro gravità non è in relazione alla entità delle fratture ma soprauuno al contemporaneo interessamento delle articolazioni coxo-femorali cd alla concomitanza di les ioni di organi interni, di vasi, d i nervi ( rare ).

Le fratture semplici, cioè in assema di tali comp li canze, guariscono in tempi brevi sema esiti invalidanti. Il recupero è in ge n ere ott im o anche senza ricostruzione anaromica delle fratture.

Temibili per gli esiti a distanza sono le le sioni art ico lari dell'anca con luss,uionc sempl ice, lussa7ione con frattura della parete posteriore del cotile, lussazione ce ntral e di anca ed in modo particolare le associazioni di fratture del cori le e della testa o co ll o fe m orale.

Anche il più corretto dei tra t rnmenc i non esclude gravi artros i secondarie e necrosi della tesrn femo r ale. Il trattamento non si discosta molto da quello delle forme arrrosiche pr im itive e consiste in interventi ch irurgici di toi lette o di osteotom ie nei rari casi in cui sia possibile ricostruire una buona congruema art icolare, in interventi chiru r gici protesici negli altr i casi, dando la preferenza a quelli co nservativi che consentono solu,ioni alternative in caso di mobilizzazione, usura o in tutti i cas i in cu i, trattandosi di pazienti in massima parte giovani, si possano ipotizzare ulteriori inter venti futuri.

Ria srno t o. - Le fratture di b,1c1no, alla luce delle più recenti ~1.1C1st1che, sono da considcrar~i rel.iriv,1mente frequenti cd occupano un capitolo ben definiro in rraumatologia.

Se non ,1rticolari e m a~~cn"1 d1 cumplican,c ncnose, v 1~colari e vescicali hanno un and.1menlU fa, orevo le con gu.irigio111 sen1.1 po~tumi funlion.1li.

Qu,mdo inrcrcssano l'arricol:11ione dell'anca, costituiscono mori, o d1 preoccupa1.ionc e mcrir:mo un ',1tten11one p.1rticol.ire per l';1h.1 percentuale di arrro~i ~ccondaric.

I.e complicante nervose 4u.1li lc,ioni del ncn o sc1,1tico ed eccezionalmente del femorale e dell'ottur,1rorio, le lesioni VC\Cic.1li, tirl'rrali cd inrestinali sono ~empre tc1111bili e per 1mport,111l,1 ~upcra no ,pesso la lesione ossea.

Nei traumi di b.icino pcrt.tnro e nece,,.1rio eseguire un .tecura to bilancio delle lesioni, anche mediante acccn.1111enti ,rrumcnc.ili. in modo da poccr st,1bilirc le prioric,ì nel rra11,1mcntu dclk k-~ioni più urgenti. La pane~ 1pa7ione di più ~pcciali~ti. urologo, chirurgo, rrnunurologo. dC\c e~.,cre au\pic,1b1le per un

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trattamenro immediaro ed idoneo anche al fine di evitare gravi esiti a distanza ancora oggi troppo frequenti.

Résumé - Les fractures du bassin, suivant les statistiques !es plus récentes, doivenr erre considerées assez fréqeuentes et elles occupent un chapitre bien défini en traumatologie. Dan !es cas où elles ne semblent pas articulaires et en absence des complications nerveuses, vasculaires et de la vessie, elles ont une démarche favorable avec des guérisons sans conséquences fonctionnelles.

Lorsque elles intéressent l'articularion de !'anche elles causenr quelques soucis et méritent une attention particulière à cause du pourcenrage élevé des aruoses secondaires.

Les complicarions nerveuses, telles que !es lési_ons du nerf sciarique et exceptionnellement du fémoral et de l'obturateur, som roujours à craindre et souvent Ieur importance est encore p.lus grande que la lésion de l'os.

Pourtant, da~s les traumas du bassin, il faut prendre en examen des differemes lésions, pour établir la priorité dans le rraitement des lésions !es plus urgentes.

La participation d '.une équipe de docteurs spécialistes, urologue, chirurgien, rrau~atologue, doit erre soigneusement recherchés pour un rraitement immédiat et apre, meme pour éviter des graves séquelles à longue distance meme aujour-d'hui très fréquentes.

Summary. - The pelvic fractures, in view of the larest communications, have a relatively high incidence and represenr a well defined chapter in traumatology. If the pelvic joints are not involved and no nervous vascular and viscera! complications will come out, a favoureable out-look can be expecred a_nd no morbidi ty left. lo parricular when the hip joint is involved, secondary arrhrosis of this articulation turns out as a big problem.

Nervous complications such as sciatic herve injuri e~ ( less often rhe femoral and che obturator nerves ) are always rhreatening and account for more arrentio n than the bone injuries themselves in pelvic traumas. Therefore it is necessary to perform an accurate assessment of rhe injury in order to decide a priority of rreatment of rhe mosr imporrane and urgenr lesions (e .g.: bladder ruprure ) and avoid long-distance complicarions or even permanent morbidity. This also calls fora joint pluri-

~peci.1 li stic inrer,enr by che uroligi~t, rhe trauma and rhc gc nerJI surgçon~.

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REGIONE MII.ITARE D E I IA

SARDEGNA - COMANDO DEI SERVIZI SANITARI

D irettore: Col. m e. G. CANU

151 ° BTG. f.mot. "SETTE COMU NI" - CAGLlARI

Se11one di San1rà

Dirigenre del Servilio S:mirnrio: Cap. me. B. BIONDI

"MALATTIA TUBERCOLARE: RELAZIONE SU DI UN CASO DI PERITONITE"

B. Bio ndi M. Cabras

L'osservazione di un caso cli tubercolosi addominale presso la caserma «Monfenera >, di Cagl iari ci ha dato lo spunto per approfondire ques to argomento ed in modo particolare la localizzazione peritoneale.

La peritonite è una rara manifestazione dell a malattia tubercolare: nelle varie statistiche mondi a li essa rappresenta circa lo 0,5% - 1 % dei casi accertati (8, 12, 15 ).

ln Sardegna la cubercolosi exr r apolmonare rappresenta il 21 % delle forme tubercolari, ( 11 ), di cui lo 0,5% h a sede addominale, in accordo con i dati della letteratura internazionale. Nonostante la sua rarità, essa è una importante malatti a del peritoneo, essendo la terza causa di ascite, dopo la cirrosi epatica e le neopl as ie (8)

MATERIALE E METODI

- Caso clinico: Antonio D. di an ni 20; ricoverato per la prima volta nel dicembre 1984 con una sintomatologia ca ratterizzata da anoressia, astenia, febbricola, nausea, vomi to al iment a re e vaghi dolori addominali. All'esame obiettivo l'addome si presentava diffusamente dolente a ll a palpazione profonda, con accentuaz ione in fossa iliaca destra. Gli esami ematochi mici non evidenziavano ne ssuna a lterazione dei valori.

T aie sintomatologia regrediva dopo un congruo periodo di terapia antibiotica con cefalosporine; ven iva dimesso migliorato con diagnosi di appendicite subacuta.

Nel febbraio 1985 lo stesso paziente, in seguito al ripresentarsi di una sintomatologia dolorosa addominale, venne nuovamente ricoverato. Un'anamnesi accurata rivelò la prese nza di precedenti di T .B. C. polmonare nel padre e lo stesso paziente

presentò positività alla intradermo-reazione alla tubercolina.

L'esame dell'addome mise in evidenza la dolorabilicà dei quadranti inferiori con lieve reazione peritoneale. Il paziente lamentò il persistere di uno stato astenico accompagnato da febbricola serotina e un calo ponderale di circa 10 chi logr ammi. Gli esami ematochimici non presentarono alterazioni, ad eccezione di un mod esto aumento della V .E.S. ( l.K. = 39). L' esame radiologico del torace dimostrò la presen za di noduli calcifici d a focolaio linfonodale di adeno pati a ilare destra in esiti.

In seguito a l persistere d e lla sintomatologia, il paziente fu sottoposto ad una laparotomia esplorativa.

All'apertura dell'addome si verificò la fuoriuscita di un a discreta quantità di liquido sieroso in parte raccolto per l'e same batterioscopico e cu ltu rale. Le anse intestinali e il mesentere s i presentarono ricoperti di una miriade di nodulini grigiastri della grandezza di una capocchia di spillo. Non si evidenziar o no ade renze tra le anse inte s tinali né ispessimenti rnesenteriali, né segni obiettivi di flogosi in atto; l'appendice cecale era indenne.

Si procedette quindi al prelievo di alcuni nodulini peritoneali per lo studio istologico.

Il paziente s in dalla prima giornata postoperatoria fu posto in terapia co n Rifampicina ( 600 mg/die) e [soniazide (400 mg / die ).

L'esa me batterioscop ico e colturale del liquido ascitico non evidenziò la presenza del micobatterio tubercol a re; la biopsia dei noduli peritoneali dimos trò invece trattarsi di tipiche formazioni granulomatose con cellule epitelioidi, cell ule giganti di Langhans e zona centrale di ne crosi caseosa.

li paziente venne dimesso con terapia domiciliare antitubercolare ( l soniazide 300 mg/ die, Rifam picin a 600 mg / die per 6 mesi ed Eta mbutolo 15 mg / kg. / die per i primi 2 mesi ).

70

La Tubercolosi addominale è una affezione rara soprattutto nella forma peritonitica. Essa rappresenta nelle varie casistiche lo 0,5% - 1% dei casi di rubercolosi accertati (8, 12, 15 ).

Addison ( 1) divide la tubercolosi addominale in 2 gruppi: la peritonite tubercolare e la tubercolosi gastrointestinale, ammettendo la possibilità di coesistenza delle due forme nello stesso paziente. Nell'ambito della peritonite tubercolare, in accordo con Jorge (8), possiamo distinguerne tre forme: l'ascitogena con noduli peritoneali multipli (c he è la forma più comune), la peritonite fibra-adesiva con ascite e aderenze multiple ed infine la peritonite fibra adesiva senza ascite.

Dal punto di vista patogenetico, l'impianto tubercolare peritoneale può compiersi secondo quattro modalità: per via transmurale da una localinazione intestinale, da un linfonodo mesenterico interessato, da una salpingite tubercolare oppure per via ematica in corso di una infezione primaria polmonare che può anche rimanere clinicamente silente (2, 7, 9).

Nella casistica di Addison ( I ) la Tubercolosi polmonare, aperta o chiusa, era presente nel 32% dei casi e nelle donne la salpingite tubercolare nell' 11 % dei casi.

La mortalità conseguente a peritonite tubercolare era molto alta, aggirandosi tra il 35% - 40% dei casi; attualmente la terapia antitubercolare ha drasticamente ridotto la mortalità (8,13). Per questo è estremamente importante porre una accurata diagnosi di questa malattia .

Non ci sono segni clinici patognomonici della Tubercolosi addominale la quale può mimare altre ma lattie tra cui la malattia di Crohn, le neoplasie addominali ( in particolari carcinomi ilco-cecali e i linfomi del piccolo incestino ) e peritoneali. Nelle forme ascitogene, oltre alle patologie già citate, nella d iagnosi differenziale bisogna prendere in considerazione anche la cirrosi epatica ( 1, 4, 8, 12 ).

li dolore è il sintomo più frequente della Tubercolosi peritoneale (63% nella casistica di Lambrian i des, 81 % in quella di Addison); spesso il quadro è quello di un addome acuto ( 13 ), specialmente nei bambini e negli adolescenti di entrambi i sessi, nei quali può simulare una appendicopatia acuta, così come sembrava nel caso giunto alla nostra osservaz10ne.

L'ascite con dolore e distensione addominale può essere il primo segno d i una peritonite tubercolare, sia in fase acuta che cronica ( 1 ).

I c;inromi pit1 comuni, oltre al dolore, sono la perdita di peso, l'anoressia, l'astenia, la febbre, la diarrea, il vomito e la distensione addominale (5, 10, 12, 14). La presenza di una massa palpabile in fossa iliaca destra pone il problema della diagnosi differenziale tra Tubercolosi ileo-cecale, che è la localizzazione più frequente tra quelle intestinali (68% dei casi di Addison), la malattia di Crohn e le neoplasie del colon destro ( I, 4, 12 ).

L'indagine radiologica dell'intestino può essere d'aiuto nel differenziare le tre forme citate ma non cerro risolutiva. Solamente l'intervento chirurgico, e quindi la possibil ità di effettuare una biopsia tessutale, può chiarire definitivamente il quesito diagnostico.

La conferma istologica è di fondamentale importanza anche nelle forme di peritonite tubercolare, mentre minore contributo diagnostico è fornito daJl'esame batterioscopico e colturale del liquido ascitico, o di piccoli frammenti nodulari prelevati durame la laparotomia esplorativa (3).

Il trattamento farmacologico della Tubercolosi addominale ed extrapolmonare in genere non si discosta dagli schemi terapeutici impiegati nelle forme polmonari. L'uso di farmaci antitubercolari, principalmente l'associazione di lsoniazide (300 mg / die ) , Rifampicina (600 mg/die), Erambucolo (15 mg/kg/die) per almeno sei mesi, ha drasticamente ridotto la mortalità legata a questa malattia (2).

Alla chirurgia delle forme addominali tubercolari è riservata la diagnosi di malattia e la cura delle complicanze quali stenosi intestinali, perforazioni, fistole e sindromi aderenziali.

R iassunto. - La loc.ilizza1ione addominale è una rara m.1nifcst:1L1one della malattia tubercol are L'o~~er.-azione dt un caso di peritonite tubercolare ci ha dato lo spunto per rivedere l'eLioparogenesi, il quadro clinico, il problema della diagnosi e della terapia alla luce della letteratura internazionale.

Résumé. - La localisation abdominalc est une manifesrntion rare de la maladie tubcrculaire. L'observ ario n d'un cas de péritonitc tuberculaire nous a fourni l'occasion pour revrnr l'étiopmhogenèse, le rableau clinique, le problème du diagnoscic et de I.i thérapie à la lumière dc la linéracurc intemationale.

Su m m ary - Abdominal location is a rare manifestation of rubercular disease. Thc obser"arion of a case of cubcrcular pcritionitis gave us thc opportuniry to rcvi se the relative ethiopato-

D ISCUSS IONE
71

genesis, clinica! features, diagnosis and cherapy, rnkmg inco account rhe internarional literature.

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72

OSPEDALE MILITARE DI VERONA

Direttore: Col. mc. M. PLESCIA

INCIDENZA DI IPERCALCIURIA IN 713 GIOVANI ALLA VISITA DI LEVA

Col. me M. Plescia

INTRODUZIONE

S. Ten. me. A. Tosi

La misurazione del calcio escreto con le urine è diventata una comune procedura per lo studio di pazienti con alterazione del metabolismo fosfocalcico. T aie parametro però, per assumere valore diagnostico, deve essere valutato in rapporto all'introito alimentare e aJJ'assorbimento intestinale del calcio, a l suo livello plasmatico, nonché alla attività par atiroidea e al livello plasmatico di altri ioni normalmente presenti nel sangue .

L'escrezione urinaria del calcio può essere espressa in diversi modi a seconda delle informazioni che sono richieste. Generalmente si esprime come mg di calcio nelle urine delle 24 ore oppure come rapporto calcio/ creatinina. In alcuni scud i nutrizionali può essere conveniente esprimere la calciuria in mg di calcio/ peso corporeo/ die. Prendendo in considerazione le a lterazioni del volume di filtrazione glomerulare in pazienti nefropatici, la calciuria si esprime in mg di calcio/ 100 ml di filtrato glomerulare. Infine, negli studi riguardanti la nefrolitiasi calcica, è più utile esprimere il calcio urinario come con centrazione, poiché la precipitazione di calcoli nelle vie urinarie dipende dalla concentrazione e solo secondariamente dalla quantità giornal iera totale del calcio escreto (Robertson e Nordin, 1969 ).

MATERIALI E METODI

In questo stud io sono stati esaminati 713 giovani nati nell'anno ] 967, provenienti dalle provincie di Verona e di Vicenza, in occasione della visita di leva. Per ogni soggetto sono stati raccolti due campioni di urina e una breve anamnesi mirata. La raccolta dei campioni di urina è stata eseguita con la seg uente metodo logi a: i giovani, al loro arrivo alla Caserma «Ma rtini » di Verona alle ore 8 del mattino, venivano inv it ati ad astenersi da ci b i e bevande. Dopo 3 ore s i raccoglieva un primo campione di urina in cui si esegu iv a un esame con Labstick riportante i seguenti parametri semiquancitativi: sangue, protei-

S. Ten. me. F. Amoniazzi

ne, chetoni, urobilinogeno, bilirubina, nitriti, glucosio ed inoltre PH e peso specifico. A questo punto si facevano bere 200 ml di acqua di acquedotto ad ogni soggetto e si raccoglieva un secondo campione di urina dopo 1 ora circa. In tali campioni venivano eseguiti i dosaggi della calciuria e della creatininuna.

Per ogni soggetto sono stati misurati il peso e la statura. È stata inoltre raccolta una breve anamnesi riguardante: (A) l'esistenza di familiarità nefrolitiasica; (B) l'assunzio ne di farmaci (con particolare riguardo verso i diuretici): (C) eventuali malattie renali e delle vie urinarie presenti o pregresse. I campioni di urina sono stati congelati e successivamente esaminati nel laboratorio dell'Ospedale Militare di Verona. li dosaggio del calcio è stato effettuato con metodo spettrofotometrico su urina diluita 1 a 5 trattata con cresolftaleina complexone in multistat 3 ° . La creatinina è stata dosata su urine diluite 1 a 40 con reazioni di Jaffè con picrato alcalino al multistat 3°. I risultati espressi in mg per 100 ml venivano rapportati fra loro e riportati in tabella .

RISULTATl

Il campione studiato in questo lavoro è costituito da 713 soggetti maschi, nati nel 1967.

La distribuzione delle a lte zze misurate è riportata nella tabella 1. L'altezza media è di cm. 175.

Tabella 1 - Distribuzione dell'altezza misurata nei soggetti studiati Altezza

(cm) nn % da a 155 160 5 0.7 160 165 22 3. 1 l65 170 99 14. l 170 175 212 30.3 [75 180 197 28 .l 180 185 124 17.7 185 190 29 4.1 190 195 12 1.7 Media= 175.024 D.S. 6.185 73

Nella tabella 2 e in figura 1 è riportata la distribuzione del peso relativo rispetto al peso ideale calcolato con la formula di Lorenz [ PI = Alt-100-(Alt4 -1S0) ].

Tab. 2 - Distribuzione del peso relativo rispetto al

peso idea le (R BW) dei soggetti studiati

I - Istogramma del peso relativo rispetto al peso ,dea/e ( R.BW) de, soggetlt studiati. Le due linee tratteggiate, corrispondenti al 90 e al 110% del peso ideale, comprendono ,I range d1 normal,ta.

Si nota che solo il 54,2% dei soggetti esaminati ha un peso fra il 90 e il 110 % del peso ideale. Una buona parre dei soggetti (33, I %) invece è sotropeso, di cui il 6,1 % pesa il 20% in meno del peso ideale. Si può notare inoltre che il 12,6 % dei sogge m è sovrappeso.

La distribuzione della calciuria a digiuno espressa come rapporto calcio/ creatinina nei soggetti normali esaminati, è riportata nella tabella 3 e

nell'istogramma di fig. 2. Sono stati definiti «soggetti normali» quelli con anamnesi negativa e con esame delle urine normaJe.

Tab. 3 - Distribuzione della calcruria espressa come rapporto calcio/creatinina nei soggetti normali studiati

Fig. 2 - Istogramma della calc,uria a d1g1uno espressa come rapporto calciolcreatinma dei soggetti normali esaminar,.

Dei 713 soggetti esaminati, 37 a, evano una familiarità nefrolitiasica e solo 5 di questi (corrispondenti al 13,5% ) presentavano ipercalciuria.

Altri 30 soggetti della nostra casic;cica presentavano microcmaturia e/ o proteinuria e solo uno (3,3%) di questi era ipercalciurico.

" •o 30 20 10 o
hg.
RBW n" % da (I 60% 70% J 0 .1 70% 80% 42 6.0 80% 90% 189 27.0 90% 100% 258 36.8 100% 110% 122 17.4 l l0% 120% 58 8.3 120% 130% 15 2.1 130% [40% IO 1.4 140% 150% I 0.1 150% 160% 2 0.3 160% 170% 2 0.3 170% 180% I 0.1 IO 80 100 120 140 160 180 RBW
74
Ca/Creat ,t· % da a 0.00 0.02 45 7.1 0.02 0.04 87 13.7 0.04 0.06 133 20.9 0.06 0.08 132 20.8 0.08 0.10 97 15.3 0.10 0.12 52 8.2 0.12 0.14 40 6.3 0.14 0.l6 17 2.7 0.16 0.18 15 2.4 0.18 0.20 8 1.3 0.20 0.22 I 0.2 0.22 0.24 2 0.3 0.24 0.26 0.26 0.28 2 0.3 0.28 0.30 3 0.5 0.30 0.32 1 0.2 0.32 0.34 1 0.2 Media - 0 078 D.S. -0.047 20 10 o 0,02 0,08 0,20 0,26 Ce /Creai.

È stata dosata anche la calciuria di un soggetto sofferente di nefrolitiasi (privo di familiarità positiva), di tre soggetti con chetonuria, di un soggetto diabetico e di uno nefrectomizzato monolateralmente. In tutti questi la calciuria era normale. Questi dati sono riportati nella tabella 4 e in fig. 3.

Tab. 4 - Valore medio della calciurie espresse come rapporto calcio/creatinina n elle varie categorie di soggetti studiati.

Diagnosi 11"

Normali 638

Familiarità nefrolitiasica 37

Microematuria proteinuria 30

Nefrolitiasi in atto I

Cbetonuria 3

Glicosuria diabetica I

Nefrectomia monolaterale l

Ca lCtNt

Fig. 3 - Valori della ca lciuria espressa come rapporto calcio / creatinina in vari gruppi di soggetti confrontati con il range di normalità.

A - Range di normalità

B - Soggetti con familiarirà nefrolitiasica

C - Soggetti con microematuria e/ o proteinuria

D - Soggetto con calco losi rena le in atto

E - Soggetti con cheronuria

F - Soggetto con glocosuria diabetica

G - Soggetto con nefrectomia monolaterale

Infine, è stata valutata la correlazione fra la calciuria espressa come rapporto calcio/ creatinina ed il peso. Tale correlazione non è risultata significativa (P = 0,2).

DISCUSSIONE

Attualmente l'espressione della cakiuria come rapporto calcio/ creatinina non è molto usata nella pratica clinica anche se, come vedremo, questo parametro costituisce un mezzo utile per la valutazione del metabolismo del calcio. Questo indice offre alcuni specifici vantaggi:

1) esso dovrebbe essere indipendente dalla massa corporea, è infatti supponibile che, con l'aumento della massa corporea, si abbia un contemporaneo aumento sia della calciuria che della creatininuria. Questo è stato ribadito anche dai dati di questo studio attraverso i quali non si riscontra alcuna correlazione fra la calci uria e il peso corporeo (P = 0,2).

2) Il rapporto calcio/ creatinina può servire a correggere entro certi limiti la calciuria in base alla funzionalità renale. Infatti, quando il VFG varia, si ha una va riazione nello stesso senso sia del calcio che d e lla creatmma.

3) La misura z ione della calciuria come calcio creatinina si effettua su un solo campione di urina e quindi esclude tutti i possibili errori della raccolta urinaria delle 24 ore.

4) Essendo tale parametro misuraco nelle urine di soggetti a digiuno, si esclude anche l'influenza della dieta e offre invece un'idea dell a situazione metabolica dell'osso e della capacità intrinseca dei reni di riassorbire il calcio Nonostante i vantaggi sopra elencati, tale indice è assai poco diffuso nella pratica clinica. Questo è in parte dovuto alla mancanza di un preciso range di normalità, infatti , ad una sua diffusa cirazione in letteratura come parametro di valutazione del bilancio calcico, fa riscontro un ridottissimo studio del range di normalità in soggetti normali. Questa nostro studio risulta in realtà il primo in cui si sia valutata la variabilità del rapporto calcio/ creatinina urinari in un numero di soggetti maschi adeguato per definire un sicuro range di normalità. Nordin ( 1976 ) ritiene normale un rapporto calcio/creatinina variante era 0,02 e 0,16.

Nei giovani da noi esaminati abbiamo trovato che il 7, I % aveva valori di calcio / creatinina inferiori a 0,02 e che il 5 ,4% aveva valori superiori a 0,16. Se si definisce come normale il range di valori com-

0,2 0,1 . . . . . . .. .. . . .s . . . Media D S. 0.078 0.047 0.090 0.060 0.060 0 050 O111 0.060 0.089 0.088 ...
e e D E f G
o -1...--~--~--·-'•:.-----~~-.....A
75

prendente il 90 % dei casi con esclusione del 5% dei soggetti da ogni lato della curva di distribuzione, dal nostro studio si può ricavare un range di normalità compreso fra 0,015 e 0,16. Questi valori in pratica non di discostano di molto da quelli trovati da Nordin. Va tuttavia segnalato che noi abbiamo trovato una marcata asimmetria delle distribuzioni del rapporto calcio / creatinina. Infatti, ad un valore medjo di 0,078, corrispondeva una mediana compresa fra 0,05 e 0,06. L'asimmetria della curva è dovuta ad una coda di ipercalciurie, ed è possibile che cale coda sia dovuta a soggetti parologicamente ipercalciurici che devono tuttavia ancora manifestare una calcolosi renale. Se si prende in considerazione il fatto che in Italia l'incidenza di calcolosi renale nella popolazione maschile è del 4,1 % (Pavone e Miano, 1979 ) e che il 40-50% dei pazienti con calcolosi renale è ipercalciurico (Hodgkinson e Pyrah, 1958; Bulusu et al., J 970; Coe, 1978; Pak, 1978 ) , è calcolabile che almeno il 2% dei nostri soggetti con ipercalciuria esprimeranno una calcolosi renale da calcio. Quindi è possibile escludere un ulteriore 2% di soggetti con i più alti valori di calciuria, ottenendo allora un range di normalità del rapporto calcio / creatinina urinario compreso tra 0,015 e 0,145. È possibile che 0,145 sia un valore ancora tendenzialmente sovrastimato, infatti è presumibile che un a certa parte di soggetti non sviluppi calcoli renali per vari motivi (morte precoce, abbondante introito di acqua ecc.).

Dei 713 soggetti esaminati, 37 riferivano una familiarità nefrolitiasica . Di questi solo 5, corrispondenti al 13,5%, presentavano un rapporto calcio / creatinina superiore a 0,145. Tale frequenza di ipercalciuria non è significativa rispetto a quella dei soggetti normali. Nessuno dei soggetti con familiarità nefrolitiasica aveva manifestato segni o sintomi riferibili a calcolosi renale. Ciò può significare che, se esiste una ereditar ietà, questa non si manifesta nei primi 18 anni di vita. È inoltre presumibile che, dei 37 genitori con calcolosi renale, il 50% ( 18 soggetti ) fosse anche ipercalciurico, per cui la trasmissione del difetto metabolico renale dovrebbe essere inferiore al 28% (da 5 su 18 a Osu 37) . Quindi, se esiste una ereditarietà, questa è di tipo complesso o ppure si manifesta appieno solo in età più avanzata .

Dei 37 genitori con calcolosi renale, 20 erano maschi e 17 femmine. Dato che i genitori indagati attraverso l'anamnesi dei loro figli sono stari 1426,

può essere stimato che il 2,8 % dei maschi presumibilmente di età compresa fra i 45 e i 65 anni e il 2,4% delle donne di età compresa fra i 40 e i 60 anni delle province di Verona e Vicenza soffrono di nefrolitiasi . T aie incidenza non si discosta molto da quella riportata da Pavone e Miano ( 1979 ) che riportano una incidenza rotale del 3,1 %. Non trova conferma invece il rapporto di due a uno tra maschi e femmine con nefrolitiasi riportato in letteratura. Va tuttavia sottolineato che iJ dato da noi riportato può essere una sottostima della effettiva incidenza di calcolosi renale. Infatti, è più facile che i giovani abbiano dimenticato episodi di calcolosi dei genitori, piuttosto che ne abbiano riferiti di non accaduti.

Dei 713 soggetti esaminati, 30 presentavano microematuria e/ o proteinuria. Questi, ad una indagine più approfondita, non presentavano alterazioni della funzionalità renale; è perciò deducibile che nel 4,2% dei maschi diciottenni si possa avere un riscontro casual e di microematuria e / o di proteinuria senza che sia dimostrabile alcuna alterazione renale.

In questo studio abbiamo raccolto anche numerosi dati antropometrici che ci hanno permesso di valutare altri parametri epidemiologici. Ad esempio, abbiamo visto che la distribuzione del peso dei soggetti esaminati (Peso medio = 65 ,98 kg ) si discosta significativamente dalla distribuzione del peso ideale dei medesimi soggetti calcolato in relazione all'altezza con la formula di Lorenz (PI medio = 68,795 ) Abbiamo calcolato per ogni soggetto il peso relativo al peso ideale (RBW) .

Questo ha mostrato che i soggetti con RBW inferiore al 100% sono il 69,9% contro il 30,l % di soggetti che h anno RBW al di sopra del 100%. Ciò può significare che il peso dei maschi diciottenni delle province di Verona e di Vice n za è più basso di quello che dovrebbe essere in base alla formula di Lorenz, oppure che tale formula non è adeguata a definire il peso ideale della popolazione d a noi studiata, probabilmente perché ricavata studiando una popolazione più «massiccia», ed è proponibile che la formula di Lorenz nell'essere appli cata a i maschi diciottenni del Veneto venga modificata in: Pl = Alt.-100-(Alr 4 !40 ).

Riassunto. - In questo studio abbiamo definiro, tramite l'analisi di un numero sufficiente di soggett i, il range di normalità del rapporto calcio / creatinina urinaria a digiuno. Nel definire raie range di normalità, abbiamo cercato di contribuire alla

76

conoscenza di un parametro molto importante per lo studio del metabolismo calcico, dato che è indipendente dal calcio dietetico e riflett e per lo più l'equilibri o fra il riassorhimento e la mineralizzazione ossea .

· Complemenrarmente, servendosi dei dati anamnestici raccokj si è potuto valutare l'incidenza di calcolosi renale nell a popolazione maschile e femminile delle province di Verona e Vicenza e altri dati epidemiologici. Abb iamo anche svolto un breve srudio sui dari antropometrici concludendo che la formula di Loren z per il calcolo del peso ideale rispetto all 'a ltezza è inadeguata per la popolazione maschile diciorrenne del Veneto.

Résumé. - En certe étude nous avons défini, avec l'analyse d'un nombre suffisant de sujets, le range de normalité dans le rapport calcium/créatinine urinaire à jeun. En définir ce range de oormalité nous espérons comribuer à la connaissance d'un paramètre rrès important pour l'érude du métabolisme calcique, érant donné qu'il n'est pas dépendant du calcium diététique, mais réfléchit généralement l'équilibre entre la réabsorption et la rrunéralisation osseuses.

Complémentairemcnt, avec l'utilisation des données anamnestiqucs collecrionées on a évalué l'incidence de la lithiase rénale ( et des autres données épidémiologiques) des provinces dc Véronc et Vicence. Nous avons développé aussi une perite érude sur les données anrropométriques, en concluant que la formule de Lorenz pour le cakul du poid idéal en rappon a l'hauteur n'est pas proporrionnéc à la population masculine de dixhuir ans du Vénétie.

Summary. - By this search we fixed, by analizing a sufficienr number of subje(."tS, the standard range of che realrionship calcium/urinary creatinine in fasting subjects. Fixing rhis range we hope to comribute to the knowlcdge of a very important pa-

rameter for the study of the calcic merabolism , because this merabolism is not due to che diereric c;ikium and substantially reflect che equilibrium between reabsorption bone mineralization.

Parallely, using collected anamnestic data, we have esrirnated rhe in cidente of renai lirhiasis (a nd other epidemiologica l data) on male / female population of Verona and Vicenza areas. We have also made a little study about thc anrhropometric data, concluding thar Lorenz's formula for rhe calculation of the ideai weighr according to height is inadequate tor Venetian eighteen years old male population.

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OSPEDALE MILITARE DJ UDINf

Dirctrure: Col. me. E. R1cc1ARDEI u

REPARTO

CHIRURGIA - ORTOPEDIA

Capo Reparto: Ten. Col. me. N. DE PASCAi.E

LA PATOLOGlA EMORROIDARIA IN GIOVANI MILITARI DI LEVA

S. Ten. me P. Brosolo

INTRODUZIONE

Dr. R. Santambrogio

I ple ss i emorroidari sono delle strutture anatomiche presenti nel soggetto normale con una loro funzione specifica (1 ). E ssi sono infatti correlati alla perfetta continenza del canale anale (anc he per i liquidi e i gas) acquistata con lo sviluppo filogenetico.

Queste dilatazioni venulari esistono perciò anche fisiologicamente (2) e possono raggiungere grosse dimensioni senza però comportare alcuna sintomatologia, cioè senza essere indicative di quella patologia che viene usualmente definita «emorroid i »

Infatti secondo alcune statistiche nove persone su dieci soffrono di emorroidi ed una di queste andrà incontro ad un intervento chirurgico (3 ). Del re sto nella comune pratica anoscopica è noto come sia frequente riscontrare soggetti portatori di una modesta congestione emorroidaria.

Thomson ha dimostrato come la dilatazione delle vene emorroidarie sia un normale aspetto dell'anatomia del canale anale e s ia presente sin dalla nascita (4 ). Secondo questa il tessuto connettivo e la muscolatura liscia del canale anale formano un sistema di ancoraggio dei sinusoidi venosi; le emorroidi sarebbero semplicemente il risultato dello scivolamento del plesso emorroidario interno con la sottomucosa, scivolamento che è determinato dalla rottura di questi meccanismi di ancoraggio.

La stipsi e gli sforzi defecatori agirebbero favorendo la dislocazione verso l'esterno della sottomucosa, particolarmente se congesta e se indovata in una ano poco accomodante alla distensione (5) . Il difficoltoso ritorno venoso in questo tessuto prolassato innesca un meccanismo a catena che predispone al peggioramento del prolasso ed alla trombosi.

Le emo rroidi alle quali abbiamo fatto riferimento sono quelle definite secondo la divisione cl assica come «interne»; le «emorroid i esterne,, infatti riconoscono una base fisiopatologica diversa, e per esse è stato coniato il termine di <<emato ma perianale».

Dr. L. Spada

Sulla base delle osservazioni che valutano in circa un quarto dei giovani adulti dei paesi occidentali l'incidenza della patologia emorroidaria ( 6), scopo di questo lavoro è portare un contributo alla conoscenza del suo reale m anifestars i in giovani adulti in servizio militare di leva, sulla scorta della nostra esperienza ambulatoriale.

MATERIALI E METODI

Sono stati studiati 158 giovani militari di leva presentat1s1 presso l'ambulatorio chirurgico dell'Ospedale Militare di Udine dal gennaio 1983 al maggio J 984 per sintomatologia emorroidaria.

I soggetti considerati, di età compresa tra i 18 ed i 27 anni sono stati sottoposti ad ispezione ed esp lor azioni digitale del canale anale. Per la classificazione delle emorroidi si è ricorso ad una distinzione in gradi (7):

r0 grado: limitate aJ canale anale ( possono sanguinare e causare dolore).

11 ° grado: protrudenti con la defecazione (ma riduci bi Ii spontaneamente).

III 0 grado: protrudenti costantemente, senza rapporto con la defecazione.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a trattamento conservativo costituito in norme dietetiche, regolari zzaz ione dell'alvo per mezzo di blandi lassarivi o crusca, igiene accurata e pomate antiflogistiche. Questo tipo di terapia è stata temporaneamente prescritta anche ai portatori di emorroidi di III grado ai quali si è comunque consigliato l'intervento chirurgico.

RISULTATI

I s intomi più fastidiosi e frequenti riferiti dai 158 pazienti giunti alla nost r a osservazione erano rappresentati da:

1) Prurito (92%)

2) Dolore (18%)

3) Sanguinamento (8%)

78

La classificazione delle emorroidi in 3 gradi ci ha permesso di distinguere:

57 pazienti affetti da emorroidi di I O grado (36%)

61 p azienti affetti da emorroidi di 11° grado (39%)

40 pazienti affetti da emorroidi di III 0 grado (25% ).

Il rapporto tra sintomatologia e grado delle emorroidi è sintetizzato nella tabella n° 1.

10 (6%) dei 158 pazienti sono stati ri coverati nel nostro reparto per essere successivamente sottoposti ad intervento chirurgico di emorroidectomia.

30 (19%) dei 148 rimanenti sono stati inviati al corpo di appartenenza consigliando l'intervento chirurgico, mentre ai rimanenti è stata proposta terapia medica. Di essi 8 (7%) si sono ripresentati presso il nostro ambulatorio per il persistere della sintomatologia.

Tab. 1 - Sintomatologia riferita

Le emorroidi costituiscono una affezione molro frequente, tuttavia un numero elevato di pazienti è restio ad affidarsi alle cure del chirurgo preferendo sottoporsi a trattamento conservativo, tenendo conto anche della sintomatologia che non è quasi mai continua.

Presso il nostro reparto la patologia emorroidaria ha prevalso su qualsiasi altra patologia per richiesta di intervento terapeutico, a conferma di quanto segnalato in letteratura, che l'età preferita è quella giovane.

In base ai dati in nostro possesso possiamo affermare che il sintomo più frequentemente associato alla patologia emorroidaria e ri scontrato durante la visita ambulatoriale è rappresentato dal prurito (92 % ) , mentre il dolore ed il sanguinamento sono di più difficile riscontro alla esplorazione anale ( 18% e 8% rispettivamente).

È da segnalare inoltre che non vi è un rapporto diretto tra la sintomatologia ed il grado delle emorroidi: infatti le emorroidi di 11 ° grado causano più frequentemente la comparsa della sintomatologia.

11 numero di pazienti sottoposti ad intervento

chirurgico entro un breve periodo di tempo è stato molto esiguo in rapporto ai giovani esaminati. In oltre è da segnalare che la terapia medica ha ottenuto risultaci soddisfacenti nella maggior parte dei giovani che erano portatori di emorroidi di 1° e II 0 grado.

Concludendo possiamo affermare che le emorroidi pur non determinando grave rischio per i pazienti provocano sintomi invalidanti soprattutto in giovani che svolgono servizio militare di leva provocando indubbi riflessi negativi sulla efficienza di servizio dei militari durante la loro attività addescrativa, tali da richiedere un intervento terapeutico appropriato.

Riassunto. - Gli Autori hanno brevemente esaminato nella introduzione la situazione anatomica dei plessi emorroidari e ì mecc anismi fisiopatologici che sono alla base del'insraurars1 della patologia emorroidaria.

Allo scopo di verificare la reale incidenza di questa patologia nei giovani sono stati studiati 158 militari di leva analizzando la sintomatologia ed il grado delle emorroidi cd i risultati a breve termine del trattamento medico.

Résumé. - Les Aureurs ont brièvement examinée la structure anaromique des hémorroides et Ics plus importantes théories physiopathologiques.

Le bur est de vérifier l' effec tif valcur des hémorroides des jeunes; par conséqucnt on a a n a lysé dans 158 recrucs les synpcome~, le degré des hémorroid es et Ics résultats à court terme de la chérapie médic:ale.

Summ ary . - In the introduction the Authors have briefly considered the anarornica l feature of hemorroidal veins and the most important ph ysiopathological theories. In order to clear che real incidcnc e of che hemorroids in young people the Auchors have scudied 158 recruits analyzing the sympotms, che grade of hemorroids and the s horr term results of conservative creatmcnt.

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ai diversi gradi di patologia emorroidaria
Grado
(15%) 4 (14%) 2 (17%) Jr Grado 74 (51%) 13 (46%) 6 (50%) !ll0 Grado 49 (34%) 11 (40%) 4 (33%)
Prurito Dolore Sanguinamento DISCUSSIONE l"
22
79

OSPEDALE MILITAR E DI PADOVA

• S. Ten. Med. Carlo DE BERTOUNI M.O. V M. • Diretto re: Co l. me. C. CRAPISJ

UN OCCASIONALE REPERTO TAC IN DIAGNOSTICA NEURORADIOLOGICA

M. Casm.iro

INTRODUZIONE

F. Sanson

G. Mammana

L'avvento della Tomografia Assiale Computerizzata (TAC) ha fornito un apporto essenziale nella diagnostica delle lesioni cranio-encefaliche, ed in particolare nella patologia 'associata ai traumi cranici «sensu srricto» (traumi cranici, cioè, con associate aJcerazioni del livello di cosciema, amnesia postcraumarica, segni deficitari e/ o fratture recali e della base)

Ma la TAC ha anche reso possibile la diagnosi di lesioni misconosciute che spesso pongono al clinico problemi di diagnostica differenziale, patogenesi e terapia precedentemente impensabili. Presentiamo un caso paradigmatico.

CASO CLINICO

S.P., soldato di anni 28, laureando in In gegneria Chimica, destrimane; è giunto alla nostra osservazione in seguito ad un trauma cran ico non commotivo di discreta entità in regione parietale destra. Nonostante l'importanza del trauma riportato, il paziente non accusava disturbi soggettivi riferibili a lesioni encefaliche focali o diffuse, ma solo un fugace annebbiamento del visus, vertigine ed intensa sintomato lo gia alg ic a al capo . All'esame obbiettivo presentava una feric::'i lacero-contusa della lungheaa di circa 5 cm in regione parietale destra. Non si associavano altre lesioni. L'esame obbiettivo neurologico non ev idenzia va alcun elemento patologico: il paziente si presentava lucido ed orientato nel tempo e nello spazio; il tono e la forza muscolare apparivano conservati s u nitro l'ambito, non erano presenti movimenti anomali in Mingazzini. I riflessi osteotf'nclinei erano simmetri ci e normoevocabili così come i riflessi cutanei a ddomin ali, ed il segno di Babinski era assente. Nessun dato patologico emergeva a ca rico della sensibilità tattile e termodolorifica e le prove cerebellari erano eseguite correttamente. I

D. Visconti

A. Volpe

nervi cranici ed il fundus oculi, infine, apparivano nella norma. Nella radiografia diretta del cranio venivano evidenziat e due linee di frattura in regione frontoparietale destra. li tracciato elettroencefa lografico mostrava un ritmo di fondo a 9 - 10 Hz, bilaterale, simmetrico, instabile e reagente all'apertura degli occhi, con attività theta bitemporale e simmetrica, non modificata dall'IPN e dalla SU.

Nella TAC cerebrale (figg. 1-4) eseguita alcune ore dopo il trauma e che qui presentiamo, si osserva la presenza di una frattura franto-parietale destra con ematoma subgaleale ( Fig. 1 ) . n complesso ventricolare appare in sede, di regolare morfologia ed amp iezza e non sono evidenziabili alterazioni della densità del parenchima cereb rale.

A sinistra (fig. 2) si osserva un'ampia area ipodensa extracerebrale ad estensione fronto-temporoparietale, nel contesto della qu a le appare nitidiamente la sottile immagine della dura madre.

In questa sede la corteccia appare retratta. L'area ipodensa osservabile a sinistra può essere riferita, a nostro avviso, ad una raccolta liquorale di vecchia data, la quale ha determinato un alterato sviluppo del parenchima cerebrale con conseguente ipoplasia dei lobi frontale, temporale e parietal e di sinistra.

Dall'anamnesi non si rilevano elementi di rili evo:

il soggetto è nato a termine da parto eutocico e lo sviluppo psicofisico è riferito nella norma. L'unico dato anamnestico che può in qualche modo essere posto in relazione con tale reperto tomografico è rappresentato da un trauma addominale contusivo, di discreta entità, riportato dalla madre al VII mese di gestazione. Da sottolineare anche che il soggetto è stato sottoposto ad interv ento c hirurgico correttivo per torcicollo congenito miogeno, a sinistra, al VI mese di età.

Un WAIS (Wechsle r Adult Intellingence Scale) ( tab. 1 ) somministrato a distanza di alcuni giorni

80

4 - Riwsrruz1one mulnplanare.

dal trauma, ha evidenziato un Q. I. = 125, nei limiti (superiori) della norma, senza alcuna devia z ione dai valori normali per quel che riguarda i punteggi ottenuti nei singoli subrests, tanto nelle prove verbali che in quelle non verbali. In conclusione, sulla base dell'anamnesi, del quadro clinico e del follow-up del soggetto è possi bile escl ud ere un rapporto diretto tra trauma fratturativo a Dx e quadro TAC a Sx, as intomatico e con le caratteristiche di raccolta cli

di simboli e numeri

figure

I 1)!. I - Ou1m<11.:, 1J1:n11a11nne Jdl<t franur ,1 fronro-panet.de lh LOll cm,110111~ ,uh)!.,ilc.1le. 1-ig. 3 - ~i.:<tmione p1u i.:ra111ale; 4u,1<Jro analogo dia figura prt.:cedence.
vecchia data hg.
Prova Informazione Comprensione Ragionamento Aritmetico Ana logie Memoria di cifre Prova
vocabolario
Associazione
Completamento
Disegno
Riordinamento
Ricostrnzione
pumeggio non-verbale punteggio graduato 15 18 17 16 14 16 96 12 11 14 8 12 57 81
di
Tab. 1 punteggio verbale
con cubi
storie
figure

Riass unto - Gli Autori hanno , oluto richiamare l'arten• 1ione su di un reperto tomografico occasionale piunosto incons ueto, rappresentato da una raccolta liquornlc ampia ad estensione epi-~ubdurale, associata ad ipoplasia cerebrale e del rurto .isimomarica, in un soggetto adulto.

Résumé - Les Aureur~ om voulu amrer l'attention sur un rapport tomographique pluròr msol1te decouvert par hasard, qui est représenté par une ampie récolte ltquorell e avec une érenduc épi-subdurelle associée à hypoplaèsie cérébrale complércment asympromarique dans un sujet adulte.

Summary - The Authors have drawn attcnrion co a casual and rathcr uocommon romographic reporr. fo rm ed by a widc cerebrospinal fluid coUection exrendmg from epi to sub-durai space and associared wirh cercbral hypoplasia completely asympt0matic, in a n adult man.

BJBUOGRAFIA

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82

OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI ROMA

Direttore: Col. me. M. DI MARTINO

CONGIUNTIVITE LIGNEA: CONSIDERAZIONI IN MERITO AD UNA RARA OSSERVAZIONE CLINICA

Cap me. Massimo Cantarini'

Cap. me. Antonio Ambrogio•• Dott. Nicola Palmieri• 0

La congiuntivite lignea è una rara forma d1 congiuntivite pseudomembranosa a decorso cronico.

Nel 1965 Duke-Elder ne ha raccolti dalla letteratura circa cinquanta casi e da allora ne sono stati citati un'altra ventina.

La congiuntivite lignea può iniziare in maniera acuta, subacuta e cronica. La sua evoluzione è variabile, alternando fasi di remissione spontanea ad altre di recrudescenza clinica. In ogni caso il decorso tende costantemente a cronicizzarsi ed a prolungarsi notevolmente nel tempo. Sono conosciuti casi che si sono protratti per più di venti anni; tipiche sono comunque le recidive.

La malattia è per lo più bilaterale, colpisce più di frequente il sesso femminile e tipicamente nell'infanzia. Può comunque presumibilmente verificarsi in ogni età, come si desume da un caso descritto da Kosik e coll. in una donna di cinquantasette anni.

Dal punto di vista clinico si caratterizza per un indurimento legnoso delle palpebre, la formazione di membrane e pseudomembrane sulle congiuntive tarsali ed occasionali complicanze corneali; talora si accompagna ad alcune manifestazioni generali.

L'indurimentq:,alpebrale è il sintomo costante e specifico dell'affezione; non è dolente e tende a localizzarsi sulla palpebra superiore, potendo peraltro interessare le due palpebre contemporaneamente o, più di rado, la palpebra inferiore isolamente. Gradualmente la palpebra colpita perde la sua flessibilità, diventa più o meno estesamente dura e tende a diventare ptosica. Alla palpazione si ha l'impressione di toccare del legno o della cartilagine. Talora questo indurimento assume un aspetto proliferativo psudotumorale; molto ricca è la sua vascolarizzazione e la sua asportazione chirurgica prova un intenso sanguinamento .

Istologicamente le principali alterazioni sono localizzate nello stroma congiuntivale, dove si trovano ammassi di sostanza ialina amorfa e riccamente vascolarizzata. Nel suo contesto si rinvem'""' :

tone di vasculite, occusioni vasali ed aree di necrosi vascolare.

Istochimicamence questo materiale ialino omogeneo risulta costituito da materiale di origine connettivale, ricco di mucopolisaccaridi, prevalentemente ac. ialuronico e condroitin-solfato A e C.

Le me mbrane congiuntivali, variabili per spessore da 1 a 2,5 mm., aderiscono al piano tarsale della congiuntiva per tutta la loro superficie o mediante un peduncolo. Possono esser asportate in modo indolore, ed al loro posto permane una superficie granulosa e sanguinolenta; in ogni caso si riformano nel breve spazio di due o tre giorni. Tali membrane, pur essendo frequenti, non sono tipiche della malattia e possono, talora, mancare del tutto.

Il quadro clinico può notevolmente compl icarsi quando si verifica no le lesioni corneali. Spesso sono transitorie ed in questo caso si tratta di opacizzazioni secondarie ad abrasioni epiteliali provocate dallo sfregamento meccanico operato dalla massa palpebrale. Talora possono configurare un quadro più grave, sotto forma di opacizzazioni irreversibi li , neovascolari zzazioni , cheratomalacia con possibile evoluzione verso la perforazione. Fortunatamente, in questi casi, solo eccezionalmente le lesioni sono bilaterali.

Talora, infine, sono possibili parallele manifestazioni generali, come rinofaringiti, a denop atie, otiti , bronchiti, vulvovaginiti, glomerulonefriti ed infiammazioni articolari; in certi casi compare anche uno stato infettivo generalizzato.

,

• Capo Reparto Oculistico Ospedale Militare Principale di Roma - Specialista in Oftalmologia;

• Assistente Reparto Oculistico Ospedale Militare Principale di Roma - Specialista in Oftalmologia;

• ** Specialista in Oftalmologia.

83

François definisce «maligna» la forma di congiuntivite accompagnata da tali sintomi generali e complicata dalle lesioni corneali. T aie distinzione è comunque relativa poiché durante il lungo decorso clinico anche una forma benigna può evolvere nella variante maligna.

L'eziologia di tale forma morbosa non è ancora ben nota. Secondo François sarebbe dovuta ad una alterazione ereditaria del metabolismo del tessuto connettivale, in particolare di quello congiuntivale, che si tradurrebbe in un accumulo srromale di mucoipolisaccaridi, principalmente di ac. ialuronico e condroitin-solfaro A e C. Questo produrrebbe poi una reazione congiuntivale responsabile della formazione delle pseudomembrane e del sottostante tessuto infiammatorio di granulazione. Quesro spiegherebbe anche il perché della costanza dell'indurimento palpebrale, dovuto alla alterazione di base, e della saltuarietà della formazione di pseudomembrane che, avendo una origine infiammatoria, sarebbero più legate alla reattività individuale.

Una conferma dell'ereditarietà dj tale alterazione del metabolismo connettivale è fornita dall'osser-

vazione di Goldman e Hof che hanno descritto cinque casi familiari in due generazioni.

Pan e Haensh hanno prospettato l'ipotesi di una vasculite allergica; Frimodt e Moller considerano la possibilità di una origine autoimmunitaria. Quest'ultima ipotesi è, a nostro avviso, suffragata dalla osservazione che il suo decorso clinico a pousseés è molto simile a quello di altre malattie autoimmunitarie e che talora vi è una compartecipazione di altri organi frequentemente coinvolci nelle malattie autoimmunitarie (rene, articolazioni, ecc.).

Secondo François l'alterato metabolismo connettivale verrebbe favorevolmente influenzato mediante terapie locali specifiche ialuronidasiche.

Missiroli riferisce di aver recentemente trattato con successo un caso di congiuntivite lignea associando alla terapia enzimatica secondo François la crioapplicazione.

Alrre terapie mediche (come l'uso di cortisonici) o chirurgiche, sono state finora tentate senza successo. Anzi sembra dai dati della letteratura che la soluzione chirurgica abbia un possibile effetto aggravante sull'evoluzione successiva della malattia.

84
Fig. 1

Data la rarità della affezione e la conseguente esiguità casistica in letteratura, ci sembra utile riferire su di un caso giunto alla nostra osservazione.

Si trattava di un giovane militare di 20 anni in buone condizioni di salute e con anamnesi familiare negativa per malattie oculari.

Alla prima visita il giovane ci riferiva di soffrire ormai da 4 mesi di una forma di congiuntivite nell'occh io destro che, dopo un esordio acuto con secrezione e lacrimazione era in breve evoluta nella forma da noi osservata. Il paziente ci riferi va, inoltre, che le diverse ed imprecisate terapie precedentemente praticate non avevano sortito alcun effetto.

All'esame clinico la palpebra superiore si presentava ptosica, intensamente edematosa e di consistenza aumentata. Rovesciando la palpebra si evidenziavano alcune sottili pseudomembrane ed una massa di tessuto neoformato localizzata al ter zo esterno della superficie tarsale. Tale massa, liscia e carnosa, aderiva al tarso per mezzo di un esteso peduncolo (Fig. 1).

La tipicità del quadro obiettivo ed il conforto della letteratura al riguardo c i ha indotti alla diagnosi di congiuntivite lignea in forma benigna, non essendoci né lesioni corneali né sintomi sistemici.

A questo punto, sconsigliati alla soluzione chirurgica dai dati della letteratura e considerando che il trattamento enzimatico non è curativo del disturbo metabolico di base , abbiamo scelto, come indirizzo terapeutico, la crioapplicazione.

Per il trattamento criogenico abbiamo praticato per due volte crioapplicazioni di un minuto sulla mass a palpebrale e ripetuto il trattamento dopo una settimana.

Dopo una reazione edematosa post-operatoria abbiamo rilevato lesioni cicatriziali leggermente ipertrofiche ma con dimensioni decisamente minori rispetto alla massa legnosa precedente.

Nel caso da noi osservato, con il trattamento criogenico ripetuto, si è quindi ottenuto un netto miglioramento conclusosi con la cicatrizzazione delle lesioni congiuntivali, dimostrando così l'efficacia delle crioapplicazioni nella cura della congiuntivite lignea.

tamemo criogenico ripetuto. Con tale trattamento s1 e ottenuto un netto miglioramento conclusosi con la cicatrinazione delle lesioni congiuntivali, dimostrando così l'efficacia delle crioapplicazioni nella cura della congiuntivite lignea .

Summary. - Actual pathogenic and therapeuric trends of ligneu, conjuncrivitis are exposed here with patticular consideration for locai dismetabolic parhogenesis and enzy-maric rherapy with 1al11m 11id11 ,1, and a- ,·hvrnetripsin. It is described here the evcnc of a young military of twenry years, in which thei practised cryogenic treatmenc. With this treatment e clean improved is obrained concluded with cicatrization of conjunctival lesions. They prove so the efficacy of crvoapplicatiom in rhe rreatment of ligneus conjunctivitis.

Résumé. - Les acruels orientements pathogénenques et rhérapeutiques de la conjoncrivite ligneuse "mr ici exposés avt'l particulière considération à la pathogénese dismétaboliquc locale età la thérapie enzimatique avel 11tf11 ,·m11d11,, e / a-chymotripsine. U est décrit ici le cas d'un jeune milirairc de vingt ans où on a pratiqué un traintemenr criogenique répete Avel ce rra1tement on a obrenue une amélioration nette qui s'esr conclue avec la cicratisation des lésions conjonctivales, en démonrrant ains1 l'efficacité des crioapplicarions dans la cure de la conjoncrivite ligneuse.

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Riassunto. - Vengono esposti gli attuali orientamenti patogenici e terapeutici della congiuntivite lignea, con particolare riguardo alla patogenesi dismetabolica locale e alla terapia enzimatica conjaluronidasi e a-chimotripsina. Viene descritto il caso di un giovane militare di vent'anni in cui si è praticato un trar-

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85

OSPEDAI f Mll lTARE

PRINCIPALE DI ROMA "S. Ten me. A.1 KIU,fRI M O V.M."

Direttore: C ol. mc Dr A CAZZATO

UNIVERSIT A DEGLI STUDI DI ROMA "LA SAPIENZA"

IV CATTFORA DI PATOLOGIA CHIRURGICA

Direttore: prof. S. ~TIPA

SU UN CASO DI CISTI LINFOEPITELIALE LATERALE DEL COLLO

A. Cavallaro• A. Cauaw• • L. Di Mano• • M. Nardi•• E. Ribis••

Le cisti e le fistole laterali del collo sono comunemente messe in rapporto con anomalie di sviluppo concernenti l'evoluzione dell'apparato branchiale

Si tratta di una patologia essenzialmente benigna, che può rendersi palese già alla nascita quando ,;i trarr.1 di una fisrola completa, e in genere entro la prima decade di vita quando si tratta comunque di fistola: le cisti, invece, si manifestano usualmente nella secondn e terza decade di virn .

Tale patologia, per quanto non po'>sa definirsi rara, certamente non viene inconrrara di frequente. nella attività di un reparto di chirurgia generale.

Pertanto abbiamo ritenuto di un cerro interesse de~cri\ ere il seguente caso, osservaro presso il I Reparto di Chirurgia dell'O.M. Celio.

CASO CLINICO

P.C., maschio, anni 20.

Nulla da rilevare nelle anamnesi familiare. fi~•ologica, patologica remota.

li paziente riferisce di aver notato. venti giorni prima del ricovero, la comparsa di una tumefazione dell'apparente volume di una nocciola in corrispondenza del margine anteriore del muscolo sternocle,domascoideo sinistro; la tumefazione è quindi andata progressivamente aumentando di vo lum e. senza che fossero presenti altri disturbi degni di nota .

All'esame obiettivo, il paziente si presenta in ocnme condizioni generali; nulla da rilevare a carico dei van organi ed apparati. All'esame obiettivo locale, si nota la presenza di una tumefazione che deforma la regione laterocervicale sinistra; tale tumefazione ha le dimensioni apparenti di una piccola arancw, è ricoperta da cute con caratteri normali,

non è pulsante; alla palpazione, presenta superficie regolare, non è dolorabile, è scarsamente mobile passivamente, non segue i movimenti del rubo laringorracheale con la deglutizione.

Tutti i vari esami di routine danno risultati ne, limiti della norma; un esame radiografico della colonna cervicale non dimostra alcuna anomalia . Viene programmata una ecografia, ma il continuo aumento di volume della rumefazione induce a non procrastinare l'intervento, che viene programmato con la diagnosi di probabile cisti laterale del collo.

Le fasi essenziali dell'inrervenro sono illustrate nella figura 1

li paziente viene posto in decubito supino, con collo esteso e mento ruotato a destra; incisione lungo il margine anteriore del muscolo sternocleidomac;roideo sinistro; puntura esplorariva della tumefazione, con esito di liquido similpurulento. molto fluido; incisione e svuotamento della massa, che si conferma di natura cistica; sul fondo della cisti, si apprena visibilmente la pulsazione della carotide; c1sportazione della parete della cisa che non dunastra avere alcun peduncolo vascolare individuabile.

L'esame colrurale del liquido cJStico non evidenzia sv iluppo di microorganismi.

L'indagine isrologica della parete della cisti dimostra trattarsi di «formazione cic;tica a parete rivestita da epitelio pavimentosn pluristrarificato, all'esterno del quale si osserva abbondante tessuto linfoide, reperto caratrerisrirn per cisti branchiale »

• Della IV Cattedra d1 Pacolog1.i < hmirgica Univesità di Roma.

0 Dell'Ospedale Militare Princ1p:ilc "Celio" Roma.

86
\ - I ,1 ,h1.11,1 ,lrt11rr11, 111t,11t· dd ,nllo B I ., pu11rnr.1 nplor,11 I\. , ,ldl.1 ,1,t1 C... - La cisn svuotata: ,u l fondo la caroude L) · A,ponaz1onc della n1t:mbr,rn.,i c 1,t1La
87
Fig. 1 - Le varie fasi dell'intervento

COMMENTO

Le cisti branchiali costituiscono la manifesrn1ione più frequente della alterata evoluzione delle tasche e degli archi branchiali, con una in c idenza media di 5: 1 rispetto alle fistole ( Neel e Pemberron, 1945; Sedgwick e Walsh, 1952; Conway e Jerome, 1955; I yall e Stahl. I 956; Telander e Deane, 1977 ).

Un accurato e sistematico studio delle mod1hca11oni dell'apparato branchiale nell'embrione umano e stato effettuato da His ( J 886, 1891 ); successive anali'i1 di questa regione, in correlazione con sirua11on1 patologiche osservabili dopo la nascita, duranre lo wiluppo e nell'età adulta sono riportate da Hyndman e Light ( 1929 ), Arey ( 1942), Langman ( J 963 ) , Re Mine ( 1963). Tutti i suddetti autori concordano nel considerare presenti nell'embrione umano, int orno alla lii settimana, 5 paia di archi branchiali, separati da 4 paia di recessi o rasche branchiali, rivestite da epitelio di origine ectodermica. Ogni tasca branchiale è in contatto con una est r oflessione del faringe primitivo, rivestita da epitelio di origine entodermica; in questa disposizione anatomica, ectoderma ed entoderma sono !>eparati da una sottile membrana me so dermica.

Con lo sviluppo,il secondo arco branchiale cresce di<;talmente, coprendo gli archi inferiori nonche la 2a, V e 4 3 tasca branchiale; per un cerro p eriodo, queste rasche, così "seppellire" persistono come cavità rivesme da epitelio ectodermico, quindi si obliterano; qualora questo non avvenga, si produrra una cisti o una fistola; quest'ultima se il residuo branchiale entra in comunicaz ion e con il corrispondente recesso faringeo. potrà essere completa, cioè con due orifizi.

La maggior parte della patologia malformattv ,1 che così ha origine è in rapporto con la seconda tasca branchiale: la cis ti o l'apertura esterna del tragitto fistoloso affio r ano davanti a l margine anteriore del muscolo sternocleidomastoideo, a l di sotto dell'osso ioide; in caso di fistola completa, l'orifizio interno sarà r~pertato neUa fossa tonsillare.

P iù rare sono le lesioni correlabil i con la prima tasca branchiale; in genere si tratta di fistole, localizzate ne l triangolo sotromandibolare e in rapporto con il condotto uditivo esterno (c he deriva dalla invagma1ione del mesoderma di una porzione dorsale della prima tasca branchiale), e comunque interamente al di sopra dell'osso ioide.

Per altro, se l e teorie sopra accennate, come pure i termini cisti e fistole branchiali, sono accettate dalla maggior parte degli studiosi, l'accordo no11 è generale, e altre teorie, forse meno schematiche ma non per questo meno verosimili, sono state elaborate.

[I termine di cisti e fistole branchiali, coniato da H eusinger nel 1864 e approvato da Senn nel J 884, è stato vivacemente criticato da Wenglowski ( 1912 ) , il quale, in una meticolosa investigazione su 78 embrionj umani, concluse che le cisti e fistole lacer ali del collo rappresentano residui del dotto timico, originatosi dalla porzione ventrale del terzo recesso farin geo. Lo stesso Autore, in una !>erie di ricerche su l collo di I O adulti e di 65 bambini, trovò 23 residui c istici, rivestiti alcuni da epitelio squamoso altri da epitelio ciliato. Conferme alle sue conclusioni sono giunte ')uccessivamente da parte di Kingsbury (1915).

Altri Autori ancora ( Bhaskar e Bernier, 1959 ) in una analisi su 468 cisti cosiddette branchiali concludono per una origine riferibile all'inclusione di elementi dei dotti salivari nel contesto di linfonodi. Come Gorlin e Goldman (l 970) fanno notare, l'abbondan,a di tessuto linfatico al di sotto dell'epitelio della cisti e la posi7ione della stessa sovente superficiale rispetto ai derivati dell'arco ioideo (carotide esterna. muscolo sti loi oideo) sem brerebbero deporre per questa ipotesi. In effetti, solo sporad icamente tali cisti sono state descritte in posizione profonda rispetto alla carotide esterna ( Neel e Pemberton, 1945; Conway e Jackson, 1955 ): si tratterebbe quindi di cisti linfoepiteliali, simili a quelle che po ssono essere rinvenute in linfonodi inrraparotidc1 (Hoffman, 1960) o i n corrispondenza del palato o del pavimento della bocca (Gold, 1962; Robin,, 1969 ) .

In a~sen1.a di un accordo generale sulla genesi di queste lesioni ( Bailey, 1933; King, 1949 ) rimane l'uso di 1..onsiderare come sinonimi i termini «c isti e fistole branchiali » e «cisti e fistole laterali del collo,,. rJ caso occorso alla nostra osservazione sembra comunque potere rientrare nella categoria delle cisti cosiddette linfoepiteliali; se riferito alle tasche branchiali, rientra nella patologia dei residui dell:-1 ,en ,, da tasca:

I In ct: nno merita il r-oblema della diagnosi difkrc:-n,, ;l, u,n .1itr. tumefazioni laterocervicali; oc"',• , , :,1Jt"rare:

- l11,t.1.1dt"mt1 specifiche

88

X 25:

F1g. 2 - Aspetto microscopico dell.1 cisti ( color:vione .l:.m,irossilina-Eosina): Evidcnrc l'abbondanza di rcs~uto linfocico

- linfoadeniti aspecifiche

- neoplasie primitive e o secondarie dei linfonidi

- adenomi tiroidei o tiroidi aberranti

- igroma cistico

- emangioma

- neurofibroma

- tumore del giorno carotideo

- cisti del dotto tireoglosso

- cisti cosiddetta chilifera

- cisti timica

- cisti paratiroidea

- carcinoma branchiale

- cisti dermoide.

Nel nostro caso, la rapidità di insorgenza e crescita, le caratteristiche semeiologiche, l'assenza di segni generali, indicavano con elevata probabilità la diagnosi esatta e ponevano comunque una netta indicazione al riscontro chirurgico.

Riassunto. - Gli Autori descrivono un caso di cisti later:tlc del collo, in un giovane militare di 20 ,rnni. Le teorie ~ulla genesi embriologica di cale patologia sono \mteticamente prese m esame.

X J00:

Résumc. - Les Autt:urs dccm ent un c,1~ dc kyste h11èrak du cou d,1n~ un jeunc sold.n er, :ì ce propo\, ils examinent briè\ cment le, 1héories sur l'origine cmbryologiquc de certe p.11holog1e.

Summary. - A case of !atemi cyst ot the neck ma }11u11g rccruit is dcscribed. Thcories abouL che embryologic origin of ,uch cysrs are briefly reviewed.

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Gli Autori desiderano ringraziare il Prof. V. Marino zzi, che ha effe ttuato lo studio microscopico, e il tecnico sig. G. Percoco, per l'assistenza fotografica.

90

REGIONE MILITARE MERIDIONALE· COM~~DO DEI SERVIZI SANITARI

Direttore: Mngg. Gcn. me. E BRUZZESE

SCUOLA SPECIALIZZATI TRASMISSIONI· S. GIORGIO A CREMANO

INFERMERIA SPLCIAl F

Dirigente del Servizio Sanitario: Ten. Col. mc. G. V1TALE

RILEVAZIONI ELETTROCARDIOGRAFICHE SU 700 MILITARI DI LEVA:

L'INCIDENZA DELLA SINDROME DI PRE-ECCITAZIONE VENTRICOLARE (PQ BREVE )

G. Vitale A. Minonne A. Mcrolla S. Mauro R. Pepe

INTROD UZIONE

L'idea di uno screening elemocardiogrnfico era i militari effettivi alla Scuola Specializzaci Trasmissioni di S. Giorgio a Cremona è nata daJla frequente rilevazione di segni obitcievi, di pertinenza cardiocircolatoria, a car ic;:o dei militari che si presentavano presso l'infermeria del corpo, in sede di visita mattinale e a consulto pomeridiano. Decidemmo , così, d1 sottoporre all'esame ECG un certo numero di militari scelti a caso, allo scopo di individuare eventuali alterazioni nella morfologia del tracciato.

U dato più significativo di questa indagine fu quello relativo ad una sindrome di pre-eccitazione ventricolare, la si ndrome del PQ breve, per cui decidemmo di approfondire questo ultimo aspetto.

Certo la sindrome del PQ breve non è nota come quella di Wolff-Parkinson-White (W.P.W.), pur esprimendo anch'essa una accellerata conduzione dell'impulso dal nodo seno-atriale ( l) al miocardio ventricolare. Essa è caratterizzata da episod i di tachicardia parossistica sopraventricolare in pazienti il cui ECC, al di fuori delle cr isi, mostra normali onde P separate da complessi QRS altrettanto normali tramite un intervallo PQ di durata inferiore a 0,12 secondi.

Reperti elettrocardiografici di PQ corto sono stat i descritti anche nel 2% di soggetti normali (2) e in varia percentuale in casi di in farto miocardico, negli ipertesi e in casi di ipertiroidismo (3-4). In pratica, in alcuni individui, per una anomalia congenita espressa con carattere di familiarità, l'impulso atriale si trasmette ai ventr icoli con velocità super ior e alla norma, cortocircuitando totalmente o parzialmente il nodo atrio - ventr icolare attraverso vie anomale. A tutt'oggi sono note 4 vie di conduzione aber rante (vedi fig. 1):

1 ) Il fasc io di Kent configura un cortocircuito

totale del nodo A V, mettendo 1n connessione diretta atrio e ventricolo e terminando o sul setto incerventricolare o sulla parete del ventricolo: all'ECG abbiamo s\ un PQ breve, ma anche un'onda delta: questo è il caso WPW, ma tale anomalia non si è riscontrata nei soggetti da noi studiati;

2) Il fascio di J ames configura un cortocircuito parziale del nodo AV mettendo in comunicazione direcca atrio e tratto comune del fascio di His: all'ECG abbiamo un PQ breve senza onda delta (Q RS normale) e in questa situazio ne potrebbero rientrare i soggetti da noi studiati;

3) Connessioni intranodali a velocità di condu-

A B I

I • Rappresentazione diagrammatica delle quattro possibili vie per una conduzione anomala. Esse possono provocare una pre-eccica1.ione venmcolare ed essere responsabili delle tachicardie da rientro. Fasci: A, atrioventricolarc (Kent}; B, atrio-His Uames); C, intranodalc; D, nodoventricolare (Mah aim ).

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9J
tig.

zione accellerata che determinano un PQ breve senza onda delta: anche in questa situ azione potrebbero rientrare i soggetti da noi studiati;

4 ) Il fascio di Mahaim configura un cortocircuito nodo-ventricolare che salta il tratto comune del fascio di His: all'ECG abbiamo un PQ ai limiti della norma e la comparsa di una piccola onda delta (5).

MA TERIAU E METODI

Sono stat i esamina ti 700 militari scelti a caso fra quelli in forza presso questa Scuola. Questi militari sono stati sottoposti ad un esame clinico cor particolare atte nzion e per l'obiettività cardioci r colatoria (s tato di irror azione cutaneo-mucosa, frequenza e caratteri del polso, auscultazione cardiaca, rilevazione pressione arteriosa ) e successivamente ad esame elettr ocardiografico in condizioni di riposo. In 10 soggetti con PQ breve sono stati praticati, presso il laboratorio di analisi del CML di Napoli, accertamenti ematologici relativi al quadro elenrol it ico onde discernere eventuali casi connessi a variaLioni degli elettroliti plasmatici (Na + K + Ca+ + Cl- ).

RISULTATI

In base all'esame ECGrafico su 700 militari abbiamo ottenuto i seguenti risultati:

1 ) In 575 soggetti non fu riscontrata alcuna anomalia del tracciato; in 30 di questi all'esame clinico si apprezzava un soffio olos isto li co classificabile come innocente;

2) Jn 30 soggetti fu riscontrato un ritmo bradicardico-sinusale associato, in 1 / 3 dei casi, a turbe della conduz ione intraventricolare dx.;

3) I n 55 soggetti fu riscontrata tachi cardia sinusa le; tra questi, 35 non presentavano alcun segno patologico clin ico ed elettrocardiografico; I O soggetti presentavano lieve ipertensione sistolica, 9 aritmi a respiraroria; in 1 solo caso si è riscontrata tachicardia sinusale associ ata a lieve sovraccarico ventricol are sin. e, clinicamente, un lieve soffio sistolico con click mesosistolico ( inviato in visita specialistica per esse re sottoposto ad esame ecocardiografico, fu riscontrato un prolasso del lembo posteriore delle mitrale cui fece seguito il P.M.L. del caso);

4) In 30 soggetti furono riscontrate onde U; queste non erano accompagnate da condizioni patologiche accertabili sia clinicamente che elettrocardiograficamente;

5) In 10 soggetti fu riscontrato un PQ breve; di questi, 7 casi erano asintomatici senza ulteriori anomalie né cliniche né elettrocardiografiche, mentre i rimanenti 3 casi erano associati a ipertensione abituale e a tachicardia. 1 militari riferivano pregressi ep isodi di cardiopalmo e crisi ipertensive.

DISCUSSIONE

Dall'analisi di questo studio risulta particolarmente evidente l'incidenza del PQ breve che raggiunge circa 1'1,4% del totale, risultando in 10 militari su 700; molto evidente è anche la potenziale morbilità di questa s in drome, in quanto lo 0,4% di questi soggetti (3 su 700) risulta affetto da tachicardia sinusale e/o puntate ipertensive ( probabile sindrome di Long Ganong-Levine).

La conseguenza clinica di questa situazione consiste nel fatto che, essendo contemporaneamente presente un aumento della frequen za di scarica del NSA ed una esclusione funzionale del NA V (in seguito al cortocricuito attraverso le vie anomale di conduzione sopra descritte ), come è confermato dall'accorciamento del PQ, verrebbe a mancare il blocco nodale a livello ventrico lare, per cui, in caso di ulteriore incremento della frequenza atriale (TPS, flutter, fibrillazione), il miocardio ventricolare sarebbe eccitato in maniera abnorme potendo sfociare, in alcuni casi, in tachicardia ventricolare.

Viceversa, per i restanti 7 militari il giudizio prognostico è assai più favorevole, trattandosi, in questo caso, di forme non associate a tachicardia sinusale.

Purtroppo non ci è stato possibile valutare la presenza del disturbo nei familiari di questi militari, né studiare dettagliatamente tali soggetti con metodiche più selettive (per es. elettrocardiografia dinamica di Holter, ECG del fasc io di His, pacing in over-dr ive); dobbiamo pertanto solo ipotizzare, per i nostri soggetti, un accorciamento del tratto AH dell'ECG del fascio di His (vedi fig. 2), e ricondurre la loro alterazione alle vie anomale di conduzione già descritte in precedenza, avendo escluso l'intervento di eventuali squilibri elettrolitici, nonché la possibili tà che un accorciamento di cale entità del tratto PQ sia dovuro a semplice tachicardia sinusale.

92

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Da questa indagine si evince l'importanza dello ::.creening ECGrafico di massa su tutti gli iscritti di

leva onde poter individuare, ed esattamente classificare, in sede specialistica, i soggetti affetti da tali pawlogie ed eventualmente escludere quelli ritenuti ad alto rischio.

I DERIVALIONE

SEQUENZA DELLA CONDUZIONE

Dl- 1.l 'IMPULSO

ELETTROCARDIOGRAMt-1A DEL FASUO DI ______

!NODO A-VI [ITl !BB-P!

~IV_E_NT_R_IC, 0-L~II

Il fASl'IO CO\ll '\E tlll!-.1

BH P 13R,\"-( Hl ULL FAS{ IO

1 IBRE DI PLRf.;l'\11:.

Fig. 2 • Elemogramma del fascio di His. Nota gli eventi elenrofisiologrci

Riassunto. - Sono \tati esaminati, sia clinicamente che elettrocardiograficamente, 700 militari di leva non ~elezionati. l risultati dr qucsro studio hanno documentato l'incidenza della sindrome del PQ breve (1,4% dei ca~i ) e la sua pocenzialc morbilità in rapporto alla possibile insorgenza di tachicardia paross ,~nca sopraventricolare o di altre, più gravi, turbe del ritmo cardi,ico.

Résumé. - On a vu 700 militaires qui n'éraient pas sélectionnés, soit d'un poinr de vue clinrcal que elcctrocardiografique. Cer étude a demontré une fréquenee de la syndrome du courr PQ ( 1,4% des cases ) et la chance d'ecre parologiquc cn relacion avee la cachycardic p.1ross1~t1quc supraventricularrc ou avec des autres plus graves altérati ons du rythme card iac

Summary. - 700 unselectcd recruits were sub1ecred to clinical and electrocardiographic examination. The rcsulc of such investigacion pointed out a "short PQ syndrome" ( I ,4% of ca -

ses) as well as ics potemial morbilit) m rel.tt1on to a poss,ble uprising of uppervcntricular parox> scie tachycardr.1 or other more ,erious troublcs in heart rhyrhm.

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1-1\-H-j l - 11-V-i
HIS 1!'.TERVALLI
in relazione all'elettrocard1ogramma dt superficie.
93

OSPEDALE MILITARE DI PADOVA

D1rcnore: Col. mc. A. BERNINI

REPARTO OCULISTICO

Capo Reparto: Ten. Col. me. l'. MAR~10

LA TRASMISSIONE DELLE CONGIUNTIVITI INFETilVE

NEGLI AMBULATORI OCUIJSTICI: ALCUNE INDICAZIONI PRATICHE PER LA PROFTI.ASSI

F. Marmo

I. Gli ambulatori oculistici vengono talora im- stretro corporeo infetto (come nella giuntivite gonoputati, soprattutto da parte di certa stampa non spe- coccica dell'adulto ), in tutte le altre congiuntiviti cializzata, della diffusione di infezioni esterne contagiose la trasmissione avviene per via indiretta dell'occhio, principalmente congiuntiviti, tra i pa- dall'ammalato al sano. I più pericolosi veicoli di trazienti che vi transitano. smissione sono le mani dell'ammalato e alcuni suoi

Non v'è dubbio che in questi ambienti, come in oggetti d'uso personale (asciuga mani, fazzoletti, ocqualsiasi struttura sanitaria, esiste realmente un po- chiali, federe di cuscino, etc.); le mani, in particolatenziale rischio di trasmissione di forme infettive. re, sono una fonte continua di contaminazione di Tale rischio, la cui entità dipende dal tipo e ·numero qualsiasi oggetto. La pericolosità dei veicoli è legata di pazienti trattati e dal tipo di interventi sa nitari al tempo di sopravvivenza su di essi deg.li agenti inpraticari, è controllabile con misure di prevenzione ferranti, che per la maggior parte delle congiuntiviti sistematicamente attuate. Non è superfluo ribadire virali e per quelle da agenti batterici labili, non è qui il concetto di continuità e globalità di applica- molto lungo. zione come fattore conruzionante l'efficacia di qual- Nella pratica oculistica i tonometri, le lenti a siasi prevenzione sistematica; questo implica, per tre specchi, l'ago-cannula per l'irrigazione delle vie esempio, che la sola disinfezione terminale dell'am- lacrimali, le lancette per la rimozione dei corpi bulatorio e dello strumento oculistico alla fine estranei, 1 retrattori palpebrali, le lenti a contatto dell'acrivirà giornaliera non sarebbe sufficiente ad di prova, sono ovviamente possibili veicoli di infezioeliminare il rischio di contagio durante l'attiv1cà ne. Anche quegli strumenti che possono solo venire sa. Tale garanzia si ottiene solo con la bonifica rem- aconcatto con le ciglia del paziente (lenti di prova, pesciva e continua di tutto ciò che può contaminarsi oftalmoscopio, ere.) 0 con le superfici cutanee pc• durante la visita degli ammalati. Indubbiamente rioculari (a ppoggio frontale della lampada a fessuoculisti e infermieri sanno per quali vie più facilmen- ra ) sono da ritenere potenziali mezzi di trasmissiote si può trasmettere il contagio congiunrivitico ne, essendo possibile in tali sedi la presenza di germi nell'ambiente in cui essi operano e sistematicamente patogeni congiuntivali. Si tenga inoltre presente che effettuano le opportune di s infezioni. Ciò nonostan- nei flaconi di collirio e nei tubi di pomate oftalmite, l'occasionale verificarsi di epidemie più o meno che, usati per le medicazioni negli ambulatori, sono estese di congiuntiviti infettive tra i pazienti trattati stati più volte isolati germi patogeni presumibilmenpresso centri oftalmici, fa pensare che in questi cen- re provenienti dal contatto accidentale dei gocciolatri debbano esistere mezzi di trasmissione miscono- tori e dei beccucci con le ciglia di occhi infetti. sciuti o sottovalutati che sfuggono alle normali disinfezioni.

In qu esta breve nota, rifacendosi a concetti epidemiologici già acquisiti, vengono indicate alcune norme di igiene pratica che tengono conto di ogni possibile rischio di infezione negli ambulatori oculistici.

II. Tranne che nelle congiw1tiviti causare da virulentazione della flora residente (come si può verificare nelle occlusioni e nei traumi ) o da riaccensione di infezioni latenti (come nel h. simplex e nel h. zooster) o per diffusione dell'agente da un'altra di-

Comunque, anche ncll'.11nbulatorio oculistico, i veicoli che molto probabilmente ancora una volta possono giocare il ruolo più importante nella trasmissione delle congiuntiviti sono le mani. IJ pericolo è legato non solo alle mani dell'ammalato che, come già detro, possono contaminare qualsiasi oggetto, dai bracciol i delle sedie in sala di arresa ai pomelli di appoggio della lampada a fessura, ma anche alle mani dell'oculista e dell'infermiere. Questi, infatti, durante la preparazione, l'esame e la medicazione del paziente, talora toccano oggetti o superfici gene-

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ralmente sottovalutaci e che invece, contaminandosi possono divenire veicoli di cariche microbiche. È il caso, per esempio, del braccio mobile della lampada a fessura, in genere manovrato con la stessa mano che ha divaricaro le palpebre del paziente, del ricettario e della penna usata per ricettare, dei flaconi dei colliri per le medicazioni, dei documenti nosologici, del manico dello oftalmoscopio, delle cartine fluoresceinate, etc

Circa la spontanea bonifica di questi substrati, possibile per la già citata breve sopravvivenza ambient a le della gran parte degli agenti eziologici delle congiuntiviti infettive, questa è in pratica non tempestiva in relazione alla continuità d'uso degli stessi durante una normale attività ambulatoriale.

III. Da quanto premesso, discendono le seguenti norme per una efficace profilassi della diffusione delle congiuntivi contagiose in ambularorio oculistico:

1 - Usare colliri monodose (almeno per la medicazione di congiuntivitici o sospetti cali),

2 - Dopo l'esame di un malato certo o sospetto di congiuntivite, pulire e disinfettare la mentoniera, il frontale e i pomelli d'appoggio della lampada a fessura.

3 - L'oculista deve fare attenzione, durante la visita , a non contaminare, con la mano che ha già toccato il malato, strumenti o parte di essi (es. braccio mobile della lampada a fessura, manico dell'oftalmoscopio, etc.) o altri oggetti (es. cartine fluoresceinate, penna per scrivere, etc.) che generalmente non vengono bonificati.

4 - L'infermiere deve instillare le gocce di collirio o spremere le pomate senza toccare con l'estremità dei contenitori né la congiuntiva, né le ciglia dell'ammalato. Con la mano con cui ha toccato anche una sola volta le palpebre del malato non dovrà più toccare niente (nemmeno i flaconi dei colliri, i tubi delle pomate, la penna per scrivere) prima di essersi lavato.

5 - Ovviamente alla fine delle operazioni sul paziente, medico e infermiere si laveranno accuratamente le mani.

6 - Nei congiuntivitici o sospetti tali evitare le manovre strumentali non necessarie, per non contaminare gli strumenti. Dove ciò fosse assolutamente necessario, sterilizzare sempre lo strumentario dopo l'uso o in autoclave o con gli appositi apparecchi o mediante lavaggio con disifctcanti e successivo risciacquo, a seconda dello strumento.

7 - È sempre bene limitare al minimo il tempo di

permanenza del congiuntivitico o sospetto tale, sia in ambulatorio che in sala di attesa, avvertendolo di non toccare alcunché con le mani e limitandosi agli atti medici strettamente necessari.

8 - Le sedie e in particolare i braccioli usati da un congiuntivitico o sospetto raie, è bene siano lavati e disinfettati. Lo stesso dicasi per quelli oggetti che possono essere venuti a contatto con le mani del malato nella sala d'aspetto o nella sala visite (maniglie delle porte, portaceneri, etc.).

9 - T urti i materiali di medicazione usati da un congiuntivitico (ramponi, bendaggi, cotone, etc.) è bene siano razionalmente raccolti (in contenitori o sacchi di plastica o altro).

10 - Il personale sa nit ario affetto da congiuntivite deve essere assol utamente escluso dall'impiego, fino a completa guarigione.

Nota - Per la disinfe7ione in ambiente oculistico sono indicati i composti dell'ammonio quaternario, purché usati correttamente (diluiti in acque non dure. a concetrazioni idonee, in assenza di saponi, etc.). Con tali sostanze si possono trattare tutti i materiali c he tollerano il contatto con l'acqua. Dopo la disinfezione è opportuno risciacquare con acqua sopratnmo quegli strumenti che vengono a contatto con le superfici comeocongiunrivali (tonometri, lenci a rre specchi, etc.).

Riassunco. - L'Autore espone alcune considerazioni sul rischio <li trasmissione delle congiuntiviti infettive negli ambulatori oculistici e ~ui principi della profilassi sistematica. Vengono poi indicati i ve icoli attraverso cui più facilmente si può trasmettere il concagio ed infine vengono esposte alcune pratiche norme per il medico e l'infermiere, urili per prevenire la diffusione delle infezioni dell'occhio negli ambulatori oculistici.

Résumé. - L'Autcur expose cerraines considéracion faices sur le risque de transmission des conjoctivites infectieuses dans les dispcnsaires d'oculistes e sur Ics principes de la prophylaxic systematique. li indique ensuite Ics agents de tramm1ss1on par lesquels la comag1on peut erre plu s facilmenc trnnsmise; cc il expose enfin Ics règles pratiques pour le médicin et l'infirmier, utiles pour prévenir la diffusion des infections exrernes de l'oeil dans le dispensaires d'oculistes.

Summary. - The Author discusses some considerations made on thc risk of trasmission of infectious conjunccivitises in oculisric ,urgery and on the principles of sysrematic prophylax1s.

I le rhc-n poinrs out the agents through which the conragion could be more easily transmined. He finally presents some practical ruks for the physician and nurse, useful to prevent the diffusion of the cx ternai infecrion of che eye in oculisric surgery.

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OSPl-DALE C'IVILL DI PIOMBINO

Divi~ionc d, Orroped1 ,1 e Traumarolog1,1

Pnm,mo: Prof. R. Cosco MALZUCA

UNl\'ER~ITÀ

DEGLI S !UDI DI I-IRENZE - 2 Cl 11\ICA ORTOPFDICA

Direuore: Prof. (,.E. jAr< 1IIA

"ESITI LONTANI DEL PIEDE CAVO NON TRATI ATO" 1

R. Cosco Mazzuca G. Franco• B. Pavolini •

Avendo sottoposto ad esame podoscopico un gruppo di operai delle Acciaierie di Piombino e completato, nei cas i positivi, lo screening con il fotodopogramma e l'esame radiografico sotto carico, abbiamo potuto constatare che il piede cavo essenziale si riscontra con una frequenza maggiore di quanto sia comunemente pensabile.

L'indagine è stata incentrata sui dipendenti delle Acciaierie di Piombino con anzianità lavorativa superiore a venti anni, escludendo gli impiegati e gli addetti a lavori sedentari, avendo così la possibilità di poter controllare gli esiti a distanza di piedi cavi non trattati in soggetti sottoposti ad una attività lavorativa particolarmente pesante e che richiede una staiione eretta prolungata e continui spostamenti sul luogo di lavoro.

Riteniamo infatti che sarebbe stato praticamente impossibile controllare ad una così considerevole distanza di tempo ed in numero così elevato pazienti portatori di piedi cavi essenziali non trattati, dal momento che questi soggetti, per la sca rsa evidenza clinica e per la sintomatologia dolorosa relativamente modesta, non sempre ricorrono a cure specialistiche in regime ambulatoriale o di ricovero.

È pertanto ovvio che la nostra casisti ca comprenda so lo questo tipo di piedi cavi, poiché i pazienti in cui la sintomatologia fosse stata particolarmente accentuata o sarebbero stati trattati o non avrebbero potuto intraprendere un'attività lavorativa così pesante, che c i h a permesso di ev id enziare a pien o eventuali alterazioni statico-dinamiche

CASISTICA

Abbiamo esaminato al podoscopio 753 operai su 920 con età media di 46 anni e 7 mesi. L'anzianità media lavorativa risultava di 27 anni e 1 mese.

Abbiamo riscontrato 414 piedi cavi di 1 ° grado

(27,5%) e 148 piedi cavi di 2° grado (9,8%).

Bisogna qui far rilevare che ad una prima osservazione, esclusivamente podoscopica, avevamo riscontrato una incidenza di piedi cavi pari al 45 ,5%, ma che questa percentuale è passata al 37 ,5% dopo l'esame con il fotopodogramma essendosi verificata una perdita del 27 ,6% a ca r ico dei piedi cavi di 1 ° g rado divenuri normali, mentre i piedi cavi di 2° grado p assati al 1 ° grado risultano essere il 41 % .

Il dolore spontaneo era presente sotto forma di metatarsalgia in 125 piedi (22,2%) e di talalgia in 61 piedi (10,8%). U dolore alla comp ressione localizzata era presente in 206 piedi (36,6% ).

L'impossibilità alla deambulazione prolungata è stata riscontrata in 106 pazienti (37,7%).

L'angolo di Costa-Banani aveva nel 1 ° grado un valore medio di 117 ,8° con un minimo di 102 ed un massimo di 130 e nel 2° grado di ] 14,1 ° con un minimo di 102 ed un massimo di 128.

I valori di questo parametro, alla nostra indagine non si sono rivelati particolarmente sign ificati vi soprattutto perché i valori minimi e massimi appaiono praticamente sovrapponibili.

Segni radiologici di artrosi sono stati riscontrati in 68 piedi (12,2%).

Distorsioni della tibio-carsica, verificatesi più di due volte, sono sta te ri scontrate nel 30% dei pazienti.

Ipercheratosi sul talo sono state ri scontrate in 62 piedi ( 11,1 % ) ed isolate su un metatarso in 150 e associate su 2° in 75, su 3 in 37, su 4 in 12 , su 5 in 44.

La percentuale delle ipercheratosi è stata del

( 1) Relazione presentata al convegno su «H Piede Cavo nell'attività Sportiva, Militare e lavorativa» - Firenze 26/4/1983

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15,5% su 1° metatarso, 15,5% su 2° metatarso, del 17,4% su 3° metatarso, del 22,8% su 4° metatarso, del 28,8% su 5° metatarso (Tab. 1).

Tabella 1

CONSIDERAZIONl CONCLUSIVE

Dall'esame della nostra casistica abbiamo potuto constatare che il piede cavo essenziale ha una incidenza superiore a quanto normalmente supposto. Anche nella nostra esperienza la corrispondenza tra aspetto clinico e fotopodogramma non si è dimostrata sempre costante. Non abbiamo rilevato alcuna alterazione radiografica degna di rilievo e le al-

terazioni artrosiche riscontrate non sono particolarmente conclamate e rientrano nella normale incidenza.

Le manifestazioni cliniche riscontrate non sono state di tale entità da limitare in modo significativo la capacità a svolgere un lavoro particolarmente pesante e nessuno adottava tutori di scarico.

Dalla nostra indagine risulta che i metodi di valutazione da noi adottati e più comunemente in uso per valutare l'entità del cavismo della volta plantare non si sono dimostrati realmente utili ad oggettivare eventuali correlazioni tra questi e la sintomatologia soggettiva.

Ad una eventuale obiezione che i piedi cavi riscontrati in una percentuale di lavoratari, che anche noi riteniamo elevata, potrebbero essere considerati acquisiti (ad esempio per l'uso di particolari calzature antinfortunistiche) rispondiamo che, se anche questa obiezione dovesse rivelarsi fondata, dal momento che il controllo è stato eseguita ad una considerevole distanza di tempo (27 ,1) non influirebbe sui risultati della nostra indagine, e magari in alcuni casi sarebbe stato opportuno eseguire una elettromiografia ed un esame neurologico approfondita.

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97

F1g. 1 - S.P. dt 52 aa., 2 ° grado bilaterale. Presenta d1fficoha alla marcia. Obiettivamente si evidenziano callosità ed ipercheratosi sulla resta del 4° metatarso bilateralmente, con marcata prevalenza a destra, dolore spontaneo ed alla pressione in questa sede ed atteggiamento in griffe delle dita.

hg. 2 • C..I d1 42 J ,1., 2° grado dt bilater,tle. Presenta 1mpo\s1bilità alla marcia prolungata e riferisce numerose distorsioni della tibio- tar~ica. Obiettivamente iperchernrosi sulla testa del 5° metatarso bilateralmente e sul calcagno, dita arreggiate a gnffe. Non dolore spontaneo cd alla compressione. Radiolog1camente si apprezza un calcagno venicaliuato bilateralmente.

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Fig. 3 - M.P. di a ,1. 52, 2° grado bilatcr.1le. Presenta 1mposs1h1lità alla m,ircia prolungata e sintomatologia doloros:1 anche a nposo. Obiettivamente ,i eviden,i,mo ipercheratosi sul 2° , 3 ° e 4 ° metatarso h1lateralmence ed atteggiamento in griffe delle dica.

Sui radiogrammi si può calcolare un ango lo di Costa Banani di 128° a sn. e 116° a destra. Esempio di mancata corrispondenza fra il quadro clinico e la mi~ura110nc di Cosca -Barcani.

hg. 4 • G.B. d1 a a. 46, 2 ° grado bilaterale. Non rifemce ~mtomarologia dolorosa né ~pontanea né alla deambulazione. Obiettivamente ipercheratosi sul 2 ° , 3°, 4 ° , 5° dito bilateralmente. Sul radiogramma del piede destro ,i appren a una sp111.1 calcancale. Esempio di piedt cavo di 2 ° gr.ido non doloroso.

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fig. 5 • L.B. di a a 50, 2° grado bilaterale. Riferisce metatarsa lgia bilaterale con dolore alla compressione localizzata sulle teste metatarsali bilateralmente. L'angolo di Col>taBartani è di I 06° a sinistra e 108° a destra

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«EC OG RAFIA BIDIMENS IONALE NELL'INFARTO ACUTO DEL MIOCARDIO»

Dr. G. Cabrielli,

Dr. G. Lofino,

L' indagine ecocardiografica, sia mono che bidimensionale, applicata allo studio della cardiopatia ischemica, ha assunto una sua precisa collocazione nell'ambito della diagnostica cardiologica «non invas iva».

Numerosi lavori dimostrano l'esistenza di uno stretto rapporto tra perfuzione del miocardio e visualizzazione ecocardiografica del movimento e dell'ispessimento sistolico parietale. Sviluppatasi dapprima come tecnica monodimensionale (M - Mode), che ha l'inconveniente di non permettere la visione della parete antero-laterale ed apicale del ventricolo sinistro, che rimangono al di fuori del percorso del raggio singolo, la tecnologia ecocardiografica ha superato questa limitazione con l'introduzione delle apparecchiature bidimensionali ( E.B. ) che consentono una valutazione anatomofunzionale più completa.

I nfatti, in ecografia bidimensionale, è possibile abbinare ad immagini prese secondo sezioni parallele all'asse lungo del ventricolo sinistro immagini parallele all'asse corto, eseguendo così un'analisi segmentale del ventricolo sinistro. Con il nostro lavoro ci proponiamo di valutare la uti lità dell'ecografia bid imern,ionale nella fase acuta dell'infarto miocardico, cioè nei primi cinque giorni dalla sua insorgenza, e, più specificatamente, rispondere a questi interrogativi:

1 ) Stabilire l'esistenza di una correlazione tra localia.azione elettrocardiografica ed eventuali movimenti anomali cardiaci.

2 ) Stabilire in che modo ed in quanto tempo si manifestano i segni ecocardiografici rispetto all'epoca di insorgenza dell'infarto.

3 ) Ricercare una relazione tra gli aspetti morfologici ecocardiografici e la comparsa di insufficiema cardiaca e di shock nella fase acuta.

SE LEZIONE DEJ PAZ IENTI E METODO

È stato selezionato un gruppo di 44 pazienti così costituito: 40 di sesso maschi le e quattro di scs-

Dr. G.C Bureca

so femminile, di età compresa fra i 37 ed i 79 anni, tutti al primo episodjo infartuale.

I pazienti sono stati sottoposti ad ecografia bidimensionale nelle prime 48 ore dall'ingresso in ospedale con ecocardiografo real-time Eko Sector 1 Smith Kline, munito di apparecchio fotografico Polaroid. L'esame è stato eseguito ponendo il paziente supino e spostando la sonda sul precordio fino ad ottenere imm a gini valide secondo un piano longitudinale (asse lungo ) , trasversale (asse corto ) ed infine apicale (proiezione a quattro camere ) , visuali zz ando in tal modo tutte le cavità e gli apparati valvolari. Quindi si sono fotografate le immagini nelle varie fasi del ciclo c ardiaco_

Per il nostro studio, si è provveduto a suddividere il ventricolo sinistro in nove settori di cui è stara valutata la contrattilità Sono state classificate asincrgiche, quelle zone la cui contrattilità era depressa od incoordinata rispetto alle circostanti regioni per almeno il 50 % del segmento esaminato, come riportato dalla letteratura. Dei 44 pazienti sono state poi raccolte le notizie anamnestiche, 1 valori emimatici di picco ed i dati E.C.G. In base alla sede elettrocardiografica di infarto, si è ottenuta un'ulteriore suddivisione in quattro sottogruppi: 7 anterosettali, 20 ancero laterali, 9 infero-posteriori, 8 infero-laterali.

RJSULTATI

La tabella riporta il numero dei settori asinergici identificati nei 44 soggetti esaminaà suddivisi in base alla tipiaazione E.C.G. Si può rilevare che in tutti e 7 i casi di infarco anrero-settale, sono compromessi i settori settali, tanto a livello della mitrale che a livello dei muscoli papillari. Il settore anteriore alto ( a livello della mitrale ) e basso ( a livello dei musco li papillari), è staro interessato in soli 3 casi; in un pa1.iente poi si è osservata la compromissione del settore laterale (sia a livello della mitrale che dei muscoli papillari ). Inoltre, in 5 casi si è rilevata asinergia dell'apice. Negl i infarti antero-laterali, si è osser-

OSPE DALE POLICI INICO UMB E RTO I - ROMA SERVIZIO DI AN ESTESIA. RIANIMAZION E l: TERAPIA INTENSIVA
o: P rof O G ~I I ETTA
Pnm,m
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vata in tutti e 20 i patiemi asmergia del settore anteriore sia a livello della mitrale che dei muscoli papillari; in 19 casi l'asinergia era anche a livello apicale e, rispertivamente in 18 , 17, 15 e 14 pazienti, nel settore settale basso, settale alto, laterale basso, laterale alto .

Nell'infarto infero-posteriore si ve rifi ca in tutti i casi una chiara asinergia del settore posteriore sia a livello mitralico che dei muscoli papillari; in 3 pazient i si è osservata pure asine rgia del se ttore laterale basso ed alto ed in 2 del serco r e settal e a livello della va lvola mitrale.

In questo tipo di infarto l'apice ha sempre mostrato normale contrattilità.

In ultimo, nell'infarto infero-laterale si è riscontrata un'asinergia dei settori laterale e posteriore (a livello s ia della mitrale che dei muscoli papillari ).

ln un solo paziente si è rilevata asinergia dell'apice. Undici pazienti presentavano poi una dilatazione aneurismatica a carico della porzione apicale del ventricolo sin istro . Di questi, 3 erano effetti da infarto antera-settale, i rimanenti da infarto antero-laterale.

In 5 era presente a livello della dilatazione un'immagine riferibile a deposizione tro mbotica. Uno di questi 11 pa7ienti, affetto da infarto anter iore esteso, dilatazione aneurismatica e deposizione trombotica decedeva durante il ricovero per shock cardiogeno.

DISCUSS1ONE E CONCLUS IO NI

Dalla verifica dei dati riportati nella tabella, si può ritenere l'ecoca rdiografia metodica u tile a rilevare le zone asinergiche nell'infarto acuto del miocardio.

Queste zone si ril evano non solo in corris pondenza della sede e lettrocard iografi ca di infarto, ma anche in altre sedi non p revedibili con questa sola metodica.

Allorché si utilizzino anche proiezioni apicali, si incrementa la possibilità di meglio visualizzare l'apice e quindi di rilevare zone acinet iche.

Infatti, in tutti i tipi di infarto, aumenta il numero delle asiner gie apical i osservabili rispetto a quelle rilevate utilizzando esclusivamente le proiezioni parasternali.

Gli infarti antero-laterali presentano il maggior numero di zone compromesse, facendo quindi presagire una prognosi più sfavorevole.

Gli infarti infero-posterio r i, ove invece la lesione appare localizzata quasi esclusivamente in sede posteriore, avrebbero una miglior prognosi a distanLa, per il maggior numero di zone disponibili ad ipercinesie compensatorie.

Si può inoltre confermare che negli infarti anteriori, differentemente dagli inferiori, viene compromessa la contrattilità dell'apice.

Occorre aggiungere che negli infarti anteriori abbiamo riscontrato in 5 casi la presenza di trombi e di zone aneurismatiche, che depongono senz'altro per una prognosi a distanza più sfavorevole, anche se i dati a disposizione sono numericamente limitati.

La prognosi inoltre è tanto più sfavorevole quanto maggiori sono le zone compromesse, rendendo così inadeguata l'ipercinesi compensatoria. La precocità delle modificazioni ecocardiografiche assume un aspetto caratteristico: la zona interessata dal processo infartuale recente ap pare scarsamente densa e poco eco-riflettente, probabilmente in conseguenza dell'imbibizione edematosa.

Le zone infartuali di vecchia data appaiono invece soccili ed ecoriflettenti. Dai dati a disposizione possiamo pertanto concludere affermando che:

1 ) Esiste correlazione tra localizzatione E.C.G. ed ecocardiografica, anzi, l'ecocardiografia rileva ulteriori :rnne di compromissione non svelate dal solo esame E.C.G.

2) I segni ecocardiografici di infarto acuto compa iono in tempi relativamente brevi dalla insorgenza della lesione stessa e presentano peculiari caratteristiche morfologiche.

3 ) L'indagine ecocardiografica, valutando meglio dell'E. C. G. l'estensione della comprimissione anatomo-funzionale ed identificando precocemente l'insorgenza di complicanze quali aneurismi e trombi, fornisce senz'altro preziose informazioni a fini prognostici.

La possibilità di eseguire un esame ecocardiografico può comportare la soluzio n e di problemi logis ti ci, ma di rilevanza clinica quali il trasporto di p,lLient1 in fase infartuale acuta. Mentre l'eventuale necessità di tr as ferire il paziente, per eseguire l'esame, ad altra istituzione può effettivamente costituire un sostanziale impedimento, altrettanto non può dirsi del caso in cui l'esame possa essere effettuato nell'ambito della stessa istituzione di ricovero, anche se in sede diversa da quella di degenza . È ovv io che il trasferimento debba essere effettuato sotto so r veglianza medica e con particolari cautele, senza

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cioè interrompere la eventuale terapia in corso né la continuità del «monitoraggio» ed assicurando la possibilità di intervenire anche in itinere con lo strumentario di elettro-cardio-rianimazione e di rianimazione respiratoria; usando queste cautele, oltre a quelle più elementari di delicatezza nel trasferire i_l paziente, è da ritenersi che i benefici, anche ai fini di una più corretta terapia (es. uso di trombolitici e/ o anticoagulanti) giustificano l'impegno necessario a risolvere gli accennati problemi.

V.M. V.M. V.M V.M. M.P. M.P M.P M.P. Apice

Ant. Lat Post. Med. Am. Lea. Post. Med

Ant-Sett.

N.=7

Ant- Lat.

N.=20

lnf- Post.

N.=9

lnf-Lat.

N.=8

V.M. = Valvola Mitrale; M.P. = Muscolo Papillare.

Riassu n to. - Il contributo dell'ecografia bidimensionale alla diagnosi ed alla prognosi dell'infarto miocardico in fase acuta è stato analizzato e discusso in relazione all'osservazione di 44 pazienti ricoverati in un Reparto di Terapia Intensiva.

Benché iJ numero dei pazienti sia abbastanza limitato, iJ contriburo di questa metodica non invasiva sembra essere prezioso.

Résumé. - La contribution de l'échographie bidimentionale aù diagnosric et aù pronostic de l'infarctus du myocarde en

phase a igué vient analysée et discutée en rélation a l'observarion dc 44 maiades traités dans un dcpartement de traitemem intensif.

Qoiquc le nombre des patiems soit assez limité, la comriburion de ce méthode non invasif semble erre précieux.

Summary. - The conrribution o f bi-dimensionai cchocardiografy ro the diagnosis and prognosis of acute myocardial infarction has been analyzed and discussed on che base of the obscrvation~ upon 44 patiems hospitaliz.ed in a I.C.U Although the number of cases is quite limited, the contribution of rhi s non-invasive rechnique appears to be quite precious.

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3 1 o 7 3 o 7 5 20 14 o 17 20 J5 o 18 19 o 3 9 2 o 3 9 o o o 8 8 o o 7 8 o
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Per gentile concessione dell'Autore pubblichiamo in questo numero un artico lo di Ernesto lezzi, appassionato studioso e cu ltore di cose romane già noto ai lettori del n ostro «Giorna le», sulla cos ì detta «Porta Furba». Il luogo e la sua denominazione devono forse una loro più diffusa notorietà al fatto di aver dato il nome ad una stazione della linea "A" della Metropolitana.

L'Articolo è stato da me ricavato da due lavori dell'amico lezzi sullo stesso argomento, dei quali uno, semplice e discorsivo, comparso come resoconto di una «visita guidata » sul Bollettino dell'Associazione culturale «Alma Roma» e l'altro, ricercato ed aulico, pubblicato sulla Rivista «L'Urbe». Nella fusione dei due lavori ho cercato di trovare una giusta via di mezzo, sperando di esservi riusetto. L'Autore sostiene che l'origine della denominazione di Porta Furba sia da ricercare nelle vicende torbide e burrascose che hanno afflitto la località attraverso i secoli, di modo che il nome deriverebbe, etimologicamente, da fur-furis = ladro. lo mi permetto di dissentire da questa ardita interpretazione dell'amico lezzi e rimango fedele all'opinione dei più, che co llegano l'origine del nome alla parola «Formae», forse perché profondamente influenzato dal fatto che il vocabolo sopravvive nel linguaggio dialettale-agrario del mio Gargano dove tutt'ora le «forme» sono d elle rudimentali condutture dove l'acqua viene fatta circolare per gravità per irrigare gli agrumeti.

In conclusione, «Porta Furba» deriva da «Porta furium urbis» o da «Porta formarum urbis»? Porta dei ladri o degli acquedotti della città? Entrambe le derivazioni sono valide o possibili. Ognuno può scegliere quella che gli sembra pitÌ giusta o più piacevole.

Per quanto riguarda la documentazione fotografica, nell'impossibilità attuale di fotografare la «Po rta », ingabbiata da lungo tempo in impalcature di sostegno per interminabili lavori di restauro e diserbamento, mi sono servito per la parte interna di una foto, non molto limpida, tratta dal lavoro di lezzi pubblicato su «L'Urbe» e, per la parte esterna, di un'altra foto gentilmente fornita dal Minister o dei Beni Culturali. Soltanto la foto della fontana restaurata da Clemente Xli è stata ripresa recentemente.

D. M. MONACO

PORTA FURBA

Ernesto lezzi

Il nome di Porta Furba viene fono generalmente derivare, dalla maggior p ,me degli Autori di guide di Roma, dal vocabolo latino «for m ac», nel significato di fornix ( = a rcata ), cioè dal vocabo lo con c ui, fino al secolo sco rso , c;'identificavano i resti degli antichi acquedotti, per mezzo dei guaii i romani, pur ignorando il principio fisico dei vasi intercomunicanti, erano riusciti a superare i più forti dislivelli di terreno e a condurre l'acqua dalle sue sorgenti ai più l ontani cent ri abitati . Altri Autori invece farebbero derivare il nome della nostra porta dal co -

gnome di qualche influente proprietario terriero della zona circostante ad essa. È c hi a ro c he, dal punto di vista toponomastico, ambedue le ~piegazioni sono arbitrarie poiché alterano i cr iteri che regolano l'attribuzione dei toponimi; solo un'approfondita ricerca etimologica c he consideri prima d i tutto la radice del nome «Furba », costitu ita da « Fur » (fur - furis = ladro ) , potrebbe, a mio avviso, sve lare l'origine dello strano toponimo. È importante p r ecisare c he cale ricerca andrebbe inquadrata nel contesto della realtà <;torica, passata e presente, della 70na in

CURIOSITÀ DI ROMA
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cui la porta sorge. Con questo si vuole esplicitamente alludere al fenomeno del brigantaggio che per molti secoli e fino all'Ottocento imperversò gravemente anche nella nostra zona, con periodiche esacerbazioni coincidenti con profondi sconvolgimenti politico-militari, favorito dalle condizioni del terreno acquitrinoso ed accidentato; alla successiva occupazione, negli anni dell'ultimo dopoguerra, di numerosi fornici degli acquedotti, per lungo tratto, da parte dei cosiddetti «baraccati » i quali, con tutte le conseguenze, vi rimasero fino a circa un decennio fa ed infine allo stanziarsi, proprio intorno alla nostra porta, di una numerosa tribù di zingari che soltanto da pochi anni ha abbandonato la via del Mandriane, lungo la quale occupava rutti i fornici degli acquedotti con le sue case mobili e scuderie.

«Porta Furba » è una delle più caratteristiche del suburbio romano. Essa è ricavata in un fornice dell'acquedotto Feli.ce che è appoggiato in un pilastro dell'acquedotro della Marcia, nel punto in cui s' in contra con quello della Claudia .

A questo punto vale la pena di dare alcune notizie intorno ad alcune acque ed ai relativi acquedotti che costituiscono i veri protagonisti della presente illustrazione.

Le sorgenti dell'Acqua Marcia, il cui acquedotto, dopo quello dell'Appia e dell' Anio Vetus, è il più antico, vennero captate nella valle dell'Aniene, sotto i monti della «Prugna» e l'acqua fu condotta a Roma nel 144 a C. dal Pretore inter cives Q. Marcio Re. Sopra il suo speco, nell'ultimo tratto verso Roma, si sovrappongono quelli delle acque Tepula e Giulia. La prima di queste fu condotta a Roma nel 125 a.C. dai Censori Servilio Cepione e L. Cassio Longino mentre le sue sorgenti si trovano nell'Agro Luculliano, al decimo miglio della via Latina; la seconda invece venne condotta a Roma nel 33 a.C. da M. Agrippa, nell'epoca in cui fu Edile, captando le sue sorgenti al dodicesimo miglio, in un diverticolo presso la via Latina, nella località denominata «Squarciarelli». L'acquedotto venne costruito in opera quadrata di peperino. Due suoi archi sono ancora visibili in via del Mandrione, presso Porta Furba. Il restauro più imporrante venne effettuaro nel 4 d.C. da Augusto, come c'informa l'iscrizione posta sulla porta Tiburtina; successivamente da Tiro nell'anno 79 e da Caracalla allorquando costrul le sue terme (212-213) (vedi Frontino V II ; Plinio, «Nat. Hist. >> XXXI, 3; Strabone, VI; Cassio Dione XLIX, 42).

Le sorgenti dell'Acqua Claudia si trovano presso S Cosimato, al trentottesimo miglio della vi a Sublacense; il suo acquedotto venne iniziaro da Caligola ( 23-41) e portato a termine dal suo successore Claudio ( 41-54) , nell'anno 52 d.C. Per aumentare la sua capacità, lo stesso imperarore fece immettere nello speco l'Anio Novus le cui sorgenti vennero captate al quarantaduesimo miglio della via Sublacense, presso il fiume Aniene. Gli archi di questo acquedotto sono costituiti da grossi blocchi di peperino e travertino bugnato e mostrano una fodera interna in «opus latericium » databile all'epoca dei Flavi e degli Anconini (Plinio, «Op. Cit. » , XXXVI, 24; Frontino VIII-IX). Nell'anno 71 d.C. venne restaurato dall'imperatore Vespasiano ( C.I.L., Vl, 1257 ) e poi dai suoi figli Tito e Domiziano (Fontes II, pag. 185 ) quindi da Settimio Severo ( 193-211).

Nel 1585, il Pontefice Sisto V, Felice Peretti (1585-1590), il rinnovatore urbanistico di Roma, allo scopo di ricondurre l'acqua in città per alimentarne particolarmente i quartieri alti che più degli altri, dalla caduta dell'Impero Romano in poi, avevano risentito della privazione dell'acqua in conseguenza della distruzione degli acquedotti da parte dei barbari invasori, fece costruire un nuovo acquedotto utilizzando notevoli tratti dell'acquedotto della Marcia, valendosi dell'Architetto Giovanni Fontana (1540-1614) fratello maggiore del celebre Domenico (1543-1607), dopo che il suo collega Matteo Bertolini da Castello, per motivi tecnici, era stato costretto a rassegnare le dimissioni.

I predetti acquedotti che con i loro maestosi archi imprimono alla campagna romana un carattere estremamente solenne e nello stesso tempo romantico, scendono dunque dai monti Tiburtini e Tuscolani e dopo essere stati costretti a seguire la natura acc id entata del terreno che attraversano, confluiscono nella zona di « Roma Vecchia » , appartenente per la maggior parte al principe Torlonia. Qui gli acquedotti si scavalcano, incrociandosi per ben due volte,' invadendo a vicenda la rispettiva zona di rispetto, per cui viene a determinarsi una grande confusione di cippi terminali. In uno di questi incroci s'innalza la famosa «Tor Fiscale», opera del XIII sec. che molto fece parlare di sé nel medioevo, sotto la quale passava l'antica via Latina i cui resti ancora oggi si possono amrrurare.

Tra il primo ed il secondo incrocio venne pertanto a costituirsi un inespugnabile campo trincerato, il cosiddetto «Campus Barbaricus » che risale al

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tempo di Vitige il quale, secondo Procopio, nel 537 d.C. per primo vi si fortificò nel tentativo di espugnare Roma; fu spesso teatro di sanguinosi scontri da parte di altre orde di barbari attirati dalla grandezza della città eterna. Oggi rimangono ancora visibili tracce di questa grande fortificazione e durante uno scavo che venne effettuato nel 1885 si rinvennero in quella zona alcuni sepolcri dell'epoca dei Goti, allestiti frettolosamente, allorquando essi, colpiti da una terrib ile pestilenza, dovettero desistere dall'assedio, seppellendo in fretta e furia, nel campo stesso, i numerosi cadaveri delle vittime dell'epidemia.

La nostra porta è un'opera di peperino ed è inc1~-.ara, come si è detto, in un fornice dell'acquedot-

to Felice: fu fatta costruire da Sisto V, unitamente all'acquedotto che porta il suo nome.

In entrambi gli spicchi dell'archivolto si alternano i segni araldici del Pontefice. <:cno;ihilmente abrasi, costituiti da tre monti sormontati da una stella ad otto punte. Sull'attico esterno della porta, in una tavola marmorea, si legge: «Sixtus V Ponr. max .quo fontibus restitutis - deserti urbis icerum habitarentur coJles - aquas undiquc inveniendas mandavic - an MDLXXXV Ponrific. l » cioè: «S isto V Pontefice Massimo affinché i colli deserti della citrà, ricostruite le fonti, fossero nuovamente abitati, ordinò di ricercare l'acqua in ogni luogo, nell'anno 1585, primo del suo pontificaro ».

La fow, gennlmente fornitaci dall'istituro Centrale per il Catalogo e la 1Jucumenta7ione del Ministero per i Beni Culrurali, mostra un aspetto ormai superato della Porta in quanto il rratto di acquedorco alla destr.t di chi guarda è stato abbondantemente sacrificato per ::1pnre un altro ampio fornice per il transito

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Fig. 1 - Porta 1-urba \ t\ta d::1ll'esterno della città. del massiccio volume di traffico che quotidianamente si incanala sulla via Tuscolana provenienrc dai C1ste::lli.

Nell'attico interno, invece, si legge: «S ìxtus V Pont. max - plures tandem aquarum scaturigines inventas - in unum collectas locum subterraneo ductu - per hunc transire arcum a se fundatumcur avit - an MDLXXXV Pomific. 1°» cioè: «S isto V Ponte fice Massimo, trovate finalmente molte sorgenti e raccoltele in un solo luogo con una conduttura sotterranea, fece passare l'acqua sopra l'arco, nell'anno 1585, primo del suo pontificato (Fig. 2)

Di fronte a Porta Furba, in un pilastro della Marcia, nel punto in cuj essa viene ancora a contatto con la Claudia, è addossata una fontana monumetale settece n tesca, di travertino , fatta restaurare nel 1734 da Clemente XII, Corsini ( 1730-1740 ) (Fig. 3\.

A media altezza, in una tavola marmorea, si

legge: «Clemens Papa XII - fontem aquae felicisiam diu collapsum - publicae restituir commoditati

- Felice Passerino C.A.C - et aquamm praeside

- Anno Domini MDCCXXXIll » e cioè «Papa Clemente XII fece restaurare la fontana già da tempo rovinata, essendo Felice Passerinj C.A.C. e sovrintendente alle acque, nell'anno del Signore 1733 ». Nella somm ità campeggia lo stemma del Pontefice, costituito da tre bande inclinate da sinistra a destra , attraversate da una fascia.

La fontana, fornita di una bellissima vasca marmorea, è ridotta in condizioni deplorevoli e necessita di rarucali restauri, specie dopo i notevoli guasti provocati dal lungo soggiorno nella zona degli zingari, ora per fortuna stabilitisi altrove. Essa sorge all'angolo dell'antica via del Mandrione il cui tracciato costituiva la s t rada riservata dei «Curatores Aquarum », cioè dei fontanieri addetti alla manutenzione degli acquedotti.

Fig. 2- Porta Furba vista dall'interno della città. A sinistra di c hi guarda particolare dell'ampio fornice aperto a spese degli archi degli acquedotù per motivi di traffico. Fig. 3 - La fontana settecentesca restaurata da Clemente Xli
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L'OPERA DI QUINTO CENNI IL "PITTORE DEI SOLDATI"

«Non avev a mai fatto il soldato, ma adorava i soldati. Non aveva mai preso in mano un fucile ed adorava il mestiere delle armi. Non era mai montato a cavallo ed adorava i cavalli. E diventò il più importante pittore storiografico di soldati » . Così scrive di Quinto Cenni Arnaldo Fr accaro li , riconoscendo che i l pittore portò avanti fra d i fficoltà ed incomprens ioni, con tenacia e coraggio, il tentat ivo di far conoscere e amare il soldato italiano. I n realtà, l'opera di Quinto Cenni consentì, e per cerci as p etti consente anche oggi, all'Esercito italiano di avvalersi di un efficace strumento per la d ivulgazione delle tradizioni mili tari del nostro Paese. La «Rivista Militare » ha stampato una serie di pubblica z ioni con

gli acq u erelli del grande pittore, in cui sono rapp r esentate scene di guerra combattute non solo in Italia ma anche sui campi di battaglia più lontani. Si tratt a di «quaderni » che r appresentano documenti importanti per gli a pp assionati di «uniformologia » e per gli st udi os i del costume militare italiano. In essi il Cenn i annota, ridisegnando ad in chiostro di china e acquerello, i particolari che più gli interessano, i camb iamenti, anc h e in significanti, n ei vest iar i e nei materiali dell'Ese rcito italiano e di altri paesi. Con paz iente impegno Cenni ha raccolto un'enorme quantità di figurini di uni formi di ogni Esercito e Nazione dal 1650 in poi, da lui valutata (g ià nel 1891 ) di oltre ventimila pez1i, in progressivo e co-

rr... ~ornAro IT.A TJ.A NO DEf..,f}OTID~rro
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stante aumento. Si tratta di una collezione imponente, di un patrimonio storico ed artistico davvero inestimabile realizzato con un'iniziativa mai attuata prima in Italia e mai più realizzata in così vasta mole. Per raffigurare uniformi rispondenti al vero, Cenni interpelJò i veterani e i sopravvissuti allo scopo di ottenere notizie di prima mano sui particolari che mancavano di documentazione attendibile

Egli aveva libero accesso nelle caserme, i comandanti delle Unità lo ricevevano e lo invitavano alle riviste e alle manovre cui non mancava mai;

per quanto riguarda le milizie della prima guerra d'indipendenza, ci troviamo di fronte ad una visione quasi onirica di questi combattenti della libertà. Sono veri e propri quadretti di vita che ancora oggi ci danno un'immagine reale e genuina della vita militare in tutti i suoi aspetti.

Appassionato sempre più a questo settore, nel 1878 Cenni pubblicò a sue spese l'album storicoartistico-militare «Custoza 1848-1866 » . È un'opera veramente eccezionale, in cui emerge una scrupolosa precisione e pazienza nei numerosi quadretti, ri-

Cenni venne cosi m contatto con studiosi di altri Paesi e si rese conto dell'attenzione con cui nel resto dell'Europa venivano seguite le questioni militari e la cura riservata alla storia e alle tradizioni dei vari reparti. Egli fu anche un innovatore nella rappresentazione delJ'uniformologia: nei suoi figurini è riscontrabile una vivacità e una comunicativa tali da renderli affascinanti. I volontari del Risorgimento sono rappresentati con la loro giovanile baldanza e con il loro ingenuo entusiasmo; i garibaldini non furono mai così bene raffigurati; talvola, specialmente

tratti, disegni ed episodi di guerra, nei panorami di combattenti e nei piani topografici. Collaborò a varie riviste tra cui «L'Illustrazione Italiana», «Epoca » e allo «Spirito Folletto» specializzandosi nella ricerca uniformologica di ogni Paese. D'importanza notevole è l'album di disegni pubblicato il 18 giugno 1886 in occasione del 1 ° cinquantenario del Corpo dei Bersaglieri, il «Numero Uno» dal titolo «I Bersaglie ri ». Questa venne riproposto nel 1896 in occasione del sessantesimo anniversari o dei bersaglieri, per ripercorrere la storia delle divise del corpo dal

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1836 al 1886, rappresentate in una tavola a colori, che gli valse la croce di Cavaliere della Corona d'Italia conferitagli dal Re Umberto I.

Nel 1887 il Cenni, di sua iniziativa, diede avvio alla pubblicazione della rivista «L'lllu\trazione Militare Italiana» che riman e ancora oggi insuperabile e ricchissima di disegni e tavole a colori eseguiti con maestria e scru polosità che sono le sue doti peculiari.

Quinto Cenni dette l'addio alla Patria e all'arte con un acquerello eseguito 20 minuti prima della sua morte, avvenuta il 13 agosto 1917. Dopo di lui non c i fu più nessuno della sua statura: la sua collezione passò al figlio Italo, degno continuatore, ma solo per poco, poiché morto anche lui, la raccolta suddivisa tra i vari collezionisti ha perso quel carattere di omogeneità e di insuperabile com pl etezza che

ne costituiva le doti fondamentali ed il grande valore. Egl i contribul g randemente alla diffusione delle uniformi del passato che cont in uano ad attirare e ad affascinare non solo gli studiosi ma anche i cultori di rutto ciò che è veramente bello e nello stesso tempo profondamente umano. Questo è ciò che emerge dalle pubblicazioni della «Rivista Militare» dedicate a Quinto Cenni, con l'iniziativa di ricostruire la storia dell'Esercito italiano attraverso il lavoro di questo grande artigi ano dell'immagine. Gli acquerelli sono Stati corredati con documenti e oggetti in grado di far vivere i problemi spiccioli di soldati e uffic iali di un secolo fa, pur senza dimenticare i grandi eventi sto rici affrontati dal giovane esercito. Questo progetto è degno di nota, anche perché dà vita all'iniziativa di fornire una completa documentazione stor ica e iconografica su problemi e fatti che fanno parte del nostro passato più o meno recente

I disegni di Quinto Cenni sono custoditi presso il Musco di Castel Sam'Angelo. I diritti di riproduzione sono stari gentilmente ceduti alla Rivista Militare dal Direttore del Museo.

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MEDICINA GENERAI/-

PEONA V. (lsr. di Ti siologia, Università di Pavia ): AIDS e Micobatteriosi. • Rivista del Medico Pratico, 131, 1985.

Tra le affezioni che possono colpire l'organismo minaro dall'AJDS campeggiano notoriamente quelle a canco delJ'apparato respiratorio.

L' A. richiama qui l'attenzione su alcune specie microbiche particolarmente aggre~s1ve nelJe circo~tanze anLidetre, in parti• colare i micobatteri.

li pensiero, di fronte a questa definizione, va ~ubito alla tubercolosi, peraltro sconfitta ma non annientata dalle magnifiche conqui~te della medicina del recente passaw.

Ebbene, in realtà, da una st,ltlSttC3 USA citata dalJ'A., su 446 casi d1 infezioni micobarreriche in portatori di AIDS, solo 22 risultarono causate dal tipico mycobacterium tuberculo\i~: ben 403 ernno invece dovute al gruppo aviario (mycobacter ium avium) ed 8 a gruppi più rari (Kausasii, Scrophylaceum, forcuitum e Xenopii }; quando non si è addirittura verificata infezione contemporanea da micobarreri di d1,en,a classificazionce da differenti sieroripi nell'ambito di singoli gruppi.

L'A. pone l'accento sul fatto che una micobatteriosi non TBC è normalmente molto rara, laddove in caso d1 AIDS può diventare frequente.

Quindi raccomanda una serena sorveglianza epidemiologica per tutte le micobarreriosi, evidentemente TBC compresa, poi esamina i mezzi terapeutici oggi disponibili per combattere tale patologia, da quelli classici contro la TBC (isomaz ide, rifampicma, associare o meno a etamburolo, pirazinamide, streptomicina ) , a quelli che si sono rivel.iti più adatri a combattere l'emergente " Mycoba cre rium avium" (acc anto a ll a stessa rifampicina e all'eramburolo, l'etionamide e poi l'amikacina e il ceftizoxime), ad altri runora in fase d1 stu dio ( nuovi derivaci del gruppo della rifamicina, chinolonici ed altri ancora).

L'A. conclu de ammonendo che la presenza dell'AIDS potrebbe favorire una maggior diffusione delle micoberreriosi, TBC inclu\a, e quindi esorta a non <1bbassare la guardia nei confronti d1 siffatta patologia respiratoria.

C. DE SANTI\

MED/ C /l\.A PRI:.VENTIVA

GAFFURI E.: Cronoergoigiene Federn1.ione Medi ca, XXXVI II , 9, 1985.

l bioritmi, ormai noti da tempi lontani, stanno guadagnando terreno in medicina preventiva e ~ociale. Alla cronobio logia,

di cui già da decenni si parla nuwrevolmenrc, s'affianca una giovane ma vigorosa cronoergobiologia, cioè scienza dei bioritmi in medicina del lavoro, del quale questa cronoergoig1enc è una suddivisione estremamente importante.

Ce ne parla molto denagliamente GAFFURI in questo suo articolo che ana lizza le oscilla1ioni dei ritmi biologici individuali in rapporto ai turni di la,oro.

Le funzioni vitali hanno una loro fase di massima intensità (ac rofa~e ) ed una di minima ( batifase ) non coincidenti fra i vari individui, tanto da potersi questi suddividere in marrutini ( con ac r ofase nelle prime ore della giornata lavorativa ) e serotini (con acrofase spo\tata alJe ore successive).

Secondo l'A. 13 gran maggioranza dei cronotipi (fi no al 95%), per lo meno nella popolazione lavoratrice italiana, è costituita da mattutini o quanto meno da intermedi ( fra mattutini e serotini).

Questo dato di per sé p,1rla in favore d1 un tipo di colazione mattutina meno frugale di quella che si è avvezzi a consumare fugacemente nel nostro Paese: d'altra parre rende ragione della diffusissima pausa a metà mattinata con consumo di caffé, latte e pasticcini ai bar più a ponara di mano d1 aziende e uffici. È ~raro dimostrato che esistono due minimi nelJa prestazione p\icofìsica circadiana e sono intorno a mezzogiorno e fra le 14 e le 15 (aumento del senso di fatica, calo del rendimento ed aumento del numero degli errori). Questi minimi sono comunque anche modulati dalle condizioni psicologiche del soggetto ve rso il lavoro che svolge (motivazione-particolare attenzione o interesse ovve ro, al contrario, monotonia - frustrazione)

L'A. raccomanda di porre attenzione all'individua1ione del cronot1po e propone: un metodo basato su un questionano concepito per evidenziare arritudini, sintomi e preferenze indi, 1duali circa le ore di ,mività e di sonno; un altro mecodo, obiettivo, detto auwritmomerria, consistente nella consegna al soggetto di una \eri e di strumenti (termometro orale, dinamometro per misurare la fona d1 presa, test carta-m atita cd altri) con I quali il soggetto stesso esegue misure delle sue prestazioni ogni 4 ore e le annota poi su un diario (osserve rei che, per evitare viziature più o meno volute dei risultati, dette misuralioni porrebbero anche essere effettuate da personale tecnico incaricato ).

M oira importanza l'A. annette alla temperatura orale, parametro significativo di una "performance•· adeguata, che di solito presenta un'acrofase fra le ore 15 e le 17.

Vanno poi considerati nella stessa ortica il fattore età (fisiologico ma non omogeneo calo del rendimento con l'invecchiamento ) e il fattore sesso ( ciclo ovularorio nella donna e sua incidenza )

L'A. conclude rendendosi conto che i tempi, i ritmi e gli orari di lavoro sono v incolati ad esigenze tecnologiche e produttive, ma questo deve essere il meno possibile in contrasto coi ritmi biologici e sociali del lavorarore, e suggerisce di adeguare la

RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI
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cosiddetta «turnaLionc» aUe amtudini medie dei soggetti, anche ~elezionandoli accuraramente. Ricorda poi la più frequcncc parologia d.i disadattamento ai riunì di lavoro (dispepsie di vario grado, disturbi del sonno, vere e proprie sindromi ansio~odepress1ve )

c. DE SANTI~ ONCOLOGIA

DEL BAl.~O A.M., WEINSTEIN Z.R : I torotrastom1. - Military Medicine, 150, 3, 1985.

Gli AA. riferiscono due osservazioni personali <li wrotraswmi. li termine indica le complicazioni a disranza ~uccessive al largo uso, nel ventennio 1930-1950, di un mezzo di contrasto per angiografia, il thorotrast. li preparato è composto di diossido di torio in sospensione colloidale e veniva correntemente usato, nelle angiografie cerebrali, mediante puntura cd introduzione nella carotide. Si valura che siano state effenuate oltre 100.000 angiografie prima che 11 prodotto venisse ritirato dal commercio; ciò si verificò negli USA nel I 950, ma il thorotraM cont inuò ad essere usaco in altri paesi per rutti gli anni 50 e, in casi isolati, fino ai primi anni 70.

Il torio è un alfa eminente con emi\lta di 14 bilioni di anm, non viene eliminato dal corpo m,1 viene coniugato dal sistema reticolo-endoteliale e deposi raro nel fegaro e nella milza, ove può provocare l'insorgenza di sarcomi cd aucosplcncctomia. Quest'ulnma complicazione, caratterizzata radiologicamente da una milza piccola cd iperopaca, viene .ntribuita ad un effetto diretto della radia1ione interna ad alta densità prodotta dal torio.

E~m comuni a distanza dovuti al thorotrast ~ono formazioni ad alca densità, calci fiche, in ~cdc imraepatica cd imrasplenica, che vanno attentamente sorvegliate data la loro possibile evoluzione maligna.

li rororrastoma vero e proprio, però, è la risultante di una azione del prodotto sui tessuti molli pcrivasali. Si è valutato che una fuoriuscita del mezzo di contrasto dai vasi si verificasse in una percentuale dal 3 al 5 % delle arteriografie praticate e che nella metà dei casi ~i sviluppassero toratrastomi.

Nei tessuti molli il thorotrast provoca una reazione infiammatoria granulomatosa che va quindi incontro ad una trasformazione fibrosa e successiva calcificazione.

Nei due casi riferiti dagli AA. il primo, un soggetto di 42 anni sottoposto ad angiografia cerebrale nell'infamia, presentava calficaLioni intracpatiche, una piccola milLa calcifica da autosplencctomia cd inoltre un voluminoso tororrasroma calcifico laterocervicale Snx esteso dal livello dell'orofaringe fino al di sotto della clavicola.

Nel secondo caso, sottoposto ad angiografia con thorotrast 20 anni prima, fu necessario un intervento chirurgico radicale per eliminare un voluminoso torotrastoma calcifico che causava una grave e progressiva disfagia in quanto, infiltrandosi nello spazio rctrofaringeo, produceva una dislocazione mediale dell'orofaringe. Altre complicaLioni da corotrastomi riferite in letteratura ~ono: paralisi dei nervi cranici inferiori e cervicali, fisrole salivari, emorragie, dispnea, encefalomalacia e necrosi dei tessuti molli.

Gli AA. concludono sottolineando l'importanza del dato

anamnestico di angiografie mediante thorotraM IO tutti i p,1zienti con voluminose calcificazioni laterocervicali.

D.M. MONACO

ORTOPEDIA

MOV~HOVICH I.A., VOSKRESE:-.SKY G.L.: Endoprotesi d e lle ossa del carpo. - Voienno Meditsinsk1 Zhurnal, 4, 1985.

Gli AA. hanno sviluppato dc, modelli per endoprotesi delle ossa scafoide e semilunare adoperando gomma al silicone per uso medico n. 52-336/6 e l i hanno quindi approntat i per una produzione sperimentale.

Gli AA. affermano che tali endoprotesi differiscono da altre analoghe realizzate fuori dalla Russia per la loro forma e perché il loro inserimento nell'arricola1ione è più sicuro e razionale e comporta mancama di traumatismo per le ossa adiacenti durante il fun11onamento della mano.

La casistica comprende 48 paLiemi operati in totale, d1 cui 37 endoprotesi dell'osso scafoide nel tranamcnto di pseudoartrosi complic:tte da necrosi asettica ed 11 endoprotesi dell'osso semilunare IO pazienti affetti da Morbo d1 K1emboeck. Un'osservazione a di~tanza è stata eseguit,1 in 42 pazienti in un periodo di tempo v:iriabile da I anno e I /2 ad 8 anni dopo l'operazione: 33 di questi pa1ienti hanno dimostrato buoni risultati, 6 d1mosrra, ano multati soddisfacenti e soltanto 3 risultan non soddisfacenti.

Gli AA. concludono osservando che i risulwti ottenuti rendono possibile considerare l'endoprotesi come una alternativa alle operaziom di artrode~i par7ialc delle os~ 1 del carpo.

PARASSITOLOGIA

REYES c.v., foy B.K., ARANHA G. V., ALrERGOTT R.A.: L'oss1unas1 de/tomento. Resoconto d1 un caso, Military Medicine, 149, 12, 1984.

Gli AA., dopo a"er sonolinearo l'enorme frcquema nei climi temperati dell'infesta1ione da ossiuri ( Oxyuris vermicularis) , denominati vermi a spillo (pinworms) ne l comune linguaggio anglosassone, ricordano che questi piccoli vermi, sessualmente differenziati, infestano abitualmente il cieco. le femmine gravide fuoriescono nelle ore norrume dall'ano e depongono le uova sulla cure perianale e del perineo, provocando il sintomo principale del prurito.

Le comuni manifesta1ioni climche comprendono appunto il prurito anale e perianale, che può ponare a dermatiti ecicmarose estese alla radice delle cosce e a ll'addome, il prurito nasale, l'in\onnia, l'irritabilità, le convulsioni, l'anore~sia e la perdita di peso, il rosicchi.ire le unghie, il digrignamemo dei denti durante il sonno e l'emuresi. I vermi adulti, che sono sporadicamente visibili nelle feci, possono essere talvo lt a trov.iti nella biancheria personale e da letto Una comune procedura per la r icerca delle uova nelle regioni perianali è l'impiego di ~msce ade~ive che consentono d1 ottenere preparati dei tegumenti di tali regioni.

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La cra~m1ss1onc dell'infcsrazionc .n vien~ mediante mgemone o inala1.ione delle uova o con encr.imbe le mod.1lit.ì.

La migr,11ione dei venni femmina in siti abcrr,1nti rende ragione delle loul1zzaz1om extramrcsrin,111 che si H'mficano norm:ilmente nellt· donne. a canco dell'urero, delle tube di F,dfoppio, dell'ovnio l'd anche della ve\cica e ddle vie urinarie. Tra le localinaziom meno frequenti v1:ngono n.;ordate quelle a c.mco dei polmoni, dei linfonodi, della milza e del fegato.

La cavitù peritoneale è la locali71.111one ectopica piu frequente ove s1 S\ iluppa un nodulo \erioso composco da un verme femmina degnerato incluso in un te~suco d1 mfiammanone granulomatosa t: fibrot1ca. Il ritrovamento d1 un solo verme in queste locali7.7a11oni extraintestinali ~uggcristc l'iporesi di un,1 migra11one anr,werso onfo.:1 p1urrmto che quella d1 una pencrr.1zione trans-murale.

Viene nfcnto il caso di un,1 paziente che andò incontro nell'mrobre del 1982 .1d una \mdrome .1cldom1nale acut,1 da perforazJOne d1 un dl\emcolo del colon. h1 esegu1r.1 una colosromia e, dopo qu,mro mesi. un ~econclo intervento Ji rican,1Jiz. zazione inte\t1n,1le, durante 11 quale, appunto, fu riscontrato un nodulo dell'omento d1 circa 1,8 cm. d1 cl1ametro, che meiò all'es.1me istologico la sua natura di real!one infiammatori.i da verme femm1n,1. Jn questa p.11ienre l'ipotesi piu probabile è quella della m1gra7ione del verme ,mr,11·1:N> la lesicme di continuo <lei diverticolo perforato.

(,li AA. concludono sottol111cando l'1mporran1a dell'es,1mc istologico d1 tutll i reparti anorm.1li riscontr.ltl in co~o di l.1p.1ratomia.

D.M. MONACO

PSICO '.1 A I /Ct\

CORRASP.L., LA MAIi \G.P., GtO\'.\'s:S:l:--..1 F GL\Rr>l:-SHLI 1.,: Applzcaz10111 del tramlrlf,! autogeno alle ps1cnsomato:;1 11,.1strcm1testin11/i. Rivista di Medicina Psicosom,11ica, n. 10, I 985.

Gli Auron applicano la te\.n11.:a del tr,11nmg o1utogeno ,dle psicosomarosi gastrointestinali. in quanto è un metodo di .1ppogg1O psicologico molto effil.ace o .1cld1rmura determinmrc per alcune "personalità" affem• <l.1 pancolan patologie psicosomariche.

11 LA. com1,;re essemialmcntc in un rilassamento muscolare auromdono anra,erso la npetwonc mentale cli opportune formule. Da un punto d1 vista puramente f1siolog1co, il T.1\ agisce sui \"ari parametri biologici impli<.:ati nella risposta allo StTC'>\, derermm.1ndo una generale ridu11one della reaziont: cli allarme. li ,·1~,uto corporeo positivo, nL1s\ante, ottenuw d,111.1 terapia, a livello teorico, comra\ta con 1\-sperien,a cssen,i,11menre negam ,1 e ,msiogena di un corpo portatore cli dolore e sofferenza.

Gli Autori propongono, nel lavoro in questione, l'appl11:,111one terapcut 1.;.1 del T. A. in due gruppi d1 psu.;omarosi g.1srrointestin,1li: l,1 colite ukeros.1 ed d colon irritabile.

L, valut.11ione p,icometric,1 è stata c,cguita mediante l,1 sommmistranone di .1ppos1t1 ,trument I psicod1agnmtici «MMPI, Rorsch.1ch, SSPS1 per I.I 1111sur.111onc dei tr.mi .1le"mmici (rigido ndcguamento alla normalita cd mcap.11:1t.1 .td aJ,ntarsi a situ:17ioni emoriw coinvolgmri) s1;1 prim,1 che dopo l.1 pratica del T.A.

Alla luce <le, n,ulrau ottcnun. il tr.1ttamc11ro con gli e~rci,i ~omat1.;1 (ciclo 1nfcr1ore del T.A., e nsulrato efficace e St.1tistic.1111ente significativo. Infatti, secondo gli Aurori, si è potuto nota· re una \ensibilc nduLione dcll'ans1.1 e un miglioramento smto· matologico, ,tab1k nel tempo, dtlle patologie trattate

(. GOGI 1A V/l<OLOG/A

CAMPH.l.l A. r C1111•ers1t,ì d1 Cenu1,a I· S, s1<1 a/1,irgando la fmmglia degli ,.111/iviralt. - Il Giornale del Medico, 6, 198.5.

L'A. e~ord1,<.:e afferm,mdo che I virus p.uogeni per l'uomo ,1ttualmente noti \ono oltre duecento.

PuntuJli.LZa le difficot,\ finora incontrare nel progresso dell.1 terap1.1 Jntinrale idenuficandole nelle caratteristiche del par.1ssimmu dei virus, così dipendenti dalle cellule vive111i per il loro sviluppo d,1 e,-.ere problematico colpirli Sl'l17a leclerl' l'ospite; rammcntJ il mec1..m1smo m1r,1bile ,1ncorché pene~ con cui la minuscol.1 massl•rclla v1r,ile, tramite il suo RNA mc,<,,1ggero, utiliua k qrunure della n:llula o,pite per sintetiuare gli clementi cht le sono essenziali; rhel::t che ciascun.1 delle numero\C fasi d1 tale meccanl\mO cost1tu1\Ce un pos,1bile bers.1gho della terapia antiv1rnle.

Seguono intressanti esempi.

l.'am:mtadma, rivelata~, arti,a sul ,·,ru, A clell'mflucna, 1m• bisce proce,~i che l'A. definisce di '\copcrrura•· del \irus, cau,.rndo accumulo di "core,", irali nel citopl.1sm:i ospite, cd è fra l'.ilrro un farmaco ben collcrJto; la nhannna è arm .1 su molti DNA-, 1ru, (, a1olo, aclenoviru,. C) comegalo, irus, HSV 1 , HSV 2J l' RNA-, 1rus (morh1llo parotite, influenz.1 A e B, p,1r.1influcnuli I, 2, 3', ,a pero ulteriormente studiata per la ,u,1 possihil1: cmbrioto~<,icità e tcr.uoge111cità.

1 o\sica per via generale ma adatta all'uso topico ( Herpes, ecc. I e l.1 1odode<hsiuridma, che m1b1">Ce gli 1:n,imi della sintesi del DNA.

Comro gli Herpes-virus è anche atriva l.1 vid.1r:ibina: que\t:i, fosfonl.na ,1ll'interno della cellula ospite. blocca la DNApolimer,1~1 del nru\.

I.a v1darab111;1 monofo\f,1to (Ar,1-AMP) è usata per t1 ter.ip1a della eparne cronica B: contr;l',t.1 la DNA-polimerasi, ma purtroppo, all'1nrerruz1onc della tcr.tpia. ~• puo ,!\ere un '·rebound cffect" con ritorno ,11 valori d1 rrans,1minas1 preccdenu alla rcr:ipia sres,a; è pertanto consigli,1ta l'a,socia,ione ndarab111.1-imcrfcron alfa, che darebbe risult.1ti molto brillami

I 'aq.;Jonr e un altro molto promettente i111611ore della DNA-polimerasi virale, attivo su molti virus p,1togem (HSV I e HSV,, e v.mcella-1oster).

L."A. c1 mrramene anche su prodotti ,m.;ora in fo,e di srudio, come la bromovinildeo~sicliurin.i (BVDU), cui si ,\ltrihuiscc una potenza cinque volte superiore a qudla dell'acyclo,·ir ,ull'HS V 1 l' addmttura mille volte ,ul \ aricclla-Loster; 11 foscarnet, pure effic:ice sull'Hcrpe~virus; l'.1rildone, ..:he impedisce la replica1ione del Cytomegalov,rus.

La panoramica si conclude qui, ma è indubbiamente stimol.1nre.

c. DI:. SA'\ìl~

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cura
D.
Monaco
a
di
M.
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116

dei tremori nella valutazione delle condizioni del sistema neuromuscolare nei marinai; Nikolaev E. V.: Organizza1 ione dell'mcività diagnostica in un battaglione snnitario isohuo in un terreno montagnoso desertico; Zerkalul' V.,".' ., Sm()lya,rnikol' A.A.: PecuJiarità cliniche ed anawmiche del grave decorso della colecistite in paziemi non operati; le11/p11 A. V : Metodi per la misurazione strumentale e la valoriaazionc dello ~taro dell':.1ria nelle caserme; Pavlou M.1.: Nuovi modelli di cquip.1ggiamento ,anirnno.

VOIENNO MEDITSINSKY ZHURNAL ( N. 8, 1985 ):

Rudny N.M .: Maggiore attenzione al rafforzamento della salute dei piloti; Shei•tsn11 O.S., Selivt1n()t1 V.I.: l 'organiaazione del sostegno sanirnrio delle truppe nelle operationi in Manciuria; Evdokimou A.F.: Alcune peculiarità del sostegno samtnrio del 46° Corpo fucilieri della 5 • Armata al primo fronte in Estremo Oriente nelle operazioni in Manciuria; Tsarfis P. G.: In un ospedale da campo chirurgico mobile; lu,mkin P K.: faperienze nell'attuazione di misure di quarantena nella zona di infezione di peste durante le opera1ioni in Manciuria; Tomi/in V. V., Berezhnuy R. V.: Esposizione di azioni criminali dei militaristi giapponesi nell'elaborazione e nell'uso dell'arma batteriologica; Jgnatyuk N.E.: Ruolo dell'ufficio scientifico e d1 programrmtLione dell'ospedale di gtwrni~ione nel fornire aiuto al livello truppe del servi7io sani rari o; /.: rylou .'\'. L.., Moro;: V. V.. Beloyartsev F. F.: Uso del perftoran. sosti turo fluorocarbonato del sangue. nella pratica clinica; Vyazitskv J>.O., Kn:::.lov G.K., Sdezne1 ' Yu. K., N1kitin V.G., Zhi/'tso1• V.K., Mzroslmichenko G. T.: Uso della puntura transcutanea della cistifellea e del pancreas sotto conrrollo con gli ultrasuoni e la tomografia computerizzata; Kolupael' G. P.: Aspem scientifici attuali del problema dell'alcoolismo; Lakiza V. L.. Tc1rasou V. l.: Trattamento dei casi di grave epatite virale A; Al,1kl0 novsky V. P., Kuzyut.1 E.1., Volkcn' E E:.: Prognosi dello stato funzionale del corpo durante l'adarramenro alle .iltitudini clcvJte; Lapae1• f'. V., Vorobvou O. A.: Determinazione dell'asimmetria vestibolare applicata ai problemi dell'esperto in valurnz1one medica degli equipaggi; No!11kut1 V.S , Shepilciu \. \ Krw1tskv G.G.: Esperienze nell'applic,11ione delle ricerche veloergometriche negli stadi precoci dell'infarto del miocardio; Khachat11roi •a N. K.: Una indagine del campo visivo mediante comp,1ruione delle sensazioni visive; Chirkui • A.I , Zh11rko \'. \ ' , M,drn·<1khalmv K.1<.: Pulirura pre-steriliunione della vetreria d1 farmacia in condizioni campali; Sergzenko N.M., M01seenku B. V : Simulazione dei metodi di localiz1a1ione radiologica dei corpi estranei intraoculari.

U.S.A.

MII ITARY MEDICINE (A I 'iO, N. 6, 1985): Biscardi H.M., Muldoon S.M., Com/on B.F.· Diagno~, dell'ipertermia maligna: implicazioni per i militari; Tipton \Vinters D.E.: Percezioni circa la siwaz1one lavorativa delle nurses e dei medici dell'esercito in una considerazione riflessa, riferit,1 alla propri,1 categoria, e reciproca tra le due categoril'; Sault::}. W'. : Analisi delle prescrizioni di cimetidina a pazienti ambulatoriali eseguita nella farmacia di un Ospedale Milit,1re di comunicii; Bakale1mk M.: Fisiopatologia dell'emorragia gastrointestinale bassa e con-

sidcrazioni chirurgiche; Espinosa G.A.: La sarcoidosi del m,dollo spinale; Dancm Y.L., Harari Z..: Aumento del livello di lgE del siero nella leishmaniosi cutanea; Davidson /\li.A., H11111mer W.K., Schumacher H.R.: Microscopia a rrasmissione elettronica della leucemia linfoblasric.i acuta: comparazione della microscopia a luce ed elettronica mediante la classificazione FAB ( French-American-Briti~h); C,J11a11aug?1 D.G., Smith D.R., Cabellon S.: faperienze con il rubo «Celestin » al Centro Medico dell'Esercito «W. Beaumom;.»: rassegna di 10 anni; lnoslnta T. Laura111 A.R.: Metastasi da tumore a tumore: melanoma maligno metastatJCo ad adenoma delle paratiroidi; He11ry C. D.: Lo stress da calore ed i suoi effetti su ila frequen1a di malattie e lesioni; Clelc111d B., Cavanaugh D. G., Smith D. I<.: Lesioni penetranti Jelht trachea.

MILITARY MEDICINE (V. 150, N. 7. 1985): Auster S.L..: La confidenzialità nella medicina militare; Ne.uhousc P. A.: La cura della salute mentale nelle comunitii militari europee; Devance Han11/ton ]. : Alterazioni da stress pseudo-postrraumanche; i \,f artin l'. E:., Nelson I<. C.: Effetto dei carichi individuali trasportati sull'esecuzione deì movimenti del combattimento negli uomini e nelle donne; f'oorsatter A., H<1hn R.M., Brown A.: Valore dia1,>nosrico dell'indagine sul polmone medi,1nte Gallium 67 nella diagnosi di polmonicc da "Pneumocystis carinii" in un soggetto immunodepresw con febbre ed ipo~siemia da causa ignora; Mcm,1rli11 S.A., Cormelly L.: Dati relativi ai p.1zienti dell'esercitazione ''Reforger": infornuLioni raccolte nel pronto soccorso di un ospedale d1 sostegno al combatt1111enro durante un'esercitazione addestrativa; Cramn F.S.: Cura del soldato ferito - un compito d1 prontezza medica per la rerapia clinicc1 mediante ossigeno iperbarico; Mason}. C.: L'interdizione dcll':ipprovvigionamento di DIAZEPAN; Ktichner I., Creenstem I<.: Il carbonato <l1 litio a basse dosi nel trattamento delle alteraziorn da ~rress post-traumanco: breve comurnca?ione.

MIL.ITARY MEDICLNE (Voi. ISO, N. 8, 1985 ): Be/l,m,y R. F.: Divergente di opinioni sulla cura dei feriti in combammento; Xenakis S. N Brooks F. I<., Balso11 P. :\1.: Uno ~chem,1 di trattamento di ~mistamenro e di emergema per le 111,1lattie mediche in combattimento sul campo di barrnglia chimico; lsrae!oj/J.: Il servizio sanitario carnp,1lc nel Dipartimento medico dell'Escrctro ll.~.A. e le ForLe <l1 Difesa braeliane; Lope':::. Sulliuan ,\1 llanley K.E.: Lo steccaggio dinamico in estensione nelle lesioni dell'arricolazione inrerfolangea prossimale; Schlagel C.}., Hadfielcl T.L., Meyers 'X1.M.: La lebbra nelle Forze Armate degli Stari Uniti: nuovi casi riferiti dal 1970 al 1983; Collins G.j.: Gli aneurismi dell'aorta toracica discendente; Turnicky R.I'.: I.a leucemia L.3: Autopsia di due casi e rassegn,t della letteratura; Hughes}. H.: 11 granuloma ceroide (della colecisti): resoconto di un caso; Mar1ine:::. M ,j , /liii 1- C., Clarke J.S.: Benefici a d1st,inza della chirurgia cardiaca in pa1ienti in ser. i1io attivo; van J\lphen C. C. K., van di'r /.i11clen }. \X', \lisser R. e coli.: Protezione della polizia contro i gas l.icrimogeni mediante lenti ,1 contatto morbide; Deeken M.G., 1\.'ewhouse P.A., Be/enky G. L e cui/.: Psichiatri di Divisione in tempo di pace; Graeber G.M., Sey{er A.E., Shnver C.D. e culi.: Tumore desmoide del muscolo p.lravertcbrale con inreress.m1ento della parete toracica.

117

2° CONGRESSO NAZIONALE DEL GRUPPO

1TALIANO PER LO STUDIO

DELLA MOTILITÀ DELL'APPARATO DIGERENTE

Si è svolto nei giorni 7-8 marzo 1986 presso la Clinica Chirurgica dell'Università dì Genova (Aula Magna) - Viale Benedetro XV, 10.

Comitato ordinatore del congresso:

Pres idente: F.P. Mattioli- Dir. Clinica Chirurgica Università di Genova

N. Parzdolfo, G. C. Torre, L. De Salvo, G. Borgonovo, M. Pug/isi, A. Cagnazzo.

Relatori e Moderatori: F. Baldi (Bologna), L Barbara (Bologna), P. Bazan (P alermo), G. Bertaccini (Pam1a), E. Berti Riboli (Genova), A. Blasi ( Catania ), M. Bortolotti (Bologna), F. Bresadola (Sassari), F. Capril/i (L'Aquila), G. Celle (Genova), R. Cheti (Ge nova ), E. Corazziari ( Roma ), R. Corinaldesi (Bologna), A. Crema (Pav ia), G. Dobril/a (Bolzano ), C. Labò (Bo logna), E. Landi ( Ancona), C.A. Lanfranchi (Bologna ), G. Marenco ( Pietra Ligure), F. P. Mattioli (Genova), M. Miglio/i (Bologna), A. Montori (Roma), N. Pandolfo (Genova), A. Peracchia ( Padova), C. Prior (Genova), A. Torsoli (Roma).

Nell'occasione, che ha visco riuniti i più noti gastroenterologi, medici e chirurghi, provenienti da tutt'Irnlia, sono stati dibattuti i problemi emergenri dall'introduzione delle moderne tecnologie biomediche nello studio della motilità dell'apparaw digerente.

E infatti, se da un lato la moderna tecnologia rende disponibili una quantità di dati fino a pochi anni fa inimmaginabile, dall'altro sta aprendo problematiche nuove. Queste sono legate sia a ll'int erpretazione di quadri morbosi poco conosciuti, sia alla rilettura di disturbi che sembravano semplici, anche se «ineluttabili», quali ad esempio la cattiva digestione o la stitichezza, e che invece presentano caratteristiche specifiche la cu i definizione è fondamentale per una terapia adeguata. Jn sostanza esistono almeno dieci modi per non digerire e ancora di più per avere deUe defecazioni anormali; spesso con notevoli implicazioni incrociate dell'asse cervell o-intestino.

Proprio allo scopo di affrontare questi problemi clinici che interessano vasti strati della popolazione attiva, relazioni e tavol e rotonde su argomenti come la disfagia (d ifficoltà a deglutire), la dispepsia, i disturbi del paziente ulceroso e di quello operato per ulcera, la stips i e la diarrea, l'incontinenza anale etc.,

sono State tenute da eminenti clinici tra i quali i Prof. Labò e Barbara di Bologna, Mattioli di Genova, Peracchia di Padova.

Sui problemi relativi all'utilizzazione dei moderni strumenti di indagine motoria, sono stati invece effettuati da un lato alcuni studi policentrici che coinvo lgono i principali Centri Universitari Italiani tra cui Genova , Bologna, Padova, Milano, Roma e dall'altro un confronto tra l'esperienza italiana e un Centro pilota nella ricerca gastroenterologica, come l'Universitàdi Los Angeles ( California), che si è realizzato attraverso un collegamento via satellite durante lo svo lgimento dei lavori. Ciò h a rappresentato il primo esempio di collegamento audiovisivo intercontinentale nell'ambito di un Congresso medico.

PROGRA.i'vl.MA

7 marzo

LETTU RA: «Recettori farmacologici e motilità gastrointestinale»;

LETTURA: «La pseudo-osrruz.ione intestinale idiopatica »

COMUNICAZJONI

J Sessione: Esofago-Stomaco-Duodeno-Tenue.

TAVOLA ROTONDA: «La patologia funzionale motoria dell'intestino tenue - primaria - e post-chirurgia.

POSTERS

I Sessione: Esofago-Stomaco-Du odeno-Oddi; 11 Sessione: Tenue-Colon-Retto-Ano.

STUDJ POLICENTRICI

- «pH-metria esofagea per 24 ore: va lori normali di riferimen-

- «Manomctria gastro-duodenale: valori normali di riferimento».

8 marzo

LETTURA: «La manometria oddiana come conrroUo e guida della sfinterocomia endoscopica e chirurgica»;

LETTURA: «fl control lo fisio-farmacologico della motilità del colon»

COMUNICAZIONI

n Sessione: Oddi-Colon-Retto-Ano

TAVOLA ROTONDA: «La stipsi: fisiopatologia, diagnosi e terapia».

NOTIZIARIO
CONGRESSI
118
I

CONVEGNO «L' IN IBIZIONE DELL'ENZIMA

DJ CONVERS IONE DELL' ANGIOTENSINA: NUOVE PROSPETTIVE NEL TRATTAMENTO

DELL' IPE R TENS IONE »

5ponsorin::ito da: Merck Sharp & Dohme, Neopharmed, Sigma-Tau

Si è svolto ,l Roma il 5 ,tprile I 986 allo Sheraton Hotel

PROGR AMMA

Presidente: Prof. G.A. Cinotti.

I SESSIONE

M oderatore: Prof. F. Ba/sano;

•Aspetti ep1demiolog1ci dell'ipertensione arteriosa (fattori di rischio )» - Prof. C. Dal Piti;

«L'appro ccio diagnostico all'ipertensione» - Prof C. De Martìnis;

• Fisiopatologia del s istema R-A-A - Prof. A. Sal11ett1; «Evoluzione nel trattamento dell'ipertensione: gli inibirori dell'ACE » - Prof. A. Zanchetti.

Il SESSJONL

Moderarore: Prof. G. Muiesan; «Farmacologia clinica dcll'enalapril» - Prof. E. Ambrosìoni;

ESPERIENZE CLINICHE:

a) " Terap1il dell'ipertensione lieve-moderata» - Prof. G. Folli;

b) « Terapia dell'iperten s ione moderata-grave» - Prof. A. Ruppe/li;

c) «Regressione dell'LVH» - Prof. /..Corea.

lii SESS IONE

Discussione aperta su aspetti controversi della terapia antiipertcnsiva.

Introduzione: Prof. G.A. Cinotti;

Partecipanti: Prof. E. Ambrosìom, Prof. F. Ba/sano, Prof. / .. Corea, Prof. C. Dal l'alù, Prof. C. De Martinis, Prof. G Folli, Prof. G. Muiesan, Prof. A. Rappelli, Prof. A. Sa/velli, Prof. A. Zanchetti.

Argo m enti: - Farmaci di prima ~e lta;

- Quali pa1icnri trattare;

- lpcrtcn\ione giovanile;

- Pazienti ,mt1ani iperte~•;

- Effetti co llaterali .

RELATORI

Prof. E. Ambros10111 (Direttore Catted ra d1 l-armacolog1a Cimica Università di Bologna);

Prof. /. Ba/sano (Direttore Clinica Medica I Università <li Roma);

Prof. G.A. Cmottt ( Direttore Cattedra d1 Nefrologia Medica Univer~ità di Roma );

Prof. L. Corea (Cattedra di Cardio logia Università di Perugia);

Prof. C. Dal Palli (Di rettore Clinica Medi ca Il Università di Padova);

Prof. C. De Martm1s (Di rettore Clinica Medica II Un1,ersita di Roma );

Prof. G. Folli (Di rettore Istituto di Patologia Speciale Medica Università Cattolica del Sacro Cuore Policlinico A. Gemelli, Roma);

Prof. F. Muzesan (Dire ttore Clinica Medi ca U01versità d1 Brescia);

Prof. A. Rappelli (Direttore Patologia Medica Il Università di Sassari);

Prof. A. Salvett, (Terapia Medica Università di Pisa);

Prof. A. Zanchettt ( Direttore Clinica Medica IV Università di Milano ).

IV CONVEGNO NAZIONALE DEL COL LEGIO MEDICI ITALIANI DEI TRASPORTI

Si è svolto nei giorni 1-5 ottobre 1986 presso il Cenr ro Congre,si di Borea di Cadore (BL).

Vi hanno partecipato esperti, sanirnn e tecnici, nonché aurorirà politiche.

Il IV Convegno si è imperniato sui seguenti argomenti:

- L'alimenta1ione e la nutri zione nel Settore Trasporti.

- L'm0uenza dei b1orim1i ,;ugli operatori dei trasporti addetti a servi11 turnificati.

- Guida e tossicodipendenia.

Si è tenuta altresì una «Tavo la Rotonda » sulla Biomeccanica e le sue applica1ioni nella guida di autoveicoli.

119

LA COOPERAZIONE SANJT ARIA NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

(da ll'Informatore Medico Sociale• A. IX, N. 172, Roma 15-31 marzo 1986)

L'Italia è uno dei Paesi maggiormente impegnati nell'anività di cooperazione sanitaria nei Paesi in via di sviluppo. L'area geografica in cui l'aiuto italiano e più consistente è quella del centro Africa che va dalla Somalia-Etiopia al Sael. Nei programmi di cooperazione italiana sono presemi anche i Paesi dell'America latina e territori dell'Asia meridionale. É stato detto ad un Convegno organizzato dall'Istìtuto Superiore di Sanità e dal Dipanimenro della Cooperazione del Ministero degli Estri, dove è stato tracciato anche un consuntivo dell'opera svolta da un nutrito team di sanitari e parasanirari nei Paesi del cosiddetto terzo mondo.

In particolare, in Etiopia, più precisamente a Makallè, la cooperazione italiana ha risolto situazioni d1 esrrema emergenza connesse alla siccità che da tempo affligge la regione. Sono stati scavati pozzi che portando l'acqua hanno evitaro il rischio del colera; sono stati organizzati presidi sanitari estremamente semplici e funzionali, che oltre a svolgere attività preventive e terapeutiche, hanno gettato il seme per nuovi comportamenti sanitari e alimentari.

Non si è trattato di interventi sporadici e occasionali, ma è stata posta in essere una strategia che darà ancora i suoi frutti, poiché ha abituato la popolazione a predisporre quelle elementari difese, come l'igiene, necessarie alla tutela della salute.

PER IL CONTENIMENTO DEL NUMERO DEI TEST DIAGNOSTICI

li n. 7 /85 (dicembre) del mensile «L'analisi economica dei sistemi sanitari» ripona una sintesi sull'argomento, rratta dall'articolo Fowkes F. G. R.: Containing the use of diagnostic test• Brìt. Med. J. 290. 488. 1985.

Anzitutto alcune cifre: negli ultimi 25 anni l'aumento delle domande di accertamenti di laboratorio e di radiologia è stato del 10% all'anno contro iJ 2% dell'aumento delle ammissioni ospedaliere e delle nchieste ambuJatoriali. È importante sottolineare che questa inflazione non è dovuta all'inflazione di nuovi tc:cst ma ad una domanda più grande di procedure ben note (per

esempio esame delle urine). Questi livelli di domanda sono certamente mg1ustificati sul piano del vantaggio per la diagnosi del paziente e possono essere spiegati dagli atteggiamenti medici, ed in panicolare dei giovani medici, nei riguardi dei test considerati piu srn:mifici e più precisi dell'anamnesi e dell'esame obiettivo: vi è poi la tendenza ad essere «completi» cd è proprio l'introduzione di predeterminate batterie di test che porca a sprechi inutili.

Quattro sono le possibili strategie sottoposte a studi controllati volte a ridurre il ricorso a test inutili:

I. L'informazione a ritroso che segnali ai medici il numero e il costo degli esami, anche io confronto ai collcgbi che eventualmente sono più razionali nelle loro scelte, ottenuta mediante periodica revisione delJe carte!Je cliniche;

2. La proposta di incentivi finanziari viene respinta come fonte di conflitti etici, soprattutro se l'incentivo è personale onlevante; più plausibile porrebbe essere l'incentivazione sottoforma di agevolazioni nell'aquisto di attrezzature o strumentazioni;

3. La stesura e l'applicaLione di protocolli (eventua lmente sotto forma di algoritmi clinici) anche con l'aiuto di programmi computerizzati può portare a una certa diminuzione dei costi dei test; può essere utile la richiesta di una giustifìcacazione scritta per alcuni esami;

4. Infine il controllo delle richieste in rapporto alle pacologie denunciate che s1 può esplicare sia in senso qualitativo che quantitativo ha portato in alcuni casi ad una riduLione dell'uso dei test e del relativo costo.

In sede di conclusione il parere dell'Autore inglese è che il più efficace modo in incoraggiare un uso efficiente dei test diagnostici consiste nel dare ai medici maggiori responsabilità per l'utilizzazione delle risorse cliniche nel Servizio Sanitario Nazionale. È quanto possiamo auspicare anche per i medici italiani.

Nomina accademica

Ll Colonnello Medico dott. Ignazio SATTA, Direttore dell'Ospedale Militare di Cagliari, è stato nominato professore a contratto presso la Scuola di Specializzazione in Chirurgia dell'Apparato Digerente ed Endoscopia Digestiva per l'insegnamento del V anno di corso: «Chirurgia d'urgenza dell'apparato digerente».

Detto insegnamento, con l'adempimento alle nom1e del riordino delle Scuole di Specializzazione in via di attuazione, as~umerà la dizione di «Terapia chirurgica d'urgenza,,.

Finiw di 5t,1mparc: il 31 ottobre 1986

Direltore respo11sabilc·· Ten, Gen. mc. D011. Gumo Cuc.CINIEI 1.0

Redattore capo: Magg. Gen. me. Don. DOJ\ffNJCO MARIO MONACO

Redattore: Ten. Col. me. Dott. CtAl •1> 10 DL SANTJS

Autorizzaziont:: del Tribunale di Roma al n. 11.687 del Registro

Stabilimento Tipolitografico /\.gnesotti - Rum.i 1986

NOTIZIE TECNICO-SCIENTIFICHE
120

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE

L'ARTICOLO DEL MAESTRO

Il Prof Francesco Amici, laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Modena nel 1952, ha conseguito nel 1954, presso la stessa Università, il diploma di Specializzazione in Radiologia.

È stato Assistente presso l'Istituto di Radiologia dell'Università di Modena, diretto dal Prof Mario Lenzi, dapprima come volontario, poi come straordinario ed infine come assistente ordinario (1952 - 1967)

Primario del Servizio di Radiologia dell'Ospedale Regionale «Umberto I 0 » di Ancona dal 1968 al 1983

Dal 1983 a tutt'oggi dirige il reparto universitario di Radiologia convenzionato con la USL 12-Ancona, quale titolare della Cattedra di Radiologia e Direttore dell'Istituto policattedra di Semeiologia, Diagnostica e Terapia Strumentale della Facoltà di Medicina di Ancona.

Dal 1984 è professore ordinario di Radiologia dell'Università di Ancona.

Dal dicembre 1985 a tutt'oggi è Consigliere di Amministrazione dell'Università di Ancona.

È socio di varie associazioni scientifiche nell'ambito delle quali ha ricoperto, ed attualmente ricopre, diversi incarichi; in particolare è stato Presidente dell'Accademia Medico-Chirurgica del Piceno per il biennio 1975-1976; Presidente del Gruppo Marche della SIRMN (Società Italiana di Radiologia Medica e Medicina Nucleare) dal 1974 al 1979 e membro del Consiglio Direttivo della stessa SIRMN dal 1974 al 1978 e dal 1984 a tutt'oggi; attualmente ne è Vice Presidente Nazionale.

È autore in collaborazione di 135 pubblicazioni scientifiche, di cui tre a carattere monografico, tutte concernenti la Diagnostica per Immagini.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI - ANCONA

ISTITUTO DI SEMEIOLOGIA, DIAGNOSTICA E TERAPIA STRUMENTALE: CATTEDRA DI RADIOLOGIA

Direttore Prof. F. AM:lc1

RADIOLOGIA: DIAGNOSTICA PER IMMAGINI E LOGICA CLINICA

Prof. F. Amici

Nessuna disciplina o specialità, cosi come la Radiologia, ha cambiato in tanto poco tempo la Medicina, soprattutto nel modo di fare diagnosi.

Questa mutazione è stata determinata dalla potenzialità diagnostica della Radiologia, progressivamente aumentata nel tempo, in rapporto alla evoluzione tee-

nica e al progresso scientifico, fino ai livelli attuali che sembrano aprire prospettive sorprendenti nell'immediato futuro.

La Radiologia svolge, infatti, un ruolo irrinunciabile e di indiscusso prestigio nella diagnosi strumentale, purtuttavia, a nostro avviso, alcuni fattori suscita-

ANNO 136 - FASCICOLO 2-3 MARZO - GIUGNO 1986
121

no uno stato di disagio che talvolta caratterizza negativamente questo ruolo, quando svolto senza razionalità clinica (1).

È noto che fra questi fattori assume particolare importanza l'impiego indiscriminato di tecniche e metodi di diagnosi per immagini con radiazioni ionizzanti e non per lo piu in «isolamento specialistico», senza alcuna intesa collegiale e su richieste imprecise; ciò determina accertamenti radiologici insufficientemente finalizzati alle reali esigenze diagnostiche del caso.

Cosf pure è fattore negativo il frequente ricorso ad immagini radiologiche di comodo come mezzo di copertura legale e psicologica nella cosidetta «medicina difensiva», nel contesto di una operatività professionale spesso discutibile.

Infine il «consumismo strumentale», condizionato dalla produzione industriale, per lo piu convalidata da obiettive verifiche di qualità ed efficacia nella applicazione clinica ed incentivato da pretese di prestigio istituzionale o personale, determina la disorganica distribuzione di mezzi per cui accanto ad aree territoriali sovradotate ne coesistono altre carenti.

In tutto questo è da ricercare la spiegazione del1'elevata <"1.ensità radiologica», l'incremento cioé di esami strumentali fino all'abuso da tutti avvertito e sofferto, di certo non compensato da benefici per la salute, né reali né proporzionati ai «costi» dell'assistenza, comunque intesi: rischio radiobiologico , disagio per i pazienti, onere finanziario per la collettività.

Una maggiore razionalità clinica nell'impiego della Radiologia può, a nostro avviso, contribuire ad ammortizzare l'oneroso impegno di spesa dell'assistenza sanitaria che, ad esempio, negli U.S.A. assorbe il 10% del prodotto lordo nazionale. Di questo, il 70%, è assorbito dall'ospedalizzazione di cui ben il 50% viene speso per il solo 4% dei pazienti affetti da malattia ormai irreversibile negli ultimi quattro mesi di vita.

La pluralità dei mezzi e dei metodi oggi a disposizione della nostra disciplina per fare diagnosi con precocità e dovizia di informazione fino a poco tempo fa impensabili, può prospettare due linee alternative di evoluzione: quella puramente tecnica e quella clinica.

Nel primo caso sarà fatale la disconoscenza della componente umana nel procedimento diagnostico. Al posto della medicina tradizionale sorgerà una nuova scienza regolata da algoritmi ed equazioni, nonostante che il rigore matematico sia incompatibile con la dinamicità biologica della struttura vivente.

È infatti quest'ultima che indica, nell'alternativa clinica, la linea giusta da seguire, come del resto dimostrano le nuove tecnologie che, per la loro sempre mag-

giore penetrazione nell'indagare gli intimi fenomeni biologici, impongono una profonda conoscenza di questi per la elaborazione qualitativa e quantitativa delle immagini a] fine della loro interpretazione clinica.

Se tutto questo è vero, a noi radiologi, da sempre mediatori tra tecnica e clinica, si rende necessaria una revisione del nostro corredo culturale ed un duro impegno di ricerca nell'intento di identificare una nuova «Area Radiologica» nell'ambito di tutta la operatività clinica, diagnostica e terapeutica.

L'area radiologica comprende tutte le discipline mediche interessate all'impiego delle radiazioni, ionizzanti e non, integrantisi nella comune formazione culturale clinica, fisica, tecnologica degli specialisti che vi operano con il fine di fare diagnosi mediante immagini che è appunto un atto medico nel suo significato tradizionale.

Questo atto inizia con la conoscenza del paziente da parte del radiologo ed è caratterizzato da due momenti, uno clinico, per l'acquisizione del tipo di informazione e quindi di scelta del/dei tests e loro sequenza d'impiego, l'altro tecnico per la formazione ed elaborazione delle immagini da cui estrarre il maggior numero di informazionj desiderate ai fini della migliore «efficacia clinica», vale a dire misura delle conseguenze dell'applicazione di quel determinato test o protocollo nella gestione della malattia in rapporto alla sua gravità, allo stadio di evoluzione, alla prognosi (2).

Esempio limite ma indicativo di questa «filosofia della radiologia clinica» può essere il comportamento decisionale nei processi espansivi dell'alto addome, in particolare nel carcinoma del pancreas, malattia di per sé fatale per il ritardo dell'esordio clinico che mediamente determina, purtroppo, accertamenti tardivi, spesso inutilmente cruenti, senza significativo miglioramento della sopravvivenza.

È doveroso a questo punto ricordare l'ipotesi di Sisson: «nel sospetto clinico di neoplasia pancreatica si ottengono migliori risultati in sopravvivenza in coloro che non sono sottoposti a tests diagnostici» (3).

L'esperienza di ognuno di noi non differisce dalle conclusioni ipotetiche di Sisson e suggerisce quindi una procedura diagnostica rigorosamente selettiva.

Con questa convinzione da tempo adottiamo procedimenti diagnostici in cui il ricorso ad un test aggressivo e cruento, come ad esempio l'angiografia, è subordinato alle indicazioni d'intervento chirurgico, o alle reali possibilità terapeutiche, sulla scorta delle informazioni ottenute con tests gravati da minor rischio, disagio e costo quali sono l'ecografia e/o la TAC, fra loro spesso integrati.

122

Solo quindi un'attività misurata nella reale conoscenza dei tests e clinicamente programmata può consentire la mutazione degli attuali modelli di lavoro.

Ciò è «ideale» e «indispensabile», ma «possibile» solo mediante:

1. aderenza della diagnostica alla «efficacia clinica»;

2. acquisizione di novità tecnico-metodologiche subordinata a reali esigenze operative;

3. tempestività d'impiego del test nell'iter diagnostico;

4. adeguamento dei metcxli pedagogici per la formazione professionale;

5. aggiornamento culturale;

6. rispetto dei <<costi».

Di conseguenza è categorico che l'inserimento del Radiologo nella valutazione clinica della malattia non può essere piu disatteso e che il criterio fondamentale, nel quale dovrebbero caratterizzarsi i presidi di Radiologia, è pertanto un complesso organizzativo-gestionaleformativo con disponibilità coordinata di piu mezzi e finalizzato alla soluzione diagnostica-terapeuticaprognostica del caso in esame, vale a dire «Dipartimento», tutt'ora inteso come vuoto termine della semantica socio-politica in Medicina senza alcun concreto costrutto.

In questo nuovo modello di lavoro (che nasce ed opera solo in virtu della reciproca stima e fiducia degli operatori, non certo per imposizioni normative o legislative) può estrinsecarsi tutta la obiettiva potenzialità diagnostica della Radiologia.

Per noi Radiologi , allo stato attuale di evoluzione della nostra disciplina, nella pluralità dei mezzi e dei metodi a disposizione, il Dipartimento è irrinunciabile al fine di rendere piu qualificato il nostro lavoro e facile quel coordinamento interdisciplinare operante con razionalità clinica (4) ed inteso a non escludere la componente umana nell'impatto, spesso traumatizzante, tra macchina, paziente e medico (5).

Riassunto . - Nes suna disciplina o spec ialità, cos{ come la Radiologia, ha cambiato in tanto poco tempo la Medicina, soprattut• to nel modo di fare diagnosi.

La Radiologia svolge infatti un ruolo irrinunciabile e di indiscusso prestigio nella diagnosi strumentale, purtuttavia, a nosrro avviso, alcuni fattori suscitano uno stato di disagio che talvolta caratterizza negativamente questo ruolo, quando svolto senza razionalità clinica.

È noto che fra questi fattori assume particolare importanza l'impiego indiscriminato, nel procedimento diagnostico, di tecniche e metodi di diagnosi per immagini con radiazioni ionizzanti per lo piu in «isolamento specialistico», senza alcuna intesa collegiale e su richieste imprecise; ciò determina accenamenri radiologici insufficientemente finalizzati alle reali esigen7,c diagnostiche del caso.

È irrinunciabile responsabilità di ognuno di noi correggere questa aberrante e diffusa situazione che crea facili pregiudizi verso

la Radiologia Diagnostica, parte integrante della metodologia clinica.

Solo un'attività misurata nella reale conoscenza dei tests e clinicamente programmata può consentire l'auspicata mutazione degli attuali modelli di lavoro.

Da tutto ciò è categorico che l'inserimento del Radiologo nella valutazione clinica della malattia non può essere piu disatteso.

Résumé . - Aucune discipline ou spécialité, ainsi que la Radiologie, a changé en si peu de temps la Médicine, surtout dans la façon de diagnostiquer.

La Radiologie en effet joue un role unique et d 'indiscutable prestige dans le diagnostique insrrumental; toutefois, a notrc avis, quelques facteurs susc itent un certain embarras, qui parfois caractérise négativement ce role quan ' il est joué sans rationalité clinique.

Entre ces factcurs une importance particulière est am·ibuée à l'emploi aveuglc, dans le procédé diagnostique, des tecniques et des méthodes de diagnostic par image avec Ics radiarions jonisantes et souvant dans un «isolemenr» des spécialistes sans aucune entente collégiale et à la suite de prescriptions approximativcs: cette situation entraine explorations radiologiques insuffisamment finalisécs aux exigences réelles de diagnosric dcs cas.

Nous avons , tous, la responsabilité imperative de corriger certe siruation aberrante et confuse, qui vient de créer préjugés communs à l'égard de la Radiologie diagnostique, panie intégrantc de la Méthodologie Cliniquc

Seulement une activité mésurée dans la réelle connaissance des tests et programmée au niveau clinique pourra permcttre le changement souhaité des modèles dc travail actuels.

Enfin il faut catégoriquement que l'intégration du Radiologiste dans la valutation cliniquc de la maladie ne soit plus négligée.

Summary. - No discipline or specialty except Radiology has been able to rapidly change Medicine, and especially, the way of diagnosis.

As a matter of fact , the radiology plays a prestigious leading role in instrumental diagnosis; yet, sometimes, embarassment or perplexities arise when it is performed without clinica! rationality.

Factors such us the indiscriminate use of x-ray imaging techniques or che lack of joint understanding among specialists may result in radiologica! examinations not sufficiently finalized to the diagnosis of the case.

The diagnostic radiology, integrai part of clinica! methodology, allows far too easy prejudices and only a clinically programmed activity based on the actual knowledge of che tests could enable che desired changc in the present models of work.

This is then categorica! that the radiolgist's role in clinica! evaluation cannot be disregarded any longer.

BIBLIOGRAFIA

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5) Stuart C.: «Le macchine radiodiagnostiche, il malato e il radiologo» Rad med., 67, suppi. 1, 13-17, 1981.

123

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA «LA SAPIENZA»

I

0 ISTITUTO DI CLINICA CHIRURGICA va CLINICA CHIRURGICA

Dircnorc: Prof. S STIPA

OSPEDALE MILITARE D I ROMA

Direttore: Col.me M. 01 MARTINO

l 1 DIVISIONE DI CIIlRURGIA

Capo Reparto: Tcn. Col. mc V. CoNTREAS

LA RIPARAZIONE TARDIVA DELLE LESIONI TRAUMATICHE DELL 'URETRA:

A PROPOSITO DI DUE CASI

A. Cavallaro*

E . Ribi s* **

V. Contreas***

A . Baccaro***

Nel 1913, Morison definiva le sequele croniche della rottura dell'uretr a come la componente di una tragedia lunga quanto la vita del paziente.

Negli ultimi anni, la prognosi relativa alla rottura dell'uretra è alquanto migliorata (Turner-Warwick, 1977) in rapporto alla messa a punto di varie tecniche di ricostruzione.

Purtuttavia, le lesioni traumatiche dell'uretra continuano a rivestire una notevole gravità, derivandone frequentemente stenosi, ascessi, fistole nonché incontinenza ed impotenza.

L'evento traumatico che piu frequentemente comporta la lesione dell'uretra è costituito dalla frattura del bacino; scarse sono le notizie circa l'interessamento dell'uretra in seguito a ferita da arma da fuoco.

Due casi di stenosi uretrale conseguente a ferita da arma da fuoco (proiettile di fucile da guerra), occorsi alla nostra osservazione a grande distanza del trauma e in cui abbiamo tentato la ricostruzione dell'uretra stessa, ci sembra presentino esemplarmente la problematica e le difficoltà nel trattamento di questa patologia.

Caso n. 1

H.A.N., di anni 45, soldato dell'esercito somalo.

Nel 1980, ferita da proiettile di fucile che penetrava nel gluteo sinistro, sezionava l'uretra e fuoriusciva a livello del terzo superiore della coscia destra. A Mogadiscio veniva effettuato un trattamento di urgenza consistente in una cistostomia soprapubica. Dopo svariati tentativi di ricostruzione chirurgica d ell'uretra, il paziente veniva ricoverato presso l'O.M. Celio.

L . Di Marzo **

M . Vital e***

M . N ardi ***

A . Rizzotto ***

All'atto della nostra prima osservazione (gennaio 1984) il paziente presentava, oltre alla cistostomia, una tumefazione occupante l'emiscroto destro, di consistenza duro-fibrosa, aderente alla cute e al pube; sulla cute si aprivano degli orifizi fistolosi da cui gemeva spontaneamente liquido purulento, di odore francamente urmoso.

Una serie di indagini radiologiche (figg. 1 e 2) metteva in evidenza l'interruzione della continuità dell'uretra: i due monconi erano separati per oltre un centimetro risultando per altro collegati tra loro da vari tramiti fistolosi comunicanti anche con l'esterno.

Intervento (24 febbraio 1984): attraverso una incisione mediana perineoscrotale, si repertano l'uretra membranosa e quella cavernosa; asportazione in blocco del tessuto cicatriziale contenente i tramiti fistolosi e il testicolo destro, atrofico; adeguata mobilizzazione dei due monconi di uretra che, previa apposizione di un catetere di Foley 18F in vescica, vengono accostati con 6 punti staccati in catgut cromico 4 0.

D ecorso post-operatorio regolare; rimozione del catetere in 15 3 g.p.o.; successivamente, regolari la minzione e la funzione sessuale.

I controlli radiografici post-operatori, effettuati a partire dal secondo mese in poi, dimostr avano il buon esito dell'intervento (figg. 3 e 4).

* del 1° lsciruto cli Clinica Chirurgica , dell'Università degli Studi di Roma «La Sapienza»;

** dell a V• Clinica Chirurgica dell'Universidl degli Studi di Roma «La Sapienza»;

*** dell'Ospedale Militare di Roma .

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Caso n. 2

M.H.l., nato nel 1948, soldato dell'esercito somalo.

Nel 1978 ferita da proiettile di fucile con penetrazione nella coscia destra, lesione dell'uretra e fuoriuscita dalla coscia sinistra. La lesione uretrale, per la quale veniva effettuata cistostomia soprapubica d'urgenza, era sottoposta per ben 7 volte ad un tentativo di correzione chirurgica, sempre con esito negativo.

Dopo prolungate degenze presso ospedali di Mogadiscio e del Cairo, il paziente veniva ricoverato presso l'O.M. Celio.

All'atto della nostra prima osservaz ione, nel gennaio 1984, era evidente, oltre la cistostomia ben funzionante, una cicatrice chirurgica ben consolidata in regione perineo-scrotale e, subito a destra della stessa, un orifizio fistoloso da cui gemeva liquido corpuscolato privo di odore urinoso .

Un primo esame rxgrafico dimostrava l'assenza di gran parte dell'osso pubico di destra; l'uretrografia re-

Fig. 1 - Caso n. 1: uretrografia retrograda. Fig. 2 - Caso n. 1: fistolografia. Fig 3 Caso n 1: uretrocistografia retrograda di controllo, due mesi dopo l'intervento (le frecce indicano la sede dell'anastomosi)
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Fig. 4 Caso n. I: uretrografia minzionale, tre mesi dopo l'intervento.

rrograda (fig. 5) dimostrava un netto arresto del mezzo di contrasto a livello dell'uretra perineale; per via cistostomica, l'iniezione di mezzo di contrasto evidenziava la vescica, dismorfica, con collo prolassato in sede prostatica, e il primo tratto dell'uretra, probabilmente limitatamente ad una parte dell'uretra posteriore; l'introduzione di un cistoscopio in vescica consentiva di apprezzare una mucosa normale, degli sbocchi ureterici in sede e ben funzionanti, ma era impossibile accedere all ' uretra .

Dopo un prolungato trattamento antibiotico per correggere una infezione cronica da proteus e da pseudomonas, il paziente veniva sottoposto ad intervento (13 aprile 1984): reincisione lungo il rafe mediano del perineo e della porzione posteriore dello scroto; asportazione di abbondante tessuto cicatriziale e flogistico; repertati e mobilizzati i monconi uretrali, questi vengono anastomizzati con pochi punti staccati in catgut cromico 4 0, previa introduzione di un catetere di Foley 18F in vescica.

rig. 6 - Caso n. 2: il controllo contrasrografico, in 20 ° g.p.o., è soddisfacente.

Decorso postoperatorio inizialmente regolare; un controllo rxgrafico in XX g.p.o. (fig. 6) era soddisfacente; tuttavia , dopo 48 ore, si verificava comparsa di pus e sangue al meato uretrale; un nuovo controllo (fig. 7) dimostrava la deiscenza della sutura e la presenza di un tramite fistoloso. L'immediata esplorazione chirurgica rivelava la presenza di una intensa flogosi , con pus e tessuto osseo neoformato. Veniva quindi tolto il cate tere uretrale, rimessa in funzione la cistostomia.

Dopo 4 mesi, scomparsi apparentemente tutti i segn i della flogosi e dopo ripetute urinocolture negative, si decideva di reintervenire e veniva effettuata una nuova plastica uretrale con invaginazione del moncone distale nel prossimale. A distanza di due mesi , una contrastografia retrograda dimostrava la persistenza di un rilevante tramite fistoloso (fig. 8) che veniva confermato dalla uretroscopia (fig. 9).

Dopo questo nuovo insuccesso, il paziente veniva dimesso con cistostomia soprapubica presumibilmen te definitiva.

F ig 5 - Caso n. 2: uretrografia retrograda
127

COMMENTO

Di tutte le lesioni traumatiche del tratto genitourinario, quelle a carico dell'uretra sono le piu controverse per quanto riguarda il tipo di trattamento e i risultati. Le sequele molto spesso affliggono il paziente per tutto il resto della sua vita.

Mentre la diagnosi non presenta in genere problemi, non esiste unità di vedute per il trattamento. Anche in caso di buon risultato immediato, la stenosi è praticamente 1a regola, nei pazienti seguiti per almeno 5 anni (Persky e Hoch, 1972).

L'uretra posteriore comprende l'uretra prostatica e quella membranosa, prossimamente allo strato inferiore del diaframma urogenitale: le lesioni in questa sede sono in genere associate ad una frattura pelvica (fino al 10% dei casi • Glasse Coll., 1978) o ad un colpo diretto da dietro.

L'uretra anteriore include la porzione bulbare (distalmente al diaframma urogenitale) e quella che segue distalrnente: data la flessibilità, le lesioni sono poco frequenti e conseguono in genere alla caduta a cavalcioni su un oggetto rigido o ad un trauma penetrante.

Nella traumatologia civile, le rotture uretrali sono oggi dovute soprattutto a traumi in occasione di incidenti automobilistici (circa il 75% dei casi - Mitchell, 1968); revisioni precedenti (Simpson-Smith, 1936) individuavano nella caduta su oggetti rigidi circa 1'85% dei meccanismi di rottura dell'uretra.

Il trattamento non è problematico quando si è in presenza di una semplice contusione (con interruzione

Fig. 7 • Caso n. 2 : in 22 ° g. p .o., evidente deiscenza della ricostruzione uretrale.
128
Fig. 8 - Caso n. 2: due mesi dopo il secondo tentativo di ricostruzione dell'uretra, evidente una deiscenza dell ' anasto mosi con cospicua fistola.

della sola mucosa) o quando la lacerazione uretrale è solo parziale, cioé quando l'allineamento di prostata e uretra non è alterato (Cullum, 1967).

I problemi reali insorgono quando l'uretra viene interrotta completamente o quasi. Comunque, l'orientamento attuale, sulla base dell'esperienza acquisita, è di effettuare inizialmente un trattamento puramente conservativo mediante cistostomia soprapubica, evitando qualsiasi manovra endouretrale o trattamenti chirurgici diretti destinati quasi certamente, specie quando si tratta di lesioni dell'uretra posteriore, al fallimento, che successivamente condizionerebbero negativamente gli ulteriori tentativi chirurgici (Pietce, 1979).

L'unica eccezione è rappresentata da concomitanti lesioni del collo vescicale o del retto o dalla presenza di un enorme ematoma pelvico; in questi casi, l'intervento immediato è indicato allo scopo di impedire una eccessiva distrazione dei monconi uretrali che renderebbe difficoltosa la correzione definitiva, destinata ad avere luogo • comunque • dopo alcuni mesi.

Per quanto concerne la tecnica chirurgica da seguire nella riparazione uretrale tardiva, qualora sia interessata l'uretra posteriore è stata molto in voga la tecnica transpubica (Waterhouse e coll., 1973) come pure quella del pull-through proposta da Badenoch nel

1950. Quando la stenosi, o comunque la distanza tra i due monconi è molto estesa (oltre due centimetri) bisogna ricorrere a tecniche che comportano una plastica con derma o cute (Devine e Horton , 1977; Morehouse e MacKinnon, 1980). Quando è coinvolta l'uretra anteriore può essere utilizzata la tecnica del pullthrough (Badenoch, 1969) o la plastica intrascrotale sec. Johanson (1953).

Tuttavia, la riparazione mediante anastomosi semplice, diretta, dei due monconi sembra essere il metodo piu semplice ed affidabile (Turner-Warwick, 1977; Webster e Selli, 1983), anche per quanto concerne l'uretra posteriore: ovviamente, occorre che la distanza tra i due monconi sia non superiore a due centimetri e che la mobilizzazione degli s tessi non ne comporti la devascolarizzazione e non implichi un eccessivo accorciame nto del pene.

Un'eventuale, e probabile, stenosi post-operatoria andrà corretta per via uretroscopica, evitando qualsiasi manovra di divulsione cieca.

La ricostruzione tardiva delle lesioni uretrali sembra comunque realizzabile sol o quando si è in presenza di esiti fibrotici, cicatriziali, del trauma.

Il persistere di flogosi attiva, specie quando concomita la presenza di fistole, o in rapporto a precedenti tentativi di correzione chirurgica, può rendere vano qualsiasi intervento.

Questo particolare insieme di sfortunate circostanze ha caratterizzato i nostri due casi, e riteniamo veramente felice l'esito del primo, anche se il follow-up è tuttora troppo limitato per un giudizio di successo definitivo: infatti, è molto probabile che ulteriori trattamenti si rendano necessari per la correzione della quasi inevitabile stenosi.

Riassunto • Gli Autori descrivono due casi di riparazione tardiva di stenosi uretrale serrata conseguente a lesione da proiettile di fucile da guerra. L'esito, positivo in un caso, negativo nell'altro, offre lo spumo per un sintetico esame delle notevoli difficoltà tattiche e tecniche nel trattamento di questa patologia

Résumé . • Le traicment chirurgica! des scénoses et désunions uréthrales depuis rupture traumatique est très controvers. Deux cas ont été traités tardivement depuis lésion par balle de fusi) (pen• dant la guerre de l'Ogaden) chez l'Héìpital Militaire Celio, avec un bon résultat er un échec.

Summary . - Two cases of late reconsrruction of che male ure· thra severely damaged by missile wound during the Ogaden conflict are reported. The result of the surgical treatrnenr was fair in one

Fig. 9 • Caso n. 2: dopo la uretrografia retrograda riportata in figura precedente , è stata effettuata una uretroscopia che ha messo in evidenza l'orifizio del tramite fistoloso (frecce).
129

case, bad in che second one A synchetic review of the tactical and technical problems met with in the management of this serious post• traumatic illness is performcd.

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ISTITUTO ORTOPEDICO «GAETANO PINI» - MILANO CENTRO Dl CHIRURGIA DELL 'ANCA DISPLASICA

Primario: Prof. GIANNI RANDELLI

LA PROTESI SUPERFICIALE D'ANCA DI WAGNER: STUDIO CON T.A.C.

Carmine Cucciniello"

CENNI STORICI

La protesi superficiale d'anca, metodica che si r iallaccia alla artroplastica di Smith-Peterson, realizza un tipo di chirurgia protesica che minimizza la resezione e quindi il sacrificio di matrice ossea, poiché prevede la sostituzione delle sole s uperfici articolari del cotile e della testa femorale, ed è indicata in tutti quei casi in cui è possibile la preservazione della testa femorale: coxartrosi primaria, necrosi cefalica femorale quando la necrosi sia inferiore al 50%, coxartrosi seco ndaria , e tra queste le coxartrosi displasiche.

Nel 1971 Paltrinieri e Trentani (Italia) e Furu ya (Giappone) operano una sintesi dell'idea di SmithPeterson e dei progressi compiuti in campo tecnologico, sposando le cupole di rivestimento al cemento acrilico.

Paltrinieri e Trentarù propongono un guscio cotiloideo ed un guscio femorale, entrambi cementati. Furuya cementa solo il guscio acetabolare. Nascono cosi le protesi superficiali d'anca.

Se la priorità dell'irùziativa è merito dei citati Autori (Paltrinieri e Trentani, Furuya) è altrettanto vero che l'elaborazione di un piano per un'accurata applicazione degli impianti spetta a Wagner (1974) che propone una protesi cefalica dal nuovo disegno , uno strumentario ricchissimo per la corretta esecuzione dell'intervento , ed una via chirurgica che consente il massimo rispetto delle strutture vascolari proprie della testa femorale.

Wagner propone una cup femorale in Vitallium o in bioceramica ed una cup acetabolare in polietilene.

PROTESI DI W AGNER

I COMPONENTI: LORO CARATTERISTICHE

LO STRUMENTARIO

L'impianto è costituito da due elementi: il guscio femorale ed il guscio cotiloideo.

La componente protesica femorale è disponibile in 2 versioni: esiste infatti una cup femorale metallica (Cobalto, Cromo, Molibdeno) ed una in bioceramica.

Tutte le cup femorali recano alla loro sommità un foro per la fuoriuscita del cemento e per la misurazione del suo spessore.

Il guscio acetabolare in P.E. ha uno spessore di 4 mm, e dotato di notevoli doti di elasticità.

Il guscio femorale metallico reca sottili rilievi radiati al suo interno, quello in polietilene fori ovalati, per favorire l'ancoraggio del cemento acrilico alla parete, ed ha la forma di piu metà sfera.

W agner ha progettato per la corretta esecuzione del suo intervento un apposito strumentario comprendente, tra l'altro, strumenti per l'impianto e l'orientamento delle protesi e frese acetabolari e cefaliche di diverse misure che rendono tra loro congruenti, al fine dell'impianto, due superfici articolari che non lo erano piu.

Le frese raccolgono nel loro interno il materiale fresato evitando la disseminazione del campo operatorio con possibili conseguenti ossificazioni.

Con le frese si ottiene un letto perfetto per i gusci protesici, con lo spazio adeguato ad un sottile strato di cemento di 1 o 2 mm di spessore.

VIA CHIRURGICA E TECNICA OPERATORIA

L'intervento viene eseguito in posizione supina. Nell 'approccio anteriore l'incisione cutanea decorre lateralmente alla cresta iliaca, a due dita trasverse da essa, per evitare di s turbi da cicatrice.

Preparato il campo sterile, si procede all'incisione, si mobilizzano delicatamente i margini della ferita che vengono divaricati con autostatici applicati lassamente.

Sopra il margine anteriore del tensore della fascia lata, viene incisa la fascia per il lungo; la loggia musco-

• Assistente

131

lare tra il tensore della fascia lata da una parte ed i muscoli sartorio e retto femorale dal!' altra viene preparata con uno strumento smusso.

Mediante un uncino smusso applicato al tensore della fascia lata ed al retto anteriore si apre la loggia muscolare.

La superficie inferiore del retto femorale viene isolata onde inserire un uncino.

Ora si procede con molta delicatezza al distacco della muscolatura della cresta iliaca e della superficie esterna dell'ileo. La fascia muscolare viene sezionata al margine della cresta iliaca e la muscolatura distaccata sottoperiostalmente. Questo è importante per la sutura della ferita e per la sua guarigione ed evita la formazione di tessuto cicatriziale nel contesto del muscolo, favorendo la futura mobilità della coxofemorale.

Nella porzione distale dell'incisione bisogna talora legare e sezionare il ramo ascendente dell'arteria circonflessa laterale del femore con le sue vene. Questo è l'unico ramo che deve essere legato; per tutti gli altri vasi è sufficiente la elettrocoagulazione.

Dopo aver spostato lateralmente il tensore della fascia lata, si vede il capo riflesso del muscolo retto femorale la cui porzione laterale viene afferrata con una robusta pinza e recisa.

Il tendine diretto viene staccato dalla spina iliaca anteriore inferiore. Indi il muscolo retto anteriore viene mobilizzato e sollevato insieme al tendine dell'ileopsoas.

Sotto l'ileopsoas viene infisso nel ramo ascendente del pube un divaricatore, mediante il quale vengono allontanate dall'articolazione coxo-femorale le parti molli della piega inguinale.

La capsula articolare viene afferrata con una pinza robusta e resecata nelle sue porzioni ventrale e craniale. Si mettono cosi in evidenza il margine anteriore del cotile con il limbus e la testa femorale.

Mediante un movimento di flessione, adduzione e rotazione esterna si lussa la testa femorale.

In corrispondenza del margine cotiloideo posteriore si introduce l'apposito divaricatore piccolo della testa femorale; la testa lussata viene allontanata in direzione dorsolaterale. Se le parti molli si mettessero troppo in tensione si dovrà ampliare l'incisione in corrispondenza dell'inserzione della muscolatura sulla cresta iliaca.

Accanto al piccolo divaricatore della testa femorale si pone quello piu grande in corrispondenza del margine posteriore del cotile

La testa femorale viene ulteriormente spostata dorsalmente e distalmente.

Rasente al margine cotiloideo posteriore viene incisa la parte postero-inferiore della capsula articolare.

Con la fresa cotiloidea si approfondisce la cavità acetabolare; il materiale cartilagineo ed osseo viene raccolto all'interno della fresa stessa.

Mediante le faccette affilate e disposte come coltelli di pialla della fresa si garantisce una superficie di taglio dell 'osso molto «liscia», le cavità midollari della spongiosa non si chiudono, ma mostrano una vivace perfusione sanguigna.

Con il calibratore cotiloideo si controlla se la profondità dell'acetabolo corrisponde alla misura del guscio acetabolare.

Con i piccoli scalpelli scanalati si praticano su tutta la circonferenza della superficie interna del cotile dei fori che servono all'ancoraggio del cemento osseo.

li guscio cotiloideo viene ricoperto sulla sua superficie convessa da un sottile strato di cemento e con lo strumento adatto posto nella cavità cotiloidea.

Dopo aver verificato l'orientamento del guscio secondo l'asse cefalico, questo strumento viene sostituito dal pressore sferico ed il cemento debordante dai margini cotiloidei viene allontanato.

Quando il cemento ha fatto presa si allontanano sia lo strumento che il divaricatore della testa femorale.

Sotto il grande trocantere si pone il divaricatore a punta acuta ed allontanando le parti molli laterali si mette in luce la testa femorale.

Mediante il calibratore a fresa viene misurata l'estensione della testa che dovrà essere preparata per ricevere il guscio cefalico.

La parte ossea eccessiva e la corona di osteofiti vengono allontanate usando lo scalpello. Durante questa operazione bisogna non produrre la lesione dei vasi posteriori del collo femorale, onde evitare disturbi nutritizi della testa femorale.

Dopo aver preparato provvisoriamente la testa femorale, viene applicata la fresa a doppia parete che conferisce alla testa femorale la forma definitiva. Anche qui le porzioni di osso asportate vengono raccolte nel mantello della fresa.

Dopo allontanamento della fresa la testa presenta una superficie liscia ben irrorata.

La testa femorale viene misurata con il calibratore. Per l'ancoraggio definitivo il guscio femorale fis. sato sul suo porta-guscio viene spalmato di cemento, e appoggiato lentamente sulla testa femorale .

Sotto la pressione uniforme il cemento in eccesso sfugge dai margini del guscio e viene eliminato con apposito raschiatore in materiale plastico.

132

Si stacca il porta-guscio ed il guscio viene ulteriormente compresso con l'apposito strumento.

In tal modo dal foro centrale e dai margini sfugge l'eccesso di cemento, che viene allontanato con il raschiatore. Ciò permette di stabilire anche il grado di indurimento del cemento.

A cementazione avvenuta, mediante un movimento di estensione, rotazione interna ed abduzione del1' arto si ottiene la riposizione della testa nella cavità cotiloidea, aiutandosi con l'apposito pressore.

Controllo della mobilità e della solidità della articolazione in tutte le direzioni.

Prima di procedere alla sutura si applicano diversi drenaggi aspirativi, poiché allo scopo di ottenere una perfetta guarigione della ferita operatoria, pur mobilizzando precocemente l'articolazione, bisogna evitare con tutti i mezzi la formazione di un ematoma.

La sutura a strati si effettua con Dexon atraumatico.

Per ottenere l'adattamento della muscolatura pelvitrocanterica, di notevole importanza, ha dato buoni risultati la sutura continua lassa. La cute viene suturata con una sutura continua lassa. La cute viene suturata con una sutura continua intradermica superficiale usando un monofilo atraumatico di nylon, prima di staccare lo steridrape. La medicazione asciutta viene allontanata dopo 48 ore, insieme con i drenaggi aspirativì.

DISCUSSIONE

La protesi superficiale di Wagner permette la sostituzione delle sole superfici articolari: acetabolo e testa femorale.

Il conservare la testa ed il collo femorale permette di ampliare l'indicazione chirurgica a persone piu giovani.

Infatti, la protesi superficiale permette l'alternativa futura della protesi totale d'anca.

L'indicazione chirurgica della protesi superficiale è comunque sempre riservata, come per le protesi totali, a pazienti che non possono essere sottoposti ad altra chirurgia.

Wagner propose nel 1974 una «cup>> metallica per la testa femorale ed una in polietilene per l'acetabolo.

Le due componenti sono fissate con cemento.

Successivamente è stata realizzata una cup femorale in bioceramica Rosenthal.

La cup è costituita per il 99, 7 % da AL2 0 a fini cristalli al estrema durezza.

Il materiale ha una altissima resistenza meccanica, accuratezza di sfericità (la differenza dalla sfericità reale è di 3 millimicron) ed offre i vantaggio di una maggiore biocompabitilità rispetto al metallo.

Inoltre l'accoppiamento con la componente acetabolare in polietilene ad alto peso molecolare sembra essere piu affidabile di quella in metallo.

La cup in bioceramica è fissata con cemento e sulla superficie interna ba alcuni fori ovalari per l'ancoraggio con il cemento.

La testa femorale e l'acetabolo sono preparati con speciali frese prima di ricevere la protesi cementata.

Noi salviamo la parete posteriore della capsula durante la preparazione della testa femorale; alcuni AA. ritengono che sia il punto di passagio di vasi sanguigni (arteria circonflessa posteriore) a circolazione terminale deputata alla nutrizione della parte polare superiore della testa femorale.

La componente acetabolare e quella femorale devono essere posizionate esattamente con un angolo di antiversione e di inclinazione per evitare complicanze immediate (lussazione) e tardive (frattura del collo femorale).

La componente acetabolare e cefalica devono essere, quindi, rispettivamente fissate con angoli di inclinazione ed antiversione.

L'indicazione dell'angolo deve essere di circa 145°.

Il porre in valgo la componente cefalica è assolutamente necessario per eliminare le forze di taglio e quelle di flessione.

(L'antiversione deve essere eliminata da 15° fisiologici) .

Noi preferiamo la protesi superficiale di Wagner invece di altre protesi superficiali perché pensiamo che il sacrificio di osso della testa femorale sia minore per l'impianto protesico.

La nostra esperienza per la cup metallica risale al 1976, mentre per la cup in bioceramica al 1979.

In totale sono state operate 172 anche; 117 cups metalliche, 55 cups in bioceramica.

La nostra esperienza è, in definitiva, positiva e se ricordiamo i vantaggi della bioceramica, è facile capire il perché della nostra preferenza verso la cup in bioceramica.

Infatti, al di là dei vantaggi biologici e meccanici già descritti, la cup in bioceramica ci permette di studiare con la T.A. C. la vitalità della testa femorale e quindi evidenziare precocemente una sua eventuale sofferenza.

133

La protesi superficiale di anca è al centro di particolare interesse nell'ultimo decennio.

Questo tipo di protesi, che sostituisce solo le superfici articolari, ha molti vantaggi: il rispetto di alcune strutture anatomiche e la possibilità di eventuali successivi reinterventi di protesi totale o artrodesi.

Le infezioni sono limitate, in considerazione del fatto che il canale midollare non viene aperto.

Inoltre, considerando la durata limitata nel tempo della protesi totale d'anca, è facile capire il vantaggio d'uso della protesi superficiale nei pazienti piu giovani.

STUDIO RADIOLOGICO

La protesi superficiale di anca in bioceramica, trasparente ai raggi X, permette di studiare il tessuto osseo sottostante la componente in bioceramica.

Noi abbiamo usato la T.A.C. per studiare la vitalità e la ricostruzione del tessuto osseo, nel tempo, della testa femorale.

Con l'uso della T.A.C. è possibile vedere nel centro della testa femorale un nucleo di tessuto osseo che è l' epressione anatomica del centro degli stress (entità biomeccanica):- punto centrale.

La T.A.C. ci permette di studiare le strutture anatomiche anche nei minimi dettagli, per esempio i buchi per l'ancoraggio del cemento, la densità del tessuto, i diametri e le aree.

La T.A.C. permette, inoltre, lo studio dell'evoluzione del centro di ossificazione della testa femorale e quindi, opportunamente parametrando la densità di aree da puntiforme ad una determinata misura, si ottengono istogrammi che ci permettono una valutazione piu precisa ed ampia dell'evoluzione nel tempo della ricostruzione del tessuto osseo al di sotto della componente femorale.

Con uno studio, mediante l'utilizzo della T.A.C., dell'evoluzione nel tempo si osserva:

Dopo circa 3 mesi dall'intervento compare un centro di ossificazione sotto la componente cefalica. Possiamo osservare la medesima situazione anatomica dopo 4 mesi.

Solo dopo 10 mesi dall'intervento possiamo osservare una diffusione a raggiera del centro di ossificazione in tutta la componente cefalica femorale.

Dopo circa 12 mesi dall'intervento il centro di ossificazione coinvolge tutto il tessuto osseo al di sotto la componente cefalica femorale.

La situazione è piu evidente dopo 18 mesi dalJ'intervento: il primitivo centro di ossificazione nella te134

sta femorale non è piu riconoscibile, mentre tutto il tessuto osseo è addensato in modo omogeneo in una rete midollare sclerotica.

È interessante osservare con la T.A.C., per confronto in alcuni casi, l'anca controlaterale che mostra un visibile centro degli stress.

Proseguendo nella ricerca dopo 24 mesi dall'intervento possiamo vedere una omogenea distribuzione del centro di ossificazione con tendenza alla stratificazione periferica.

Dopo 30 mesi dall'intervento possiamo vedere, mediante l'utilizzo della T.A.C., una chiara tendenza alla stratificazione periferica con persistenza di una fitta rete di ossificazione che invade tutto il territorio cefalico.

La nostra esperienza di studio, mediante utilizzo della T.A.C., arriva a tutt'oggi a 76 mesi di distanza dall'intervento.

La nostra ricerca ci permetterà di osservare e di provare nel tempo la vitalità, o meno, del tessuto osseo al di sotto la componente cefalica.

A tutt'oggi, è interessante osservare che al di sotto la componente cefalica, il punto centrale di ossificazione è andato via via scomparendo nel tempo per lasciare posto ad una ossificazione diffusa a tutto il territorio cefalico.

Dopo il secondo anno dall'intervento il centro di ossificazione progredisce stratificandosi, soprattutto nella zona periferica cefalica. Appare quasi come se il centro degli stress fosse rimpiazzato da una corticalizzazione della periferia cefalica.

La spiegazione di questo fenomeno, ovviamente, è da ricercare nell'alterata distribuzione delle forze che la componente cefalica protesica induce. Comunque possiamo affermare che a questo livello il centro di ossificazione distribuito successivamente in tutto il territorio cefalico è il chiaro segno di vitalità al di sotto la protesi superficiale.

CONCLUSIONI

La protesi a guscio dell'articolazione coxofemorale secondo Wagner costituisce un nuovo trattamento chirurgico della grave coxartrosi, indicato soprattutto nei pazienti piu giovani, quando sia preclusa la strada ad ogni altro tipo di terapia conservativa come le osteotomie di femore, le osteotomie di bacino e le osteotomie di cotile.

Con questo metodo vengono sostituite soltanto le superfici articolari mediante impianti alloplastici cementati, mentre restano intatti sia la testa che il collo femorale, evitando molti problemi della protesi totale convenzionale.

La nostra casistica ci consente di esprimere un giudizio favorevole sulla metodica operativa del Prof. Wagner.

La protesi superficiale d'anca costituisce una interessante alternativa alla protesi totale , perché il suo eventuale insuccesso lascia ancora valide possibilità operative.

Infine la protesi superficiale di Wagner in bioceramica permette uno studio accurato mediante T.A .C. di alcuni parametri fondamentali quali area , densità, istogrammi, per valutare l'evoluzione nel tempo ai fini prognostici.

Riass un to . - La protesi superficiale in bioceramica di Wagner, radiotrasparente, permette lo studio del tessuto osseo della testa femorale al di sotto della cup bioceramica.

È stata usata la TAC per studiare le possibili modificazioni del tessuto osseo al di sotto della cup in bioceramica nel corso del tempo .

R ésumé . • La prothèse en biocéramique superficiale de Wagner, radiotransparente, permit d'étudier le tissu osseux de la tcte fémorale aù dessous de la coupe biocéramique.

La T.A .C. a étée usée pour étudier !es altérations possibles du tissu osseux de la ecce fémorale aù dessous de la coupe biocéramique à long cours de temps.

Summary . • Wagner's bioceramic superficial prosthesis, radiotransaparent, allows to study the bony tissue of femoral head under bioceramic cup.

T.A.C. has been used to study che possible alterations of che bony tissue femoral head under bioceramic cup in che long run.

BIBLIOGRAFIA

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9) G. Randelli, F. Lonati, C. Cucciniello: Terapia chirurgica della coxartrosi displasica. Istituto Ortopedico Gaetano Pini, Milano .

fig. I a • Strumentario:
e acetabolari. 135
frese cefaliche
Figg. lb-c - Strumentario: componenti cefaliche in bioceramica.
136
Fig. 2a • Studio con T.A.C.: comroUo a 6 mesi dall'intervento. Figg. , 26-c-d - Studio con T.A
137
C : controllo a 19 mesi dall'intervento. Fig. 2e - Studio con T.A.C.: controllo a 32 mesi dall'intervento.
138
Fig. 2f - Studio con T.A.C.: realizzazione di istogramma per lo studio della densità.
139
Fig. 3a-b - Controllo a 6 mesi dall'intervento.
140
Fig. 3c-d-e - Controllo a 9 mesi dall'intervento. Fig. Jf · Controllo a 10 mesi dall'intervento. Fig. 3g • Controllo a 24 mesi dall'intervento.
142
rig. 4a-b • Controllo a 6 mesi dall'intervento.
143
Fig. 4c -d - Controllo a 18 mesi dall'intervento.

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI FIRENZE ISTITUTO DI RADIOLOGIA

Direttore: Prof. R. DE DoMINICJS

SCUOLA DI SANITA MILITARE

Comandante: Magg Gcn. mc. DR R. STORNELLI

OSPEDALE MILITARE DI FIRENZE

Duettare: Col. mc. 1.SG Dr E. BARBIBRA

TOMOGRAFIA A RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE: BASI FISICHE ELEMENTARI E CENNI DI TECNICA

N. Taverni* A. Santoro*

PREMESSA

In anni recentissimi la nostra Nazione ha potuto mettere in linea operativa alcune unità di Risonanza Magnetica Nucleare (RMN ) ed anzi un tomografo è in funzione da oltre un anno presso l'Istituto di Radiologia dell'Università di Firenze, da anni all'avanguardia per le attrezzature impiegate per la Diagnostica per Immagini.

I ricercatori fiorentini stanno maturando una preziosa esperienza nello studio semeiologico e diagnostico mediante RMN. Tale azione indubbiamente consente s ignificative acquisizioni interpretative ed eroga chiarezza a tante zone d'ombra tradizionali per i sistemi diagnostici già disponibili e di uso consolidato.

Questo contributo è stato realizzato nel tentativo di rappresentare nella forma piu sintetica possibile quali siano le basi fisiche che portano alla formazione del!' immagine in RMN, evitando di proposito analisi approfondite del fenomeno fisico, peraltro già disponibili in Letteratura, al fine di apportare la massima chiarezza possibile nella mente di chi è destinato a fornire la appropriata utenza a tali unità dagnostiche, al fine ultimo di tracciare con semplicità le indicazioni, i vantaggi e gli svantaggi di tale metodologia.

CENNI DI FISICA DELLA RMN E NOTE DI TECNICA

In natura sono presenti alcuni nuclei di elementi chimici che, dotati di un momento magnetico, (cioé posti in tal campo) hanno tendenza ad orientarsi secondo le sue linee di forza.

Questi nuclei presentano anche un movimento di (rotazione) su sé stessi (fig. 1) ed in assenza di campo

E. Salvischiani** R. De Dominicis***

magnetico esterno ruotano sfasati e con orientamento casuale del proprio momento magnetico (fig. 2).

Se vengono però immersi in un campo si orientano secondo le sue linee di forza (fig. 3) con due possibili modalità: una con posizione parallela alle linee di forza ed un 'altra con posizione antiparallela. Le due posizioni sono caratterizzate da differenti stati energetici: la posizione antiparallela è associata ad uno sta to energetico piu elevato rispetto a quello della parallela; esiste quindi una differenza energetica (ÀE) tra i due stati (fig. 3); il fenomeno, oltre che a livello microscopico (del singolo nucleo), può essere considerato anche a livello macroscopico. Si prenda ad esempio un piccolo volume di tessuto («voxeh> = volume x element), quale elemento differenziale da cui proviene il segnale utilizzato per la ricostruzione dell'immagine (fig. 4).

In questo «voxel» (freccia piena diritta) la magnetizzazione totale, cioé la somma dei momenti magnetici dei singoli nuclei, è diretta in alto per il prevalere dei nuclei in posizione parallela (freccia cava vuota); inoltre i singoli nuclei ruotano sfasati fra loro (fig. 4) (freccia curva cava).

Le onde elettromagnetiche di frequenza casuale attraversano il tessuto senza determinare alcun particolare fenomeno, solo cedendo quota parte della loro energia con formazione di calore.

Al contrario le onde RF dotate di una frequenza = Eh con l'energia E pari alla ÀE inducono il fenomeno della risonanza magnetica.

Ciò significa che l'energia dell'onda viene in parte assorbita dai nuclei ed a livello microscopico vi de-

* Ospedale Militare Principale di Fuenzc - Reparto Radiologia

** Scuola di Sanità Militare

• Istituto di Difesa NBC

* 0 Universi!~ degli Studi di Firenze

• Istituto di Radiologia.

144

(it!, 2

momento magnetico del singolo nucleo orientamento casuale in assenza di campo magnetico esterno

fiB.3 differenza energetica (.AE)

tra le posizioni parallela e antiparallela

/ I N--- - ··-s
, cp
N
145
..... -A. °' ù campo magnetico SITUAZIONE
' ECCITAZIONE S I I s D cbb sommati YI ) Il x N N (ti!, 4
PRIMA DELL

termina un duplice fenomeno (fig. 5 parte sinistra):

1) parte dei nuclei in posizione parallela viene «shiftata» in posizione antiparallela (freccia curva grande);

2) il movimento di rotazione su sé stessi dei nuclei viene messo in fase (piccole frecce curve sopra e sotto i singoli nuclei) (fig. 5 parte sinistra).

Questi due fenomeni, presenti a livello microscopico, si traducono a livello del <<voxel» in un duplice effetto (fig. 5 parte destra):

1) la magnetizzazione totale che prima era diretta verso l'alto per il prevalere dell'azione dei nuclei in posizione parallela, si pone ora a novanta gradi per il riequilibrarsi delle due popolazioni di nuclei (vedi lo spostamento dalla posizione verticale a quella orizzontale della freccia cava);

2) i singoli nuclei con momenti magnetici, che ruotavano sfasati, girano adesso in fase, dando luogo ad un discreto campo magnetico sul piano XY (fig. 5 parte destra). (Vedi il concentrarsi delle frecce piene che rappresentano i momenti magnetici dei singoli nuclei).

Una bobina elettrica posta sul piano di tale campo magnetico potrà registrare, con la rotazione del flusso, una differenza di potenziale che costituirà il segnale della R.M.

Ovviamente questo segnale non si manterrà indefinitamente nel tempo, ma tenderà a decadere in quanto vengono ripercorsi con sequenzialità inversa i fenomeni che lo avevano generato.

Nel dettaglio (fig. 6 parte sinistra):

1) i nuclei portati in posizione antiparallela tendono a tornare all'originale posizione parallela (freccia curva grande);

2) i momenti magnetici dei singoli nuclei, già ruotati in fase, tendono a sfasarsi nuovamente (piccole frecce curve sopra e sotto i singoli nuclei).

A livello del «voxel» tutto ciò comporta (fig. 6 parte destra):

1) ritorno della magnetizzazione totale alla posizione parallela;

2) riduzione del valore assoluto del campo magnetico per lo sfasarsi dei momenti magnetici dei singoli nuclei, il decadimento del segnale indicato nella parte destra della fig. 6 è scomposto nei nei suoi due meccanismi nella fig. 7 in termini energetici.

Nel 2° meccanismo, indicato col termine di rilassamento spin-spin, l'energia viene ceduta ad altri nuclei di Idrogeno; anche questo fenomeno ha un andamento esponenziale ed è caratterizzato da una costante di tempo indicata con T 2 (misurabile in genere in decine di millisecondi).

Nel 1° fenomeno si ha cessione di energia dai nuclei di Idrogeno ai nuclei circostanti (tale fenomeno è indicato come rilassamento spin-reticolo o spin-lattice, (intendendo per carica o reticolo il contorno chimico dei nuclei d'idrogeno). Ila andamento esponenziale caratterizzato da una costante di tempo detta T 1 (espressa in centinaia di millisec.). ·

Ne consegue che l'intesità di segnale dipende da tre parametri: la densità dei nuclei di Idrogeno, il tempo di rilassamento T 1 ed il tempo di rilassamento T 2

Per la costruzione dell'immagine occorre tuttavia conoscere da quale porzione di spazio provenga questo segnale, cioé caratterizzare spazialmente questo segnale.

A tal uopo si ricorre a gradienti di campo magnetico, cioé a progressive variazioni di intensità del campo magnetico lungo una certa direzione dello spazio (fig. 8a).

In questo modo, poiché la frequenza a cui si verifica il fenomeno della risonanza è proporzionale all'intensità del campo magnetico, analizzando la frequenza sarà possibile identificare il «voxeb> da cui proviene il segnale (fig. 8b).

Va peraltro sottolineato che la stimolazione del tessuto non viene realizzata mediante l'invio di una sola onda di radiofrequenza (RFW), ma mediante il susseguirsi di piu onde, cioé mediante particolari sequenze.

Vengono impiegate onde a 90° ed onde a 180° (per onde a 90° si intendono quelle capaci di ruotare la magnetizzazione totale di 90° e per onde a 180° quelle capaci di ruotare la magnetizzazione dalla parte opposta).

Le sequenze piu usate sono la Inversion Recovery (IR) e la Spin Eco (SE). La I.R. consiste in una onda a 180°, seguita da una a 90°; la S.E. consiste invece in un'onda a 90°, seguita da una a 180°.

I tomografi a risonanza si sono negli ultimi tempi arricchiti di diversi accessori; elenchiamo i principali: · il «gating» cardiaco che permette di raccogliere il segnale di risonanza in sincronia con l' elettrocardiogramma; infatti, essendo l'acquisizione del segnale di risonanza lenta mentre il battito cardiaco è molto piu veloce, sarebbe impossibile raccogliere il segnale cardiaco della stessa posizione spaziale;

- le bobine di superficie: esse vengono poste direttamente sulla superficie corporea, hanno una forma che si adatta perfettamente all'organo da esplorare; consentono un aumento del rapporto segnale/rumore e quindi un netto miglioramento della qualità dell'immagine;

147
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MECCANISMI DI DECADIMENTO DEL SEGNALE

spin - lattice (T, ) X s -. .... ' ·., ·· - Y ,O meccanismo di rila ss amento

spin - spin (,;)

di rilassamento

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INTENSITA' DEL CAMPO Al

FREQUENZA 01

RISONANZA Bl

Aumento progressìvo dell 'l ntensitao del campo secondo la direz i o n e X

Aumento progressivo della frequenza d, risonanza secondo la direzione X

X
X
119, 8 151

• il multislice: uno strato viene stimolato piu di una volta ed il segnale attribuito allo strato deriva dalla media dei segnali raccolti dopo ogni stimolazione; prima della nuova stimolazione occorre lasciar trascorrere del tempo per consentire allo strato il recupero della magnetizzazione; nella tecnica multislice questo tempo viene utilizzato per la stimolazione dello strato successivo; l'artificio consente notevole riduzione del tempo dell'indagine.

NOTE SULL'IMPIEGO DELLA RMN

Come tutte le metodiche diagnostiche la RMN of• fre degli innegabili vantaggi, studiando regioni o patologie non ben investigabili con le altre metodiche già disponibili, ma comporta anche degli svantaggi di natura diagnostica ed operativa.

Un immediato raffronto tra la RMN e la Tomografia Computerizzata è riportato in tabella I.

Se si esaminano i risultati delle due metodiche nello studio delle singole regioni, scaturiscono alcune sintetiche osservazioni:

• a livello dell'encefalo la RMN è in grado di separare con maggior nettezza della TC la sostanza grigia dalla bianca; inoltre la RMN presenta sensibilità ben piu spiccata rispetto alla TC per la evidenziazione delle placche di demielinizzazione della Sclerosi Multipla, mette in luce sottili ematomi sottodurali, sfuggiti alla TC, perché posti subito al di sotto della teca cranica dove

la tecnica ionizzante presenta degli artefatti da osso e per lo stesso motivo è superiore alla TC nella fossa cranica posteriore;

· per il midollo la RMN è attualmente l'unica metodica che offre una visualizzazione diretta dell'organo e presenta elevata sensibilità a tumori, cavità siringomieliche, disturbi del circolo ed altro;

• nel torace è in grado di distinguere , mediante il gating, le cavità cardiache dalle pareti e nel mediastino di separare le masse solide dalle vie aeree e dalle strutture vascolari;

• nell'addome la qualità delle immagini risente negativamente dei movimenti respiratori e della minore risoluzione spaziale nei confronti della TC , per cui sinora ha fornito informazioni meno interessanti rispetto a quelle ottenibili a livello degli altri distretti ;

• nella pelvi la to mografia a RMN ha dato buoni risultati: le immagini ottenute dagli organi pelvici non sono infatti viziate da artefatti da movimento come quelle addominali o toraciche e si ha un ottimo contrasto tra gli organi e l'interstizio occupato da grasso. A titolo di esempio possiamo citare l'utilità del taglio sagittale diretto nel delineare l'estensione della lesione in caso di tumori del collo della vescica; è emblematico che la RMN sia l'unica metodica in grado di separare l'endometrio dal miometrio.

A livello dell'anca, nell'ambito della necrosi vascolare della testa femorale, la RMN è piu precoce della TC e piu precisa nel delineare l'estensione dell'affezione.

Tabella I

CONFRONTO OPERATIVO DELLA RMN CON LA TC

VANTAGGI SVANTAGGI

· Non impiego di radiazioni ionizzanti - Costo maggiore dell'apparecchiatura

- Possibilità di ottenere strati in tutte le direzioni - Minore risoluzione spaziale spaziali

• Tempo d'esame piu lungo

- Segnale nuovo con maggiore risoluzione di - Impossibilità di esaminare pazienti con pacecontrasto nello studio delle parti molli Makers e portatori di protesi o clips metalliche

- Visualizzazione diretta dei vasi senza ricorrere

- Cattiva visualizzazione della corticale ossea (ma all'impiego di mezzi di contrasto ottima visualizzazione del midollo)

152

L'elevato contrasto di cui sono dotate le immagini RMN e la possibilità quindi di delineare con precisione tendini e cartilagine articolare rende ragione dell'utilità che questa metodica offre nello studio del ginocchio e del piede (studio del tendine di Achille); è da precisare che lo studio di questi settori anatomici viene effettuato con l'impiego di bobine di superficie che, riducendo il campo di vista e aumentando il rapporto segnale-rumore, offrono immagini dotate di una risoluzione spaziale maggiore, molto vicina a quella della TC.

È auspicabile che nel prossimo futuro si giunga al1' applicazione dell'indagine spettroscopica alle immagini, realizzando cosi una sorta di indagine biochimica in vivo, a ricavare in tempi brevi immagini anche da altri elementi (come il Na23 ed il Fluoro), ad aumentare la risoluzione spaziale, ad impiegare di routine sostanze paramagnetiche che aumentino ulteriormente la già elevata risoluzione in contrasto della tecnica (ad esempio l'impiego dell'acido Dietilen-Tetramino-Pentacetico, già usato come antidoto per chelazione di Plutonio e Transuranici, quale accordatore del tempo di rilassamento T).

CONCLUSIONI

Indipendentemente dal conseguimento in tempi brevi dei suddetti traguardi, si può sin d 'ora affermare che il tomografo a RMN è degno di entrare a pieno diritto tra le attrezzature dei dipartimenti di diagnostica per immagini dei maggiori centri sanitari ospedalieri ed universitari.

Nel quadro di ristrutturazione della Sanità Militare non appare superfluo prendere in considerazione la eventualità di dotare uno dei Policlinici militari di una simile attrezzatura cui potrebbe afferire la casistica militare superselezionata, meritevole di tale impegno diagnostico.

Riasswllo. - Sono trattate con sinte tiche finalità mediche le basi fisiche della Risonanza Magnetica Nucleare.

Viene illustrato I'imaging in relazione ai fenomeni fisici che lo determinano.

Sono quindi tracciate brevi note di tecnica e ne viene desunto il confronto con la Tomografia Computerizzata.

Summary. - Nuclear Magnetic Resonance physical fundaments are dealt with according to medicai purposes.

Imaging is treated in function of physical phenomena by which i.s determined.

Conci.se techrùcal observations are reported and the comparison with Computerized Tomography is drawn.

Résumé - Les bases physiques de la Résonance Magnérique Nucléaire sont traitées avec finalitées médicales synteriques.

Vient illustrée la formation de l'image en rélation aux phénomènes physiques qui la determinent.

Som enfin cracées des brèves notes de rechrùque et la comparai• son avec la Tomographie Computerisée.

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153

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA «LA SAPIENZA»

I STITU TO DI MEDICINA LEGALE E DELLE ASSICURAZIONI

Dire tto re : Pro f. S MERLI

CENTRO STUDI E RICERCHE DELLA SANITA DELL'ESERCITO

D irenore: Magg Gen. me G. SPARANO

OSPEDALE MI LITARE PRINCIPALE DI ROMA

Dire ttore: Col. me M D1 MART INO

ALCOOLISMO ED IDONEITA ALLA GUIDA

Un commento agli artt . 170 e 171 del progetto del nuovo codice della strada

D o tt .ssa R . C astrica Cap. me. G . G iangiacomo

Cap. me . A . Ambrogio O r. G iangiaco mo R.

L'uso di bevande alcooliche è diffuso in tutto il mondo ad eccezione dei paesi mussulmani. Sebbene i paesi mediterranei e latini siano forti consumatori di bevande alcooliche, soprattutto come vinq, solo da poco tempo l' alcoolismo, ne l nostro paese, sta trovando delle rispondenze, sia sotto il profilo della ricerca epidemiologica che ne ll'allestimento di strutture e strumenti tesi a prevenire e controllare adeguatamente gli effett i lega ti all'alcool.

L ' Italia , infatti, si trova ai primi posti per il consumo pro capite di alcool anidro ed è, dopo la Francia, il paese con il piu alto consumo di vino, sebbene tale consumo abbia negli ultimi anni mostrato un lento declino. Dai dati I STAT risulta che il consumo annuo medio pro capi te di vino era nel 1901-10 di 1119,6 ; nel 1975 di 1103,9; nel 1980-81 tale consumo era gi à sceso a 194, 1. Questo ultimo dato ha rappresentato 1'80% del consumo totale medio (pro capite) di alcool anidro. Con il lento calo nel consumo di vino si è avuto, di pari passo, un incremento de i super alcoolici e dell a birra D al 1955 l'uso di detti prodotti è in continua crescita, con un consumo pro capite nel 198 1, (d ati IS T AT) di l 16,6 di birra e di l 1,9 di superalcoolici: questi dati corrispond ono r i spetti vamente al 6,2% e al 13,5% della dieta alcoolica totale. È da tener presente che l'uso di queste sos t anze non ha sostitu i to ben s{ s i è agg iunto al consumo di vino mantenendo il consumo medio di alcool anidro, nel nostro Paese, fra i piu alt i del mond o: 1 14,1 pro capite.

Il co n sumo d i dette b eva nde non è omogeneo su tutto il territorio nazionale, presentando una notevole

differenza tra le reg ioni settentr ionali e meridionali e valori intermedi ai due nel centro Italia.

Secondo i dati I STAT, infatti, mentre nel Piemonte e nel Veneto, nel 1980, si sono avuti consumi di l 108 e l 114 rispettivamente ; in regioni come la Sicilia e la Calabria tale media è risultata di I 56 e di 1 66 pro capite. Riferendoci a dati antecedenti alla legge n. 180/78 si nota come il tasso di prima ammissione per alcoolismo, negli ospedali psichia tr ici , era di 4 , 9 ricoveri per 100.000 residenti, pari al 9,6% dell e prime ammiss ioni per malattie psichi~he in generale.

Nel 1979 si sono avuti, inoltre , 0,69 casi per 100.000 d i mort e per psicosi alcoolica e per alcoolismo. Dat i piu allarmanti sul consumo di bevande alcooliche possono essere dedotti, se bbene in via i nd iretta, da l rappor t o punti vendita-popolazione (Galimberi e coll.). Ferme restando le d ifferenze regionali, e prendendo come esempio il Veneto, si vede che vi è un rapport o di 1 punto vendita ogni 300 abitanti, mentre tale rapporto dovrebbe essere, sempre secondo Galimber ti , d i 1 o 2 og n i 3.000.

Piu affidabili (Donini) risultano le indagini a campione sia con analisi d iretta c he tramite questionario. Un tale t ipo di indagine fu svolto nel Veneto (in provinc ia di P adova) ne l 1980, da Salvagnini e Galimbert i : su un camp ione di 2800 studenti di entrambi i sessi, co n età compresa tra gli 11 ed i 18 anni, frequentanti le medie inferiori e sup eriori . Da det ta indagine r isultano dati allarmanti circa il consumo del vino e della birra: solo il 30% dichiarava d i non assumerne, il 59%

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li assumeva durante i pasti, il 18% durante i pasti e talvolta fuori da essi ed il 3% ne faceva uso costante anche al di fuori dei pasti. Nella stessa indagine, riguardo ai superalcoolici, il 9% dichiarava di assumerne con frequenza mensile, 1'8% settimanale ed il 4% quotidiana. La percentuale di astemi assoluti, quindi, almeno per il vino e la birra e in età cos{ precoce si riduceva al 30%. Tale percentuale sarebbe stata, ovviamente, piu bassa per età superiori.

Si può affermare che in Italia la maggioranza schiacciante della popolazione fa uso, per lo piu moderato, di bevande alcooliche con assunzione quotidiana di vino.

EFFETTI METABOLICI

Le ridotte dimensioni della molecola dell'alcool etilico, la sua neutralità e la sua idro e liposolubilità consentono, già a livello della mucosa gastrica, un elevato assorbimento con un'elevata alcoolemia. Questo assorbimento avviene per un semplice processo di diffusione, quindi: quanto piu alto sarà il grado di concentrazione alcoolico di una bevanda, tanto piu sarà rapido _ ed alto il suo assorbimento. A parità, pertanto, di quantità di alcool contenuto in volumi diversi di bevande alcooliche (la stessa quantità di alcool anidro è contenuto in 1 1 di birra al 5%, in l 1/2 di vino al 10% ed in alcuni bicchierini, parzialmente riempiti, di un super alcoolico) l'assorbimento e l'akoolemia sarà maggiore ove maggiore è la concentrazione alcoolica (superalcoolici rispetto al vino e alla birra).

L'assorbimento in un individuo a digiuno avviene nella misura del 20% nello stomaco, mentre il restante 80% passa rapidamente nel tenue dove viene prontamente assorbito. A distanza di un'ora dall'ingestione di una dose di alcool l'assorbimento è completo al 90%, dopo 1 o 2 ore si raggiunge l' alcoolemia massima e il ritorno alla normalità si ha dopo 8-10 ore.

L 'assorbimento è influenzato da vari fattori quali: la pienezza gastrica, la qualità dei cibi, le condizioni della mucosa gastrica; infatti quanto piu lo stomaco è pieno di cibo tanto minore sarà l'assorbimento di alcool. A parità di quantità assunte, l'assorbimento sarà tanto minore quanto maggiore sarà il contenuto glicidico dei cibi ingeriti e sarà maggiore in un individuo con una mucosa gastrica alterata ed infiammata rispetto ad un altro che ha lo stomaco esente da patologie.

La metabolizzazione e l'escrezione dell'alcool iniziano immediatamente ma sono molto lente; la sua ri-

mozione dal sangue avviene, infatti, in quantità comprese tra i 50-180 mg/ora/Kg di peso corporeo. Della quantità ingerita, il 10% viene eliminato direttamente mediante la respirazione e la diuresi, il restante 90% deve essere prima metabolizzato a livello dell'epatocita. La cellula epatica ossida 1'alcool etilico in acetaldeide attraverso tre meccanismi: la catalasi dei perossisomi, l'ossidazione microsomiale e l'alcool-deidrogenasi presente nel citoplasma. Quest'ultimo è il meccanismo principale di ossidazione dell'alcool etilico: 1'80% dell'etanolo viene ossidato, infatti, attraverso questa via ad acetaldeide. L'acetaldeide, a sua volta, ad opera dell'aldeide deidrogenasi mitocondriale, presente in tutto l'organismo, viene ossidata in acetato ed Acetii CoA che entra nel ciclo di Krebs dove subisce la completa ossidazione in CO 2 e H 2 O con immediato rendimento energetico.

Gli effetti farmacodinamici dell'alcool si esplicano sui vari apparati.

A livello respiratorio piccole quantità stimolano il respiro mentre quantità considerevoli (oltre 3 ,5°/oo) provocano depressione centrale.

La diuresi, indipendentemente dal volume di liquidi assunta, viene aumentata per inibizione dell'ormone antidiuretico.

A livello gastrico, grazie all'effetto ansiolitico ed euforizzante, si può avere un aumento dell'appetito e, per azione sull'antro gastrico e conseguente liberazione di gastrina, un aumento della secrezione. Bevande ad alto tenore alcoolico danno iperemia, irritazione della mucosa, pilorospasmo con allungamento del tempo di svuotamento, diminuzione della motilità e, eventualmente, vomito ed emorragia. Si può anche avere, a stomaco vuoto, piu frequentemente in dipendenti cronici, una transitoria ipoglicemia dovuta ad inibizione della glucogenesi e, forse, ad aumentata utilizzazione periferica del glucosio.

Sull'apparato cardiovascolare l'effetto primario è una forte e transitoria azione vasodilatatrice. A causa di questa azione la cute appare calda e arrossata, si ha una sensazione soggettiva di calore, ed un aumento della dispersione che, favorendo un raffreddamento all'interno dell'organismo, provoca un aumentato pericolo nell'esposizione alle basse temperature. Questa vasodilatazione è secondaria all'azione deprimente sul SNC ed è attribuibile all'acetaldeide. La vasodilatazione, determinando una diminuzione del lavoro cardiaco, può attenuare il dolore anginoso. Detta attenuazione del dolore può anche dipendere dalla depressione centrale, mentre il flusso cerebrale non ne viene modificato. La

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vasodilatazione, diminuendo le resistenze periferiche, ha un effetto secondario sulla frequenza cardiaca e sulla pressione arteriosa. Queste possono anche essere modificate dall'attivazione riflessa del simpatico, provocata dalla vasodilatazione stessa e dalla transitoria caduta pressoria. La frequenza cardiaca e la gittata sistolica possono essere aumentate, mentre la bradicardia si osserva solo con dosi elevate . Le variazioni pressorie sono legate alla dose ingerita: dosi piccole e massive l'abbassano, dosi medie l'innalzano. La caduta pressoria e la bradicardia sono da mettere in rapporto alla deplezione dei depositi tissutali di noradrenalina.

L'alcool etilico esplica una intensa azione a livello psichico-comportamentale con meccanismi simili a quelli dei barbiturici a breve durata di azione , con i quali ha azione sinergica. Tale sinergismo si esplica anche con altri depressori il SNC quali morfina, fenotiazine e benzodiazepine.

L'azione dell'alcool, come per i seda tivi ipnotici ad azione breve, può essere riferita ai cinque stadi del]' anestesia , che vanno dall'analgesia alla anestesia vera e propria.

L ' assunzione di piccole dosi porta a sedazione e controllo dell'ansia, quantità maggiori danno euforia, accelerazione dell'ideazione con conseguente aumento della verbalizzazione, sensazione di maggior sicurezza e di aumentata capacità che portano ad un superamento delle inibizioni sociali. Per dosi ancora maggiori si ha disinibizione marcata con atassia , compromissione delle performances psicomotorie, fallacità di giudizio, comportamento irresponsabile e privo di inibizioni fino ad arrivare, per dosi ancora superior i, alla perdita di coscienza e all'anestesia. Nella dipendenza cronica si assiste ad uno scadimento del senso morale, della memoria e dell'intelligenza fino a giungere ad una vera e propria demenza alcoolica.

CONCENTRAZIONI ALCOOLICHE

Come si è visto gli effetti dell'alcool si notano in modo marcato sul sistema nervoso centrale, particolarmente in sede corticale e, ovviamente, le diverse sintomatologie compaiono parallelamente ai diversi valori dell'alcoolemia. Questa constatazione riveste una notevole importanza nella valutazione dell'idoneità alla guida, esistendo una corrispondenza biunivoca fra concentrazione ematica e deterioramento delle funzioni psico-sensoriali e psico-motorie. Ricordiamo che nel soggetto che non ha bevuto, l'alcoolemia non supera mai

lo 0,05°/oo. Detto valore può raggiungere, sebbene r aramente, lo O, 1°/oo per assunzione di cibi (frutta) d ovuta all'alcool endogeno proveniente dal metabolismo degli idrati di carbonio. Fino a 0,2°/oo non si hanno segni clinici apprezzabili e l'individuo appare normale.

Con valori compresi tra 0,2-0,5 °/oo compare abnorme espansività e socievolezza, rossore al volto e senso di calore.

Oltre il valore dello 0,5 °/oo si ha una diminu zione dei freni inibitori per azione sulla corteccia cerebrale (azione deprimente sui centri inibitori) , con euforia, loquacità, diminuzione del senso di autocritica, offuscamento delle capacità di giudizio, diminuita risposta agli stimoli e, talvolta, diplopia.

Per valori compresi tra 0,8°/oo e 1,2°/oo si ha un intere ssamento dei centri motori con incoordinazione muscolare e quindi oscillazione, diminuzione della volontà e dell'attenzione, disturbi del senso stereognostico, disturbi dell'equilibrio, marcata euforia ed ipertrofia dell'Io.

A 1,5 gr. 0/oo si ha la vera e propria ubriachezza; l ' eloquio diviene volgare , si ha melanconia, dismetria e adiadococinesia, tremori e, quindi, agrafia, confabulazione, confusione mentale di grado variabile, con amnesia e disorientamento spazio temporale.

Al disopra di 2-2,5 °/oo si accentuano i disturbi della sfera emotiva e volitiva con irascibilità, disperazione e impulsività. Si aggiungono, inoltre, a questi disturbi, segni di interessamento del neuro vegetativo quali nausea, vomito, scarso controllo degli sfinteri, fenomeni allucinatori e amnesia.

Oltre il 2,5°/oo si ha sonnolenza e torpore.

Per valori tra 3 ,5°/oo e 4°/oo si ha interessamento bulbare con ipotermia, collasso cardiocircolatorio, paralisi respiratoria e coma.

Con il valore alcoolemico di 4°/ oo inizia la soglia della mortalità per le persone piu sensibili all'alcool e valori di 7°/oo ri sultano mortali per qualunque individuo.

Queste percentuali alcoolemiche ed il corredo sintomatologico ad esse collegato fanno subito capire come mutino con il loro variare le capacità di guida. Ri esaminando i valori alcoolemici sopra esposti in rapporto all'idoneità alla guida si nota che: per valori intorno a 0,3°/oo il soggetto, pur sentendosi piu sicuro ed efficiente, mostra una minor tendenza a provocare incidenti stradali; ma già a valor i di 0,5 °/oo i tempi di reazione risultano allungati. Tale tempo di reazione si può esprimere con il PIEV (Perception = percezione dello

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stimolo, Intellection = comprensione dello stimolo, Emotion = reazione emotiva allo stimolo, Volition = azione volontaria di risposta) degli autori americani, che esprime il tempo intercorrente tra la percezione di uno stimolo ed il tempo di risposta ad esso (Donini).

Per valori compresi tra 0,5-0,8 °/oo il PIEV aumenta e quindi aumenta con esso, di alcune decine di metri, lo spazio in cui un guidatore, con tali tassi alcoolemici, arresta il proprio veicolo. Proprio in base a ciò, infatti, in alcuni paesi (Grecia, Jugoslavia, Svezia, , Norvegia e Giappone) il limite accettabile dell'alcolemia è fissato a 0,5°/oo, in Finlandia è ancora piu basso: 0,3°/oo.

Con valori alcoolemici di 0,9°/oo si ha un diminuito adattamento all'oscurità ed una compromissione della valutazione delle percezioni visive.

Già, quindi, a valori compresi tra 0,3-0,9°/oo il rischio di incidente diviene enorme, rispetto al conducente che guida senza influenza dell'alcool; tale rischio aumenta di trentuno volte per concentrazioni comprese tra 1-1, 4°/oo, divenendo superiore a 128 volte per tassi maggiori a 1,5°/oo (Zanaldi).

LEGGI VIGENTI E NUOVE LEGGI

In Italia il Codice della Strada, attualmente in vigore, pur presentando norme apparentemente molto rigide, non fissa alcun livello dell'alcoolemia

L'art. 132 del T.U. (15.6.59) stabilisce infatti quanto segue: «Guida in stato di ebbrezza».

«È vietato guidare in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcooliche o di sostanze stupefacenti.

Chiunque guida in stato di ebbrezza è punito, ove il fatto non costituisca piu grave reato, con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da lire 25. 000 a lire 100.000».

Nell'art. 470 tra i «Requisiti generali fisici, psichici ed attitudinali, per il conseguimento della patente di guida» si trova scritto: « non possono in ogni caso conseguire la patente coloro che risultino fare abuso di bevande alcooliche ovvero siano dediti all'uso di sostanze stupefacenti, psicotrope ».

L'art. 587 del Regolamento del Codice della Strada (30.6.59) recita: <<Ferme restando le sanzioni previste dall'art. 132 del T.U. per la guida in stato di ebbrezza, al contravventore non sarà consentito di proseguire il viaggio alla guida del veicolo; questo se del caso potrà essere fatto pilotare fino alla piu vicina autorimessa,

rimanendo in consegna al proprietario o al gestore di essa con le normali garanzie per la custodia>>.

Come era stato detto, nessuno degli articoli citati fissa un limhe dell' alcoolemia, sebbene in molti altri stati esso non superi mai lo 0,8°/oo.

D'altra parte, sembra inutile stabilire una sanzione se non si ha alcuna possibilità di accertamento o utilizzare dati obiettivi empirici quali: dislalia, alito vinoso ecc.

A queste deficienze si supplisce con l'introduzione, anche in Italia, di un tasso alcoolemico determinato oltre il quale la guida è da ritenersi pericolosa.

Tale tasso alcoolemico viene posto a 0,8°/oo nell'art. 170 del progetto del nuovo codice della strada.

In detto progetto gli art. 170 e 171 riguardano, appunto, la guida sotto l'influenza dell'alcool e degli stupefacenti.

Art. 170 (guida sotto l'influenza dell'alcool).

1. È vietato guidare sotto l'influenza dell'alcool.

2. In caso di incidente o quando si abbia motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione psico-fisica derivante dall'influenza del1' alcool, gli ufficiali, funzionari e agenti di cui ali' art. 178 hanno la facoltà di effettuarne l'accertamento mediante l ' esame dell'aria espirata con un apparecchio avente le caratteristiche indicate con decreto del Ministero per i Trasporti di concerto con i Ministri per la Sanità, per l'Interno e per i Lavori Pubblici e approvato con decreto dal Ministero della Sanità.

3. Qualora dall'esame dell'aria espirata risulti un valore corrispondente ad un tasso alcoolemico superiore a 80 milligrammi per 100 millilitri (0.8 grammi per litro), l'interessato non può proseguire nella guida per un periodo di almeno tre ore dall'accertamento. Il veicolo, qualora non possa essere guidato da altra persona idonea, può essere fatto trainare fino al luogo indicato dall'interessato o fino alla piu vicina autorimessa e lasciato in consegna al proprietario o gestore di essa con le normali garanzie per la custodia.

4. Qualora dall'esame dell'aria espirata risulti un valore corrispondente ad un tasso alcoolemico superiore a 80 milligrammi per 100 millilitri l'interessato può chiedere di essere sottoposto tempestivamente a prelievo del sangue da effettuarsi a cura di un medico al fine di determinare il tasso alcoolemico.

5. Agli stessi fini il prelievo di sangue può essere disposto dagli ufficiali, funzionari ed agenti di cui al1' art. 178 in ogni caso di incidente stradale che abbia provocato danni alle persone nei confronti di coloro che risultano coinvolti nell'incidente sempre che dall'esa-

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me dell'aria espirata l'interessato risulti avere un tasso alcoolemico superiore a quello sopraindicato. L'esercizio di tale facoltà non è subordinato all'esame dell'aria espirata quando tale accertamento non sia possibile per le condizioni psico-fisiche del soggetto.

6. Il prelievo e l'analisi devono essere effettuati dalle categorie di medici e di organismi sanitari e secondo le modalità e le tecniche stabilite dal Ministro per la Sanità con decreto da emanarsi di concerto con i Ministri per i Lavori Pubblici, per i Trasporti e per l'Interno e, per quanto riguarda le analisi, con le garanzie previste dagli artt. 304-bis e seguenti del Codice di Procedura Penale .

7. Chiunque, sulla base di accertamenti di cui ai commi precedenti, ovvero di altri elementi di prova, risulti aver guidato sotto l'influenza dell'alcool è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da L. 90.000 a L. 150.000.

In caso di recidiva si applica la sola pena dell' arresto. Se dal fatto è derivato un incidente stradale le pene dell'arresto e dell'ammenda si applicano congiuntamente.

8. In caso del rifiuto dell'accertamento di cui al comma 2 il conducente è punito salvo che il fatto costituisca piu grave reato con l'arresto fino a dodici mesi o con l'ammenda da L. 150.000 a L. 300.000. In caso di rifiuto successivo ad incidente stradale dette pene si applicano congiuntamente.

Art. 171. (Guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti).

1. - È vietato guidare sotto l'influenza di sostanze stupefacenti o psicotrope o di preparati che comunque abbiano alterato lo stato psico-fisico del conducente.

2. Le sostanze ed i preparati di cui al comma precedente sono quelli indicati nelle tabelle di cui agli artt. 11 e 12 della legge 22 Dicembre 1975, n. 685.

3. Chiunque guida in tale stato è punito con l' arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da L. 90.000 a L. 150.000. In caso di recidiva si applica la sola pena dell'arresto. Se dal fatto deriva un incidente stradale le pene dell'arresto e dell'ammenda si applicano congiuntamente.

4. In caso di incidente stradale o quando si abbia motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi nelle condizioni indicate nel comma 1, gli ufficiali, funzionali ed agenti di cui all'art. 178 hanno facoltà di accompagnare il conducente nel piu vicino ospedale o pronto soccorso per un esame clinico generale e per il controllo delle urine, eventualmente del sangue o di altre secrezioni al fine di stabilire le condizioni predette.

5. In caso di rifiuto di sottoporsi agli accertamenti di cui al comma precedente, il conducente è punito con l'arresto fino a 12 mesi o con l'ammenda da L. 150.000 a 300.000. In caso di rifiuto successivo ad incidente stradale le dette pene si applicano congiuntamente.

6. Gli accertamenti di cui al comma 4 devono essere effettuati secondo le modalità e le tecniche stabilite dal Ministero per la Sanità con decreto da emanarsi di concerto con i Ministri per l'Interno, per i Lavori Pubblici e per i Trasporti; le analisi devono essere eseguite con le garanzie previste dagli artt. 304-bis e seguenti del Codice di Procedura Penale.

7. Si applicano se del caso le disposizioni di cui al comma 3 dell'art. 170.

Gli artt. 170 e 171 si propongono di assicurare, quindi, la prevenzione di quegli incidenti stradali causati, per inidoneità alla guida, dal conducente che viaggi sotto l'influenza dell'alcool e/o di sostanze stupefacenti e psicotrope.

Sebbene l'art. 170 fissi un limite akoolemico di 0,8°/oo, unificandosi cos{ al tasso vigente in altri paesi, la norma appare incompleta non tenendo conto che tassi alcoolemici inferiori possono risultare pericolosi se associati anche a piccole dosi di sostanze stupefacenti a causa del menzionato sinergismo. Inoltre, nel caso di completa negatività dell'esame dell'aria espirata, non si può escludere che il conducente in oggetto non si trovi sotto l'influenza di sostanze stupefacenti o psicotrope. Quindi, l'esame effettuato mediante l'alcoolimetria dell'aria espirata è insufficiente, non fornendo alcun elemento attinente all'art. 171. Sebbene l'uso di apparecchiature per l'esame dell'aria espirata consenta già di avere dosaggi abbastanza precisi e non possa essere ritenuto illegittimo sotto il profilo della costituzionalità, non costituendo una ispezione corporale o personale, cui si opporrebbe la garanzia di libertà stabilita nel1' art. 13 della Carta Fondamentale (Striani), piu complesso appare il problema del prelievo coattivo del sangue, che consente l'esame alcoolernico diretto. Questo è, d'altronde, il modo piu sicuro e preciso di accertamento. Secondo l'art. 13 della Costituzione, per effettuare detto prelievo occorrerebbe l'ordine del magistrato anche se cosi facendo il sistema avrebbe scarse possibilità di applicazione, potendo intercorrere un lasso di tempo troppo ampio nella ricerca del giudice, tale da inficiare il prelievo per l'ormai avvenuta metabolizzazione dell'alcool.

Comunque, come afferma Striani, l'infissione di un ago da parte di un medico non dovrebbe comporta-

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re un'ispezione corporale nel senso dell'art. 13. Ciò è ancor piu vero se a detto prelievo si riconosce la natura di un trattamento sanitario inteso non solo come trattamento terapeutico e preventivo ma anche come misura tesa ad accertare 1'esistenza o meno di una data condizione patologica. Il problema appare risolto, quindi, sulla base dell'art. 32 della Costituzione (Striani). Inoltre, sebbene il concetto di libertà personale sia un bene primario da tutelare, altrettanto essenziale e primario è il concetto di sicurezza pubblica e, sotto questo aspetto, la misura del prelievo di sangue dovrebbe essere ritenuto un ragionevole mezzo di tutela dell'incolumità dei consocia ti (S triani).

È quindi opportuno realizzare l'esame dell'aria espirata come prima conferma al sospetto dell'influenza dell'alcool, in quanto si tratta dell'obiettivo quantitativamente prevalente del divieto. Tuttavia è necessario, in qualsiasi caso, procedere al controllo delle urine, del sangue e ad un esame clinico generale, presso un pronto soccorso o altra struttura all'uopo attrezzata, non solo quando vi sia un incidente, ma ogni qualvolta vi sia una condotta che dia adito al sospetto di essere influenzata dai farmaci o dall'alcool. Non sembra vi sia, quindi, possibilità di uscita alla coattività dell'esame sistematico del sangue e delle urine, per la ricerca dell'alcool e delle sostanze stupefacenti e psicotrope. Non chiara appare, inoltre, la norma circa le modalità e le tecniche di accertamento che necessitano di una standardizzazione. È inoltre importante riesaminare la normativa che regola il rilascio di certificazioni di idoneità alla guida, con la creazione di centri plurispecialistici, cui demandare tutti gli accertamenti clinici e strumentali, non potendo la semplice qualifica di pubblico ufficiale, del medico certificante, garantire di per sé stessa una preparazione plurispecialistica.

CONCLUSIONI

Appare dunque chiaro il sempre piu stretto rapporto tra sostanze psicotrope, tra cui l'alcool, ed incidenza di sinistri stradali.

L'aumentata assunzione di stupefacenti e la comune associazione di essi con gli alcoolici, l'incremento dell'alcoolismo nei vari strati della popolazione costituiscono fattori di rischio di sempre piu grande peso, di cui la legge non può non tenere conto.

Pertanto, appare assolutamente indispensabile ed urgente la modifica del vecchio Codice della Strada e

l'applicazione delle nuove norme succitate, anche se passibili di modifiche e miglioramenti.

Riassunto. - Dopo una premessa sul consumo di alcool in Italia, sul suo metabolismo e sui suoi effetti sulla guida , vengono esposti gli articoli del Codice della Strada, attualmente in vigore, circa l'idoneità alla guida per l'influenza dell'alcool.

Dopo aver ricordato le critiche, da tempo formulate , nei confronti di tale normativa, vengono esaminati gli artt. 170 e 171 del progetto del nuovo Codice della Strada e si segnala l'assoluta indispensabilità ed urgenza dell'applicazione di tali nuove norme , anche se passibili di modifiche e miglioramenti.

Résumé. - Après une préliminaire sur la consommation d'alcool en ltalie, sur son métabolisme et ses effects sur la conduice , ils sont éxposés les arcicles du Code de la Rue, actuellement en vigueur, concemants l'aptilude à la conduite par l'influence de l ' alcool. Après avoir rappelé les critiques, formulées depuis l.ongtemps , a l'égard de telle normative , ils sont éxaminés les articles 170 e 171 du projet du nouveau Code de la Rue et on signale l'absolute indispensabilité et urgence dc I'application de ces l)_ouveaux règles, méme si susceptibles de modification et améliorations.

Summary . - After a generai overview on rhe consumption of alcohol in lta!y, on alcohol metabolisrn and on its effects on driving, the Authors expound the articles of rhe highway code in force regarding driving under the influence of alcohol. By recalling the most important criticisms expressed toward such a law, the Authors consider the articles 170 and 171 of the modification of the revised highway code and point out the indispensability and urgency of the application of rhe above said articles even if they may be subject to further revision.

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Direttore: Tcn Col. me Dr A RoDOFlL!ò

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Dr. A. Sinicco

INTRODUZIONE

Dai primi casi di polmonite da Pneumocystis carinii e di sarcoma di Kaposi segnalati dal C.D.C. nell'estate del 1981 (1,2), un numero sempre crescente di lavori ha mostrato la progressiva emergenza nel mondo di un nuovo tipo di patologia legata ad una grave depressione dell'immunità cellulo-mediata denominato AIDS (Sindrome da Immunodeficienza Acquisita). Appare ormai appurato che l'AIDS ed alcune sindromi ad essa correlate sono determinate da un particolare retrovirus denominato HTLV III - LAV (3, 4) capace di determinare nell'uomo un'infezione persistente nonostante la produzione di anticorpi (5).

In Italia la prevalenza di soggetti sieropositivi nelle categorie a rischio, ed in particolare nei tossicodipendenti, appare elevata (6, 7), mentre ancora relativamente limitato è il numero di casi di AIDS denunciati, 169 al 31/12/1985 (8).

Si può comunque ritenere che assisteremo nei prossimi mesi ad un notevole incremento dei casi di malattia, dal momento che i tempi di latenza dell'infezione sono molto lunghi e nel nostro paese il virus si è diffuso solo in un periodo relativamente recente (6,7). Al fine di valutare la presenza di casi di HTLV III nei giovani militari ricoverati presso l'Ospedale Militare di Alessandria durante il servizio di leva abbiamo ricercato gli anticorpi anti HTLV III in un gruppo selezionato di pazienti. I casi di positività definita sono s tati oggetto di un approfondito studio immunologico e sierologico.

MATERIALI E METODI

Nel periodo 15/6/1985 - 28/2/1986 sono stati esaminati 52 soggetti ricoverati presso l'Ospedale Militare di Alessandria. I motivi del ricovero erano costituiti da epatite acuta in atto o recente per 17/52 = 32,6%, epatite cronica per 6/52 = 11,5% , linfoadenopatie di natura da determinare per 12/52 = 23%, infezioni di varia natura per 12/52 = 23%, altri motivi per 5/52 = 9 , 6 %.

T u tti i pazienti sono stati sottoposti ad un' accurata visita generale ed agli esami comprendenti VES della prima ora, emocromo e formula leucocitaria, transaminasemia e creatininemia, VDRL.

La ricerca degli anticorpi anti HTLV III è stata eseguita presso il Centro Trasfusionale dell'Ospedale di Alessandria con metodica EIA della Abbot Diagnostics. I soggetti risultati positivi sono stati inviati alla Clinica delle Malattie Infettive dell'Università di Torino per ripetere la ricerca degli anticorpi anti HTLV ID con altra metodica immunoenzimatica (ELISA, Organon Kit).

È stato definito come caso di infezione da HTLV III ogni soggetto ripetutamente positivo alla ricerca di antic orpi specifici condotta con due diverse metodiche ed esposto ad una fonte di rischio (rapporti omosessuali, assunzione di stupefacenti EV, trasfusione di sangue e emoderivati).

Nei casi definiti di infezione è stata eseguita presso il Centro Trasfusionale dell'Ospedale Amedeo di Sa-

161

voia di Torino la tipizzazione linfocitaria con anticorpi fluorescinati delle serie OKT3, OKT4, OKT8 della Orthodiagnostics e successivo conteggio con citofluorimetro Spectrum 3 della Orthodiagnostics. In tutti i casi è stata effettata la conta delle piastrine, l'elettroforesi delle sieroproteine ed il dosaggio delle immunoglobuline. Sono stati altresi condotti accertamenti sierologici verso alcune infezioni frequentemente associate nelle categorie a rischio o che possono essere esse stesse causa di linfoadenopatia.

In particolare sono stati ricercati con metodica immunoenzimatica i markers dell'epatite Be gli anticorpi anti toxoplasma (lg totali ed lgM) e con metodica di immunofluorescenza indiretta le Ig totali e le Ig M contro l'antigene virocapsidico del virus di Epstein-Barr e contro il Citomegalovirus.

Si è inoltre proceduto alla esecuzione di un test di ipersensibilità ritardata mediante inoculazione intradermica di sette antigeni ubiquitari e anamnestici (Multitest Merieux) e misurazione a 48 ore di distanza dell'area di indurimento attorno ad ogni iniezione.

In due casi è stato possibile praticare presso la Clinica delle Malattie Infettive di Torino una biopsia linfonodale, sottoponendola successivamente per l'esame istologico all'Istituto di Anatomia Patologica dell'Università.

Tutti i soggetti ripetutamente positivi sono stati invitati a presentarsi nuovamente a distanza di tre mesi per un ulteriore controllo, ma solo per quattro di essi è stato possibile compiere osservazioni ripetute nel tempo.

RISULTATI - DISCUSSIONE

La ricerca di anticorpi ami HTLV III ha dato esito ripetutamente positivo in sette giovani di età variabile fra 19 e 21 anni, residenti nell'Italia Centrale e Settentrionale. Tutti i soggetti con positività ripetuta hanno riferito di aver fatto uso di eroina EV nei due anni precedenti il servizio di leva (tabella 1). Due di essi hanno affermato di aver avuto rapporti eterosessuali con soggetti a rischio provenienti da paesi stranieri.

Sei pazienti erano asintomatici, mentre in un caso il soggetto accusava da circa un anno copiose sudorazioni notturne (tabella 1). Una splenomegalia di 1 ° grado è stata riscontrata in tre pazienti su sette (42,8%). In tutti i casi definiti è stata ricontrata linfoadenomegalia della durata riferita da 1 a 8 mesi. Nei quattro soggetti che è stato possibile ricontrollare, la persistenza della linfoadenomegalia è stata verificata a distanza di 162

Tabella 1: Sintesi dei dati clinici ed epidemiologici

Età media 19 anni, range 19-2 1 anni

tre -sei mesi dal primo controllo. Sono risultate interessate da tre a sei stazioni extrainguinali, in prevalenza laterocervicali e ascellari, con una media di cinque stazioni per soggetto. I linfonodi erano mobili, indolenti, di consistenza duro elastica con un diametro variabile fra 1 e 3 cm. L 'esame istologico dei linfonodi laterocervicali prelevati da due pazienti ha permesso di evidenziare una linfoadenite ad impronta multinodulare, con aspetti di frammentazione dei centri germinativi da parte di un infiltrato di piccoli linfociti che all' esame immunoistochimico sono risultati T8. In un caso risultavano associati assottigliamento del mantello e proliferazione delle venule post-capillari, con piccoli focolai di emorragia nelle aree internodulari.

Il test di ipersensibilità ritardata non ha dato risultati valutabili con chiarezza per la mancanza di osservazioni ripetute. Due soggetti sono però risultati chiaramente iporeattivi, riportando lo score decisamente basso di 2,5/1.

Le indagini immunologiche hanno permesso di evidenziare una inversione del rapporto T 4/T8 in sei casi su sette (85,7%), con il riscontro in due casi di un numero di 54 minore di 400 per mm 3 , valore generalmente associato ad uno stadio evoluto dell'infezione (tabella 2). Linfopenia, con 1104 linfociti per mm3, era presente in un solo caso, mentre costantemente nella norma sono risultati i valori dell'emoglobina, dell'ematocrito , dei neutrofili e la conta delle piastrine. Ipergammaglobulinemia, con aumento delle IgG , è stata evi -

Frequenza % Assunzione cli Eroina EV 7/7 100 Rapporti omosessuali 0/7 o Trasfusione di sangue o omodcrivati 0/7 o Febbre 0/7 o Sudorazioni notturne 1/7 14,2
0/7
0/7
5/7 85,7
generalizzata 7/7 100 Splenomegalia J/7 42,8
Dimagrimento
o Diarrea
o Nessun sincomo
Linfoadenopatia

denziata in sei casi su sette (85, 7%), mentre in tre casi è stata riscontrata una positività aspecifica della VDRL, con TPHA negativo ed in assenza di lesioni luetiche in atto o riferite (tabella 3).

In cinque casi era presente modica ipertransaminasemia, con SGPT maggiori di 60 UI/1 e minori di 200, in un solo caso associata a positività dell ' HBsAg (tabelle 2 e 3). La notevole prevalenza dell'infezione da virus dell'epatite B in questi soggetti a rischio risulta confermata dalla positività riscontrata in quattro casi (57 ,1 %) dell'HBcAb, in tre dei quali associata a positività dell'HBsAb .

Titoli medio alti per l'antigene virocapsidico del virus di Epstein-Barr sono stati rilevati in quattro pazienti (57, 1% ), in accordo con quanto già segnalato in casi di linfoadenopatie persistenti dei tossicodipedenti (6-7). In tutti i casi erano presenti bassi titoli per il Citomegalovirus e il Toxoplasma (tabella 3). In ogni caso costantemente negative sono risultate le IgM specifiche.

Tabella 3: Sierologia

neg neg neg

HBcAb neg pos pos neg pos pos pos

HBsAb neg pos pos neg pos neg pos

VDRL + + + + t + neg neg neg neg t + + + TPHA

Questa indagine ha permesso di evidenziare una non trascurabile prevalenza dell'infezione da HTLV III (pari al 13,4%) in un gruppo di pazienti selezionati con criteri clinici. Le nostre osservazioni confermano il frequente riscontro nei tossicodipendenti italiani di una linfoadenopatia persistente generalizzata associata ad anti HTLV III positività (6-7). Questa linfoadenopatia appare strettamente correlata a quella descritta nei maschi omosessuali degli U.S.A. (9-10). Un cluster epidemico di linfoadenopatie persistenti è stato segnalato a partire dal marzo 198.3 nei tossicodipendenti di Milano in corrispondenza della diffusione dell'infezione da HTLV III (6).

La linfoadenopatia persistente generalizzata deve quindi essere considerata come uno stadio dell'infezione virale che può precedere di mesi o anni l'evoluzione di una sindrome da immunodeficienza conclamata (11-12-13).

Intendiamo pertanto sottolineare la necessità di un accurato follow up clinico e laboratoristico di questi soggetti, da condurre in collaborazione con centri specialistici, al fine di cogliere il piu precocemente possibile eventuali segni di evolutività dell'infezione e garantire in ogni caso a questi pazienti la migliore assistenza, pur nella attuale mancanza di presidi terapeutici chiaramente efficaci.

Riassunto . - Gli Autori espongono lo studio effetruato in sette Sot,Jletti risultati HTLV III positivi.

Confermano il frequente riscontro di linfoadenopatia generalizzata e persistente.

Résumé . - Lcs huteurs exposent l'étudc effecrué sur sept sujets qui som résultés HTLV lii positifs.

Ils co nlirment la fréquente vérification de lymphadénopathie généralisée et persistanre.

Summary. - The Authors present a srudy concerning seven subjects HTLV III positive.

They confirm the frequent presence of generalized and persistent lymphoadenopathy.

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Tabella 2: Indagini ematochimiche ed immunologiche CASI 1 2 3 4 5 6 7 Linfociti/mm3 1104 1883 3300 1932 3078 2664 2664 OKT4/mm3 279 237 828 589 1215 610 873 OKT8/mm3 462 1124 966 681 1123 1223 1079 ratio T4/T8 0,60 0,28 0,85 0,86 1,08 0,49 0,79 IgG mg/100 mJ 1550 1690 1039 1570 2000 2010 1875 SGPT UI/l 164 48 37 60 88 65 82
1 2 3 4 5 6 7
neg neg neg neg
HBsAg
neg
neg Anti EBV-VC l g Tor 1128 320 20 40 160 20 160 Anti CMV Ig Tor 16 16 16 16 16 16 16 Anti Toxoplasma Ig Tot 4 neg 8 64 8 neg 8
neg neg neg neg neg
16.3

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE FACOLTÀ DI FARMACIA

Preside: Prof. G. COLOSI

STABILIMENTO CHIMICO FARMACEUTICO MILITARE

Direttore: Magg. Gen. Chim. Farm. Dr. V. PANDOLFO

PRECISAZIONI SULLA NOMENCLATURA DI ALCUNI MEDICAMENTI RIPORTATI NELLA

FARMACOPEA UFFICIALE - IX Edizione - Voi. II

Prof. Giovanni Renz.i*

Ten. Col. Cbim. Farm. Gianfranco Polidori**

La Famarcopea Ufficiale della Repubblica Italiana è una raccolta di disposizioni, pubblicate sotto il controllo governativo, contenenti dati relativi al riconoscimento, a1 controllo di qualità, al dosaggio analitico e tossicologico, alla conservazione, all'uso e ali' eventuale limitazione di vendita dei farmaci.

La Famacopea risulta cosi un vademecum chimicofarmacologico, biologico-terapeutico, utile e indispensabile per le farmacie, per l'industria farmaceutica e per i vari operatori nei settori della medicina, chimica, biologia e altre discipline. Essa deve rappresentare altres{ un manuale chiaro ed efficace anche per la formazione professionale degli studenti universitari. Come in ogni valido testo devono emergere con chiarezza i contenuti, il metodo e il linguaggio.

La nomenclatura dei farmaci, quando si tratta di molecole organiche di una notevole complessità, come spesso è il caso, può creare ambiguità che deve essere esplicitata correttamente, cioé in modo univoco. Una lettura doverosamente attenta del secondo volume della F.U. IX ed. (1985) fa emergere - a nostro avviso - alcune perplessità.

La stereochimica dell' Etambutolo non può essere indicata con il descrittore assoluto R. Infatti la configurazione assoluta dei due centri chirali nella molecola dell'etambutolo è S e non R. Inoltre per evidenziare che i due centri chirali hanno la stessa configurazione, la IUPAC suggerisce l'uso del descrittore assoluto S seguito dai descrittori relativi R *, R * - racchiusi in parentesi - i quali specificano per l'appunto la stessa configurazione dei due centri chirali. La simbologia [S-(R *, R*)], raccomandata dalla IUPAC, sarebbe da preferire all'espressione piu riduttiva (S,S).

Tenendo conto della simbologia IUPAC per indicare la configurazione assoluta di due centri chirali in u n a molecola a catena aperta, anche nel caso del Cloramfenicolo il descrittore stereochimico (lR, 2R) dovrebbe essere sostituito dalla seguente indicazione [R(R * ,R*)].

Analogamente all'etambutolo anche la stereochi-

mica della Fenilefrina non può essere indicata dal descrittore S. Sembrerebbe infatti che il centro chirale debba presentare configurazione assoluta R, e non S. Nella Rolitetraciclina gli atomi chirali in 4a e 5a hanno configurazione S e non R; al contrario nella Dossiciclina la configurazione assoluta del centro chirale in 6 è Re non S.

A questo punto emerge una considerazione generalizzabile. Nelle tetracicline, negli antibiotici {3lattamici e in genere nei composti aventi due o piu centri chirali in un anello a otto membri o piu piccolo, sarebbe stato piu opportuno per motivi di chiarezza e di semplicità indicare solo la configurazione assoluta (R o S) del centro chirale di riferimento (ossia dell'atomo dell'anello che porta il gruppo senior di riferimento) e usare i descrittori relativi a e {3 - racchiusi in parentesi - per esprimere la stereochimica degli altri centri chirali dell'anello. Per esempio, nel caso della rolitetraciclina bastava solo indicare la configurazione assoluta del centro chirale 4S. La correlazione tra i cinque centri stereogenici viene indicata dall'espressione: 4a, 4aa, 5aa, 6(3, 12aa racchiusa in parentesi tonda. Pertanto l'informazione stereochimica totale della rolitetraciclina sarebbe stata meglio evidenziata dall'espressione: 4S-(4a, 4aa, 5aa, 6{3, 12aa).

Analogamente per la dossiciclina sarebbe da preferire l'espressione: 4S - [(4a, 4aa, 5a, 5aa, 6(3, 12aa)J al posto di (4S, 4aR, 5S, 5aR, 6R, 12aS).

A proposito delle monografie Efedrina ed Efedrina Cloridrato non pare accettabile la modificazione proposta per il nome chimico nel passaggio dalla base libera al sale. Infatti, in seguito a tale modificazione, i centri chirali del cloridrato di efedrina, pur avendo la stessa configurazione assoluta della base libera, non possono essere piu indicati dal descrittore stereochimico (lR,

* Professore associato in Chimica Farmaceutica e Tossicologica presso la Facoltà di Farmacia dell'Università di Firenze.

** Capo Servizio Lavorazioni e Capo Ufficio Organizzazione e Metodi presso lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare.

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deU'efedrina stessa, perché la nomenclatura chimica non fa piu riferimento all' 1-fenil-propan-1-olo, ma al fenetilammonio, e quindi il gruppo idrossilico, che è in {3, non può esser preceduto da alcun numero, e tanto meno dall' 1.

Sempre riferendosi ad osservazioni di stereochimica, si segnala la Levomeproma:dna mal.eato che la F.U. riporta senza far ricorso ad alcun descrittore stereochimico, relativo o assoluto, da anteporre al nome chimico. Eppure, il composto è otticamente attivo (come del resto risulta dallo stesso prefisso levo-). Per dovere di precisione la nomenclatura chimica di questo medicamento dovrebbe essere: maleato di (R)-2 -metossi - N,N, {3-trimetil- lOH-fenotiazina-10-propanammina.

Anche nel caso della Noradrenalina tartrato acido non viene anteposto alcun descrittore al nome chimico, a differenza di quanto si riscontra per l'Adrenalina tartrato acido. Eppure la F.U. riporta il valore del potere rotatorio specifico del tartrato acido di noradrenalina nella relativa monografia. Sarebbe stato inoltre opportuno che la nomenclatura della noradrenalina si fosse uniformata a quella della adrenalina o viceversa. L'esatta nomenclatura chimica del tartrato acido di noradrenalina è [R-(R* ,R*))-2,3-diidrossibutanodioato di (R)-4-(2 - amino - 1 - idrossietil) - 1,2-benzenediolo.

Un altro esempio di non corretto impiego dei descrittori stereochimici si riscontra nel caso del Levorfano/o tartrato. Qui al contrario della levomepromazina e della noradrenalina, viene indicato il simbolo R che non avrebbe dovuto essere anteposto, in quanto da solo è insufficiente a specificare i centri chirali del morfinano, il composto a cui si fa riferimento per la nomenclatura del levorfanolo stesso. Forse il simbolo R poteva essere l'inizio dell'espressione piu completa [R-(R*,R*)] usata per indicare, come nell'esempio precedente, il nome chimico dell'acido tartarico che salifica il levorfanolo.

Un'ultima osservazione, sempre nel campo della stereochimica, va fatta a proposito della Clindamicina. In questo metil tioglicoside la configurazione del centro anomerico (tioglicosidico) è a e non /3.

La formula di struttura dell'Eritromicina è incoerente con quelle riportate per gli altri glicosidi, poiché le forme cicliche dei due monosaccaridi presenti (Lcladinosio e D-desosammina) non vengono rappresentate nel modo generalmente accettato, ossia secondo la formula di proiezione di Haworth, ma secondo quella di Mills (?). E ciò risulta inspiegabile, dal momento che in tutti gli altri esempi di composti contenenti carboidrati, la F.U. ricorre logicamente alle formule di proiezione di Haworth quando vuole rappresentare la struttura della parte relativa allo zucchero.

Nel campo degli antibiotici {3-lattamici sarebbe stato augurabile che la nostra F.U. si fosse uniformata ad uno stesso tipo di nomenclatura chimica. Infatti per le penicilline essa non ricorre pu al sistema di base (peraltro ormai obsoleto) denominato penam, ma fa riferimento al sistema del 4-tia-1-azabiciclo [3.2.0] eptano, accettando cosi la nomenclatura internazionale . Al contrario, per la denominazione chimica delle cefal osporine, la F.U. continua quasi puntigliosamente a fare riferimento al sistema ciclico antiquato del cefam (o meglio del cef-3-em). Sarebbe stato forse piu coerente usare anche per la nomenclatura di questi ultimi composti il sistema di riferimento del 5-tia-1-azabiciclo [4.2.0] ottano, in analogia a quello delle penicilline.

Negli ormoni steroidei i descrittori stereochimici a e (3, che come è noto indicano la configurazione di un sostituente nei confronti dei metili angolari in C-10 e C-13, dovrebbero essere usati in modo adeguato, ricorrendo cioé ad essi quando la configurazione dei vari centri stereogenici si presenta diversa dal composto base («parent compound»; idrocarburo di riferimento). Per venire ad esempi concreti: tutti i glicocorticoidi sono presentati con la specificazione a del sostituente in 17 e/o in 9, quando essa non risulterebbe necessaria poiché non è cambiata la configurazione del composto «parent» naturale, il pregnano. Al con trario, tale specificazione sembrerebbe indispensabile nel caso del Noretandrolone e dello Spironolattone, se si vuole evitare che il nome chimico contraddica la rappresentazione strutturale. Quindi per dovere di precisione nella nomenclatura chimica del noretandrolone e dello spironolattone dovrebbe essere inserito il descrittore relativo a preceduto dal locante 17 e anteposto al pregnano.

Per alcuni ormoni (Noretandro/one e Noretinodrel) si ravviserebbe inoltre l'opportunità di uniformare la nomenclatura facendo riferimento al medesimo composto <<parent».

Nei derivati dell'acido barbiturico i locanti lH, 3H, 5H - che stanno ad indicare l'idrogenazione degli atomi 1,3 e 5 - dovrebbero essere messi tra parentesi tonda e soprattutto dovrebbero non precedere ma seguire i numeri 2,4 e 6 che indicano precisamente le posizioni degli atomi di carbonio aventi i gruppi carbonilici. Quindi sarebbe piu opportuno scrivere: 2,4,6 (1H,3 H,5H) - pirimidinatrione oppure pirirnidina-2,4,6 (1H,3H,5H) - trione e non «lH, 3H, 5H - pirirnidin 2,4,6 -

Nel caso del Tiopental.e sodico l'espressione che indica il sistema di riferimento (acido tiobarbiturico) potrebbe essere completata aggiungendo il prefisso diidroprima del termine pirimidinadione. Ciò anche in ana-

2S)
166

logia a quanto riportato dalla stessa F.U. per tutti i sali monosodici dei derivati dall'acido barbiturico. Pertanto la dizione chimica del tiopentale sodico dovrebbe essere: sale monosodico dell'acido 5-etil-5-( 1-metilbutil)-2-tiosso-diidro-4 ,6 (1H,5H)-pirimidinadione e non semplicemente «5-etil-5-(1-metilbutil)-2-tiosso-lH, 5H-pirimidin-4,6-dione».

In altri casi potrebbe sorgere una discrepanza tra la struttura riportata e la nomenclatura corrispondente. È il caso del Metiltiouracile.

Sembra opportuno uniformare la struttura al nome chimico (tenendo conto che il tiouracile è un derivato del 2,3-diidro-4 (lH)-pirimidinone).

La struttura di tipo pirimidinico riportata nella F.U., vorrebbe forse rappresentare uno dei possibili isomeri a cui può dar luogo il metiltiouracile. Ma sarebbe stato piu adeguato usare quale formula di struttura del metiltiouracile quella che lo indica come derivato del 2-3-diidro -2-tiosso-4(1H)-pirimidinone, e non come derivato della 4-idrossi-2-mercaptopirimidina. Infatti, come è noto, le cosi dette basi pirimidiniche e puriniche presentano sempre strutture di tipo lattamico e non lattimico. Ciò pre, messo, la formula di struttura del metiltiouracile dovrebbe essere uniformata alla dizione chimica; quest'ultima a sua volta dovrebbe essere indicata come 2,3-diidro-2-tiosso-6-metilpirimidin-4(1H)-one, e non come «l,2-diidro-2-tiosso-6-metilpirimidin-4-one».

Anche nell ' Azatioprina c'è discrepanza tra struttura e denominazione chimica. È difficile sp iegare la presenza del locante lH davanti al nome purina, quando la formula di struttura, che sovrasta la nomenclatura , suggerirebbe il locante 7H. Pertanto sarebbe opportuno modificare la formula di struttura ponendo l'atomo di idrogeno sull'azoto in 1.

Anche a proposito della monografia relativa alla CkJnidina, sembra opportuno uniformare il nome chimico alla sua struttura. Infatti, mentre quest 'ultima evidenzia un anello imidazolico tetraidrogenato (imidazolidina), la denominazione chimica starebbe ad indicare che nella molecola fosse presente un imidazolo diidrogenato.

In alcuni casi (Mepacrina, Bromosol/o/taleina e Bumetanide) si sarebbe dovuto dare una diversa numerazione al sistema ciclico di riferimento, tenendo conto delle norme TUPAC per i sostituenti ad esso legati. Per esempio, nel caso della mepacrina, la posizione del metossile dovrebbe essere indicata da un numero piu basso rispetto a quello del cloro, essendo il gruppo metossilico prioritario. Analogamente nel caso della bromosolfoftaleina è il raggruppamento tetrabromoftalidilidenico che richiede il numero piu basso rispetto al grup-

po idrossilico. Anche nella bumetanide il raggruppamento solfamoilico ha la precedenza su quello butilamminico e quindi esige il numero piu bas so. Si riportano di seguito i nomi chimici di questi tre principi attivi:

Mepacrina cloridrato = dicloridrato di N 4-(6-cloro-2-metossi-9-ac ridinil)-N 1 , N 1-dietil-1, 4-pentanodiamrnina.

Bromosolfoftaleina sodica= sale di-sodico dell'acido 3 ,3 ' -( 4 ,5 ,6, 7-tetrabro-moftalidilidene)bis(6-idrossibenzenesolfonico).

Bumetanide = acido 5-(butilamino)-4-fenossi-3-solfamoil-benzoico.

Per quanto attiene al Diazepam, la nomenclatura chimica dovrebbe far riferimento al 2H-1, 4-benzodiazepin-2-one, uniformandosi a quella del Clonazepam e dell ' Ossazepam. Pertanto il diazepam dovrebbe essere indicato come 7-cloro-5-fenil-l-metil-l, 3-diidro-2H-1, 4-benzodiazepin-2-one e non <<7-cloro5-fenil-1-metil-2, 3-diidro-lH-1, 4-benzodiazepin-2-one».

Riguardo alla nomenclatura chimica della Chinina e della Chinidina non sembra molto idonea la scelta del composto di riferimento operata dalla F.U.: per maggiore chiarezza e semplicità si poteva privilegiare il sistema cinconano.

A proposito poi della nomenclatura relativa ai principi attivi contenenti il sistema del trapano sarebbe stato augurabile, al fine di evitare l 'insorgere di discrepanze, fare riferimento sempre ad uno stesso composto di base e seguire un unico criterio nell'indicazione dei rispettivi descrittori stereochimici.

Infine potrebbero essere attribuibili a refusi di stampa anche altre imprecisioni da inserire in una eventuale «errata corrige>>. Per esempio, la Cloramina, indicata come sale sodico della N-cloro-p -toluen-solfonimide» sarebbe da correggere in: sale sodico della Ncloro-p-toluen-solfonamide. Anche il Dapsone, indicato come «4,4'-solfanildianilina sarebbe da correggere in: 4, 4 '-solfonildianilina.

Riassunto . • Gli Autori, allo scopo cli dare un contributo di chiarezza, propongono alcune precisazioni in merito alla nomenclatura usata per alcuni medicamenti riportati nella Farmacopea Ufficiale IX edizione (Volume ll), recentemente pubblicata.

Résumé . - Les A.A., dans le but de donner une contribution, suggèren t des éclaircissments sur la nomenclature de quelques médicaments mentionnés dans la Pharmacopée Nationale 9ème édirion, récemment publiée.

Summary . - Tue A.A . in order to give a contribution about the nomenclature of some medicaments included in National Pharmacopoe.ia 9th cdition, recently issued, suggest some considerations.

N.B. • Il presente lavoro è pervenuto in Redazione nel giugno 1986.

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Dirertort" Col. me Dr . T B1A1sn Il

UN IVERSITÀ DE G LI STUDI DI BARI FACOLTÀ DI SCIENZE - DIPARTIMENTO CHIMICA ANALIT[CA

INDAGINE SUL CONTENUTO TOTALE DI PIOMBO NEL SANGUE (P IOMBEMIA )

SU UN CAMPIONE OMOGENEO PER ETA' E SESSO NELLA PUGLIA

Cap. C h im. Farm. G. Manella

Dr. F. Fiwne

Cap. Me. F. Giannelli

li piombo e un elemento che presenta elevata tossicità quando nell'organismo supera determinati livelli (sono stat i descritti avvelenamenti cronici da piombo con concentrazioni ematiche di 60 mcg/ J 00 ml ) (1 ), mentre, se pur a livelli molto bassi, sembra addirittura essenziale (2).

I dati relativi al piombo sono molto recenti e non ancora sufficie ntemente confermati dare le difficoltà sperimentali insite in questi stu di; al contrario ciò non si verifica per altri elementi il cui comportamento è ben noto.

Il contenuto di piombo nell'organismo è da porre in rela zione ad una esposizione naturale legata a lla composizione del terreno e quindi in definitiva dei cibi e alla esposizione da inquinamento derivante dallo sviluppo industriale per il molteplice uso che se ne fa nei vari campi. Particolare importanza, sia per la quantità che per la diffusione, si deve dare al piombo immesso nell'ambiente attraverso l'uso di benzine addizionate con composti del piombo per a ument a rne il numero di ottano .

È molto diffi ci le stabilire il rapporto esistente fra piombo di origine industri a le e piombo proveniente dalle benzine, anche se in tale se n so sono stati compiuti sforzi notevoli. In genere il livello corporeo di piombo è messo in relazione con lo sv iluppo industriale e con il traffico automobilistico. Per quesco motivo , anche in vista della riduzion e del piombo nelle ben zine, s i e pensato di compiere una indagine per misurare la piombemia su un campione abbas t anza omogeneo per età e sesso nel territori o pugliese, sia per «fotografare » la situazione at tuale, sia per rendere signifi cativ i eve ntu ali co nfronti con indagini future onde poter seguire l'evolversi del fenomeno.

Si è ritenuto perciò, che l'util izzazione della struttu r a dell'Ospedale Militare di Bari per i prelievi fosse ideale per ottenere camp ioni con ca ratterist i-

Ten. Col. Cbim. Farm. G. Va lemini

che abbastanza controllabili ed omogenee, quali :

1 - Età;

2 - Sesso;

3 - Assenza di malattie in grado di influenzare il metabolismo del pi ombo;

4 - Resid enza;

5 - Attività lavorativa;

6 - Abitudine al fumo ( S IN) .

MODALITÀ DI PRELI EVO DEI CAMPION I

D ato il basso liv ello di piombo esistente ne l sangue e quindi la relativa facil ità di inquinamento, il prelievo è stato particolarmente cu r aro e controllato. A tale scopo sono state effettuate delle prove di cessione di piomb o sia su lle provettine di pol ie t il ene destinate a contene re i campion i che sulle sir in ghe ed agh i utilizzati per il prelievo. Sono stati inoltre controllaci tutti i reagenti adoperati durante l'analisi, compresa la Li- eparina usata come anticoagulante dal momento c he prove precedenti con ED T A avevano messo in luce una forte contam inazione dello stesso da piombo. Ogni campione è sta to correlato con notizie c irca la residenza, l'attività lavorativa e l'abitudine a l fumo del portatore.

METODO D I ANALISI

Le determinazioni sono state effettuate nel Laboratorio C himico della USL Ba 11 con la tecnica dell a spe ttr osco pi a di assorbimento atomico con fornetto di grafite munito di piattaforma. Il metodo scelto possiede molt e pli ci vantaggi:

1 - Alta se nsibilità;

2 - Bassi limiti di rivelabilità;

3 - Relativa semplicità s ia nelle misure che nel trattamento del campione;

4 - Cosro non eccessivo.

OSPEDALE MlLIT ARI:. «L. BO NOMO» Dl BARI»
168

L'uso della piattaforma di grafi ce (3) è relativamente recente; con questa tecnica, facilmente utilizzabile anche con fornetti normali, senza acquistare i mo lto costosi fornetti dedicati, è possibile affrontare matrici molto complesse, quali il sangue, con Ottimi risultati.

Con l'uso di questa metodica si è resa necessaria una preventiva diluizione. A tal fine ogni campione di sangue è sta to diluito per 5 volte con triton allo 0,2% in acqua distillata. Particolare cura è stata posta nella costruzione della curva di caratura. D opo vari tentativi è stato scelto il metodo delle aggiunte successi ve eseguito sul campione a più bassa concentrazione a disposizione. Per l'ottimizzazione della curva stessa, inoltre, ci si è valsi di un computer App ie lle con un programma di fitcing polinomiale. Anche la scelta della temperatura di essiccamento, di incremento, di atomizzazione e dei relativi tempi è stata effettuata con molta cura e dopo ripetuti tentativi. Nella Fig. 1 è riportata la rampa che ha fornite i risultati migliori.

RISULTATI

Nelle figg. 2 e 3 sono riassunti i dari relativi a tutte le analisi effettuate, divise in due gruppi non omogenei, primaverile ed autunnale.

Occorre a questo punto rilevare che la differenza che si riscontra era i valori medi della piombemia in primavera ed in autunno è dovuta principalmente aJ fatto che in primavera si produce un aumento di mobilizzazione di piombo dalle ossa da parte del calcio la cui maggiore deposizione è diretta conseguenza dell'aumento di produzione di vitamina D che è caratteristico della stagione primaverile. Da un esame attento delle figg. 2 e 3 si evidenzia che:

1 - I valori mcdi durante la primavera e l'autunno sono rispettivamente di 125 e 99 ppb.;

2 - Vi è una distribuzione log normale di c.;

3 - Il coefficiente di variazione geometrico è di orca I .4.

F PRIMAVERA

It(sec.)

Fig. 1

L'appl icazione della metodica di ana lisi a campioni standard dell'Ufficio Superiore di Sanità ha evidenziato una precisione del 2 . 5% al 95% di probabilità, mentre l'accuratezza è risultata inferiore, nei valo ri trovaci, del 15% rispetto al dichiarato.

Non si è ritenuto op portuno , tuttavia, apportare delle correzioni ai valori trovati, sia per l'esiguità dell a differenza sia perchè gli standards non erano stati utilizzaci immediatamente e quindi potevano aver subito qualche modifica nel loro contenuto in pio mbo.

T
100
200
11 1 ,6 1,8 • "'.. log di C Fig. 2 AUTUNNO F 1. Fig. 3 Ìog.diC 169
1111.. 111 I

Queste conclus ioni sono ana loghe ad a ltre cui sono p ervenuti studi compiuti sullo stesso problema. Per ciò che riguarda in particolare la situazione pugliese, i dati rip ortati indicano che il livello di piomb em ia riscontrato è medio-basso, tipico, cioè, di zone a basso livell o industriale e poco urbanizzate (a questo proposito vedasi la tabella 1 ).

Città Valori riscontrati ( ppb )

Pechino

Tokio (se nza Pb nella benzina) 6°

Torino

Ci età del Messico

-I

°

Dall'analisi statistica dei dati non risultano differe nze sign i ficative per quanto riguarda tutti i dati r accolti nella scheda eccetto per l'abitudine al fumo.

Dalle figg. 4 e 5 si deduce che, per quanto riguard a i dati relativi ai sottogruppi fumatori e non fumatori, vi è una notevole differenza sia in pr imavera che in autunno .

Da notare, inoltre, che la significatività è mo lto più evidente nella frazione a basso livello di piombo.

Ciò porta alla ovvia conclusione che quando il livell o di piombo in un individuo è basso, l'abitudine al fumo porta ad un significativo aumento della piombemia.

Anche questa è una ulteriore conferma di quanto gia osservato in aJtre precedenti indagini.

Riassunto. - Gli Autori hanno effettuato una indagme statistica dei livelli ematici di piombo su un campione omogeneo per sesso ed era con l'intento di ricercare eventuali relazioni con l'abi tu dine al fumo, il lu ogo di provenienza, l'andamento stagiona le.

Résumé. - Lcs Aureurs ont affecrué une recherche stariscique dcs niveaux hématiq u es dc plomb sue un échancillon homogène pour sexe et age, avcc le but de rech erche r évencucls rélarion\ avec l'abitude à la fumée, au lieu de provenancc, à l'allure sai~onniere.

Summary. - The Authors have made a statistica! rcsearch of hacmaric levels of lead on homogencous samp les of sex and age in order to find possiblc connections w1rh cusrom of smokmg, with piace of origin, w11h cou r se of seasons.

BIBLTOGRllFTA

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F F f.ig
F PRIMAVERA I .6 1.8 AUTUNNO fumatori I II 11 l,11 I, non fumatori 2 ,0 I fumatori I I, I ti I F non fumatori I 1 6 Fig. 5 1 8 2 .4 log.diC 170
20°
22

OSPEDALE MILITARE DI VERONA

Direnore CoL me M PLESCIA

REPARTO MEDICINA

Capo Reparto : Ten. Col me F. MAK'l1.UA

ISTITUTI OSPITALIERI DI VERONA

CATTEDRA E DIVISIONE DI NEFROLOGIA MEDICA

Direttore: Prof G. MASCHIO

NEFROPATIA DA IgA IN GIOVANI MILITARI DI LEVA

F. Martella*

D. Di Piramo *

INTROD UZIONE

La nefropatia giomerulare da Ig A rappresenta un peculiare tipo di glomerulonefrite il cui riscontro è andato in questi ultimi anni progressivamente crescendo. Berger nel 1968 descrisse per primo una glomerulonefrite cronica con quadro bioptico renale caratterizzato da una preponderante deposizione a livello mesangiale di materiale che, identificato mediante la tecnica dell'immunofluorescenza, risultò costituito da lg A.

I numerosi studi compiuti negli anni seguenti hanno evidenziato che tale malattia ha una più elevata incidenza rispetto al passato non tanto per una accresciuta morbilità quanto per la sempre maggior diffusione della tecnica bioptica renale in soggetti con anomalie urinarie isolate, paucisintomatici.

ANATOMIA PATOLOGICA

Il quadro istopatologico è schematicamente rappresentato nelle tabelle 1/A e 1/B.

CLINI CA

Le manifestazioni cliniche in fase iniziale possono essere lievi o assenti e comunque il quadro è dominato dall'ematuria che può manifestarsi sotto tre forme (1):

1) episodio isolato di ematuria macroscopica;

2) episodi ricorrenti di ematuria macroscopica alternati a periodi di ematuria microscopica asintomatica;

3) ematuria microscopica con alcuni episodi di ematuria macroscopica.

Pressoché constantemente associata all'ematuria è una proteinuria piu o meno spiccata.

M. Pugliese*

A. Lupo **

G. Farina*

G. Maschio**

L'ematuria è spesso associata e/o preceduta da un episodio di infezione delle vie aeree (2).

In questo caso l'intervallo tra l'infezione e la comparsa dell'ematuria è caratteristicamente molto corto (24-48 h) e la durata della macroemacuria che ne consegue varia da poche ore ad alcuni giorni. In un piccolo numero di pazienti, infine, l'episodio di ematuria macrospica può essere associato con sindrome nefritica o insufficienza renale acuta, di solito reversibile. Nei successivi follow-up è frequente riscontrare ematuria microscopica intermittente e proteinuria di lieve o media entità. Altri pazienti hanno invece episodi ricorrenti di ematuria macroscopica, manifestantisi spesso in concomitanza di sforzi fisici incensi o infezioni delle vie aeree; l'intervallo lra i vari episodi può variare da pochi mesi ad alcuni anni ed il numero degli episodi da 1 a 15 (3).

Nei pazienti che non riferiscono episodi di ematuria macroscopica, l'ematuria microscopica asinwmatica viene svelata quasi sempre durante casuali esami delle urine. In questo gruppo di pazienli l'evidenza di un episodio di ematuria macroscopica nel susseguente follow-up è un evento eccezionale (3 casi su 165 sec. D'Amico) (3). Ta le ematuria microscopica è di solito persistente, talora imermittente e la sua entità è facilmente rilevata dal test di Addis. L'incidenza clinica delle tre sindromi appena descritte dipende dall'età dei pazienti; con l'avanzare dell'età l'incidenza di ematuria microscopica ricorrente decresce progressivamente mentre l'ematuria macroscopica isolata viene a costituire uno dei sintomi pi~ frequenti. D'altronde, i dati della

* dell'O~pedale Militare di Verona;

** degli Istituti Ospitalicri di Verona.

Comunicazione al 1 Cong=so Internazionale di Medicina Militare. Roma, Settembre 1986.

171

Tab. 1/A Quadro microscopico della M. di Berger

1) MICROSCOPIA OTTICA

- Lesioni glomerulari minime

- Glomerulonefrite proliferativa focale

- Glomerulonefrite proliferativa diffusa

a) lieve

b) moderata

c) severa

- Glomerulonefrite proliferativa diffusa con «crescents»

2) MICROSCOPIA ELETTRONICA

- Inspessimento mesangiale diffuso con aumento di volume dei citoplasmi e della matrice

- Grossi depositi elettrondensi mesangiali localizzati

- Depositi elettrondensi all'esterno e nel contesto della M.B. dei capillari glomerulari ed in sede subendoteliale

Tab. 1/B

Natura dei depositi rilevabili con l'immunofluorescenza nella M. Di Berger.

letteratura confermano l'alta incidenza dell'ematuria microscopica ricorrente come caratteristico segno clinico nei pazienti pediatrici (4) (5). Meno frequentemente la malattia può esordire come sindrome nefrosica o insufficienza renale acuta o cronica.

STORIA NATURALE

La storia naturale della nefropatia da Ig A è caratterizzata dal fatto che è difficile stabilire il momento d'inizio della malattia (soprattutto nel gruppo di pazienti con proteinuria asintomatica ed ematuria microscopica senza ematuria macroscopica) per cui la malattia rimane a lungo misconosciuta. Inoltre va sottolineato che attualmente il follow-up-post-bioptico è troppo corto e quindi a tutt'oggi non si è in grado di stabilire l'intervallo di tempo necessario affinché la nefropatia evolva verso l'insufficienza renale cronica.

Le curve di sopravvivenza su larghi gruppi di malati sono state recentemente pubblicate in molti Paesi ed evidenziano in media una sopravvivenza reale del 90% a 10 anni e del 75% a 20 anni (6) (7) (8) (9).

La progressione della malattia, comunque, sembra essere accelerata da occasionali episodi infettivi oppure può essere aggravata da episodi di ematuria macroscopica massiva o da aumento di frequenza degli episodi di ematuria microscopica (1).

L'ipertensione arteriosa si sviluppa frequentemente durante la progressione della malattia ed è correlata ad un aumento della creatininemia. In alcuni pazienti l'ipertensione assume un andamento maligno con un accelerato decorso: la sua incidenza è variabile ma sembra aggirarsi intorno al 7-10% (10) (11). Da rilevare infine che la nefropatia da Ig A recidiva frequentemente dopo trapianto renale, a distanza di 1-4 anni dall'intervento sostitutivo (12) (13).

MATERIALI E METODI

Il nostro studio, articolatosi in un arco di tempo di circa 16 mesi (gennaio 85 - maggio 86), ha preso in considerazione giovani militari di leva giunti alla nostra osservazione per anomalie urinarie isolate suggestive di nefropatia glomerulare.

L'iter diagnostico è consistito nell'eseguire degli esami bioumurali di routine, nel dosaggio della proteinuria/24h, nel test di Addis e nei seguenti esami strumentali: Rx addome in bianco per ombre renali, ecografia addominale, urografia.

Pattern alla Percentuale Materiale immunofluorescenza di riscontro lg A Diffuso 100% CJ Diffuso 70-80% lg G Diffuso 40-50% Ig M Focale o 20-30% segmentale Fibrogeno Diffuso o 25-70% segmentale C4 CIO Variabile Variabile 172

Una volta escluse patologie di ordine malformativa e/o litiasico abbiamo richiesto la consulenza del prof. G. Maschio e in base a sua indicazione il paziente è stato sottoposto a biopsia renale nella Divisione di Nefrologia da Lui diretta.

CONCLUSIONI

I risultati del nostro studio sono illustrati nelle tabelle 2/A e 2/B.

Dalla tabella si evince che la condizione che piu frequentemente ha rappresentato una indicazione ali' esecuzione della biopsia renale è stata la microematuria persistente asintomatica (9 casi su 10).

In 5 casi, l'ematuria microscopica era stata preceduta (con interv.allo di tempo variabile ma comunque non superiore al mese) da un episodio di ematuria macroscopica.

In un solo caso all'episodio di ematuria macroscopica non aveva fatto seguito alcuna anomalia urinaria evidenziabile con le comuni tecniche diagnostiche.

In cinque casi l'episodio di ematuria era stato preceduto a breve distanza di tempo da un episodio di flogosi delle vie aeree.

In sei casi era presente proteinuria significativa

La tabella riassuntiva evidenzia come sui 10 pazienti sottoposti all'esame bioptico ben 5 sono risultati portatori di Nefropatia da Ig A a conferma della elevata frequenza di questa forma di glomerulonefrite

Paziente Età Ematuria Ematuria Flogosi Proteinuria Leucocituria Conta di macroscopica microscopica vie aeree (g/1/24h) Addis (lx106) F.A. 19 No Si Si 1,3 -3,8 Si 300 T.A. 21 Si Si No No No 5,2 F.F. 27 No Si No 1,14 Si 10,6-21 F.P.L. 19 No Si No 6,5 -9,4 Si 12 C.R. 19 Si No Si No Si o S.N. 26 No Si No 0,14-0,25 Si 27 F.S 19 Si Si Si 0,32-0,4 Si 3,6 A.L. 19 Si Si No No Si 10,5 R.G.F. 19 Si Si Si No Si 41 M.A. 19 Si Si Si 1,46 Si 0,73 173
Tab. 2/A Tabella riassuntiva dei principali dati clinico-bioumorali riscontrati nei nostri pazienti

Paziente Ecografia Urografia Depositi Diagnosi renale all'immunofluorescenza bioptica

F.A. Neg. Neg. lgA IgM C 3 Fibr. M. Berger

T.A. Neg. Neg. IgA C 3 M. Berger

F.F. Neg. Neg. C3 Gn. Mesangiale

F.P.L. Neg. Neg. IgM, c 1q, c 3 Gn. Membrana-Proliferativa

C.R. Neg. Neg. Neg. Nefropatia Interstiziale

S.N. Neg. Neg. IgA IgG C 3 M. Berger

F.S. Neg. Neg. I gG, IgA, C 3 , Fibr. Gn. Mesangiale di Shonlein-Henoch

A.L. Neg. Neg. IgG, C 3, C,q

R.G.F. Neg. Neg. IgA C 3 Fibr.

M.A. Neg. Neg. IgA, C 3

nella fascia di età considerata.

Alla luce dei r isultati ottenuti, appare pertanto opportuno riaffermare l'importanza di sottoporre a biopsia ren ale tutti quei pazienti con anomalie urinarie isolate nei quali, dopo aver eseguito tutte le indagini bioumorali e strumentali del caso, non si riesca a dirimere il dubbio diagnostico ed a stabilire la natura della nefropatia.

Ria ssunto . - 10 militari di leva che presentavano anomalie urinarie isolate (microematuria, proteinuria, leucocituria) sono sta ti sot• toposti a biopsia renale dopo che i comuni accertamenti clinici, bioomorali e strumentali avevano escluso patologie malformative e/o litiasiche a carico delle vie urinarie.

Gn. Proliferativa Mesangiale focale

M. Berger

M. Berger

I risultati dello studio dimostrano l'alta incidenza della Nefropatia Mesangiale Idiopatica da Ig A (Malattia di Berger) nei pazienti studiati (5 casi su 10) e l'importanza della biopsia renale nello studio delle nefropatie glomerulari.

Résumé. - 10 recrues qui présentaieot des anomalies urinaires isolées (mlcrohémarurie, protéinuric, leucocyrurie) om été soumis à biopsie rénale, après que les communs examens, cliniques, bioumorals et instrumentals, avaients exclus des pathologies comme les malformations ct/ou la lithiasc dc voies urinaires. Les résultats de l'étude démontrent l'haute incidence de la maladie de Berger d'entrc !es patients étudiés (5 cas d'entre 10), et l'importance dc la biopsie rénale dans l'étude des néphropaties glomerulaires.

Summary. - Ten recruits, with isolated urinary abnormalities (mi• croscopic hematuria, proteinuria, leucocituria) wcre subjected to

Tab. 2/B
Tabella riassuntiva dei principali dati bioptico-strumentali riscontrati nei nostri pazienti.
174

renai biopsy since the usual clinica!, humoral and instrumental researc hes excluded lithiasic or malformat ivc urinary diseases. Results prove high incidcnce of the Idiopatie lg A Mesangial Nefhropa thy (Berger's disease) in che tested patiems (five cases out of ten) and tb e impor t ance of renai biopsy in thc study of glo merular di seases.

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175

ISTITUTO DI MEDICINA LEGALE E DELLE ASSICURAZIONI

DELL 'UNIVERS ITA DI FIRENZE

Direttore: Prof. C. FAZZAJU

OSPEDALE MILITARE DI FIRENZE

Direttore: Col. me. Dr. A PALMTERI

DIAGNOSI DELLO STATO DI TOSSICODIPENDENZA DA OPPIACEI: VALIDITÀ DEL PUPIL TEST IN AMBITO MEDICO-LEGALE.

Ten. Col. me. Dr. Massimo Marchi

La diagnosi di uno stato di tossicodipendenza da oppiacei costituisce oggi un problema complesso per le implicazioni giuridiche e terapeutiche che ne possono derivare e diventa di difficile valutazione quando non esistano sicuri dati clinici, anamnestici ed obiettivi.

È esperienza comune come in ambito peritale molti soggetti dichiarino di essere tossicodipendenti al fine di beneficiare delle disposizioni della legge 685/75. U problema assume poi contorni piu immediati e traumatici nell'ambiente carcerario in quanto la richiesta di droga da parte di detenuti, oltre che per i motivi suddetti, è spesso dettata anche da una effettiva necessità.

La ricerca ha assunto particolare importanza anche nell'ambiente militare , dove sempre maggiore diviene l'impegno per la prevenzione e il recupero e dove esiste anche il problema della simulazione da parte di coloro che cercano l'esenzione dal servizio a mente dell'art. 40 (ex art. 28) dell'Elenco Imperfezioni e Infermità.

Le indagini che vengono comunemente fatte in caso di dichiarata o sospetta tossicodipendenza da oppiacei consistono in accurati esami ispettivi, rigorosa raccolta anamnestica, inquadramento psicologico del soggetto, valutazione di eventuali sintomi di astinenza, ricerca dei metaboliti urinari degli stupefacenti ed esami ematochimici complementari (specie per la funzionalità epatica).

Talvolta tutti questi esami possono non essere sufficienti ad accertare l'esistenza o meno di uno stato di tossicodipendenza; né, a tal fine, è possibile ricorrere all'uso di antagonisti degli oppiacei per via parenterale (che, come è noto, determinano una sindrome di astinenza acuta) per ovvii motivi deontologici.

È stato cosi proposto l'uso del Naloxone in collirio che, instillato nel sacco congiuntivale di un occhio dell' esaminando provoca, in caso di tossicodipendenza da oppiacei, una midriasi in un tempo variabile da 20 a 60 minuti.

Dr . Maria Grazia Cucurnia

Mastronardi, in una recente comunicazione sull' argomento, ha messo in evidenza l'utilità e la praticità di questo test, senza peraltro fornire dati precisi riguardo ai r isultati per l'esiguità dei casi trattati. È stata quindi nostra intenzione effettuare tale test su un numero significativo di soggetti per valutarne l'attendibilità e discuterne i risultati.

Tale indagine è stata effettuata presso l'Ospedale Militare Principale di Firenze su soggetti in parte già alle armi ed in parte alla visita di leva selezione che si dichiaravano tossicodipendenti.

MATERIALE E METODO

Sono state esaminate 100 persone durante l'anno 1984. Tutte erano state precedentemente sottoposte ad una selezione che era servita ad eliminare i consumatori occasionali che, per la loro stessa ammissione, non avevano problemi di dipendenza fisica.

Del gruppo facevano parte soggetti che per le caratteristiche esteriori (segni di agopuntura, sclerosi vasale, atteggiamento psicologico) avevano una qualche fondata «probabilità» di essere realmente tossicodipendenti, senza peraltro prendere in eccessiva considerazione comportamenti esageratamente teatrali o viceversa tentativi di dissimulazione, proprio nell'intento di dare la minore importanza possibile alle dichiarazioni soggettive e di cercare di avere dati obiettivi in situazioni di «conflittualità» fra esaminando ed esaminato.

I parametri osservati per la valutazione dei dati sono stati i seguenti:

1) Presenza di segni esteriori indicanti un uso continuato di droga (agopunture, sclerosi vasale).

2) Tempo di inizio dell'uso continuativo della droga e frequenza e quanti tà dell'assunzione.

3) Tempo trascorso dall'ultima assunzione di eroina.

176

Risultato della ricerca dei metaboliti urinari degli oppiacei (per problemi organizzativi e di necessità contingenti tale ricerca è stata possibile solo su circa la metà dei soggetti).

Per ognuno è stata fatta, prima del test , una ipotesi diagnostica che derivava dalla valutazione di tutti i dati clinici, obiettivi e psicologici e che, sulla base della nostra esperienza, ci dava una «aspettativa di positività» al test che abbiamo quantificato in massima, media e minima.

Ogni soggetto veniva fatto sedere su una sedia in una stanza con condizioni di luce piu costanti possibile. Usando una macchina Polaroid speciale con flash anulare e distanziatore con mascherina dagli occhi, veniva fotografato il diametro pupillare di base. Subito dopo venivano instillate due gocce di Naloxone in soluzione acquosa al 16% (confezione monodose) nel sacco congiuntivale dell'occhio destro. Dopo 30 e 60 minuti venivano eseguite nuovamente le fotografie.

I diametri pupillari venivano poi misurati sulla fotografia tramite un regolo millimetrato.

Per calcolare la percentuale di anisocoria abbiamo usato una formula già usata da altri Autori e cioé:

Diametro maggiore - Diametro minore

X 100

Diametro minore

Si è ritenuta significativa una anisocoria superiore al 10% (ovviamente nel calcolo dell'anisocoria finale è stata tenuta presente anche l'eventuale anisocoria di base).

I dati ricavati dai 100 soggetti sono stati poi controllati con quelli di 30 volontari sicuramente non dediti ad oppiacei né ad altri tipi di droga.

RISULTATI

La positività del test è stata riscontrata in 24 dei 100 casi. L'anisocoria variava da un minimo dal 10,5 % ad un massimo del 55% con una media del 18,3% .

Tenendo presente la riferita quantità di eroina abitualmente assunta , non è emersa una corrispondenza fra l'entità dell' anisocoria e la dose assunta.

Dei 24 casi risultati positivi solo 6 presentavano segni obiettivi di astinenza fisica da oppiacei. L'uso cont i n uativo di eroina era presente da oltre sei mesi in 22 dei suddetti casi, mentre solo 2 avevano iniziato l'uso da meno di sei mesi. L'ultima assunzione di droga risaliva ad 1 giorno in 12 casi, a 2 giorni in 5 casi, a 3 giorni in 6 casi ed a 4 giorni in 1 caso .

Il complesso dei dati clinici, obiettivi e psicologici che orientava verso una «aspettativa di positività» al test è risultato massimo in 14 casi, medio in 10 casi e minimo in O casi. (Nei soggetti risultati negativi al test tale aspettativa è risultata massima in 14 casi, media in 45 e minima in 17).

La ricerca dei metaboliti urinari , per i motivi precedentemente riferiti, è stata effettuata su 16 dei 24 casi già risultati positivi al test e su 33 dei 76 casi risultati negativi Nei primi i metaboliti degli oppiacei sono stati ritrovati in 10 casi, nei secondi in 14 casi.

Per quanto riguarda i 30 soggetti di controllo essi sono risultati tutti negativi al test.

DISCUSSIONE

Dai dati forniti da questa indagine emergono le seguenti considerazioni.

Il primo dato da tener presente è che non si sono verificate false reazioni positive La positività del test è quindi un indice di attendibilità per uno stato di tossicodipendenz a.

Appare interessante il fatto che esiste una certa concordanza fra l' «aspettativa di positività» al test e la positività stessa. Si deve ricordare infatti che questa indagine è stata effettuata su soggetti che avevano interesse a farsi riconoscere toss icomani e conseguentemente potevano essere portati ad alterare o ad amplificare la sintomatologia soggettiva. Orbene in nessuno dei 24 casi la nostra aspettativa è stata minima , in 10 è stata media, in 14 massima. Esiste quindi una significativa corrispondenza fra positività al test e quel complesso di sintomi soggettivi e oggettivi (presenza di sclerosi vasale, inquadramento psicologico del soggetto, dati concernenti abitudini di vita, estrazione socioculturale etc.) che l'esperienza indica come peculiari del tossicomane.

Un altro dato importante ci ~embra quello concernente l'epoca di inizio del consumo abituale di eroina : 22 soggetti su 24 avevano iniziato detto uso da oltre sei mesi. Ciò ci permette di ipotizzare che tale lasso di tempo costituisca un periodo necessario e sufficiente non tanto perché si instauri una dipendenza fisica (che si manifesta certamente in tempi piu brevi) quanto perché avvengano quelle modificazioni recettoriali che entrano io gioco nella variazione del diametro pupillare causata dagli antagonisti degli oppiacei.

Tale termine temporale è chiaramente indicativo e forse anche eccessivo (nel senso che tali variazioni pos-

4)
____________
177

sono avvenire in tempi minori), comunque è un punto di riferimento per quei soggetti che affermino di essere dediti all'eroina da molti mesi od anni per valutare l'attendibilità di tali dichiarazioni.

La validità del test è sicura qualora il soggetto abbia effettuato l'ultima assunzione di eroina entro tre giorni dal test (il che è in sintonia con quanto avviene dal punto di vista clinico essendo noto che la sindrome astinenziale ha il suo periodo di maggior acuzie nelle 72 ore, dopo di che si autoestingue nell'arco di una settimana circa). La positività dopo 4 giorni riscontrata in un caso non ci offre la stessa sicurezza, comunque può essere presa come limite massimo per la positività del test.

Per quanto riguarda la presenza dei metaboliti degli oppiacei nelle urine, che è stata riscontrata in 10 dei 16 casi positivi e in 14 dei 33 casi negativi, non ci pare di cogliere elementi valutativi significativi. Possiamo confermare, come del resto è noto, che il fatto che un soggetto abbia assunto eroina o meno prima del test non influenza l'esito del test stesso.

In conclusione si può affermare che la positività al test è indice pressoché sicuro di tossicodipendenza e permette di ipotizzare un uso continuato da alcuni mesi.

La negatività al test non può escludere con altrettanta sicurezza la presenza di uno stato di tossicodipendenza, però sta ad indicare che tale condizione, se presente, è di recente insorgenza e ciò può avere la sua importanza ai fini giuridici e legali.

L'uso del test al Naloxone ci sembra comunque raccomandabile sia per la semplicità e l'economicità sia per l'incruenza e conseguentemente la non necessità del consenso da parte del soggetto.

Esso è particolarmente utile come ausilio nei casi in cui occorrono dati piu oggettivi possibile a sostegno di una diagnosi che può avere implicazioni legali di una certa importanza ed è quindi auspicabile che esso possa essere utilizzato in strutture tipo le çarceri, i CMAS e gli Ospedali Militari dove questi problemi sussistono quotidianamente e spesso sono all'origine di controversie sia sul punto giuridico sia su quello terapeutico.

Inoltre la positività del test è indice di un consumo continuativo di oppiacei da alcuni mesi, nonché di uno stato di dipenden za fisica. Il limite per la validità del test è risultato essere di tre giorni dall' ul cima assunzione.

Gli Autori raccomandano l'uso di tale test per la semplicità d'impiego e per l'aiuto che può fornire nella diagnosi medico-legale di uno stato di tossicodipendenza da oppiacei.

Résumé En 1984 ont été examinées, dans l'Hopital Militaire de Florence, 100 personnes qui s'étaienc déclarées toxicomanes en dépendance de substanccs opiacées, en utilisant le «pupil test».

Les résultats ont mis en evidence un rapport entre I' <<attente de positivité» et la positivité réelle du test.

En outre la positivité du test indique une consommatioo continuelle de substances opiacées depuis quelques mois et, en plus, une situation de dépendance phisique

La limite pour la validité du test est résulté de trois jours après la dernière consommation.

Les Auteurs recommandeot l 'emploi de ce test pour la simplicté et pour l'aide qu'il peut donner dans la diagnostic médicolegale d'une situation de dépendance toxique causée par des substances opiacées.

Summary. - During the 1984 year, 100 opioid addicts have been texted by pupi! test in the Military Hospital of Florence

The results have evidenced a connection between «positivity expcctation» and real positivity of the test Moreover test positivity is a sign of a continuated use of drug during some months, and of real opiate addiction. The validity of the test results three days from the last assunction of the drug.

The Authors reccomend che use of pupi! test for its semplicity of use and for the aid that it can give for the medicaJ -lcgal diagnosis of opiate addiction.

BIBLIOGRAFIA

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5) Mannaioni P .F., La tossicodipendenza, Piccin Ed., Padova, 1980.

Riassun to. - Nell'anno 1984 sono stati esaminati, presso l'Ospedale Militare di Firenze, 100 soggetti dichiaratisi tossicodipendenti da oppiacei, utilizzando il pupil test.

I risultati hanno messo in evidenza un rapporto fra «aspettativa di positività» ed effettiva positività del test.

6) Mastronardi V., Test non invasivi nella diagnosi di tossicodipendenza (pupi! test, indagine preliminare). XXVIII Congresso Nazionale Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni. Parma 3-7 ottobre 1983.

7) Virno M ., Le tossicodipendenze da oppiacei. Ed Noccioli, 1977.

178

STABILIMENTO CHIMICO FARMACEUTICO MILITARE - FIRENZE

Direttore: Magg . Gen. Chim. Farm. V. PANDOLFO

SERVIZIO CONTROLLO E COLLAUDI

CapoSer vizio: Magg. Chi rn. Farm G. SMTOM

DETERMINAZIONE DELL'ATROPINA SOLFATO PER SPETTROFOTOMETRIA ULTRA VIOLETTA

DERIVATIVA , ANCHE IN PRESENZA DI SODIO METABISOLFITO E DI ACIDO TROPICO

Dr. G. Santoni

In letteratura sono descritte metodiche analitiche per il dosaggio dell'atropina per spettrofotometria UV (1,2), per HPLC (3,4,5,6), per colorimetria (7), per spettrofotometria IR (8) e per amperometria (9).

La spettrofotometria ultravioletta derivativa, pur essendo stata introdotta nell'uso da vari anni (10,11), solo recentemente ha raggiunto un grande sviluppo nell 'ambito dell'analisi spettrofotometrica soprattutto per il miglioramento delle apparecchiature relative che permettono di ottenere ordini di derivazione superiori al primo.

Con questa tecnica è possibile dosare con accuratezza e precisione i componenti di miscele ottenendo risultati non raggiungibili con i metodi spettrofotometrici ordin ari.

Il presente lavoro propone un metodo di determinazione diretta dell'atropina solfato anche in presenza di sodio metabisolfito, usato come antiossidante in preparati iniettabili e un metodo di dosaggio della quota non degradata della stessa sostanza, dopo separazione dall'acido tropico, suo principale prodotto di idrolisi, per spettrofotometria ultravioletta derivativa di secondo ordine.

Reagenti

Dr . G. Grossi

PARTE SPERIMENTALE

Apparecchiature

L 'indagine spettrofotometrica è stata condotta con uno spettrofotometro Perkin-Elmer mod 200, completo di registratore mod. 556 e modulo di derivatizzazione dello spettro di assorbimento.

I calcoli sono stati eseguiti con calcolatore HP 41 CV.

Atropina solfato standard USP della U.S.P.C., INC ., Rockville M.D., U.S.A.;

Ac. tropico della SERVA, Feibiochimica, Heidelberg , R.F.T .;

Colonnine per separazione ac. tropico: Sep-pak C18 della Waters Associates, Maple street, Milford, U . S.A.;

Alcool etilico assoluto della Rudi -Pont, Welka, S. Giuliano Milanese;

Sodio metabisolfito della Merck, Darmstadt , R.F.T ..

Preparazione delle soluzioni standards

Per l'atropina solfato monoidrata si sono preparate le soluzioni:

a) 1,08 mg/ml in alcool etilico assoluto,

b) 1,022 mg/ml in H 2SO4 0,1 N; successivamente diluite con gli stessi solventi per avere le seguenti serie di concentrazioni finali, rispettivamente :

a) 2,7-5,4-10,8-16,2 mg/100 ml,

b) 5,ll-10,22-15,33-20,44 mg/100 ml.

Per l'acido tropico si è preparata una soluzione 0 ,5 mg/ml in H 2SO4 0,1 N. Per il sodio metabisolfito si è preparata una soluzione in H 2SO 4 0 , 1 N alla concetrazione di 1,2 mg/ml, diluita con lo stesso solvente a 24 mg/100 ml.

Preparazione dei campioni

La determinazione dell'atropina è st ata effettuata su fiale aventi le seguenti composizioni:

1) atropina solfato monoidrata mg 0,5

Na2S2 0 ~ » 1,2

NaCl » 18 ,8

acqua per preparazioni iniettabili q.b. a ml l;

179

2) atropina solfato monoidrata mg 1

Na2 S2 O , >> 2,5

NaCl » 8,3

acqua per preparazioni iniet1.1 hil i q.b. ml 1.

La determinazione è stata in uh1 t: effettuata su preparazioni iniettabili di autosoccorso aventi la seguente composizione unitaria:

atropina solfato monoidrata mg 2

fenolo » 2,8

glicerina » 14 ,5

ac. citrico >> 3 ,27

sodio citrato » 3,04

acqua per preparazioni iniettabili q.b. a ml O, 7.

Per il controllo dei primi due tipi di preparati iniettabili, di recente produzione, per i quali si è ipotizzato che il processo di degradazione idrolitica non avesse raggiunto ancora livelli significativi, si è operato direttamente come segue: il contenuto di cinque fiale per tipo è stato riunito e si sono effettuate opportune diluizioni con H 2 SO 4 0,1 N per avere per entrambe lepreparazioni la concentrazione nominale finale di 10 mg/100 ml di atropina solfato monoidrata.

Per il terzo tipo di preparazione, vecchio di otto anni dalla data di allestimento, è stato messo a punto e ottimizzato con le soluzioni standards un procedimento di separazione preventiva dell'atropina non degradata dall'acido tropico, suo principale prodotto di idrolisi, come mostra la fig. 1.

na

Fìg. 1 • Formule dì stru ttura dell'atropina e dei suo

prìncìp.1li prodo tti di idrolisi.

La separazione dell'acido tropico dall'atropina si rende necessaria per l'identità dei loro spettri di assorbimento mentre la tropina, non assorbendo alle lunghezze d'onda di interesse, non interferisce nella determinazione.

Il contenuto di cinque autoiniettori è stato raccolto in un cilindro graduato da 10 ml e si è portato a volume con H 2SO4 0,1 N, avendo cosi una concentrazio-

ne nominale finale di lmg/ml di atropina solfato monoidrata.

Si è prelevato 1 ml della soluzione e si è deposto su una colonnina Sep-pak Cl8, previamente attivata con 10 ml di alcool etilico assoluto e di seguito con 10 ml H 2SO 4 0,1 N.

Attraverso la colonna si sono fatti quindi passare 60 ml di H 2S O 4 O, 1 N e successivamente alcool etilico assoluto di cui si è scartata la prima frazione di 0, 5 ml e di cui si sono invece raccolti i successivi 10 ml.

Tutti i solventi sono stati fatti fluire alla velocità di circa 10 ml/min.

Sull'ultima frazione alcolica si è effettuata la registrazione spettrofotometrica.

Condizioni strumenta/i operative per gli spettri derivativi

Spettrofotometro: scansione da 300 a 235 nm, velocità scan. 60 nm/min, risposta fast, fenditura 2nm;

registratore: range 0,5 V, velocità carta 60 mm/min;

modulo derivativo: derivata seconda, mode 6.

Gli spettri di assorbimento di ordine zero sono stati registrati con l'esclusione del modulo derivativo e con range 10 mV del registratore.

RISULTATI E CONCLUSIONI

Fig. 2 a; b; e; d. Spettri di assorbimento di ordine zero e di secondo ordine (derivata seconda) delle soluzioni:

a) Na2S O 2 O , 24 mg/100 ml;

b) atropina solfato monoidrata 10,22 mg/100 ml;

c) miscela delle due sostanze alle stesse concentrazioni di a) e b);

d) frazione alcoolica della preparazione di autosoccorso.

Nella fig. 2b si può vedere come lo spettro di assorbimento derivativo dell'atropina solfato presenti un andamento caratterizzato dal picco A-Balla lunghezza d'onda di 253 nm.

Si sono calcolate pertanto, ponendo l'altezza in mm del picco A-B in x e la concentrazione della sostanza in mg/100 ml in y, le equazioni delle rette di regressione.

Alropl
Acido
Tropico i
180
' SOLUZION E d 2 A ...!_ \ N a2S20 5 \ ATROPINA i AUTO I N IETTORI d A2 A A \ A A Il: I ·I I ~, 1 1\l~ I ~ --1\ 1 1 11 l r "1 r 0_ J : I , Il I \1 J I B I 11 I \i ,1 I ' B I B 0 ..31 ABS 0 .2. 0 .1 O ., a b ___ ___..J e d 220 260 - ~-- --+--- -....,..___J'300 220 260 300 220 260 300 230 260 290 n m L U N GHEZZA D'O N DA Figg .:? a -6-c- d·

In H 2 SO 4 0,1 N: y = - 0,226 + 0,0916x, r 2 = 0,9995 con linearità fra 5,11 e 20,44 mg/100 ml; in alcool etilico assoluto: y = - 0,1425 + 0,0747 x, r 2 = 0,9995 con linearità fra 2,7 e 16,2 mg/100 ml.

La figura 2c mostra come la presenza del sodio metabisolfito impedisca la determinazione dell'atropina per lettura diretta dell'assorbimento a una definita lunghezza d'onda e come invece sia possibile con la registrazione dello spettro derivativo che ne presenta ancora il segnale caratteristico.

La separazione dell'acido tropico dall'atropina è stata ottimizzata usando le soluzioni standard s delle singole sostanze trattando separatamente 1 ml di atropina 1,022 mg/ml e 1 ml di acido tropico 0,5 mg/ml in H 2 SO 4 0,1 N.

La quantità di prova dell'acido tropico corrisponde a circa il 100% di idrolisi dell'atropina parallelamente trattata.

Si è riscontrato che l'acido è completamente eluito dalla colonnina con i 60 ml di H2SO 4 O, 1 N.

La quantità di prova dell'acido tropico corrisponde a circa il 100% di idrolisi dell'atropina parallelamente trattata.

Si è riscontrato che l'acido è completamente eluito dalla colonnina con i 60 ml di H 2SO 4 0,1 N mentre in questa fase l'atropina resta legata ed è eluita solo dopo il cambio di solvente. Si è trovato che 10 ml di alcool etilico assoluto sono sufficienti per la sua eluizione completa.

La separazione è stata eseguita raccogliendo gli eluati opportunamente frazionati e registrandone gli spettri derivativi

La fig. 2d mostra che anche per le preparazioni di autosoccorso processate è necessario ricorrere alla registrazione dello spettro derivativo per il dosaggio dell'atropina non idrolizzata; la determinazione basata sullo spettro di ordine zero non è infatti altrettanto attendibile.

Nella tabella 1 sono riportati i risultati delle determinazioni dell'atropina solfato monoidrata su 4 lotti di fiale e su 2 lotti di preparazioni per autosoccorso.

Tabella 1

Preparazioni per autosoccorso

I risultati riportati in tabella ci hanno permesso di esprimere un giudizio di accettabilità per le fiale di recente produzione e di non accettabilità per le prepa razioni di autosoccorso, il titolo delle quali risulta es sere circa il 70% del dichiarato.

In base alle prove effettuate è possibile affermare infine che la spettrofotometria ultravioletta derivativa permette la determinazione dell'atropina in preparati iniettabili, anche in presenza di sostanze interferenti.

Riassunto . - Gli AA. descrivono un metodo per determinare l'atropina solfato mediante spettrofotometria ultravioletta derivativa, anche in presenza di sodio metabisolfito e di acido tropico , il metodo risulta applicabile al controUo di fiale e di autoinienori

Résumé . - Les AA. déscrivent une dérermination quantitative de l'auopine sulfate aù moyen de la spectrométrie dérivative en ultra-violet, en mélange avec du sodium mctabilsufite et de !'acide tropique aussi; la méthodc a permis de conrròler des ampoules et des auto-injecteurs.

Summary. - The AA. describe a method for the analysis of atropine sulphate by derivative sectrophotomctry, also in mixtures with sod ium metabisulphite and tropic acid; it is shown to be applicable to injcctable preparations and self-injection devices.

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11) J.D. Morrison; J. Chem. Phys., 21, 1767, (1953).

Si ringrazia il Maresciallo E. REGA per la collaborazione tecnica prestata.

Fiale Lotto 182 1 2 3 4 Conc. nominale mg/ml 0,5 0,5 1 1 °Conc. Trovata mg/ml 0,52 1 0,01 0,48 + 0,02 0,98 : 0,03 0,97 : 0,01
Lotto 1 2 Quantità nominale mg 2 2 0 Quantità trovata mg 1,41 :_ 0,02 1,38 :_ 0,03 M I SD <li ire determinazioni per loLLo.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI ISTITUTO DI CLINICA PSICHIATRICA

Dirett ore: Prof. N R UDAS

REGIONE MILITARE DELLA SARDEGNA

COMANDO DEI SERVIZI SANITARI

D ire tto re: Magg. Gen. mc. Dr. G. C Ai,;u

OSPEDALE MILITARE DI CAGLIARI

Direttore: Col. me Dr I S ATIA

NUOVI APPROCCI ALLA DIAGNOSI PSICHIATRICA IN AMBITO MILITARE

B. CarpinieUo

1. Il problema diagnostico è indubbiamente uno dei temi centrali della Psichiatria contemporanea. Al suo centro si pone il tema dominante della scarsa riproducibilità ed attendibilità delle diagnosi psichiatriche (Bellodi & Cazzullo, 1985; Kendell, 1977), a causa della varianza legata ai differenti significati che possono venire attributi ad una medesima informazione da parte di differenti operatori («information variance») e di quella legata ai differenti criteri che possono venire adottati nella inclusione o esclusione di certi disturbi nell'ambito di uno stesso sistema nosografico adottato («criterion variance») (Cazzullo et Al., 1985 ; Faravelli 1981).

Ciò nasce senza dubbio dalla peculiarità della posizione della Psichiatria tra le Scienze Mediche, legata, per necessità di fatto, alla ineluttabilità di inquadramenti nosologici su base puramente sindromica, fatte alcune eccezioni, come per alcuni disturbi mentali su base organica. È noto infatti che sfugge, nella maggioranza dei casi, la conoscenza esatta di quelle alterazioni biologiche e non che, sottesa a determinati complessi sintomatologici, potrebbe permettere una classificazione etiologica, determinando il passaggio da una visione «sindromica» di una data condizione ad una di «malattia» in senso stretto (Cazzullo et Al.; Pancheri, 1985). Il tema della diagnosi in chiave problematica è ancora piu sentito dallo psichiatra che opera in ambito militare, poste le finalità di tipo strettamente medico -legale connesse il piu delle volte al suo ruolo (Melorio & Guerra, 1979). Ciò non s ignifica, ovviamente, non essere consapevoli dei rischi legati alla possibilità di una eccessiva enfasi, consapevolmente o inconsapevolmente attribuita al ruolo «fiscale» e tale da poter trasformare la diagnosi, come è stato detto, in una «parola oggetto», non piu capace di collegare fatti e persone, ma anzi in grado di separarli, distanziarli inesorabilmente,

A. Poddighe

A. Canu

escludendo la possibilità di ogni reale contatto interpersonale (Biondani & Guerra, 1983). Tale gravosa consapevolezza, infatti, non riduce il peso spesso gravoso che la ineludibilità ed ineluttabilità della responsabilità medico - legale comporta.

Alla luce delle particolari necessità poste dall' operare psichiatrico nel settore militare, dunque, la recente introduzione anche in Italia (1983) del DSM III (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) della American Psychiatric Association, ha costituito un motivo fondato di attese e di speranze. Esso , infatti, elaborato a partire dal 1974 da una propos ta Task Force guidata da R.L. Spitzer, ed introdotto negli USA nel 1980 , con il suo sforzo pragmatico di rendere omogenei , univoci e confrontabili i giudizi diagnostici , basandoli su criteri operativi il piu possibile rigidamente prefissati, attraverso la adozione di un sistema multiassiale di raccolta e catalogazione dei dati, e grazie alla puntigliosa verifica cui sono stati sottoposti gli stessi criteri operazionali e diagnostici in fase di validazione (Spitzer, 1980) , ha incontrato un crescente successo a livello internazionale (Kle rman, 1985).

Partendo da tali premesse, tenteremo in questo breve articolo di focalizzare alcuni dei principali problemi che la applicazione del DSM III incontra in ambito militare, tralasciando, se non quando strettamente pertinente agli scopi che ci siamo prefissi, di affrontare l'argomento delle critiche generali e specifiche che al Manuale sono state da piu parti avanzate e di cui si ritrova vasta eco nella piu recente letteratura nazionale e internazionale (Pichot, 1985; Roth, 1984; Spitzer et Al., 1983; Vaillant, 1984).

L'esperienza cui ci riferiremo in particolare è quella inerente il servizio di consulenza effettuata per i soldati di leva o per i soggetti in fase di selezione alla leva, pur non essendo certamente tale attività esaustiva·

dell'intera gamma di attività svolte dall'ambulatorio Neuropsichiatrico dell'Ospedale Militare in cui operiamo. Ricordiamo che ali' ambulatorio afferiscono, oltre che le richieste dei Reparti Medicina, Chirurgia, Osservazione e del gruppo Selettori, anche quelle delle varie Commissioni medico-legali (Commissione Pensioni di Guerra, Collegio Medico Interno, Commissione Medica Ospedaliera). In ogni caso questa esperienza, per la sua preminenza e gravosità (1598 visite nel 1982, 1544 nel 1983, 1602 nel 1984), è indubbiamente l'asse portante della nostra attività di consulenza e forse il compito piu impegnativo cui siamo chiamati.

2. PROBLEMI GENERALI

La applicabilità del DSM III in ambito militare incontra, a nostro avviso, alcune difficoltà che ineriscono essenzialmente al setting istituzionale specifico. Di esse appare necessario dare una breve descrizione iniziale, poiché da esse discendono, come vedremo, gran parte dei problemi specifici cui la corretta applicazione dei criteri proposti dal Manuale dà luogo.

Come è noto, lo scopo che la commissione elaboratrice del DSM IIT ha principalmente perseguito è stato quello di fornire a chi è impegnato in compiti assistenziali o di ricerca il numero massimo di criteri e procedure utili e valide a definire in termini diagnostici un caso, inquadrando tutta la serie di dati disponibili su di esso lungo i due primi «assi>>, piu propriamente diagnostici, e in tre assi che potremmo definire, semplicisticamente, <<complementari».

Come infatti lo steso Spitzer fa notare (1980), accanto ad un approccio di tipo strettamente «descrittivo» (ed ateoretico per quanto concerne il problema etiologico), e all'uso di criteri diagnostici specifici per ogni disturbo mentale, è fondamentale nel DSM III la valutazione «multiassiale» del caso. L'asse I (relativo alle sindromi cliniche e a tutte le condizioni che pur non attribuibili a un disturbo mentale abbisognano di cure o attenzione clinica) ed il II (relativo ai disturbi della personalità o ai disturbi specifici dello sviluppo psichico eventualmente presenti), permettono un inquadramento diagnostico globale del caso in termini clinici tradizionali, permettendo una comprensione contemporanea sia dello status psicopatologico attuale che del <<fondo» personologico in cui questo si inserisce. L'asse III è quello su cui vengono segnalati tutti gli eventuali disturbi fisici concomitanti che abbiano rilevanza clinica e ai quali appare in qualche modo correlabile, sep184

pure prescindendo da rigidi rapporti di causalità, lo stato mentale del paziente L'asse IV fornisce una rating scale a 7 punti con cui codificare la presenza e la gravità di uno stress che venga giudicato in qualche modo c onnesso alla insorgenza o al peggioramento del disturb o mentale in atto. Sull'asse V viéne segnalato il giudizi o dell'osservatore sul livello di «adattamento» (adaptive functioning) mostrato dal soggetto nell'anno preceden te alla insorgenza del disturbo. Tale «adaptive functioning» si sostanzia nel gr ado di adeguatezza comportamentale dell'individuo in tre settori, esplicitamente ritenuti «chiave»: relazion i sociali, lavoro, tempo libero. L'adozione di un sistem a multiassiale, non nuovo nella storia della Psichiatria, ma mai cosf compiutamente formulato (Mezzich, 1980), rappresenta, come è stato fatto notare (Cassano et Al. , 1985), il primo concreto tentativo di offrire uno schema di riferimento per la operatività diagnostica fondato su fattori e dimensioni differenti , e tale da per mettere una maggiore comprensione non tanto della «malattia» ma dell'individuo malato. In altri termini, un tentativo concreto, fatte salve le esigenze nosografiche della clinica, per non disperdere nella aridità e ipersemplificazione di una «etichetta» diagnostica la unicità e la complessità del singolo.

Alla luce di quanto sinora detto appare indubitabile che, per giungere ad un corretto inquadramento diagnostico, sia necessario , oltre che una buona conoscenza dello strumento, un attento esame clinico dell'individuo, con o senza l'ausilio di apposite interviste strutturate (tipo Present State Examination o altri), ed una altrettanto minuziosa raccolta di tutte le informazioni, provenienti anche dall'ambiente circostante al paziente, utili alla conoscenza dello stesso. Infatti il DSM III si fonda su di una operatività diagnostica a sua volta poggiante sia sui dati della osservazione «trasversale» che di quella «longitudinale» del soggetto, sia retrospettiva che diacronica. Il grado di accuratezza nella diagnosi, raggiungibile con l'ausilio dei cosiddetti «alberi decisionali» appositamente creati per orientare nella diagnosi differenziale, passa dunque, in modo evidente, sulla possibilità della massima disponibilità e certezza di informazione sul paziente studiato. È proprio tale possibilità, già comunemente cosi difficilmente raggiungibile nella comune pratica ambulatoriale quotidiana , che, nel lavoro specifico dello psichiatra militare, viene spesso a mancare o ad essere piu che carente. Come abbiamo già avuto modo di porre in evidenza (Carpiniello & Poddighe, 1985), alcuni fattori sembrano essere massimamente implicati in questo problema:

a) la particolarità della situazione relazionale tra l'osservatore e l'osservato, fondamentalmente influenzato dal contesto medico-legale in cui l'incontro si realizza. L'asimmetria della posizione tra medico e paziente qui si massimalizza, divenendo potenziale fonte di distorsione di ogni possibile rapporto fiduciario , nella misura in cui il peso dei rispettivi ruoli (il medico autorità/inquisitore e il paziente, militare subordinato e potenziale simulatore per eccellenza) rischia di invischiare i due attori in una sorta di sterile gioco delle parti o in un vero e proprio «braccio di ferro» alla ricerca della «verità» (Biondani & Guerra, 1983; Calabresi et Al., 1983; Melorio & Guerra, 1979). Né vale il fatto, come è il nostro caso, che lo psichiatra non vesta la divisa, poiché, come è stato detto, l'importante è il ruolo «agito».

b) I problemi contestuali propri del setting istituzionale militare, di cui uno dei principali ci sembra la carenza del parametro fondamentale per il lavoro psichiatrico: il tempo. La mole spesso esorbitante di lavoro (come le cifre sul numero di visite effettuate per anno dimostrano) e che, a nostra conoscenza, connota il lavoro di tutte le strutture sanitarie ospedaliere militari, finisce col rendere spesso troppo esigui gli spazi per una osservazione, anche solo «trasversale» del soggetto, che possa dirsi esauriente. Laddove l'esperienza clinica permette di individuare il «caso difficile» , d'altro canto, la <<spesa» in termini di tempo finisce spesso per andare a detrimento della accuratezza di analisi di altri casi. Un ulteriore fattore negativo è talora la avvilente penuria di informazioni sul passato anche prossimo (e certe volte anche sullo stesso immediato presente storico), con cui il «caso» ci viene proposto alla osservazione. Molto di frequente tutto può esaurirsi in una lapidaria «diagnosi di ingresso» o in brevissime relazioni sul comportamento piu recente tenuto dal paziente in caserma. Tutto ciò, se a sua volta nasce da altri problemi obbiettivi con cui si trova a che fare chi richiede il nostro intervento, nondimeno finisce col porci piu o meno in condizioni analoghe a chi opera in un servizio di urgenza , obbligandoci, nella piu comune delle ipotesi, a dover utilizzare, come meglio vedremo, solo alcuni degli elementi operativi proposti dal DSM III , per lo piu inerenti l'esame delle condizioni psichiche attuali del soggetto (diagnosi «trasversale» o «di stato». Il rischio è dunque quello di dover troppo spesso ricorrere, almeno per i delicati e spesso indifferibili compiti diagnostici che ci vengono proposti, ai mezzi che il DSM III offre per esprimere in modo adeguato la incertezza diagnostica, eventualità peraltro mai presa

esplicitamente in considerazione da altri sistemi nosografici e diagnostici (es. «Diagnosi differita» sull'asse I o II; «Disturbo Mentale non specifico» o «Atipico»; «Diagnosi provvisoria»).

3. ALCUNI PROBLEMI SPECIFICI.

Come abbiamo premesso, affronteremo solo alcuni aspetti, assunti come esemplificativi, della applicazione del DSM III ne] settore della Psichiatria Militare, consapevoli che una trattazione esaustiva richiederebbe ben altra estensione e respiro.

La diagnosi di Schizofrenia, se rappresenta un ben noto problema per qualsiasi clinico psichiatra, per le notevoli implicazioni prognostiche e terapeutiche che dalla diagnosi discendono, lo è ancora di piu per chi è impegnato a livello di medicina legale, per le implicazioni di provvedimenti (come la riforma) non privi di potenziali riflessi negativi sul piano psicosociale.

Nonostante cento anni di Psichiatria da Kraepelin in poi, proprio la diagnosi di questa malattia rappresenta un argomento tuttora controverso e dibattuto, che ha visto il contrapporsi nel tempo di concezioni e modelli del tutto differenti. Nella Schizofrenia, come di recente sottolineava Reda (1985), esiste un quid di «imponderabile», che fa di essa qualcosa di non riassumibile né nei suoi singoli sintomi né nella loro semplice somma. Che la malattia sia stata e sia tuttora il tema centrale dell'interesse psicopatologico, è dimostrato dal fatto che la storia stessa della Psichiatria moderna coincide con la storia della Schizofrenia e dei sistemi nosografici ad essa relativi (Callieri, 1985).

Il DSM III tenta, in obbedienza a] criterio pragmatico di fondo che lo permea totolmente, di fornire criteri il piu precisi possibile per giungere ad una diagnosi di «Disturbo Schizofrenico>>. In base ai criteri forniti, tale diagnosi andrebbe posta in caso vengano soddisfatti sei criteri: a) la presenza di certi tipici sintomi psicotoci (ad esempio allucinazioni uditive di commentario degli atti o voci dialoganti; oppure ancora deliri persecutori o di gelosia o con altri contenuti, anche bizzarri, etc ); b) durata di almeno 6 mesi; c) deterioramento rispetto al precedente standard di «funzionamento»; d) insorgenza prima dei 45 anni; e) non attribuibilità del disturbo ad un Disordine Affettivo; f) assenza di un disturbo organico cerebrale. Tale relativa rigidezza dei criteri proposti sembrerebbe andare incontro alle esigenze di chiarezza metodologica di cui abbiamo piu volte sottolineato la specifica necessità. A livello concreto, è proprio di fronte alla diagnosi di Schizofrenia

185

che i criteri del DSM III rischiano per noi di rimanere inapplicabili. Infatti qui s i pone il problema della distinzione del Disturbo Schizofrenico da altre condizioni che, pur affini sintomatoJogicamente, vengono tenute non a caso distinte, perché non sicuramente assimilabili alla Schizofrenia p.d. Intendiamo riferirci ai Disturbi Schizofreniformi, alle Psicosi Reattive Brevi, alle Psicosi Atipiche, tutte distinguibili puramente in base a un criterio evolutivo: la durata transitoria, sicuramente inferiore ai sei mesi continuativi, e, per la so la Psicosi Reattiva Breve, in base alla presenza, ritenuta necessaria, di un evento psicosociale stressante di sicura rilevanza. Come si vede, assurge a criterio fondamentale differenziale la durata del disturbo, che è proprio quell'elemento per noi spesso impossibile da valutare, ora per la impossibilità di una diretta osservazione diacronica del caso, ora ancora per la assenza di sicuri riferimenti anamnestici che ci consentano di datare il disturbo. Peraltro il DSM III prevede proprio per la Schizofrenia un uso non marginale degli assi IV e V, in quanto concernenti aree di informazione non secondarie ai fini della stessa diagnosi (basti pensare al <<livello di funzionamento» precedente, che è uno dei punti base diagnostici).

Ed è proprio relativamente a questi settori di informazione che il piu delle volte ci troviamo carenti.

A prescindere da una discussione sulla validità o meno dei criteri differenziali adottati, appare di per sé imbarazzante la possibilità che uno stesso soggetto, nel!'arco di sei mesi, possa veder modificata la sua etichetta diagnostica (con i facilmente immaginabili riflessi prognostici e medico-legali) senza che sia intercorsa sostanzialmente alcuna modificazione sintomatologica (Borri et Al., 1986). Dobbiamo qui riferirci alla possibilità di una diagnosi differita o provvisoria, in un certo senso interlocutoria, possibilità cui ci si trova spessissimo costretti a ricorrere in attesa di rivedere il caso nel tempo e formulare cosi un piu esatto giudizio diagnostico. Questo, oltre ad essere non poss ibile per necessità di fatto in certi casi, si è rivelato inutile in altri. Infatti, trascorso il tempo della temporanea non idoneità al servizio, ci si amo trovati dì fronte ad una radicale modificazione dell o status clinico (o per terapie praticate o spontanea), tale da poter addirittura poter porre un giudizio di «Nessuna diagnosi» sull'asse I o II, secondo quanto previsto dal Manuale. Tale eventualità, non certamente «limite», per quanto paradossale possa sembrare, ci pone di fronte alla possibilità/rischio di reimmettere in un ambiente che può rivelarsi altamente psiconocicettivo un individuo che, altrimenti, dovremmo eso-

nerare, con i riflessi già sottolineati sulla sua vita sociale e con una non corretta applicazione del DSM III , mediante una diagnosi di Disturbo Schizofrenico in remissione.

Problemi non meno critici ci pone la categoria d e, «Disturbi di Personalità», per i quali ci si trova in pnmo luogo a dover conciliare la profonda dissimiglianz a della nomenclatura proposta dal DSM III da quella tradizionale, raccolta dalle tabelle vigenti sulle infermità mentali. L'assillo maggiore che ci viene posto dalla ap plicazione eventuale del DSM, nasce però dalla constatazione che una tale diagnosi, in qualsiasi sottotip o venga formulata, dovrebbe essere avanzata, citando te stualmente, « solo quando le caratteristiche specifiche sono tipiche del funzionamento a lungo termine dell'individuo ... >>. Funzionamento del quale, per i problemi piu volte esposti, nulla in genere ci è dato di conoscere, senza poter dunque con verosimiglianza discernere in un dato comportamento quanto è <<tratto» stabile e quanto è momentanea modificazione, legata semmai alle ripercussioni intrapsichiche che la nuova esperienza di vita sta determinando in quell'individuo. Peraltro, ci appare condivisibile, proprio alla luce della nostra esperienza, la critica comune che a tale categoria diagnostica viene posta, cioé quella di essere stata concepita come basata su una delimitazione fondata su caratteristiche cliniche che sfuggono ad una precisa quantificazione e qualificazione descrittiva e che, in ogni caso, richiederebbe piu alti livelli di inferenza (Bellodi & Cazzullo, 1985).

I «Disturbi dell'Adattamento» costituiscono, in base alla loro particolare frequenza fra .i soldati di leva un'altra area di alta problematicità*. La scarsa presenza di criteri operativi di qualificazione e quantificazione della sintomatologia appare qui strana, in un'opera che, per altri settori, appare cosf rigida e ricca di definizioni operative (P ancheri, 1985 b).Questo ci pone ancora di fronte alla difficoltà di differenziarli da una gran massa di altri disturbi psichici, specie i Disturbi Affettivi, quelli di Personalità, sopra richiamati, quelli d'Ansia, solo per fare degli esempi.

Soprattutto, nel nostro caso, il problema nasce dalla distinzione da quelle condizioni che il DSM III esclude con decisione dalla stretta pertinenza psichiatrica, definendole <<Condizioni che richiedono Attenzione o

* Secondo le nostre stime non meno dell'80% delle sindromi ansiose, ansiosodepressive, depressive da noi riscontrate fra i giovani di leva (da sole cosritucnri il 57% delle diagnos i poste nel triennio 82/84) rientrerebb!ero fra i «disrurbi dell' acfattamemo•

186

Trattamento ma che non sono attribuibili ad un Disturbo Mentale». Intendiamo riferirci ai cosiddetti «Problemi relativi ad una fase o circostanza della vita» (codice V 62.89): come non considerare talora tra questi la stessa prestazione del servizio (cod. V 61.80) e gli «Altri problemi interpersonali» (cod. V 61.81)?

È ben nota a tutti la alta frequenza di problematiche inerenti l'adattamento e l'accettazione della esperienza di leva in rapporto a particolari situazioni familiari (frequentemente di ordine economico) o personali (di natura affettiva, economica etc ... ), con una quota piu o meno elevata di disagio psichico. A voler rispettare i canoni del DSM III, la non stretta pertinenza psichiatrica potrebbe condurre alla conclusione che lo stesso invio allo specialista per un eventuale provvedimento medico-legale è inopportuno.

In ogni caso, di fatto, la mancanza di ogni preciso riferimento ci lascia ancora una volta, come unica scelta, quella tradizionale di affidarsi al proprio <<intuito» ed alla propria personale discrezione e «buon senso», con tutti i rischi di soggettivismo che ciò implica.

Un cenno, a questo punto, merita il tema della simulazione, che il DSM II contempla sotto la voce codice V 65.20.

Esso costituisce, come è facilmente immaginabile, la «spina nel fianco» per chi opera nel settore, essendo il campo dei disturbi psichici quello in cui piu frequentemente viene posta in essere la simulazione. Qui ancora di piu valgono le considerazioni appena fatte, poiché il Manuale, come forse era logico attendersi, non può che offrire parametri di riferimento di cui almeno tre (contesto medico-legale della presentazione, marcata discrepanza tra il disturbo lamentato ed il reperto obbiettivo, mancanza di cooperazione per la valutazione diagnostica e il trattamento prescritto), appaiono quasi «per definizione» presenti, «intrinseci» alla situazione relazionale medico/paziente in ambito militare. Se si dovessero applicare alla lettera i criteri proposti, correremmo certamente il rischio di porre, sulla base di una presunta obbiettività, un numero di giudizi di simulazione tale da superare qualsiasi attesa. Problemi non indifferenti pone la categoria, inclusa nel DSM III , dei Disturbi Fittizi che la nostra esperienza fa emergere come piu frequenti di quanto non ci si potrebbe attendere fra giovani militari.

È dunque giustificato attendersi, proprio in virtu di tali problemi, l'aggiunta, in un eventuale DSM IV, di un sesto asse di valutazione «psicodinamica», che consenta di considerare, nel processo di valutazione diagnostica, meccanismi ai «funzionamento» altamente in-

dividuali, strettamente correlati alla struttura personologica del paziente (Karasu & Skodol, 1980).

Altri problemi meriterebbero attenzione. Possiamo qui solo fare un cenno ad alcuni di essi, quali la scomparsa della categoria dei disturbi Neurotici nel DSM III e la omogeneizzazione in una unica grande categoria dei Disturbi Affettivi, con la conseguenza di dover «conciliare», ai fini pratici, la nuova nosografia con quella tradizionale, ufficialmente adottata dalle normative vigenti. Ciò non è di secondaria importanza, visto che, di fronte ad un «Disturbo Depressivo Maggiore» (secondo il DSM III), non è indifferente per noi operare una eventuale riforma per neurosi depressiva o per psicosi depressiva, in termini tradizionali. Un altro esempio potrebbe venire dal caso della «Omosessualità Ego sintomatica», che il DSM III non considera quale disturbo mentale, ma sulla quale veniamo comunque chiamati ad esprimere dei giudizi medico-legali, o, ancora, dalla distinzione del Manuale fra semplice Uso ed Abuso di Sostanze, cruciale ai fini della delimitazione della «patologicità» o meno di un caso.

4. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Alla luce della nostra esperienza il DSM III potrebbe costituire anche per lo psichiatra militare un valido strumento di lavoro. Dai vantaggi offerti dalla disponibilità di criteri operativi per lo piu chiari ed univoci, discriminanti, può derivare una piu facile e non equivoca comunicazione fra gli operatori del settore ed una maggiore obbiettività nei compiti diagnostici assunti.

La sua adozione, come ci siamo sforzati di evidenziare, non è comunque scevra di problemi, come d'altro canto lo stesso Spitzer nella introduzione al Manuale sottolinea, suggerendo esplicitamente molta cautela nel!' uso del DSM III per scopi di tipo fiscale e medico-legale.

Molti dei problemi di cui abbiamo accennato, comunque, non sono relativi allo strumento di per sé, ma alla particolarità del lavoro psichiatrico militare. Problemi con i quali si avrebbe comunque a che fare, qualunque fosse lo strumento diagnostico utilizzato, anche piu elaborato ed affidabile del DSM III. Altri problemi, piu strettamente inerenti i criteri proposti dal Manuale e la loro applicabilità nel settore specifico, potrebbero almeno in parte venire superati dalle ulteriori evoluzioni del sistema, di cui già si parla (DSM IV).

Rimane per noi fondamentale, in ogni caso, la ne-

187

cessità di un impegno costante da parte di chi è preposto alla diagnosi, di un affinamento della sua competenza specifica, di un miglioramento delle condizioni e prassi di lavoro, basi imprescindibili della corrrettezza nelJa applicazione di un qualsivoglia metodo.

Riassunto . - Gli Autori passano inizialmente in rassegna i principali problemi posti dalla diagnosi psichiatrica, con particolare riferimento per il contesto medico legale militare. Dopo una sintetica esposizione dei principi informatori del DSM IIl, essi discuto· no dei problemi generali derivanti dalla sua applicazione neU'ambito deUa Psichiatria Militare, esponendo poi, a titolo esemplificativo, alcuni problemi diagnostici specifici,

Résumé . • Les Auteurs, après une courte discussion sur 1es problèmes qui concernent la procédure diagnostique en général et sur la psychiatrie rnilitaire en particulier, donnenr une description synrhétique des aspccts basilaires du DSM III. Depuis ils présenrenr une discussion sur !es difficultés générales et spécifiques du DSM 111 dans le contexte de la psychiatrie militaire.

Summary.

• After a brief discussion about the problems concerning the diagnostic process in generai and military psychiatry, the Authors provide a synrhetical description of basic fearures of DSM III. Some generai and spccific difficulties in the use of DSM III criteria in che concext of military psychiatry are then discussed.

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188

ENTE OSPEDALIERO DI TERRACINA

SERVIZIO OJ ANESTESIA E RIANIMAZIONE

Primario: Dr. S MAssA.'11

IPOTENSIONE CONTROLLATA INDOTTA DA LABETALOLO NEL PAZIENTE NORMOTESO

S. Massani

La pressione arteriosa ( P.A. ), ossia la pressione che il sangue esercita sulle pareti delle arterie, è correl ata fondamentalmente a due fattori:

1 ) gittata sistolica, che influisce prevalentemente sulla P.A. max;

2 ) resistenze arteriolari, che influiscono fondamentalmente sulla P.A. min. e sono legate a molteplici fattori: rifl essi nervosi (ve di cardioartico e senocarotideo), p sichic i , ormonali, stimo l i fisici (es. caldo,

EFFETTORI TIPO DI RICETTORI

CUORE

Nodo5.A \3

Altri

Nodo A_Ve ressufo di conduzione

Ventricoli 13

B. Varagnoli

freddo ) e chimici (is tamina, ipercapnia, ipossia, renina ecc.) (fig. 1).

Tutt i e due i fattori che regolano la P.A. sono sotto il controllo delle catecolamine, adrenalina e noradrenalina, che agiscono attraverso recettori cellulari denominati recettori ad renergici.

Ahlqu ist già nel 1948 suggeriva che tali recettori fossero di due diversi tipi a e p, In genere gli a-recettori mediano la contrazione dei muscoli lisci,

RISPOSTA

Aumento della~equenld Cdrd1aca

Aumenro del! Ctrllrclthlil:a \ e dela -.eloc,t;i' d I condoZione

Aumenfo della veloc1tJ' di conduz:ione

Aumento dellacontiatl11i~:deJ. la ve)ocil:i'd,cond.,dellaaJo_ mar.e.i~' edqJla tjvenza de i a?l'llri idio\ieritr ico ari

VASI SANGUIGNI

Coronane

Cvte e muc05e O(

~ uscoli sc.helerrid cx -(3

Cerebr.ali C(

r:blmonari d.

Vi se.eri éldcbninali CX-~

D; la[az,one (• )

C05("rizione

Contiaz:ione._dila~iooe

Costrizione

Co.strizione

ContrcU:ione_d iki(jzia,e

(I") Dx> es:;ere in9rdn parte un efFetto indiretto

Flg. 1 - Risposta degli effettori di alcuni del più Importanti settori dell'apparato cardlovascolare alla stimolazione adrenergica

189

tranne quelli situati nelle zone non sfinteriche del tratto intestinale, nelle quali determinano rilasciamento. IP-recettori modulano invece il rilasciamento del muscolo liscio e la sti molazione del muscolo cardiaco . ( fig. 2 )

È stato quindi ipotizzato ( Brittain R. T.) che un preparato dotato di un g iu sto equilibrio tra attività a e P-bloccante, potesse essere utile per la terapia dell'ipertensione. In altri termini riducendo le resistenze vascolari totali ( R VT ) con un blocco parziale 10

So qo

presupposti ed ha dimostrato le seguenti caratteri stiche:

l ) è un antagonista competitivo sia a livello degli a che dei P-reccttori adrenergici;

2) è circa 10 volte più attivo come B-bloccante cht non come a-bloccante;

3) .la sua azione di blocco sui P-recettori non è selettiva, ossia agisce praticamente in ugual misura sui Bl, prevalenti nel cuore e nell'intestino, e sui B2, ventricolo sinistro arterie arteriole capillari vene ventricolo destro

Fig. 2 • Comportamento della pressione del sangue nelle diverse sezioni del sistema circolatorio. Nel sistema arterioso la pressione è elevata ed ha carattere pulsatorio. La pressione media tende gradualmente a diminuire lungo i vasi arteriosi di maggior calibro. Nei vasi di minor sezione essa cade rapidamente, mentre si riduce praticamente a zero la pressione pulsaroria a causa della elevata resistenza al flusso. ·

degli a-recettori e proteggendo simultaneamente il cuore dallo stimolo si mpa tico, provocato in via riflessa da una caduta della P.A. ricorrendo ad un contemporaneo blocco dei P-recettori, si sarebbe potuto modu lare efficacemente i valori della P.A. ( fi~. 3 )

Il labetalolo, 5-1 idrossi-2-(1-metil-3 fenilpropil) amino etil salicilamide, è un farmaco nato con questi

prevalenti nelle arterie e nei bronchi;

4 ) la sua azione è specifica sui recettori adrenergici, cioè il farmaco non possiede attività ami-istaminica, anticolinergica od antiserotoninica, né ha attività simpacicomimetica intrinseca;

5 ) l'azione depressiva miocardica permane sempre molco debole anche con dosaggi nettamente superiori a quelli terapeutici;

6) non altera i parametri ventilatori a differenza di altri P-bloccanti (vedi propanololo );

7 ) non a ttraversa facilmente la barriera ematoencefalica ed è qu ind i improbabile che determini effetti sedativi;

190

8) ha un'emivita piuttosto breve (c irca cinque ore);

9) n ei pazienti con elevato tasso di renina plasmatica ne riduce l'attività;

10) può essere somministrato per via orale o endovenosa, in questo ultimo caso con effetto ipotensivo molto rapido , ma co munque graduale.

Sulla base di queste premesse che indicano l'agibilità e la tolleranza dell'uso del labetalolo, in-

sieme alla carenza di effetti secondari inde s iderati e sulJe orme di studi e casi stiche sull'uso di raie farmaco nell'ipertensione, abbiamo voluto sperimentarlo nel paziente «sa no » e normoteso al fine di indurre ipotensione in quegli interventi chirurgici in cui la medesima ne rappresentasse un subs trato ottimale.

CASISTICA E TECNICA

L'indagine è s tata condotta su 29 pazienti, 15 di sesso maschile e 14 di sesso femminile, di età compresa tra i 20 ed i 60 a nni, senza alcuna componente parologica di rilievo, a ll' infuori di quella chirurgica.

Venivano monfrorizza ti due parametri fondamentali:

- P.A. max., min. e media con apparecchio Lefestar 200;

- E.C.G. e f.c. con monitor Hewl ett- Packard 783324.

T ali rile vaz ioni venivano effettuate:

- la sera prima dell ' intervento;

- 30' dopo la premedica z ione;

- 5' dopo la somministrazione del neurolettico;

- durante il corso dell'intervento ad intervalli di due minuti;

- dopo la fine deJl'intervento con intervalli di 5' per la prima ora ed ogni 30' nelle sei ore seguenti;

- tre voite al giorno fino alla dimissione del paziente.

Come P.A. di riferimento è sta ta presa quella rilevata dopo sedazione del neurolettico.

La tecnica anestesiologica è stata la s tessa per tutti i pazienti: premedicazione con diazepam 10 mg. im. lh prima dell' intervento; s uccessivamente, in sa la di preanestesia inie zione ev. di 2-3 ml. di Leptofen e 0.4-0.6 mg. di atropina so lfato regolando il dosaggio a seconda del peso corporeo.

Trasportato il paziente in sala oper a toria s i procedeva ad intuba zio ne orotracheale previa somministrazion e di tiopentone s odico in dose sonno e succi nilcolin a ( 1 mg. / kg. ) o bromuro di pancuronio (0,07 mg. / Kg).

L'anestes ia veniva mantenuta con 0 2 40 %, N20 60% ed enflurane (1-2 %) Il paziente veniv a posto in ventilazione controllata con respiratore automatico a 16 / 18 atti respiratori / mio. con flusso adeguato a ll e necessità.

L'infusione del labeta lolo (200 mg. in 200 ml.

Fig. 3 - Rappresentazione schematica, estremamente se mplificata, del sistema di controllo della pressione arteriosa, che mette in evidenza il sistema di tipo «feedback» sia per la componente neurogena che per quell a umorale.
191

soluzione fisiologica), iniziava contemporaneamente a quella del TPS, con dosaggio di un mg. /2 Kg. di peso corporeo del paziente.

Il valore della P.A. media iniziava a decrescere del 10 % al 2 ° minuto e tale diminuzione permaneva costante fino al 10 ° minuto. A questo punto il calo pressorio si riduceva percentualmente intorno al 6-8% e poi al 4-5%.

Dobbiamo comunque dire che, nella nostra casistica, non è stato mai necessario mantenere questi dosaggi di labetalolo oltre il 12 ° minuto.

Raggiunto quindi il valore pressorio desiderato, quello c ioè che riduceva il sanguinamento del campo o peratorio in maniera tale da soddisfare le esigenze chirurgiche senza compromettere la diuresi, l'infusione del fa rm aco veniva ridotta, generalmente ad 1 mg/ 4 Kg di peso corporeo, in modo da mantenere il s . d. valore pressorio.

La sospensione dell'infusione veniva ovv iamente interrotta non appena lo stato ipotensivo non si rendeva più necessario e la P.A. iniziava a risalire dopo 4 ' -6', per riportarsi a valori vicini a quelli di base ( + / - 10% ) in 30-60 minuti.

In caso di intervento sugli arti, ci si è anche aiutati ricorrendo alla postura, sollevando cioè il più possibile, rispetto all'atrio destro, la parte da operare.

Tutti i pazienti sono stati adeguatamente idratati, onde poter sorvegliare la diuresi durante e dopo l'intervento e mai abbiamo notato alterazioni significative della stessa.

La durata degli interventi è compresa tra i 30 ed i 120 minuti con una media di 51.

Il quantitativo di labetalolo iniettato è ovviamente cor rel ato con la durata dell'intervento; il valore minimo è stato di 700 mg., quello massimo di 1.500 mg.

CONS IDERAZIO N I

I 29 pazienti, accuratamente selezionati e trattati con tale metodica anestesiologica, hanno risposto con piccole deviazioni dei parametri sopra c itati, evid enziando quindi un comportamento abbastanza omogeneo. Tutto lascia pensare che la somministrazione di labetalolo mediante infusione ev. continuo consente di modul are finalisticamente i valo ri pressori, creando le condizioni ottimali per lo svolgimento dell'intervento chi r urgico ed evitando co-

munque un bru sco calo pressorio. Con tale metodica infine non si sono apprezzati fenomeni collateral1 nel periodo post-operatorio né nei controlli a distanza.

In particolare in nessun caso si è manifes ta ra una crisi ipertensiva, da eventuale aumento di catecolamine, dopo la sospensione del farmaco.

Riassunto. - Gli Autori pro pongono di usare il Laberalo lo, farmaco notoriamente anriiperensivo, nel paziente normoteso al fine di modulare la pressione arteriosa e di ridurre cosl la pressione arteriosa ed 11 sanguinamento nel cor~o d1 mrervent1 chirurgici.

Résumé. - Les Auteurs proposenr l'usage du Labetalol , médicament dont l'action anri-hy pertensive esr bien connue, dans !es paricnrs avec une t ension artérielle normale aù fin d'en dimmuer la tension artérielle et le sanguinement aù cours d'opérations chirurgicales.

Summary. - The Authors suggest to use labetalol, well known as an hyporensive drug, in anaesthetizmg patients wich blood pressure in the normale range, in order to reduce blooding.

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di
192

REGIONE MILITARE DELLA SARDEGi\ ,\ COMANDO DEI SERVIZI SANITARI

Direttore Col. me Dr G. CAl'(U

OSPEDALE MILITARE DI CAGLIARI

Direttore Col. me. Dr I. 5,.,.,.,.

SU TRE CASl DI SINOSTOSI CONGENITA RADIO-ULNARE PROSSIMALE

S. Tcn. me. G.M. Lombardo

NOTE rNTRODUTTIVE

Tra le numerose deformità dell'apparato scheletrico, congenite ed acquisite, che la pratica quotidiana ci sottopone, un posto di vivo interesse è occupato dalla sinostosi radio-ulnare congenita. Tale malformazione, ritenuta un tempo eccezionale, forse perché spesso erroneamente messa in rapporto a pregresse lesioni traumatiche, e quindi non ricon osciuta, appare oggi assai meno rara e la letteratura mondiale ne conta ormai qualche centinaio di casi. Anche se tra le anomalie dei vari segmenti scheletrici è effettivamente una delle più rare, si presenta tuttavia come la più frequente tra quelle del gomito. Non è quindi per la relativa rarità che oggi vengono descritti questi casi, ma sempre nel tentativo di porcare con la casistica un contributo alla eziopatogenesi e alla terapia di questa deformità, che, nonostante s i appalesi sempre con un preciso quadro anatomoclinico, offre tuttavia da caso a caso delle partic ol.1rità tali, dal punto di vista morfologico e funzionale, da condurre a diverse conclusioni circa la patogenesi ed il trattamento.

Nella grande maggioranza dei casi la sinostosi congenita radio-ulnare si localizza al terzo prossimale dell'avambraccio e fu Lenoir, nel 1917, a fornire la prima descrizione completa, dopo aver osservato un caso in corso di autopsia. Sono anche descritti in letteratura rari esempi di malformazioni sia prossimali che distali, ed eccezionalmente di localizzazioni alle metafisi radio-ulnari distali.

L'avambraccio in pronazione stabile è il segno più appariscente della deformità. T aie atteggiamento può presentarsi tuttavia in vari gradi, dalla posizione di pronazione intermedia e quella di prona zione completa, con estrema variabilità del danno estetico e del disturbo funzionale.

Circa il rapporto con il sesso ci sarebbe, secondo vari Autori, un sostanziale equilibrio tra mas ch i

S. Ten. mc. P. Onnis

e femmine, mentre non si registrano differenze nelle localizza zio ni ai due arti e nel 30% circa dei casi si avrebbe bilateralità. La fusione dei due segmenti può variare molto per tipo, da un semplice contatto corticale a veri ponti ossei, ed estensione, da puramente epifisaria a tutto il terzo prossimale dell'avambraccio. Nei casi in cui la fusione tra radio e ulna è limitata, i contorni dei due elementi ossei so no pre ssoché normali, ma, quando invece la sinostosi è più ampia, possono associarsi varie modificazio ni degli elementi sche letrici, come incurvamenti o deformazioni del radio o dell'ulna. Alterazioni ossee possono estendersi agli elementi anatomicamente adiacenti, con deformità varie del gomito, del carpo e della dita della mano, e malformazion i dei muscoli dell'avambraccio nonché in altri distretti (lussazione conge ni ta dell'anca, piede torto, ginocchio valgo sono le più frequentemente segnalate )

Il problema e7iologico e patogenetico ha dato ,1J1to a numerosissime teorie ed interpretaz ioni. È indubbio che tale anomalia rappresenta una deviazione dalla norma compiutasi precocemente durante lo svilupp{,, 1...v:--~e è confermato dalla limitazione funzionale già osservabile nei primi mesi di vita, meno completo è inv ece l'accordo sui fattori che provoc herebbero il vizio di forma.

Secondo le teorie più accreditate la sinostosi radio-ulnare congenita r appresentere bbe la persistenza dell'unione tra radio e ulna presente in uno sta dio precoce dello sviluppo embrionale. Infatti, le parti prossimali del radio e dell'ulna deriverebbero da un'unica massa sviluppante cartilagine nella quale si distinguerebbero poi due distinti ceneri cartilaginei.

Secondo altri Autori invece, la malformazione deriverebbe da un errore piuttosto che da un arresto di sviluppo. li radio e l'ulna avrebbero origine da due lamine cartilaginee che s i formano nel corso della prima setti mana di vita e mbrion ale nell'abbozzo

193

mesenchimale dell'avambraccio (Zeugopodo); dalla parte mediana del futuro segmento s cheletrico, queste si es tend erebbero in senso craniale e caudale. Per poter parlare di arresto di sviluppo, quindi, dovrebbe evidenziarsi un incompleto accrescimento prossimale e distale di uno o di ent r ambi gli elementi ossei, mentre nella sinostosi radio-ulnare si tratta solo di una unione dei due elementi s t essi

In base anche ai frequenti disordini strutturali e funzional i presenti nei segmenti adiacenti dell'avambraccio, viene riconosciuta nella sinostosi l'espressione di uno stato malformativo più complesso, definito «displasia congenita del complesso pronosupinatorio » . A sostegno di questa tesi vengono infatti riportati esempi di familiarità e di ered it arietà, con la presenza della malformazione in numerose generazioni e la contemporanea associazione di malformazion i osteomuscolari in altri distretti corporei. D'altra parte moltissime sono le segnalazioni in cui la familiarità e l'ereditarietà sono tutt'altro che necessar ie, lasciando aperto il problema a varie e ancora attuali interpretazioni.

CASI C LIN ICI

Il nostro studio è stato condotto dall'aprile del l984 al giugno del 1985, su 24 .341 giovani appartenenti alle classi 1966 e 1967 residenti in Sardegna e sottoposti alla visita di selezione per l'idoneità al servizio militare presso il Consigio di leva di Cagliari.

Sono capitati alla nostra osservazione ben rre casi di sinostosi congenita radio-ulnare prossimale, con una incidenza valutabile in c irca 0,1 casi per mille. Trattasi di due forme bilaterali e di una monolaterale destra e in tutti l'atteggiamento è di pronazione completa obbligata.

Nonostante un'anamnesi accurata e scrupolosa ment e condotta, in nessun caso sono stat i evidenziati fatti degni di nota a carico degli ascendenti e dei collaterali, specie per patologia deformativa, e le gravidanze e il p a rto sa rebbero stati tutti perfettamente nella norma. Risalta però la scarsa attenzione data dai soggetti ai disturbi recati dalla malformazione, che a detta degli stessi sarebbe stata portata all' indagine medica solo a tarda infanzia, e più per l'aspetto estetico che p er la reale comprom issione funzionale.

Altro elemento comune è il rifiuto manifestato alle rip etute proposte, tra cui la nostra, di interven194

to chirurgico, essendosi evidentemente i sogge tti adattati alle loro condizioni, anche in virtù dei movimenti compensatori della spalla e del polso, su fficienti a limitare la deficienza funzionale dell'a vambraccio.

All'esame obiettivo appaiono come individui d i normale sviluppo psichico e fisico, senza alcun'al tra deformità apprezzabile al di fuori di quella con s iderata. All'ispezione risalta l'atteggiamento in comp leta pronazione degli avambracci sede della deform azione, con accorciamento, nel caso monolater ale , rispetto al segmento sano, valutato in circa 2 cm misurati dall'epitroclea allo stiloide radiale. Netta e apparsa l'ipotrofia muscolare dell'avambraccio, specie nel caso monolaterale per confronto, e parti colarmente evidente a carico della faccia laterale. In rutti si è notata un'accentuazione del valgismo fis iologico del gomito, il cui movimento è apparso co -

Fig. l - Evidente la fu sio ne del terw prossimaJc del radio e deU a ulna.

stantemente completo in flessione e lievemente limitato, nell 'ordin e dei 10°-20°, in este n s ione. Non sono state evi denziate anomalie a carico delle scapoloomerali e dell e radio-carpiche, che anzi ap p aiono forse più lasse ch e n e ll a norm a. Nulla da ril evare a carico d elle m a n i. Sottol in eata l'impossibi l ità di qualsiasi movim ento pron o-sup inaror io, d egno di nota è il fatto ch e i sogge tti riescano in qualche modo a compensare la funzione, grazie ai movimenti vicarianti della spa lla tanto che, in un o dei casi bilaterali, il soggetto riferisce di praticare con bu oni risultati il gioco d el tennis.

All'esame r a diografi co ( fig. n. 1 -2) risalt a la fusione del terzo pross imale del radio e dell'ulna, la cui lungh ezza nei tre casi varia tra i sette e i dieci cm., e l'alterazione dell a s truttur a ossea con preva-

lema di osteoporosi. È evidenziabile inoltre una c hi ara deformazione dei processi olecranici p er verosimili fatti artritici seconda ri , e la dismorfia variamente accentuata delle epifisi distali omerali con irre go l ari t à dei contorni articola ri.

In tutti e tre i cas i, l a diafisi radiale appare incurvata a sciabola con concavità anteriore ed esterna, accomp agnandosi in un caso (fig. n. 3) alla scomparsa totale del cap itello radiale, che v iene completamente riassorbito dall'ulna, con completa fusione d elle cort ical i , e consensua le notevole deformazione de ll 'ep icondilo. Negli al tri due casi il capitello radiale è conservato, partecipando all'a rticolazione del gomito. Normoconformate a ppaion o le epifisi d i stali radio-ulnari e la radio-carpica nel s uo insieme.

Fig. 2 - Deformazione dei processi olecranici e dismorfia de lJe epifisi distai i omerali Fig. 3
195
• Scomparsa totale del capitello radiale, riassorbito dalla ulna.

TERAPIA

Veramente numerosi sono gli indirizzi chirurgici che a causa della variabilità delle malformazioni ossee e dell'orientamento degli operatori sono descritti in letteratura.

Negli anni si sono, infatti, succeduti interventi basati principalmente sulla resezione della sinostosi e della epifisi prossimale del radio, sulla resezione di un segmento del radio distalmence alla sinostosi e sua combinazione con trapianti tendinei, e sulle osteotomie correttive.

Considerata nel tempo l'evoluzione degli interventi, vediamo che, acquisita la frequente insufficienza della sezione della sinostosi, anche associata a interposizione di lembi muscolari o lamine metalliche, ci si rivolse a più complessi interventi di resezione del radio, completati o no da trapianti tendinei, sino a giungere a vere e proprie serie di tentativi chirurgici, in cui si raggiunsero soddisfacenti gradi di supinazione. Ma queste operazioni, anche se dal punto di vista teorico si dimostravano perfette, praticamente non giunsero a dotare l'avambraccio di un valido movimento di pronosupinazione, in accordo con il fatto che la malformazione ossea rappresenta solo una parte di più complesse alterazioni dei muscoli, dei legamenti e della membrana interossea.

Proprio La globalità del problema osseotendineo-1 igamentoso e le accertate variabilità individuali nell'ambito della stessa malformazione, hanno suggerito precisi orientamenti terapeutici. È necessario innanzitutto un accurato inquadramento diagnostico , basato fondamentalmente s u:

- esame radiografico;

- esame elettromiografico dei muscoli dell'avambraccio;

- esame clinico e bilancio muscolare; per valutare il tipo e l'estensione della malformazione ossea, le residue capacità motorie e le eventuali possibilità di recupero del complesso pronosupinatorio, l'entità del danno funzionale.

Conseguentemente, in presenza del solo danno osseo, è indicato l'intervento di semplice resezione della sinostosi.

Se vi è coesistenza di danno muscolare è indicata l'osteotomia derotativa del radio, eseguita a livello dell'estremo di sta le del segmento osseo sinostosato e il posizionamento dell'avambraccio in posizione funLionale, quando questa non sia già in essere.

CONCLUSIONI

Al termine del nostro lavoro abbiamo tratto alcune considerazioni. L'orientamento terapeutico dovrà essere, come già detto, guidato dalla clinica e dagli esami radiogra fici ed elettromiografici, tenendo però conto come spesso questi pazienti compensino l'impotenza della supinazione con la funzione del complesso scapolo-omerale e scapo lo-toracico, riducendo in ultima analisi le indicazioni operatorie. Queste potranno quindi così riassumersi:

- nei pazienti perfettamente adattati alla deformit à per le loro necessità lavorative e di relazione è controindicato qualsiasi tentativo di correzione chirurgica;

- nelle varianti in minus, con assente o scarsa lesione muscolare c'è l'i ndicazione all'intervento di resezione del capitello radiale;

- nelle forme con deficienza funzionale non compensabile dal complesso del cingolo scapolare è preferibile l'osteotomia derotativa con posizionamento dell'avambraccio in posizione funzionale di pronosupinazione intermedia.

Nel corso del nostro studio hanno inoltre preso ri salto alcune considerazioni sociali: abbiamo constatato come questi pazienti si siano facilmente integraci nel mondo del lavoro , nonostante una menomazione fisica di discreta entità, e ciò potrebbe essere dovuto al miglioramento della organizzazione del lavoro e dei suoi mezzi, sempre più evoluti ed automatizzaci a tal punto, da richiedere una minima capacità manuale in favore di una maggiore applicazione delle risorse cerebrali, nel senso della preparazione culturale specifica, prescindendo dalla idoneità fisica.

Riassunto. - Vengono descritti ere casi di sinostosi congenita radio ulnare prossimale, della quale viene esaminato il problema clinico e patogenetico e considerate le possi bilità terapeutiche. Sulla base dei dati fomiti dalla letteratura e dalla climca dei casi presentati, viene dimostrata la scarsa utilità degli interventi chirurgici tendenti a ridare la motilità pronosupinatoria all'avambraccio e raccomandato un accurato inquadramento diagnostico e una limitazione delle indicazioni operatorie.

Ré sum é - lls vicnnenr déscrit~ troi~ cas dc synostose congcnit,tle r,tdio-cubi talc supéricure, dc la quelle viene examiné le problème cl inique et pathogéniquc et considerées Ics possibilités thérapeuttques. Su r la base des données foumies de la littérJ1ure et de la clinique des cas presenrés, v1ent démoncrée l'inutilité des intcrvenrions chirurgicales ayantes le but de donner la mo1ilite de l'avanc-bras en pronosupination et rccommendé un me,lleur en-

196

quadrement diagnostique et une limitation des indications opéraroires.

S ummary . - lt is reported the srudy of three cases of congenita! upper radio-ulnar synostosis, and after considering che problem from clinica! and parhogenetic point of view, che therapeutic possibilities of the disease are evaluated. Basing upon cases collected from lirerarure and clinic, uselessness of trying to restore surgically the prono-supination is demonstrared, and it is pointed out the utility of a him accurated diagnostic rcsearch and of limitation of rhe surgical operations.

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197

D1rc11orc: Col me ;\ P.\UIIILRI

REPAR I O OCULI~ 11( O

Capo Rcp,irro: rcn Col. mc. I.. BASII I

lMPlEGO DEI PEV IN SOGGETTI AMBLIOPICI

SOTTOPOSTI A VISITA OCULISTICA DI LE VA

Ten. Col. mc. L. Bas ile Dr. M. Scrivanti•

La possibilità di una valutazione oggettiva dell'acuità visiva risulta di estremo interesse nel campo della Medicina Legale, in particolare quando si sospetta una simulazione da parte del soggetto esaminato. In ambiente militare cale situazione si può prospettare con una certa frequenza, secondo alcuni Autori con una incidenza variabile dallo 0,5 al 3% (Sc rivanti e co11., 1982). Esistono numerosi metodi che ci consentono di esprimere un giudizio sulle reali capacità visive del sospetto simulatore.

Alcuni possono essere considerati soggettivi perché basaci suJJa risposta che si ottiene disorientando il paziente. Tra questi ricordiamo l'uso di ottotipi particolari, come la tavola opto metrica ad anelli di Beyene, o il test di Thibaudet od ottotipi le cui lettere per essere lette richiedono la cooperazione binoculare, come nelle prove di Snellen e di Stilling. Un'altra possibilità è la valutazione della risposta che si ottiene anteponendo lenti volutamente errate sull'occhio non ambliopico, come per esempio nella prova Di Jackson (in cui si ricorre ad una lente cil indri ca di forte potere) o in quelle di Airmagnac, o di Graefe, o di Morgagni (i n cui si ricorre ad una lente prismatica di vario potere).

Fra i metodi oggettivi ricordiamo l'osservazione del movimento di restituzione quando con un prisma di poche diottrie si cerca di rompere la capacità fusionale. Questo metodo, di semplice esecuzione, presenta però il grosso limite di non consenti re una valutaz ione quantitativa. Un'altra tecnica oggettiva, da cui si può trarre un giudizio quantitativo, è invece rappresentata dall'acuimetro oscillante di Goldman, che sfrutta il principio del nistagmo indotto da un cilind ro rotante.

Fra le metodiche oggettive, una delle più usare in questi ultimi anni, anche dal punto di vista medico-legale, è costituita dalle indagini di elettrofisiologia oculare ( Fiorentini e coli., 197 3; Frosini e coli., 1 976; Scrivanci e coli., 1984, 1985 ).

Dr. A. Sodi• Dr. A. Franchini Mentre però l'elettro-oculogramma ( EOG ) e l'elettroretinogramma (E RG ) risultano utili per documentare la presenza di una lesione organica, spesso dimostrabile anche oftalmoscopicamence, solo il potenziale evocato visivo (PEV ) può essere utilizzato per quantificare la capacità visiva, non solo sotto il profilo della integrità anatomica, ma anche sensoriale.

In questa nostra indagine preliminare abbiamo voluto ver ificare la possibilità dell'impiego del PEV in alcuni soggetti sottoposti a visita oculistica di leva, che accusavano soggettivamente un deficit visivo, suscettibile di provvedimento medico-legale.

MATERIALI E METODl

Abbiamo considerato 14 soggetti, di età media 18,5 anni. Tutti presentavano una anamnesi remota e prossima negativa per patologie neurologiche, ed erano affetti da una ambliopia grave monolaterale, così ripartita dal punto di vista eziopatogenerico:

- gruppo A: 5 amb liopie anisometropiche con miopia elevata monolaterale (acui tà visiva media soggettiva: 1 / 40 );

- gruppo B: 4 ambliopie strabiche ed anisometropiche {acuità visiva media soggettiva: l / 20 );

- gruppo C: 3 ambliopie ex non uso (alrerazioni dei mezzi diourici, m aculopatie, etc.) (acuità visiva media soggettiva 1/.30);

- gruppo D: 2 ambliopie non giustificate da vi, i di refrazione, eterotropic o dal quadro oftalmoscopico ( acuità visiva media soggettiva: 1 / 20) ( ta le s i tuazione si riscontra frequentemente nelle microtropic).

• Cl ini ca Oculistica di Firenze !~rituro di Ortica Fisiopa tolog.ica ( Prof. G. Salvi )

Istituto di Clinic,1 Oculisric.1 I ( Prof. L. Ventun ).

OSPEDALE MILITARE DI FIRENZE " ANGELO VANNINI M 0 V M .''
198

La registra zione dei PEV veniva effettuata in una gabbi a di Faraday per evitare le influenze di campi elettrici esterni.

La stimolazione veniva effettu ata mediante schermo TV di 30 cm di diametro, posto a 2 m di distanza daJl'osservatore. Lo stimolo era del tipo pattern-reversal a barre verticali co n grandezze angolari di 25', 15' e 7 ,5'; la frequenza temporale era d i 10 rev / sec ed il con tra sto era del 70%. Gli elettrod i erano del tipo a coppetta di argento-cloruro d'argento; l'elettrodo esp lorante era posto nella regione occipitale su ll a linea mediana circa 2,5 cm sopra l'inion , quello di riferimento in regione mediofronrale, e quello di terra nella regione ma stoidea destra.

L'amplific az ion e e l'elaborazione del segna le era ottenuta su una media di 50 presentazioni per ogni registrazione , mediante un Averager tipo OTE BASIS. I tracciati venivano registrati prima dall'occh io destro, con mire di grandezza angolare decrescente, e poi dall'occhio s inistro, con analoga sequenza.

Per la valutazione quantitativa dei tracciati si è calcolata l'ampiezza media espressa in µ

RISULTATI

In rutti i soggetti esaminati abbiamo ri scontrato una risposta evocata ridotta nell'occhio affetto rispetto al co nt rolaterale. (T ab. 1 )

Valutando però in modo disaggregato i gruppi di soggett i considerati, osserviamo che nei gruppi A, B, C, la risposta evocata dell'occhio affetto era estremamente ridotta anche per le mire di grandezza angolare maggiore ( Fig. 1 ); invece i du e pazienti del gruppo D mostravano una risposta evocata ben evidente e di una certa ampiezza anche per le mire di minor valore ango lare (7 ,5') (Fig 2).

• {25' 6.7 µ,V ! 3.6 15' 5,4 µ,V + 2 67.5' 3, 1 µ,V ! 1 1 • { 25' 14,9 µ,V! 2.4 15' 13 , 5 µ,V + 3.07, 5' 14,2 µ,V ! 3.1
Tab. 1 ~I AMP IEZZA MEDIA PEV
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199
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PRES- :,S<(OOHT TINE
Fig. 2

Questa nostra indagine preliminare avvalora il possibile uso dei PEV come metodo di valutazione oggettiva di visus in campo medico-legale. Nella maggioranza de i pazienti il reperto elettrofisiologico ci ha permesso di confermare in modo oggettivo il dato rilevato soggettivamente.

Il problema della quantificazione può essere risolto osservando il comportamento della risposta evocata in relaz ione alla frequenza spaziale, correlabile con l'acuità vis iva in decimi. Ad esempio, nei soggetti del gruppo D, la presenza di una chiara risposta evocata per mire di grandezza angolare 7 ,5' era indice di una acuirà visiva maggiore di quella dichiarata. Tale dato è stato poi confermato dall'uso di alcune tecniche tradizional i di valutazione oggettiva de l visus (tecniche di disorientamento, nistagmo oscillatorio evocato).

È chiaro che in questi casi la componente attentiva può giocare un suo ruolo; ci sembra pertanto opportuno, di fronte ad una discrepanza fra dati oggettivi e soggettivi, ripetere l'esame più volte.

Un altro elemento fondamentale è il concrollo della fissazione; tale ostacolo potrebbe però essere facilmente superato osservando attentamente il paziente; un controllo ancora più accurato potrebbe essere ottenuto mediante un sistema a telecamera, del tipo di que ll i utilizzati pe r il controllo della fissazione nella perimetria automatizzata.

In conclusione, ci sembra di poter confermare il valore dell'indagine elettrofisiologica nella valutazione oggettiva del visus, pur sottol ineando che i risultati della registrazione del PE V vanno confrontati con i dati ottenuti mediante le tradizionali tecniche soggettive ed oggettive, nell'ambito di una globale valutazione clinica e medico-legale

R iassun t o. - Gli Autori hanno registrato i Potenziali Ev ocati Visivi ( PEV ) m un gruppo d1 soggem ambliopi. Li rispo sn evocata e n\ultata sempre inferiore nell'occhio ambliope ri~pcrto al controlaterale. In due soggetti però la persistenza di u n tracc1at0 ben legg1b1le anche per mire molro piccole era mdice d, una acuità visiva maggiore di quella dichiarata. I dati confermano l'utilita del PEV come metodo di determinazione oggetti\ 1 del visus a fini medico-legali.

Résumé. - Les Auteurs om enregisrré les Potentiels Evoqués Visuels (PE V) dan~ un groupc de sujets amblyopcs. I .a réponse evoquee .1 c1c roujour, intcrieurc dans l'ocil ambl)opi qut qul' clan~ l'oc1I conrrolatéral. En deux ,ujcr, la pcr~is1cnce d"un rr,11.:é dc bonnc qualiré mèmc a\CC dc~ mircs 1res petite, indiqu c une acuité v1suelle plus élevée de celle declarée. Les résulta t \ confirrnenr l'utiliré des PEV pour la determinarion objectivc d c l'acuité visuelle pour de~ buts mcdico-legals.

Sum mary. - The Authors registcred che Visual Evokcd Porenrials ( VEP ) in a group of amblyopic subjects. The evoked rcsponse was always infcrior in the amblyopic eye compared with rhe fcllow one. Anyway in two subjects the persi\tcnce of a well conformed tracing even with very small targets suggested a visual acuicy highcr rhan che one declared. The data confìrm the ,·alue of VEP as a method for obJective derermmation of visual acu1cy for medico-legai purposcs.

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CONSIDERAZ I ON I E CONCLUSIONI
200

OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI ROMA

Direttore: Col. me Dr. M D1 MARTINO

DISTACCO SIEROSO DELLA MAC ULA IN UN CASO DI CORIORETINITE DA TOXOPLASMA

Magg. m e . M. Cantarini *

Cap .me . A. Ambrogio * 1 ' S . Te n . me . M . Uari t"~

La toxoplasmosi oculare ha un'incidenza mol to elevata (30-50%) tra le flogosi della corioretina ed è spesso causa d i cecità per il frequente interessamento del polo posteriore.

Il Toxoplasma Gondii è un protozoo parassita obbligato intracellulare. Uno dei piu comuni ospiti primari di questo protozoo è il gatto domestico nel cui intestino avviene la riproduzione sessuata. Attraverso le feci vengono eliminate le oocisti infettive. Queste raggiungono attraverso vari materiali contaminati gli ospiti secondari (ovini, bovini, suini e l'uomo). Per quanto riguarda l'infezione toxoplasmica nell'uomo, distinguiamo l'infezione nell'adulto normale, nell'immunodepresso e quella congenita. La manifestazione oculare è alquanto rara nella toxoplasmosi acquisita nell'adulto (2,6% secondo Perkins); nell'immunodepresso gli organi piu frequentemente interessati sono il sistema nervoso centrale, il miocardio, i polmoni, il fegato ed alt ri, raramente l'occhio che invece è colpito molto spesso nel caso della toxoplasmosi congenita. Questa è dovuta al passaggio di trofozoiti attraverso la placenta nel caso di toxoplasmosi acuta acquisita in una donna gravida. Come esito dell'infezione fetale a livello oculare si osservano tipiche cicatrici corioretiniche situate spesso al pol o posteriore.

I protozoi si incistano nel tessuto infettato e H rimangono per anni senza dare segni. In corso di malattie, stress, immunodepressione , le cisti possono rompersi d an do luogo alla malattia. Questa riattivazione avviene piu spesso tra i venti e i trenta anni e si manifesta con un focolaio bianco giallastro vicino ad una cicatrice pigmentata, vasculite, reazione vitreale e del segmento anteriore con grossolani precipitati endoteliali. Le corioretiniti acute da toxoplasma che si osservano nell'adulto sono quasi sempre delle recidive di infezioni con genite.

Sono stati descritti alcuni casi in cui l'aspetto oftalmoscopico era quello di una coroidi te sierosa centrale (Remky, K raushar); in alcuni casi si osservava in vicinanza un focolaio di corioretinite, in altri era presente solo la componente essudativa maculare.

CASO RIPORTATO

Trattasi di un giovane di ventuno anni presentatosi in visita specialistica durante il servizio di leva per una improvvisa diminuzione del visus in O .D. All' esame della vista in O.D. si riscontrava un visus di 4/10 non migliorabile con lenti. All'esame del fondo oculare si osservava un distacco sieroso della macula dai contorni netti , due piccole cicatrici nerastre superiormente alla macula; la retina tra la macula, la papilla e le cicatrici aveva un aspetto vagamente opalescente, non si notavano evidenti focolai di corioretinite acuta (fig. 1). Vi era una modesta reazione vitreale mentre l'umore acqueo era limpido.

È stata eseguita nella stessa giornata una fluorangiografia. Ciò che è stato visto in fluoroscopia, cioé durante il corso dell'esame, ha fornito dati sufficien t i alla diagnosi cosi ché è stata iniziata subito la terapia senza attendere lo sviluppo delle foto ed i risultati delle analisi.

'' Capo Reparto Oculistico;

** Assistente Reparto Oculistico.

Pig. 1
201

In fase coroideale ed in fase arteriosa precoce (fig. 2), oltre alle chiazze scure corrispondenti alle cicatrici pigmentate, si notavano numerose chiazzette scure dai margini policiclici e sfumati (frecce piccole) interpretabili come raccolte di liquido essudatizio e quindi corrispondenti a focolai infiammatori. Questo essudato nelle fasi iniziali del fluorangiogramma maschera la fluorescenza coroideale di fondo per cui i focolai appaiono come macchie scure mentre, in fase arterovenosa e successive, i focolai flogistici divengono iperfluorescenti poiché la fluorescina fuoriesce dai vasi per l'aumentata permeabilità degli stessi (Leakage) (fig. 3). Analogamente, in corrispondenza della macula si osservava nelle fasi iniziali una ipofluorescenza dai contorni rotondeggianti dovuta all'accumulo di liquido sottoretinico (P ooling) (fig. 2, frecce grandi). Nelle fasi venose tardive la fluorescin a comincia a penetrare in questa falda di

Fig. 4

essudato che risulterà completamente fluorescente nelle fasi ipertardive assumendo l'aspetto di un discoide bianco a margini netti, percorso in superficie dai vasi della regione maculare, ormai neri poiché non pi~ ripieni di fluorescina (fig. 4).

Oltre la terapia specifica con co-Trimoxazolo e Spiramicina è stato somministrato un cortisonico cronodosato per controllare la notevole componente essudativa maculare. La bolla di liquido si è andata riducendo rapidamente e dopo tre giorni era scomparsa; nell a zona dove erano presenti i numerosi focolai, si rilevava un solo focolaio, questa volta ben evidente, giallastro, a margini sfumati.

Le analisi hanno confermato la diagnosi, rivelando un titolo anticorporale per il toxoplasma pari a 1: 128; il dosaggio delle IgG mediante immunofluorescenza dava un valore superiore a 300 UI/ml mentre le IgM erano assenti, a dimostrazione che si trattava di una recidiva acuta e non di una infezione primaria.

Dopo 15 gg. la reazione vitreale era notevolmen-. te ridotta ed il focolaio circoscritto, quindi il paziente è stato dimesso con terapia domiciliare. (Spirimacina 2g/die, co-Trimoxazolo 2g/die a cicli di 15 gg./mese). Il cortisone è stato sospeso in ottava giornata.

Il focolaio è andato lentamente riducendosi parallelamente alla sieroconversione.

Dopo 12 settimane il titolo anticorporale era pari a 1:64 e le lgG: 75 UI/ml. Non vi erano piu segni di flogosi ed in corrispondenza del focolaio attivo si osservava una piccola chiazzetta di depigmentazione a margini netti (fig. 5).

Fig. 2
202
Fig. 3

È stata eseguita una fluorangiografia di controllo ne ha di.mostrato l'assenza di punti di perdita di fluorescina confermando l'estinzione della flogosi (fig. 6). L'iperfluorescenza osservabile in fase venosa e tardiva (fig. 7) intorno alle cicatrici pigmentate e a quella non pigmentata (esito del focolaio infiammatorio) è dovuta in parte all'effetto finestra causato dal danno ali' epitelio pigmentato ed in parte al fatto che il tessuto cicatriziale si impregna di colorante (staining).

La terapia è stata continuata per un mese ancora e quindi definitivamente interrotta.

COMMENTO

La corioretinite da toxoplasma neU'adulto è quasi sempre una riattivazione di protozoi incistati in un occhio già affetto da toxoplasmosi congenita. Il quadro oftalmoscopico tipico è il focolaio attivo in prossimità di una cicatrice in posizione iuxtapapillare.

Nel nostro caso il focolaio attivo non era ben evidente ed il distacco sieroso del neuroepitelio maculare poteva porre dei dubbi riguardo la diagnosi differenziale con la corioretinite sierosa centrale.

In realtà la presenza di cicatrici pigmentate non lontane ed una reazione vitreale (anche se modesta) indirizzavano i sospetti verso una flogosi di natura infettiva ed in particolare da toxoplasma.

La fluorangiografia, mettendo in evidenza i numerosi focolai infiammatori, ha escluso l'ipotesi di una corioretinite sierosa centrale che, invece, è caratterizzata da una iperfluorescenza precoce puntiforme per danno dell'epitelio pigmentato nell'ambito della zona di sollevamento sieroso, iperfluorescenza che va aumentando nel corso dell'esame. L'esame fluorangiografico, inoltre, ha fornito utili dati circa l'estensione del processo flogistico, la presenza o meno di focolai attivi in sede maculare e l'eventuale esistenza di una vasculite retinica, ed è stato inoltre utile per il follow-up del paziente a distanza di dodici settimane. La natura toxoplasmica dell'infezione è stata confermata dalle analisi: la presenza di elevate quantità di IgG e l'assenza di IgM, indice di recidiva di una infezione congenita, era in accordo con i dati obiettivi; la progressiva diminuzione del titolo anticorporale e deUe IgG si è verificata pa-

Fig. 5 Fig. 6 Fig. 7
203

rallelamente al miglioramento delle co ndizioni cliniche.

Per quanto riguarda la terapia, il trattamento specifico dell'infezio ne è stato effettuato con Spiramicina e Co-Trimoxazolo.

La Pirimetamina è considerato il farmaco di scelta. Nolan e Rosen hanno ottenuto i loro m igliori risultati con Pirimetamina e corticosteroidi; essi riferiscono un tempo medio di guarig ione di nove settimane. Piu spesso questo farmaco viene associato alla sulfadiazina. Ryan e coll. riferiscono un notevole miglioramento entro le pri me due settimane di trattamento. Anche O'Connor riporta risultati analoghi.

Tuttavia la Pirimetamina è stata scartata a causa della sua tossicità. Questo farmaco blocca il metabolismo dell'acido folico, la s intesi del DNA ed altera indirettamente quella clell'RNA; ciò comporta un danno al midollo osseo con pancitopenia, pe t ecchie emorragiche ed anche gravi emorragie interne.

Un farmaco recentemente sperimentato per le corioretiniti da t oxoplasma è la Clindamicina. I risultati però sono piuttosto contraddittori: Tabbara e O'Connor e Tate e Martin han no usato questo farmaco sia per via generale che locale (iniezioni sottocongiuntivali e retrobul bari) ottenendo discreti risultat i . Non altrettanro convinti sull'opportunità di usare la Clindamicina sono Mc Cabe e Remington. Thiermann e coll. hanno osservato che questo antibiotico non impedisce la formazione di cisti nei tessuti infetti; inoltre è tutt'al tro che innocuo: a l tera la flora intestinale e complicazione non infrequente è la colite pseudomembranosa ad evoluzione anche mortale. Sono stati scelti quindi dei farmaci piu innocui cioé il co-Trimaxazolo e la Spiramicina. Il primo è conosciutissimo ed usato con successo da molti anni da solo o piu spesso in associazione alla Pirimetamina od altri.

Riguardo la Spiramicina vi sono pareri discordanti: Habberger e Chodos riferiscono una inattivazione rapida sul 90% dei pazienti, mentre Fajardo e coli. hanno calcolato in 32 settimane il tempo medio di inattivazione con la sola Spiramicina.

Ne l nostro caso l'associazione Spiramicina e coTrimoxazolo ha consentito un rapido miglioramento nei primi 15 giorni, con riduzione delle dimens ioni del fo. colaio attivo e della corpuscolatura vitreale nonché una scompa rsa completa dei fenomeni flogistici in 11-12 settimane.

Oltre alla terapia specifica, a causa della notevole componente essudativa a livello della macula, è stato necessario istituire anche una terapia antiflogistica. La scelta è andata su un prepa r ato steroideo cronodosato,

per un totale di 14 mg. d i prednisolone e 15 mg. di cortisone al giorno per sette giorni in modo da ridurre al massimo il rischio di effetti sfavorevoli sulla infezione, ottenendo ugualmente l'effetto a n tinfiammatorio In effetti il liquido sottoretinico è scomparso in soli 3 giorni e la corpuscolatura vitreale è diminuita moltissimo in una settimana.

L'uso di iniezioni sottocongiuntivali o retrobulbar i è stato escluso. Graeber e Nozik riportano esperienze negative circa la terapia di corioretiniti da toxoplasm a con iniezioni perioculari di cortisonici. L'elevata concentrazione di corticoidi a livello oculare favorirebbe un'attivazione dei toxoplasmi intraretinici. In effetti il trattamenro con dosi moderate di cortisonici e pe r breve tempo è risultato sufficiente a controllare l'eccessiva reazione flogistica, perciò l'applicazione perioculare è apparsa eccessiva nonché pericolosa.

Ri assunto. - Gli Aurori descrivono un caso di recidiva dicorioretinire da toxoplasma con disracco sieroso della macula in un giovane <li ventuno anni.

L 'esame fluorangiografico della retina è stato urilc per la diagnosi differenziale, per va lutare l'entità del processo flogistico e per il controllo a distanza di tempo.

Come terapia è stara scelta l'associazione Spiramicina-CoTrimaxazolo che si è dimostrata efficace e molto ben tollerata Per controllare la notevole componente essudativa maculare è stato sufficieme un cortisonico cronoclosaco somminis trato in dosi moderate per una setrimana.

La guarigione è stata completa e senza esiti funzionali in 12 settimane.

R ésumé - Les Auteurs décrient un cas de rétinochoroidite à coxoplasmes evec détachement séreux de la macula dans un jeunehomme agé de 21 années.

La fluoro-angiographie de la rétine s'esc demontrée utile pour le diagnostic différenticl, aù fin d'évaluer l'intensité du procés flogiscique et pour le contròle à distance de temps.

Pour le traitment a étée choisie l'association entre Spyramicine et Co-Trimexazol parce-que efficace et bien rolérée.

Une perite dose de corticosteroide chronoclose une fois par se· maine a étée suffisante pour contròler l'essudation maculaire.

La guérison a étée complèce dans un cemps de 12 semaines.

Summa ry. - The Au rhors describe a case of retinochoroiditis by toxoplasm presenting a scrous dccachement of che macula in a 21 years old man.

Fluorescein angiography of che retina was useful for che differential diagnosis, co test rhe incensi[)• of flogosis and for the followup.

Spyramicine and Co-Trimoxazol associacion was chosen for the trcatment bccause efficient and well tolerated.

204

A low dose of chronodose corticosteroid once a week was enough to contro! macular essudation. The recovery was complete in 12 weeks.

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205

Rl:.P\KTO C HIRl K<,L\. OIUOPI DIA C.1po Rcp:111u. ( 111. nll'. l. C\Hl,~n

UN CASO INSOLITO DI DI STACCO COMPLETO DEL MUSCOLO BICIPITE FEMORALE

Col. me E . Caruso* Tcn . Col. me . S . Rauch *

NOTE INTRODUTTIVE

I muscoli posteriori della coscia :.ono in numero di 3: il muscolo bicipite del femore; il muscolo semimembranoso; il muscolo semi-tendinoso.

Ta li muscoli sono tutti innervati dal nervo ischiatico che origina dal plesso sacrale.

Il muscolo b icipite del femore è formato da un capo breve e da un capo lungo.

Il capo breve, che si trova in profondità rispetto al capo lungo, trae origine dal «labbro laterale della linea aspra» del fe more in corrispondenza del suo terzo medio; il capo lungo origina dalla tuberosità ischiatica.

I due capi, portandosi in basso cd in fuori, convergono nel tendine terminale che, passando dietro al condilo laterale del femore, raggiunge la testa del perone dove si inserisce. La sua azione consiste nel flettere la gamba sulla coscia ruotandola poi esternamente.

CASO C LIN I CO

Il mil itare in oggetto, T. Carlo di anni 19, si è presentato nel reparto di Chirurgia ed Ortopedia dell'Ospedale Militare di Bologna in seguito ad una improvvisa caduta avve n uta 12 ore prima mentre si trovava nel bagno della sua caserma. Nel cadere il paziente riferiva di aver por tato l'arto inferiore destro in posizione di massima flessione - abduzione ed extrarotazione.

Dal pun to di vista clinico il m ilitare accusava un violento dolore all'arto infer iore di destra, sintomatologia associata ed una completa impotenza funzionale dell'anca e del ginocchio, comparsa immediatamente dopo il trauma.

All'esame clinico si osservava una tumefazione dd diametro di circa 15 cm. a li\·ello della parre postenore della coscia: molle, elastica, fonememe dolente, libera dai piani sottostanti, vasto ematoma Y' superiore faccia posteriore della coscia.

Sistemato in posizione ;-1ron.i Jl pazit.me ra 1-'1 ~1ticamentc impossibile estendere la coscia e flettere la gamba sulla coscia (fig. 1): cosf come :mpossibile er.i la deambulazione (fig. 2).

Eseguiti tutti gli accertamemi clinici e radiografici, si giungeva alla conclm,ione che si trattava di un caso esrrem,1mente raro di completo distacco, sia del capo lungo che di quello breve, del muscolo bicipite del femore (in letteratura non sono stati descritti altri casi).

Lasciaro a completo riposo a letto per un periodo di -10 gg. e successivamente fotto deambulare per 3 mesi con due bastoni antibrachiali senza caricare, auualmente, a distanza di 5 ann i, il paziente ha ripreso una vita pressoché normale con una ripresa funzionale Jdl'arto inferiore destro d i circa il 75%.

Rias,u nt o - Gli Autori espongono un raro rn50 di dis1:1cco completo del muscolo bicipi1e femorale.

R ésum é. - Les Au1cur, exposem un rari.' case de détachemcm complet Ju muscle biccps fém, ,1I.

Sum mar) - The Au1hors deal with an unusual ,:ase of cornplc:ce detachmcnt of thc femoral biceps muscle.

* deU'Ospedalc Militare d1 Rolojc;nd

** del C1,n1ro Traumotolog1w ùnopcdico Ji Bologna (PrimMil•: Prof. L Boce,1nera1

( )~PEDALE ivllLI
1)
j ,\Rf
1 Bul.uc..;\1\
206 S . T en. me . M . Bergami* Dr. A. Lelli**
1
Fig. l · Paziente in posizione prona al momento del trauma.
207
Fig. 2 • Paziente in piedi al momento del trauma: il militare non riesce ad estendere la coscia ed a nettere il ginocchio.

La storia dell'Ospedale dz S. Maria della Consola::.ione, sorto agli inizi del X V I secolo dalla fusione di tre piccoli ospedali di Confraternita tra le pendici del Campidoglio ed il Foro Romano, viene magistralmente tra cciata dal prof Massani, autore di numerosi altri articoli pubblicati nel nostro Giornale, studioso insigne d, storia e di archeologia e cultore di approfonditi studi sugli ospedali romani. L'argomento è trattato con grande ricchezza di dettagli ma con lo stile fluido e sempre piacevole che caratterizza gli scritti dell'Autore; la lettura consente di segu i re le vicissitu dini dell'Ospedale attraverso i secoli, dalle sue origini sino alla definitiva chiusura nel 1936 ed al passaggio del complesso al Comando dei Vigili Urbani che vi ha sede tuttora. L'articolo, oltre che per i cultori di cose romane, ha grande interesse dal punto di vista della Storia della Medicina. L'Ospedale, nel corso della sua esistenza, cambiò più volte tipo di impiego, da quello assistenziale e medico durante le terribili epidemie di peste e di tifo petecchiale del X VI e del X V II secolo, a quello prevalentemente chirurgico del XVJll secolo ed a quello di pronto soccorso ed assistenza ai feriti durante la Repubblic.1 Romana del 184 9; pur attraverso utilizzazioni così diverse la Consolazione fu sempre però un centro di grande fervore di attività mediche ed assistenziali e di approfonditi studi. Si può ben dire che le conquiste, specie nel campo dell'anatomia e della chirurgia, raggiunte in questo piccolo ospedale nei suoi periodi di maggior fulgore, costituiscono capitoli di primaria importanza nella Storia della Medicina e che molti tra quelli che t •i esercitarono e vi insegnarono l'Arte Medica sono certamente da annoverare tra i nostri grandi Maestri. Non mi resta che esprimere ancora una volta al prof Massani la graditudine del «Giornale » e dei suoi lettori.

D . M. Mona co

L'OSPEDALE DELLA CONSOLAZIONE IN ROMA DALLE ORIGINI AI NOSTRI GIORNI

Mario Massani

LA NASCITA DELL' O SPEDA LE

D ata di n asc ita d e ll'Os p eda le d ella Co n solaz ion e pu ò esser e c on sid era ta il 25 di cembre del 1 506 gio rn o in c ui le tre Con frate rn ite di S. M a r ia d elle Grazie , d i S.Ma ri a in Po rtico e di S.M aria d ell a Consolaz ione con atto so lenne decr etaro n o la fusione de i lo ro O sp ed ali per costitui re un un ico e pi ù ef-

fi c ieme luogo d i cura. In effetti già da qualche temp o le tre Co n fratern ite, che amm ini stravano t r e piccoli e mal funzio n anti Ospedali si ti ai piedi del Campi dogli o ed a ssa i vicini tra di l oro, era no in t r attat ive per fo nder si in un unico ente mettendo in comune t utt i i loro b en i e sott opo ne ndosi a d una regol a com u ne.

Questa fusi on e co nse ntì d i far nasce re una

LA PAGINA CULTURALE
208

Confraternita più importante, più dotata ed in grado di svolgere maggiori attività assistenziali.

La nuova Compagnia, forse per escludere preminenze dell'uno o dell'altro sodalizio, prese all'inizio il nome di «S.Maria de vita aeterna»; ma questa denominazione non ebbe fortuna e ben presto preva lse quella di «S.Maria della Consolazione» , più consona ad una Istituzione che aveva per fine quello d i vincere o quanto meno di alleviare le sofferenze de ll a vita terrena.

Il morivo principale della chiusura dei tre Ospedaletti e della istituzione di un nuovo e più efficiente Ospedale era costituito dal fatto che le maggiori esigenze assistenziali dell'epoca ed i progressi della tecnica medica e chirurgica richiedevano un migliore assetto degli edifici ed una più complessa organizzazione interna. La necessità di questa trasformazione fu sentita dalle tre Confraternite che, superando gelosie e personalismi, dettero un'esemplare dimostrazione di fratellanza e di rinuncia a privilegi personali nel superiore interesse dei cittadini oggetto delJa loro benefica attività.

P r ima di iniziare la trattazione delle vicende di questo nuovo Ospedale è opportuno far conoscere la scoria dei tre piccoli ospedali da cui esso trasse origine. Questi ospedaletti svolgevano attività assai

Fig. 2 - Piant a di Giova n Batttsra FALDA ( 1756 ) SECOLO Xi. ~ , mm• d el\' ,\rcì sped alr la S. l\! •ri• della Co o1olaii o nc
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Fig. I - Stemma dell ' O~pedale

modesta cd avevano m comune la caratteristica di dovere la propria esistenLa al devoto culto di tre Immag1111 della Madonna, ritenute miracolose dai fedeli.

C HIESA ED OSPEDALE DI S . MARIA DEI I E GRAZ IE

Frammentarie e scarse sono le notizie riguardanti l'ongme della Chiesetta di S.Maria delle Gra7te ove verso il 1300 ebbe sede la omonima Confraternita. È necessario riferirsi alla tradizione popolare dt una venerata Immagine della Vergine la cui storia è stata riferita dal Ceccarelli e poi ripresa dal Mas:-arano e da altri. Si narra che l'Imperatore Costante nel 663, nel corso della vis ita che fece a Rom a portandosi via tante pregevoli opere d'arte, avrebbe tn compenso donata a Papa Vitaliano una Immagine miracolosa proveniente da Costantinopoli. Sì tratta,,,a dt una rappresentazione della Verginl: dipinta su di una tavola di ciliegio, assai venerata dai fedeli in quanto ritenuta dipinta da S.Luca. Per ospitare cale Immagine Vitaliano avrebbe farro erigere sul Celio una piccola Chiesa che venne chiamata delle Grazie perchè all' Im magine i fedeli chiedevano la gra7ia di essere protetti dalle pestilenze.

Nel 1084 1 Normanni di Roberto il Guiscardo venuti a Roma per soccorrere Gregorio VII saccheggiarono e devastarono la zona del Laterano e ridussero in rovina la Chiesetta ed il piccolo Ospizio che vi era annesso, per cui, come risulta da documenti dell'epoca, nel 1088 Urbano li fece trasferire Immagine, Chiesa ed Ospedaletto in altro luogo più sicuro e precisamente presso una piccola ed antichissima c hiesetta detta di $.Mar ia in Cannapara sita nei pressi della Basilica Giulia, fra il vicus Jug arius ed il vicus T uscus, presso a poco all'incrocio fra l'attuale via della Consolazio ne e via del Foro Romano.

Dopo l'arrivo della sacra Imm agine, la Chiesetta in località Ca nn apara finì col prendere la denominazione di S.Maria delle Grazie. In un documento del 1412 troviamo infatti «S. Maria de Cannaparia que dicitur hodie de Gratiis».

Presso questa Ch iesa ve rso il 1300 ebbe sede una Confraterni ta che si denominò di S.Maria delle Grazie e che si modellò su quella più antica del Gonfalone.

La scoria dell'Ospedaletto di $.Maria delle Grazie non offre alcuna vicenda degna di nota; esso dovette svolgere attività assai modesta sino al momen-

to in cui nel 1506 il suo edificio fu unito a quello del ,,,icino Ospizio della Consolazione. La Chiesa d, $.Maria delle Grazie fu anch'essa incorporata nel nuovo complesso della Consolazione subendo po, nel corso dei secoli varie modifiche. La Chiesa, sempre ospitando la venerata Imm agine della Vergrne, fu utilizzata prevalentemente come Cappella Ospedaliera e restò funzionante sino al L869 epoca in cui Pio IX la sconsacrò e consenn che i locali fossero destinati ad altri usi. Le sacre suppellettili insieme con la Sacra Immagine furono trasferite in una Cappella appositamente eretta nella nuova grande Chiesa della Consolazione ed i locali furono trasformati per ospitare una corsia di malati.

CHI ESA ED OSPEDALE DI S. MARlA IN PORTICO

Chiesa ed Ospedale si denominarono «in portico» in quanto erano ubicati accanto al portico chiamato nel medioevo «dei Gallati» che si trovava pres-

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Fig. 3 - Porta-finestra con sremm1

so a poco all'incrocio del Vico Jugari o con l'attuale Via del Mare. Risulta infatti che nel VII secolo 111 quella zona pornco ed edifici erano proprietà dcll.1 famiglia d1 Galla Patrizia, figlia del famoso senacorL rom ano Simmaco fotto uccidere da Teodorico. I.a tradizion e fa risalire a Galla Patrizia, di cui Gre?,orio Magno loda la pieta e la cnrita, la fond:uione dt un Ospizio per i poveri.

Secondo una leggenda che viene riferita den.1gl iatamente anche dal Piazza, il 17 luglio 523 nella sala ove Galla stava distribuendo come di consueto il pasto a 12 poven un improvviso chiarore rivelò la presenza in un angolo della <,tan;a d1 un quadro che nessuno aveva mai vi<;to prima d'allora e <..he raffigura,·a la Vergine. S1 gridò al miracolo e si disse che ti quadro era stato «dipinto et portato per mano d ' Angioli ». Galla seguita da coloro che avevano assistito al miracolo s i recò in Laterano e nfen ogni cosa al Pontefice Giovanni 1 il quale accompagn:uo da religiosi e da folla di popolo andò a raccoglterc l'immagine e la portò in processione per la città invocando la cessazione di una epidemia che in quei giorni era vagliava Roma. Per onorare questa Immagine Gall a Patnzia avrebbe fatto allestire negli edifici della sua famiglia una Chiesetta intitolata a Maria e che tu denominata «m Portico » per la sua ub1caz1one.

All'inizio del XV secolo la Chiesa tu sede d1 un Confraternita, detta di $.Maria in Portico, che gestiva l'ospedalerco e che disponeva anche della Chi<:sa di S.Omobono. Smo a poco tempo fa suJl'ed ific11 accanto alla Chiesa di S.Omobono esiste, a una Llp1 de di marmo con la scritta «Dive Marie in portico Sacrum Societaris Hospitale ,,

I n segu ito gli edifici dovettero avere qualche restauro, ma dopo gli avvenimenti del 1506 e dopo l'abbandono dei locali dell'O spedale tutto il complesso finì col ridursi in pessime cond1Z1oni canto che nel 1662 Alessandro VII fece trasferire la sacrJ Immagine nella nuova grande Chiesa di ~.Maria in Campicelli. Il Papa dette questo ordine in ottemperanza al voto fatto dal popolo romano di assegnare una più solenne sede a questa Immagine a cui si attribuiva il merito di aver fatto cessare la terribile epidemia di peste del 1657. Qu esta Immagine è ancora visibile sull'alta r maggiore deU" arruale Chiesa di S.Maria in Campitelli: si tratta di uno smalto a niello dorato con la figura della Vergine Cl>I Bambino, su fondo azzurro, fiancheggiata da due rami di quercia ed inquadrata in un a cornice rossa, con m alto le teste degli Apostoli Pietro e Paolo. !.'opera

J,1tab1le al secolo X l fu probabilmente fatta eseguire da Gregorio V ll al tempo del rifacimento della Chiesa da lui donata for,;e per sostituire quella più antica riferib1k alla leggenda d1 Galla.

Dopo il trasferimento della sacra Immagine tutto il complesso degli edif1c1 ormai destin,no,ad usi c1vil1 finì nelle mani della famiglia Odescakh i. Marc.rnronio Odescalch,, parente di l nnoLenzo Xl, nei loc.1li del vecchio Ospedak isticu1 un dormitorio ove d1 noue potessero trovare ricovero i poven senza tetto.

Nel 1725 donna Laura Odescalch1 riedificò Chiesa ed Ospizio che successivamente Baldassarre Odescalchi ampliò ed abbellì. In ncordo della prima fond.itrice Chiesa ed osp1Z10 furono intitolati a S.Galla ed adcguamentc attrezzat1.

L'Ospizio restò in funzione sino al 1870; tutto il LOmplesso degli edifici fu completamente demoliro 1n seguiro al lavori effettuati nel 1928 per la costruzione della nuova Via del Mare.

CHIJ:.SA ED OSPEDAl I:. DI S. MARIA Dl:.l LA CON~OLAL l ONE

I a sua stona affonda lt: radiL1 in una vicenda di fede e di de\011one popoLue. Nel J 385 un nobtle romano del none Monri, tal G1ordancllo degli Alberint fu arrestata e condannato a morte e, prima di morire, volle dettare al notaio le sue disposizioni teSl,unentarie. La noti?ia è desuma da una ateo pubblico del ,,23 1unii 1385 actum Rome in palatio Capitoli videlicct in ~a la superiori ubi generalia consilia per romanum populum fiunt» che reca testualmente: «item reli qun Juos floreni auri ut fiac quedam figura ad imaginem glorio~issime Yirginis Mari e ante furcas et locum iustitie » U figlio primogenita del Giordanello, di nome Giaco mo, rispettò la volontà p aterna e come previsco da l testamento, fece dipingere i>ulla parete esterna dei granai Mattei, presso i quali ai piedi della rupe Tarpea avveniva n o le esecuzioni, una Immagine della Vergine la cui contemplazione doveva cos tituire l'estremo conforto dei g1ust1z iandi.

La parti colare ubi cazione dell' a ffresco fece s1 che molti parenti di png1omeri e molti devoti venissero a pregare dinnanzi a tale Imm agine.

Dopo quasi un secolo, nel l 470, s i verificò un a\venimento che runa l a popolazione del rione giudicò portentoso. Un giova ne ingiustamente accusaro di un delmo fu condannaro a morte e ia ~entenza

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scava per essere eseguita. La madre che veniva spesso a pregare presso questa Immagine, avuta la dolorosa notizia della imminente esecuzione del figlio, si mise ad implorare fervidamente la Vergine perchè salvasse il figlio. Mentre pregava ebbe la sensazione di udire una voce che le diceva «va tranquilla a casa perchè sei stara consolata » .

Confortata si alzò e si diresse verso casa, ma mentre era in cammino vide arrivare libero e contento il figlio che le narrò che poco prima era stata riconosciuta la sua innocenza ed annullata la condanna. La notizia di tale avvenimento si diffuse rapidamente e la popolazione romana ne restò profondamente commossa. Da quel giorno andò sempre aumentando il concorso dei devoti al culro di quella Immagine che per aver consolaro il dolore di una madre fu da allora chiamata «Madonna della Consolazione » .

Con il ricavo dei doni e delle elemosine che arrivavano copiosissime e con un generoso contributo di Papa Sisro IV si porè in brevissimo tempo edificare una Chiesetta per ospitare degnamente l' Immagine miracolosa ed un piccolo Ospedale ad essa attiguo. Per amministrare il patrimonio che si veniva formando per via dei lasciti, delle donazioni e delle elemosine e per gestire l'Ospedale si costituì una Confraternita che fu detta «della Consola1ione » e che aveva l'incarico di curare il culto dell'Immagine, di praticare le consuete opere di misericordia e di amministrare l'Ospedale, che inizialmente fu chiamato «Hospicium devotorum Virginis» come ancor oggi si legge nella iscrizione apposta sopra l'elegante portale marmoreo quattrocentesco dell'ingresso dell'Ospedale.

La Confraternita sorta per gestire ('Ospedaletto nacque per esclusiva iniziativa di popolani, artigiani e piccoli commercianti, ma in seguito si aggiunsero anche personaggi di nobil i e ricche famiglie. La Compagnia cominciò a funzionare senza un vero e proprio Statuto scritto impegnandosi ad adottare le norme generiche delle Confraternite già esistenti.

L'Ospedale raggiunse ben presto la capienza di 50 posti letto per gli uomini e 10 per le donne, con un piccolo reparto per malati gravissimi che allora veniva chiamato «pellaria».

Questa differenza fra i posti degli uomini e quelli delle donne venne colmata nei primissimi anni del '500 con l'allestimento di una nuova corsia, costruita con il generoso contributo di Cesare Borgia e di sua madre Vannozza de Cattanei.

Questa nuova corsia fu sistemata in un locale

Fig. 4 - Portale d'ingres so separato da quello degli uommt m un edificio di fronte all'Ospedale, al di là della strada, proprio sulle prime pendici del Campidoglio.

La maggior comodità dei nuovi fabbricati, l'impegno e lo zelo dei Confratelli, la miglior assistenza da essi erogata ai malati fecero sì che verso questa istituzione si indirizzarono le preferenze della popolazione che finì col trascurare i due piccoli Ospedali limitrofi delle Grazie e di S.Maria in Portico che pur avendo una più antica tradizione storica e caritativa non potevano competere con la maggiore efficenza del più recente Ospedaletto della Consolazione.

FUSIONE DELLE TRE CONFRATERN ITE E NASC ITA DEL NUOVO OSPEDALE DELLA CONSOLAZIONE

I guardiani delle tre Confraternite invece di porsi in concorrenza gli uni con gli altri, molto saggiamente pensarono di riunire i loro patrimoni e le loro forze per far meglio funzionare e potenziare solo un Ospedale cd a questo fine designarono proprio quello della Consolazione che fra i tre era quello che appariva migliore

210 ' I

Si tenga inoltre presente che in quell'epoca le mutate condizioni sociali, economiche, politiche ed i progressi della scienza medica richiedevano luoghi di cura dì maggior capienza, più accoglienti, più dotati, in grado di intervenire con efficacia durante le epidemie e le pubbliche calamità. I piccoli Ospedali Medioevali avevano fatto il loro tempo e dovevano ormai limitare la loro attività a compiti pit1 modesti. r favorevolì esempi degli Ospedali di S.Spirito e di S.Giovanni in Roma, dell'Ospedal Maggiore a Milano e di altri similari in varie città d'Italia avevano pien amente dimostrato la bontà di questo principio.

Il 25 dicembre 1506 entrarono in vigore gli Statuti della nuova Compagnia derivata dalla fusione delle tre Confraternite e pertanto possiamo praticamente considerare data di nascita del nuovo Ospedale della Consolazione il giorno di Natale del 1506.

La nuova Confraternita , probabilmente per escludere preminenze che potevano suscitare gelosie o dissapori prese all'inizio il nome di Confraternita di S.Maria della vita eterna; ma questa dicitura non ebbe fortuna e ben presto prevalse il nome di «S.Maria della Consolazione», più popolare e più consono ad una istituzione che aveva per fine quello dì alleviare le sofferenze della vita terrena.

In alcune scritture l'Ospedale veniva indicato anche come «Ospedale delle tre Madonne •> in quanto le rispettive chiesette di origine erano tutte dedicate alla Vergine. Ed in effetti negli stemmi della Confraternita si vedono spesso riportate tre immagini della Vergine ed ancora adesso sul soffitto di un locale che anticamente ospitava una corsia possiamo vedere dipinte una vicino all'altra le immagini delle tre Madonne.

Con la fusione del 1506 la Confraternita vide aumentare la consistenza del patrimonio ed iJ numero degli iscritti. Come già detto, la maggioranza dei confratelli apparteneva alle categorie degli artigiani, dei piccoli commercianti, del popolo minuto, ma ben presto si aggiunsero notai, giuristi, ecclesiastici, e membri di nobili casate quali i Frangipane, i Santacroce, i Mattei, i Buccimazza ed altri. Nell ' elenco che si trova allegato al 1 ° statuto si leggono accanto a nomi patrizi quali Prospero Colonna e Marcello Caffarelli quelli dei pescivendoli Lello Licomello e Cola Pace; il che dimostra che i nobili non disdegnarono di affratellarsi a ceti che ritenevano inferiori nel partecipare a questa meritoria attività.

[ fondi necessari per sostenere le spese ospeda-

Liere proveni v ano da varie fonti: anzitutto l e quote mensili che i membri della Confraternita si impegnavano a versare; poi i contributi speciali dei Papi , dei Cardinali e dei vari benefattori; inoltre le donazioni ed i lasciti testamentari, le rendite degli immobili e dei terreni di proprietà della Compagnia, gli introiti per privilegi e concessioni. In particolare erano redditi zie le concessioni di vendita dei marmi ricavati dai monumenti in rovina del vicino Foro Romano. Era infatti di proprietà dell'Ospedaletto il terreno che si estendeva dalla Corsia principale sino alla colonna di Foca nel Foro Romano.

Tra i benefattori dell'Ospedale troviamo la famosa Vannozza de Cattanei, madre di Cesare Borgia (anche lui a suo tempo benefattore della Confraternita ) la quale lasciò in eredità alla Consolazione «una casa dieta alla Vacca cum sei pontiche et case coniuncte cum la dieta casa la quale lasciò madonna Vannozza Canale in comune con lo Hospitale del Salvatore» ( daJ Catasto del 1525 )

EDIFlCf

La fusione dei tre Ospedaletti comportò notevoli mutamenti edilizi. Infatti il pavimento del vecchio Ospizio delle Grazie si veniva a trovare al di sotto del piano stradale che si era nel corso degli anni gradualmente innalzato, per cui i nuovi ampliamenti furono costruiti ad un livello più alto.

Il fabbricato principale, riservato agli uomini, sorgeva nel lato sud del Vicus Jugarius ed era costituito dall'unione della Corsia delle Grazie con quella della Consolazione e da nuove costruzioni di raccordo. Come già accennato la Corsia delle Grazie era ad un livello più basso e pertanto c'erano dei dislivelli fra i vari locali dell'Ospedale. li progressivo innalzamento del piano stradale e conseguentemente delle successive costruzioni finì con la far diventare sotterranei gli antichi locali che dovettero essere utilizzati soltanto come depositi per la legna, cantina per il vino e magazzini vari. Questi sotterranei, che costituivano i primitivo Ospedale delle Grazie, conservavano sino a qualche anno fa i resti di un altare ed ancora oggi sono praticabili.

Dall'altro lato della strada, proprio alle prime pendici del Campidoglio, utilizzando parte di una Chiesetta denominata di S.Lorenzo Nicolanaso, appartenente alla Confraternita, Cesare Borgia fece costruire a sue spese una corsia da riservare alle donne, della capienza di circa 20 posti letto. Da do-

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cumenti dell'epoca sappiamo che si trattava di una sala rettangolare, illuminata da quattro grandi finestre tra le quali si trovavano affreschi raffiguranti Giudit ta ed Oloferne, la Samaritana, la Maddalena e Maria Egiziaca.

Dal 155 0 al 1650 si fecero vari restauri e si apportarono modifiche per ridurre i disl ivelli fra le varie zone e per poter alloggiare con maggior comodità malati e personale. La Corsia maggiore nel 1608 fu in gra ndi ta e risistemata a cura di Pietro Giovanni Florenzio, Guardiano della Confrate rni ta, il quale fece anc he alza re il pavimento della co ntigua Ch ie sa delle Grazie che fe ce r estaura r e ed abbellire. Il Card. Ja copo Corrado, ferrarese, nel 1666 ampliò il Pi o Luogo facend o costruire altri locali per alloggiare il personale, la Farmacia ed il Teatro Anaromico. Il Pap a Alessandro VII in quegli stessi an ni elargì cospicue so mm e per i restau ri e concesse aJl'Ospedale la facoltà di sbarrare con catene nelle ore notturne il Vico Jugario on d e impedire il t raffico e creare una ?Ona di ri spetto attorno alle Corsie.

Fu però soltanto ai primi anni de l XV Ill secolo che rutre le costruzioni furono meglio allineate e collegate e c h e furono eseguiti importanti r estau ri che sono rico rd ati da varie iscrizioni, alcune delle quali sono ancora conservate. D opo tali lavori la Corsia uomini sistemata nell'edificio principale r agg iun se la capacità di circa 90 letti di base, aumentabili con l'aggiunta delle così dette «cariale » , mentre appositi locali ospitavano la Farmacia, il Teatro Anatomico i servizi vari e gli uffici della Confraternita. Gli edifici delimitavano due cortili ove i ricoverati potevano passeggiare e p r ende r aria : uno è rimasto quasi intatto col suo poao per l'acqua, le fontane, il portichett o ed i po chi lecci; l'altro è invece stato compl etamente modificato ed attualmente ospita due bellissime palme che hanno la caratteristica di esse r e le più alte di R o m a M odeste erano le decorazioni dell'ed ificio che pur essendo di buona fattura non aveva pretese architettoniche.

Nel 1735 fu comp lerarncnce rifa tco e ristrutturato l'Ospedale delle Donne.

Fig. 5 - Lato ingres!,O nel 1929
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L'Ospedale della Consola11one non fu ~oltanco palestra di carità, di fede e di beneficenza, ma fu anche sede di ricerche anatomiche, di in seg namento medico e soprattutto scuola d1 ch irurgia pratica. Durante i secoli di vita dell'Istituzione so no stan molti i medici che l'hanno onorata con l'opera e con gli scritti e che meritano di essere ricordati.

Mariano Santo, pugliese, esercito la chirurgia nel nostro Ospedale agli inizi del secolo XV I; considerato un o dei più abili operatori del suo tempo fu allievo di Giovanni Je R omanis, famoso medico cremonese che esercitò anch'esso presso la Consolazione.

Il Mariano Santo mise a punto una sua tecnica personal e per l'estra1ione del calcoli vescicali con incisione perineale che da lui prese il nome di «secrio mariana». Ebbe numerosi allievi e tra questi si distinse Ottaviano Villa, romano, che dopo aver imparato l'arte chirurgica alla Consolazione, emigrò in Francia ove ebbe grande successo ed ove ebbe modo di i_nsegnare il metodo della «s ectio mariana» a Lorenzo Escor, chirurgo di Francesco I e capostipite di una generazione di chirurghi che si trasmisero di padre in figlio la conoscenza del metodo. S1 può cosi affermare che le tecniche chirurgiche me%e a punto alla Consolazione si affermarono anche in Francia.

Tra i medici stranieri ricordiamo l'olandese Gisberro Horst di Amsterdam, che operò alla Consola7ione dal 1543 all'anno della sua morte n el 15 64; ebbe come allievo il compatriota Peter van Forest ( 1522-1597)

Ragguardevol e sul piano pratico fu poi il contributo di Cesare Magari (1579-1647 ) di Scandiano che mise a punto proprio alla Consolazione il famoso metodo per cura delle ferire con medicazioni distanziare che da lui prende nome e che ancora adesso ha una s ua validità.

Figura di spicco, che ha lasciaro ricordo di sè nella sroria della Medicina, fu Bartolomeo Eustachio, di Sanseverino Marche, che venuto a Roma nel 1549 frequentò la Consolazione e fu medico di molti illustri porporati quali Giulio della Rovere e Carlo Borromeo. L'Eustachio eccelse particolarmente negli s tudi anatomici facendo importanti scoperte quali quelle riguardanti il dotto che da lui prese il nome di « tromba di Eustachio», il dotto toracico, il piccolo omento e l'organo dell'udito. Ma la sua opera maggiore furono le 46 tavole anatomiche,

di accuratissima fattura, che per motivi economici egli non potè far stampare. Fortunatamente a farle pubblicare ci pensò nel 1714 Giovanni Maria Lancisi. Queste ca vole in bellissima e lussuosa edizione furono solennemente presentate in occasione c.Jclla inaugurazione della Biblioteca Lanc.is1ana al Papa Clemente Xl la cui magnanimità ne aveva permesso la stampa. Si trattava di tavole anatomiche la c ui esecuzione era talmente accurata e nitida che fu da alcuni attribuita addirittura al Tizi a no . Il loro ritrovamento e la loro conoscenza interessò vivamente gli studiosi del '700. Le ricerche anatom ich e dell'Eustachio furono eseguite tutte nell'Ospedale della Consolazione ove c'era «abbondanrn di cadaveri giovani con membra fresche e non sfatte da malattie». L'Eustachio morì nel I 574 durante un viaggio verso Fossombrone ove era stato chiamato per un consulto dal Card.Della Rovere; nel suo testamento lasciò gran parte dei suoi beni ed il suo ricco strumentario chirurgico agli o~p cda1 dd I ( lJ 1,uh7i f)ne e di S.Giovanni ove avc v.1 per t.1nt1 .mm i,h JI ,11.0 Chiru r go famoso fu G1c)\ar1,' ' •'1elr1 u R", astigiano, nato nel 1627, che escr1.1tu nd nostro Ospedale la sua arte dedicandosi particolarmente agli studi anatomici. Teneva spesso conferenze e dimostra1ioni pratiche nel cortile dell'Ospedale; in queste occasioni faceva appendere alle pareti vari pezzi anatomici opportunamente preparati e s istemati fra ghirlande di lauro e mortella in modo da ottenere un effetto decorativo che doveva rendere meno macabra quella singolare esposizione. Ce ne conserva la memoria un quadro che si trova attualmente esposto nel Museo dell'Arte Sanitaria di Roma. Il Riv a descrisse in maniera esatta l'anatom ia del sistema chilifero e la circolazione linfati ca e fu tra i primi ad esami nare la possibilità di trasfondere il sangue umano. NeJ 1664 andò in Francia come chirurgo personale del Card. Flavi o Chigi, Nunzio Pontificio a Parigi; ebbe così occasione di incontrare colleghi di oltr'Alpe e di acqu istare in Fran cia notevole rinomanza. Morì a Roma nell'ottobre del l 677. Il Lancisi che fu suo discepolo riferisce che morì di malaria perniciosa. li Riva amava fare passeggiate nella Campagna R omana avendo però cura di rientrare sempre prima dell'imbrunire; ma una sera di ottob r e restò a dormire in una capanna della zona e fu così punto da zanzare malarigene; rientr aco a Rom a, dopo qualche giorno fu colto da violenti accessi febbrili che rapid amente lo portarono a morte.

Abitava in una lu ss uo sa casa in Via della Pc-

I MEDICJ
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dacchia ove disponeva anche di una grande medicheria e salotti nei quali teneva riunioni e conferenze scienti fiche.

Lasciò con testamento all'Ospedale strumenti chirurgici, libri e dipinti.

Il medico Giovanni Battista Pieri, originario di Pienza, entrò a far parte della Consolazione nel 1657 come successore di Nicola Larche, francese, deceduto durante l'epidemia di peste del 1656; st imatissimo negli ambienti romani, fu uno dei pochi medici abilitati dalla Camera Apostolica a dare parere sulle guarigioni che venivano proposte come miracolose. Morì n el 1705 e lasciò erede di tutti i suoi beni l'Ospedale.

Altro celebre anatomico fu Anronio Pacchiani, modenese, naro nel 1655, allievo prima del Malpighi e poi del Lancisi, e primario prima al S.Giovanni e poi alla Consolazione. Fece importanti scoperte anatomiche, studiando particolarmente il cervello e le membrane meningee ove mise in ev idenza le granulazioni che da lui presero nome. I suoi lavori furono conosciuti in tutta Europa e la Società Medica di Norimberga fece con ia r e in suo onore una speciale medaglia.

Altri medici importanti che operarono alla Consolazione furono Giorgio Baglivi, eminente clinico morto nel 1707, Antonio Marinucci morto nel 1829, Andrea BeJJi che tra l'altro scrisse alcune memorie s to riche sull'origine dell'Ospedale, Cosma Laurenzi autore di un volume nel quale riporta tutta la casist ica clinica venuta alla sua osservazione nel periodo delJa sua attività romana, Piero Lupi, romano, medico pratico di grande reputazione, che percorse tutta la sua carr iera alla Consolazione ove per 40 anni insegnò anatomi a ed ove gli fu dedicata una Corsia.

Degno di ricordo è anche Vincenzo Sarcori primario al $.Giova nni ed alla Consolazione e chirurgo di Pi o IX.

Particolare popolarità e fama godette all'inizio dell'800 il ch irurgo Antonio Trasmondi: Il Belli che pure non era molto tenero con i medici lo stimava moltissimo e lo citò spesso ed in maniera lusinghiera nei suoi sonetti chiamandol o col sopra nno m e popolare di «Stramonni » . Il Belli a ll a morte del chirurgo avvenuta nel 1834 ne ricordò le doti in uno dei suoi sonetti.

L'ATTIVITÀ DELL'OSPEDALE

NEL XVI SECOLO

Assai opportuna e tempestiva fu l'istituzione d1 questo nuovo Ospedale che si trovò ad iniziare la sua attività proprio in tempo per far fronte alle sempre maggiori richieste di assistenza sanitaria da parte della popolazione romana travagliata in quel periodo da numerose calamità.

Ed a q u esro proposito vale la pena di rammentare che nel '500, secolo d'oro per le arti, per le lettere ed anche per l'abbellimento di Roma, gli Ospedali romani dovettero fronteggiare i danni provocati d a molti luttuosi avvenimenti.

Si cominciò con l'enorme aumento del nume ro dei cosiddetti «incurab il i» dovuto al rapido diffondersi della sifilide o «morbo gallico » , malattia nuova, sino ad allora sconosciuta in Europa che si diffuse in tutta Italia con grande rapidità, colpendo gravemente un gran numero di persone che non si sapeva come curare.

Per provvedere all'eliminazione di questo fl agello Leone X fece ristrutturare l'Ospedale di $.Gi acomo delegandolo all'esclusivo ricovero di questi malati.

Nel 1527 ci fu il tremendo sacco di Roma che provocò danni gravissimi a tutte le Ist itu zioni assistenziali. Gli Im periali, danneggiati gli edifici, distrutti od asportati mobili ed arredi, rapinata ogni ricchezza, cacciati brutalmente rurci i malati, uccisi o depredati confratelli e benefattori, partendo, lasciarono la peste che continuò a serpeggiare nella città e nel contado per qualche anno. Ad aggravare la situazione ci si mise anche il Tevere. Particolarmente frequenti furono in quel secol o gli straripamenti del fi ume che causarono danni e disagi ingentissimi; si ebbero durante il secolo XV I ben cinque inondazioni: nel 1513, 1530, 1 557, 1572, 1598. I n particolare quelle del 1530, 1557, 1598 furono vere e proprie catastrofi: il livello delle acque superò di oltre tre metri il piano st r a d a le di Ripetta e di Piazza della Minerva. Sul muro della Chiesa di S.Rocco a Ripetta si possono ancor oggi vedere le lapidi che ind icavano il livello raggiunto dalle acque in tali occasioni. Riferisce un cronista dell'epoca: «huc Tiber ascendit iamque obruta tota fuisset Roma nisi hui c celerem Virga tulisset opem » « Roma facta est tota navigabilis» ed un altro aggiunse «si videro nella Piazza SS.Aposcoli galleggiare li n avicelli». È fac il e immaginare quale danno provocassero tali eventi

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con la distruzione delle riserve di grano e di altri viveri, con il danneggiamento di tanti beni, con i crolli di case, con il danneggiamento degli orti, con la morte di numerose persone per annegamento e per gli stenti, con l'enorme aumento del numero dei malati e degli assiderati da assistere.

A queste inondazioni seguivano puntuaJmentc carestie ed aumento dei malati di malaria per l'impaludamento di molte zone del suburbio.

Ed infine a chiudere il secolo ci pensò l'epidemia di tifo petecchiale, trasmesso come noto dai pidocchi, che colpì la città nel 1591. È vero che nonostante queste calamità il progresso di Roma non si arrestò e che le distruzioni favorirono la ricostruzione ed il rinnovamento della città per opera dei migliori artisti dell'epoca, ma è altrettanto vero che per gli Ospedali fu un periodo notevolmente travagliato e difficile.

L'OSPEDALE DELLA CONSOLAZIONE E L'OPERA DEI SANTI

Nell'età della Controriforma non furono solo le formulazioni dogmatiche Conciliari quelle che dettero aiuto e forza alla Chiesa. Sorsero in quell'epoca molti personaggi che, fortemente ispirati, sentirono gli urgenti bisogni materiali, sociali e morali del momento e che, in vario modo operosi, cercarono concretamente di provvedervi dedicando a tal fine rutta la loro vita. E tra questi vi furono vari Santi che con la loro opera, con la loro dottrina, con mirabili esempi di abnegazione e carità contribuirono a far vivere e prosperare queste benefiche Isirutuzioni di assistenza.

All'epidemia di tifo petecchiale del 1591 ed all'Ospedale della Consolazione è legato il ricordo di S.Luigi Gonzaga. Il Santo, ventitreenne, divenuto Gesuita dopo la rinuncia al suo marchesato di Castiglion delle Stiviere, aveva ripetutamente richiesto di essere i~iaro a fa re l'assistenza agli ammalati nei lazzaretti cittadini, ma il Generale della Compagnia di Gesù, Padre Claudio Acquaviva, gli aveva negato il permesso in quanto il Gonzaga era in cattive condizioni di salute a causa di un processo tubercolare che minava il suo fisico. Per assecondare il suo zelo gl i fu concesso di frequentare la Consolazione, ma so lo per svolgere assistenza religiosa. La sera del 3 marzo del 1591 il giovane, terminata la sua attività ospedaliera, se ne tornava nella sua comunità di Piazza del Gesù, quando scorse disteso per terra sul

ciglio della strada un uomo gravemente malato di tifo petecchiale che i passanti per timore del contagio non volevano toccare. Luigi, incurante di ogni rischio, se lo caricò sulle deboli spalle e con grande sforzo lo portò di peso sino al Lazzaretro. La fatica e l'infezione che contrasse aggravarono la tisi che da tempo lo minava e furono causa della sua immatura morte che avvenne nel giugno dello stesso anno. L'episodio è ricordato da una targa posta sulla facciata dell'Ospedale e da un bassorilievo in marmo dello scultore Pierre Legros ( 1666-1719 ) che era situato nell'atrio della Consolazione. L'opera nel 1936 fu trasferita in una corsia dell'Ospedale di $.Spirito ove è tuttora visibile.

Altri personaggi che con la loro opera nobilitarono la tradizione di questo Ospedale furono S.Ignazio di Loyola, $.Filippo Neri, S.Camillo de Lellis, Giuseppe Calasanzio, Giovenale Ancina, l'abate Giovanni Landriani.

L'ATTIV ITÀ DELL'OSPEDALE DURANTE IL XVII SECOLO

Nel 1606 nell'elenco dei ricoverati figura il Caravaggio che durante il suo soggiorno romano fu per qualche giorno ospitaco alla Consolazione probabilmente per la cura delle ferite riportate nella rissa durante la quale uccise un compagno di giuoco con cui era venuto a diverbio.

All'inizio della seconda metà del secolo, importante fu il ruolo che sostenne l'Ospedale durante la famosa epiQcmia di peste bubbonica che colpl duramente la città di Roma. 11 morbo fece la sua apparizione a Napoli all'inizio del 1655, manifestandosi con estrema violenza. Il governo pontificio ordinò subito la sospensione dei traffici con Napoli e sistemò i consueti cordoni sanitari, ma ciò non fu sufficiente ad impedire la diffusione del morbo. Per tramite di pescatori e trasportatori marittimi che avevano contatti con Napoli la peste arrivò ad Anzio e Nettuno approdando poi a Civitavecchia ove si registrarono casi sulle Galere Pontificie ed in città. I primi casi in Roma si verificarono in Trastevere portati quasi certamente dai marinai che facevano scalo a Ripa Grande. L'epidemia, che si diffuse a Roma con rapidità e violenza, si estinse solo ai primi dell'anno successivo.

Alcuni brani to lti dai diari di Giacinto Gigli, testimone oculare degli eventi, danno un'idea delle dimensioni del triste avvenimento: « In questo tempo

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in Roma s i ammalava gran gente et morivano molti in pochi giorni » «si cominciò a fare li cancelli in Trastevere per la peste » ; «si abbruciavano le robe dei morti et le case si serravano dentro le quali stavano i loro parenti o a1tri che vi avevano praticare» ; «a dì 4 agosto fumo trasportati Ji ammalati et letti dell'Hospitale della Consolazione alla SS.ma Trinità dei Pellegrini et dove era l'Hospitale della Consol azione vi fu fatto un altro Lazzaretto » ; «si diceva che ne morivano molti sino al numero di cento a l giorno e più » ; il Card. G a staldi che esercitava allora la carica di Commissario Generale in una sua relazione descrive i sintomi e la gravità del terribile morbo e c i fa sapere che alla Consolazione gli appestati erano ricoverati nella grande sala e nella corsia donne e che gli edifici fu r ono recintati con steccati e cancell i guardati da gente armata onde attuare un rigoroso isolamento. R iferisce ancora il Gastaldi che «non pochi vi morirono sia dei ricoverati che del personale della famigli a » ; perdettero la vita 49 fra serv i ed infermieri e 2 medici » .

Le ene rgiche misure attuate dal Card. Gasraldi fecero sì che l'epidemia, per quanto grave, avesse un a durata ed un a virulenza minore di quelle di Napoli e di Genova. Di c iò fu d ato merito all'intervento de ll a Vergine Maria che era stata devotamente pregata dalla popolazione romana particolarmente di fronte alle tanto venerate immagini della Madonna della Consolazio ne e di quella di S. Mari a in Por21 8

tico. Al termine dell'epidemia si vollero ri volgere particolari ringraziamenti alla Vergin e con l'effettuazione di solenni cerimonie.

A memoria del triste avvenimento per quan to riguarda la Consolazione sulla parete estern a dell ' abside della Chiesa fu fatta dipingere una imm agine de ll a Vergine che è tutt ora visibile in tal sito. L'affresco che ha s ubito pesanti restauri ed è attualmente assai rovinato, viene attrib uito a Niccolò Berrettoni di Macerata allievo del Maratta.

L'ATTTVITÀ DELL'OSPEDALE NE L SECO LO XV III : SUA SPEC IA LI ZZAZIONE CHIRURGICA

Ne i primi t empi l'Ospedale provvedeva alla cura di tutte le malattie, con eccezione di quelle cosiddett e incura b ili pe r le qu ali int e r ve ni va l' O spedale di S . G i acomo 111 \ugus ta , ma col pa~~a rl' lb.d i anni finiron o col prevalere le malattie c hirurgiche, i traumi, le ferite e tutte le sindromi che richiedeva no un soccorso di urgenza. Questa specializzazione trasse origi n e più che altro dalla pa rticolare casistica che affluiva nell'Ospedale, ubicato in un zona centralissima, tra i Ri o ni M onti e Trastevere, abitati prevalentemente d a o p erai ed artigiani, in una «zona calda » come si direbbe oggi, teatro di frequenti in fort un i sul lavoro, di incidenti di traffico e sop rattutto di risse e di acco ltellamenti. T ra l'altro propri o in quei dintorni avvenivano le ben note sassaiole fra Monti-

d, S M . diUti C O-_ __,_ - -- -=- ----------- - ---
Fig. 6 - La Consol a zione tra sformata in Lazzaretto durante la pes te del 165 6 (d a una s tampa del 1657)

ciani e Trasteverini. Il Morichini, sulla base di statistiche da lui raccolte e pubblicate nel 1842, riferisce che i ricoveri per traumi e ferimenti aumentavano nei mesi dello svinamento del vino nuovo a causa del maggior numero di ubriachi e durante il Carnevale per i disordini che lo accompagnavano.

Le malattie mediche aumentavano invece in estate epoca in cui si verificava la recrudescenza stagionale dell'infezione malarica.

La destinazione ufficiale ad ospedale chirurgico di pronto soccorso fu deliberata per la prima volta all'epoca della Repubblica Francese con una semplice circolare amm inistrativa. Fu solo qualche anno dopo, e precisamente nel 1829, che una disposizione dei Pio VII stabilì in maniera inequivocabile che l'Ospedale della Consolazione dovesse prevalentemente ricoverare «indiv idui di ambo i sessi offesi da ferite, fratture, contusioni, lussazioni, scottature e da qualunque altra le sione bisognevole di cure immediate ».

Una i scrizion e dell'epoca, ancora visibile all'inizio del secolo ma oggi scomparsa, era sistemata sopra la porta d'ingresso della corsia principale e diceva testualmente «in violenta corporis iactura civium valetudini restituendae».

La grande affluenza di casi chirurgici favorì la presenza di medici particolarmente esperti nell'arte chirurgica che finirono col far prevalere le attività chirurgiche e di pronto soccorso. La possibilità di disporre di numerosi cadaveri favorì gli studi anatomici, mentre la speciale casistica dell'Ospedale permise di mettere in esecuzione le più varie tecniche operatorie.

L'OSPEDALE DELLA CONSOLAZIONE

DURANTE LA REPUBBLICA ROMANA DEL 1849

Nel 1848 archeologi e medici si erano trovati d'accordo nel proporre il trasferimento dell'Ospedale in altro sito.

Dicevano gli archeologi che gli edifici ospedalieri occupavano una zona importante del Foro romano e chiedevano che dalla Colonna di Foca sino alla piazza della Consolazione si creasse un'area di rispetto eliminando tutti gli edifici ivi presenti. A queste proposte si associavano i medici i quali sostenevano che il luogo era insalubre, che i locali di ricovero situati ad un livello troppo basso erano umidi e privi di adeguata ventilazione, che eventuali lavori

di ristrutturazione sarebbero stati insufficienti e dispendiosi, e proponevano anch'essi il trasferimento dell'Ospedale in altro luogo.

Gli avvenimenti del '49 ed i grossi problemi che afflissero i Triunviri durante la travagliata esistenza della Repubblica Romana distrassero l 'attenzione da questo problema a rcheologico-sanitario.

Tuttavia, sia pure per un motivo completamente diverso, iJ trasferimento di buona parte dell'Ospedale avvenne nella primavera del '49. Infatti in previsione degli ine vitabili eventi bellici e dell'alto numero di feriti che si sarebbero dovuti assistere, si decise di riservare le corsie della Consolazione ai feriti di guerra e di trasferire tutti i malati «civili» in altro luogo di cura.

A tal uopo si requisì il vicino Convento di S. Caterina dei Funari allontanandone le Suore ed ivi nell'aprile del '49 furono trasportati tutti gl'infermi della Consolazione. In questa nuova sede, sistemata alla meno peggio con i pochi mezzi disponibili, continuarono le attività ospedaliere correnti, mentre iJ vecchio Ospedale fu dichiarato Ospedale Militare e posto alle dirette dipendenze del Ministero della Guerra, che ne nominò Direttore il Dott. Diego Benignetti e Vice Direttore Girolamo Sugarelli. Presso l'Ospedale fu dislocata anche una «Ambulan za», come sappiamo da una comunicazione del 6 maggio di Cristina Trivulzio Belgioioso al Ministro dell'Interno.

Pertanto dopo l'arrivo dei Francesi nel luglio del '49 l'Ospedale della Consolazione si trovò ad avere due sedi: una per la medicina a S. Caterina dei Funari ed una per la chirurgia nei vecchi edifici. Si andò avanti così per circa un anno, ma poi con il rientro del Papa a Roma le Suore di S. Caterina reclamarono il diritto di riavere il loro monastero. D'altro canto i medici non erano affatto soddisfatti della loro nuova sede, mal sistemata in edifici vecchi, po co luminosi e non adatti per gli usi ospedalieri. Non ci furono perciò opposizioni alla restituzione del Convento alle suo re ed al ritorno dei malati nei locali del vecchio Ospedale della Consolazione. Sarebbe s tato il momento buono per effettuare tutti quei restauri che le esigenze dei tempi e la vetustà degli edifici richiedevano, ma la situazione finanziaria era disastrosa e non c'erano fondi per spese del genere. Si deve alla personale generosità di Pio IX se si poterono apportare alcuni inderogabili interventi.

Alla Consolazione, come del resto negli altri

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Ospedali romani, la scomparsa o quanto m eno le diminuite possibilità delle benemerite Confraternite provocarono anche uno scadimento dell'assistenza che finì con l'essere affidata prevalentemente ad infermieri mercen ari o a p e r sona le di fatica rozzo ed ignorante. [I Card. Morichini, personaggio autorevole ed esperto in problemi sanita ri fece il possibile per migliorare la situazione avvalendosi dell'opera dei Cappuccini, dei Ministri d egli infermi d i S. Camilio de Lelli s e dei Fatebenefratelli. In questo quadro il Morichini patrocinò l'impiego delle Suo re della Carità di S. Giovanni Antida a l S. Spirito e d elle Suore della Misericordia al S. GiovaAni ed a l S. G iacomo ottenendo così un notevol e miglioramento del tono dell'assistenza in questi Ospedali.

L'OSPEDALE DELLA CONSOLAZ IONE DOPO

IL 1870

Dop o il 20 settemb re 1870 gl i Ospedali Rom ani passarono alle dipendenze dell'Autorità Civile Italiana. Il passaggo dall'antico al nuovo sistema d i gestione non fu facile. Molti furono gli inconvenienti che si verificaron o e grosse furono le difficoltà da superare.

O ccorre ri conoscere che in que s ta difficile situ az ion e i Politici e g li Amministratori della «It alierta " di allora ebbero il merito di aver agito con r az iocinio, lungimir a nz a e competenza e di aver dato prova di onestà, equilibrio e se n sibilità ai problemi sociali e sa nita ri.

Per l'Ospedale della Co n solazione fu n om in ato Ammini st ratore il D o tt. Pi etro P e ricoli, Deputato a l Parlamento ed esperto amministratore, il quale con saggi pro vvedimenti e con oculata gestione riuscì a superare molte difficoltà ed a portare a termine un eccellente pian o di r es tauri e di riforme.

Il Per icoli avvalendosi dei consigli medici e dei piani predisposti d a ll ' Ingegne re del Pi o Lu ogo, utilizzò razionalm e nte l'a rea disponibile ch e er a di c irca 7000 mq. di cui 3700 coperti da edifici: il cortile più grande fu las ci ato a disposizione dei m a lati ambulanti mentre a ttorno ai due cortili minori furono sistemati uffici , ma gazzini , cucine e di sp en se.

Le co rsie che prima erano soltanto tre furono suddivise ricavando così più sale con conseguente m aggiore po ss ibilit à di sud di videre i malati secondo le es igen ze sanitarie. Furono create ca mere singole da destinare a sale di o peraz ioni , di medica1ioni e di isol a m ento per mal ati contagiosi o partico lari. Le

sale principali furono inti to l ate ai più imp ortanti medici che nel passato avevano oper ato in Ospedale : Eustachio, Riva, Lupi, La ur enz i , Dc R o m anis, Pacchiani, Santo. Particolare cura fu posta aJla ventilazione dei locali ed al l oro riscaldamento.

La chiesetta di S. Maria delle Grazie che aveva la facciata s ull' attua l e Via di S. Teodoro e che occupava p a r te dell 'edificio principale fu chiusa ed i suoi lo cali furono utilizzati per ospitare due nuove piccole corsie.

Officine, magazzini, cucina e dispensa, farmac ia, uffici e servizi var i fur ono s istemati intorno ai due cortili minori ad uno dei quali si poteva accedere da un ingresso secon d ar io separato.

Migliorie furono apportate anche agli alloggi del p erson a le di assistenza, mentre come luogo di culto, in sostitu zione della ormai trasformata Chiesa delle Grazie, fu utili zzata la g ra nde Chiesa della Consolazione ove fu trasportata la vene rata Imm agine della Vergine di S . M a ri a delle Grazie. L'edificio della grande Ch iesa d i S. Maria della Consolazione fu così aggregaco all'Ospedale c h e ne assunse l'onere della manutenzione.

Altro avven im ento degno di nota fu l'arrivo in Ospedale delle Rev. Suore dell a Carità a cu i vennero affidati numerosi ed impo rta nti se r vi zi.

C'è infi n e da ri cordare che con l'estensione al territorio di Roma delle leggi italiane sulla prostituzione si dovette provvedere all a istit uzione di un Sifilicomio com e previsto d al famoso Regol a men to s ull a prostituzione emanato a T or ino il 15 febbra io 1860 ed esteso poi gradualment e a tutto il territorio na zionale. Per quanto rigu a rdava Rom a il se rvi z io di Sifili comio fu affid ato all'Ospedale della Co n solazion e che però poteva riservare a tali malate so ltanto pochi letti. Si auto ri zzò pertanto il P e r ico li a fare un' a pposita convenzione con l'Ospedale di Terni c h e s'i mp egnò a riservare per le malate da un minimo di 50 letti ad un massimo di l 00. Alle cure ambulatoriali provvedavano i medici della Consolazione m entre le donn e affette da m al i celti ci bisognevoli di ri covero venivano inviate a Terni accompagnate da personale dell a pubblica Sicurezza. Il Sifilicomio restò presso l a Consolaz ione per m olti anni e fu abolito solo nei primi an ni del '900.

LA NASCITA DEL P IO ISTIT U TO SI S. SP I RITO ED OSPEDALI RIUNITI DI ROMA

Notevoli erano le difficoltà da s uper a re p er

220

riordinare, coordinare e far sviluppare i servizi ospedalieri a Roma in armonia con quanto esigevano i grandi progressi della scienza medica e le nuove realtà sociali. Ogni Ospedale aveva piena autonomia ed operava con criteri propri. Non vi era possibilità di evitare doppioni inutili ed antieconomici, di eliminare servizi superflui, di seguire un piano. Ancora maggiori erano le incertezze ed i disguidi che si verificavano nel campo delle numerosissime Istituzioni che si occupavano di beneficenza e di carità. Esse operavano senza avere un riconoscimento giuridico, senza essere sottoposte ad alcun controllo, senza alcuna regolamentazione, con difformi e contestati regimi fiscali. Anche questa situazione fu affrontata del Governo Italiano con decisione e con saggezza.

Il 20 luglio 1890 fu emanata la famosa Legge n. 6980 sulle Opere Pie che è rimasta vigente e felicemente operante sino a pochi anni fa. Questa legge stabill i requisiti necessari per il riconoscimento di queste Opere Pie da parte dello Stato, ne definì lo stato giuridico, fissò alcune fondamentali norme generali di funzionamento.

Successivamente con R.D. 24 maggio 1896 pubblicato sulla G. U. del 12 giugno 1896 al n. 138 fu possibile fondere in un unico Ente tutti i pii1 importanti Istituti Ospedalieri aventi sede in Roma e cioè: S. Spirito in Sassia, SS. Salvatore o S. Giovanni in Laterano, S. Giacomo in Augusta, S. Maria della Consolazione, S. Gallicano, S. Rocco, SS. Trinità dei Pellegrini. Il nuovo Ente ebbe una propria personalità giuridica e prese la denominazione di ·«Pio Istituto di S. Spirito ed Ospedali Riuniti di Roma ». La Direzione di questo grande Ente, che riunì in un fondo comune tutti i patrimoni dei singoli Ospedali, fu affidata ad un R. Commissario, on. Augusto Silvestrelli, a cui fu dato incarico di presentare entro breve termine un progetto di Statuto.

Questo provvedimento costituì una pietra miliare nella storia dell'assistenza ospedaliera romana e permise di attuare razionali piani di programmazione. La direttiva unica permise di eliminare i doppioni inutili, di creare le specialità mancanti sistemandole dove era più opportuno, di razionalizzare tutta la rete assistenziale, di conseguire con una gestione centralizzata notevoli risparmi. Alla emanazione di questo provvedimento contribuirono in maniera decisiva le idee del Baccelli, del Mazzoni e dei maggiori esperti in materia di organizzazione sanitaria che gli uomini politici dell'epoca avevano la

saggezza di ascoltare prima di prendere decisioni in merito.

L'OSPEDALE DELLA CONSOLAZIONE DEL XX SECOLO

In forza della legge del giugno 1896 l'Ospedale della Consolazione conflul nel Pio Istituto di S. Spirito ed OO.RR. [I suo patrimonio fu inglobato in quello degli altri Ospedali per costituire un patrimonio unico e la sua storia si identificò con quella del grande Ente al quale fu unita. In ogni modo anche nel XX secolo l'Ospedale della Consolazione ebbe le sue interessanti vicende.

Nei primissimi anni del '900 cominciò a funzionare il nuovo grande complesso Ospedali.ero del Policlinico Umberto I il quale ospitava 7 padiglioni di medicina, 3 di chirurgia e tutte le Cliniche Universitarie. Questo nuovo grandioso complesso sorto su indicazione del grande clinico Baccelli, allora Ministro della Pubblica Istruzione, per la modernità delle sue attrezzature, per l'alta qualificazione dei medici e del personale assorbì gran parte dell'assistenza ospedaliera romana, rendendo così superflui un notevole numero di posti letto.

Si pensò pertanto di eliminare i due vecchi no-

221
Fig. 7 - Atrio di ingresso

socomi di S. Giacomo e de1l a Consolazione che era l'altro per essere all'altena dei tempi avrebbero avuto bisogno di r,tdicali trasformazioni. In fatti la loro ubicazione in pieno centro cittadino era ritenuta poco favorevo le al soggiorno degli ammalati sia per il fastidio dei rumori d el traffico che per la scarsità dello spazio a loro disposizione. Gli edifici inoltre erano molto vecchi, costruiti con schemi ormai superati, con attrezzature da rinnovare e con necessità di radicali lavori di restauro.

Nella primavera del 1910 giunse al S. Giacomo l'ordine di effettuare il trasferimento di tutti i malati al Policlinico e di chiudere l'Ospedale. La notizia si diffuse subito fra gli abitanti della zona particolarmente affezionati al loro vecchio Ospedale. Vi furono violente manifestazioni di protesta da parte della folla che giunse persino ad occupare il cortile di S. Giacomo imped endo così ogni trasferimento. Di fronte ad una così decisa presa di po s izione si preferì non esasperare la popolazione e si decise di rimandare sine die il provvedimento. Gli Ospedali di S. Giacomo e della Consolazione continuarono cosl a funzionare, sia pure in maniera ridotta e con limitato numero di ricoverati. Una certa ripresa dell'attività si ebbe durante il periodo bellico 1915-1918 con il ricovero dei feriti di guerra e dei convalescenti e negli anni successivi per fronteggiare l'emergenza della grave epidemia influen zale 1918 -19 19.

Il problema della loro ut ilizzazione si ripresentò nel 1929 quando entrò in funzione il nuovo grande e moderno Ospedale del Littorio a Monteverde, l'attuale Ospedale S. Camillo de Lellis, che rend eva inutile il mantenimento di altri posti letto in vecchi ed ormai superaci Ospedali. Il Pio Istituto di S. Spirito decise pertanto di trasformare S. Giacomo e la Consolazione in due posti di Pronto Soccorso muniti di camera operatoria per interventi di urgenza, con solo pochi posti letto per il ricovero temporaneo degli operat i. Alla Consolazione restarono una sala

operatoria e due sale di 1O letti ciascuna per i ricov eri urgenti, nonché ampi locali per i servizi di ambulatorio chirurgico. In proposito è giusto ri cordare che la Consolazione insieme al S. Giacomo costitu 1 uno dei pr imi esempi in Italia di Posto di Pront o Soccorso efficiente e moderno, anticipando così un a concezione spec iali s tica che trova oggi una più attuale realizzazione nei Rep arti di Chirurgia d'urgenza universitari ed ospedalieri.

Ma anche questo tipo di utilizzazione non dur ò per molto tempo.

L'attuazione dei nuovi piani di ristrutturazione della rete ospedaliera romana, la sempre maggiore complessità degli interventi di pronto soccorso e la opportunità di eseguirli in nosocomi forniti di tutt e le specialità indussero nel 1936 il Pio Istituto di S. Spirito a decretare l'abolizione di cali posti di pronto soccorso.

E fu così che il complesso degli edifici dell a Consolazione che per tanti anni avevano ospitato questa benefica e prestigiosa istituzione, fu ceduto al Comune di Rom a che vi sistemò la sede centrale del Comando dei Vigili Urbani.

Ancora una volta i fabbricati dovettero subire modifiche ed adattamenti, ma va dato merito ai nuovi occupanti di aver saputo adattare gli ambienti alle nuove esigenze senza deturparli e facendogli conservare il decoro dei p assati secoli.

Le sale che ospitavano anticamente le lezioni di anatomia e di chirurgia, le corsie testimoni di tanto impegno a favore dell'umanità sofferente sono ora divenute aule ove si studiano i mali della città e dove si programma la complessa attività dei Vigili Urbani.

I gloriosi edifici della Consolazione che per quattro secoli furono sede di una benefica attività sanitaria continuano ad ospitare un servizio che analogamente a quello sanitario è benemerito ed indispensabile alla vita della città di Roma. Habent sua fata loca!

222

1470

1506

Durante il XVI secolo

CRONOLOGIA DEI PRINCIPALI AVVENIMENTI INTERESSANTI L'OSPEDALE DI S. MARIA DELLA CONSOLAZI ONE

Episodio del miracolo dell'Immagine di S. Maria della Consolazione e nascita dell'omonima Confraternita.

Fusione del piccolo Ospedale della Consolazione con gli Ospedaletti di S. Maria delle Grazie e di S. Mari a in Portico: nasce il nuovo Ospedale della Conso Iazione .

Si diffonde a Roma la sifilide (o morbo gallico): si restaura e si potenzia l'Ospedale di S. Giacomo in Augusta perché provveda al ricovero degl'Incurabili.

Nel 1527 le distruzioni ed i danni del Sacco di Roma.

Nel 1528 epidemia di peste bubbonica.

Negli anni 1530, 1557, 1598 gravi inondazioni di molti quartieri di Roma per gli straripamenti del Tevere. Nel 1591 epidemia di tifo petecchiale. Molti Santi operano attivamente nel campo dell'assistenza ospedaliera (S. Filippo Neri, S. Camilla de Lellis, S. Giuseppe Calasanzio, S. Luigi Gonzaga ed altri).

Tra i medici della Consolazione si ricordano il chirurgo Mariano Santo ed il medico olandese Gisberto Horst.

Durante il xrx sec.

in particolare il famoso anatomico Antonio Pacchioni. Nel 1735 viene completamente ristrutturato l'Ospedale delle Donne.

Nel 1808 occupazione francese e nuova gestione ed ordinamento di tutti gli Ospedali Romani, sino al ritorno di Pio VII nel 1815. Nel 1849 governo della Repubblica Romana. Trasferimento dei reparti medici della Consolazione presso il monastero di S. Caterina dei Funari. Presso il vecchio Ospedale ha sede un'Ambulanza del Comitato di soccorso ai feriti, diretto da Cristina Belgioioso.

Nel corso del secolo si attuano varie modifiche dei sistemi di amministraz ione degli Ospedali Romani: interventi e provvedimenti di Pio VII, Leone Xll, Pio VIII, Gregorio XVI, Pio IX.

Nel settembre 1870 il Governo It aliano assume gestione e tutela di tutti gli Ospedali di Roma.

Presidente della Consolazione viene nominato l'avv. Pietro Pericoli che resta in carica sino al 1877. Entrano in servizio all'Ospedale le Suore della Carità di S. Giovanna Antida nel 1871.

Durame il XVII sec.

Durante il XVIII sec.

Violenta epidemia di peste nel 1656; l'Ospedale funge da lazzaretto. Dopo la fine dell'epidemia l' Immagine della Vergine che era in S. Maria in Portico viene trasferita nella Chiesa di S.M. in Campicelli. Tra i medici della Consola zione s i ricordano: Nicola Larche, Cesare Magati, Bartolomeo Eustachio, Giovanni Riva.

Nell'Ospedale assume maggiore importanza la specializzazione chirurgica. Vengono eseguiti importanti lavori di restauro. Tra i medici si ricorda

Durante il XX sec.

Nel 1873 e nel 1876 primi provvedimenti del Governo Italiano per fronteggiare l'eme r genza.

Nel 1890 viene emanata la famosa

Legge n. 6986 sulle Opere Pie.

Nel 1896 viene emanato i.l R.D. n. 138 che istituisce il Pio Istituto di S. Spi ri to ed Ospedali Riuniti.

Nel 1910 viene proposta, ma non attuata la chiusura della Consolazione e di S. Giacomo . Questi due Ospedali sono utilizzati dal 1915 al 1922 per il ricovero dei feriti di guerra e per i malarici.

223

li Governo Italiano nel 1924 istiuiscc una integrazione della normale retra di degenza in favore degli Ospedali della Capitale.

Nel 1929 la Consolazione viene trasformata in posto di Pronto Soccorso

Armellini M.

Bruzio G.A.

Fanucci C.

Felini P.M

Monachino V.

Moroni G.

Piazza B.

Querini Q.

Ro isecco N.

T ournon dE C.

Bufalini

Duperac

Tempesta

Falda

attrezzato.

Nel 1936 l'Ospedale della Consola zione viene definitivamente chiuso e gli edifici vengono ceduti al Comune ch e vi sistema il Comando del corpo dei Vigili Urbani.

REFERENZE BIBLIOGRAFICHE

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Pelaez M.

Perico li P.

- Pergamene dell'Archiospedale della Consolazione - Arch. I talia 1942

- Degli Istituti di Car it à in Roma - Ed. 1870

- Statuto in volgare romanesco della Fraternità di S. Maria delle Grazie

- Arti 3 ° Congresso 1st. Studi Romani 1935

- L'Ospedale di S.M. della Consolazione in Roma - 1 879

De creto rum H ospitalis Consolarionis 1559 m.s Archivio Stato Roma

Regol e per buon Governo Archiospedale Consolazione per 1687

Statua anciqua Ven. Societatis B.M. Gratiarum Urbis 1444 )) )) » )) ) ) ))

» » 225

SESSA T.: Alcool e lavoro - Istituto Italiano di Medicina Sociale, 1986 (da L'Informatore Medico-Sociale - Roma 15-30 giugno 1986).

«L'alcoolismo determina una dipendenza patologica oltre che uno stato cronico di malattia e devianze negative nel comportamento del soggetto «alcoolista» che, comunque, vede stravolgere le proprie relazioni interpersonali, l'attività sociale e lavorativa e, conseguentemente, il suo stesso stato economico».

È quanto viene ribadito nel libro del Prof. Sessa, Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina Preventiva dei Lavoratori e Psicotecnica. L'Autore affronta nel suo interessante lavoro gli aspetti sociali dell'alcoolismo, quali il rapporto di questo con il lavoro, rapporto che può essere individuato in due motivazioni principali: una di natura esogena, dipendente dal tipo di lavbro o professione che spinge il soggetto lavoratore ad un eccessivo consumo di bevande alcooliche, l'altra di natura endogena, costituita dalla ereditarietà genetica e da una debolezza dell'io. Non va poi trascurato il costo sociale dell'akooldipendenza, dato dall'alta frequenza infortunistica ( + 50"%) in soggetti con un livelJo d'alcool nel sangue superiore al 2,5%~

li volume affronta infine, il problema della prevenzione che, anche in tema di alcoolismo, si distingue in primaria, mirata a modificare le condizioni di vita sociale; secondaria, volta alla contrazione della morbosità, e terziaria, tesa al recupero della capacità lavorativa e sociale dell'exalcoolista. Ed è proprio nell'ambito della prevenzione primaria che l'A. auspica nelle pagine di chiusura una collaborazione congiunta tra medici di base, specialisti e medici aziendali, atta a prevenire l'alcoolismo e le sue conseguenze.

Atti del II Simposio internazionale su <<Aspetti medico-sociali della Cronobiologia», HALBERG. F., REALE L., TARQUINI B. Istituto Italiano di Medicina Sociale, Roma.

«L'uomo è intuitivamente conscio che la specie umana vive ed agisce nel tempo». È una sintetica e significativa espressione di Halberg, di Minneapolis, presidente dell' Associazione Internazionale di Cronobiologia.

In verità l'uomo deve rendersi conto che il tempo fa parte delle sue dimensioni. Come abbiamo, cioè, limiti spaziali (statura, peso, sviluppo delle masse muscolari secondo la costituzione), così abbiamo limiti di «durata», cioè tem-

porali. E non solo questo, perché la dimensione «tempo» penetra intimamente nelle attività vitali di cui siamo prorago• nisti.

La scienza cronobiologica - recente ma già adulta - h a accertato la presenza di «ritmi» ai vari livelli: dal sistema ecologico complesso alle popolazioni, ai «clan», ai gruppi e infi ne agli individui; non solo, ma si parla addirittura di ritm i delle strutture cellulari e subcellulari.

Se ne è occupato doviziosamente questo II Simposio internazionale, che si è articolato in una conferenza plenaria introduttiva e in tre sessioni, queste ultime dedicate rispettivamente la prima alla cronobiologia clinica, la seconda agli aspetti della metogologia cronobiologica, la terza, suddivisa in due parti, alla presentazione di comunicazioni e agli interventi.

I numerosissimi AA. che hanno preso parte al Simposio ci hanno cosl informato sulle implicazioni cronobiologiche - e quindi sui bioritmi - della patologia cardiovascolare, di quella tumorale, delle secrezioni ormoniche (p. es. ritmo circannuale nella secrezione della prolattina e del TSH ipofisari), della patologia ossea, dell'attività digestiva, dei disturbi parossistici del SNC, dell'ulcera peptica (forse i più noti bioritmi anche ai «non addetti»); un gruppo di AA. ha poi individuato nel lavoro a turni un modello cronobiologico esogeno, imposto dalle esigenze sociali; ha concluso la I Sessione uno studio cronologico della senescenza.

La II Sessione, occupandosi di metodologia, ha assunto un taglio piu tecnico: gli AA. si sono addentrati in problemi di cronobiologia del metabolismo di sostanze esogene (farmaci, tossici) ed endogene (cataboliti vari) al fine di delineare un più mirato intervento terapeutico. Questa sessione si è conclusa con un interessante studio sulle applicazioni del «persona! computer» alla cronobiologia.

Caratteristica della III Sessione sono state le comunicazioni, nella prima parte; gli interventi, nella seconda.

Tra le comunicazioni, suggestiva quella sulla cronobiologia del cortisolo serico in malati di anoressia mentale; interessante quella sul ritmo circannuale dei ricettori di glicocorticoidi nei polimorfonucleati di soggetti clinicamente sani; tra le altre, ricorderemo la comunicazione sull'approccio cronobiologico nella valutazione EKG-dinamica (Holter) dei fattori di rischio per cardiopatia ischemica e quelle che approfondiscono le variazioni circadiane di alcune secrezioni ipofisarie in pazienti affetti da ipogonadismo.

Le tematiche endocrine sono largamente trattate in cronobiologia: non mancano comunicazioni sull'attività della ti-

RE CEN SIONI DI LIBRI
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roxina rapportata alle 24 ore in ipertiroidei e in nonnotirodei; sulla periodicità secretoria degli adenomi ipofisari; sulle variazioni circannuali del TSH serico in bambini obesi.

Tra gli interventi ci hanno colpito quello sul confronto fra le variazioni circadiane della crasi ematica di malati di cancro e quelle di soggetti apparentemente sani ed un altro, vertente sui vantaggi del monitoraggio cronob io logico dei battiti ventricolari ectopici nei confronti del monitoraggio convenzionale.

Concludendo, possiamo senz'altro annoverare tra i meriti dell'Istituto di Medicina Sociale e, per esso, del suo direttore prof. Lorio Reale, l'aver promosso ed ospitato questo Simposio con la collaborazione del prof. Halberg, autorevole rappresentante della Cronobiologia d'oltre Oceano, e del prof. Tarquini dell'Istituto di Clinica Medica II della Università di Firenze.

C. DE SANTIS

RECENSIONI DA RIVISTE E GIORNALI

CARDIOLOGIA

AR.iuGo F., Dr TANO G.: Il cuore al sicuro (i calcioantagonisti di terapia) - «Doctor», 7, 1986.

Gli AA. tracciano una ricca ed aggiornata panoramica sulla terapia calcio-antagonista e calcio-modulatrice di un vasto settore della patologia cardiocircolatoria.

Risalendo a Sidney Ringer, ricordano che questo noto studioso del passato già nel 1882 sottolineava per la prima volta il ruolo del calcio nella contrazione del muscolo cardiaco. Dovevano però trascorrere molti decenni prima che si scoprisse (Fleckenstein, 1969) la possibilità di modulare le funzioni cellulari agendo tramite farmaci sui movimenti degli ioni calcio nell'interno delle cellule e attraverso le membrane cellulari. Da allora si sono ricercati e trovati composti dotati di un tropismo sempre più selettivo verso il miocardio ed il muscolo liscio.

Vengono messe in evidenza due classi di farmaci aspecifico potere inibitore sul flusso di Ca• • attraverso la menbrana cellulare:

- classe A, ad azione molto intensa: verapamil, diltiazen, nifedipina e derivati, nicardipina, gallopamil, bepridil;

· classe B, ad azione più blanda: fendilina, flunarizina, prenil amina, cinarizina.

La riduzione del livello intracitoplasmatico di Ca+ • può indurre riduzione di tono delle pareti vascolari con effetti vasodilatori prolungati.

Tra i farmaci del gruppo A sono oggi in corso di sperimentazione la nisoldipina (diidropiridina della famiglia della nifedipina) e i già citati gallopamil, tiapamil, bepridil.

Gli AA. ricordano che è il sarcolemma la struttura elettiva su cui si esplica l'azione calcio-antagonista; comunque mettono in guardia dal suppore l'esistenza di un unico meccanismo e di un unico sito cellulare d'azione. I siti di legame variano a seconda dei farmaci: ad esempio la nifedipina avrebbe un sito di legame ad alta affinità e specificità a livello della parte più esterna e superficiale della membrana, specialmente del muscolo liscio, laddove il verapamil e il diltiazem agirebbero sulla porzione più interna. 11 legame del verapamil col sarcolernma sembrerebbe meno specifico, mentre quel prodotto avrebbe un'ulteriore azione sui canali ra-

pidi (con riduzione della corrente di Na • ), il che sp iegherebbe bene la spiccata azione antiaritmica sul miocardio. Il diltiazem avrebbe poi un'azione intracellulare più marcata di altri calcioantagonisti, con una particolare efficacia nel1' antagonizzare la contrazione indotta dall' angiotensina (che mobilizza il Ca++ intracellulare).

Gli AA. riassumono poi le differenze di azione dei farmaci ricordati sopra: per la nifedipina, prevalente attività sulla muscolatura liscia vasale, con vasodilatazione arteriosa che per azione simpaticomimetica riflessa determina aumento della frequenza cardiaca e dell'inotropismo; per il verapamil, azione meno marcata sui vasi e più evidente sulle coronarie nonchè sulle proprietà elettrofisiologiche del miocardio; per il diltiazem, azione bilanciata rispetto ai due precedenti; per la nicardipina, più recente, manca ancora una documentazione esauriente. Ulteriormente approfondita è stata in questi anni la nota e importante azione anti-ipertensiva di detti farmaci, analizzata in una componente inibitoria della vasocostrizione da stimolazione degli alfa- -recettori postsinaptici e in una componente diuretica e natriuretica in particolare. Recente è anche la scoperta di un ruolo dei calcioantagonisti nell'interferire con i flussi ionici nelle piastrine, negli eritrociti e nelle cellule endoteliali.

Gli AA. affermano che i calcioantagonisti sono da considerare trattamento di prima scelta negli ipertesi anziani, nelle emergenze ipertensive e nelle ipertensioni concomitanti a cardiopatia ischemica. Concludono ricordando la pressochè assenza di controindicazioni e la possibilità di associazione della nifedipina con farmaci betabloccanti.

C. DE SANTIS

CIIIR URGIA GENERA LE

SAJSSY J.M., DRISSJ-KAMILJ N., FARJ A., TAOUBANE H.: Ascesso in tra-epatico e sottofrenico post-operatorio a forma respiratoria. Diagnosi e trattamento. Médecine et Armées, 13, 5, 1985.

Gli AA. premettono che questa temibile complicazione della chirurgia addominale, essendo a sede toracoaddorninale, può, sebbene raramente, manifestarsi con una sintomatologia esclusivamente respiratoria .

227

Il caso clinico riferito riguarda un paziente di 30 anni, operato di gastrectomia per ulcera stenosante, che presentò, una settimana dopo l ' intervento, una sindrome febbrile con assenza di un benché minimo sintomo addominale; questo dato , sia pure in presenza di un risalimento della cupola diaframmatica destra , fece scartare in un primo tempo la diagnosi dj ascesso sub -frenico e fece formulare l'ipotesi di una flogosi su atelettasia polmonare post -operatoria. La diagnosi esatta fu formulata soltanto sei giorni più tardi, mediante un'ecografia addominale che dimostrò una raccolta liquida destra intraepatica ed una sinistra, perisplenica. L ' intervento di svuotamento degli ascessi fu fatto precedere da una fibroscopia bronchiale che permise di estrarre una grande quantità di pus da pseudomonas aeruginosa, germe ritrovato puntualmente sia nelle emoculture sia nell'abbondante liquame purulento drenato dagli ascessi subfrenici. Il paziente, trattato con analgesia metamerica mediante catetere peridurale per 48 ore dopo l'intervento , con intensa terapia antibiotica ed ossigenoterapia, ebbe un decorso postoperatorio rapidamente e progressivamente favorevole, tanto da essere dimesso dopo appena 10 giorni dal secondo intervento.

Da una rassegna della letteratura in argomento, gli AA. riferiscono che gli ascessi intraepatici da piogeni a seguito di sepsi intraperitonale sono rari e sono riferiti normalmente come complicazioni di perforazione appendicolare o colica; l'associazione a un ascesso subfrcnico a seguito di atti chirurgici sull'addome è veramente eccezionale. I germi più frequentemente responsabili sono quelli di origine intestinale, mentre la pseudomonas aeruginosa è più raramente implicata. La propagazione intracpatica avviene attraverso il sistema venoso portale mentre la presenza intrabronchiale dei germi si spiega con le strette connessioni linfatiche tra peritoneo e pleura, oppure con un loro passaggio transdiaframmatico diretto. Le manifestazioni pleuro-polmonari sia cliniche che radiologiche come il sollevamento della cupola diaframmarica, l'atelettasia segmentaria da compressione, la pinzettatura pleurica ed in genere qualunque manifestazione respiratoria dopo chirurgia addominale in soggetti senza precedenti respiratori deve far pensare a complicazioni addominali.

La diagnosi è attualmente molto facilitata sia dall'ecografia che dalla tomodensitometria che permettono di diagnosticare anche raccolte purulente intraepatiche di piccole dimensioni; rispettivamente 2 e 0,5 cm. di diametro. Negli ascessi intraepatici isolati può essere praticato il drenaggio percutaneo sotto controllo ultrasonico, ma nei casi associati a raccolte purulente subfreniche il drenaggio chirurgico è indispensabile. I cardini della terapia sono anche costituiti da una antibiotico-terapia, mirata e prolungata, e dalla prevenzione dell'insufficienza respiratoria, che costituisce la causa principale dell'alta mortalità riferita anche nei casi di adozione di ventilazione artificiale. Nel caso riferito la prevenzione dell'insufficienza respiratoria è stata attuata median-

te analgesia peridurale post-operatoria ed ossigenoterapia, tecniche che gli AA raccomandano di attuare subito dopo l ' intervento per aumentare le possibilità di successo; inoltre la fibroscopia bronchiale preoperatoria ha perme sso di attuare una accurata toilette bronchiale e l'isolamento del germe responsabile della sepsi

Concludendo gli AA. affermano che i segni pleuropolmonari degli ascessi sub-frenici post-operatori, sia clin ici che radiologici, devono essere tenuti ben presenti. Nelle fo rme più gravi la prognosi post-operatoria è più spesso r espiratoria anzichè addominale e la broncoaspirazione media nte fibroscopia e l'analgesia post-operatoria precoce, con ossigeno-terapia ed antibiotico-terapia, possono sostituire o completare la ventilazione artificiale permettendo di raggi ungere una mortalità più bassa.

D.M. MONA CO

DIAGNOSTIC A

CrANFANELu G., RAvE.Lu C. , BoRREANI B. , CALorro P

ZEPPONI E. : Possibilità d'impiego del Doppler tascabile - «Doctor», 7, 1986.

Dove e quando usare il Doppler tascabile? A questo stimolante quesito gli AA. rispondono schematicamente:

- In pronto soccorm: urgenze vascolari pure; urgenze vascolari in ortopedia, urologia , neurologia ;

- Al letto del paziente: indice pressorio postoperatorio; controllo delle fistole artero-venose per dialisi; valutazione della pressione poplitea per livello di amputazione;

• In visite a domicilio: valutazione di presenza ed entità di un'ischemia ; valutazione di presenza ed entità di una tro mbosi venosa profonda; valutazione di presenza ed entità di un soffio carotideo;

- In ambulatorio: valutazione: degli indici pressori - della pressione venosa in ortostasi e in clinostasi - di una sindrome post-flebitica e dell'insufficienza varicosa - dell'indice pressorio penieno - del reflusso di un varicocele. Come si vede le indicazioni sono molto numerose e importanti. Oggi si sta procedendo ad una rivalutazione del velocimetro Doppler CW (cioè ad onda continua) più semplice, appunto in edizione «tascabile». Gli AA. consigliano un Doppler tascabile con sonda da 8 Mhz perché più indicato per esplorare i vasi superficiali. Detta metodica risponde alle seguenti significative caratteristiche:

1) è poco costosa e quindi accessibile a tutti gli specialisti;

2) è utile a specialisti di più discipline;

3) non è invasiva e pertanto ripetibile senza rischi né per il pazi ente né per l'operatore;

4) è di facile uso, bastando poche ore per apprendere la valutazione corretta dei dati forniti (in America è usato persino dal personale paramedico);

5) è di poco ingombro: l'apparecchio sta facilmente in mano e può essere riposto nella borsa professionale.

Gli AA tengono comunque a concludere che l ' apparecchio in parola integra ma non sostituisce mai l'esame clinico, attento ed approfondito.

c. DE SANTIS

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SPOHR L.: Embriopatia alcoolica: possibile il recupero mentale - Medicai Tribune, ediz italiana n. 14, 1985.

L'intossicazione alcoolica del feto è una delle cause più frequenti di ritardo mentale. Peraltro sulla presunta irreversibilità di tale situazione le più recenti acquisizioni gettano una luce di ottimismo. L' A. riferisce di uno studio effettuato su 71 bambini portatori degli esiti di embriopatia alcoolica, 56 dei quali sono stati sottoposti ad approfonditi esami neurologici e psicologici. È emerso, nel corso delle accurate osservazioni compiute, che le stesse anomalie morfostrutturali registrate all'inizio subivano una significativa diminuzione, apparendo col tempo meno evidenti (per esempio, rerrogenia, solchi nasolabiali, ptosi, palato ogivale, strabismo, ecc.). Anche parametri come la circonferenza cranica, l'altezza e il peso dimostravano una evoluzione favorevole. L' A . osserva che i bambini colpiti sono in realtà più distrofici che iposviluppati e che il dato più costante e significativo è la microcefalia. Comunque, col passar del tempo e con l' avvento della maturità, molti segni patologici, specialmente mentali, tendono a regredire. In 45 bambini esaminati, le registrazioni EEG dimostrarono una diminuzione dei reperti patologici. Ripetendo le valutazioni a di?tanza di tempo, si potè osservare che l'entità totale delle anomalie psichiatriche andava significativamente diminuendo. L'analisi dettagliata dei vari test applicati ha documentato, nella maggioranza dei casi, un ritardo di apprendimento, con quoziente intellettivo tra 70 e 85. In conclusione, questi piccoli pazienti possono conseguire una certa maturazione delle facoltà mentali, anche se raramente tengono il passo dei coetanei.

C DE SANTIS

OCULISTICA

SuLTANOF M.Yu., ALIEVA Z.A., TAGI - ZADE N.S.: Metodi di esecuzione e di valutazione dei risultati del test di deflusso delle lacrime, Voienno Meditsinsky Zhurnal, 12, 1985.

Gli AA . riferiscono i risultati ottenuti e la conseguente valutazione di un test molto semplice da loro studiato e messo a punto per esaminare la velocità di deflusso delle lacrime attraverso il canalicolo lacrimale.

Il test, eseguito su 176 soggetti sani (e quindi su 352 occhi) di età variabile tra 18 e 48 anni, suddivisi in 86 soggetti di sesso femminile e 90 di sesso maschile, consiste nella instillazione nell'occhio di una sola goccia di soluzione al 3% di argento colloidale. Il soggetto in esame, con la testa

rovesciata all ' indietro , viene invitato a compiere ripetuti e leggeri atti di ammiccamento e viene valutato il tempo tra l' istillazione della soluzione e la sua scomparsa dal sacco congiuntivale. Tale tempo viene assunto come «indice».

Secondo la valutazione degli AA ., normalmente l'indice di suzione o di deflusso delle lacrime varia fino ad un limite massimo di 5 minuti ed in tal caso il test viene definito positivo. Quando il deflusso delle lacrime è insufficiente l'indice aumenta da 6 a 10 minuti ed il test viene definito ritardato. Infatti nei soggetti con test ritardato si verificava periodicamente lacrimazione. Infine una persistenza totale o parziale dell'argento colloidale nel sacco congiuntivale oltre i 10 minuti indica o una grave insufficienza o una completa perdita del deflusso delle lacrime. In questi casi, nei quali il test viene definito negativo, si verificava infatti persistente lacrimazione.

OTORINOLARINGOIATRIA

Rusu G.: La cura radicale mascellare di Caldwell-Luc modificata. Revista Sanitara Militara, 4, 1985.

L ' A. afferma che, fra tutte le diverse tecniche sinora attuate per il trattamento chirurgico della sinusite mascellare, quella che si è dimostrata migliore e che viene tuttora più frequentemente usata è la radicale introdotta da CaldwellLuc. La tecnica attuata dall'Autore consiste nel completamento del procedimento classico della Caldwell-Luc mediante la ricostruzione della parete anteriore del seno mascellare in superacryl trasparente n. O .

La preparazione dell'opercolo per effettuare la ricostruzione, in materiale sintetico, è molto semplice ed è stata realizzata in laboratorio di odontotecnica. L'opercolo ha forma ovale e corrisponde alla perdita di sostanza della parete sinusale anteriore che oltrepassa di circa I - 2 millimetri senza ledere il nervo intra-orbitario; esso assolve il compito di impedire la penetrazione dei tessuti molli nel seno operato. Il materiale usato , superacryl trasparente n. O, è molto ben toll erato dall'organismo.

La tecnica offre la possibilità di una «restitutio ad inregrum» del muco-periostio sinusale, che conserva in tal modo la sua capacità morfo-funzionale.

L ' esperienza acquisita dall'Autore nel corso di 12 anni conferma l'efficacia dell'artifizio di tecnica introdotto al metodo di Caldwell-Luc, che, cosl modificato e completato, può essere indicato come «intervento radicale alla Caldwell-Luc opercolato» .

MEDICINA SOCIALE
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SOMMARI DI RIVISTE MEDICO-MILITARI

a cura di D. M . Mon aco

ITALIA

ANNALI DI MEDICINA NAVALE (A.XC, N. 2, 1985): Baselice P.F., Caselli A. , Di Lizia A.: Rotture traumatiche del diaframma; Pontone P., Nero I., Allegretti R.: In tema di papillomi della colecisti (osservazioni personali); Baselice P.F., Di Lizia A., Bartalotta M .: Ferite d'arma da fuoco dell'addome; Pelagalli F.M., Savino S., Paulucci M .: «Oblio respiratorio» da tiopentone sodico: osservazioni di un caso; Brucchietti R. , Fakocchio G., Mariani T., De Biase L.A ., Savino S., Tamorri M.: Sclerosi tuberosa con anomalie dell ' arco aortico: descrizione di un caso; Ficini M., con l a collaborazione di Manna F., Bini L. , Magni M., Martelloni M., Manici G., Bausi C.: Sincope anossica: patogenesi, quadri clinici, diagnosi differenziale e rilievi statistici; Vacca G. , Rescia L. : Reperti EEG di incerto significato diagnostico ; Stigliano M., Gualdi G.F., Di Biasi C. , Agostini S., Caterina M. , Polettini E.: La Tomografia Computerizzata nella valutazione della patologia articolare; Rivola M., Tamburella G.L. , Tagliamonte C.: Indicazioni, complicazioni, fisiopatologia, materiali e rieducazione funzionale delle artroprotesi cementate di anca; Muscarà M., Conte M.: Inquadramento diagnostico della patologia psichiatrica tra militari di leva (DSM !Il); Muscarà M., Conte M .: Una scheda semeiologica di approccio al D .S.M. I II nella valut azione di nove casi psichiatrici tra volontari; Battiste/la M : La terapia familiare condotta con Rorschach e TAT: un approccio psicoterapeutico breve alla patologia fa mili are; Cigala O., Minerva N. , De Felici B ., Torre/li C.: Un idrolisato d'organo nella terapia delle affezioni acute emorroidarie; Dal Prà G. : Problemi fisiopatologici ai fini del trat t amento dell' ileo biliare. Nostra esperie nza clinica; Battaglia A. , Malotti M.: Indicazioni e limiti dell 'artrodesi della tibiotarsica; Pontone P., Zelli G.P., Nero I ., Marzano M. , Allegretti R.: L'impiego del tubo d i Kehr nella chirurgia delle vi e biliari ; Rutoli A., Rutoli U.M.: Attuali orientamenti in chirurgia oncol ogi ca; De Spizza F., Piccolo M ., Brancato T. : La timec tornia: aspetti compar ativi tra la via trans ternale e l a via cervicale. Revisione della casistica; Ialacci A. , Virili M., Moretti G.: Rassegna sui bechici; Amendola G., Grossi G., Caporale M.: Insufficienza renale e suo trattamento mediante l a nutrizione parenterale totale (N .P.T .); Annese V., Amati E., Mastrandrea F., Carucci V.L : Vaccino ami-epatite virale di tipo B: valutazione costo/efficacia e consideraz ioni epidemiologiche.

ANNALI DI MEDICINA NAVALE (A.XC, n. 3, 1985): Mastrandrea F ., Natalicchio S., Licci N., Carucci V.L.: La patologia allergica nelle Forze Armate; Lombardi R., Ansaldo G.L.: Cisti e fistole sacrococcigee. Recente casistica e relative tecniche d'anestesia; Garo/alo I., Mura F.: Effetti degli anestetici sui principali sistemi neuroendocrini; Ciga la O., Ruffa D ., Metelli S., Savarese M.: Le candidosi localizz ate del tratto gastroenterico. La nostra esperienza in pazienti geriatrici; Pontone P., Ca/dare/ti G. , Allegretti R. , Nero I.: La triade di Saint. (Considerazioni personali); Lambert Gardim S., Poggi S. , Orta/i G .A.: Studio comparativo sulla glicosilazione della emoglobina nei soggetti in età geriatrica; Zelli G . P., Pontone P. , Martino G., Palermo L., Allegretti R. : Modificazioni emocoagulative nel paziente anziano; Zelli G.P. , Pontone P., Daconias D., Marzano M. , Allegretti R.: In tema di carcinomi del grosso intestino nel paziente anziano (contributo personale); Accurso S., Assenza G., Audibert G.B ., Bulla G., Di Bono G., Giuf/rida L., Palazzo G., Scalia L. , Zagami A .: L'O.T.I. nel trattamento della gangrena gassosa: contributo clinico; Accurso G., Audibert G.B., Bulla G. , Di Bono G ., Giuf/rida L. , Palazzo G., Scalia L., Zagami A.: La malattia da decompressione: osservazioni clinicoepidemiologiche; Rivola M., Sommacal R., Maiotti M. : Pacologia infiammatoria degenerativa del tendine di Achille in sportivi praticanti calcio: nostra esperienza clinica e chirurgica; Stracca M. , Battiste/la M.: Confronto tra due generazioni di concorrenti all'Accademia Navale; Citterio C. , SciosciaSantoro A.: Esordi coperti e decorsi obsoleti nelle psicosi schizofreniche di taluni tossicomani. Orientamenti in funzione diagnostica e medico-legal e; Giu/frè R. , Valente V., Gabose M A .: Traumi mielo-vertebrali; lavico/i N.: Terapia trombolitica nella phlegmasia coerulea dolens; Cigala O ., Mete/li S., Ruf/a D., Giombetti D.: La somatostatina quale farmaco di primo impiego nella patologia pancreatica acuta ; Cigala O., Minerva N. , De Felici B. , Naso E.: Uso del Pinaverio Bromuro nella patologia funzionale del tratto inferiore dell'apparato digerente; Mameli M.C. , Pascucci M. , Di Lizia A.: Le endorfine: loro peculiari caratteristiche ed eventuale impiego in algologia; Bisemi A ., Marcotullio D., Quattrini G., Lanza S.: Il l aser in otorinolaringoiatria; Sonnino M.: Le lesioni del distretto maxillo -faccia/e e la /.oro terapia d'urgenza; Di Mauro M., Santucci G .: Il coma diabetico non chetoacidosico iperosmolare; Lofino G ., Svampa M.G .: Reazioni avverse ai mezzi di contrasto iodati: stato delle conoscenze e considerazioni organizzative e medico-legali.

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FRANCIA

MEDECINE ET ARMEES (A. 14, n. 1, 1986): Debruge ].M., Haguenauer G., Bouscharain P., Boudry M.: Gli ospedali dell'Esercito: dati attuali; Bourlaud G., Anglade J.P.: Posto della chemioprofilassi nel trattamento dei carcinomi del seno operati nello stadio N; Gateff C., Le Bras J., Bourre/ P.: Sanità comunitaria ed ambiente militare: realtà o uto• pia?; Fievet J.P ., Condomines P., Zimmermann J.M., Cazenave J.C., Pascal-Suisse P., Bamaud Ph.: Idronefrosi da anomalia della giuntura pielo-ureterale; 49 osservazioni, 60 idr onefrosi; Houdelette P., Quinot J.F., Gisserot D., Abgratl J., Le Vot ]., Dumotier J.: Ematoma e pseudo-cisti ematica della surrenale in corso di trattamento con anticoagulanti. Sorpresa diagnostica io due casi; Goasguen J., Béquet D., Ha inaut J.: Alfa-2-macroglobulina e sclerosi a placche: studio in immunoelettrofocalizzazione di due casi famigliari classificati con HLA; U/eu J.P., Halpert J., Bureau C.: Un caso di osteomalacia vitamino-sensibile associata a pancreatite cronica calcificante; Triq11et J., Mailloux M.: La leptospirosi, malattia sempre attuale ; Grau D., Perrot C., Sankale M .: La patologia causa di esenzione dal servizio militare riscontrata nei giovani francesci in un Centro Selezione (C.S.) dell'E· sercito (resoconto su 11.245 esami praticati nel C.S. 9 di Tarascona nel periodo 1981-1983); Thonnon J., Crance J.M., Deloince R. , Maigrot J.C., Bartoli M., Saliou P., Garrigue G.: Influenza delle condizioni di trasporto dei sieri nella diagnosi dell'epatite virale A mediante determinazione delle immunoglobuline ; Richard A.: Problemi medici di approvvigiona• mento al tempo della 2a Guerra Mondiale; Jourdan Ph., Monpetit A. , Ducolombier A., Desgeorges M.: Medici militari, conoscete le armi da fuoco individuali attuali?

JUGOSLAVIA

VOJNOSANITETSKI PREGLED (Voi. 42, n 6, 1985): Radovanovic M.: Il 40 ° anniversario dell'Ospedale Militare di Zagabria; A;dukovic G.: Valore della citomorfologia nella diagnosi delle malattie della prostata; Posinkovic B . e Col/.: La lussazione abituale di spalla nei soldati; Matulic S. e Co/l.: Il problema del criptorchidismo nei soldati; Stoianovic V. e Coll.: Narcolessia ed ipersonnia; Pavlovic V.: Com • parazione dei referti radiologici , endoscopici e chirurgici nei p azienti operati per malattia ulcerosa; Peto S. e Col/.: l carcinomi e gli adenomi del colon e le loro relazioni con i risultati della coloscopia; Bulievac M. e Coli.: La nostra esperienza nel trattamento chirurgico delle stenosi da ulcera del piloro; Gardasanic F. e Coll.: Valore della coledocoduodeno• stomia nel trattamento dell 'itte ro ostruttivo benigno; Vuckovic I. e Coli.: La nostra esperienza nel trattamento dei tumor i del testicolo; Sevic M. e Coli.: Studio immunitario nei pazienti di rinite vasomotoria; Modric B. e Coll.: È possibile la prevenzione della morte cardiaca improvvisa nei pazienti coronarici?; Durasevic Z. e Coli.: Coronari te ed infarto del

miocardio in pazienti con crioglobulinemia mista; Moisoski N.: Gammapatia monoclonale IgM-kappa con essudazione pleurica.

PORTOGALLO

REVISTA PORTUGUESA DE MEDICINA MILITAR (V. 33, n. 1, 1985): Numero dedicato al XXXII Congresso di Medicina Aeronautica e Spaziale (Funchal-Madera: 30 Settembre - 5 Ottobre 1984) : Berry C.A. (U.S.A.): Sangue, sudore e lacrime. Dal Vostok allo Shuttle e ancora oltre ; Hsin C. (Cina): Applicazione della teoria del sistema di combinazione uomo-macchina-ambiente alla ricerca aerospaziale; Wei-Quan Q., Duan-Sheng H. (Cina): Studio degli effetti biologici del rumore ad alta intensità; Von Gierke H.E., Kaleps I. (USA): Il movimento biodinamico e la previsione delle lesioni; Slonim A.R. (USA): Risposta biodinamica com• parativa di due specie di primati allo stesso ambiente di vibrazioni; Caste/o-Branco A.A.N., Gimogma: Lo stress da vibrazioni. Introduzione; Rosa De Brito J.L. , Gimogma: Alterazioni del metabolismo dd glucosio e dei lipidi provocate dalle vibrazioni; Martins A.S., Gimogma: Alterazioni endocrine prodotte dalle vibrazioni; Marvao ].H., Gimogma: Studio dei potenziali evocati uditivi in operai soggetti a stress da vibrazioni; De Abreu Caste/o Branco M.S., Gimogma: Variazioni individuali dei potenziali dd tronco cerebrale indotte da stres s da vibrazioni; Entrudo A.J., Gimogma: Studio dei potenziali evocati uditivi nei piloti delle aeronavi militari; Caste/o-Branco A.A.N., Gimogma: Alterazioni otoneurologiche indotte dalle vibrazioni occupazionali.

REVISTA PORTUGUESA DE MEDICINA MILITAR (33, n. 2, 1985): Ramos I.: Un caso di lactobezoar nell'adulto; De Ascenzao Cabrai A. , Marques M.S.J., Capitao-Mor M.: Il morbo di Paget della mammella femminile. Revisione anatomo-clinica; Macieira C., Da Fonseca N.: Sifilide recente della lingua; Deryeux Centeno J. P.: Revisione di otorinolaringologia. L'orecchio medio; Da Crux Pereira J.: Prevenzione della carie dentaria negli alunni del ciclo preparatorio dell ' Istituto Militare degli Allievi dell'Esercito; Duarte Costa ].. Castelo Branco Da Silveira J. : Fibroendoscopia alta di urgenza nelle emorragie digestive; Silverio A.J. e coli.: Il cancro del retto e dd colon discendente.

REPUBBLICA FE DERALE TEDESCA

WEHRMEDIZINISCHE MONATSSCHRIFT (A. 29, n. 10, 1985): Dohrenbusch ]., Franke R.P., Mittermayer Chr.: L'insufficienza respiratoria progressiva (shock polmonare), un problema nella medicina di urgenza e militare; Ottinger H. , Fallen H.: Il prolasso della valvola mitrale. Definizione, diagnosi , classificazione clinica, assistenza, terapia , riflessi medico-legali militari; Von Restorff W., Habmetzer R.,

231

Stalla G.: Studio sulla diminuizione delle capacità psicofisiologiche durante chinetosi sperimentale; Scuke W.: Medici tedeschi nel Togo: impiego e tradizione (2); Hermann F.: Uniformi e distintivi individuali del personale dei Servizio Sanitario e Veterinario delle Forze Armate tedesche nel periodo 1914 - 1920 (1).

WERHRMEDIZINISCHE M ONATSSCRIFT (A. 29, n. 11, 1985): Fraps P.: Danni da freddo durante le eserci t azioni dell'Esercito nel I trimestre 1985; Simon G. , Schmidtchen A. : Reperti anormali nell'ECG degli atleti; ]unga B., Potzsch].: Tumori intraoculari nei soldati in età giovanile (casistica su 4 osservazioni); May G ., Roggatz ]. : La trapanaz ione di Beck come trattamento dell'osteocondrosi dissecante dell'articolazione del ginocchio; Schuke W.: Medici tedeschi nel Togo: impiego e tradizione (3); Hermann F.: Uniformi e distintivi individuali del personale dei Servizi Sanitario e Veterinario delle Forze Armate tedesche nel periodo 1914 - 1920 (2); Fischer H.: Ricordi di guerra di medici militari dell a Russia Sovietica (3).

WEHRMEDIZINISCHE MONATSSCHRIFT (A. 29, n 12, 1985): Klammer H.L., Gritze G.: Adesivo alla fibrina nelle rotture del tendine di Achille; Gerngro/3 H. , Neugebauer R., Claes L.: Indicazione ed applicabilità di fissatori esterni nelle fratture tibiali; Albrecht K. , Lenz ]. : Il melanoma maligno della cute dal punto di vista chirurgico; Neufang K.F.R. , Schmitt B. , Ewen K. , Fross/er H.: Misurazione dell'esposizione ai Raggi del paziente nell'angiogr#ia digitale trans-venosa indiretta a sottrazione; Adams H.A. , Bomer U., Hempelmann G.: Ricerche sulla stabilità di soluzioni di catecolamine impiegabili in clinica; Krauss H.].: Il Servizio Sanitario delle Forze Armate Francesi.

ROMANIA

REVISTA SANITARA MILITARA (n. 3, 1985): Iliescu O. , lbric V. , Nis/or A.: Il trattamento dei traumi maxillofacciali in condizioni di guerra di difesa che coinvolge tutta la popolazione; Voicu V. , Conicescu O ., Andries A.: Bioritmi e loro implicazioni; lacob M.: Attività del laboratorio di curie-terapia neurochirurgica nel Reparto Neuro Chirurgico d ell'Ospedale Militare Centrale di Bucarest durante gli ultimi tre anni (15 marzo 1981 - 15 marzo 1984); V/ad Gh.: La giardiasi come fattore di prolungamento del periodo doloroso acuto dell'ulcera duodenale; Steiner N. e Coli.: Ricerche virologiche in un focolaio epidemico di infezioni respiratorie acute nelle Forze Armate; Axinte 1.: Valore del riflesso di Babinski e mezzi per evidenziarlo nelle lesioni piramidali; Nastoiu I.: Malattie virali, Rickettsiosi, Spirochetosi e Micosi di importazione nel personale dell' Aeronautica; Ispas T.L. , Zdrafcovici R., O/ar V.: Risultati del trattamento immunosoppressivo mediante «Reprimun».

REVISTA SANITARA MILITARA (n 4 , 1985): Sabau E., Botez V.: Aspetti dell ' assistenza sanitaria alle truppe e formazioni di difesa impegnate contro gruppi ne mici paracadutati; Deac R. , Daniliuc I.: Ferite da proiettili a velocità molto elevata; aspetti balistici; Gheorghe M D., Neagu S.S., Cle;an Gh.: Problemi etiopatogenetici attuali nella schizofrenia; Gopsa R. , u~eanu 1. , Vladescu C. : Procedim enti di radiosensibilizzazione in oncologia; Niculescu Gh ., Diaconescu S., Dorobantu A. , Babalac Cr., Scarlat M.: Pun ti di vista patofisiologici e terapeutici nei processi suppurativi della mano; Candea V., Flueras M., Tintoiu 1., Popa Al.: Moni toraggio ematologico del paziente leucemico con indicazione alla splenectomia; Abagiu P. , Betiu N., Mosoiu 1., Tudor V.: Studio della prevenzione e dell'impiego dei medicinali in un Reparto di Medicina Interna; Rusu Gh.: La cura radicale del seno mascellare di Caldwell-Luc mediante applicazione di un opercolo in materiale sintetico; Ilie Al., lchim M., Singer D. : La sinovite pigmentaria villosa nodulare (resoconto di un caso clinico); Nastoiu I., Pintille I., Constantinescu L. , Dinu C.: E ffetto della respirazione intrapolmonare di ossigeno ad alta pressione su alcuni componenti urinari; Cretu I.: Il concet to fisiopatologico nel trattamento dell'enterocolite infettiva acuta; Ionescu C.: Pagine del passato della stomatologia romena

SPAGNA

MEDICINA MILITAR 0/. 41 , n 1, 1985): Aranda Calle;a F., Callar Olondris J.N. , Ortells Polo M.A., Muinos Haro P.A.: Anestesia e analgesia subarachoidea mediante petidina. Suo interesse nella medicina di guerra; Alonso Martin F.]., Hortonada Gimenez M., Monferrer Guardiola]. , Beltran Visus A., Salvador Bayaarri ]., Segarra Medrano A.: Studio, approssimazione e considerazioni sulla problematica delle droghe in una Unità Militare (R.I.M. «Tetuan 14»); Ruiz Malo R.S. , Gonza/es Comeche ]. , Rivera Rocamora]., Ortiz Champarro ]., Huerta Sepulcre ].: Considerazioni•attuali sul morbo di Cushing a proposito di un caso di carcinoma della corteccia surrenale; Gir6n Montdnez R. , Velai.quei. Rivera I. , Garcia Escobar M., Rubio Fernandez A.: Trattamento dei dolori neoplastici per via epidurale mediante associazione di morfina e bupivacaina; Garcia Diaz F., Maldonado Majada A. , Hemando Lorenzo A. , Mateos Rodriguez]., Soria Delgado L. : Tossicità polmonare da ossigeno normobarico; Casti/lo Begines E. , Montero Vai.quei.]., Bello Mimbrera G. , Dt1ran Bermeto R.: Gli epatocardnomi: studio di 30 casi. Parte 1: Epidemiologia , etiologia clinica, indagini di laboratorio; Parte 2: Radiologia, ecografia, gammagrafia, T.A.C., laparoscopia , arteriografia; Sanchez Dominguez S., Pérez Balcabao 1. , Moreno Alvarez F. , Alsina Alvarez F.].: Terapia antimicrobica ospedaliera; tecniche di esecuzione; Ochoa De Retana I.: Epidemiologia delle infezioni stafilococciche ospedaliere; L6pezCuervo ].F. , Tamarit Bau ]. , Fuentes Dominguez A., Navarro Carballo J R.: Emostasi primaria; revisione a proposito di un caso di alterazione della aggregazione piastrinica da uso di

232

colloidi ad alto peso molecolare; Huertas Garcia-A/eio R.: La Sanità Militare nella novella <<La débacle» di E. Zola; Begara Mesa D. , Morillas Ramirez F., Arag6n Romero A., Léon AguilarS.: L'anestesia nel ferito di guerra; Sotelo Banos ].F.: Studio internazionale dell'Organizzazione Farmaceutica Militare

MEDI CINA MILITAR (V. 41, n. 2, 1985): Aznar A., Martinez L6pez T., Gutiérrez Ortega C., Gonzalez Alvarez J.: Alterazioni funzionali nella rigenerazione epatica sperimentale; Cabrera Forneiro J., Contreras Miguel M., Muro Romero J. , Fuertes Rocanin ].C.: Il disertore da un punto di vista psichiatrico, in tempo di pace, nelle nostre Forze Armate; Prados Moren o F., Vallinas J.R., Mugica G.G., Campanero R.G., Varquez de Prada J., Moyo V.C., Mendez J.A.C.: Il Corpo della Sanità Militare negli stabilimenti penitenziari militari. La nostra esperienza nel carcere militare di Alcalà di Henares (Madrid); Pérez Ribe/les V.: L 'indice tiroideo; Serrano Munoz A., Martinez Benito A., Torregrosa Gal/ud A. , Cabrera Cabrera J.A. , Gonzalez Lobo].: Il cancro dello stomaco. Nostra esperienza; l;zquierdo Hernandez M. , Moreno Muro M. 1 Martos Pregrin ].A., Coca Menchero S.: Adenocarcinoma delle cellule renali; De Santiago Ferntindez F., Cansino Hurtado R. 1 Santos Yubero F.]., Torres Vazquez M.: Le fratture dell'epifisi superiore del femore. Rassegna clinico -terapeutica. Esperienze del Reparto cli Traumatologia e Ortopedia dell'Ospedale Militare di Siviglia; Tamarit Bau J., De Llano Beneyto R.: Profilassi delle anemie carenziali durante la gravidanza; Mora/es Hernandez G., Martinez Navas V., Narvaez A.P., Mon tesino J.R.M ., Gutierrez ] .A.I., Tapia -Ruano M.F. , Urbinaf.E. , YagueA.M., Garcia P.G.: Orientamenti analitici sulla medicina preventiva negli aspiranti all'ammissione alle Accademie Militari; Carretero Quevedo A., Casas Reuiio F.]. , Lope;z Aguillar F. , Bravo de Garciaquiiada J.L., Garcia Labaio ].D., Zomlla Sa/cedo J.L., Ruiz Alvarez f. : Trattamento in U.M .I. (terapia inte nsiva) cli un paziente settico grave con localizzazioni sistemiche multiple; Gonza/es Rodriguez F., Box Sinis A.: Una osteocondr ite dis secante del plateau t ibiale; Hernando Lorenzo A.E., Estella l.Ana ].E. , Pera/es N., de Vigusir, Coma Samartin R. 1 Mateos Rodriguez ]. : L'evacuazione aerea sanitaria nell'Esercito. Considerazioni generali; Martin Sierra F.: Il Capitano Medico don Santiago Ramon y Cajal. U.R . S.S.

VOIENNO MEDITSINSKY ZHURNAL (n. 9, 1985): Komarov F.l.: Il progresso scien tifico e tecnico e i compiti del Servizio Sanitario delle Forze Armate U.R .S.S.; Timo/eev V. V.: 11 sostegno sani tario di distaccamenti e formazioni partigiane; Kazakov O P.: Diffusione di un salut are modello di vita nell'ambito di una unità militare; Lisitsyn K.M.1 Revskoy A.K., Zhuraev T.Zh. 1 Kokhan E.P 1 Zavarina l.K. : Esame medico -militare nelle malattie delle vene degli arti

inferiori; Gembitsky E. V., Kondrakov V.M., Grigoryev Yu. V.: Applicazione dell'elettro-analgesia centrale nel trattamento di pazienti ipertesi; Kostur K.N., Seredkin V. V.: Alcuni problemi diagnostici nelle malattie pre - maligne dell'intestino crasso nelle persone giovani; Plovoy A.M. 1 Krylov N.L.: Scopi principali della perfezione della diagnosi microbiologica in clinica; Zorile V.I., lgnatkin V.N.: Sostegno sanitario dei voli nel processo di riaddestramento dei piloti; Novikov V.S.: Modi e mezzi di conduzione del processo cli adattamento e di resistenza dei marinai; Vartanov S.A., Zakal'sky A. V., Shichanin V. V., Timen L. Ya., Kruchinin E.Z., Volkov A. V.: Organizzazione del lavoro del reparto di endoscopia in un ospedale militare distrettuale; Davydov O. V.: Applicazione della riflessoterapia in pazienti affetti da osteocondrosi verticale associata a malattia ischemica del cuore; Shchedrunov V. V., Baranovsky A. Yu.: La riabilitazione cli pazienti affetti da malattie gastro-duodenali; Mel'Nichuk A.N., Grekhov A. F.: La questione della profilassi delle lesioni da liquidi tossici di uso tecnico; Niko/ov M (Bulgaria): Valutazione comparativa dei risultati dell'eliminazione dei difetti traumatici ed infiammatori della membrana timpanica mediante il trapianto di aponeurosi; Pidrman V., Zadak Z., Sobotka L. (Cecoslovacchia): Esperienze di lavoro della sezione metabolismo in un reparto di terapia.

VOIENNO MEDITSINSKY ZHURNAL (n. 10, 1985): Pashnev V Ya., Snisarenko V.N.: Aumento dell'efficienza e della qualità degli studi di laboratorio; Berkovich I.I.: La commissione interna del personale di assistenza di un ospedale militare; Tkachenko S.S., Stanchits Yu.F. 1 Tikhilov R.M. 1 Yushmanov G.l. : L'ossigeno-baroterapia nel complesso del trattamento dei traumatizzati; Shastin I. V., Karnaukhov Yu.N.: Le lesioni chiuse del cuore;Glukhov Yu.D., Popandopu/o S.I., Smirnov A.S.: Possibilità del metodo di ricerche mediante ultrasuoni nella diagnosi delle malattie renali; Karyuk S.E., Shalygin V.A., Dzyuba A I.: Uso dei sedativi intestinali nel trattamento della dissenteria; Nikolaev E.A.: Metodo di calcolo per determinare il consumo di energia nelle prestazioni umane; Mukhamedov E. G., Pukach L.P., Veklich O.K., Arsent'ev B.A. 1 Sorokina A. V: La possibile influenza dell' iperlipidemia sull'insorgenza e il decorso dell 'aterosclerosi nd personale di volo; Lomov O.P. 1 P!akhov N.N.: Criteri ematologici dell'adattamento al caldo nei marinai; Kholodnyi A. Ya., Golovkin V.I., Turbina I.L. , Ankhimova E.S.: Indici immunologici nello stadio acuto delle lesioni craniocerebrali minori chiuse; Rybalko V. V., Voronina V.N., Luchinsky E.A. , Rusak N. T., Umarov A.M.: Biopsia mediante puntura della pleura nella diagnosi differenziale della pleurite essudativa; Gorbunov V.A., Lapchenko S.N.: L'intervento chirurgico nelle conseguenze di lesioni lari ngee e tracheali; Rya bykh L.D., Trokhimchuk V. V.: Tra sformazione chimica durante l 'immagazzinamento del gruppo oss imico dei preparati; Zhuk L.N. : Particolarità del quadro clinico e diagnosi dell'amebiasi; Zakharov Yu.M.: Problemi attuali della pubblicità contro l'alcool; Selivanov E.F.: L'Accademia Medica

233

Militare durante gli anni della Prima Rivoluzione Russa (verso 1'80° anniversario della rivoluzione dd 1905-1907 in Russia).

VOIENNO MEDITSINSKY ZHURNAL (n. 11 , 1985): Rebikov A.P.: Per una elevata qualità ed efficacia del sostegno sanitario alle unità missilistiche; Sidel'Nikov A.I.: Pianificazione del lavoro di una unità del servizio sanitario (2" relazione); Dyadyk G N.: Uso dei micro-computers nella registrazione delle consultazioni mediche; Uvarov B.S., Levshankov A.I.: Valutazione dello scambio gassoso in pazienti in condizioni critiche; Rutsky V. V.: Scelta del tipo di elettrostimolazione nel trattamento delle lesioni e delle malattie del sistema locomotore; Alekseev V.G., Sinopal'Nikov A.I.: Affezioni polmonari nelle malattie infiammatorie del pancreas; Khazanov A.I.: La diagnosi di ittero da ostruzione; Kazantsev A .P.: Peculiarità della diagnosi precoce delle febbri tifoidi e paratifoidi; Ivanov Yu.A.: Realizzazione sperimentale del regime di addestramento e di metodi di controllo nell'adattamento accellerato al caldo; Starikov L.I.: Studi sullo st ato funzionale dell'organismo dei piloti durante la respirazione sotto pressione eccessiva di ossigeno; Medvedev L.G. , Klepach A.I.: Segni primari dell ' avvelenamento acuto da ossigeno nei sommozzatori; Nechai A.I. , Kurygin A.A.: Prevenzione delle complicazioni della vagotomia collegate alla tecnica operatoria; lvanov V.I., Zimog/lyadov V.A.: Uso della riflessoterapia nel trattamento delle rinosinusiti allergiche: Zolochevsky M.A.: Metodi moderni di disinfezione e disinfestazione da insetti presso le truppe mediante aerosol; Zakharov Yu.M ., Kashkov G.A ., Sel ' Kova N.E., Bulgakov A.S.: Propaganda antialcoolica nel processo di educazione sanitaria; Monastyrsky N.S., Popov V.D. , Matsnev A.A .: Un apparecchio per l'irradiazione del sangue con ultravioletti; 'J}ilyk V.D., Kompanets V.S., Vo/kov V.M., Nedoro:anyuk E.M. : Le priorità da attribuire a N .I. Pigorov; Marasanov R.A. , Mel' Nichuk A.N. , Varlamov V.M.: Le reliquie di N.I. Pigorov raccontano.

VOIENNO MEDITSIN SKY ZHURNAL (n. 12, 1985) : Farshatov M.N. , Kurennoy N. V., Rachkin M.A. : Peculiarità dello smistamento nelle lesioni associate a radiazioni ; Toropov N. V., Romanyuk V.I, Sheinkman E. V., Kirsanov Yu. V.: Esperienze della cooperazione dell'ospedale di guarnigione con i reparti dell'istituto di medicina; Dmitriev A.E., Min'ko B.M., Burkov V.A ., Zorokhovich O.L. , Lyapin V.A.: Uso della modellarura matematica nel trattamento delle fratture delle ossa pelviche; Shaposhnikov O.K. , Domaseva T.V.: Lo stato di resistenza non specifica e di reattività immunologica dell'organismo umano nelle piodermiti; Revin A.N. : Il meccanismo delle ferite del grosso intestino; Khokhlov D. T., Ogarkov P.I., Malyshev V. V.: L'organizzazione dell'individuazione precoce dei pazienti affetti da epatite virale A; Khozhenko V.A., Obzhorin L.A.: Un nuovo standard russo per la potabilità dell'acqua; Otverchenko N. G., Tiossa G. G.: Peculiarità del decorso della polmonite acuta in soggetti gio-

vani nelle varie condizioni climatiche trans-caucasiche; Topuriya G.I. e coli.: L'efficienza professionale del personale di volo dopo epatite virale; Altukhov V.G., Grebenik M.A Shapovalov A.A.: Lo stato dell'organismo in condizioni di elevato contenuto di anidride carbonica nell'aria; Sultanov M Yu., Alieva Z.A., Tagi-Zade N.S.: Metodi di esecuzione e di valutazione dei risultati del test di deflusso delle lacrime; Druzhinenko A. V., Kaufman O. Ya.: Valore diagnostico delle alterazioni vascolari della mucosa bronchiale nel cancro del polmone; Mironov G.M., Murychev B.S.: Diagnostica attuale dei tumori maligni delle ossa e delle articolazioni; Nozdrunov L.M. , S.N. Tartakovsky S.N.: Variazioni della reazione personale alla malattia in pazienti somatici; Chirkov A.I. Logvinov A. T., Lebedeva V. V.: Preparazione d egli infusi e dei decotti in una farmacia ospedaliera; Zaitsev R.Z., Shtabtson V.I., Orekhov E.G.: Cura di emergenza nelle lesioni acute della circolazione cerebrale; Gembitsky E. V. , Novozhilov G.N. , Polozhentsev S.D.: Quadro clinico, diagnosi e tratta• mento del colpo di calore.

U.S.A.

MILITARY MEDICINE (Voi. 150, n. 9, 1985): Dolev E., Llewellyn C.H.: La catena delle responsabilità mediche nella medicina del campo di battaglia; Yacovone J.A. , Box J.J., Mum/ord R.A.: Rassegna odontoiatrica del personale della Guardia Aerea Nazionale; Young A.]. , Jaeger J.J. Philips Y. Y.: La pressione intratoracica in soggetti umani esposti a scoppi aerei di breve durata ; Clark M.A ., Campagnari K.D., Jones L.M. : L'effetto causale maggiore dell'alcool etilico e quello minore di altre sostanze nel determinismo della morte tra il personale militare nella Contea di San Diego in California; Southard T.E. , Baycar R.S., Walter R.G.: Odontoiatria forense: trasmissione elettronica di schede computerizzate; Pillai M. V., Qureshi G.D., Howells R.: Irradiazione in vitro delle piastrine sanguigne. Effetti sulla loro struttura e funzione; Shulman R.S., Klein D.L., Barry M.J.: Scomparsa asintomatica del versamento liquido nello spazio postpneumonectomia; Kenevan R.J., Rich J.D. , Gottlieb V.: Un morso di cane con interessamento del contenuto cranico (in un bambino in tenera età): resoconto di un caso.

MILITARY MEDICINE (A. 150, n. 10, 1985): Piscina S.: Lamentele per il cattivo funzionamento del sistema di assistenza sanitaria militare: rassegna dei fattori che vi contribuiscono e raccomandazioni; Mancini Vira C.: Prospettive sul cattivo funzionamento del sistema di assistenza sanitaria militare; McLeod Gri/fiss J. , Brandt B.L., Broud D.D. : Relazioni tra dose e reattivo-immunogenicità dei vaccini polisaccaridi anti-meningococcici negli adulti; Griffi11 G.D.: Valutazione rapida ed in fasi successive del paziente acuto o traumatizzato; Voge V.M.: Un paragone tra le linee di condotta del medico di volo dell'Aeronautica e quello della Marina U.S.A.; Sullivan R. W .: Correzione del piede piatto iper-

234

mobile mediante il procedimento dell'artroeresi subtalare; Stock R.]. , Skelton H. : Embolia polmonare mortale verificatasi due ore dopo l'es teriorizzazione dell'utero per l'esecuzione della sutura dopo un taglio cesareo; Terebelo H.R., Van Nostrand D.: Tossicità sistemica della chemioterapia per infusione dell 'arteria epatica provocata da fistola artero-venosa; Kitchens C.S.: Aspetti diagnostici della conta delle piastrine; Coussens P.D., Hernandez E., Miyazawa K. : Una gravidanza dopo intensa chemioterapia per una teratoma immaturo dell'ovaio ; Khoury J.M., Stutzman R.E., Sepulveda R.A.: Un papilloma invertito della vescica con carcinoma focale a cellule di transizione; resoconto di un caso.

MILITARY MEDICINE (A. 150, n. 11, 1985): Paul

E.A.: Guaritori feriti: sommario del progetto delle veterane del Corpo delle Nurses in Vietnam; Brown J.D .: Terapia di reidratazione orale nella diarrea; Vai/ J.D.: Determinazione dell'affidabilità del personale ausiliario nell'anestesia attraverso standards pratici; Palinkas L.A .: Differenze razziali nelle morti accidentali e violente tra il personale della Marina U.S.A.; Floumoy D.]. , Foster L.B.: Comparazione tra un metodo mediante strisce reattive (Chemstrip) ed un esame microbiologic o rapido (Avantage) come prove preliminari nelle infezioni urinarie; Zimmerman J.D., Leanza R.F., Elliot J.P.: Batteriemia anaerobica in gravidanza; Gi!adi M., Milgrom C. , Danon Y., Aharonson Z.: Correlazione tra addestramento cumulativo alla marcia e fratture da stress nei soldati; Sateriale M., Hart P.: Morte inattesa in un coscritto di razza negra affetto da drepanocitosi: resoconto di un caso; Soballe P. W., Campbell J.J.: Un'appendicite perforata simulante un ascesso epatico; Rau C.F.: Le gengiviti necrotizzanti ulcerative nel personale militare dai tempi antichi a quelli moderni; Ear/1 J.M., Wendt C.A., Westmore!and H.H., Wendt L.A. , Phillips M.: Influenza della temperatura sui tassi di assorbimento dell'alcool nell'uomo; Pezze/la A. T., Esente P.: Una trombosi dell 'arteria coronarica come complicazione di una policitemia vera. Un'indicazione insolita per la rivasco -

larizzazione miocardica; Ostrow L.B., Gordon W.H. : Una massa mediastinica insolita: la cisti intercostale benigna; Love G.L. , Keams P.D., Sarma D.P.: Exanguinazione insospettata quattro giorni dopo biopsia del fegato mediante agoaspirazione percutanea profonda; Adams H.G., Campbell F.: Il «Trirad » (computer tri-radiologico) come strumento per l'assicurazione di qualità.

MILITARY MEDICINE (V. 150, n. 12, 1985): Gil/espie T.H., Brannon R.B., Grayson F. W., Gardner J.D.: Identificazione mediante esame dentario delle salme delle vittime del bombardamento del 23 ottobre 1983 sul Comando dei Marines U.S. a Beirut, Libano; McKee K. T. , MacDonald C., LeDuc J. W. , Peters C.J.: La febbre emorragica con sindrome renale. Pro spettiva clinica; Wiedeman ].E., Payne J.E.: I grandi traumi ; Gwin L.P., Lacroix P.G.: Uno studio prioritario sulla conservazione della funzione uditiva nella Forza Navale sottomarina degli U.S.A.; Carter B.]. , Cammermeyer M.: Insorgenza di incidenti reali durante l'addestramento con simulazione di guerra chimica in condizioni di temperature elevate; Kant G.J., Smith R., Landman-Roberts L., Cardenales-Ortiz L., Mougei E.H.: Effetto della conduzione di operazioni campali sugli elettroliti e sul cortisolo urinari; Kutch J.M.: Amministrazione dei servizi di medicina preventiva aerospaziale: concet ti ed esigenze strategiche; Alexander R.E.: Preparazione educativa dell'ufficiale dentista per le situazioni contingenti; McFadden P.M., Jones J. W.: La toracostomia mediante tubo: considerazioni anatomiche, rassegna delle complicazioni e tecnica proposta per evitarle; Watters M.R., Herbers ].E.: Esame premortale del muscolo crico-faringeo nella distrofia muscolare oculo-faringea: cellule infiammatorie ed aggregati tubulari. Resoconto di un caso; Collins P.S., Youkey J.R. , Collins G.]., Salander ].M., Elliot B.M., Donohue H.]., Rie N.M.: Sepsi letale da contaminazione del sangue da Yersinia Enterocolitica: resoconto di un caso; Janowsky D.S., Drennan M., Berkowitz A. , Turken A.: Effetti comparativi della scopolamina e dell'atropina nella prevenzione della letalità da inibitori della colinesterasi.

235

CONGRESSI

CONVEGNO - CORSO

AGGIORNAMENTO DELLA SEZIONE DI STUDIO RADIOUROLOGIA

Organizzato dalla Società Italiana di Radiologia e Medicina Nucleare, si è svolto a Firenze dal 9 al 10 maggio 1986 presso il palazzo dei Congressi.

PROGRAMMA

9 maggio mattina • Convegno

Saxton H.M. (London): «Miti e concetti errati in uroradiologia»; Davidson A.]. (Washington): «Anatomia renale clinica»;

Ta/ner L.B. (San Diego): «Le dimenticate vene renal i»; Davidson A.]. (Wasliington):

«Aspetti urografici del paziente diabetico: problemi particolari»;

Bosniak M .A . (New York):

«Valutazione radiologica delle cisti complicate e dei tumori renali cistici»;

Caste/lino R.A. (Stanford • Palo Alto): «Linfomi maligni del!' apparato genito-urinario»;

Bosniak M.A. (New York): «Scoperta e diagnosi dei piccoli tumori renali ( < a 3 cm.);

Mc C/ennan B.L. (St. Louis): «Diagnostica per immagine del cancro vescicale».

9 maggio pomeriggio - Corso avanzato

Stacul F. (Tries te):

«Urografia: mezzi di contrasto e tecnica»; Giuseppetti G.M. (Ancona):

«Ecografi a nella diagnostica delle vie urinarie»;

Dalla Palma L. (Trieste):

«Tomografia computerizzata nella diagnostica renale»;

Bau.occhi M. (Trieste):

«Diagnostica per immagini dei traumi renali.

10 maggio mattina • Convegno

Van Waes P. (Utrecht):

«TC degli spazi peri-pararenali»;

Mc Clennan B.L. (S t. Louis) : «Correlazione TC/RM nel retroperitoneo»;

Saxton H.M. (London):

«Moderna diagnostica della pollachiuria, dell'incontinen za e della minzione»;

Fried/and G. W. (Stanford - Palo Alto): «Disfunzione neuromuscolare della vescica e dell'uretra»;

Talner L.B (San Diego):

«Problemi nella diagnosi di ostruzione ur inar ia»;

Lang E.K. (New Orleans):

«Nefrostomia percutanea nel trattamento delle ostruzioni e delle infezioni renali»;

Lang E.K. (New Orleans):

«Dilatazione percutanea dei restringimenti ureterali».

10 maggio pomeriggio - Corso avanzato

Galli G. (Roma):

«Medicina nucleare in urologia»;

Gavelli G.P. (Bologna):

«Diagnostica per immagini dell'insufficienza renale»; Pera/e R. (Padova):

«Radiourologia pediatrica>>;

Simonetti G. (Sassari):

«Angioplastica delle arterie renali».

CONVEGNO SULL'ECOCARDIOGRAFIA NELLE CARDIOPATIE CONGENITE

Piacenza - 24 maggio 1986

Organizzato dal Centro Medico Legale Militare di Piacenza, direttore Col. Me. Raudino dr. Sebastiano, e dal Servizio di Cardi ologia dell'U .S. L. n. 2 di Piacenza con il Patrocinio dell'Amministrazione Provinciale e dell'Ordine dei Medici della Provincia di Piacenza, si è svol to presso il Collegio Alberoni , alla presenza di Autorità civili e militari e di numerosi intervenuti.

RE LA ZIONI:

S. Arruzzoli - Cardiologia U.S.L. n. 2 Pi acenza: Gli ultrasuoni nella diagnostica cardiologica per immagini: considerazioni sulle indagini mediante ultrasuoni nella pratica cardiologica attuale con indicazioni, vantaggi e limiti delle metodiche;

A. Farroni - Consulente cardiologo del C.M.L.M. di Piacenza: Aspetti stat istici delle varie forme di cardiopatia congenita osservate nell'ultimo triennio presso il C.M.L.M. di Piacenza;

NOTIZIARIO
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C,ap.Me. G. Esposito - Cardiologia del C.M.L.M. di Piacenza: Analisi ecocardiografia delle cardiopatie congenite senza Shunt; Ecocardiografia nelle cardiopatie congenite con Shunt sinistro-destro;

Ten. Me . S. del Giudice - Cardiologia del C.M.L.M. di Piacenza:

Presentazione dei casi osservati.

Alle relazioni è seguito un intervento del Prof. M. Viganò - Direttore della Divisione di Cardiochirurgia del Policlinico S. Matteo di Pavia, che ha tenuto una lezione magistrale sui recenti progressi di Cardiochirurgia, soffermandosi in particolare sui trapianti cardiaci.

A chiusura del convegno è intervenuto il Gen. Me. D'Anieri dr. Danilo, Direttore di Sanità della Regione ToscoEmiliana, che ha auspicato una migliore interrelazione tra struttura sanitaria civile e militare.

CONVEGNO INTERNAZ I ONALE

«IL PENDOLARISMO»: STUDIO DEL SUO

IMPATTO SULLE CONDIZIONI DI VITA E DI LAVORO

Roma, 29 - 30 Maggio 1986

Il Convegno è stato organizzato dall'Istituto Italiano di Medicina Sociale diretto dal Prof. Lorio Reale e dalla Fondazione Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e si è svolto al Palazzo Valdina, Aula dei Gruppi Parlamentari - via Campo Marzio, 74 - Roma.

Lo sviluppo delle attività industriali produce il fenomeno del pendolarismo che si dilata con il loro evolversi e con la crescita dell'urbanizzazione. È un po' lo scotto che la società del benessere, l'affluenty society, fa pagare ai più deboli, travolti dall'ingranaggio dei processi lavorativi. Studiosi e forze sociali si sono a lungo interrogati sugli effetti negativi che il pendolarismo produce nell'area socioeconomica e sanitaria, ma i risultati sono stati scarsi sul piano pratico, dal momento che fino ad oggi non sono stati predisposti strumenti idonei a modificare la situazione, né si sono avuti interventi risolutivi nel campo dell'edilizia e in quello dei trasporti.

Anche se le complesse strutture della società moderna, con le sue storture e contraddizioni possono in linea generale giustificare la separazione territoriale tra luogo di lavoro e residenza , non trovano, invece , giustificazione gli effetti che il pendolarismo produce non soltanto sulle condizioni psicofisiche del lavoratore, ma sull'ambiente familiare e, quindi, sulla società in senso lato, pur in forme e modi diversi tra regione e regione per effetto di vari fattori, come il livello socio economico, la distanza, gli schemi lavorativi, il sesso e l'età

C'è, inoltre, da considerare l'effetto negativo che, a giudizio del Prof. Lorio Reale, il pendolarismo produce suJl'attaccamento al lavoro, in quanto il continuo spostarsi dall'abitazione al luogo di lavoro innesta un processo di deterioramento della qualità della vita e induce al disadattamento al lavoro. Anche se le quantificazioni del fenomeno sono scarse e generiche le valutazioni suJle sue conseguenze è indubbio, sostiene Vittorio Di Martino, che il ruolo del pendolarismo, specie di lunga durata , è un sicuro fattore di stress con seri disturbi psicosomatici. Quanrunque non si possa parlare di vera e propria malattia, è tuttavia chiaro che è stata ampiamente superata la soglia del disconfort.

L'importanza del pendolarismo è stata sottolineata dal Dott. Clive Purkiss che ha indicato come il fenomeno sia stato oggetto di particolare attenzione da parte della Fondazione Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. La Fondazione, infatti, ha orientato la propria ricerca verso la identificazione delle sue reali dimensioni e cercato di cogliere lo sviluppo delle linee di tendenza all'interno del fenomeno per consentire una valutazione più ponderata e mirata nelle diverse situazioni.

Su cosa fase in concreto e su come impostare programmi propositivi si sono interrogati esperti, scienziati, tecnici e medici del lavoro nel corso dell'incontro. Si sono chiesti se il percorso, in particolare quello di lunga durata, può essere ritenuto fattore di modifica del comportamento sul posto di lavoro; se può essere fattore di danno alla sal ute e, infine, se, in quanto elemento di stress, può modificare la vita familiare e sociale del lavoratore.

Dal momento che il fenomeno da problematica di tipo locale si è generalizzato assumendo dimensioni europee, perchè comune a tutti i paesi ad alto livello industriale, richiede, è stato detto, una azione coordinata e congiunta che affronti in modo integrato i complessi problemi, cioè quelli dei trasporti, medici, sociologici, economici, tecnici e politici. In sostanza, prosegue Vittorio Di Marcino, il pendolarismo da sub-disciplina diventa uno dei momenti, e non meno importanti, del problema lavoro

A parere del mondo imprenditoriale gli effetti del pendolarismo possonno essere sensibilmente ridotti attraverso la predisposizione di un'efficiente rete di trasporti. Per dare efficienza al sistema, secondo la Confindustria si deve procedere ad una rivoluzione organizzativa dei diversi modi di trasporto, mentre la Fiat, i cui dipendenti per il 50% sono toccati dal pendolarismo, propone un modello ottimale territoriale costituito da un sistema di supporto integrato con la rete autostradale, stradale, ecc. dato che si può incidere sul rapporto territorio-popolazione solo a lunga scadenza.

Dal dibattito sono scaturite indicazioni e suggerimenti per la definizione di un modello flessibile, adattabile alle varie realtà nazionali pur nella consapevolezza della complessità del fenomeno che richiede attente riflessioni specie in rapporto alle eventuali incidenze negative sulla salute psicofisica del lavoratore.

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SEMINARIO DI STUDIO SU «DÉRÉGULATION VERSUS. RÉGULATION»

NEI SISTEMI SANITARI IN CAMBIAMENTO

Varese, Palace Hotel Varese

26-27-28 Giugno 1986

Dopo circa tre anni di dominante vocazione al sociale stiamo assistendo al riemergere delle ideologie sanitarie di ispirazione liberale. Il panorama delle tendenze è tuttora in pieno movimento. Accanto, infatti, ad intransigenti soste• nitori della collettivizzazione dell'assistenza, non manca chi ne propone la privatizzazione, quanto meno parziale, sosti• tuendo i tradizionali meccanismi di garanzia sociale con la responsabilizzazione diretta del cittadino, ritenuto ormai sufficientemente maturo ed informato per farsi personalmente carico della gestione della propria salute e di quella dei suoi familiari.

Stimolata dall'interesse socio-economico di questo dibattito, la Fondazione Smith ha dedicato all'alternativa «deregolamentazione e regolamentazione» il suo VIII Seminario dei Laghi, proponendosi di analizzare il problema non tanto in ordine alle scelte ideologiche, quanto in funzione di criteri ispirati all'efficacia, all'efficienza ed all'equità.

Un modello per la rivisitazione dell'intero problema è stato offerto dall'osservazione dei processi di finanziamen• to e da quella dei sistemi di fortuna di risorse e di servizi. All'interno di queste due coordinate si delinea un vasto pa• norama di situazioni, problemi, interazioni e raccordi, dai quali può emergere un gran numero di possibili opzioni.

li termine «dérégulation» è oggi diventato altrettanto corrente quanto polivalente espressione di molteplici significati. D primo contributo del Seminario vuole allora essere di chiarimento, definendo i principi di riferimento e la pro· blematica concettuale con cui sono confrontati quanti desi• derano inoltrarsi nell'analisi dell'antinomia in questione.

L'opzione tra deregolamentazione e regolamentazione in Sanità è stata in seguito presa in esame nell'ambito dello scenario sanitario predittivo per l'Europa e, successivamen• te, valutata in termini comparativi, mettendo a confronto il presente ed il futuro a medio termine di cinque Paesi Eu· ropei, le cui scelte di campo non possono, in qualche modo, non riflettersi su quelle italiane.

L'VIII Seminario dei Laghi si è proposto di dedicare uno spazio non marginale all'elaborazione dei terni in discus• sione, dando particolare rilievo agli aspetti applicativi di una o dell'altra alternativa (o di una loro combinazione). I par• tecipanti stessi, suddivisi in gruppi di studio, hanno tentato di identificare il significato e di valutare l'agibilità delle diverse scelte.

PROGRAMMA

26 giugno • Arrivo dei partecipanti

27 giugno

S. Lombardini: Introduzione ai lavori;

A. Brenna: I principi di riferimento e la problematica concettuale;

G. Schonheit: «Dérégulation e Régulation» nel quadro dello scenario sanitario predittivo a medio termine per l'Europa, P. Poullier: Dinamica della spesa sanitaria nei Paesi OECD Tendenze emergenti verso la deregolamentazione; «Dérégulation versus Régulation» nei sistemi sanitari di:

- Francia • E. Levy;

- Germania 0cc. • ].M. von der Schulenburg;

- Olanda - F.F.H. Rutten;

- Regno Unito - A. Maynard;

- Italia - V. Mapetli.

28 giugno

G. Muraro: Modalità di finanziamento dei sistemi sanitari: dove si colloca il miglior rapporto tra efficienza ed efficacia;

R. Balma: Modalità di retribuzione dei servizi sanitari (ambulatoriali), ospedalieri, per il personale sanitario, ecc.;

A. Bari/letti: La compartecipazione del consumatore: problemi di equità, di efficienza e di efficacia;

S. Deiogu: Modalità di funzionamento e grado di autonomia dei diversi livelli di governo.

Sintesi conclusiva del Seminario e chiusura dei lavori.

SYMPOSIUM «OFTALMOLOGIA OGGI»

Suio Terme di Castelforte (LT) 12 ottobre 1986

Organizzato dalla Rivista Convivia Medica e dal Centro Studi Biologici Terme Vescine, si è svolto presso l'Hòtel delle stesse Terme

Ha curato l'organizzazione scientifica della manifestazione il Magg .me. Massimo Cantarini, Capo Reparto Oculistico dell'Ospedale Militare Principale di Roma .

Presidenti onorari il Ten. Gen.me. Elvio Meiorio, il Ten.Gen.me. Guido Cuccinielio e il Magg. Gen.me. Raffaele Agresta.

Il convegno si è svolto alla presenza del Presidente Prof Giuseppe Scuderi, Direttore della II Clinica Oculistica dell'Università degli Studi di Roma , «La Sapienza», e del Presidente onorario Magg.Gen.me. Raffaele Agresta, Capo dei Servizi Sanitari dell'8° CMTR.

Il symposium si è articolato in due sessioni: una che ha curato gli aspetti strumentali e chirurgici, l'altra quelli sociali e medico-legali.

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La prima sessione ha ospitato:

. il Prof Arrigo Montanara, Responsab ile del Servizio Autonomo di Radiologia Oto-Oculistica, Università degli Studi di Roma «La Sapienza», che ha trattato il tema «Attuali metodi cli studio delle vie lacrimali di deflusso»;

. il Prof Bruno Bagolini, Direttore della Clinica Oculistica, Università Cattolica di Roma, col tema «La registrazione dell'ERG focale: tecniche ed applicazioni cliniche»;

. il Prof Franco Pintucci, Primario dell'Ospedale Oftalmico di Roma, col tema «Impianti di lentine in camera posteriore»;

- il Prof Nicolò Scuderi, Direttore della Cattedra di Chirurgia plastica della II Facoltà di Medicina, Università degli Studi di Napoli, col tema «Trattamento chirurgico delle malformazioni congenite orbito-oculari»;

- la Dott.ssa Rossella Apolloni in collaborazione col Dr. Giovanni Scorcia, Aiuto della Clinica Oculistica, II Cattedra, Università degli Studi di Roma <d.a Sapienza», col tema <d.'uso dei gas nella microchirurgia del distacco retinico»;

- il Prof Emilio Balestrazzi, Direttore della Cattedra di Ottica Fisiopatologica, Università degli Studi dell'Aquila, col tema «Chirurgia conservativa dei melanomi uveali: attualità»;

- il Magg.me. Massimo Cantarini, Capo Reparto Oculistico dell'Ospedale Militare Principale di Roma, ha concluso la prima sessione col tema «Oftalmologia militare oggi». Dopo aver illustrato i compiti di cura, di selezione e di risarcimento in ambito medico-legale, svolti presso l'Ospedale Militare, il dott. Cantarini si è soffermato ad esaminare alcuni articoli dell'Elenco Imperfezioni e Infermità, causa di esenzione dal servizio militare, che sono stati oggetto di revisione con Decreto Presidente della Repubblica del 2/9/1985, n 1008, pubblicato sulla G.U. n. 92 del 21 aprile 1986.

La seconda sessione ha ospitato:

- il Prof Franco D'Ermo, Direttore della Clinica Oculistica della II Università degli Studi di Roma, <(Tor Vergata», col te ma <tla cataratta come malattia sociale»;

- il Dott. Filippo Cruciani in collaborazione col Dr. Santé Maria Recupero, Aiuto della Clinica Oculistica, Il Cattedra, Univer sità degli Studi di Roma «La Sapienza», tema «Chirurgia refrattiva: aspetti sociali e medico -legali»;

- il Cap.me. Antonio Ambrogio, Assistente Reparto Oculistico Ospedale Militare Principale di Roma, che ha trattato il tem a «Acuità vis iva: aspetti medico-legali», svolto in collaborazione col Mag,g,.me Massimo Cantarini e col 5 Ten.me. Marco Giubilei. Gli Autori hanno approfondito gli aspetti medico-legali dell'acuità visiva introducendo il concetto di <NÌsus professionale» dal quale scaturisce quello di «idoneità specifica» ad un determinato tipo di lavoro. Il Dott. Ambrogio ha poi passato in rassegna i tipi di specializzazione militare esistenti, illustrando per ognuno il <(Visus professionale» richiesto per l'idoneità specifica;

- il Prof Luciano Cerulli, Presidente del Centro di Riferimento di Sanità Pubblica Oftalmologica, presso la II Cattedra Clinica Oculistica Università degli Studi di Roma <(La Sapienza», col tema «Occhio e videoterminali»;

- il Prof Paolo Cati Giovannelli, Primario Reparto Oculistico dell'Ospedale Provinciale di Rieti , col tema <~fezioni iatrogene in oftalmologia»;

- il Prof Ugo Di Tondo, Responsabile del Dipartimento di Biopatologia Umana, Università degli Studi di Roma «La Sapienza», col tema «Ruolo dell'anatomia patologica in oftalmologia»;

- il Dott. Stefano Pintucci, della II Clinica Oculistica Università degli Studi di Roma «La Sapienza», col tema «Nuovo tipo di cheratoprotesi»;

- il Dott. Annargenide Astuto, in collaborazione con la Dott.ssa Brunei/a De Spagnolis e del Dott. Fabio Amore/li, del Reparto Oculistico dell 'Ospedale Provinciale di Formia, ha chiuso i lavori della seconda sessione col tema «Un caso di aniridia familiare».

PROBLEMI MEDICO-SOCIALI DELLA CIRCOLAZIONE STRADALE

(Atti della Tavola Rotonda svoltasi a Siena il 23/11/1985Editore Istituto Italiano di Medicina Sociale - Roma, 1986)

Relazione a cura del Cap.me. Antonio Ambrogio - Assistente del Reparto Oculistico - Ospedale Militare Principale di Roma .

Si è svolta a Siena il 23/11/1985 la Tavola Rotonda su «I problemi medico-sociali della circolazione stradale» promossa dall'Istituto Italiano di Medicina Sociale di Roma, nel1' ambito del XX Congresso Nazionale della Società Italiana di Medicina Sociale.

Sono intervenuti, ognuno per la sfera di propria competenza:

- in qualità di Presidente, il Prof L. Reale, Presidente dell'Istituto Italiano di Medicina Sociale, Roma;

- in qualità di relatori:

• il Prof. M. Barni, Direttore dell'Istituto di Medicina Legale e Assicurazioni dell'Università degli Studi di Siena, come moderatore;

• il Prof. E. Tag,g,i, Coordinatore dello Studio Italiano sugli incidenti, Istituto Superiore di Sanità - Roma, che ha curato gli aspetti epidemiologici;

• il Prof. G. Nicastro, Magistrato della Corte Suprema di Cassazione, che ha trattato gli aspetti giuridici;

• il Prof. W. Nico/etti, Ordinario di Medicina Sociale dell'Università degli Studi «La Sapienza» di Roma, che ha svolto <<l'accertamento sanitario e l'idoneità alla guida»;

• il Prof. G Chiotta, del Centro Superiore Ricerche e Prove della Motorizzazione Ci;ile di Roma, che ha sviluppato il tema degli «Aspetti tecnici della sicurezza stradale»;

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• il Prof. G.L. Scarpa, della Cattedra di Medicina Sociale dell'Università di Sassari , che ha curato l'argomento dell' «educazione sanitaria»;

• il Prof. F. Antoniotti, Ordinario di Medicina Legale e delle Assicurazioni dell'Università di Roma che ha trattato i «particolari aspetti dell'assicurazione obbligatoria».

Ha introdotto la tavola rotonda il Prof. L. Reale che ha messo in risalto come la sicurezza stradale dovrebbe essere l'obiettivo di ogni paese civile; ha citato un dato Iscat del 1984 che riguardava gli incidenti stradali: 20 morti e 1 migliaio di feriti al giorno, per un costo di 10.000 miliardi l'anno, circa un miliardo l'ora.

Il Prof. F. Taggi ha illustrato l'epidemiologia nei suoi aspetti dei fattori di rischio (età, alcool, fumo di sigaretta) e di prevenzione (strada, educazione stradale e dispositivi di sicurezza, come casco, cinture di sicurezza, poggiatesta e primo soccorso efficace ed efficiente).

Il Prof. W. Nicoletti, analizzando l'accertamento sanitario e l'idoneità alla guida, lamenta l'assenza di una <<scheda anamnestica generale» del cittadino, contemplata dall'art. 27 Legge 833 della Riforma Sanitaria; richiama l'importanza di visite mediche relative all'apparato digestivo, cardiovascolare, respiratorio, visivo, uditivo, neurologico, con particolare riguardo all'alcool, al diabete, ai reumatismi, alleartropatie, alle malattie neuro-psichiche, all'uso della droga.

Il Prof. Aotoniotti ha affrontato il problema delle «piccole invalidità permanenti» nell'ottica del «danno lavorativo generico)>. Nell'ambito di tale danno, che si fonda su dichiarate basi di astrazione e al quale non corrisponde un reale decremento di reddito, le modeste menomazioni psico-fisiche valutabili al disotto del 5-10%, in pochi punti percentuali, non sono rapportabili a conseguenze patrimoniali e sono al più meritevoli di indennizzo. Quanto al «danno biologico» (intendasi: menomazione dell'integrità psico-fisica della persona in sé e per sé considerata, suscettibile di liquidazione equitativa) o «alla salute» propriamente detto, esso è suscettibile di riparazione economica esclusivamente per indennizzo. L'Autore, infine, sollecita normative giuridiche riguardanti la valutazione equitativa del «danno alle persone». Emerge quindi la necessità di un esatto inquadramento del danno permanente alla persona nel «genus>> di intrinseca rilevanza ai fini della sua riparazione economica; e qualificare il danno in «specifico», «lavorativo generico», e «biologico» per la conseguente formulazione della valutazione in percentuale.

Si sono, infine, succeduti altri Relatori che hanno esposto le proprie esperienze di medici legali in relazione ai dati ISTAT sui morti e feriti per incidenti stradali, in vari periodi di tempo; altri argomenti trattati hanno riguardato l'idoneità alla guida degli autoveicoli, con coinvolgimento degli attuali «sistemi» di visita medica.

CORSO DI AGGIORNAMENTO

POST-UNIVERSITARIO SULLA CHIRURGIA

DELLE ERNIE DELLA

REGIONE INGU INALE

Amiens 1 7-19 marzo 1986

(Relazione del Dr. V. Manzullo dell'Istituto di Clinica Chirurgica 3a e di Chirurgia Plastica dell'Università di Milano •

Direttore: Prof. W. Montarsi)

Dal 17 al 19 marzo 1986, nel Nord della Francia, ad Amiens, presso la Clinica Chirurgica Universitaria diretta dal Prof. R. Stoppa, ho partecipato ad un Corso di aggiornamento post-universitario sulla chirurgia delle ernie della regione inguinale.

Questo breve soggiorno, pur dedicato in gran patte al Corso, tuttavia mi ha permesso di visitare questa splendida città, capoluogo della regione Picardia, ed in particolare la Cattedrale Notre Dame (1220-1280), espressione del più originale stile gotico, indimenticabile per l'omogeneità e la grazia della sua architettura.

Al corso di aggiornamento, organizzato e diretto in modo ineccepibile dal Prof. R. Stoppa, indiscusso esperto di altissimo livello internazionale sul trattamento delle ernie della regione inguinale, ho partecipato assieme ad altri 9 colleghi provenienti dal Portogallo, dalla Spagna, dalla Francia, dall'Africa Centrale e dal Libano, scelti tra un folto numero di richieste. Prima di procedere, desidero rivolgere un vivo ringraziamento al mio Direttore, Prof. Walter Montarsi, per avermi offerto la possibilità di essere incluso tra questi pochi fortunati invitati.

Il Corso è stato svo l to nel seguente modo: lezioni teoriche, dimostrazioni pratiche in sala operatoria, discussione sui casi osservati, videocassette che mostravano di nuovo le tecniche osservate in sala operatoria.

Vediamo ora nei particolari come il Corso è stato articolato.

Il Dr. C. Warlaumont ha trattato della anatomofisiologia della regione inguinale soffermandosi in particolare sull'innervazione della regione, sulla descrizione della fascia transversalis il cui ruolo è fondamentale, per alcuni, nella plastica erniaria e sullo spazio di Bogros che permette di accedere all'orifizio inguinale interno quando si adopera la via di accesso preperitoneale.

Il Prof. X. Ilenry ha illustrato tutti gli aspetti clinici delle ernie inguinali, dalle forme semplici a quelle complicate.

Il Dr. J.P. Plachot si è soffermato sui fili di sutura e sulle protesi utilizzate nella riparazione della parete addominale.

Dopo una completa esposizione sulle caratteristiche dei fili sintetici e naturali, riassorbibili e non, ha concluso che i fili sintetici in monofilamento di Polipropilene trovano indicazione nella maggior parte delle situazioni.

Sulle protesi, che possono essere permeabili o impermeabili, esiste accordo unanime da parte di tutti gl i Autori per escludere l'utilizzazione delle protesi impermeabili nel-

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la riparazione della parete addominale. È la protesi di Mersilene, ha concluso il Dr. J.P. Plachot, che presenta indiscutibilmente le caratteristiche migliori sia sul piano meccanico che biologico.

Il Dr. P. Verhaeghe ha illustrato, anche nei minimi particolari e con estrema chiarezza, l'intervento di Mac Vay.

Il Prof. R. Stoppa ci ha proposto 2 tecniche originali sulla riparazione delle ernie inguinali:

a) la tecnica dd doppiopetto retrofunicolare in anestesia locale;

b) la tecnica della protesi per via mediana sotto-ombelicale preperitoneale.

La tecnica del doppiopetto retrofunicolare, come ha affermato il Prof. Stoppa, si ispira in parte alla tecnica canadese dello Shouldice Hospital di Toronto, ma ne differisce essenzialmente per tre punti:

1) viene utilizzata una sola sutura continua, andata e ritorno, retrofunicolare;

2) il filo utilizzato è un monofilamento sintetico non riassorbibile;

3) la premedicazione e la quantità di anestesia locale sono assai ridotte.

Nella tecnica proposta dal Prof. Stoppa, come anestetico locale viene utilizzata la xilocaina con l' 1 % di adrenalina. Dapprima si pratica una iniezione tracciante di xilocaina pura (4-5cc) lungo il tratto di incisione cutanea previamento scelto. Il resto dell'anestesia viene realizzata con la xilocaina diluita al 50%. Nel corso dell'intervento, in totale vengono utilizzati dai 12 ai 16 cc. di xilocaina con adrenalina all'1%

Per la plastica dell'ernia inguinale viene realizzata una sutura retrofunicolare in continua, andata e ritorno, della fascia transversalis e degli elementi aponeurotici regionali mediante un mono filamento (Prole ne 2/0). Il primo piano consiste in una sutura continua che si inizia dal pube fino all ' orifizio inguinale profondo ed unisce il bordo superiore del lembo inferiòre alla faccia profonda del lembo superiore senza alcuna tensione.

A livello dell'orifizio inguinale profondo, occorre dislocare gli elementi del funicolo il piu all'esterno possibile e prendere allora il lembo cremasterico esterno, precedentemente isolato, che si avvolge attorno al funicolo. L'orifizio inguinale profondo dovrà essere ridotto allo stretto necessario. La seconda sutura in continua viene effettuata in ritorno, con lo stesso filo, in direzione del pube, in modo da unire il bordo inferiore del piano muscolo-fasciale alla benderella ilio-pubica di Thomson.

Una sutura continua prefunicolare con filo riassorbibile è infine realizzata sul grande obliquo dell'orifizio inguinale superficiale fino alla commissura esterna dell'incisione del grande obliquo.

Le indicazioni sono date da tutte quelle ernie inguinali a basso rischio di recidive e le ernie, a volte recidive, dei soggetti anziani.

Le controindicazioni sono, essenzialmente, quelle legate ali' anestesia locale e nei soggetti non collaboranti.

I vantaggi si possono riassumere nella diminuita durata dell'ospedalizzazione (3- 5 gg.) e nella ripresa rapida dell' attività professionale.

Il trattamento con protesi delle ernie inguinali realizzato attraverso l'accesso preperitoneale trova giustificazioni storiche, anato1niche e patologiche e, come ha sottolineato il Prof. Stoppa, se si utilizza la tecnica che da lui è stata messa a punto, si dispone di un'arma virtualmente assoluta contro la recidiva.

Questo metodo risulta dall'applicazione di tre importanti progressi della chirurgia erniaria:

1) la preminenza della riparazione della fascia transversalis, piano di resistenza alla pressione intraaddominale (Mac Vay, Fruchaud);

2) l'introduzione di protesi sintetiche adeguate (di cui quella di Dacron introdotta da Rives in Francia) per sostituire o rinforzare questa parte di fascia endoaddominale;

3) la possibilità di utilizzare la via preperitoneale per posizionare tra peritoneo e fascia transversalis una larga protesi endo-addominale non biodegradabile.

La via di accesso preperitoneale presenta un piano di clivaggio facile ed esangue, una chiara esposizione delle lesioni erniarie e dell'orifizio muscolo-pettineo, il che risulta assai vantaggioso soprattutto quando si interviene su delle ernie complesse e più ancora per un'ernia multirecidiva.

La via mediana preperitoneale può far pensare ad un certo rischio di laparocele mediano sottoombelicale: è a ciò che risponde l'impiego che il Prof. Stoppa fa di una larga protesi bilaterale che determina la chiusura dei due orifizi muscolo-pettinei e protegge anche la sutura della linea mediana.

L'intervento non è gravato da alcun rischio particolare: il timore di rischio settico può essere ridotto al minimo o anche eliminato con un estremo rigore tecnico. I risultati sono ottimi (circa 1% di recidiva su 1500 casi operati, di cui circa 90% sono stati controllati da 1 a 10 anni). È poco se si tiene conto che si trattava delle ernie piu difficili da riparare.

Sulle indicazioni alla protesi preperitoneale, il Prof. Stoppa, pur notando che è un problema difficile da trattare in breve tempo, ha affermato che le ernie esposte a recidivare dopo sutura (valutate secondo i tests di recidive) e le ernie inguino-crurali recidive, trovano attualmente le indicazioni maggiori.

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INCONTRO

«I TRAPIANTI D'ORGANO IN ITALIA: ATTUALITÀ E PROSPETTIVE»

Roma, Istituto di Medicina Sociale 24/4/1986

Relazione del Ten. Col. me. Claudio De Santis del Centro Studi e Ricerche della Sanità Militare - Esercito.

La situazione dei trapianti d'organo a scopo terapeutico nel nostro Paese è oggetto di particolari attenzioni per le sue complesse e molteplici problematiche di carattere giuridico, legislativo, sociale e morale connesse con le esigenze tecniche. Tali problematiche hanno assunto maggior rilievo dopo l'esecuzione di numerosi trapianti di cuore realizzati recentemente anche nei nostri centri di cardiochirurgia. Ne deriva la necessità che una materia cosl complessa trovi Ja regolamentazione più aderente alle attuali esigenze e piu vicina alle normative di legge dei paesi della CEE ed extra CEE che prima di noi hanno intrapreso la chirurgia dei trapianti, anche nella prospettiva dell'evoluzione e dei progressi scientifici e clinici in questo campo.

Questo, dunque, l'assunto dei promotori dell'incontro di studio del 24/4/1986. E l'incontro si è svolto puntualmente sull'impegnativo tema tracciato, arricchito dalla presenza del Ministro della Sanità on. Degan, che ne ha voluto opportunamente sotrolineare l'importanza e l'attualità.

Il prof. Lorio Reale, Presidente dell'Istituto di Medicina Sociale che ospitava i partecipanti all'incontro, ha introdotto autorevolmente i temi di discussione, quindi ha presieduto la riunione.

Mons. Fiorenzo Angelini ha portato il punto di vista della Chiesa sugli aspetti etici e teologici dei problemi emergenti da una parte in sede di dichiarazione di avvenuta morte, dall'altra in sede di consenso del donatore: punto di vista che si è rivelato aperto e conciliabile con le odierne tendenze scientifiche ed etico-sociali.

U Sen. prof. Mario Condorelli, che è fra gli estensori della <muova disciplina dei prelievi di parte di cadavere a scopo di trapianto terapeutico e norme sul prelievo dell'ipofisi da cadavere a scopo di produzione di estratti per uso terapeutico» - attualmente in lettura presso il secondo ramo del Parlamento-, ha parlato dettagliatamente dell'«iten> tecnico e ideologico della «nuova disciplina» già presentata e approvata al Senato.

Il prof. Carlo Casciani, Ordinario di Clinica e Terapia Chirurgica della IP Università di Roma, ha tracciato con mirabile chiarezza un quadro degli aspetti tecnico-scientifici del problema, sdrammatizzando poi con dati incontrovertibili il tema della difficoltà di accertamento del]' avvenuta morte.

II prof. Ferdinando Antoniotti, Ordinario di Medicina Legale e delle Assicurazioni all'Università «La Sapienza»Roma, ha brillantemente lumeggiato il punto di vista medicolegale - fondamentale ed indispensabile, dato l'argomento.

Questa è stata la svolta dell'incontro, dal versante stret242

tarnente medico a quello strettamente giuridico: hanno infatti poi parlato illustri giuristi, come il prof. Angelo Raffaele Latagliata, Ordinario di Diritto Penale alla «Sapienza», il Sen. Bompiani, Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato e l'On. Casalinuovo, Presidente dell a Commissione Igiene e Sanità della Camera dei Deputati Quest'ultimo si è riallacciato ai temi trattati da.U'On. prof. Condorelli, puntualizzando con una grande carica di umanità gli aspetti più delicati di certe scelte esistenziali con le quali la normativa in trattazione deve pur confrontarsi.

In conclusione, si è trattato di uno scambio di idee ad altissimo livello su di una tematica estremamente attuale , densa di emotività, ricca di ricadute nel sociale. Se ne esce indubbiamente arricchiti.

La normativa definitiva trarrà certamente grande vantaggio dagli elementi emersi in questo incontro.

CORSO DI AGGIORNAMENTO IN STOMATOTERAPIA

Milano, 17 maggio 1986

Organizzato dal Prof. W. Montarsi, Direttore della 3a Clinica Chirurgica dell'Università degli Studi di Milano, nel!'ambito dei Seminari della 1 a Scuola di Specializzazione in Chirurgia dell'Apparato Digerente ed Endoscopia Digestiva, si è svolto nell'aula del Padiglione Monteggia dell'Ospedale Policlinico di Milano.

li Corso di Aggiornamento si rivolge ai Chirurghi dell'apparato digerente, ai Medici di famiglia che si trovano ad affrontare i problemi posti loro dai pazienti stomizzati e che spesso risultano impreparati a risolvere, a] personale paramedico in generale ed in particolare a quello che svolge negli Ospedali o nei Centri di riabilitazione le funzioni di stomaterapia o enterostomista, (E.T secondo la definizione anglosassone), ed infine ai soggetti stomizzati.

Gli enterostomizzati, ileo - o colostornizzati, in Italia sono circa 30.000 ed annualmente circa 6.000 vengono dimessi dai reparti chirurgici. La costante attualità di un tale problema, purtroppo spesso trascurato, spiega l'esigenza di un costante aggiornamento nelJa riabilitazione dei soggetti stomizzati, allo scopo di migliorare la qualità della loro vita.

PROGRAMMA

Tavola rotonda: «La riabilitazione dello stomizzato: modelli organizzativi ed assistenziali>>

Moderatori: P. Pietri (Milano) - P. Pietrojusti (Milano)

Relatori: G. C. Canese (La Spezia) - A. Guidi (Perugia) - M. Riatti (Milano) - M. Rubbini (Ferrara) - R. Zanolla (Milano)

Lettura: «La stomaterapia nelle fistole enterocutanee» - S.B. Do/,di (Milano)

Tavola rotonda: «L'approccio psicologico allo stomizzato»

Moderatore: C.L. Cazzullo (Milano)

Relatore : C. Bertuzzi (Milano) - A.M. Comaui (Milano)G.G. Delaini (Verona) - C. Rebuffat (Milano)

Lettura: «Il follow-up endoscopico dello stomizzato» - P. Spinelli (Milano)

Tavola rotonda: «Complicanze stoma/i: prevenzione e trattamento»

Moderatore: P. Pietri (Milano)

Relatori: G. Drudi (Cesena) - F. Gabrielli (Trieste) - F. La Torre (Roma) - G. Miche/etto (Milano) - O. Terranova (Padova)

Al Prof Montorsi il merito di aver organizzato un Corso di aggiornamento cosl ricco di argomenti e di spunti di dibattito e di essere riuscito a riunire intorno allo stesso tavolo medici ed enterostomisti a discutere di stomaterapia, cioè di riabilitazione, cioè di come migliorare la qualità di vita degli stomizzàti.

II° CORSO DI FORMAZIONE PER MEDICI

ED OPERATORI SANITARI:

«L'ASSISTENZA ALLA GESTANTE

FARMACODIPENDENTE

ED AL SUO BAMBINO»

Università Cattolica S. Cuore - Roma

4 - 7 Giugno 1986

Il Corso è stato promosso dal Ministero della Sanità, Direzione Generale dei Servizi di Medicina Sociale, in collaborazione con la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università Cattolica del S. Cuore e con il patrocinio del Consiglio Nazionale delle Ricerche - Progetto Finalizzato «Medicina Preventiva)>, Sottoprogetto «Tossicodipendenze».

Gli obiettivi del corso sono:

- fornire un orientamento pratico per la gestione della gravidanza e dello sviluppo fetale in condizioni di farmacodipendenza;

- creare all'interno dei Servizi assistenziali interessati al problema un nucleo interdisciplinare di esperti che sia referente per l'assistenza alla madre ed al bambino e per le informazioni utili alla sorveglianza epidemiologica della farmacodipe ndenza in gravidanza;

- diffondere le esperienze di operatori nelle diverse realtà assistenziali del territorio perchè ne derivino suggerimenti per una organizzazione dei Servizi idonea alla situazione.

Il corso si è effettuato in due fasi :

1 a Fase - Informazione teorico-pratica: sono stati affrontati in chiave interdisciplinare tutti gli aspetti del problema; 2a Fase - Supervisione a distanza di alcuni mesi per verificare le esperienze acquisite dai partecipanti nei loro luoghi di lavoro.

PROGRAMMA

4 Giugno (Auditorium della Facoltà)

Inaugurazione del Corso: saluto delle Autorità; Introduzione al Corso · Vetere C.;

«Sistemi oppioidi e funzioni organiche» - Preziosi P. «Gli aspetti psicologici della gravida farmacodipendente»Ancona L., Tempesta E.. ·

5 Giugno (Aula Brasca, Policlinico Gemelli)

«Riproduzione e Farmacodipendenza» - Genazzani A., Volpe A.;

«Sviluppo fetale e Farmacodipendenza» - Mancuso S.;

«Alcool e gravidanza» - Pro;a M.;

«La gestione della gravidanza nella farmacodipendente» - Bellati U., Rosati P.;

«La sindrome di Astinenza Neonatale» - Fabris G.;

«La patologia perinatale nel bambino nato da madre farmacodipendente» - Segni G.;

«Il follow-up neurologico del bambino nato da madre farmacodipendente» - Cavazzuti G.B ..

6 Giugno (Aula Brasca, Policlinico Gemelli)

«Aspetti infettivologici della gravida farmacodipendente e del suo bambino» - Ortona L.;

«Lo sviluppo del bambino nato da madre farmacodipendente» - Fundarò C.;

«Aspetti neurofisiologici della crisi d'astinenza e delle prime fasi di sviluppo del bambino nato da madre farmacodipendente» - Torrioli M.G.;

«La psicoprofilassi al parto» - Piscicelli U

7 Giugno (Aula Brasca, Policlinico Gemelli)

«Aspetti medico-legali» - Fiori A.;

«Aspetti giuridici e tutela del minore» - Dosi G.;

«La risposta sociale e l 'organizzazione dei servizi» - Vetere, C., Torri V. .

Seminari ed esercitazioni pratiche:

- «La gestione della farmacodipendente in gravidanza» - Conte G.L., Di Giannantonio M., Janiri L., Chiarotti M.;

- «I problemi ostetrici della gravida farmacodipendente»Noia G., Rosati P.;

- «I problemi perinatali e pediatrici del bambino» - Salvaggio E., Falasconi A.M.;

- «I problemi neurologici» - Ste/anini M.C.;

- «Aspetti legislativi» - Filibeck U., Auriti C..

Conclusione dei lavori

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CORSO DI PERFEZIONAMENTO POST-LAUREA 1987

IN CITOPATOLOGIA DIAGNOSTICA PER PATOLOGI

La Scuola di Medicina UniversitàJohns Hopkins indice il 28 ° Corso Annuale di Perfezionamento post-laurea per Patologi in Citopatologia Clinica .

Il corso è concepito come un internato di Subspecialità in Citopatologia Clinica, quindi molto concentrato per gli impegnati Patologi nelle 152 ore concesse per la ra categoria dall'American Medicai Association in due corsi, che devono essere seguiti entrambi:

- «Corso A» di studio al proprio domicilio, Febbraio

- Aprile 1987: si effettua fornendo ai partecipanti materiale dj lettura e di studio microscopico presso i laboratori propri, in preparazione del corso B;

- «Corso B» dal 27 Aprile all'8 maggio 1987, con internato, svolto mediante una serie molto concentrata di lezioni, studi intensivi di laboratorio ed esperienza clinica essenziale presso gli Istituti Medici Johns Hopkins di Baltimora, MD, U.S.A .

L'insieme dei due corsi è riservato ai patologi in po ssesso del certificato (o qualificati per gli esami di certificazione) dell' «American Board of Pathology» o titolo di studio internazionale equivalente.

Verrà praticata una revisione intensiva di tutti gli aspetti della Citopatologia clinica. Verranno anche esaminati gli sviluppi e le tecniche più nuove, problemi

speciali ed applicazioni recenti comprese l'immunodia gnosi e l'ago-aspirazione. Gli argomenti vengono affrontati in lezioni, esplorati in riunioni informali ristrett e e discussi al microscopio con la Facoltà. Sarà messo a disposizione abbondante materiale per auto-istruzione per armonizzare al massimo l'apprendimento con il ritmo individuale dei partecipanti.

Il ~orso di perfezionamento comincia a Febbrai o 1987. Il Corso A deve essere completato con successo prima di iniziare il corso B il 27 Aprile a Baltimora. L'insieme delle diapositive e dei testi (corso A) verrà inviato in prestito ai partecipanti residenti negli U.S .A . e in Canada per lo studio a domicilio da Febbraio a tutto Aprile. I partecipanti che non risiedono nè negli USA nè in Canada dovranno stabilire prima accordi speciali per completare lo studio del Corso A prima dell'inizi o del B.

Si consiglia di inoltrare la domanda e di completare la preregistrazione al più presto possibile per assicurarsi la partecipazione. La preregistrazione, comunque, dovrà essere completata entro e non oltre il 27 Marzo 1987 , salvo speciali accordi. Il corso sarà svolto esclu sivamente in Inglese.

Per informazioni di dettaglio scrivere a : John K. Frost, M.D., 604 Pathology Building, The Johns Hopkins Hospital, Baltimore, MD 21205, U.S.A.

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DELLA SANITÀ MILITARE ITALIANA

Fin dal 1958 è stata riconosciuta la personalità giuridica dell'Associazione Nazionale della Sanità Militare Italiana.

Essa è destinata a raccogliere, con vincoli di fraternità, in una grande famiglia, Ufficiali Medici e ChimicoFarmacisti, Sottufficiali e Truppa delle Sanità Militari dell'Esecito, della Marina e dell'Aereonautica, sia delle categorie in congedo che in attività di servizio Possono esser soci tutti coloro che abbiano appartenuto od appartengano ad una delle tre Sanità Militari.

L'Associazione vanta in pace ed in guerra una delle più nobili tradizioni ed è depositaria di un luminoso patrimonio di valore e di sacrificio, di cui sono gloriosa testimonianza 29 Medaglie d'Oro e centinaia d'Argento e di Bronzo.

Gli scopi associativi precipui d'ordine spirituale, morale e professionale, sono:

- tener vivo fra i soci l'ideale e l'amor di Patria;

- custodire ed esaltare il culto e le memorie delle nobili tradizioni della Sanità Militare;

- vivificare lo spirito di Corpo, promuovere e cementare i vincoli di solidarietà e cameratismo fra tutti i soci;

- curare la collaborazione e tendere all'aggiornamento professionale fra i soci in servizio ed in congedo, con possibili estensioni anche alle Sanità Militari di altri Paesi;

- mettere a disposizione, in caso di calamità e disastri di qualsiasi natura, la propria opera e la propria esperienza, in concorso con gli organismi a ciò preposti.

Attualmente l'Associazione è composta da: - Presidenza Nazionale con sede a Roma - Via S. Stefano Rotondo 4;

- n. 12 Delegazioni Regionali ;

- Il. 52 Sezioni Provinciali e n. 2 Sottosezioni.

I Soci sono: Ordinari, Sostenitori, Vitalizi, Collettivi, Benemeriti, Onorari, Aggregati o Simpatizzanti.

Ci si iscrive recandosi alle sedi delle Sezioni Provinciali A .N .S.M.I.

Elenco sedi

ANCONA - Dr. Pino Baroni - Via della Pergola, 17

AOSTA - Dr. Vincenzo Caramagna - Via Festaz, 55

AREZZO - Dr. Donato Abbate - Via G. Monaco, 80

BARI - Ten. Col. me. Paolo Restuccia - c/o Ospedale Militare

BENEVENTO - Prof. Michele Mele - Via G. De Vita, 23

BERGAMO - Dr. Cesare Greppi - Via G. D'Alzano, 6

BOLOGNA - Ten. Col. me. Mario Pirretti - Via Castelfidardo, 11 (Casa del Soldato)

BRINDISI - Prof. Livio Bonoli - Via Bari, 41

CAGLIARI - Dr. Gianni Lostia di S. Sofia - P.za Yenne, 20

CATANZARO - Dr . Mariano Massara - Via Cardatori, 1

CHIETI - Dr. Salvatore Buscaino - V.le Europa, 63

COSENZA - Dr. Vincenzo Zottola - P.za B. Zumbrini, 13

CUNEO - Dr. Ignazio Conti • Corso Emanuele III, 56

FERRARA - Dr. Guglielmo Roversi - Via XX Settembre, 56

FIRENZE - Prof. Mario Pulcinelli - Via Jacopo da Diacceto, 3/B

FORLÌ - Dr. Giorgio Matassoni - Miramare di Rimini

GENOVA - Dr. Manlio Manica - Via Prasca, 11/3

GORIZIA - Sig. Giuseppe MiHitari - Via A. Ristori, 46

GROSSETO - Dr. Sergio De Santis - Via Ticino, 20

LA SPEZIA - Dr. Silvio Zappalà - Corso Nazionale, 342

LUCCA - Dr. Tullio Chiecchia - Borgo Giannotti , 169

MESSINA - Prof. Salvatore Barberi - Via Brasile, 5

MILANO - Dr. Giuseppe Bossi - Corso Sempione, 77

NAPOLI - Dr. Mario Gaudiosi - Via Foria, 266

PALERMO - Dr. Francesco Cascioferro - Via Santuario di Cruillas, 9

PERUGIA - Ten.me. Michele Provvidenza - c/o Ospedale

Militare

PISTOIA - Dr. Cesare Santoro - V.le Gramsci, 7

PORDENONE - Dr. Salvatore Giunta - Viale Marconi, 39

RAVENNA - Dr Pietro Conte Pasolini dell'Onda - Via Baccarini, 86

REGGIO CALABRIA - Dr. Mario Falcomatà - Via N. Bixio, 1

ROMA - Via Annia, 13

SALERNO - Comm. Attilio Grosso - Lungomare C. Colombo, 21

SAVONA - Dr. Antonio Reforzo - Via Paleocapa, 23/A

TARANTO - Dr. Nino Nardelli - Via Duca degli Abruzzi, 27

TERNI - Dr. Mauro De Angelis - Via dell'Usignolo, 2

TORINO - Piazzetta Accademia Militare, 10/24

TREVISO - Gen. M.O. Reginato - Via Cà S. Zenobio, 28 - Santabona (TV)

TRIESTE - Via XXIV Maggio, 4 (Casa del Combattente)

UDINE - c/o Ospedale Militare - Via Pracchiuso, 16

VENEZIA-MESTRE - Dr. Renato Scarpa - Via Milano, 11/34

VERCELLI - Corso Magenta, 1 (c/o Ordine dei Medici)

VERONA - Col. me. Mario Core.ioni - c/o Ospedale Militare

VICENZA - Dr. Ernesto Gallo - Str.lla SS. Apostoli, 10

VITERBO - Dr. Alberto Brutti - Via S. Anna, 16 - Bagnaia

NOTIZIE MILITARI
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Per qualsiasi informazione rivolgersi alla Presidenza Nazionale A.N.S.M.I. - Via S. Stefano Rotondo, 4 - Roma · Tel. 06.733302.

Le quote di iscrizione sono:

- UFF/LI GENERALI: Ord. 20.000 - Sosten. 100.000 - Vitalizi 300.000

- UFF/LI SUP. INF.: Ord. 15.000 - Sosten. 70.000 - Vitalizi 200.000

- SOTTUFFICIALI: Ord. 10.000 - Sosten. 50.000 - Vitalizi 150 .000

- GRAD. e TRUPPA: Ord. 5.000 - Sosten. 30.000 - Vitalizi 100.000

- AGGREGATI: L. 10.000 - COLLETTIVI L. 100.000

- TASSA ISCRIZIONE UNICA PER NUOVI SOCI L. 3.000.

NOTIZIARIO DI ONORCADUTI

Il Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra ha promosso, recentememe, la pubblicazione di un «Notiziario» con lo scopo di far conoscere la propria attività.

Questa, nelle sue linee principali, si concretizza nella cura dei Sepolcri di guerra, in Italia ed all'estero, nella conservazione delle zone monumentali, nella raccolta di documentazione e cimeli, nell'organizzazione di visite e nell'assistenza religiosa ai Sepolcri di guerra.

Ma un indirizzo fondamentale è quello diretto a fornire ad Emi, Associazioni, privati, ed in particolar modo ai familiari dei Caduti, tutti i dati relativi alle sepolture.

U «No tiziario» viene inviato gratuitamente e può essere richiesto a: Ministero de!Ja Difesa - Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra - Piazzale Don Luigi Sturzo, 23 - 00144 Roma.

L'Associazione, ollre ad essere inter-Forze, ha pure attività interna zionale, poichè la Presidenza ha la delega , in Italia, della C.I.O.M.R. (Confédération Interalliée des Officiers Médicaux de Reserve) la cui sede è a Bruxelles.

Ogni anno detta Confederazione, unitamente alla C.I.O.R. (Confédération lnteralliée des Officiers de Reserve) rappresentata in Italia dall'U.N.U.C.I.) fa congressi scientifico-militari a turno nelle varie Nazioni aderenti alla NATO.

Il XXXVIII Congresso C.I.O.M.R. si è svolto a Rom 1 nel 1984; il XXXIX si è tenuto ad Atene nel periodo 2-'J agosto 1986.

CAMBIO DI CONSEGNE

Ospedal e Militare • B o l ogna

Il 31 agosto 1986 il Colonnello Medico Roberto Petronelli ha lasciato la carica di Direttore dell'Ospedale Milita re di Bologna, assegnato alla Direzione di Sanità di Firenze , pur continuando ad assolvere l'incarico di consulente cardiologo presso lo stesso Ospedale.

Gli è subentrato il Colonnello Medico Enrico Caruso , già Capo Reparto Chirurgia ed Ortopedia.

Il nuovo Direttore ha brillantemente assolto i compiti di Capo équipe chirurgica dell'Ospedale Militare da campo italiano, impiegato a Beirut con la Forza Multinazionale delle Nazioni Unite, in due distinte missioni dal 12 ottobre al 12 dicembre 1982 e dal 25 novembre 1983 al 26 febbraio 1984 .

LA PENNA A ZONZO

LUNGHE DEGENZE

Odore di minestra calda e odore di orina.

Si alternano desolatamente.

Tristezza consistente, quasi materializzata, tapezza le mura, si deposita sui quadri, sugli stipiti delle porte, sui tavoli spogli.

I protagonisti giacciono nei loro letti biancastri, i più fortunati vi brancolano intorno, pieni di piccoli interessi che durano minuti.

Non nego che qualcuno dia loro un po' d'amore, fra tanta gente che s'affaccenda intorno a quei letti: ma l'amore non basta, immedesimarsi non basta, non è realistico, non

è mai «esser loro». Vivere la loro esperienza dal didentro è cosa esclusivamente e disperatamente loro, è l'unico vero patrimonio che ad essi rimane.

Par di rivedere la dolente sch iera di sofferenti che seguiva con rutti i mezzi Cristo in attesa del miracolo: ma senza miracolo e senza Cristo. Perch é quello affisso al muro è una consuetudine, come la preghiera biascicata: cioè l'approccio ritualizzato, abitudinario, al Dio dei nostri padri e dei nostri nonni. Invero non è facile immaginare un qualsiasi diverso approccio al divino da parte di questi degenti.

Non credo vi sia altro luogo in cui la Fortuna e la Morte vadano a braccetto, sl da avvicinarsi insieme.

G. DE SANTIS

246

TRISTIA

Ten . Gen . me. Dr. Clemente MUSILLI

L' 11 marzo 1986 è deceduto in una clinica romana il Tenente Generale Medico Dr. Clemente Musilli.

Nato a Roma l' 11 agosto 1911 , a Roma Clemente Musilli aveva seguito tutti i suoi studi liceali ed universitari e qui si era brillantemente laureato in Medicina e Chirurgia nd luglio del 1935.

co - sicuramente il migliore fra quelli di tutti i nostri ospedali militari - oltre che di tutte le strutture accessorie, quali , fra le altre, la sezione fisioterapica.

Con la promozione a Colonnello, Egli dovette lasciare il reparto, ormai sua creatura amatissima , per assumere la direzione dell'Ospedale Militare Specializzato di Anzio, che tenne per quasi tre anni, dimostrando, anche qui, grande capacità organizzativa e direttiva, migliorando notevolmente non solo le strutture di quell'importante stabilimento sanitario, ma anche il suo funzionamento, per quanto attiene alla diagnostica, alla terapia ed all'assistenza dei malati di forme tubercolari.

Il 1°/3/1965, il Colonnello Medico Musilli fu chiamato a dirigere il Centro Studi e Ricerche della Sanità Militare. Durante tale direzione, che Egli tenne per ben 10 anni fino a tutto il 1975, consegul le due promozioni, a Maggior Generale (1967) ed a Tenente Generale Medico (1974); anche in tale incarico il Generale Musilli dette prova di alta capacità organizzativa, sorretta da qudl'entusiasmo che sempre Egli poneva nel suo lavoro

Allievo Ufficiale Medico subito dopo la laurea, era stato promosso Sottotenente di complemento l' 1/12/1936. Vincitore di concorso nazionale, era passato in servizio attivo col grado di Tenente Medico I' 1/7/1937 e , dopo il corso di applicazione presso la Scuola di Sanità Militare di Firenze, aveva iniziato la sua carriera, che sarebbe stata brillante, attraverso il servizio ai Corpi , dapprima , e quindi presso gli Ospedali Militari.

Capitano Medico I' 1/1/1942, lo troviamo, in guerra , direttore del 92° Ospedale da Campo della 228° Divisione, dal luglio 1944 a metà del 1945. Finita la guerra - quattro furono le campagne riconosciutegli, dal 1944 al 1945 - venne destinato all'Ospedale Militare Principale di Roma e quivi trascorse gran parte della sua carriera, fino alla promozione a Colonnello.

Assistente dapprima al Reparto Chirurgia fino a tutto il 1948, con la promozione a Maggiore lo troviamo assistente militare presso la Clinica Chirurgica ddl'Università di Roma, per quei due anni di assistentato militare, durante i quali poté completare ed affinare la sua preparazione nel campo della chirurgia generale, conseguendo la relativa specializzazione nel 1950. Durante tale periodo universitario, Egli coltivò particolarmente la traumatologia e l'ortopedia, discipline alle quali in seguito si dedicò completamente, raggiungendo quel livdlo scientifico e di capacità operatoria, che gli valse, dopo un breve periodo di assistentato, la direzione del Reparto Traumatologico dell'Ospedale del Celio, che tenne ininterrottamente per ben 12 anni, fino all'ottobre del 1962.

In tale lungo periodo - duran t e il quale conseguì due promozioni a Tenente Colonnello (1955) ed a Colonnello Medico (1961) - C lemente Musilli si rivelò anzitutto un organi zzatore di primo piano; a Lui si deve, infatti, se il Celio riuscì a dotarsi, in quell'epoca , di un reparto traumatologi-

Colpito dai limiti di età, il Tenente Generale Medico Musilli lasciava il servizio attivo l' 11 agosto del 1976.

Di Musilli chirurgo e traumatologo diremo che fu diagnosta capace ed avveduto, operatore abile , di rara intuizione e di rapida, ma non per questo meno accurata, esecuzione; che riscosse , fra i suoi collaboratori, la più ampia stima ed ammirazione e, fra i suoi pazienti, la più grande fiducia oltre a quella riconoscenza che i suoi operati, anche a dis tanza di anni , sempre gli dimostrarono , in molti casi anche con una amicizia affettuosa e devota. Uomo d i fine intelligenza, di cultura meditata e squisita, di ottima preparazione professionale, sofferta attraverso studi seri e coscienziosi che ne fecero quel traumatologo e quell'ortopedico da tutti apprezzato, Clemente Musilli seppe così imporsi all'attenzione delle sfere direttive del Corpo, che a1 suo apprezzato parere si rivolgevano sempre per quanto, nell'organizzazione, attineva alla sua specialità.

Tre croci di guerra al merito, quattro encomi, la medaglia d'oro al merito della Sanità Pubblica, sono il riconoscimento dei suoi meriti di medico e di soldato.

Di Musilli uomo ricorderemo la sua umanità, la gentilezza d'animo , la generosità, il garbo , la signorilità, che sempre informarono le sue relazioni con i suoi simili; di animo mite, infinitamente buono , godeva di amicizie numerose e devote. La morte della Moglie, amatissima, mancata molti anni fa, lo aveva lasciato solo, i n una dolorosa solitudine sopportata con silenziosa dignità, in una acuta, struggente nostalgia della Sposa scomparsa.

Chi scrive Io ebbe amico e gli fu amico affezionato e fraterno. Gli sia consentito di esprimere attraverso queste righe - con quello di quanti lo conobbero, lo amarono, lo ammirarono - il suo personale, profondo rimpianto.

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Il 16/8/1985, sopraffatto da una malattia che da lungo tempo lo aveva colpito e minato ma alla quale Egli non si era mai voluto arrendere, è deceduto a Marina di Cerveteri il Generale Medico Umberto Aliberti.

lo credo che pochi abbiano avuto la possibilità di conoscerlo da così lungo tempo come me:

Lo conobbi infatti nel 1945, quando, ammesso a frequentare quale allievo interno l' I stituto di Patologia Chirur gica dell'Università di Roma, lo trovai «interno» già esperto e laureando, essendo piu anziano di me soltanto di poco meno di due anni. Mi colpì subito la grande cultura e la serietà professionale con cui si preparava ed affrontava i var i e<l innumerevoli problemi dello scibile medico; sin da allora, però, la Sua predilezione era per il laboratorio: fu Lui perciò che, generoso di ammaestramenti e di consigli, mi insegnò i segre t i per l'esecuz ione e l'interpretazione dei vari esami di laboratorio; l' ami c izia fu così fra noi un sentimento sincero e spontaneo che continuò poi sempre a caratterizzare i nostri rapporti.

Apparcenenre per nascita alla grande famiglia militare (il padre Alberto raggiunse infatti il grado di Generale di Corpo di Armata e comandava la Regione Militare N.E. all'atto della morte nel 1958), Umberto fu Ufficiale Medico per predilezione e pe r libera scelta e non per ripiego. La Sua

intelligenza, versatilità e preparazione Lo avrebbero port :1 to, infatti, ad eccellere nel settore della ricerca anche in am biente universitario, ma Egli volle intraprendere, in un Jll riodo in cui il pessimismo dell'immediato <lopo guerra ave va creato u n a profonda crisi nei quadri del Corpo Sanitario la carriera militare nell'Esercito.

Nato a Genova il 3 gennaio 1923, si era laureato in Medicina e Chirurgia il 14/7/1945. Negli anni immediatamente successivi alla laurea prestò servizio in AereonauLica quale S.Ten. Medico di Complemento (48-53) e nello stesso tempo si specializzò in Clinica delle Malattie Tropicali e Subtropicali (Università di Roma 1949). Nel 1953, a seguito di concorso, fu nominato Tcn. Medico in S.p.e. nell'Eserci to Prestò servizio come Dirigente il Servizio Sanitario alla Srnola di Artiglieria di Bracciano. Nominato Capitano nel 1957. prestò servizio per molti anni quale Capo Sezione Biologica e Fisiopatologica presso il Laboratorio Difesa ABC di Roma; in questo incarico potè mettere a fruno egregiamente la Sua grande preparazione scientifica e si può ben dire che, nel Laboratorio D i fesa, ne i mpostò ed organizzò per pri,ro la branca medica e bio logica, lasc i ando così ai Suoi succcs sori l'agevole compito della continuazione. L'altro incan co dove poterono evidenziarsi le Sue doti di organizzatore, il Suo spirito di sacrificio e la Sua grane.le passione per il laboratorio fu quello di Dirigente il Laboratorio del Collegio Medico Legale, Ja lui impiantato ex novo nei gradi da Maggiore ( 1.96 3) e da Tenente Colonnello (1966) e fatto funzionare egregiamente in precar ie condiz ioni a causa dei locali improvvisati assegnatigli, nel seminterrato d i Villa Fonseca.

Nominato Colonnello all'inizio del 1976, mi succedette nell'incarico di Capo della 2" Divisione e Capo Sezione

NaLo della Direzione Generale della Sanità Militare all'iniz io del 1977. A D i fesan continuò a prestare servizio, ormai sempre piu minato nel la sa lu te, fino a un anno prima della morte, cioè fino al 3/1/1984.

Nell'associarmi al cordoglio della signora Gab r iela Rinalduzzi, sposata il 29/8/1955, e del figlio Alberto, nato il 1°/7/ 1956, saluto in Lui, a nome del Giornale di Med icina Militare e di tutti i colleghi del Corpo Sani mio dell'Esercito, un grande amico e<l un valoroso Ufficiale Medico.

D.M. Monaco

I inito di srnmpure il 4 dicembre 1986

Direttore responsabile: Tcn. Gen mc. Oort GuIDO Cucc1r-.tEU.O

Redattore capo: Magg. Gen . mc. Dote. Dot-1EN1co MA1uo MONACO

Redai/ore: Ten. Col. me. Dott. CLAUDIO Dr SANTIS

Autorizzazione del Tribunale di Roma a l n. 11.687 del Registro

Stabilimento Tipolìtografico Agnesott i - Roma 1986

M agg. Gen.me Dr.
Umberto ALIBERTI
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GIORNALE DI

IL 153° ANNUALE

DELLA FONDAZIONE DEL CORPO SANITARIO MILITARE

In occasione del 153 ° Annuale della fondazione del Corpo Sanitario Militare, il Ministro della Difesa, Senatore Giovanni Spadolini, ha inviato al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Generale C.A. Luigi Poli, il seguente messaggio:

Oggi il Corpo della Sanità Militare celebra il 153 ° Anniversario della sua costituzione. In questo arco di tempo, sia in pace, sia in guerra, ovunque si dovette opera1·e con generoso e fraterno sentimento di Solidarietà Umana, il Corpo della Sanità ha offerto il contributo essenziale della sua provvida opera.

Mi è particolarmente gradito in questa circostanza rivolgere agli ufficiali, ai sottufficiali ed agli aiutanti di Sanità del Glorioso Corpo il mio cordiale beneagurante saluto unitamente a quello delle Forze Armate Spadolini Ministro Difesa

L'ORDINE DEL GIORNO DEL CAPO DI SM DELL 'ESERCITO GENERALE LUIGI POLI

Da 153 anni, con alto spirito di sacrificio, vivo senso di solidarietà e valore professionale, il Corpo di Sanità opera per la Patria e per l'Esercito.

In questo lungo arco di tempo, in pace e in guerra, il Corpo ba assolto i compiti istituzionali con fervido impegno, condividendo la storia delle Armi combattenti e prodigandosi instancabilmente nell'arrecare il proprio indispensabile aiuto alle popolazioni colpite da calamità naturali.

Le numerose ricompense alla Bandiera sono eloquente testimonianza di un contributo costante e prezioso, reso

oggi ancor piu incisivo dalla continua crescita della professionalità dei Quadri e proiettato, in futuro, verso i nuovi traguardi di efficienza che la organizzazione sanitaria dell'Esercito si è prefissa nel quadro dell'attuale processo di riordinamento della Forza Armata.

In occasione della celebrazione dell'anniversario della costituzione, g iunga a tutti i componenti del Corpo di Sanità il piu fervido voto augurale dell'Esercito e mio personale.

Il Capo di SM. dell'Esercito

LUIGI POLI

L 'ORDINE DEL GIORNO DEL CAPO DEL CORPO DI SANITÀ DELL'ESERCITO GENERALE GUIDO CUCCINIELLO

UFFICIALI, SOTTUFFICIALI, ACCADEMISTI, ALLIEVI e SOLDATI DI SANITÀ

L'odierna celebrazione del 153° anniversario della fondazione della Sanità Militare cade in un momento particolarmente significativo della storia del nostrQ Corpo; stanno infatti concretamente avviandosi iniziative

che imprimeranno una svolta incisiva alla nostra Istituzione. Quella parte della rete ospedaliera militare ormai vetusta nelle strutture e scarsamente adeguata alle funzioni sarà oggetto di un profondo rinnovamento per

S.l'vi r . - R ! MILI A , ,-.~ ANNO 136° - FASCICOLO 4-5
P , ~t; 71.UGLIO-OTTOBRE 1986
MED(l: 1 lNA MILITARE
249

cui, insieme ad una piu agile e razionale ridistribuzione dei compici medico-legali e di cura, si conseguirà il potenziamento delle capacità di diagnosi, la realizzazione di un trattamento assistenziale-terapeutico piu al passo con i tempi, lo snellimento delle attività selettive.

A questo programma di radicale moderna trasformazione fa da positivo riscontro l'aumentato numero di convenzioni tra ospedali militari e i piu prestigiosi atenei, chiaro indizio che l'auspicata integrazi one tra Sanità Militare e le Università degli Studi è diventata una realtà pienamente operante. Se infine si aggiunge che la corrente di vocazione sta saturando l'organico degli Ufficiali medici del servizio permanente, ritengo che si possano nutrire legittime speranze per un non lontano, sostanziale salto di qualità del nostro Servizio.

Non è tuttavia da illudersi che il cammino intrapreso sia facile e piano: numerosi sono ancora i problemi ÙTisolti, da quello dei paramedici all'adeguamento del numero degli specialisti, dall'aggiornamento professionale alla rifondazione dell'attività scientifica, per cui ho il dovere cli sottolineare che il raggiungimento delle mete prefissate potrà avvenire solo se entusiasmo, tenace volontà cli fare, monolitica solidarietà corporativa animeranno il pensiero e l'opera di noi cutti.

Nella attuazione di questi indirizzi di politica sanitaria, attraverso la quale si incomincia a delineare il volto piu moderno della Sanità Militare, sappiamo cli non essere soli; il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, che è stato ed è il perno propulsore della nuova strategia, non ha mancato occasi one per incoraggiarci e per atti-

vare tutti i necessari strumenti operativi. Segno questo dei tempi nuovi in cui un 'amalgama diversa lega gli uomini della Forza Armata.

Mi sia consentito, in questo momento , di rivolgere un pensiero memore ai nostri caduti e di ricordare tutti coloro, vivi e morti, che ci hanno preceduti nel quotidiano impegno di lavoro.

Un cordialissimo, affettuoso saluto mi è caro inviare alle giovanissime leve del servizio permanente e con esso un monito severo: voi che raccoglierete i frutti delle nostre e delle vostre fatiche siate, more maiorem, saggi custodi e convinti assertori delle doti di disciplina , preparazione e maturità che fanno del medico militare, oltre che stimato ufficiale, professionista preclaro e generoso.

A tutti coloro che operano nella nostra organizzazione, agli Ufficiali, Sottufficiali e Soldati di Sanità , al Personale Religioso e Civile, alle Sorelle volontarie della CRI, un sincero fervido augurio e un forte invito: negli Ospedali Militari, nelle Infermerie, nelle Scuole di formazione dei nostri operatori sanitari e ovunque sia operante la fiaccola della carità della nostra Istituzione, si rinnovi solennemente in questa fausta ricorrenza l'impegno di dedizione alla Patria.

Roma, 4 giugno 1986.

Il Capo del Corpo (Ten. Gen. me. GUIDO CUCCINIELLOJ

250

L'ARTICOLO DEL MAESTRO

il Prof. Giuseppe Maschio si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Padova nel 1959. Dopo alcuni anni di esperienza di Medicina Interna e di Cardiologia presso la Clinica Medica dell'Università di Padova, diretta dal Prof Dalla Volta, ha iniziato 0 /a sua attività di nefrologo sotto la guida prestigiosa del Prof. Fiaschi nell' Istituto di Patologia Medica della stessa Università. Nel 1971 ha iniziato l'attività ufficiale di insegnamento quale Incaricato di Nefrologia Medica nella sede di Verona dell'Università di Padova. Nel 1975 gli è stata affidata la direzione universitaria della Divisione di Nefrologia degli Istituti Ospita/ieri di Verona. Nel 1980 è diventato Professore Straordinario di Nefrologia Medica dell'Università di Padova. Attualmente è Ordinario di Nefrologia Medica presso l'Università di Verona e Direttore dell'Istituto dì Semeiotica e Nefrologia Medica della stessa Università.

Il Prof. Maschio ha fatto parte ripetutamente del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Nefrologia ed è socio delle più importanti Società internazionali di Nefrologia. È autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche, in gran parte apparse su riviste a diffusione internazionale .

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA - FACOLTÀ MEDICINA

CATTEDRA E DIVISIONE DI NEFROLOGIA MEDICA

Direttore: Pro f. G MASCHIO

ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE RENALE NEI SOGGETTI ANZIANI

Prof. G. Masc hio

11 rene dell'anziano va incontro a progressive alterazioni anatomiche che conducono alla riduzione del volume e del peso dell'organo. Le lesioni iniziano con un aumento del mesangio glomerulare, che progressivamente porta alla sclerojalinosi di un numero crescente di glomeruli , c on assottigliamento prevalente dello spessore della corticale. Nei restanti glomeruli le membrane basali dei tubuli appaiono ispessite, con atrofia di parte delle cellule; nei tubuli distali poss ono comparire diverticoli che potrebbero determinare successivamente lo sviluppo di cisti semplici, di frequente riscontro negli anziani; infine ,

anche le arterie e le arteriole presentano una progressiva ialinizza zione della parete (1 )

Questi danni morfologici si traducono in alterazioni biochimiche cellulari e quindi in un deficit di rutti i parametri che esprimono la fun zi onalità renale (2).

Il primo fenomeno c he si verifica nel rene dell'anziano è la diminuzione del flusso plasmatico renale, che nel soggetto di 70 a nni risulta qua si dimezzato rispetto all'adulto giovane (3)

T aie riduzione deriva sia dalla diminuzione numerica dei nefroni che dall'aumento della resistenza

251

vascolare renale.

In conseguenza dell a minore irrorazione si osserva una ridu z ione del filtrato glomerulare, mentre la frazione filtrata di pl a sma risulta modicamente aumentata (4,5 ).

Le modificazioni fin qui descritte, in condizioni normali, permettono una buona omeostasi dei liquidi organici, ma tale equilibrio diventa precario in condizioni di stress (malattie intercorrenti, interventi chirurgici, etc. ) con l'insorgenza di varie sindromi (ipernatriemia, iponatriemia, iperkaliemia, acidosi) (6 )

La funzione glomerulare del rene delranziano è stata più frequentemente oggetto di studi mentre meno indagata appare quella tubulare.

ln un nostro recente studio abbiamo valutato l' emodinamica renale, il volume plasmatico (VP ) , l'attività reninica p lasmatica ( ARP) e l'escrezione giorna liera cli aldosterone ( AU ); in particolare, si è voluto osservare il comportamento del rene dell'anziano nel trasporto del sodio sottoponendo i soggetti a car ico isotonico (2000 ml di soluzione salina allo 0,9% in tre ore ) in condizioni di diuresi idrica ( 7 )

Tutte le valutazioni sono state eseguite in ospedale (day hospital ) dopo che da almeno tre giorni ai soggetti, tutti apparentemente sani e di età compresa fra 64 e 78 anni, era stata raccomandata una dieta contenente circa 150 mEq di sodio.

Il flusso ematico renale (FER) è stato valutato mediante il metodo di Oberhaussen; il filtrato glomerulare ( VFG ) è stato misurato con la clearance dello Iotalamato-125 ( 8 ); il VP è stato valutato utilizzando album in a umana marcata con I125, dopo 1O minuti di equil ibrio plasmatico.

In tutti i soggetti I' ARP è stata determinata in posizione supina e dopo tre ore di ortostatismo e l'escrezione di aldosterone è stata misurata nelle urine delle 24 ore del giorno precedente. Sia l'ARP che l'AU sono stati misurati con metodo RIA.

L'infusione endovenosa di 2000 ml di so luzione salina isotonica è stata eseguita con le modalità altrove descritte (9,10 ).

I risultati del nostro studio hanno mostrato che i soggetti anziani hanno importanti modificazioni dell'emodinamica renale: il flusso ematico è apparso mediamente ridotto del 60%; con creatininemia normale, il filtrato glomerulare ha mostrato una riduzione, rispetto ad un gruppo di soggetti più giovani, di circa il 40%; la frazione filtrata di plasma di

conseguenza è apparsa aumentata (fig. 1 ).

Tali dati sono simili a quell i già osservati da altri AA (3 , 11 ) . Si è ipotizzato anche che la riduzione dell a portata renale possa essere imputata alla riduzione della gittata cardiaca , ma tal e ipotesi non è stata confermata. La spiegazione più plausibile sembra essere costituita dalle lesioni vascolari presenti nel rene dell' anziano: alterazioni sclerotiche dei grossi vasi renali, riduzione numerica e alterazioni ialine dei piccoli vasi ( 12). Come dimostrato da Hollenberg, l'aumento della resistenza vascolare rena le è da imputare solo ad alterazioni strutturali, mentre non è stato riscontrato nei reni degli anziani alcuno spasmo funzionale ( 13 )

Nei nostri soggetti il VFG è stato valutato con la clearance dello lotalamato-1125, che, come è noto, si comporta come l'insulina; pertanto il valore ottenuto può essere considerato come filtrato «reale ». Come si vede nella Tabella 1 la de arance dello Iotalamato è stata raffrontata con la clearance della creatinina «standard » ( metodo con il quale vengono dosate anche sostanze cromogene ), con quella «vera » ( metodo con il quale le sostanze cromogene non vengono dosate ) , e con quella cosiddetta «corretta » (ottenuta con la formula di Cockcroft, 14 ); la dearance della creatinina «vera» è pressoché sovrapponibile a quella dello lotalamato, mentre la clearance della creatinina «standard» e quella «corretta» rispettivamente sopravv aluta e sottovaluta il filtrato renale. Tali differenze non sono significative sul piano statistico.

Diverse segna l azioni in letteratura indicano che il sistema renina-angiotensina-aldosterone è depresso nelle persone anziane ( 15) ; noi abbiamo rilevato solo una tendenza a valori ridotti di attività reninica plasmatica in ortostatismo e di a ldosterone urinario nei nostri soggetti.

Un dato interessante è in vece emerso dai risultati ottenuti con l'i nfusione della so luzione salina isotonica.

Vi sono evidenti alterazioni nel trasporto del Na da parte del rene, in particolare una riduzione del suo ri assorbimento lungo tutto il nefrone; tale rifiuto è più evidente nel tubulo prossimale, ma esso si manifesta anche nell'ansa di Henle e nel tubulo distale e collettore (figg. 2-3 ).

In definitiva, in condizioni di stress i meccanismi di riserva per il mantenimento della costanza del volume e della composizione dei liquidi corporei possono essere insufficienti nell'anziano.

252

Fig. 1: I principali parametri dell'e m o dinamica renale nei soggetti anziani ( A ) rispetto ai ,oggetti più giovani (da 20 a 50 an ni ) (G) Significativamente ridotti appaiono il fi ltrato glomerulare (VFG ) e il flusso e matico renal e ( FER ); significativamente aumentate so no le resisten ze vascolari renali ( R VR ) e la frazione filtrata di pl asma (FF ) .

La tendenza del rene dell 'a nziano a perdere sale può essere la conseguenza dell a riduzione della massa nefronica funzionante, qui n di di un maggiore carico osmotico per nefrone e di u na seppur modesta di uresi osmotica; il sistema renina-angiotensinaa l dosterone, quando deficitario , potrebbe contribuire a tale difetto funzionale.

Inoltre, nel rene dell'anziano vi è una ridotta funzione del sistema moltiplicatore a controcorrente ( 6 ). La riduzione numerica dei nefroni si associa ad Tabella

Cl EARANCE 125 1- IOTALAMATO

C l EARANCE CREATI NINA - STANDARD »

CLEA RA NCE C Rl:.ATrNINA «VERA »

C l.EARANCE CREATI N IN A «CORRETTA»

( ml / m' / 1. 73 mq) 76 ± 30

( ml / m'/1. 73 mq) 96 ± 36

( ml / m' / 1.73 mq) 77 ± 27

( ml / m'/1.73 mq ) 67 ± 14

- ~1200i 1175 NE 200 n M (")1000 * 150 '--= 491 - 125' ••• E 100 * E ..oo ••• -:::-- 76 "' E E ••• ._, i..., 200 • • • 50 a:: e, ••• w > o ••• o G A G A * p<001 * """ d, 18.42 C'I 0 .4 0 0 18 El * IE, ••• - 0.30 0.28 6 5 .14 ••• u ...... Q) • •• 0 .19 ••• ~4 0. 2 0 ••• ~· ••• e u.: >. ••• ••• -o 0 . 10 ...... 2 ••• ••• a:: ••• > ••• • a:: o ••• o G ·A G A
1
253

fig. 2: L 'escrezione renale di sodio, rapportata alla clearance della creatinina, è sempre piu elevata negli anziani rispetto ai giovani durante infusione sa lina isotonica.

l'ig. 3: Il «Distai delivcry del 5odio » (cioè la quantità di sodio non riassorbita dal rubulo prossimale) è risultato sempre più elevato negli anziani durante infu~ione ~alina isotonica.

7 ~6 èl-1!I-" e{ 5 I.LI ~4 ..J o '+ 3 e{ z d 2 1 o e NORMALI ANZIANI • P<0,05 **P<0,01 30 60 90 MINUTI 120 150 180
% 20 15 10 5 X NORMALI • ANZIANI * P<0 ,05 0 ---o~--..,,.3~0--___,,.60..,.___..,,.90.,,___1..,;2..,,.o---,~so----,a--o~M IN uT1
254

una r id uzione del flusso ematico corticale, con risparmio relativo della midollare . Ciò può determinare un aumento del flusso emat ico per nefrone e quindi un «Wash-out» del gradiente osmotico, necessario per il mantenimento del meccanismo a controcorrente e delle noarmale concentrazione urinaria.

Le possibili ripercussioni pratiche di questi studi riguardano soprattutto alcuni aspetti terapeutici. È prudente evitare, negli anziani, l'uso di diuretici troppo potenti e ad azione rapida, poiché in questa categoria di soggetti è frequente una ridotta capacità di mantenere l'omeostasi del sodio e dei liquidi extracellulari. In caso di interventi chirurgici, anche di modesta entità, è importante mantenere un buono stato di idratazione, per ev itare brusche modificazioni del volume plasmatico e della funzione renale dopo l'anestesia. In linea di massima, l'anziano oltre i 60 anni deve essere considerato un soggetto che ha perduto circa il 30% della sua funzione renale, e pertanto il dosaggio di tutti i farmaci deve essere opportunamente ridotto.

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255

OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI ROMA

Dire1tore: Col. me Dr. M D1 MARTINO

ISTITUTO DI CLINICA MEDICA VI DELL'UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA

Direttore: Prof. T CH1AR01'1

IMPIEGO DELL'ECOCARDIOGRAFlA NELLO STUDIO DELLE PROTESI V ALV O LARI CARDlACHE

M. Anaclerio

M. Cardfoi

V. De Matteis

R. Ruggeri

G. Di Bona

G. Migliau

I. Genuini

Nella valutazione clinica pre e post-operatoria deUa valvu lopatie notevole interesse ha suscitato l'impiego degli ultrasuoni, che si sono dimostrati particolarmente utili nello studio delle protesi valvolari cardiache sia metalliche che biologiche.

Infarti le prime notizie risalgono a lla metà degli anni sessanta, periodo in cui Johnson e coli. si dedicarono alla ricerca di un sistema che permettesse la giusta interpretazione degli echi rifle ss i delle valvole metalliche a palla con elemento mobile.

Da allora in poi lo sviluppo enorme che l'ecografia ha avuto in tutti i campi della medicina ha contribuito anche al perfezionamento de!Je tecniche di escursione, registrazione e soprattutto interpretazione dell'esame nei portatori di protesi valvolari.

Si tratta però di una metodica ancora in pieno sviluppo per cui non esiste attualmente una rotale identità di vedute fra i vari gruppi di studio che si sono occupati di questo argomento. Esiste co munque una sempre più numerosa casistica ed una serie di preziose esperienze, dalla cui revisione critica è possibile ottenere un contributo di chiarezza.

PREMESSE SULLE TECNICHE DI REGISTRAZ IONE DELL'ESAME ECOCARDIOGRAFICO

NEJ PORTATORI DI PROTESI

L'esame ultrasuonografico deve essere sempre preceduto da un a valutazione clinica com pleta del paziente.

L'auscultazione card ia ca può già orientare ve rso una diagnosi di massima sullo stato funzionale delle protesi impiantate: un rumore di rigurgito intraprotesico intermittente, una diminuzione di intensità dei dick <li apertura e chiusura, oppure un rumore da ostacolo al flus so sanguigno, rappresentano dei segni di probabile malfunzionamento.

Altre notizie della massima importan za sono le c;egue nti: tipo, modello e dimensioni della protesi da studiare, entità della lesione anatomica o valvolare che ha reso ne cessa rio l'intervento ch irurgico e la data dello stesso.

Ogni tipo di protesi presenta dei particolari aspetti e dimensioni rilevabili ecograficamente, che è necessario conoscere per poter giudicare lo stato funzionale attrave rso l'indagine strumentale.

Altro punto da mettere in rilievo è l a necessità di un esame ecografico il più possibile completo , non soltanto dell'aspetto protesico, ma anche delle dimensioni e spessore delle cavità e delle pareti cardiache, della funzionalità dei ventricoli, dello stato delle valvole naturali e dell'attività cardiaca globale.

È necessario evidenziare eventuali malattie del pericardio, quali versamenti, forme infiammatorie , ecc.

Il fascio di ultrasuoni emesso dalla sonda deve essere orientato parallelamente al movimento di a perturra e chiusura della palla o del disco ( nelle protesi ad elemento mobile centrale) e tangente all'arco di ce rchio che il disco effettua nel suo movimento (nelle protesi ad elemento mobile eccentrico). Per quanto riguarda le protesi mitraliche, il trasduttore verrà fatto oscillare sul to race dalla punta del c uore, proseguendo all'indietro medialmente ed in alto; per le aort iche invece si inizierà dalla zona sopraclaveare destra spostando il fascio verso il basso, medialmente e all'ind ietro ( nelle protesi ad elemento centrale ), oppure dal III spazio di sinistra l ungo la marginosternale ( nelle protesi ad el emento eccentrico ) .

È utile sottolineare ulteriomente la migliore possibilità di valutazione del funzionamento protesico che si ottiene associando un'indagine poligrafica il più possibile completa.

256

L'applicazione della prima protesi valvolare cardiaca venne effettuata nel 1954 da Hufnagel e coll. su un paziente affetto da insufficienza aortica. I risultati furono soddisfacenti e da allora si è avuto un costante miglioramento nella scelta del materiale per protesi , nei modelli e soprattutto nelle tecniche chirurgiche, tese ad eliminare tutti i possibili inconvenienti.

La protesi ideale deve essere di materiale ottimo, robusto, di basso costo, di semplice impianto e tale da non stimolare pericolose reazioni cellulari dei tessuti, né provocare emolisi e facili apposizioni trombotiche.

Le protesi valvolari cardiache sono essenzialmente di 2 tipi: a) metalliche, b ) biologiche. Leprime possono essere a palla, a disco e a disco inclinato.

In pratica tutte le protesi metalliche sono costi-

tuite da tre componenti fondamentali : l'anello di sutura, il cestello o gabbia e la parte mobile. Ve ne sono attualmente in uso moltissime, ma quelle che offrono le migliori garanzie di tenuta sono le StarrEdwards in silastic ( modello 2400 per l'aorta e modello 6400 per la mitrale ) per le valvole ad elemento a palla; le protesi di Beall, Cooley-Cutter e LilleheiKaster per quelle a disco e le Bjork-Shiley per quelle a disco inclinato (Fig. 1-~).

Le protesi biologiche sono invece costituite da due componenti fondamentali: l'anello di sutura ed i lembi valvolari costruiti con tessuti di animale (generalmente di maiale o vitello). La più usata è senz'altro quella di Hancock, non vitale, trattata con gluteraldeide.

Allo scopo di ridurre la durata del tempo di intervento intracardiaco, è stato recentemente messo a punto da Magovern un altro modello di valvola a palla con elemento mobile cemrale praticamente molto simile a quella di Starr-Edwards. Il modello Magovern infatti presenta una circonferenza di uncini metallici che permettono un più rapido ancoraggio della valvola all'anello valvolare: con tale espediente si riduce il tempo necessario alla fissazione dei punti e del loro annodamento, però la garanzia di tenuta è inferiore rispetto alla protesi di Starr, per cui non vi è ancora stata una diffusione su vasta scala del modello proposto.

TIPI DI PROTESI V ALVOLAR! CARDIACHE
Fig 1 - Protesi aortica di Bjork-Shiley inserita in un condotto in dacron. Fig. 2 - Protesi metallica di Bjork-Shiley con elemento mobile sferico.
257

Da ricordare anche la valvola a biglia di CutterSmeloff, anch ' ess a derivata da quella di Starr, realizzata con la precis a intenzione di o ccupare uno s pazio minore nel ventricolo sinistro ed ottenere un ris ultato emodinamico migliore, soprattutto nell'impianto in po sizione a ortic a. Tale protesi prese nta una gabbietta metallica da una parte e dall'altra dell' a nello, e la biglia ha un diametro inferiore a quello medio delle altre valvol e artifici a li ( tracciato in Fig. 3 ). Tutti i modelli via via proposti presentano comunque alcune c aratteristiche comuni e spesso differiscono fra di loro solamente per pochi dettagli; il problema principale è rappresentato però ancora dalla possibilità di ottenere risultati brillanti a lunga scadenza, a causa dei numerosi inconvenienti cui può andare incontro qualunque tipo di protesi v alvolare.

Negli ultimi anni si è a ndata sempre più diffondendo una tecnica chirurgica basata su omoinnesti vitali ed eteroinnesti non vitali sterilizzati con antibiotici e premontati su di un supporto metallico ri-

cop erto da fibre di D acron. I risultati sono tanto migliori quanto più precoce è l'innesto del tess uto prelevato sul paziente da operare. Da menzionare anc h e alcuni tentativi di autoinnesto v al volari, utilizzando ad esempio una valvola polmonare per sostituire una val vola aortica o mitrale danneggiata: tait tecniche sono ri s ultate però pericolose e di difficile attuazione per cui non hanno attualmente una grande importan z a sul piano prati c o. In 30 anni di esperienze, dopo la prima sostituzione valvolare, si sono via via risolti alcuni problemi riguardanti i possibili inconvenienti delle protes i. In a lcuni casi si è cercato di modificare le dimensioni e lo spessore dell'anello artificiale, in altri invece ci si è preoccupati di aumentare la resistenza all'usura del materiale (soprattutto dell'elemento mobile nelle protesi metalliche ). Fra i modelli che hanno ottenuta i migliori risultati possiamo menzionare, oltre a quelli già ricordati, alcuni esempi sperimentati a cavallo fra gJi anni '70 e gli anni '80 ; la protesi di Saint-Jude ( mitralica ed aortica ) formata da 2 dischi semicircolari che si aprono ad 85 ° senza bisogno di supporti, la Sorin a basso profilo con disco oscillante, la CarpentierEdwards (fig. 4-5) e la Ionescu-Shiley (Fig. 6-7-8 ) ( entrambe biologiche ) che associano una eccellente funzionalità emodinamica ad un'ottima qualità del materiale di supporto usato.

CASISTICA PERSONALE ( MATERIALI E METODI )

Nel corso del triennio giugno 1982-giugno 1985 sono giunti alla nostra osservazione presso la Sezione Cardiologia dell'Ospedale Militare 38 pazienti portatori di valvola protesica meccanica e/ o biologica. Tale popolazione era costituita, per la quasi totalità, da genitori di iscritti di leva per i quali ci veniva richiesta la valutazione della residua capacità a svolgere la propria abituale attività lavorativa, e per la quota restante da Ufficiali, Sottufficiali ed iscritti di leva per i quali era necessario valutare la idoneità o non idoneità al servizio militare.

I 38 pa z ienti esaminati risultavano costituiti da:

- 16 portatori di protesi a palla StarrEdward s , di cui 9 in sede mitralica e 7 in sede aortica;

- 5 portatori di protesi a disco Beall , di cui 4 in sede mitralica ed 1 in sede aortica;

- 8 portatori di protesi a disco Bjork-Shiley di cui 5 in sede mitralica e 3 in sede aortica;

258
Fig. 3 - Tracciato di paz iente cli 38 anni portatore di protesi mitralica a palla d i Sme loff-Cu ttc r normofunz io n a nt c. Fig. 5 - Particolare di un lembo valvolare di una protesi biologica di Carpentier-Edwards
259
Fig. 4 - Protesi biologica di Carpentier-Edwards.
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Fig. 6 • Protesi biologica di Ionescu-Shiley vista da tte diverse angolazioni Fig. 7 • Protesi aortica di Tonescu-Shiley con relativo condotto che va inserito direttamente sull'aorta ascendente.
261
Fig. 8 · Profili delle protesi biologiche di Vascor (Hancock) 25 mm., di Carpentier-Edwards 25 mm. e di Ionescu-Shiley 25 mm.

- 8 portatori di protesi biologica cli Hancock, di cui 4 in sede mitralica e 4 in sede aortica;

- 1 portatore di protesi a paUa cli SmeloffCutter in sede mitralica.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad esame ecocarcliografico mono e bidimensionale con apparecchio Hewlett-Packard mod. 77020-A.

Tale studio è stato integrato, nella totalità dei casi, da esame elettrocardiografico ed esame fonocardiografico per una più completa valutazione clinica del soggetto in esame.

RISULTATI

A - Studio ecocarcliografico delle protesi valvolari metalliche e biologiche nei loro aspetti normali

Quando la protes i da visualizzare ecograficamente s i trovava in sede mitralica è stato possibile, quasi semp re , identificare ognuna delle sue tre componenti fondamentali; talvolta però è capitato di registrare il movimento del disco o della palla senza poter evidenz iare il cestello.

Quando invece la valvola meccanica era in posizione aortica la registrazione delle singole componenti è stata più indaginosa, se si fa eccezione per la parte mobile.

I parametri ecocardiografici che abbiamo preso in considerazione per una attendibile valutazione funzionale sono stati molteplici:

A ) Ampiezza dell'escursione massima dell'elemento mobile calcol ata come distanza tra eco della gabbia ed eco di entrata dell'elemento mobile in fase di chiusura per le Starr-Edwards e le Beali; come distanza fra la posizione di chiusura e la posizione di massima apertura del disco nella valvola a flusso centrale (Bjork-Shiley).

B) Diametro dell'elemento mobile.

C) Velocità di apenura dell'elemento mobile calcolata dal punto di stacco dell'elemento mobile dall'anello al punto della massima apertura.

D ) Velocità di chiusura dell'elemento mobile, cakolata dal punto di inizio della chiusura rapida a l punto di chiusura totale, cioè quando l'elemento mobile torna a contatto con l'anello.

E) Cronologia di a pertura per le protesi in mitrale, cioè il tempo che intercorre fra la componente aortica del 2° tono e l'apertura massima dell'elemento mobile (per i mono-valvolari). Per quanto riguarda i bi-valvolari, si dovrà calcolare l'intervallo

fra click di chiusura aortica e click di apertura mitralica.

F) Cronologia cli apertura per le protesi in aorta, cioè i l tempo che intercorre fra la chiusura mitralica e la massima apertura dell'elemento mobile (per i mono-valvolari ). Per i bi-valvolari l'intervallo fra click di ch iusura mitralica e click cli apertura aortica.

G ) Morfologia durante il movimento dei vari tipi cli protesi.

È opportuno precisare a questo punto la differenza esistente fra protesi a flusso periferico (StarrEdwards, Beall) e quelle a flusso centrale (BjorkShiley ). Infatti nelle prime l'elemento mobile compie un movimento perfettamente perpendicolare all'anello di sutura e quindi si avvicinerà al fascio ultrasonoro emesso dal trasduttore in fase cli apertura e si allontanerà da esso in fase di chiusura.

Nelle protesi valvolari a flusso centrale l'elemento mobile compie invece un movimento di rotazione intorno ed un diametro eccentrico, per cui saranno evidenziate due posizioni principali dell'elemento stesso, una più grande ed una minore che aprono in senso opposto di circa 80° rispetto all'anello cli sutura.

Questa considerazione rende ragione del fatto che il fascio ultrasonoro è stato in grado di mettere in risalto più facilmente l'escursione della parte più grande del disco mobile, mentre il movimento di entrambe le parti si è potuto registrare soltanto quando il raggio ecografico attraversava io senso longitudinale il disco stesso.

Possiamo pertanto così sintetizzare alcuni aspetti ecografici sulle protesi maggiormente usare:

A ) Starr-Edwards a palla in silastic (protesi a flusso periferico) : .

Quando questa valvola è montata in sede aortica, la posizione di repere migliore è la fossa so praclaveare destra, con sonda orientata in basso e a sinistra, in quanto solo da questa posizione il movimento della biglia avviene in un piano parallelo al r aggio ultrasonoro.

Quando vie ne montata in sede mitralica, le stesse condiz ioni reciproche tra asse del movimento della biglia ed asse del fascio ultrasonico si verificano posizionando la sonda in 4°-5° spazio intercostale sulla emiclaveare sinistra in regione paraapicale, inclinando il trasduttore medialmente ed in alto.

In tal mod o è possibile rilevare quattro eco:

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una prima eco smorzata, riferibi le a lla gabbia; una seconda eco, defin ita eco di entrata dell'elemento mobile , riflessa dalla superfic ie della biglia; eco questa che in fase di apertura arriva a toccare l'eco dell a gabbia; una terza eco, grosso lana, riferibile all'anello di sutura, una quarta eco, distante un paio di centimetri dalla precedente, che si muove parallelamen. . . ..

Fig. 9 - E.f. aa 50: paziente portatore di protesi mitralica di StarrEdwards normofunzionantc. Sono visibili 4 eco: eco dell'apice della gabbia; eco della superficie anteriore della palla; eco dell'anello di sutura; eco della superficie posteriore della palla

te alla seconda eco descritta, riferita all'eco di uscita dell'elemento mobile (F ig. 9).

L a distanza tra eco di entrata ed eco di uscita (seconda e quarta eco) rappresenta il diametro apparente della biglia, in quanto l'ultrasuono nell 'a ttraversare l'elemento mobile in silastic subisce un rallentamento della sua velocità rispetto alla velocit à de i tessu ti circostanti. Pertanto, per ricavare il diametro reale della sfera, è stato usato un fattore di correzio ne di 0,64 ottenuto sperimentalmente da Jonso n e coll.

L'escursione dell'elemento mobile è misurata dalla distanza tra eco della gabbia ed eco di entrata de/l'elemento mobile in posizione d i chius ura.

In tutti i casi il click di apertura della protesi, sia in posizione aortica che mitralica, coincide con il primo impatto dell 'elemento mobile contro l'anell o in fase di chius ur a.

B ) Beali ( protesi a disco a flusso periferico): 11 punto di repere ecocardiografico è analogo a quello descritto per le Starr-E. L'immagine ecocardiografica è data da tre eco: una prima sottile e continua data da un segmento della gabbia; una seconda eco molto più spessa e grossolana che si muove parallelamente a ll'eco precedente riferibile all'anello di sutura. All ' interno di questo binario ecocardiografico è in scritta una terza eco più sottile, riferibile all'elemento mobile, che si sposta rapidamente dall'anello alla gabbia e viceversa, rispettivamente in fase di apertura e di chiusura.

Poichè l'elemento mobile è un disco avente lo spesso re di circa un miJlimetro, non lo si può misurare (Fig. 10 ).

Pertanto la valutazione ecocardiografica viene eseguita considerando l'escursione dell'elemento mobile effettuando le misurazioni sulla distanza tra eco della gabbia ed eco del disco in posizione di chiusura e sulla cronologia di apertura.

È importante, nel controlJo della funzione di questa valvola, verificare il contatto dell'elemento mobile con entrambi i segmenti della gabbia. In fatti, per la confo rm azione della protesi, in caso di trombosi limitata a d un solo segmento della gabbia, l'ele-

.. ti • . .. . . ~: : : . . : . ' . ;
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263
Fig. 10 · A.G. aa 46 ; paziente po rtatrice di protesi mitralica a disco di Beall normofunzionantc. Sono visibili 3 t.'CO: eco del segmento della gabbia; eco dell'anello di sutura; eco dcU'clemento mobile.

mento mobile, pur trovando ostacolo alla sua completa escursione dal lato della trombosi , dato il suo basso profilo può ugualmente muoversi in maniera comp leta dal lato opposto.

C) Bjork-Shiley ( protesi con elemento mobile eccentrico a flusso centrale):

Occorre tenere presente che l'elemento mobile di tali protesi è costitu it o da un disco biconcavo che ruota su di un asse eccentrico di circa 80° e che n ella sua fase di massima apertura viene bloccato da due denti metallici che fanno p arte integrante dell'anello m etallico .

Di solito viene evidenziata una duplice eco, relativa al fatto c he il disco è biconcavo. Questa condizio ne è realizzata appoggiando il trasd uttore nel V spazio inte r costale su ll 'em iclaveare sini stra e orien-

Fig. 11 - M.N. aa 52: paziente portatore di protesi mitralica di Bjork -Shiley normale . Sono ben rappresentate le eco della biglia, del cestello e dell'anello di sutura.

randa il fascio in alto e medialmente per le p r otesi in sede mitralica; nel I e II spazio intercostale sinistro sulla parasternale orientando il fascio verso destra ed in basso, per le protesi in sede aortica .

La morfologia che ne risulta è formata da due echi che si avvicinano al trasduttore in fase di apertura e si allontanano in fase di chiusura, immergendosi in uno o più echi provenienti dall'anello (Fig. 11 ). Nel/'ecocardiogramma così ottenuto l'ampiezza di escursione dell'elemento mobile è stata considerata come distanza tra eco del disco in posizione di chiusura al t ermine dell'intervallo isometrico per le protesi in sede aortica (al t ermine dell'intervallo isovolumetrico per quelle in mitrale ) ed eco del disco in posizione di massima apertura (Fig 12-1314-15-16).

Fig. 12 • Trace. l • L.C .. Ecocardiogramma di protesi mitralica di Bjork-Shiley in una paziente di 43 anni affetta da una grave stenosi mitralica. Da notare la buona escursione dell'elemento mobile.

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264

Non si può calcolare il diametro reale dell'elemento mobile nei casi in cui si registra una eco di entrata ed una di uscita , in quanto ancora non si dispone di un fattore correttivo per la pirolite carbonio.

Il click di apertura, qu an do presente, coincide con il picco di massima apertura dell'elemento mobile; il click di chiusura con l'impatto del disco sull'anello.

D) Hancock (protesi biologica porcina):

L'esecuzione dell'esame ecocardiografico è senza dubbio meno agevole rispetto a quello effettuato per le protesi metallich e. In alcuni casi risulta impossibile ottenere tracciati soddisfacenti.

L' ane llo di supporto vie ne evidenziato come una doppia banda di eco, una piuttosto superficiale in diretta continuità con la parete posteriore dell'aorta, l'altra più profonda, s ituata davanti alla

Figg. 13 -14 - L.S. aa 56: Aspetto ecocardiografico, fotografato con polaroid, di protesi val volari di Bjork in posizione rispettivamente mitralica (4) ed aortica (5) ben funzionanti. Nel secondo tracciato sono v isibili echi riflessi della parete posteriore del bulbo aortico. Figg. 15-16 - S.M. aa 53: Aspetto ecocardiografico mono (in alto) e bidimensionale di una protesi aortica di Bjork-Shiley ben funzionante. Da notare la buona escursione sisrolica dell'elemento mobile.
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parete posteriore del ventricolo sinistro. r lembi valvolari si delineano in modo piuttosto debole e disegnano un aspetto «a scatola» simile a quello riscontrabile in una valvola aortica normale umana, con i lembi che si aprono in diastole (immagine di separazione degli echi ) e si richiudono in sistole ( Fig. 17 ).

Fig. 17 - A.M. aa 48: paziente porcatrice di procesi biologica di Hancock. Sono visibili numerose eco, con aspetto «a box» delle cuspidi valvolari.

Tale movimento è assai brusco e, nel caso di protesi mitralica (Fig. 18-19-20 ), si presenta asimmetrico a causa di una più ampia escursione del lembo anteriore. Questo rilievo sembra essere dovuto alle modalità di posizionamento anatomico dell a valvola, in modo che il lembo maggiore risulti parallelo al setto.

Fig. 18 - Procesi biologica di Hancock mitralica: M.F. paziente di 52 anni affetto da s ceno-insufficicnza mitralica. Nel primo tracc iaco si ev idenzia, dopo la banda del fonocardiogramma, il movimcnco del SIV che appare paradosso; è un r ilievo assai frequente soprattutto quando l'intervento è staro effe ttua to di recente

Fig. 19 - Stesso caso del precedente: in questo ecocardiogramma è posto partìcolarmente in rilievo, oltre al setto, l'anello d i sutura nella sua porzione posteriore e la parete posteriore del ventr icolo sinistro.

Fig 20 - Continua la analisi del caso precedente osse rvando in d e ttaglio l'acrio sinistro e l'aorta; è sempre utile studiare globalmente l'attività cardiaca.

266

Nelle protesi aortiche in genere l'apertura dei lembi è invece simmetrica. Se poi un lembo si present a parallelo al fascio ultrasonoro non è registrabile ecograficamente in modo corretto. Alcune volte è possibile evidenziare una doppia immagine della parete aortica, di significato non patologico secondo l'esperienza di vari Autori, che è dovuta agli echi rifl essi dal supporto e dalla parete aortica. Tutte le misure che si possono ottenere da un tracciato ultrasuonografico delle protesi valvolari variano entro limiti piuttosto ampi, il che rende assai opportuno un controllo continuo di tali pazienti, possibilmente sempre dalle stesse équipes mediche che hanno effettuato le prime visite, in modo tale da avere un parago ne ed un confronto con i dati precedenti.

Un tale auspicabile comportamento rende sicuramente più bassa la percentuale degli eventuali errori di valutazione funzionale.

B - Criteri per la valutazione ecocardiografica del malfunzionamento delle protesti metalliche.

L'ecocardiografia si presenta come l'indagine strumentale più idonea per seguire gli spostamenti dell'elemento mobile nelle protesi valvolari; la completa concordanza con i dati dell'analisi cineangiografica è stata ingegnosamente dimostrata dal Winters.

D'altra parte la registrazione contemporanea sullo stesso tracciato, come si accennava nelle premesse, delle eco della superficie anteriore della biglia e del fonocardiogramma chiarifica notevolmente i.I significato dei reperti acustici e delle eventuali anomalie. Sia in sede aortica che in sede atrioventricolare i possibili inconvenienti sono costituiti fondamentalmente dal distacco parziale delle protesi, dalla formazione di trombi all'interno della gabbia o cestello e infine dalla «Bali o Disc Variance» cioè la variaz ione di forma o di volume dell'elemento mobile per assorbimento o infiltrazione di sostanze lipidiche.

Protesi aortiche

È molto difficile, poter descrivere segni diretti di distacco parziale della protesi in sede aortica, comunque alcuni Autori segnalano un'immagine a doppio contorno in seguito alla separazione fra eco riflessa dall'anello ed eco riflessa dalla zona di inserzione ed un aspetto a rilievo sul profilo diastolico

delle protesi mitraliche a disco, denominato Hump (Jacovella e coli.). Esistono poi segni indiretti peculiari che sono rappresentati dal «fluttering del lembo anteriore della mitrale», dalla esagerata escursione della parete posteriore ventricolare, da abnorme escursione del setto e da ingrandimento delle cavità cardiache. Per quanto riguarda il fluttering del lembo anteriore della mitrale, va sottolineato che tutti i tipi di protesi aortiche in condizioni di normale funzionamento sono associati, in molti casi, ad un modesto rigurgito (ciò vale soprattutto per le valvole a disco inclinato). Di conseguenza la presenza di un secondario movimento di fluttuazione della mitrale non va interpretao come segno sicuro di malfunzione a meno che esso non costituisca una novità rispetto ad ecocardiogrammi eseguiti nel periodo post-operatorio: ecco spiegata l'importanza di un'anamnesi accurata e di un costante controllo. lnoltre un rigurgito acuto aortico può comportare una chiusura precoce della mitrale.

Per quanto riguarda le discinesie della parete posteriore e del setto, Burrgraf e Craige hanno dimostrato che una sostituzione valvolare per rigurgito aortico, coronata da successo, comporta una netta diminuzione di escursione del setto. Anche questo dato deve essere interpretato cautamente, perchè il 90% dei pazienti sottoposti a sostituzione valvolare aortica presentano in fase post-operatoria un'ipocinesia del setto e un suo movimento paradosso; queste immagini scompaiono in molti casi dopo un certo periodo di tempo. Anche Yoshikawa ha documentato una anomalia del movimento settale dopo sostituzione valvolare aortica.

La trombosi della valvola viene invece dimostrata ecograficamente con un rallentamento o addirittura con la mancanza dell' apertura o dell'escursione dell'elemento mobile, con equivalente poligrafico di ritardo costante del click di apertura. Può anche esservi un segno diretto e cioè presenza di eco molto dense e grossolane adiacenti alla protesi, che indicano chiaramente la apposizione di una massa estranea sulla valvola.

In fine la «Ball o Disc Variance» si manifesta con costante apertura, con apertura improvvisa in sistole o con assenza incostante di apertura.

Da segnalare un caso di difficile interpretazione osservato da Joyce, di Ball Variance, nel quale era presente una normale escursione dell'elemento mobile e l'unico dato, poi confermato da altre indagini, che orientò verso il difetto della biglia fu rappresen-

267

tato dall'assenza del rimbalzo che essa provoca al termine dell'escursione.

Protesi ahio-ventricolat'e

Si possono rilevare segni indiretti di distacco parziale (fluttering, movimenti paradossi del setto e della parere posteriore ventricolare); esistono inoltre altri segni cli malfunzione protesica legati a presenza di materiale trombotico o micotico e al fenomeno della «Ball o Disco Variance».

I segni diretti sono rappresentati da eco multiple distali rispetto all'elemento mobile. lnclirettamente si possono verificare, a causa della formazione di masse trombotiche (Fig. 21 ), normalmente as-

Fig. 21 - B.r.

un paziente portatore di un sistema atriale

senti all'interno della gabbia, la mancata apertura della valvola per il persistere della biglia in posizione occludente sistolica (Fig. 22-23), (equivalente poligrafico: assenza del click di apertura), oppure la ritardata apertura con allungamento dell'intervallo A2-CAM - tempo di ape rtura dell'elemento mobileche si può realizzare con due meccanismi: 1 ) apertura improvvisa in mesocele-diasrole per distacco brusco della biglia e quindi tratto D-E ripido (equivalente poligrafico: variabilità di iscrizione del click di apertu ra ); 2) apertura con tratto D-E sp ianato e a pendenza a!>sai modesta (equivale nte poligrafico ritardo costante della comparsa del click di apertura, allungamento dell'intervallo A2-CAM rispetto ai precedenti tracciati). Anche un complesso di eco ab-

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268
aa 47: Protesi mitralica di Bjork-Shiley trombizzata. Eco multiple, dense e lineari si evidenziano all'imerno de! disco; sono espressione di un corpo estraneo che blocca il movimento di apertura diastolica dell'elemento mobile. Un'immagine simile si può octenere esaminando

Fig. 22 E.F. aa 48: paziente portatore di protesi B-S mitralica rnalfunzionante. Evidence ascesa sistolica de lla biglia (segmento) D -E spianaLO) che indica una parziale occlusione.

normemente dense che si muovono in sincronismo dietro l'eco dell'anello valvolare può indicare la presenza di vegetazioni fungoidi che coprono l'anello stesso; in questo caso i movimenti della gabbia e della biglia sono normali.

La «Ball Variance » a livello mitralico si manifesta con la incostante apertura e l'apertura improvvisa mesodiasrolica. Ciò perchè la biglia rigonfia si blocca e si s blocca irregolarmente e in modo brusco, a seconda del prevalere delle forze di attrito sulle pareti della gabbia ovvero delle forze tendenti a spostarla.

Fig. 2.3 - N.B.

paziente

funzionante. Si evidenzia i] ritardo <li apertura del disco in diast0le ; aumenta la distanza fra eco di escursione dell'e lemento mob il e ed eco dell 'aneJlo di sutura. Ino lt re djventa più marcato l'aspetto a picco delle eco raffiguranti il movimento di apertura.

C - Criteri per la valutazione ecocardiografica del malfunzionamento delle protesi biologiche

Oltre ai comuni processi patologici che coinvolgono tutti i tipi di protesi, e cioè il distacco e l'occlusione trombotica, le valvole sostitutive biologiche possono andare incontro a fibrosi, calcificazioni, retrazione o rottura dei lembi. La calcifi cazione e la retrazione delle cuspidi sono gli eventi di più frequente riscontro proprio per il continuo traumatismo che subiscono nel normale svolgimento della loro funzione meccanica. Ovviamente la possibilità di un'eventuale malfunzione, a breve o lunga sca-

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aa 51: portatore di protesi mitralica di BjorkShiley mal
269

<lenza, varierà a seconda delle caratteristiche strutturali della protesi; infatti, ognuna di esse presenta peculiarità più o meno vantaggiose, da esaminare attentamente in ogni singolo caso di sostituzione valvolare. Per evidenziare un difetto di funzione, in una certa percentuale di casi, l'utilizzazione dei lembi valvol ar i quali punti di riferimento non risulta di grande aiuto, perchè non è possibile identificare nessun lembo in modo corretto.

È stata invece sottol ineata l'importanza del calcolo della pendenza diastolica dell'anello protesico; la pendenza diastolica E-F risulta, infatti , sensibilmente ridotta ne] caso di pazienti rioperati di sostituzione valvolare mitralica, la cui bioprotesi era risultata all'interno stenosata (Jacovella e coll.).

D 'altronde però, una ridotta pendenza diast0lica dell'anello, quando è l'unico segno evidenziabile in un esame ecocardiografico, presenta una precisa limitazione nell'ampia variabilità dei valori normali.

Tale aspetto venne messo in rilievo da un gruppo di studiosi (Salati e co li. ) che hanno dimostrato una variazione della pendenza diastolica dell'anello da 8 a 28 mm/ sec. in 125 pazienti, con protesi biologica mitralica ben funzionante.

Gli stessi Autori hanno anche posto l'accento sull'evidente influenza, dovuta allo stato contrattile del miocardio del paziente esaminato, che lega la maggiore o minore escursione dei lembi valvolari proprio allo stato funzionale della muscolatura cardiaca. Per cui si potrà considerare, come segno sicuro di malfunzionamento protes ico, soltanto un movimento diastolico caotico e scoordinato di uno o di entramb i i lembi della valvo la . Altro elemento da prendere in considerazione è l'intervallo fra la prima co mponente del tono di chiusura aortico ed il punto di massima ape rtura mitralico. Infatti la riduzione di questo intervallo, rispetto al valore medio che ha nella protesi normofunzionante e cioè 0,090 sec., può essere dovuta o ad una stenosi calcifica, o ad una ostruzione trombotica oppure a rigurgito paravalvo lare.

Il criterio non è tuttavia spec ifico per queste due situazioni, potendosi avere anche in caso di ridotta capacità di contrazion e o di compliance del ventricolo sinistro; perciò lo studio della cavità ventricolare assume grande importanza.

Il ventricolo infatti sarà piccolo in caso di protesi trombizzata, dilatato invece in caso di significativo rigurgito paravalvolare o di una diminuita efficienza contrattile.

La distinzione tra qu este due ultime condizioni sarà possibile in base al movimento senale; se questo è normale (e non paradosso ) e vigoroso si potrà escludere Ja seconda eventualità a favore della prima.

Le considerazioni critiche espresse, riportando anche le esperienze a volte contrastanti di vari gruppi di studio, dimostrano una cerca difficoltà nel diagnosticare con sicurezza una malfunzione delle protesi biologiche; è chiaro che non si può prescindere da un esame anamnestetico e clinico estremamente accurati ed in questo caso il reperto ecocardiografico potrà rappresentare un utile completamento per la conferma o meno di un evento patologico che ha compromesso Ja situazione della valvola

Soltanto in cas i molto evidenti e grossolani la semplice indagine ultrasuonografica costituirà, come si accennava precedentemente, un criterio diagnostico di sicura malfunzione.

Riassunto. - Gli AA. esaminano l'imponanza della metodica ecocardiografica nello studio di pazienti ponatori di protesi valvolari cardiache evidenziando gli aspetti ultrasonici prese ntati dai più diffusi tipi di protesi valvolari meccaniche e biologiche in condizioni di normo e di mal funzionamento. Viene sottolineata inoltre l'imponanza della te01ica bidimensionale sia per la corretta esplorazione funzionale della protesi in esame, sia per la globale valutazione della funzione cardiaca, dato fondamenta le nei follow-up di un paziente sottoposto ad intervento di sostituzione valvolare.

Summary. - Echocardiography in ca rdiac valve prosthesis-bearing parients was examined and ulrrasonography of main mechanical and bioprostheses under normal and bad working condirions evidenced. Two -dirn ensional technique both for accurate functional prosthesis exploring and overall heart function assessment in valve substirution follow-up was pointed out.

Résu mé . - Les AA. examinem l'imponance de la méthode échocardiographique dans l'étude de patients porteurs de prothèses valvulaires cardiaques en mettant en évidence les aspects ultrasoniques présentés par !es types les plus répandus de prothèses valvulaires mécaniques et biologiques en condition de normo- et mauvais fonctionnement. 11s soulignent en outre l'imponance de la technique bi-dirnensionnelle aussi bien pour l'exploration fonctionnelle correcte de la prothèse examinée que pour l'évaluation globale de la fonctiòn cardiaque, ce qui est fondamenta! dans le follow-up d'un patient soumis à remplacement valvu laire.

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272

CENTRO MEDICO LEGALE MJLITARE DI NAPOLI

Direttore: Col. me. Dr. F.. TROJSI

SEZIONE DI CARDIOLOGIA

Dirigenre: Ten. Col. mc. Dr. A TRIMARCO

CORRELAZIONI TRA PARAMETRI RADIOLOGICI CARDIACI ED INDICI MECCANOGRAFICI

Col. me. E. Trojsi

INTRODUZIONE

È noto che per studi epidemiologici o comunque per screening che coinvolgano grandi masse è necessario servirsi di metodiche non eccessivamente sofisticate le quali garantiscono cioè facilità e brevità di esecuzione e bassi costi. Un tale comportamento però non può significare trascurare elementi importanti per la classificazione fisiopatologica di certe situazioni o per la definizione nosologica di certi individui.

Si comprendono quindi facilmente i molti tentativi messi in atto per ottenere il maggior numero di dati da esami radiologici semplici e non invasivi.

In particolare per quanto riguarda la cardiologia è stata trovata una stretta correlazione tra parametri radiologici e dati emod inamici in pazienti con stenosi mitralica (Chen JT ed al., 1968) ed altre malattie cardiache (Lester RG, 1968; 1969), e molti parametri radiologici, desumibili dal telecuore standard, sono stati suggeriti come indici della funzionalità cardiaca.

D'altra parte, gli intervalli di tempo sistolici (STI), definiti e studiati anni fa ( Lombard ed al. 1926; Wiggers 1921 a e b), hanno suscitato recentemente nuovo interesse come indici della performance cardiaca in quanto è stato dimostrato uno stretto rapporto tra gli STI ed i parametri invasivi di contrattilità e di pompa del ventricolo sinistro (A hmed ed al., 1972, Weissler ed al. 1961, 1968 , 1969).

Questo studio è stato intrapreso per valutare quale è il parametro radiologico meglio correlato con gli STI e che rappresenti, pertanto, l'indice più fedele nella valutazione funzionale cardiologica.

PAZIENTI E METODI

Lo studio è stato condotto su 20 soggetti maschi di età compresa tra i 20 ed i 50 anni affetti da

Ten. Col. me. A. Trimarco cardiopatia di diversa natura (aterosclerotica 6 casi, ischemica 8 casi, ipertensiva 6 casi). Tutti i pazienti erano in classe funzionale J e II secondo la classificazione della New York Association. Nella settimana precedente lo studio i pazienti non hanno ricevuto alcun trattamento farmacologico. Gli STl sono stati misurati mediante una registrazione simultanea dell'elettrocardiogramma, del fonocardiogramma e del polso carotideo, con il paziente in posizione supina; i tracciati sono stati registrati con un sistema fotografico a più canali (Electronics for Medicine, modello DR 8) con veloc ità di scorrimento della carta di 100 mm/ sec.. I valori medi di 5 cicli cardiaci sono stati valutati per i seguenti parametri:

- tempo di eiezione ventricolare sinistro (LVET) misurato dal piede del polso carotideo all'inizio dell'onda dicrota;

- periodo di pre-eiezione (PEP ) calcolato sottraendo il tempo di eiezione dalJa sistole elettromeccanica (Q. SO6z - LVET);

- tempo di contrazione isovolumerrica (ICT) ottenuto sottraendo l'intervallo elettromeccanico dal PEP(PEP - Q-S.);

- rapporto PEP /LVE T.

Sia il PEP che il LVET sono stati corretti per la frequenza cardiaca secondo il metodo proposto da Weissler ( 1968 ).

Le misurazioni cardiache sono state eseguite su radiogrammi ottenuti nelle proiezioni posteroanteriore e lacero-laterale. Sono stati valutati i seguenti parametri:

- diametro longitudinale ( 1 );

- emidiametro trasverso destro e sinistro (ED,ES);

- rapporto toraco cardiaco (t/c).

Inoltre sono state anche determinate le vo lumetrie cardiache assoluta e relativa. La volumetria cardiaca assoluta (VC A ) espressa in ml, è stata calcolata secondo la formula: VCA = k.l.b.d; dove le b sono rispettivamente il diametro longitudin a le ed il

273

djamerro trasverso del cuore, e d la profondità cardiaca s ul piano sagittale.

Il valore di k è stato fissato a 0,4 ed è dovuto alla forma ellissoidale del cuore ed al coefficiente di correzione n ecessar io per l e misure relerocntgenografiche (Amundsen, 1959 ). La volumetria ca rdi aca relativa (VC R ) espressa in ml/mq è stata calcolata secondo la formula: VCR = VCA /s uperficie corporea.

L 'a nalisi statis tica è stata effettuata secondo le metodiche standard (Sne decor e Cochran, 1967).

RISULTAT I

I valori medi degli ST I e dei dari radiologici ottenuti nei nostri pazienti sono riportati nelle tabelle 1 e 2.

Quando i pazienti sono s uddivisi in base ad un ciriterio etiopatogener ico si rilevano differenze significative tra le diverse forme di cardiopatia sia per gli STI che per i parametri radiologici.

Infine, quando i djfferenti intervalli di tempo sistol ici vengono plortati contro i parametri radialo-

gici è possibile individuare una corre lazione negativa statisticamente significativa tra la volumetria cardiaca relativa ed il LVET ( = O,83, p O,001) ed una correlazione po sitiva tra volumetria relativa e PEP (=0,67, p 0,01) e rapporto PEP/LVET (0,83, p 0,00 1 ). Al contrario, non esistono correlazioni significative tra rapporto roraco-cardiaco e L VET o L VET corretto per la frequenza, così come tra altri parametri radiologici e gli STI.

DISCUSSIONE

I risultati del nostro studio confermano l'esistenza di una stretta correlazione tra gli STI e perfomance cardiaca, valutata come funzione sia di contrattilità che di pompa. Infatti nei pazienti inclusi nella I e Il classe NYHA, i valori degli ST I non sono differenti da quelli osservati nei soggetti normali coerentemente con l'osservazione che questi pazienti sono asintomatici ed hanno quindi una soddisfacente performance cardiaca a riposo. D 'altra parte dal momento che LVET, LVET e PEP /LVET sono strettamente correlati con la gittata cardiaca, il vo-

L'analisi srntistica è stata effettuata comparando i valori ottenuti in ciascun gruppo con quelli degli altri 2 gruppi usando il test "t" di Srudent per campioni non accoppiati. Ciascun valore rappresenta la media l E.S

TABELLA 2 · Valori dei parametri radiologici nella popotazione studiata

L'analisi statistica è stata effettuata comparando i val ori ottenuti in ciascun gruppo con quelli degli altri 2 gruppi usando il test "t" di Smdent per campioni non accoppiati. Ciascun valore rappresenta la media 1 E.S.

LVEl
mW"C:
- -
TABELLA 1 - Valori degli STI nella popolazione studiata
Pati<"111J f.C.
I VETr (On bpm
ms,c'
PtP PEPr ICT PEP/ L'I-ET m<r< fflst"C1 m><< cardiop:ma ipi:rtcmiva 77,5±4 283±5 406± IO 97±2 113±7 32±3 0,343±0,01 cardiopatia atero\clerot1c.1 77,8±4 283± 10 408±5 94±5 103±9 28±2 0,338±0.01 n.s. n.s. n.s. n.~. n.s. n.s. n.s cardiopatia ischemica 67±4 262± 17 398±5 93±5 100±9 28±5 0,330±0,01 n.s. n.s. n.~. n.s. n.s. n.s. n.s.
PnlCn11 ED ES 1/ c VCA VCR <on (<m l ( cm) ( <m) I mi , ( ml l mql ----- -15,7±0,4 4,05±0,2 J0,7± o,, 1,97±0,04 799±39 444±41,8 A. cardiopatia ipertensiva A-B p 0,05 A-B n.~. A- Bp0,01 A-B p 0,02 A-8 n.s. A-B n.s. A- C p 0,05 B-C n.\. B-C p 0,01 A-C p 0,08 A-C n.s. A-C n.s. B. cardiopatia aterosclerotica 16,8±0,7 4,53±0,5 9,95±0.6 1,92±0,13 756±75 48.6±23 B-C p 0,01 B-C n.s. B-C n. s. B-C p O,OJ B-C n.s. B-C n.s. C. cardiopatia ischemica 14,7±0,2 4,55±0,2 9,6±0,6 2,05±0,7 738±119 485±35
274

lume sistolico e la fra zione di eiezione (Martin ed al., 1971; Weissler ed al., 1961, 1969), che a loro volta sono considerati parametri cruenti della funzione di pompa del miocardio, la mancanza di significative variazioni sugger isce l'integrità di quest'ultima fun zione in questi pazienti. Analogamente, l'assenza di modificazioni sign ific ative del PEP e dell'ICT, parametri che dipendono dallo stato di contrattilità miocardica, sembra suggerire l'integrità anche in questa funzione cardiaca. La valutaz ione dei dati radiologici dimostra che il diametro longitudinale, l'emidiametro sm1stro ed il rapporto toraco /cardi aco non presentano un comportamento univoco nelle differenti forme di cardiopatie suggerendo così che tali parametri risentono più dell'anatomia che della perform ance miocardica. Al contrario sembre rebbero più utili per una valutazione funzionale del cardiopatico la volumetria cardiaca assoluta e relativa che mostrano un andamento parallelo a quello degli STI.

In particolare la volumetria cardiaca relati va sembra riflettere meglio lo stato funzionale del miocardio dal momento che solo per questo parametro sono state individuate strette correla z ioni statistiche con gli STI.

Questa correlazione suggerisce in definitiva che l'aumento del volume cardiaco si associa a d una diminuzione della gittata sistolica e quindi della funzione ventricolare di pompa.

La dimostrazione nell'animale da esperimento di una correlazione lineare tra diametro trasverso interno del ventricolo sinistro ed il flusso aortico (Horwitz e Bistrop, 1972) dà ulteriore sostegno a questa ipotesi .

Dal punto di vista pratico i risultati di questo studio indicano che la volumetria cardiaca relativa rappresenta un indice abbastanza accurato delle condizioni miocardiche nelle miocardiopatie non valvolari. Ciò è di particolare interesse negli studi epidemiologici che coinvolgano grandi numeri di pazienti per i quali è fondamentale disporre di metodiche di semplice esecuzione e di facile interpretazione.

Riassunto. - Abbiamo studiato in 20 pazienti con cardiopatia non secondaria a valvulopatie in I e 11 classe NYHA, il comportamento degli intervalJi di tempo sistolici ( STI ) e di alcuni parametri radiologici cardiaci, ricercando anche l'esistenza di eventua li correlaz ioni tra i suddetti indici.

Abbiamo individuato correlazioni statisticamente significative tra la vo lumetria cardiaca relativa e g li indici meccanografi-

ci di pompa e di contrattilità miocardica .

Questi risulta ti sembrano dimostrare che la volumetria cardiaca relativa è un indice abbastanza accurato delle condizioni cardiache sicchè, per la facilità di esecuzione, si prospetta di particolare utilità in studi epidemiologici.

Résurné. - On a étudie, sur 20 panenrs avec des cardiopathies non secondaires et des valvulopathies en I e II classe NYHA, le comportement des intervalles de cemps systo liques (STI ) ed de quelques paramètres radiologiques cardiaques, en recherc h am meme l'existenc e d'éventuellcs corrélations panni !es index susdits.

On a indivìdué des corrélations statistiquement significatives panni la volumétrie cardiaque relat ive , les index mécanographiques de pompe et ceux de contractilité du myocarde.

Ces résu lrats semblem que la volumétrie cardiaque rélarive est un index assez soìgné dcs conditions cardiaques, car elle s'a nnonce , pour sa facilité d'exécution, particulièrement utile dans des étudcs épidémiologiques.

Surnmary. - lo 20 parients with ischemie, atherosclerotic or hyperrensive heart disease I and Il class NYHA we have measurcd phonocardiographic sysrolic time intervals ( STI ) and radiographic cardiac parameters in order to assess the relationships if any existing berween thcse indexcs.

lt was found hat rel at ive cardiac volum is significantly correlated with LVET, PEP and PEP /LV ET ratio.

These results indicate that relative cardiac vo lume represent a rcliable index of myocardi cal anaromy function wh ich may be useful in epidemiologie studies.

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275

OSPEDALE MILITARE DI VERONA

Direttore: Col. me M. PLESUA

CORRELAZIONE TRA SIEROPOSITIVITA HBV ED ANTI-HTL V ID IN MILITARI DI LEVA TOSSICOFILI

F. Martell a D . D i Piramo G.P. Gel mini

INTRODUZIONE

La popolazione dei tossicofili/tossicodipendenti viene ormai universalmente considerata ad alto rischio per alcune infezioni.

Nel campo delle malanie virali, particolare importanza rivestono l'enorme circolazione <lell 'EBV, CMV, <<Non A, Non B», HDV, HBV, HTLV III (l).

Alcuni studiosi prospettano l'ipotesi di una interazione tra questi ultimi due virus, menrre altri sostengono che la presenza dei markers specifici, in tali soggetti, rappresenti una casuale concomitanza (2,3).

Scopo del presente lavoro è quello di ricercare la presenza di anricorpi anti-HTL V III ed ami I IBV in giovani tossicofili e di dimostrarne un'eventuale correlazione.

MATERIALI E METODI

Sono stati esaminati -10 sieri di pazienti che avevano fatto uso di sostanze stupefacenti di tipo oppiai -

POPOLAZIONE

CAM P IONE

22

de ed altrettanti sieri di una popolazione di control1o cli soggetti non tossicofili, non affetti da LAS o da AIDS, in cui non erano presenti i markers dell'HBV .

Sia i markers dell'IIBV che quelli dell'HTLV IIl sono stati determinati mediante metodica ELISA.

I campioni positivi sono stati controllati nuovamente con la stessa metodica.

Il gruppo campione era costituito da una popolazione estremamente omogenea di militari di leva tossicofili, con età compresa tra i 18 e i 23 anni ricoverati presso l'Ospedale Militare di Verona.

RISULTATI

I dati a nostra disposizione vengono illustrati nelle figg. 1,2,3.

Gli anticorpi anti-flTLV II! sono stati evidenziati nel 22,5 % dei sieri dei pazienti tossicofili, mentre non è stata riscontrata alcuna positività nei controlli (fig. 1).

POPOLAZION.E DI CONTROLLO

HTLV lii
. 5 %
276
Fig. 1 • Percentuale di positività all'anti-HTLV TJJ delle popo lazioni campione e di controllo prese in esame

Nel1'86,6% dei s ieri anti-HTLV III positivi sono stati riscontrati i markers dell'HBV (fig . 2) con prevalenza dell'anti HBcAb (87,5%) (fig. 3). L'HB,Ag era presente nel 21,4% dei casi (fig. 3).

Al momento della determinazione nessun soggetto era affetto da AIDS.

DISCUSSIONE

Il nostro studio dimostra che la popolazione omogenea di militari di leva tossicofili è ad elevato rischio per infezioni da IITLV III e da HBV.

Si è dimostrata l'assoluta correlazione statistica P< 0,001 tra i due virus, che appare superiore rispetto ai dati riportati da altri autori riguardanti alcuni gruppi quali omosessuali maschi, emofilici politrasfusi e detenuti (4).

Concordiamo invece con approssimazione non significativa con la letteratura corrente per quel che riguarda la percentuale di sieropositività per l'anti-HTLV III nella popolazione dei tossicofili (5)

Infez-ione da HBV si accompagna infine, nella nostra casistica, ad un'elevata presenza s ietica dell'HTLV III soprattutto in presenza di infezione di vecchia data con negatività IIB,Ag e positività HB c Ab.

Ipotizziamo che l'assoluta correlazione tra HBV e HTLV III in giovani tossicofili derivi dal fatto che i

HTLV lii 86,6% . -·. . MARKERS HBV
HTLV 111 87% - -· - ·-· ·· - ·~·- · • ,. I HTLV 111 HBcAb 21, 4% - . .HB 5 Ag
Fig. 2 - Positività dei Markers dell'epatite B nella popolazione campione presa in esame
277
Fig. 3 · Diffusione del l'lTBcAb e dell'HB/\g nclJa popolazione campione con anr i-HTLV 111 positivo

due virus condividano molri aspetri epidemiologici quali le vie di trasmissione, lungo periodo d'incubazione, esistenza di portatorj cronici asintomatici, etc.

Riassunto . - In quJranca sieri di militari di leva tossicofili ,ono stati ricercaci gli anticorpi ami -HTLV 111 con metodo ELISA con intento di confrontarli con altrettanti sieri di una popolazione di controllo di soggetti non tossicofili, non afferri da LAS o AIDS, in cui non erano presenti i markers dell'HBV I campioni positivi sono stati comrollati nuovamente con il metodo ELISA.

Gli anticorpi anci-HTLV III sono scaci evidenziati nel 22,5 % dei casi nelle popolazioni campione, mentre non è stata riscontrata alcuna positività in quella di controllo (0%). L'86,6% dei sieri antiHTLV lll positivi presentava anche una positività per i markers deU'HBV con prevalenza dell'HBcAb (87,5%) L'I-IB , Ag era presence nel 21,4 % dei casi. Al momento della determinazione dell'anti-TITLV III nessun soggetto è risultato affetto da AIDS

R ésumé. - Dans quarante sérums de militaires toxicomanes ont étés recherchés les anticorps anti-HTLV Hl avec le méthodc ELISA dans le but de !es confronter avec autanr de sérums d'une population de comròl faitc des sujcts pas toxicomanes affcctés dc LAS ou AIDS et dans Ics quds n'étaient pas présents les markers de l'liBV Les énchantillons positifs onc été contròlés nouvellement avec la méthodc ELISA. Lcs anticorps anti-HTLV lil ont écés mis cn évidence dans le 22,5% de cas de la popularion prise comme échantillons tandis que n'a pas été rélevé aucune positi\'ité dan s celle prise comme contròle (0%). Le 86,6% dcs sérums anti-llTLV 111 positifs présentaient aussi une posiriviré aux markers dc l'HBV avec une majorité de l'anti -HBcAb (87 , 7 %). L'HB,Ag éraic présent dans le 21,4 % des cas. Au momem de la détermination dc l'anri-lTTLV IT1 aucun sujet résultait atteint de AIDS.

Summery. - We derected antibodies anti-HTLV lI1 (wirl ELlSA mcd,od) in 40 blood serums of drafrcd soldiers who wcre drug addicts and wc compared them 10 40 other blood serums of soldiers \\'ho weren' t addicrs or LAS or AIDS and also wirhout J lB\ markers. Ali the positive blood serums were double checkcd with thc ELISA mechod. We found in the drug addicts ancibodics ami1 ITLV III in 22,5 percent whilc in the 0 1her 40 blood samples tested nor one was positive. 86,6 percenc of the pmicncs with positive blood scrum of anti-lITLV Ili were also positive for tbc Hl3V markers, with the prevalence of ami HBcAh (87, 7 percem ) The l lB .Ag were present in 21,4 pcrcent of the cases.

'During this study even d,ough the subjects wcre tested positive for anci-HTLV III none of rhem was affccted with AIDS

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278

REGIONE MlLlTARE TOSCO -EMILIANA

COMANDO DEI SERVIZT SANITARI - DIREZIONE DI SANITA

C apo d ei St r viz i Sanitar i e Dire ttore d i Sanità: M agg. Gen me. D. D' A 'lLERJ

OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI FTRENZE

Dir ~ttore: Col. me . /\. P AL\H ERJ

CONSU LTORIO PSICOLOGICO

Coo rdi na to re : Te n Col. me D S,11.vucn

«FRAMMENTO DI UN INTERVENTO PSICOTERAPICO E FFETTUATO

PRESSO IL CONSULTORIO PSICOLOGICO DI FIRENZE »

Ten . Col. me . D. Salvu cci

PREMESSA

L'impulso a rifer i re sul presente caso clinico, ha, in chi scrive, diverse fonti e tra esse le seguenti: a) Sottolineare l'importanza, nello sviluppo psichico umano , delle relazioni all'interno della famiglia, e in particolare del modo di rapportarsi dei genitori ai figli, di come questi possono introiettarne le figure, e dei vissuti precoci, vale a dire i n tenera età, nei confronti d i esse.

6) Rilevare come anche in una Istituzione pubblica sia possibile una relazione psicoterapica trasparente e valida; e ciò è a maggior ragione significativo se si tiene conto che l'intervento in questione è stato effettuato in luogo militare (il Consultorio Psicologico de ll 'Osped ale Militare di F i renze) ed essendo sia l'Operatore che l 'Utente entrambi mili tari.

c) Ch iarire, ovviamente entro cerri limiti, come l'emergenza dal sistema preconscio -inconscio di positive forze evolutive ed adattanti può rappresentare l' iniz io della guarigione di certi disturb i psichici.

Ma veniamo all'intervento effettuato, del quale per ragion i di spazio non ci è possibile riferire tutto ma solo gli aspetti salienti vale a dire appunto un frammento (usando una terminologia freudiana).

IL CASO CLINICO

Trat t avasi d i un Fante di anni 21 giunto a lla osservazione degl i Operatori del Consultorio Ps ico logi-

«Coraggio, la vita è in marcia verso un vivere eterno , dilatato da intima fiamma , si trasfigura il nostro senso». (NOVALIS, «Inni alla notte»)

codi Firenze nel Marzo 1985 e seguito fino al Novembre 1985. L'Anamnesi Familiare eseguita in sede di primo colloquio era scarsamente significativa (a parte riferite crisi di angoscia ricorrenti della madre , e analogru diswrbi da parte de l nonno materno) e cosf pure per quanto concerne l'Anamnesi Fisiologica e Patologica Remota. Poco prima dell'arruolamento aveva dovuto ricorrere a un blando trattame nto psicofarmacologico con Valnoctamide prescritto dal suo medico curante.

L'Utente, quando giunse al Consultorio, aveva già usufruito (per una crisi isterica) di una licenza di convalescenza (14 giorni) al termine della quale era staro fatto rientrare al Reparto di appartenenza, e stava usufruendo di un'altra perché una volta rientrato aveva di nuovo avuto una crisi simile che ric h iese un ulter iore provvedimento medico-legale. Nel complesso il pazient e, nel mese antecedene l'inizio del trattamento psicoterapico, ebbe due crisi isteriche nell'ambito della Caserma e una crisi di angoscia presso la propria abitazione. Le cris i erano state in relazione , non solo temporale , con due event i frustranti precisi avvenuti all'interno del prop ri o a mbiente di serv i zio tra la sua persona e figure dotate di autorità su di lui . Entrambi gli eventi frustra n t i portarono allo scatenarsi successivo delle crisi che venivano cosf descritte sul piano sintomatolog ico: cefalea, astenia intensa, poi freddo a tutto il corpo, senso di oppress ione toracica, infine parestesie agli art i e al tronco fino a non poter muovere avambraccio e mano né dita a sinistra, con insensibilità cutanea alla stessa zona congiuntamente ad impaccio alle

279

cl i ta della mano destra; l a crisi (della durata di circa 20 minuti) veniva vissuta con sensazione penosa di imminente pericolo di vita, si accompagnava a vertigini ma non a perdita di coscienza.

L'Esame Obiettivo Neurologico al momento del colloquio era negativo e le difficoltà motorie che si manifestavano durante le crisi erano inquadrabili in <<pseudoparalisi»; guestO era anche il parere peraltro sia dc.i medici del Corpo di appartenenza (che ebbero a constatare una crisi), che dei medici del Reparto Neuropsichiatrico Militare che pure avevano visitato l'Utente consig l iando successivamente il trattamento psicoterapico.

Inizialmente si procedette anche a un rilievo testologico mediante somministrazione di reattivi autodescrittivi; di seguito riportiamo i punteggi ottenuti agli stessi:

- M.M.P.I. (Minnesota Multiphasic Personality lnventory) forma ridotta. Punteggi Percentili a lle Scale Cliniche e di Comrollo; L = 29; F = 7ì; K = 29; 1-Is + .5K = 68; D = 85; Hy = 71. Pd + .4K = 81; Mf=64; Pa=81; Pt+1K=88; Sc+lK=96; Ma+ .2K - 59; Si= 82. Considerazioni: «Il reattivo evidenzia una notevole compromissione emotiva, le reazioni psicofisiologiche sono accenruate e l'ideazione è polarizza t a a tematiche depressive. Il paziente tende ad espletare i propri conflitti emotivi in forma somatica, ricerca i rapporti interpersonali pur apparendo evidente una certa difficoltà ad aderire a comportamenti convenzionali (possono comparire idee di tipo persecutorio). L'ansia libera raggiunge livelli estremamente elevati e sono possibili acting out. Tende a fantasticare privilegiando questa attività al confronto col reale, da questo conseguono scarse attività sociali».

- E.P.I. (Eysenck Personality Inventory). Punteggi ottenuti: Scala E (Estroversione-Introversione)"' 8 (Valore massimo= 18); Scala P (Tendenze allo Psicoticismo) = 1 (Valore massimo - 8); Scala N (Tendenze al Nevroticismo) - 19 (Valore massi mo = 15).

Consi d erazioni: << I punteggi e l'ana lisi delle risposte agli itcms depongono per evidenti tendenze al nevroticismo.»

- C .D .Q dell 'I. P.A.T. (Questionari o d i autovalut azione utile per lo studio della depressione). Punteggi Ponderati ottenuti, tenendo conto del Fattore di Correzione e riferiti a un campione di soli maschi: Sten= 10; Percent ile= 100 Cons iderazion i: «Il reat-

tivo evidenzia un'ideazione caratterizzata da tematiche e modalità depressive».

Furono effettuate nel complesso venti sedute psicote r apiche pe r Lm to tale di circa trentu ore di intervento. Le stesse furono ispirate ai Principi e Metodi della Psicosintesi Terapeutica e permisero al 15 ° incontro, vale a dire all'inizio del Giugno 1985, il reinserimento de ll 'Utente presso il proprio Repa r to di appartenenza.

Elementi saliemi emersi durante la Relazione Terapeutica furono i seguenti:

a) I genirori venivano descr itti come non aver avmo nel passatO una percezione esatta dei vissuti del proprio figlio, il quale affermava nei colloqui (condotti visà-vis) che pur non avendo mai avuto prima dell'arruolamento c r isi violente come quelle in precedenza descritte, turravia dall'età di 5-6 anni e per una frequenza anche di 3-4 volte al mese soffriva di episodi di cefalea, angoscia e pianto (senza parestesie né pseudoparalisi) alla minima contrarietà; di ciò solo raramente i genitori venivano a conoscenza. La comunicazione tra gli stessi veniva descritta come fredda, non genuina, caratter izzata da d iscussioni interminabili anche per cose di poco conto e che non approdavano a decisioni di sorta. Lo spazio fisico della propria abitazione veniva riferito rist retto (rutta la famiglia dormiva nella stessa stanza da letto, compresa quindi la sore ll a dcli' Utente). Il sonno da qualche anno era agitato, e nei sogni trasparivano tematiche sessuali e di grandiosità (con episodi che erano l'esarto contrario di quello che avveniva nella realtà, caratterizzata da grigiore e difficoltà nelle relazioni affettive).

b) Emerse inoltre durante i colloqui che la figura genicoriale maschile era vissu ta complessivamente in maniera negativa e conflittuale; verosimi l mente ciò non aveva facilitato una sana risoluzione del Complesso Edipico, e aveva ostacolato pertanto il normale processo di i ndividuazione del soggetto Il r ieme rgere di t ale conflittualità nell'ambito della Caserma con figure dorate di autorità, spiegava da un punto di vista psicodinamico l'insorgenza delle crisi isteriche.

La focalizzaz ione d i questo processo forni la chiave per l'intervento psicoterapeutico basato su consigli, sedute di rilassamento con visualizzazioni guidate e interpretazioni, nonché analisi della attività onirica.

c) Per ragguagli are su ll 'evo luzione psicodinamica dell'Utente durante il trattamento, ci pare importante riferire, con le sue stesse parole, un suo sogno avvenuto dopo sette sedute e che è il seguente: «Mi trovavo in u n grande ambiente simile a una B anca, e ve d evo gl i

280

sportelli adibiti ai vari servizi; mi trovavo all'interno del banco perché dovevo parlare con il Direttore in quanto sarei stato assunto come dipendente. Tuttavia non ricordo bene la caratterizzazione dell'ufficio, se si trattava appunto di una Banca o invece di un Ufficio Postale o cos'altro, perché quando parlavo con il Direttore egli non mi diceva precisamente in che consisteva il mio lavoro, nonostante le mie pressanti richieste, sembrava come tergiversare; l'unica cosa che mi aveva detto era che dovevo stare molto attento nel lavoro perché avrei dovuto maneggiare parecchi soldi e quindi mi si era raccomandato. La cosa che mi aveva poi particolarmente sorpreso era il fatto che il Direttore di questo Ufficio non era altri se non il nostro medico di famiglia. Per l'assunzione mi aveva fatto molte domande su dati personali e familiari, domande che di solito si fanno in Ospedale, e anche questo particolare mi aveva sorpreso moltissimo. Nel sogno non mi chiedevo il perché di queste cose strane (il mio dottore come capoufficio, le domande sulla famiglia che si fanno ai ricoverati, ... ), mi preoccupava solo in che cosa consisteva la mia funzione in quest'Ufficio e la paura di non poter rendere perfettamente, dopo di che mi sono svegliato>>.

Il sogno coincise con il miglioramento clinico dell'Utente che da quel momento non ebbe piu bisogno del blando trattamento psicofarmacologico con Flurazepam e Bromazepam inizialmente instaurato; nel contempo lo stesso cominciava a reinserirsi socialmente. L'umore andava stabilizzandosi e l'insonnia cedeva il posto a un sonno ristoratore. Il procedimento di associazione secondo la metodica psicoanalitica nei confronti degli elementi raffigurativi onirici nonché lo studio dei pensieri latenti e quindi del contenuto del sogno effetLUato successivamente insieme all'Utente, permettevano di inferire quanto segue: l'emergere (dal preconscio) del desiderio di un rapporto relazionale con una figura dotata di autorità e capacità terapeutica (non è difficile vedere in essa l'Operatore stesso), congiuntamente al desiderio di rendere nel lavoro espletato (la Relazione Terapeutica), costitui la base del miglioramento sul piano clinico e della ristrutturazione di personalità.

Successivamente la relazione empatica e transferenziale evidenziatasi attraverso il sogno, e nella quale sì intravede una certa introiezione del terapeuta da parte dell'Utente, condizionò il precipitare del miglioramento del soggetto in modo da poter essere reinserito nella collettività militare con le sue normali attività di servizio; nel contempo lo stesso appariva piu dotato di iniziativa nella vita privata e andava reinserendosi in modo adattivo e attivo.

La Relazione Terapeutica ebbe termine nell'Agosto 1985 , e fu effettuato un controll o catamnes tico nel Novembre 1985, sia mediante colloquio che e videnziava la persistenza del soddis fac e nte equilibrio interiore del paziente e del suo adattamento , sia media nte somministrazione di una batteria di reattivi identica alla prima e della quale riportiamo di seguito i punteggi:

- M.M.P.I. (Minnesota Multiphasic Personality lnventory) forma ridotta. Punteggi Percentili alle Scale

Cliniche e di Controllo: L = 36; F = 49; K = 42; Hs + .·5K = 44; D = 41; Pd + .4K = 52; Mf = 62; Pa = 48;Pt+1K = 51 ; Sc+1K = 57;Ma+.2K = 49;Si = 69 Considerazioni: «Le reazioni psicofisiologiche appaiono adeguate alle circostanze, ed eventuali problemi emotivi dell'Utente nonché l ' ansietà ad essi collegata sono ben controllati sul piano comportamentale. L'umore è indifferente e il soggetto appare abbastanza attivo e intraprendente nelle relazioni sociali e adattabile alle nuove esperienze. Prevalgono comunque i momenti introspettivi , non essendo ele v ato il grado di interesse per le attive relazioni interpersonali».

- E.P.I. (E ysenck Personalit y Inventory). Punteggi ottenuti: Scala E (E stroversione-Introvers ione = 14 (Valore massimo = 18) ; Scala P (Tendenze allo Psicoticismo) = .3 (Valore massìmo = 8); Scala N (T e ndenze al Nevroticismo) = 15 (Valore massimo = 15).

Considerazioni: «I punteggi e l'analisi delle risposte agli items, depongono per una buona capacità adattiva e latenti tendenze al nevroticismo».

- C.D.Q. dell'l.P.A.T. (Questionario di autovalutazione utile per lo studio della depressione). Punteggi Ponderati ottenuti, tenendo conto del Fattore di Correzione e riferiti a un campione di soli maschi: Sten= 5; Percentile = 69. Considerazioni: «I punteggi non depongono per evidenti aspetti depressivi, tuttavia J'a. nalisi degli items evidenzia ancora la possibilità di una tendenza all'oscillazione immotivata del tono dell'umore>>.

La batteria confermava quindi il buon controllo ottenuto sui sintomi dell'Utente, nonché la sua maggiore capacità adattiva raggiunta; alcuni elementi sia dell ' E.P.I. che della C.D.Q. evidenziavano tuttavia come un ulteriore proseguimento del trattamento (interrotto in precedenza per volontà del paziente, che affermava di «potercela fare ormai da solo») avrebbe potuto garantire un più profondo rimodellamento di personalità.

281

L'intervento effettuato e la sua evoluzione ci sembrano esemplificativi delle seguenti considerazioni:

I) La psicoterapia nelle Istituzioni è un elemenro qualificante della assistenza psichiatrica pubblica per lo meno per determinate forme mor bose in specie di quelle nevrotiche, permettendo spesso un riequilibrio psichico stabile e non abbisognevole di assu n zioni piu o meno cronicheggianti di psicofarmaci.

2) La risoluzione non solo sul piano sintomatologico del disrurbo è in dubbiamente un fatto piu vantaggioso per il paziente e richiede tempi lunghi; tuttavia tale obiettivo può essere proposto, e realizzato pur se enrro certi limiti, anche nell'ambito della struttura sanitaria pubblica m ili tare, nonostante questa disponga, in specie per il personale di Leva, di tempi piu riscretti per l'inter· vento curativo.

Riassunto - L' Auwre descrive un traw1mento psicmerapico cf. fettuato presso il Consultorio Psicologico Militare dì Firenze in un caso <li disturbo da conversione isterica Evidenzia inoltre come la psicotcrnpia è un elemento qualificante della assistenza psichiatr ica pubblica.

Résu mé. - L'Autcur décrit un rraitemenr psychothérapique cf fectué <lans le Cemrc de Consultation Psychologiquc dc l 'Arméc dc Florence pour un cas de histhcrie. li mct aussi en évidencc quc la psychothérapìc esr un élémem qualifìant de l'assìsiance psychiatrique pubblìque.

Su mmary. - The Author dcscribes a psychothernpcmic trcatm<ent performed at the Army's f>sychological Consultory of Horcnce, in a case of hystcrical convcrsion. Hc furthermorc emphasizcs ho\, thc psvchothcrapy is a qualyifing clcmcn1 lor public psycluarrtt a~sistancc.

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15) J\merican Psvchiatric Association, «DSM-1II 0 Manuale diagnoscico e st;Listico dei disturbi mentali,>, Masson lrnlia Editor i , Milano. 1983.

CONCLUSIONI
282

OSPEDALE MILITARE DI BOLOGNA

Dire [[ore: Col. me R PETIW~l:l 11

REPARTO ClllRURGIJ\ - ORTOPEDIA

Capo Reparto : Col mc F.. l.ARIJSO

PREVENZION E DELLA NAUSEA E DEL VOMITO POST-OPERATORI: ESPERIENZA CLINICA

Col. me . E. Caruso'"' S. Ten. me. M. Bergami''

Dr. S . Bonarelli"''' Dr. E. Vecchi''''

INTRODUZIONE

La comparsa di episodi singoli o ripetuti di vomito e/o nausea nell'immediato periodo post-operatorio, rappresenta una delle complicanze piu comuni dell'anestesia generale

Tale disturbo è attribuibile in parte all'azione emetica degli analgesici e dei gas anestetici, in pane all'aton.ia gasrro-imestinale che si instaura dopo l'intervento chirurgico.

Da queste premesse nasce l'interesse per quei farmaci che, usati a scopo profi lattico nell'immediato postoperatorio, siano in grado di assicurare una minor incidenza di tali compucanze.

A questo scopo abbiamo voluto sperimentare le proprietà antiemetiche del Domperidone la cui moleco la agirebbe bloccando i recettori dopaminergici periferici, senza peraltro superare la barriera ematoencefalica, caratteristica quest'ultima, che eviterebbe la comparsa di effetti psicotropi o neurorropi degni di nota.

MATERIALI E METODI

Abbiamo studiato un gruppo di 90 pazient i scelti con il metodo del doppio cieco, confrontando gli effetti anti emetici del Domperidone e dell' Aloperidolo con un gruppo di controllo (composto da 30 soggetti), cui veniva somministrata una terapia placebo.

Tale protocollo prevedeva l 'esclusione di soggetri con gravi patologie respiratorie e/o cardio-circolatorie per i quali essendo il rischio di una anestesia generale estremamente elevato, veniva preferira l'esecuzione di una anestesia loco-regionale.

Il gruppo di 90 soggetti risultava omogeneo per età e peso ed era composto da 51 maschi e 39 femmine so ttoposte a interventi di chirurgia ortopedica inanestesia generale condotta in parte in ventilazione spont anea, in parte in ventilazione artificiale meccanica.

I pazienti venivano premedicaci con dosi standard di Diazepam (20 mg.) e Atropina (0,5 mg.) somministrati per via intramuscolo almeno 45' prima dell' intervento.

L'anestesia veniva indotta con Thiopentone sodico a dosi ipnotiche e successivamente mantenute con una miscela gassosa contenente 0 2 e N 2 0 (rapporto 1:2 ) arricchila da vapori di Enfluorane.

Ove richiesto, il rilassamento muscolare e l'analgesia, venivano ottenuti rispettivamente con Bromuro di Pancuronio e Fentanyl nelle dose medi riportate in tavo la 2 - 3.

Per la decurarizzazione si utilizzavano prostigmina (4/5 mg.) ed Atropina (0,5/1 mg.) somministrate per via endovenosa. In tutti i pazienti venivano monitorizzati i parametri ca rdiaci e pressori.

Nell'immediato periodo post-operatorio venivano somministrati Domperidone (10 mg endovena) o Aloperidolo (2 mg. endovena) con la sola esclusione dei pazienti appartenenti al gruppo di controllo.

I pazienti venivano ripetutamente visitati nelle 24 ore successive allo scopo di verificare la eventuale insorgenza di nausea e/o vomito.

RISULTATI

Le caratteristiche dei pazienti oggetto dell'indagi ne sono riportat i nella tabella n° 1.

Le tabelle 2 e 3 indicano la quantità di farmaci usati all'induzione e nel periodo intraoperatorio, rispetti vamente per gli interventi condotti in respirazione spontanea o artificiale meccanica.

'' Ospedale Militare di Bologna: Reparto Chirurgia · Ortopedia;

~* Servizio Anestesia Rianimazione Cent ro-Traumatologico Ortopedico

Bologna - Primario: Prof. O. C:ivai.

283

Sono altresi riportati i tempi mcdi deUe operazioni chirurgiche.

Le tabe ll e 4 e 5 mostrano le percentuali delle complicanze (nausea e vomito), insorte nei pazienti duran te le prime 24 ore del periodo post-operatorio. Si noti come la percenrnale minore di dette complicanze sia attribuibile al gruppo trattato con Aloperidolo e come raie media aumenti negli interventi eseguiti in respirazione spont anea.

Dal!' analisi dei <lati finali del nostro studio possiamo osservare come l'Aloperi<lolo possieda un'azione antiemetica percentualmente superiore al D omperic.lone, sia nel gruppo dei pazienti in ventilazione spontanea che in quello dei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica. Ambedue i farmaci abbassano molto l'incidenza

N ° Pazienti ELà Peso Domperidonc 30 48 9,8 67,07 11,4 Alopcridolo Placebo ~ 30 30 49,2 8,9 48,15 15,2 67,1 10,7 72,9 12,2
Tabelu1 1
- Caratleristiche dei pa::.ienti - va/on medi D.5.
Alopcridolo Placebo N ° P,1zicnti 15 15 15 48.7 I Thiopentone Sodico mg. 270,5 50,2 256,8 56,8 265,9 Bromuro di Pancuronio mg. 4,3 1,2 4,5 0,8 4,1 0,6 Fentanvl mg. o, 15 0,06 0,14 0,08 0,12 0,08 1 Enfluorane % 0,85 0,52 0,89 0,45 0,97 0,62 Durata intervento (m ') 80 15 76 13 70 20
Tabellt1 2 - Interventi in ventilazione artificiale meccanica. Quantità dei farmaci usati all'induzione e nel periodo intraoperatono. - Durata interventi - Va/on medi D.S.
Domperidonc
Tabella J - Interventi in ventilazione spontanea Quantità dei /annaci usati all'induzione e nel periodo intraoperatorio. - Durata mterventi - Valori medi D.S.
N° Pazienti 15 Thiopentone Sodico mg. 306,8 65,8 Pentanyl mg. 0,10 0,06 Eniluorane % 1,3 0,52 Durata inrervenco (m') 59 20
Domperi<lone
284 Alopcridolo Placebo 7 15 15 300,1 59,2 316,6 64, 7 0,10 0,03 0,10 0,04 1,4 0,67 1,6 0,58 66 19 61 25
CONCLUSIONI
I

Tabella 4 - Complicanze rilevate nelle prime 24 ore dopo l'intervento nei pazienti sottoposti a ventilazione artificiale meccanica. - Valori percentuali -

Tabella 5 - Complicanze rilevate nelle prime 24 ore dopo l'intervento nei pazienti sottoposti a ventilazione spontanea. Valori percentuali -

di nausea e vomito rispetto al gruppo trattato con placebo.

Possiamo quindi concludere che pur risultando più vantaggioso l'uso dell' Aloperidolo, ambedue i farmaci contribuiscono significativamente a prevenire l'incidenza di complicanze così frequenti come la nausea e il vomito post-operatorio.

Essendo a nostro avviso giustificato l ' impiego profilattico di tali sostanze ne sarebbe auspicabile un loro uso routinario.

Riassun to. - Una delle complicanze piu comuni dell'anestesia generale è la comparsa di episodi singoli o r ipernti di vomito e/o nausea nell'immediato periodo post-operatorio.

Abbiamo st udiato 90 pazienti sottopos i i ad interventi di chirurgia ortopedica in anestesia gene rale: al termine dell'intervento abbiamo somministrato Dornperidone (10 mg. l.v.) o Aloperidolo (2 mg. I.v ) con l'esclusione di un grup po di controllo composto di 30 pazienti.

I soggetti presi in esame sono stati seguiti pe r u n per iodo di 24 ore.

Dai daLi in nostro possesso possiamo concludere che I' Alopcr-idolo è piu efficace del Domperidone nel prevenire la nausea e il vomito nell'immediato post-operatorio.

R ésumé. - Une des complications p lus habituelles de l'anesthésie générale c'est l'apparirion de épisodes, uniques ou avec répétition, de vomisscment et/ou de nauseé , ausitòt après une operation.

Nous avons étudié 90 palicnrs, soumis à une operation de chirw·gie orrhopédique avec l 'anes i.hésie gé nérale; après l'opcration nous avons a<lministré D ompe r idon (10 mg. en veine) ou llalopé-

r i<lo l (2 mg. veine) avcc I' cxclusion d'un groupe <le contròle avec 30 patienrs. Nous avons suivi les patiens pour 24 heures.

En conclusion, avec !es informarions que nous avons reçu, nous pouvons dire que l'Halopcridol est beaucoup plus fort contrc levomisse mcnt que le Domperidon.

S ummary. • One of the most common aft er-surgery early complication of generai anesthesia is the evenience o( vomit and nausea.

W/e studit:d 90 pati encs under generai anesthesia for orchopc<lic su rgcry; at che end of the surgery rhey werc treated with Domperidon (10 mg. l. V.) or Halopcridol (2 mg. I. V.); 30 patients did noc receive any drug.

The p ati enrs werc foUowed up for 24 hours.

After this experience we noticcd thar Haloperidol is more effccrivc rhan Domperidon ìn contro! of vomit and nausea.

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Nausea (%) Vomito(% ) Domperidone 18 10 AJoperidolo 11 7 Placebo 25 15
Nausea(% ) Vomito(%) Domperidone 20 13
15 9 P lacebo 28 20
Aloperidolo
285

UNIVERS ITÀ DEGLI STU Dl DI FIRENZE

SCUOLA DI SPEC IALIZZAZIONE IN AUDIOLOGIA

DirctLOrc: Proi F GIAC:C\I

OSPEDALE MILITARE D1 FIRENZE

rnrettore: Co l mc. Dr /\. PAJ è\llLRI

REPARTO OTO RI NOLARINGOIA T RICO

Capo Repano: C:ap. nw Dr. P. Bv11RATA

UN RARO DI «CUPO LO LITIASI» DA TRAUMA DEFLAGRATIVO

Cap. me. P. Borrata*

INTRODUZ IONE

S. Ten. me. M. Degli Innocenti* S. Ten. me. T. Savino'' *

Fin d ai tempi di Barany (1921 ), il ni s tagmo posizionale e la vertigine che l'accompagnava sono stati considerati espre ss ione di una lesione degli otoliti o delle conness ioni che i nuclei vestibolari ed il cervelletto contraggono col vestibo lo.

La valutazione del significato clinico diagnostico del nistagmo (Ny ) posizionale è strettamente legata ad alcuni aspetti del problema ancora abbastanza controversi: in particolare la pos s ibile correla z ione tra tipi di ny di posizione e di posi z ionamento nelle varie malattie e la tecnica di evoca zione del n y.

Per ny posizionale si intende quel ny che compare quando la testa assume una posizione diversa da quella «fis iologica » dell'uomo , cioè l'eretta.

Le posi zioni nelle quali va ricercato il ny sono:

1 ) a paziente supino;

2 ) a paziente prono;

3 ) a paziente sup in o con tes ta lacero- ruota ta a sinis tra (TLR Sx);

4 ) a paziente supi n o con cesta lacero-ruotata a destra ( TLR Dx );

5 ) a paziente supino con ce sta iperestesa, s ostenuta dalla mano dell'esaminatore ( HH = he ad hanging positio n o posizione di Rose );

6) a paziente supino con testa iperestesa e ruotata a de stra (HHR o po s izione di Rose DX );

7) a paziente su pino con te sta iperestesa e ruotata a sinistra ( HHL o Rose Sx).

Se il ny compare facendo assumere a l paziente le pos izioni s uddette in modo rapido, esso prende il n ome di ny di posizionamento (positioning nystagmus ) Se invece il ny compare anche con manovre estremamente lente, tali da non provocare un movi-

mento en dolin fatico, esso è chia mato ny di posizi one ( positional nystagmus ) in quanto dipende esclusi vamente dalla posizione assunta dal capo .

La maggior parte degli Autori concorda nel d ivide re il nistagmo posizionale in due categorie, in base alla regolarità del ny evocato: ny po s izional e parossistico ( N.P.P.) e n y posizionale stazionario ( N.P.S. ). Generalmente il N.P.P. viene evocato solo con manovre rapide e quindi è da consi derare come un class ico ny di posizionamento, mentre il N.P. S. dipende principalmente dalla posizione finale dell a testa, piuttosto che dalla manovra di posizionamento.

Il N .P. S persiste finché viene mantenuta la posizione della testa che lo ha provocato, spesso non si accompagna a vertigine e può essere unidirezional e o cambiare direzione nelle diverse posizioni della testa. Esso viene considerato l'espressione di una disfunzione del s istema , estibolare, che si ve rifica pi ù facilmente a livello p erifer ico, pur non assumendo valore di localinazione.

Il N. P.P . consiste in una «scarica » di ny, in genere rotatorio, prov ocato dal passaggio dall a po sizione seduta ad una posizione head-hanging. La pi ù comune varietà di N.P.P. (chiamata ny posizional e parossistico di Dix-H a llpike ), ha una latenza da 1 a 11 seco ndi , co mp a rendo cioè dopo qualche seco nd o dal raggiungimento della posizione critica. I n genere raie ny prevale in una sola posizione della testa, è

• Capo della Scz.ionc per la rF./\A., e docente alla Scuola di Specializza zione in /\ndrolo~ia:

•• Assistente del Reparto otorinolaringoiatrico dell'Ospedale Militare di Firenze.

286

antiorario nel passaggio dalla posizione seduta ad HHR e orario nel passaggio da seduto ad HHL, presenta una fase di incremento rapido ed una fase di decremento più lento e si inverte di direzione quando il paziente rorna in posizione seduta. La durata del ny, che è sempre accompagnato dall'insorgenza di un'imponente sintomarologia vertiginosa, res ponsabile di un grosso stato di disagio che porta il paziente a chiedere l'aiuto del medico, è limitata a 20-30 secondi.

È da notare inoltre che, ripetendo le manovre di evocazione, il ny e la vertigine tendono a diminuire di intensità, fino a scomparire (affaticamento del ny). La m anovra di evocazione fu ideata da Dix e

Hallpike osservando che i propri pazienti lamentavano l'insorgere della vertigine soprattutto nello sdraiarsi e nel girarsi nel letto e nella iperestensione della testa in posizione eretta. Essa consiste nel rapido passaggio del paziente dalla posizione seduta alla posizione HH, HHL, e HHR (fig. 1 )

È il medico a tenere la testa del paziente fra le mani e a guidare la velocità del posizionamento; la comparsa del ny è ovviamente seguita attraverso gli occh i ali di Frenzel, occhiali con lenci di 20 diottrie e un sistema di illuminazione interna, che hanno il duplice scopo di abolire la fissazione, che tende ad inibire il ny, e di ingrandire gli occhi del paziente per l'osservatore .

LA MANOVRA DI DIX-HALLPIKE

"" PO POSIZIONE 01 ROSE ,11 III• tt111po) FIGURA 1 287

EZIOLOGIA DEL NY POSIZ IONALE PAROSSISTICO

Mentre le prime osservazioni del N.P.P. risalgono agli anni '20 e la codificazione delle sue p rec ise e costanti caratteristic he agli anni '50, solo dal 1969 con Schuknecht si è scoperto il substrato anatomoparologico di questa sindrome veniginosa.

Schuknecht, sezionando le ossa temporali di due sue pazienti, che in vita avevano sofferto di vertigine parossistica posizionale, notò che in quei vestiboli che durante le manovre di posizionamento

erano in posizione più bassa ( il destro per l'HHR , il s inistro per l'HH L) esistevano delle alterazioni dei canali semicircolari posteriori. A ridosso delle cupole di questi canali semicircolari, egli trovò delle masserelle basofile delle dimensioni di 300-350 micro n; un sottile strato di questo materia le era anche sulla parere membranosa del canale semicirco l are posteriore, mentre la macula dell'utricolo er a ampiamente degenerata ed appiattita. Schuknechc chiamo questo fenomeno di deposizione di materiale sulla cupola del canale semicircolare posteriore «cu pol oliriasi« ( fìg. 2 e 3 ).

IL CANALE SEM(IRCOLARE POSTERIORE (r ut• •mpollirt poiteriort

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Egli ipotizzò, per spiegare l'origine di tale materiale, w1 distacco degli otoliti dalla macula dell'utricolo, degenerata per cause molteplici (deficit di circolo, traumi ecc . ).

Gli otoliti, una volta depositati sulla cupola, aumenterebbero il peso specifico della cupola stessa nei confronti dell'endolinfa. Ciò farebbe sì che la cupola possa essere eccitata dai bruschi cambiamenti di posizione del capo in maniera indipendente dal flusso endolinfatico. Gli otoliti si depositerebbero sulla cupola per gravità durante la stazione eretta, data la posizione declive della cupola rispetto all'utricolo nel canale semicircolare posterio re. Col passaggio brusco al clinostatismo si avrà un d istacco del deposito cupolare con conseguente st imolazione improvvisa della cupola e scatenamento della crisi vertiginosa.

La manovra Dix-Hallpike è la più adatta per in-

FI GURA 3

nescare proprio questo meccanismo e il ritorno in posizione seduta, alla fine dell'attacco vertiginoso, provocherà un nuovo attacco con caratteristiche opposte.

La teoria della cupo lolitiasi spiega anche le altre caratteristiche della vertigine parossistica posizionale. La durata limitata dell'attacco è dovuta al ritorno della cupola in posizione normale dopo il distacco degli otoliti; l'affaticamento del nistagmo è dovuto alla dispersione delle particelle nell'endolinfa col ripetersi delle manovre e la sua ricomparsa è impossibile finché non sia trascorso il tempo necessario ad una nuova stratificazione sulla cupola degli otoliti; la direzione del ny è dovuta alle connessioni eccitatorie del canal e semicircolare posteriore col muscolo obbliquo superiore omolaterale e col muscolo retto inferiore controlaterale; la latenza, che può raggiungere i 10-11 secondi, è analoga a quella

Il (ANALE SEMICIRCOLARE POSTER IO RE NELLA CUPOLOLI TIASI
289

degli otoliti, dato che la latenza con cui normalmente la cupola determina una deviazione angolare dei bulbi oculari non va oltre 0,5-1 secondo.

Tab.

- Provocato da una manovra rapida di posizionamento

- Prevalente in una posizione Dx o Sx e solo raramente bilaterale

- Prevalente componente rotatoria (oraria a Sx e antioraria a Dx )

- Latenza di comparsa (3-10 secondi)

- In cremento rapido e decremento più lento

- Affaticamento

- Inversione del ny al ritorno in posizione seduta

- Esauribile

TERAPIA DELLA VERT IGINE PAROSSISTICA POSIZIONALE

La V.P.P. ha una tendenza spontanea al miglioramento e in alcuni casi alla risoluzione. L'introduzione nella pratica clinica della riabilitazione vestibol are teorizzata da Norré (1979) ha tuttavia dimostrato come quesco tipo di vertigine sia perfeccamente dominabile in tempi più brevi risperco ad una eventua le risoluzione spontanea e in una percentuale di casi che sfiora il 100 % (No rré 1980, Pagnini 1980, Brande 1980, Nuci 1983).

li paziente viene sottoposto a due cicli giornalieri di manovre di posizionamento di Dix-Hallpike, ripetute 5 volte, eseguendole in maniera brusca erimanendo nella posizione provocatrice fino a l termine dell'attacco vertiginoso. li meccanismo di az ione è duplice: da un lato s i attua un'abitudine centrale, per cui l'input anomalo proveniente dal vestibolo viene via via riconosciuto e accettato co me normale dalla co rtecc ia; dall'altro si provoca una dispersione degli otoconi lungo le pareti de l canale semicircolare posteriore, liberando in tal modo la cupola delle masserelle che ne provocano la stimolazione. È dimostrato che l'uso di farmaci in alternativa o in aggiunta alla riabilitazione vestibolare è del rutto inutile.

DESCRIZIONE DEL CASO CLINICO

In letteratura sono stati descritti centinaia di casi di V .P .P. da cupololitiasi. Sulla origine della cupololitiasi si sa tuttavia ancora poco. li 50-60% delle cupololiciasi è idiopatico, un 10% si fa risalire ad insufficienza vertebro-basilare, un altro 10% a lesioni periferiche non specifiche, la parte rimanente , dal 18 al 30%, a seconda delle casistiche, a traumi crarnc1.

Per quanto riguarda le vertigini posccraumariche, esse ini7iano sempre subito dopo il trauma, o comunque il paziente se ne accorge appena è in grado di effettuare i movimenti capaci di scatenarle, magari dopo un periodo di immobilità a letto.

Nella maggior parte dei casi si tratta di traumi cranici da incidenti stradali, solo raramente con frattura del temporale.

Colpiscono in genere soggetti con età media piu giovane rispetto alla norma e sono le più rapide a guarire con la riabilitazione. Non ci risulta che sia mai staro descritto un meccanismo come quello che ha scatenato la patologia nel nostro paziente. Nel mese di occobre 1984, mentre scava effettuando al poligono militare il lancio di una bomba a mano da esercitazione del tipo SRCM, il paracadutista C.P. di anni 19, scivolava all'indietro, lasciandosi sfuggire di mano l'ordigno. Questo esplodeva a circa mezzo metro di distanza sul suo lato destro. Subito soccorso, egli veniva trasportato all'Ospedale Civile di Arezzo dove gli erano diagnosticate ferite multiple da scoppio con ritenzione di corpi estranei metallici in regione zigomatica dx, regione delcoidea dx, al terzo medio del braccio dx e in regione soccoscapolare dx. li paziente non r icordava di aver battuto il capo né di aver perso conoscenza; comunque venne sottoposto ad un Rx del cranio che non evidenz iò alcuna frattura. Gli esami radiografici misero ovviamente in luce la presenza di corpi estranei metallici all'emisoma dx. L'ECC era normale, l'esame oculistico dimostrò una abrasione corneale con congestione iridea, probabilmente da polvere. Pur accusando vertigini, il paziente non venne sottoposto ad esame oconeurologico. Il soldato fu dimesso dopo secce giorni di degenza ed arrivò quindi alla nostra osservazione, presso l'Ospedale Militare di Firenze.

L a visita chirurgica e la visita oculistica confermarono la diagnosi dell'Ospedale Civile. Il paziente venne però anche sottoposto ad opportuni esami dal

1 • Caratteristiche cliniche del ;,./. P. P. secondo Baloh
290

punto di vista vestibolare.

L'esame obiettivo O.R.L. era nei limiti de1la norma, mentre l'esame audiometrico dimostrò una lieve ipoacusia neurosensoriale bilaterale sui toni acuti con perdita di 30 dB , probabile esito del trauma acustico. Il timpanogramma risultò normale, mentre l'esame otoneurologico mise in luce una vertigine parossistica posi z ionale, con ny rotatorio antiorario nel passaggio dalla posizione seduta ad HHR, fenomeno di inversione e netta tendenza all'affaticamento. Il paz iente riferì che la vertigine, da lui peraltro già avvertita durante il ricovero in Ospedale Civile, era scatenata da brusche variazioni di posizione del ca po. Una volta diagnosticata la cupololitiasi Dx , si consigliò al soldato di eseguire gli esercizi di rieducazione vestibolare secondo gli schemi correnti, già descritti in preceden za.

DISCUSSIONE

In base alla nostra esperienza ed anche dopo aver confrontato i dati riportati in letteratura , non risulta sia stato fino ad ora descritto un caso analogo di cupololitiasi da trauma deflagrativo a brevissima distanza. Dobbiamo però mettere in evidenza la eventualità di una eziologia di tipo «co ntusivo ,> da ricollegare al possibile trauma cranico che il paziente può aver riportato, senza peraltro accorgersene, nella dinamica della caduta. Infatti la deflagrazione ha proiettato, oltre le schegge metalliche, anche del terriccio sul viso del paziente, mascherando così una eventuale obiettività di tipo contusivo.

D al punto di vista prognostico, sempre in base alla nostra esperienza, la buona esecuzione degli esercizi di rieducazione vestibolare porca ad una completa restitutio ad integrum, con totale annullamento della sintomatologia vertiginosa, permettendo nel contempo ai soggetti colpiti il ripristino di condizioni di vita del tutto normali. Normalmente ciò avviene con intervalli di tempo variabili tra i 1O ed i 40 giorni; mentre le forme post-traumatiche richiedono un tempo di guarigione più breve, dell'ordine dei 10-15 giorni.

Riassunto. - Gli Autori descrivono un raro caso di cupo• lo litiasi da rrauma deflagracivo occorso ad un giovane paracadutista , scivolato mentre si accingeva a lanciare una bomba a mano del tipo SRCM. La cupololiriasi viene descritta nelle sue caratteristiche anacomo-cliniche e vengono messe in evidenza le differenze con la vertigine di posizione. Viene infine descritta la terapia di questo tipo di vertigine.

Résumé. - Les Auteurs décrivent un rare cas de cupololithiase, pour un trauma déflagratif arrivé à un jeune parachuciste, glissé tandis qu'il jétait une bombe type SRCM. La cupololithiase est décrite avec ses caractérisriques anacomocliniques et on relève les différences avec le vertige de positioo. Enfin on déc rir la thérapie de ce type de vertige.

Summary. - The Authors present an exceptional case of cupololithiasis owing co a burst happened ro a young paratrooper, who slipped while he was dropping one SRCM hand grenade. The Authors go through the anatomie and clinic aspects of the cupolo lirhiasis and point out che differences berween this form and che posirional vertigo. At last they describe the theraPY of this kind of vertigo

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291

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA

C linic.1 O tori nolaringoiatrica

Direttore: Pr1>f \' R1cc:.i

OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI VERONA

D1RiorrnRr.: CoL MF.. ;\1 P1.t.SUA

LA RIABILITAZIONE UDITIVA MEDIANTE IMPIANTO COCLEARE

S. Ten. me. M. Carner

Magg. me. E. Kieffer

S. Ten. me. C. Crosara

INTRODUZIONE

Una recente indagine epidemiologica (Arpin i, 1980) ha permesso di rilevare che il 18% della popolazione adulta nazionale, pari quindi a circa 5 milioni di persone, accusa disturbi uditivi. li 35% di questi soggetti è trattato con terapia medica o chirurgica, il 10% non è recuperabile con alcun tipo di terapia, il 55% viene trattato con terapia protesica. Questi dati dimostrano l'importanza del ruolo dei sussidi protesici nell'ambito della riabilitazione udit iva.

Le protesi tradizionali, pur con le enormi potenzialità che le caratterizzano, possiedono a tutt'oggi ancora dei limiti. In particolare nell'ipoacusia neurosensoriale cocleopatica di grave entità il sussidio protesico difficilmente permette di ricondurre la soglia ad un livello socialmente accettabile. Ciò per la comparsa di distorsioni del messaggio sonoro dovute ad una riduzione del campo dinamico uditivo e della discriminazione in frequenza del soggetto. In definitiva si può affermare che tanto più grave risulta essere il grado di sordità, e quindi più ridotto il range dinamico uditivo, tanto più scarso sarà il beneficio che può derivare dall'utilizzazione di una protesi acustica. Tali limitazioni hanno stimolato numerosi ricercatori nei campi medicochiru rgi co, bio-ingegneristico ed elettronico al fine di perfezionare e migliorare le capacità di amp lifi cazione delle tradizionali protesi acustiche. Questi sfo rzi hanno portato parallelamente alla progettazione e costruzione di un diverso e rivoluzionario modello protesico il cui uso si può prospettare nei soggetti con sordità sensor ial e cocleopatica bilaterale così da toglierli dall'isolamento acustico cui erano irreparabilmente relegati: tale sussidio protesico viene definito impianto cocleare.

RICH1AMI

ANATOMO-FIS IOLOGIC I DELL A PARTIZIONE COCLEARE

Come è noto l'energia sonora viene trasformata dal complesso timpano-ossiculare in energia meccanica vibratoria. I movimenti alternativi della platin a stapediaJe nella finestra ovale generano oscillazioni ondulatorie idrodinamiche dei liquidi endolabirintici; queste, a loro volta, determinano caratteristici spostamenti sinusoidali della membrana basilare che si traducono in quella che Yon Békésy definì «onda migrante » ( Fig. 1 ) .

La sua ipotesi era basata sui riscontri anatomici che permettevano d i spiegare le diverse propriet à elastiche della membrana basilare lungo il decorso.

L'onda migrante, indipendentemente dalla frequenza dello stimolo sonoro, parte sempre dalla base cocleare, dove la membrana basilare è più rigid a, e si propaga verso l'apice, dove essa è più elastica.

Fi g. I . R appresent azion e schem a Lica della m od alità d i pro p aga· zio ne dell 'o nda mig rante

L'ampiezza dello spostamento della membrana basilare aumenta progressivamente fino ad un massimo, la cui localizzazione varia a seconda delle caratteristiche spettrali dello stimolo sonoro, perdiminuire subito dopo in modo drastico ( Fig. 2 ) .

292

Eventi di micromeccanica cocleare sono alla base della trasformazione dell'energia meccan ica in energia elettrica Gli spostamenti alternativi della membrana basilare non sono sufficienti, in quanto ta li, a stimolare direttamente le cellule sensoriali: è solo per i rapporti spaziali che intercorrono tra membrana basilare e membrana tectoria che uno spostamento di quella produce un a deflessione deJle cilia d elle celi ule sensoriali del!' organo del Corti (Fig. 3).

I pattern ondulatori della membrana basilare e delle cilia sensoriali permettono un grado di analisi dello stimolo sonoro. Le modificazioni dei potenziali elettrici a riposo delle cellule ciliate determinano la libera zione di neurotrasmettitori alla loro estremità basale in contatto con le terminazioni nervose afferenti del nervo V llI; questo evento che avviene in modo graduale è responsabile dell'insorgen za del potenziale d'azione il quale possiede però caratteristiche del tipo «tutto o nulla » (Fig. 4 )

25 cp<

50 cp,

100 cps

200 cps cp<

)O

Di<ta nce lrom s l ape< 1mm)

( d• 19110 )

Fig. 2 - Modalità di vibrazione della membrana bas il are in rappor-

Fig. 3 - Rappresentazione schematica di una sezione trasversa dei rapporti intercorrenti tra membrana basilare e membrana tectoria (s inisrra) e dell'organo del Coni (a destra). Si noti che la membrana basilare è connessa ad entrambe le estremità memre la membrana tectoria è fissata ad 1m solo margine; tale disposizione anaromica, per uno spostamento verso l'alto del sistema determina ,un movimento di scivolamento de ll a membrana basilare nei confronti della membrana tectoria che produce una defless ione delle cilia delle cellule sensoriali adese alla sua supe rf icie inferiore.

STIMOLO

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( d• Towe r mod )

Fig. 4 - Sistema di tra sduzione meccano -elettr ico e codificazione dell'impulso nervoso.

293

CRJTERI DI SCELTA PER L'IMPIANTO COCLEARE

Numerosi possono essere i meccanismi etiopatogenctici responsabili di cocleopatia acquisita bilaterale di grave entità; essi vengono schematicamente così riassunti:

- infezioni virali e batteriche;

- idrope endolinfatico;

- traumi acustici, cranici e barotraumi;

-disordini metabolici ed endocrini ( dislipidemie, avitaminosi, insuff. renale cronica, diabete, ipotiroidismo, etc.);

- disturbi circolatori ( arterosclerosi );

- presbiacusia;

- intossicazioni esogene ( farmaci aminoglicosidici, diuretici, ac. acetilsalicilico );

- malattie autoimmunitarie e congenite tardive;

- malattie distrofiche della capsula otica ( otosclerosi );

- cause sconosciute.

La conseguente distruzione delle cellule ciliate interne ed esterne impedisce il fisiologico processo di trasduzione meccano-elettrica dello stimolo sonoro per cui esso non può essere percepito anche se tutte le fibre neurali afferenti sono ancora intatte.

Questa funzione trasduttoria viene vicariata dall'impianto cocleare: il di s positivo elettronico el abora lo stimolo sonoro in ingresso e lo trasforma in modeste quantità di corrente elettrica che poi invia in vicinanza del nervo uditivo determinando così la sua attivazione altrimenti non possibile.

Nell'ambito dei pazienti con ipoacusia sensoriale cocleopatica i criteri clinici che indirizzano nella scelta dei soggetti da sottoporre ad impianto cocleare sono i seguenti:

- grave entità del danno funzionale (ipoacusia percettiva superiore a 95 dB SPL );

- bilateralità della lesione;

- insorgenza dell'ipoacusia in età post-verbale;

- positività del test di stimolazione elettrica extracocleare del nervo VJII per una indispensabile valutazione della capacità residua di conduzione dello stesso.

È altresì necessario che il soggetto canditato garantisca una adeguata collaborazione e quindi sia esente da deficit neuro-psicologici associati.

Generalemente si sottopone all'impianto cocleare l'orecchio maggiormente ipoacusico per evitare, a quello con migliore funzionalità uditiva residua, il rischio di eventuali lesioni iatrogene.

CARATTERISTICHE TECNICHE E MODAI J . TÀ DI APPLICAZIONE DELL'fMPIANTO COCLEARE

L'impianto cocleare schematicamente è costituito da ere elementi ( Fig. 5 ): l'apparato di stimol azione o generatore di impulsi elettrici che rappresenta il modello elettronico della coclea (I unità ) ; i l sistema è in grado di analizzare il messaggio sonoro ricevuto da un microfono ad esso collegato e codificarlo in particolari impulsi elettrici. Questi vengon o trasmessi attraverso il sistema di connessione (Il porzione) all'elettrodo posto nell'orecchio interno ( III porzione ).

ccn"et tore esterno

F ig. 5 · R app resentaz io n e schematica delJ ' impianto coc leare con elettrodo au ivo di t ipo monopolare.

Possono essere utilizzati tre tipi di elettrodo inrracocleare: monopolarc, multielettrodo e multicanale. li tipo monopolare è costituito da un filo di platino contenente una percentuale di iridio ( 10% ) della lunghezza di 10-15 cm, della sezione di 200500 micron, che termina ad una estremità con una pallina rappresentante il punto di stimolazione. Questo elettrodo viene posizionato nella rampa timpanica della coclea anraverso la finestra roronda. Il tipo multielettrodo è costituito da più elettrodi stimolatori, isolati tra di loro, che trasferiscono alla !>trutture della partizione cocleare tutta l'informaLione elettrica generata dal modello artificiale di coclea riproducendo la tonotopicità cocleare. Se sul segnale elettrico viene effettuata un'analisi spettrale cd ogni elettrodo trasferisce componenti spettrali differenti, il sistema multielettrodo prende anche il nome di «multicanale».

L'intervento di impianto viene attuato in anestesia generale in un solo tempo della durata di circa

294

due ore. Esso prevede l'incisione retroauricolare, l'apertura della mastoide e la visualizzazione della cavità timpanica. Sulla superficie del processo mastoideo, in una fossetta all'uopo creata, viene posizionata una bobina magnetica (connettore interno ) che si accoppia con l'elettrodo attivo posto nell'orecchio interno. Questo è inserito lungo la rampa timpanica attraverso la finestra rotonda. Un altro elettrodo (elettrodo indifferente o di terra) viene posto nella cavità timpanica ovvero in corrispondenza del muscolo temporale in sede sottocutanea. Verificata la validità dei contatti tra elettrodi e connettore attuati per mezzo di sottili fili metallici, si richiude il campo operatorio. A distanza di 2-4 giorni il paziente viene dimesso e quindi seguito periodicamente per circa due mesi allo scadere dei guaii, se non si sono verificati fenomeni flogistici o di rigetto, viene adattata la bobina magnetica esterna. Questa viene posta a contatto della cute in corrispondenza della bobina interna e trattenuta in situ generalmente con occhiali. Il connettore esterno è collegato tramite filo allo stimolatore elettrico, poco più grande di un pacchetto di sigarette che il paziente può tenere in tasca o agganciato alla cintura. Ad esso è collegato anche un microfono miniaturizzato mantenuto nel condotto uditivo esterno per mezzo di una chiocciola.

RTSUL T ATI E CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Da una rassegna della letteratura risulta che alla data odierna vi sono nel mondo circa 400 soggetti portatori di impianti cocleari realizzati in differenti laboratori: tra questi si ricordano l'Ear Research lnstitute di Los Angeles, l 'Istituto di Audiologia dell'Università di Palo Alto, di Melbourne e di Erlangen.

la riabilitazione e l'adattamento all'impianto incominciano due mesi dopo l'intervento. Il programma continua per circa un anno, inizialmente al centro, poi a domicilio; coinvolge pertanto sia il paziente sia la sua famiglia.

È stato dimostrato (House, 1980) che nei pazienti sottoposti ad impianto cocleare si ottiene un buon recupero uditivo tonale medio dell'ordine di 60 dB HL. Tuttavia l'udito di questi pazienti è diverso da quello normale: la stimolazione elettrica del nervo acustico genera suoni non modulati come i suoni normali, privo quindi di quelle numerose va-

riazioni di frequenza che caratterizzano questi ultimi. I suoni «artificiali» così ottenuti sono assimilabili a suoni metallici o a quelli provenienti da una radio non perfettamente sintonizzata. I messagi ricevuti devono essere decodificati secondo un protocollo rigoroso e che richiede un adeguato addestramento; ma i pazienti dopo «aver imparato a sentire» sono in grado di riconoscere tutti i suoni dell'ambiente (telefono o sveglia che squilla, porta che sbatte, tazzina di caffè infranta, cane che abbaia). Essi non sono ancora in grado di capire le parole ma riescono molto meglio nella lettura labiale, comprendono il discorso molto più facilmente di prima. In Letteratura non sono riportati effetti iatrogeni quali ad esempio i processi infettivi. Non sono state segnalate relazioni statisticamente significative tra durata della sordità e livello di soglia con e senza protesi tradizionale o con impianto cocleare; tra etiologia della sordità e «perfomance» uditiva con impianto. Non vengono riportate alterazioni neuropsicologiche ad un anno dall'intervento mentre a tre anni sono riferiti addirittura un decremento dell'ansietà ed un miglioramento del tono umorale. I tracciati EEG non subiscono alterazioni significative.

Alcuni ricercatori (House, Pialoux, Chouard et Ali.) sostengono che l'impianto cocleare può rappresentare un'alternativa terapeutica alle sordità profonde a tal punto da essere paragonato ad una normale protesi acustica. A nostro avviso esso rappresenta a tuttoggi un'occasione di sperimentazione e di studio al fine di spiegare ciò che ancora non si conosce in termini di fisiologia dell'udito; occorre quindi contenere le aspettative irreali e gli eccessivi entusiasmi in considerazione del fatto che la codificazione e la decodificazione di messaggi vocali tramite la stimolazione elettrica dell'apparato uditivo non sono ancora ben conosciute.

Il problema cruciale tuttora da risolvere sta nella realizzazione del modello elettronico di coclea chiamato anche «speech processor», ovvero il sistema che deve generare il segnale elettrico perchè esso possa essere codificato dal nervo acustico come avviene per la codificazione di un segnale vocale in una coclea normale. È altresì importante rendere omogenee le tecniche relative ai test di pre e postvalutazione del soggetto da impiantare al fine di poter effettuare un confronto tra i vari risultati.

Riassunto. - In Italia il 55% dei soggetti affetti da ipoacusia è oggi trattato con terapia protesica convezionale. Gli sforzi

295

d1 numerosi m:cn:aton nei c.1mp1 oto-ch1rurg1Co, 610ingegncristico cd elettronico hanno portato al la progettazione e costnmone di un diverso e ri, oluzionario suss1d10 protesico che ,i basa sull'elettrostimolazione del nervo acustico: l'impianto cocleare.

Gli AA e,pongono le attuali conoscenze nguardann questo modello protesico il cui uso si può prospettare nei soggetti con ~r.ive sorditil ncuro- ~emorialc ,icuramcnte cocleare e bilaterale.

Rés umé. - Aujourd'hui en ltalie le 55% des sujet~ aneint~ dc surdiré est traité p a r prothesisation auditi conventionc ll e Le~ cffom de nombreux cherchcurs dans le champs de la microchiru rg1c otologiquc, de la bio-ingémeri~rique et dc l'électro111que ont permi~ la mise cn projer et la réalisarion d'une differenr cc rérnlurionnaire a1dc prothésique qui se base par la srimulanon élcctrique du nerf cochléaire: c'est l'implantarion cochlé.11re.

Les Aureurs présenrent le compres rendu, sur les acruelle, connaissances à propos de cc modélc prothésique l'urilisation duquel peuc erre présentée aux sujers avec surdité de pcrceprion profonde certainemenr cochlea1rc et bilatérale.

Summary - In l taly 55% of subjeccs suffering from hearing loss is rreated with aided thcrapy. Efforts of severa! researchers 111 oro-surgical, bio-engmcerisric :md elecrronic ficld ger to a modem audirory device based on elecrrical ~timulati on of the VIII c.n.: cochlear implant.

I hc Author~ expl.1111 rhe .1crual knowledge, about rh1s ne\1 prosrhcsic model which is suirnble ro ~ubjecr~ wirh profound .1nd b1l,1teral ,cn,onncural hcanng lo,\ of cochlear ongin.

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296

UNIVERSITA DEGLI STUDI DI ROMA «LA SAPIENZA

OSPE DALE MJLITARE PRINCIPALE DI ROMA

Dire n o r e: Col. me . M. D1 M ARTINO

T2 DIVISIONE DI CHIR U RGIA

C apo Reparto: T en . Col. me. V . CON'fREAS

SERVIZIO Dl RADIOLOGIA

Ca po Re pa rto: Ten Col. me G. PlITONI P ANSA

SU UN CASO DI FIBROXANTOSARCOMA DEL RENE

A. Ca v allaro '''

A. Moli s so'"' * '''

V. Contreas1 1 1 '

M . Di Giacomo **

l s-arcorni primitivi del rene, nell'adulto, sono piuttosto rari, rappresentano l ' l -3% di tutte le neoplasie maligne primitive del rene (L uke e Schlumberger, 1957; Gran mayeh e Coli. , 1977; Kansara e Powell, 1980).

Revisioni sull'argomento sono state effe t tuate per iodicamente (Mintz, 1937; Culp e Hartman, 19 48) ; fra le piu cospicu e se r ie fin ora riportate s ono quella di 2 6 casi della Mayo Clinic (Farrow e Co ll ., 1968) e quella di 18 casi dello Sloan-Kett e ring Cancer Center (S rinivas e Coll. , 1984).

P articolarmente raro risulta essere il fibroxan t osarcoma (Bennington e Beckwith, 1975; Chen, 1979; MacEachern e Coll., 19 81).

CASO CLINICO

M I gino, maschio , nato nel 1932.

Il paziente, che aveva goduto fino ad allora completo benessere, cominciò ad accusare , nell 'ottobre 1984, progressiva astenia, dimagrimento, nonché episodi febbrili caratterizzati da rialzo termico fino a 39 ° 5, preceduto da brivido, che recedeva spontaneamente dop o alcune ore con profusa sudorazione.

Nel gennaio 1985 veniva ricoverato presso l'O.M. Celio di Roma L'esame obiettivo consen tiva di apprezzare una tumefazione, a probabile sede retrope ritoneale, in corri spondenza dell'emiaddome sinistro. G li esami di l ab oratorio erano nega tivi a pa rte un marcato aumento d ella sedimetria (intorno a 90).

Un esame ecog rafico (fig. 1) deponeva per la presenza di una tumefazione a carico del rene sinistro; nor -

F ig 1 - Ecografia: la m il z a è norm ale, il rene sinistro è sede di un a voluminosa tumefazione.

» I 0 ISTITUTO DI CLINICA CHIRURGICA v a CLINICA CHIRURGICA
M. Nardi A . Rizzotto "1" '
297

mali milza e pancreas. L'urografia dimostrava la presenza di una voluminosa massa occupante la metà inferiore del rene sinistro.

La diagnosi di neoplasia renale veniva confermata da un esame angio-TC (fig. 2).

L'intervento (28 gennaio 1985) consisteva nella asportazione del rene sinistro in blocco con il grasso perirenale. Dopo un regolare decorso post-operatorio, il paziente veniva dimesso in XV giornata.

Attualmente, dopo 17 mesi, condizioni generali e locali buone, senza alcun segno di recidiva di malattia.

Fi g. 3

ESAME ANATOMOPATOLOGICO

Il rene è notevolmente aumentato di volume per la presenza di una voluminosa massa neoplastica di circa 12 cm di diametro, che sembra sostituirsi a circa 2/ 3 del parenchima renale, deformando i calici ed il bacinetto e che risulta contenuta all'interno deJla capsula renale, salvo un piccolo nodulo - di circa 7 mm di diametro - che compare lungo il profilo esterno del rene , nell'ambito del tessuto adiposo perirenale. In superficie di sezione (fig. 3) la massa appare compatta, di colorito giallo zolfo omogeneo, a conrorni netti nei confronti del parenchima renale; non si rilevano focolai emorragici né aree di necrosi; indenni i rami della vena renale esplorabili macroscopicamente.

L'esame microscopico (figg. 4 e 5) dimostra che il tessuto neoformato è ovunque nettamente delimitato da una pseudocapsula e che solo un'arca circoscritta infiltra, per pochi millimetri, il tessuto adiposo perirenale. L'aspetto del tumore è uniforme e caratterizzato dalla presenza di tre tipi di cellule: cellule xantomatose, cellule fusiformi simili ai fibroblasti, cellule giganti multinucleate assimilabili a cellule di Touton.

298
Fig. 2 · Angio-TC dimom·ante la massa che occupa quasi completamente la metò inferiore del rene s inistro · li pez zo o pera torio, ape rto.

In base a questi dati, viene posta diagnosi di fibroxantosarcoma renale, asportato in maniera apparentemente radicale.

COMMENTO

Fino all'inizio di questo secolo, molti tumori maligni del rene vehi.vano definiti come sarcomi; si riconobbe in seguito che la maggior parte erano invece dei carcinomi.

Il primo consistente progresso nella classificazione dei vari tipi di sarcoma renale fu effettuato con il rapporto di Berry (1919) su un caso di leiomiosarcoma. Per altro, per parecchi anni, quasi tutti i sarcomi renali vennero etichettati come fibrosarcomi (Mintz, 1937; Weisel e Coll., 1943; Culp e Hartman, 1948). Gli ulteriori progressi nella diagnosi microscopica hanno fatto quasi completamente sparire le diagnosi di fibrosarcoma renale; nella loro revisione della casistica del-

la Mayo Clinic, Farrow e Coli. (1968) non hanno rinvenuto alcun caso di fibrosarcoma.

11 leiomiosarcoma è senz'altro il piu frequente fra i sarcomi renali e varie decine di casi sono stati riportati (Niceta e Coll., 1974): nella casistica dello SloanKettering Cancer Center (Srinivas e Coll., 1984) beo 8 su 18 sarcomi renali sono leiomiosarcomi, mentre 3 sono rabdomiosarcomi e 2 fibrosarcomi.

Estremamente rari, e oggetto di sporadici rapporti, sono alcuni tipi di sarcoma renale, per ciascuno dei quali sono noti pochi casi, in genere meno di una decina. Fra questi, l'osteosarcoma (Soto e Coli., 1965; Micolonghi e Coli., 1984; Axelrod e Coli., 1978); il condrosarcoma (Gallagher e Coli., 1974; Pitfield e Coli., 1981); l'angiosarcoma o emangioendotelioma (Allred e Coll., 1981).

Raro anche il liposarcoma (Froug, 1941; Newman eReed, 1949;Edelman, 1951; CanoeD'Altorio, 1976; Kahn e éoll., 1985) la cui esistenza è peraltro discussa data la possibilità di confuzione con l' angiomi olipo-

Fig 4 - Veduta microscopica d ' assieme del tessuto neoplastico , al limite co n il pare nchima renale.
299
300
Fig. 5 • Dall'alto i n bassu, ad ingrandimento crescente, l' aspetto microscopico delle cellule tumorali. Gli dementi con nucleo piccolo e citoplasma vacuolizzato, assimilabili a cellule xancomarose, r isultavano sede, all'esame con il congelatore, di lipidi cristallini birifrangenti.

ma, del quale sarebbe però abbastanza caratteristica la presenza in pazienti portatori di sclerosi tuberosa Gudd e D onald, 1932; Hajdu e Foote, 1969).

U fibroxantosarcoma o fibroma istiocitario maligno è una neoplasia che si riscontra soprattutto nei tessuti molli delle estremità; tuttavia, è stato descritto anche a carico del retroperitoneo (O'Brien e Stout, 1964; Hahn e Schapiro, 1964; Kahn , 1973) ; casi isolati a carico del rene sono stati riportati da Bennington e Beckwi th (1975), Chen (1979), MacEachern e Coli. (1981), Srinivas e Coll. (1984). Il tessuto neoplastico è caratteri zzato da elementi simili ai fibroblasti frammisti ad istiociti rigonfi con nuclei vescicolari e variabiJj quantità di lipidi nel citoplasma e da elementi giganti spesso multinucleati assimilabili alle cosiddette cellule di T outon (Kempson e Kyriakos , 1972). Questo tumore presenta una spiccata tendenza alla recidiva, raramente alle metastasi, e la terapia migliore sembra essere l' escissione radicale (Usher e Coli , 1979).

Riassunt o . - Gli Autori descrivono un caso di fibroxanrosarcoma renale, mettendo in ril ievo la rarità di questa neoplasia nel contesto dei non frequenti sarcomi renali primiLivi dell'adulto.

R ésumé . - Les Auteurs reportent un cas de fibroxanthosarcome du rein. L'analysc dc la litteracure relève la rarité de cc néoplasme dans le cadre des déja rares néoplasies connectivales malins primitifs du rein (1-3% de toutes !es tumeurs malignes primitives du rein chez l' adult)

Summary. - A case of renai fibroxanthosarcoma (malignam [ibrous histiocytoma) is reported. A review of the literature revealed rhe rarity o( this tumour as a component of che class of primary renai sarcomas which are per se infrequent (represcnting about 1-3% of all primary malignant renai neoplasms).

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301

OSPEDALE MILITARE DI VERONA

Direttore: Col. mc ~I Pi.EsoA

REPARTO CJIIRURGIA ED ORTOPEDIA

Capo Reparto: Tcn. Col. mc. F PARISI

OSPEDALE CIVILE «MASSALONGO» - TREGNANO SERVIZIO DI RADIOLOGIA MEDICA

Primario: Prof G. FRATvcn o

UTILIZZAZIONE DELL'ECOTOMOGRAFIA NELLO STUDIO DEGLI ORGANI DEL COLLO

F. Pari si

G. Ferrari

M.T. Nisi

UTILIZZAZIONE DELL'ECOTOMOGRAPIA NELLO STUDIO DEGLI ORGANI DEL COLLO

L'anatomia del collo, risuha alquanto complessa, in particolare per gli stretti rapporti che organ i e strutture dj vari apparati assumono fra loro.

L'approccio ecografico si può avvalere sia di apparecchiature manuali che di tipo Real Time, comunque dotate di sonde ad alta frequenza, da 5 e/o 7 ,5 MIIZ.

TIROIDE

L'ecotomografia nello studio della patologia tiroidea trova giustificazione come indagine complementare alla scintigrafia. La maggioranza degli Autori è concorde nell'affermare che l'ecotomografia della tiroide trova la principale indicazione nello studio dei noduli freddi scintigrafici. In questi casi la possibilità di una esplorazione della struttura de!Ja neoformazione permette una diagnosi differenziale fra nodulo solido e nodulo cistico, con percentuali di attendibilità che si avvicinano al 100% (2-lC).

Esistono elementi di semeiotica ecografica che possono essere di aiuto nella valutazione dei processi espans ivi tiroidei, in particolare di tipo solido, che risultino, per altro, di maggiore d ifficoltà interpretativa nella diagnosi differenziale di natura.

I pazienti sono studiat i in decubito supino, con il collo iperesteso, predisponendo un appoggio al di sotto della nuca.

La struttura delle formazioni nodulari può essere solida, liquida o mis t a. A loro volta le strutture solida possono essere omogenee o disomogenee; le strutture solide omogenee possono essere iso-ipo o iper-ecogene rispetto al parenchima sano circostante. Inoltre le strut-

M. Pa zzaglia

G. Parisi

ture solide nodulari possono essere circoscrivibili oppure no; le non circoscrivibili sono le strutture isoecogene, di iperplasia nodulare ed inoltre i noduli molto voluminosi. Gli adenomi presentano una capsula fibrosa continua e la loro architettura differisce da quella del parenchima circostante. L'immagine ecografica di tali formazioni risulta di tipo solido ben circoscrivibile, di aspetto per lo piu omogeneo ipo e iperecogeno (fig. 1).

Si possono riscontrare per altro strutture di tipo misto dovute alla presenza di adenomi con a r ee di trasformazione cistica. (13-16)

L ' iperplasia nodulare non presenta, al contrario degli adenomi, strutture capsu lari che la delimitano nei confronti del parenchima circostante In essa coes istono aspetti parenchimatosi e cistici.

Analogamente, dal punto di vista ecografico riscontriamo strutture di tipo misto non circoscritto, a volre

302
Fig. l - Tiroide: Formazione espansiva con ecostrutrura omogenea, iporiflettcnte con aspetto di tipo solido, ben circoscrivibile, riferibile ad adenoma.

contenenti anche vaste formazioni cistiche (fig. 2). Spesso si associano anche a strutture solide cli aspetto disomogeneo per la presenza di calcificazioni o aree fortemente ecoriflettenti che corrispondono istologicamente ad aspetti degenerativi in evoluzione sclero -jalina.

Le cisti sono formazioni ben capsula te a contenuto liquido o gelatinoso colliquato. Esse rappresentano l'evoluzione finale de i processi degenerativi di un no-

dulo di iperplasia adenomatosa. Ecograficamente si presenta un aspetto caratteristico a contorni regolari , lisci e rotondeggianti; l'interno è tipicamente privo di echi ma si può osservare la presenza di sedimentazioni (fig. 3).

Solitamente l'ecostruttura delle lesioni carcinomatose si presenta con un aspetto disomogeno, con irregolarità dei profili e forte assorbimento acustico (fig. 4).

Fig. 2 - T iroide: Formazione espansiva mal delimitabile rispetto al parenchima circostante, senza stru t tura capsulare, ad ccos t ruttura disomogenea con aree ipo ed iper-riflettemi, riferibile ad iperplas ia nodulare
303
Fig. 3 - Tiroide: Formazione espansiva ben capsu lata e delimitabile , anecogena, a contorni regolari, lisci , con rinfor zo di parete posteriore, ri ferib ile a cisti.

PARATIROIDI

Le g hiandole paratiroidi normali sono difficilmente evidenziabili con l 'u ltrasuonografia. Le ghiandole paratiroidi patologiche si presentano come immagini rotondeggianti od ovalari a profili regolari, ipoecogcne rispetto al tessuto tiroideo con ecostruttura omogenea, di dimensioni variabili da 0,5 fino a 4 ,2 cm. (1-4-5-6).

Nelle lesioni paratiroidee non si rileva la presenza di cercine ipoecogeno o francamente anaecogeno, proprio delle formaz ioni tiroidee. (7-9-12-15)

GHIANDOLE SALIVARI

L'anatomia ecografica della loggia parotidea comprende una linea ecogena continua, riferibile alla cute ed una so ttostante zona omogenea ecogena con trama fine, di morfologia ovalare che corrisponde al parenchima gh iandolare. I quadri ecografici possono essere cosi schematizzati: (3-10-13)

a) Cisti: caratterizzate dalla presenza di una area anecogena con margini netti e rinforzo di parete posteriore;

b) Adenolinfomi: si presentano come aree anecogene o ipoecogene con margine posteriore netto senza significativo rinforzo di parete distale;

c) Tumori misti: si traducono in immagini ipoecoge nt·, talvolta disomogenei , con profili regolari e scarso rinforzo di parete posteriore;

d

) Carcinomi: s i presentano come immagini disomogl• neamente ecogene con prof ili regolari, margine po steriore sfumato, talvoha con cancellazione delle strutture posteriori alla le sione.

LINFOADENOPA TIE

Le adenopatie presentano delle caratteristiche iconografiche differenziali, particolarmente significative· in caso di linfoadenite suppurata, l'ecogenicità è variabile in funzione dell'entità dei fenomeni colliguativi l conseguentemente possono ottenersi immagini scarsamente ecogene accanto ad altre riferibili a formazio ni strutturate. La sede in genere è molto superficiale, sottocutanea. (8-10-13)

Le localizzazioni metastatiche, spesso multiple, sono prevalentemente a struttura solida e possono comprimere la vena g iugulare. Se le dimensioni sono notevoli anche la carotide risulta improntata.

In taluni casi i limiti tra adenopatie e carotide risultano maldefiniti, aspetto, questo , suggestivo per l'infiltrazione della parete vascolare.

CONCLUSIONI

Nello studio della tiroide è possibile differenziare con buona attendibilità le forme cistiche a contenuto liquido dalle forme solide, nell'ambito di queste ultime, è possibile dare un orientamento diagnostico sulla ip erplasia nodulare, i carcinomi, gli adenomi.

Nello studio delle paratiroidi l'ecografia riveste un importante ruolo preoperatorio dimostrando la presenza e la sede delle ghiandole patologiche, fornendo un insostituibile contributo al chirurgo che si accinge all' intervento. Limitazioni della metodica sono date dalle dimensioni inferiori ai 5 mm. e dalla sede atipica della ghiandola.

Per guanto riguarda le ghiandole salivari , l' ecografia risulta un valido complemento alla scialografia, permettendo la diagnosi differenziale tra formazioni cisriche e solide, circoscritte e non circoscritte ( 14).

Riguardo le neoformazioni laterocervicali, l'indagine ultrasuonografica si è dimostrata di notevole utilità fornendo dati precisi sui limiti e dimensioni del cont enuto e sui rapporti fra masse e grossi vasi.

Fig. 4 • Tiroide : Formazione espansiva di aspetto disomogeneo, a fone assorbimento acustico, con irrego larità dei profili, mal delimitabile, riferibile a lesione di tipo maligno.
304

I limiti di questa metodica sono legati alle caratteristiche di penetrazione e di diffusione degli ultrasuoni ed al loro potere di risoluzione.

Riassunto - Gli Autor i r iferiscono sulla possibilità dell'ecotomografia nella diagnosi delle affezioni della tiroide, paratiroide ed organi linfatici del collo.

Summary. The Au thors reporc on thc possibility of using u lrrasonography in the diagnosis of the thyroid , parathyroid, parot:id and l ynphatic organs of the ncck affect ions.

Résumé . - Les Auters rapportent sur !es possibi lités d 'u tiliser l'échografie dans le diagnos cic dcs affecr ions de l a thyroide, de la para t byroide, de la parotide et des organes lynphatiques du cou.

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305

OSPEDALE MILITARE DI BOLOGNA

Direttore, Col. me. R. PcTRo.-;u u LABORATORIO ANALISI

Capo Reparro: Cap . me. V. Molll,GNO

ALTERAZIONI CLINICO-IMMUNOLOGICHE IN ISCRITTI DI LEVA TOSSICODIPENDENTI

A. Gia nnico

JNTRODUZIONE

In questi ultimi anni si è venuta configurando una nuova sindrome di immunodeficienza ac qui sita ( AIDS ) caratterizzata da costanti alterazioni a carico dell'immunità cellulomediaca e a variabile espressività clinica ( 2,3,6 ).

Accanto ad una forma più grave, s i sono recentemente affiancate situazioni molto più sfumate definite come sindromi PRE-AIDS, caratterizzate da a lterazioni immunologiche quasi simili a quelle dei pazienti con AIDS, m a con manifestazioni cliniche meno severe (1,3 )

Si sono ve nute configurando alcune categorie a rischio comprendenti omosessua li , soggetti emofilici trattaci con fattore VIII liofilizzato e soggetti dediti croni camente all'uso di sostanze stu p efancent i in vena ( 4 ,6) .

In que s to lavoro sono riportaci i dari di uno s tudio clinico e immunologico di caratterizzazione fenotipica , relativi a 27 giovani tossicodipendenti ( iscritti di lev a ) st udiati nel bimestre febbraio-marzo 1984 , presso il laboratorio Analisi dell' Ospedale Militare di Bologna, in collaborazione con l'Istituto di Em atologia «Se ragnoli ,> dell'Università di Bologna.

MATERIALI E ME DOT I

Ventisette giovani iscritti di lev a, tossicodipen-

R. P etrucci

V. Modugno

denti, so no s tati stu di ati presso il laboratorio analisi dell'Ospedale Militare di Bologna

C iascuno di essi è stato sottoposto ad una accurata ana mnesi e ad un attento esame obiettivo d a p a rte di un Uffic iale medico del laboratorio.

A ciascuno di essi sono stati prelevati 30 cc di sa ngue in provette eparinate per gli studi immunologici effettuati all'Istituto di Ematologia «Seragnoli» dell'Università di Bologna.

La metodica usata per la caratt erizz az ione fenotipica dei linfociti T mediante l'u so di anticorpi monoclonali è quella classica secondo Reinherz et al. 1979 (5 )

In izialmente si è isolata la frazione monoclon ata con «Jimphoprep » , quindi si è proceduta a lavagg io della sos pen sione raccolta in RPMI con sier o fecale bovino a l 10 % .

In un secondo tempo la frazione monoclonata è s tata fatta in cubare per 15 minuti con i seguenti a nti corpi monoclonali: OKT 3 ( fenotipo del linfocita T maturo ) ( ORTHO), OKT4 ( fenotipo + help er), OKT 8 ( fenotipo T suppressor citot0ssico ).

La lettura della p ercentual e di po siti vità è stata determinata al microscopio per immunoflorescenza indiretta dopo coniugazione con antisiero di topo fl uore scina to

Almeno 200 cellule sono state c ontate per c iascun campio ne .

306

RISULTATI

Le tabelle 1 e 2 mostrano i valori assoluti dei lìnfociti circolanti, la percentuale dei linfociti T (ROSE e OKT3), la distribuzione delle sottopopolazioni linfocitarie (OKT4 fenotipo helper; OKT8 fenotipo suppressor)

Nella tabella 1 sono riportati i dati relativi ai 15 pazienti il cui rapporto OKT 4 /0KT 8 è risultato maggiore di uno: la media dei linfociti circolami è risultata 2657 / mm 3 , l a percentuale dei linfociti Tè risultata del 63 % ; i linfoci ti T helper hanno mostrato una media del 40% corrispondente ad un va lore medio di 1484/mm3; i linfociti T suppressor hanno mostrato una media del 22% pari ad un valo re assoluto medio di. 590/mm3.

La media dei rapporti OKT4 / OKT8 è risultata 1.96.

Ta bella 1 - Relativa ai 15 pazienti con ,·apporto OKT4/0KT8 maggiore di uno

Nella tabella 2 sono riportati i dati relativi ai 12 pazienti il cui rapporto OKT4 /0KT 8 è risultato minore di uno: la media dei linfociti circolanti è risultato 3000 I mm3 ; la percentuale dei linfociti T è risultata del 63% corrispondente ad un va lore assoluto medio di 1890/mm3; la percentuale dei linfociti T helper è risultata pari al 24% corrispondente ad un valore assoluto medio di 731/ mm 3 , mentre i linfociti T suppressor hanno mostrato una media del 35% pari ad un valore assoluto medio di 1045/mm3 .

La media dei rapporti OKT4 / 0KT8 è risultata di 0.80.

Tabella 2 - Relativa ai 12 pazienti con rapporto OKT4/0KT8 minore di uno

Nome Linfociti Ras.E. OKTJ OKT4 OKT8 OKT4/0KT8

Nella tabella 3 sono confrontate le medie de i parametri va lut a ti tra i due gruppi di studio e il gruppo di controllo.

Il numero assoluto dei linfociti circolanti è risultato sovrapponibile nei due gruppi di studio rispetto al gruppo di controllo, così come è risultato sovrapponibile il numero dei linfociti T circolanti. Nel gruppo dei pazienti con rapporto O KT 4 1 O KT 8 minore di uno questa riduzione è dovuta sia ad un aumento significativo dei linfociti con fenotipo suppressor-c itotossico, sia ad una riduzione altretta nto significativa dei linfociti helper.

Tabella 3 - Confronti delle medie dei parametri valutati tra i due gruppi di pazienti tossicodipendenti e il gruppo di controllo normale

Linfociti Ro.<E OKTJ OKT./ OKT8 OKT4/0KT8 x mm)

*

Va/on a.1,0/utt in linfociti/mm 3

OKT4

OKT4/0KT8 l

OKT4/0KT8

Normali

Nome Linfociti Ras.E. OKT3 OKT4 OKT8 OKT4/0KT8 X ,rmt 1 % % % % % 1} T.A. 2727 49 50 28 22 1.27 2) I.S. 1749 5 1 52 30 23 l.30 3) A.B. 2538 62 65 36 20 l.80 4} D.C. 2600 58 70 43 20 2 15 5) D.E. 3157 62 70 50 22 2.27 6) V.E. 3311 68 66 40 24 1.66 7) s.c. 2670 69 ì3 -1 8 29 1.65 8)B.A. 2414 59 60 38 34 1.11 9l s.r. 2632 51 55 41 18 2.27 10) B.0. 1914 65 52 36 24 1.50 11) F.l. 1632 82 68 44 18 2.44 12) A.M. 3196 73 77 48 33 1.45 13) M.O. 2820 72 56 40 13 3 07 14) C.E. 2662 60 60 46 12 3.86 t5 ) e.o. 3885 68 61 31 19 1.63 Medie 2657 63 55 40 22 1.96
xmmJ C!-b % % % % 1) T.A. 2221 63 67 26 34 0.76 2) B.M. 3675 72 59 22 35 0.72 3)M.J\. 2128 4i 52 21 30 0.70 4) C.L. 3237 70 70 31 -IO 0.77 5) 1.N. 3229 50 46 23 25 0.92 6) l.S. 3612 6.5 64 14 37 0.37 7) PE. 2596 72 68 23 43 0.53 8) R.A 1984 64 58 29 31 0.93 9) P.L. 4004 64 60 25 32 0.78 10) G.M. 3960 66 73 33 38 0.86 ll ) F E. 3961 62 63 24 36 0.66 12) T.E. 1392 54 55 19 35 0.55 Medie 3000 63 61 24 35 0.70
% % %
2665 63 55 -1 0
63 61 24]* Normali 2200 68 69 46]
OKT4/0KT8 > l
OKT-l/OKT8 < I 3000
p < 0 00 1
1
OKTB
* p < 0.00 1. % % 22 1.96 35J, O. 70 ].., 25] 1.95 ] 307
*

Nella tabeUa 4 so no riportate le complicanze infettive occorse ai pazienti.

Nei 12 pazienti con rapporto OKT4 /OKT8 minore di uno , tutti, tranne uno, hanno presentato una o più complicanze infettive.

Otto p azie nti presentavano un 'epatite virale del tipo B in atto, o i postumi di essa; in sei pazienti era presence una diffusa micosi cutanea; in cinque pazienti era presente una aftosi recidivante; in ere paz ienti era presente dissenteria, in cinque pazienti era presente adenopatia polidistrettuale s ignificativa ed in un paziente era presente una epatomegalia ed una splenomegalia di 1 ° grado; in due pazienti era presente una febbre da più di due mesi; due pazienti avevano presentato un severo calo ponderale negli ultimi quattro mesi.

Nel gruppo dei 15 pa zienti con OKT4 / OKTg maggiore di uno, cin que non hanno presentato complicanze infettive di alcun tipo, nove pazienti presentavano un'epat ite virale di tipo B in atto, o i postumi di essa; in due pazienti era presente una diffusa micosi cutanea; in cinque pazienti era presente un'aftosi rec idivante; in due pazienti erano a pprezzabili adenopatie polidistrettuali; un paziente presentava febbricola serotina da più di due mesi; tre pazienti dichiararono un severo calo ponderale negli ultimi quattro mesi.

Tabella 4 - Complicanze infettive occorse nei due gmppi di pazienti tossicodipendenti

Complicanu P,u1e1111 con rapporto Pazie11t1 Cflll rapporto /11/ell1vc OKF-1/0KT/i < 1 OKT4/0KT8 > I

Epatite B f 12 67Cl> q / 15 60%

Micosi cutanea <, I 12 50% 2 I 15 n%

Miosi s / 12 42%

DISCUSSIONE

Scopo di questo studio era quello di definire le caratteristiche immunologiche in pazienti tossicodipendenti e valutare la reale appartenenza a gruppi a rischio di sviluppare AIDS.

Su una popolazione di studio formata da 27 tossicodipendenti, 12 (44.4% ) presentavano evidenti alterazioni fenotipiche dei linfociti T.

L'elemento dominante era l' inversione del ra pporto OKT4 / OKT8 a parziale differenza da quanto segnalato in letteratura a proposito delle altre popolazioni a rischio di AIDS ( omosessual i, emofilic1, hartuari ecc.), in cui l'inversione del rapporto è principalmente dovuta ad un aumento dei linfo citi T suppressor, nel nostro studio è staro confermato l'aumento di questi linfociti, ma accompagnato da una significativa riduzione dei linfociti T helper.

L'arbitraria separazione dei 27 pazienti in due gruppi, in base al rapporto OKT4 / OKT8 , ha trov ato un ev idente riscontro nelle manifestazioni clin iche e nelle complicanze infettive di questi soggetti ; nella quasi totalità dei pazienti con rapporto invertito infatti, si sono osservate forme infettive legate al deficit dell'immunità cellula-mediata (micosi, aftosi , dissenteria ) e manifestazioni generali eclatanti: adenopatie polidisrretruali e febbre.

Nel gruppo dei pa zienti con r ap port o OKT4 / OKT 8 maggiore di uno, si sono comunqu e riscontrate manifesta zion i cliniche ed infettive imputabili ad alterazioni dell'immunità cellulomediata, ma in percentuale inferiore.

Esistono numerosi elementi comuni, quindi , tra lo stato immunitario dei pazienti portatori d1 AIDS e i tossicodipendenti da noi studiati.

Le stesse manifestazioni cliniche derivanti dall a depressione dell'immunità cellulo-mediata sono da co nsiderarsi come elementi configuranti uno stato di alto rischio di contrarre l'AIDS, se non addirittura una «s indrome PRE-AJDS » .

CONCLUSION I

I tossicodipendenti presentano frequentemente alterazioni immunitarie, spec ialmente a carico dell'immunità cellulo-mediara; riduzione dei linfociti OKT4 , aumento dei linfociti OKT g, inversione del rapporto OKT4 / OKTg.

I tossicodipendenti rappresentano una popolaz ione a risc hio di contrarre l'AIDS e questo ri schio è in rapporto al grado delle alterazioni immunitarie.

l tossicodipendenti con un rapporto linfocitario OKT4 / OKT8 minore di uno, presentano con maggiore frequenza condizioni cliniche tali da poter rientrare nella cosiddetta «sind rome PRE-AlDS ».

I to ssicodipendenti andrebbero quindi monitorati nel tempo sia dal punto di vista clinico che immunologico.

5 / l 5 lì% Linfoadenopatie 5 / 12 42% 2 f 15 l30i, Dissenteria 3 / 12 25% o I 15 Febbre 2 I 12 17% 1 / 15 6% Calo ponderale 2 I 12 17% 3 f 15 20% EpatosplcnomegJ lia l / 12 8% O/ 15
308

Riassunto . - ln 27 tossicodipendenti è stata valuta ta la distribuzione delle sottopopolazioni linfocitarie T mediante l'impiego di anticorpi monoclonali.

In 15 pazienti le sottopopolazioni linfocitarie sono risultate sostanzialmente bilanciate, mentre nei rimanenti 12, tutti con un rapporto helper / suppressor ( OKT4 / OKT8 ) invertito, si è osservata una significativa (p 0.002) riduzione dei linfociti OKT4 ed un altrettanto significativo (p 0.001) aumento dei linfociti OKT8 positivi.

Le com plicanze infettive, quando presenti, so no state regisrrate fondamentalmente nei 12 pazienti con rapporto OKT4 I OKT8 invertito.

Résumé. - On a évalué la distribution des souspopulations lymphocytaires T entre 27 roxicornanes, avec l'emploi des anricorps moooclonals. On a vu que pour 15 patient s les sous-populations lymphocytaires T étaient équilibrées. Pour Ics a utr es 12 patients, qui avaient un rapport «helper/s uppr essor» (OKT 4 - OKT 8) renversé, on a observé une réductioo significative ( p 0,002) des lymphocytes OKT 4 et on a vu aussi une significative augmentation (p 0,001 ) des lymphocytes OKT 8 posirifs.

Le complications infectieuses on a été observées seulement entre les 12 patients qui avaient le rapport OKT 4 / OKT 8 renversé.

Summary. - The disrribution of T-lynphocyte subsers was assessed using monoclonal ancibodies in 27 intravenous drug abusers.

In 15 \ubjects che T-cell subsct~ appear substa ntiall) balanced, in che remaining 12, ali \\1th a revcrsed OKT4 / OKT8 ratio, the proporrion and absolute number of OKT4 positive cells wa~ significanrly reduced (p 0,002) and also the proportion and .ibsolure number of OKT8 pos11ive cells was significantly increased ( p 0 ,00 1)

An incrcased frequency of 1nfection in che group w1th revcrsed OKT4 / OKT8 r atio was observed.

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UNIVERSITÀ DfGLI STUDI DI BOLOGNA ISTITUTO DI CLINICA ClIIRURGICA lP

Dircllorc: Prof. G (;ozzEnl

UN CASO DI PARAGANGLIOMA RETRO-PERITONEA LE PRODUCE NTE CATECOLAMINE

INTRODUZIONE

Vengono definiti come paragangliomi i LUmori derÌ\'anti dalle anomalie di differenziamento delle cellule dei paragangli. Sono neoplasie piuttosto rare e di difficile classificazione data la loro somiglianza, sia dal punto di vista istologico che da quello funzionale, con i feocromocitomi. Essi hanno con i feocromocit0m i una comune origine embriologica derivando entrambi dalle cellule delle creste neurali; il neuroblasto migrante primitivo infatti dà origine a simpaticoblasti e ai fcocromoblasti per quanto riguarda la midollare del surrene, e ad una linea cellulare che rende a migrare lungo l'asse dei gangli simpatici per formare i paragangli. L'embriogenesi comune spiega il ritrm·amemo di paragangliomi producenti catecolamine mentre sussiste tuttora guaiche dubb io sulla classificazione dei paragangliomi non funzionanti che vengono definiti come chemodectorni in base alla probabile der ivazione dal tessuto chemorecettore, anch'esso peraltro derivante dalle cellule della cresta neurale. Per quanto riguarda la loro sede topografica è intuibile come questi tumori possano insorgere in qualunque zona dove siano presenti paragangli, ma dalla letterattura emerge una piu frequente localizzazione a livello dell'aorta addominale (70% circa) seguita dalle sedi mediastinica ( 11 % circa), vescicale (9,8%) e v i a via dalle altre.

l parangliomi funzionanti inoltre sono LUmori rari, hanno infatti una inciden:ta pari al 10% di rutti i feocromocitomi surrcnal ic i ed extra; non esiste per guesti tumori una preferenza di sesso e l'età media d'insorgenza va dai 30 ai 60 anni, !>0no neoplasie per le quali non esis t e un criterio istologico che ne definisca il comportamento biologico e quindi come indice di malignità si prende in considerazione la presenza di metastasi, presenza che, secondo le varie casistiche, occorre dal 3 al 50% dei casi.

CASO CLINICO

Z.G. maschio di anni 49. Anamnesi famigliare negativa. 10 anni Ca episodio di tachicardia sinusale ad alta frequenza (250/min.) della durata di circa 2 ore con regressione spontanea. 5 anni dopo secondo episodio simile al precedente. Portatore da circa 8 anni di ulcere duodenale trattata con terapia medica. Da 3 mesi lamenta dolore persistente in regione periombelicak. astenia, anoressia e susseguente calo ponderale di circa 8 chilogrammi. In seguito a detta sintomatologia il medico curante lo propone per una ecografia addominale che evidcn7,ia una neoformazione solida in sede prc-aortica. In base al suddetto respons(1 ultrasonorografico il paziente viene ricO\·erato nel nostro Istituto di Clinica Chirurgica II diretto dal Prof. G. Gozzetti, per le cure del caso. All'entrata si nota ipertensione ar tcriosa di tipo stabile di circa 210/110 mmHg, per cui anche in base all'anamnesi recente ed agli esami precedenti il ricovero si sospetta una neoformazione retroperitoneale producente catecolamine e si intraprende pertanto l'iter diagnostico per l'individuazione e la definzione istologica di suddetta massa. Nei giorni seguen· ti il paziente pertanto esegue Rx torace, Rx clisma opaco entrambi negativi, una gastroscopia evidenziante l'ulcera duodenale e un ECG positivo per blocco di branca destra. V ien poi sottopos t o ad una seconda ecografia addominale che dimostra in regione periombelicale sinistra una massa para-aortica a contornj netti di 5,5x4,6 cm, e ad una TAC (fig. 1) che evidenzia in sede para-aortica anteriore sinistra, alcuni centimetri sotto l'emergenza delle arterie renali, una massa omogenea impregnantesi di m.d.c. (42 mm d i diametro) dislocante medialmente l'aorta e lateralmente l'uretere sinistro, non dissociabile dalla parete aortica s inistra. Nel frat• tempo dal punto di vista laboratoristico sono stati eseguiti ripetuti controlli delle catecolamine urinarie, sem-

F . Mal d ari zz i G . P . G iu d itta D . Cate n acci
310

ganglioma (fig. 3), il decorso post-operatorio è stato regolare, si sono normalizzate in 3 a giornata la pressione arteriosa ( 140 mml Ig), e le catecolamine urinarie. Il paziente è stato dimesso in 8 a giornata.

prepositivi e con valori (1290) µg/24h anche 10 volte superiori ai valori normali (20-100). Dieci giorni dopo il ricovero il paziente viene pertanto sottoposto ad intervento chirurgico con incisione xifo-sottombelicale. In corrispondenza dell'aorta si rileva la presenza di una massa dura, fissa, riccamente vascolarizzata, dalla grandezza di un limone infiltrante il vaso stesso (fig. 2); per cui dopo l'isolamento dell'aorta, delle due iliache, dell'uretere sinistro si procede alla sezione aortica, all'asportazione del tumore e alla confezione di un by-pass aono-bisiliaco_ Nel tempo opei-atorio non s i sono avut e complicazioni, la pressione arteriosa è sempre rimasta stabile sui 160 mmHg e la frequenza sui 70/min. Il r esponso istologico definitivo ha deposto per para-

DISCUSSIONE

Il problema pr incipale nella diagnosi del paraganglioma è la sintomatologia dovuta a questo tumore: essa infatti, può essere de l tutto aspecifica con cachessia, dimagramento, massa addominale palpabile, oppure può estrinsecarsi con sintomi locali dovuti alla sede di insorgenza o inoltre può richiamare la sintomatologia de l feocromocitoma con le crisi ipertensive ed i sintomi ad esse legate. Un primo criterio diagnostico è quindi l'esame dal punto di vista laboracoristico delJe catecola mine ematiche ed urinarie, ed un costante controllo clinico della pressione a rteriosa.

D'altro canto le piu importanti e precise metodiche di indagine non invasiva sono l'ecografia e la TAC che nel nostro caso hanno contribuito in maniera determinante ad una precisa diagnosi localizzaroria preoperatori a e che quindi noi riteniamo di indubbie utili tà Dal punto di vista terapeutico il problema principa le derivatoci dal caso suddetto, è stato se praticare o meno l'exeresi di detto tumore nonostante esso infiltrasse ampiamente la parete aortica e fosse quindi necessario un intervento di alta ch irurgia. In relazione però all'esperienza del nostro Istituto anche in chirurgia va -

Fig. 1-TAC addominale: massa n:tropericoneale interessante l'aorta Fig. 2 - Immagine intra-operatoria. Fig _; - Pezzo operatorio: paragangliom::i conglobante il tratto di aona resecato.
311

scolare, si è deciso, cons iderando anche l'incertezza della lettera t ura internazionale a propos ito de l compor t amento biologico di detti tumori, di praticare l'exeresi tu· morale con la resezione aortica nel convincimento che la rimozione della massa neoplas ti ca porti comunque ad un miglioramento prognostico.

CONCLUSIONI

Concludendo, riteniamo che, nonostante la relativa rarità, il paraganglioma sia da prendere in considerazio ne n el caso di ip er tens io n e dovuta ad una iperincrczione catecolaminica. Di fronte ad una neoplasia di questo tipo l'atteggiamento terapeutico deve essere univoco . In fatt i scarse sono le con oscenze circa il comportamento biologico del tumore, vista la notevole discordanza nelle percentuali di malignità riportate in letteratura (5, 7). A tale proposito neppure l'esame istologico estemporaneo né quello definitivo sono in grado di stabilirne con certezza la na t ura maligna c h e può essere definita, come nel classico feocromocicoma, solo in base alla presenza di metastasi. Pertanto uniformemente ai dati d e ll a letteratura anche la nostra scuola ritiene l'exeresi del tumore il principale atto terapeutico. Riassunt o. • Gli Autori presentano un caso di paraganglioma recropcriconeale funzionante, di assai raro risconcrn neUa pratica clinica circa l'ipertensione d'interesse chirurgico. Vista la frequente aggressività del comportamento biologico di tali neoplasie, si ritiene indispensabile l'intervento chirurgico come atto terapeutico principale. Ciò, come nel caso clinico presentaco, impone talora exe• resi all argat e e demoli Live finalizzate ad un corretto criterio di radicalità.

Rés um é. • Les Auteurs présement un cas de paragangliome rcrropériconéal foncdonanc, très rare à trou ver dans la pralique cli nique, rélativement à l'hypertension d'intérét chirurgical. Cons, deram l'aggressivité &équente du componemenc biologique de ce• néopl asmes, on croic indispénsable de pratiquer une intervcntio n chirurg icale comme principale action chérapeucique. Cela, commi dans le cas clinique présenté, impose parfois d'effecruer des exèrc ses élargies et démolitives finalizées à un critère corrccte dc rad icalité.

Summary. - The Auchors report a case of func t ioning retro periconcal paraganglioma, very unusual to find in che clinica! ex pcrience of che surgical hypertension. Since these neoplasms fre quendy have an aggressive biologica! behaviour they consider sur gcry as the indispensable, main therapeutical action. Thcrefore, a in the reporred clinica! case, it is imperative to make extended anc. destructivc excicpacions in order to act according to a basic princi pie of radical ity.

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312

STABILIMENTO CHIMICO f/\RMACEUTICO MILITARE - FIRENZE

Di re ltore: l\lagg. Gen. Chim. Farm. V, PANl>Ol rn

SERVIZIO CONTROLLO E COLLAUDI

Capo Servizio: Magg. C h im. F.1rm. G. SANTONr

BIODISPONIBILITÀ DEI FARMACI: FATTORI CHIMICO-FISICI E FARMACEUTICI

G. Santo ni

INTRODUZIONE

L'effetto biologico prodotto da un farmaco, a un dato dosaggio, non è solo funz ione dell'intriseca attività farmacologica del farmaco stesso; l'inizio, l'intensità e la durata deUa risposta terapeutica prodotta sono soggetti a notevoli variazioni dipendenri dal sistema biologico ricevente e dalla forma farmaceutica.

Le forme farmaceutiche sono le diverse modaliLà in cui un farmaco, o principio attivo, è presentato all'utilizzatore. li farmaco difficilmente è somministrato come tale , quasi sempre ad esso sono aggiunti eccipienti o sostanze inerti e gli viene <lata una veste fisica, una <<forma» appunto, per avere aspetto e caratteristiche piu rispondenti alJo scopo desiderato; ne sono esempi: le compresse, gli sciroppi, le capsule, ecc.

Neg li ultimi anni sono state sempre piu studiate le variabili relative alJa formulazione dei preparati medicinali, quali: dimensioni delle particelle, polimorfismo, effetto degli eccipienti e dei processi di fabbricazione. L'insieme di questi fattori influisce infatti notevolmente sulJa b iodisponibilità del farmaco.

Il termine biodisponibilità indica, secondo l' Academy of Pharmaceutical Sciences (1), la quantità relativa di un .farmaco che, dopo la somministrazione, entra in circolo e la velocità con cui ciò avviene.

La biofarmaceutica è la scienza che studia le relazioni tra le proprietà chimico - fisiche di una forma farmaceutica e la biodisponibilità del farmaco. Questi studi si stanno sempre piu sviluppando in quanto chiaramente la biodisponibilità del farmaco influ enza la sua attività terapeutica e la sua tossicità.

La scelta della via di somm inistrazione e lo studio della formulazione permettono cli variare l'assorbimento del farmaco in modo da passare da un assorbimento molt o rapido e completo ad un lento e ridotto, fino ad annu ll arlo.

La direttiva C.E E. 83-570 (2), per il riavvicinamento delle norme legislative relative alle specialità me-

dicinali, introduce il concetto di biodisponibilità e richiede, per l'immissione in commercio di w1 nuovo farmaco, i seguenti dati: forma crista llina, coefficienti di solubi lità, dimensioni delle particelle, stato di idrataz ione , coefficiente di separazione olio-acqua. per i principi attivi; prove in vitro sulla liberazione e velocilà cli dissoluzione del farmaco, per i prodotti finiti.

Detta direttiva prescrive inoltre che i dati di farmacologia clinica devono permettere la valutazione della biodisponibilità in presenza di un esiguo margine terapeutico o quando il farmaco presenti un assorbimento variabile.

Le norme F.D.A. del 1977 (3), per la registrazione delle specialità medicinali negli U.S.A., danno indicazioni di quando siano necessari, per le caratteristiche chimico-fisiche del preparato, o per aspetti legati al soggetto biologico, controlli di biodisponibilità. A questo proposito le norme F.D.A. introducono il concetto di bioequiva lenza tra forme farmaceutiche: due preparazioni farmaceutiche sono bioequivalenti se non differiscono in maniera significativa per velocità egrado di assorbimento, quando sono somministrale alla stessa dose molare, in condizioni sperimentali simili. Operando così dei confronti sui dati ottenuti misurando opportuni parametri (tasso ematico del principio attivo, velocità di esc rezione urinaria ed effetti farmacologici), si può valutare la biodisponibi lùà relativa di una nuova prepa r azione rispetto ad uno standard di riferimento. Questo deve contenere il principio attivo ne lla sua forma piu biodisponibile (ad es. so luzione o sospensione) e somministrato per la stessa via delle formulazioni da confrontare.

Per alcune forme farmaceutiche la biodisponibilità può essere valutata con prove eseguite in vitro anziché in vivo, per questi farmaci la biodisponibilità è funzione soprattutto della dissoluzione del principio attivo.

Tali dati hanno bisogno però di essere correlati, almeno le prime volte, con quelli in vivo e le prove in vitro potranno esser quindi eseguite come controllo in

313

corso di fabbricazione. I saggi in vitro, come test di dissoluzione, sono descritti, sia nella U.S.P. ed. XXI (4), sia nella f.U. ed. IX(5).

Il concetto <li biodisponibilità si basa sul presupposto che certi parametri, come il tasso ematico, siano

Nella figura 1 sono indicati i livelli di concentrazione minima efficace (CME), sotto la quale non si ha risposta terapeutica, e di concentrazione minima tossica (CMT).

Si possono definire dei parametri che permettono di valutare la biodisponibilità relativa di un farmaco: a) area delimitata dalla curva tasso ematico/tempo, che rappresenta la quantità totale di farmaco assorbito dopo una dose singola; b) concentrazione di picco(Cp),

correlati all'efficacia terapeutica di un farmaco, pertanto, una valutazione quantitativa della biodisponibilità si può effettuare determinando la concentrazione plasmatica del farmaco, dopo la somministrazione, in funzione del tempo.

CHI'

r-,,o (h J

che è in relazione come CME e CMT; c) tempo di picco di concentrazione (Tp), che è in relazione con la velocità di assorbimento del farmaco da quella particolare formulazione.

La fig. 1 esemplifica situazioni di diversa area sotto la curva, diverso tempo di picco e diversa concentrazione di picco, in un caso non arrivando alla soglia utile, per formulazioni diverse dello stesso farmaco; questi parametri indicano, rispettivamente, quanto farmaco

Cp w I ..Q,
Fig. l - Curva concentraiione plasmatica • Lempo per le preparazioni A,B,C del farmaco X somministralo per via orale.
314

si è reso disponibile fisiologicamente, con che velocità e con quale possibilità di svolgere una certa azione biologica voluta.

Per progettare un preparato farmaceutico, che liberi il principio attivo con la biodisponibilità voluta, si devono considerare essenzialmente: 1) le proprie t à chimico-fisiche del farmaco, 2) i fattori farmaceutici, quali gli eccipienti e la forma farmaceutica.

CARATTERI CHIMICO-FISICI DEL FARMACO

Tutte le forme fa rm aceutich e in cui i1 principio attivo è allo stato solido (es.: compresse, supposte, sospensioni, ecc.), piu o meno finemente disperso nella formulazione stessa, sono condizionate nella loro biodisponibilità dal processo di solubilizzazione del farmaco stesso n ella sede di assorbimento, tanto piu condizionante quanto è pi~ scarsa la sua solubilità in acqua (ad es.: minore di 5 mg/ml) (6).

L'equazione di Noyes-Whirney (7), simile a quella di Fick ,: dc _ == KS (Cs-C) dt

stabilisce una relazione, tramite la costante K, fra la velocità di dissoluzione (dc/dt), l'arca superficiale del solido (S), la solubilità del farmaco nel solvente (Cs) e la concentrazione del farmaco al tempo t(C).

La costante K dipende dal coefficiente di dif fu. sione del farmaco nel solvente e dallo spessore dello strato di diffusione che è il sottile film staz ionari o di soluzione satura (Cs) che circonda la particella di farmaco allo stato solido.

L'equazion e riportata permette di esaminare i fattori che agiscono sulla dissoluzione e di studiare il modo per variarne la velocità.

Dimensione delle particelle

Uno dei modi per aumentare l a veloc ità di solubilizzazione di un farmaco poco solubile è la riduzione della grandezza delle sue particelle; ridurre il diametro delle particelle significa aumentare la superficie specifica. Per la griseofulvina, il aù tasso ematico aumenta notevolmente una volta micronizzata (8), la F.U. IX ed. prescrive che la sostanza debba essere in particelle di 5 µ,m , ammettendone, solo alcune fino a 30 µ,m; anche per alcuni sulfamidici, per il cloramfenicolo, la tolbutamide e l'acido acetilsalicilico sono descritti in letteratura fenomeni simili.

Anche se la relazione tra area superficiale ed assorbimento è valida in generale sino alle dimensioni di circa 10 µ,m, è stato osservato che non sempre esiste questa proporzionalità inversa tra dimensioni delle particelle e velocità di assorbimento, ma che spesso esiste una dimensione ottimale oltre la quale non sono dimostrabili ulteriori vantaggi (9). Ci sono dei farmaci inoltre, per i quali, essendo instabili al pl I del succo gastrico, è controproducente ridurre le dimensioni delle particelle, in quanto un aumento della superficie di contano favorisce la dissoluzione e la degradazione; ne sono esempi la penniciUina G e l'eritromicina.

Polimorfismo e forma fisica

Alcune sostanze possono presentarsi sotto forme cristalline diverse ed anche informe cristalline ed amorfe a seconda delle condizioni di preparazione o dei trattamenti a cui sono state sottoposte. I polimorfi della stessa sostanza, per alcune costanti fisiche, quale la solubilità, si comportano come composti diversi. Le forme cristalline o amorfe, a contenuto energetico potenziale maggiore, cioé metastabili, posseggono velocità di dissoluzione nettamente maggiori delle forme stabili. È questo il caso del palmitato di cloramfenicolo conosciuto in tre forme: due cristalline (A e B) ed una amorfa (C); mentre le forme Re C son ben assorbite, la forma A è assorbita scarsamente (10). A questo proposito la F.U. IX ed. prevede che il CAF palmitato possa contenere al massimo il 10% di polimorfo A. Per la cimetidina la FU IX ed. stabilisce che possa contenere al massimo il 10% di polimorfo B.

È noto che solo la novobiocina amorfa è assorbita, mentre non lo è quella cristallina (11). F enomeni s i mili sono conosciuti anche per i corticosteroidi, i barbitu r ici e l'acido acetilsalicilico (12).

Proprietà acido-base del farmaco

Per gli elettroliti deboli, che costituiscono la maggior parte dei farmaci, se assorbiti per d iffusione passiva secondo la legge di Fick, la veloc it à di assorbimento non è proporzionale alla concentrazione totale del farmaco, ma solo alla frazione non ionizzata e quindi piu liposolubile. La concentrazione dell a specie non ionizzata è funzione sia della costante di dissociazione, sia del pH del mezzo, secondo l'equazione di HendersonH asse lbach .

315

Definendo con pKa il logaritmo negativo della costante di dissociazione acida e con pKb il logaritmo negativo della costante di dissociazione alcalina, possiamo scrivere:

Ci

log _ pKa - ph Cd

Ci

log _ = pKb - pH Cd

dove Ci è la concentrazione delJa forma indissociata e Cd di quelJa dissociata.

È noto che la velocità di dissoluzione di un acido debole o d i una base debole aumenta r ispettivamente all'aumentare o al diminuire del pH dell'ambiente circostante; cosi mentre le basi deboli si sciolgono ben nel succo gastrico, la veloci tà di dissoluz ione cli un acido debole tende ad essere minima nello stesso ambiente.

L'aggiunta di piccole quantità di tamponanti alcalini a formulazioni di farmaci debolmente acidi aumenta il pl I dello strato di diffusione attorno alle particelle solide, favorendo la velocità di disso luzione. L'anione formatosi fuoriesce dallo strato di diffusione, passa nel succo gastrico circostante, non modificato nel pH dal la piccola quantità di tamponante aggiunto e ritrasformandosi rapidamente nella forma acida indissociata, piu liposolubile, è rapidamente assorbito.

La piu rapida velocità di dissoluzione delle basi deboli nel succo gastrico aumenta di poco l'assorbimento perché la ionizzazione del farmaco lo sfavorisce; I' arrivo nell'intestino della forma salificata permette comunque un assorbimento rapido in quanto il pii piu alcalino favorisce il r i torno del farmaco alla sua forma piu liposolubile.

In due lavori di Schanker e coli. (13-14) sonoriportate le percentua li di assorb i mento di una serie di farmaci, in relazione al valore del loro pKa e di vari pH ambientali.

Coefficente di ripartizione olio/acqua

Alcuni farmaci, acidi o basi deboli, sono assorbiti in modo scarso, in quanto l'asso r bimento non è condizionato solo dal loro grado di ionizzazione, ma anche dalla liposolubilità della forma non ionizzata .

Un'idea della l iposubilità di una sostanza può essere fornita dal suo coefficiente di ripartizione tra un

solvente dei grassi (ad es. il cloroformio) e l'acqua, oppure un tampone acquoso con pH vicino a quello dela sede di assorbimento. L'effetto del coefficiemc di ipartizione sull'assorbimento di una serie di acidi barbiturici, attraverso il colon di ratto è riportato in un lavoro di Schanker e coli. (15).

Correlazioni tra assorbimento e coefficiente di ripartizione sono note anche per il fenilbutazone, l'acido acetilsalilico e la sulfanilamide. Un esempio di m )· dificazione della molecola di un farmaco per aumentare il valore del suo coefficiente di ripartizione olio/a<. qua e migliorarne quindi l'assorbimento è l'esterific.1 zione con acido p ropionico della eritromicina; si otte11gono cosf livelli ematici da due a quattro volte piu alu di quelli ottenuti con la base.

In alcuni casi comunque, un coefficiente troppo elevato, riducendo eccessivamente la solubilità nella fase ,1, quosa, ha effetto negativo sull'assorbimento del farmaco, come è stato visto per analoghi del fenilbutazone (16 )

f ATTORI FARMACEUTICI

Gli eccipienti della formulazione

L'area superficiale effettiva delle particelle di un farmaco idrofobo può essere aumentata per aggiunta di un tensioattivo alla formulazione con miglioramento quindi della s ua velocità di solubilizzazione. Anch e se ci sono lavori e dati contrastanti, è noro che la velo cità di assorbimento è favorita da conenrrazioni del ten s ioattivo inferiori alla concentrazione micellare critic a (17-18), mentre , a concentrazioni maggiori, l'assorb i mento viene sfavorito, in quanto le micelle inglobant i il farmaco, sono troppo grandi per penetrare nelle cellule attraverso le membrane biologiche (19).

Se è vero che gli eccipienti in genere sono fa r macodinamicamente inerti, è altretcanto vero che possono influenzare notevolmente la biodisponibilità dei farmaci cui sono miscelaci Sostanze assorbent i «inerti» , come il caolino, il talco e il carbone, spesso impiegati in preparazioni farmaceutiche, possono determinare un a d im inuzione dell'assorbimento del farmaco, in quanto questo ne verrebbe adsorbito; ne sono esempi le som ministrazioni di promazina con caolino, carbone e talco (20).

Numerosi sono i lavori in letteratura che trattano l'influenza sull'assorb ime n to <li leganti, d isgreganti e lubrificanti (21-22-23). Sono state studiate in vitro l'influenza di diluenti come il lattosio e l'amido e la pre -

316

senza o l'assenza di lubrificanti, come il magnesio stearato e il sodio laurilsolfato sul rilascio di diversi principi attivi da capsule dure di gelatina (24). In certi lavori (25) è riportato un effetto ritardante dei lubrificanti idrofobi , quali il talco e il magnesio stearato, e favorente, invece, da parte di lubrificanti piu idrofili, qualdl sodio laurilsolfato, sul rilascio di acido acetilsalicilico da compresse.

Frequentemente in preparati liquidi si utilizzano polimeri e macromolecole per aumentare la viscosità, nell'intento di migliorare la palatabilità e l'apparenza. Dalla legge di Noyes-Witney possiamo però dedurre che, nel caso di sospensioni di farmaci in cui il fattore limitante l'assorbimento è la velocità di dissoluzione, un aumento di viscosità del mezzo può essere negativo. Infatti, sia l'assorbi mento di acido salicilico in presenza di metilcellulosa, sia l'assorbimento di fenobarbitale in presenza di elevate quantità di glucosio risultano notevolmente ridotti (26 -27 ).

Forme farmaceutiche

Se il farmaco viene somministrato in soluzione, la velocità di assorbimento è soprattutto legata alla sede fisiologica deputata ali' assorbimento, in particolare alla sua area effettiva. Quando, invece, il farmaco è somministrato allo stato solido, la velocità di solubilizzazione è sostanzialmente piu importante di qualsiasi altro processo cinetico. In generale, la velocità di assorbimento per uno stesso principio attivo diminuisce passando da una forma all'altra nel seguente ordine : soluzioni, emulsioni, sospensioni, polveri, capsule, compresse, compresse rivestite. Si può dire che tutte le forme farmaceutiche, ad eccezione di quelle per via endovenosa, presentano potenziali problemi di biodisponibilità.

L'esame biofarmaceutica di una preparazione risulta quindi sempre piu necessario, valgano di esempio i casi di compresse di feni lbutazone, provenienti da lotti diversi dello stesso produttore, con velocità di dissoluzione varianti da 9 a 369 minmi e con tassi ematici anche inferiori al minimo terapeutico.

Accenniamo soltanto per brevità, a tutta un'altra serie di fattori influenzanti la biodisponibilità, quali: fattor i tecnologici (forza di compressione e tipo di g ranulazione per le compresse e le capsule di gelatina dura), condizioni ambientali di temperatura ed umidità sia in corso di fabbricazione, sia durante l'immagazzinamento, età della forma farmaceutica; sull'influenza di detti fattori in let teratura esistono pochissimi lavori e si può dire che il loro studio è appena agli inizi.

Riassunto . - L' A. effettua una rassegna sui fattori influenzanti la biodisponibilità di farmaci somministrati per via orale. Sono presi in considerazione rattori chimico -fisici quali: pH, coeffici1:nte di ripartizione, viscosità del mezzo.

È esaminata inoltre l'influenza dei fattori farmaceutici quali gli eccipienti e la forma farmaceutica scelta p,;:r la somministrazione.

Résumé. - L'A. examine l'influence des certains factcurs sur la hiodisponibilité des medicaments par voie orale.

L' Aurcr montre l' im portance des facteurs physico-chimiques implicant l'ionisation, le pH, le coefficienr dc partage et la viscosiré du milieu et des facteurs pharmaccutiques implicants !es ingredients et Ics fo rmes galéniques.

Summary. - The A. eff1:c.t a review on the influence of some factors on the bioavailabiliry of drugs administered per os.

It appears chat rhe drugs are aHected by ionization, pH, partitio cocfficient, viscosity of tbe medium.

The pharmaceu1ica l factors s how the importance of the type of diluent used, tbe presence of a lubrificant and the rype or galenic form.

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317

OSPEDALE MILITARE DI BOLOGNA

D irettore: Col. mc R . PETRONE'.LLJ

REPARTO CHIRURGIA-ORTOPEDIA

Capo Rcp ano: Col. me I:.. CARUSO

STUDIO BIOMECCANICO DELLE LASSITA ANTERIORI DEL GINOCCHIO

Col. me E. Caruso'> Ten. Col. me. S. Rauch''

INTRODUZIONE

Il tema assunto da questa pubblicazione è quanto mai attuale nel panorama delJa chirurgia ortopedica di oggi: studio biomeccanico delle la ssjtà anteriori del ginocchio, entità anatomo-cliniche legate agli esiti di una distorsione non trattata o insufficientemente trattata in cui il danno principale consiste nella rottura del L.C.A. associato o meno alla lesione di elementi periferici mediali o laterali. Escludiamo quindi i casi di lesioni del L.C.P. che presentano caratteristiche ed evoluzioni ben diverse.

L'instabilità legata alla rottura del LCA s i caratterizza per il suo carattere invalidante e per la sua evoluzione nel tempo legata alla degenerazione progressiva delle differenti formazioni articolari.

Lo scopo di questo capitolo è di illustrare l'inversione di tendenza che ha portato l'attenzione dei chirurghi sul compartimento esterno, per il riconoscimento all'esame clinico di un nuovo segno: il RESSAUT meccanico rotatorio esterno che rappresenta la base della sindrome di instabilità antere-esterna, diagnosi oggi sempre piu frequente negli ambienti specializzati, che si inserisce nel quadro pi~ generale della sindrome cronica del ligamento crociato anteriore di Macintosh.

Il ginocchio «deverrouilé», cioé a partire dal momento in cui non beneficia piu delle condizioni di stabilità passiva legate alla iperestensione o comunque alle estensione completa, si trova in una situazione di instabilità rotatoria relativa, che porta le supe rfici articolari femoro-tibiali ad un contatto variabile secondo l'influenza di fattori di disequilibrio risultanti dal peso e dalle diverse azioni muscolari.

Le superfici articolari possono quindi passare alternativamente da una posizione estrema detta di valgorotazione esterna, all'opposta di varo-rotazione interna. Se queste variazioni sono, in condizioni normali , perfettamente controllate dal doppio sistema attivo e passivo di stabilizzazione comune a tutte le articolazioni; esistono nel caso particolare del ginocchio umano, de-

S. Ten. me. M. Bergami,., Dr. A. Lelli,."''

gli elementi di fragilità che rendono questo controllo spesso insufficiente e creano le condizioni di certe rotture ligamentose, specialmente per quanto concerne il LCA.

Senza entrare nel d e[taglio di nozioni ormai cla ssiche di anatomia e di cinematica articolare, accenneremo solamente agli elementi che ci paiono necessa ri per comprendere la comparsa e l'evoluzione delle la ssità anteriori.

Sappiamo che la stabil ità passiva è affidata a du e sistemi ligamentosi, l'uno centrale risultante dall ' embricazione dei due ligamenti crociati , l'altro periferic o realizzato dalla capsula articolare con i menischi, rinforzati tutt'attorno dai ligamenti periferici, fra i quali esistono delle finestre di minore resistenza.

La sinergia fra i due sistemi è evidente ed è comune esperienza clinica che la rottura di un elemento centrale LCA determina una decompensazione progressiva del sistema periferico e che, all'opposto, una debolezza delle formazioni periferiche espone con particolare frequenza alla lesione degli elementi centrali .

Il LCA è il ligam ento dello sport e de] movimento, mentre al contrario il LCP è un ligamento statico; entrambi sono situati a] centro della articolazione, occupanti interamente sia nel piano frontale che sagittale, lo spazio intercondiloideo ed interglenoideo.

La rotazione del ginocchio non può che effettuarsi in posizione di flessione in cui la congruenza articolare è minima.

La rotazione interna incrocia i ligamenti crociati: essi si avvolgono uno sopra l'altro per il loro bordo assiale formando una coppia di torsione che tende a riportare la tibia verso la rotazione esterna.

* dell'Ospedale Militare di Bologna;

** del Centro Traumatologico Orropedico U.S. L. 27 - Bol ogna Ovest (Pr imario: Prof. L. Boccanera).

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Questo incrocio li raccorcia, determinando una coa r tazione articolare piu o meno importante, secondo il grado di flessione.

I n effetti il punto di incrocio dei due ligamenLi si porta verso l'indietro nel corso della flessione, per porrarsi a livello dell 'inserzione femorale dell'anteriore e dell ' inserzione tibiale del posteriore, durante la flessione a 90°. A l di l à dei 90° di flessione, i ligamenti non si incrociano piu.

La forza massimale di coartazione articolare si realizza nei gradi di flessione piu util izzati in appoggio mono-pedale: salire e scendere le scale, sforzi sporti.vi . D' altra parte occorre notare il ruolo traumatizzante e fragilizzante della relazione interna sul crociato anter iore per questo incrocio dei due crociati e per la maggiore resistenza del crociato posteriore in rapporto al1' anteriore stesso.

La rotazione esterna determina invece un dis incrociamento dei due crociati: essi si allontanano uno dall'altro e determinano quindi una posizione di decoartazione e di debolezza potenziale del ginocchio.

Riprendendo i lavori di Norwood e Cross, ci rendiamo conto che è i.I crociato anteriore che controlla l' iperestensione. Nel corso di una iperestensione forzata la gol a intercondiloidea determina come un angolo, su cui si vengono ad appl icare i fasci antero-interni ed intermedi del crociato anteriore , che si possono rompere se la forza estensor ia è massimale.

Il crociato posteriore non si rompe, in effetti, se non dopo la rottura totale dell'anteriore.

Nel corso della flessione solo certe fibre sono tese: in effetti sono i due fasci anteriori antera-interno ed i n termedio che si detendono nella flessione, mentre il fascio postero-esterno, p iu verticale, res t a teso per tutto il tempo della flessione, controll ando i n ogni momento la stabilità.

La posizione estrema rappresentata dalla iperflessione, vede il crociato anteriore di nuovo in tensione al massimo, con la maggioranza delle sue fib r e e quindi fra 20° e 60° la tensione del crociato anteriore è minore

I lavori di Norwood e Cross hanno dimostrato che:

- la sezione de l fascio in t ermedio accresce l'instabilità anteriore diretta;

- l a sezione del fascio antera-interno accresce l 'avanzamento del piatto tibiale esterno;

- la sezione del fascio postero -esterno aumenta il test d i recurvato rotaz i one esterna;

- l 'avanzamento del piatto t ib iale interno è accresciuto d alla sez ione del fascio i ntermedio, essendo però già stata eseguita la sezione de l fascio antera -interno.

Lo studio della fisiologia di questi differenti fa. sci, può spiegare certi esami clinici su lassità fresche che presentano un Lachman posi Livo con test dinamici negativi o, al contrario, test dinamici positivi con Lachman negativo. In effetti l'esistenza di una rottura parziale del crociato con lesioni isolate del fascio intermedio, spiega tut La da sola la presenza del Lachman posi t ivo.

Dall'insieme di quest i studi vediamo come il crociato anteriore partec ip i alla stabilità del ginocchio sia in flessione, che in estensione, che in rotazione, ed è aiutato in queste funzioni dalla morfologia deJie superfici articolari, dalla tensione dei ligamenti periferici e dal gioco dei muscoli attivi articolari.

In estensione la stab ilità è massima, il centro di gravità passa in avan t i rispetto ali' asse di flessione del ginocchio, il quadricipite è rilasciato e la congruenza articolare è assicurata dall'incastro del massiccio delle spine Libiali nella gola intercondiloidea, dallo stretto contatto condili-glene, dalla messa in tensione di tutte le formazioni periferiche laterali e soprattutto posteriori, dalla messa in tensione del LCA sull ' angolo che rappresenta il tetto della gola intercondiloidea.

In flessione la congruenza delle superfici articolari ha un ruolo secondario, e sono le formazioni periferiche che partecipano con l'a iuto del crociato anteriore al mantenimento della stabilità.

Vediamo ora in particolare quali sono gli elementi che partecipano al controllo dei vari movimenti

1) Controllo della flessione pura: il fascio posteroesterno del crociato anteriore resta teso per rutto il tempo della flessione. Il quadricipite è lo stabilizzatore della flessione, nella sua azione limi t ativa l'efficacia è accresciuta dalla rotula, che porta in avanti la forza di t razione, aumentando i l braccio di leva .

2) Controllo del varo-valgo : assicurato dalle formazioni periferic h e, il coll aterale interno che resta pressoché continuamente teso, la banderella di Maiss iat dall'este rno; le formaz ioni esterne si detendono p iu che le formazioni interne e q uesto spiega la presenza di un varo fisiologico.

3) Controllo delle rotazioni:

a) controllo della rotazione esterna: le formazioni periferiche sono implicate in maniera differente secondo che si tratti di un avanzamento del piatto tibiale interno o di un arretramento del pi atto tibiale esterno. L'avanzamento del piatto tib iale interno è contro1lato in minima parte dal croc iato an teriore ma è soprattutto limitato dal punto d'angolo post ero-interno (PAPI) comprendente il ligamento capsulare interno , il hgamento

319

collaterale interno e il corno posteriore del menisco interno. Tuni questi elementi sono protetti dal semimembranoso e dalla zampa d'oca che possiamo dunque considerare limi tat0ri attivi della rotazione esterna; b) l'arretramento del piatto tibiale esterno: questo arretramento è controllato dal crociato anteriore e in particolare dal fascio postero-esterno. È ugualmente limitato dal solido complesso postero-esterno formato dal ligamenro collaterale esterno e dal ligamento popliteo arcuato. Dobbiamo ugualmente notare il ruolo particolare del quadricipite nel controllo di questa rotazione esterna. L'arretramento del piatto tibiale esterno determina un arrecramento anche della tuberosità tibiale anteriore su cui si in serisce il tendine quadricipitalc. La contrazione del quadricipite richiama in avanti la tuberosità tibiale e determina quindi un annullamento o comunque un ostacolo alla rotazione esterna; e) conrrollo della rotazione interna: la fisiologia del perno centrale non permette rotazione interna a mano che non si accompagni ad una traslazione anteriore della tibia sul femore.

Questo non è possibile che in caso dì avanzamento del piatto tibiale esterno. Questo avanzamenro fisiologico è cont r ollato perifericamente dalle formazioni capsulo ligamentarie antero-esterne, capsula terzo-medio e ligamento collaterale esterno. Il menisco esterno non ha un effetto di valore per il fatto della sua ipermobilità. Queste rormazioni sono rinforzate da un sistema muscolare attivo composto dal fascia lata e dal bicipite.

In funzione di quanto descritto, vediamo la conseguenza della rottura del crociato anteriore sulla stabilità del ginocchio.

In estensione, l 'assenza dell'appoggio del crociato sul letto della gola intercondiloidea determina un aumento del recurvato che resta discreto se la integrità delJe formazioni capsulo-ligamentarie posteriori è conservata, ma che aumenta oltre misura se è rotto anche il crociato posteriore e questo complesso posteriore. In flessione la rottura del crociato anteriore ha per con seguenza lo spostamento all'interno e alJ'indietro del centro di rotazione, e la possibilità di una traslazione anteriore della tibia sul femore. Lo spostamento del centro di rotazione verso l'interno, ha per conseguenza un aumento del braccio di leva esterno che permette al livello del compartimento esterno l'aumento della poss ibilità di avanzamento o di arretramento del piatto tibiale esterno e, dall'altra parte, una diminuzione del braccio di leva interno che minimizza le possibilità di avanzamento o arretramento del piatto tibiale interno.

Seconda conseguenza è la possibilità di traslazi o ne anteriore della tibia sul femore. A partire da quest.i posizione piu anteriore, delle nuove ampiezze estreml di rotazione sono quindi possibili e naruralmenc ,. dannose.

CO:-XSEGUENZE FISIOPATOLOGICHE DELLJ\ ROTTURA DI CROCIATO ANTERIORE

1) Avanzamento possibile del piatto tibiale: interno. Es so è dovuto unicamente alla traslazione anteriore della ti bia sul femore, ma questa traslazione è oscacolata dalk formazioni periferiche e dal corno posteriore del rnt nisco interno con le formazioni che realizzano il puntti d'angolo postero interno (PAPI). Questa situazione spiega le lesioni degenerative osservate a livello di questo menisco, nell'evoluzione spontanea delle lassità anteriori croniche. 1l crociato posteriore non è un fattor'-' limitante di questa traslazione, al contrario ]'arretramento del piatto tibiale interno è possibile perché bh:cato dalla forza del ligamento crociato posteriore.

2) L'avanzamento del piatto tibiale esterno è invece la modificazione quantitativamente piu importante: esso è dovuto da una parte all'aumento del braccio di leva esterno per spostamento del centro di rotazione indi etro e in avanti, determinando una traslazione anteriore del piatto tibiale esterno che risulta mal controllata sia dalle formazioni periferiche antera-esterne, sia dal crociato posteriore. Questo perché l'effetto ritardante e limitante che il crociato posteriore determina sulla rotazione interna, è ostacolato dalla traslazione anteriore che ne avvicina le inserzioni e lo rende meno efficace. 3) Una ultima possibilità è l'arretramento del piatto tibiale esterno. Questo arretramento è ostacolato dalle solide formazioni del punto d'angolo postero-esterno, le quali sono sotloposte ad un degradamento progressivo che appare a lungo termine nel corso delle lassità croniche non corrette. La degradazione di questo punto d'angolo esterno è necessaria alla apparizione clinica di una instabilità con varo recurvato rotazione esterna.

Dopo questi cenni di anatomia e fisiologia dei componenti articolari ligamentosi passivi, passiamo ad esaminare i] ruolo degli stabilizzatori attivi, i sistemi muscolari circostanti l'articolazione ed il loro ruolo nella protezione delJe lesioni articolari.

Noi sappiamo che i tiranti muscolari hanno un ruolo preponderanLc per la stabilizzazione del ginocchio, sia nel movimento di flesso-estensione dove l'azione mo-

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trice del quadricipite è equi librata dai muscolo ischiocrurali, che nell e rotazioni dove l'insieme degli ischiocrurali interni ed esterni è determinante e nelle quali l'apparato estensore gioca un ruolo non trascurabile ternno conto delle caratteristiche de l sistema rotu leo.

In effetti, come già accennato, l'angolo Q fisiologico era l'asse del tendine roh1lco e qL1ello del quadricipite, permetre a questo muscolo di controllare efficacemente la rotazione esterna della gamba.

A questi elementi di base dobbiamo aggiungere due noz ioni fondamentali per comprendere le ragioni della rel ati va fragilità rotatoria dell'articolazione e dei momenti traumatici che su di essa agiscono. Si tratta da una parte della asimmetria di funzionamento rotatorio dei due compartimenti e dall 'ahra parte delle variazioni di controllo ro tatorio secondo la posizione nella quale s i trova l'articolazione. Nel primo caso noi vediamo che la rotazione del ginocchio si effettua per spostamento assi ale dei piatti tibiali sui condili femorali. Tuttavia i due compartimenti non hanno lo stesso comportamento ed il piatto tibiale esterno ha uno spostamento rotatorio relat ivamente piu importante dell 'interno, asimmetria che si spiega, come già abbiamo visto, per la piu grande fissità del compartimento interno, solidamente mamenuto dalle formazioni capsulo ligamentarie interne del punto d'angolo.

Dal Iato esterno, al contrario, il piatto tibiale in ragione della sua configurazione e della debolezza dei suoi mezzi capsulari, beneficia di una maggiore mobilità di cui il perno principale è il ligamento crociato anteriore, assistito dalle formazioni attive bicipit e e fascia lata , che assicurano il controllo della rotazione interna.

In effetti questa stabilità rotatoria varia fondamentalmente secondo la posizione dell'ar t icolazione e, riassumen d o quanto già detto, in estensione l'articolazione è stab ile per la congruenza delle superfici articolari e l a messa in tensione dei si stem i attivi e passivi. Non è possibile alcuna mobil ità rotatoria e il ligamento crociato anteriore non può essere sollecitato che nel senso d ella iperest ensione; in flessione o l tre i 45° l'azione subl ussante dei quadricip i ti sui piatti tib i ali è equil ibrata dagli isch io-crurali.

D bicipite assicura il controllo rotatorio del piatto t i biale esterno aiuta t o dal fascia l ata che, oltre i 45°, passa dietro ]' asse d i fless ione e lavora come un flessore . Il p iatto t ib iale esterno è stabile e il crociato anteriore beneficia d i una protezione massima. Nei primi 20° e 30° di flessione, la forza sub- l ussante del quadrici pite aggravata dall'azione del popl iteo, non è ancora equilibrata dagli ischio-cru r ali.

il bicipite non è an cora in grado di assicurare il controllo rotatorio del piatto tibiale esterno e il fascia lata, che l avora in avanti rispetto all'asse di flession e, si comporta come un estensore sinergico del quadricipite; il ligamento crociato è dunque particolarmente vulnerabile in movimenti di rotazione o di torsione che.: rompono un equilibrio e determinano la rottura.

Se una torsione in rotazione interna determina generalmente una lesione isolata, al contrario, una rotazione esterna, in ragione dei mezz i di fissità del comportamento interno , determina il meccanismo abituale della triade sfortunata di Don o Donogue, con rottura preventiva del piano capsuloligamentoso interno.

Aggiungiamo il ruo lo facilitatore che possono giocare in queste circostanze le anomalie costiwzionali come l'iperlassità articolare: una modificazione del morfo tipo in varo e torsione interna della gamba particolarmente frequente nei giocatori di calcio, oppure in va lgo con torsione es t erna della gamba.

Questi due u ltimi elementi determinano in partico lare una modifica del valore dell'angolo Q, aumentando la ri sultante quadricipitale per quella parte che concerne la rotazione interna di gamba, rendendo quindi il crociato anteriore ancora più vulnerabile.

Infine, per completezza, non bisogna disconoscere l'e lemento propriocettivo per cui l'insufficienza del controllo rotatorio può essere favorita, in certe circostanze, da un elemento di fatica fisica o di preoccup,1zione psichica.

ANALISI MECCANICA DELLE CONDIZIONI DELL'INCIDENTE INIZIALE

li meccanismo con cui avviene una lesione di L CA, può essere soprattutto osservato nel corso di incidenti sportivi ai quali sport come il football, il basket, la ginnastica e l'atletica pagano un importante tributo, particol a r mente per quei traumi senza contatto, che ci appaiono di piu grande i nteresse per l' analisi di questi meccarnsm1.

In effe t ti i traumi in cui .intervengono forze esterne di una certa violenza determinano lesioni di importanza variab ile che dipendono in gran parte dall'intensità delJa fo r za e dal suo punro di applicazione, traumi che non sono né prevedibili né classificabili

A l contrario, nei traumi senza contatto, la causa esterna di disequilibrio diventa seconda ria ed il tipo di lesione ottenuta è soprattutto in dipedenza delle cara tteristiche deU'articolazione, e c ioé dei punti deboli della

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sua anatomia e della sua fisiologia, che abbiamo esaminato sinora.

Il meccanismo piu conosciuto e il piu abituale delle lesioni di LCA è quello della triade sfortunata, dove il soggetto sorpreso con un piede in appoggio in posizione di valgo fl essione rotazione esterna, non riesce a controllare il suo disequilibrio e rompe successivamente il sistema capsulo-ligamentoso interno e il crociato anteriore. In questo tipo di meccanismo il crociato anteriore non è sollecitato per allungamento neli' asse delle sue fibre, ma per un arrotondamento attorno al condilo esterno, sul quale si viene a tendere e poi a rompere.

La rottura preventiva del sistema periferico interno, rendendo la lassità piu evidente, spiega come mai per lungo tempo questa sia stata considerata come la causa principale, se non esclusiva, di rottura di LCA.

La lesione isolata di LCA, invece, non è suscettibile di riprodursi se non in circostanze ben precise: I ) iperestensione: abitualmente realizzata nel football in occasione di un calcio nel vuoto, ma può anche trattarsi di una brusca distensione di un soggetto in aria nel livello piu alto di un salto, ad esempio anche nella ginnastica;

2) il meccanismo piu abituale per rompere un LCA in maniera isolata è indiscutibilmente la rotazione interna forzata. Occorrono diversi fattori favorenti ben precisi:

· il ginocchio deve essere in leggere flessione da 10° a 40 ° , posizione abiruale su terreno di football che determina la possibilità, soprattutto nell'iperlasso, di una migliore agilità per realizzare exploit tecnici che richiedono rotazioni dei condili e della tibia gli uni sugli altri.

Il piede deve essere in contatto con il suolo; · la tibia si deve trovare in rotazione interna: questa rotazione interna del blocco inferiore è strettamente legata all'ancoraggio al suolo della calzatUra o, in un altro sport, alla posizione dello sci piantato nella neve. Infine deve intervenire un brusco movimento rotatorio. Questo meccanismo di azione è frequente nei cambiamenti bruschi di direzione, in un calcio incrociato a livello del ginocchio di appoggio, in un incidente di sci dove lo sci si pianta portando la tibia in una rotazione interna brutale, seguita da una caduta verso l'esterno. Infine in una cattiva discesa da un salto.

EVOLUZIONE MECCANICA DELL'ARTICOLAZIONE IN CASO DI LESIONE

ISOLATA DEL CROCIATO ANTERIORE

Esaminiamo in questo capitolo la nuova situazione che si trova a livello del compartimento esterno dopo una rottura isolata del LCA.

Il piatto tibiale non è piu frenato nel sen so d ella rotazione interna, e acquisisce una anormale mobili tà verso l'avanti, suscettibile di materializzarsi sotto la forma di Ressaut rotatorio esterno , che è l'element o pr incipale della sindrome del crociato anteriore

DESCRI ZIONE

Per Ressaut o scatto o s alto intendiamo una rapidissima sub-lussazione del piatto tibiale esterno sot to il condi lo femorale, seguito da una riduzione immedi ata come se la tibia fosse stata richiamata da un elastico

Questo fenomeno è nello stesso tempo un sim o mo che lo sportivo sente sul terreno nel corso del gioco e un segno di esame che il medico può riprodurre p er la diagnosi. Questa sub-lussazione si produce quand< il ginocchio è vicino all'estensione negli ultimi 30 ° e si riduce quando il ginocchio ritorna in flessione.

La forza sub-lu s sante è essenzialmente quella d e quadricipite , che interviene con potenza per stabili zzare il ginocchio contro gli effetti della gravità, particolarmente quando nella pratica sportiva il peso del corpo è moltiplicato per salto, decelerazione, cambiamento di direzione. L'azione del quadricipite ha quind i, anche in condizioni normali, un effetto di sub-lussazione anteriore e di rotazione interna. In assenza del crociato anteriore tal e effetto viene esagerato, determinando un avanzamento di importanza clinica del piatto tibiale esterno, che si traduce per l'insieme del ginocchi o in un movimento di rotazione verso l 'interno della tibia sul femore , facendo perno sul compar ti mento mediale. Si determina quindi quella sub-lussazione anteriore del piatto tibiale esterno che è l'assenza anatomica del cedimento che il malato avverte sul campo, ed è il segno clinico del Ressaut che il medico avverte sul lettino della visita. Questo spostamento anteriore del compartimento esterno è facilitato, oltre che dalla assenza del crociato anteriore, dalla superficie della glena tibiale esterna, che ha la caratteristica di una superficie convessa verso l'alto. Il piatto tibiale, convesso esso pure, nel passare dall'indietro verso l'avanti, supera la sommità della convessità della tibia, e, determinandone la sub -lu ssazione, causa quel salto, quello scatto, cui corrisponde il Ressaut.

Lo spostamento alternativo del condilo femorale esterno da una parte e dall'altra in avanti e indi etro della superficie convessa del piatto tibiale, sotto l'influenza di una forza rotatoria, si farà dunque in maniera concentrica facendo perno sul compartimento mediale, in

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cui le superfici sono piu congruenti (da una parte concava, dall'allra convessa) con formazioni periferiche molto piu resistenti.

Riassumendo il fenomeno del Ressaut, che corrisponde al cedimento e quindi alla distorsione recidivante del malato affetto dalla rottura di LCA, avviene quando il ginocchio si trova vicino all'estensione nei primi 20 ° o 30°

La forza sub-lussante del quadricipite, aiutato dal fascia lata che nei primi gradi di estensione è sinergico all'azione del quadricipite, determina la sub-lussazione anteriore del piatto tibiale esterno visibile clinicamente, che determina sul terreno di gioco la caduta cd il cedimento articolare.

Continuando verso la flessione, dopo i 30 °, gradualmente il tensore del fascia lata inizia a divenire flessore, si sinergizza all'azione degli ischio-crurali e porta in cassetto posteriore il piatto tibiale esterno, riducendolo con uno scatto, un salto, unito alla ripresa dell'inibizione riflessa del quadricipite, legato alla coordinazione tra muscoli agonisti ed antagonisti.

Clinicamente vedremo come si possa determinare con un certo numero di test simili l'uno alJ'altro, questa sub-lussazione anteriore del piatto tibiale esterno e la sua riduzione con dei movimenti che associano a soggetto sdraiato un valgo una rotazione interna ed una pressione sulla tibia verso l'alto. La riproduzione clinica del Ressaut testimonia la rottura, l'assenza del ligamento crociato anteriore, in quanto è l'unica formazione che si oppone a questo spostamento verso l'avanti del piatto tibiale esterno.

Questo stesso segno viene riconosciuto dal malato come l'elemento caratteristico del cedimento che avverte durante il movimento, responsabile delle distorsioni recidivanti. Lo stesso segno è inoltre utilissimo per la verifica post-operatoria, sia immediato che a distanza, della validità anatomica di una ricostruzione del crociato anteriore stesso.

Per concludere questo capitolo noi focalizziamo l'attenzione del lettore sulla constatazione anatomica che la rottura del crociato anteriore, soprattutto quando isolata, determina una motilità anormale a livello del compartimento esterno, la cui manifestazione si ef. fettua sotto forma di Ressaut nell'occasione di certe azioni, di certi movimenti, determinando alla lunga una instabilità di tipo antera-esterno. Tuttavia le lassità di questo tipo non sono obbligatoriamente tutte cause di instabilità: certi soggetti per le loro condizioni sedentarie non hanno disturbi, ed anche certi sportivi possono arrivare ad una compensazione propriocettiva che permette ugualmente l'attività sportiva.

In questi casi una decompcnsazione non si produrrà che secondariamente per degradazione progressiva degli elementi ligamentari periferici. Questo ci porta allo studio delle lesioni associare.

STUDIO DELL'EVOLUZIONE MECCANICA

DELL'ARTICOLAZIONE IN CASO DI LESIONE

LIGAMENTARIA ASSOCIATA A ROTTURA DI LCA

1) Lesione del compartimento mediale.

Questa è l'associazione piu frequente: si tratta di una lesione della capsula interna e dei suoi rinforzi: LCI + PAPI + alare rotuleo interno + menisco interno, in cui la rottura avviene col meccanismo di una triade sfortunata in valgo, flessione rotazione esterna forzata, che determina prima la lesione periferica, poi quella del LCA.

Meccanicamente tale lesione determina l'apparizione dei segni di esame tipici: lateralità in valgo in flessione a 30°, cassetto anteriore diretto in flessione, che si esagera in rotazione esterna.

I segni rotatori antero-esterni possono restare indefinitamente latenti e fare la loro apparizione ad un qualunque stadio della evoluzione; assai rari nei primi tempi dell'accidente iniziale, essi appaiono gradualmente in funzione dei contrasti meccanici che vengono imposti all'articolazione nel senso della rotazione interna, determinando una distensione della capsula anteroesterna e, progressivamente, l'apparizione di un Ressaut rotatorio.

Il Ressaut, sia come manifestazione clinica che obiettiva, non avviene comunque di regola in tutte le lesioni antera-interne, in quanto la lesione degli clementi interni ha un ruolo attcnuatore sulla produzione del Ressaut, per cui è necessaria la doppia fissità frontale erotatoria del compartimento mediale. Questo effetto attenuatore si esercita sia sul Ressaur, come segno di esame, sia come causa di instabilità, che nelle lassità anterointerne è di minore importanza clinica, fino a quando non sopravviene iJ Ressaut, per lo meno nelle lesioni di media gravità. Le lesioni piu gravi portano ad una globalizzazione progressiva con lassità antera-interna e antera-esterna.

2) Lesioni degli elementi del compartimento esterno:

• la capsula antere-esterna, davanti al LCE, è poco consistente ed ipermobile, e la sua lesione è contemporanea alla lesione LCA o successiva, per distensione graduale, ed ha un effetto facilitatore sul Ressaut;

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La lesione delle formazioni postero-esterne (LCE + Popliteo + complesso arcuato) d etermina una lassità postero-esterna che, se associata alla antero-esterna, determina una instabilità grave che necessita di un gesto chirurgic o approp ria to e separato.

- Lesione degli elementi posteriori: si possono trovare associate sia per un meccanismo di valgo rotazione esterna con cont atto violento, che realizza la pentade sfortunata con lesione di entrambi i crociati, sia per una iperestensione forzata con punto d i applicazione anter iore di un contatto lui pure violento, che rompe tll1tc le formazioni poste r iori dopo aver rotto il LCA.

In co nc l usion e del capito lo ricord iamo:

- L a lesione i solata del LCA, malgrado la scarsa obiettività, ha una ripercussione severa sulla stabilità per l'apparizione d el Ressaut rotat or io del compartimento esterno che è causa di distorsioni recidivanti nei movimenti di rotaz ione interna in semi -flessione.

L a lesi one del LCA associata a quella delle formazioni interne, di cui l'espressione obiettiva è piu evidente, non ha t uttav ia una maggiore gravità (per lo meno nelle forma moderate) e questa associata attenua probabilmente gli effetti deUa rottura del LCA per quanto conce rne il R essaut ro t atorio NeJle forme gravi cd evolut ive, l'associazione lassità AI + AE si rinforza per arrivare alla lassità globale di cattivo pronostico.

Riass unto - G li Alllori r iportano uno st udio Slil legamento crociato anteriore del ginocchio. Lo studio conferma l'importanza deUa riparazione delle lesioni croniche del legamento stesso. Gli Autori studiano la biomeccanica del legamento crociato amcriore in rapporto alla cinemat ica de l g inocchio ed alla stabilità articolare.

Résumé c . - Les Auccurs examinenc la ruprurc du ligamcnt croisé anLérieur du genou. L'étude confirme quc la réparation du ligamcm sus-dit est crès important pour le genou.

Nous avon, érudié L0utes !es conséquences de la rupture du hg" mene croi,é amédeur sur la cinématiqlll: du gcnou e1 sw· la stabili cé arciculaire et l'évolution dc rellcs conséqucnces.

Summ ary. - The Authors report a study about the amerior cruciate ligament of rhe kncc The study confirm the imporcance of a repatr of the lcsions o[ such ligarnenr.

The Aurhors studied che consequcnce of rhc rup1ure of 1he anterior cruciatc ligamcnt about che kinemacics of 1he knee, abou1 che ,uticufar stabilicy Jnd rhe cvolution of ,uch consequenccs.

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OSPEDt\LE MJUT.t\RE <,l. GUCCl M.O.» - BOLOG~A

Direttore Col. mc R. PETR0:-.11 LI GABINETTO ODONTOSTOMATOLOGICO

Diri!(cntc: C~p mc R. P1n,

LA CRIOTERAPIA IN CAMPO ODONTOSTOMATOLOGICO ESPERIENZE PERSONALI E RISULTA TI CLINICI

Cap. mc. Dr. R. PiZ7a S. Ten. me. Dr. L. Chiarini Dr. E. Grossi Dr. R. Bccciani

INTROD UZ IO NE

La criochirurgia si basa sugli effetti che le basse temperature esplicano se applicate in maniera rapida e localizzata sui tessuti organici e su differenti costituenti di questi tessuti. Lo scopo di questa metodica è di provocare una distruzione tissutale indotta dal freddo, la crionecrosi.

La criodistruzione controllata dei tessuti in situ piuttosto che la loro eliminazione con escissione chirurgica plastica è stata utilizzata efficacemente per il trattamento di numerose lesioni benigne e maligne del cavo orale. Questa terapia presenta alcuni vantaggi rispetto alla chirurgia da exeresi quali l'eccellente qualità della cicatrice, l'assenza della emorragia, l'inutilità nella maggior parte dei casi di ricoveri ospedalieri, m ini mi rischi pre e post operatori, dolori ed edema post-operatori moderati, minima o nulla perdita di sostanza. In contrapposizione gli svantaggi sono presentati dal lungo tempo di guarigione, che rappresenta l'inconveniente maggiore po iché va dalle tre alle cinque settimane, dalla difficoltà a volte, di adattare lo strumento utilizzato per la terapia in certe zone della cavità buccale, dalla ripetitività dell'intervento (ogni lesione di media necessita di due o tre sedute) e dai limiti nell'estensione tridimensionale.

I fattori che determinano la criodistruzione in vivo dei tessuti possono essere distinti in tre tipi o fasi successive:

A) fase fisica

B) fase vascolare

C) fase immunologica

A) Per quanto riguarda la fase fisica i meccanismi d'azione del freddo spinto sono fondamentalmente quattro:

1 ) disidratazione della cellula;

2) cristallizzazione del liquido cellulare e rottu-

ra della membrana cellulare;

3 ) denaturazione delle lipoproteine;

4 ) alterazioni a livello enzimatico.

I primi due fenomeni dipendono dal tipo di congelamento in quanto esiste una netta differenza fra congelamento lento e congelamento rapido; durame il primo l'acqua extracellulare è la prima a co ngelare e cristallizzando diviene osmoticamente inerte facendo aumentare la pressione osmotica a livello della zona interstiziale e provocando quindi un richiamo d'acqua dall 'interno delle cellule con conseg uente disidratazione cellulare cui segue una concentrazione tossica degli elettroliti nella cellula a meno c he il processo non venga interrotto; durame il congelamento rapido invece si vengono a formare dei grandi cristalli di ghiaccio intra e extra cellulari con conseguente rottura della membrana cellulare e morte della cellula stessa. La denaturazione delle lipoproteine è dovuta a ll 'az ione diretta del freddo al quale questi complessi sono altamente sensibili. I fosfoli pidi abbandonano la membrana cellulare aumentandone la permeabilità agli elettroliti con conseguente modificazione della concentrazione intracellulare.

I fenomeni di alterazione enzimatica sono in rapporto alla distruzione delle membrane mitocondriali, distruzione provocata dal congelamento rapido.

B) Per quanto riguarda la fase vascolare, essa comprende i fenomeni di shock termico e di stasi vascolare collegati alla trombosi inrracapillare; la stasi vascolare determina un metabolismo in anaerobiosi con accumulo di prodotti tossici per la cellula quali l'acid o lattico e l'istamina.

C) I nfine grande importanza riveste il fenomeno immunitario soprattutto per quanto riguarda le lesioni neoplastiche; esso è osservabile sia a livelli umorale che cellulare e viene definito crioimmuniz-

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zazione. La sua comparsa è incrementata dalla somministrazione di farmaci immunostimolatori come il levami solo ed il BCG. Anche il pretrattamento con farmaci antineoplastici come la ciclofosfamide può intensificare la risposta immunitaria. Il rilevamento di elementi immunitari diretti oltre che al tumore primitivo anche alle metastasi h a suscitato un notevole interesse nel campo della ricerca sulle possibili applicazioni della crioterapia. Questa viene usata quindi non solo per distruggere il tessuto primitivo ma anche per determinare o aumentare la resistenza del soggetto al tumore.

CLINICA DELLA CR IOTERAPIA

Le alterazioni microscopiche provocate dal freddo possono riassumersi nell 'ede ma e nell'aspetto emorragico strettamente delimitato alla zo na congelata che altro non è che la zona della crionecrosi. L'edema periferico è precoce e raggiunge il massimo a lla settantesima ora circa; il liquido dell 'ede ma è risultato essere molto ricco di potassio. L'escara cade fra il settimo e il quattordicesimo giorno, facendo posto a un tessuto di granulazione in avanzata e completata fase cicatriziale; successivamente compaiono tutte queste manifestazioni lasciando posto a una cicatrizzazione definita lenta ma elast ica soffice e fine.

Microscopicamente si not a che qualche ora dopo la crioterapia compare nei tessuti una necrosi di tipo ischemico, talmente delimitata che due cellule contigue possono apparire una emorragica e una sana. Questo fenomeno è legato alla trombosi intracapillare che ha sede nei bordi della zona trattata, mentre i tessuti vicini, in zona sana, reagiscono con un edema moderato e con afflusso leucoc itario allorché il tessuto crionecrotico è in situ. La lesione inizia col primo ciclo di congelamento e non è completa che in qualche ora o al massimo in tre giorni; nel caso del congelamento si di s tinguono sc hematica mente quattro fasi evolutive:

1 ) la crioadesione

2) la criosolidificazione

3) la crioinfiammazione

4) la crionecrosi

[I fenomeno dell'adesione (è noto che la superfic ie bagnata aderisce perfettamente a un corpo metallico molto freddo ) compare a temperature comprese tra i -15 ° Ce i -40 ° C.

La fase di solid ificazione provoca la formazione

dei c ri sta lli di ghiaccio: essa va certamente legata all a morte cellulare della crionecrosi.

l'effetto infiammatorio dovuto all'azione del freddo è molto localizzato ed interviene fra i -40° C e i -60° C.

L'effetto distruttore della crionecrosi interviene con temperature molto basse nell'ordine dei -90° C (N 2 0) sino ai -109° C (N 2 ).

METOD I E MATER IALE

I metodi di raffreddamento usati in crioterapia sono fondamentalmente di due tipi:

a) il primo tipo provoca l'abbassamento della temperatura sfruttando il cambiamento di stato di una sostanza. Nella fattispecie vengono utilizzati dei gas liquefatti sotto pressione il cui p assaggio allo stato gassoso per diminuzione della pressione provoca una forte caduta della temperatura. Tra i gas che permettono l'utilizzazione di questo principio ci sono l'anidride carbonica , che però oggi rappresenta un mezzo superato; l'azoto, gas inerte che diviene liquido inodore ed insapore a -196 ° C; il freon che è un idrossicarbonioalogenato la cui vaporizzazione avviene a -29 ° C ma che con opportuni accorgimenti tecnici si può portare a -80° C.

B) Il secondo tipo è quello che sfrutta l'effetto Joule-Tom pson , principio fisico secondo il quale quando s i attua l'espansio ne rapida di un gas attraverso un piccolo orifizio si ottiene una caduta r apida della temperatura. l gas più comunemente usati per sfruttare quest'effetto sono l'anidride carbonica e il protossido d 'azoto.

Questo secondo metodo è quello sfruttato maggiormente dai moderni apparecchi per crioterapia. Infatti è stato osservato che a -60° C l'azione è molto limitata in profondità ed occorrono tempi mol to lunghi; al contrario a -196° C l ' applicazione comporta maggiori rischi oltre alle difficoltà a maneggiare e reperire l'azoto liquido unico gas che può darci queste temperature. Si è quindi optato per una temperatura intermedia di -89° C ottenibili mediante il protossido d'azoto con appa recchi che sfruttano appunto il principio di Joule -T ompson.

L'apparecchio da noi usato è il Criotomelectronic della ASMOT di Torino. Tra le caratteristiche di questo apparecchio vi è la regolazione automatica del protossido d'azoto li quido: un circuito elettronico integrato ne stabilisce istante per istante la quantità da erogare in rapporto alle frigorie as-

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sorbite dal tessuto e alle dimensioni dell a sonda. Un dispositivo di nuova concezione comanda la distribuzione del liquido che arriva alla sonda a bassa pressione. Questo garantisce l'operatore da problemi tecnici e permette l'utilizzazione di sonde flessibili. Un timer digitale consente al chirurgo di effettuare con la massima precisione applicazioni di breve durata e a intervelli desiderati. Il manipolo ridotto in volumi e dimensioni si dimostra particolarmente versatile anche per quegli interventi ove il campo operativo sia limitato e difficilmente raggiungibile. I costi d'esercizio sono minimi data la sua semplicità di costruzione, l'approvvigionamento di gas non pone problemi particolari essendo le bombole di NO le medesime usate comunemente in anestesia generale.

L'apparecchio è fornito di criodi di varia forma; in campo stomatologico riteniamo che quelli uùlizzabili convenientemente siano illustrati nella figura 2.

Le indicazioni che la criochirurgia presenta in campo stomatologico sono:

1 ) cheratosi (leucoplachie precancerose)

2) emangiomi

3) dermatosi varie precancerose (m. di Bowen, eritroplasia di Queirat)

4) verruche

5) neoplasie maligne localizzate (ca. in situ)

6) neoplasie benigne localizz ate

7) cicatrici deturpanti (cheloidi).

La nostra esperienza comprende 26 casi di leucoplachie, 7 casi di emangiomi, di cui uno alla lingua e 6 alle mucose labiali e geniene; 2 cheiliti attiniche recidivanti; 1 ca. spinocellulare del labbro inferiore peraltro molto limitato e senza segni clinici di metastasi.

I casi di leucoplachia sono tutti guariti ad eccezione di un paziente portatore di una estesa area leucoplasica coinvolgente la mucosa geniena e latero marginale della lingua; per quest'ultimo si può parlare di miglioramento dal lato clinico. Completamente gu ariti i 7 casi di emangiomi, le 2 cheiliti attiniche recidivanti.

Il ca. spinocellulare del labbro inferiore a 20 mesi di distanza non ha dato segni di metastasi né di recidiva locale. La guarigione di queste lesioni è avvenuta in 2-4 settimane, in assenza completa di retrazioni cicatriziali.

Fino ad oggi la terapia delle lesioni leucoplasiche era limitata alla prevenzione, all'eliminazione di eventuali fattori eziopatogenetici ( irritazioni croni-

che ) e alla somministrazione di preparati vitaminici epitelio-protettori ad alto dosaggio. In casi particolarmente gravi l'asportazione chirurgica seguita da trapianto autogeno alla Tiersch poteva essere ottenuta solo da chirurgi particolarmente esperti.

La terapia delle altre lesioni era sempre chirurgica con minori tempi di recupero ma con facilità alle retrazioni cicatriziali. Per quel che riguarda le neoplasie benigne circoscritte (papillomi, epulidi, fibromi, etc.) il trattamento crioterapico non trova una precisa indicazione; l'asportazione chirurgica tradizionale è preferibile trattandosi di tecniche più semplici che permettono una rapida cicatrizzazione e anche se residua una cicatrice lineare sulla mucosa ciò non rappresenta un problema in sede endo-orale né di estetica né di funzionalità.

CONCLUSIONE

La criochirurgia in stomatologia riconosce una sua precisa collocazione. L'impiego di un apparecchio criochirurgico è fondamentalmente esente da gravi pericoli; necessita di una preparazione di base da parte dell'operatore, poiché un'applicazione adeguata può dare risultati insoddisfacenti e, all'opposro, lesioni gravi non facìlmente riparabili. Le indicazioni reali del trattamento criochirurgico sono più ristrette di quelle suggerite dalla letteratura limitando la effettiva efficacia di questo nuovo metodo alle cheratosi ed agli angiomi. Si potrà sperare tra breve di utilizzare la crioterapia anche nel trattamento dell'herpes e delle gravi parodontopatie. La letteratura internazionale ci dà già dei risultati positivi; in un lavoro in via di ultimazione daremo il nostro modesto contributo con i risultati della nostra sperimentazione in merito.

Riassunto. - Gli Autori riferiscono sull'impiego della criochirurgia in campo stomatologico prospenando le modalità d'azione e la metodica di impiego di questa tecnica chirurgica. Definiscono anche la loro esperienza clinica personale che risulta coerente con ciò che è possibile riscontrare dalla lenerarura internazionale e cioè che la criochirurgia è un ottimo mezzo chirurgico, che va però usato per determinate patologie (discheratosi e angiomatosi) con metodiche ben precise e soprattutto da mani esperte.

Résumé. - Les Auteurs nous rapportent sur l'emploi de l a cryochirurgie dan s le domain c stomatologiqu e e n exposant les mod alités d'action et la méthodc d ' emploi de certe technique chirurgicale.

11s définissent aussi lcur cxpériencc clinique person e ll e qui

32 7

se rév èle co héreme ave c ce qui est poss ibile d e vérifi e r par la lir téraLure internationalc, c'cst -à-dire quc la cr yochirurg ie est ,m moren chiru rg ica] e xcc llen t mai s il d o it ètre u rili sé se u lcmenr <lans Je p arho lo gics d érerm inée s, avec des mé thodcs preci scs er surto ur d e ma ins expcrtes

Summary. - Th1s sru<ly considers che modality of acrion and rhc method of using che cryosurgcry in denrisrry. The Aurhors also rcfer thcir own clmic c~pcriencc rhat rencct whac is said through thc inremational litcrature: cryosurgcry is a vcry effccrivc surgcry means for specific pathologies, applicd wirh very careful merhod and execured b:,, experr hands.

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328

REGIONE MILITARE SARDEGNA - COMANDO DEI SE RVIZI SANITARI

Direttore: M~p,. Gen. me G CA,c

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

ISTITUTO DI CHIRURGIA E ONCOLOGIA

Direttore: Prof A. T~K(,)I 1,1

IL VALORE DIAGNOSTICO DELL' AGOBIOPSIA MAMMARIA MEDIANTE TRU CUT

S. Ten. me. C. Cabula

INTROD UZIONE

Il carcinoma mammario rappresenta il tumore maligno pi~ frequente nella donna. Si ritiene che in Iralia vi s iano circa 14 mila nuovi casi ed 8 miJa decessi ogni anno (dati rilevati dall'Istituto CentraJe di Statistica).

Si comprende pertanto l'importanza soc iale, oltre che sanitaria, di quest'affezione.

AttuaJmente la strategia terapeutica (che comprende la chirurgia, la chemioterapia, la radioterapia, l'immunoterapia , da sole o in varia associazione fra loro) permette un controllo della malattia e in molti casi anche la guarigione.

Come per tutte le affezioni , anche per i tumori (specialmente quelli a carico della mammella ), le possibilità aumentano statisticamente quanto piu precocemente si giunge ad una diagnosi di certezza.

Nella diagnostica dei tumori mammari, oltre ali' esame clinico, abbiamo a disposizione diverse metodiche che ci permettono di confermare o meno il sospetto di malignità: la mammografia, la termografia, l' ecografia sono le principali fra di esse.

La diagnosi di certezza viene però acquisita solamente con l'esame istologico, il che richiede però la classica biopsia chirurgica.

I1 prelievo di materiale da esaminare, in alternativa alla biopsia chirurgica, può essere attuato anche mediante Agobiopsia o Agoaspirazione.

Questi ultimi due metodi consentono in man.i esperte di arrivare ad una diagnosi esatra in tempi brevi, procurando alla paziente un minore stato di disagio.

Inoltre, come vedremo piu avanti, sono queste indagini gravate da una bassissima incidenza di reperti falsi negativi. Mancano del tutto i falsi positivi nelle agobiopsie, mentre è irrilevante la percentuale di falsi positivi nelle agoaspirazioni.

Oltre a ciò occorre considerare che, poiché esse possono essere eseguite tranquillamente sotto forma ambulatoriale, permettono anche un notevole risparmio di tempo e denaro per le st rutture ospedaliere a ciò predisposte.

Per la semplicità del metodo e la sua velocit à di attuazione la paziente può anche esse re preparata psicologicamente all'intervento radicale di mastectomia , ancor prima della sua stessa ospedalizzazione.

Si aggiunga a ciò il vantaggio per il sanitario di poter utilizzare proficuamente dei tempi «morti », talvolta lunghi, in attesa che s i renda disponibile il posto letto per il ricovero, al fine di giungere ad una diagnosi di certezza, cioé istologica , ancor prima del suo ingresso in ospedale

MATERIALE E METODI

Scopo del nos tro lavoro è stato valutare i risultati ottenuti utilizzando l'agobiopsia mediante Tru Cut come metodica sicura ed agevole per giungere ad una diagnosi istologica di carcinoma mammario.

La tecnica deU'agobiopsia fu descritta per la prima volta nel 1935 da Kirschner che utilizzò un ago cilindrico tagliente. Noi abbiamo sperimentato l'u so del Tru Cut Biopsy Necdle della Travenol Laboratories Inc.

Esso è composto da una cannula e da un mandrino perfettamente adattato e provvisto di un'intaccatura atta a raccogliere un frustolo di tessuto bioptico. L'ago è completo e disponibile in una confezione sterile . Pronto per l'uso permette in ogni momento di praticare la biopsia. La cannula presenta una lama affilata che assicura sempre un prelievo idoneo di tessuto (20 mm di lunghezza per 1 mm di diametro) al fine di ot-

329

tenere un preparato istologico sufficientemente valido per fare diagnosi.

La punta affilata del Tru Cul favorisce inoltre una biopsia meno traumatizzante per i tessuti che attraversa e meno dolorosa per la paziente.

Le emorragie e gli ematomi costituiscono un'evenienza piuttosto rara di questa tecnica.

È un'indagine di semplice esecuzione in mani esperte:

- preparazione del campo operatorio con disinfezione della cute. Previa anestesia locale si pratica un'incisione puntiforme con bisturi a lancia onde evitare che nel preparato vengano inclusi frustoli di tessulo cutaneo;

- tenendo il manico della cannula si spinge l'ago da biopsia nel tessuto da prelevare mantenendolo chiuso;

- tenendo la cannula fissa per l'impugnatura a T, si spinge il mandrino in avanti il piu rapidamente possibile affinché l'intaccatura si trovi al punto esalto della sede di pre lievo;

• si spinge nuovamente il manico a T in modo che la cannula tranci ed imprigioni un frammento di tessuto nel mandrino;

· l'ago da biopsia viene ritirato mantenendolo chiuso;

- il campione cos{ prelevato viene immediatamente inviato all'anatomopatologo per l'esame estemporaneo. È consigliabile effettuare 2 o 3 prelievi bioptici in direzioni differenti onde ridurre la possibilità di errori di tecnica e quindi i reperti falsamente negativi.

Abbiamo utilizzato questa tecnica diagnostica in 253 pazienti portatrici di tumefazioni mammarie, clinicamente evidenti. L'esattezza diagnostica dell'agobiopsia si è rivelata pari a circa l' 81 % dei casi da noi esaminati (205 positivi su 253 pazienti), considerando globalmente la casistica.

Stranamente però l'attendibilità è stata superiore per le forme displasiche (quasi 1'86%) rispetto alle neoplastiche maligne (79%).

Probabilmente ciò è dovuto al fatto che le displasie presentano caratteri di estensione locale piu marcata rispetto alle neoplasie e pertanto, anche non centrando il bersaglio principale (nodulo), è piu facile prelevare comunque tessuto malato.

Per quanto riguarda la percentuale di positività delle neoplasie maligne, essa è nettamente inferiore rispetto alle migliori percentuali che sono riportate in letteratura (79% della nostra casisi tica contro il 91 % segnalato da Burn).

Se però prendiamo in considerazione gli ultimi cen• to casi da noi osservati e trattati con Tru Cut la per• centuale di positività sale al 90% (9% i falsi negativi

e 1 % i dubbi) ed è praticamente sovrapponibile ai m igliori dati riportati in bibliografia per altre metodich l ago bioptiche.

Con ciò se ne deduce che la tecnica del Tru C ut è sf facile ma richiede molta esperienza per evitare i casi falsamente negativi.

Poiché da vari autori è stata discussa la possibilità di ottenere risultati differenti a seconda delle dimensioni del tumore, abbiamo preso in considerazione anche questo parametro valutandolo col sistema internazionale del T N M.

In effetti anche noi abbiamo registrato delle differcnze per c iò che riguarda un'esatta diagnosi in rapporto alle dimensioni del tumore.

L'accuratezza diagnostica è maggiore infatti ne i T 2 e nei T 3 (rispettivamente con 79,16% ed 80,83 %) rispetto ai T 1 (75%).

Prendendo in esame il tipo istologico della neoplasia, si può notare come, tra le diverse forme di carcinoma duttale infiltrante, nella varietà scirrosa (che numericamente è prevalente tra quelle giunte alla nostra osservazione), si ottiene un'elevata percentuale di accuratezza diagnostica (circa 1'80%).

La positività scende al 60% per la varietà a comedone ed addi ritt ura al 45,45% per quella midollare.

Sotto la voce «altre» vengono raggruppate varierà di carcinoma duttale infiltrante (papillare, cribiforme, muciparo, epidermoide), un caso di cistosarcoma filloidc ed uno di carcinoma indifferenziato.

Esse assommano ad un totale di 17 e quindi ciascuna risulta troppo esigua per essere valutata adeguatamente.

Nei casi di carcinoma lobulare infiltrante abbiamo registrato una percentuale di positività dell'83,33%.

I falsi negativi assommavano a 34 casi su 196 (17,34%), successivamente accertati quali carcinomi con l'esame bioptico tradizionale.

Per le forme benigne i falsi negativi erano 8 su 49 pari al 14%.

Non si registrava alcun caso di falsa positività né fra le neoplasie maligne, né fra le forme benigne.

CO MPLICAZIONI

Si è già derto che usando il Tru Cut le complicazioni, peraltro mod este, sono assai rare.

Se il tumore è mol to vascolarizzato e se si trafigge un vaso di un certo calibro può accadere che si formi un ematoma, del resto non grave.

330

Nella nostra esperienza abbiamo registrato solo 6 casi di ematomi (2,3 7%) fra tutti quelli da noi trattati con Tru Cut.

È comunque sempre utile l'accorgimento di effettuare una medicazione compressiva dopo il prelievo bioptico. Le complicanze di natura infettiva sono eccezionali sempre che vengano scrupolosamente osservate le comuni precauzioni di asepsi. Però nel presente studio non abbiamo registrato alcun caso di flogosi.

Per alcuni autori un pericolo (del resto comune a tutte le tecniche agobioptiche) sarebbe costituito dalla possibile diffusione locale di cellule neoplastiche lungo il percorso dell'ago o la loro eventuale disseminazione in circolo durante il trauma agobioptico.

Goldwin (1956) è stato uno dei primi a porre questo problema. Ber e Robbins nel 1962, in uno studio condotto per 10 anni, concludono che la sopravvivenza è la stessa nelle pazienti con neoplasia maligna diagnosticata preoperatoriamente sia con l'agobiopsia che con la biopsia chirnrgica tradizionale.

Steel e Winstanley (1967) non hanno riscontrato lesioni neoplastiche lungo il cragi tto dell'ago.

Il pericolo di provocare metastasi è stato studiato anche da Burn, Deeley e Malakar nel 1968 utilizzando sperimentalmente la metodica sui mmori Walker 256 indotti nel ratto: non è stato riscontrato alcun incremento di metastasi nei ratti sottoposti ad agobiopsia.

Fugrelle e Coll. nel 19 71, seguendo per oltre dieci anni 124 pazienti con adenoma delle ghiandole salivari e 468 pazienti con carcinoma della prostata, non hanno riscontrato alcuna recidiva nel vecchio tragitto percorso dall'ago.

Anche nella nostra esperienza, seppur limitata nel tempo, si verifica che il rischio della disseminazione neoplastica con la tecnica del Tru Cut è un problema piu teorico che pratico. Considerato inoltre quanto affermano attualmente i piu illustri oncologi (Gullino e Altri) secondo i quali anche un tumore classificabile come T 1 invierebbe spontaneamente in circolo 108 - lO'J cellule tumorali al giorno, riteniamo che si possa considerare assolutamente non rilevante il rischio ipotetico dell' insemenzamen to.

INDICAZIONI

Scopo del nostro studio è stato valutare la possibilità d'impiego del Tru Cut come esame di routine ambulatoriale per le pazienti che giungono all' osservazione degli specialisti senologi.

L'indicazione all'agobiopsia secondo la nostra esperienza si pone ogniqualvolta sia presente una tumefazione semeiologicamente apprezzabile e che presenti determinate caratteristiche cliniche.

È importante innanzitulto escludere la presenza di una cisti poiché l'impiego del Tru Cut non è in grado di svuotarle ma addiriuura causerebbe solamente uno spandimenlo di liquido cistico. Per questo motivo tutte le volte che si ha un sospetto clinico (fluttuazione) o mammografico e ecografico di una malformazione cistica, è buona regola come prima cosa praticare un'agoaspirazione invece di un'agobiopsia. Solamente se essa fosse negativa per ciò che riguarda la natura cistica della neoformazione, si sarebbe autorizzati a fare un'agobiopsia con il Tru Cut, immediatamente dopo.

Previo accurato esame clinico e strumentale, vanno sottoposte a questa indagine tutte le pazienti che presentino un nodulo non identificabile con una cisti.

Lo scopo fondamentale dell'agobiopsia è rappresentalo dalla possibilità di effettuare un rapido depistage di massa delle pazienti che si presentano negli ambulatori di senologia. La positività per carcinoma permette pertanto un piu soUecito studio ambulatoriale delle pazienti e <li conseguenza ricoveri ospedalieri ed interventi operatori piu precoci ed efficaci.

È evidente che una paziente risultata negativa per manifestazioni neoplasliche all'esame col Tru Cut, non debba essere per cosf dire <<assolta», data la non irrilevante incidenza di risultati falsamente negativi.

Sulla base dei rilievi clinici, se permane il sospetto dovrà essere sottoposta a biopsia chirurgica.

Un'altra indicazione è quella che viene posta per le pazienti già ricoverate in ospedale con sospetto di carcinoma mammario e che, per qualsiasi motivo, non siano state sottoposte in precedenza ad esame istologico.

L'agobiopsia eseguita su queste malate circa un'ora prima dell'atto operatorio consente di eliminare itempi d'attesa che esistono fra l'atto del prelievo bioptico e la risposta istopatologica.

Quando si usa il Tru Cut perciò si ottiene un notevole risparmio di tempo che va a vanraggio della stessa efficienza della sala operaloria.

Inoltre riteniamo che l'utilizzo del Tru Cut, immediatamente prima dell'atto chirurgico radicale in alternativa alla biopsia classica, possa anche racitare le poche voci discordi che ritengono questa metodica fonte di insemenzamenlo secondario della neoplasia: infatti la rimozione immediata della mammella malata, in caso di positività neoplastica impedirebbe anche questa remota evenlualità.

331

La tecnica del Tru Cut è una metodica chirurgica e come tale deve essere impiegata dallo specialista.

Quando noi dobbiamo valutare l'efficacia di una metodica diagnostica lo facciamo principalmente alla luce di alcuni parametri fondamentali che ora analizzeremo:

1) attendibilità diagnostica della tecnica impiegata;

2) difficoltà di esecuzione;

3) complicazioni;

4) disagio che la tecnica procura alla paziente;

5) la sua economicità.

Considerando l'attendibilità diagnostica dell'agobiopsia con Tru Cut, essa è indubbiamente inferiore a quella della classica biopsia chirurgica che, salvo particolari casi, raggiunge il 100% di sicurezza diagnostica, mentre nelle casistiche migliori l'attendibilità del Tru Cut non oltrepassa il 95% (il 90% negli ultimi 100 casi di questo studio).

Sotto questo profilo pertanto si dovrebbe teoricamente sempre praticare la biopsia chirurgica che consiste però in un vero e proprio atto operatorio, piu impegnativo, piu costoso.

Noi riteniamo che l'agobiopsia con Tru Cut debba essere sempre eseguita poiché i possibili risultati che essa può fornire sono tre: positività, negatività, dubbi interpretativi diagnostici.

Se il reperto è positivo (data l'assoluta mancanza sia nella nostra casistica che in letteratura di casi falsi positivi, a differenza di quanto invece contrariamente avviene nell'agoaspirazione), ciò è sufficiente ad autorizzarci a programmare queste pazienti per un intervento chirurgico radicale di mastectomia. Se invece s i ottiene come risultato una negatività del reperto istologico, in questo caso è doveroso eseguire una biopsia chirurgica di controllo dopo il Tru Cut se persiste iJ sospetto clinico. Questo comportamento è giustificato, come del resto già affermato in questo lavoro, dal fatto che l'incidenza dei casi falsi negativi è tutt'altro trascurabile.

Per quanto concerne poi le difficoltà d'esecuzione, sebbene si tratti di una tecnica sostanzialmente semplice, tuttavia essa necessita di una certa esperienza: ciò è confermato dal rilievo del notevole incremento percentuale di accuratezza diagnostica, riscontrato negli ultimi 100 casi osservati in questo studio in confronto alle prime 153 pazienti trattate ugualmente con Tru Cut (rispettivamente il 90% contro il 79%).

A tal fine è importante curare alcuni dettagli di

esecuzione tecnica che riducono la percentuale di prelievi bioptici dichiarati «non idonei>> dall' anatomop atologo, come per esempio la preventiva incisione puntiforme della cute con bisturi lanceolato e l'opportunità di effettuare piu prelievi nella tumefazione agendo in differenti direzioni, introducendo l'ago del Tru Cut sempre attraverso la stessa piccola incisione.

Le complicazioni, anche in mani poco esperte, sono decisamente rare e si riducono essenzialmente alla comparsa di ematomi e di flogosi, queste eccezionali Queste ultime sono talmente rare che di solito non proteggiamo con antibiotici le pazienti sottoposte al Tru Cut. Esaminando la metodica anche dal punto di vista del disagio che si procura alla paziente, emergono quelli che a nostro avviso sono i principali motivi che ci han no spinto ad applicare largamente il Tru Cut.

Innanzitutto bisogna considerare il problema psicologico importanti! che deriva per queste donne che passano dallo sconforto per aver scoperto una tumefazione mammaria (di solito con l'autoesame), all'impatto della prima visita chirurgica, fino alla conseguent e proposta di un esame bioptico. Il che significa ingre sso in sala operatoria, cioé un'accentuazione dell'ansia provata dalla paziente.

Un esame che sia costituito invece da poco piu di un'agopuntura, effettuato al di fuori di un ambiente poco rassicurante, qual è in ogni caso la sala operatoria, viene acceuato con maggiore tranquillità dalle malate.

Consideriamo ora un altro aspetto molto importante derivante dall'uso del Tru Cut: la sua economicità valutata in termini classici di costo/beneficio.

Da questo punto di vista l'esame è indubbiamente meno dispendioso poiché si limita al costo del solo Tru Cut che è inoltre risterilizzabile e quindi riusabile successivamente, mentre la biopsia chirurgica comporta l ' impiego di personal.e, di adeguato materiale, insomma di tutto ciò che è necessario adoperare quando si ricorra alla sala operatoria.

Economicità anche in relazione al risparmio di tempo che si ottiene nell'attività ospedaliera, il che contiene i costi ma migliora anche il tipo di assistenza.

La diagnosi istologica ottenuta ambulatoriamente infatti consente di programmare i tempi per le altre indagini e per gli atti operatori. L'iter di una paziente con tumefazione mammaria prevede dopo la sua visita s pecialistica la prenotazione per il ricovero, il ricovero dopo un tempo variabile, l'esecuzione degli esami necessari per focalizzare la funzionalità dei vari organi ed apparati e soprattutto per verificare la diffusione me-

DISCUSSIONE
332

tastatica, infine la biopsia chirurgica e l'intervento radicale eventuale.

Un altro prezioso vantaggio offerto dal Tru Cut è rappresentato dalla possibilità di accertare la diagnosi nelle mastiti carcinomatose e nei T 4, casi in cui è possibile praticare la radioterapia . È evidente che una biopsia renderebbe alquanto precaria la terapia radiante in questi casi per la presenza di una ferita chirurgica a cui occorre dare il tempo di cicatrizzare

CONCLUSIO NI

Po ssiamo infine riepilogare alcuni concetti fondamentali per delineare adeguatamente la validità dell'agobiopsia mediante Tru Cut:

- essa fornisce un alto grado di attendibilità diagnostica pur essendo sotto questo profilo inferiore alla biopsia;

- è meglio accettata dalle pazienti dal punto di vista psicologico;

- è certamente piu economica della biopsia chirurgica;

- è praticamente priva di rischi e di complicanze;

- ha una grande utilità al fine di una migliore programmazione diagnostica e terapeutica del carcinoma mammario, permettendo alle strutture ospedaliere di assistere un maggior numero di pazienti e riducendo anche il periodo di ricovero.

Sulla base di guanto sperimentato si esprime un giudizio decisamente positivo.

Riassunto . - È stat a studiata l'applicazione della tecnica di agobiopsia con Tru Cu t in alternativa aUa classica biopsia chirurgica nell'accertamento diagnos rico del carcinoma mammario. Tale indagine si è rivelata piu agevole, meglio accerta per le pazien ti , piu economica e valida per un dépistage. Praticamente inesistenti i risch i e le complicanze.

Résumé . - Nous avons etudié l' application de la technique du Tru Cur en alternative à la biopsie chirurgica le classique, pour diagnostiquer le carcinome mammaire

Cetre recherche s'esr révélée plus facile, plus agréable pour les patientes, plus économique et eff icace pour le dépistage. Les risques e t les complications n'existent pas.

Summary . - In alternative to the classic surgical biopsy in the diagnosis of breast cancer, we srudied the applicarion of drill b iopsy needle through Tru Cm. The patie nts accepL more easily this screenning which is cheape r and suHic ient for a sure dépista• ge. Risk and complications don't cxist.

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3.33

OSPEDALE OFTALMICO REGIONALE - ROMA

(lN I RODI ,\N( , 101.0(,I,\ OC l l.ARlll1r,ttore: Prof. B D I lJM BROSO

STUDIO DELLA RETINO PATlA DIABETICA PROLIFERANTE

SECONDO UNA NUOVA CLASSIFICAZIONE ANGIOGRAFICA:

CONFRONTO T RA I NOSTRI RISULT ATl E QUELLI DI ALTRI AA.

Introduzione

La rctinopatia diabetica ( R. D. ) - per l"inciden,a sempre più frequente ( si calcola che ne soffra oggi oltre il 30% dei diabetici), per la difficile pre\'enibilit:1, per l'e, oluz1one progressi, .1 con con~egueme gr:nissime sull'acuirà ,isi,a - è fra le affe,ioni di maggiore interesst' per l'ofwlmologo l.1 cui ricerca è rivolta in particol.1re all.1 indi, idu.11ione di pre">id1 terapeutici sempr! più sofi.,ncari che -;iano 111 grado di rallentare o arrci;rare l:t progressione di questa temibile malattìa. ·

Viene attualmente cl.1.,.:,ificara in due gruppi principali: R.D. non proliferante e R.D. proliferante.

La R.D. non prolifer.tme pre<,enta, fr.t I d .111111 più evidenti, alrcr.izioni del decor-,o e del calibro delle vene retiniche, micro,ineurismi, emorr,1gie retiniche. maculopati,t essud,ttirn e / o cdemato<,a e o i!>chemica.

· La R.D . proliferante - di cui qui ci occupi.imo - può costituire lo stadio e, oluci, o della R. D. non proliferante oppure può comparire precocemcnre. f: caratte ri uata dallo sv ilupp o di vasi neoformati che possono compa r ire nella media o e<;trema pcrifrri.1 rerinica e / o sulla papilla ottica; d.1lln <;uperficie retinica, in un secondo m omento, pos-;ono invadere il \'itreo ( neovascolarizzazione retino-vitre,1le ), cau~ando successivamente un,1 prolifera1ione gliale.

La co mp a rsa de"lla proliferaLionc neovascolarc .tppare legata all'aumento delle aree di ischemia retinica; le 1one maggiormente imere-;<;ate dal procCS'>O ische mi co appaiono que ll e della retina mediopcriferica, !>pecie dal lato nasale.

L'angiografia ,t fluorescenza e indispenscibik· per rile vare le aree ischemiche, evidcnziab-ili per l:1 mancata ·perfusione della retina corrispondente t· per st ud i,trc la distribuzione dei nco, asi, c,1r,ttteri1zati da diffusione incensa e precoce.

C::irdi ll o Piccolino e Co li. hanno proposto di recente una nuova class i ficazione della R. D. proliferante ,u b,1'ìe angiogr.tfica che può fornire elementi utili ,ull'cvolu1ione della retinopatia e sulla risposta al tratr,1111ento Laser. F una clas<;ifica1ione chefacendo nfenmenro ,11 r,tpporto fra L1 dl',tribu11ont topografica delle aree ischemiche e quella dei neov ,1si - indi, idua tre qu,tdri di'itinti: A, B, C.

Quadro A. È t1 form,t di gran lunga piu frequente ( 84°/r, dei c:1-,i ) ed è O'>Servabilc in diabetici ~ia di tipo I che IL h.1 le '>eguenti car.mcri~tiche:

- le ,trce di non perfu.,ionc capilla re, .1mpie e confluenti, sono localiuatc alla media periferia;

- l.t neo, .1<,<..olari11a1ione può essere sia papillare che rctinic.1 c l.1 sua emica e 1n r.ipporto .ill'esten<,10nc dcll'ischemi.1; i necJ\',tsi retinici '> i trovano anch'essi nel le regioni medio-pcriferichl';

- e frequente l.1 pre'ien1.1 di edema focale in regione m ,tculare;

- il procc,<,o neo,·a.,colare regredisce in seguito al tr.1tt ,1mento fotocoagulati, o p,tnretinico.

Q uadro B. Ra ppresenta 1'8% dei c,tsi cd intere~~a di,1bctici gim .mi in..,ulino-dipendemi. Car,mcrisriche:

- il processo ischemico -;i m,1nifcsra con piccole occlu..,ioni capillari non confluenti, diffuse ..,u gran parre dcll.1 retina;

- l.1 neovascolarizz~l7ionc è pap ill are;

- la regione maculare presenta interruzioni pii1 o meno gr.n i della rete capillare ed edema diffuso;

- e frequemc un.1 cacriv:1 ri~posta al rrattamento foroco:iguLitivo panretinico.

Quadro C. Comprende 1'8'¼ , dei casi ed e collegabile a l di abete di tipo I. H a le seg u enti cara tteri stiche:

- l'ischemia e lim1tc1ta alresrrcma periferia retimca;

- la nco, .1scolarizza1ione è so lt a nto retinica, e si

SCIUTO Antonella PASCA R [LLA 1-r,mce,co CONTENTO
Vita
334

manifesta con focolai numerosi in tutti I settori, ,;icuati posteriormente all'ane llo periferico di non perfu sione;

- il polo posteriore presenta minime dlterazioni retini che rappresentate in gene r e da isolati microaneurismi perifoveali;

- i neovasi regrediscono con il tratwmento fotocoagulativo panretinico.

Questi di,ersi quadri di R.D. proliferante so no sempre ben identificab ili negli s tadi iniziali o comunque non particolarmente evoluti della retinoparia. Negli stadi più avanlati la progressione conc,uenata dei fenomeni ische mici, proliferativi ed emo rragici comporta la perdita di una nerta <lelimir ,11 ione tra i di ver I quadri retinop,1tic1.

Materiali , m e t odi e risultati

Abbiamo sc elto in ordine r a ndom J 00 p ,li'ienci affetti da R.D. proliferante, 47 maschi e B femmine, pr ese ntatisi per la prima ,olta presso l'Ospe<lc1k Oftalmico di Roma nel corso del 1984 / 85 e li ,16biamo so ttop osti a fluoroangiografia p,rnretinica.

In base alla di smbu,ione topografica delle ,uc c ischemiche e dei neov asi abbiamo tentato di suc.ldividerli ne i tre quadri descritti precedentemente 1:d abbiamo ottenuto i seguenti ri.,ulrnri:

1 ) Al quadro A (fig J ) <,ono ascrivibili 34 maschi t · 36 femmine, cioè il 70 % di tutte le R.D. proliferanti in esame; in particolare il 72% dei mas ch i e il 68'1/., dell e femmine.

2 ) Al quadro B ( fig. 2 ) sono c1ssimil.1bili 6 maschi e S fem mine, cioè l'J 1 % di tutti i ca<,Ì considerati ; in particolare il 13 '¼, dei maschi e il 9,4 % delle femmine.

1) Al quadro C ((ig. J ) sono riferibili 7 maschi e J 2 femmine, cioè il J 9°/4, del totale; in particolare il 15 % dei maschi cd il 22,6 °1 0 delle (emminc.

In quc!>ta di-;cribuzionc ,1661:11110 incluso alcun i '>oggetti di difficile inquadramento, perché non corrispondono esattamente .111.t '>Chemaci11a7ione proposta. Que'>ti c.1s1 '>0110 rum ,tscri, ibili ai qu ,1 dri Be C , giacché il quadro A comprende so lo pa7i en ti c he c,i imcriscono perfettamente nell,1 classific,11ionc propost,1.

Fra i -,oggerti inclu~i ne l quadro B, in quanto prescnt.tnti aree i<,chemichc piccok e diffo.,e non co nfluenti, ,1bbi,1mo rilc, ,ll<>, ri~pcn o ali.i classi(ica-

335

zione su citata, le seguenti disco rdan ze : 3 maschi e 3 femmine, oltre i neovasi p a pill ari, h an no a n c he n eovasi retinici e le '3 femmine sono anche di e tà superiore ai 45 anni (e t à media 51 an ni ), mentre le al tre 2 femmine hanno so lo n eovas i retini c i e non papill ari. li qu adro B mostra quindi numer ose eccezio ni : 8 s ugli 11 cas i a ttribuiti al quadr o in questione, pari al 50% per i maschi ed al I 00% per le femmin e.

Per i soggetti contemplati nel quadro C, in qu a nto presentanti aree ischemiche in estrema perife ri a , si è constataco che 1 m asc hio ha so lo n eovasi papillari e 2 femmine h an no, o ltre i neovasi ret inici periferici, anche neovasi papillari. Le eccezioni perciò in questo gruppo sono scarse: 3 s u 19 , pari al 14 % per i m asc hi ed al 1 6% per le fe mmin e.

Abbiamo inoltre studiato il grado di interessamento del polo po ste riore nei va ri quadri.

N el quadro A il 51 °1., dei soggetti , l 6 m asc hi su 3 4 ( pari al 47% ) e 20 femmine su 36 ( pari.al 55°/., ) , presen ta essudazione ed edema importanti al polo posteriore; nel quadro B, il 63,5% d e i soggetti, S m asc hi su 6 (pa ri al l'83%) e 2 femmine su 5 (pari al 40% ), mostra edema diffuso al polo posteriore; nel quadro C il 1 0% dei soggetti, I ma scfìio su 7 ( pari a l 14 %) e 1 femmina su 12 (pari all'8 %), prescnc..1 edema al polo posteriore.

Conclusioni

L a d istribuzione dell a R.D . proliferante da noi ese guita mo stra molte analogie co n la classificazi o n e proposta da Ca rdillo Picco lin o e Coli.: la maggior a n za dei soggetti rientra nel quadro A con una perce ntuale lievemente inferiore ( il 70% co ntr o 1'84 %) , il quadro B è pr aticamente sov rapp o nibil e in p e rcentuale (1'1 1 % contro 1'8%), ma pr esenta numerose ecce,ioni, il qu a dro C ha una perce ntual e pit'.1 c he doppia rispetro al modell o propos to ( il 19 % contro 1'8% )

Il nostro s tudi o si di scosta perciò da quello conside raco non tanto per le percentuali, qua mo p e r le eccezioni presentate dal quadro 8, c he non c i ri su lt a esattamente co me è Staro de scritto.

La co ncordan za in vece è rile vante quand o ., , esami n a l'interessamento del pol o po steriore, don il 5 1 % d ei sogget ti ap partenenti a l quadro A, il 63,5% del quadro Be so lo il 1 0% del quadro C m ostrano ede mi import anti.

T aie classificazione fluoroangiografica del l.1 R .D. proliferante c i se mbra comu nque imp ortant e in quanto pu ò fornire indica1ioni uti li p er la prognosi e p e r il tipo di trattamento L~ser da eseguire , in quanto anc he noi abbiamo notato che nei gua<l r A e C il trattamenco fotocoagulacivo dà di sc reti risultat i, mentre nel quadro B, anche per l'e ssuda11 0ne diffusa del polo posteriore, la prognosi visiva non è buona.

Ria ss unro. - E sempre p1u ~cntir,1 re.,1gcn,a d1 un,1 cl,1\\ ,fic.11mne nuoro.mg1ogrJfic.1 dell.1 rcnnopan,1 <liaber1c.1 prolif t ranr c cht· possa fornire indic:t1ion1 utili per l.1 progno,i e pn ti 11po cli rr,11t,1mcnco L,~cr d,1 .,clmc,ire.

Con qucsco inte n to e ,rato co ndot(o il prc~cnte ,1udio dd qu.1lc gli AA. rendono noti I multati che ,cngono coi,front.111 con quelli d1 ,1lrn.

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336

OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI ROMA

Direttore: Col. mc D D' ANlERI

PITIRIASI ROSEA DI GIBERT: OSSERVAZIONI EPIDEMIOLOGICHE

F. Condò 0

M. Papi**

B. Colagrosso"*

F.Savone••

La Pitiriasi Rosea, descritta da Gibert nel 1860 è una malattia eruttiva, ad evoluzione ciclica e guaribile spontaneamente, che conferisce immunità.

Inizia più spesso con una placca unica ed ovalare; è la placca iniziale di Brocq. I suoi bordi sono di un rosso vivo, finemente squamosi e leggermente rilevati, mentre il centro è più pallido e depresso. Questo elemento iniziale è posto abitualmente sul tronco, più raramente sugli arti, si accresce eccentricamente man mano che il suo centro si schiarisce e raggiunge 3 cm. di diametro e più. Resta isolato o si accompagna ad un altro elemento simile per 4-15 giorni. Dopo questo intervallo si produce bruscamente la poussée eruttiva di piccoli elementi che invadono in qualche giorno tronco ed arti.

Un tipo particolare è costituito dalla forma vescicolosa (Brocq). Gli elementi vescicolosi o papulo vescicolosi si raggruppano in piccole placche che evolvono eccentricamente guarendo al centro. Questo asptto tricofitoide si osserva soprattutto agli arti; s i ritroverebbe sulla chiazza iniziale, nella quale i contorni sarebbero spesso circinnari. L'eruzione è disposta, più o meno simmetricamente, sul tronco, sul collo, sugli arri. Essa risparmia quasi sempre il viso e se mpre il cuoio capelluto. Il prurito è abitualmente assente o poco marcato. Assenti sintomi generali.

L'evoluzione è ciclica. Sopraggiungendo o non dopo una "chiazza iniziale" riconosciuta, l'eruzione si generalizza a poussées, invadendo generalmente il corpo dalJ'alto al basso a partire dal collo, progressivamente e simmetricamente. Gli elementi si completano, quindi l'eruzione resta stazionaria. L'affezione guarisce spontaneamente in 4-6 settimane, raramente in più tempo, senza lasciare traccia. Leucomelanodermie post-lesionali sono state segnalate dopo esposizioni al sole. La recidiva è eccezionale: l'affezione conferisce immunità.

L'aspetto istologico non ha alcuna peculiarità; discreta paracheratosi, le ggera spongiosi dell'epider-

P. Tirone•

B. Bianchi 0

mide che può dar luogo a piccole vescicole, edema del derma, infiltrati di monociti intorno ai capillari del derma e nei corpi mucosi del Malpighi.

Il problema diagnostico si pone essenzialmente nei confronti dell a roseola sifilitica e delle paracheratosi-eczematidi.

La sifilide secondaria è un problema diagnostico capitale, ma molto facile. In effetti le chiazze della roseola sifilitica non sono mai squamose, a parte qualche rara eccezione. Sono squamose solo le p apule sifilitiche infiltrate. L'errore non potrebbe essere commesso che ad un esame molto superficiale nel caso dell'associazione di sifilide roseolica e papulosquamosa. Il contesto clinico e le sieroreazioni dirimeranno d'altronde tutti i dubbi. Tuttavia sono stati segnalati alcuni casi cL reazioni sierologiche parzia lmente positive in corso di P.R.

Le paracheratosi-eczematidi pongono spesso un problema diagnostico molto difficile, ma di minore interesse. Alcune paracheratosi pitiriasiformi profuse realizzano un aspetto molto simile. L'assenza di tipici medaglioni con le loro due zone, l'interessamento del viso e del cuoio capelluto, l'evoluzione irregolare, le recidive frequenti ne sono i segni distintivi; ma la diagnosi differenziale può essere impossibile nel corso del primo episodio. Un altro tipo di paracheratosi può simulare la P.R.: è la paracheratosi anulare centrifuga (Go ugerot e Degos ).

L'etiopatogenesi della P.R. è ancora discussa. La malattia insorge soprattu tto in primavera o in autunno, in soggetti giovani. La sua contagiosità è nulla o minima, benché ci siano stati dei casi segnalati di P.R. coniugale e familiare. La biancheria nuova o lavata dopo molto tempo, gli indumenti di lana

H

,. Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico A. Gemelli Roma.
-
337
Reparto Dermocelrico Ospedale Militare Principale
Roma.

sono stati accusati d i provocare la malattia. Brocq incriminerebbe una puntura di insetto come m odalità d'inoculazione del parassita, la chiazza iniziale potendo essere considerata come la lesione dovuta all'inoculazione. L 'origine infettiva è quasi unanimem ente am m essa, a n c he se a lcun i AA. invocano ancora una autointossicaz ion e o un fattore n eurotrofico. Per altri infin e si tratterebbe di un virus anco r a sconosc iuco.

Il trattamento è reso inutil e dalla gua rig ione s p ontanea. Solo le forme pruriginose in m alatt ie ner vose sa r anno trattate con m ed ica m enti an tipruriginosi e calm a nti loc a li diffidando della nocività dei preparati a n estetizzanti.

CAS IST IC A PERSONALE

Abbiamo con dotto una ricerca statistica sull'i ncidenza della P. R. osservata nei pazienti visirati presso il nostro reparto dal 1980 al 19 8 4.

Su di un totale di 17.58 6 soggetti pervenuti a prima visita ambulatoriale, sono stati riscontrati 257 casi di P. R., corrispondenti a ll'l ,4% dell'intera casistica derm ato logi ca . T aie percentuale rappresenta la più alca incidenza sino ad ora rilevata in I talia.

I nos tri dati s i riferi scono ovviamente a so li sogge tti maschili e per di più a soggetti che h anno un'età compresa tra i 18 e i 25 anni , periodo cioè, co m e s i può rilevare dai dati della letteratura, in c ui la m a lattia insorge prevalentemente.

Un dato di notevole rilevanza da noi risco ntr ato è l a co mp arsa della malattia in più soldati in forza ad una stessa case rm a o presid i o mili tare a di sta n za di pochi giorni l'uno d all'altro o ad dirittur a contemporaneame nte (sia mo a rri va ti ad dirittur a a d osserva r e quattro casi contem pora ne a ment e pervenuti dalla s t essa case rm a): d ato questo di estremo interesse in quanto avvalora e conforta l ' ipotes i di un a eriogenesi vir a le

La mal att ia, pur pre sence tutto l'anno, privilegia la s t ag ion e primaverile con la punta più alca nei me si di aprile-maggio (25% ), co n una s uccess iv a brusca caduta nel mese di luglio e una ripresa nei mesi autunnal i.

L' inciden za annuale è prati ca mente la s t essa de11'80 sino a ll '84 , in cui si è osservato il più alto numero di casi: si è notato in o ltr e, che vi è s t ato un ne tto a umento della P.R. negli ultimi a nni.

Da queste nostre p ri me osservazioni epidemiologiche sembra n o emergere alc uni dati prin cipali.

- L a m a latt ia è piuttosto frequente (] ,4% );

- È presente costantemente durante turco l'anno con delle poussées nei mesi primaverili;

- La comparsa della P.R. in più soggetti della stessa case rm a contemporaneame nte.

Ria ss unto - Gli Autori, dopo una revisione ddla lerrer;11ur.1 sulla ep idem iologia della Pimiasi R osea di Gibcrt, presen1.1no una casi~tica d1 257 casi osservati dal 1980 al 1984 pre,~o il Reparto Dcrmoceltico, Ospedale Militare Principale di Roma. L'in cidenza percentuale è la più alta rilevata in Itali.i ( 1.4%).

Inoltre mettono m risalto l.1 compa r sa della malama in p1u !,Oggetti provenienti da ll o stesso ambiente e nello stesso arco di tempo, osservaz ione che giustificherebbe l'etiopatogencsi vira i<:.

Résum é. - Les Auteurs, aprcs une révue de la hteraru re !>ur la "pyuriasis rosea". présentcm un compte-rendu sur 2 ~7 ca5, observés dès 1980 jusqu' à 1984 dans le pavillon dc derm .1tologie de l'Hopical Miliraire Principal de Rome.

Le pourcenrage c'est le plus haut observé cn lraJi e ( 1,4°;, Par ai ll eurs ils sou lignem quc la rnaladic se vé rifi e dans plu sicurs de sujers provenants dc l.1 meme ambiance et dans le mi· mc période dc temp~. cc que pourrait justifier l'éciopathogé nit , 1rale.

Summary. - fhe Auchors, after a rev1ew of che liceranm on che "pynriasis ro sea", present a casisttc of 257 ca\Cl>, obscrved from 1980 to 1984 at rhe Dermatology wards of thc Princ1pal Milirary Hospital of R o m c.

The perccntual incidence is the rughest noriced in ltaly (1,4W Furthermore thcy poinr out the outbrcak of che disease bt longing to the same background and in che same time; sud, p c cu liariry cou ld justify thc virai etiopathogencsis.

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339

Ho avuto il piacere di ammirare il libro «L'Architettura del ferro - L'Italia: 1796-1914», dell'architetto Roman o Jodice, editore Bulzoni, 1985. il volume fa parte della poderosa opera su «L'Architettura del ferro», il cui piano prevede la stampa di ben 12 volumi dei quali soltanto 6 sono stati già pubblicati. In una piccola parte di questa pregevole opem è descritta con indiscussa competenza, ricchezza di particolari e grande piacevolezza di esposizione la galleria in /erre che congiunge e raccorda la maggior parte degli edifici dell'Ospedale Militare del Celio

L'architetto Jodice è Professore Associato di «Storia dell'Architettura Contemporanea» presso la Facoltà di Architettura dell'Università «La Sapienza» di Roma. Dal 1982 è Direttore della ricerca storico-critica «L'Architettura del fe1"1"o», della quale è stato Coordinatore dal 1968, partecipando inoltre come Autore alla stesura di tre volumi dell'opera rispettivamente con i saggi «L'Architettura del/erro - L'Inghilterra 1837 - 1854», «La Francia 1715 - 1830» e «Glz Stati Uniti 1893 - 1914». È inoltre Autore del volume sull'Italia di cui ci stiamo occupando.

Il nostro Giornale ha ospitato piu volte articoli sull'Ospedale Militare del Celio; mancava però la trattazione delu1 galleria in /en·o che, per chiunque vi abbia prestato servizio o semplicemente lo abbia visitato, è cosi familiare e che tanta parte gioca ne/l'aspetto estetico e funzionale del complesso ospedaliero. Non ci poteva essere pertanto occasione migliore per colmare questa lacuna. Credo che il voler riassumere o modificare la bella esposizione dell'architetto ]odicc L'avrebbe alterata o falsata o comunque modificata in senso peggiorativo: è per questo che, con la gentile concessione dell'Autore, al quale va tutta la nostra gratitudine, ho preferito pubblicare pressoché integralmente quella piccola parte della sua opera che riguarda il nostro Ospedale del Celio, non sottraendo nulla alla completa e piacevole trattazione storica ed artistico-estetica.

D .M . Monaco

LA GALLERIA IN FERRO D E LL'OSPEDALE MILITAR E DEL C ELIO

( Stralcio da: «L'A rc hitettura de l fer ro - l 'I t alia 17 96-1914 » - Bul zo ni E ditore , 1985)

Ro man o Jodi cc

Il 15 luglio 1885 il Colonnello del Genio Durand De La Penne, la cui altra importante opera romana è il Ministero della Difesa su Via XX settembre, pone la prima pietra dell'Ospedale Militare del Celio del cui progetto, scaturito da una Commissione mista del Genio Militare ed approvato nelle sue linee generali già nel 1882, il Portoghesi attribuisce però la paternità anche a Salvatore Bianchi, che comunque non ebbe la ventura di partecipare ai lavori essendo mancato nel 1884.

Primo dei due Ospedali Militari inseriti nella convenzione Governo-Comune di Roma del 1880, (il secondo, ausiliario, di 400 posti letto e previsto ai piedi di Monte Mario non fu mai realizzato), l'Ospedale del

Celio scaturi dalla necessità di sopperire con una nuova e p i u moderna struttura sanitaria all'inadeguatezza dell'Ospedale Militare Divisionario, ubicato nel Convento della Chiesa di S. Anton io all'Esquilino di fronte alla Basilica di S. Maria Maggiore.

L'area prescelta per la sua costruzione, di 53.420 mq. dei quali 10.658 coperti dai fabbricati, fu individuata, cadute le proposte di localizzazione nella Villa Ludovisi sulla Salaria e all'Esquilino, in un arioso altipiano allora ai margini della città attiguo a Villa Celimontana, collocato all'incirca a metà della direttrice Colosseo-San Giovanni ed inserito tra i resti romani del Claudianum ed il tempio di S. Stefano Rotondo

LA PAGINA
CULTURALE
.340

Il luogo , in antico Mons Querquetulanus poi modificato in Celio in onore del duce etrusco Vulci Caele Vibenna , già prescelto in un primo tempo dal Baccelli per ]a costruzione del Policlinico Umberto I realizzato in seguito al Castro Pretorio, aveva già antiche vocazioni sanitarie e militari , come testimoniano vestigia di antichi templi e dei Castra Peregrinorum «Un antichissimo santuario>> riporta il Segala «ricordato sul Celio è quello dedicato alla Dea Carna, divinità degli Inferi compagna di Giano e detta anche Dea Cardinis, protettrice delle case: il giorno della sua festa, alle calende di Giugno, essa era però invocata come «protet-

tr ice degli organi vitali del corpo umano», culto che, secondo il Lugli, era strettamente legato al Celio».

Capace di 500 posti letto e definitivamente terminato nel 1891 (fig. 1) per una spesa complessiva di L. 4.228.741,86 l'Ospedale del Celio rientra a buon diritto nella storia dell'architettura del ferro per la decisa e scenografica galleria metallica a doppia altezza di collegamento con gli 8 padiglioni di degenza nei quali era strutturato l'organismo, secondo uno schema tipologico in auge sul finire dell'800 nel campo ospedaliero e solo in tempi piu recenti sostituito con quello del1'ospedale monoblocco.

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Concepita per razionalizzare l'accesso ai padiglioni e nel contempo consentire ai degenti una salutare deambulazione all'aria aperta, la galleria, occupante 1147 mq. e realizzata dalla Società Veneta Fonderia di Treviso nel 1886 (fig. 2) per una spesa complessiva di L. 180.000, scende in leggero declivio dal padiglione orograficamente piu elevato del reparto disinfezioni e, vera e propria colonna vertebrale del complesso, attraversa centralmente l'intero organismo sanitario terminando con una curva semi-ellittica di raccordo con i 4 edifici del prospetto frontale, destinati alla Direzione, Amministrazione e Servizi Generali (figg. 3-4 e 5).

Sfruttando al massimo le precipue dori di trasparenza e di ariosità che contraddistinguono, data l' esiguità degli ingombri strutturali, l'architettura ad ossatura metallica, la galleria asseconda con mirabile coerenza e resa espressiva l'invenzione progettuale di ma ssima diversificazione architettonica dei due elementi principali, blocco degenze e canali di comunicazione, nei quali è semanticamente strutturato l'organismo ospedaliero.

Fig 2 • La data d i nascita della galleria , fu sa sulla terza co lonna a destra del piano terreno
342
Fig. 3 • Veduta della galleria in ferro dall'ultimo padiglione.
F ig. 4 - Pane terminale della gall eria verso l'ingresso 343
344
Fig. 5 • La galler ia, il percorso coperto.

AJ disegno plastico e denso dei padiglioni intonacati, la cui sobria decorazione in cotto degli spigoH verticali e delle cornici marcapiano non fa che accentuarne la statica e massiva compattezza, la struttura metallica si contrappone con le decise linee di forza delle due lunghe passerelle sovrapposte e dei bracci ortogonali di penetrazione nei reparti, in un gioco di contrasti nei quali pieni e vuoti, volume e linea si intersecano e si confrontano sublimando gli spunti distributivi e funzionali in un'efficace sintesi architettonica e spaziale (fig. 6).

Vera protagonista dell'invenzione spaziale e distributiva dell'organismo del quale costituisce, come visto,

elemento primario nella dialettica compositiva, la duplice galleria in ferro e ghisa, anche isolatamente considerata, appare di buon disegno per quanto attiene sia ai rapporti formali e proporzionali che alla concisione dei dettagli costruttivi.

Ritmata sul motivo di un ordine binario formato da pilastri a base quadrata nella parte inferiore, di sostegno del primo percorso aereo, e di svelte colonne in quello superiore, la galleria ostenca un linguaggio di essenziale coerenza tecnologica, nella quale gli elementi e gli snodi strutturali sono francamente esibiti ed anzi puntualizzano la completa coincidenza tra il conciso ordito strutturale e la trama figurativa (fig. 7).

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Fig. 6 - Veduca d'assieme delle due passerelle sovrapposte della galleria e dei bracci ortogonali per l'accesso ai Reparti.
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Fig. 7. D ecrnglio <I'·,ingoio -1 tra I pcrcors • o pnnc1pale cd . b i racci laccruli.

Particolarmente riuscici la traforata balaustra che riprod uce, essenz ializzata neg li elementi di ghisa stampat a, il noto motivo geometrico a diagonali incrociate delle transenne romane, ed il raccordo dei plinti delle colonne con i canali di scolo dell'acqua p iovana, delimit anti la t eralmente il percorso sopraelevato del primo li vello e realizzati mode llando il pavimento a piastre lle di cemento (fig.8).

Unita mente ai lavori in ferro del coevo Mattatoio al Te s tacci o, la gall eria del Celio fu, anche se appartata nell 'organismo militare, la maggiore esibizione en plein a ir dell'architettura metallica nella Roma umbertina , eloq uente morfema di un lessico architettonico misurato eppure in grado di strutturare lo spazio urbano con segni di pari intensità ed efficacia di quelli, indubbiam e nte pi u vis t osi , esibiti dall 'architettura monumentale e ra ppresentava con la nota ridondanza di simboli e di raffigurazioni a llegoriche .

Per inciso, il ferro e la ghisa presenti nel complesso <lei De La Penne e del Bianchi non sono solo quelli in vista nelle colonne e nei plinti della galleria ma coesistono in modo occulto in tutta la struttura, nelle capriate ad esempio miste con legno della copertura dei padiglioni e nei solai dei medesimi e della stessa galleria, realizzati con putrelle e voltine di laterizio secondo una prassi costruttiva allo r a diffusissima, qui a Roma come altrove, e solo nelle prime decadi del '900 soppiantata dall'avanzare de l cemento armato (fig. 9).

I mpostata sui paradigmi della piu decisa ortogonalità sia nel Lracciato planimetrico che nel nodo colonna-trave, qui appena mitigata da un traforato raccordo decorativo (fig. 9), in linea con le intime ragioni stru t turali ed industriali d el materi ale, la galleria confluisce invece con curve fluenti nello spiazzo semiellittico prospiciente l'atr io d'ingresso, fornendo un saggio

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Fig. 8 - Altro dctraglio d'angolo, del!J b.1laustr,1 e del pavimento dd perrnn,o sopracle,•ato del primo livello.
-· d so lruo e e Fig. 9 Le 1rav1 e 348 e so aio superiore e Lrav1 o e e<> onne a · · ohisa raccor an li ementi rralorari in ,. ue passere e.

eloquente della versatilità dello spartito strutturale nel1' assecondare le modificazioni morfologiche del progetto (figg. 10 e 11).

È questa una constatazione di notevole interesse, in quanto generalmente all'architettura del ferro si è sempre addebitato di essere troppo condizionata dalla logic a produttiva dei processi sidernrgici, oggettivamente in grado di fornire il materiale metallico secondo dimensioni , sezioni e profili di estrema rigidità morfologica, e quindi per sua natura poco idoneo ad assecondare intenzioni progettuali rivolte a soddisfare, a seconda delle coordinate geo-territoriali e culturali dell'intervento edificatorio, le sempre mutevoli aspettative ambientali del «genius loci».

L'ariosa doppia galleria dell'Ospedale de] Celio, inserendosi con piena coerenza di finalità spaziali ed

espressive nella dominante architettonica barocca della città, alla cui caratteristica orchestrazione plastica e scenografica si adegua con il consueto contrappunto di elementi rettilinei e curvilinei, consente al contrario di reinserire anche il ferro nel novero dei materiali e de1le tecniche costruttive di per sé stessi artisticamente neutri ed equipotenziali nei confronti di un fare artistico ancora saldamente dominato dalla libera creatività progettuale (la stessa ricchezza morfologica della storia del!' architettura metallica, che spazia tra esperienze antagoniste come quelle dell'Art Nouveau e dell'International Style, appare d'altronde sufficiente a confutare ipotesi di obbligato determinismo strutturale ed espressivo, d'altronde facilmente imputabile a qualsiasi altra attività artistica costretta ad esprimersi attraverso la fisicità degli strumenti operativi).

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Fig. 10 - li raccordo terminale semi-ellittico della galleria con l'ed ifi c io principale.

· Desidero ringraziare vivamente anche l'amico Ten. Col. me. Alberto Antinucci, brillante ufficiale ed insigne medico da molti anni in seroizio al Celio, attualmente Capo del I Reparto Medicina, per avermi segnalato l'opera di Jodice e per aver messo a mia disposizione la copia del libro donatogli dall'Autore

D . M. Monaco

Fig. 11 • Dettaglio del raccordo terminale semi-ellittico.
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MASSIMARIO DELLA CORTE DEI

CONTI

a cura di F. Cons igliere

(dalla « Rivi s ta della Corte dei Conti», fase. 1-2 , gennaio-aprile 1985 )

336M - Sezione giurisdizionale Regione Sardegna, 29 marzo 1985: Pres. Pallottino - Est. D e Biasi - P.G. Cerbara - Livesi - Ministero Difesa.

Pensioni civili e militari - Pensione Privilegiata - Infermità Aortite e ipertensione arteriosa - dipendenza - Ammissibilità.

Non può escludersi la dipendenza da causa di servizio dell'infermità «aortite e ipertensione arteriosa», qualora il servizio stesso sia stato caratterizzato da stress fisici e psicologici, i cui effetti hanno diretta influenza sull'insorgenza della predetta affezione morbosa.

di trasferimento - Infortunio in itinere - El e men tiCausa.

(D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092: t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e mili tari de llo Stato; art. 92).

57255 - Sezione III pensioni civili, 5 dicembre 1984: Pres. (ff.) Aulino - Est. Novelli• P.G. Visca - Ceccarini c. Istituti di Previdenza.

Pensioni civili e militari - Pensione privilegiata - Caus a di s ervizio - Infermità tumorale - Servizio particolarmente disagiato - Norme di causalità - Sussistenza - Ammiss ibilità.

A i fini della concessione del trattamento pensionistico privilegiato non si può escludere la sussistenza di un rapporto di causalità o di concausalità efficiente e determinante tra it servizio presta to dal dipendente in condizioni di lavoro particolarmente disagiato (nella fattispecie di «disinfestatore» a contatto giornaliero con sostanze tossiche) e l'affezione t umorale che ne ha provocato il decesso, stante anche l'incertezza nella genesi di detta infermità.

L'infortunio in itinere che dà diritto , a favore del congiunto di un pubblico dipendente, alla pensione privilegiata, a norma dell'art. 92 del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092, è quello occorso al dipendente stesso fuori dei locali di servizio, durante un percorso e per necessità imposte da esigenze di seroizio; pertanto, non dipendente da causa di servizio - con conseguente dinegato riconoscimento della pensione di privilegio in favore del congiunto• il decesso di una guardia AA.CC., avvenuto a seguito di incidente stradale occorso mentre questa trasportava masserizie per essere stata trasferita in altra sede per esigenze di seroizio, in quanto tale infortunio avveniva mentre la stessa era libera da obblighi di seroizio, su di un percorso estraneo sia alla vecchia che alla nuova sede, senza alcuna autorizzazione al riguardo, su di un 'auto privata e per mot ivi estranei a qualsiasi esigenza di ufficio.

57284 - Sezione III pensioni civili, 4 febbraio 1985: Pres. (ff.) Aulino • Es t . Aponte • P.G. Saccone • Sc h ett in a c. Mini stero G razia e Gi ustizi a.

Pensioni civili e militari - In genere - Guardia AA.CC. - Infortunio mentre trasportava masserizie a seguito

66093 - Sezione IV pe nsi on i mili tari, 22 novembre 1984: Pres. (ff.) Nasti Est. Aucello • P.G. Lilla• L amberto • Ministero D ifesa

Pensioni civili e militari - Pensione privilegiata - Infermità - Otite • Concaus a di servizio - Fattispecie.

Ancorchè preesistente alla chiamata alle armi, è da ammettere l'evoluzione peggiorativa dell'infermità otitica durante la prestazione del servizio, per gli impliciti disagi di esso, tanto più se (come nella specie) il militare fu collocato in congedo assoluto per riforma dopo appena sei mesi.

351

66199 - Sezione IV pensioni militari, L2 dicembre 1984: Pres. (ff.) Nasci Est. Pctrocclli - P.G. D'AversaVirrano - Ministero Difesa.

Pensioni civili e militari - Pensione privilegiata - Class ifica di infermità - T.B. C. - Condiz ioni.

Pur ammessa la natura tubercolare di una forma morbosa, per la sua classificabìlità è indispensabile fa presenza del dato concretamente invalidante la etti prova può essere fornita o attraverso significativa o concludente docume11tazione sanitaria ovvero l'effettivo pregiudizio derivatone all'esercizio dell'ordinaria attività lavorativa; non è accettabile, dunque, il criterio che la ,wtura specifica (o sospetta tale) di una forma morbosa detemtini im:versibile compromissione dell'integrità dell'organismo del soggetto.

66247 - Sezione IV pensioni militari, 18 aprile 1984: Pres. Ansalone - Est. De Sanctis - P.G. LavinoDamiani (avv. Zampetti) c. Ministero Difesa.

Pensioni c ivili e militari - Pens ione privilegiata • Infermità - Endocardite • Aggravamento da cau sa di se rvizio • Fattispecie • Su ss is te.

(D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092: t.u. delle norme sul crattamcnro di quiescenza dei dipendenti civili e mi]j t ari dello Stato art. 64).

Nei confronti di un soggetto affetto da preg,ressa cardite reumatica (ancorchè ritenuto «esente da infermità di 9-.rado esimente» in sede di selezione attitudinale) è da riconoscere l'agJ?,mvamento - quanto meno sotto il profilo concausa/e - di detta infermità in quanto, pià che favorevoli condizioni di vita e di ambiente nonchè di riposo e di tranquillità, il medesimo fu sottoposto, durante la preslazione militare di circa dieci mesi, ad inevitabzli disagi, regime alimentare non appropriato, esposizione ad avversi elementi climatico-ambie11tali, strapazzi fisici, esercitazioni ecc. connessi all'iniziale periodo di ambientamento e di addestramento.

66038- Sezione IV pensioni militari, 5 febbraio 1985 : Pres. Ansalone - Est. Altrui - P.G. !ovino - Io\·ine - Ministero Finanze.

Pens ioni civili e militari - Pensione privilegiata - Infermità - Tumore rinofaringeo - Dipendenza da caus a di s ervizio - Fattisp e cie.

(D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092: t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza del personale ci vile e militare dello Stato art. 64).

Sebbene lo stato attuale della conoscenza non con senta di identificare i fattori causali della neoplasia rino faringea, è tuttavia indubbio che elementi ambientali, stress lavorativi ed esposizione a condizioni sfavorevoli di respi razione (es., come nella specie, inalazioni prolungate e mas sive di gas di sca,ico degli automezzi in sosta con motor1 accesi presso la dogana) possono costituire fattori attivanti una flogosi cronica delle prime vie respiratorie assurta a concausa efficiente nel favorire l'impianto di una neoplasia. 66897 - Sezione TV pensioni militari, 15 marzo 1985: Pres. (ff.) Nasci - Est. Benvissuco - P.G. Arcano - Lo Schiavo - Ministero Difesa.

Pen s ioni civili e militari • Pe n s ione privileg iat a - Interruzione del nesso di caus alità - Colpa gra ve del dipendente - Nece ss ità.

(D .P. R. 29 dicembre 1973 n. 1092: e. u. delle norme sul trat t amento di quiescenza dei dipendenti militari dello Stato, art. 64).

Ai finr dell'accertamento dell'esistenza o meno delle condizioni richieste dalla legge per la concessione dl'lla pensione privilegiata ordinaria, il nesso di causalità tra il servizio e L'infortunio riportato in occasione dello stesso resta escluso soltanto dalla colpa grave del dipendente fa cui prova, fondata su concreta ed obbiettiva risultanza, va fornita dall'Amministrazione; pertanto a/forchè tale prova sia fondata solo su elementi induttivi, o mere supposizioni, non si interrompe il nesso di causalità per cui va dichiarata ft1 dipenclenz,1 da causa dì servizio.

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(dalla rivista della Corte dei Conti , fase . 3-4 maggio/agosto 1985)

293/M - Sezione giurisdizionale Regione Sardegna, 25 lu glio 1985: Pres. Pallottino - Est. L ener - P.G. Cerbara - Firinu (avv. Lai) c. Ministero Difesa.

Pensioni civili e militari - Infermità - Tubercolosi - Dipendenza - Sussistenza - Fattispecie.

Non può escludersi la dipendenza da causa di servizio dell 'infermità tubercolare, ancorchè constatata ad appena trenta gionti dall'an-uolamento, qualora il seroizio di addestramento abbia sottoposto il militare a disagi e perfrigerazioni di notevole intensità capaci di menomare i normali poteri di difesa organica.

365/G - Sezione giur i sd iziona le Regione Sardegna, 18 maggio 1985: Pres. Pallottino - Est. Lener - P.G. Scano - Merlo c. Ministero Tesoro.

Pensioni di g uerra - Infermità - Colite spastica - Dipendenza da c.s. guerra - Sussistenza - Fattispecie .

Non può escludersi che l'infemzità «colite spastica», riscontrata per la prima volta nel 1963 e di patogenesi prevalentemente distonico-neurovegetativa, possa aver trovato causa nelle alterazioni subite dal colon per effetto della enterocolite muco-membranosa ematica sofferta per lungo tempo dal militare in guerra.

56862 - Sezione I Il pensioni civili, 31 aprile 1984: Prcs.

Platania - Es t. Pelosi - P .G . Di Caro - Sollecito c. Ministero Interno.

Pensioni civili e militari - Pens ione pri vi legiata - Causa di Servizio - Concausa - Tumore - Fattispecie.

Deve essere affermato il dùitto dell'i11teressato a conseguire tl trattamento pensionistico privilegiato laddove i fattori connessi col se,vizìo abbiano influito, con un nesso di concausa necessmia e preponderante, sull'ag,g,ravamento dell'infermità, così da determinarne il piiì rapido sviluppo accellerandone la manifestazione clinica (nella specie vedova di un appuntato di P.5., deceduto per tm cancro polmonare, il quale con mansioni di meccanico aveva svolto il proprio seroizio aspirando continuamente fattoti tossici quali i vapori di benzina e le esalazioni prodotte dalle vemici).

6626 l - Sezione IV pensioni militari, 12 dicembre 1984: Pres. (ff) Nasti - Est. Gramegna - P.G. Santo - Fabrizi c. Ministero Difesa.

Pensioni civai e militari - Pensioni privilegiate - Infermità - Gastrite ipersecretiva - Dipendenza da causa di servizio - Fattispecie - Esclus ione.

(D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092: approvazione del L.u. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti c iv ili e militari d ello Stato, art. 64).

393/M - Sezione giurisdiziona le Regione Sardegna, 23 maggio 1985: Pres. Pallottino - Est. Gatti - P.G . Franceschetti - Zonca c. Ministero Difesa.

Pensioni civili e militari - Infermità - Nervose e mentali - Dipendenza dal servizio - Condizioni.

Un'incidenza causale o concausa/e del servizio militare sull'insorgenza e determinismo delle infermità psichiche non può essere individuata nelle nom1ali e gene,iche condizioni della vita militare - il cui eventuale apporto non può essere di per sè sufficientemente rilevante rispetto alla nota prevalenza di fattori costituzionali di neuro/a bilità del sogg,etto - bensì in fatti specifici idonei a produrre traumi psichici, ovvem in un gravoso e prolungato periodo di se,vizio.

È da escludere la dipendenza da causa di se,vizio di una infennità di tipo neurovegetativo (nella rpecie, gastrite ipersecretiva) se, durante la p,-estazione militare, il soggetto non sia stato sottoposto a particolari eventi stressanti, le condizioni ambientali siano state normali e cos1'pure le attività addestrative e neppure siano emerse irregolarità dietetiche.

66282 - Sezione IV pensioni militari, 2 1 dicembre 1984: Pres. Ansalone - Est. Dario - P.G. Aulisi - QuarLarone c. Ministero Difesa.

Pen s ioni civili e militari - P ensione priviJegiata - Infermità - Sindrome dissociativa - Dipendenza da causa di servizio - Esclusione.

(D. P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092: approvazione del t.u delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, art. 64) .

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È da escludere la dipendenza da causa di seroizio di una infennità nervosa (nella specie, sindrome dissociativa) se il militare - già affetto da psicopatia, eppertanto inopinatamente ritenuto idoneo 'all'atto dell'arruolamento - non subi~ durante la normale prestazione di leva, l'influenza di eventi tali da agevolarne il naturale decorso.

66286 - Sezione IV pensioni militari, 27 dicembre 1984:

P res. (ff) Nasti - Est. Ripepi - P.G. MusumeciMazzuoli c. M i nistero Difesa.

Pensioni civili e militari - Pensione privilegiata - Infermità • Neoplasia cerebellare • Dipendenza da causa di servizio - Fattispecie - Ammissibilità. (D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092: approvazione del t.u. delle norme sul tra t tamento di quiescenza di dipendenti civil i e militari dello Stato, art. 64).

È da ammettere, sotto il profilo concausa/e e determinante, la dipendenza da causa di servizio di una «neoplasia cerebellare» se - come nella specie - in presenza di imponenti manifestazioni di essa (astenia, perdita di conoscenza, cefalea, vertigini, dolenzie diffuse in tutto il corpo) non furono poste in atto, da parte dell'amministrazione, le opportune precauzioni ed i necessari accertamenti che avrebbem consentito più tempestiva diagnosi nonchè terapia chirurgica.

656 77 - Sezione IV pensioni militari, 8 maggio 1985; Pres. (ff) De Simone - Est. Altrui - P.G Auli si Campanile - Ministero Difesa.

Pensioni civili e militari - Pensione privilegiata - Infermità - Arteriopatia obliterante • Dipendenza da causa di servizio • Fattispecie - Esclusione.

(D. P.R . 29 dicembre 1973 n. 1092: approvazion e del t.u. delle norme sul trattamento di quiescen za dei dipendenti civili e militari dello Stato, art. 64 )

L'arteriopatia obliterante (che può essere rapportata al morbo di Bi.irger) presenta molteplici fattori etiopatogenetici che si estrinsecano, comunque, tutti su individui ereditariamente e congenitamente predisposti; di conseguenza è da escludere la sua dipendenza da causa di seroizzo se questo sia stato di breve durata ed i pretestati fatt ori refrigeranti, durante il periodo di addestramento, non siano stati di intensità tale da provocare l'insorgenza, ovvero l'ap,gravamento, delle alterazioni vasculo-nervose.

66027 • Sezione IV pensioni militari, 21 agosto 198 5

Pres. Ansalone - Est. Incannò - P .G. Iovino - Manti c. Ministero Difesa.

Pensioni civili e militari - Pensione privilegiata

• Infe rmità - Morbo di Hodking - Dipendenza d a cau sa di servizio - Esclusione .

(D. P .R. 29 dicembre 1973 n. 1092: t.u. delle norme sul trattamento di quie scenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, art. 64).

66372 - Sezione IV pensioni militari, 27 dicembre 1984: Pres. (ff) Nasti - Est. Gramegna - P .G Lilla - Ferrone c. Ministero Difesa.

Pensioni civili e militari • Pensione privilegiata • Infermità • Sinusite • Dipendenza da causa di servizio

• Fattispecie

• Ammissibilità.

È da ammettere, quanto meno sotto il profilo dell'aggravamento, la dipendenza da causa di seroizio della «sinusite» se il militare - ancorché costituzionalmente predisposto perché già in precedenza operato al setto nasale - durante la prestazione di leva fu sottoposto a notevoli fatiche e disagi in zone umide e partecipò a numerose esercitazioni di mezzi anfibi.

Il «morbo di I Iodking», per la sua natura displasica autonoma - la cui etiogenesi non può, sulla base delle attuali conoscenze, essere riferita a cause estranee - non è rapportabile, in senso causale ovvero concausa/e, coi servizio militare.

66397 - Sezione IV pensioni militari, 4 gennaio 1985: Pres. (ff) Nasti - Est. Racioppi - P .G. Weiss di Valbranca - Micci e Minucci c. Ministero Difesa.

Pensioni civili e militari • Pensione privilegiata • Infermità • Ernia - Dipendenza da causa di servizio · Fattispecie - Ammissibilità.

(D.P.R 29 dicembre 1973 n. 1092: approvazione del t.u. delle norme sul trattamento di quies cenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, art. 64).

Ancorchè già portatore di ernia, è da ammettere la dipendenza da causa di seroizio di detta infermità - quan-

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to meno sotto il profilo concausa/e dell'aggravamentose il militare fu sottoposto a notevoli e ripetuti sforzi (nella specie, partecipazione ad esercitazioni particolarmente faticose per costruzione di ponti ed altre opere).

66570 - Sezione IV pensioni militari, 16 febbraio 1985: Pres. Ansalone - Est. Gramegna - P.G. Coco - Nastas i c. Ministero Difesa.

Pensioni civili e militari - Pensione privilegiata • Infermità - Neoplasia la ringea - Dipendenza da causa di servizio - Fattispecie - Esclusione . (D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092: approvazione de] t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, art. 64).

È da escludere che una neoplasia laringea possa dipendere da causa di servizio soprattutto se - in disparte la fondamentale considerazione che detta malattia trova la sua causa prioritaria nel fattore costituzionale - non siano desumibili, nel corso della pur lunga prestazione militare, quegli elementi esogeni né quei fattori tossici, fisici, ovvero precedenti entità morbose tali da avere influenza sulla alterazione delle cellule.

Diritto - Omissis - Infatti il problema della causalità posto a base della legislazione pensionistica consiste nello stabilire, fra le varie cause di un'infermità, quella predominante e, una volta individuata tale causa, decadono al ruolo di concause non efficienti e non determinanti le altre, eventualmente sussistenti, che perdono cosi' qualsiasi validità nel rapporto causale. La neoplasia laringea che nel 1972 colpi' il Nastasi trova la causa prioritaria, come af ferma il Collegio Medico Legale, nel fattore costituzionale che è di primaria importanza.

Convalida il convincimento della Corte il parere dell'U.M.L. del Ministero della Sanità il quale ha rilevato che i processi neoplastici consistono in una modificazione del genoma alla quale consegue il fatto che dalla cellula colpita origina un clone di cellule discendenti che risultano fomite della proprietà di proliferare nell'organismo, indipendentemente dai meccanismi ormostatici di controllo.

Questa predisposizione costituzionale è, oltre tutto, provata dal rilievo di carattere statistico che la neoplasia laringea dimostra una spiccata preferenza per il sesso maschile e l'età anziana o almeno matura.

In relazione a tale predisposizione non sussistono, pur nel lungo servizio prestato dal Nastasi, gli elementi esogeni pretestati o fattori tossici, fisici, chimici, o precedenti entità morbose.

Infatti attività più marcatamente fisiche il Nastasi svolse nei primi anni della sua carriera. Non accusò infermità neoplastiche al rientro dalla prigionia e non richiese pensione di guerra o in occasione del ricovero all'O.M. di Napoli, nè si può associare tale infermità al ricovero all'O.M. del Celio per appendicectomia.

La neoplasia si manifestò dopo molti anni di se,vizio presso uffici (Comiliter, deposito, distretto militare, quartier generale) e quindi a seguito di prestazione di attività di pretto carattere impiegatizio.

Giova ricordare, a corredo della tesi della causalità endogena della neoplasia, che sono state escluse dalle sezioni speciali anche cause esterne provocate dal servizio di guerra (ved. Sezione I speciale n. 2548 in data 4 marzo 1971) e che in via del tutto eccezionale la Sezione III ordinaria sent. n. 24 -632 in data 19 ottobre 1967 Valentini) ha ammesso il carattere usurante nel lavoro prestato da un raccoglitore-spazzino durante tutta la giornata con sole due ore di intervallo per il pasto, situazione esistenziale questa, molto diversa da quella del ricorrente.

In rapporto al problema particolare di una eventuale concausa di aggravamento il suddetto U.M.L. ha rilevato che non si ammette in dottrina che una ulcera peptica o un diabete mellito possano assurgere al ruolo di fattori concausali nel determinismo di un carcinoma laringeo.

Piu specificatamente per quan t o riguarda la cortico pleurite di natura tbc l'organo di consulenza ha osservato che la laringite specifica interviene nella maggioranza dei casi a seguito di una infezione cunicolare originata da una lesione polmonare aperta, cosa che nel caso in esame non si è verificata perché la lesione respiratoria era limitata alla pleura. Supporre poi, come affermato dal perito di parte, che l'infezione sia giunta alla laringe per altra via, ad es. per via ematicolinfatica, evenienza eccezionale, e secondo l'U.M.L. poco verosimile, in quanto la sintomatolo gia della laringite specifica non sarebbe passata inosservata, trattandosi di un quadro clinico che per i suoi caratteri avrebbe indotto il ricorrente a ricorrere ad un sanitario. (Omissis).

Il detto U.M. L. ha ammesso che possono avere influenza sull'alterazione cellulare fattori esogeni quali: l'abuso di alcool e di tabacco, la permanenza per lungo tempo in ambienti saturi di vapori e polveri irritanti, i traumi pregressi, le flogosi laringee croniche e pregressi tumori benigni.

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(dalla «Ri v is ta della Corte dej Co n t i», fa se. 5 -6, s ett e mbre- di ce mbre 1985)

512/M - Sz. giur. Reg. Sardegna, 9 ottobre 1985: Prcs.

Pallottino - Est. Laner • P.G. Cerbara • Sitzia c. Ministero Difesa.

Pensio ni ci v ili e mili tari • Pen s ion e pri v iJ e giata • Caus a di ser viz io - Interr uzione del ne sso di c ausalità · Fa t ti spe cie • Sus s isten za.

(D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092: t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, art. 64).

Il comportamento gravemen te colposo tenuto dal dipendente pubblico (nella specie, militare di leva che, contro l'espresso divieto di balneazione, si era tuffato nel fiume annegandovi) interrompe il necessario nesso eziologico tra servizio ed evento dannoso, con conseguente esclusione di qualsiasi pretesa pensionistica.

584/C • Sz. giur. Reg. Sardegna, 13 novembre 1985: Pres. Pallottino - Est. Gatti • P.G. Franceschetti - Mulas (avv. B. Piras) c. Istituti di Previdenza.

P e n s ioni ci v ili e militari

• P e ns ione pri v ile giata - «Sclero s i a placc he» Dipend e n za da cau s a di ser v izio

• Ammi ssibilità - Condizioni.

Ancorchè la «sclerosi a placche» sia malattia ad eziologia ancora oscura, non può escludersi l'influenza nella sua evoluzione di fattori esterni, quanto meno sotto il pro/ilo della concausalità, quali disagi alimentari., ambientali e climatici sofferti durante il servizio, e ciò anche se tra il servizio prestato e l'accertamento dell'infermità sia trascorso un notevole lasso di tempo.

58092 - Sz. III Pensioni civili, 22 giugno 1985: Pres. (f.f.) Liguori - E st. Lucente - P.G. Coccoli - Salta (avv. Criscenti) c. Ministero Interno.

Pens ioni ci v ili e militari - Pens ione privilegia ta - Caus a di s ervizio Inforturuo in itinere - Su ss isten z a • Fattispecie.

Costituisce infortunio in itinere, giustificativo del riconoscimento del diritto a pensione privilegiata, l'evento dannoso che colpisca il dipendente, mentre, in licenza di convalescenza per fatto di seroizio e con autorizzazione a risiedere nel luogo di dimora abituale, si rechi a visita medica per scadenza del periodo di inidoneità al servizio presso l'ospedale militare territorialmente competente.

P e ns ioru c ivili e militari - P e ns ion e privilegia ta • «Carcinoma e so fageo» • Dipe nd e n za - Su ssistenzaFa tti s pe cie .

Non può escludersi la dipendenza da causa di semizio del carcinoma esofap_eo in soggetto (operaio del Mm,stero Difesa) che sia stato a contatto ed abbia respirato sostanze notoriamente oncogeneticbe, quali i derivati da benzopirene e metilentrene.

66717. Sz. IV pensioni militari, 14 marzo 1985: Prc s. (f.f.) Nasci - Est. Incannò• P.G. D'Aversa· Ro ssi c. Ministero I)ifesa.

P e nsioni ci v ili e militari • Pen s ione priv il e giata · In fermità Sindrome di ssociati va • Dip e ndenza da caus a di servi zio • E s clusione.

(D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092: c.u. delle norme sul tracramento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, art. 64).

È da escludere la dipendenza da causa di servizio de/Id sindrome dissociativa (o schizofrenica) se, nella prestazione, non vi siano stati eventi lesivi che per intensità e carica emotiva possano aver detem1inato la rottura dell'equilibrio mentale del soggetto.

66728 - Sz. IV pensioni militari, 28 febbraio 1985: Pres. (f.f.) Nasti - Est. Tiralosi • P.G. D 'Aversa - Zinetti c. Ministero Difesa.

Pensioni civili e militari • Pen s ione privilegfata • Infermità . Glioba s toma • Dipe ndenz a da cau s a di servi z io • Esclu s ione.

(D.P R. 29 dicembre 1973 n. 1092: t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendemi civili e militari dello Stato, art. 64).

Il gliobastoma è varietà maligna di tumori la cui etiopatagenesi, benchè ancora sconosciuta, non può essere rapportata a causa di servizio se questo sia stato breve, del tutto normale e privo di particolari disagi nonchè di stress psico-fisici.

66804 - Sz. IV pensioni militari, 18 marzo 1985: Pre s. Ansalone - Est. Petrocelli - P.G. !ovino• Armellini c. Ministero D ifesa.

Pensioni civili e militari • Pen s ione privilegiata · Infermità nev rotica • Dipendenza da causa di servi z io . Fattispecie . E s clusione.

58215 · Sz. III pensioni civili, 22 giugno 1985: Pres. (f.f.) Liguori • Est. Errera

• P.G. Barrella

• Politico c. Min istero D i fesa.

(D.P. R . 29 dicembre 1973 n. 1092: approvazione del t.u.: delle norme sul trattamento di quiescenza de i dipendent i civili e militari dello Stato, art. 64).

356

È da escludere la dipendenza da causa di seroizio di rma infermità nevrotica qualora nel seroizio stesso, ancorchè gravoso e reso con il massimo impegno, non siano identificabili quegli eccezionali eventi lesivi (es. traumi da incidente, provata sussistenza di situazioni notevolmente frustranti, ecc.) tali da essere valutati alla stregua di fattori concausa/i efficienti e dete1minanti di una situazione neuropatica.

67038 - Sz. IV pensioni militari, 13 aprile 1985: Pres. Ansal one - Est . Moretti - P.G. Santoro - Catalani c . Ministero Di fesa .

Pensioni civili e militari - Pensione privilegiata - Infermità - Suicidio - Dipendenza da causa di servizio

• Esclusione .

(D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092: approvazione del t.u. delle no r me sul trattamento di quiescenza del personale civile e militare dello Stato, art 64).

È da escludere la dipendenza da causa di seroizio della morte per suicidio se nessun plausibile motivo di setvizio può aver determinato il militare al tragico gesto, dovuto, invece, allo scatenamento improvviso di una imprevedibile follia.

67212 - Sz. IV pensioni militari, 9 maggio 1985: Pres. (f.f. Nasti) - Est. De Pascalis - P G. MusumeciVitritti c. Ministero Difesa.

Pensioni civili e militari - Pen sione privilegiata - Infermità - Gastrite - Dipenden za da concausa di servizio Fattispecie • Ammissibilità.

(D.P.R. 29 dicembre 1972 n. 1092: approvazione del t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza del persona le civ ile e militare dello Stato, ar t 64).

Ancorchè preesistente alla chiamata alle armi è da ammettere, quanto meno sotto il profilo concausa/e e di aggravamento, la dipendenza da causa di seroizio dell'infermità gastrica sia per dieta non adeguata sia, soprattutto, per la mancanza di tempestive ed opportune terapie.

67318 - Sz. N pensioni militari, 27 maggio 1985: Pres. (f.f.) De Simone - Est. Pe trocelli - P.G. Gallozzi - Tancredi c . Ministero Difesa.

È da ammettere la dipendenza da causa di servizio di una ipoacusia se il militare abbia accusato, durante la prestazione del servizio, frequenti flogosi otofaringitiche costantemente sottovalutate dai sanitari del reparto e, inoltre, il medesimo sia stato esposto a continui micro-traumi acustici per le funzioni esercitate (nella specie centralinista).

67329 - Sz. IV pension i militari, 27 maggio 1985: Pres. Ansalone - Est. Gramegna - P.G Arcano - Timpano c. Ministero Difesa.

Pens ioni civili e militari - Pensione pri v ilegiata - Infermità Glaucoma primitivo - Dipendenza da causa di servizio - Esclusione.

(D.P.R. 29 dicembre 1972 n. 1092: t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza del personale civile e militare deUo Stato, art. 64).

Pensioni civili e miJitari - Pe~sione privilegjata • Pterigio - Dipendenza da causa di serv iz io - Ammissibilità - Condizioni.

(D.P.R. 29 dicembre 1972 n. 1092: t.u . delle norme su] trattamento di quiescenza del personale civile e militare dello Stato, art. 64).

Il glaucoma primitivo (a differenza di quello secondario, dovuto a ferite ovvero ad agenti irritanti) non è influenzato da fattori estemi; di conseguenza, la sua natura costituzionale porta ad escludere che possa dipendere da causa di servizio ll «pterigio» è affezione oculare di natura non costituzionale ed è frequente tra coloro i quali hanno gli occhi costantemente esposti al vento, alla polvere, alla sabbia e vivono in scadenti condizioni igieniche; di conseguenza, è da ammettere che dipenda da causa di servizio se il militare si sia trovato nelle suddette situazioni esterne (nella specie, seroizio in Africa Orientale, con insufficienza di mezzi terapeutici).

67330 - Sz. IV Pensioni militari, 27 maggio 1985: Pres. Ansa lone - Est. Gramegna - P .G. Arcano - Montanari c . Ministero Difesa.

Pensioni civili e militari - Pensione privilegiata - Infermità - Ipoacusia

• Fattispecie

• Dipendenza da causa di servizio

• Ammissibilità.

(D.P.R. 29 dicembre 1972 n. 1092: approvazione del t u. delle norme sul trattamento di qu iescenza del personale civile e militare dello Stato, art. 64).

Pensioni civili e militari - Pensione priv ilegiata • Infermità . Sciatalgia - Dipendenza da causa di servizio

• Fattispecie - Ammissibilità.

(D.P.R. 29 dicembre 1972 n. 1092: approvaz ione del t.u. delle norme sul trattamento di qu iescenza del personale civile e militare dello Stato, art. 64).

357

Tra le cause che provocano l'infiammazione del ne,vo sciatico sono da annoverare microtraumi incidenti ripetutamente su di esso, sulla regione glutea ovvero sulla parte posteriore della coscia; di conseguenza è da ammettere la dipendenza da causa di seroizio di una sciatalgia se, come nella specie, il militare abbia sofferto ripetutamente di microtraumi conseguenti alle sue funzioni di conduttore di automezzi militari con effettuazione di carichi e scarichi pesanti ed in avverse condizioni climatiche e atmos/e1iche.

67382 - Sz. IV pensioni militari, 11 giugno 1985: Pres. (f.f.) D e Simone - Es t. Prinzivalli - P.G. CoccoD e Tornasi c. Mi nis t ero Difesa.

Pensionj civili e militari - Pensione privilegiata - Infermità - Neoplasia dell'epifaringe - Concausa ru servizio - Ammissibilità.

(D .P. R. 29 dicembre 1972 n. 1092: t.u. delle norme su l trattamento di quiescenza del personale civile e militare dello Stato, art. 64).

Ancorchè la malignità dell'affezione (nella specie, neoplasia della epifaringe) non avrebbe potuto comunque escludere l'evento letale, l'apprestamento di tempestive terapie avrebbe consentito al paziente una maggiore pe,manenza in vita; di conseguenza, deve riconoscersi che gli eventi omissivi, seppure incolpevoli, del seroizio abbiano avuto un ruolo concausa/e efficiente e determinante del piri rapido decorso della malattia 11eoplastica.

67763 - Sz. IV pension i militari, 28 settembre 1985: Pres. (f.f.) Ri pepi - Est. Aucello - P.G. Aulisi-Lovisetto c. Ministero Difesa.

Pensionj civili e militari - Pensione privilegiata - Infer • mità - Tumore • Dipendenza da causa di servizio - Esclusione.

(D.P.R. 29 dicembre 1972 n. 1092: approvazione d el t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza del personale civile e militare dello Stato, art. 64).

Stante l'attuale igno ranza sulla etiopatogenesi delle affezioni neoplastiche è da escludere la dipendenza da causa di se,vizio di un tumore qualora non solo manchi una qualsiasi specifica documentazione comprovante l'esposizione del soggetto a fattori oncogeni ambientali ma neppure, dagli atti, sia desumibi le che il militare abbia sofferto di particolari affezioni prima del manifestarsi della neoplasia ovvero che vi siano stati errori e/o ritardi diagnostici e terapeutici da parte degli organi sanitari militari.

Pen s ioni civili e militari • Pensione privilegiata - In fermità • Tubercolosi - Dipendenza da causa di servizio - Fattis pecie - Esclusioni.

(D.P.R. 29 dicembre 1972 n. 1092: approvazione del t.u. delle norme sul trattamento di quiescenza del personale civile e militare dello Stato, art. 64

Nel formulare il proprio giudizio, ai fini dei riconosczmento della dipendenza di una infermità da causa di servizio, il magistrato non può operare scelte empiriche. giuridicamente inammissibili, tali da accreditare il possibile come probabile ed il probabile come certo, ma, attenendosi alla vigente normativa in materia, deve, obiettivamente , accertare i fatti di causa, comparare le contrapposte indicazioni peritali, motivare il proprio convincimento 11 base alle risultanze prevalenti e ragionevolmente pit1 attendibili, non essendogli legittimamente consentito di mperare eventuali incertezze scientifiche, sulla etiopatogenesi delle infermità in controversia, con impossibili certezze giuridiche; di conseguenza, è da escludere la dipendenza da causa di se,vizio di una infermità tubercolare se, durante la prestazione, non si verificarono comprovati eventi lesivi nè si può ipotizzare una diminuzione delle di/esr immunitarie del soggetto qualora, dai rapporti infonnativi, non emergano specifici fatti di servizio (disagi, strapazzi, e gravi perfrigerazioni) o malattie degne di nota tali da essere ritenuti prodromici dell'affezione specifica.

108743 - Sz. II I pensioni d i guerra, 16 febbraio 1985 : Pres. (f.f.) Falcolini - Est. Pellegrino - P.G. Stanco - Follo c. Ministero Tesoro.

Corte dei Conti • Giudizio in materia di pensionj Pens ioni di guerra - Giurucato derivante dalla classificazione - IDvalutazione Divieto IDesame per aggravamento (C.C., art . 2902 - c.p.c. 324 ).

Corte dei Conti - Giudizio in materia di pensioru - Pensioru ru guerra • Esiti dj frattura con accorciamento dell'arto - Voce n. 14 tabella A) L. 10 agosto 1950 n. 648 - Interpretazione equitativa - Classifica per equivalenza. (L. 10 agosto 1950 n. 648: riordinamento delle rusposizfoni sulle pensioni di guerra) .

Nella materia pensionistica di guerra, in presenza del giudicato derivante dalla classifica degli esiti di ferita non è possibile procedere a rivalutazione, ma si può soltanto discutere della classifica sotto il profilo dell'aggravamento

67796- Sz. IV pensioni militari, 9 ottobre 1985: Pre s. (f.f.) De Simone - Est. D ario - P.G. Coco - Ipp olito c. Ministero Difesa.

In materia di trattamento pensionistico di guerra, sebbene la voce n. 14 della tabella A) allegata alla L. 1 Oagosto 1950 n. 648 richieda per la concessione di trattamento continuativo ch e l'accorciamento dell'arto non sia inferiore a 4 cm., la previsione non può essere interpretata così tassativamente da escludere una valutazione equitativa di altri elementi patologici tali da poter comportare, per equivalenza, il trattamento continuativo.

358

ANDROLOGIA

VoRDERMARK J.S.: L'epididimite acuta: esperienze su 123 casi, Military Medicine, 150, I, 1985.

L'A. dopo aver constatato che l'epididimite acuta costituisce la causa piu frequente di ricovero in cliniche militari urologiche, afferma che essa viene frequentemente sottovalutata dai medici. Allo scopo di definire una linea di condotta uniforme e logica nel trattamento della malattia, l'A. ha esaminato retrospettivamente le cartelle cliniche di 123 casi di epididimite trattati nell'Ospedale di Comunità dell'Esercito Darnall dal 1979 al 1983.

I pazienti so no stati suddivisi in 3 categorie secondo la loro gravità: casi lievi, di media grav i tà e gravi. I pazienti del 2 ° e 3° gruppo venivano normalmente ricoverati. Quelli del 1° venivano ricoverati sol canto se impossibilitati ad osservare un assoluto riposo a letto o in caso di insuccesso di una terapia medica di 48 ore.

La terapia medica consisteva in assoluto riposo a letto, applicazione di compresse di ghiaccio alla scroto e terapia antibiotica variabile in rapporto alla gravità. Dopo aver esaminato la variazione progressivamente crescente, nei tre gruppi, di alcuni parametri quali la durata media di malattia e cli ospedalizzazione, la percentuale di infezioni urinarie evidenziate dall'urinocoltura, la necessità di intervento chirurgico esplorativo, l' A. ricava alcune direttive generali da seguire nei trattament i della malattia.

In rapporto ai traumi testicolari, l'insorgenza di sintomatologia dolorosa persistente deve far considerare la possibilità di una torsione del funicolo; analogamente tale possibilità deve essere tenuta ben presente nelle poco comuni insorgenze di sindromi scrotali acute nell'infanzia. L'esecuzione di un'indagine nucleare (orchigramma) è di grande valore nella diagnosi e nel trattamento dell'epididimite acuta: essa permette di evidenziare una ipoperfusione testicolare da funicolite costrittiva e ascessi testicolari, fornendo indicazione per l'intervento chirurgico che in tali casi è risolutore.

Le indicazioni per l'indagi ne nucleare, ricavate dall 'J\. in base alla sua esperienza ed allo studio effettuato sono: il sospetto di una torsione acuta o non diagnosticata, il monorchidismo, la coesistenza di sintomi sistemici (febbre, sepsi), il dolore eccessivo, la mancata risposta alla terapia medica, il precedente anamnestico di trauma, l'edema scrotale progressivo.

Analogamente le indicazioni all'intervento chirurgico, che varia a seconda dei casi da un intervento decompressivo ad una epididimectomia (o orchiectomia), sono distinte in assolute: negli ascessi, nella ipoperfusione testicolare, nelle epididimiti gravi o a seguito di traumi gravi; relative; nei casi di monorchidismo, in pazienti anziani, nelle epididimiti recidivanti e nei casi resistenti alla terapia medica.

GASTROENTEROLOGIA

BALDI F. (Clinica Medica e Gastroenterologia - Policlinico S. Orsola Bo logna): Piaccametria gastrica. Il Giornale del Medico, 72, 1986.

L. A. ricorda che per molti anni il rilievo dell'acidità gastrica è stato effettuato mediante aspirazione e analisi del succo. È facile intuire quali siano le limitazioni di tale mecodica: discontinuità dei cambiamenti e necessità per il paziente di rimanere a lungo o quanto meno piu volte a dispos.izione dell'esaminatore. Ecco ora apparire la pH-metria (o p.iaccametria) endoluminale che impiega sottili elettrodi introdotti per via nasale e collegato ad un registratore portatile capace di una memoria di migliaia di dati: un vero e propr io HOLTER dello stomaco; il paziente è intanto libero di muoversi e di svolgere parecchie attività. L'acidità gastrica viene cosf misurata sia a d igiuno che durante l'attività digest iva, sia di giorno che di notte (ritmi circadiani).

L'A. afferma che tale metodica d'avanguardia è anche ben tollerata dai pazienti, quindi si sofferma sulle sue applicazioni clinico-diagnostiche: definizione del cosf detto pattern acido-secernente (normo, ipo - ed iper-secretori) sia in co ndiz ioni basali, cioé a digiuno, sia dopo l'assunzione del pasto. Dunque il profilo pH-metrico endoluminale è un indice i ndiretto della funzione escretoria gastrica e inoltre del reflusso duodenogastrico (una dell e possibili concause d i lesioni della mucosa gastrica), in quanto l'elettrodo pH -metrico posizionato in sede antra le è in grado di riconoscere il succo duodenale refluente attraverso la registrazione di un brusco aumento di pH Anche l' effetto dei farmaci sulla mucosa può essere efficacemente verificato con ques t a metodica: e con ciò e piu facile modulare la terapia secondo il caso particolar e.

RECENSIONI DA RIVISTE
c. DE SANTIS 359

CoGo A. • Istituto di Malattie Respiratorie · Università di Milano; La ni/etidina nell'emergenza ipertensiva. - Il Giornale del Medico, 74, 1986.

L'edema polmonare acuto e l'emergenza ipertensiva hanno da alcuni anni un rimedio rapido ed efficace: la nifedipina per via sublinguale.

L' A. in dettaglio precisa che va utilizzata una capsula di mg 10 perforata e schiacciata oppure venti gocce (corrispondono allo stesso quantitativo di sostanza). Tra i calcioanagonisti, l'A. ricorda che la nifedipina è quello che ha pi{i degli altri i seguenti pregi: effetto vascolare periferico piu pronunciato; scarsa azione inotropa negativa; nessuna azione sul sistema di conduzione cardiaco. La sostanza provoca riduzione delle resistenze arteriolar i periferiche e del tono venoso, con conseguente migliore distribuzione del flusso e diminuzione del lavoro compiuto dal cuore. Nelle condizioni di emergenza ipertensiva e nell'edema polmonare acuto è fondamentale diminuire l'afflusso di sangue al circolo polmonare decongestionandolo e diminuire l'impedenza allo svuotamemo ventricolare mediante la riduzione delle resiste n ze periferiche. In queste evenienze - specialmente nell'associazione di entrambe - la nifedipina sublinguale si pone tra i farmaci di prima scelta, ripetendo ove occorra la somministrazione una seconda volta dopo trenta minuti.

G. Dc SANTIS

PSICIITATRTA

DE MAJO DOMENICO Ansia - L'oscuro malessere • «Doctor», mensile di medicina, scienza e cultura , anno IV, Ottobre 1986.

L' A. tratta il sintomo ansia in maniera facile chiara e completa; la lettura dell'articolo è piacevole e ricca di informazioni utili non solLanto agli «addetti ai lavori», ma anche a co loro che si avvicinano alla psichiatria per mera curiosità.

Il lavoro è articolato in cinque parti: la prima parte tratta l'ansia come fenomeno psichico e come derivata, filogeneticamente, dall a paura ancestrale e primigen ia. Essa in quanto fenomeno psichico assume molti significati simbolici e di «messaggi» (sintomo come comunicazione). Tra i piu importami significati, I' Aurore ricorda quelli che riguardano il soma. Quest'ultimo si struttura come spazio intermedio tra mondo esterno e oggetti concreti da una parte e mondo interno e oggetti simbolici dall'altra. In condizioni di mancata integrazione della personali tà, il corpo si può configurare come substrato di pericoli potenziali. La presenza di esperienze frustranti ed ansiogene può liberare timore e preoccupazione circa la funzionalità del soma o di qualche sua par-

te. In altri termini i sincomi anziché esprimersi nell'ambi to psichico si proiettano sul soma. L'ansia però non è solrnnto una condi,done patologica, ma essa è anche una caratteristica intrinseca dell'esperienza umana; è il «campanello dall'allarme» che in determinate condizioni di pericolo per l'uomo può rappresentare la sua salvezza. L'ansia tuttavia non è soltanto un sintomo ma può essere uno stato emotivo e quindi matrice di una psicopatologia. Il sintomo, prescindendo dalla sua etiopatogenesi, esprime pur sempre un messaggio; non è soltanto un elemento che «entra in un processo di comunicazione, bensf un'entità che entra in un processo di significazione». Per tale motivo, ne «discende il suo diverso significato simbolico e di messaggio a seconda che ci si trovi io condizioni di 'normalità' o di malattia».

Le rimanenti tre parti parlano del controllo farmacologico dell'ansia per mezzo delle benzodiazepine, sia di prim a che di seconda generazione, del loro metabolismo e del problema della dipendenza e dell'overdose.

L'Autore parla infine anche degli ansiolitki non benzodiazepi nici, che sono una serie di sostanze, non ancora in commercio, che intereagiscono con i recettori cerebrali delle benzodiazepine pur non essendo strutturalmente correla te con le stesse. Appartengono a questo gruppo lo Zopidone, il Suriclone e il Buspirone. Alla fine dell'articolo l'Autore riporta dei criteri di scelta terapeutica a seconda del tipo di ansia da cui il soggetto è affetto.

PSICOLOGIA

VAUTIER D.: Le ragioni profonde della nuova grande paura, Rivista di Piscologia Contemporanea, n. 77, 1986.

In questo lavoro di paziente ricerca, l'Autore ha cercato di chiarire ed eliminare l'alone di pregiudizi che avvolge l'AIDS, fornendo tutte quelle informazioni riguardanti questa grave ed inesorabile malattia, che si propone, ormai non piu timidamente, con l'etichetta di «morbo del secolo». È una esagerazione?

Quando nel 1981 i ricercatori del centro epidemiologico di Adama registrarono i primi casi della patologia che ancora non aveva un nome, forse non immaginavano che quattro anni dopo si sarebbe parlato di «peste moderna».

Dominique VAUTIER, autore dell'articolo, parla di malattia decisamente moderna, esistendo da appena cinque anni; ma che già alimenta un'epidemia di panico piu rapida di quella del virus stesso.

Si assiste cioé ad una giostra crudele fra «paura)> dell'altro e paura di sé stesso.

ME DI CINA GENERALE
360

Il recente aumento del numero dei casi non significa, tuttavia, che tutti ne saranno colpiti, né che la progressione sia ineluttabile.

La peste descritta dal Manzoni era inserita in un ambiente fisico e sociale di gran lunga differente da quello del nosrro cempo !

L'uomo, dal momento in cui s i rende conto che c'è un'epidemia , inventa diversi scenari secondo le sue proiezioni fanta smatiche.

Bisogna esorcizzare questa grave malattia, ed è questo un compito non so ltanto del «ricercatori»: è necessario, anzi, che a quest'opera concorrano «opinion-makers, medias» , non prodigandosi, viceversa, cosa cui stiamo qua e là assistendo, si rischia di inventare «nuov i untori» ed esagerati allarmismi.

«Formare e prevenire» è importante, ma può esserlo ma ggiormente l'evitare la drammatizzazione eccessiva ed ingiustificata.

Quasi a questo fine l 'Autore riporta ciò che è avvenuto all'Ospedale C l aude Bcrnard (da «S lDA , réalité et fantasmes»), dove un Reparto è interamente destinato all'osservazione ed alla cura di casi di AIDS, sforzandosi il personale di tenere una condona esemplare nel trattamento di questi pazienti: «diverse volte alcune infermiere si sono tagliate o bucate accidentalmente con siringhe, dopo l'iniezione e nessuna a tutt'oggi è sieropositiva».

È questo un dato strettamente empirico, ma significativo. È pur vero, del resto, che oggi la migliore prevenzione è la prudenza , la rigida osservanza di regole d'igiene; ed è quindi compito di tutti, ciascuno per la propria parte di contribuire a circoscrivere il morbo, spronando ed aiutando coloro che sono preposti alla salute del cittadino.

PS I COLOGTA D E LLO SPORT

DIONISIO A., BALDO E. : La violenza nel calcio. Prospettive per un cambiamento. Rivista «Movime nto 2», n 3, 1986.

Gli AA prendono in considerazione alcune importami ipotesi , che potrebbero ridurre in maniera s ignificativa il problema (diffuso e sempre piu frequente) deUa delinquenza nello stadio e fuori di esso.

Ipotizzare so luzioni radicali non è certamente fac ile , in quanto gli aspetti che so ttendono la violenza negli s tadi sono complessi e richiedono efficaci e nuove misure preventive.

Gli AA. suddividon o il lavoro in due parti: la violenza nello stadio e la violenza fuori dallo s tadio.

Nella prima parte prendono in considerazione:

- la eccessiva concentrazione dei tifosi in uno spazio troppo piccolo, in cui può nascere la violenza;

- la differenza fra tifosi e teppisti; essi sono «due mondi» co mpletamente distinti, anche se inseriti in uno stesso spazio. Il tifoso si porta allo stadio per motivi sportivi, il teppista ha motivazioni soltanto antisociali. Il teppista, comunque, è riconoscibile, evidente ed individuab ile , quindi è estirpabile;

- il periodo tra il 60° e il 90° minuto è indicato come il range di maggiore tensione. In q ue sto «intervallo» potrebbero aver luogo messaggi piscologici incisivi sulla positività del calc io , quindi protrebbe avere inizio un decondizionamenro dell'eccitazione violenta:

- gli striscioni e le bandiere, caratteri stica folkloristica egratificante, possono st imolare atti aggressivi. Gli AA. si rendono conto che non è possibile eliminarli, però si potrebbe ridurre la loro dimensione e soprattutto eliminare le scritte che possono offendere la squ a dra avversaria;

- la forza pubblica bene in vista e pronta ad intervenire può dar luogo, in alcuni soggetti, ad una reazione opposta al fine preposto. Un correttivo proposto dagli AA. è queUo di costrui re ai bordi del campo una struttura dove possono stazionare gli Agenti senza essere visti dai tifosi, ad eccezione di pochi uomini ai bordi dei campi addetti alla osservazione;

- il tempo fra l'ingresso allo stadio e l'inizio del1a partita dovrebbe essere colmato, per contenere l'eccitazione, da forme di spettacolo tese ad intrattenere il pubblico;

· il cambiamento delle rego le di gioco ed arbitraggi potrebbero senz'altro contribuire a ridurre certe aggressività che s i verificano durante la disputa di una partita, particolarment e importante ai fini di una classifica o che determini una posizione.

Nella seco nda parte gli AA. trattano la violenza fuori dallo stadio. Essa può avere inizio dalle tre alle cinque ore prima della partita. Alla f i ne dell'incontro invece, la v iolenza può aver luogo al momento del deflusso ed alla smob ilit azione.

L'azione preventiva dovrebbe puntare su tre elementi: - autocoscienza

- interesse

• curios ità

Facilitare inoltre rapporti interpersonali tra i tifosi di squadre opposte attraverso poli di interesse di cu riosit à comuni. Con tali interventi appare chiaro come la tensione legata all'avvenimento agonistico si riduca a tal punto da far entrare nello stadio con una simazione psicologica piu distesa.

La prevenzione contro la violenza negli s tadi è affidata in primo luogo ai mass-media ed in particolare alla televisione.

Gli AA. concludono affer mando che quanto suggerito non ha la pretesa di essere la panacea che ri solve tutti gli aspetti

361

della violenza del calcio, ma essi vogliono dare soltanto degli «input>> per una azione preventiva al problema, che richiede comunque interventi pluralistici, con la «speranza di un cointeressamento di piu organismi».

C. GoG1.1A

PSI C O S OM A TI C 11

lNVFRNIZZl G. {Direttore Clinica Psichiatrica I, Università di Milano): La Psicomatica nella sua terza fase. - U Giornale del Medico, 72, 1986.

L'A. tratteggia in sintesi la storia della medicina psicomatica che nasce nel lontano 1939 negli USA, ripartendo dall'antica intuizione dei filosofi che l'Uomo costiwiscc unità fisica e psichica inscindibile.

Prende quindi atto degli enormi progressi che questa branca della Scienza Medica ha fatto negli ultimi 40 anni e nel contempo introduce il concetto di «generazione» nelle varie tappe raggiunte.

Cosf la scoperta dell'origine psicosomatica di alcune classiche affezioni come l'ulcera peptica, la colite ulcerosa, l'artrite reumatoide cd alcune forme di asma bronchiale e di ipertensione arteriosa sost ituisce la «psicosomarica di prima generazione,>. In seguito, secondo l'A., il concetto unitario viene «insidiato» e ricompare la dicotomia mente - corpo con la psicoanalisi da una parte e con la neuropsicologia dall'altra, per cui la patologia viene attribuita esclusivamente ora all'etiologia psicogena ora a quela organica e si configura cosi il periodo della <<psicosomatica di seconda generazione». Accennando ad una visione critica della psiconalis i - protagonista di un lungo e affascinante periodo - I'A. afferma con sagacia che «la storia della psicosomatica rivela «in primis» un'anima psicoanalitica», ma che quest'anima è tormentata il suo travaglio traspare nell'opera dei grandi maestri da

Freud a Jelliffe, Groddeck, Balint Secondo l'A., Freud pani senza dubbio dal corpo e dai processi neurofisiologici, ma successivamente ne prese sempre piu la distanza nell'edif1 cazione di modelli che l'A. definisce «metapsicologici» e chL diedero vita alla psicoanalisi.

Quest'ultima viene definita un «abito troppo rigido» per la psicosomatica in evoluzione. I classici studi di Pavolm che ha posto le basi per investigare le relazioni intercorrenti fra esperienze della vita soggettiva ed espressioni fisiologi che della stessa ai livelli somatico, vegetativo, intclletti\'o e cognitivo, hanno anche aperto la porta, sostiene l 'A., ad una «medicina psicosomatica di terza generazione». Acce tatra dalla maggior parre degli srudiosi di psichjatria, questa nuova psicosomatica si basa su un rapporto rinnovato medicomalato che cerchi di operare affinché l'unità mente-corp 1 sia conservata, sviluppata e difesa. La separazione tra men te e corpo è vista come un artificio culturale: questa ha daw sf i buoni risultati di consentire notevoli conquiste nello stu dio dell'anatomia e della fisiologia (dice l'A.; «conoscenza organicistica») ma ha sancito una separazione cli ciò che in natura è unito e che tale si presenta di fronte al medico. D1 ce Allpert che la personalità individuale è «l'organizzazion( dinamica all'interno dell'individuo dei sistemi psicofisici ch1: determinano i suoi adattamenti specifici rispetto all'ambiente».

L'A. cita questo concetto come «rivolu zionario» e foriero di un piu costruttivo rapporto fra il medico e il suo paziente

L'A. conclude sostenendo che occorre superare tecnicismo e strumentalismo e motiva la necessità di quella che chia ma una «acculturazione del medico in senso psico-somatico» con l'urgenza di fronteggiare adeguatamente l'alta incidenza di malattie somatiche accompagnate a disturbi emotivi, l'alto numero dei pazienti con problemi somaro-psichici, dall'infartuato all'operato di grossi interventi, al malato croni co bisognoso di terapia d'impegno tutto particolare, come la dialisi, ecc.

C. Dt:: SAN11S

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a cura di D. M. Monaco

INTERNAZIO NALE

REVUE INTERNATIONALE DES SERVICES DE

SANTE DES FORCES ARMEES (A. LIX, n. 1-2-3 , 1986): Redazionale: Il Regno del Marocco. Il Servizio di Sanità delle Regie Forze Armate Marocchine; Vandenbosch P. , Clement J. (Belgio): La selezione medica e psicologica nell'Aeronautica militare del Belgio; Pons J., Bellavoir A. (Francia): Alcuni dati statistici; Habboushe M.P. (Iraq): La stecca «AlRasheed»: un apparecchio di immobilizzazione provvisoria di sicuro affidamento in guerra e in pace; lvanov N. G., Krasnopeev I.I. (U.R.S.S.): La riabil itazione nella medicina militare sovietica.

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ITALIA

FRANCIA

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SOMMARI DA RIVISTE MEDICO-MILITARI
363

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MEDICINE ET ARMEES (A. 14, n. 5, 1986; ]uillet P.: In psichiatria di guerra può l' individuo rimanere cenrro e scopo del trattamento?; Chagnon A., Guiguen Y., Fabre ]., Roche ].-C., Moreau X.: La febbre bottonosa del Mediterraneo. Resoconto su 33 osservazioni all'Ospedale Militare di Istruzione «S. Anna»; Saissy ].-M., Benomar S., Boukili M., Drissy-Kamili N., Atmani M., Payement G.: Gli emangiomi cardiaci. Revisione della letteratura a proposito di un caso associato a cardiomiopatia non ostruttiva; Sizun ]., Clerc P., Candito D.: La duplicazione intestinale: una causa rara di tumefazione addominale nel neonato; Vincey P., Botton A., Wery G., Guyomarc'h ].P., Berthelot B.: Importanza della visita otorino sistematica nelle Forze Armate. Resoconto di 2 casi (un colesreatoma gigante ed un glioma); Boudon A., Lemasson G., Doury P., Muzelec Y., Monchy D. , David B., Le Toumeur P.: Storia naturale di una t0ssi-infezione alimentare collettiva da «Salmonella thyphi murium» a Brest; Martet G., Niet L., Floch ].-]., Lecamus ].-L.: Il tempo di trombina a concentrazione variabile: conserva ancora la sua importanza nella sorveglianza durante un trattamento con eparina?; Vignat ].-P., Dcglise P. , Auduge A. , Pedeprat-Lamechinou P., Bourgeois H .: L'impianto secondario di un cristallino artificiale: soluzione per la correzione visiva di alcuni afachici; Marotte H. , Vielle/ond ll.: I concentratori di ossigeno: nuove fonti di ossigeno; Ollivier j. -P. , Bercovici ].-P., Nahoul K., L'llour P., Gautier D.: Modificazioni degli androgeni durante l'addestramento al combattimento; Ollivier J. -P. , ]ault F., Brion R., Gandjbakhch I., De Bourayne ]., Rossant P., Quatre ].-M., Droniou ]., Cabrai C.: L'angioplastica trans-luminale coronarica. Bilancio e prospettive sui primi 102 interventi; Suleau ]. , Olhagaray R., Sadania ]. , Mechineau Y., Dumas P., Pons ].: La ventilazione trans-tracheale mediante puntura: un gesto semplice ed efficace; Buffat J. ·J.: Lo shock traumatico della prima linea; Leriche B. , Nadeau G., Tronca R., Saada F., Faict T., Lagrave G.: La termocoagulazione delle faccette articolari lombari: sua importanza nel trattamento delle lombalgie croniche; Bezsonolf D. , Brisou B : Elementi di bi-

bliografia indispensabili per la ricerca informatizzata delle pubblicazioni biomediche e per elaborare pubblicazioni.

IN GHILTERRA

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JU GOSLAVIA

VOJNOSANITETSKI PREGLED (V. 43, n. 1, 1986): Keserovié B. e coll.: Trasformazione dei fibrob lasti della pelle fetale umana in presenza di cellule renali di pazienti di nefropatia endemica; Patié V. e coli.: Diagnosi ctiologica rap-

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da delle polmoniti non batteriche; ]ovicié A. e coll.: Determinazione dell'indice di deformabilità degli eri[rociti in pazienti affetti da pertmbazioni cerebrovasco lari ischemiche; Stefanovié Z. e col!,: Importanza clinica degli anticorpi antinucleo nel Lupus Eritematoso Sistemico; Bacié F. e coll.: Modiricazioni dell'attività isoenzimalica della deidrogenasi lattica nel siero e nell'urina di paziemi di nefropatia endemica; Vujicié M. e coli.: L'ecotomografia del cervello - una nuova possibilità diagnostica; Petrovié M. e coli.: Rimozione endoscopica dei polipi dello stomaco; To k ovié B. e coli.: Determinazione dell' istamina nei pesci mediante cromatografia su strato sottile; Ledié S. e col!.: Razionalizzazione nella diagnostica radiologica degli organi addominali: Dzi11ié L. e col!. : La profilassi mediante antibiotici in chirurgia; Obradovié M.: La febbre emorragica da virus (caratter istiche epidemiolog iche essenziali); Hmjak M. : Applicazioni ed effett i biologici degli ultrasuoni; Vujosevil' K. e col!.: Le psicosi post -traumatiche; Mrda V. e col!.: La spondilite t11bercolare isolata nelle persone di età avanzata come problema diagnostico; Dvorski 1.: Il laringocele come problema di di agnostica differenziale.

VOJNOSANITETSKI PREGLED (Voi. 43, nr. 2, 1986): Macié 1 e col!.: Antagonizzazione della miosi caus ata da Sarin e da VX nei conigli; Mladenovié V.: Influenza dell'applicazione intraperironeale de ll e soluzionj di Dextran sulle proprietà microcircolatorie de l s angue di animali traumatizzat i; Antié M.: Aspirazione mediante puntura della ghiandola tiroide; Todol'ovic S e coli.: Conseguenze neurologiche tardive del l 'avvelenamento da Trionocresil -fosfaro; Jablanou ]. e co!l.: Osteosintesi delle framlt'e e dell'osteoporosi dello sterno dopo sternoLomia mediale; Risavi R. e coli.: Contributo alla standard izzazione delJa l ocalizzazione delle deior1ui tà nel vestibolo, nella val vola e nel setto nasale; Nikovié M. e coli.: Prove broneotrope non specifiche mediante istamina per la valurnzione della gravità dell'asma; Todorovié 5. e coli.: La nostra esperienza nel trattamento della periodontite apicale sierosa acuta mediante pasta alla Focal minaTodoformio; Pesié M.: Verifica dei mezzi di misura in Medicina Militare; Petrovié S.: Aspetti teorici della maturità mentale; Mihajlovié M. e coll.: Epilessia e gravidanza; Dangubié V. e coli.: La bronchiolite obliterante negli adulti; Stojnié e ·coll.: La cianosi i n pazienti con d i fetto del setto interatriale senza ipertensione polmonare; Bogunovié D. e coli.: La paraplegia nel complesso della reazione nevrotica di conversione; Kurtovié Z . : Organizzazione e possibilità della piccola chirurgia i n reparti per pazienti ambu latori ali; Celikié S. e col!.: 11 trattamento di pazienti con cri si ipertensiva.

OLAN DA

NEDERLANDS MILITAIR GENEESKUNDIG

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NEDERLANDS MILITAIR GENEESKUNDIG TIJDSCHRIFT (A 39 n . 2, 1986): Kruitwagen R.F.P.M.: L'ipertensione provocata dalla gravidanza; Maessen P.]. G.: Ottimizzazione dei sistemi di numerazione delle taglie delle scarpe; Hoejenbos M.J.J.: Il 36 ° Congresso annuale medicochirmgico militare; Boots l-!.H.M.: Congresso sicentifico sulla biomeccanica; Ko1ver A.J.H. : Terzo congresso deUa Società Germanica per la medicina in condizioni di grandi calamità; Van Der Beek E.]., Berlina F.M.: Aspetti nutrizionali dell'alimentazione militare; De Lange J.J., Lelkens C.C.M. : L ' anestesia generale in tempo di guerra; Stuij J., Muizebe!t F.: Il medico militare.

NEDERLANDS MI LIT AIR GENEESKUNDIG

TIJDSCHRIFT (A. 39, n. 3, 1986): Bousema M. T. : La sindrome di Sweet; Punt H., Rouwen A.].P., Iloekstra G.]. T.: Modificazioni dinamiche delle lenti a contatto sferiche e non sferiche sotto l'influenza di accelerazione Gz e di decompressione r apida; Mol R.: Un caso di infestazione da Ascaris Lumbricoides simul ante addome acuto nell'isola di Saba; Sanderink G.J.C.M.: L'aproglobina: una ricerca degli utili risultati per i pazienti militari; Dongen P.J : La febbre Q; \\1/ertheim W.J.: L'allergia da punture di api e vespe.

NEDERLANDS MlLITAIR GENEESKUNDING

TIJDSCHRIFT (A. 39, n. 4, 1986): Van Marwijk Kooy M., van der Zwan J. C.: Un caso di insufficienza renale acuta; W ertheim W.J.: Magen David Adon, ingiustamente sconosciuto; Van der Oosterkamp P.f.: Esposizione ai vapori di mercurio; Stibbe A.B .: La tendinite del tendine di Achille; Zaalberg G.S.D.: Le «flecliettes» (piccole frecce contenute in gran numero in proiettili di a r tiglieria, granate etc., che, allo scoppio del proiettile contenente, costituiscono proiettili secondari altamente lesivi); Estourgie R.].A., Rutten A.P M., Lodewijks R.F.C.M.: Una ferita da arma da fuoco all'addome; Crucq ]. W .B.: Le i eri te ca usate da proiettili di AK-74; Nauta E.L.: R icordi di un chirurgo in tempo di guerra; ]ansen M.E.: La t ransizione del climater io nell'uomo e nella donna.

365

\XTEHRMEDIZINISCHE MONATSSCl fRIFT (A. 30, n . 1, 1986): Zolfer L., Mayer ]., v. Massow A., Blenk H.: Diagnostica sierologica di infezioni da HTLV-Ill; Schaad G. eco!/: Aspelli ergonomici in tema di ottimizzazione dell 'approvvigionamento di rifugi con aria respirabile in situazioni di emergenza; Klem H.. KayserM., Heeg K., Ble11k H.: Vaccinazioni in serie con vari ceppi vaccinali di Flavivirus: possibilità di immunoprofilassi a largo speuro delle infezioni da Flavivirus? ; Reine/ D.: Collaborazione fra medico alle truppe e speci alista nelle allergopatie; Feth G., Koch Il. U., Schaab El., Mtmzinger M.: Quando, perché e quanto spesso dall'ufficiale medico di corpo?; Fìscher J-1. : Ricordi di guerra di medici militari della Russia Sovietica (4).

WEl lRMEDIZINISCHE MON ATSSCirRIFT (A. 30, n. 2, 1986): Schmidt K.ll.: La malattia da ustione - aspetti fisioparologici, biochimici e immunologici; Bock K.H., Lampi L.: Il barotrauma e quello da inalazione nei polmoni; Zellweger G.: Volemia e reintegro di albumine; Guilhaud J.: Rianimazione e trasporto degli ustionati; Dunant]. fl.: Individuazione e terapia dei pazienti ustionati a livello battaglione nell'ambito del servizio sanitario dell'Esercito Svizzero; Neveux Y.: Protesi cutanee nelle ustioni; Schlot/eldt D.: Sarcoidosi e toxoplasmosi; Goerke H.: Storia• La lapide per Jo• hann Goercke a Sorquittcn.

WEIIRMEDIZINISCHE MONATSSCIIRIFT (A. 30, n. 3, 1986): Biittner H. , Blank M.: Termografia infrarossa • una nuova dimensione per l::i medicina militare; Gemgrob TI. , Burri C., Gehrmann S.: L'osteite post- traumatica dopo fratture esposte; Cudennec Y.F., Aubert CL. , Bassoumi T., Buffe P.: Aspetti epidemiologici ed anatomo-dinici e decorso del trauma acustico; Siegel Th.: D i ritto annonario; flettich R.: Clinica e terapia locale delle ustioni.

WEJIRMEDIZINISCHE MONATSSCHRIFT (A. 30, n. 4, 1986): Berger \YI.G.: Trent ' anni di Servizio Sanitario dell'Esercito Fede r ale; Gotz TI., Pasch Th.: Intuba.::ione e tracheotomia d'urgenza - coniotomia; Staschen CM., A/ving C. O., Lange-Asschenfeldt TI.: Interazioni tra processi fisiologici e psicologici nell'addestramento al freddo dell'organismo umano; Thei/er l I.: Sulla questione delle alterazioni degenera rive della colonna vertebrale da carico di vibrazioni ai sedili degli elicotteri militari; Eros R.: Infortuni nei lanci con paracadute nell'Esercito. Un 'a nalisi - parre I: Naumann P.: Ospedalizzazione degli infettivi nell'evoluz ione dei tempi.

WEIIRMEDIZINISCHE MONATSSCHRIFT (A. 30, n. 5, 1986): Radde].: Una l ezione sulle malattie proctologiche; Eros R.: Infortuni nei lanci con paracadute nell'esercito. Un'analisi - II parte; Koch W., Kross W.: Rapporto sulla determinazione quantitativa dell' Aflarossina tossica in

campioni di formaggio scelti dal vitto della truppa; GoerJ.-e H.: Storia dei lazzaretti; Wyklicky l l.: Il perfezionamen 1 dei medici militari dello Stato imperial-regio (200 anni del «Josephinum»); Stelzner F.: Il chirurgo nell'evo l uzione <lei tempi ; Dhom G.: Patologia e medicina pratica.

SPAGNA

MEDICINA MILITAR (V . 41, n. 3, 1985): Orttz Go,, zdlez A., Méndez Martin A., Gutiél'rez Gonzdlez ].R.: L'i11 sufficienza renale terminale nell'ambito delle Forze Arm. . re; Ortega Medina L., Landa Garcia ].I., T01Tes Garcia A., Art nas ]., Sanz Esponera J. E. , Silechia G., Romem E., More11,, Gonza/es E. , Cantero Balibrea'L.: L'epatite fulminante; sn dio morfologico, biochimico-evolutivo e parametri prognostici in una nuova forma sperimentalmente riproducibile negli animali mediante Acetaminofen; A lejos Alejos ]. D.: Stud10 del bilancio inreremisfcrico del tracciato EEG in un gruppo di schizofrenici; Riob6 Nigorra P.: Importanza del colpo d1 calore nell'Esercito; Escorihuela Alegre A., Gomis Gav1u11 1 M., Pastor G6mez J.M. , Rodero Herndndez }. , Vilches Carrc • tero J.M., Menéndez ,\1.A.: La brucellosi acuta: forme clini che poco frequenti; Secades /lriz I. , La Banda Tejedor P., Cor· dero Peinado ].. Martinez Aedo].. Santa Umi/a Puerta M.: Importanza dei «markers>> di rumore in oncologia; llorca;adal Rivero}., Mo/es Herndndez G., Sancho Burgués ]. , Cobos Lo• pez]., Stinchez Alvarez M.: Campagna di medicina preventiva contro la toxoplasmosi e la rosolia; Méndez Montesino ].R ., Pasqua/ Narvaez A. , Martìnez Navas V., Gomez de Aranda Bianco M. , Espinosa Urbina J., Femandez Tapia-Ruano Al M isure da attuare nei casi di tossi-infezione alimentare di carattere collettivo in unità militari; Serrano Asensio S., Mar tinez De La Cruz T.: Le alterazioni carcinoidi cutanee. Ra s segna di 11 4 casi trattati nel Reparto Dermatologia dell'O spedale Militare Centrale «G6mez UUa»; Fuertes del Teso D. Nìeto Gonza/es ].A., Cabballero Valles P.]. , Pintor Escoba1 A., De Andres Escapa N.: Ascesso polmonare con batteriemia da streptococco beta-emolitico del gruppo F.; resocon to di u n caso; Moratinos Palomero P., Monta/vo Escobar A.. Gonza/es Lobo]. , Aznar Awar A., Canamero Cacereno B L'oncocercosi; resoconto di due casi osservati nell'Ospedale Militare Centrale «G6mez Ulla»; Pera/es N., De Viguri R Tlemando Lorenzo A.E., Lara Cabeza }., Estella Lana F.]., MaLillos Pérez M.: Il supporto sanita rio in caso di catastrofe (parte P ); obbiettivi, pianificazione, smistamento e primi soccorsi; Moratinos Pa/omero P.: Eduardo Semprun Semprun, Medico Maggiore della Sanità Militare, autore di un atlante inedito dal titolo «Museo Anaromoparologico» e fondatore d el primo Servizio Radi o log ico dell 'Esercito.

MEDICINA MILITAR (V. 41, n . 4, 1985): DeL/ano Beneyto R ., Rornero Barbero J.L., Marcos Herrero H.: La Sindrome da ImmunoDeficienza Acquisita (SIDA); determina -

REPU BBLICA FEDE RALE
TEDESCA
366

zione degli amicorpi ami HTLV-Jll mediante il metodo Elisa; esperienze personali; Barba Diaz L.M: Punturaaspirazione mediante ago sottile: una nuova tecnica diagnostica; esperienze nell'Ospedal e Militare di Zaragoza; L6pez A/omo A., Fried H.: L'osteopatia ischemica dello scafoide e del semilunare; qualche considerazione; Ramirez Herrete M., Méndez Madrid].]., Ortiz Vilatersana E., Moliner Diaz de Rabago R.: Le tachicardie sopraventricolari con Q.R.S. stretto: valore dell'elettrocardiogramma di superficie nella diagnosi differenziale; Vega Cid R., Vilarta Nu'fiez-Cortés C.: f-ratture dello scafoide del carpo trattate con terapia conservativa; resoconto di 51 casi; Azna,· Aznar A., Garcia Viedma A.L., Prieto Santos A., G6mez Vilanova C., Sdnchez Canizares T.: Le così dette appendiciti antibiotiche; Jimenez Filloy J.L., Fe Marques A., Pintor Escobar A., De Andres Escapa N.: La Sindrome da ImmunoDcficienza Acquisita (SIDA). Revisione; Robles L6pez de Dicastillo L., Castillo Garcia]. C., Sanchez Dominguez S.: L'immunoprofilassi attiva conto l'epatite B nel personale ospedaliero; Mo/es Hernandez G., Castillo Garcia ].C., Roblcz Lopez de Dicastillo L.: La malaria. Profilassi specifica; Villarta Nunez-Cortés ].e coli.: Una cisti ossea aneurismatica; Garcia Diaz ].: Il Servizio Sanitario nelle operazioni aeromobili; Pérez Puig].A., Martinez Ruiz F., Ortiz Saez C., Carva;o Pércz F.: L'Ospedale da Campo Chirurgico Mobile Svedese; Olagiie De Ras G., Pares Sa lido F.: Contributi aJla Storia della Medicina Navale della Spagna del XVIII secolo: il «Trattato sui bendaggi e le medicazioni» (1763) di Francisco Canivell y Vila ( 1721-1797).

U.R.S.S.

VOIENNO-MEDITSINSKY ZHURNAL (n. 1, 1986): Kuraki11 L.N.: Studi sullo spiegamento e l'organizzazione del lavoro di un posto di pronto soccorso reggimenta• le con studenti di un Istituto medico; Arzhantscv P.Z.: Trapianti di pelle nella chirurgia maxillo-faccialc; Lapchenko S.N., Chesnokov A.A.: Ricostruzione della laringe in lesioni molto estese; Dzhalalova V.A. e Coli.: Lo stato immunitario dei pazienti affetti da malattie virali croniche del fegato; Kuznetsov V.G., Samoukov P. V.: Significato epidemiologico dclla Yersinia ureasipositiva nei foci di pseudotubercolosi; Brazhenko N.A.: Malattie che precedono la tubercolosi degli organi respiratori in soggetti giovani; Alpatov A.M., Anokhin G.A., Khavmk A.D., Sborets G. G.: Sostegno sanitar io dei voli eseguiti da piloti giovani; Potapov V.S., Chernets M.l., Potapov A. V.: Cause di sviluppo delle malattie specifiche dei sommozzatori; Arwmanov A.A.: Valutazione dell'automicroflora dei tessuti tegumentari nei marinai in navigazione; Lazarev P.L. , Khalatov S.K.: L'esperienza del bere e la profilassi dell'alcoolismo; Timofeev V. V.: Influenza dell'anestesia generale suJle modi(icazioni emodinamiche nei traumatizzati; Ryabinin I.A., Makarshev I.M., Khar'Kovoy O.A.: Criterio prognostico nella valutazione del decorso postope-

ratorio; Churyukin G.D.. Sychev V. V., Petrov V.I.: Esperienze sulla riabilitazione di pazienti con cardiopatia ischemica in un convalescenziario cardiologico; Kulupaev G.P., Miroshnichenko L. D., Urakov l.G.: L'alcoolismo e le sue conseguenze; Prokhorchik 11.F.: il 90° anniversario della scoperta dei raggi X; Lyashche11ko N.E.: Caratteristiche del supporto di trattamento e sgombero dell'Esercito U.S.A. durante la guerra in Vietnam; Bagaev Yu. P., Dmitrie11 V. V.: Convegno e riunione del personale direttivo del Servizio Sanitario delle Forse Armate Sovietiche; Negovs/..7 V.A Utovche11ko V. V., Malimn l. D.: Il IV Congresso mondiale sulla medicina di urgenza ed in caso di catastrofi; Monastyrsky N.S., Man'Kov Yu. U.: Problemi attuali in oncologia.

VOIENNO-MEDlTSlNSKY ZHURNAL (n. 2, 1986): Matsnev A.Il., Belyavsk,, V.I.: Organizzazione della rianimazione nell'unità cardiologica dell'ospedale usando il metodo della procedura critica; Vasin V.I., Grmev Z.I., Gol'm P.P., Shclukhin N.l.. Addestramento chirurgico mediante internam per il personale medico distrettuale; Khil'ko V.Il. e Coli.: Principi di trattamento conservativo in pazienti con craumi craniocercbrali; Tkachenko S.S., Belousov A.E., Gubochm N. G.: Possibilità attuali dei reimpianti mediante microchirurgia; Aleksandrov N.M.: Nuova classificazione delle lesioni maxillo -facciali; Zhil'Tsov V.K. e Coli.: Possibilità diagnostiche della mielotomografia computeriz7.ata nelle malattie non cumorali del midollo spinale; Tatarovsky A.I., Kirsanoi· Yu. V., Sofin V. V.: Lesione polmonare senza lesioni esterne del torace; Semcnenko T.A. e Coli.: Fattori etiologici delle malattie respiratorie acuce in gruppi organizzaci; Gavryutin V.M., Zhilyaev E G.: Valutazione igienistica dei livelli di campo elettromagnetico prodotti dalle installazioni radar; Afef. 'Nik S. V., Shakula A. V.: Controllo della capacità lavorativa dei piloti mediance il metodo dell'auto-regolazione; Zholus B.I.: Peculiarità della sorveglianza sanitaria delle scorte di acqua delle navi; Gonchar D.I., Sudar' S.S., Russkikh Yu.N.: Esperienze sul funzionamento di un impianto aggiuntivo per l'ossigenzaiozne iperbarica in un bartaglione sanitario indipendeme; Vyazitsky P.O., Ivanov S.L.: Applicazione degli indici dello stadio finale del metabolismo proteico alla diagnosi differenziale di varie malattie artico lari; lvanusa Ya.M., Pwkhozh,, P. T.: Direttive chirurgiche nelle lesioni della mano; Martinkus A. V.: Prevenzione dello shock nei gravi traumi meccanici; Starodubtsev V.S. e Col!.: Uso degli immunostimolatori nel trattamento dei processi infiammatori dell'area maxillo-facciale; Aleksandrov V.A.: Il lavoro dcli' ambulanza stomatologica; Ugulava S.N.: Misure di emergenza in caso di apertura craumatica del seno mascellare durante estrazioni dentarie; Tvakhnenko A. V., Foka I.N., Dorofeeva T.N.: Esperienza sulla diagnosi e il trattamento della difterite negli adulti; Smimo11 V.A.: L'addestramento degli assistenti del medico in periodo di intervento straniero e di guerra civile; Ivashochenko l. K.: Uso delle riserve locali di materie prime nella Siberia Occidentale per la cura dei malati e feriti.

367

VOIENNO-MEDITSINSKY ZHURNAL (n. 3, 1986): Tarasov V.I.: Organizzazione del lavoro al Reparto infecrivi di un ospedale militare distrettuale; Pukach L.P.: Alcuni aspetti dell'addestramento post-diploma e.lei terapisti militari; Lisitsyn K.M., Kokhan V.E.: La simpaticectomia lombare ndla chirurgia vascolare di urgenza; Valise11ko T. Ya.: Lesioni raJioattive ripetute da prodotti di fusione nucleare; Gendlin G.E., Karabmenko A.A., Kirkin B. V., Eremina S.S., Belenky A.S., Bobkova V.i.: Emodinamica e resistenza allo sforzo in paziemi con malattie polmonari croniche non specifiche; Go/'Zand I. V., Goriacheva L.G., Volkov V.O., Khavinson V. Kll, Morozov V.G.: Indicazioni all'uso della timalina nel trattamento di bambini affetti da epatite virale cronica tipo B; Dorofeev G.!., Akimov 5.N.: Studio dell'apµarato cardio-vascolare mediante il metodo ergometrico nel personale di volo; Sosedko Yu.l., Tmsevich G.P., Trofìmov V B.: Lesioni sotto-capsu lari della milza; Pashnev V. Ya,, Cherkesova G. Ya.: Laser-terapia dell'apparato locomotore e delle malattie della pelle per pazienti ambulacoriali; Lobzin Yu.A., Tarasov G.l., Nikiti11 E.A.: Valutazione della ripresa della capacità lavorativa dopo tonsilliti e malattie respiratorie acute; Aleksa11drov N.M., .Mamonov /l.G., Nesme-yanov A.A.: Nuovo metodo di riduzione delle fratture dell'osso e dell'arco zigomatico per via intraorale; Rybak V.5.: Esperienze nel trattamento del prognatismo della mandibola mediante osteotomia a scivolamento graduale; Kryukov t.A.: Mecodo radiologico per determinare il volume della cistifellea; Kolttpa,v G.P., Kiritnikov K.l., Korneev N. V., ì'akovlev V.A., Logtmov O. V.: Lo stato dell'apparato cardio-vascolare nell'intossicazione alcoo l ica cronica; Primak A.A., Vigdorchik V.I.: Il problema dell'uso dell'ossigenatore nel trattamento dell'insufficienza respiratoria; Popov S.D., Gtaevich K. Ya.: I sostituti del sangue nelle emorragie e nello shock; Markelov L\I Analisi clinica dei risultati degli esami di laboratorio.

U .S.A.

MILITARYMEDICINE(V.151,n. l, 1986): Cappucci D. T., Beatrice M. G., Aukward M.E. e Coll.: Fattori preminenti in tema di rabbia, comprese le epidemie tra i procioni negli Stati medio-atlantici; Solomo11 S., Oppenheimer B., Noy 5.: Riadattamento militare dei colpiti da reazione da stress al combattimento - Uno studio a distanza di 9 anni; Solomon Z., Oppenheimer B.: Variazioni del con testo sociale e reazione da stress - Lezioni dalla Guerra del Yom-Kippur del 1973; Yoshida G. U., Yim D. W'.5.: Trattamento del carcinoma della laringe, 1972 - 1983; KitchensS.C.: Gli emofilici nelle Forze Armate; \Vitaker G.K., Lee R.B., Benson W',L: il carcinoma dell'endometrio in donne di giovane età; Ramirez Jr., Walker M.D., B!att E. e Coli: L'artrotomografia: una tecnica indicata per la valutazione della formazione di corpi liberi e ndoarticolarì; Inoshita T.: Un caso di insufficienza renale acuta in un paziente affetto da polimiosite; Grif

fin f.1\/., Nespcca }.A.: I traumi max ilio-facciali nei miliatari (un costoso bilancio); Baker MS., \Ville M., Goldman f1 Coll.: Un sarcoma di Kaposi metastatico manifestatosi come un'appendicite acuta; ]anowsky D.5., Risch 5.C., Kennedy B. e Coli.: Effetti acuti della Fisostigmina e dell.1 Ne< stigmina nell'uomo; Kaminsky l--J.f-1.: Lo shock cossico ed una ferita da arma da fuoco; Cabellon S., Caines T.G., Monsfra1 5 ].]. e Col/.: Aneurismi micotici dell'arteria brachiale come complicazione del cateterismo cardiaco; Posner S. [i.: Immobilizzazione di emergenza nei traumi odonto-alveolari: una tecnica pratica; Pam1et A.].: Prosciughiamo quella palude:!

MILITARY MEDICINE (VOL. 151, n. 2 1986 )

Knudmo G.B.: Il tranamento dell'antrace nell'uomo: dati storici e concetti attuali; Henrichs V.D., Helwig E.B : Gr· nulomi da lubrificante delle armi; ]ensen R. G.: EHetto tk I fumo di sigarette sull'esecuzione di un test Ji prontezza fi sica in personale effettivo al Dipartimento Medico dell'l:. sercito; Halvorson ].A., Cahoon D. D., Sappington ]. T.: An sia dei pazienti all'atto del ricovero e durata della penm nenza in ospedale; Kentsmith D.K.: Principi di psichiatna del campo di battaglia; Pohlmann G.P., Reynolds N.C., Zim men11a11 R.C. Jr.: Addestramento del personale medico di ri serva nell'assistenza ai feriti in combattimento: un esempio Ji collaborazione militare-civile; Cain R.L., Schwartz R.R Abbiamo veramente bisogno del pronto soccorso a sè stessi cd ai commilitoni? Ptaicin M., Bamrah V Sebastiatt ].: Tecniche non-invasive per la diagnosi di cardiomiopatia amiloi de in pazienti anziani; Barrett T.L., Downey E.F., Garvin Jr. D.F.: Una bizzarra reazione cellulare mononucleare nel liquido celebro-spinale a seguilo di una mielografia; \Vetstci,1 L., Barnhart G.R., Goldman M.ll.: 11 trapianto di cuore al Centro Medico dell'Amministrazione dei Veterani «I Iunter Holmes Mc. Guire»; Falls W.F., Stacy Jr. W.K.: Indagine prognostica sulla funzione renale di pazienti con lesioni dal midollo spinale e bacilluria persistente; Moussalli C., Adler R.A.: Disfunzione ipotalamica a seguito di ferita da arma da punta nella regione sopraorbitaria snx.; Wilkin J.K.: Arrossamento cutaneo da privazione di caffeina: resoconto di una caso d i «Rossore di fine-settimana»; Macher A.M., Connor D. ll., Sado/sk)• M.: Aids - serie «Casi per la diagnosi» di Military Medicine J986; Fiscina S.: Correlazioni medicolegali: introduzione; gangrena vascolare a seguito di iniezione endo-arteriosa.

MILITARY MEDICINE (Voi. 151 n. 3, 1986): Yotmg A.]., Hoyt R.F. Jr., ]aeger ].].: L'esposizione ad uno scoppio aereo di breve durata non aumenta la permeabilità microvascolare polmonare; Ba/son P.M., Matming D. T., Houard N.S.: Studio psicofisiologico dello stress in popolazioni militari; Fisher I I.L.: Evacuazione di emergenza del Centro Medico «Denver» dell'Amministrazione dei Veterani; Mc. Caugheu B. G.: Sintomatologia psicologica di un incidente navale di gravi proporzioni negli U.S.; Hughes J.S., Eckenoff R.G.: Sin-

368

drome da decompressione del midollo spinale dopo la decompressione aerea standard della Marina U.S.; Za/oga G.P., Cook D., Finto11 C.: Ipertiroidismo a seguito di stress chirurgico in pazie n ti precedentemente eutiroidci; Croake J. W., Lyon R.S., Myers K.M.: Sistemazione coniugale e personalità nei sottufficiali dell'Aviazione, di carriera e di complemento; Go/den B.]., Crudo D.F., Bass ].: Il tetano neonatale: resoconto cli un caso e rassegna della terapia moderna; Larsen R. F.: Rimozione endoscopica di corpo estraneo dal]' albe-

ro tracheo-bronchiale: una nuova tecnica; Turner R.J., Day P.L.: Torsione cli cisci dermoide infetta con concomitante gravidanza ectopica; \Y/eirm R., Segapelr ].H., Tremper L.J.: La terapia sedativa nelle procedure pediatriche; flawkimm M.R., Cook A.]., Major ].E.: Valutazione del programma di controllo del peso presso un Eme dell'Esercito U.S.; Macher A.M., De Vinatea M.L. , Nelson A.Af.: Aids - Serie «Caso per diagnosi»; Fisci11a 5.: Correlazione medico-legale • Il soffio cardiaco nell'infanzia.

LA PENNA A ZONZO

BRANDELLI Dl RICORDI ROMANI

Testaccio: l'antico Mons Tescaceus, fano di cocci, simbol o · una volta tanto • di costrm1ione anziché di rovina.

Un giro alla scoperca di Roma. Casuale, ma naturalmence a piedi (altrimenti non è un giro e non è alla scoperta di nulla, è solo un essere sparati da un punto ad un altro per risparmiare il tempo).

Dicevo alla scoperta, soprarrutto, perché parlo di zone della città molto lontane sia come collocazione sia come anzianità di costruzione - e quindi storia• dal quartiere nel quale risiedo. E tuttavia non solo scoperta «ex novo», ma anche riscoperta, non tanto per aver qualche altra vo lta attraversato quelle zone durante la mia abbastanza lunga vita, quanto

per averne piu volte sentito parlare dai miei Vecchi, che vi avevano abitato nella loro giovenru.

Ed ecco il punto cruciale della risonanza che quelle vie e quelle piazze susciLano in mc: il non poter dire: «Sai? stamane sono passato per la via tale, ricordi?». Perché non c'è pi11 nessuno a cui dirlo.

E allora questa mia voglia di ricordare, di spaziare nel passato lontano, sbatte contro una parete invalicabile, come fanno quelle farfalle prigioniere che cercano d'uscire da un locale chiuso in cui sono capitate e picchiano invano col fragile corpo contro il vetro d'una finestra: prigioniere inconsapevoli ed eroiche del loro do loroso perseverare.

c. DE SANTI$

369

CONGRESSI

XVII SYMPOSIUM DEL COLLEGIUMBIOLOGICUM

EUROPA: LA MADDALENA - SASSARI - 5 - 6 - 7 SE TTEMBRE 1986

All'importante convegno hanno partecipato, in qualità di membri del Comitato d'Onore, il Capo dei Servizi Sanitari dell'Esercito Tcn. Gen. mc. Guido CUCCINlELLO e il Capo dei Servizi Sanitari della Sardegna Magg. Gen. me. Giuseppe CANU.

Era presente anche il Ten. Col.me. Michele ANACLERIO caporeparto della Medicina Ufficiali dell'Ospedale Militare «CELIO» di Roma, nonché un folto gruppo di Ufficiali medici della Marina.

Durante il Convegno particolarmente interessanti sonorisultati i lavori sulla patologia allergo.logica del Prof. Lino BUSIN CO, Presidente del Convegno, del Prof. BAClGALUPPI, dell'Università di Buenos Aires, che ha tranaco temi di Immunologia, del Prof. PAOLINI dell'Università «LA SAPIENZA» di Roma che ha parlato di terapia chirurgica, nonché quello del Prof. MAY dell'Università di Varsavia che si è occupato di patologia respiratoria; ottima la selezione delle relazioni e l'organizzazione del Convegno curata dal Prof. Romeo MILAN I.

la GIORNATA OFTALMICA SU «LE UVEITI: ASPETTI CLINICI, DIAGNOSTICI E MEDICOLEGALI: PADOVA, 11 OTTOBRE 1986

Organizzato dall'Ospedale Militare di Padova e dagli Istituti di Clinica Oculistica e di Medicina Legale e delle Assicurazioni dell'Università degli Studi di Padova, si è svolto nell'Aula Convegni dell'Ospedale Militare.

Relatori: Prof F. Moro: Direttore della Clinica Oculistica dell'Università di Padova; Prof A.G. Secchi: Professore Associato alla Clinica Oculistica dell'Università di Padova; Dott. D. Rodriguez: Ricercatore nelJ'lstituto di Medicina Legale e delle Assicurazioni dell'Università di Padova.

PROGRAMMA

Prof F. Moro: «Le uveiti: aspetti clinici generali»; Prof A. G. Secchi: «Diagnosi differenziale delle entità uveitiche piu comuni»;

Dott. D. Rodriguez: «Aspetti di interesse medico-legale nelle uveiti: idoneità, causalità di servizio e responsabilità professionale».

SYMPOSIUM INTERNAZIONALE SU <,DALL'UOMO AL GENE, DAL GENE ALL'UOMO» - FIRENZEPALAZZO DEl CONGRESSI - 1-4 NOVEMBRE 1986

Organizzato dal Dipartimento di Pediatria, Servizio di Generica Umana, dell'Università di Firenze, il Symposium è stato dedicato ai giovan i Ricercatori d'Europa che sono venuti in delegazioni ufficiali dai diversi Paesi europei insie me a Studiosi di tutto il mondo ed ha costituito una delle manifestazioni «ufficiafo> della Università di Firenze, in occasione di Firenze Capitale della Cultura Europea, anno 1986

PROGRAMMA

Sabato, 1 Novembre

CERIMONIA DI APERTURA a Palazzo Vecchio

].D. Watson (USA): discorso inaugurale.

CONFERENZE PLENARIE

Presidence: A. Ga/jaard;

H. Galjaard (Olanda): Sviluppo scientifico e tecnologico in relazione agli aspetti sociali, culturali e religiosi nelle diverse società;

D.]. Ga/ton (Inghilterra): Applicazione delfa «Nuova Genetica» alla diagnosi e alla prevenzione delle malattie nell'uomo, particolarmente delle comuni malattie metaboliche;

M. Pembrey (Inghilterra): Influenza di un servizio di analisi del DNA sulla consulenza genetica e sulla diagnosi prenacale; vantaggi e problemi;

K. Berg (Norvegia): Variazioni del DNA nei loci di apolipoproteine: importanza nella malattia aterosclerotica; (fattori genetici di rischio per la malattia coronarica;

A. Falaschi (Italia): Problemi e prospettive nella rerapia dei Geni.

Domenica 2 Novembre . CONFERENZE PLENARIE

Presidente: P. Po/ani (Inghilterra)

P. Po/ani (Inghilterra): L'evoluzione della genetica umana e medica e la «Nuova genetica» dell'uomo;

M. Jeanpierre (Francia): L'analisi del DNA e la ricerca clinica per alcune malattie legate al cromosoma X come la Distrofia Muscolare di Duchenne;

NOTIZIARIO
370

F. Giannelli (Inghilterra): Progressi nella biologia molecolare della coagulazione:: e loro implicazioni pratiche;

A. Cao (Italia): Diagnosi prenatale delle emoglobinopatie ereditarie mediante l'analisi del DNA;

f. Lindstcn (Svezia): Genetica del diabete.

DISCUSSIONE DI GRUPPO

SCIENZA E TECNOLOGIA PER LO SVILUPPO DELLA VITA.

Presidente: E. Cittadini (Italia).

P. Devroey (Belgio); Oocita e donazione di embrione;

P. Steptoc (Inghilterra): Inseminazione artificiale e ferrilizzazione <<in virro•>;

A. Van Sterteghem (Belgio): Crio-conservazione dell'embrione umano;

E. Cittadini (Italia): Luci ed ombre nelle concezioni indolle: l'esperienza italiana.

TECNOLOGIA DELLA «NUOVA GENETICA» - APPLICAZIONI ALLA DIAGNOSI E PREVENZIONE DEI DIFETTI DI NASCITA NELL'UOi\10

Presidente: B. \'(/ainwri (Inghilterra).

H.B. Iladonz (Germania Federale): Le teorie patogeneticht: della fibrosi cistica, l'altera;donc metabolica recessiva piu frequente nell'uomo;

B. W'ainwright (Inghilterra): La diagnosi precoce della fibrosi cisti;

A. Ballabio (Italia): La solfatasi steroidea nell'uomo: isolamento del cDNA ed elaborazione delle mappe;

K. Berg (Norvegia): Genetica dell'atassia ereditaria.

Luncdi 3 Novembre

CONFERENZE PLENARIE

Presidente: M. Fraccaro (Italia)

M. Fraccaro (Italia): Trenta anni di citogenetica umana;

A. Dc La Chapclle (Finlandia): Genetica della determinazione del sesso nel'uomo;

J. Nie/sen (Danimarca): I mporcanza della diagnosi precoce di bambini con anormalità del cromosoma del sc::sso;

J.F. Mattei (Francia): Ritardo mentale e punto debole dell'X. Diagnosi e consulenza genetica;

.\1. G.]. ]ahoda (Olanda): Quindici anni di esperienza nella diagnosi prenatale - Tecnica e problemi umani - Orientamento degli ostetrici;

M.G. Afatter (Francia): Ibridizzazione in situ: dal cromosoma al gene.

l\lartedi 4 Novembre

CONFERENZE PLENARIE

Presidente: A. Miltmsky (U.S A.)

A. Milunsky (U.S.A.): La genetica e la legge: una prospettiva in via di sviluppo;

] Rube//in-Devichi (Francia): Bioetica e Legge di fronte alle nuove tecniche della procreazione;

R. Goodman (Israele): «Nuova genetica», bioetica e moralità. Punto di vista del genetista;

I::. Barolo (Italia): Valutazione psicoanalilica dell'inseminazione artificiale e della consulenza genetica.

DISCUSSIONI DI GRUPPO

«NUOVA GENETICA», BIOETICA [ MORALITA

Presidente: R.TI. M11ookin (U.S.A.)

] Rube//i11 -Devichi (Francia): Genetica, procreazione e legge;

A. Milrmsky (U .S.A. ): La genetica e il feto;

M G.]. Jahoda (Olanda): Diagnosi prenarnle: responsabilità professionali e sostegno morale alle famiglie;

F. Mantovani (Tralia): Aspetti legali della «Nuova genetica».

DIAGNOSI, CONTROLLO E PREVENZIONE DEI DlFETTT Dl NASCITA

Presidente: R.AI. Goodman (Israele)

]. F. Matte i (Fra ncia): Studi ci togenerici: dalla ricerca ali' applicazione in medicina preventiva;

I-I. Galjaard (Olanda): Prescazione dei servizi di genetica;

R.A1. Goodman (Israele): L'insegnamento della genetica medica agli studenti in medicina ed al personale di famiglia;

G. Del Porlo (lralia): Consulenza genetica nei difetti di nascita: progresso ed evoluzione;

E.O. Nightingale (U.S.A.): Contributo delle valutazioni tecniche, dell 'ana lisi costo-efficacia e dell'analisi della decisione per elaborare una deliberazione etica nella dia gnosi prenatale dei difetti di nascita; un caso ad esempio: le diagnosi dei difetti del tubo neurale.

371

RIUNIONI DI LABORATORIO

• l difetti Ji nascita: diagnosi clinica;

• Sindromi cromosomiche;

- Genetica clinica cd analisi diretta del ON.A.;

• Inseminazione anificiale: aspetti tecnici e legali;

- Lo status giuridico dell'embrione;

- «Dirini» del bambino «anorm.lle»; «diritti» della famiglia del bambino «anormale»;

• I difetti di nascita: registrazione e computcrizzazione <lei dati. • Epidemiologia • ConfidcnzialiLà;

- Diagnosi, controllo e prevenzione dei difeni di nascita: il ruolo delle Associazioni di famiglia.

Alle riunioni cli laboratorio hanno partecipato, oltre agli oraLOri delle conferenze plenarie e delle riunioni di gruppt), anche nemerosi altri scienziati.

Si sono infine svolte numerose riunioni minori, dcrre «sessioni poster», cht: hanno fornito una ulteriore possibilità di scambio e di discussione di idee.

EMERGENCTA 86 - .3° CONGRESSO

INTERNAZIONALE SULLA PROTEZIONE ED

I SOCCORSI 11\J CASO Dl CATASTROFEBARCELLONA, 5-8 NOVEMBRE 1986

Si è svolto al Palazzo dei Congressi della Fiera di Barcellona, sotto la presidenza onoraria di S.M. il ReJuan Carlos, organizzaLO da un Comitato del quale facevano parte rappresentanti delle Nazioni Unite, della Croce Rossa Internazionale, del Ministero Spagnolo deU'lnterno (Direzione Generale Protezione Civile) e della Municipalità di Barcellona. l lanno partecipato come invitate numerose Organizzazioni Internazionali:

UNICEF, Organizzazione Mondiale deUa Sanità, Cari ras lncernationalis, Comitato Internazionale della Croce Rossa ed altre.

PROGRAMMA SCIENTIFICO

Argomento Generale:

L'acqua ed i suoi pericoli - inondazioni, tempeste (uragani, tifoni, maremoti, ccc. ecc.), naufragi.

ARGOMENTI DI DISCUSSIONE

1. Studio, prevenzione e gestione delle catastrofi;

2. Salvataggio, sgombero e trasmissioni;

3. Effetti delle catastrofi sulla Sanità;

-4. Azioni di soccorso in caso di catastrofi.

PROGRAMMA GIORNALIERO

Mercoledi, 5 Novembre 1986

A. figuemelo Almazan: Direttore Generale della Protezio-

ne Civile del Ministero ddl'lmerno Spagnolo: Introduz1 0 ne degli argomenti di discussione.

Moderatore: Milan M. Bodi.

,\f'Hamed F.ssaa/1. Studio, prevenzione e gestione <lclk· catastrofi;

Cric r:. Alley: Sah atag~io, sgomb<!ro e trasmissioni.

Rémi Rtmb,rcb: ElfeLLi delle catastrofi sulla Saniti1;

S. \V A. Gmm: Azione di soccorso in caso di catastrofi .

Giovedf, 6 Novembre 1986

Sedute simultanee delle Commissioni Tecniche.

COMMISSIONE Nr. 1: Studio, prcvcnziom:: e gestione delle catastrofi.

j.A. Lawen ed C Ruiz del Arba/: Pianificazione dell<: urgenze;

E. Elizaga e].). D11ran: Elaborazione delle carte dei rischi per la prevenzione delle inondazioni;

L. Berga Casa/on: Esposizione dd piano «Sistema Automa tico di Informazione Idrologica,>.

COMMISSIONE Nr. 3: Effetti delle catastrofi sulla Saniti1

j.Af. Varo Le6n: Aspetti della Sanità pubblica;

V. Conde Rodelgu: Aspetti medici, assistenziali ed ospedalieri .

Venerdì, 7 Novembre 1986

COMMISSIONE Nr. 2: Salvataggio, sgombero c trasmissioni.

].A. Moreno Penuindez: Utilizzazione ottimale integrata dei trasporti e delle loro infrastrutture in casi di sgombero e Ji emergenze;

A.M. Hip6/ito e f. de Castro: Le telecomunicazioni nella Pro tezione Civile - installazione ed operatività.

COMMISSIONE Nr. 4: Azioni di soccorso 10 casi di catastrofi.

A.I!. Lorenzo: Esperienze recenti in azioni di soccorso: Messico e Columbia;

E. I lormaechca Caz6n: Azioni di soccorso.

Sabato 8 Novembre 1986

SEDUTA PLENARIA DI CHIUSURA

- Esercitazione simulata di salvata?.?,io nel porto di Barcellona, organizzato dal Se1vi:ào A11tiincendi e salvatag;,i, in collaborazione con la Polizia Municipale di Barcellona

372

93 ° CONGRESSO DEI MEDICI -CHIRURGHI

AMERICANI. SAN ANTONIO (T EXAS) , U.S.A.

2- 7 NOVEMBRE 1986

Si è svolto dal 2 al 7 novembre 1986 a San Antonio (Texas) - U.S.A .

In rappresentanza della Sanità Militare Italiana hanno partecipato il Direttore Generale della Sanità Militare, Ten. Gen.me . Prof. Elvio Melorio ed i Capì dei Corpi di Sanità dell'Esercito, Ten. Gen.me. Guido Cucciniello, della Marina; Amm. M. D. Agostino Di Donna e dell' Aereonautica, Ten . Gen. C.S .A . : Pietro Paolo Castagliuol o.

Tema del Convegno è stato «Il Pronto Intervento Medico in Pace e in Guerra - Terror ismo»

P ROGRA M MA

Lunedi 3/11/ 1986:

L a minaccia medica del terrorismo relatore: RADM ]ames O . Mason, U SPHS moderatore: Col. Larry Ehemann, USAF

Aspetti sociali, fisiologici , psicologici del terrore relatore: Col I-iarry C. Holloway , MC USA

Risposta medica aJ terrorismo membri del dibatti to: LCT DAM L. Locker - USAF MC -

Col. John S. Park er USAF MC Col. Charlton G. Savory MSC USN LT R i chard Cocrane. MSC USN.

Martedi 4/11/1986:

Sopravvivenza degli ostaggi relatori : LCDR Doup.,ltls S. Derrer • MSC USN Mr Thomas Strentz

Adattamen to dopo la libertlzione della cattura relatore: Ctlp Richard H. Rahe · MC USN Ret moderatore: Col. Bryant D. Mauk • USAF MC

IJ med ico nello spazio relatore: William E. Thomton • M.D.

Calamità nazi onal i • Sistemi Sanitari • Loro ruolo membri del dibattito - Thomas P. Reutershan • Lewis E. Mahoney Antony !lardi - Col Annie R Spurlin · USAF NC.

Mercoledì 5/11/1986:

Conseguenze cliniche della contaminazione interna negli incidenti nucleari relatore: LTC ASAF Durakovic - MC USA

NOTIZIE TECNICO-SCI ENTIFICH E
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Impiego di un «Ospedale da Campo» pianificato per disastri con grande quantità di feriti/malati

relatori: CPT fohn E. Prescott - MC USA - MA] \'illiam H. D;cc - MC USA

Assistenza dei computer e dei sistemi video per le zone di intervento medico

relatore: 1-ranck]. Toth - PhD

La patologia psicologica sul campo di battaglia nucleare

relatore: Samuel B!ak - MD

Strutture e parametri clinici di una esercitazione medica per il sistema medico nazionale dei disastri

relatori: CDR Thomas [lolohan • MD - CDR Mare BabitzMD - Capi. Ken Moritsugu - MD

L'utilizzazione cli sangue congelato prodono per il supporto dei ferici in combattimento

rclaLOre: CDR W. Patrik Monaghan - MSC USN

moderatore: Capi Ken Moritmgo - MD

Lo spemo che in combe sull a terra nel J986 - L infezione da llTLV-lII»

relatore: MA] Robert Redficl.d - MC USA.

Reale emergenza medica, in condizioni di elevata temperawra, durante l'addestramemo di mili tari per una guerra chimica simubta

rcl.nori: B,1rbara J Carter - M. Cammem1ejer

U11 pmgramma modello per;/ benessere fisico e la prevenzione degli incidenti

Relatori CDR Keit E. Varvc/ - LCDR Karcn Bachman-Carter

Ricostruzione di difetti a tuno spessore della parete gastrica

relatore: CDR Gle1111 R. Caldwcll - MD

Strategia per la produzione di un migliore costo/beneficio nell'attenta distribuzione san itaria , centri di emergenza permanenti: costo/beneficio.

relatore: CDR ]anice S. Nolan.

REGIONE MILITARE DELLA SARDEGNA

COMANDO DEI SERVIZI SANITARI

Capo dei Servizi Sani Lari: M::igg. Gen.me G. Canu

2° CONGRESSO INTERNAZLONALE SU L'«AIDS,>

Cagliari 16-17 e 18 maggio 1986

Nei giorni 16-17 e 18 maggio 1986 si è tenu co a Cagliari (c/o Forre Village), il 2° Congresso Internazionale su l'«A.I.D.S.»

Nel Comitato d'Onore il Ten. Gen.me Guido Cucciniello - Capo dei Servizi Sanicari dell'Esercito - che ha se-

guito i lavori del Congresso assieme ad una folta rappresentanza della Sanità Militare invitata dagli organizzaLori: il ( apo dei Servizi e Direttore di Sanità della Regione l\.lilita l" della Sardegna Col.me Giuseppe Canu, il Direttore dcli'< J spedale Militare di Roma Col.me Mario di Martino, il O rettore dell'Ospedale Militare di Cagliari Col.me Ignazio Sai ta e numerosi altri Ufficiali medici dell'Esercito 1 del!'Aeronautica.

J lavori iniziali con relazioni di J.J. Goedert (U.S.J\ - F. Aiuti {Italia) - F. Pocchiari (!calia) sulla epidcmiolop, dell'A.I.D.S. sono proseguiti il primo giorno con le «letture» del lavoro di R. Gallo «Origini e patogenesi dcli' A.I.D.S.».

TI pomeriggio è staro dedicato alla «Immunologia e v1 rologia dell'A.I.D.S.» con relazioni di L. Moretta - S. Kol· nig - S. Romagnani - P. Rubinstein - G.B. Rossi e [ Dianzani.

La seconda giornata è stata dedicata alla «Clinica e Trapia dell'A.I.D.S.» con relazioni diJ.C. Chermann M. Muroni • C. Uberti Poppa - A. Castagna - L. Businco e i\ Vierucci.

La terza giornaLa è stata dedicata agli «Apelti Soci,1li dell'A.l.D.S.» con relazioni di G.S. Del Giacco - G. Scai no e F. Angiolu.

INCONTRI DI REUMATOLOGIA E MEDICINA DELLO SPORT

Cagliari 24-28 Ottobre 1986

Nei giorni 2--1-26 ottobre si sono svolti a Cagliari gli «Incontri di Reumatologia e Medicina dello Sport» del cui Co mirato d'onore facevano parte il Generale C.A. Costantino Berlenghi, Comandante Militare della Regione Militare Sar degna, il Ten. Gen.me Guido Cucciniello, Capo del Servizio Sanitario dell'Esercito, il Magg. Gen. me. Giuseppe Ca nu, Capo dei Servizi Sanitari della Regione Militare Sardegna, il Col.mc Ignazio Satta, Direttore dell'Ospedale Mili tare di Cagliari, e numerose altre autorità.

Numerose ed interessanti per l'alto livello scientifico sono state le comunicazioni dei vari relatori; il Col.me. Sarta ha parlaco su «L'attività sportiva in ambito militare (sindrome da fatica)».

Il Prof. Ugo Carcassi - Direttore della 2a Cattedra di Reumatologica dell'Università «La Sapienza» - Roma, ha svolto una interessante relazione sul tema: «Malattie Reumatiche e Sanità Militare - Problemi attuali».

Il Prof. Carcassi nella sua relazione ha in via preliminare fatto rilevare come, contrariamente all'impressione che un osservatore superficiale potrebbe ricavare dalla lettura del titolo della relazione, esistono concreti rapporti che coinvolgono la Sanità Militare nell o studio e nella prevenzione secondaria delle Malattie Reumatiche. Egli ha anche sottolineato come i vari servizi della Sanità Militare rappresentino

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un sistema di filtro e di osservazione clinico-epidemiologica d i notevole consistenza fino ad ora probabil mente non del t u tto utilizzaco al massi mo possibile re n dimento. Vanno ovviamente tenute ne l debito conto le carenze di personale medico e paramedico e di attrezzature adeguate che possono rendere non agevole un i mpegno massivo nel senso sopra accen n ato.

Una prima considerazione fatta dal relacore riguarda la nuova classificazione delle Malattie Reumatiche di recente elaborata dal Consiglio Direttivo della Società Italiana di Reumatologia. Secon do questa aggiornatissima classificazione le malat tie «Reumatiche» sono talmente numerose da richieder e la suddivisione in 11 gruppi principali, comprendenrt i ognu no decine d i forme morbose. Tale abbondante patologia che tra l'altro implica un notevole costo economico e sociale non può non ripercuotersi anche sulla Sanjtà Militare per quanto attiene all'idoneità al servizio e per quanto riguard a le pratiche pensionistiche.

Ne ll a relazione viene fatto rifer i mento alla d istribuzione d ell e forme reumatiche per tipo di affezione.

L

' artrosi costituisce il 63,5% del totale di casi di mala ttie reumatiche; i reumatismi fibrositici il 12,7%; l'Artrite Reumatoide il 6,3% etc...

Le spese stimate in Italia per cost i diversi dell'anno 1982 per le malattie reumatiche hanno raggiunto i 2mila mil iardi e 508 milio n i , dei quali circa mille miliardi per pensioni di invalidi t à, circa 227 miliardi per l'indennità di malattia, circa 729 miliard i per ricoveri ospedalieri, circa 13 7 miliardi per farmaci vai e circa 22 miliari per trattamenti termali.

Quando però il costo globale viene raffrontato al costo medio per caso si rileva che i costi maggiori riguardano la Spon dili te Anchilosante e l'Artrite Reumatoide, affezioni lentamente inval idanti ma non mo r tali

L'entità della spesa non può non richiamare l'attenzione delle au torità mediche operanti nei settori san itar i di rilevanza nazionale.

È certamenre significativo per il relatore il fatto che le miglior at e tecn ich e diagnost iche consenrano d i i ndividuar e i soggetti affetti da i mportanti e pote n zialmente invalidanti malattie reumatiche in fase relativamente precoce. Dato, questo, tanto piu significativo se si considera che la febbre reumatica acu ta e la conseguente temib ile valvulopa tia reumatica hanno cessato di esiste re come momento patogenetico di cardiopatie dei giovani adul ti. Al suo posto vanno invece emergendo le artriti giovanili, la Spondilite Anchilosante ed il Lupus Eritematoso Sistemico, forme queste che possono tutte interessare le classi di età coi nvolgibili nel servizio militare.

U poter indi viduare tempestivamen t e q ueste forme, oltre ad el iminare el emen t i di turbat iva nella selezione dei giovan i piu idonei all' i ncondi ziona co servizio militare, rappresente rebbe anche un t i to lo d i meri to verso la socie t à i t aliana per aver reso possibile u n a diag n osi precoce in giovan i che probabilmente non sa rebbero stati per altr i motivi sottoposti a v isita medica d i contro ll o.

Per quanto riguarda invece l'attribuzione di pensioni per cause di servizio, i <lati raccolti (Prof. Pergignano) sembrano indicare la grande prevalenza delle malattie reumatiche ed in particolare delle forme artrosiche.

Quindi anche sotto questo profilo appare non solo legittimo ma anche auspicabile un direrto e mirato interesse della Sanità Militare per questa patologia che presenta cosf notevole ri levanza per il contesto sociale italiano.

La relazione si è chiusa con l'auspicio che a questo primo incontro altri ne seguano con contributi provenienti direttamente dai servizi dei vari corpi in modo da raccogliere lutti gli elementi ut ili per una analisi completa ed attendibile.

OSPEDALE MILTT ARE DI UDINE

Direttore: Col. me E. RrccTARDELLI

In occasione del XVII incontro dcli' Associazione Naziona le Medici Card iologi Ospedalieri, tenutosi a Milano dal 23 al 27 aprile 1986 , è stata presentata la seguenre comunicazione scientifica:

«EPIDEMIOLOGIA DELL'IPERTENSIONE IN UNA POPOLAZIONE GIOVANILE,>.

D. Varuzzo, L. Pilotto; R. Aschettino, E. Petri, F. Gangi, E. Ricciardelli, G.A. Feruglio

Centro per le Malattie Cardiovascolari, Ospedale Civile e Ospedale Militare Udine.

Allo scopo di raccogliere utili informazioni epidemiologiche sull'ipertensione arter iosa (lA) nella popolazione giovanile in Fri uli Venezia G i ulia, sono stati esaminati 4.020 masch i, diciottenn i, al momento della visita di leva presso il Distretto Militare di Ud ine; essi rappresentavano il 95% dei diciottenni res identi in Regione. Sono sta t e effettua[e due misurazioni pressor ie a distanza d i 5 ', al braccio destro, in posizione seduta; per i calcoli è stata Lttilizzata la media delle d u e r ilevazioni. I valo r i medi della pressione arteriosa sistol ica (PAS) erano di 135.5 :+::. 15.6 e della pressione arteriosa distolica (PAD) 79.2 :+::. 11. 2.

La prevalenza dj IA (PAS <, 160 e/o PAD <, 95mmHg) era il 10.4%, la prevalenza di lA sis tolica (PAS <, 160 e PAD>, 95) il 5 8%, la prevalenza d i IA distolica (PAD<, 95 e PAS> 160) il 3%, la preval enza di IA sistodiastolica (PAS <, 160 e PAD <, 95) l' 1.6%. La PAS è risultata posit ivamente correlata (p < 0.001) con il consumo di alcool e il J3MI, la PAS e la PAD invece negativamente correlate con il numero di siga rette fumate. Questa esperienza dimostra che già a 18 an ni il problema dell'IA è rilevante, anche se tenulo p resente iJ partico lare momento in cui è stata effettuata la r ilevazione; la visi ra di leva comunque, con un carico di lavoro poco oneroso (accurato rilievo dei dati anamnestici e dei l avori pressori ), può consent ire u n a buona occasione di p revenzione.

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AVVIATO

DAL DIPARTIMENTO DI PSICOLOGIA

UNO STUDIO SUI PROBLEMI PSICOLOGICI DEI

SOGGETTI AFFETTI DA AIDS (Da <<L'Informatore Medico Sociale - A. IX, n. 181 - Roma 1-15 ottobre 1986)

L 'Istituto Italiano di Medicina Sociale collaborerà allo studio sul vissuto piscologico dei soggetti affetti dalla sindrome da immunodeficienza acquisita, avviato dal DipartimenLo di Psicologia in collaborazione con la Cattedra di Allergologia e Immunologia dell'Università di Roma «La Sapienza».

L'iniziativa volta alla ricerca mirata sulla drammatica condizione esistenziale di questi ammalati, oltre che all'individuazione di strumenti psicologici di sostegno, nasce da alcune considerazioni relative ai risvolti emotivi del fenomeno. Senza voler dar credito a voci catastrofiche sulla diffu. sione dell'AIDS, è tuttavia innegabile una preoccupante crescita del fenomeno se è vero che nel giugno 1985 si calcolavano negli Stati Uniti già circa 10.000 casi e nel Nord Europa oltre 700. Al di là di queste cifre, tuttavia, l'origine di reazioni spesso esasperatamente emotive al diffondersi della sindrome va ricercata nel legame - non eslcusivo tra l'altro - che intercorre tra la malattia e talune pratiche sessuali, in particolare omesessuali, legame che certamente ha contribuito ad accrescere la connotazione di malattia vergognosa e ripugnante. A ciò vanno aggiunte da un lato l'impotenza terapeutica che caratterizza lo stato attuale della ricerca, dall'altro il lento degrado fisico e psichico che il decorso della malattia comporta.

Nonostante questi aspetti il gran numero di studi fioriti sul problema AIDS ha, fino ad ora, quasi del tutto ignorato gli aspetti umani e psicologici legati allo sviluppo di questa patologia.

Lo studio avviato dal dipartimento di psicologia e dall 'Università «La Sapienza» intende contribuire a colmare tale lacuna, accentrando la propria attenzione su quel coroll ario di angosce connesse all'emarginazione sociale, alla solitudine, alla perdita di lavoro ed al progressivo ed inelutta bile disfacimento fisico.

5° CORSO NAZIONALE DI AGGIORNAMENTO

SULLA RADIODIAGNOSTICA DELLO SCHELETROBologna, 7-8-9 maggio 1987

Patrocinato dalla Sezione di Radiologia Scheletrica della SIRMN (Società Italiana di Radiologia Medica e Medicina Nucleare), si terrà nei giorni 7-8-9- maggio 1987 a Bologna presso l'Istituto Ortopedico Rizzoli.

Tema del Corso, di grande attualità, sarà «La Radiologia Scheletrica della Terza Età».

Nello spirito di pluridisciplinarietà che ha sempre animato le manifestazioni promosse dalla Sezione di Radiologia Scheletrica interverranno a questo Corso, in qualità di Docenti e Moderatori , i piu illustri cultori delle discipline interessa te (radiologi, ortopedici, reumatologi, fisiokinesiterapisti, anatomopatologi, medici nucleari , medici internisti, neurologi e laboratoristi) acciocché si abbia una visione piu ampia possibile deile problematiche discusse in un costruttivo confronto.

Per ulteriori informazioni di carattere scientifico rivolgersi al Dott. U. A lbisini - Servizio di Radiologia - Istituti Ortopedici Rizzo/i - Via Codivitla , 9 - 40136 Bologna - te/. 051/581515 int. 230.

Finito di stampare il 29 dicembre 1986

Direttore responsabile: Ten. Gen. me. Dott. GUIDO CuccINIELLO

Redattore Capo: Magg. Gen. me. Dott DOMENICO MAR.Io MONACO

Redattore: Ten. Col. me. Dott. CLAUDIO DE SANTIS

Autorizzazione del Tribunale di Roma al n. 11.687 del Registro

SLabilimento Tipolitografico Agnesotti - Roma 1986

GIORNALE DI MEDICINA MILITARE

L'ARTICOLO DEL MAESTRO

Il Prof Lorio Reale è nato a Sassari il 25 aprile 1912.

Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Cagliari nel luglio 1936.

Specializzato in Medicina del Lavoro presso l'Univmità di Roma nel 1938.

Assistente volontario, negli anni 1939 e 1940, presso la Clinica Medi ca di Cagliari.

Dal 1941 Medico Dirigente dell'I.N.A.M. a Carbonia (CA), si è attivamente occupato della patologia dei minatori, studi proseguiti successivamente a Siena fra i lavoratori delle miniere di mercurio del Monte Amiata.

Negli anni trascorsi a Siena, presso l'Istituto di Medicina del Lavoro dell'Università, ha svolto attività didattica, dedicandosi a numerose ricerche cliniche e sperimentali, soprattutto sulla patologia dei lavorato,-i.

Nel 1958 conseguiva la libera docenza in Medicina del Lavoro e nel 1964 quella in Medicina Sociale.

Nominato nel 1967 Direttme Generale Sanitario dell'INAM; dal 1977 è Presidente dell'Istituto Italiano di Medicina Sociale.

Autore di oltre 250 pubblicazioni su argomenti di Medicina del Lavoro, Medicina Sociale e L egale, sulla Rifomza Sanitaria e sull'Educazione Sanitaria.

Direttore della Rivista «Archivio dì Medicina Mutualistica» per oltre 1Oanni; dirige attualmente la Rivista «Difesa Sociale».

Ha partecipato e partecipa con relazioni a Convegni nazionali ed internazionali su temi di maggior rilievo medicosociale.

Componente per dodici anni del Consiglio Superiore di Sanità.

È Vice Presidente della Società Italiana di Medicina Sociale.

Membro titolare dell'Académie Intemationa!e de Médecine Légale et de Médecine Sociale; de!l'lntemational Society /or Research on Civilization Disease and Environment; della Fédéra t ion Intemationale d'Hygiène, Médecine Préventive et Sociale.

Quale Ufficiale Medico di complemento ha partecipato alle campagne di guenra 1940-1943 e 1943-1945, ottenendo la Croce al Merito di Guerra.

È stato insignito nel 1968 della Medaglia d'Oro al merito della Sanità Pubblica .

ANNO 136 - FASCICOLO 6 OTTOBRE - DICEMBRE 1986
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ISTITUTO ITALIANO DI MEDICINA SOCIALE

Presidente: Prof. LoRI() RE.Ai F

L'insegnare ciò che riguarda la salute, cosf regolarmente, cosf universalmente come si insegna a leggere e a scrivere, rappresenw gran parte del dovere di una nazione.

Emme! llolt

Un'oncia di prevenzione vale piu di w1a libbra di cura.

Proverbio americano

PER UNA CULTIJRA DELLA SALUTE

Pr of . Lorio Re ale

È noto che 1a legge sull'istituzione del Servizio Sanitario pone per obiettivo primario la formazione di una moderna coscienza sanitaria del cittadino, cond izione indispensabile per l'attuazione della tutela deUa salute, e !'educazione sanitaria costituisce la base per tale formazione.

L'opera di educazione sanitaria riveste, pertanto, una fondamentale importanza per una indispensabile cultura della salute dei cittadini e ne giustifica pienamente l'approfondimento e la riflessione proprio da parte della Sanità Militare che, per esperienza, competenza e responsabilità medica e sociale, è in grado di apportare un valido contributo all'attuazione e allo sviluppo dell'educazione alla salute nel nostro Paese.

In merito al significato ed al valore da attribuirsi all'educazione sanitaria, mi pare opportW10 innanzitutto tenere presente cbe nella pedagogia della salute il concetto di salute non è l'assenza di malatt i a.

Infatti la salute, pur avendo presente la definizione dell'O.M.S., cioé come stato di benessere fisico, psichico e sociale, si deve considerare come una condizione dinam ica continua delle situazioni fisiche e mentali che si sviluppano e regrediscono secondo una traiettoria molto individua le, legata ai bioritmi e ai molteplici fattori personali ed ambientali di vita.

L'educazione sanitaria non significa pertanto apprendere solo a combattere la malattia, ma apprendere a proteggersi, possibilmente eliminandoli, dagli effetti patogeni dell'amb iente e dei comportamenti umani, in una società che tende a moltiplicare i fattori aggressivi legati alle sue concentrazioni urbane e industriali e che tende a mod ificare i r i tmi biologici a causa della sua febbrile attività e delle sue tensioni relazionali.

L'educazione alla salute consiste pertanto nella presa di coscienza dei rischi e nella consapevole par t ecipazione ai relativi problemi, cioè una pedagogia con creta

in continuo sviluppo, ciò che permette di affrontare i problemi della maternità e dell'infanzia, delle attitudini scolastiche e profess ionali, delle relazioni tempo libero-lavoro, dell'invecchiamento, della morte.

Ciò richiede una strategia di in t erventi educativi da attuare nella scuola, nell'ambito familiare, nella vira militare, nell 'ambi ente di lavoro e nei rapporti individuali e sociali.

Inoltre è evidente che l'educazione sani t aria deve inserirsi in un contest o pedagogico socio-culturale, poiché si integra nei comportamenti quotidiani in cui l'uomo sviluppa la propria vita

Questa pedagogia della salute deve essere perseguita in molteplic i ambienti ed in numerose circostanze, perché lo scopo fondamentale è d i d are a ciascuno ed a tutti le necessarie conoscenze per sviluppare nel terreno socio-culturale quelle cognizioni e comportamenti corretti dal punto di vista dell a tutela e promozione deUa salute.

A questo punto è necessario considerare la situaz ione dell'attività di educazione sanitaria svolta ne l nostro Paese e le condizioni in cui si svolge l'informazione sui problemi della salute e lo stato di conoscenza e di atteggiamento della popolazione a tali problemi.

Possiamo affermare che, nonostante l'interesse fondamentale dell'educazione san itaria e anche se in questi ultimi tempi si sono andate sviluppando molte iniziative, le realizzazioni appaiono modeste, perché non coordinate, e per lo piu attuate con indirizzi dall'alto, con richiamo generico a norme igieniche e non impostate ad una piu ampia visione e partecipaz ione ai prob lemi della salute.

A questa situazione di difficoltà in cui si svolge l'attiv i tà d i educazi one sanitaria, si deve aggiungere spesso la disinformazione che si verifica da parte di non poche rubriche di giornali o di altri mezzi informativi

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che trattano temi sanitari con superficial ità o con difficoltà interpretative , che possono portare ad equivoci o malintesi, o addirittura con argomenti finalizzati ad interessi consumistici.

Queste considerazioni critiche sulla situazione in cui si trova l'educazione sanitaria nel nostro Paese oggi comportano una sollecitazione ed un impegno non solo di tutte le istituzioni pubbliche, ed in particolare della scuola, in cui è prevista nei programmi della scuola media dell'obbligo, ma anche la partecipazione di tutti gli operatori socio -sanitari.

In proposito ritengo opportuno ricordare che l'Organizzazione Mondiale della Sanità considera l'educazione sanitaria un aspetto applicativo che deve far parte di tutti i programmi riguardanti la salute, dalla prevenzion e alla cura, alla riabilitazione.

Non si tratta, quindi, di una particolare disciplina, ma di un modo di pensare, di agire, che dev e tendere a modificare il comportamento umano nei confronti della salute, sviluppandone il senso di responsabilità con una partecipazione diretta e costruttiva.

Si tratta di informare e formare non solo l'individuo, ma la famiglia e la collettività sull'importanza che la salute ha nello sviluppo sociale ed economico di una nazione.

L'educazione sanitaria si estende, pertanto, dai sani ai malati, dall'individuo alla società, e poiché all'at tuale morbosità prevalentemente cronico-degenerativa concorrono fattori comportamentali (alimentazione, fumo, ecc., o legati alla vita sociale o all'ambiente), è necessario che vi sia un'adeguata presa di coscienza diretta a prevenire o ad eliminare questi fattori morbigeni.

Perché si giunga a questa presa di coscienza, è necessario che l'opera di educazione sanitaria non sia legat a a emanazione di norme statuali, o ad un'azione esterna di propaganda molto spesso inutile, ma si svolga con una partecipazione, una gestione e collaborazione dei cittadini, ciò che richiede una capacità di saper comprendere le esigenze inviduali e sociali.

La patologia sociale moderna, nelle sue svariate manifes t azioni, non sarà mai sentita e valutata finché l'opi nione pubblica non sarà orientata e formata adeguatamente al valore e significato della salute.

La pedagogia della salute non significa, pertanto, solo apprendere a combattere la malattia, ma significa apprendere ad identificare i rischi patogeni legati ali' ambiente e ad una società che moltiplica i suoi fattor i di aggressione.

È necessaria una svolta nel sistema sanitario e nella s t essa medicina, che promuova nella società una svolta

culturale necessaria a non farla soccombere agli effetti degenerativi della civiltà industriale.

Si va pertanto facendo strada la convinzione che, tenuto conto della scarsa possibilità di interventi curativi nei confronti delle malattie della civilizzazione, la loro maggioranza sia prevenibile.

Concetto della prevenzione che ricorre concretamente nel suo significato cogente nella legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, come in tutti gli atti legislativj e normativi, nazionali e regionali che ne sono scaturiti.

Bisogna però ricordare che la prevenzione in medicina è sempre esistita: ma essa volgeva la sua attenzione alle etero aggressioni che minacciavano dall'esterno la salute dell'uomo.

Da tempi relativamente recenti è maturata la convinzione che l'uomo con la civiltà industriale abbia creato un'arma di autoaggressione alla propria salute.

E quando si è cominciato a constatare che le malattie da civiltà autoaggressiva sono inguaribili e curabili, quando lo sono, solo sintomaticamente, il nodo della prevenzione è venuto al pettine: è indispensabile fare in mcx:lo che queste malattie non si verifichino. Il problema non è soltanto nei limiti raggiunti dalla medicina, ma nella mira inusitata da dare all'arma della prevenzione che, abituata ad arginare le etero aggressioni, si trova in grande misura sconcertata di fronte all ' a u toaggressione.

È necessario, però, che sia chiaro che cosa significhi prevenzione. Spesso penso che si sia commesso l'errore di considerare la prevenzione una disciplina scientifica o tecnica, per cui si è sempre finito col vedersela sfuggire dalle mani in una miriade di campi, di dimensioni, di classificazioni: prevenzione medica e non medica; prevenzione primaria, secondaria, terziaria.

La prevenzione è una sola, ma non è una scienza né una tecnica: essa, come la guarigione, è un obiettivo che si cerca di far diventare un risultato.

Ho detto che la prevenzione è un obiettivo della medicina, come la guarigione; aggiungo che anche la guarigione e la riabilitazione (complemento della guarigione nell'area della medicina curativa) concorrono a realizzare l'obiettivo della prevenzione, la quale si può assimilare ad una catena composta da numerosi anelli: disporre un ambiente e un modo di vivere che non favoriscano la patologia; correggere la predisposizione ad ammalare; combattere la malattia dall'esordio; ricercare la guarigione pru rapida e senza danni; planare sul danno minore; riparare il danno nel modo migliore; ridurre al minimo l'invalidità; impedire l'emarginazione; ridur-

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re al minimo le conseguenze di una emarginazione verificatasi. Questo è l'obiettivo prevenzione che, in definitiva, è obiettivo salute.

Se è vera l'equazione prevenzione eguale tutela della salute e se la salute è data dal migliore benessere possibile fisico, psichico, soc iale ed etico dell'uomo integrato nel suo ambiente ecologico e culturale, occorre necessariamente per la sua attuazione un ampio concorso multidisciplinare.

Un vasto intervento di molteplici e complesse discipline presenta certamente difficoltà ad attuarsi, ma se ci si rende conto che in realtà esse sono presenti e che si tratta di coordinarle e finalizzarle alla tutela della salute, esistono le basi per la realizzazione della prevenzione.

È necessario però che il coordinameto sia frutto di una precisa metodologia, tenendo presente che non si può prevenire nulla se non si è informati esattamen-

te degli avvenimenti e senza una partecipazione dei cittadini educati a conoscere i fenomeni ed a combatterli; e non vi può essere informazione, partecipazione ed educazione senza un adeguato intervento organizzativo di tutti gli interessati al buon risultato.

Su queste basi vi sono le esperienze avanzate di prevenzione nei paesi dell'area industrializzata; mi riferisco, in particolare, ai paesi scandinavi.

Noi siamo arretrati, anche se non mancano esperienze nel nostro Paese, per cui si rende necessario, di fronte alla ben nota situazione generale di difficoltà del nostro sistema san itario e al degrado dell'ambiente ecologico e sociale, che si giunga ad un'opera di prevenzione cosciente e partecipata che possa far invertire la rotta, restituendo il sistema sociale ed economico, e sanitario in particolare, a mfaura dell'uomo e delle sue naturali esigenze di benessere, cioé della salute nel suo significato globale.

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OSPEDALE MILITARE «SANTA GIULIANA» - PERUGIA

Direttore: Col. me . G . PALMA

REPARTO MEDICINA ED INFETTNI

Capo Reparto: Cap. me. Dr V. ORCIUOLI

UN CASO DI ANEURISMA DELLA CAROTIDE COMUNE: DIAGNOSI SEMEIOLOGICA, STRUMENTALE E VALUTAZIONE MEDICO-LEGALE

INTRODUZIONE

Circolo carotideo

L'irrorazione arteriosa della testa e del collo è assicurata dalle due arterie carotidi comuni che a livello del margine superiore della cartilagine carotidea si biforcano nelle carotidi esterne e in quelle interne.

La loggia laterale del collo accoglie la carotide comune e quella interna, ed essa schematicamente è limitat a da una parete laterale formata dai process i traversi delle vertebre cervicali, da una parete rP"'rliale

costituita da trachea, esofago, tiroide, laringe e muscoli costrittori superiori della faringe; da una parete antere laterale formata dal muscolo sternocleidomastoideo, dall'omoioideo, dallo sternoioideo, dallo stemotiroideo, dal digastrico e dallo stiloioideo.

L'arteria carotidea sinistra nasce dall'arco dell'aorta immediatamente dietro ed a sinistra dell'origine del]' arteria brachiocefalica sinistra, invece l'arteria carotide a destra origina dalla biforcazione dell'arteria brachiocefalica destra; pertanto l'arteria carotide sinistra presenta un tratto toracico ed uno cervicale, quella destra è limitata al collo (fig. n. 1).

Nervo ipoglosso

Arteria corotide

Arteria brachiocefalica

* Speciali z7,a1Jdo O R.L Uni versità d i Perugia;

** Assistente Reparto Chirurgia dell'Ospedale Militare di Perugia

Tronchi del plesso brachiale Arteria ,__.,.._ ascellare

Col. me. G. Palma Cap. me. V. Orciuoli Dr. G. Serafini* S. Ten. me. C. Cagini** S. Ten. me. U. Gariazzo **
Fig. n
381

L'arteria carotide comune di destra al di sopra del manubrio dello sterno contrae rapporti con la vena giugulare interna1 che è posta antera lateralmente, e con i nervi vago e laringeo ricorrente che sono posti nel!' angolo formato dall'arteria e dalla vena (fig. n. 2).

Aneurismi:

definizione, classificazione e cause

Col termine di aneurisma arterioso si intende una dilatazione circoscritta di una arteria.

La causa è una debolezza della tunica media per cui la pressione del sangue determina una distensione circoscritta della parete.

Se la dilatazione è diffusa e le pareti sono parallele si parla di arteriectasia.

Il suddetto è l'aneurisma «vero» che si differe nzia dall'aneurisma falso o ematoma pulsante che è costituito da una raccolta di sangue contenuto in un a cavità priva di pareti arteria.e comunicante con il lume del vaso.

Le cause dell'aneurisma vero possono essere: traumatismi, sifilide, arterio~lerosi, post-stenosi, malformazione congenita e localizzazione micotica.

L'aneurisma arteriosclerotico è il piu frequente, colpisce essenzialmente la popolazione anziana ed è legata ad alterazioni ateromatosiche che provocano lo sfiancamento della parete arteriosa.

Gli aneurismi congeniti sono frequentemente lo -

Ramo

sternoc/e1domasto1deo supenore dell'arteria occipitale

ventre posteriore

Nervo vago

Ramo sternocleidomastoideo inferiore del/ 'arten aoccipitale

Nervo vago

Ramo far111geo del vago

Arteria carotide interna

Stiln(nrtnf[eo

Nervo

\ glossofaringeo

' , · -~ Nervo lanngeo supenore

A ,rena carotide esrn11a

Arteria auricolare posrenore

Artena faciale

Nervo ipoglosso

Artena linguale

Nervo laringeo interno

Anena 11roidea

\\~ superiore

Nervo laringeo estemo

Radice superiore dell'ansa

Radice inferiore

------

Ansa

Arteria carotide 1--- comune

382
Fig. 2

calizzati nella porzione endocranica della carotide interna, possono essere multipli, interessare il poligono di Willis e la carotide comune, e la loro rottura è causa di morti frequenti e improvvise nei bambini e nei giovani.

L'aneurisma post-traumatico è originato da una contusione della parete arteriosa.

Gli aneurismi sifilitici in era preantibiotica erano molto frequenti ed erano espressione di una mesoarte-

L'aneurisma a causa della pressione arteriosa tende progressivamente ad accrescersi in dimensioni ed è causa a livello locale di compressione di wne viciniori e ciò determina:

l) Edema per compressione delle vene con conseguente difficoltà di scarico del sangue venoso;

2) Parestesie, nevriti e paralisi per compressione di nervi;

3) Stenosi od ocdusioni completa di arterie per compressione;

4) Erosioni ossee.

Da un punto di vista istologico la parete deli ' aneu -

rite segmentaria con distruzione di elementi muscolari della tunica media e sostituzione con elementi fibrosi.

Gli aneurismi micotici sono conseguenza di arteriti micotiche frequenti in corso di endocardite batterica subacuta.

Gli aneurismi in base alla loro forma possono essere classificati come aneurismi sacculari, fusiformi, cilindroidi (variante del piu comune aneurisma fusiforme) (fig. 3).

risma è caratterizzata dalla scomparsa di elementi muscolo-elastici e della loro sostituzione con ressuro fibroso.

ANEURISMA CAROTIDEO:

ASPETTI SEMEIOLOGICI E CLINICI

La prima manifestazione di un aneurisma carotideo può essere una tumefazione, dolori da compressione e una s indrome ischemica cronica.

A 0
'' \ ' I '
Fig. 3 • a) Aneurisma fusiforme; b) Aneurisma sacciforme ; e) Aneurisma falso.
383

I segni semeiologici fondamentali sono:

a) Tumefazione lungo il decorso dell'arteria;

b) Espansibilità in fase sistolica;

c) Soffio sistolico intermittente che scompare con la compressione prossimale dell'arteria e si accentua con la compressione distale;

d) Raramente osteopatia ipertrofizzante pneumica di Pierre -Marie (ippocratismo digitale).

Le complicazioni dell'aneurisma carotideo sono:

1) Occlusione trombotica;

2) Rottura che può avvenire verso l'esterno o all'interno di un viscere cavo vicino;

3) Embolia arteriosa;

4) Infezione.

Il trattamento dell'aneurisma carotideo è esclusivamente chirurgico.

MATERIALI E METODI

Trattasi di un paziente maschio di anni 27, militare di leva presso una casema del Centro Italia, di professione studente.

Dall'età di anni 18 il paziente riferisce di avere sofferto di una sintomatologia caratterizzata da cefalea frontale, disturbi della visione con episcx:Ji di amaurosi, ipostenia agli arti inferiori bilateralmente, sporadiche crisi lipotimiche, brachicardia, disfonia.

Queste crisi si esaurivano spontaneamente e traevano beneficio dall 'uso di ergotamina e caffeina.

La sintomatologia di cui sopra è scomparsa da ci r ca 5 anni.

Nel Maggio 1986 il paziente presentò un riacuti z zarsi della sintomatologia: pertanto veniva ricoverat o presso il Reparto di Medicina dell'Ospedale Militan di Perugia per accertamenti e cure.

All'esame obbiettivo si evidenziava una tumefa zione pulsante in regione sternocleidomastoidea, a li vello del margine posteriore del terzo inferiore de l muscolo di destra, che si accentuava durante la manovra di Valsalva; non si apprezzavano fremito né soff (figg. 4a-b).

L'indirizzo diagnostico era quello di un aneurism a carotideo.

I valori pressori arteriosi evidenziavano una Ieg gera discrepanza tra gli arti superiori con predominan za a destra (125/90 a destra, 11 5/85 a sinistra) non :. app re zzavano modificazioni o differenze significativt agli arti inferiori.

li paziente veniva sottoposto ai seguenti esami <l i laboratorio e strumentali: emocromo, V.E.S., azotemia , glicemia, reazione di Wasserman, E.C.G., esame poligrafico, esame del fundus oculi, E.E.G., T.A.C. cerebrale, ecotomografia della regione laterale del collo, ecocardiogramma con studio dell'arco aortico e laringoscopia indiretta con stud io della motilità cordaie.

L'unico risultato di questi esami discordante dalla norma risultò essere quello dell'ecotomografia dalla quale si evindenziò una dilatazione dell'arteria carotidea comune destra (12mm. cli diametro contro 8mm. delle regioni viciniori) di tipo aneurismatico, di forma fusiforme.

384
Fig. n. -fa: Prima della manovra di Valsalva. Fig. 4b: Duran t e la manovra di Valsalva.

Era presente inoltre una arteria succlav\a destra dilatata e serpiginosa e una vena giugulare discretamente dilatata per difficoltoso svuotamento a causa della compre ssione operata dalla carotide (figg. 5-6- 7).

Visto il risultato dell 'ecotomografia è stato proposto al paziente di sottoporsi ad arteriografia carotidea e vertebrale che veniva rifiutata.

CO NC LUSION I

Con siderate la giovane età del paziente veniva esclusa una et iopatogenesi ateromatogena dell'aneurism a; Ja negatività del test di Wasserman deponeva per una origine non infett iva, l'assenza di sintomatologia caratteristica e la negatività dell'ecocardiografia escludeva l'origine -micotica; l'assenza di un episodio pregr esso t raumatico inficiava l'ipotesi commotiva.

P ermaneva quindi come unica diagnosi finale quella di una origine mal formativa congenita della dilatazione carot idea e succlavia.

A supporto di questa ipotesi c'è l'anamnesi famili ar e da cui risultò che la sorella del paziente aveva sofferto di analoga sintomatologia neurologica interpre-

Fig . n. 5 : Carotide com une d es tra . La lin ea b ianca o rizzontale indica il diametro dell 'a n e uris ma.
Fi g n.
tid
n o rmali 385
Fig. n. 6: Arteria carotide e succlavia des t ra dilata t a. 7: Arte ri a caro e e su cclavia sinis
tra

tata genericamente come distonia neurovegeta t iva in assenza peral tro di indagini strumentali particolari.

I rischi generali di un aneurisma sono stati già inJicati ne ll a parte introduttiva di questo lavoro, in questo caso specifico è lecito temere, come da casistica e Ja le t teratura sull'argomento, la presenza di aneurismi o a livello della carotide interna o a livello del circolo vertebrale o a live ll o del poligono di Willis.

D al punto di vista medico-legale militare il paziente veniva g iud icato permanentemente non idoneo a l servizio di leva in base all'articolo 18 lett. B dell'Elenco delle Impe rfezioni ed In fermità che sono causa di non idoneità al Se1vizio Militare.

Ria ss unto Gli Autori hanno srudiato un caso di aneumm.1 congenito della caroride comune destra in un >Cllgeuo maschio di ,inni 27 con sintomi neurologici e compressivi della giugulare e del nervo vago.

La diagnosi è stata posta su ll a base dell'es.'lme ob iettivo e di , ina ecotomografia della regione del collo.

Résurné . • L<.-,, 1\uLcurs ont étudié un ca, d'anéuri,me congénital dc la carotide cùmmune <lroire <lans un sujcr male agé dc 27 n, a,·ec dc, s,·m1)lòme~ neurologiqu::, comprcnanrs la \'einc 1ugulaire et le nerf VllgUC.

Le diagnostica été émis ,ur la base de l'examen objectif et ,! une échotomographie dc l:.1 région latérale du cou

Summary. - The Aurhor. hm·e swdicd an aneurnmal congenita! case of rhe nght common carotid in a twemy-sevcn year, old masculine subject wirh neurologica! and compressive ,ymptoms at the juguJar vein and vagal-ner\'c.

The diagnostic has been given on the «ecoromography» result ,,r rhe latcra l arca of thc neck

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386

REGIONE MILITARE SICILIA - COMANDO DEI SERVIZI SANITARI

Capo dei Servizi Sanitari: Magg . Gen. mc. F. D1 STEPAN::>

OSPEDALE MILITARE DI PALERMO

Direttore: Col. me. F. DE PASQUALE

EPATOPA TI E DA FAR MAC I - RASSEGNA DELLA LETTERATURA

Cap. me. P. Scar lata''' S. Ten. me. G. Crasd**

PREMESSA

Il molo primario occupato dal fegato nel metabolismo delle sostanze esogene spiega la sua grande suscettibilità al danno da agenti chimici.

L'incremento nell'ultimo decennio del numero delle specialità farmaceutiche e del loro <<consumo» ha messo in evidenza il problema delle epatopatie da farmaci.

Per avere una corretta dimensione del problema è sufficiente esaminare i dati riportati in letteratura: - reazioni indesiderate da farmaci si manifestano nel 1 8-30% di tutti i pazienti ospedalizzati (1-2)

- le ammissioni in ospedale per lo stesso motivo sono il 3-5% di tutte le ammissioni (1-2)

- le giornate di degenza in ospedale costituiscono il 14% del totale delle giornate di degenza (2)

- la mortalità per reazioni indesiderate da farmaci in p azienti ospedalizzati varia dallo 0.24 all'l-3% (2).

Un dato di notevole interesse è che soltanto il 20-30% delle reazioni indesiderate da farmaci sono effettivamente imprevedibili (ipersensibilità) o prevedib il i ma inevitabili (es. pancitopenia da agenti antitumorali), mentre il restante 70-80% è costituito da danni prevedibili (2).

Le lesioni possono assumere notevole gravità clinica, fino a determinare quadri di insufficienza epatica acuta (IEA). Su 249 casi di epatite acuta studiati da Orlandi (3), 12 risul tarono essere da farmaci; Trey (4) su 150 IEA ne trovò 48 (32%) da farmaci. Su 121 pazienti deceduti per IEA 38 pazienti (31,4%) morirono per IEA da farmaci.

I dati riportati da una casistica, condotta alcuni anni fa presso il reparto di Medicina Generale di un O spedale Regionale, non si discostano da quelli esistenti in letteratura. Nel biennio '73-'74 le ammissioni in ospedale per reazioni da farmaci cootituivano il 2,9% di tutte le ammissioni, mentre quelle per danni epatici da farmaci costituivano, nel triennio '73-'75, l'l,5% di tutt e le amnùssioni per epatopatia.

S. Ten. me. L.M. Valenza***

CLASSIFICAZIONE IN RAPPORTO AI

MECCANISMI PATOGENETI CI

I danni eratici vengono distinti dalla maggior parte degli Autori in due principali gruppi: danni dosedipendenti (prevedibili) e danni dose-indipendenti (imprevedibili). È conveniente aggiungere a questi un terzo gruppo: quello dei danni «facilitati», comprendente sia danni dose-dipendenti sia dose-indipendenti che si manifestano particolarmente in determinate condizioni.

DANNI DOSE-DIPENDENTI

I farmaci che determinano danni dose-dipendenti agiscono o con meccanismo direttamente epatodtotossico generalizzato (epatotossine dirette), o interferendo con il metabolismo epatocitario (epatotossine indirette).

Questi farmaci hanno alcune peculiarità: - producono lesioni dalle caratteristiche costanti in tutti gli individui a cui ne vengano somministrate dosi sufficientemente alte.

- danni identici sono riproducibili negli animali da esperimento.

- la severità del danno, sia nell'uomo che negli animali, è in rapporto diretto con la dose, benché la risposta al farmaco possa essere condizionata da alcuni fattori, come una diversa reattività individuale o di specie, stato di nutrizione, gravidanza, contemporanea esposizione ali' alcool o ad altri farmaci.

- alta incidenza del danno epatico in seguito all'assunzione del farmaco.

- periodo di latenza, prima della comparsa del danno epatico, pressoché costante e quindi prevedibile.

* Comandante II• Sez. Disinfezione;

** Ufficiale addetto II" Sez. Disinfezione;

*** Ospedale Militare di Palermo.

387

Il danno epatotossico diretto si esplica, prevalentemente, mediante un insulto fisico-chimico diretto, che porta, tramite processi dilipoperossidazione e denaturazione, ad alterazioni di strutture cellulari fondamentali, quali la membrana citoplasmatica.

Le epatotossine indirette, invece, agiscono interferendo in varia maniera con un qualsiasi metabolismo cellulare, quale ad esempio la sintesi proteica o il meccanismo di coniugazione o di escrezione della bilirubina.

Da un punto di vista morfologico i danni epatici da farmaci epatocitotossici consistono essenzialmente in una necrosi cellulare, prevalentemente centrolobulare, con vario grado di stearosi nel parenchima circostante e scarsa o assente reazione infiammatoria; in qualche caso (tetraciline) è molto piu evidente la steatosi che la necrosi cellulare.

Ripetute somministrazioni di piccole dosi di farmaci epatotossici hanno come conseguenza reazioni meno notevoli, caratterizzate da piccoli foci di necrosi o degenerazione cellulare, vario grado di steatosi, infiammazione e fibrosi portale; se la terapia continua tali lesioni possono progredire fino alla cirrosi (per es. Methotrexate).

DANNI EPATICI DOSE-INDIPENDENTI

Questo tipo di danni epatici si manifesta in una piccola percentuale di sogge tti, essenzialmente con una reazione di ipersensibilità, piuttosto che come diretta conseguenza di una lesione da agenti epatotossici.

Da un punto di vista istologico le lesioni sono caratterizzate da quadri che variano dell'epatitico al colestatico.

Anche i farmaci che determinano lesioni epatiche da ipersensibilità hanno alcune caratteristiche:

- soltanto pochi individui, tra quelli esposti al!' azione del farmaco, vanno incontro ad un danno epatico;

• le lesioni non sono riproducibili negli animali da esperimento;

• non c'è alcuna relazione tra l'incidenza e la severità del danno da un lato e la dose del farmaco dall'altro;

• non c'è alcuna relazione temporale tra l ' inizio della somministrazione del farmaco e la comparsa delle prime manifestazioni del danno;

• spesso, contemporaneamente al danno epatico, si manifestano segni di ipersensibilità come rushs cutanei, febbre, artralgie, eosinofilia;

- tra prima somministrazione del farmaco e comparsa

di manifestazioni cliniche intercorre un periodo di sensibilizzazione che varia da 1 a 5 settimane (5).

Il meccanismo del danno è presumibilmente quello di una ipersensibilità mediata da cellule; infatti alcun i dei farmaci in questione determina no blastizzazione dei linfociti o inibiscono la migrazione dei leucociti come è stato dimostrato, almeno in alcu ni casi, per 1' alotano, le sulfonamidi, la penicillina, la nitrofurantoina, l'indometacina; per altri farmaci, invece, non si è avuta alcuna positività per questi tests: una possibile spiegazione potrebbe essere quella che in qualche caso l'agente responsabile dell'ipersensibilità sia un metabolita del farmaco, anziché il farmaco stesso (6).

Il danno di tipo colestatico è piu frequente e meno grave del danno di tipo epatitico. Da un punto di vista morfologico è caratterizzato da stasi biliare, pri ncipalmente nei canalicoli centrali, associato ad un infiltrato infiammatorio costituito da monociti, isti ociti neutrofili ed eosinofili.

Nella maggior parte dei casi non si riscontra necrosi epatocitaria, né infiltrato infiammatorio intralo bulare. Quando la stasi diviene prolungata e di maggiore entità, alle lesioni descritte possono aggiungersi proliferazione duttulare, fibrosi portale, erosione della lamina limitante. In genere il danno di tipo colestatico regredisce senza lasciare alcuna alterazione, ma in qualche caso è stata descritta una progressione fino alla cirrosi biliare (clorpromazina).

Nella forma epatitica le lesioni sono molto simili a quelle dell'epatite virale, ma piu spesso assumono le caratteristiche della necrosi subacuta multilobulare: la conseguenza è spesso un quadro di cirrosi postnecrotica. Quando la lesione epatica è meno severa è caratterizzata da piccoli foci di necrosi e degenerazione, con una diffusa reazione infiammatoria, prevalente negli spazi portali. Inoltre sono stati riportati quadri di epatite cronica attiva (ECA) da alfa-metilOOPA (7), isoniazide (8), aspirina (9).

DANNI EPATICI <<FACILITATI»

Alcuni farmaci determinano alterazioni epatiche di vario tipo, ~ltanto o particolarmente quando si verificano determinate condizioni «facilitanti».

A questo gruppo appartengono farmaci che causano sia danni epatici dose dipendenti, che doseindipendenti e le alterazioni descritte sono prevalentemente colestasi, epatite o steatosi.

388

DESCRIZIONE DI ALCUNI MODELLl RILEVANTI

Danni dose-dipendenti

Nella tabella 1 sono elencati alcuni esempi di farmaci che causano danni epatici dose-dipendenti.

Tab. 1 - Farmaci che causano danni epatici dose-dipendenti

FARMACO TIPO DIPENDENTE

Paracecamolo necrosi massiva

Salicilati necrosi parenchimalc

Tetracicline steatosi - necrosi

Metrotrexate necrosi parcnchimalc, Azatioprina fibrosi, cirrosi

Mezzi di contrasto iperbilirubinemia iodati per colecistogr. indiretta

Furosemide necrosi centro-medio lobulare

Ac. Litocolico colestasi

Griseofulvi.na necrosi parenchimale

Salicilati

Aspirina e salicilati in genere, quando somministrati in dosaggi tali da raggiungere livelli di salicilemia superiori a 20-25 mg% e per periodi di tempo discretamente lunghi, possono causare epatite acuta o epatite cronica attiva (ECA). Dati recenti tuttavia indicano che livelli piu bassi (15 mg%) possono detèrminare ugualmente danno epatico (15).

In genere non c'è definito rapporta tra il dosaggio a cui i salicilati vengono somministrati ed i livelli di salicilemia, comunque i casi riferiti in letteratura riguardano pazienti trattati per Lupus Eritematoso Sistemico (LES) (9-16), malattia reumatica, artrite reumatoide <<giovanile» (17) con dosaggi compresi tra 3 e 5 grammi di aspirina al giorno.

Il quadro istologico è quello di una epatite acuta con necrosi epatocellulare focale, presenza di corpi acidofili intra ed extracellulari, alterazioni degenerative, infiltrato mononucleare degli spazi penali. Sono stati descritti anche alcuni casi di ECA (9-18).

L'epatite da salicilati ha indubbiamente una prognosi favorevole (19): non sono stati descritti casi di exitus per necrosi epatica massiva ed in tutti i casi gli indici bioumoral..i di danno epatico sono prontamente tornati entro limiti normali alla sospensione del farmaco. È notevole il fatto che in alcuni dei casi descritti, dopo la normalizzazione degli indici bioumorali ottenuta con la sospensione del trattamento salicilico, è stata ripresa la terapia, ma con dosaggi tali da mantenere la salicilemia a livelli inferiori a 20 mg%: in questi pazienti per tutto il corso ulteriore del trattamento non sono stati piu rilevati indizi di danno epatico (20). II meccanismo con cui l'aspirina determina necrosi cellulare non è conosciuto; c'è comunque l'evidenza che si tratti di un meccanismo dose-d ipendente.

Tetracicline

Possono determinare steatosi acuta maligna con ittero, ipertransaminasemina e insufficienza epatica letale; il danno è dose-dipendente ( > 1 gr/die) e compare soprattutto in segu ito a somministrazione endovenosa. Non sembra esserci relazione con la durata de l trattamento (5-13).

Le tetracicline producono stea tosi acuta probabilmente per interferenze con il ralease epatico di pre-betalipoproteine determinando cosf accumulo di triglice ridi: questo è stato visto sperimentalmente nei conigli e nei ratti (14). Negli stessi animali le tetracicline silocalizzano nei mitocondri e interferiscono con la fosforilazione ossidativa. Le lesioni sono reversibili.

Methotrexate

È un antagonista dell'acido folico che può determinare grave compromissione epatica con meccanismo

389

ll!el

epatocitotossico. L'inibizione della trasformazione dell'acido folico in folinico, con conseguente rallentamento della sintesi degli acidi nucleici, e quindi delle proteine, derernùnerebbe un danno delle membrane e degli organu li cellulari epatocitari, con conseguente sviluppo di sreatosi, fibrosi e cirros i (10-11 ). La severità del Janno è cotl'elata con la dose e la durata del trattamento (piccole dosi per lunghi periodi di tempo di 1-5 anni, svolgono la maggiore azione patogena). Tutti i casi de-,critti si riferiscono a pazienti sottopost i a terapia a lungo termine per psoriasi o leucemia o LES.

Nella tabella 2 sono riportati casi di cirrosi e fibrosi osservati in un gruppo di 37 pazienti trattati per psoriasi con methotrexace per periodi di tempo variabili da 3 a 73 mesi (2-5 mg per os per 2-5 gioni/settirnana oppure ogni giorno a settimane a lterne; in seguito 5-45 mg per oso i.m. in unica dose ogni 4 sett imane) ( 12).

Identica azione epatotossica svolgerebbe I' Azatwprina.

8 el 1/.

6 el1/.

4 1!11/. s u 18 cas 1

21!11/.

su 7 C & S i

su 12 cas I

< 2 2 - 4 > q

Durarn dd 1r.1uamcmo io Jnru

l·urosemide

Si dimostra epatotossica se impiegata ad aire dosi. Il danno epatico è caratterizzato da zone di necrosi centro e mediolobulare. La tossicità è piu frequente in soggetti con ipoproteinem i a: in questi cas i infatti, l a riduzione della capacità legante gli anioni organici è ridotta e pertanto il tasso ematico di furosemide aumenta su perando i limiti di tollerabilità (21-22-23).

L'Acido Utocolico, metabolita dell'acido chenodesossicolico, sarebbe responsabile, seppure raramente, di una epatotossicità diretta, con ipertransamin ~ semia ed aumento della fosfatasi alcalina. Alla biopsia si riscontra proliferazione dei dotti biliari, modesta r, refazione <lei microvilli dei canalicoli biliari ed un ap parente aumento dei lipociti (2-1-25).

Paracetamolo (acetaminofene)

Farmaco antipiretico-antiflogistico di largo impit go, diviene epa rotossico solo se impiegato a dosaggi dc vati (10-12 gr) [dose Lerapeutica 1-3 gr/die].

Il paracetamolo viene glicurono-coniugato e comt tale eliminato con le urine, mentre una piccola pant viene coniuga ta con glutatione. La tossicità si manifr sta solo quando quest'ultimo sistema di detossificazio ne viene saturato: in questo caso compare un metaboli e,. intermedio altamente reattivo, derivato dall'ì\idro ssi lazione del paracelamolo stesso, che si lega alk membrane intracellulari, pro\·ocando un danno irreversibile responsabile di una necrosi epalica ma ss iva prevalentemente cencrozonale, con scarsa component{ infiammatoria e con collasso del reticolo, anche confluente e massivo. La mortalità è intorno al 3,5% (26)

I mezzi di contrasto fodati per cokcistografia costituiscono un ben noto esempio di farmaci che interferiscono con il metabolismo della bilirubina: agiscono con un meccanismo di tipo competitivo nei confronti delle proteine Y e Z per l'assunzione ed iJ trasporto in tracitoplasmaùco della bilirubina: ne deriva una iperbi lirubinemia indiretta di lieve entità che regredisce prontamente dopo l'eliminazione del mezzo di contrasto.

DANNI EPATICI DOSE-INDIPENDENTE

Ne ll a tabella 3 sono indicati alcuni esempi di farmaci che determinano danni epatici dose-indipendenti.

Alfa-,\fetildopa

Il danno epatico da alfa-metilDOPA è una compl iéazione re lativamente non grave e poco frequente della terapia con quesco farmaco: su 823 pazienti trattati , soltanto in 52 (6,3%) sono state rilevate anormalità degli indici bioumorali di danno epatico (18).

Tab. 2 - Casi di fibrosi e cirrnsi da merhotrexate
½
390

Tab. 3

• Farmaci che causano danni epatici dose-indipendenti

'

rARMACO TIPO DT DANNO

POTE!\ZIALE

CR01\!CIZZAZ!Ol\E

J\lfai-terìl-DOPA epatite ECA

Alorano eparite

ECA, c ir rosi

C lorpromazina colc:srasi cirrosi biliare

Contraccettivi colestas i neoplasie

Harbicmici co les rasi

J R an itidirn, epatite

I \'alproato di Na epat ite. stenosi ... I microvescicola re

Difenilidantoina co lesrasi ep. cron. granulom.

lmipr amina colesc .e/o epatitt:

Rifa mpicina epat. e poss. colesrasi

Diazepam colesl. e/o epatite ...

PAS epatite ...

lndomctacina epatite

:--J it rofurancoi na colest. e 1xiss. epat. ECA

Penic illi na epatite

Il quadro clinico ed istologico è ind istirÌguibile da quello dell'epatite v ira le acuta e, come in quest'ultima

condizione, può anche essere del tutto silente: nella gran parte dei casi si riscontra solo un modesto incremento dei valori di transaminasemia e fosfatasi alcalina; sono stari descritti casi di insufficienza epatica fulminante. In un numero non trascurabi le di segnalazioni l'alfametilDOPA provoca quadri anatomo-clinici di ECA, alcune evolute in cirrosi (7 - 19-20).

Il danno è verosimilmente dovuto ad ipersensibilità: agranulocitosi, anemia emolitica Coombs positiva, fenomeno LE (Lupus Eritematoso), positività del fatto re reumatoide, febbre, artralgie, rushs cutanei, eosinofilia, sono stat i spesso descritti come fenomeni associati; è suggestivo inoltre il dato che, dopo la sospensione del trattamento e la risoluzione del quadro clinico, le successive somministrazioni sono seguite dalla r ipresa dei si ntomi e delle a lterazioni degli indici bioumorali d i entità gradualmente minore, verosimilmente per un fenomeno di desensibilizzazione (18).

Alotano

È un anestetico generale ancor oggi di largo i mpiego, anche se con delle limitazioni. Determina epatite quasi certamente come risultato di una reaz ione di ipersensibilità (21). Valori di transaminasi piu elevati rispetto al gruppo di controllo sono stati osservati in pazienti alla prima esposizione a l farmaco (2 2 ).

L' i ncidenza delle epatiti da alotano sembra essere molto bassa dopo una sin gola esposizione: su 11.2 milioni di anestesie con alorano, eseguite tra il '64 e i1'72 , è stata osservata epat i te per questa causa in 0.17 /100.000 paz ienti. Notevolmente maggiore è invece l'incidenza di epatite dopo una o piu esposizioni al farmaco : su 800 . 000 pazienti sottoposti a pi~ di una anestesia osservati nel lo stesso periodo, la frequenza di epatite era d i 1 1.8/100.000 (35). La precedente esposizione al farmaco costi tuisce perta nt o un «fattore fa . cili t an re», specialmente se l'ultima precedente esposizione è sta t a esegui ta da meno cli due mesi. Inoltre una maggiore incidenza di epatite da a lotano è r iferita in pazienti che, dopo la o le precedent i esposizioni al fa r maco, hanno avuto febbre d i narw-a indefinita o ittero (21-23-36)

Il quadro clin ico è mol to simile a quello di una epati t e v iral e, infatti, dopo circa una settimana dall'esposiz ione al farmaco, irtlprovvisamente compare febbre (60-80%), anore ssia, nausea (50%), vom ito, artra lgie (20%), eosinofil ia, rushs cutanei ( 10%) e ittero· {3 -4 giorni dopo l' inizio della febbre).

391

li danno epatico da alotano è panicolarmente se ,·ero, con una mortalità e.le! 20-60% (31). Consiste es,enzialmeme in una epatite con un quadro istologico Jifficilmentc distinguibile da quello della epatite virale acuta: necrosi focale piu o meno estesa. infiltrazio11e cellulare [lin[ociti e macrofagi) degli spazi portali; 1elh: forme cronicizzate: erosione della hunina limitante ed estensione al parenchima. variabile grado di proliferazione e.lei dotti biliari (2.3 ). Elementi di ordine morfologico che depongono per l'origine tossica del danno ,ono la steatosi (prevalentemente ccntrolobulare), l'infiltrazione leucocitaria dei sinusoidi, la presenza di gra11L1lomi spesso conte11enti numerosi eosinofili. Nei casi n:nuti a morte l'e~Jme autoptico fornisce quasi sem pre il quadro di una necrosi epatocellulare submassin1 con imponente collasso del reticolo.

Il meccanismo attrm·erso cui l'alotano possa indurre un danno epatico cosf severo non è ancora conosciu10, ma alcune caratteristiche ~uggeriscono fortemente una paLOgenesi immunologica (21 ): la sua maggiore frequenza dopo multiple esposizioni, piuttosto che dopo una ~ingoia: il piu precoce inizio del secondo e seguen ri attacchi rispetto al primo; la frequente eosinofilia tis,utale e umorale; la presenza in molti casi di anticorpi ,mtimirocondrio (24). Inoltre, una diretta evidenza di 111 meccanismo immunologico mediato <la cellule è for11irn dalla blastizzazione «in vitro» di linfociti prdevalt da pazienti ,1ffetti da epatite da alotano, ottenuta usane.lo come antigene I' alotano stesso (25)

(' ontraccettivi e steroidi anabolizzanti 17 • /llchilati

Queste so~tanze possono determinare. dopo 2 set1 imane o alcuni mesi di trattamento, un quadro <li colesrasi imraepatica. con incremento dei livelli ematici di fosfatasi alcalina, acidi biliari e bilirubina: sono quasi ,emp re presenti indizi di danno epaLOcellulare r'fGO/P = 2-20 \·alte la norma) 07).

Il quadro clinico è caratterizzato da ittero, prurito, l·missione di urine scure, feci ipocoliche, preceduti a un hreve periodo di malessere. anoressia. nausea e vomito. ~on ,;i tnttta in gen<.:re di un danno epatico severo: la bilirubinemia torna ai valori normali encro 1-2 mesi e non residuano indizi di disfunzione del fegato. Ogni nuova assunzione è generalmente associata ad una recidiva.

L'incidenza di ittero da cstroprogestinici è valutata intorno a 1-2.5/100.000 pazienti trattate (25), ma l' note\·olmenre maggiore nelle donne che riferi5cono una storia di colestasi in precedenti gravidanze.

I dati clinici. bioumurali e istologici forniscono l'evidenza che l'ittero da es troproge stin ici è del tutto so\'rapponibile a quello del terzo trimestre e.li gravidanza. Tutto ciò suggerisce che la patogenesi di queste due condizioni sia identica trattandosi probabilmente di umi particolare sensibilità ad ormoni sessuali femminili eJ in particolare alla componente estrogenica ( 38).

Da un puma di \'ista fisiologico gli cstroproge~r nici sarebber o responsabili di una riduzi one delJa dearance della bilirubina del plasma, di un aumento dello <<s torage» epatico e di una riduzione della ~<.:erezio ne della bromosulfonftaleina (BSF), oltre che di una alll'razione e.Id metabolismo degli acidi biliari e della loro escrezione. Q11esro provcx:hcrebbc, a~sieme ad u11a r· duzione della secrezione iorùca, una inibizione del flus, ,l canalicolare sali biliari-dipendente e sali biliar iindipcndente. Tale condi;.,;ione è aggravata dal fatto ch e, a seguito dell'alterazione del citoscheletro degli epawciti e dei microfilamenri, che ai utano a mantenere l'in tcgrità strutturale dei canalicoli, e ad una tossiciL e.liretta sulle giumioni cellulari ,i deLermina LU1 aument, della permeabilirà con rerrodiffusione di acqua ed cler troliti dalla bile al sangue (38).

Con simile meccanisrm di iperscnsibilizzazione sern bra agire la Clo,promazina. Oggi comunque. \'errebhe n conosciuto anche un meccanismo t0ssico diretto, legato alla sua azione detergente cationica (38). Il quadro istolo gico è quello di una ECA. con una notevole componente colesratica, che riconosce un meccanismo fisiopatologico sovrappon ibile a quello degli e:;rroprogestinici.

Ra11itidi11a

Recentemente la raniti<lina è srata associata ad occasionali cd isolate ele,·azioni delle tran saminasi, peraltro regredite malgrado il proseguimento della terapia o entro una settimana dalla sua cessazione. La presenza di eosinofilia, sinromi sistemici, febbre ed un variabile periodo di latenza, depone per un danno da ipersensibilità, quindi dose-indipendente (39).

Sempre con meccanismo di ipersensibilità, anchL· se con bassa incidenza, sembrano agire molti altri farmaci, anch'essi di largo impiego nella pratica clinica, quali il Valproato dz sodio (epatite), l a Difenilida11toincJ (epatite acuta colesratica, eparite cronica granulomatosa), Imipramina , Clotpmpamide, Rifampici11a, Penicilli11a, Diazepam, Disoprramule, /11dometaci11a, Pas, Carbama:;:epina (epar ite acuta colcsrntical, :\'itm/11rantoù1a (ECAJ.

,92

DANNI EPATICI FACILITATI

Alcuni farmaci riconoscono, nel provocare un determinato danno epatico, delle condizioni «facilitanti» di molteplice natura: genetid1e, costituz ionali o legate ,td una particol are condizione (isiologica o patologica Jell 'organismo.

In questo gruppo rientrano le eparopatic secondarie ad esposizione r i petuta in un breve periodo di tempo, .ili' Alotano, soprattutto in soggetti obesi [l ' a lotano è solubile nel tessuto a dipo so con conseguente incremento del tempo d ' induzione dell'anestes ia e aumento delle Josi so m m.inistrare]; quelle da impiego di estroproge,tinici in don n e con storia di coles t asi in gravidanza; yuelle secondarie all'uso di t etracicline in donne gravide con .insufficienza renale o in soggetti nefropatici.

Esempio paradigmatico cli danno epatico facilitaLO è queHo provocato da Tsoniazide, r esponsabile de ll'Lnsorgenza di epatopatia nel 10-20% di tutti i soggetti trattat i, con w1a mortalità del 10- 15% (8-40).

11quadro clinico è praticamente ind istinguibile da --1uell o dell 'epatite v irale. La gran parte dei casi è del wrro asintomatica e presenta solo un modesto incremento delle transam ina si, cui corrisponde un quadro istologico di necrosi epatocellulare focale (41 -42).

Nei cas i piu severi dopo un periodo di malessere, i1ausea, anoressia, segue lo sviluppo di ittero franco (40); il quadro istologico è in questi casi quello caratterisri,.-o delle epat iti v irali. In 13 pazienti deceduti, su 114 ..:on epatite da isoniazide, è stata dimostrata necrosi epatica sub m assiva in 9 e massiva in 4 (8). È possibile l 'evoluz ione in ECA (3%) e cirrosi (26).

L 'epatite da isoniazide diviene manifesta in un per iodo di tempo variabi le da 3 sett imane a 2 mesi dopo l' ini zio del trattamento; la mortalità è pili elevata per i casi che si manifestano dopo p i ~ di due mesi di terapia: qu e sto probabilmente indica che, in tali casi, il farmaco induce un danno di lieve enti t à che, protraendos i per un periodo di tempo maggiore prima di evidenziarsi , diviene esteso, causando grave insufficienza epatica.

Fattore di suscettibilità a l danno indotto da isoniaz id e è l'età avanzata: infat ti l'evidenza è rara in soggetti con meno di 20 anni, appare nello 0,5% tra 20 e 35 anni; nell' l ,5% tra 35 e 50 anni; infi ne co mpare nel 3% dei pazienti che hanno su pera to i 50 an ni (43) .

Il t asso di mortalità è magg iore nelle d onne negre rispetto agli uomini negri e ai bianchi di ambedue i sessi 1-13 )

La mancanza delle comu ni caratteristic he della se n,ibilizzazione (febbre, rushs, eosinof ili a, lin foadenopa -

ria) depone contro una reazione di ipersensibilità. Inoltre i tentat ivi di blastizzazione di linfociti, provenienti da pazienti con epatite isoniazide-indotta, con isoniazide, hanno dato esito negativo, né sono stati trovati anticorpi anti-isoniazide. È importante il fatto che la ripresa della terapia non provoca ricomparsa di danno epatico. Il danno p r odotto sarebbe quindi di tipo tossico diretto e sa rebbe dovuto a due metaboliti cioé l'acetil-isoniazide e l 'ace ril-idrazina (43). Questo spiega l a predisposizione al danno epatico da isoniazide in soggetti acetilatori rapidi (che rappresentano il 40% della popolazione) o in soggetti trattati contemporaneamente con fa r mac i induttori enzimatici (r ifampicin a, barbiturici).

TUMORl EPATICI DA FARMACI

Un cenno a parte meritano le lesioni neoplastiche secondarie all'uso prolungato di farmaci, qua li estrogeni e steroidi in genere. Si è infatti visto che donne trattate con comracccttivi (di solito mestranolo) per 5- 7 anni, hanno un rischio rela[ivo 5 di andare incontro ad adenoma epatico; se trattate per piu di 9 ann i il rischio relativo è di circa 25. La prognosi, nonostante la benignità della neoplasia, è g ravata da una mortalità globale del 7%, legata prevalentemente ad un emoperitoneo, seconda ri o a ll a rottura del tumore riccamente vascolarizzato. Sono stati desc ri tti inoltre 25 casi di eparocarcinoma in soggetti con am:mia aplastica, Lraltmi a lungo con ormoni anabolizzanti ed androgeni, e 20 casi di epatocarcinoma, associati talvolta ad adenomi epatici, in donne tratta te per piu di 4 anni con cont raccettivi.

Caratteri particolari di questo epatocarcinoma sono la ricca vasco l arizzazione (con elevato rischio di emoperi t oneo), la negatività dell'alfa-feto-proteina e la regressione, anme de ll e eccezionali metastasi, alla sospens ione del farmaco.

CONCLUSIONI

L 'osservazione di danni epatici da farmaci clinicamente rilevanti è relativamente frequenre.

L'insorgenza del danno epatico può essere o no correlata alla dose del farmaco.

Per alcuni farmaci il danno epatico può essere faci li rato da cond izioni predisponenti.

In alcuni casi il danno è partico larmente temibile pe r l'a lt a le t alità o pe r l a possibile cronicizzazione. Per

393

cale motivo è importante, laddove possibile, l'attuazione di misure prevent ive che implicano: la limitazione nell'uso dei farmaci;

- il mantenimento al di sotto della dose lesiva dei farmaci con epatotossicità dose-dipendente;

· il monitoraggio, con controlli funzionali periodici, dei pazienti trattati con farmaci, causa di danno epatico dose-ind ipendente, particolarmente temibili (letalità o cronicizzazione);

- uso di farmaci alternativi in presenza di condizioni predisponenti al danno epatico.

R iassunto . - Gli Autori, sulla scorta dei dati riportati dalla piu recente letteratura , hanoo condotto una revisione sul danno epatico da farmaci, esaminandone l'incidenza, il meccanismo d'a1.ione e le principali caratteristiche anatomo-patologiche e cliniche.

Résumé - Les Auteurs, sur le guide dcs données reportées p.tr la plus récente linérature, onc conduir une révision sur le dommage héparique à cause des médicamcnts en cxaminant l'incidencc , le mécanisme d'acr ion et !es principa les caractéristiques anatomiquc-pathologiques et cliniqucs.

Summary. - Following data from later literature , the Authors made a review about epatic injury causcd by drugs, testing the in.:i<lence, the mechanism of action, the main anatomy-parhologic and clinica! fcature~

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394

OSPEDALE MILITARE DI VERONA

Direttore: CoL me. M PLESCI A

DODICI CASI DI ENURESI. VALUTAZIONE CLlNICA ATTRAVERSO IL TEST PROIETTIVO DI RORSCHA CH

S. MarceUi 1 '

G. Cascio Ingurgio'';,;,

INTRODUZIONE

a) L 'enuresi

S'intende per enuresi il difetto del controllo dell'apparato sfinteriale che presiede all'arresto del flusso di urina. Essa è primaria quando tale controllo non viene mai appreso, secondaria quando la perdi ta del controllo si verifica in pazienti che hanno avuto un apprendimento adeguato, che avviene di solito entro i quattro anni di età (1).

Il disturbo dell'enuresi occorre principalmente durante la notte e, nella stragrande maggioranza dei casi, nella fase di ingresso al sonno REM in cui, oltre alla produzione dei sogni, si assiste a importanti modificazioni neurovegetative dell'organismo (2). Tuttavia esso può essere presente durante il giorno, associarsi a encopresi e/o altri sintomi (1).

In base alla frequenza si distingue l'enuresi in quotidiana e intermittente. Lo sfintere vescicale ha innervazione sacrale, per una conoscenza piu approfondita del quale e dei suoi rapporti fisiologici con le strutture viciniori si rimanda ai trattati di anatomia e fisiologia.

In alcuni casi l'enuresi riconosce un'origine neuropatologica, spesso viene etichettata come essenziale in quanto non è possibile accertare alterazioni macro o microscopiche a livello della muscolatura, dell'innervazione o dei centri nervosi superiori deputati a tale controllo.

Vi sono numerose ipotesi che vedono nella sfera emotiva le cause principali dell'enures i (3), teorizzando una fissazione dello sviluppo psicoaffettivo del paziente, per il quale la m inzione acquisterebbe un valore sessuale simbolico a contenuto e intensità variabili. Proprio per queste ragioni l'enuresi non sarebbe mai un si~tomo isolato, collocandosi in un quadro nevrotico piu vasto (1)

b) Il test proiettivo di Rorschach

Il test di Rorschach, dal nome dell'Autore che lo ideò, è un sistema psicodiagnostico, che, costituito da una serie di cartoncini su cui sono stampate macchie scu re e colorate, permette di tracciare dei profili di personalità e di evidenziare le dinamiche psicologiche della persona alla quale si somministra, talora piu profondamente di un colloquio, del quale è un validissimo ausili o nella diagnosi di numerose situazioni morbose anche non puramente psichiatriche (4).

L'operazione mentale che permette alle macchie di essere interpratate come qualcosa di diverso da semplici macchie è la proiezione, secondo la quale i contenuti psichici remoti ed attuali affiorano alla coscienza e vengono espressi dal soggetto sottoforma di interpretazioni.

Due sono le caratteristiche del test che permettono al meccanismo della proiezione di manifestarsi: 1) la scarsa strutturazione gestaltica della macchia, 2) la simmetria ad asse mediano che permette l'identificazio ne del soggetto con l'oggetto poiché anche l'uomo ha una simmetria anal oga a quella presentata dalle macchie. Per ulteriori conoscenze relative al test si rimanda alla bibliografia (4) (5) (6) (7).

RICERCA CLINICA

e) Scopi della ricerca

La ricerca che segue si propone uno studio della personalità di dodici pazienti enuretici, cercando dico-

* Assistente e/o il Consultorio Psicolog.:o dell ' Ospedale Mili t are di Verona

•• Capo reparto dd Reparto Neuropfrhiatrico dell ' Ospedale Militare di Verona

'" '" Assistente a1 Reparto Neurop,ichiatrico dell'Ospedale Militare di Verona

395

gliere gli aspetti patologici riguardanti l'intelligenza nella sua globalità e l'affettività con i meccanismi di difesa ad essa connessi.

Riferendosi spiccatamente ai fenomeni particolari, la ricerca tende inoltre ad evidenziare gli aspetti psicodinamici attraverso i quali il sintomo enuretico si maniiesta e si mantiene nel tempo.

d) Soggetti utilizzati e metodo della ricerca

Sono stati utilizzati dodici pazienti affetti da enuresi, a noi pervenuti dai reparti di cura e di osservazione dell'O.M . di Verona durante il semestre settembre '85 - febbraio '86. Si tratta di soggetti di sesso maschile con età media di 19. 9 anni, livello culturale medio,

c) Materiale clinico

Caso n. 1

varia occupazione professionale, tutti celibi.

Un diverso operatore, prima dell'esecuzione del test, ha sottoposto i pazienti ad un colloquio prelim inare atto a stabilire la diagnosi ed evidenziare il ti po e l'entità dell'enuresi , oltre che la presenza di famili arità e/o anomalie del tratto genito-urinaio.

La familiarità del disturbo è risultata positiva m due casi, mentre un solo paziente aveva subito un i ntervento chirurgico per criptorchidismo bilaterale con i pogonadismo.

Per quanto riguarda il tipo di enuresi, abbiamo riscontrato un solo caso di enuresi secondaria su dodici, essendo i restanti pazienti affetti dalla forma primari a.

Il test è stato somministrato secondo le istruzioni riportate da Bohm, facendolo seguire dalla prova d i Morgenthaler (8).

C.Z., anni 19 , licenza media, metalmeccanico, celibe. Affetto da enuresi primaria senza alcun intervallo di remissione. Familiarità positiva in una sorella.

Protocollo

a

a

Le devo dire che cosa vedo! Questa

c ... una farfalla (mette la tavola sotto il tavolo)

c ... (si grana sulla tempia sx.) a (non saprei dire c a c sembrano delle toraci.

qua mi sembrano due persone (annuisce col capo)

(sospira) .. . b b a ...

questa proprio non la so ...

a

a

a 8"

a

pipistrello

(si passa la mano sotto il naso)

... (nega col capo e s'avvicina la tv.)

... un cane mi sembra

Qua mi sembra (mi fa vedere dove)

che ci si ano quattro facce ...

... (s i allontana come per vedere meglio)

qua mi sembra un pino con degli scoiattoli. (Colpo di tosse)

GF + A Ban

Choc allo scuro

D F-Anat Orig-

GK+H Ban

choc allo scuro

Rifiuto

G F + A Ban

G F + A(K) Orig +

11. 35

D K+ Hd Orig+

Risposta complessuale

D F + Nat Ban

Interferenza VIII

I
5" II
6" III
7" IV
7" V
8" VI
9" VIII
VIII
396
O"
a a
a

6"

IX a ... questa non la so! (nega col capo) mmh mmh

5"

X a (si gratta la piega di flessione del gomito sx.)

... (volta il capo a destra e a sinistra) ... non lo so .. .

Inchiesta: 11.47

III K tee. +

VTI due che si guardano e due che si sporgono

Prova di Morgenthaler: + V; -IX

Spoglio

T= 12'

G = 4( +)

D = 3

R ifiuto choc colore Rifiuto Choc colore

R = 7(VIII-X,1)

F = 5(4 + , 1-,)

K = 2( +)

TMR= 1'43

H = 1 Ban= 4

Hd = 1 Orig. = 3(2 + )

A= 4 (lk)

Anat= 1

F + % = 80,00, (H + HD)%= 28,57, (A+ Ad)%= 57,14, Ban% =57, 14, Orig.% = 42,85 TP = G-D, Succ. = incompleta , TRI = 2:0 IR = 6.

Choc allo scuro (I , IV) Choc colore (IX, X). Interferenza (VIII) Rifiuto (IV, IX, X) Risposte complessuali (esibizionismo-voyerismo, Ill) K secondarie (come sdraiato, VI). 1

Caso n. 2

L.C., anni 19 - Seconda media, barista, celibe. Affetto da enuresi primaria con accentuazione durante il servizio militare. Saltuari risvegli notturni.

Protocollo

I 5"

II 10" III

a Una farfalla ... Non vedo altro ...

(mi guarda) ... Non vedo nessun'altra cosa (appare triste e preoccupato)

a b ho finito

30"

III

a a a a

vedo una faccia di gatto (parla quasi sottovoce come prima)

... Non riesco a vedere nessun'altra immagine (scuote la testa)

Passiamo ad un'altra figura

Può significare due persone

... Un sorriso ... Non vedo nessun'altra figura

(mi porge la tavola)

passiamo ad un'altra figura

Vedo un personaggio cattivo in questa immagine

c a . . . ( mi porge la tavola)

passiamo ad un'altra figura?

10.50

G F +A Ban

Choc allo scuro

DblG F + Ad

Fusione figura-sfondo

Stereotipia verbale

G K + H Ban

DblD K + Kd Orig +

Fusione figura-sfondo

Stereotipia verbale

Risposta complessuale

GK + H

Choc allo scuro

Stereotipia verbale

397

a a a a a a a

Vedo un uccello in questa figura ca ho finito (mi porge la tavola)

Vedo la pelle di un animale (lascia la tavola posandola sul tavolo e continua ad osservarla) ... Passiamo ad un'altra figura

Non ha nessun significato ... (posa la tavola) ... Passiamo ad un'altra

Sembra sa i , l'elmo che si mettevano i soldati ... Si può dividere l'immagine? (mi guarda preoccupato) ...

Vedo due animali con due mani che li stanno prendendo passiamo ~d un'altra figura

(la poggia subi to) a ... come l'esplosione di una bomba ... passiamo ad un'altra figura

Mi sembra di vedere l'immagine di una persona allegra ... basta, ho finito

i baffi sono il rosso inf., le guance le parti scure lat., gli occhi gli spazi bianchi sup., le orecchie i rossi sup.

K tecnica + per la risposta sorriso indica la fascia bianca compresa tra il nero (cesta degli U.) ed il rosso centr.

VIII le mani sono la protuberanza dei grigi centr. sup.

Prova di Morgenthaler: + II; -VII

Spoglio

T = 23'

G = 9(7 + )(1 DblG)

D = 3(1 Db!D )

R = 12(VIII-X,5)

K = 4( +)

F = 6( +)

CF = 2

G F + A Ban

G F + Ad Ban Stereotipia verbale

Rifiuto

Stereotipia verbale

G F + ogg Orig + D F +

A Ban D K + Hd Orig. + Interferenza Critica del1'oggetto Risposta complessuale.

G CF Esplosione

Choc colore Stereotipia verbale

G CF H Orig-

TMR = 1'40"

H = 3 Ban = 5

Hd 2 Orig. = 4(3 +)

A= 3

Ad= 2

Ogg = 1

Esplosione= 1

F + % = 100,00, (H + Hd)% = 41,66, (A+ Ad)%= 41,66, Ban% = 41,66, Orig% = 33,33, TP = G-D-DblGDblD; Succ. = incompleta, TRI = 4:2, IR = 5.

Fusione figura-sfondo (II , III) Rifiuto (VII). Choc allo scuro (I, IV ), Stereotipia verbale (II, III, IV, VI, VII, IX ), Choc colore (IX), Interferenza (VIII). Risposte complessuali (seduzione III, dipendenza-indipendenza VIII). Critica dell'oggetto VIII.

15" V l" VI 20" VII 40" VIII 40" IX .30" X Inchiesta: II III
398

Caso n. 3

A.N., Anni 19. Licenza elementare, muratore, celibe. Affetto da enuresi primaria con frequenza sporadica non modificata dal servizio militare. Intervento chirurgico per criptorchidismo bilaterale con ipogonadismo.

Un animale (mi guarda come per ottenere un consenso ... È un animale, sembra la forma di un animale, ... (guarda la tavola perplesso)

Non vedo altro, (cont inua a guardare la tavola poi me la porge)

Non mi fa immaginare niente (guarda la tavola con attenzione)

... Niente , non mi viene in mente niente ... Non riesco a capire cosa possa essere! (continua a guardare la tavola con attenzione) Non

mi fa immaginare niente Non riesco a farmi venire in mente niente

Sono due persone (guarda la tavola con attenzione per quasi 5')

... Non mi viene in mente piu niente (poggia la tavola, poi la riprende e ricomincia ad osservarla) ... Niente non mi dà piu altro

La forma di un animale

N ienr' altro

Il disegno di un animale

... Niente

Un animale anche questo ...

Non saprei, questo qui non saprei. (poggia la tavola e continua ad osservarla) ... Niente, non saprei.

Qui vedo due animali (indica i due terzi superiori) Non so, non riesco a capirlo (poggia la tavola) ... Non saprei che animali possano essere ... Dalla faccia sembra no due cani ... Niente altro, basta cosi.

Due animali vedo, ... Basta

Nien te, sembra come qualcosa che è esploso ... Basta

Qua ci sono due persone ... niente (a11ontana la tavola)

Sembra un animale di quelli che stanno nella grotta, tipo il pipistr ello

Sono due persone che si stanno guardando

Sembra un gorilla

Sembra una farfalla

G F + A Ban

Viscosità nel tema

Rifiuto

Choc allo scuro

GK + II Ban 11.00

Risposta complessuale

GF + A

Viscosità nel tema

GF + A Ban

Viscosità nel tema

Dd F- ind A

Viscosità nel tema

D F + Ad

GF + A Ban

G C F Esplosione

D K + H Orig +

Risposta complessuale

Protocollo 2" I 40" II l' .30" III 2' IV 2' V 4' VI 2 VII 4' VII I 5' IX 8' X a a a a a a a ab d a a b c Inchiesta 11.55 I III IV V
399

Apice estremità scura superiore

Blu centrali: come se si passassero qualcosa

Prova di Morgenthaler: non rilevata .

Spoglio:

T = 55'

G = 6(5 +)

D = 2

Dd = 1

R = 9(VIII-X,3)

K = 2( +)

K = 6(5 + ,1-ind.)

CF = 1

TMR = 6' 6"

H = 2

A = 5

Ad= 1

Ban = 4

Orig = 1 ( +)

Esplosione = 1

F + % == 83,33 (H + Hd)% = 22,22, A+ Ad)% = 66,66, Ban% = 44,44, Orig% = 11,11, TP = G-D-Dd, Succ incompleta, TRI = 2: 1, IR = 6.

Rifiuto (II), Choc alJo scuro (II), Viscosità nel tema (I, IV, V, VI) Risposte complessuali (voyerismo III , complicità X)

Caso n. 4

P.P . di anni 19. Licenza media, fabbro, celibe. Affetto da enuresi primaria senza intervalli di remissione.

Protocollo

a a a a a a a

(poggia la tavola)

Cosa mi sembra a me? In mezzo sembrerebbe un animale

... Qua come una pianta (indica le parti nere laterali)

quegli animalettini non so neanch'io come si chiamano .. . Buh, non ci trovo piu niente.

(poggia a tavola) Questa sembrerebbe una farfalJa Basta, non mi dice niente

Si può anche girare? a b c d ... come due corna di un cervo e due pezzi di rami d'albero (poggia distante la tavola e continua ad osservarla)

Questa qui in mezzo una farfalJa

c a c a c Sembrerebbe quasi un pipistrello schiacciato, le ali, la testa (mi porge la tavola) non ci trovo niente

Sembrerebbe ancora una farfalla b ... d a (mi porge la tavola)

Questa sembrerebbe la testa di un gatto A vederla cosi sembrerebbe un tappeto, una pelle di animale di quelle che si tengono nei salotti

D F + A

DF-Bot

DF + A

G+F+A

Perseverazione

D F - Ad

D F + Bot

D F + A Ban

Perseverazione

choc alJo scuro

GF+A 12

Risposta complessuale

G F + A Ban

Perseverazione

D F + Ad

G F + Ad Ban

VI X
5" I 3" II
5" III
400
40" IV 3" V 20" VI
.45
1' 10"

... b ... a ... (guarda la tavola perplesso e continua a girarla)

b ... a non ci trovo niente (mi porge la tavola) non nù dice niente

Ai lati sembrano come due topi

Il pezzo qua (indica il grigio superiore) un pino, un abete (poggia lontano la tavola)

d a non mi dice niente (allontana la tavola)

Questa sem brerebbe la radice di una pianta, (indica il grigio su p. ) con lo stelo ...

Questi qua due piccoli animaletti

Questa qua sembrerebbe quasi la Sardegna Basca

Animalettini: tipo scarafaggi, indica le chele , la testa e le zampe. per le prime due risposte le gambe deg]i U.

Animaletti: marrone laterale , sembrerebbero due conigli appena nati. Sardegna: arancioni laterali inferiori.

Prova di Morgentha1er: + VI, -IX

Spoglio:

T = 20'

G= 4 (+)

D = 12

Choc allo scuro

D F + A Ban

D F + Bot Interferenza

Rifiuto

Choc colore

D F + Boe

D F + A Orig +

D F + Geo

13.05

R = 16(VIII-X,5)

F = 16(14 + ,2-)

TMR = 1,15"

A= 8 Ban = 4

Ad = 3 Orig = 1( + )

Bot= 4

Geo= 1

F + % = 87,50, (A+ Ad) %= 68,75, Ban% = 25,00, Orig% = 6,25 TP = G-D, Succ. - incompleta, TRI - 0:0, IR= 5

Choc allo scuro (IV, VII), Rifiut o (VII, IX), Choc colore (IX), Interferenza (VIII), Perseverazione (farfalla, II, III, V), Risposte complessuali (sadismo IV, nascita X).

Caso n. 5

G.B. di anni 19. Licenza media, in attesa impiego, celibe. Affetto da enuresi primaria.

Protocollo

2"

I 1"

Il a a (ride) pipistrello, io penso

ma che figure strane e se sbaglio? questa è la figura di una farfalla

10.43

G F + A Ban

G F - ind.

D FC A Ban

Choc allo scuro

Abbassamento di coscien za dell'ateo interpretativo

Autocritica

VII 10" VIII 20" a a IX ab c 10" X Inchiesta III X a
401

bah! una lumaca sembra

una croce sembra no due pupazzetti, non saprei spiegare cosa, due animaletti

... tutti animali qua sono, non capisco perché fanno tutta questa pittura attorno che non servono a niente, due leoni ma di queste cose cosa si fa poi? una relazione?

questi sembrano due robot, hanno anche i polmoni, la gabbia toracica

a a a a a a a a questi sono due scimpanzé (ridacchia) ma cos'è 'sta roba ma sono immagini assimilate a qualcosa? ... per me sono due piedi allungati, gambe divaricate

... mmh mmh dei granchi qua mah!?

GF + A

Rimozione cinestesica

Do K + Hd

Critica deU 'oggetto

Choc allo scuro

Abbassamento di coscienza deU' atto interpretativo.

D F + Ad

DF + Ogg

DF + Ogg

DF + A

DF + A Ban

Cri tica deJJ 'oggetto

Choc colore

DF + Ogg Orig +

D F - Anat

Confabulazione

DF+ A Ban

10,50

Farfalla: il rosso sarebbe (inf.)

K + tee. la faccia proprio no. Mima la posizione degli scimpanzé

Della lumaca ha solamente le corna, due piedi d'animale poi il resto è sfumato (volta la tavola)

La croce è la parte superiore, facciam finta che sia una croce; una croce artistica

Due scoiattolini

Solo l'arancione, la colonna vertebrale i polmoni, il verde Il blu.

Prova di M orgenthaler: + VII, - V Osservazioni cliniche:

Ripone ogni tv. alla sua destra e le sistema spesso, eliminando ogni imperfezione di posizione.

2" III 4"· IV 4" V 3" VI 9" VII 3" VIII O" IX 10"
II III V VI VII IX X
Inchiesta:
402

Spoglio:

T = 7'(4'-3')

G = 3(2 +)

D= 9

Do= 1

R = 13(VIII-X,4)

K= 1( +)

F = 11(9 + ,2-) di cui 1 ind.)

FC = 1

TMR = 32"

Ban = 4

Orig = 1( +)

Anat = 1

Ogg= 3

F-ind = 1

F + % = 81,81; (H + Hd)% = 7,69; (A+ Ad)%= 58,33; Ban% = 30 ,76; Orig%7,69 TP = G-D; Succ = incompleta: TRI = 1:0 ,5. IR = 4

Abbassamento di coscienza dell'atto interpretativo (II, IV), Critica dell'oggetto (IV, VIII), Choc allo scuro (II, IV), Choc colore (VIII) , Rimozione cinestetica (III), Confabulazione (!Xi. Autocritica (II).

Caso n. 6

M.B. di anni 19. Terza media, operaio, celibe. Saltuari episodi enuretici in relazione a stress emotivi secondo quanto riferito dallo stesso.

Protocollo

a questa una farfalla, una farfalla

a c d a si può guardare in tutti i modi?

a c a (mette un dito in bocca) una scimmia

a c a due uomm1

a e d a bah, questo non lo so (so rridendo)

... non lo so

a a a a c

(avvicina la testa alla tavola) e una bambina con le ali

b ... c d a b cosi mi sembra una pistola però bisognerebbe tagliare il pezzo sopra

due bambine che balJano

(scruta la tavola)

due cani ai lati, però quello in mezzo non so cos'è mi sembra una pianta bah!

a c d c Cosi mi sembra la bomba atomica

12 .58

G F + A Ban

DG F - A (Orig-)

G K + H Ban

Rifiuto

Choc allo scuro

DG K + I I Orig +

D F + Ogg. Orig +

Critica dell'oggetto

GK+H

D F + A Ban

D FC Bot

G CF Bomba atomica

5" I 7" II 3" III 8" IV 12" V 9" VI O" VII 7" VII 8" IX
403

10"

X a c (s'avvicina col capo, molto) ... a b c questo un diavolo e questo

sembra un uccello piccolo ... a ... e girato dall'altra parte queste qua sembrano due bestie

DdD F + I I Orig +

DF :.... A

D F + A Ban

Inchiesta:

D alla barbetta sotto (rosso inf.)

Ha un pò le gambe storte, è una maschera a carnevale

Un d iavolo con le ali e le corna (Verde centr.) l'uccello (a rane. centr.).

Prova di Morgenthaler: + VII , - IX

Spoglio:

T = 9'

C = 6(4+)(2DG)

D = 6(1DdD )

R = 12 (VIII-X,6)

K = 3( +)

F = 7(5 ..- ,1-,1 + 7(5 + ,1-,1.'.'...)

FC = 1

CF = 1

TMR = 45"

Il= 4 Ban = 4

A = 5 Orig = 4(3 + )

Bot= 1

Ogg= 1

Espi= 1

T + % = 72,14; (H + Hd)% = 33,33; (A+ Ad)%= 41,66; Ba% - 33,33; Orig% = 33,33 TP = G-D-DdD; Succ. incompleta; TRI-= 3:1,5 [R"" 5

Fenomeni particolari:

Rifiuto (IV). Interpretazione di maschere (3 ° gruppo, V). Choc allo scuro (IV), Critica de ll 'oggetto (VI), Rispo ste complessuali (deformità, V).

Caso n. 7

D.P. di anni 20. Licenza media, meccanico di biciclette, celibe. Affetto <la enuresi primaria.

Protocollo

12"

I 20" II

15"

III a a a

Perseverazi one

14" IV

9"

V

a a non saprei (nega col capo)

... c a ... non mi sembra ... sembra una figura allo specchio metà e metà praticamente

... (n e ga col capo), non so ... anche qua sembra lo stesso senso, dei pezzi di cartone con un pò d'inchiostro

... e .. . a ... mah! .... sembra una figura sensa senso, di seg ni , non so cosa dirle ...

e ... (si gratta la s p alla) ... cl a ... boh! non so cosa rispondere c, sembra una farfalla

... a c non lo so ... in effetti sembra la forma di un animale non so che razza sia, una forma strana

G F - ind.

Perseve r azione Immagini riflesse

Choc allo scuro

G C Macchie

Choc allo scuro

G F - ind.

GF+A

Choc allo scuro

G F - A

12.17

404

a a a b

... non so cosa dirle ..... . (eleva il labbro superiore in segno di dubbio)

... mmh ... cioé, sembra una figura allo specchio, a vederla cosi

(iniz i a a parlare bruscamente in modo veloce) beh, questo sembra un animale allo specc hio che sta attraversando un altro posto (mi mostra la tavola) una tigre

a b a ... (volta il capo a destra e a sinistra) ... d a c ... non lo so

a b .. . (abbassa gli occhi e gli angol i della bocca) a ... (di nuovo) .. (s i tocca le labbra) .. . non saprei cosa dirle

Rifiuto Choc allo scuro

G F - ind.

Perseverazione

Immagini riflesse

D F + A(K) Ban

Interferenza VIII Immagini riflesse

Rifiuto Choc colore

Rifiuto Choc Colore

12.31

Inchiesta:

Il III

V

Inchiostro : il nero sul rosso K + Tee.

Dei pungiglioni (la forbice) o una farfalla

Prova di Mo r genthaler: + VIII, - 1.

Spoglio:

T = 11'(9-5)

G = 6( 1 +)

D= 1

R = 7(VIII -X, 1)

F = 6(2 + , 4- di cui 2 ind.)

e= 1

TMR = l' ,34"

A= 3(1k) Ban = 1

Macchie= 1

F- ind. = 3

F + % = 33,33; (A+ Ad)%= 42.85; Ban% = 14,28; TP = G-D; Succ. = incompleta; TRI = 0:1,5; IR = 2.

Perseverazione (figure I, III, VII), Immagini riflesse (I, VI, VIID, Choc allo scuro (I, II , IV, V), C h oc colore (IX,X), Interferenza (V III) , Rifiuto (IV, IX , X). K secondarie (animali allo specchio, VIII).

Caso n. 8

F .B di anni 27. Secondo anno fuo ri -corso di Medicina e C hiru rg i a, celibe. Afferro da enuresi primar i a.

Protocollo

O"

I a 5"

II a

Un 'ape, un in setto (mi guarda) c 'è qualcosa d'altro? (mi po rge

l a tavola)

una sez ione del midoll_o (m i porge la tavola)

11.00

10" VI 15 " VII 7" VIII 5" IX 23" X
G F + A B an
G F + Anat
405

III a Due ballerini GK + H Ban O"

IV a Un uomo seduto GK + H O"

V a Una farfalla GF + A Ban 6"

VI a ... la pelle di un gatto GF + Ad Ban

10"

VII a (appare un po' in difficoltà, scuote la testa) un arcipelago di sole GF + Geo

12"

VIII a due castori e non so, vicino ad una pozza d'acqua DF + A Ban DC Nat 3"

IX a Un fiore D CF Bot 2"

X a non saprei ... sembrano delle macchie di colore, simmetriche G C Macchie Inchiesta

Le ali non sembrano quelle di un'ape

IX (guarda il retro della tavola, poi me la porge)

È seduto su un tronco, visto da sotto, di fronte.

Manca solo la coda

Manca il gambo, potrebbe essere una bocca di leone

Prova di Morgenthaler: + VII, - X

Spoglio:

T= 5'

G = 8(7 +)

D = 3

Choc colore

Simmetria

11.05

R = 1 l(VIII-X, 4)

K = 2( +)

F = 6( +)

C= 2

CF= 1

TMR = 30"

H = 2 Ban = 5

A = 3

Ad= 1

Anat = 1

Geo= 1

Macchie = 1

Nat = 1

Bot = 1

F + % = 100,00; (H + Hd)% = 20,00; (A + Ad)% = 40,00; Ban% = 50,00; TP = GD; Succ. = irx:omp!eta; TRI = 2:4,5; IR = 6

Choc colore (X); Simmetria (X).

O"
I VI VI
406

Caso n. 9

A.V. di anni 20. Diploma di geometra, impiegato, celibe. Affetto da enuresi primaria, da un anno in remissione senza apparente terapia. Familiarità positiva in uno zio e in una cugina materna.

10.20

a a a a a a a a a a

Questa mi dà un po' l'idea di un pipistrello

b c d ... c questa mi ricorda piu che altro la struttura ossea del bacino decisamente non vedo altro

b CTascia Ja tavola per prendere il fazzoletto; poi Ja riprende) potrebbero essere due ragazze che giostrano, all'incirca.

(So rride un po' forzatamente) a b c d ... a non mi dice assolutamente niente a b c d c potrebbe essere qualche strano insetto, non è che mi suggerisca niente.

(Dondola il capo un po' perplesso, quasi sorridendo) uria farfalla

c potrebbe essere la schematizzazione di un volto appoggiato ad

uno specchio, con il riflesso del viso dalla parte dello specchio.

b (Sorride a b (è perplesso ) a potrebbe essere la testa di uno sco rpione oppure guardando la zona bianca compresa, potrebbe essere un vaso.

b potrebbe essere un orso sulla riva di un fiume con la parte del corpo riflessa sul1o scagno ... potrebbe essere un fiume, un lago, uno stagno.

c b d a potrebbe essere le macerie lasciate da un'e• splosione le particelle espulse.

Sembre piu colorate a b c d proprio niente una figura simmetrica di colori, niente di piu.

G F + A Ban

G F - Anat

G K + Il (Orig + ) Risposta complessuale

G F - A

Cioé che ruotano l'una di fronte all'altra contrapposte.

Testa scorpione: tutta la tv. Le antenne sono le protuberanze grigie superiori e l'attacco del corpo è il bordo grigio inferiore.

G F + A Ban

G F + IId Immagine riflessa

DblG F + Ad

Dbl F + Ogg Fusione figura-sfondo

D F + A Ban

DC Nar Immagini riflesse

G Clob Macerie

G C colori Choc colore Simmetria

O" I 10" II 20" III 15" IV 15" V 15" VI 20" VII 20" VIII 15" IX 8" X Inchiesta: III VII
Protocollo
Prova di Morgenthaler: + VIII, • VII
407

Spoglio:

T = 25"

G = 9(5 + ) (lDbl)

D= 2

Dbl= 1

R = 12(VIII-X,4)

K = 1( +)

F = 8(6 + , 2- di cui 1 ind.)

e= 2

Clob = 1

TMR = 2'5"

H = 1 Ban = 3

Hd = 1 Orig 1 ( + )

A= 4

Ad= 1

Anat = 1

Ogg = 1

Nat= 1

Macerie = 1

Colori= 1

F + % = 75,00; (H + Hd)% = 16,16; (A+ Ad)%= 41,66; Ban% = 25,00; Orig% = 8,33; TP = GD-Dbl-DblG , Succ. = incompleta , TRI = 1:3; IR = 6

Risposte complessuali (Competizione, III), Immagini riflesse (VI, VIII), Fusione figura-sfondo (VII), Choc colore (X), Simmetria (X).

Caso n. 10

L.S. di anni 19. Licenza media, contadino, celibe. Affetto da enuresi primaria.

Protocollo

5" I

11.55

a Devo rispondere cosa sono? ... un merlo mi sembra una rondine un'aquila non mi viene piu, mi sembra un'ombra ... un disegno una pianta si può fare anche una parte di tutto? ... qui mi sembra un orso ... un uomo nero ... non ne so piu.

a ... una farfalla ... un uomo con le braccia ... (sorride e mi guarda) non mi viene, basta (sorride tranquillo)

a Qui ci sono due uomini (sorride) non mi viene (allontana la tavola)

a Una montagna sembra un mostro (sorride) (guarda un po' con attenzione) basta.

a Questa è una farfalla sembra una persona col mantello basta non mi viene

a Mi sembra un vaso con i fiori ... una chitarra ... una croce ... non mi viene piu.

DG F + A

DG F + A

DG F + A

D Kclob H

G F - Ogg

G F - Bot

DF + A

D FClob H

Choc allo scuro

GF+A

DF+H

G K + H (Orig +)

Risposta complessuale

G F - Nat

G F + H Ban

G F + A Ban

G F + H (O rig +)

Risposta complessuale

DG F(C) Bot

G F + Ogg

D F + Ogg

25" Il
5" III 3" IV
O" VI 408
1" V

VII l 5"

VIII I O"

X Inchiesta:

a Sono del fumo ... poi sembrano due uomini ... poi sembra una sedia con gli appoggia schiena basta.

a Sembra una barca con le vele questi sembrano dei cinghiali poi sembra una pianta col tronco al centro e dei rami.

a Questo sembra un vaso con il piedistallo poi sembrano delle rocce basta.

a Qui mi sembra l'albero di Natale questo sembra una qualità di pesce, un granchio ... mi sembra una carta geografica ... basta non mi viene piLt.

G Clob Fumo

D K + H (Orig + )

Db!G F- Ogg OrigRisposca complessuale

G f + Ogg Orig +

D F + A Ban

D f - Boe

Choc colore

DblG F _:_ Ogg

G FClob Nat

G CF Bot

G F + A Ban

D ClobF Geo

Inibizioni sofropsichiche

Choc colore

12.17

Ombra: la parte centrale scw·a sembra l'ombra di un uomo nero con le braccia alte. Uomo nero: indica il centro della tavola; la testa e le braccia sono le appendici scure superiori

III Due uomini: mi sembra che con le mani siano H per scagliarsi, per prendersi a botte.

VI Il vaso è tutta la macchia, i fiori l'appendice superiore.

VII I due uomini sembrano parlarsi. L'appoggiaschiena della sedia è il bianco dentro la macchia, le parti scure sono il resto della sed ia Prova di Morgenthaler: + VIII, - I.

Spoglio:

T =- 22'

G"" 20(12 + )(4DG,2Dbl G)

D = 9

R = 29 (VIII-X, 8)

K = 2( +)

F = 20(14 +, 5 - di cui 1 incl., l _:_i

CF = 1

F(C) = 1

Clob = 2

KC!ob = 1

FC lob = 1

ClobF = 1

TMR = 45"

H= 7

A = 8

Bot= 4

Nat = 2

Geo= 1

Fumo= 1

Ogg= 6

Ban = 4

Orig = 5(4 + J

F + % = 72,50; (H + Hd) % = 24, 10; (A+ Ad)%= 27,54; Ban% = 13,70; Orig% = 17,24; TP = G-D-Db!G; Succ. = rilassata, TRI = 3 : l; IR = 6

Choc allo scuro (I ), Risposte complessuali (Competizione III, dissimulazione V, comunicazione VII); Inibizioni sofropsichiche (X); Choc colore (VIII).

l5"
IX lO"
409

Caso n. 11

S.R. di anni 19. Licenza media, cameriere d'albergo , celibe . Affetto da enuresi primaria, costante fino all ' età di 10 anni, attualmente occasionale in relazione a stress emotivi.

Protocollo

3"

I

20"

II

20"

III 30" a Un insetto, non so . . . un pipistrello a c ... a c b d ... basta.

a b c a Non so cosa sia questa cosa qui (sorride) sembra la faccia di un maialino che si rispecchia di sopra e di sotto ... c guardandola cosf sembrano le antenne di un insetto con le ali.

11. 3...

GF+A

G F + A Ban

D F + Ad Orig +

DdG F + A

Choc allo scuro

Risposta complessuale

Immagini riflesse

a c ... b c ... sembra un ragno con sopra una farfalla ... a c a d ... a qui sembrano due donne.

IV a c a a b c a un insetto e due scorpioni.

16"

V a c b a d a una farfalla non vedo altro (continua ad osservare

15"

DblG F + A Orig +

G K + II Ban

Fusione figura-sfondo

Risposta complessuale

D F + A

DF+A

G F + A Ban la tavola mentre me la restituisce).

VI a c d b c a una pelliccia di quelle aperte sul pavimento a b c d

60"

VII

30"

VI II

1,30"

IX 40"

X

... a c. a b c d a ... c d b ... a c d ... c sembrano due facce di elefantini ... non vedo altro, è strana questa figura.

a b d c ... a ... vedo due cani, due animali o due cani ... c qui (indica il rosa e l'arancione) la forma di una giacca basta.

a b c d c ... a b c d ... b a c ... a ... un uomo che taglia un albero ... due uomini che tagliano gli alberi non vedo altro (è perplesso, poi sorride) sono strani

a c b d ... a c ... d due insetti ... c e due animaletti a forma di grillo la forma di un piccolo uomo.

DG F + Ad Ban

D F + Ad

Choc allo scuro

D F + A Ban

D F + Ogg

D K + H Orig+

Risposta complessuale

Choc colore

ipercompensato

D F + A Ban

DF+A

D F + H Ban

11.48

410

Inchiesta :

II Maialino: il muso è metà della puma nera superiore centrale, la testa è la metà nera superiore che si specchia davanti e in basso.

IX Gli uomini sono gli arancioni , gli alberi le protuberanze arancione centrali.

Prova di Morgenthaler : no n rilevata

Spoglio:

T= 16'

G = 6( +) ( lDG , lDdG , lDblG)

D = 10

R = 17(VIII-X , 6)

K = 2( + )

F = 15( +)

TMR = 56"

H = 3 Ban = 7

A = 10 Orig = 3 ( + )

Ad= 3

Ogg= 1

F+% = 100,00; (H+ IId)%= 17 , 64; (A+ Ad)% = 76,47; Ban% = 41,17; Orig% = 17,64; TP= G -D, Succ. = incompleta; TRI = 2:0; IR = 7

Choc allo scuro (II, VII), Immagini riflesse (II) , Fus ione figura -sfond o (III), Choc colore ipercompensato (IX) , Risposte complessuali (sado-masochismo III , castrazioneIX, esibizionismo-voyerismo II).

Caso n. 12

G.B. di anni 20. Diploma di perito meccanico, in attesa impiego, celibe. Affetto da enuresi primaria.

a le dico cosa potrebbe essere? mi sembra come un uccello schiacciato, un animale schiacciato .. . basta! (timidamente) non so, sembra un animale che sia stato schiacciato , un uccello ... un pipistrello potrebbe essere mi guarda (timidamente) devo dire qualcosa d'altro? basta! non so, mi viene in mente che potrebbe essere stato schiacciato con degli esperimenti scientifici ... basta (sottovoce) perché mi fa fare questa cosa? Lei sa quello che ho. Sono stato in cura dal mio pediatra e non ho mai fatto rose del genere.

a Questa richiama l'altra figura ... richiama l'altro animale schiacciato, sempre con esperimenti scientifici ... c questo però non sembra piu un volatile, potrebbe essere un quadrupede terrestre un insetto a un granchio ... queste figure sono simmetriche, potrebbe essere la pittura di un artista.

G F + A Orig +

G F + A Ban

Critica dell ' oggetto

Riferimenti personali

Vi scosità nel tema

a ... c questa sembra una rana, queste figure potrebbero essere degli animali ... questa sembra la testa di uno scarafaggio ... è uno scarabeo schiacciato e le macchie rosse potrebbero essere del sangue la prenda pure!(riferendosi alla tv)

G F - A (Orig-)

DbIG CF A Orig-

D F-A

G Clob F A Orig-

G C Ogg

Simmetria

Viscosità nel tema

Risposta in forma negativa.

GF+A

D C Sangue Ban

Choc al rosso

Viscosità nel tema

I O" II III
Protocollo 9.47 3"
411

a ... c ... a (cop re metà della macchia con la mano) ... c non saprei, non c'è nessuna somiglianza, non può essere nessun essere vivente c una macchia (scuote il capo) basta, basta!

a Questo mi richiama un uccello , un volatile, però un insetto non un animale grosso.

G F - A

G C Macchia

Risposta in forma negativa

Choc allo scuro

G F + A Ban

GF+A

G F - A

Risposta in forma negativa

a ... c ... a ... questa è la pelle di un animale, dalla testa sembra la pelle di un gatto a basta.

a c non saprei (scuote la testa) non saprei, non vedo cosa possa essere ... c non vedo cosa possa essere (continua a scuotere il capo) non saprei a non conosco, per me in questa come nelle altre ho associato le figure a ... delle forme che vi somigliano, ma in questo non c'è niente che somiglia a cose che conosco, basta, basta!

a ... Questa sembra proprio la pittura di un artista ... uno stemma ... questi sembrano proprio degli animali sembra una pittura oppure uno stemma, sembra una cosa dipinta in cui è stato usato del colore, però la tecnica è sempre simmetrica dà l'idea che ]'abbia fatto un artista con un carattere duro, rigido che vuole tutto preciso, perfetto, altrimenti non si sente bene ... questa figura è stata pensata prima in tutti i particolari, poi eseguita; per la perfezione dei particolari, basta.

DG F + Ad Ban

Rifiuto

Choc allo scuro

Rafforzamento della coscienza dell'atto interpretativo

G C Ogg

G F + Ogg

D F x A Ban

Choc colore

Criti ca dell'oggetto

Interferenza VIII

Descrizione

Simmetria

Osservazioni accessorie

IX a ... c ... b ... c niente qui (appare preoccupato) non si può vederle insie- Rifiuto

me? (indica l'ultima volta) no qui non vedo niente. Basta (scuote il capo). Choc colore

Osservazioni accessorie

a ... Questa sembra il carnevale. È una figura con vari colori che dà felicità, ricorda un po' il carnevale Sl il carnevale! (volta la tavola) sembra un'opera di colori, sembrano di Kandinsky potrebbe essere una persona mascherata ... basta cosi!

G CF Carnevale

G C Colore

G CF Ogg

GFCH

Impressione

Maschere

Choc colore

Denominazione colore

10.23

15" IV 6" V 10" V I 20" VII 12" VIII 20"
4" X 412

Inchiesta:

I II

Un esperimento per verificare una struttura, per conoscere meglio.

Tipo porcellino d'India, tipo coccinella. I rossi sup. le tenaglie del granchio.

X La tonaca è il rosa, la maschera il grigio, sembra il viso di un gatto.

Prova di Morgenthaler: + X, - IX.

Spoglio:

T == 36'

G == l 9(7 ,5 + )(lDG, lDblG)

D == 3

R == 22(VIII-X, 7)

F = 12(8 + ,4-)

C= 5

FC = 1

CF= 3

ClobF = 1

TMR = 1'38"

H = 1 Ban = 5

A= 12 Orig = 4(1 + )

Ad = 1

Ogg = 4

Sangue = 1

Macchia = 1

Carnevale = 1

Colore = 1

F + % = 66,66; (H + Hd) % = 4,54; (A+ Ad)% == 59,09; Ban % = 22,72; Orig% = 18,18; TP = G-D-DblG; Succ. = rigida; TRI = 0:11; JR= 3

Critica dell'oggetto (I, VIII), Riferimenti personali (1), Simmetria (II, VIII), Viscosità nel tema (Animale schiacciato I, II, III), Risposte in forma negativa (II, IV , V), Choc al rosso (III), Choc allo scuro (IV, VII), Rifiuto (VII, IX), Rafforzamento della coscienza dell'atto interpretativo (V III) , Interferenza (VIII), Descrizione (VIII), Choc colore (IX, X), Maschere (3° tipo, X), Denominazione colore (X), Osservazioni accessorie (Descrizione dell'autore del disegno: VIII, richiesta di modifica del test: IX).

f) Tabulazione dei dati

Si riportano di seguito le tabelle relative ai dati dello spoglio del materiale clinico. Tali tabelle sono:

Tabella n. 1: Tempo medio di reazione, risposte e modi di comprensione.

Tabella n. 2: Le determinanti della percezione.

Tabella n. 3: I contenuti e le frequenze.

Tabella n. 4: Tipo di percezione, successione, tipo di risonanza intima e indice di realtà.

Tabella n. 5: Fenomeni particolari.

Tabella n. 6: Risposte complessuali.

Tabella n. 7: Interessamento quantitativo di tutte le tavole rispetto alle variabili indicate in ordinata.

413
Tab. n. 1:
reazione, risposte e modi di comprensione. Caso TMR R G( +) (DG) (DdG) (DblG) o (DdD) (DblD) Dd Dbl Do I 1,43" 7 4 (4) 3 II 1,40" 12 9 (7) (1) 3 (1) III 6,6" 9 6 (5) 2 1 IV 1,15" 16 4 (4) 12 V 32" 13 3 (2) 9 VI 45" 12 6 (4) (2) 6 (1) VII 1'31" 7 6 (1) vm 30" 11 8 (7) 3 IX 2'5" 12 9 (5) (1) 2 X 45" 29 20 (12) (4) (2) 9 XI 56" 17 6 (6) ( 1) (ll (1) 10 XII 1,38" 22 19 (7.5) (1) ( l) 3 Tot. 19' 167 100 (64.5) (8) (1) (6) 63 ( 1) (1) Media 1'37" 13.9 8.33(5.37) (0.66) (0,08) (0,5) 5,25 (0,08) (0,08) 0,08 0,08 0,08 % 59.88(38.62) (4. 79) (0,59) (3,59) 37,72 (0,59) (0,59) 0,59 0,59 0,59
Tempo medio di
Caso K F F+ e FC CF F(C) Clob FClob ClobF KClob 1 2 5 4 2 4 6 6 2 3 2 6 5 4 16 14 5 l 11 9 6 3 7 5 7 6 2 8 2 6 6 2 9 l 8 6 2 10 2 20 14 2 l l Il 2 15 15 12 12 8 5 3 1 Tot 19 118 9 4 10 3 9 1 3 2 l Media 1.58 9.83 7.83 0.83 0.25 0.75 0.08 0.25 0.08 0.16 0.08 % 11.3 7 70 .65 79.66·' 5.98 1.79 5.38 0.59 1.79 0.59 1.19 0.59
Tale
calco
F
414
Tabella n. 2: Le determinanti della percezione.
"N.B.
percentuale è stata
lata sul rotale delle
e non sul totale delle risposte

Tab. n. 4: Tipo di percezione, successione, tipo di risonanza intima e indice di

Tabella n. 3: I contenuti e le frequenze. c;aso H + lld A + Ad Anat Bot Nat Geo Ogg Sangue Macerie 1 1 I 2 4 4 1 2 3 2 5 .3 2 5 2 2 5 I 6 4 8 .3 11 4 5 1 I 6 7 3 6 4 -1 5 5 1 1 7 .3 .3 8 2 2 3 4 9 1 2 4 5 l I 10 7 7 8 8 4 2 6 11 3 3 lO 3 1.3 12 1 l 12 l 12 4 Tot. 24 5 29 71 1.3 84 4 10 4 .3 17 I 1 Media 2 0.41 2.41 5.91 1.08 7 0 . .33 0.83 0.33 0.25 1.4 I 0.08 0.08 % 14.37 2.99 17.36 42.51 7.78 50.29 2 .39 5.98 2.39 1.79 10.17 0.59 0.59 Caso Colori Carnevale Macchie Esplosione Fumo F-ind Ban Orig 4 .3 (2 +) 2 5 4 (3 +) .3 4 I ( + ) 4 4 l ( +) 5 -I ( t) 6 4 4 O+) 7 3 1 8 5 9 3 ( +) 10 4 5 (4 -t ) 11 7 .3 ( +} 1·2 1 1 5 4 (1 +) Tot. 2 I 3 3 1 4 50 27 (20) Media 0.16 0.08 O 25 0.25 0.08 0 . .3.3 4.16 2.25( 1.66) % 1.19 0.59 1.79 1.79 0.59 2.39 29.94 16.16(11.97)
Caso TP Successione TRI IR Caso Til Successione TRJ JR G-D ? 2:0 6 7 Q ·D ? 0:1.5 2 coartativo coarcativo 2 Q-D-DblG-DblD ? 4:0 5 8 Q-D ? 2:4.5 6 intratensivo extra tensivo 3 G-D-Dd ? 2: 1 6 9 G-D-Dbl-DblG ? 1:3 6 t-coarcativo coartativo 10 G-D-DblG rilassata 3:1 6 4 G-!2 ? 0:0 5 coartativo coartato 11 ~-D ? 2:0 7 5 G-Q ? 1:0.5 4 coartativo coartato 12 g -D-DblG rigida 0:11 3 6 f -D-DdD ? 3:1.5 5 extratensivo coarracivo egocentrico Media 1.6:2. l 5.08 coarrativo 415
realtà

Tan. n. 5: Fenomeni particolari .,., Caso:

Rafforzamento ddla

in forma

Fusione

Maschere V X (del 3° tipo di Kuhn)

Rimozione cinestesica lil

Immagini r i flesse I.VII VJ,VIH II

Osservazioni accessorie VIIl,IX

Stereoti pia verbale

*N .B.

Nel compilare la tabella relativa ai fenomeni particolari s'è seguito l'ordine riportato da Bohm. Abbiamo aggiunto a1cune Osservazioni accessorie e il fenomeno della Stereotipia verbale in coda agli altri fenomeni particolari.

Per ciò che concerne le Ris poste com p lessuali, da ta la note vo le importanza ai fini diagnostici, ci siamo riservati di elencarle in una ulteriore tabella qui a seguito.

2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
N,IX VII II VII,IX IV VI,IX Vll,IX X
Rifiuto
VIII
II,JV
Il Critica dell'oggetto VIII IV,VIIJ VI I,VIIJ
JX,X IX IX VIIT IX,X X X VIII IX
JX
al
III
allo scuro I,IV l,JV II lV,Vll Il,IV IV I,IV 1 11, VII IV,Vll
vm VIII Vlll VIII Vlll
Vlll
coscienza interpretativa Abbassamento della
coscienza interpretativa Autocritica
Choc-Colore
Choc-colore
ipercompensato Choc
rosso
Choc
fnterferenza
Descrizioni
X
Denominazioni di colore
X Simmetria X X II,Vll
I X
Inibizioni sofropsichiche
Confabulazione
vm
I,III (tipo
V Persevcrazione I,IV I,II (viscosità
V,VI III Riferimenti
I Risposte
Il,IV
K secondarie VI
Perseverazione
rimurginatore)
nel tema)
personali
negativa V
11,III
VII III figura-sfondo
II,III 1,ur IV,Vll VII IX
416

Secondo quanto afferma lo stesso Rorschach (6) <<il test rappresenta una prova d'intelligenza pressocché del tutto indipendente dal sapere, dalla menoria , dall'esercizio e dall'educazione».

Esso non fornisce quindi un Q.I. ma solo una valutazione dell ' intelligenza nella sua globalità.

I fattori che vengono presi in considerazione per la valutazione dell'intelligenza (1) sono: l'F + % elevato, una successione ordinata, molte G + , un tipo di percezione G, G-D o G-O-Dd, un Ban% mooio, un Orig % medio e alcune K.

Sotto questo profilo i nostri protorolli evidenziano un F + % di 79.66, una successione incompleta nell'83.33% dei casi, un numero medio di G + pari a 37, un tipo di percezione prevalentemente G-D, un A % uguale a 50.29, un Ban % uguale a 29. 94, un Orig % uguale a 16.16 e un numero medio di K uguale 1.58.

In base ai dati suddetti il protocollo medio dei nostri pazienti evidenzia un'intelligenza medio-bassa le

cui potenzialità sono però com promesse dalla inibizione, testimoniata dai num erosi fenomeni di rifiuto (almeno 1 in oltre il 50% dei protocolli) e di choc allo scuro e al colore, presenti assieme o singolarmente in tutti i protocolli oltre che dal relativamente alto numero di risposte a contenuto originale po si tivo (11.97%).

In definitiva nei nostri pazienti avviene che fattori d'ordine affettivo turbino, come vedremo o ltre, in maniera sensibile il rendimento intellettivo.

Per quanto riguarda l'affettività , essa appare generalmente coartata (TRI medio 1.6:2 . 1) e i fattori che presiedono al suo controllo (K , F + %, G +) non sono pienamente rappresentati essendo al Limite inferiore della norma . In se tte dei nostri pazienti tale coartazione raggiunge valo ri estremi indicandoci la presenza di forti inibizioni. Queste inibizio ni avvengono per opera di due meccanismi simultanei: la rimozione (numerosi chocs colore) e la repressione (numeros i chocs allo scuro e rifiuti).

Le risposte colore sono nell ' insieme ridotte e il rapporto interno dei valori-colore (FC - CF - C) appare

Caso: 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 Esibizionismo-voyerismo III II Seduzione I1l Dipenden za-indipendenza VIII Complicità X Sadismo-masochismo IV TU Nascita X Competizione 111 X Dissimulazione V Comunicazione vrr Castrazione IX Deformità V
Tabella n. 6: Risposte complessuali:
1 II III TV Risposte 23 18 17 13 Fenomeni 9 11 11 14 particolari Prova di 2 1 o o Morgenchal er TOTALE: 34 30 28 27 g) Risultati
Tabella n. 7: lnceressamenco quantitativo di rune le tavole rispetto alle variabili indicate in ordinata.
e discussione
V 15 6 2 23 VI VII VIII IX X 14 13 23 10 21 6 13 16 10 14 5 3 4 2 21 31 42 24 37
417

spostato a destra. Ci troviamo quindi di fronte ad un'affettività labiJe ma non esplosiva. È però da notare che in tre dei nostri protocolli sono presenti alcune Cassolutamente non compensate da FC, la cui forza impulsiva è piuttosto potenziata dalJa presenza di akune risposte CF.

Nonostante l'inibizione e la labilità dei contatti affettivi (basso FC) l'adattamento intellettuale ali' ambiente è buono, come attestato dall'elevato Ban% (ca. 30%) e dall'indice di realtà che si mantiene nella norma (5.08).

I fenomeni di choc allo scuro e al colore si presentano insieme in 8 dei nostri protocolli e in 5 di questi si verifica l'interferenza tra i due chocs a livello della tavola VIII. La presenza di choc allo scuro + choc colore + interferenza VIII rappresenta il sintomo principale della sindrome psicastenica (9). Tale reperto, individuato da Bohm (10) e confermato daJlo studio sperimentale di P. Franér (11) è tipico in particolare della psicastenia su base costituzionale.

I tre casi che presentano entrambi gli chocs senza però alcuna interferenza e i due casi che presentano esclusivamente lo choc allo scuro, possono essere invece inquadrati nell'ambito della nevrosì d'angoscia. Tale angoscia non si inserisce in un quadro di nevrosi fobica classica, piuttosto in una forma reattiva e generica di fobia (v. conclusioni).

In uno dei tre casi in cui lo choc allo scuro e al colore sono associati si ritrovano gli aJtri segni sintomatici dell'angoscia (Clob e ClobF), e della sua elaborazione (FClob e F (C) , fino a giungere alla produzione, peraltro rara, di una risposta KClob e di uno choc ipercompensato.

Da ultimo, i due casi che presentano esclusivamente lo choc colore risultano possedere un'impulsività affettiva rafforzata dalla presenza di alcune risposte K. In uno di questi si trovano anche risposte Dbl che, legate risposte C pure, sono sintomatiche di aggressività esplosiva (12).

Un reperto di notevole interesse clinico è l'assoluta mancanza di risposte a contenuto sessuaJe, il che ci indica la presenza di inibizioni nevrotiche con marcati meccan ismi di difesa , della sfera sessuale.

CONCLUSIONI

Dalla nostra ricerca risulta che i pazienti enuretici presentano tratti infantili di personalità, confermati dall'esame obiettivo. Questo infantilismo psicosoma-

tico si manifesta nel test con un alto numero di risposte G, indice di fissazione libidica alla fase orale. Accanto a questo infantilismo rileviamo una forte componente psicastenica costituzionale. Si potrebbe ipotizzare che le scarse quantità di libido degli enuretici impedirebbe il suo utilizzo per una adeguata evolu zione della fase anale con i conseguenti disturbi del controllo sfinterico. Tale ipotesi indicherebbe una predisposizione generica al sintomo enuretico, per il portatore del quale non si realizzerebbe un quadro classico di psicastenia (10) bensi un sintomo somatico che si attua attraverso relazioni simboliche individuali e particolari per ogni paziente. La scelta del sintomo enuretico dipende, oltre che daJ suo s ignificato simbolico, dai vantaggi primari e secondari ad esso connessi, i qu ali favoriscono 1a sua persistenza.

L'enuresi, con le su e implicazioni d'ordine pra tico (imbrattamento degli effetti letterecci con i rimp roveri che possono derivarne) e in misura maggiore col vissuto della perdita del controllo del proprio corpo, genera l'angoscia che, all'esame dei dati in nostro po ssesso, risulta essere di tipo reattivo.

Per analogia il fenomeno di choc allo scuro può essere interpretato come un riflesso della fobia della notte, momento in cui si verifica con maggior frequenz a l'enuresi.

Nei due casi in cui non c'è rilievo di sindrome psicastenica costituzionale né chiari segni d'angoscia, abbiamo riscontrato uno scarso controllo dell'impulsività che potrebbe giungere fino alle esplosioni di collera. In questi casi il significato del sintomo, come moment o di scarica degli affetti mal controllati, è evidente.

Per ciò che concerne le inibizioni sessuali si può postulare l'ipotesi che esse siano il risultato del collegamento anatomo-funzionale e simbolico tra il sintomo enuretico e le funzioni sessuali da un lato e l'apparato urogenitale dall'altro.

In conclusione si può ritenere che l'enuresi sia generalmente un disturbo nevrotico del oomportamento che, in numerosi pazienti, si impianta su di una costituzione psicastenica in cui la maturazione psicosomatica dello sfintere vescicale è inadeguata a causa delle modeste quantità disponibili di libido.

Riassunto - Il lavoro, condotto su 12 pazienti militari affetti da enuresi, ha lo scopo cli evidenziare, attraverso l'analisi dei pro• tocolli del Te st cli Rorschach ad e ss i somministrato, se esistano e quali siano le componenti emCllionali nella genesi del disturbo enuretico. 1 risultati indicano la irescnza di una alterazione nevrotica

418

del comportamento che si impianta, in alta percentuale, su un terreno costituzionale psicastenico.

Résumé. • Le travail analyse !es Tests de Rorschach en 12 pa• t icn ts militaires malades d 'énurésie. Son but est de mettre en évidence )es composants émotionels qu'on trouve dans la maladie é nurétique Le resultats indiquent qu'on est en presence d'une a1térat ion névrosique du comportement qui s'implante, avec un pourcentage élevé, au dessus d'un rcrrain psychasthénique constitutionel.

Summary. • The present work analyses the Rorschach's Tests of 12 affected with enuresis military patie n ts. lts aim is surveying if and what emotional components exist in enuretic ailment. Results indicate enuresis as a neurotic alteration of behaviour which is superimposed, in high ratio, on a psychasthenic constitutional ground.

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12) E. Bohm: Manuale di psicodiagnostica di Rorschach. Giunti

Barbera, Firenze, 1978: 273.

419

OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI ROMA

Dire ttore: Co l. me. I·. P1cc1ou

REPARTO OC ULISTICO

Capo Reparto: Magg me. M. C ANTAR!Nl

SU DI UN CASO DI ANIRIDIA CONGENITA BILATERALE

Magg. me. M. Cantarini S. Ten. me. M. Giubilei Cap. me. A. Ambrogio Dr . D. lzzi Dr. M. Basiti

Data la r arità dell'affezione, segnaliamo un caso di aniridia congenita bilaterale recentemente capitato alla nostra osservazione.

L'aniridia o assenza congenita dell'iride o iridemia è una malformazione che presenta una frequenza di 1 caso su 100.000 nascite nella forma sporadica e di 1 caso su 50.000, secondo akuni Autori, nella forma ereditaria. Il termine aniridia non è in realtà corretto, poiché specialmente con l'esame gonioscopico, è possibile evidenziare la presenza di un residuo della radice iridea nella maggior parte dei casi.

Nella forma familiare la trasmissione di tale affezione è autosomica dominante ad alta penetranza (dall'83% al 92% a seconda delle varie casistiche); frequente è l'associazione con colobomi iridei nello stesso individuo (aniridia in un occhio e coloboma nell'altro) o in componenti della stessa famiglia.

Tra le teorie eziopatogenetiche sviluppatesi nel1' arco degli anni , due sono le piu accreditate. La prima fà risalire I' aniridia ad un arresto dello sviluppo della cupola ottica nell'embrione di 65 - 80 mm (teoria ectodermica); la frequente associazione con altre anomalie di origine ectodermica (es. alterazioni della lente) confermerebbe questa ipotesi.

La seconda teoria (mesodermica) ritiene invece l' aniridia dovuta ad una aberrazione nello sviluppo de l mesoderma in uno stadio piu precoce (embrione di 2025 mm) che a sua vol t a produrrebbe una inibizione nel normale sviluppo ectodermico. A conferma di ciò vi sarebbe l'associazione con malformazioni sdieletriche, cardiopatie congeni te, ernie ombelicali ed inguinali.

Il quadro clinico dell' aniridia è caratterizzato da una ampissima area pupillare, dovuta ad assenza del diaframma irideo, che lascia intravedere le retrostanti fibre de lla zonula e talora i processi ciliari (gonioscopia). La fotofobia è la regola.

Come la maggior parte delle alterazioni congenite, non compare da sola ma si associa con altre malformazioni sia a livello oculare sia sis temico .

Le pi~ frequenti a livello oculare sono:

1 - Cataratta polare anteriore o zonulare (frequen za 90%);

2 - Glaucoma malformativo a possibile comparsa tardiva, and:e oltre i 14 anni (frequenza intorn o al 60% dei casi);

3 - Aplasia maculare (frequenza 60 % dei casi);

4 - Nistagmo congenito (frequenza 40%) da considerarsi da deficit sensoriale dovuto a varie cause tra cui l'aplasia maculare, la cataratta congenita o, in senso lato, ad una inooeguata formazione di immagini a livello maculare.

Tra le meno frequenti vanno, inoltre, ricordate. chiazze di Bitot, strabismo, microftalmo, ectopia lentis, sferofachia, coloboma lentis, ptosi, rima palpebrale ristretta , coloboma della coroide, sindrome di Riege r ed infine distrofie corneali progressive a localizzazione prevalentemente superficiale.

Per quanto riguarda il glaucoma, esso è, come già detto, del tipo malformativo con anomalie trabecolari. presenza di tessuto mesodermico a livello dell'angolo iridocorneale e , in alcuni casi, con assenza del canal e di Schlemm. Poiché spesso l'ipertono oculare non insorge fin dalla nascita, ma si sviluppa piu tardi, l'interpretazione che ne è stata data è quella di un progressiv o deterioramento delle strutture filtranti con aumento della resistenza al deflusso .

Le malformazioni congenite associare possono locali zzarsi anche a livello extraoculare:

1 - Ritardo mentale (46% dei casi);

2 - Convulsioni non febbrili (30% dei casi);

3 - Alterazioni scheletriche (30% dei casi), tra cui dismo r fismo craniofacciale (viso lungo e stretto, naso piatto da pugile, padiglioni auricolari scarsamente lobati e dislocati verso il basso).

Meno frequenti ma stat isticamente accertate sono le malformazioni urogenitali (ipospadia, criptorchidismo), le cardiopatie congenite, le ernie ombelicali ed inguinali.

420

L ' as sociazione anirid ia - nefrob lastoma (tumore di Wilms) configura la sindrome di Miller, forma non ereelitaria a comparsa sporadica i cui sintomi si manifestano entro i primi t re anni di v i ta Nel 75% d ei casi vi si as sociano ritardo mentale e malformazioni genitou rinarie.

CASO CLI NI CO

Stefano C., anni 36, ha p resentato fin dalla nascita nistagno e manc anza de U ' i ri de bilateralmente. L'anamnesi famili a re è r isu ltata negativa per qualsi asi tipo

di alterazione congenita a livello oculare. La diagnosi di glaucoma veniva posta occasionalmente all'incirca verso i 20 anni , s enza alcun s intomo soggettivo. Era in un primo t empo eseguita terapia con miotici (Pilocarpina 1 - 2%) che consentiva un buon controllo tensionale ma che no n era ben tollerata dal paziente. Per tale motivo si pas s ava all'u so di betabloccanti (Timololo 0.25 - 0.50 % in te mpi successiv i). L'attuale terapia è Timololo 0 . 50% piu dipinefrina .

0ft OD 0.50(100 °) ; Ofr OS 0.25 (90 °)

Vn 00 = 1/10 ; Ve 00 = 2/10 con -5 sf

E.O.: modesto grado di ptosi b il a t erale, nistagno pendolare orizzontale.

Biomicroscopia Scg. Ant.: s i evidenzia assenza subtotale dell'iride con residui di tessuto più ev ident i nei settori inferiori, associati ad aree di subatrofia iridea. In O.S . r esidui detla m . di Wackendorff in campo pupillare. Opacità polare anteriore della lente, opacità d isom o genee mul tip le a livello della corticale anteriore e poster iore. Si apprezza il profilo equatoriale della lente con l'i nserzi one delle fibre zonulari.

Gonioscopia: ra-dice iridea visibile su 360 ° , al d i dietro si apprezzano i processi c ili ari con le fibre zonulari. L'angolo risulta aperto ma con struttur e non b en apprezz ab ili nei loro dettag li.

Fondo 00: papilla ottica rosea a margini ne t ti con accentuazione della escavazione f isiologica , regione maculare apparentem e nte ind e nne da lesioni (la forte fo t ofobia ed il n istag n o non permettono un esame più approfondito) .

To n ometria ad app la n azione (M ac K ay - Ma r g)

MM TO D = 20 mm H g; TOS = 19 mm H g

È stato effettuato un esame perimetrico cinetico i cui risultati non sono stati da noi considerati validi d at a la pre senza de l n is t agno.

Occhio dcs 1r o
421

CONCLUSIONI

La ptosi, secondo la nostra interpretazione, è da considerarsi un meccanismo riflesso di difesa dalla fotofobia (sarebbe quindi piu esatto definirla pseudoptosi).

11 nistagno, nel nostro caso, è dovuto alla cataratta congenita ed alla mancata formazione di immagini nitide a livello maculare per l'assenza del diaframma irideo. In altri casi è invece sicuramente dovuto ali' aplasia maculare .

Dal punto di vista terapeutico, oltre ad un costante controllo tonometrico, è indicato l'uso di lenti a contatto colorate per ridurre i disturbi causati dalla fotofobia.

Riassunto. - Gli AA. riferiscono la propria esperienza su di un caso di aniridia congenita bilaterale in un uomo di 36 anni con glauco ma e cataratta associati.

Résumé. - Lcs Auteurs réfèrem leur cxperience sur un cas de manque congénital bilatera! de l'iris dans un homme agé de 36 années qui érait affeccé de glaucoma et catarocte aussi.

Summary. - The Auchors refer their experience on a panent

36 years odl who was suffering frorn congen ical bilatera! lacktng of che irides and also from glaucoma and cataract.

BIBLIOGRAFIA

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10) Warkany J. - Congenita! malformations. Ycar Book Medie.ti Publishers (1971)

422

REGIONE MILITARE DELLA SARDEGNA

Capo dei Servizi Sanitari: Gcn. me. G. CANU

OSPEDALE MILITARE DI CAGLIARI

Direttore: Col. me. I. SATIA

RUOLO DEll'ESOFAGOGASTRODUODENOSCOPIA IN AMBIENTE MILITARE

Migliari M. *

INTRODUZIONE

Loriga P.**

L'Esofagogastroduodenosropia (EGDS) rostituisce ormai da anni un'indagine routinaria per la diagnosi e la localizzazione di malattie del tratto gastrointestinale superiore, evidenziando lesioni che per tipo ed entità non sempre sono riscontrabili all'indagine radiologica eseguita con il pasto di bario.

In un Ospedale Militare l'EGDS fornisce un contributo determinante nella risoluzione di diverse e particolari esigenze medico-legali oltre che terapeutiche.

PAZIENTI E METODI

Dal 1 Gennaio 1984 al 31 Marzo 1986, presso il Servitio di Endoscopia della Sezione Chirurgia dell'Ospedale Militare di Cagliari sono state effettuate 547 EGDS su pazienti di età compresa fra i 17 ed i 55 aa. (età media 24 aa.); 540 pazienti erano di sesso maschile e 7 di sesso femminile.

Dei 54 7 pazienti esaminati il 4% (22/54 7) era costituito da Civili, il 2.4% (13/547) da Iscritti di Leva (I.L.), il 4.8% (26/547) da giovani che richiedevano Nuovi Accertamenti Sanitari (N.A.S.) e 1'88.8% (486/547) da Militari alle Armi. In quest'ultimo gruppo il 60.1 % (329/54 7) era costituito da Militari di Leva ed il 28.7% (157/547) da Militari in Servizio Permanente Effettivo (S.P.E.) (Tabella 1).

L'indagine endoscopica eseguita ron fibroscopio OLYMPUS GIF, Tipo XQ 10, è stata sempre effettuata tra le ore 7. 30 e le ore 9. 00 del mattino, dopo anestesia locale del faringe con T etracaina in compresse ed in particolari casi previa premedicazione con 10 mg di Diazepam e. v.

Gli Iscritti di Leva, i N.A.S. ed i Civili (11 % (61/547) della casistica totale) si sono presentati al nostro Servizio sempre in possesso di documentazione (più spesso rappresentata dal solo referto mediro) radiologica e/o endoscopica attestante la presenza di una patologia digestiva alta: in questi l'indicazione alla EGDS

Satta I.*

è stata unicamente l'eventuale conferma della patologia allegata, da acquisire per la valutazione medico-legale del caso.

I Militari alle Armi (89% (486/547) della casistica totale) nella grande maggioranza sono stati sottoposti a EGDS in regime di ricovero ospedaliero, per accertamenti e cure, richiesto dai sanitari del Corpo di appartenenza al fine di chiarire le cause di turbe dispeptico-dolorose associate o meno a nausea, pirosi e vomito.

Le diagnosi di «esofagite», <<gastrite» o «duodenite» sono state poste sulla base dei seguenti criteri endoscopici:

- esofagite: eritema e friabilità della mucosa, placche di essudato con o senza una distribuzione in strie longitudinali (Sullivan B.H.Jr. 1974);

- gastrite: mucosa di aspetto grigiastro, pallida e liscia; congestione della mucosa ed essudati con o senza erosioni; mucosa spessa, edematosa con grandi pliche irregolari (Vilardell F. 1974);

- duodenite: eritema, friabilità, edema della mucosa, aumentato spessore delle pliche della muoosa con o senza erosioni od emorragie petecchiali CT offe S .N. 1978).

Al termine dell'esame endoscopico è stato chiesto ai pazienti di valutare la prcx:edura per mezzo di una scala verbale (Beavis A.K. 1979) che definiva l'EGDS come: poco piacevole, spiacevole, molto spiacevole, inaccettabile.

RISULTATI

Dei 547 pazienti cui è stato effettuato l'esame, 92 (16.8%) non presentavano lesioni evidenti, 41 (7 .5%) presentavano una patologia a carico dell'esofago, 288 (52.6%) a carico dello stomaco e 360 (65.8%) a carico del duodeno.

Non di rado uno stesso paziente presentava lesioni rilevabili in più di un segmento del tratto gastroin-

* Ospedale Militare di Cagliari ;

** Divisione Chirurgia Il • Ospooale SS. Trinità • USL 21 • Cagliari.

423

testinale superiore: ciò giustifica la differenza presente fra il numero di pazienti sottoposti all'esam e (547) ed il numero delle diagnosi ottenute (781), differenza espressamente voluta per meglio quantificare la frequenza deJle patologie osservate all'interno di ogni singolo viscere considerato (Tabella 2).

La Tabella 3 riporta in dettaglio i rilievi endoscopici nella casist ica esaminata.

L'EGDS è stata valutata come «poco spiacevole» dal 60% dei pazienti ed inaccettabile soltanto dallo 0.5%, in accordo con i dati riferiti da Beavis (1979).

DISCUSSIONE E CONCLUS I ONI

L'esame dett agliato dei vari gruppi di pa t ologia distinti per organo e dei risultali della EGDS induce ad alcune considerazioni:

· il numero eleva t o di esami eseguiti in oltre due anni di attività ed il suo continuo incremento di anno in anno dimostra l'utilità di un Servizio di Endoscopia in ambiente Militare;

- la peculiarità dei pazienti da noi esaminati (per 1'89% Militari alle Armi, di cui il 60% di Leva) ha permesso di delineare un quadro delle affezioni del tratto superiore dell'apparato digerente più frequentemente riscontrabili in una collettività militare in tempo di pace;

• il confronto dei dati ottenuti con quelli riferiti da altri Autori (Tabella 4) ha evidenziato alcune differenze. In particolare nel nostro studio solo il 17% dei soggetti esaminati (contro il 28% di quelli di Beavis ed il 42% di quelli di Battaglia) non ha presentato all'endo,scopia alcuna lesione organica. La frequenza dell'ulcera gastrica nella nostra casistica è risultata dell'l.5%

(7 .2% Battaglia, 5.5% Beavis e 6.4% Gear), quella de l l'ulcera duodenale dell'll.3% (contro il 13.7%, 5 % e 12 .1 % rispettivamente); non si sono riscontrati casi di carcinoma gastrico (contro il 2.8%, 1 % e 1.2% r i spett ivamente). Infe riori a quelle r i ferite dagli Autor i citati sono risultate le frequenze dell'ernia iatale (4.2 cy nel nostro studio contro il 6 .3%, il 7.5% ed il 6.4% ), superiori, al contrario, sono risultate le incidenze delle gastriti (48.8%) e delle duodeniti (45.6%).

• pazienti dispeptici risultati negativi per patologia in atto all'indagine radiologica eseguita con il pasto di bario, spesso presentano lesioni significanti all'EGDS, particolarmente a livello del duodeno e dell'a n tro pilorico (Barnes R.J. et Al. 1974). Quando la lesione del tratto gastrointestinale superiore che costituisce la base di un a sintomatolog ia dispeptica ri mane non diagnosticata, i pazienti ricevono un trattamento terapeutico inadegu a to: a ciò, in un Ospedale Militare, si aggiunge una non corretta valutazione medico-legale del caso;

- la necessità di documentare le motivazioni del P.M.L. , mediante eventuale conferma della patologia allegata , è stata la principale indicazione all'EGDS negli Iscritti di Leva, N.A.S. e Civili;

- la quasi totalità dei soggetti sottoposti all'EGDS (99 .5%) ha ritenuto accettabile l'esame.

Dai risultati ottenuti e dalle considerazioni su esposte ci sembra opportuno concludere che le gastriti e le duodeniti sono frequente causa di turt>e dispepticodolorose n ei Militari alle Armi: poichè le lesioni sono evidenziabili alla EGDS ma non sempre all'indagine radiologica eseguita con il pasto di bario, è chiaro che in definitiva il dover e di una corret t a diagn osi e la necessità di documentare le motivazioni del provvedimento medico-legale sono meglio assicurati dalla EGDS.

TABELLA 1: Distribuzione per categoria e per anno della popolazione sottoposta a EGDS.

Anno I. L. N.A.S. Militari Civili LEVA S.P.E. 1984 7 12 132 71 9 1985 4 9 158 67 11 1986 2 5 39 19 2 TOT. 13 26 329 157 22 % 2.4 4.8 60.1 28.7 4.0 424

TABELLA 3: Patologie osservate a carico dell'esofago, dello stomaco e del duodeno nei 547 pazienti esaminati.

TABELLA 4: Raffronto dei dati ottenuti dall'Ospedale Militare (O.M.) di Cagliari con quelli presentati da altri Autori. (Alcuni pazienti presentavano più lesioni associate).

Risultati
Patologia esofagea Patologia gastrica Patologia duodenale Non lesioni N ° DIAGNOSI 41 288 360 92
pazienti
ESOFAGO No STOMACO NO DUODENO NO Esofagite di I Grado 11 Gastrite Acuta Superficiale 129 Duodenite Semplice 106 Esofagite di II Grado 2 Gastrite Acuta Erosiva 61 Duodenite Erosiva 143 Esofagite di III Grado o Gastrite Acuta Emorragica 12 Ulcera 62 Ernia latale 23 Gastrite Cronica non Atrofica 65 Esiti Cicatriziali di Ulcera 49 Tumori 2 Ulcera 8 Varici 2 Neoformazioni 4 Megaesofago 1 Esiti Cicatriziali di Ulcera 2 Esiti di Piloroplastica 7 TOTALI 41 288 360
DIAGNOSI 0.M. Cagliari Battaglia G. et Al. Beavis A.K. et Al. Gear M. W .L. et Al. 1986 1983 1979 1980 Quadro Endoscopico Normale 92 267 56 99 Ernia latale 23 40 15 22 Esofagite 1.3 23 33 non specif. Ulcer a Gastrica 8 46 11 22 Carcinoma Gastrico o 18 2 4 Gastrite 267 65 43 non speciL Ulcera Duodenale 62 87 10 42 Duodenite 249 50 36 non specif. Altre Lesioni 67 40 40 non specif. 425
TABELLA 2:
dell'EGDS nei 547 pazienti esaminati. Alcuni pazienti presentavano più lesioni associate. RISULTATI DELL'EGDS
Alcuni
presentavano più lesioni associate.

Ria ssun t o - Dal 1984 al 1986 presso l'Ospeda.le Militare di Cagliari, sono stati sottoposti ad endoscopia del tratto gastrointestinale superiore 547 pazienti (486 militari alle Armi, di cui 329 militari di Leva)

Gli Autori evidenziano come la tecnica su indicata rappresenti uno strumento molto importante per la risoluzione di molteplici problemi medico-legali nei Centri Militari.

Résumé - Dans l'llopital Milit aire de Cagliari, dc 1984 jusqu'à 1986, on a fait 547 endoscopiesde l'appareil digesrif superieur.

En roral 486 militaires ont été examinés (329 jeunes recrues).

Les Auteurs relèvent que certe méthode représente , dans !es structures militaire s, une technique très importante pour résoudre plusieurs éxigences de la médicine légalc militaire.

Summary - 547 patients were investigateci by fibreoptic endoscopy of the Upper Digestive tract during a period from 1984 to 1986 at the Military Hospital of Cagliari: 486 patients were rnilitary men (329 were young recruits).

The Authors underline how che above rechnique is a very important instrument to resolve many and particular problems in thc Military Medico- Legai Cenrres.

BIBLIOGRARA

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426

UNIVERSlTÀ DEGLI STUDI DI ROMA «LA SAPIENZA»

ISTITUTO Dl MEDICINA LEGALE E DEILE ASSICURAZIONl

Direttore: Prof. S. MERLI

CENTRO STUDI E RICERCHE DELLA SANITÀ DELL'ESERCITO

Direttore: Magg. Gen. me. G. SPARANO

OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI ROMA

Direttore: M D1

DROGA E CRIMINALITÀ

Dr.ssa R. Castrica Cap. me. G. Giangiacomo

Le segnalazioni dell'Autorità Giudiziaria, i dati desumibili dalle statistiche ISTAT, il costante aumento dei tossicodipendenti nelle carceri mostrano chiaramente come il consumo di sostanze stupefacenti, in Italia, sia ancora in fase crescente.

Inoltre è da tener presente l'introduzione, a partire dal 1972, di grandi quantità di eroina sul mercato clandestino; introduzione avvenuta dopo una adeguata sensibilizzazione tesa alla costituzione di un vasto mercato di potenziali consumatori. Antecedentemente a tale data, infatti, la tossicomania eroinica era pressoché sconosciuta nel nostro Paese, mentre oggi vi è larga disponibilità di eroina a prezzo per altro estremamente elevato (120.000/150.000 lire al gr.). Se in passato quindi il costo delle tossicomanie (derivati della canapa, anfetamine, <<acidi») poteva essere affrontato senza eccessivo dispendio finanziario, oggi il mantenimento di una dipendenza eroinica richiede una spesa elevata.

L'introduzione dell'eroina sul nostro mercato ha allineato la situazione italiana a quella già esistente in altri paesi europei e negli USA, nei confronti dei quali la qualità delle tossicomanie nel nostro Paese era prima meno grave. Si è avuto cosi, nel giro di pochi anni, un passaggio dall'uso di sostanze a libera vendita o di basso costo sul mercato clandestino e poco vincolanti dal punto di vista psico-fisico, ad altre di prezzo elevato e caratterizzate da una dipendenza piu difficilmente superabile (Ponti).

Pertanto connesso al problema delle tossicodipendenze è la probabilità che il soggetto, dedito alla droga, commetta un reato di qualsiasi natura collegato all'abuso. Infatti l'abuso di droghe, determinando deterioramento delle funzioni psichiche o inducendo, nello stato carenziale, la sofferenza, può portare a compiere atti eticamente riprovevoli o ad un comportamento antisociale che può in alcuni casi giustificare una pre-

Cap. me. A. Ambrogio Dr. R. Giangiacomo

visione di pericolosità o ricadere nell'ambito della legge penale (Bisio).

Il presente lavoro si propone di esaminare gli eventuali rapporti tra abuso di sostanze stupefacenti e comportamento criminoso, pur essendo impossibile valutare in astratto quanto spesso e in quale grado l'uso di stupefacenti determini una condizione di pericolosità sociale. Sul fenomeno influiscono, infatti, molteplici fattori relativi non solo alla durata e alla entità dell ' azione tossica, ma anche alla reattività individuale, alle preesistenti condizioni psicologiche (e psicopatologiche) del soggetto, al suo patrimonio etico, a situazioni ambientali, economiche, etc. che meriterebbero di essere valutate caso per caso e che sfuggono alla competenza del medico (Bisio).

Prendiamo in esame, per studiare questo rapporto, i dati di alcuni lavori stranieri e quelli del Ministero di Grazia e Giustizia riguardanti tossicodipendenti detenuti, prescindendo sia dall'eventuale personalità premorbosa del tossicomane, sia da quei casi in cui il rapporto non è piu droga-criminalità, ma criminalitàdroga, cioé quel fenomeno detto «actio libera in causa», in cui l'individuo, sapendo di non essere in grado di commettere un delitto in condizioni normali, si eccita, per compierlo, mediante una sostanza stupefacente.

Il traffico, lo spaccio, la detenzione e l'uso delle sostanze stupefacenti, costituiscono già di per sé un «movimento criminoso e criminale» nel quale si possono inviduare vari tipi di reati (Loré, Stiaccini):

a) reati commessi nel grande traffico della droga, organizzato da potenti associazioni;

b) reati effettuati nel piccolo spaccio;

c) reati di detenzione ed uso di droga, la cui pena varia in base alla legislazione dei diversi Paesi e che è correlata a scelte di carattere politico sociale. In Italia, ad esempio, in base alla Legge n. 685 del 22/12/1975, al consumatore, o meglio al detentore delle sostanze con-

427

siderate stupefacenti dalla Legge, non viene concesso lo spazio della liceità, ma è consentita l'area ambigua ed angusta della «non punibilità» (Loré Stiaccini; Passacantando Froldi);

d) reati commessi per la ricerca della droga, consumati, cioé, allo scopo di procurarsi la droga o i mezzi per ottenerla. Quest'ultimo reato viene definito da alcuni Autori da «relazione indiretta» o <<mediata>> per distinguerlo dalla relazione cosiddetta «diretta», volendo intendere con questo termine un reato compiuto sotto l'influenza «diretta» della droga. Occasione, quest'ultima, assai difficile da attestare, poiché l'arresto in flagranza di reato è un avvenimento assai raro e ogni intervallo di tempo trascorso riduce la possibilità di poter individuare con precisione la sequenza degli eventi. Sequenza che potrebbe venire analizzata solo in situazioni create artificialmente.

Gli studi effettuati da vari AA. e che qui vengono considerati sono per lo piu lavori statistici, tesi solo a dimostrare una correlazione tra uso di droga e alcuni reati che conducono all'arresto.

Secondo uno studio americano (American Bar Association, Special Committee on Crime Prevention and Contro!) il 35 -5 0% dei reati contro il patrimonio (furti, furti con scasso e rapine) commessi nei 34 centri urbani piu importanti degli USA vengono attribuiti dai penalisti agli eroinomani ed alcuni magistrati sono arrivati alla conclusione che gli eroinomani, in un modo o nell'altro, sono implicati nel 75% dei casi penali da essi esaminati (Zimmerman D.). Un'altra indagine effettuata in alcune città americane su 1800 arrestat i ha dimostrato che vi sarebbe correlazione tra tossicomania e reati contro la proprietà, in particolar modo rapine. Non vi sarebbe però alcuna correlazione con delitti contro la persona. Questo è confermato anche da studi di KozeJ e coll., dai cui dati risulta che il 45% della popolazione carceraria presente nei penitenziari di W ashington era rappresentata da tossicodipendenti da eroina ed il 75% di essi ammetteva di aver compiuto dei reati per mantenere l'abitudine alla droga.

Questi dati non differiscono in modo significativo da un campione di non tossicodipendenti per quanto riguarda la percentuale dei reati contro la persona, come conferma anche lo studio di Stephen ed ElJis. Questo lavoro, condotto su una popolazione carceraria di tossicomani di età compresa tra i 24 e i 25 anni, in un arco di tempo che va dal '69 a1 '72, dimo stra che i reati contro la persona, pur apparendo in aumento nel tempo considerato, uguagliavano sempre te percentuali per lo stesso reato compiuto dai non tossicodipen-

denti. Invece l'acqusizione di beni materiali appari va essere sempre il movente principale, infatti 1'85 % d e, reati contro la persona era stato commesso insieme a reati contro la proprietà, che nell'arco di tempo considerato rimasero numericamente rilevanti. Tra i rea ti commessi la quasi totalità erano delitti contro il patrimonio, risultarx:lo quelli contro la persona relativamentt poco frequenti.

In questa indagine, come nelle altre, è sempre d a tener presente che i crimini che compaiono nelle statistiche ufficiali sono comunque solo una minima par te di quelli realmente commessi.

La Narcotic Contro! Commission dello Stato d 1 New York in una intervista confidenziale, svolta su una popolazione carceraria di tossicodipendenti, compost a da 38 uomini e 32 donne, riferiva che gli uomini av e vano commesso 6776 reati in quattro anni e Je donn t 6415 in tre anni, di contro l'arresto era avvenuto pe r un reato su 120 (Inciardi, Chambers).

Anche Eckerman ha svolto una vasta ed organic a ricerca in sei aree metropolitane degli USA, sui rapporti tra sostanze stupefacenti e capi di imputazione che conducono all'arresto.

Detto studio riguardava una popolazione di 1889 detenuti arrestati nel corso del 1971. Anche da questo studio risultò come, con l'aumento del costo di droghe illecite, i piccoli reati contro la proprietà e la prostituzione tendono a non essere piu sufficienti a sostenere l'abitudine tossicomanica, irx:lucendo i tossicomani a commettere reati piu gravi contro il patrimonio e contro la persona (come acquisizione di beni).

Detta criminalità risultò aumentata ndle fasce di età compresa tra i 18 ed i 24 anni. In questo studio si esclusero tutti i reati minori: guida in stato di intossicazione, gioco d'azzardo ecc. Risultò anche che i consumatori di droghe leggere avevano commesso un numero di reati scarsamente significativo, mentre per gli eroinomani i reati commessi (al fine di procurarsi la droga) erano rilevanti.

Come è s tato detto, nel 1972 , con l'introduzione dell'eroina sul mercato clandestino italiano la nostra situazione si è uniformata a quella degli altri Paesi. Ciò risulta chiaramente da una relazione del 1982 del Ministero di Grazia e Giustizia. In quest'ultima indagine molto significativa svolta su un campione di detenuti, in quindici case circondariali italiane, emergeva che il 12% della popolazione detenuta al 24/5/82 era composta da tossicodipendenti con età compresa tra i 22 ed i 30 anni per gli uomini ed i 18-25 anni per le donne. Le sostanze utilizzate erano in percentuale: eroina

428

71 %, altri oppiacei 8,2%, marijuana e haschisch 18%, altre sostanze 2, 7 % Per le sole donne l'eroina rappresentava il 96% tra le sostanze usate. Come si vede la stragrande maggioranza degli arrestati era rappresentata da consumatori di oppiacei (79,2%) sostanze che determinano una maggiore dipendenza fisica e psichica. I reati per i quali era segui to l'arresto erano così ripartiti: 38,4% reati specifici previsti dalla 685; 36,5% reati contro il patrimonio; 12% reati comuni, ed agli ultimi posti figuravano reati contro la persona 7 ,8% e reati diversi 5,3%. Le donne presentavano una suddivisione dei reati diversa rappresentando il 25 ,3 % reati contro il patrimonio e il 58,9% contravvenzioni alla 685. Il gruppo maggioritario come abbiamo detto era quello degli eroinomani (71 %) che presentava inoltre una percentuale di oltre i 2/3 di recidivi.

In questa indagine svolta dal Ministero, che confe r ma in grandi linee le altre prese in considerazione, appare chiaro il profilo del tossicomane che delinque. Sono per lo piu giovani, in maggioranza dediti agli oppiacei, arrestati nella quasi totalità per reati commessi ai fini di acquisire la droga o i mezzi finanziari per procurarsela.

Il fatto che la popolazione sia composta soprattutto da eroinomani e non da consumatori di altre sostanze è facilmente intuibile se si esamina brevemente il rapporto tra tossicodipendente, la sua piu o meno conservata integrazione sociale e il tipo di sostanza usata. Si può osservare che soggetti che fanno uso solo o prevalentemente di derivati dalla canapa, (saltuariamente di anfetamine o LSD) sono per lo piu ancora normalmente inseriti nel loro contesto sociale con capacità di conservare un ruolo integrato (Ponti). Per questi soggetti (per lo piu studenti, soggetti culturalmente piu dotati o appartenenti a ceti abbienti) non si pongono problemi economici significativi dato il basso costo e la facile reperibilità della sostanza e considerato che essi mantengono un ruolo produttivo nel loro contesto sociale. Tra persone dedite a queste sostanze possono essercene anche di non piu inserite nel loro contesto sociale ma anche in questo caso non presentano una vera e propria necessità a compiere delle attività delittuose, reperendo i mezzi economici per l'acquisto sia da attività marginali lecite (artigianato, attività artistiche), sia dai piccoli traffici illeciti, quali il piccolo spaccio. Questi soggetti presentano una pericolosità sociale assai modesta. Il discorso fatto per questo primo gruppo di consumatori è valido anche per coloro i quali fanno uso di anfetamine e sostanze simili, farmaci di basso costo e facile reperibilità, e che consentono di mantenere

un ruolo integrato socialmente, con una normale e regolare attività lavorativa e quindi con fonti di guadagno lecite per mantenere l'uso.

Il quadro sino ad ora esposto cambia, e dà ragione agli studi considerati prima, nei soggetti, tossicodipendenti, che fanno uso di eroina. L'eroinomane è costretto a rifornirsi esclusivamente sul mercato clandestino di una droga dotata di maggiore imperatività e dai costi elevati, per la quale normalmente non può contare su fonti di profitto lecito. Sono quindi costretti, per procurarsi il denaro necessario, a ricorrere ad attività delittuose e non essendo piu il piccolo spaccio sufficiente devono integrarlo con vari reati contro il patrimonio. Fanno eccezione i tossicomani da eroina appartenenti al ceto elevato, che restano immuni dalla criminalizzazione secondaria, trovando nei propri profitti fonti sufficienti per l'acquisto della droga. Infatti nelle statistiche gente appartenente a questi ceti quasi non figura, godendo anche in tale settore di una relativa immunità nella identificazione penale, come per la criminalità in genere. Gli individui provenienti da ceti elevati e che rientrano nelle statistiche sono per lo piu giovani che hanno abbandonato la famiglia di origine perdendo cosi la fonte economica e quella certa protezione derivante dal fatto che, in tali ambienti, la tossicomania e gli aspetti comportamentali di trasgressione e di disturbo vengono affrontati in ambito strettamente medico di tipo privato.

I1 fatto che il tossicodipendente ricorra al delitto solo ai fini di reperire i mezzi per comprare la droga appare evidente anche da studi fatti in Paesi ove si ricorre alla terapia sostitutiva. In questi casi si è visto che la terapia sostitutiva con metadone, lungi dal curare la tossicodipendenza, dà luogo negli eroinomani ad una rilevante riduzione della criminalità in confronto a prima del trattamento. Detta criminalità si avvicina all'indice della criminalità della popolazione generale (Korkok) (Cushman), poiché a tali soggetti viene fornita la droga necessaria senza metterli in condizioni di dover ricorrere al delitto.

CONCLUSIONE

Se per pericolosità criminale intendiamo la «molto rilevante capacità di una persona a commettere un reato» (Grispini), è certo che alcune forme di comportamento illecito siano particolarmente ipotizzabili nel tossicomane, soprattutto in rapporto al desiderio o al bisogno di procurarsi la droga o i mezzi economici per acquisirla. Ciò non rappresenta comunque una capaci-

429

tà ed idoneità criminogena di influenza «diretta» della droga essendo, tali reati, unicamente espressione di necessità derivante dalla tossicomania.

È ipotizzabile quindi una relazione mediata ed un giudizio di perkolosità solo in quei casi in cui, non avendo il tossicodipendente capacità economiche sue per la carenza di provvidenze di ordine assistenziale, è abbandonato a sè stesso ed è in grado di procurarsi la droga solo in ambienti illeciti e clandestini, subendo una progressiva emarginazione che lo porta a compiere dei delitti per procurarsi i mezzi finanziari per l'abuso (Bisio).

Riassunto. - Gli Autori si propongono cli esaminare l'eventuale rapporto tra abuso cli sostanze stupefacenti e comportamento criminoso.

Per studiare questo rapporto prendono in esame i dati di alcuni lavori stranieri e quelli del Ministero cli Grazia e Giustizia riguardanti tossicodipendenti detenuti ed i reati che ne deterrninarono l'arresto.

Dalla disamina di rali dati si nota che , sebbene nel toss icomane siano ipotizzabili alcune forme di comportamento illecito, soprattutto in rapporto al desiderio o al bisogno cli procurarsi la droga o i mezzi economici per mantenere l'abuso, ciò non rappresenta una capacità ed idoneità criminogena «diretta» della droga essendo, i reati commessi, unicamente espres sione di necessità derivante dalla tossicomania.

Résum é. - I.es Auteurs se proposent d'examiner l'eventuel rapport entre I' abus des substances stupéfiantes et la conduice criminelle. Pour étudier ce rapport ils analysent !es données qui regardent quelques travaux étrangers et le Ministère de la J ustice sur les toxicomanes détenus et !es délics qui en ont provoqué l 'arrét. Après avoir exarniné ces données on peut rcmarquer que, bien que dans les toxicomanes ils-y-aient des rapport entre le désir ale besoin de se procurer le drogue ou ]es moyens éconorniques pour maintenir l' abus, ceci ne represente pas une capacité et aptitude criminelle «directe» de la drogue, car le crlrnes cornmis peuvent etre considerés unìquement comrne expression de nécessité qui dérive de la toxicomanie.

Summary . - The Authors exarnine the possible relation betweeo drug abuse and criminal behaviour.

To study th.is relat ionship the Authors consider data from fo reign studies and from the ltalian department of Justice concer-

ning imprisoned drug adclicts and the crimes which resulted in t heìr arrests.

From examination of such data, the authors observe th at, though in drug ac:Hict some form of unlawful bechaviour can be expected primarily because of che need to acquire the drug or means to maintain their habit, «direct» criminal liability should n ot be imposed upon drug addicts, because their actions are sim pl y e xpressions of che need resulting from dru g adclictions .

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430

REGIONE MILITARE NORD-EST

COMANDO DEI SERVIZI SANITARI

Direttore: Magg. Gcn. me. P. BARBA

VARIAZIONl EMODINAMICHE IN ATLETI FONDISTI SOTTOPOSTI A CALDO UMIDO: CONFRONTO CON SOGGETTI NORMALI, NON ALLENATI

Dott. T. Ballatore*

INTRODU Z IONE

Gli aggiu stamenti cardiocircolatori negli atleti dediti agli sports di resistenza sono stati, da tempo, oggetto dj studio da parte di numerosi Autori (1,2,4).

Questi studi hanno confermato le notevoli modifiche emodinamiche, biochimiche e metaboliche che caratterizzano l'apparato cardiovascolare di un atleta, rispetto a quello di un soggetto non allenato (5).

Tali differenze sono state notate in corso di esercizio fisico e a riposo, ma poco o quasi nulla si conosce sulle variazioru emodinamiche indotte da stress termici acuti.

Scopo di questo studio è quello di evidenziarne le principali.

MATERIALI E METODI

Sono stati ammessi al presente studio 20 soggetti sani, di sesso maschile, militari dell'Arma dei Carabinieri in serv izio al Centro Addestramento Alpino di Selva Val Gardena.

Dieci di questi erano atleti fondisti militanti nella squadra nazionale di sci di fondo

Suddivisi in due gruppi (Gruppo A-atleti, Gruppo N-normali), tutti i sogge tti sono stati sottoposti ad anamnesi, esame obiettivo cardiologico, nonché ad un esame elettrocardiografico, misurazione della pressione arteriosa ( PA) brac hiale e della temperatura cutanea in sede ascellare.

Tutto questo in condizioni di riposo da almeno 15', ad una temperatura ambiente di 20°C.

Sono stati, quindi, sottoposti a 2 brevi esposizioni successive di caldo umido (durata 15' ciascuna T= 100°C, U.R. 50%) intervallate da 10' di riposo a temperatura amb iente.

I n questi intervalli di tempo, sono stati rieseguiti l'ECG, la misurazione della PA e della temperatura cutanea.

Per la statistica dei dati sono stati calcolati la media aritmetica, l'errore standard, la «t» di Student

per dati appaiati e il confronto delle medie.

L'esecu zione dell'ECG è stata effettuata con un elettrocardiog rafo ET A 150 CARDIOLINE in dotazione dell'infermeria del Centro; la misurazione della PA è st ata eseguita con sfigmomanometro a mercurio, l a temperatura cutanea è stata rilevata con termometro a mercurio Kramer «Certa».

RISULTATI

Dall'analisi statistica dei dati emersi si è rilevato quanto segue:

- la Pr essione Arteriosa Sistolica ( PAS ) del gruppo A diminuisce significativamente dopo la 1 a esposizione (da 123+ 16 mmHg a 113+4,7 mmHg, p>0,05) (Fig. la);

Nel gruppo N si verifica un incremento non significativo della PAS dopo entrambe le 2 esposizioni (da 127+4 mmHg a 130+10 mmHg a 133+12,2 mmHg, p>0,05) (F ig. 1b );

- la Pressione Arteriosa Diastolica (PAD) del gruppo A subisce un lieve decremento dopo la 1 3 esposizione (da 69±4,1 mmHg a 64,5+6,2 mmHg, p>0,05), mentre si rileva un'ulteriore, ma significativa diminuzione dopo la 2a esposizione (da 64,5+6,2 mmHg a 57,5+3 mmHg, p>0,01).

Nel gruppo N la PAD diminuisce significativamente solo dopo la 1 a esposi zione (da 83+2,6 mmHg a 56+1,3 mmHg, p>0,01, a 55±2,7, p>0,05);

- la FC d e l gruppo A subisce un aumento significativo solo dopo la 2a esposizione (da 58±3,9b/m a 77+6,9b/m, p >0,01), mentre nel gruppo N si eleva durante entrambe le esposizioni;

- la T si eleva in entrambi i gruppi per tutta la durata dell'esame. Ponendo a confronto le medie <lei dati si può notare che :

a) la PAS diminuisce nel gruppo A dopo la 1 a esposizione, mentre nel gruppo N addirittura aumenta. Irrilevanti le modifiche dopo la 2 a esposizione;

b) la PAD diminuisce in entrambi i gruppi, ma nel

• S. Ten. me. del Centro Addestramento Alpino Carabinieri di Selva di Val Gardena

43 1

gruppo A si rileva un brusco decremento dopo la 1 a es posiz ione. Nel gruppo N la diminu zio ne è graduale, raggiungendo dei valori quasi sovrapponibili a quelli del gruppo A dopo la 2 3 espos iz ion e; c) la FC a riposo è significarivame_!lte più_ ba~a ~el

TABELLA N. 1

gruppo A ed in crementa repentinamente solo d opo la 2 3 esposizione, mentre n el gruppo N l'incremento avviene sia dopo la 1 3 che la 2 3 espos izi one. ( T ab. 1 e 2);

d ) la T non denota variazioni di rilievo

TABELLA N. 2

Gruppo N

Paramem a riposo

Medie e De v PAS = 127 ±4 mmHg

St. dei vari pa - PAD = 83 ±2,6 mmHg

rametri FC = 63 ± 2,4 b l m

T 36,2 ± 0 ,2

Parametri dopo la I • esposizione PAS = 130± 10 mmHg PAD = 55± 1,3 rnmHg K = 7 5,9±4.1 b / m 1 = 37,3±0,1

PAS = 133± 12,2 mmHg PAD = 55 ± 2,7 mmHg FC = 82, 4 ±5,9 b l m T = 37,92±0,6 C 0

Gruppo A

Cu1uic::a Ecà PAS PAD FC T

Medie e Dev . PAS = 123±6 mmHg

St. dei vari pa- PAD = 69±4,1 mmHg

ram etr i FC = 55,8 ±3,6

PAS = 117±5,2mmHg

PAD = 57,5±5,3 mrnHg

FC = 77 .5±6,9 b l m

T = 38,08±0,06 C 0

c...,;c. Ecà PAS PAD FC T T . A. 21 130mmHg 80rnmHg 60 blm 36°C P.R. 21 120 . 80 . 60 36,5 • A.F. 19 130 . 90 • 68,1 . 36,5 • P.G. 19 135 . 85 . 6 1,22 • 36,7 • S.S. 40 120 » 80 » 66,66 » 35 ,5 » B.T. 21 130 . 80 . 58 36,1 . H.W. 22 120 . 80 . 62 36, 4 » A.M. 19 130 . 90 . 68,2 . 36,6 • B.R. 21 135 . 85 . 61,3 . 36,6 • X.F. 39 120 . 80 . 66,6 . 36
c o PAS PAO FC T 150mmHg 55m mH g 7 1 ,42b / m 37,5°C 135 . 55 . 69, 7 6 • 37,2 • 140 » 55 » 81,08 " 37,8 . 120 .. 55 . 85 , 72 " 37,2 " 10 5 . 60 . 71,42 • 37 ,3 . 145 " 55 » 7 1,44 » 37,4 » 140 . 5 5 . 70 37,2 . 140 . 55 . 82 37,8 » 120 55 . 85,68 » 37,2 . 10 5
60
7 1, 4
37.3
co
PAD FC T 155mmHg 55mmHg 7 5 b t m 38 ° C
.. 55 » 7.S 37,8
135
50 100 38
55
78,9 4 » 38
65
83.33 37,8 . 150 . 55 . 78 38 155 " 55 » 72 37,8 " 130 ., so . 98 38 T25 . 55 . 80,94 • 38 105
60 " 83,35 " 37,8 .
la 2
es po~1zione
.
.
.
.
PAI
150
..
.
120 .
.
105 .
"
.
Paramem dopo
432
s.c.
1 l
mmHg 65mmHg 50,5 5b l m 36 ° C P.G. 18 130 . 70 . 65,21 . 36,8 • F.R. 19 ll0 . 60 . 57,68 . 36 E.H. 18 130 . 70 . 50 35,7 • B.A. 19 130 . 75 . 55, 55 . 35,8 • H.H. 19 115 . 60 . 50,45 . 36,2 • A.F. 18 125
75
65 , 31 . 36,6 • P.R. 20 115
65 . 57,7 . 36,1 • R.R. 18 130 . 70 . 50,7 . 35,8 • M.A 19 135 . 80 . 55,6 . 36, 2 •
20
0
.
.
.
Parametri a riposo
b l m T = 36 ,1 ±0,2 C 0 PAS PAO FC T 120mm Hg 60rn mH g 51,72b / m 37° c 120 . 80 . 66,66 . 37,2 • 100 . 60 » 63,82 » 37,6 » 110 . 60 . 53 , 57 . 37,2 • 115 . 60 .. 55,55 . 37,4 • 125 . 55 . 51,62 , 37.2 • 11 5 . 8 5 . 66,5 7 . 37 105 » 65 . 63,9 » 37,7 " 110 . 60 . 54 37,3 • 110 . 60 . 55,6 .. 37,3 • Parametri
PAD
120mmHg
38
C !J0
38 ,2 » 115
65
75 38 11 0
55
, 38 ,2 .. 110
50
. 38 125
55
65,2 . 38,2 » 125
60
95,7 » 38,2 • 120
65
76 38 11 0
72 38,2 • 105
38
dopo la l • espo~1Z1one PAS = 113 ± 4 ,7 mmHg
= 64,5±6,2 mm Hg 1-C = 58,3±3,9 b / m l = 37,2±0.1 C 0 PAS P.-\0 f(. T
60mmHg 65,2lb / m
°
,, 55 .. 96,77 ..
.
.
..
.. 71,42
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Parametri d opo la 2' esposi,ione

pj f20/80mlllH&

:re 66,66 b/11

·T 37,2 •o

PA 130/55IDIIIH& dopo 2oeap.

PC 96,77 b/m

T 38,211\1

ECG di un a tl eta fondista (Gruppo A)

140 .....-lii l30 120 bJl i 110 IO 38 11)0 70 37 IO 36 IO 10 60 50· o A ripoeo
la
normali 1'0 mmHv QO 120 110 38 100 J7 iO 36 50 10 10 so
dopo2° p _. ·fc --·· .. "i.,.,.. .... . ...
)
Fig.
Soggetti
Fig tb ) - Atleti
ECG di un soggeLto non allenato (Gruppo N
": 1
~.~I'---,!'---,('-
433

Le diverse cond izi on i dell'organismo a ll e n ato so no alJa base delle considerazioni seguent i Le principali differenze da tener presente sono:

1) il diverso funzionamento del s istema nervoso s imp a tico nell'atleta, per cui si av rebbe la cos idd etta «vagotonia relativa », ci oè una diminuzione del rono simpatico che porterebbe a d un incremento della gitta ta sistolica, quindi un aume nto della riserva card iaca, coronarica e vascolare (1,4,7);

2 ) un sistema vasco l are periferico più ricco di vasi collater al i aumentato di calibr o e con una resistenza vascola re periferic a ridott a (6).

Si è notato che quan d o l'atleta fondista è sottoposto ad uno st res s termico, modifica le co ndizioni emodinamiche in modo differente dal soggetto normale. U diverso controllo neurovegetativo di ba se fa sì ch e iJ riflesso della tachicardia, da parte del SNS e della midoll a re del su rren e, scatti più tardivamente; ciò spi ega il p e rché la PAS diminuisce sen sib ilmente, probabilmente questo è dov u ro anc h e all a diminuz io ne della Gs, poiché la marcata capillarizzazione muscolare dell'atleta, la diminu z ione delle resistenze periferiche, aumentano la capac itanza venosa periferica diminuendo il ritorno venoso a l cuore destro e s ini stro. Nel momento in cui il SNS entra nel pieno della sua funzione, s i elev a la frequenza cardi aca, si in crementano le res istenze periferiche e si riesce a cont en ere la diminuzione delle PAS e PAD.

CONC L US IO N I

L'atle t a, dunque, mette in moro quei meccanismi di a llarm e cardiovascolari più lentamente del soggetto normale n on allenato.

Ciò fa riflettere sul vecch i o problema dell'atleta, quello c ioè della validità, per certi aspetti, dello s p o rt a gon istico sulla sa lure dell'atleta s te sso.

Viene spontaneo pen sa re c h e il fondista in co ndi zio nj di la voro mu sco la r e protr a tto sia l'optimum, ma in s itua zion i di em ergenza, quali l'esposizione acuta al calore, dove occorre un rapid o adattamento e modin a mi co, potrebbe anda re incontro, talora, ad in co n venient i circola t ori (s incopi, vertigini , e t c.), in modo parti co lare per quegli a tleti con frequenza ca rdi aca di base molto bassa.

Ria ssunto. - L'Au1o re ha esaminato le variazioni emod1namiche principali di alleu fondisti, confrontandole con qu elle di individui non allenati, sani, al fine d1 ricercare eventuali diffcren1e.

Si è nocaro che la risposta emodinamica dell'atleta e p1 u lenta; ciò è visto dall'Autore come un evento negativo, poic h e tanto più celere è la rea,ione cardiovascolare ad uno stato d1 emergenza, come lo stre~s acuro, ramo più facilmente si riesce J scongiu r are la eventualità di una ,,défoillance » pressoria nei dis1rerri vascolari p1u imporrami.

Summ ary . - The Author examined the main hemodyn amic changes of endurance of athletes and compared rhem wit h tho~c of untrained individuals, to research any differences.

lr was nored thar the hemodynamic reply is more slow th an normai subjccts, thi s event, for 1hc Author, is negative one, bccau~c rhe swift cardiova~cular r eacrion can avoid a pressu r~ «defa1llancc» on most important vascular districts, on emergc ncy, as acute termic stress.

Résumé. - L'Auter a examiné les variations émodinam1ques principales des arhlères coureurs de fond, en les compara m a, ec celles-ci des individus ne pas entrainés, sains, afin de rcchcrcher évenruelles différenccs.

Il a ére remarqué que la réponse émodinamique des arhlercs est plus lente, cela est vu par l'Aureur comment un évcm negauf parce-que plus rapide est la réacrion cardiovasculairc à un év em d·urgence, comme le stress aigu, dans ce cas chermique, plus fJcilemcnr il ~e réussir à conjurer l'éventualité d'une défaillance dc la prcssion dans les districcs vasculaires plus imporrams.

BIBLIOGRAFI A

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DISCUSSIONE
434

REGIONE MILITARE NORD EST - COMANDO DEI SERVIZI SANITARI

Capo dei Servizi Sanitari. Mam, Gcn. me. P. BAABA

GRUPPO SELETTORI DI TREVISO

Capo Nucleo Medico: Cap. me L. PosTORINO

INDAGINE EPIDEMIOLOGICA SULL ' INCIDENZA DELLA CARIE DENTALE NELLE PROVINCE DI TREVISO, VENEZIA E BELLUNO

Cap. me . L. Postorino

S. Ten. me. S. Pasqu ali

INTRODUZIONE E SCOPO DEL LAVORO

L'indagine epidemiologica in oggetto è stara ef. fettuata raccogliendo i dati di giovani provenienti dalle province di Belluno, Treviso e Venezia che si recavano alla visita di leva presso il Distretto Militare di Treviso

Il Veneto ha una popolazione di quasi 4.4 milioni di ab. su una superficie di 18.364 Km 2 • La densità di popolazione (236 ab./Km2 .) è tra le piu alte d'Italia.

Sono stati quindi esaminati 1.100 diciottenni di sess o ma schi le. U 40% della suddet ta popolazione studiava od era alla fine del ciclo di studi, mentre il rimanente 60% lavorava od era in attesa di occupazione.

Lo scopo di questo studio è stato quello di valutar e l'incid enza della carie nei giovani diciottenni.

S. Ten. me. S. R o to ndo

L'idea di indagare su ques t a specifica fascia di età si è ispirata alle precedenti esperienze dell'O.M.S. dalle quali si può dedurre che:

- la frequenza della carie dentaria è strettamente correlata con l'età e non è significativamente diversa tra i due sessi ai fini della pianificazione dei servizi sanitari.

- essendo la fascia di 18-19 anni quella di transizione tra buona parte della popolazione scolastica e quella adulta , risulta estremamente interessante riferirsi a questo dato limite.

La ricerca, estesa a quasi metà della superficie della regione Veneto, è stata realizzata al fine di fornire dei dati utili per la programmazione della prevenzione e cur~ della malattia cariogena.

MATERIALE E METODO DELL'INDAGINE SVOLTA

La ricer ca da noi compiuta ha scelto co me sede una sala del Nucleo Medico del Gruppo Selettori di Treviso. L'analisi clinica è stata effettuata servendoci di uno specchietto odontoiatrico, uno specillo curvo ed uno diritto, una fome luminosa di luce bianca, ed un getto di aria fredda. Lo schema che è stato impiegato, è quello contenuto nel fascicolo «Fisio-Psico-Addestrativo» (Mod. SA/10/MECC.) attualm ente in uso presso tutti i Gruppi Selettori, previsto dalla Di rezione Generale Leva del Ministero della Difesa per il reclutamento obbligatorio. A pag. 6 di tale fascicolo, nello specchio sanitario, compare alla voce «cavo orale>), la seguente formula dentaria:

8

87654321

12345678

In tale schema sono stati segnalati sia i denti mancanti (Missing) sia quelli ca r iati (Decayed ) sia quelli ott urati (F illed).

~~}j;/'f)fç +ar - -
Dx.
7 6 5 4 3 2 I 11 2 3 4 5 6 7 8 Sn.
435

RISULTATI

A 18 anni, la percentuale dei soggetti esaminati con denti cariati è del 79,8% e solo 8,3% dei giovani presenta tutti i denti sani. Il rimanente 11 , 9% si riferisce a soggetti con denti estratti, otturati o protesizzati.

Da 1.100 casi sono stati dedotti i seguenti valori riferibili alla somma totale dei denti coinvolti:

Denti sani

Denti cariati

Denti o tt urati con carie

Denti otturati e non car iaci

Denti con protesi

Da questi valori, sono stati ricavati i DMF, calcolati dividendo la somma D + M + F per il numero dei soggetti

Da questi dati, l'indice DMF

di 5, 17.

La percentuale dei soggetti trattari è la seguente:

Ci sembra opportuno citare anche l'indagine di laboratorio eseguita per la determinazione del contenuto di fluoro nell'acqua degli acquedotti comunali della prov incia di Treviso.

I seguenti dati ci sono stati forniti dal laboratorio provinciale d'Igiene e Profilassi di Treviso:

Le percentuali citate, sono espresse in mg/I

Si vede bene dunque come la percentuale di ione F- vari nei comuni elencati da un minimo di 0,05 mg/] ad un massimo di 0,13 rng/1.

Le acque della provincia di Venezia e Belluno , sono anch'esse povere di F- (la percentuale di F- varia da un minimo di 0,05 mg/I ad un massimo di O, 13 mg/1).

CONC LUSIONI

La carenza di ricerche epidemiologiche analoghe alla presente, per le provincie citate, non consente di fare dei confronti; comunque il complesso dei valori esposti si presta ad alcune brevi considerazioni.

Degno di nota è il dato che la quota «D » (Decayed)"' 2,82 da noi trovato, contribuisca in maniera predominante nella determinazione del valore «DM I- •> totale "' 5, 1 7. Ciò evidenzia la carenza di idonei presidi in campo odontostomat ologico e presumibilmente anche la mancanza di organizzazioni specifiche capac i di svolgere un'opera educativa preventiva.

I dati relativi alla percentuale di ione F- nelle acque da noi considerate sono chiaramente inferiori ai limiti minimi: la quantità di fluoro necessario per esercitare un effetto cariostatico ed anticariogeno prescritta dall'OMS è come ben noto di 1 mg al giorno per almeno 150 giorni consecutivi.

Ciò suggerisce l'importanza della somministrazione di compresse di fluoro alla popolazione scolare che affondi le sue radici già nella scuola materna.

Riassunto . -Quest'indagine è stata eseguita presso il Nucleo Medico del Gruppo Selettore di Treviso per dimostrare l'in c idenza della car ie dentaria nella popolazione maschile che viene seleiionata per compiere il servizio militare.

La ricerca è st<1ra condotta su 1.100 giovani di 18 anni circa. Sono stati segnalati i denti mancanti (Missing), quelli cariati (Decayed), e quelli otturati (Filled) secondo lo schema D.M. F. I risultati sono stati poi confrontati con la concentraznne di Fluoro negli acquedotti dei vari comuni di provenienza dei giovani selezionandi, allo scopo di verificare l'efficacia ancicariq(cna di questa sostanza

di Piave

Il lavoro ha dimostrato come la percentuale dei denti cariaci sia molto elevata, verosimilmente in rapporto alla scarsa assunzione di Fluoro, che ri~ulta essere assai al di sotto di quella consigli ara dall'O.M.S. per una valida prevenzione anticariogena.

Purtroppo nella letteratura medico-scientifica non esistono lavori paragonabili.

Ré sumé - ~s Officiers médicins du Groupe pour la selection militairc <le Trévise ont fait ceree rccherche, en vue de pro-

Danti mancanti Denti non erotti Danti mancanti per altri morivi 29.503 2.989 116 1.547 77 538 424 6
presi in esame: D (Decayed) 2,82 M (Missing) 0,88 F (Filled) 1,47
risulta
Nessun trattamento 54,5% Denti otturati 28,5% Estrazioni 9,4% Protesi 1,3%
Casier Roncade Monascier S. Biagio di Callalta Silea Nervesa della Battaglia Ponte
Asolo Montebelluna Vidor Caerano S.
Cornuda Castelfranco 436 %F0,10 0,10 0,10 0,10 0,10 0,09 0,13 0.05 0,05 0,05 0,05 0,08 0,10
Marco

ser J'incidence de la carie dentaire chez la population masculine qui est sélecrionnée pour faire son service militaire.

La recherche a érée conduite sur 1. 100 jeL1nes hommes d'un age moyen de 18 années. On a signalé les denrs manquanres (Missing), !es cariées (Decayed) et les obturées (Filled) en su ivam le schéma DM F. On a ensuiré comparé !es résu ltats avec la concenrration de fluor dans !es aqueducs des différenres communes de provenance des jeunes à sé lo::t ionner, dans le bue de vér ifie r l'efficacité anticarie de cette substance.

Le travail a d é monrré que le pourccnrage des dents cariées est fort élevé, vraisemblable ment par rappon à la maigre absorption de fiuor se révélanr b ien au -dessous de celle que l'O .M.S. conseille pour une efficace prévenr ion anti-carie.

Malheureusemen t , dans la l ir téramre médico-scientifique, il n'y•a pas de travaux comparables.

Summary. - The medicai officers of the Recruiting Board in Treviso carr ied out this research to show the incidence of denral decay among the male popul ation w hen selected to fulfil. the ir mili tary duty.

The research tested 1. 100 young men of an age range of 18 yeàrs.

The mi ssing teeth, che decayed ones and the filled o ne s we re noted according to D M.F. scheme.

Then che resulrs were compared with the fl uor ine concentra • tion in the municipal waterwoork s of the various rowns che young

people were coming [rom in ardee to verify the anricarious effcct of such substance.

The investigation found rhat rhe percenrage of decayed ceeth is very high and likely related to che low consump tion of fluorine; actually this consumption turns out to be much undec che quantity recommended by che Wor ld Healrh Organ ization, for an efficient anticarious prevenr ion.

Unfortunately there is not any canparable work in the medicoscien tific literaturc.

BIBLIOGR AFIA

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437

OSPEDALE MILITARE DI BOLOGNA "S. Ten. Med. Gucci Lino M.O.V.M.''

Direttore: Col. mcd Don R PETRONEW

REPARTO CHIRUGIA - ORTOPEDIA

Capo Repart o: Co l. Mcd. Dr E C ARUSO

LA DIAGNOSI CLINICA E STRUMENTALE DI LASSITA ANTERIORE ESTERNA DI GINOCCHIO E NOSTRA CLASSIFICA DI VALORE LASSIVO

Col. Mcd. E. Caruso• T. Col. Mcd. S. Rauch•

Le distorsioni traumatiche del ginocchio e i loro esiti stanno assumendo una importanza nosologica sempre maggiore per la diffusione di massa di sport di cui sono frequente complicazione: il primo posto spetta al calcio, responsabile dalla metà ai tre quarti degli incidenti sportivi cui residuano lassità anteriori, seguito alla lontana dallo sci, il rugby, il basket, il footbaU americano, la pallavolo, le arti marziali giapponesi karaté e judo. Oltre all'eziologia sportiva ritroviamo anche distorsioni in infortuni sul lavoro soprattutto in lavoratori che trasportano pesi su terreni accidentati o in cantieri oppure distorsioni in incidenti del traffico.

Nella nostra casistica risultano frequenti gli incidenti motociclistici in c ui il ginocchio viene sollecitato perché appoggiato al suolo e traumatizzato dal peso della moto e gli incidenti nel motocross, frequenza giustificata dal largo uso della motocicletta nella no stra regione.

li chirurgo che si appresta a correggere una instabilità passiva con una plastica ligamentosa deve fare un bilancio lesionale il più preciso possibile per correggere esattamente l'elemento lesionato. Il ginocchio s i adatta bene ad un leggera lassità in tutti i sensi, salvo che nelle rota zioni, ma per fortuna la rotazione è la lassità piu facile da correggere in quanto è possibile eseguire un montaggio in ipercorrezione, non essendo necessario mantenere la normale a mpiezza di rotazione, che può essere senza inconvenienti anche cons id erevolmente diminuita.

li primo tempo della diagnosi verte su un interrogatorio ben condotto che spesso da solo può condurre ad una esatta valutaz ion e della le sione : occorre ricercare il meccanismo del primo incidente, che s pesso il malato ha dimenticato.

A parte i traumi con contatto di un avversario, o contro un ostacolo, che possono determinare lesion i diverse, il più importante è il meccanismo di

tors ione senza contatto, nella maggior parte dei casi in iper-rotazione interna, che si produce in gen ere nei cambiamenti bruschi di direzione del footb all, nello sci quando il legn o si blocca con la pu nta all' indietro, ..... .

Un altro meccanismo importante è l'iperestensione che si trova nel football (calcio nel vuoto ) in atletica (partenza da fermo), lancio della gamba in a lto nel salto, nella marcia alla fine della corsa, quando lo sportivo è stanco e per perdita del controllo muscolare il mezzo passo posteriore si blocca in recurvatum-rotazione interna.

Entrambi questi meccanismi sono importanti perché facilmente determinano delle lesioni isolate del LCA in corso di incidenti apparentemente ban a l i in cui lo sportivo avverte un cedimento e spesso un rumore endoa rticol are e dolore riferito sul versante postero-esterno, che diminuisce e cede dopo poco tempo di riposo, per cui spesso lo sportivo è tent a to di riprendere la partita, ma in genere non riesce per un a sensazione di insicurezza.

Questo incidente è seguito da un versamento , spesso minimo, c he non viene svuotato, e da una ripresa sportiva abbastanza r apida, ma subito seguita d a un ripeter si di nuove distorsioni.

Tale quadro clinico è patognomonico di un a rottura isolata di LCA, che viene diffi ci lm ente riconosciuta al primo incidente e che porta inesorabilmente, se non trattata e se lo sportivo continua la propria attività, ad una lassità antero-esterna.

Quando il primo incidente è più grave, con meccanismo di valgo rotazione esterna, si determina

• Ospedale Militare di Bologna: Reparto ChirurgiaOrtopedia

.. Assistente I Div. Centro Traumatologico Ortopedico Bologna (Prim. Prof. L. Boccanera )

438
S. Tcn. Mcd. M. Bcrgami• Dott. A. Lclli ..

una lesione più complessa a tipo Triade sfortunata, con le sio n e di LCA associata a lesioni capsulol igamenrose interne. O cco rre considerare che, con frequen za semp r e m aggio r e, tali lesioni complesse con versamento important e vengono ogg i operate come lesioni acute, e quindi non a rrivano allo s tadi o d i lassità croniche.

Ad un a distanza variabile dall'incidente, da poc hi giorni ad un anno o a più an ni in caso di rottura isolata di LCA, l'infortunato consulta il chirurgo per i fenomeni di instabilità più c he per il dolore; nella maggior parte dei casi l' insta bilità s i manifesta solo nella pratica sportiva o nel cammino su terreno accidentato , so lo nel 30-35 % l'instabilità si manifesta anche in terreno piano e s ulle scale.

In ogni caso, non sempre l'instabilità denunciata è in rapporto diretto con la lassità obiettiva, ma dipende da fattori soggettiv i , muscolari, e dalla esigenze profession al i o sportive.

L'elemen to dolore è legato a lesioni m en isca li o cartilaginee ed è quasi sempre presente n e ll 'a n amnesi, ma non frequentemente è il punto prin cipa le del quadro clinico : abbiamo notato come in un ginocchio la sso per rottura di LCA, una lesione meniscale sia spesso ben tollerata o addirittura asintomatica.

Abbiamo spesso trovato rotture del menisco medial e a manico di secchio non sospettabili clini camente, ben toll er ate e c he permettevano un a vit a pressoch é normale, non dando ep i sodi di blocco proprio per il maggior gioco articolare dovuto alla lassità.

L'elemento princip a le della sto ria clinica è quindi la sensazione di instabilità che il p azie nte d escrive come un ced imento improvviso senza causa, o per causa minima, per cu i sente il «ginocchio che parte verso l'interno». Questa frase molto co mun e non significa un ced imento in va lgo per lesione mediale ma rappresenta in genere un incidente in rotazione interna dei più tipici, in cui il pied e fisso al suolo vie ne posto in rotazione interna dal corpo che ruo t a, solidale al femore, verso l'esterno: in questa posizione il piatto tibiale, non più tratte nuto a l condilo femorale dal LCA , si su b -lussa in avanti e indietro, determinand o il cedimento con un me cca nism o che viene riprod otto d a i test rotatori e principalmente d a l «Ressaut in rotazione interna », il principale degli elementi di diagnosi di rottura di LCA e l'unico patognomonico, l a cui spiegazione biomeccanica abbiamo già esposto.

Vediamo in particolare l'esecuz ione del Ressaut

e degli altri test:

1 ) Ressaut rotatorio: su l soggetto sdrai a t o occo rre riprodurre artificialmente le condizioni di instabili[;\ viste prima: nel movimento di rotazione interna forzata, la rottura di LCA perm ette all 'ep ifisi tibiale d i scivo lare a no rmalm ente in avant i e indietro all'inizio del movimento di flessione, quando si allenta la stabilità passiva del gi nocchio esteso. I dive r si metodi devono quindi tendere ad applicare all'estremità s uperiore dell a tibia una forza nell o stesso tempo va lgizzante, intrarotatoria e s ublussante anteriormente il piatto tibiale esterno nel pa ssaggio dalla estensione alla flessione o, al contrario, quando il ginocchio s i porta dalla flessione all'estensione completa. Successivamente, quando dall'e ste n s ione si ritorna alla flession e fra i 15 ° e i 30 °, si otterà il Ressaut (cioè un salto, uno scatto caratte risti co, sia v isivo che ac ustico) in quanto il piatto tibiale si ridu ce riprend endo il suo posto sotto il con dilo femorale, sotto lo sforzo di trazione degli isch io-crura li. Il test si effettua p artendo dalla este nsione ed anda ndo verso la flessione, con una mano c h e impugni il tallone, esercitando l ' intrarota zione ed il valgo, mentre l'altra mano tiene il fem o re o l'estremità supe riore tibiale: partendo dalla estensione si ottiene la sub-lussazione, poi la riduzion e.

2) Test di Maclnto sh : molto simile al precedente, l'a rto inferiore è mantenuto in legge ra sopraelevazione risp etto al letto, una mano impugna il tallone intraruotando, mentre l'a ltra mano, applicata dietro l'e s tremit à su p e riore della t ibi a, porta il gino cc hio in valgo ed esercita la forza sub-lussante. È costante che il paziente, all 'otte nimento del R essaut, riconosca c he tale mo vimento e tale scatto sono all'origine dei suoi episodi di cedimento: «Ecco quello che mi succede »

3 ) Il J e rk test di Hughston: s i ricerca nella stessa m a niera, m a l'a rto inferiore è mante nuto sollevato dal piano del letto e flesso a 45°, per cui la ri ce rca del Ressa ut vie ne fatta partendo dalla flessione per arrivare alla estensione, ed è di maggiore difficoltà.

4 ) Il fat e rai Pivot Shift: Ottiene lo stesso movim e nto impugnando la gamba co n l'avambracc io per dare a l m a lato una maggiore confidenza.

5) Il t es t di Slocum: si differenzia perché pone l'arto in decubito latera le con piede appoggiato e ginocchio a ponte; le due mani sono di spos te da una parte e dall'altra dell'interl i nea esterna, imprimendo lo sforzo di valgo rotazi one interna sufficie nte ad ottenere lo scatto nel passaggio da flessione ad esten-

439

sione e viceversa. Questo test è molto utile nel soggetto contratto e dolente.

Dopo aver trovato con il Ressaut l'esiste n za di una le sione del LCA, occorre valutare le formazioni periferiche con la ricerca dei test di lateralità in valgo o in varo, mantenendo il ginocchio a 30°, per esplorare la tenuta dei punti d'angolo posterointerno e postero-esterno, e dei ligamenti collaterali. T aie ri ce rca vie ne fatta dando una quotazione in crocette (i n genere tre) per lieve, media , grave la ssità ) eseguendo l'esame comparativamente, perché vi sono importanti variazione fisiologiche (ad esempio iperlassità) ed inoltre indi ca la necessità di associare un gesto chirurgico mediale o l aterale alla plastica del ligamento anteriore.

Il test del cassetto anteriore, finora ritenuto la unica prova di rottura di LCA, ha perso un po' di interesse con la pratica dei test rotatori: nelle le sioni isolate di LCA , soprattutto nei primi stadi, in cui le formazioni periferiche tengono bene, il cassetto a nteriore è negativo, mentre il test del Ressaut è fortemente positivo.

Po ss iamo ricercare il cassetto anteriore con il metodo classico a medico seduto sul piede del pazie nte , co n ginocchio a 90° e piede atteggiato in rotazione interna, rotazione neutra e rotazione esterna: questo te s t saggia sì la mancan za del LCA, ma anche e soprattutto la rottura o la distensione delle formazioni periferiche sia mediali che laterali. Nella lassità che definiamo antero-esterne ha importanza la ricerc a del cassetto in extra-rotazione, per saggiare la tenuta delle formazioni mediali.

Il cassetto anteriore può essere eseguito secondo Lachman-Trillat, prendendo con una mano il femore, con l'al tra l'estremità superiore della tibia in estensione o meglio ai primissimi gradi di flessione; in questa mani era si eliminano tutti i riflessi di vigilanza muscolare, e si ottiene un test fedele di rottura di LCA, nonché dello staro delle formazioni periferiche. Il cassetto anteriore viene anch'esso quotato da + a + + +.

fn base a questi segn i e alla prevalenza degli uni sugli altri, classifichia mo le la ssità anteriori in:

Lassità antera-interne (LAI )

Lassità antero-esterne (LAE)

Lassità miste, antera-esterne + antero-interne, c he defin iamo lassità anteriori globali.

Risulta ora interessante vedere la diversa percentua le s uJle va rie casistiche, prima e dopo la scoperta dei test dinamic i rotatori, che hanno spostato

l'interesse dal compartimento mediale al compart imento laterale, portando a ll a definizione di LAE .

Prima della utilizza zio ne di questi test, e cioè prima del 1976 per gli americani ed i francesi, prim a del 1979/80 per noi, la maggior parte delle lassi tù anteriori, circa il 70-80%, ven iva classificata com e lassità antero-interna, incorpor ando in questo gruppo un certo numero di lassità moderate, con cassetto anter iore + , che pareva insufficiente come causa reale della instabilità di cui però non si trovava il morivo. Nel restante numero di casi si percepiva in maniera confusa l'impressione che esistesse qualco sa a livello del compartimento esterno, di cui però non si ca piv a il meccanismo né l'importan za.

Esisteva inoltre una e levata percentuale di l esioni di LCA scoperte operatoriamente in occasione di una artrotomia per meniscectomia, le sioni ch t: non venivano diagnosticate in quanto il cassetto anteriore era neg ativo o arrivava a malapena a un + . In fine un elevato numero di insucce ssi dopo meniscectom ia semplice o dopo intervento di Elmslie Trillar, o so prattutto dopo ricostruzione ligamen tosa del compartimento mediale, veniva a testimoni are l'insufficien za dei mezzi diagnostici dell'epoca, nella diagnosi di rottura di LCA.

La diagnosi di lassità antero-interna veniva posta sulla positività del test di lateralità in valgo a 30° e sulla ricerca del cassetto ante riore nelle tre posizioni, dando importanza al cassetto anteriore in R.E. Abitualmente si classificano tre gruppi:

1) gruppo con cassetto anteriore + , senza lateralità, ma con fenomeni di instabilità, oggi definibile come lesione isolata di LCA;

2 ) gruppo con cassetto anteriore + + e lassità interna in valgo + + ;

3 ) gruppo con cassetto anteriore + + + e lassità interna che può arrivare a + + + . Sono queste le forme più evolutive, suscerti bili di globalizzazione.

Dopo la scoperta e la sta ndardizzazione dei te st rotatori, la cui esec u zione è difficile e di difficile e lungo apprendimento, occorrendo una notevole pratica e sensibilità per poterlo e ffettuare in tutti i malati in assoc iazione al cassetto anteriore in estensione secondo Lachman -Trillat, la percentuale delle lassità è com pletamente invertita in tutte le casistiche.

Constatiamo così che si ritrova un Ressaut rotatorio o un Jerk test almeno n el 90% dell e lass1tà anter iori , che può essere isolato in più della metà o dei due terzi dei casi, o associato a segni antera-

440

interni nei restanti. La positività di tali segni può venire quotata da + a + + + , ma in effetti l'importante è riconoscere se il Ressaut esiste o non esiste, anche se è utile quantificarne il valore.

Definiamo quindi Lassità antera-esterne pure quelle in cui siano positivi i test rotatori in assenza di segni antero-interni o con scarsa positività (+); in esse vanno raggruppate le lassità antero-interne del primo gruppo come visro prima, oggi identificabili come lesione isolata di LCA, ed una parte delle lassità antero-interne del secondo gruppo, cui la componente mediale sia moderata e non necessiti di trattamento specifico.

La responsabilità di una lassità antero-esterna pura sulla instabilità di un malato può essere stabilita su tre elementi: il ripetersi di episodi di cedimento con scatto, salto che il malato riferisce al compartimento esterno; il meccanismo di questi episodi riferito in rotazione interna e la positività dei test rotator i che riproducono il Ressaut, che il malato riconosce immediatamente come la causa e come quello che avviene durante i cedimenti. Nonostante per definizione in queste forme non si ritrovino o si ritrovino in forma moderata segni di lassità anterointerna, la rip ercussione clinica è sempre molto invalidante per lo sportivo e per il lavoratore esposto al trasporto di pesi o a frequenti contrasti in torsione.

In un certo numero di casi di lassità clinica, in cui non vi siano lesioni meccaniche meniscali né cartilaginee, non si manifesta instabilità poiché il soggetto non pratica attività che favoriscano il cedimento.

Definiamo Lassità antero-interne pure quelle, provenienti dal secondo gruppo precedente, in cui i test di cassetto e lateralità in valgo siano positivi, almeno + + , in assenza assol uta di segni AE con negatività del Ressaut; nelle varie casistiche odierne queste lassità hanno una percentuale del 10-20%, a seconda del reclutamento dei pazienti: occorre infatti fare presente che una casistica in cui predominino gli infortuni calcistici ha una percentuale molto elevata di lassità antero-esterne pure per rottura isol ata di LCA, peculiare a questo gioco I n a ltre casistiche, per predom inanza di altri incidenti (ad esempio infortuni stradali o lavoratori) saranno più frequenti le lassità antero-interne o miste, per la maggior importanza delle lesioni mediali.

Queste lassità senza segni a ntero-esterni, se non presentano lesioni meniscali o cartilaginee e se

rimangono moderate fra + e + + , non presentano una instabilità clinica importante, e sembrano in genere ben sopportate anche dallo sportivo.

Per arrivare ai + + o superarli, sia di cassetto anteriore che di laterali tà, occorre sia associata anche una componente antero-esterna, per cui completiamo così la classificazione:

Lassità miste o combinate o globali anteroesterne + antero-interne (L. AE + Al) in cui inseriamo le lassità AI gravi del terzo gruppo precedente, in cui ogg i sappiamo ritrovare sempre anche i segni AE positivi, per dimostrare che una lassità anteriore, per essere grave, deve avere una componente antero-esterna. Troviamo in questo gruppo una lassità mediale da + + a + + + , una lassità in cassetto anteriore da + + a + + + e positività dei tese rotatori.

ln questo gruppo la ripercussione clinica è molto importante e proporzionale a l numero dei + La globalizzazione della lassità può essere dovuta ad un incidente grave con lesione di tutti gli elementi, ma pensiamo sia più facilmente dovuta alla progressiva distensione ed allentamento degli elementi perifericio sia mediali che laterali, dopo un trauma non trattato, che induce una lassità trascurata con ripetizione di frequenti episodi di cedimenti, per prosecuzione della attività sportiva o lavorativa colpevole.

In conclusione la ripercussione clinica di una lassità antera-esterna pura, che spesso è di difficile diagnosi clinica se non si possiede la conoscenza e la manualità dei test rotatori, è quasi sempre severa e se trascurata porta progressivamente ad una evoluzione globalizzante, mentre la lassità antero-interna pura sembra regolarmente ben sopportata se non è associata a segni antera-esterni, cioè a lesione di LCA.

La diversa proporzione delle varie casistiche dipende dal diverso reclutamento dei pazienti, co me già detto, ed anche dalla precocità della osservazione e dell'intervento rispetto al trauma, in base alla sensibilizzazione de ll a pop o l az ione rispetto al problema del ginocchio instabile ed alle richieste funzionali e sportive della popolazione stessa.

Descriviamo ora l'evoluzione cronologi i::a dei disturbi consecuti vi ad una rottura di LCA sotto il nome di «Sindrome cronica del LCA » secondo MacInto s h. Questa sindrome associa un certo numero di manifestazione cliniche e di incidenti la cui ripetizione, nel tempo, determina una distensione progressiva delle formazioni capsu lo-ligamentarie per arriv a-

441

re ad un deterioramento completo dell'articolazione. Le prime manifestazioni sono in genere le lesioni del compartimento interno. A carico del menisco interno (MI ) la lesione può essere inaugurale, contemporanea al trauma iniziale oppure, negli altri casi, la libertà rotatoria della tibia dopo la rottura del LCA espone il menisco ad uno slaminamento cronico da parte del condilo femorale, portante alla lesione del cor no posteriore e, contemporaneamente, a lesioni cartilag in ee del condjlo mediale stesso.

È abitualmente dopo una meniscectomia che appare, o si aggrava, il Ressaut rotatorio i cui danni sono maggiori se il soggetto non rinuncia all'attività spor ti va, determinando distorsioni successive con emartr i che portano verso la lesione del terzo gruppo, determinando spesso anche lesioni del menisco esterno, spesso a cl ivaggio orizzontale e lesione della cartilagine del condilo esterno.

Per il meccanismo stesso del Ressaut, che si svolge sul comportamento esterno, ma fa perno sul mediale, è spesso più importante la lesione cartilaginea mediale.

Infine la progressione più o meno rapida di fenomeni degenerativi suscettibili di portare all'artrosi, con apparizione di osteofiti marginali e di un pinzettamento delle interlinee, dimostrano l'evoluzione negativa di questa sindrome, se non si pone rimedio alla distensione capsulo-ligamentosa con una ricostruzio n e chirurgica.

Riassunto. - Gli Autori sottolineano l'importanza per la stabilità artico lare del legamento crociato anteriore del ginocchio.

Vengono discussi e spiegati i numerosi test clinici e strumentali per una corretta diagnosi di lesione del legamento crociato anteriore Oerk test, Pivot Shift test, Slocum test, Lackman-Trillat test, etc. )

Si discutono gli aspetti positivi e nagativi di tali test evidenziando la semplicità e l'accuratezza di cali sistemi

Résumé. - Les Auceurs examinent la rupture du ligament croisé antérieur du genou. lls examinent les manoeuvres diniques pour évaluer très bien la pathologie du genou (Jerk test, Pivot Shift test, Slocum test, Lackrnan-Trillat test, etc).

Les Auteurs exposent tous les aspects de ce rype de diagnose et examincnr la simplicité et la diligence de tels systèmes.

Summary. - The Authors dea! with the importance of the ancerior cruciate ligamenc for the knee joint scability.

They reporc a study about che clinic diagnosis and explain al che cliaic operations for a correct diagnosis (Jerk test, Pivot Shift test, slocum test, Lackman-Trillac test, ecc. )

The Authors discuss positive and negative aspects of this kind of diagnosis and also show simplicity, accuracy and economy of the used syst.em.

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OSPEDALE MILITARE PRINCIPALE DI ROMA

Direttore: Col. mc. F. Plccrou

CENTRO STUDI E RICERCHE DELLA SANITÀ DELL'ESERCITO

Direttore: C.ol. me. M. D1 MARTINO

APPARATO VISIVO E LAVORO: VISUS PROFESSIONALE

Cap. me. A. Ambrogio 1 ' Cap. me. G. Giangiacomo'"°'

APPARATO VISIVO E LAVORO

L'apparato visivo, per la sua delicata struttura e per la singolare conformazione dei suoi tessuti, è particolarmente esposto alla azione di eventuali agenti nocivi caratteristici del lavoro cui l'individuo si applica.

Il primo Autore che ha creato una relazione fra Oftalmologia e Lavoro è il Ramazzini con la sua opera «De morbis artificum diatriba» del 1700 in cui descrive alcuni stari patologici degli occhi in rapporto al lavoro.

Nel 1825 Donegana nel suo trattato «Igiene degli occhi>> rivolgendosi ai genitori indica a questi come una «vista forte e sana» sia importante e «fonte di felicità per i loro figli» affinché possano progredire nella cartiera di lavoro cui saranno avviati.

Solo nell'ottobre del 1902 il Consiglio Comunale di Milano approva per primo la creazione di un Istituto di Clinica del Lavoro presso l'Università. Il Prof. L. Devoto nel marzo del 1910 durante il discorso inaugurale, quale Direttore dell'Istituto, tracciò l'azione del medico rivolta ad integrare <<la sapiente opera di economisti, sociologi e psicologi» per una migliore vita dei lavoratori.

Dal 1917 si sono succedute pubblicazioni di vario genere sulle correlazioni fra malattie professionali e apparato visivo, fino alla prima monografia italiana a cura del Prof. G. De Gennaro del 1958 dal titolo «L'apparato visivo in rapporto al lavoro. L'Oftalmologia professionale».

L' ingresso ufficiale dell'Oftalmologia nel mondo del Lavoro si è verificato con il D.M. n. 1967 del 15 Dicembre 1952 che ha determinato un notevole ampliamento delle malattie professionali soggette ad assicurazione obbligatoria, contenute nella tabella del precedente Decreto n. 1765 del 1 7 agosto 19 35.

Da allora si sono susseguiti Decreti e Circolari di ampliamento del sopracitato D.M.

La affezione ofta lmi ca chiaramente riconosciuta è la cataratta da energie radianti con l'iscrizione di essa al n. 2 delle malattie professionali da agenti fisici.

Nel 1978 la Legge 833 della Riforma Sanitaria ha dato ampio risalto alla Medicina del Lavoro, eviden-

Magg. me. M. Cantarinj 1d"°'

ziando il problema della selezione del personale e dei controlli dell'ambiente di lavoro per migliorare la qualità di vita del lavoratore e la qualità stessa della produzione.

Si arriva cosf al concetto di qualificazione professionale.

A tale scopo sono stati istituiti Centri di Psicologia del Lavoro presso gli Istituti di Medicina del Lavoro, d'intesa con il Ministero del Lavoro; viene cosf ad accrescersi notevolmente la possibilità di una accurata selezione medico -psico-tecnica dei lavoratori da avviare ai Corsi di addestramento professionale.

Appare quindi indispensabile la funzione di questi Centri di Psicologia sia per l'avviamento e l' orientamento professionale degli esaminati, sia per la riqualificazione del personale già nel mondo del lavoro. A questo punto sarebbe necessaria la stretta collaborazione dello specialista Oculista che, qualora diagnosticasse qualche difetto visivo, potrebbe con il suo referto e attraverso i relativi tests psicologici orientare l'aspirante verso professioni più adeguate.

Si arriva quindi al concetto di «visus professionale», cioè il potere visivo necessario per l'esercizio di una professione; questo varia da lavoro a lavoro .

VISUS PROFESSIONALE

In base al visus professionale si determina la capacità ad un determinato lavoro, mentre nel contempo è necessaria una certa capacità tecnica intrinseca in ogni individuo per esprimere la piena idoneità ad espletare quel lavoro. Apparato visivo e capacità tecnica hanno stretta correlazione per certi tipi di lavoro, tanto che l'individuo, a causa di difetti refrattiv i , può veder ridotte le sue indiscusse capacità tecniche.

In altre parole l'idoneità al lavoro permette ad un operaio di tradurre in salario la sua attività, la cosid-

" Assistente Reparto Oculistim O.M.P. di Roma.

0 Assistente - Cemro Studi e Ricerche della Sanità ,\1ilirare. ''** Capo Reparto Oculistico O.M.P di Roma.

443

detta «capacità di guadagno>> . Molti fattori influenzano tale capacità: ambiente, motivi sociali, politici, sesso, età, possibilità di impiego regolate da richiesta-offerta, e non ultima l'integrità anatomofunzionale dell'apparato visivo.

Attraverso una accurata selezione del visus professionale si può anche arrivare ad una effettiva selezione degli infortuni sul lavoro.

Sia ben chiaro, a questo punto, c he la selezione professionale in rapporto aUa funzionalità dell'apparato visivo non significa «togliere lavoro» a individui con difetti di refrazione, ma assegnare ad ognuno un determinato lavoro, il piu possibile rispondente alle proprie capacità visive. Purtroppo accade sempre più spesso di selezionare individui con difetti di refrazione molto più elevati di quanto essi stessi riferiscano, o a volte anche del tutto ignorati.

Da ciò deriverebbe una maggiore prevenzione ed una consistente riduzione degli infortuni, come nelle intenzioni deUa Legge 833 del dicembre 1978 riguardo l'applicazione della Riforma Sanitaria.

In relazione a quanto sopra in occasione della prima visita selettiva l'Oculista dovrebbe redigere su di un modulo tutto ciò che riguarda l'apparato visivo in modo da avere riferimenti per l 'avvenire; ciò avrà importanza per infonuni o malattie da porre o meno in relazione al lavoro svolto.

Eventuali successivi indennizzi saranno in rapporto alle condizioni attuali determinatesi per l' infortunio sul lavoro, perchè «segni>> assenti in occasione della prima visita. È opportuno quindi che l'Oculista conosca, in ambito di visita selettiva o di controllo, il tipo di lavoro, l'ambiente in cui viene a realizzarsi, i materiali utilizzaci così da valutare conseguentemente i requisiti visivi degli esaminandi. È indubbio che individui sottoposti ad accurato esame selettivo per l'accertamento della loro idoneità per una determinata attività offrano maggiore rendimento in rapporto a individui non sottoposti agli opportuni esami preliminari.

METODICHE DI RILEVAMENTO O Dl ESAME DEL VISUS PROFESSIONALE

Sono state proposte molte classifiche per la creazione di un visus professionale, ma tutte hanno valore relativo in quanto in ciascuna categoria di lavoro vi sono specializzazioni e tipi di lavorazione che richiedono attitudini visive particolari di cui l'Oculista deve tenere conto.

È necessario stabilire un visus professionale <li base uguale al potere visivo che ogni occhio normale, cor retto o non, dovrebbe avere, e che ogni operaio dovrebbe possedere.

Con la pratica corrente nelle selezioni attitudinali, per praticità, si fa leggere all'esaminanda l'ultima riga a destra o a sinistra dell'ottotipo in verticale, o la penultima o l'ultima in orizzontale. Queste metodiche fa. cilirano il candidato che potrebbe aver imparato a memoria la sequenza delle lettere.

Si manifesta allora l'opportunità, senza ricorrere a metodi complicati, di servirsi di lettere di vario spessore di tratto e di grandezza su di una stessa riga, in modo tale da essere variamente assortite, disorientando il paziente per la non progressione nella tabella (ottotipo di Tibaudet). Si può anche ricorrere all'ottotipo con anelli di Landolt, anelli con aperture nelle quattro direzioni principali, sempre più piccoli, decrescenti in rapporto all'acutezza visiva. Con tale tabella viene a determinarsi meglio l'angolo del minimo separabile, e quindi il visus.

È bene scartare ottotipi con lettere alfabetiche sia perchè possono essere mandate a memoria, sia perchè una lettera viene riconosciuta anche per la sua caratteristica di insieme.

Per avere una idea di base del visus, specialmente in occasione di selezioni numerose, ci si può avvalere di refrattometri computerizzati.

In ogni caso nella valutazione del visus professionale bisogna tenere conto di due fattori:

1) il visus dovrebbe essere determinato anche dalla distanza alla quale il soggetto deve espletare il lavoro , tenendo conto delle condizioni ambientali nelle quali deve attuarsi;

2) il visus comprende nel suo insieme: visione da lontano e da vicino, visione diurna e notturna, percezione cromatica, del rilievo e stereopsia, del campo visivo, senso luminoso, oltre equilibrio muscolare e presbiopia.

Esponiamo, per completezza, una tabella nella quale figura una valutazione proposta dai s ingoli Autori del visus professionale: Bonnardcl Graven Groenouw

444
Josten Radaelli, Sabbadini Sedan debole 5 / 10 5/10 4/ LO 5110 medio 11 / 10 10/ 10 12/10 6/10 1()/JO superiore 14/ 10 14/ 10 14/ 10 8/ 10 14110

Per una valutazione medico-legale della se lezione professionale bisogna tenere conto:

1) dei difetti di refrazione miopica, o ipermetropica, col visus corretto , vagl iando le ambliopie con l' anisometropia;

2) delle varie malattie in atto o pregresse o esiti di eventuali infortuni oculari. In questo caso ci si dovrà scrupolosamente attenere al «visus residuo>>.

Da evidenziare che, secondo la nostra opinione, quelle imperfezioni o infermità oculari che so no causa di invalidità permanente o temporanea al servizio militare dovrebbero essere considerate come punto di riferimento per la selez ione professionale.

A cale proposito si potrebbe fare riferimento, almeno per la sola popolazione maschile, al libretto sanitario istituito da DIFESAN nel 1984 per i militari di leva. Per ognuno di essi esistono due copie di questo Libretto, di cui l va conservata presso il D.M. di appartenenza, e l 'altra tramite il militare andrebbe inviata alla USL di competenza.

Sul Libretto vengono annotate le visite specialistiche, i ricoveri e le visiste periodiche cui è stato sottoposto il militare in servizio di leva.

Ricordiamo che la Legge 833 del 1978 prevedeva l'istituzione del Libretto Sanitario per tutta la popolazione civile, nell'ottica della prevenzione prevista dalla Riforma Sanitaria. Ciò non è accaduto.

Per una corretta valutazione medico -legale del <<visus professionale» si può ricorrere, secondo la nostra esperienza, alla tabella del Prof. G. De Gennaro del 1958:

visus RIDOTTISSIMO m inore di 1/ 10 in 00 dopo correzione vi sus RIDOTTO L-2/ 10 in 00 dopo correzione

visus INSUFFICIENTE 4/10 in 00 dopo correzione oppure 5/10 in un occhio e 1/10 nell'altro dopo correzione

visus INFERIORE

visus NORMALE

visus SUPERIORE se mpre dopo co r rezione:

MENO SUFFICIENTE 5/ 10 in 00 oppure 6/10 in un occh io e 1/10 nell'alt ro

SUFFICIENTE 6/10 in 00 oppure 7/10 in un occhio e 1/10 nell'altro

DISCRETO 7-8/ 10 in 00

10/10 in 00 dopo corre z ione 10-12/10 in 00 senza correzione.

Il compito istituzionale di selez ione professionale che viene svolto presso gli Ospedali Militari riguarda principalmente:

- il servizio permanente effettivo (SPE);

- gli allievi Ufficiali di complemento (cpl);

- gli allievi Sottufficiali (AS).

Il servizio permanente effettivo contempla:

- per Carabinieri e Armi varie i 10/10 corretti per occhio con max di 4 diottrie di qualunque difetto visivo;

- per Artiglieria e Genio i 10/10 corretti per occhio con max di 3 diottrie;

- per Servizio Automobilistico, Commissariato e Amministrativo, i 10/10 corretti per occhio con max di 5 diottrie;

- per Servizio Sanitario (ruolo Medici, Farmacisti e Veterinari) i 10/10 totali con non meno di 2/10 nell'occhio peggiore, con max di 5 diottrie per la miopia, 3 per l'ipermetropia e 5 per tutti i tipi di astigmatismo.

Gli Allievi Ufficiali di complemento e gli Allievi Sottufficiali sono idonei se raggiungono i 16/10 totali con non meno di 7/1 O nell'occhio peggiore, con max di 3 diottrie.

Inoltre ci si occupa di particolari specializzazioni militari:

- Genio fen-ovieri per i quali è previsto 10/10 in 00 naturali;

- paracadutisti per i quali è necessario un visus naturale di 12/10 naturali totali con non meno di 4/10 nell'occhio peggiore;

- impiego NATO e LIBANO prevedono i 16/10 totali con non meno di 7/10 corretti nell'occhio peggiore; - guida veloce per CC e GdF richiede i 10/10 naturaL in 00.

Riportiamo, per completare il quadro medico-legale del visus professionale, i valori visivi riguardanti Carabinieri, Finanzieri e Agenti di PS, nel ruolo di agenti: sono previsti i 12/1 O totali naturali con minimo di 7/10 in un occhio e 5/10 nel peggiore.

Per gli effettivi CC, GdF e PS sono richiesti i 10/10 corretti in 00 con max di 3 diottrie.

ATTEGGIAMENTO DELL'OCULISTA SELEZIONATORE NEI RIGUARDI DEI DIFETTI DI REFRAZIONE

A) Refrazione miopica

Si divide la miopia in lieve fino a 3 diottrie e media fino alle 8, grave fino alle 15 e gravissima oltre le 15 diottrie.

VISUS PROFESSIONALE - VA LU TAZIONE MEDICO-LEGALE
445

Il lavoro da vicino si addice al miope lieve, che rispetto all'emmetrope dispone di una maggior quota accomodativa. D'altro canto lo s tesso tipo di lavoro diventa sempre più difficoltoso col crescere della miopia fino a giungere ad una visione monoculare per vicino a causa di uno sforzo di convergenza-accomodazione notevole per miopi elevati, gravi non corretti.

Da studi statistici emerge che una se rie di attività lavorative caratterizzate da applicazione per vicino fa. cilita, in soggetti predisposti, l'aggravarsi di una miopia lieve e media. Queste sono: cesellatori, disegnatori, gioiellieri, orolngiaì, meccanici di prec.

Nella selezione orientativa del lavoro bisognerà evirare che anche i miopi medi vengano avviati verso lavorazioni che possono peggiorare il vizio di refrazione. In ogni caso è opportuno che il miope lieve, se costret• to a lavori da vicino, usi la correzione meglio tollerata, e che venga controllato periodicamente.

Importante per i miopi comunque è la scelta del tipo e intensità di illuminazione dell'ambiente e la durata continuativa della applicazione per vicino.

B) Refrazione ipermetropica

Frequentemente la refrazione ipermetropica bilaterale non supera le 3-4 diottrie.

Ci si trova ad esaminare individui di 20 anni al di sotto delle 3-4 diottrie, generalmente.

L'attività accomodati va è in grado di neutralizzare il difetto refrattivo s ia da lontano che da vicino; ma ciò genera una astenopia accomodativa nella maggioranza dei casi.

Occorre una opportuna correzione del difetto, corretto il quale, il soggetto con 3-4 diottrie può essere impiegato in qualunque tipo di lavoro.

C) Ambliopia

Il trattamento precoce dell'ambliopia riveste oggi un carattere sociale.

Gli individui ambliopici sono destinati, con l'intensificarsi delle disposizioni sanitarie in merito alle assunz ioni di lavor o, a rimanere se mpre più ai margini della vita lavorativa o a ricoprire incarichi lavorativi non altamente qualificati, con poca responsabilità e quindi poco remunerativi.

L'ambliopia non procederà nel lavoro con la stessa celerità e precisione di un soggetto con visus normale.

È previsto per l'ambliope con 7/10 nell'occhio migliore e 1/10 nel peggiore, comunque corretto, il conseguimento della patente di guida limitata.

Vengono impiegati generalmente nelle cosiddette «professioni visive inferiori>> (6/10 in un occhio e 3/10 nell'altro): ag ricoltori, allevatori, camerieri, domestici,

fattorini, giornalai, manovali, spazzini, uscieri, giard i nieri; gli «ipovedenti gravi» vengono utilizzati come t e• lefonisti o nella costruzione di cestini di vimini.

Un «visus professionale superiore» è richiesto per autisti di mezzi pubblici, guida veloce, tramvieri gui datori, conducenti di locomotori, tecnici conducenti di treni rapidi, aviatori ruolo naviganti, piloti di aerei, segnalatori, ferrovieri addetti al movimento, osservatori di aereoporti, osservatori di porti, guardiani di fari costieri, paracadutisti, tiratori scelti.

Riassunto - Gli Autori prendono in considerazione i rapporti fra apparato visivo e lavoro, evidenziando il riconoscimento del!. patologia ohalmiai nel novero delle malattie professionali.

Introducono in concetto di «visus professiona le», illustrando ne le più semplici metodiche di rilevamento e la valutazione medico legale.

Inoltre soLLolineano l'importanza di una stretta collaborazio ne fra Medici Oculisti selezionatori e Centri di Psicologia del La voro sia per l'avviamento e l'orientamento professionale degli aspiranti lavoratori, sia per la riqualificazione del personale già operante.

Résumé - Le~ Auteurs ont priscn considérarion les rappon s cnrre l'appareil visuel et le travail et om mis en évidence l 'identifi cation de la pathologie ophtalmique dans le nombre des maladies professionnelles. Tis om introduic le concept de «visus professione!» en mettant à point les plus simples mérhodiques dc relèvement et la évaluation médico-légale

En ourre ils onr souligné l'importance qui relie la collaboration enrrc !es ophcalmolog istes qui font Ics sé!ections et !es Ccntres de Psychologie du Travail soit pour la mise en train et l'orientacion professionnelle des aspirants travailleurs, soit pour la réqua li fication du personnel qui rravaille.

Summary - The Authors consider the relations bctween visual organs and work and emphasize rhe recognition of che ophtal• mic pathology am:mg the occupational diseascs .

They introduce rhe idea of «professional visus» and they explain the most simple methods of lqial medica! analysis and the evaluation of it

Besides this, they point out the imponancc on the stric t cooperation between the selector ophtalmologisr Doctors and che La bour Psycology Instimtes, both in starting and guiding the applicants fora job in a professional way, an<l to requalify the already working staff

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447

Dire11ore: Col. me Dr. M Di M.\Rn-.:o

CROMATOGRAFIA : ASPETTI TERMODINAMICI

Ca p. Chim. Fa nn . Dr . V. Barre tta

La cromatografia costituisce uno dei metodi di piu estesa applicabilità per la separazione di miscele di composti le cui caratteristiche chimico -fisiche sono estremamente simili.

Può essere opportuno ricordare che in origine la cromatografia venne sfruttata solo per la separazione di sostanze colorare (da cui il nome di «cromatografia>>) , ma oggi è usata per separare o purificare un altissimo numero di soluti, grazie all'uso di una migrazione differenziale di opportuni solventi attraverso un mezzo adsorbente. Il fenomeno fondamentale sfruttato in cromatografia è la distribuzione di una miscela di sostanze fra due fasi, scorrenti l'una sull'altra, d elle quali una è detta fase stazionaria e l'altra fase mobile. La fase stazionaria può essere solida o liquida, la fase mobile liquida o gassos a. Gli equilibri tra le sostanze presenti in queste due fasi possono essere di adsorbimento, di ripartizione o di scambio ionico. I risultati sono costituiti dai tempi di eluizione dei composti in miscela, cioé da un grafico da cui risultino dei picchi caratteristici di ciascuna sostanza componente la miscela, con riportato il tempo necessario alle stesse per fuoriuscire dalla colonna (tempo di ritenzione «t,»). Altro sistema di registrazione dei risultati , piu usato , pone su un diagramma cartesiano la concentrazione della soluzione all'uscita della colonna in ordinata ed il volume di solvente eluito in ascissa: si ottengono cosi delle curve di cluizione a campana di tipo gaussiano, caratteristiche dei sistemi impiegati e delle sos tanze analizzate. Se consideriamo un cromatogramma di una miscela a due componenti (indicati ad es. con 1 e 2 ), la distanza tra i due massimi dei due picch i rappresenta la differenza di tempo di ritenzione esistente tra i due componenti la miscela, At,, mentre la distanza, per ciascun picco, tra le due tangenti al punto di flesso della campana rappresenta la base o larghezza de] picco, w.

Lo scopo della cromatografia, come è noto, è la rapida risoluzione di miscele complesse. La risoluzione R, può essere formalmente definita dall'equazione:

S. Ten. Fann. Dr . A. Mai

dove t e t son o i tempi di ritenzione di due picchi rl r' adiacenti le cui ampiezze di base sono w 1e w r S e i picchi sono molto simili e vicini (w 1 == w 2) si otterra una cattiva risoluzione: \V

Se i picchi sono invece sufficientemente separati (al ta At) e piuttosto s tretti (bassa w ) , la risoluzione otten uta ~arà buona. È dunque evidente che la risoluzione di una cromatografia dipende fordamentalmente dai tem pi di ritenzione delle sostanze, subordinati alle caratteristiche chimico fisiche delle sostanze stesse, al tipo di fase mobile e fa se stazionaria ed all'ampiezza dei singoli picchi. Mentre quest'ultima grandezza è s ubordinata a considerazioni cinetiche , il tempo di ritenzion e è subordinato interamente a considerazioni termodinamiche.

Le proprietà termodinamiche all'equilibrio possono essere chiarite da un semplice esperimento ideale: un a parte di soluto passa lungo la colonna e l'alt r a parre viene arrestata , cosicché s i ha un equilibrio fra la fase m obile e la fase stazionaria. Il profilo della banda del soluto in fase mobile è rispecchiato, a parte che daBa scala , dal profilo in fase stazionaria che, per semplicità, consideriamo essere un liquido Poiché il sistema è all ' equilibrio, la concentrazione è quella all'equilibrio di ripartizione per il soluto tra le due fasi. Questo rapporto, che dipende dai valori assoluti di concentrazione , prende il nome di coefficiente di distribuzione o di ripartizione k :

k = (2 )

dove c e c sono le concentrazioni (moli per unità di s m volume) del soluto in fase stazionaria ed in fase mobile.

Il rapporto k' delle quantità q , e q m del soluto nelle due fasi è chiamato invece fattore di capacità della colonna ed è dato, per una colonna di uniforme composizione, dall'equazione:

q

OSPEDALE MILlTARE PRINCIPALE Dl ROiv1A
R'
) 448
(1
c ,v , k' = ____.!.s_ = = k
, V (3)
q m C: V m m v

dove v e v sono i volumi della fase stazionaria e del' m la fase mobile nella colonna. Poiché rutto l'equilibrio è mantenuto dinamicamente, ne deriva che il rapporto k' è uguale in limiti statistici al rapporto dei tempi t , e tm passati dalle molecole in fase stazionaria ed in fase mobile, cioé:

k'= (4)

Si può ora calcolare anche la frazione di tempo passata in fase mobile: __t..w,___ =__l__

1 + k'

Supponiamo ora che un volume Av m della fase 1Uobile si muova lungo la colonna cromatografica ad una velocità lineare u dalla sua posizione di un tratto pari a Ax cm. La quantità di sostanza presente in questa sezione di lunghezza Ax sarà pari a Ax(q, + q m) e sarà uguale a quella trasportata dal volume Av m ' cioé a

Av mcm:

Ax - - -1 u

Av m v m + v ,(c, / c m)

dove u indica la velocità di spostamento del volume Avm di un tratto Ax lungo la colonna.

Questa velocità di spostamento o di trasporto conviene però esprimerla come rapporto tra la velocità di trasporto del composto in esame e quella di un composto ideale che non venga adsorbito dalla fase fissa: questo rapporto è detto coefficiente di migrazione relativa e si indica con R1:

Ubanda _ l _ , da cui

Uid. 1 + k'

k' = (1 - Rf) / Rr

Poiché inoltre i tempi di eluizione delle bande trattenute e non dalla fase stazionaria (rispettivamente t e t0) sono inversamente proporzionali alle velocità di eluizione delle bande stesse si ha che:

Uid.

1 + k' da cui t 0

Ubanda

k' = (t - tJ / t 0

e k' si ottiene cosi prontamente dal cromarogramma di eluizione.

Questo spiega perché gli operatori cromatografici, familiarizzati con tecniche di eluizione, tendono ad usare il fattore di capacità piu che il rapporto di migrazione relativa Ri, mentre quelli familiarizzati con tecniche su colonna, su carta, su strato sottile normalmente usano R 1, che è direttamente ottenuto dalla concentrazione-distanza del cromatogramma. Il k' infatti, come abbiamo visto, è piu strettamente correlato a parametri termodinamici ed è il parametro definito con maggiore esattezza in caso di trattazioni teoriche.

È importante notare che le differenti parti di una banda cromatografica muoveranno, per uscire dalla colonna allo stesso modo, solo se k e k' sono indipendenti dal livello assoluto di concentrazione. Se per caso k' decresce con la concentrazione, come spesso si verifica nella cromatografia di adsorbimento per la non uniformità dei siti di adsorbimento, le basse concentrazioni delle estremità circolari della banda, possedendo alti valori di k', renderanno a muovere piu lentamente che le zone centrali ad alta concentrazione. Come le bande muovono fuori della colonna, possiamo osservare un «breaking wave effect>>; l'alta concentrazione centrale muove piu vdocemente che la bassa concentrazione tracciando dei bordi: la banda diviene cosi obliqua. Il grado di obliquità dipende soprattutto dalla portata di k' sulla potenza della concentrazione con la banda. Se questo è grande, il picco sarà esteso e muoverà nella colonna piu o meno in proporzione alla distanza mossa dalla banda. Infine l'incremento in altezza della colonna non darà un miglioramento nella separazione, come ci si aspetterebbe se la banda fosse simmetrica. Una cromatografia è quindi definita e ben condotta quando k' è indipendente dalla concentrazione.

Picchi obliqui molto spesso indicano che la fase stazionaria o mobile è stata sovraccaricata con il campione ed il normale rimedio consiste nel ridurre la quantità del campione. Nella cromatografia di adsorbimento questo può avere un piccolo effetto benefico se i siti di adsorbimento sono molto eterogenei in attività.

Un semplice modo per migliorare quest'effetto è quello di disattivare i siti di forte adsorbimento con un materiale fortemente trattenuto come l'acqua . Precondizionare gli adsorbenti è infatti generalmente necessario per assicurare una buona formazione del picco.

(5)

In cromatografia liquido- liquido, gli effetti della ricopertura delJa fase stazionaria cominciano ad essere apprezzabili quando la concentrazione del soluto nella fase stazionaria raggiunge ca. il 3 % . Come regola di

_.t__=---
449

massima per assicurare che non avvenga la ricopertura della fase stazionaria, occorre restringere il totale del soluto a ca. 1/1.000 del totale della fase fissa nella colonna.

Poiché il peso della fase stazionaria di una colonna delle dimensioni di 1 metro di lunghezza per 2 mm. di diametro sarà ca. 100 mg, l a ricopertura può essere anticipata quando la quantità di campione raggiunge ca. i 100 microgrammi. Per prevenire un incremento nell'estensione dei picchi al di là di quanto ci si potrebbe aspettare da una quantità infinitesima di campione, il volume della soluzione iniettata non dovrebbe eccedere di 1/30 il volume della fase mobile nella colonna. Per tipiche colonne si ritiene che il volume del campione non debba mai eccedere i 70 microlitri.

Con gli adsorbenti il problema in genere non si pone perché il punto in cui la ricopertura della fase stazionaria diviene complicata dipende dall'aumento dell'adsorbimento isotermico. L'esperienza mostra dunque che per i materiali con un alto sviluppo superficiale, ad esempio con un'area di ca. 100 m 2 g-1, la ricopertura diviene significativa molto al di so tto , alle stesse condizioni descritte per la cromatografia liquidoliquido (6).

È interessante inoltre verificare l'effetto della temperatura sulla ritenzione di una sostanza in una colonna cromatografica. La temperatura determina infatti un effetto su K o K', e ciò può essere messo in relazione, con s tandard termodinamici , al calore di trasferimento .1.Il,- m del soluto dalla fase stazionaria alla fase mobile. La relazione principale è l'equazione di Van't Hoff: d lnk' / dT = - All s -+ m / RT2 (6)

Generalmente, in cromatografia liquida, i calori di trasferimento sono piu piccoli che in gascromatografia ed inizialmente possono essere anche negativi. Ai fini della ritenzione occorre che le molecole di soluto si ripartiscano in favore della fase stazionaria, poiché il rapporto fase stazionaria/fase mobile è normalmente molto piu piccolo dell'unità. Poiché le entropie di trasferimento sono normalmente piccole, .1.H, - m sarà normalmente positivo, e sono infatti comuni i valori intorno a 10 KJ mol.- 1 • Questi so no circa un quarto dei valori rilevati in gas-cromatografia, q uindi i valori relativamente bassi di AH - non so• m no particolarmente importanti come parametro dal punto di vista termodinamico.

La temperatura operativa è determinata più da conside razioni di tipo cinetico che termodinamico: poiché i coefficienti di diffusione e fluidità dei liquidi aumentano notevolmente con la temperatura, è vantaggioso operare alla temperatura piu alta possibile. Una volta

che la migliore temperatura è stata prescelta, per ripartire o adsorbire con un optimum di selettività, gli aspe tc termodinamici della separazione possono essere otrimi z zati da variazioni della composizione di adsorbenti e d eluenri.

Per gli adsorbenti da introdurre nella colonna ero matografica esiste un'ampia possibilità di scelta per po ter realizzare volta per volta le migliori condizioni di lavoro. Pur nella loro grande varietà gli adsorbenti d evono avere alcune caratteristiche comuni ed impresci n dibili da una buona cromatografia: devono infatti ess er insolubili nei solventi usati, non devono reagire né con i solventi né con le sostanze da cromatografare ed infi ne pur avendo un'elevata superficie di scambio de\'(' no permettere il deflusso della fase mobile senza ch t.. si debbano applicare notevoli pressioni (a parte appl t cazioni particolari quale l'HPLC). Gli adsorbenti c o munemente usati possono essere polari od apolari, i n pratica però i sistemi maggiormente usati sono costituiti da adsorbenti polari cd eluenti poco polari. Anche fra i soli adsorbenti polari si ha una grande variet a di scelta: allumina, gel di silice, fluoriscel (gel di silice + MgO), magnesio ossido, calcio carbonato, calcio fosfato, calcio solfato, magnesio carbonaro, magnesio silicato ed infine cellulosa in polvere.

L'allumina, uno dei piu usati adsorbenti, ha una superficie polare ed è capace di adsorbire qLJasi tutte le molecole polari, compresi gli idrocarburi insaturi: con lln'opporruna scelta dell'eluente si può dunque realizzare la separazione della maggior parte delle miscele croma tografa re su colonna. Il suo potere adsorbente è legato al suo contenuto in acqua: l'allumina anidra possiede la pi~ alta attività adsorbente; aggiungendo a questa opportune quantità di acqua l'allumina può essere parzialmente disattivata ed avere dunque un potere adsorbente decrescente (scala di Brockmann):

tipi di allumina

Brockmann I

Brockmann II

Brockmann III

Brockmann IV

Brockmann V

% acqua aggiunta

3

6

10

15

Il grado di adsorbimento o valore di k' di un soluto con una data fase mobile è sempre proporzionale all'area superficiale: la ritenzione è principalmente determinata dal modo con cui i solventi possono disporsi all'interfaccia delle fasi con le molecole di soluto. Il pro-

450

cesso può essere rappresentato formalmente dalla equazione di equilibrio:

X + nS,d, = x.d, + nS (7) dove X ed S sono rispettivamente le molecole di soluto e di solvente ed n è il numero di molecole di solvente che una molecola di soluto può rimuovere dall'adsorbente. Quando il solvente è spostato dall' adsorbente ilpiu fortemente trattenuto è il soluto. Se invece il solvente è piu fortemente adsorbito del soluto e non può essere rimosso dall'interfaccia delle due fasi le molecole di soluto possono essere eluite prima delle molecole di solvente.

Del tutto empiricamente si può schematizzare la forza degli eluenti e costruire una serie eluotropa come quella di Trappe e Snyder a polarità crescente: etere di petrolio, cicloesano, tetracloruro di carbonio, tricloroetilene, toluene, benzene, dicloroetilene, cloroformio, etere etilico, acetato d'etile, acetone, npropanolo, etanolo, metanolo, acqua, acidi organici. Per stabilire le condizioni per I' eluizione di una miscela di composti sconosciuti, sono usati vari solventi con un incremento del potere eluente fino a che i componenti della miscela sono eluiti con ragionevoli valori di k' (fra 0,3 e 10). Con l'esperienza la ricerca del solvente con il giusto potere eluente si fa sempre piu sicura e rapida. Nella selezione finale del solvente ottimale è necessario esaminare vari solventi con eguale potere eluente. Una fase stazionaria altamente polare, ad esempio cianoetere, potrebbe essere usata con una fase mobile apolare tipo esano in modo da dare un piu lungo tempo di ritenzione per un gruppo di soluti polari. L'uso di una fase mobile più polare come il dibutiletere ridurrebbe il tempo di eluizione. Cromatografando composti idrofobici, si potrebbe usare una fase stazionaria apolare (come lo squalene) ed una fase mobile polare. Cosicché se è vero che esiste una grande varietà di scelta sia per la fase stazionaria che per la fase mobile, questa varietà è molto diminuita dalla considerazione che le fasi devono essere assolutamente insolubili l'una nell'altra.

In conclusione, dall'analisi di tutti i suddetti aspetti termodinamici, possiamo considerare la cromatografia come una delle metodiche analitiche piu versatili e moderne che ci offre la possibilità di analizzare con rapidità una grande varietà di sostanze solide, liquide e gassose presenti in minima concentrazione ed in miscele complesse.

Riassunto. - Gli Autori, dopo aver introdotto il concetto di risoluzione di una cromatografia, ne analizzano l'aspetto termodinamico considerando il temi:o di eluizione delle bande cromatografiche ed il rapporto di mig razione relativa Rr. Concludono infine evidenziando gli effetti sulla cromatqirafia della temperatura e della natura di adsorbenti ed eluenci.

Résumé . - Les Auteurs, après avoir iotrodui la conception de la résolution d'une chromatographie, pratiquent l 'analyse de son aspecr rhermodynamique prenant en considération le temps d'ellùtion des bandes chromatq;raphiques et le rapport de la migration relative Rr. Ils concluent en rendant évident sur la chromatographie !es effets qui se rapport ent à la température et à la nature des substanccs adsorbantes et éluentes.

Summary . - Tue Authors, after having introduced che idea of chromatographic rcsolvem power, analyse ics thermodynamic aspecrs with the chromatographic duition time and thc relative migration ratio R1 They conclude pointing out the effects of temperature and adsorbent and eluent substances on chromatography.

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451

CENTRO STUDI E RICERCHE DELLA SANJTÀ DELL'ESERCITO

Directore: Magg C,en. me G. SPAR.,:-.o

STUDIO D EU..'IN DICE DI CADUTA DI FLUSSO. CONTRIBUTO CASISTICO

D r. Car lo Panta leo*

GENERALITÀ

L'utilizzazione presso il Centro Studi e Ricerche della Sanità dell'Esercito di Roma dello spirometro computerizzato Apex DS/420 della Kontron (11) facilita notevolmente la scoperta di «stati iniziali ostruttivi delle piccole vie aeree», il cui diametro, come è noto, è inferiore a 2 mm.

Tra i numerosi parametri che lo spirometro elabora, la curva flusso/volume risulta essere l'unico dato poco attendibile.

Sappiamo che la curva flusso/volume ottenuta con la metodica pletismografica per la diagnosi di stati inizia li ostruttivi delle piccole vie aeree è di enorme importanza; la curva flusso/volume ottenuta con il nostro spirometro computerizzato può aiutare solamente a visualizzare, nel suo insieme , la espirazione forzata. Tale tracciato però non può essere di aiuto per una precisa diagnosi, come accade per quella rilevata con il pletismografo corporeo, in quanto la nostra curva flusso/volume non è correlata alla BTPS (Body Temperature Pressure Sature) e non è basata su valori assoluti (6).

In questo studio intendiamo visualizzare graficamente quello che non possiamo ottenere dalla nostra curva flusso/volu me, come la diagnosi di pervietà delle piccole vie aeree o la diagnosi di stato iniziale ostruttivo delle piccole vie aeree.

Per i motivi sopraesposti studieremo l'Indice di caduta d i flusso (ICF). Questo indice è facilmente deducibile, come vedremo in segu ito, dai dati affidabili che l'Apex DS/240 è in grad o di elaborare.

Per comprendere l'importanza di questo indice si tracceranno o ra alcune note di fisiopatologia respiratoria.

Sappiamo c h e il rilievo di una malattia ostrut t iva delle piccole vie aeree riveste particolare importanza in quanto, in questa fase, le alterazioni funzionali sono reversibili (8 · 10) Dal punto di vista funzionale è piuttosto arduo evidenziare le alterazioni localizzate nelle piccole vie aeree con la classica spirometria.

Questo è comprensibile ove si pensi che, nel determinare le resistenze totali al flusso , le grandi e me-

die vie aeree concorrono per 1'85-95%, mentre le vie aeree periferiche concorrono solo per il 10-15 % (7,, Da ricordar e che durante l'espirazione forzat a si sommano due diverse forze: quella sviluppata dai muscoli espiratori che condiziona la pressione pleuri ca e quella esercitata dal ritorno elastico del polmone che dipende esclusivamente dal volume polmonare. D alla letteratura si evince che per elevati volumi polmon ari il flusso aumenta con l'aumentare della pressione pleurica ed è limitato dalla velocità di contraz ione dei muscoli espiratori (1 - 9); a partire da un volume polmon are corrispondente a circa 1'80% della capacità vitale, il fl usso , dopo aver raggiunto un valore massimo, non aumenta più per ulteriori aumenti della pressione pleurica, c ioè il flusso è sfono-dipendeme.

A bassi volumi polmonari, ogni incremento di pressione pleurica, dovuto allo sforzo, è inefficiente , in quanto si traduce in un aumento delle resistenze per compressione delle vie aeree. In questa situazione il flu sso è sforzo-indipendente ed è condizionato solo dalle proprietà meccaniche del polmone, alle quali si oppo ngono Je resistenze delle vie aeree. Pertanto il flusso è tanto più limitato dalle resistenze delle vie aeree quanto più basso è il volume polmonare; la valutazione del flusso a bassi volumi polmonari è quindi un tese specifico per lo studio della malattia delle piccole vie aeree .

METODO

P er valutare il flusso a bassi volumi polmonari l'ICF che studieremo risulta avere ai nostri fini una notevole capacità predittiva.

Questo indice si ricava attraverso l'analisi matematica di parametri che l' Apex DS/420 elabora.

Essi sono:

1) FVC (Forccd Vita! Capacity) (!.): è il massimo volume di aria espirata con la massima forza e più velocemente possib ile partendo dal punto di massima inspirazione cioè dalla TLC (capacità polmonare totale) .

2) PEFR (Peak e xpir ator y flow rate) (1./sec): è il picco di velocità di flusso espiratorio; il calcolo di questo

* Pneu mo logo c hi le convenz io nato

452

parametro da parte dell'Apex DS/420, come per i successivi, avviene attraverso l'elaborazione delle formule enunciate da Cherniack e coli. (4), le quali sono basate sull'osservazione di migliaia di soggetti sani:

a) per i maschi: 0.133H - 0.024A + 0.225

b) per le femmine: 0.090H - 0.018A + l. 13

3) FEF 25% (Forced Expiratory Flow) (1./sec.): velocità di flusso al momento in cui il 25 % della capacità vitale forzata è stata espirata. Esso indica il volume polmonare a cui è stata eseguita la determinazione (cioè

TLC - 25% FVC):

a) per i maschi: O. 090H - O.020A + 2. 726

b) per le femmine: 0.069H - 0.019A + 2.147

4) FEF 50% (Force d Expiratory Flow) (1./sec.): velocità di flusso al momento in cui il 50% della capacità vitale forzata è stata espirata. Esso indica il volume polmonare a cui è stata eseguita la determinazione (cioè TLC - 50% FVC):

a) per i maschi: 0 065H - 0.030A + 2.403

b) per le femmine: 0.062 - 0.032A + 1.426

5) FEF 75% (Forced Expiratory Flow) (1./sec.): velocità di flusso al momento in cui il 75% della capacità vitale forzata è stata espirata. Esso indica il volume polmonare a cui è stata eseguita la determinazione (cioè

TLC - 75% FVC):

a) per i maschi: 0.036H - 0.0414 + 1.984

6) per le femmine: 0.023H - 0.035A + 2.216

Da ricordare che nella formu la di Cherniack abbiamo:

A = età espressa in anni

H = altezza espressa in pollici (un centimetro corrisponde a 0.3937 pollici).

L'ICF studia la riduzione del flusso espresso in percentuale rispetto ad un punto precedente, che è stato considerato prendendo in esame , come punti di riferimento, i già citati PEFR, FEF 25%, FEF 509, FEF 75%. L a caduta del flusso viene valutata al 25 - 5075% della capacità vitale forzata (FVC), rapportando la velocità di flusso e, in ultima analisi, delle resistenze alle vie aeree, rispettivamente al PEFR , al FEF 25 % ed al FEF 50% e cioè:

FEF 25% x 100;

PEFR

FEF 50%x l00;

FEF 25%

FEF 75%x l00.

FEF 50%

La tecnica di esecuzione della prova di FVC e del rilevamento dei dati è quella descritta già da altri Autori (2 - 3 - 4).

L'ICF da noi valutato, in un primo momento, analizza i dati di soggetti maschili e femminili sani con egua-

le altezza e diversa età oppure con eguale età e diversa altezza; i dati così ottenuti non sono altro che quelli immagazzinati nella memoria dell' Apex DS/420.

Successivamente, l'ICF analizza i dati ricavati da due soggetti, uno ex fumatore e l'altro ancora fumatore, facendone un confronto con soggetti sani della stessa età ed altezza, i cui dati sono immagazzinati nella memoria dell'Apex DS/420, come già detto.

DISCUSSIONE

Nelle figure 1 - 2 si riporta il comportamento di TCF in sogge tti normali di sesso maschile, di eguale altezza e di diversa età; da esse si evince facilmente come il flusso diminuisca notevolmente con l'aumentare dell'età ed il punto maggiormente interessato è a livello del 75% della FVC e in minor misura al 50% della FVC.

L'ICF al 25% della FVC non risulta praticamente modificato in rapporto all'età.

I grafici di ICF sono simili sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo nei soggetti alti 175 cm e in quelli alti 155 cm.

80
s so '15
.55 ,.Mll I 4:,5 AIJM/ %FVC
453
l
3
F ig. 1 - ICF in sogge tt i di sesso masc hil e, sani , di eguale altezza (cm 1 55) ma di di ver sa e t à: 1 = 25 annj ; 2 = 35 a nni ; 3 = 55 a nni ;4 = 65 anni

Nelle figure 3 - 4 si nota che l'ICF nelle donne sane di pari altezza ma di diversa età ha caratteristiche analoghe sia nei soggetti alti 175 cm che nei soggetti alti 155 cm; anche nelle doMe, inoltre, il punto maggiormente interessare è a livello del 75% della FVC, mentre scarsamente interessato, contrariamente a quanto osservato negli uomini, si presenta il punto 50% della FVC.

Nella figura 5 si riporta il comportamento di ICfin uomini sani <li pari età ma di diversa altezza. Si può notare che al 75% e al 50% della FVC i valori sono s imili, mentre esistono piccole differenze nella prima parte del grafico.

Nella figura 6 il confronto tra il comportamento di ICF in soggetti di eguale altezza ed età ma di sesso diverso dimostra che la differenza maggiore s i riscontra a li ve llo del 50% della FVC.

Nella figura 7 si analizza il comportamento di ICF in sogget ti rapportati ai dati dell'Apex DS/420, esaminati presso il Centro Studi e Ricerche della Sanità dell'Esercito di Roma.

Fig. 3

• I CF in so~etti di sesso femminile, sani, di eguale altezza (cm. 175) ma di diversa età: 1 = 25 anni; 2 -= 35 anni ; 3 = 5 5 anni; 4 = 65 anni.

fig. 4

• I CF in soggc11i di ~csso femm111ik , ,ani, di eguale altezza (cm. 155) ma di diversa età: I = 25 anni; 2 = 35 an ni; 3 = 55 anni; 4 = 65 an ni .

So 60 t•2.5 Alltll .t ANN1 3 :55 1111111 li a6S AMI I 50
Fig. 2 · ICF in soggetti di ses.~o maschile, sani, di eguale altezza (cm. 175) ma di diversa età: J = 25 anni; 2 = 35 anni; 3 = 55 anni; 4 "' 65 anni.
454 IC F 60 6o
: ,i_s
1 .t,~5
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3='\55 C,.w.. ), .. {65 ~-i~ ~fS (..r.oA. ~o t o

J.6 5o

Fig. 5 ICF in uomini sani di 20 anni ma di diversa altezza: 1 175 cm; 2 = 165 cm; 3 = 155 cm. l( f go .2,() ~s %ft1 (

Fig. 6 - ICJ- in soggcni di sesso 111a,chilc e lcnrnunilc di pari alt.ezza ed età: 1 = uomini sani di altezza J 75 cm., e1à .35 anni. 2 = do n ne sane di altezza 175 cm., età 35 anni.

Fig. 7

la. ICF in un soggetto normale, ex fumatore (C.S . anni 18, altezza 155) paragonato a quello dei soggetti normali di pari altezza ed età (1 - Apex DS/420)

2a • ICF in un soggetto normale, fumatore ( R.A. anni 25, altezza 1 75) paragonato a quello dei soggetti normali di pari altezza ed età (2 Apex DS (420).

Il primo confronro si riferisce ad un soggetto ex fumatore e l' a ltro confronto ad un soggetto tutt ' ora fumatore. L'analisi di ICF indica come possa esistere un diverso livello di interessamento delle vie aeree.

CONCLUSIONI

L'ICF o indice della caduta di flusso permette di visualizzare analiticamente quella curva flusso/volume che l'Apex DS/420 elabora invece in modo sommario e quindi non affidabile per una diagnosi di iniziale ostruzione delle piccole vie aeree.

Un aspetto che sembra degno cli essere sottolineato riguarda la valutazione dei dati normali nell'uomo e nella donna.

Sia nell'uomo che nella donna si osserva, a parità di età, che, pur variando il flusso come valore assoluto ai livelli considerati in rapporto ali' a lt ezza dei soggetti, i valori di ICF, in l inea di massima, si mantengono costant i. Ciò indica una dinamica torneo-polmonare

llF 80 60 40 !. .i J.a. .ta. So
455

avente le stesse caratteristiche in relazione ali' età dei soggett i. L'ICF per en tr ambi si mod i fica notevolmente in rapporto all'età e ciò è dovuto all'invecchiamento fisiologico del polmone.

N e i due casi da noi presentati, ch e si collegano al discorso generale di una valutazione grafica di iniziale ostruzione delle piccole vie aeree, la differenza di ICF, che si riscontra a live llo del 75% della FVC per il soggetto ex fumatore e a livello sia del 50% che del 75% della FVC per il soggetto fumatore, è notevole.

Una valutazione globale e sommaria dei valori assoluti di flusso porterebbe quasi sicuramente fuori strada, in guanto ess i sono compresi neJl 'ampio campo di \'ariabilità nonnale.

Invece un'analisi accurata di ICF nei due soggetti sopramenziona t i ind ica:

a) nel soggetto ex fumatore (soggetto ex fumatore: 15 sigarette/die dai 15 ai 17 anni): riduzione evidente di ICF solo a livello del 75% della FVC; ciò significa una iniziale ostruzione delle piccole vie aeree con possibile reversibil i tà d i tale situazione fisiopatologica.

b) ne l soggetto fumatore (soggetto fumatore: dai 18 anni in poi): si nota una caduta «vertiginosa» di ICF sia a livello del 50% che del 75% della FVC; ciò significa una ostruzione delle piccole vie aeree in fase avanzata con quasi sicura irreversibilità di tale situazione fisiopatologica e possibile compartecipaz ione delle vie aeree maggiori di 2 mm. di diametro.

Riassunto - L'Autore, partendo dalla consiclcrz ione che lo spirometro computerizzato dd Centro Studi e Ricerche della Sanità dell'Esercito di Roma elabora una curva Busso/volume poco attendibile, analizza il comportamcmo dell'indice cli caduta di flusso {ICF) per la diagnosi di pervietà o di iniziale ostruzione delle piccole vie aeree.

Egli presenta due casi nei qua li l 'analisi sommaria della curva flusso/volume porterebbe ad una diagnosi errata, mentre l'esatta valutazione cli ICF indica la presenza di uno stato iniziale ostruttivo delle piccole vie aeree.

R ésumé - L'Auteur pan de la consicléracion que le spiromètre é lectro nique du Centre cles Etudes et Recherches de la Sanré

de I'Armée en Ronie élabore une courbe flux/volume peu CTO\J • ble. Conséquemmcnr il analyse le comportcmenr de l'index de la chute dc flux (ICF) pour le diagaostic rélatiI à une condition d'i . vcrture normale ou d'obstruction initiale des petitcs \'Oics aénennes (respiratoires). Su mmary - The Aucor, considcring che APEX DS/420 :s a computer spiromerer inexirr in the flow volume plot, analy , che lCF for the cliagnosis of normai wid t h or initiaJ obsm1ct1on of the small airways.

He shows two cases in which flow/volume plot brief analy , would cause a mistaken cliagnosi s, as TCF precise valutation show, a small airways ob,truction.

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456

PRESIDIO OSPEDALIERO DI CIVlTA CASTELLANA

SEZIONE AUTONOMA DJ GINECOLOGIA E OSTETRICIA

Primario: A. foMAsSEr11

IL TRATTAMENTO DEL CERVICOCARCINOMA AL 1° e II 0 STADIO

Il cancro del collo dell'utero è l a neoplasia maligna piu frequente a li ve llo dell'apparato genitale fem1ninile.

Questo tumore, non trattato, conduce a morte la paziente in un periodo di circa 3 anni.

L'età piu colpita è quella fra i 40 ed i 55 anni e sono le pluripare quelle che hanno piu tendenza ad ammalarsi, rispetto alle donne d1e non hanno avuto figli.

Le classi socio-economiche piu depresse danno il contributo maggiore alla morbilità e mortalità in ques to settore e sembra accertato che il tumore è tanto piu frequente quanto piu precoce ed in tensa è stata l'anività sessuale.

I meccanismi con cui il coito agisce in senso carcinogenetico possono ess r e in rapporto:

1) Con lo smegma, che sembra avere un'azione cancerogena;

2) Con l'età giovanile della donna , epoca nella qllale possono essere influenzate le strutture istologiche cervicali che in questa fase della vita sono in continua evoluzione, specie ne lla zona di passaggio fra epitelio squamoso ed epitelio cilindrico endoce r v.icale; l'ADN contenuto nella testa degli spermatozoi avrebbe proprio nel!' adolescenza la possibilità di penetrare nelle cellule uterine ed i ndurre in esse la tendenza alla trasformazione atipica, che rXJi s i manifesterebbe molti anni dopo;

3) Con maggior ri schio di infezioni virali , da Trichoroonas, ecc. e quindi anche attraverso questi fatto ri irritativi cronici si può arrivare a condizioni che fac ilitano la cancerogenesi.

L'aspetto sociale più import an te del cancro del collo dell'u tero è però legato alla possibilità di arrivare alla diagnosi precoce ed anche alla individuazione di condizi oni precancerose.

C. Liberatore A. Tomassetti

I mezzi su cui questa possib i lità si fonda sono:

l) Il controllo di massa (sc r eening) med i ante la citologia esfogliativa cervicovaginale (test di Papanicolaou o Pap-test);

2) La colposcopia;

3) La prova a ll o iodio (cest di Schiller) .

L'esame citologico o test d i Papanicolaou si basa sul fatto che ogni epitelio, ed in special modo quello squamoso (q llindi anche quello della portio uterina e della vagina) subisce un continuo processo di esfogliazione.

Il materiale da analizzare viene pre levato con una spatola di legno (es. la spatola di Ajre) striscia nd o sopra la mucosa di cui si vogliono studiare gli elemen t i ce llul ari, raccogliendo cosf lo strato di cellule sfaJdate che stanno alla superficie della mucosa stessa.

Il materiale prelevato viene steso su un vetrino, fissa t o co n una miscela di alcool etere e colorato.

È importante che il prelievo avvenga lontano dal per iodo mestruale ed in 3 punti diversi.

Le atip ie cellulari evidenziabili con l' esame citologico e cioé i caratteri di sospetta malignità possono comparire a carico del solo nucleo, d el citoplasma e di tutta la cellula; caratteristica abbastanza frequente è la molteplicità dei nuclei (2 - 4).

Gli str is ci, secondo la classificazione di Papanicolaou, vengono divisi in 5 classi:

- Le classi I e II sono considerate negative per il sospetto di neoplasia cervicale m a li gna;

- La classe III è considerata dubbia , il che significa: caso da con trollare;

-Le classi IV e V son conside r ate posit ive per il sospetto di neoplasia cenricale mal igna

457

CLASSI SECONDO PAPANICOLAU

Classe I: Negativa: assenza di celhùe atipiche;

Classe II: Negativa: presenza di ceUule con alterazioni dovute di solito a fatti flogistici, ma senza carattere di atipia;

Classe III: Dubbia: presenza di quakhe cellula atipica ma con caratteri ancora insufficienti per sospettarne la malignità.

Coesistenza frequente di reperti flogistici. Il caso deve essere ricontrollato;

Classe IV ; Positiva: presenza di pochi elementi nettamente atipici per cui c'è sospetto fondato di malignità;

Classe V: Positiva: presenza di numerosi elementi atipici per cui il sospetto di malignità è quasi cerco.

Tuttavia non bisogna dimenticare che l'esame citologico ha solo lo scopo e la possibilità di selezionare una donna portatrice di una lesione sospetta per il cancro, e che sarà esclusivamente il riscontro istologico a dirci che sicuramente si tratta di cancro preinvasivo o invasivo od invece s i tratta di una semplice diplasia.

L'inizio del controllo con Pap-test deve coincidere con l'inizio dei rapporti sessu ali oppure col 25° anno di età se la donna non ha rapporti.

Grazie a questo dépistage di massa il maggior numero di casi di carcinoma invasivo viene oggi diagnosticato allo stadio I (circa il 55%) e viene quindi trattato con buone probabilità di successo.

Altro test utile per la diagnosi precoce è il test di Schiller.

Questo consiste nel toccare il collo uterino e la mucosa vaginale mediante una soluzione Jodo • jodurata (soluzione di Lugol) avente la seguente formula:

]odio g. 1

Joduro di potassio g. 2

Acqua distillata g. 100

In condizioni di normalità, a causa del contenuto in glicogeno degli elementi cellulari dell'epitelio malpighiano, la mucosa assume al contatto con la soluzione di Lugol una colorazione brunastra (color mogano).

L'intensità d ella colorazione brunastra, che dura pochi minuti, è direttamente proporzionata al contenuto

di glicogeno degli elementi cellulari e poiché ]'epiteli normale specie negli strati superficiali e durante il periodo di normale attività ovarica della donna (dalla pu berrà alla menopausa) è ricco di glicogeno, la coloraziont: brunastra significa che non esistono alterazioni dell'attività metabolica degli elementi cellulari.

In determinaci casi il tese mette invece in eviden za zone che non si colorano o si colorano poco e riman gono biancastre o rossastre.

In questi casi significa che le zone Jodo - negative (test di Schiller positivo) possono essere sospette e che dovranno essere analizzate con altri mezzi (colposcopia, citologia, biopsia ed esame istologico).

Per quanto riguarda l'anatomia patologica, il ca n ero cervicale francamente invasivo si presenta sotto trt: aspetti:

1) Una forma ulcerativa;

2) Una forma vegetante esofitica (cancro a cavolfiore ),

3) Una forma nodulare o infiltrante.

Istologicamente si tratta:

• nel 93% <lei casi di carcinomi di tipo squamoso ;

- nel 5% dei casi di adenocarcinoma;

. nel 2% dei casi di carcinomi indifferenziati.

Considerando la diffusione, il carcinoma cervicale si diffonde per contiguità soprattutto alla vagina, al parametrio, al paracolpo, al corpo uterino ed anche alla vescica e/o al retto.

La diffusione per via linfatica avviene in un primo tempo ne i linfonodi del parametrio e poi in quelli pelvici soprattutto gli iliaci esterni, gli otturatori, gli ipogastrici e gli iliaci comuni.

Secondariamente possono essere interessate le stazioni linfonodali aortiche, sacrali e inguinali. Esiste anche la possibilità che si verifichino metastasi a distanza per via ematica per lo più al polmone, al fegato, alle ossa, all'intestino ed ai linfonodi sopraclavicolari.

Il carcinoma della cervice uterina è però una malattia che tende a restare pelvica, talora fino all'exitus della paziente, c he può avvenire per ostruzione delle vie urinarie e quindi per coma uremico o per emorragia da erosione dei grossi vasi pelvici.

Sintomatologicamente i primi segni compaiono quando il carcinoma del collo uterino è già deci samente invasivo e talora ha già dato metastasi ai linfonodi pelvici.

Comunque è la perdita di sangue iJ primo segno che avverte la donna delJa presenza della malania. La perdita ematica proviene dal tessuto cervicale (portio o canale cervicale) ed è di colore rosso vivo.

458

Tale perdita si verifica per lo più in coincidenza di rapporti sessuali, di irrigazioni vaginali, ma può anche verificarsi senza causa apparente.

Frequentemente si associa una leucoxantorrea, rappresentata da perdite bianco-giallastre.

Il dolore è invece un sintomo tardivo e quando compare è dovuto al fatto che la neoplasia sta interessando direttamente i nervi o i vasi pe lvi.ci od altri organi vicino all'utero (vescica - retto).

Nelle fasi avanzate il tumore può distruggere il setto vescico-vaginale o quello retto-vaginale e possono così formarsi fistole urinarie e fisto le fecali.

Poichè, come abbiamo detto, il tumore tende a ri-

manere endopelvico, mo l to spesso si arriva all'interessamento di uno o di entrambi gli ureteri proprio in corrispondenza della loro porzione intra-cervi.cale.

Si instaura cosl una condizione di idronefrosi talora bilaterale. Le fasi evolutive più avanzate possono essere complica re anche dall'infezione a livello del focolaio tumorale primitivo e dalla cistopielite e pielonefrite.

Per quanto riguarda la prognosi e la terapia, molto importante è l'esatta assegnazione dello stadio clinico cui appartiene il tumore e che può essere fatta in base alla classificazione della Federazione Internazionale Ginecologi e Ostetrici che qui di seguito si riporta .

STADI E SOTT OGRUPPI DEL CERVICO -CARCINOMA

STADIO O:

STADIO I:

STADIO II:

Stadio III:

STADIO IV:

Il carcinoma è confinato al solo epitelio = carcinoma in situ o cancro preinvasivo;

Il carcinoma è limitato al collo uterino: Stadio la: casi non diagnosticabili clinicamente (microcarcinoma);

Stadio Ib: casi diagnost ica bili clinicamente (cancri occulti scoperti con l'esame sull 'utero asportato) ;

Il carcinoma si estende oltre la cervice, infiltrando l a vagina, il parametrio, o l'endometrio, ma non arriva alla parete pelvica;

Stadio Ila: I l carcinoma infiltra una parte del terzo superiore della vagina o l'endometrio;

Il carcinoma si estende al la par e te pelvica e/o al terzo superiore della vagina:

Stadio IIIa:

Stadio IIIb: Il carcmoma coinvolge il 3 ° inferiore della vagina;

Il carcinoma si estende fino alla parete pelvica;

Il carcinoma infiltra la mucosa della vesciva e/o del retto (I V a); Possono esister e metastasi in organi d i stanti extra pelvici (I V b).

459

Sappiamo che il cancro cervicale <li tipo squamoso è una delle neopla s ie più radiocurabili era quelle dei genitali femminili.

li suo traLtamento può comunque essere:

1) Chirurgico;

2) A ctinico;

3) Radiochirurgico.

La scelta del cipo di terapia deriva soprattutto dalla valutazione di alcuni fattori come la diffusione del tumore, il suo stadio clinico, le condizioni generali della paziente, la sua età ed il suo grado di resistenza ai vari possibili trattamenti.

Per quesLi mmi, i in ogni candida La a qualsiasi Lipo di trattamento si esamineranno clinicamente l'apparato cardiocircolatorio, l'appara Lo respiratorio, renale e digerente; si fa ranno controlli per escludere malatLie ematiche , dismetaboliche o disendocrim:

Esami di routine saranno l'urografia discendente, la cistosc o pia e la reuoscopia; utile saril ,HH:he la liniografia.

Per quanto riguarda la Lerapia chirurgica i carcinomi allo stadio la (microcarcinoma) si giovano della semplice isten..'Ctomia.

Negli stadi Ib e Ila l'intervenco chirurgico ha caratteristiche di radicalità ed è rappresencato dalla isterectomia allargata per via addominale secondo la recnica classica di Wertheim - Meigs o le varie modificazioni.

Lo stadio Ub (infiltrazione dei paramètri) secondo alcune scuole può essere trattato con l'irradiazione preventiva e successivamente con l'intervento radicale.

Per gli stadi avanzati (i1 III cd il lV) i risL1ltati migliori, anche se modesti, si ottengono con l'irradiazione.

In questi casi l'intervento chirurgico, qualora si applichi, consiste nell'eviscerazione anteriore (exeresi del1\llero, della vagina, del parametrio, dei linfonodi pd\'ici e della vescica con costruzione di una nuova vescica con tratto di ileo, di retto e di sigma o nell'eviscerazione posteriore che comporta oltre all'exeresi del blocco genitale anche l'aspo nazione del retto con conseguente: colostomia terminale col sigma.

La radiumlcrapia viene effettuata essenzialmente attraverso due modalità di trattamento:

1) la radioterapia intracavitaria (vaginale ed uterina);

2) l'irradiazione esterna della pelvi con sorgenti di radiazioni ad alta energia (telccobalto - betatrone - acceleratore lineare).

Il più delle volte queste due modalità si usano in associazione.

La radiot<.:rapia intracavitaria viene attuata con il radium o con i suoi sostituti radioattivi come il Cob al to (Co 60), il Cesio (Cs 137), l'Iridio (Ir 192).

Per quanto riguarda il radium, sono soprattutt o le particelle E e le radiazioni gamma quelle che son o USà ll'.

Il Cobalto 60 è per lo più impiegalo per l'irradia zione esterna (telecobaltoterapia ) , ma può essere immesso anche dentro piccole perle o piccoli aghi o tubicin i di nickel, che, incorporati in opportune sonde, si p os sono inserire dencro la cavità u t erina (di solito sen za bisogno di dilatare il canale cervicale).

Il Cesio 13 7 è più economico del Cobalto, ma ha anche una minore attività specifica ed un minore pot ~re di penetrazione.

La radiumterapia imracavitaria classica si ispira 1· metodi di Manchester, di Parigi e di St0ccolma e \'Il ne realizzara utilizzando un applicatore vaginale ed un a sonda che penetrando nel canale cervicale raggiunge il fondo dell'utero.

È opportuno quando ~i ,tpplicano queste merod i che: fare riferimento. nella preparazione del piano di trattamento, a due «punti cardinali,>:

- i l punto A, situalo lateralmente a 2 cm . dal canale cervicale e 2 cm. sopra il fornice laterale;

- il punto B, un punto paramerria le situato a 3 cm. lareralmente al punto A.

Sul punto A la dose massima non dovrebbe superare i 7000 - 8000 rad e sul punto B i 1500 - 2000 rad.

Di solito nella sonda intrauterina sono accol ti 3 rubi di radium rispettivamente da 20 - 20 - 10 mg.

Il rubo da 10 mg. rimane endocervicale.

La durata del tranamento è, con questo dosaggio variabile da 96 a 120 ore, suddiviso per lo più in due applicazioni, con un imervallo ottimale tra l'una e l'altra di 10 - 15 giorni.

TI frazionamento delle <losi è opportuno perchè con questo sistema si ottiene un migliore recupero dei tessuti sani ed una piL1 completa distruzione delle cellule neoplastiche, che vengono sorprese in maggior numero ne lla fase cli massima sensibilità all'energia ra • diance.

Sempre per quarno rigmu·da la terapia radiante inLracavitaria, anualmente stanno diffondendosi le metodiche e le attrezzature «af ter loading» o de l post caricamento, con le quali dapprima si esegue l'applicazione endouterina e vaginale delle sonde o degl i applicatori vuoti e poi s1 1mmerrono in essi i preparati radioattivi d i Coba l to 60, di Cesio 137 e di I ri dio 192.

460

Con il sistema «after loading>>, si riducono i tempi di esposizione alle radiazioni sia della paziente, sia del personale addetto all'applicazione.

Ci sono inoltre numerosi altri vantaggi: per esempio, le dosi erogate con questo sistema possono essere molto più elevate in confronto a quelle che vengono erogate attraverso la classica radiumterapia intracavitaria (180 rad al minuto nel punto A anzichè 1, 4 rad al minuto).

Si può anche potenziare l'azione cancericida eseguendo queste applicazioni in atmosfera di ossigeno iperbarico.

Nonostante tutto ciò, la radiumterapia è gravata da alcune complicazioni precoci come il cosiddetto male da raggi, caratterizzato da nausea, cefalea , insonnia, e tardive, come ulcerazioni e necrosi della vagina, proctosigmoiditi ed altre, che però sono evitabili con una scrupolosa tecnica di esecuzione.

Per quanto riguarda l'irradazione esterna transcutanea, oggi si è quasi del tutto abbandonato l'uso dei raggi X e si utilizzano le radiazioni di alta energia fornite dal Cobalto 60, dall'Acceleratore lineare e dal Betatrone.

Di solito si somministrano sul punto B e lateralmente a questo 4000 rad, i quali si aggi.ungeranno ai 2000 rad circa erogati con la precedente radiumterapia.

Nell'irradiazione esterna occorre cercare di risparmiare l'utero , la vagina ed i tessuti paracervicali già irradiati a sufficienza co l radium.

Quando invece l'irradiazione esterna dell'intera pelvi precede la radiumterapia intracavitaria, essa ha lo scopo di portare dosi di raggi uniformemente omogenee sia su ll 'utero, sia sul terzo superiore de!Ja vagina, sia lungo le catene laterali pelviche linfonodali.

Di solito in questi casi si erogano circa 4000 rad sul focolaio tumorale nello spazio di 4 settimane. Con il betratone e l'acceleratore lineare si utilizzano raggi X ottenuti con megavoltaggi, i quali consentono di ottenere radiazioni di elevato potere di penetrazione e riescono a portare dosi di raggi sicuramente canceric ide alle strutture profonde (linfoghiandole), senza danneggiare la pelle e gli organi più superficiali.

Passando a considerare la terapia radiochirurgica, essa viene attuata essenzialmente con due modalità :

1) Radioterapia endocavitaria, seguita a distanza di circa 4 -6 se t timane dalla isterectomia radicale addominale; può essere indicata nei casi a llo stadio 16 e Il;

La radiumterapia preoperatoria è soprattutto consigliabile in certi tumori cervicali a sviluppo esofitico (forme vegetanti dove è facile la disseminazione intraoperatoria di frammenti neoplastici. Per i casi agli s tadi avanzati (III e IV) per i quali né la radiumterapia né la chirurgia possono sorti.re risultati soddisfacenti, protocolli di terapia si stanno sperimentando con i chemioterapici.

Tra le moderne tecniche di chemioterapia si deve ricordare la «Polichemioterapia sequenziale sincronizzata».

Si cerca cioè con la prima somministrazione di antiblastici di bloccare le cellule tumorali nella fase mitotica di massima sensibilità, utilizzando ci tostatici ciclo - cellulari non specifici (ciclofosfamide, clorambucil, actinomicina) e successivamente si utilizza un farmaco ad attività cirostat ica ciclocellulare specifica (5 - fluorouracile - metotrexate, 6 -mercaptopurina , vincaleucoblastina, vincristina) capace di uccidere gli elementi in attività riproduttiva.

Gli antiblastici vengono cioè somministrati successivamente (tecnica sequenziale).

2) Irradiazione esterna della pelvi con le alte energie (telecobalto, acceleratore lineare, betatrone) per un totale di 4500 - 5000 rad erogati in circa 6 settimane dopo l'intervento di isterectomia radicale addominale , qualora i linfonodi pelvici siano risultati sedi di metastasi.

La terapia del cervicocarcinoma del collo dell'utero allo stadio 1 e II è molto impegnativa e complessa e presuppone in via preliminare problemi diagnostici e clinici della massima importanza.

Si deve prima di tutto superare il concetto di un indirizzo terapeutico improwisato, in quanto si impone una impostazione rigorosa proporzionale ed adeguata per ogni singolo caso.

Da questa affermazione deriva l'indispensabilità di un severo impegno diagnostico e clinico che miri a raggiungere la definizione più esatta possibile dello stadio della affezione e delle sue eventuali diffusioni ed a riconoscere in modo obiettivo le reali condizioni genera li e funzionali della paziente.

La precisa definizione dello stadio clinico permetterà di adeguare quasi sempre l'aggressione terapeutica alla reale entità della lesione, evitando di incorrere in due grossi errori, quali quel lo dell'ipotrattamento di una forma già avanzata, oppure quello di un ipertrattamento di una forma ancora iniziale.

Un iporrattamento, qualunque siano i mezzi impiegati, esporrebbe fatalmente ad una persistenza o ad una recidiva; cadere in questa condizione solo per un difetto od una trascuratezza di valutazione diagnostica potrebbe vanificare aprioristicamente rutta l'opera terapeutica.

461

Anche un ipertrattamento, qualunque siano i mezzi impiegati, oostiruirebbe un pericolo per la malata, in quanto la esporrebbe a rischi ed a danni anche irreversibili, talora sproporzionati all'entità del male.

Il concetto di ipertrattamento può tuttavia essere un po' mitigato dalla gravità intrinseca dell'affezione e pertanto una certa tendenza all'ipertrattamento chirurgico e/o radiante può essere ammessa e forse consigliata; si tratta solo di una misura prudenziale, contenuta entro certi limiti, voluta ed obbiettivamente giustificata.

Da quanto esposto emerge chiaro il concetto di proporzionalità tra stadio clinico del.la affezione ed entità della aggressione terapeutica.

Il secondo elemento, fondamentale ed indispensabile per una impostazione personalizzata della terapia, è costituito da riconoscimento obiettivo e completo delle reali condizioni generali e funzionali della paziente.

Gli accertamenti ìn questo senso devono essere espletati in modo che i dati ricavati portìno al compenso di eventuali situazioni deficitarie e, soprattutto devono esser valutati in funzione dell'indirizzo terapeutico che s'ìntende adottare.

Per sviluppare quindi un discorso obiettivo sugli attuali problemi dell'impostazione terapeutica del carcinoma del collo dell'utero allo stadi:> I e II, si deve riconoscere che ogni sìngolo caso richiede uno sviluppo così impostato: - chiara classificazione diagnostica di stadio clinico con rilevamento delle caratteristiche delle eventuali infiltrazioni; - valutazione delle condizioni generali della paziente; - definizione del programma terapeutico che deve emergere dalla collaborazione ciel radioterapista nell'ambito di protocolli scaturiti dal lavoro in comune.

La gravità di questa affezione, infatti, non può permettere una impostazione unilaterale della terapia, mentre è solo dalla stretta collaborazione tra ginecologo e radioterapista ere può scaturire l'impiego razionale e coordinato delle diverse possibilità terapeutiche in modo da poter raggiungere i risultati migliori.

La sola chirurgia può dare infatti solo ce1ti risultati, anche se le sue possibilità sono attualmente molto vaste; peraltro la sola radioterapia ha anch'essa delle limitazioni.

La loro associazione coordinata, e razionalmente guidata, può dare senza dubbio maggiori vantaggi.

Questa collaborazione sta alla base della attuale impostazione terapeutica e costituisce il fattore fondamentale di un trattamento razionale.

Ambedue i mezzi, tuttavia, comportano un margine di pericolosità e di rischio; la terapia combinata radiochirurgica però, se coscienziosamente guidata, non deve necessariamente determinare l'assommarsi dei clan-

ni, mentre può permettere di sfruttare le singole azioni reciprocamente complementari.

L'adozione di questo indirizzo si basa poi su un as sioma che, per quanto non assoluto, ha un valido substrato di verità: «Il carcinoma del collo dell'utero, anche in stadi alquanto a\ anzati, rimane a sede distrerruale intrauterina od extrauterina, ma comunque pelvica, per un tempo anche lungo. È pertanto amredibile e trattabile quasi sempre in via radio-chirurgica con buone prooobilità che non esistano metastasi a distanza».

Sintetizzando pertanto i concetti finora esposti, con le eventuali riserve relative soprattutto alli condizioni generali della paziente, l'indirizzo programmatico può essere così espresso; la terapia cl:1 cervicocarcimma allo stadio I e II deve essere nel limite del possibile plurifocale, pro porzionale, adeguata, efficace e completa.

«Plurifocale» in quanto l'affezione deve essere preferibilmente aggredita con modalità terapeutiche diverse e combinate.

Ne l caso specifico il trattamento radio-chirurgico costituisce atrualmente la terapia fondamentale.

«Proporzionale>>, in quanto l'aggressione terapeutica deve essere graduata in rapporto alla entità dell ' af · fezione; in altri termini proporzionale allo stadio clinico .

«Personalizzata», perchè deve tener conto anche delle condizioni generali e funzionali del soggetto e delle concomitanze patologiche e fisiologiche interferenti .

«Adeguata» ed <•efficace>> in guanto la terapia deve far ricorso a mezzi idonei e con modalità tecniche valide che mirino a raggiungere le maggiori probabilità di guarigione, preferibilmente con il mìnor rischio e con il minor danno per la paziente.

«Completa», perchè lo scopo e la finalità essenziale dell'impatto terapeutico è quello di conseguire, là dove è possibile, la totale eliminazione della neoplasia nel suo focolaio iniziale e nelle sue eventuali o probabili o possibili diffusioni per contiguità o per invasione linfatica.

Riassunto - 11 cancro dd collo dell'utero è la neopla sia maligna più frequente a livello ddl'apparato genitale femminile , con massima frequenza in donne pluripare di età compresa fra i 40 e i 55 anni.

Gli Autori hanno eseguito una messa a punto delle metodiche di diagnosi precoce , delle classificazioni di stadio e delle possibilità terapeutiche in base allo stadio accertato della neopla sia.

Résumé - Le cancer du cou dc l'utérus est In néoplasie maline la plus fréquente au ni veau dc l'appare il génical féminin, avc c

462

le maximum de fréquence chez !es femmes entre quarante et cinquante ans qui om eu plus d'un accouchement.

Les Auteurs onL réalisé une mise au poinc des méchodes de diagnostic précoce, des classements du stade de la maladie et des moyens thérapeuciques sur la base du srade prévu de la néoplasie.

Summary - The neoplascic disease of che uterine cervix is the most frequent malignancy of che reproductive crack in women , with greacesc incidence in pluripara, 40 - 55 years old subjects

The Aurhors dealc with the early diagnostic trials, the clinica! staging and the cerapeutic approch related co che stage of the neoplastic disease.

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463

OSPEDALE MILITARE DI UDINE

Direcrore: Col. me. E. R!CCIARDEU I

L'AMBLIOPIA NEI GIOVANI DI LEVA

S. Ten. me. E. Morgollicci

Dr. F. Liuni

S. Ten. me. C. Manganaro

INTRODUZIONE

Con il termine di ambliopia si è soliti definire quella condizione in cui si riscontra una notevole riduzione del visus senza poter evidenziare alcuna lesione organica a carico delle strutture oculari.

In molti casi, e soprattutto se affrontata tardiva mente, la menomazione visiva può risultare irreversibile.

Le cause che possono determinare questa particolare anomalia sensoriale possono essere svariate ma nella maggior parte dei casi essa rappresenta la conseguenza di uno strabismo o di una anisometropia, soprattutto se quest'ultima è dovuta ad una ipermetropia o ad un elevato astigmatismo.

Si può ritenere che globalmente l'ambliopia funzionale colpisca circa il 2% della popolazione.

È subito evidente che una tale patologia rappresenta un vero e proprio problema sociale perchè, se ci troviamo di fronte ad un caso irreversibile e non migliorabile con terapia, possiamo considerare il soggetto come un vero e proprio monoculo funzionale con rutte le relative conseguenze: ansia e preoccupazione per le condizioni dell'occhio sano, maggior rischio di cecità nell'infortunistica, difficoltà di inserimento in molteplici attività lavorative che richiedono la perfetta integrità della funzione visiva.

È risaputo infatti che nel lavoro moderno il controllo di complesse apparecchiature elettroniche e computerizzate prende sem pre più il so pravvento s ulla semplice attività manuale.

Fondamentale è una corretta educazione sanitaria che riguardi soprattutto genitori e ambiente scolas tico; sono costo ro infatti i primi a guidare e condurre lo sv iluppo di un bambino. Un semplice esame del visus eseguito correttamente può mettere in evidenza un'ambliopia e quindi indiri zza re precocemente il bambino verso quelle idonee s trutture

specia listiche che si preoccuperanno in tempo de l suo recupero.

E invece è ancora frequentissimo che questo disturbo funzionale venga svelato troppo tardi, qua ndo già nessuna terapia può risultare efficace. I momenti cruciali sono spesso un esame del visus pe r l'idoneità alla guida di autoveicoli o, ancor più frequentemente, la visita di leva che ancora per molti ragazzi rappresenta il primo approccio con un a st ruttura sanitaria.

RILIEVI STATISTICI

Da un rilievo effettuato sull'attività svolta presso il nostro Ambulator io Oculistico durante gli ultimi tre anni (82-83-84 ), abbiamo constatato che l' ambliop ia h a una notevole incidenza come causa di declassamento o riforma.

Nell'ultimo triennio sono stati visitati un totale di 507 soldati affetti da ambliopia. I provvedimenti medico-lega li presi nei loro confronti sono stati nel 32,5% di riforma in quanto il visus corretto nell'occhio ambliope era inferiore a 1/15; nel 67,5% di declassamento in quanto il visus corretto r isultava su periore a 1 / 15. Più precisamente il 51,5% dei soldati era idoneo Vs 4 con un visus nell'occhio ambliope compreso fra l /15 e 1 / 10. Mentre il 16% era declassato Vs 3 con visus compreso fr a 1 / 10 e 5110 (t ab 1)

Tabella i - Provvedimenti medico-legali

Totale Ambliopia ('82- '83- '84) = 507

Riformaù Declassati

165 (32,5%)

342 (6 ?,S%) { Vs-1=261(51,5%)

Vs3 = 81(16.0%)

464

Per quanto riguarda le cause dell'ambliopia, nel 77,4% dei casi essa era legata ad anisometropia e nel 22,6% a strabismi. La maggior parte delle anisometropie era costituita dall'ipermetropia o da astigmatismi elevati e solo in una piccola percentuale da miopie.

Nelle ambliopie strabiche prevalevano le esotropie rispetto alle exotropie (tab. 2).

Tabella 2 - Cause

Ipermetropie= 186 (46,6%)

Ambliopie anisometrichc - 396 (77,4%)

Ambliopie strabiche - ru (22.6%)

Astigmatismi= 174 (44,2%) (85 ipermetropici)

Miopie= 36 (9,2%)

Esotropie - 72 (64,5%)

Exotropie - 39 (35,5%)

Abbiamo cercato di approfondire l'indagine anamnestica in questi soggetti per mettere in evidenza l'età e la data della prima diagnosi, della prima visita specialistica e la eventuale terapia effettuata.

La maggior parte dei giovani che avevano scoperto di essere ambliopi sin dall'infanzia (4-5 anni) e avevano praticato terapia specifica sin da questa età (correzione ottica, occlusione, terapia ortottica) presenta vano un visus relativamente sodd isfacente (i doneità Vs 2 - Vs 3).

I soggetti che invece presentavano un visus particolarmente basso ( idoneità Vs 4 e riformati ) riferivano quasi tutti di aver scoperto il loro vizio refrattivo solo tardivamente e di non aver effettuato, nella maggior parte dei casi, alcuna terapia.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Come si può rilevare dalla nostra indagine, ancora oggi l'ambliopia r appresenta per molti giovani una causa frequente di declassamento o di riforma.

Dall'anamnesi di questi soggett i è emerso come scarsa sia stata la conoscenza del problema da parre dei genitori, degli insegnanti, e come molte volte le strutture sanitarie locali si siano mostrate incapaci ad affrontare nel modo più opportuno il problema.

È risultato inoltre che la maggior parte di essi sospendeva precocemente la terapia sia per la mancanza di risultati immediati sia soprattutto per i molteplici problemi psicologici creati dal bendaggio e dall a correz ione ottica nella vita di relazione.

Nel caso dell'ambliopia, la prevenzione rappresenta il modo migli ore per ottenere i risultati più sodd isfa centi.

Con un semplice ma valido screening in età infant ile (3-5 anni) si potrebbe riuscire a recuperare molti soggetti altrimenti destinati a divenire ambliopi.

È fondamentale, per questo, la vigile collaborazione di genitori e insegnanti. li loro intervento è indispensabile per l'invio del bambino ai centr i speciali zzat i.

Ma sarebbe opportuno che tutti i bambini in età prescolare fossero adeguatamente visitati da personale specializzato in quanto la visita scolastica effettuata a 6 anni risulta quasi sempre inefficace per un valido trattamento dell'ambliopia. Oltre alla diagnosi precoce sarà opportuno seguire il paziente affinché segua scrupolosamente la terapia instaurata (ottica, ortottica, pleoctica, bendaggio).

Bisogner à illustrarne ai genitori la necessità e l'utilità ed esortarli a seguire da vicino, quotidianamente e pazientemente, il recupero funzionale dell'occhio ambl iope.

Ma per ottenere una valida prevenzione non si potrà ovviamente prescindere dalla presenza di un numero adeguato di valide strutture specialistiche senza le quali un moderno sistema sanitario non può certo risultare funzionale ed efficace.

È solo attraverso l'analisi dei vari aspetti del probiema ed un intervento sulle numerose cause che c i auguriamo possano scaturire, in un prossimo futuro, risultati migliori.

Riassunto. - Gli Autori riportano uno studio effettuato su militari affetti da ambliopia, visitati negli ultimi 3 anni presso l'Ospedale Militare di Udine.

Dai dati riscontrati emerge come ancora oggi troppi giovani siano ambliopi.

Si sottolinea come un'opportuna diagnosi precoce ed un efficace intervento delle strutture socio-sanitarie possa re alizza re in tempo utile la prevenzione e il recupero di molti ambliopi.

Résumé. - Les Auceurs rapportent une étude effectuée sur des miliraires affectés d'amblyopie dans ces rrois dernières années auprès de l'Hòpital Militaire de Udine.

D'après les données il en résulte qu'aujourd'hui il-y-a eneore trop de jeunes qui sont atteints d'amblyopie.

lls soulignent com me un diagnostic précoce et une efficace intervemion des structures socio-saniraires puissent réaliser en temps utile la prévencion et le sauvecagc de nombreux amblyopcs.

{
{
465

Sum m ary. - The Authors reporr a scudy carried out on young soldiers suffering from amblyopia seen in the last three years ac che Military Hospital of Udine.

The resulcs show thac scill coday too many young men suffer from amb lyopia.

The Author~ p oinr out chat an early diagnosis and an effecrive work of che socio-sanitary scrucrures could obcain in cime che prevemion and recovery of many amblyopias.

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466

OSPEDALE MILITARE DI PADOVA

Direttore: Col me. A BtRNl'II

REPARTO OCULISTICO

Capo Re parto: Tcn Col. me F M.AR..,10

TEST PER LA SEMIQ UAN TIZZAZION E DEI MUCOPOLISACC ARIDI LA CRI MALI

F. Mar mo

PREMESSA

li liquido lacrimale è costituito da un insieme di diverse sostanze a struttura piu o meno complessa da cui dipendono le numerose azioni di tipo meccanico, chimico, antisettico, immunitario, trofico, refrattivo da esso svolte.

È verosimile che molte sindromi oculari riconoscano nell'alterazione della funzione lacrimale un momento patogenetico importante e che talune patologie extra-oculari determinino un coinvolgimento dcU'organo visivo proprio mediante un'alterazione qualiquantitativa di uno o piu costituenti lacrimali.

Sommariamente nel liquido lacrimale vengono distinti almeno cinque gruppi di costituenti fondamentali:

1°) Elettroliti

2 °) P roteine

3°) L ipidi

4°) Mucopolisaccaridi

5 °) Acqua.

Molti studi analitici sono stati effettuati, in varie epoche, per la determinazione di ciascun componente e per la definizione delle proprietà fisico-chimiche delle lacrime nel loro complesso, sia in condizioni di normalità, sia in corso di varie malattie. Un recente ulteriore impulso allo studio della fisio-parologia lacrimale è derivato dalle problematiche proposte dalla contattologia, essendo la tollerabilità delle lentine strettamente correlata alla qualità e alla quantità del film lacrimale.

Sono noti diversi tests per 1'esplorazione della funzione lacrimale, eseguibili rapidamente e con tecniche semplici; essi sono di grande utilità in quanto consentono al clinico di avere facilmente indicazioni su alcuni costituenti lacrimali.

In questa nota viene presentato un test per la determinazione dei mucopolisaccaridi lacrimali che, pur richiedendo una certa attrezzatura per la sua esecuzione, è alla portata di ogni oculista che possa usufruire di un qualsiasi laboratorio di analisi mediche.

Questo test si può considerare una modifica al test di Dohlmann, come viene descritto da Scullica e Bisantis, con il quale si valutano, mediante colorazione specifica, i mucopolisaccaridi lacrimali nelle strisce di carta usate per il test di Schirmcr, ottenendo un risultato apprezzabile solo soggettivamente. Con la presente modifica è possibile tradurre il risultato in un valore di densità ottica, strumentalmente rilevabile. L'obbiettivazione dei dati prescinde quindi da stime soggettive e risente solo della metodica impiegata.

MATERIALI E METODO

1) Preparare:

A) Acido periodico:

B) Reattivo di Schi/f:

sciogliere 0,8 gr. di acido periodico in una soluzione di .3 ml. di acetato di sodio 0,5 M. , 70 ml. di etanolo e 27 ml. di acqua distillata.

sciogliere 2 gr. di fucsina basica in 400 ml. di acqua dist illata a 90°, lasciare raffreddare e, quindi, filtrare. Aggiungere 10 ml. di acido cloridrico 2 N. e 4 gr. di metabisolfito di potassio, quindi tenere il reagente per 6 ore a 4 °. Dopo tale periodo aggiungere 2-3 gr. di carbone attivato, agitare e filtrare. Aggiungere al filtrato 20-40 ml. di acido cloridrico 2 N. Il reattivo cosf ottenuto deve essere conservato a 4 ° ed al riparo dalla luce. È stabile per 15 giorni.

467

C) Decolorante:

D) Disidratante:

E) Dia/anizzante:

sciogliere 30 ml. di acido niLr ico concentrato in 970 ml. di acqua distillata.

Metanolo.

Glicerina o analoghi prodotti diafanizzanci in commercio.

F) Strisce di acetato di cellulosa, di forma e dimensioni pari alle normali strisce di carta Whatman n ° 41 usate per i tests di Schirmer. Possono essere sterilizzate mediante esposizione delle due facce a r aggi UV.

2) Eseguire il test di Schirmer n ° 1, utilizzando le strisce d i acetato di cellu losa. Quindi immerger le nella soluzione di acido periodico per 3 minuti e passarle poi per I O minuti nel reattivo di Schiff. Allontanare quindi l'eccesso di colorante mediante successivo passaggio per 3-5 minuti nella soluzione decolorante. Immergere infine in metanolo per 30 sec. Disporre le strisce su un vetrino porta-oggeLto e lasciarle asciugare completamente; la completa essiccaz ione dell'acetato di cellul osa è determinante per la diafanizzazione finale della striscia che si ottiene lasciando cadere su di essa alcune gocce di glicerina o di altro diafanizzante.

A questo punto la striscia è pronta per essere letta ne l senso della sua lunghezza al densitometro a 580 · 650 nm.

Si tenga pr esente che lungo le strisce si ottengono due frazioni consecutive di intensità cromatica diversa: una piu colorata, che rappresenta la parte della striscia che è venuta a contatto delle congiuntive e un'a1Lra piu chiara, che rappresenta la parte libera lungo la quale il liquido è migrato .

I due diversi segmenti possono essere esaminati insieme o separatame nte.

CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONl.

La metodica descritta richiede l'impiego di sostan ze e strumenti insoliti in ambiente oculistico, ma estrc mamente facili a reperire in qualsiasi laborarorio d1 analis i mediche.

Il cest, nel suo complesso, è estremamente sem plice e abbastanza rapido e chiunque, diponcndo dei materiali e del densitometro, è in grado di eseguirlo con facilità.

Si tenga presente che i valori di densità ottica ottenuti, comunque espressi, (altezza meclia della curv a, rapporto area/ lunghezza della base, etc.) risentono dell a metodica: un'imperfetta decolorazione, per esempio, cl.i rà un assorbimento maggiore .

Per confronti attendibili è necessario pertanto stan dardizzare al massimo tutte le variabili.

Stiamo util izzando tale metodica per studiare k variazioni quantitative del muco lacrimale in varie sin dromi oftalmologichc e per indagare l'effetto di farmaci in grado di correggerle.

Ri ass un to. - L'Autore descrive un merodo per la valuraziom: dei mucopolisaccaridi contenuti nelle lacrime, mediante colorazio ne su strisce di ,Keraro di cdlulosa e leuura in densità ottica

Résu mé . - L'Auteur décrit une méthode pour l'é\oaluation des mucopolysaccharides contenus dans les brmes a11 moycn de colorntion st1r bandt:, d'acetate dect:Uulose t:t mésurt:en dcnsité opLique

S ummary. • Tue Author describcs a method for thc evaJua rion of the tears mucopolysacchari<les, by means of sraining on cellulose acetate strips and scanning in orticai dens icy.

BJBLIOGRAfIA

I) Dohlmann C. T-1.: citato da L. Srullica e C. Bis:mtis in «Le congiunrivit i». Ed. Simposi l.S.F. - lTALSEBER/lCARLEO

468

LA MALARIA NELLA STORIA DI ROMA

Prof . Mari o Massan i

La valutazione dal punto di vista medico di alcuni aspetti della storia dell'umanità è una prassi storiografica relativamente giovane in quanto solo dall'inizio di questo secolo la scienza medica ha cominciato a fornirci una buona conoscenza delle cause e dei modi di propagazione dei morbi e ci ha permesso di definire i suoi rapporti con l 'assetto sociale, con la struttura industriale, con le condizioni demografiche ed ecologiche delle popolazioni.

È questo il motivo per cui, mentre la Storia della Medicina ha una bibliografia ricca di contributi di ogni genere, la Storiografia Medica, intesa come discorso interpretativo di fatti storici, è invece assai povera e comincia ora a muovere i primi passi. E dato che le condizioni sanitarie, gli episodi epidemiologici e l'ecologia di una determinata zona influiscono sempre, in misura maggiore o minore, sugli avvenimenti che ivi si verificano, a me sembra che fra le varie forme di interpretazione storiografica (economica, sociale, politica, militare, etc.) debba trovar posto, per la parte di sua competenza, anche la storiografia medica.

Bisogna dire che, in questi ultimi tempi, un determinato numero di contributi c'è stato con pubblicazioni, libri e mostre dorumentarie. Per il passato essa riguarda prevalentemente gli effetti delle grandi epidemie di cu i si esaminano i disastrosi effetti sull'economia, i comportamenti delle autorità e delle popolazioni, le conseguenze demografiche e sociali. Vengono sottolineati anche quelli che paradossalmente pot remo chiamare fattori positivi quali la costruzione di chiese, edifici vari, bellissime opere d'arte, fatte eseguire a titolo di ringraziamento per lo scampato pericolo.

Senza la peste del 590 a Roma non ci sarebbe una bella statua di S. M ichele Arcangelo sulla sommità di Castel S. Angelo che forse avrebbe avuto un altro nome; senza la peste del 1348 a Firenze non ci sarebbe in Orsanmichele la stupenda pala d'altare dell'Orcagna! A questo proposito ci sarebbero infiniti episodi da raccon tare, anche per quanto riguarda attegg iamenti re-

ligiosi, morali e di costume. Anche le malatti e dei nostri tempi, con una patologia prevalente assai diversa da quella antica, condizionate dal nostro ambiente fisico e sociale e dalle caratteristiche della vita moderna, offrono spunti di estremo interesse e generano incertezze e problemi di non facile soluzione.

In altra occasione si potrà parl are di questo tema generale, vastissimo, complesso e ricco di sfaccettature. L'argomento della trattazione odierna è invece più ristretto e riguarda esclusivamente la storia di un antico flagello che per secoli è rimasto legato alla storia di Roma: la malaria.

Si tratta di una malattia, attiva sin da tempi remotissimi, che ha rappresentato una delle maggiori cause di morbosità e di mortalità del genere umano; da circa 50 anni scomparsa dall'Italia è ancora presente in vaste zone del mondo (Fig. 1). Basti ricordare che nel 198 1 sono stati notif icati all'O.MS. oltre 7 milioni di casi di malar ia e che tale cifra è sicuramente inferiore al numero reale, data l a pratica impossibilità di regi strare tutti i casi. In Italia nel 1984 i casi denunciati sono stati 181, tutti d' i mportazione: 74 di essi ri guardavano turisti e lavoratori d i ritorno d a paesi africani.

Per una più agevole comprensione dei fatti che verremo esponendo, mi permetto di fo r nire, esclusivamente ai lettori che non sono medici o b i olo gi, qualche sommaria notizia circa l'epidemiologia di tale morbo. Agente patogeno della malaria è un protozoo appartenente al genere dei Plasmodi che, inoculato nell'uomo, dopo un ciclo preliminare in vari organi, attacca i globuli rossi del sangue, si nutre a loro spese, si moltiplica e dà o rigine a nuovi individui che vanno a loro volta ad aggredire altri globuli rossi.

Perchè la malattia possa passare ad un altro soggetto è necessario che una zanzara del genere anopheles succhi il sangue di un individuo por t atore di parassi ti malarici. Questi parassiti, giunti nello stomaco dell'insetto, si moltiplicano e vanno poi a localizzar si nelle gh iandole salivari dell'anopheles il quale pun gendo

L A PAGINA C ULTU R A L E
469

un uomo sano gli inocula i Plasmodi. Chiarisco che delle numerose specie d i zanzare che vivono nei nostri climi solo l'anofele è capace di trasmettere la malaria.

La diffusione della malattia in una determinata zona è pertanto strettamente dipendente da due fattori: 1) presenza di persone che alberghino nel sangue i plasmodi; 2) presenza di zanzare del genere anopheles. A sua volta la vita dell'anopheles è legata a precise condizioni ecologiche. Esigenza inderogabile per la sopravvivenza della zanzara è la disponibilità di una raccolta di acqua stagnante ove possa deporre le sue uova che, per svilupparsi, richiedono particolari requisiti dell'acqua. L'acqua ristagnante in palude è ideale, ma può bas tare anche un pozzo, un abbeveratoio, un qualsiasi recipiente, uno stagno, una qualsiasi raccolta causata dalla pioggia o dallo straripamento di un corso d'acqua. Il raggio di azione dell'insetto è generalmente di pochi kilometri ma può essere notevolmente ampliato per lo spostamento passivo media , ,te il vento O persino gli st1:ssi mezzi di trasporto.

Con l'arrivo del freddo le femmine di anofele cessano la loro attività, si nascondono in recessi isolati e

bui e restano inerti , riuscendo in gran parte a sopravvivere sino all'arrivo della nuova stagione calda. Ecco perchè la malaria è malattia della stagione calda.

Con l'arrivo del freddo le femmine di anofele cessano la loro attività, si nascondono in recessi isolati e bui e restano inerti, riuscendo in gran parte a sopravvivere sino all'arrivo della nuova stagione calda. Ecco perchè la malaria è malattia della stagione calda.

A questo punto sarà bene ricordare che tutto quanto sopra esposto è stato scoperto sol o nel periodo che va dalla fine del secolo XIX 0 all'inizio del secolo XX 0 e che prima di allora nulla si sapeva di tutto ciò.

LA MALARIA IN EPOCA ROMANA

È certo che l'infezione malarica era presente fra la popolazione romana sin dall'epoca repubblicana. Spigolando fra i testi dell'epoca troviamo numerosi accenni a tale malattia. Plinio nomina la quartana in var ie occasioni (lli st. at. VII, 50; XXVI, 71; XXVII, 105; XX, 23 ; XVIII, 72). Svetonio ci fa sapere che Giulio Cesare ebbe da giovane la quartana (D .

épidémiologie du paludi s me 00 (d'après O M S relev ép1d11m 1975, n•45J ·U.;~~ ~ ;•ONG "~ • . 'lr,'_ P. _,. ~--, ,.,•! D llllaéMl~lt,...__, •rlif ~• -·---IM W """'"'-"'llhl~•,...iNMroirrtJ111,1ttttt1*1t iQ!ll!S l'lll 1.1 fìll?Sl!ICUICII du piJlud!Stne t.,._.. (1~ * K pr~t [7 0_. Wh(SIIIOt.S
Fig. 1 Distrib u z.ione attuale della malaria n e l Mondo
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Jul. l°: «quamquam morbo quartanae adgravante, prope per singulas noctes commutare latebras cogeretut>>). Altre citazioni troviamo in Plauto (Curculio, I, 18); in Catone il Censore (De re rustica I, 5 e I, 7); Aula Geilio (Noctes Atticae, 17, 12); Cicerone (Lett. ad Att. VII, 21); Orazio (Sat. II, 3,288); Marziale (Ep. X, 77; Ep. II, 40; Ep. IV, 80); Giovenale (Sat. IV, 57).

Pur non sospettando in alcun modo la pericolosità delle zanzare (le quali erano deprecate da Orazio solo perchè «avertunt somnos>>), i Romani colsero il rapporto fra lo stato paludoso del terreno e l'insorgenza di febbri estive. L'opinione comune (che si mantenne invariata per molti e molti secoli), considerava causa di tali febbri i cosiddetti «MIASMI» che a comune avviso sorgevano dalle paludi nella stagione calda e mescolandosi con l'aria procuravano la malattia.

Vitruvio (De Arch. IV, D invita a costruire le abitazioni lontano dalle paludi perchè <<paludes stando putrescunt, humores graves et pestilentes in iis locis emittunt».

Columella dice la stessa cosa (De re rustica I, 5): <mec paludem quidam vicinam esse oportet aedificiis quod illa caloribus noxium virus eructat». La stessa cosa sostiene Varrone il quale poi afferma che i miasmi non sono che «animalia quaedam minuta, guae non possunt oculi consegui et per aera intus in corpus per os ac nares perveniunt atque efficiunt difficiles morbos». È una intuizione che resterà dimenticata per molti secoli.

Abbiamo anche consigli per la cura: Plinio il Vecchio consiglia uno spicchio di aglio con erba di laserpizio sciolti in vino (N.H XX, 23), oppure un decotto di ceci (N.H. XXII, 72).

Era opportuno anche rivolgersi agli Dei: Cicerone ci fa sapere che sul Palatino c'era un Santuario della Dea Febbre (De legibus II, 28 «Ara vetusta in Palatio Febris») (De natura deorum III , 63 <<Feb ris en im Fanum in Palatio consecratum videmus»).

Per quanto riguarda i medici rico rdi amo che Celso e Galeno hanno lasciato una descrizione abbastanza precisa della malattia , distinguendo i diversi tipi di infezione: terzana, quartana e la emitriea, corrispondente alla nostra estivo autunnale, facendo anche notare l'andamento stagionale.

Ciò premesso ed accertato che l'infezione malarica era sicuramente presente nel territorio romano sin dalla più remota antichità, dobbiamo però ammettere che l'impatto delJa malattia sulla popolazione non fu né molto esteso né molto violento e che i danni prodotti furono sempre contenuti e sopportabili.

Varie sono le considerazioni che ci portano a questa valutazione. Nella letteratura dell'epoca non tro-

viamo notizie di una vera e propria condizione endemica o di fatti epidemici; episodi importanti e gravi come quelli che si verificarono poi nei secoli seguenti non sarebbero passati inosservati, nè taciuti dagli Autori contemporanei.

Il fatto che Appio Claudio nel 312 a.C. abbia costruito la Via Appia, tracciandone il percorso proprio in mezzo ad una zona paludosa, dimostra che non vi erano timori di malattie. Se la malaria avesse avuto la virulenza dei secoli successivi si sarebbe scelto un percorso più vicino all'antica strada pedemontana sulle falde dei Lepini.

Ed infine ~appiamo che molti illustri personaggi romani si costruirono importanti ville proprio nelle zone che in seguito furono fortemente malariche. Ricordo fra le più importanti: la villa cosiddetta di Plinio e le v ille di Castel Porziano a sud di Ostia, la villa imperiale di Tor Paterno che fu posseduta da Augusto e che fu una delle predilette da Commodo, la villa cosiddetta di Cicerone a Torre Astura, la grandiosa villa di Domiziano sulle rive del Lago di Paola. È chiaro che se in quelle zone avesse infierito la malaria con la virulenza che dimostrò in seguito, nessuno sarebbe andato a costruirvi ville destinate ad ameni soggiorni .

Ci sono perciò a nostro parere sufficienti motivi per ritenere che per tutto il periodo della dominazione romana la malaria, pur essendo presente nel Lazio, non mostrò eccessiva virulenza nè provocò alla vita della città di Roma danni degni di nota.

Circa le cause di tale comportamento della malattia possono essere presi in esame vari fattori: scarsa virulenza dei ceppi di Plasmodio, prevalenza della tendenza zoofila degli anofeli, condizioni ecologiche inibenti lo sviluppo degli anofeli, buona manutenzione dei canali di scarico e conseguente maggiore mobilità delle acque, scarso numero di portatori di plasmodi, etc.

LA MALARIA NEL LAZIO FRA IL VI ED IL XII SECOLO

La decadenza dell'Impero Romano, le invasioni barbariche, le guerre e le travagliate vicende di Roma in questo periodo dovettero peggiorare notevolmente la situazione.

Intorno al 500 Teodorico fece eseguire importanti lavori di bonifica per riattivare la viabilità della Via Appia: lo apprendiamo da due lettere di Cassiodoro al Senato Romano e da una lapide con iscrizione in lode dell'impresa. La lapide è ancora visibile nel Museo Co-

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munale di Terracina. Procopio ci parla (Guerra Gotica II, 3) di una peste che colpl i soldati Goti che avevano posto il loro campo in prossimità della Via Appia. Gregorio Magno in una lettera del 599 afferma di aver dovuto chiudere nella campagna romana molte chiese perchè a causa delle febbri «paene nullus Jiber et nullus servus remanserit qui esse idoneus ad aliquod officium ve! ministerium possit». Ci racconta nel suo Chronicon Benedetto del Soratte che l'esercito di Ottone I nel luglio del 964, mentre era accampato nei pressi di Roma, fu colpito da numerosi casi di febbre per cui morirono l'Arcivescovo di Treviri ed il Duca Goffredo di Lorena.

Intorno al 1057 S. Pier Damiani, nominato Vescovo di Ostia, si rende conto della situazione e compone il suo noto «tetrasticon» indirizzato a Papa Nicola II, col quale fa sapere che «Roma semenzaio di febbri è pingue propinatrice di frutti di morte» e che inoltre le febbri romane «quem semel invadunt vix a vivente recedunt».

Sono noti anche altri episodi che per brevità ometto, anche perchè la estrema scarsità di abitanti è causa di un minore impatto della malattia. La situazione è destinata a cambiare quando nella zona ci sarà un incremento demografico e quando vi transiteranno eserciti numerosi.

LA MALARIA A ROMA DAL XII AL XV SECOLO

In questo periodo è la malaria che durante il periodo estivo difende Roma dagli assalti degli eserciti imperiali o comunque la vendica. L'esempio più clamoroso è quello di Federico Barbarossa che nel 116 7, nella sua 4 8 calata in Italia, dopo aver nel maggio sconfitto duramente i Romani presso T uscolo, nel luglio si impadrorù di Roma, facendo strage dei difensori sin dentro la Basilica di S. Pietro e riducendo il Borgo ad un ammasso di rovine. Dice il Gregorovius che Federico aveva in quei giorni raggiunto il culmine della sua potenza: aveva domato i Comuni Lombardi, restaurati in Roma i diritti imperiali, costretto alla fuga Papa Alessandro III, insediato in S. Pietro il suo antipapa Pasquale ill. Bastava ancora poco per consoli dare la sua situazione e presentarsi poi ai suoi feudatari tedeschi alla testa di un esercito forte e vittorioso e col prestigio di un pieno successo. Ma ai primi di agosto fra le truppe che erano accampate intorno a Roma cominciò a manifestarsi una violenta epidemia di febbri malariche.

Numerosissimi furono i malati e i morti: morirono &a gli altri i piu fedeli Capitani di Federico, quali Rinaldo di Colonia, Eberardo di Regenburg, il Conte di Nassau, Goffredo di Speyer, Federico di Rotenburg, considerato il più valoroso cavaliere dell'esercito , e tanti altri.

Afferma il Gregorovius che un terrore superstiz ioso si impadrorù dei Tedeschi che videro in tale evento la mano di Dio che si abbatteva su di loro per punirli dei tormenti inflitti alla città papale, delle chiese bru ciate, del Tempio di S. Pietro bagnato dal sangue dei rom ani, per cui alla fine di agosto l'Imperatore, sgome nto e preoccupato, tolse le tende ed iniziò la sua ritirata verso il nord con un esercito decimato e demoraliz zato che si trascinava a stento, lasciando dietro di sè una scia di malati e di morti.

Questa disastrosa ritirata fece girare la ruota d ella fortuna: i Comuni lombardi, alla vista di quell ' e sercito miserando ed inefficiente, presero coraggio e costituirono la Lega Lombarda, Alessandro III da Veroli ove si era rifugiato fu in grado di rafforzare la sua azione politica, mentre in Germania Enrico il Leone ed altri feudatari non ritennero opportuno fornire all'Imperatore altri aiuti. Il nuovo tentativo di riprendere in mano la situazione avviene in condizioni be n diverse da quelle del 1167 e si conclude nel 1176 con la sconfitta di Legnano.

Per continuare con la serie degli Imperatori Tedeschi contro i quali la malaria giuocò un ruolo decisivo dobbiamo ricordare Arrigo VII.

L'inizio del '300 è un periodo cruciale per lo scontro fra guelfi e ghibellini le cui forze si bilanciano. Arrigo VII succede nel 1308 a quell'Alberto tedesco che Dante nel VI canto del Purgatorio rimprovera per il suo mancato intervento in Italia. Arrigo VII è invece fermamente deciso ad intervenire; ritiene che con l ' aiuto delle forze ghibelline e con l'attuazione d i una politica equilibrata possa sollevarsi al di sopra delle parti e realizzare il sogno dei suoi predecessori.

«Mai mme allora • cke il Pinzi - alla calata di un re tedesco si erano suscitate nell'Italia comunale tante speranze, tanti entusiasmi, tanta esagerata allegrezza. Parve quasi che tutte le città sentissero il bisogm di ricoverarsi sotto le ali d'un monarca poderoso, incontrastato paciere del mondo». Le menti più colte ed elevate inreggiavano al novello Messia: Dante in una lettera a tutti i potenti e popoli d'Italia lo definiva «il M~ che doveva liberare il suo popolo» e ne faceva lodi sperticate.

Arrigo entrò in Italia alla fine del 1310 e nel gennaio successivo ricevette in S. Ambrogio di Milano la

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corona ferrea. La sua illusione di poter portare a termine l'impresa più con mezzi politici che militari, però, svanì quando, giunto a Roma , si trovò schierata contro la fazione guelfa sostenuta da Re Roberto di Napoli, che aveva mandato il fratello Giovanni a capeggiare l'opposizione.

Deciso fermamente a continuare l'impresa, fa tesoro dell'esperienza: con il Papa in Avignone è necessario anzitutto mettere fuori combatti.mento Re Roberto di Napoli che è l'artefice ed il sosteni tare dell'opposizione guelfa; non sarà difficile poi regolare i singoli comuni contrari.

Per far tutto questo è necessaria una buona forza militare e l'aiuto di Pisa , di Genova, di Federico di Sicilia e dei ghibellini italiani. Arrigo si ritira presso Pisa e procede alla preparazione di un potente esercito.

Le forze raccolte pur essendo eterogenee sono importanti ed il successo dell'impresa si presenta sicuro, per cui nell'agosto Arrigo parte da Pisa , si aggira per la maremma per organizzare la marcia delle varie colonne e giunge a Buonconvento. Ma in quel paese è colto da violente febbri intermittenti che il 24 agosto lo conducono a morte.

Tutto l'apparato bellico , tenuto insieme dal suo prestigio e dalia sua autorità imperiale, rimasto senza capo, si dissolve. Ancora una volta le zanzare hanno respinto un potente esercito.

Corse voce allora che l'Imperatore fosse stato avvelenato con l'ostia consacrata che un frate domenicano gli avrebbe somministrato durante la Comunione. Questa accusa non ha però alcun fondamento storico. 1 più reputati cronisti dell'epoca come il Villani, il Ventura, Tolomeo da Lucca, Giovanni da Carmenate ed altri che riferiscono su tale fatto escludono ogni avvelenamento e lo stesso figlio di Arrigo , Giovanni di Boemia, scagiona completamente i Domenicani (Muratori: Annali anno 1313).

Prendendo spunto da questo caso è opportuno chiarire subito una questione importante che ci si presenterà anche in altre occasioni. E accaduto spesso che i cronisti dell'epoca, che non potevano conoscere le modalità e le caratteristiche dei morbi infettivi, abbiamo etichettato come avvelenamenti eventi morbosi che tali non erano. Tali diagnosi erano spesso formulate per fa. vorire gli intere ssi di una delle parti in causa che tendeva a gettare il discredito su questo o su quel personaggio. Attualmente la nostra completa conoscenza della patogenesi, dell'epidemiologia e della sintomatologia dei morbi ci consente di far giustizia di molte errate interpretazioni di casi che in passato era assai dif-

ficile risolvere. Oggi è invece agevole per noi distinguere un avvelenamento da una malattia infettiva. Sappiamo ad esempio che negli avvelenamenti acuti provocati a scopo doloso con quei veleni allora usati (generalmente arsenico, piombo, antimonio, mercurio), manca il periodo di incubazione che invece è tipico delle infezioni; i sintomi seguono immediatamente la ingestione del veleno con disturbi violenti dell'apparato gastroenterico a cui seguono a brevissima distanza i segni di lesione degli altri organi danneggiati dal singolo veleno. Tutto il decorso è senza febbre e senza periodi di remissione.

Diversa è la sintomatologia dell'infezione malarica, caratterizzata dal dato anamnestico di un soggiorno in zona malarica, da un periodo di incubazione variabile fra 6 e 14 giorni, da una febbre che insorge rapidamente, preceduta da brividi di freddo, che concede periodi di remissione più o meno distanziati secondo il tipo d'infezione, con ricorrenza rigorosamente stagionale, e con possibilità di recidive a breve od a lungo intervallo. È bene ricordare che attualmente le medicine di cui disponiamo ci permettono di guarire la malattia, sempre che sia ben diagnosticata ed opportunamente trattata; ma in passato la malaria, quando guariva spontaneamente, lasciava i malati debilitati, anemici, in precarie condizioni fisiche e soggetti a frequenti recidive.

Degno di citazione è un altro caso in cui Ja malaria ebbe grande importanza nel determinismo di alcuni avvenimenti. Fu infatti la malaria che dette un contributo decisivo alla distruzione del potere dei Borgia.

LA MALARIA NEL RINASCIMENTO

Comincio con il riferire quanto scrive il Gregorovius: «All'inizio dell'estate 1503 papa Alessandro VI , a 73 anni, era fiorente di salute e di fortuna e sembrava indistruttibile la sua potenza. Riesaminando la loro opera i Borgia potevano constatare che la fortuna aveva ad essi concesso l'incredibile. Le due grandi fazioni nobiliari di Roma , che nessuno prima d'allora era riuscito a domare, erano state schiacciate; tutti gli altri tiranni e baroni dello Stato ecclesiastico erano stati sterminati o cacciati, il collegio dei Cardinali non era più che un pavido senato pronto all'obbedienza; potenti alleati li proteggevano. In quei giorni Alessandro pensava al modo di dare al figlio Cesare la Signoria della Romagna e delle Marche e stava studiando il modo di superare il veto della Francia che si opponeva alla creazione di uno Stato borgiano». Fu in questo frangente

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che ai primissimi dell'agosto 1503 Alessandro VI e Cesare si recarono ad un banchetto che si teneva all'aperto ed in ore notturne nella Villa suburbana del Cardinale di Corneto, Adriano Castelli. Era un periodo nel quale a Roma c'erano state violente piogge seguite da una grande calura e nel quale si erano manifestati numerosi casi di malaria.

Dopo circa sette giorni di apparente benessere, precisamente il 12 agosto, il Papa fu colto da una violenta febbre e da grave compromissione dello stato generale. Quasi contemporaneamente con la stessa sintomatologia si ammalarono Cesare Borgia, il Cardinale di Corneto e quak:he altro commensale del banchetto; tutti colpiti da febbri vio lente

Il giorno 13, dopo un generoso salasso, il Papa s i sentl meglio tanto che volle giuocare a carte con alcuni Cardinali, ma il 14 la febbre riprese violenta e lo stato generale peggiorò; i medici praticarono ripetuti salassi (che oggi possiamo ritenere non solo inutili, ma anche dannosi); il 17 al mattino ebbe un lieve breve miglioramento ed una ripresa delle forze che gli permise di confessarsi, ma nel pomeriggio la s ituazione andò precipitando e la sera del 18 il Papa passò a miglior vita.

Cesare Borgia si ammalò un paio di giorni dopo il padre, con febbri intermittenti che durarono qualche settimana e che gli causarono un notevole stato di prostrazione. Chiusosi in Castel S. Angelo, cercò di fronteggiare la situazione dando incarichi ai suoi scherani, ma non fu in grado di provvedere personalmente agendo con la tempestività e con l'energia che il caso avrebbe richiesto e che gli erano abituali.

Tutti conoscono il seguito degli avvenimenti e le vicende che distrussero la potenza dei Borgia ed il loro sogno di dominio. È anche noto che Cesare dichiarò al Machiavelli che quel fatale coincidere della sua infermità con quella del Papa era stato l ' unico caso che egli non aveva previsto. Ancora una volta protagonista degli avvenimenti era stata la malaria.

A questo proposito ricordo che anche in questa occasione si disse che i Borgia, volendo avvelenare il Cardinale di Cometo, fossero restati vittime del loro inganno per l'errore di un servo. Ma la voce (raccolta fra l'altro anche dal Guicciardini e dal Bembo) è priva di ogni fondamento. A parte le accurate e minuziose ricerche del Corradi e del Pastor che negano cale evento, è l'andamento clinico della malattia che elimina ogni dubbio e che conferma l'esistenza di una classica infezione malarica che ha portato a morte il vecchio pontefice, mentre è stata superata dal figlio piu giovane (29 anni) e più resistente .

Altra vita prematuramente troncata dalla malari a fu quella del prestante Cardinale Ippolito dei Medic i, figlio naturale di Giuliano II e fermamente deciso a d i venire Duca di Firenze ed a cacciare il cugino Alessandro che con le s ue stranezze e le sue prepotenze s i e ra alienato le simpatie dei Fiorentini. Un autorevole e c os picuo gruppo di fuoriusciti fiorentini, capeggiati da F ilippo Strozzi, lo aveva voluto come Capo di un a importante ambasceria che doveva recarsi a Tunisi per chiedere a Carlo V di togliere il suo appoggio ad Alessandro e favorire invece Ippolito. L'imperatore, che in un precedente approccio si era mostrato in linea gen erale favorevole, aveva però rimandato la decisione a d opo il compimento della sua campagna contro i Turch i

Alla fine della campagna vittoriosa mentre i componenti dell'Ambasceria erano a Gaeta in attesa dell e navi che dovevano condurli a Tunisi, Ippolito, innamorato della bella Giulia Gonzaga, faceva la spola fr a Roma , Fondi e Gaeta, traversando e spesso soffermandosi nella campagna romana. Improvvisamente il mattino del 2 agosto 1535, mentre si trovava ad Itri, fu colto da violente febbri malariche e morl il giorno 8 amorosamente assistito dalla Gonzaga, prontamente accorsa da Fondi.

La morte del pretendente salvò Alessandro dal pericolo di perdere un ducato che, salvato dalla malaria , finì due anni d o po sotto le pugnalate di Lorenzino.

Ricordo che anche in questo caso si parlò di avvelenamento. Si trattò di voci interessate, prive di fondamento e fatte circolare per odio contro Alessandro. Come asserisce autorevolmente anche il Pieraccini, attento studioso delle malattie della Casa Medicea, il decorso clinico del morbo non lascia dubbi circa la natura malarica dell'infezione.

LA MALARIA DAL XVIII AL XIX SECOLO

Nel corso del XVII secolo l'endemia malarica continua sempre con i suoi periodi di remis.sione e di esacerbazione; ma la scoperta della china, pur diffondendosi con molta lentezza, consente di poter intervenire con una cura razionale. Le segnalazioni mediche si fanno più precise: il numero dei personaggi più o meno importanti colpiti da malaria è tale che • oserei dire con linguaggio giornalistico · non fa più notizia.

Può invece essere interes.sante osservare cosa pensa e come si comporta l'opinione pubblica nei riguardi di questa infezione che è sempre una fedele compagna del1' estate romana.

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È in questi anni che si rafforza e si generalizza l ' idea che il clima di Roma durante i mesi caldi non sia salubre e causi malattie, principalmente ai forestieri in arrivo. Si riteneva infatti che in estate si sviluppassero in gran quantità miasmi notturni particolarmente dannosi a chi effettuava le cosiddette «mutazioni di aria».

Tanta che nel 1702 l'Ambasciatore fiorentino scriveva al Granduca di Toscana di rimandare l' invi> del Nunzio a Roma, in quanto i miasmi della stagione estiva avrebbero potuto essergli fatali. Anche molti medici parlavano del maligno influsso dell'estate romana e davano consigli in merito per prevenire i morbi: dopo l'arrivo non uscire di casa per qualche giorno ed in particolare mai di sera; di notte tenere sempre le finestre rigorosamente chiuse, bruciare nelle camere erbe aromatiche, prendere un generoso purgante ed eventualmente salassarsi.

Altri medici invece giudicavano eccessive tale idee . Nel 1749 il dott . Gian Giacomo Lapi dà alle stampe una sua dissertazione dal titolo: «Ragionamenti contro la volgare opinione di non poter venire a Roma d'estate>> e nel 1845 il Belli in un suo sonetto dal titolo «L ' aria cattiva» ironizza su queste dicerie.

Tutti erano però d ' accordo nel considerare sicuramente malsane e pericolose le zone situace fuori dalle mura. Ancora nel 1871, quando il Consiglio Comunale acquistò alcune aree fabbricabili nella zona di Prati per sistemarvi un nuovo quartiere , il medic o Carlo Maggiorani, un luminare di quei tempi, critic ò aspramente l'operato asserendo che la zona era troppo malsana per costruirvi un quartiere .

Durante i secoli XVIII e XIX la malaria continu ò a fare molte vittime ed anche in questo periodo fu inesorabile con i soldati stranieri che volevano angariare Roma. Nel 1687 un distaccamento di soldati francesi al comando del Marchese Lavardin, inviato a Roma da Luigi XIV per opporsi con la forza alla regolamentazione della cosidetta libertà di quartiere, si accampò presso S. Paolo ove fu però letteralmente decimato dalla malaria. E nel 1811, durante l'occupazione Napoleonica, un distaccamento francese accampato fuori Porta del Popolo ebbe per effetto della malaria 51 malati e 22 morti.

Per quasi tutto il secolo XIX l'incremento dem ografico, l'aumento dei traffici e lo stato di abbandono delle paludi e del territorio causarono un numero elevatissimo di malati per cui durante l'estate gli Ospedali romani rigurgitavano di malati malarici.

Per ricordare a ltri rapporti fra Roma e la malaria ci sarebbero ora da trattare alcuni punti di grande interesse e precisamente: 1) la storia della scoperta della cura della malaria con la corteccia di china, che ebbe

proprio a R o ma le prime applicazioni per merito della Farmacia dei Gesuiti al Collegio Romano , del Card. De Lugo che ne fu convinto assertore e dei medici Brunacci e Lancisi che operarono in S Spirito (Fig. 2 ) ; 2 ) l' opera di Francesco Torti e di Giov anni Maria Lancisi che portarono i primi contributi ad una precisa diagnosi e ad una più efficace cura della malattia ; 3) il contributo decisivo che dopo il 1880 la Scuola Medica Romana dette alla scoperta dell ' agente etiologico ed alle modalità di trasmissione della malattia. Dopo le prime osservazioni di Laveran, al quale è dovuta l'identificazione dei plasmodi nel sangue degli ammalati , furono le scoperte di Ross, Gogli , Marchiafava, Bas cianelJi, Celli , Bignami , Di o nisi , Baccelli e R a ffae -

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Fig. 2 • Custodia della macina della ror teccia di china usata nel sec. XVII1 (attualmente al Museo de ll 'Arte Sanitaria di Roma).

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le che portarono alla completa conoscenza della patogenesi della malattia (Fig. 3). L'identificazione dei suoi agenti trasmettitori fu merito del Grassi, che qiede la dimostrazione della trasmissione della malattia tramite l'anopheles. Queste acquisizioni consentirono di adottare dei razionali sistemi di prevenzione e di cura.

Lasciati da parte i singoli episodi ci resta invece da illustrare un altro aspetto, meno appariscente, ma di importanza eccezionale per l'economia e la politica alimentare dello Stato Pontificio.

LA MALARIA E L'ECONOMIA DELLO STATO PONTIFICIO

A causa delle notevoli difficoltà e dei costi di trasporto, le grandi città avevano bisogno di un retroterra vasto e ben coltivato in modo da permettere un tempestivo e sufficiente arrivo di derrate alimentari ed in particolare di grano. Roma, per il numero dei suoi abitanti e per il notevole afflusso di visitatori, avrebbe avuto bisogno di possedere una cintura di terre fertili che potessero fornire i viveri nece ssa ri ai bisogni della popolazione.

Accadeva invece il contrario. La presenza di vaste estensioni di terreno, in cui era impossibile l ' uso dell'aratro e la vastità delle aree dove il flagello dell a malaria impediva stabili e proficue residenze di coloni, produssero un particolare asse tto del territorio e del suo sfruttamento. Anzitutto sin dall'epoca romana si formarono grandi latifondi, in proprietà a Patrizi ed Enti Ecclesiastici che spesso le subaffittavano ai cosi detti mercanti di campagna (Figg. 4 e 5).

Dati gli ostacoli che la malaria poneva al soggiorno di una popolazione stabile, l'economia di tali terre si basò principalmente sulla pastorizia sia con bestiame proprio, s ia con quello che con le transumanze veniva nella stagione invernale dalle regioni vicine (Fig 6). Redditi complementar.i provenivano dal taglio d el legname delle foreste e per le zone paludose anche da i vivai, le così dette peschiere . Molto ridotte, non sempre utilizzate ed a basso rendimento, erano le superfici a cereali.

Si comprende perciò come il problema dei rifornimenti a]jmentari ed in particolare del grano sia stato per lo Stato Pontificio il problema economico più angosciante. Le carestie erano sempre in agguato e spesso non era facile provvedere. Per fronteggiare la situazione venivano emanate disposizioni ed editti vari: divieto di esportazione dei generi alimentari, distribuzione controllata ai fornai, sorveglianza dei mulini, richieste alle regioni vicine (che in tempi magri non erano in grado di provvedere), incarico a mercanti di fare acquisti all'estero, manovre sui prezzi, etc. È inutile sottolineare come questi provvedimenti di economia forzata, con gli appalti ed i relativi controlli con le inevitabili eccezioni e deroghe divenissero fonte infinita di corruzione, di imbrogli e di malcontenti. A parte naturalmente l 'aggravio economico per le casse Pontificie.

I Papi cercarono di risolvere il problema, ma non riuscirono a smantellare il castello di interessi economici che si erano costituiti intorno a questa situazione. Alcuni Papi (e tra questi furono particolarmente attivi Sisto IV e Clemente VII), vollero imporre la coltivazione obbl iga t oria di una parte dei pascoli, promisero concessioni di terre a chi s'impegnava a colti varle, imposero tasse ai pascoli, ma nulla ottennero. L'attuazione di queste disposizioni era impedita dag]j interessi coalizzati dei proprietari, dei mercanti e degli appaltatori e dalle virulenze della malaria che era inesorabile nell'impedire agli eventuali volenterosi il soggiorno m campagna.

Si pensò allora di bonificare la zona delle paludi pontine.

Fig. J • Lapide cotm1emorativa ncU'Ospedalc di S. Spirito.
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Fig 4 • Aspetù delJa palude Fig. 5 • G. Raggio (1823- 1916), Il sandalo della palude , ol.io (Roma , Gall. pri v ) ,,-
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Fig. 6 • Besùame nelJa palude.

LE VARIE BONIFICHE DELLE PALUDI PONTINE

Un primo tentativo fu fatto nel 1514 da Leone X che fece eseguire un progetto da Leonardo da Vinci ed incaricò il fratello Giuliano di dirigere l'impresa. I lavori furono iniziati da un tal Giovanni Scotti, amico di Leonardo il quale cominciò con lo scavo del Canale portatore di Badino. Morto nel 1516 Giuliano, i lavori finirono col fermarsi anche per l'opposizione dei Terracinesi che terrevano che le ocque venissero convogliate sul loro territorio.

Un secondo e più valido tentativo fu fatto nel 1586 da Sisto V che dette l'incarico dell'esecuzione all'idraulico urbinate Ascanio Fenizi, mentre Fabio Orsini doveva sovrintendere all'impresa. In questa occasione fu allargato e fatto sfociare a Torre Olevola il canale così detto Sistino. Sisto V seguì da vicino questi lavori, recandosi spesso a Sezze e Terracina, e proprio durante uno di questi viaggi nel 1590 contrasse l'infezione malarica che lo condusse a morte. Dai lavori si ebbero modesti benefici che ben presto furono completamente annullati.

Urbano VIII, Alessandro VII, Innocenzo XI, Clemente XI, sentirono il problema e chiamarono degli ingegneri olandesi che godevano fama di essere degli specialisti in materia. Furono fatti progetti ma per motivi vari essi non furono mai attuati. E così pure inattuati restarono i progetti fatti fare da Benedetto XIII nel 1729 e da Clemente XIII nel 1762.

il tentativo più valido fu quello effettuato nel 1780 dal Papa Pio VI Braschi che affidò l'incarico dell'esecuzione all'ingegnere bolognese Gaetano Rappini. I lavori, nei quali furono impiegati ben 3500 operai, durarono 16 anni. Fu drenata la foce del Badino, fu costruito il canale Pio, furono sistemati alcuni collettori, fu costruita la stazione di Mesa sulla Via Appia e restaurati molti edifici di Terracina e della Via Appia. Il Pontefice attribuiva un'importanza fondamentale a questa impresa e si recava spesso nelle Paludi Pontine per rendersi conto dell'andamento dei lavori di bonifica (vedi copertina con acquerello del Ducros) L'iniziativa fu celebrata da Vincenzo Monti con il poemetto «La Feroniade» ed ottenne anche le lodi del Goethe, ma i buoni risultati furono solo temporanei e dopo qualche anno tutto tornò come prima. Il motivo di questi insuccessi era sempre lo stesso: la mancanza diconoscenza della epidemiologia malarica non consentiva il razionale compimento delle operazioni. A questo si aggiungeva l'ostilità dei proprietari dei terreni che

no n volevano rinunciare ad un reddito sicuro per uno incerto e che in ogni caso non in tendevano partecipare in alcun modo alle spese necessarie. C'erano inoltre le diffidenze dei vari paesi interessati che temevano c he le acque stagnami fossero indirizzate nei loro territori.

Nei primi anni del '900 furono iniziare azioni di lotta antimalarica mediante operazioni di piccola bonifica, distribuzione gratuita di chinino ed assistenza sanitaria alle popolazioni colpite, effettuata dagli uffici sanitari dei Comuni con la partecipazione della Croce Rossa e del Corpo Sanitario dell'Esercito (Figg. 7 e 8).

Effetti decisivi furono ottenuti solo con la grande bonifica progettata nel 1929 ed iniziata poco dopo. Furono impiegati in media circa 13.000 operai al giorno, furono scavati e resi agibili oltre 1800 km. di cana li, costruite strade di raccordo per più di 500 km ., furono edilicate 2500 case coloniche ed una diecina d1 grandi borgate ..:on scuole, uffici postali, negozi , co ndotte mediche ed uffici vari. Nel 1932 fu inaugurat a la prima città che fu chiamata Littoria e nel 1934 l a seconda che prese il nome di Sabaudia. Le operazioni furono compiute tenendo presenti le norme profilattiche suggerite dalla perfetta conoscenza dell'epidemiologia malarica; la immediata messa a cultura dei terreni bonificati da parte di contadini esperti fatti affluire dal Veneto, dalla Romagna e da altre zone portò a quelle modificazioni ecologiche che causarono la scompars a degli anofeli e di conseguenza della malaria.

C'è da osservare che il fattore essenziale del successo fu la completa conoscenza della epidemiologia malarica. È sulla base di tali conoscenze che le varie operazioni poterono essere programmare e poste in esecuzione con razionalità ed in logica successione: profilassi chininica dei lavoratori, protezione meccanica degli alloggi e lotta contro l'anofele, scavo di nuovi canali, drenaggio delle acque, costruzione contemporanea di case, di borghi, delle indispensabili infrastrutture, arrivo di agricoltori esperti ed immed i ata messa a coltura dei terreni , lavori di piccola bonifica per eventuali piccoli focolai residui ed infine costruzione dei capoluoghi. Senza la perfetta conoscenza dei modi di trasmissione della malattia non si sarebbe potuto concepire un piano razionale ed ogni tentativo sarebbe fallito come fallirono quelli precedenti.

L'infezione ricomparve nell'estate del 1944 quando i Tedeschi acclusero i collettori per allagare la zona, ma questa volta fu il D.D.T., farmaco di recente scoperta, a ripristinare rapidamente la condizione precedente.

478

Oggi la zona pontina è completamente trasformata e ci appare come una plaga fertile, aprica, sede di moderne coltivazioni, di case, di borghi, di fabbriche, solcata da comode strade, mentre Roma non teme più alcun danno da quel flage llo che per tanti secoli l'aveva inesorabilmente colpita. Ha avuto così termine questo lungo e non piacevole abbraccio fra Roma e la m alaria. È stata una unione che ha provocato'tanti dolori e tant e morti, ma che è stat a finalmente interrotta

da un divorzio che può per merito delle nuove scoperte ritenersi definitivo.

Altri fattori (inquinamento, rumore, droga, violenza, contaminazione, radioattività, le nuove malattie del1'epoca moderna) vorrebbero prenderne il posto, ma a questo punto è proprio la storiografia medica che invia un messaggio di fede per l'avvenire dell'uomo e che ci mostra come il Progresso umano viene sempre accompagnato e protetto d al Progresoo delle Scienze Mediche.

'i,·#• •r., ·. . ...-::.- . . ....
Figg. 7 e 8 • Aspetti della lotta an timalarica nella campagna romana agli inizi del '900
479

SPEROFF L., ROBERT H., GLAss, NATHAM G. KAsE: Endocrinologia ginecologica clinica e infertilità - Edizioni ED! - ERMES.

«Che negli ultimi quindici anni nei Paesi Occidentali (ma nei Paesi del terzo mondo sta accadendo l'esatto contrario) sia aumentata l'infertilità di co-ppia, è un dato ,;jà da tempo reso noto dalla Organizzazione Mondiale della Sanità.

Con il 1986 il nostro Paese ha raggiunto il record negativo di una nuova crescita zero dopo quella verificatasi durante iferoci secoli delle invasioni barbariche e del primo Medioevo.

Attualmente una coppia su 5 è ipofeconda o francamente sterile: le ragioni di ta/e ipo/econdità possono ricercar.;i in svariati motivi sia sociali, sia morali e spùituali, sia biologici (regimi alimen/.ari squilibrati, inquinamento, malattie, aborti, abuso di contracettivi), sia psichici (stress, alterazioni del ritmo sonno-veglia, pe1dita dei rispettivi ruoli sessuali). Sempre piu spesso alcune di queste coppie fanno ricorso alla fecondazione a,-tificia/e sia omologa che eterologa: il rischio, come ha sottolina1to uno dei maggiori biologi francesi della riproduzione in una intervista all'Espresso, è che il progredire di tale tecnica finisca con l'impigrire il vem e proprio ragionamento clinico, privilegiando rm inte,ventismo a tutti i costi a scapito di una diagnosi clinica mgionata e comprovata da esami co!latemli di laboratorio.

Ben venga quindi un libro, un vero e proprio trat/.ato come «Endocrinologia ?)necologica clinica e infertilità» dei professori statunitensi Spero//, Glass e Kase che affronta dal/e radici il problema funzionale dell'infertilità pzrtendo dall'ovulo e dallo spe,matowo e sviscerando in tutti i dettagli la meravigliosa macchina del ciclo sessuale /emmini/e alla luce anche delle recentissime acquisizioni di fisiologia e biochimica. In quest'ottica di ricerca biochimica applicata al/,a clinica veniamo così a sapere che l'ipotalamo, pur conservando /,a sua precipua /unzione di modulatore dell'immissione in circolo delle sostanze ormol1ll!i, è influenzato più di quanto {)rima si ammettesse dal feed-back della ghiandola ipofisa1-ia e dai suoi secreti neurormonali.

Veniamo a conoscere il rnolo inibitorio dell'epifisi sull'immissione in circolo delle gonadotmpine e come questo ruolo sia in qualche modo influenzato dalla durata dell'esposizione alla luce: la luce inibisce l'inibizione epifisaria e questo potrebbe anche spiegare /,a maggiore fertilità femminile dei paesi mediterranei in cui l'esposizione alla luce solare è per ragioni astronomiche maggiore che nei paesi nordici Ma le gonadotropine sono escrete a loro volta dietro la stimolazione di un Gn -RH che di per sé ha una vita di pochi minuti e che pertanto è soggetto a secrezione ritmica rendendo pertanto ciclica anche la secrezione delle gonadotropine.

I vari meccanismi a feed-back regolano in maniera perfetta le risposte modulatrici sia degli organi centrali che delle ghiandole periferiche. Cosi il follicolo ovarico dominante deve la sua caratteristica alla comparsa di recettori per l'LH nelle cellule della granulosa ovarica ed all'immediata riduzione dei recettori per l'FSH fino a quel momento not°et;olmente in circolo ; ciò è sostenuto da una notevole estrogenemia, anche perché son o sempre gli estrogeni a controllare la conversione della quota androgenica presente all'interno del follicolo.

Veniamo a sapere come molte tossiemie gravidiche con il conseguente aborto precoce sono sostenute dall'aumento ematico nel flusso utero-placentare di alcune classi, di prostaglandine, principalmente le prostaglandine E ed F, e di prostacicline

Dettagliati i capitoli sulla fisiopatologia dello sviluppo sessuale e sulle anomalie della pubertà, sulle cause anatomiche e funzionali della sterilità femminile, sulle cause e sugli interventi per l'infertilità maschile, principale causa della quale viene ancora una volta riconosciuto il varicocele.

Gli ultimi due capitoli esaminano i rimedi farmacologici per indun·e una ovulazione fisiologica (clomi/ene citrato , bromocriptina, Pergpnal, Gn-RH), esaminano il possibile ricorso alla fecondazione artificiale omologa ed eterologa, nonché i dosaggi chimici degli ormoni, smuali e non, che bisogna ricercare ed interpretare per arrivare ad una sicura diagnosi clinica. Cosi~ ad esempio, il picco di LH circolante si accompagna ad aumento di progesterone follicolare e crollo di estradiolo ematico: ciò è indizio di imminente ovulazione. Nel periodo ovulatorio vi è aumento relativo del 17 a!fa-idrossi-progesterone. Ma a sua volta il picco ovulatorio non è indice matematico di avvenuta ovulazione: vi deve essere contemporaneamente piena maturazione del follicolo: «nel ciclo normale, il picco delle gonadotropine e la piena maturazione del follicolo coincidono perché il timing del picco gonadotropinico è controllato dai livelli di estradiolo che a loro volta sono in funzione della crescita e maturazione follicolare».

Non è certo facile riassumere in poche pzrole una trattazione di quasi seicento pagine. Da quanto sommariamente esposto, tuttavia, spero si sia esattamente ricavata la cognizione di quanto utile sia la lettura di un simile testo che rinfresca le nostre conoscenze fisiologiche sulla regolazione endocrina dell'organismo umano, le peifeziona con le ultime acquisizioni scientifiche, stimola il nostro pensiero alla contemplazione ed alla conoscenza delle complesse, ma sempre affascinanti ed armoniose vie di cui la Natura si serve per dare vita alla vita.

REC ENSIONE DI LIBRO
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A MALTECCA

ITALIA

ANNALI DI MEDICINA NAVALE (A . XCI , fase. I, gennaio- marzo 1986: Virili M.: Profilassi dell'epatite viral e di tipo 13 , osservazioni su 298 soggetti; Belli M. , Timmi S, Bianchi Cagliesi M.B. , Maddalena L. , Meli/lo D. , Tubili C.: Aspetti d el metabolismo glicidico in una popolazione utente di una mensa aziendale; Anzalone G., Fabiani P., Ori.andini F., Gigliotti F.: Le broncopneumopatie acut e aspecifiche: revisione di casistica personale; Ciga/.a O. , Clemente M. , Minerva N., De Felici B. , Mastrandrea S. , Lucini P., Scinicariello F.: Escursus clinico della patolog ia riscontrata su di una popolazione di oltre settemila individui di ambo i sessi osservati nell'ambulatorio di mal attie dell ' apparato digerente presso la Clinica delle Malattie Tropicali e Infettive dell ' Università <<La Sapienza>> Roma; Ingordo V. , Bergamini G., Battolla E , Favro M. : Uretriti gonococciche da Chlamydia Trac h omatis: srudio preliminare nell'ambito della Marina Militare a La Spezia; Ciga/.a O., D 'Ambrosia C. , De Felici B., Tortoni M.S . : Un contributo clinico per un ' ipotesi patogenetica unitaria della Triade di Saint; Annese V., Amati E., Caruso N. , Bochicchio G.B.: Epidemiologia del cancro del pancreas. Correlaz ione con i gruppi ABO; Capizzi R., Navarro Boronad C. , Vigano U. , Guerriero G ., Tulli A.: Acrocheratosi verruciforme di IIopf ad i nsorgenza tardiva; Capi:u.i R. , Vigano V . , Navarro Boronad C. , Rotoli M ., Tuili A.: La sindrome d i N.E.V.I.L.; Missiroli A., Modugno G.C. , Del Duca C. , Novacca V , Salvatore N., Polli A. , Chiarini F. , Lormso G.: Il p i ombaggio delle vie lacrimali - Valutazione critica dei risultati. Parte 1 a: Problemi clinici e ruolo delle indagini diag n osti che preliminari; Ceddia A, Pastena L.: Sindrome di Parso n age-Turner. Due casi clinici: revi sione cririca ; Dalle Luche R., Casu G. , Mercuriali G., Tommaselli P.: Alcune riflessioni cr i tiche sulla simulazione psichiatrica; Fontanesi S. , Ghittoni L., Simonetti F., Anzalone G.: Co n siderazion i su un caso infrequente di sovrapressione po l mo n are compl icato da pneuomomediastino in operatore subacqueo; Vigliano R. , Cirillo V., Sabato F., Cattoni M.: Trattamento preventivo dell a naupatia co n scopol amina per vi a transcutanea (TTS), Dimenidrina t o e placebo; Cirillo V., Sabato F. , Vigliano R.: La n a upatia: prevenzion e e t erapia; Barbierato M. , lavane F., Mastrosimone L.: lndicazi one di t erapia medica nelle laringiti ac u te; Mastrandrea F. , Valentini G., Carucci V.L.: Test cut anei. di ipersensi bilità r i tardata nella val utazione dell'immun i t à cellulomediata: van t aggi dei sensi b i lizzanti chimic i rispetto ad antigeni. estrat t ivi; Montereggi A.: Analisi ed esper ienze su un protoco llo elet trocard iografico per u n r apido e d efficace test da sforzo non mon i tori zzato applicato presso l' Os p eda le M.M. «B. Falcomatà» di La Spezia; Citterio C.: Riflessioni med ico-leg ali in tema di eziopatogenes i e di d iag n osi d egli ast r ocitomi temporali; Zappone C. , Barbierato

M., Iovine F., Mastrosimone L. , Mascagni F.: N uovi oriemamenti per una valutazio ne medico-legale delle ipoac usie; Lombm·di R. , Fea F : Missione Mar Rosso 1984

RIVISTA DI MEDICINA AERONAUTICA E SPAZIALE (V 50, n. 2 -3/1984): Rotondo G., CastagliuoloP.P ., Meineri G ., Fattarossi A. , D'Amelio R. , Aiuti F.: Un caso di Agammagl obulinemia comune variabile in un militare di leva: descrizione clinico - immunologi.ca e considerazioni medico- legali; Rotondo G. : Il trasporto degli ammalati ed infortunati gravi con l'aviazione sanitaria ed il soccorso aereo i n I t alia; De V incentiis I.: L' orecchio nel tempo e nello spazio; Migliaccio Q., Meineri G. : Comportamento della frequenza critica di fusione centrale retinica quale indice degli sraci di disorientamenLo; Ca rboni M. , Del Giudice R. , Lucente A. , Te,rana M.: Alterazioni congiuntivali da laser elio-neon; Sarto O. , Porzio R., Porzio D M : Chirurgia della tiroide; Sarto O. , Perilli G , Biscm di A., Porzio R.: Su un caso di pseudocisti surrenalica in una donna adulta; Sarto O., Borgognone A ., Gatti A., Scipione G., Porzio R.. I rumori villosi del retto ; Berti R., Lala A. , Col!. Tee . Petrelli G. , Bonanno N ., lodice A.: Esplorazione della funzione respiratoria nel personale navigante durante i cors i di sopravvivenza in montagna; Giuliani A., A1rabito G. , Giangiordano L. , Ste,pi F., Fulvio S. , Saitta R. , Cialone P., Picardi C.: Studio endoscopico dello stomaco operato per ulcera peptica

RIVISTA DI MEDICINA AERONAUTICA E SPAZIALE (V 51 n. 4, 1984): Rotondo G .: Evoluzione ed applicazioni recenti della telematica in medicina . Prospetti ve future della telemedicina; Rotondo G.: Problemi ig ienicosanitari nelle coDettivì tà militari e loro riflessi sulla comunità nazionale; Fuchs H.S .: Id iopat hic spontaneous pneumotborax and fitness for flying; Rotondo G.: Le vibra z ioni, i rumori ed i fattori psico -sensoriali quali componenti del carico di lavoro degli equipaggi di volo degli elicotteri; Rotondo G.: Volo a vela cd idonei tà f i sio -psico-attitudinale; Fulvio S. , Grassini G ., Cialone P., Saitta R., Citone G.: Orientamenti attual i n el trattamento chirurgico della poliposi adenomatosa del colon- retto; Carbone M., Del Giudice R., Lucente A.: Al t erazioni co n giuntivali da laser elio-neon; Pecari Gira/di ]. , Carboni M., Roscio G.: Problematiche attuali sulle affezion i oculari da c y tomegalovirus negl i immunodepressi; Pecari Gira/di }., Carboni M , Roscio G : Botulismo e manifestazioni ocu lari: recenti dati su microbiologia e clinica.

IUGOSLAVIA

VOJNOSANITETSK I PREGLED (Voi. 43, n. 3, 1 986): Cobel;c M. e coli.: Studio dei caratteri fenotipici e de i plasmidi R e ENT dell'Escherichia co li Enterotossige-

SOMMARI DA RI VI STE MEDICO -MILIT ARI a cura
. M. M ona co
di D
481

na; Petrovic D. e coli.: Rumore e suoi effetti uditivi sui membri degli equipaggi dei veicoli blindati da combattimento; Ropac D.: Contributo allo studio del rischio di infezioni da Arborvirus nei focolai naturali; Koludrovic M. e coli.: Omicidi psicopatici e loro vittime; Bandalovic I. e coli.: Nostra esperienza sull'impianto della protesi totale dell'anca; Jovicic A. e coll.: Correlazione tra elettromiografia, TAC e radicolografia nella diagnosi di lomboischialgia; ]ovanovic K. e coli.: Operazione elettiva sull'aorta addominale come problema anestesiologico, nostra esperienza; Kapo1· G.: Concetto e significato delle crisi in psichiatria; Miiailovic B e coli.: Orticaria causata da fattori fisici; Kusic M. e coli.: Riabilitazione del paziente post infartuato; L;uscovic B.: Parodontopatie nei diabetici giovani ed adulti; Breitenfeld V. e coli.: Un caso di febbre tifoide ad esito infausto; Stanoievic M. e coli.: Infarto ocuto del miocardio in corso di intervento chirurgico.

VOJNOSANITETSKI PREGLED (Voi. 43, n. 4, 1986): Sokolovski D.: Importanza epidemiologica della scoperta dei barteriofaghi nell'acqua potabile; Sovtic P. e coli.: Effetti dell'acolismo sulle capacità lavorative dell'uomo; Ilara/,ampiev K. e coli.: Potenziali evocati acustici del tronco cerebrale - valori normali e possibilità diagnostiche; Veselinovic Z.: Potenziali evocati visivi; Po/ovina N.: Scritti durante la vita del paziente suicida; Petrasic-Pezelj N.: Contributo alla determinazione delle quantità dei singoli anticoagulanti nelle soluzioni complesse; Duric S. e coli.: Concentrazioni della gastrina in pazienti affetti da emicrania; Hm;ak M. e coli.: Esposizione professionale al mercurio nel personale stomatologico; Obrenovic D. e coU.: Interazione rra farmaci; ]ovicic A. e coli.: 11 sistema nervoso, lo stress e l'immunità; Dokic M. e coli.: La febbre Q cronica; Ciko Z. e coll: Malattia acuta da raggi associata ad ustioni; Jablanov I . e coll.: Difetto del setto interventrico lare da infarto operato con successo, in paziente di settanta anni; &radaglic D e coli.; Carcinoma basocellulare della regione inguino femorale.

R.F.T .

WEI IRMEDIZINISCHE MONATSSCHRIFT (A. 30, n. 6, 1986): Meyer I I.K. , Furtwangler ]., Kindennann K.: Ridona efficienza e malattia da identificazione sbagliata; Brickenstein I I.: Aspetti psicodinamici della autoaggressione; Sohns T.: Prevenzione del suicidio nell'Esercito Federale dal punto di vista di un medico alle truppe; Besenthal R., Dmoch W.: Modo d'intendere il proprio lavoro, senso di sé e lealtà; Grunwald E.: Il quadro operativo dell' U fficiale cli Sanità oggi.

WEHRMEDIZINISCI IE MONATSSCI IRIFT (A. 30, n. 7, 1986): Dunant ].H.: Catastrofi e chirurgia di guerra - 11 perfezionamento tempestivo aiuta a salvare vite; Gerngrob H. , Neugebauer R.: Indicazioni e tecnica ddla trasposizione di lembi muscolari nella gamba; Dohler J. R.: La cosid-

detta «Condroparhia patcUae»; Kohler-Rocholl l.: Ricerca di lesioni prossimali rei tendine d'Achille in giovani di leva; Reuber H., Ilerberger U., Mayer F.: Il fibromixona sottocutaneo • Descrizione di un caso; Reis M.: Diagnosi differenziale e terapia delle malattie nd territorio dell'inguine e dei genitali esterni.

WEHRMEDIZINISCHE MONATSSCHRIFT (A. 30, n. 8, 1986): Schlosser H.: I 30 anni del «Mensile di Medicina Militare»; Sonntag H. G., ]urgens U. F.: Le turbe nella guarigione di ferite con comp licanze infettive e le loro possibili cause; Mcnke W., Ilockel S.ll., Berg U.F.: Il «Mandokef»: un antibiotico per le sepsi ortopediche; Kramer M D., Binninger L. , Blenk U.H.: La comparsa e la funzione degli attivatori del plasminogeno in condizioni fisiologiche e patologiche. L'attivazione del plasminogeno come principio generale della proteolisi extracellulare; Weimann A., Hubner F., Kleischmann F., Schinz TI., Vogelsang U.G.: Influ sso della preparazione di base sulle capacità di prestazione cardiaca nelle reclute; Lollegen H., Meuret U.G.: Turbe della funzione vitale nei quadri patologici internistici.

ROMA NIA

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I

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VOIENNO-MEDITSINSKY ZHURNAL (n. 5, 1986): Gembitslq E. V., Alekseev G.K.: Progressi terapeutici nella cura dei traumatizzati; Glukhov Yu.D., Man'Koy Yu. U.: Alcune caratteristiche della personalità dei pazienti e problemi deontologici nella pratica del medico militare; Gogin E.E. , Alekseev V.G.: Teor ie attuali sulla bronchite cronica e sulla pneumopatia cronica; Gromov S.A., Mikhailov A.I.: Caratteri della microflora nelle ferite perforanti dell'occhio; Pisanchin N.N., Kirsanov Yu. V.: Sulla cisti retrorenale; Kirillov M.M.: Problematica dell'enfisema polmonare bolloso post traumat ico; Ryba!ko V. V., Brazhenko N.A., Kha -

vinson V . Kh.: Influenza del «thymalin» sulla resistenza non specifica del paziente affetto da tubercolosi polmonare; Konyshev 1.5., Markeeva S.S.: Adattamento rapido del corpo alle temperature elevate; Chepurov I.A., Glazrmov V.P., Guslits Z.A.: Alcune pecu larietà della polmonite dei giovani nel clima della Crimea; Bodrov V.A : li problema dell'affaticamento nel personale di volo (definizione, cause e classificazione); Korsak V.L.: Organizzazione della nutrizione in condizioni iperbariche prolungate (rassegna della letteratura); Shmnan D.M ., Didenko V. I .: Prevenzione delle modificazioni irreversibili dello shock traumatico per mezzo d'infusioni di «lactasol»; Petrov V.P., Lezhneva A.G.: Trattamento chirurgico delle emorroidi; Preobrazhensky V.N., Kiriliov V.A., Ermakov E. V.: Risultaci dell'esame endoscopico dinamico nei pazienti con gastrite cronica; Revskay A.K., Belov V A., Belyaev V.L.: Blocco con novocaina nei traumi; Sokhor K.: Significato prognostico degli anticorpi antimiocardici nell'infarto cardiaco acuto (Rep. Soc. Cecoslovacca) .

U . S.A.

MJLITARY MEDICINE (A 151 , n. 4, 1986): James J.J, Mongerstern M., llatt.en ].A.: lITLV III e markers sierologici dell'epatite A e B tra i militari U.S. afferri da malattie veneree; Prier R.E., Rossmg R.M. , Norton S.C.: Il tesr di una regis t razione su computer dei pazienti arnbulat0riali. Sistema di riferimento per le infermerie dei reparti militari clelJ'Esercito; McCormic KA. , Care/li M.M , Wesle)1 M. : Gli effetti dei metodi di rimozione nella disfunzione della cannula endoarteriosa; Dembert M.L., Weinberg W.G., fraser j.R.: Assistenza medica per i viaggi all'estero; Fal!ow W''.L. Jr.: Rottura della vescica associata a frattura del bacino in un trauma da urto all'addome; Geer D.A., O/son D. W.: Innesto vascolare nelle lesioni vascolari periferiche; Macher A.M., Ce Vinatea M.L., Cnnnor D.H.: AIDS: un caso per la rubrica diagnostica.

MILlTARY MEDICINE (A. 151, n. 5, 1986): Ha/es R.E.: La necessità della consultazione collegata con il servizi o psichiatrico negli Ospedal i Militari ; Go/enda C.F., Wirtz R.A., André R.G.: Prova biol ogica su insetti come protezione primaria per gli antidoti oomro gli agenti nervini; Chandler D. V., Sedge R.K. , Erdman S.A.: Precisione degli audiogrammi pre-induzione; Stahl C.]., Fox R.D.: L'istituzione di una scuola medica: impatto con l'uso del laboratorio e sforzi nel contenere i costi in un ospedale associato per l'insegnamento; Durakovic A.: Studi sulla funzione cardiaca nei cani dopo irradiazione acuta del precordio con raggi gamma; Fai/on W.F., Cordts Jr. P.R.: Trattamento delle ferite penetranti dell 'addome; K!ein D.S. , J-luck R.L.: Toracentesi mediante ago «Husted»: descrizione di una tecnica ; Lucking R.G.: Disordini bipolari nei disturbi da stress post-traumatico. Una diagnosi difficile: descriz ione di un caso; Santiago S.M., Nagai E., Williams A.J.: Lavaggio bronchiale nella diagnosi di tubercolosi polmonare; Macher A.M. , Parisi J.E.: AIDS: un caso per la rubrica diagnostica; Fiscina S.: Malattia di I lirschsprufll: rifiuto del trattamento da parte dei ge nitori.

U. R. S.S.
483

CONGRESSI

COLLEGIUM INTERNATIONALE CHIRURGIAE DIGESTIVAE

Vll CONGRESSO NAZIONALE DELLA SEZIONE

ITALIANA

Milano, 20-22 giugno 1985

Organizzato dalla l Scuola di Specializzazione in Chirurgia dell'Apparato Digerente ed Endoscopia Digestiva dell'Istituto di Clinica Chirurgica III e di Chirurgia Plastica dell'Università di Milano, diretta dal Prof. W. Monrorsi, si è svolto presso l'Ospedale Maggiore di Milano.

Contemporaneamente ha avuto luogo un Simposio satellite della Sanità Militare su l tema «L'ernia jatale nel giovane: problematiche diagnostiche, terapeuLiche e medico-legali di attualità». Il Simposio stesso è stato presentato dal Direttore Generale della Sanità Militare, Ten. Gen. me. Prof. Elvio Melorio, in qualità di Presidente.

Sono stat i trattati i seguent i temi: «L'ernia jacalc nel giovane: aspetti anatomoradiograficiRelatore Ten Col. me. C. Poy - Capo Reparto Radiologia dell'Ospedale Militare di Milano;

- «E rn.ia jatale nel giovane: ruolo attuale della fibroendoscopia · Relatori: G. Fichera, A. Tajana, C. Siardi, G. Micheletto dell'Istituto di Clinica Chirurgica III dell'Università di Milano e G. Papotto del Servizio di Endoscopia digestiva dell'Ospedale Militare di Milano;

• «Aspetti morfologici endoscopici dell'ernia jatalc» - Relatori: G. Papotto, G. Fichera, C. Siardi;

- «La pH-metria e la manornetria nell'ernia jatale» - Relatori: G. Micheletto, G. Fichera, C. Siardi, G. Papotto, A. Tajana;

- «I problemi medico-legali alla presenza di un'ernia jatale»

· Relatore: Ten. Col. me. F. Martella, Capo Reparto Medf: cina dell'Ospedale Militare di Verona;

· «Le indicazioni al trattamento chirurgico dell'ernia jatale»

• Relatore: Ten. Col. me. V. Contreas, Capo Reparto Chirurgia dell'Ospedale Militare di Roma;

· «Ernia jatale da scivolamento nel giovane: attuali prospettive terapeutiche» - Relatori: A. Tajana, G. Fichera, C. Siardi, G. Micheletto, A. Orio, G. Papotto;

• «Presentazione di alcuni casi clinici paradigmatici di ernia jatale» - Relatore: Cap. me. R. Tramontano, del Reparto Chirurgia dell'Ospedal e Militare di Torino;

• «Considerazion i conclusive» - Relatore: Prof. M. Rossetti , Co-Presidente del Simposio - Direttore della Clinica Chirurgica dell'Università di Liestal-Basilea e della Sanità Militare Svizzera.

SIMPOSIO

«TERAPIA DELLE SINDROMI ALLERGICHE»

Cagliari - 6 ottobre 1986

Organizzato dalla Cattedra di Patologia Medica II dell'Università di Cagliari e dal Laoorarorio di Microbiologia e Virologia dell'Ospedale <<G. Brotru» di Cagliari, si è svolto il 6 ottobre 1986 presso l'Hotel Mediterraneo - Sala Congressi.

Programma scientifico

Presidenti: D. Casula e M. Ricci

Moderatori: A. Tursi e G. Piu

- «Lettura». Recenti congressi in Allergologia ed Immun ologia e loro Applicazioni Cliniche: J. Bellanti;

- Considerazioni introduttive: M. Ricci;

- Modulazione farmacologica e liberazione dei mediatori chimici: G. Marone;

- Farmaci stabilizzanti di membrana: C. Masala;

- I teofillinici ad azione protratta: cronobiologia e cronofarmacologia dell'asma: R. Corsico e A. Meriggi.

Moderatori: F. Dammacco e L. Businco

- Gli antistaminici: A. Ferrannini e A. Tursi;

- Prospettive terapeutiche dell'allergia alimentare: F. Lecci, E. Montaldo e S. Del Giaccio ;

·. Sindromi pseudoallergiche: G. Vargiu.

Presidenti: C. Zanussi e M. Ricci

Moderatori: A. Negrini e F. Pitzus

- E2 agonisti antimuscarinici: A. Mistrctta;

- Cortisonici: S. Del Giaccio;

- Immunoterapia specifica: E. Errigo.

Moderatori: C. Ortolani e A. Balestrieri

- Immunoterapia locale dell'asma allergico: G. Melillo;

- Prime osservazioni sulla iposensibilizzazione al polline di cipresso: R. Arinao;

- Tempia delJ'asma infantile: aspetti pratici: A. Corrias;

· Approcci terapeutici dell'edema angioneurotico: A.V. Carluccio e G. Piu;

- Considerazioni conclusive: C. Zanussi.

CONVEGNO «PASSIONI DELLA MENTEPROTAGONISTI , TEORIE E VICENDE

DELLA PSICHIATRIA ITALIANA TRA '800 e '900>>Roma, 10-12 ottobre 1986

Organizzato dalla Clinica Psichiatrica dell'Università Cartolica del Sacro Cuore si è svolto presso l'Auditorium del1; stessa Università dal 10 al 12 ottobre 1986.

NOTIZIARIO
484

Program ma

Venerdi 1O ottobre

- Introduzione ai temi congressuali;

- A. Bausola • Rettore Magnifiro dell'Università Cattolièa:

- E. Manni - Preside Facoltà di Medicina dell'Università Cat• tolica;

- C.L. Cazzullo - Presidente Società Italiana di P s ichiatria ;

- V. Cappelletti - Direttore dell'Enciclopedia Italiana;

- A. Capparoni - Presidente Accademia di Srnria dell'Arte San itaria;

- L. Ancona - Direttore Istituto di Psichiatria e Psicologia dell'Università Cattolica;

Sul modo di fare storia in medicina e in psich iatria: L. Geor-. ges Lanteri;

- Immanenza e ricorsi della «nosografia»: H. I [ippius;

DALL'ILLUMINISMO AL RISORGIMENTO.

LE «PSICHIATRIE» DEGLI STA TI REGIONALI (1 • Sessione)

Presidenti: G. Reda e L. Stroppiana;

La nascita della clinica

- li probl ema mente-corpo nelle posizioni dell ' Illuminismo: S. Moravia;

- TI concerto di «malattia» nella medicina browniana: G. Cosmacini;

- Le interpretazioni italiane della pacologia e la visione della filosofia nella natura tedesca: F. Moiso;

- I «precursori» tra ricerche organiche e attenzioni morali: F.M. Ferro;

- La «monomania»: U Fornari;

Influssi europei e scelte istituzionali

- Temi, tecniche e diffusione del mxlello frenologico: R. Villa;

- Santa Mar i a della Pietà: alle origini delle nostre istituzioni: A. Jaria;

- Psichiatri «spiritualisti»: M .A. Coccanari;

- Influssi francesi sulla psicopatologia: le traduzioni di Pinel ed Esquirol: G. Kantzà;

- Viaggi in Europa: M. Cagossi;

- L'esperienza di Aversa: V.D. Catapano.

Sabato 1 I ottobre

LA PSICHIATRIA DELL'ITALIA UNITA.

RAGIONE POSITIVA E POSITIVISMO (2 8 Sessione)

Presidenti: P. Sarteschi e A Pazzagli

L'oggetto della scienza

- Il paradigma della riemergenza del passato: P. Rossi;

- Murri e la defiruzione di un metcx:b nella clinica: C. Scandellari;

- La considerazione deUa temporalità nella psicopatologia. V. Babini;

- Il romanzo della paranoia: L. Del Pi stoia.

Figure della «fo/1,a»

- Immagini della follia nella narrativa tra scapigliatura, verism o e deca d entismo: E. Ghidet t i;

- 1 volti della follia e le arti figurath·e: F. Cataldi Villari.

Panopticon e nosografia

- I manicomi e lo sviluppo istituzionale della clinica· F. Della Perura;

- Esplorazioni suUa vita e la storia familiare di un internato nel manicomio d 1 Bologna: G. Ferrari e D. Di Diodoro;

- Materialismo, naturalismo e oriemamento clinico a metà del secolo: F. Minuz,

- Sulla perizia, rapporti tra psichiatr ia e legge: P. Guarnieri;

- L'osservazione clinica e la nascita della <<.Cartella>)' E. Orlandelli e G. Riefolo:

- L'iconografia psichiatrica: T. Poliseno, D. Nesci e E. Pozzi

LA PSICHIATRIA TRA LE DUE GUERRE oa Sessione)

Presidenti: N. Rudas e [ I. Terzian

All'ombl'a della neurologia

- La logica della diagnosi clinica: questioni teoriche cd esemplificazioni storiche: D. Antiseri e M. Baldini;

- Il costituzionalismo e le prospettive fisiopatologiche: G. Fede~spiel;

- La psichiatria dalla crisi dello stato liberale alla caduta del fascismo: F. Giacanelli;

·- Kraepelin e i kraepeliniani in Italia: F. Stok;

- Evoluzione del concett o di pericolosità sociale: P. Benassi.

Controvenie nosologiche

Sergi, Tanzi e le teorie deU 'atav ismo : S Nicasi;

- La «degenerazione» tra istanze sociali ed eredità darwiniana: L. Rossi;

- Il modello epilessia: S. Mazza e A. Azzoni;

- Alle radici del pregiudizio sull'epilessia: R . Vizioli;

- L' «imputabilità» dal pensiero di Ferri al codice Rocco: M. Marchetti;

- Il problema ddl' «attività incosciente» in psiroparologia: A.M. Tagliavini.

Domenica 12 ottobre

LE PSICHIATRIE «ALTRE» Ha Sessione)

Preside n ti: V. Vo l terra e N. Ciani

Dalla parte del «vissuto»

- La revisione fenomenologica della psicologia: V. Melchiorre;

- Esistenzialismo e fenomenologia: E. Borgna;

- Modalità di ricezione di Jaspcrs: P. Cattorini;

- Psicoanalisi e psichiatria: P. Bellanova;

- Jung e la cult ura i taliana: A. Carotenuto.

Gli spazi della <cura,>

- Psicologia e psichiatria: M. Bertini;

- Crisi d i identit;i nel decennio '60 -'70: S. Piro;

- Psicoterapia e psichiatria negli anni '60: P.F. Galli;

- li convitato di pietra: la psichiatria classica e lo sviluppo antiist i tuziona le: L. Nahon;

485

· Crisi e rinoovamento: dal «rroderno al postmcx:lerno»: P. Borri;

· Alcool, droghe e vicende culturali: E. Tempesta.

«GIORNATE ANGIOLOGICHE ROMANE>}

Roma, 13-14 febbraio 1987

Organizzate dal Servizio e Divisione di Angiologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore

• Policlinico A. Gemelli, si sono svolte nei giorni 13 e 14 febbraio 1987 presso l'Hotel Jolly.

Programma

Venerdì 13 febbraio

· Aterosclerosi pluridistrettuale

- Occlusioni vascolari acute

• E. Borgatti (Bologna);

• M. Bartolo (Roma);

• Ischemia cerebrale - G. Gainotti (Roma);

· Diagnostica strumentale delle patologie trattate

• G. Nuzzaci (Firenze);

• Microangiopatia diabetica

• P. Pola (Roma);

• Microangiopatia aterosclerotica - G.M. Andreozzi (Catania);

• Microangiopacia arteritica

• A. Garcovich (Roma);

· Microangiopatia angiospastica: fenomeno di Raynaud e malattia reumatoide · M. Cespite (Palermo);

• Diagnostica di laboratorio delle patologie trattate - P. Tondi e R. Flore (Roma).

Sabato I 4 febbraio

· Ulcere degli arti inferiori - A. Borzone (Roma);

· Sindrome varicosa degli arti inferiori · V. Di Giovanni (Roma) ;

• Trombosi venosa profonda e tromboflebiti superficjaliA . Berni (Roma);

· Diagnostica delle patologie trattate • M. Serricchio - A. Dal Lago (Roma).

5 ° CORSO DI AGGIORNAMENTO

IN IMMUNOEMATOLOGIA E TRASFUSIONE DEL SANGUE

Rieti 2 - 5 giugno 1987

Organizzate dal Centro Trasfusionale dell 'Ospedale Provinciale di Rieti, Primario Prof. Giuseppe Angeloni, si è svolto dal 2 al 5 giugno 1987 presso il Palazzo del Vescovado della stessa città.

Programma

Martedì 2 giugno

«I SISTEMI GRUPPO EMATICI»

1 a sessione

· Il sistema ABO

· Altri sistemi gruppoematicì

· Gruppi sanguigni e malattie

· La validità dello studio dei marcatori genetici nelJa ricerca di paternità.

2 a Sessione

• Il sistema Rh

. Il DLI

· La reazione antigene anticorpo

· Agenti potenzianti la reazione antigene anticorpo

- La valutazione di qualità nel laboratorio di immunoematologia.

Mercoledt' 3 giugno

<<GLI ANTICORPI IN IMMUNOEMATOLOGIA>}

3a Sessione

- Prove crociate di compatibilità e ricerca di anticorpi inegolari;

. MEN da Rh e ABO

· Il ruolo deU'ostecrico nella prevenzione e nella terapia dell'eritroblastosi fetale; Clinica delle AEA;

• S ierologia delle AEA

4a Sessione

• Il computer nel Servizio Trasfusionale;

· Gestione computerizzata di un'Associazione di Donatori ;

· Ilifile immunologico ottimale del donatore;

• Automazione in un Servizio Trasfusionale;

· Computerizzazione dell'ambulatorio e del laboratorio di immunoematologia;

- I micrometodi in immunoematologia.

Giovedì 4 giugno

«IL PLASMA»

5 " Sessione

• Uso ed abuso del plasma;

• Plasmaderivari : presence e futuro;

- Inattiva;ione di age n ti infettivi nei plasmaderivati;

· Controllo di qualità ed impiego dei crioprecipitati;

- La plasmaferesi terapeutica: indicazioni e prospettive

• LDL aferesi;

• Un programma italiano per la plasmaferesi produttiva ;

- Esperienze di plasmaferesi produttiva.

Venerdi' 5 giugno

«ATTUALITÀ NELLE MALATTIE INFETTIVE DA TRASFUSIONE»

Ga Sessione

· AIDS;

- Epatite B;

· Epatite NANB ; Ibridizzazione dell'HBV-DNA;

- Infezione da HTLV-I;

• Malattie infettive da trasfusione nei trapianti;

· Infezioni da EBV e CMV.

486

TRISTIA

In memoria del Colon nello Medi co ALDO CAPRONI

La scorsa estate, presuntivamente dal 27 al 29 luglio 1986, stroncato da un improvviso ed inaspettato malore mentre faceva una delle sue solite escursioni sulle montagne che tanto amava, è perito in drammatiche circostanze il Col. me. Aldo Caproni.

Il mancato rinvenimento delle Sue spoglie ha tenuto per giorni i familiari, i colleghi, gli amici e quanti gli volevano bene in un angoscioso alternarsi di speranze, che man mano diventavano sempre più tenui per cedere il passo all'ansia e al dolore, fino alla definitiva certezza della Sua prematura scomparsa.

Aldo Caproni era nato a Velletri il 27/11/1931. Aveva compiuto gli studi superiori ed universitari con grande regolarit à e di l igenza, come è dimostrato dalla data della Sua l a u rea in Medicina e Chirurgia, 29/11/19 55, d i appena due giorni posteriore al compimento del Suo 24° compleanno.

Da giovane ufficiale medico in s.p.e., dal 60 al 62 aveva ricoperto l'incarico di Dirigente il Servizio Sanitario dell a Scuo l a Allievi Uffici ali di Co m plemento ad Ascol i P iceno, riscuotendo la stima e l'affetto degli allievi e degli Ufficiali d i una cosl importante e delicata is t ituzione militare.

Il Suo valore professionale e la Sua già vasta cultura in t utto il campo dello sci bile medioo lo fecero b en presto emergere, nonostante le Sue innate doti di modestia, tanto che già nel grado di Capitano fu chiamato a Roma, dove ricoprì dal 62 al 64, presso Ia Direzione di Sanità del Com ili ter della R egione Ce n tr ale, l ' incar ico di Ufficiale Addetto a lla Sezione di Medicina Legal e della stessa Direzione.

Gli anni dal 65 al 66 segnarono una svolta decisiva nella carr iera, ma specialmente nell'attività e negli orientamenti professional i del d o tt. Capro ni In quegli anni infatti, a seguito di concorso, Egli frequentò la Clinica Medica dell'U-

niversità di Roma qual e Assistente Militare dedicandosi in parricolar modo allo studio della cardiologia, tanto da diventare in poco tempo, più che un &equencatore o un assistente, uno. dei più prestigiosi cardiologi della Clinica. Anche dopo il breve periodo di assistentato militare continuò a· tenere vivi i contatti con la Clinica ed in particolare con la Sezione Cardiologia, tanto che nel 1969 vi conseguì brillantemente la specializzazione. La cardiologia costitul la Sua g rande passi one ed Egli vi si ded icò con grande generosità, umanità e serietà professionale.

Dal 66 al 68 prestò servizio prima quale Assistente e poi come Capo Reparto al Reparto Medicina Ufficiali del!'ospedale Militare Celio. In tale incarico avrebbe potuto conseguire brillanti affermazioni, ma il Suo carattere schivo lo orientò a dedjcarsi esclusivamente alla specializzazione prediletta, la cardiologia: infatti, lasciato il Reparto Medicina Ufficiali, nel 1968 fu nominato Capo Sezione Cardjologia e rimase in tale incarico per ben 15 anni, dal 68 all'83, portando il settore cardiologico del Celio ad un livello di efficienza e di funzionalità al passo con tutte le acquisizioni più avanzate della scienza e della tecnica, sia nel campo diagnostico e medico- legale sia in quello terapeutico e clinico, in supporto ai vari reparti di cura dell'Ospedale. Dall'83 all'85, poichè le Sue prospettive di carriera erano più che lusinghiere, fu nominato Direttore del Centro M.L.M. di Anzio, perchè non mancasse nelle Sue attribuzioni il requisito di Direttore di Ospedale Militare secondario. Nell'85 fu chiamato al Comando del Corpo di Sanità delJ'Esercito quale diretto collaboratore del Capo del Corpo e nell'autunno dell'86 sarebbe stato nominato Direttore dell'Ospedale, il Celio, aJ quale aveva dedicato tanti anni di attività e di lavoro, se la fine prematura non ne avesse cosl tragicamente stroncato l'esistenza.

Ci è ca ro ricorda re la figurn del Col. Caproni con una immagine che lo ritrae sullo sfondo delle montagne che Egli aveva tanto amato e che, purtroppo, dovevano riuscirgli fa. tali. Ricorderemo di Lui la grande bontà d'animo, la scrupolosità, la dilige n za e l 'umanità nell 'adempimento della Sua missione di medico e di ufficiale, il Suo carattere schivo e la Sua grande modestia che rendevano quasi ad occultarne la perizia professionale e che lo indirizzavano a dedicare molt e ore allo st udi o ed a ricercare slanci di rapimento dell'animo negli inviolati silenzi delle montagne e nei canti dei cori montanari. Con Aldo Caproni è scomparso un uomo buono e generoso, uno sposo e padre dolcissimo, un medicocardio logo preparato ed u mano, u n Ufficiale perfetto.

Io che ebbi la fortuna di conoscerlo e di essergli amico mi associo alla signora Elena ed ai due giovanissimi figli nel ricordare e rimpiangere, a nome di tutta la Sanità Militare, l'amico ed il co ll ega scomparso.

D.M. MONACO

487

Colonnello Medico MANUO MANICA

Il 25 agosto 1986 è deceduto a Genova il Colonnello Medico MANICA dr. Manlio, già Direttore del Centro Medico Legale MiHtare di Genova dal Gennaio 1980 al Dicembre 1982.

La Sua morte ha lasciato vivo rimpianto nei familian ed in rutti coloro che conoscendoLo ebbero modo di apprezzarne le alte virtù militari, le elevate doti di carattere, la vasta ed eclettica cultura.

Nato a Cervinara (AV) il 6 aprile 1924 , s i era laureat o in Medicina e Chirurgia presso l'Università di Napoli il 20 agosto 1949.

Entrato nel servizio permanente effettivo il 5/4/1952 , pervenne all'Ospedale Militare di Genova il 21 ottobre 1963 , dopo circa otto anni trascorsi presso la Scuola Militare Alpina di Aosta quale Dirigente del Servizio Sanitario.

Durante tale periodo consegui la specialità in Otorinolaringoiatria e fu autore di numerose pubblicazioni scientifiche.

NeUe varietà degli incarichi ricoperti emerse sempre per le Sue doti umane, di sensibilità e signorilità nonchè per le Sue alce capacità professionali.

Durante gli ultimi anni del Suo servizio fu chiamato a far parte della Commissione per la stesura del nuovo Elenco delle Infermità ed Imperfezioni, tutt'ora in vigore.

In questo lavoro profuse le Sue ultime energie con l'immutato entusiasmo e convincimento.

Alla moglie adorata, ai figli Paolo, Marina e Alberto le espressioni più vive del nostro cordoglio.

L. TusEI

XXV CONGRESSO NAZIONALE DELLA SOCIETÀ ITALIANA DI NEUROWGIA

Bologna - 30 Novembre - 3 dice mbre 1987

Palazzo della Cultura e dei Congressi

Segreteria Scientifica

Prof. Agostino Baruzzi

Clinica Neurologica

Via U. Foscolo, 7

40123 Bologna - Te l. 051/585158

Segreteria Organizzativa

O.S.C. Bologna

Via S. S tefano, 10

40125 Bologna - Tel. 051/273232 - 275568

488

LAVORI ORIGINALI

Albanese A. , D'Arrigo G., Garzo D., Polimeni M. , Zito G.: <<A proposito di due casi di cheratodermia palmoplantare»

Ambrogio A. , Canrarini M., Palmieri N.: <<Congiuntivite lignea: considerazioni in merito ad una rara osservazione clinica».........

Ambrogio A ., Castrica R. , Giangiacomo G., Giangiacomo R : «Alcoolismo ed idoneità alla guida (Un commento agli artt. 170 e 171 del progetto del nuovo Codice della Strada)»

Ambrogio A. , Cantarini M., Ilari M.: «Distacco sieroso della macula in un caso di corioretinite da toxoplasma,>.

Ambrogio A. , Castrica R., Giangiacomo G., Giangiacomo R.: «Droga e Criminalità»........... .. ........

Ambrogio A ., Cantarini M. , Giubilei M., Basili M., Izzi D.:

pag.

Amici F . : «Radiologia: diagnostica per immagini e logica clinica>>.......... ... ......... . ................... .. ......

Anaclerio M., Ruggeri R., Migliau G., Cardini M., De Matteis V. , Di Bona G., Genuini I.: «Impiego dell'ecocardiografia nello studio delle protesi valvolari cardiache

Antoniazzi F., Plescia M., Tosi A.: «Incidenza di ipercaluria in 713 giovani alla visita di leva»

Baccaro A., Cavallaro A. , Contreas V., Di Marzo L. , Nardi M., Ribis E., Vitale M. , Rizzotto A.: «La riparazione tardiva delle lesioni traumatiche dell'uretra: a proposito di due casi».......... . ... . ..... 124

Ballatore T.: «Variazioni emodinamiche ìn arieti fondisti sottoposti a caldo umido: confronto con soggetti normali , non allenati»....... . .................... 431

Barretta V., Mai A.: «Cromatografia: aspetti termodinamici» . .. . .. . .. . .

Basile L., Scrivanti M., Sodi A., Franchini A.: «Impiego dei PEV in soggetti ambliopici sottoposti a visita oculistica di leva»............................ .. 198

Basili M. , Camarini M. , Giubilei M., Ambrogio A., Izzi D. : «Su di un caso dì aniridia congenita bilaterale»........ 420

Becca A. : <cll convoglio di pronto intervento del Reggimento Genio Ferrovieri».......... . ......... ... ..... . 49

Becciani R. , Pizza R., Chiarini L., Grossi E : «La crioterapia in campo odontostomatologico. Esperienze personali e risultanti clinici,>............ 325

Bergami M , Caruso E. , Rauch S. , Lelli A.: «Un caso insolito di distacco completo del musoolo bicipite femorale» . . . . . . . .. . . .. . . .. . . . . . . . . . . .. . . . .. . . . . . . ..

206

Bergami M. , Caruso E., Bonarelli S. , Vecchi E.: <<Prevenzione della nausea e del vomito post-operatori: esperienza clinica»... . ............. .. ..... . ........... ..... 283

Bergami M. , Caruso E. , Rauch S ., Lelli A . : «Studio biomeccanioo delle lassità anteriori del ginocchio» 318

Bergami M., Caruso E . , Rauch S., Lelli A.: «La diagnosi clinica e strumentale di lassità anteriore esterna di ginocchio e no s tra clas sifica di valore lassivo». ........... ...... .. ..... ..... .. ..... .... .. ....

Bertelè G.P., Peretta R., Meconio R. : «Il Gabinetto Stomatologico dell'Ospedale Militare di Verona: una esperienza di lavoro in un moderno Presidio di profilassi e terapia conservativa di massa»... 24

Bianchi B. , Condò F. , Colagrosso B. , Tirone P., Papi M., Sabone F.: «Pitiriasi rosea di Gibert: osservazioni epidemiologiche» 337

Biondi B., Cabras M., Cavenaghi R. , Munarerto S : «Malattia tubercolare: relazione su di un caso di peritonite»................................. 70

Bonarelli S. , Caruso E., Bergami M . , Vecchi E.: «Prevenzione della nausea e del vomito post-operatori: esperienza clinica»......................................... 28.3

Bordignon G , Cantore M., Giannico A. , Petrucci R., Ferrara G., Galipò A. , Modugno V.: «Alterazioni clinico-immunologiche in iscritti di leva tossicodipendenti» .

306

Borrata P , Degli Innocenti M., Savino T.: «Un raro caso di «cupololitiasi>> da trauma deflagrarivo». 286

Bosio C., Vecchione A.: «Patologia polmonare in eroinomani: Studio su un campione in età di leva» 7

Brosolo P., Santambrogio R., Spada L.: <(La patologia emorroidaria in giovani militari di leva»

INDICE PER AUTORI ANNATA 1986
17
83
154
201
427
«Su di un caso di aniridia congenita bilaterale»................. 420 Ambrogio A , Giangiacomo G ., Cantarini M.: «Apparato visivo e lavoro: visus professionale».
443
.....
121
256
73
. . . . . .. . .. .. .. . . .. .. . .. . . . .. . . . . .. .. . .. .. .
448
.. . . . ..
.... .... . 438
.. . . . . .. .. . . . . . . .. .. . . . . . .. . .. .. . . . .. . .. . .. .. .
. . . . 78 489

Bureca G.C., Gabrielli G., Lofino G.: «Ecografia bidimensionale nell'infart0 acuto del miocardio». 101

Cabras M., Biondi B., Cavenaghi R., Munaretto S.: «Malattia tubercolare: relazione su di un caso di peritonite»......... 70

Cabula C.: «li valore diagoostico dell'agobiopsia mammaria mediante Tru Cut» ... .

Cagini C., Palma G., Orciuoli V., Serafini G., Gariazzo U.: «Un caso di aneurisma deUa carotide comune»....................................................... 381

Cagnoni G., Casalecchi M , Recchia A., Rodofile A., Sinicco A.: «Infezione da HTLV-III-LAV e linfoadenopatia persistente in giovani ricoverati all'Ospedale Milirare di Alessandria durame il servizio di leva»... . ............ . ........................... 161

Camar i ni M., Ambrogio A, Palmieri N.: Congiuntivite lignea: considerazioni in merito ad una rara osservazione clinica»........................ . ............. 83

Cantarini M., Ambrogio A., Ilari M.: «Distacco sieroso della macula in un caso di corioretinite da toxoplasma»... 201

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Cantore M., Bordignon G., Giannico A., Perrucci R., Ferrara G., Galipò A., Modugno V.: «Alterazioni clinico-immunologiche in iscritti di leva tossicodipende n ti,> . . . .... ............ ... ... . . .. . . .. . . ... .

Canu A., Carpiniello B., Poddighe A.: «Nuovi approcci alla diagnosi psichiatrica in ambito militare»

Cardini M., Anaclerio M., Ruggeri R., Migliau G., De Matteis V., Di Bona G., Genuini I.: «Impiego dell'ecocardiografia nello studio delle protesi valvo lari cardiache» . ...................................... 256

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Cavallaro A., Cazzate A., Di Marzo L., Nardi M , Ribis E.: «Su un caso di cisti linfoepiteliale lacerale del collo»

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Cavallaro A., Conrreas V., Nardi M., Ribis E., Molisso A., Di Giacomo M., Rizzotto A.: «Su un caso di fibroxantosarcoma del rene» ................ ..

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Cazzaro A., Cavallaro A., Di Marzo L., Nardi M., Ribis E.: <<Su un caso di cisti linfoepiteliale laterale de l co llo»

. . . . . .
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183
. .. . .. . . . . . . . .. . .. . . .. . .. .. .. . . . . . 5 3 490
206 283 318 438 161 395 80 154 427 310 86 124 297 70 86

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256

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Di Marzo L., Cavallaro A., Cazzato A., Nardi M., Ribis E.: <,Su un caso di cisti linfoepiteliale laterale del collo» .. .

86

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36
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epidemiologiche» 3 3 7
387
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491

Gariazzo U., Palma G., Orciuoli V., Serafini G., Cagini C.: «Un caso di aneurisma della carotide comune»

Garzo D., Albanese A. , D'Arrigo G., Polimeni M. , Zito G.: «A proposito di due casi di cheratodermia palmoplamare» ..................................... ..

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Genuini I., Anaderio M ., Ruggeri R. , Migliau G., Cardini M. , De Matteis V., Di Bona G.: «Impiego dell'ecoc ardiografia nello studio delle protesi valvolari cardiache»

Giangiacomo G., Castrica R., Ambrogio A., Giangiacomo R.: «Alcoolismo ed idoneità alla guida (Un commento agli am. 170 e 171 del progeuo del nuovo Codice della Strada}

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Guerra G., Marcelli S., Cascio Ingurgio G.: «Dodici casi di enuresi. Valutaz ione clinica a ttraverso il test proiettivo di Rorschach»

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Lelli A., Caruso E., Rauch S., Bergami M.: «Studio biomeccanico delle lassità anteriori del ginocchi o»

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Lupo A. , Marcella F., Pugliese M., Farina G., Di Piramo D., Ma schio G.: «Nefropat ia da lgA in giovani militari di lev a»

Mai

381 17 276 256 154 42 7 443 154 427 168 306
492 310 325 179
Liuzzi r., Morgollicci E. , Manganaro C. : L'ambliopia nei giovani di leva ........... .... .................. .. Lofino G., Gabri elli G.,
G.M., Onnis P.: «Su tre casi di sinostosi 395 104 201 420 340 41 292 206 318 438 457 464 101 32 congenita radi o-ulnare prossimale» ....... .. ........ . 193
A. , Barretta V.: «Cromatografia: aspetti termodinamici» • • 423 1 71 448

Maldarizzì F., Giudicta G.P., Catenacci D.: «Un caso di paraganglioma retro-periconeale producente catecolamine» ... . . .......... ..... .. . . . ... ....... ........ 310

Mammana G., Casmiro M., Sanson F., Visconti D., Volpe A.: «Un occasionale reperto TAC in diagnostica neuroradiologica».......... 80

Manganaro C., Morgollicci E., Liuzzi F.: «L'ambliopia nei giovani di leva» . . . . . . .. . . .. . . . . . .. . . . . . . . . . . . .. . 464

Marcelli S., Guerra G., Cascio Ingurgio G.: «Dodici casi di enuresi. Valutazione clinica attraverso il test proiettivo di Rorschach» 395

Marchi M., Cucurnia M.G.: «Diagnosi dello stato di tossicodipendenza da oppiacei: validità del pupi) test in ambito medico -legale».................. 176

Marmo F.: «La trasmissione delle congiuntiviti infettive negli ambulatori oculistici: alcune indicazioni pratiche per la profilassi»... ... .....................

Marmo F.: «Test per la semiquantizzazione dei mucopolisaccaridi lacrimali». . ........... .. ................ . 46 7

Martella F., Pugliese M., Farina G., Di Piramo D., Lupo A., Maschio G.: «Nefropatia da IgA in giovani militari di 171

Martella F., Di Piramo D., Gelmini G.P.: «Correlazione tra sieropositività HBV ed anti-HTLV 111 in mili tari di leva tossicofili».................... . ..... 27 6

Martella G., Fiume F., Torsi G., Giannelli F., Valencini G.: «Indagini sul contenuto totale di piombo nel sangue (piombernia) su un campione omogeneo per età e sesso nella Puglia» .... ....... 168

Martire F.: «Prestazioni di lavoro comportanti continua e diretta esposizione a rischi pregiudizievoli per la salute o l'incolumità personale in una Brigata Corazzata: prevenzione delle malattie professionali e degli inforruni e modalità d'intervento sanitario periodico»......................... 46

Maschio G., Martella F ., Pugliese M., Farina G., Di Pirarno D., Lupo A.: «Nefropatia da IgA in giovani militnri di leva»..................................... 171

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Massani M: <<L'Ospedale della Consolazione in Roma dalle origini ai nomi giorni».......................... 208

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Merolla A., Vitale G., Ivlinonne A., Mauro S., Pepe R.: «Rilevazioni elettrocardiografiche su 700 militari di leva: l'incidenza della sindrome di preecciLazione venlricol are (PQ breve)»............... 91

Migliari M., Loriga P., Satta 1.: «Ruolo de!J'esofagogastroduedonoscopia in ambiente militare»...... 423

Migliau G., Anaclerio M., Ruggeri R., Cardini M., De Matteis V., Di Bona G., Genuini I.: «Impiego dell'ecocardiografia nello studio delle protesi valvolari cardiache»....................................... 256

Minonne A., Vitale G., Merolla A., Mauro$., Pepe R.: «Rilevazioni elettrocardiografiche su 700 militari di leva: l'incidenza della sindrome di precccitazione ventricolare (PQ breve) 91

Modugno V., Cantore M., Bordignon G., Giannico A., Petrucci R., Ferrara G., Galipò A «Alterazioni clinico-immunologiche in iscritti

Molisso

A., Contreas V., Nardi M., Ribis E., Di Giacomo M., Rizzotto A.: «Su un caso di fibroxantosarcoma del rene»

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Nardi M., Cavallaro A., Cazzato A., Di Marzo L., Ribis E.: «Su un caso di cisti linfoepiteliale laterale del collo>>

Nardi M., Cavallaro A., Contreas V., Di Marw L., Ribis E., Baccaro A., Virale M., Rizzouo A.: «La riparazione tardiva delle lesioni traumatiche dell'urelra: a p oposito di due casi,>....................

Nardi M., Cavallaro A., Contreas V., Ribis E., Molisso A., Di Giacomo M., Rizzotto A.: <<Su un caso di fibroxantosarcoma del rene»..................

94
di leva tossicodipendcmi» 306
E., Lluzzi F., Manganaro C.: «L'ambliopia nei giovani di leva» 464
,\.lorgollicci
A., Cavallaro
297
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70
86
124
297 493

Nisi M.T., Parisi F., Ferrari G., Pazzaglia M., Parisi G.: «Utilizzazione dell'ecotomografia nello studio degli organi del coUo»...................... 302

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Orciuoli V , Palma G., Serafini G , Cagini C., Gariazzo U.: «Un caso di aneurisma della carotide comune>>............... 381

Palma G., Orciuoli V., Serafini G., Cagini C., Gariazzo U.: «Un caso di aneurisma della carotide comune».. .... ...... .. ........ ... ............ . ................. 381

Palmieri N., Cantarini M., Ambrogio A . : «Congiuntivite lignea: Considerazioni in merito ad una rara osservazione clinica».................................. 83

Pandolfini M., Moscioni M. , Liberatore C., Tomassetti A.: «Il trattamento del cervicarcinoma al I 0 e II 0 stadio»...............

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52

Papi M., CondòF., Colagrosso B., Tirone P., Savone F. , Bianchi B . : «Pitiriasi rosea di Gibert: osservazioni epidemiologiche» ..... . .... . .... . .. . . ..... ... ... 33 7

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Parisi F., Ferrari G., Pazzaglia M., Nisi M.T., Parisi G.: «Utilizzazio n e delJ'ecotornografia nello studio degli organi del collo>>.............................. 302

Parisi G., Parisi F., Ferrari G., Pazzaglia M., Nisi M. T.: <<Utilizzazione cieli' eco tomografia nelJo studio degli organi del collo».............................. 302

Pascarella A., Sciuto V., Contento F.: <<Studio della retinopatia proliferante secondo una classificaz ione angiografica: confronto tra i nostri risultati e quelli di altri AA.».... 334

Pasquali S., Postorino L., Rotondo S.: «Indagine epidemiologica sull'incidenza del.la carie dentale nelle province di Treviso, Venezia e Belluno»......... 435

Pavolini B., Cosco Mazzuca R., Franco G . : <<Esiti lontani del piede cavo non trattato».................... 96

Pazzaglia M., Parisi F., Ferrari G., Nisi M.T., Parisi G.: «Utilizzazione del!' eco tomografia nello studio degli organi del collo».............................. 302

Pepe R., Vitale G., Minonne A., Merolla A., Mauro S.: «Rilevazioni elettrocardiografiche su 700 militari di leva: l' incidenza della sindrome di preeccitazione ventricolare (PQ breve) . . .......... . ... 91

Peretta R. , Bene]è G.P., Meconio R.: <<Il Gabinetto Stomatologico dell'Ospedale Militare di Verona: una esperienza di lavoro in un moderno Presidio di profilassi e terapia conservativa di massa»... 24

Petrucci R., Cantore M., Bordignon G., Giannico A., Ferrara A., Gatipò A., Modugno V.: «Alterazioni clinico-immunologiche in iscritti di leva tossicodipendenti» 306

Plescia M., Tosi A., Antoniazzi F.: «Incidenza di ipercaluria in 713 giovani alla visita di leva» 73

Pizza R., Chiarini L., Grossi E., Becciani R.: <<La crioterapia in campo odontostomatologico. Esperienze personali e risultati clinici»........................ 325

Poddighe A., Carpiniello B., Canu A.: «Nuovi approcci alla diagnosi psichiatrica in ambita militare» 183

Polidori G., Renzi G.: «Precisazioni sulla nomenclatura di alcuni medicamenti riportati nella Farmacopea Ufficiale - IX Edizione - Voi. II».......... 165

Polimeni M., Albanese A., D'Arrigo G., Garzo D., Zito G.: «A proposito di due casi di cherarodermia palmoplantare» ......... .. ....... . ......... .. ..... .... 17

PostorinoL., Pasquali S., Rotondo S.: «Indagine epidemiologica sull'incidenza della carie dentale nelle provincie di Treviso, Venezia e Belluno»........ 435

Pugliese M., Martella F., Farina G., Di Piramo D., Lupo A ., Maschio G.: «Nefropatia da IgA in giovani militari di leva»........................... . ......... 171

Rasoni G., Di Martino M., Colagrosso B.: «Potenziali evocati somarosensoriali: note medico legali di interesse anche militare».. ... ... . ..................... .. 36

Rauch S., Caruso E., Bergami M., Lelli A.: «Un caso insolito di distacco completo del muscolo bicipite femorale» 206

Rauch S., Caruso E., Bergami M., Lelli A.: «Studio biomeccanico delle lassità anteriori del ginocchio>> 318

Rauch S., Caruso E., Bergami M., Lelli A.: «La diagnosi clinica e strumentale di lassità anteriore esterna di ginocchio e nostra classifica di valore lassivo» 438

Reale L.: «Per una cultura della salute>>... 377

Recchia A., Cagnoni G., Casalecchi M., Rodofile A., Sinicco A.: «Infezione da HTLV-III-LAV e linfoadenopatia persistente in giovani ricoverati all'Ospedale Militare di Alessandria durante il servizio di leva»................... 16 I

Re!"}zi G., Polidori G.: «Precisazioni sulla nomenclatura di alcuni medicamenti riportati nella Farmacopea Ufficiale - IX Edizione - Voi. Il ». 165

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Ribis E., Cavallaro A., Cazzate A. , Di Marzo L. , Nardi M.: «Su un caso di cisti linfoepiteliale laterale del collo» 86

Ribis E., Cavallaro A. , Contreas V., Di Marzo L., Nardi M., Baccaro A., Vitale M. , Rizzotto A.: <<La riparazione tardiva delle lesioni traumatiche dell'uretra: a proposito di due casi»................. ...

Ribis E. , Cavallaro A., Contreas V., Nardi M , Molisso A. , Di Giacomo M., Rizzotto A.: «Su un caso di fibroxantosarcoma del rene»

Rizzotto A., Cavallaro A. , Contreas V., Di Marzo L., Nardi M., Ribis E. , Baccai-o A ., Vitale M.: <<La riparazione tardiva delle lesioni traumatiche dell'uretra: a proposito di due casi»........ .. ..........

Rizzotto A., Cavallaro A., Conrreas V ., Nardi M. , Ribis E., Molisso A , Di Giacomo M.: «Su un caso di fibroxanrosarcoma del rene>>

Rodofile A. , Cagnoni G ., Casalecchi M., Recchia A ., Sinicco A.: «Infezione da HTLV-III -LAV e linfoadenopatia persistente in giovani ricoverati all'Ospedale Militare di Alessandria durante il servizio di leva>>........

Rotondo S., Postorino L. , Pasquali S.: «Indagine epidemiologica sull ' incidenza della carie dentale nelle province di Treviso, Venezia e Belluno»

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Ruggeri R., Anaclerio M., Migliau G. , Cardini M. , De Matteis V., Di Bona G ., Genuini I.: «Impiego dell ' ecocardiografia nello studio delle protesi valvolari cardiache,>............. .. ..... . ...... .. ...... . ... 256

Salvischiani E. , Taverni N. , Santoro A. , De Dominicis R.: «Tomografia a risonanza magnetica nucleare: basi fisiche elementari e cenn i di tecnica».. 144

Salvucci D.: «Frammento di un intervento psicoterapico effettuato presso il Consultorio Psicol ogico di Firenze»..... . ... .. ............ . ..... . .............. . ...... 279

Sanson F., Casmiro M., Mammana G , Visconti D., Vol pe A.: «Un occasionale reperto TAC in diagnostica neuroradiol ogica».................... .. . . ...... 80

Santambrogio R., Brosolo P., Spada L.: <J..a patologia emorroidaria i n giovani militari di leva» 78

Santoni G., Grossi G.: <<Determinazione dell ' au·opina solfato per spettrofotometria ultravioletta derivativa, anche in presenza di sodio metabisolfito e di acido tropico>> .. .. .. .. .. ... .. .. .. . .. .. .. .. .. .. .. .. . .. . 1 79

San t oni G.: «Biodisponibilità dei farmaci : fattori chimico-fisici e fa rm aceutici» -. 313

Santoro A., Taverni N., Salvischiani E , De Dominicis R.: «Tomografia a risonanza magnetica nucleare: basi fi siche elementar i e ce nni di tecnica,> 144

Sarta I. , Migliari M. , Loriga P.: «Ruolo dell'esofagogastroduedonoscopia in ambiente militare»...... 423

Savino T , Borrata P , Degli Innocenti M.: «Un raro caso di «cupololitiasi» da trauma deflagrativo». 286

Savone F. , Condò F. , Colagrosso B. , Tirone P ., Papi M., Bianchi B. : «Pitiriasi rosea di Gibert: osservazioni epidemiologiche>>

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Finito di scampare il 29 gennaio 1987

Direttore responsabile: Ten. Gcn. me. Dott. Guwo CucCINIELLO

Redattore capo: Magg. Gen. me Dott. DOMENICO MARIO MONACO

Redattore: Ten Col. me. D ot e. CLAUDIO DE SANTIS

Autorizzazione del Tribunale di Roma al n. 11.687 del Registro

Stabilimento Tipolitografico Agnesotti - Roma 1987

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