LuogoComuneMagazine - Numero 6

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Parlando della Brunori SAS come azienda, e augurandole il meglio, ti capita di sentire un’influenza della crisi economica di questo periodo nei tuoi testi? Ho sempre cercato di raccontare delle storie che parlassero della crisi in genere dell’essere umano, partendo da incipit diversi: “Il giovane Mario” è la storia di una certa tipologia di persone, di una certa “classe sociale”, anche se non sono distinzioni che mi piacciono; “Lei, lui e Firenze” invece è una storia se vogliamo più “borghese”. Non credo di aver parlato direttamente della crisi economica: la mia è una maniera di raccontare delle storie che non siano contingenti, ma collocate in un tempo che non sia non forzatamente “questo” tempo, come per “Rosa”, che narra una condizione di emigrante del passato. In questo momento storico, la mia visione della vita, come musicista e come autore, ha in qualche modo il “privilegio” di avere sotto controllo una serie di situazioni e una panoramica più ampia, una prospettiva che per un cronista, per esempio, può essere invece più semplificata.

In “Poveri Cristi” c’è un’Italia fatta di cuore, di storie che soffrono una condizione che quasi non è scelta in prima persona. I poveri cristi reagiscono a quello che, chi più o chi meno, non hanno scelto. Che lezione possiamo trarne? Non amo dare delle verità, scrivo canzoni in modo molto istintivo e poco mentale e soprattutto sulla base di un moto sentimentale; scrivo di una storia che mi suggestiona, e spesso mi spiego solo dopo il perché mi abbia suggestionato. Credo che tutto questo abbia a che fare con qualcosa di molto semplice: quello che mi piace raccontare è l’umanità nella sua completezza, è vero che tutti in qualche modo subiamo un’influenza esterna, ma credo che abbiamo anche l’onere di cercarci l’influenza migliore. Ecco, da questo punto di vista non mi piace dare lezioni, mi piace però far scaturire una domanda o una riflessione e aspettare che chi ascolta completi il disegno e lo collochi nella sua esperienza singolare. Per me è molto complesso avere questa “libertà”, vorrei che le mie idee fossero sempre vive: racconto una storia, la lego a un terreno sentimentale e quello che ne scaturisce alla fine nasce anche dall’interazione col pubblico.


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