LuogoComuneMagazine - Numero 4 - Speciale Acqua Bene Comune

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UN PENSIERO PER L’ACQUA PUBBLICA

SI o NO al referendum sull’acqua? IL COMUNE DI BARI PER L’ACQUA PUBBLICA

ACQUA BENE COMUNE DELL’UMANITÀ COCHABAMBA Una storia da non dimenticare LA MOBILITAZIONE DEGLI ARTISTI PUGLIESI OLTRE IL SILENZIO DEI MEDIA

INTERVISTA A CAPAREZZA SPECCHI D’ACQUA


l’acqua una questione di verità e democrazia. di Margherita Ciervo

Comitato referendario pugliese “2 SI per l’Acqua Bene Comune”

LuogoComuneMagazine n. 4 Direttore Responsabile: Francesco Pasculli Redazione: Caporedattore: Antonella Ciociola Annarita Cellamare Mirko Patella Nico Andriani Michele Granito Valerio Vetturi Art Director: Daniele Raspanti Fotografia: Monica Falco Ufficio Stampa: Elisabetta Maurogiovanni Disegn e Illustrazioni: Francesco “Nobu” Raspanti Contatti: luogocomunemagazine@gmail.com LuogoComuneMagazine è una testata in corso di registrazione

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Editoriale

L’acqua. Una questione di vertà e democrazia

Lettera dalla redazione

LuogoComuneMagazine: Un pensiero per l’acqua pubblica

Si o No al Referendum sull’acqua?

Intervista doppia ai due comitati referendari

Il comune di Bari alla testa del Coordinamento degli enti locali per l’Acqua Pubblica Acqua, bene comune dell’umanità Infografica di Francesco Raspanti Cochabamba: una storia da non dimenticare Viaggio nei ricordi boliviani, tra resistenze civili e diritti riconquistati La mobilitazione degli artisti pugliesi Le voci di una bataglia culturale a 360° Intervista a Caparezza Oltre il silenzio dei media Specchi d’acqua Approfondimenti attraverso il linguaggio del cinema, del documentario, della letteratura e del teatro sui conflitti geopolitici dell’acqua

Foto di copertina: Sorgente: Life Archive Hosted by Google Fotografo: Margaret Bourke-White

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Il 12 e il 13 giugno gli italiani saranno chiamati a votare per l’acqua (oltre che sul nucleare e il legittimo impedimento) per fermare la privatizzazione della gestione del bene vitale per eccellenza (abrogazione dell’art. 23 bis L. 133/2008 così come modificato dall’art. 15 del Decreto Ronchi) e per impedire di fare profitto sull’acqua (abrogazione art. 154 del d.lgs. 152/2006). Il processo di privatizzazione in Italia è stato costruito su una serie di menzogne, spacciando la propaganda per informazione. E’ stato detto (e scritto nel titolo del Decreto Ronchi) che la privatizzazione è un obbligo imposto dall’Unione Europea. Falso. Non esiste alcun obbligo comunitario per le imprese pubbliche di trasformarsi in società private. Numerosi Paesi europei hanno stabilito per legge la gestione pubblica dell’acqua (Belgio, Olanda, Austria, Lussemburgo, Norvegia, Svezia), e diffusi e noti sono i casi di ripubblicizzazione (Parigi). E’ stato sostenuto che bisognava privatizzare per aprire alla concorrenza e diminuire i prezzi. Falso. I servizi idrici sono gestiti in condizione di monopolio naturale, cioè da una sola impresa che, se privata, carica sulla tariffa oltre ai costi e agli investimenti, anche gli utili. Ecco perché le tariffe aumentano. Ecco perché il privato fornisce il servizio solo se c’è convenienza economica, inibisce l’erogazione a chi non può pagare, permette lo spreco a chi paga. E’ stato affermato che bisognava privatizzare per aumentare la disponibilità finanziaria per gli investimenti. Falso. La maggior parte degli investimenti sono “coperti” dalle tariffe e dai prestiti, comunque, come mostra il rapporto del COVIRI 2008, nel caso di gestioni private risultano piuttosto contenuti e, a volte, inferiori a quanto previsto nei contratti. La privatizzazione è anche una questione di sovranità popolare che interroga la democrazia, ossia la capacità del popolo di governare la res publica, la casa comune per il bene comune. Infatti, il governo Berlusconi (come il governo Prodi) e il Parlamento non hanno preso in considerazione quella parte di cittadini, amministrazioni e istituzioni che si è espressa per una gestione pubblica. Ci si riferisce alla proposta di legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dei servizi idrici – sottoscritta da oltre 406.000 cittadini (a fronte di 50.000 firme necessarie) – ferma da 4 anni alla Commissione ambiente della Camera; alle centinaia e centinaia di Comuni (di coalizioni diverse) sostenitori della legge di iniziativa popolare e membri del Coordinamento degli enti locali per la ripubblicizzazione dei servizi idrici che, durante un’audizione alla Commissione nel 2009, hanno espresso le loro motivazioni; al parere del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro che in un rapporto del 2008 dichiara che i soggetti gestori è opportuno che siano enti pubblici.


“La democrazia non può essere un’opzione. La democrazia va praticata.”

Anche il referendum è uno strumento costituzionale e quello per fermare la privatizzazione è il primo referendum nella storia della nostra Repubblica sia per numero di firme raccolte - 1.400.000 a livello nazionale (a fronte delle 500.000 necessarie), oltre 105.000 solo in Puglia – sia perché è il primo a essere stato promosso dalla cittadinanza organizzata e non da partiti. Tuttavia, non solo è stato ignorato dai media nazionali ma il Governo ha fatto quanto in suo potere per boicottarlo cercando di abbassare il quorum (ad esempio, non disponendone l’accorpamento con le amministrative e per questo spendendo soldi pubblici). Così, se il governo precedente aveva ignorato la volontà popolare, l’attuale cerca di ostacolarne il compimento, mentre gli enti locali sono sempre più espropriati dei loro compiti e funzioni. A questo punto si può sostenere che “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”? E allora, chi decide realmente sulla gestione della risorsa? A nome di chi? Sulla base di quale legittimità? La cosa certa è che dopo che il governo ha posto la fiducia sul D.L., il valore delle azioni delle società del settore idrico è salito sensibilmente, mostrando una relazione fra potere finanziario e potere politico che “scappa” al controllo democratico fino a imporsi ad esso. Del resto, anche in Puglia il percorso di ripubblicizzazione dell’Acquedotto pugliese ha subito un arresto. Il Disegno di Legge per trasformare l’AQP da SpA in un soggetto di diritto pubblico con partecipazione sociale (elaborato dal Comitato “Acqua Bene Comune” e dal Governo regionale), nonostante gli impegni presi dalla Regione, non solo non è ancora Legge, ma rischia di essere snaturato da emendamenti governativi che, se approvati, ne altererebbero il senso e la portata giuridica e politica (eliminando la garanzia del diritto vitale all’acqua e introducendo le società miste per la gestione delle attività “strettamente legate al servizio idrico integrato”). Così facendo la popolazione rischia di diventare una “posta” nelle mani di chi esercita il potere, merce e moneta del mercato del consenso, e l’esercizio della sovranità popolare viene “svuotato” di senso e di sostanza. Tuttavia, la realtà – per quanto “dominante” – non è qualcosa di “dato”, della quale non resta che prendere atto, ma è qualcosa che può essere trasformata e questo dipende da ognuno di noi come singolo e in quanto collettività. Il referendum è lo strumento costituzionale attraverso il quale sottrarre al profitto la gestione dell’acqua ma soprattutto attraverso il quale riappropriarci della capacità di decidere su come le risorse e i beni comuni – in primis l’acqua - vadano gestiti e nell’interesse di chi. Vota e invita a votare il 12 e 13 giugno. Vota 2 SI per l’acqua. Vota SI contro il nucleare. La democrazia non può essere un’opzione. La democrazia va praticata.

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LUOGOCOMUNEMAGAZINE

UN PENSIERO PER L’ACQUA PUBBLICA

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Cari amici il numero di giugno è davvero un numero speciale, senza alcun se e senza alcun ma. Questo ve lo diciamo non tanto per i contenuti, le interviste, le proposte editoriali che troverete sfogliandolo pagina dopo pagina, ma ancor di più per il significato stesso che il numero ha assunto questo mese. Siamo a pochi giorni dal referendum del 12 e 13 giugno, la redazione di “LuogoComuneMagazine” ha voluto dedicare l’intera uscita del magazine alla campagna referendaria sull’acqua, un’ulteriore occasione per riflettere insieme sull’importanza di preservare un bene comune tanto prezioso quanto ormai sempre più scarso. Nel magazine vi abbiamo proposto un punto di vista chiaro, come sempre ovviamente: il racconto di una mobilitazione civile, sociale ed artistica in grado di attivare in poche settimane centinaia di cittadini in ogni angolo della regione. La società civile ci sembra la vera protagonista e la principale interprete di questa mobilitazione, molto più dei partiti in alcuni casi assenti ingiustificati, molto più delle istituzioni, eccezion fatta per alcune realtà locali. Il numero di giugno si apre in particolare con un’intervista doppia in stile “Le Iene”, rivolta direttamente ai due comitati referendari, da un lato “Acqua Libera Tutti” con Antonio Iannamorelli, dall’altro “Acqua Bene Comune” con Federico Cuscito. Ci sembrava giusto capire entrambi i punti di vista, soprattutto per le poche occasioni di confronto che i media offrono ancora oggi. Il magazine ha approfondito anche il ruolo del Comune di Bari nella rete di coordinamento degli Enti locali per l’acqua bene comune, nato un paio di anni fa a Roma, il coordinamento per la prima volta fa tappa a Bari con il sostegno diretto del Sindaco Michele Emiliano. Lo sguardo del magazine è anche sui ricordi delle resistenze civili della città di Cochabamba in Bolivia, con l’esperienza di privatizzazione dei servizi idrici portata avanti in pochi mesi dal governo boliviano. I danni di quella privatizzazione, con i costi proibitivi che ne seguirono e l’impatto culturale sulla popolazione continuano ancora oggi ad essere un monito ben presente per tutti. Ma il magazine è anche cultura in senso stretto con l’intervista esclusiva a Michele Salvemini, in arte Caparezza, artista di riferimento della primavera pugliese con il suo Sogno Eretico. Con lui ci siamo intrattenuti qualche minuto per capire il punto di vista dell’uomo prima ancora che dell’artista rispetto al silenzio dei media e al risveglio della società. Il contributo di Caparezza tuttavia non è il solo, abbiamo raccolto l’appello di moltissimi artisti pugliesi. Difficile elencarli tutti. Sicuramente gli animatori della Carovana dell’Acqua, evento a sostegno della campagna referendaria, di cui il magazine è media partner e che vedrà tra gli altri esibirsi la biscegliese Erica Mou. Ma anche la tante iniziative artistiche, teatrali e musicali che hanno animato e continueranno a farlo i comuni pugliesi nel corso delle prossime settimane, una su tutti la bella esperienza degli AcquamanA dell’associazione Exayroad nelle scorse settimane in giro per la Puglia. La Redazione

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La parola a Federico Cuscito, “Comitato Acqua Bene Comune” e ad Antonio Iannamorelli, Comitato “Acqua Libera Tutti”

SI O NO AL REFERENDUM SULL’ACQUA?

INTERVISTA DOPPIA AI DUE COMITATI REFERENDARI di Annarita Cellamare

In pieno stile “Le Iene” abbiamo dato la parola a due referenti di entrambi i comitati, facendo loro alcune domande scomode sulle opportunità e sui rischi di privatizzare e/o di pubblicizzare la gestione dei servizi idrici. L’intervista sarà molto utile per comprenderne i differenti punti di vista. La speranza è che possa essere un’ulteriore elemento di chiarezza per un tema forse poco conosciuto in primo luogo dai cittadini. Su un punto però entrambi i referenti appaiono ritrovare un elemento comune, il riconsiderare la risorsa acqua non più in termini di inesauribilità ma in termini di una delle risorse più preziose da tutelare. E questo anche per ovviare alla sua lenta e graduale riduzione.

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Chi sei e cosa voterai? FEDERICO CUSCITO

ANTONIO IANNAMORELLI

Mi chiamo Federico Cuscito, sono il referente del Comitato Referendario “2 sì per l’acqua pubblica” per la città di Bari ed ovviamente voterò Sì!

Sono Antonio Iannamorelli, fondatore nazionale del Comitato “Acqua libera tutti” e non ritirerò le due schede del prossimo referendum per quanto concerne l’acqua.

Bottiglietta d’acqua o fontana pubblica? Fontana pubblica senza alcun dubbio. In primis perché non voglio sostenere la mercificazione, e il furto ai danni di tante comunità locali, di un bene comune. E poi l’acqua dei nostri acquedotti è ottima, venendo controllata batteriologicamente ogni giorno. Le aziende di acque minerali hanno l’obbligo di farlo solo una volta ogni 5 anni.

Fontana pubblica ovviamente, perché oggi in Italia l’acqua, gestita secondo le normative europee, è molto più controllata dell’acqua imbottigliata.

Perché fai parte del comitato del....? SI Perché ritengo assurdo che un privato possa gestire un bene comune e un diritto inalienabile secondo le leggi che impone il mercato.

NO Faccio parte del comitato del No perché facendo parte dell’amministrazione locale so che se dovesse vincere il SI i comuni si troverebbero in serie difficoltà nel fornire il servizio idrico ai cittadini e avrebbero grosse difficoltà anche a tutelare l’ambiente che amministrano.

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Elencami quali sono i sostenitori del... FEDERICO CUSCITO SI I sostenitori del Sì sono impossibili da elencare in così poco spazio. Il nostro Comitato Referendario è un luogo attraversato da tantissimi soggetti. Ma la componente essenziale del movimento è la tantissima gente che ha firmato per la presentazione dei quesiti referendari. Persone di ogni provenienza politica, sociale o culturale. Quel milione e quattrocentomila firme appartengono a gente di destra, di centro e di sinistra.

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ANTONIO IANNAMORELLI NO Non potrei elencarti i sostenitori in quanto la campagna di “disinformazione” portata avanti dal SI fa credere alla gente che questo sia un referendum per la privatizzazione dell’acqua, e chi è a favore della privatizzazione?! Nessuno si schiera apertamente per la privatizzazione. Inoltre in Italia è molto difficile dire la verità e questa battaglia per il No è una battaglia molto scomoda, quindi i politici e le persone di grande rilevanza mediatica non si schierano per il No, mentre è molto più semplice dire “voglio l’acqua pubblica”, senza spiegare come e perché. Posso citare, ringraziandoli, Oscar Giannino e Sergio Chiamparino che hanno avuto il coraggio di schierarsi per il No e dire le cose come stanno. Per esempio io non mi spiego perché il Governo non prende apertamente posizione per il No visto che, in teoria, sono stati provvedimenti presi a monte dal Governo stesso.


Dammi tre ragioni per andare a votare a questo referendum... FEDERICO CUSCITO SI Privatizzare la gestione dei servizi idrici, significa di riflesso privatizzare l’acqua, checché ne possa dire il Governo. Nel campo degli acquedotti, non esiste, come è facile intuire, un regime di concorrenza, perché ci troviamo in una situazione di monopolio naturale. Quindi, una volta concessa la gestione ad un privato, si è costretti ad usufruire dei servizi di quel gestore sino alla scadenza del contratto. Non c’è altra via d’uscita. Basti pensare al caso emblematico di Acqua Latina S.p.A., che ad Aprilia e dintorni ha aumentato le tariffe del 300%, facendo inoltre registrare un incredibile peggioramento nei servizi, e nessuno degli investimenti promessi. Ecco, in quel caso, ai cittadini che protestavano, l’azienda rispose che se avessero voluto avrebbero potuto tranquillamente rescindere il contratto, ma rinunciando al servizio, e ottemperando al bisogno d’acqua, scavando un pozzo in giardino ed una fossa asettica. Vi rendete conto? La legge Ronchi, non lascia spazio a cavilli: qualora non venisse abrogata, renderebbe obbligatorio l’ingresso dei privati nella gestione di tutti i servizi idrici, almeno per il 40% delle azioni. Alla faccia della democrazia. In Italia, nessun privato che gestisce servizi idrici integrati ha MAI abbassato le tariffe; anzi, è vero l’esatto contrario. E nemmeno esistono i tanto decantati investimenti sulle strutture. Nonostante ciò, vengono raccontate un sacco di favole, da chi è favorevole alla privatizzazione. Ecco, la loro è una posizione assolutamente ideologica.

ANTONIO IANNAMORELLI NO Come già detto non voterò proprio per far sì che vinca il No, le tre ragioni sono le seguenti: - La privatizzazione dell’acqua non esiste, è tutta una bufala mediatica, nonché una strumentalizzazione della Sinistra estrema. Si è mobilitata una campagna politica su una questione che non “esiste”, spaventando gli italiani che con sequenzialmente ora credono che lo Stato venderà alla Ferrarelle, per esempio, che ce la rivenderà. In realtà non è così, in quanto l’acqua è un bene demaniale, dello Stato e non cedibile. Quando si paga la bolletta dell’acqua non si paga la fornitura dell’acqua bensì il servizio di sua erogazione e gestione. L’acqua è un bene inalienabile! - Se vince il Sì viene cancellata la norma prevista dalla legge Ronchi che vieta l’assunzione di politici eletti o che abbiano governato fino tre anni prima di una eventuale assunzione, nonché dirigenti e consulenti dei comuni, e i parenti fino al quarto grado in entrambi i casi. Questa è una innovazione incredibile, in un paese come il nostro dove si va avanti con parentopoli, vallettopoli e conoscenze. - Se vince il Sì, inoltre, aumenteranno le tasse in merito e i meno abbienti finiranno a pagare l’acqua anche per gli evasori: il secondo quesito posto dal referendum, secondo il quale non si possono fare utili e di conseguenza bisogna togliere il 7%, percentuale che i privati avrebbero diritto di prelevare dalle nostre bollette come quota di profitto per il capitale investito, in realtà non sussiste in quanto anche lo stesso Acquedotto Pugliese già usufruisce di questa percentuale, riutilizzata per migliorare il servizio di erogazione dell’acqua, per la manutenzione e per altre attività atte a migliorare tutto il servizio. Se si dovesse eliminare questa cifra, secondo voi da dove verranno recuperati i soldi? Ovviamente qualcosa verrà ridimensionata con tagli, chessò, di posti di lavoro o per quanto concerne migliorie per la manutenzione.

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FEDERICO CUSCITO

ANTONIO IANNAMORELLI

...In parole povere, sei per la privatizzazione della gestione dei servizi idrici? Assolutamente contrario!

Ragioniamo per ipotesi Federico: il 14 giugno vince il NO. Cosa succederà in Italia? Non potrei proprio pensare all’evenienza del No! Se vincesse il Sì, si abrogherebbe la legge Ronchi, e si lascerebbe alle Regioni la possibilità di scelta rispetto alla gestione. Noi ovviamente lotteremo affinché la gestione torni ad essere pubblica.

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Qui va fatto chiarimento di un punto fondamentale del decreto Ronchi, ovvero che esso impone la privatizzazione di quelle società pubbliche che sono in perdita. Indi io sono favorevole alla privatizzazione minoritaria delle società pubbliche che sono in perdita e inefficienti.

Ragioniamo per ipotesi Antonio: il 14 giugno vince il SI. Cosa succederà in Italia? Come già detto nella quinta risposta, se vince il Sì ci sarà la cancellazione del decreto Ronchi, e conseguente libertà di assunzione alla parentopoli; verrà eliminato il 7% dalle bollette dell’acqua, ma da qualche altra parte prenderanno cifre tali da recuperare la mancanza, o molto peggio, taglieranno sui costi di manutenzione o sulle risorse umane. Detto in parole povere e per assurdo, per esempio, l’Acquedotto Pugliese fallisce! Mi spiego: se al momento l’ente riesce a pareggiare il bilancio tra spese ed entrate delle bollette, con il 7% in meno finirà in perdita, e di conseguenza andranno a licenziare il personale, oppure risparmieranno sulla riparazione della rete idrica, o chiederanno a Vendola di aumentare la tariffa! Lo stesso direttore dell’Acquedotto Pugliese ha ammesso che laddove vinca il Sì, l’ente si ritroverà in grande difficoltà e dovrà agire di conseguenza.


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Domanda scomoda FEDERICO: chi è a favore della privatizzazione afferma che ci sia il 40% delle perdite. Che cosa rispondi in merito? Che privatizzare i servizi idrici non è la risposta giusta al problema. Al privato cosa vuoi che importi se il 40% di un bene demaniale viene perso? Per lui la cosa fondamentale è il guadagno sulla gestione del servizio; una società per azioni ha statutariamente il dovere di creare profitto. E come si ricava un profitto? In primis eliminando tutte le operazioni antieconomiche, comprese quelle volte a ridurre le perdite di un bene non proprio. Serve invece una gestione pubblica trasparente e competente, che non è affatto un miraggio. Aggiungo che non è un caso che la classe politica pronta oggi a è privatizzare tutti i servizi pubblici, sia la stessa che li ha portati allo sbando.

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Domanda scomoda ANTONIO: la vostra campagna di promozione del NO si basa sull’esaltazione della qualità dell’acqua e del servizio di sua erogazione. Cosa è andato storto nei casi di ACQUALATINA, che ha aumentato del 300% le sue tariffe, e nei casi di quelle gestioni private alle quali sono state imputati valori di arsenico presenti nell’acqua sopra la norma, e quindi fuori legge? Premesso che le tariffe vengono decise ed imposte dallo Stato, nel caso di AcquaLatina l’aumento è stato conseguenza naturale di precedente mal gestione dei servizi idrici. Quando l’azienda ha acquisito la gestione della rete idrica, l’aumento era stato già definito a monte, prima di prendere l’appalto, nel documento del Piano d’ambito, che già prevedeva l’aumento di tariffa dilazionato negli anni. AcquaLatina è il classico esempio di gestione mista, che ha preso la direzione di quello che era un acquedotto “colabrodo”, in un contesto dove la gente non pagava per l’erogazione del servizio. Non si può giustificare ora il suo operato, bensì fra vent’anni, quando l’acquedotto sarà in gran parte riparato, l’aumento delle tariffe sarà stabilizzato, la gente pagherà tutta, come è giusto che sia, e migliorerà in toto il servizio di erogazione. E’ giusto l’iter che sta seguendo AL, ovvero una logica aziendale di azioni necessarie a risollevare la situazione drammatica nella quale si trovava l’acquedotto prima. Gli effetti positivi di tali azioni non si possono constatare nel breve periodo. E comunque gli indici dell’acqua degli ultimi 5 anni di lavoro di AL sono molto migliorati. Per quanto concerne la qualità dell’acqua, il compito del suo controllo è competenza della parte pubblica, demandato quindi a strutture statali. Ci sono una parte di controlli affidati al gestore, ma la gran parte dei controlli sulla qualità è affidata al pubblico proprio perché siano svolti in maniera seria ed imparziale. La Comunità Europea con una direttiva, e l’Italia con una legge, ha affidato al Ministero della Salute il coordinamento delle azioni per controllare la qualità dell’acqua potabile, quindi se viene erogata acqua contenente arsenico la colpa è di chi non ha provveduto al suo controllo. L’iter è il seguente: Ministero della Salute, Assessorati Regionali e direzione regionale sanità, ASL – che si avvalgono di agenzie regionali protezione ambiente. Se nelle nostre case viene erogata acqua con valori di arsenico fuori dalla norma – perché comunque ci sarà sempre una piccola presenza, nei parametri previsti dalla legge – è colpa di chi, nella catena di distribuzione, verifica e controllo della gestione dell’erogazione dell’acqua potabile, non ha svolto correttamente il suo operato.

Completa la frase: Acqua meglio....? FEDERICO CUSCITO

ANTONIO IANNAMORELLI

Io farei diversamente. Per me si scrive Acqua, si legge Democrazia.

Acqua libera a tutti!

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IL COMUNE DI BARI ALLA TESTA DEL

COORDINAMENTO DEGLI ENTI LOCALI PER L’ACQUA PUBBLICA

di Antonella Ciociola

Da anni esiste in Italia una rete di cittadini che si batte per una gestione partecipata e democratica del servizio idrico: è il popolo dell’acqua pubblica, un popolo che va ingrossandosi giorno dopo giorno. La battaglia culturale, nata dapprima sottoforma di iniziative spontanee dei comitati locali ed in seguito coordinata dal Forum Italiano dei Movimenti per l’acqua, è il tentativo più riuscito nel nostro paese di credere in una gestione del servizio idrico lontana da interessi di mercato e logiche speculative. Il referendum di giugno è solo quindi l’ultima tappa di un percorso avviato da oltre un decennio e che ha visto nel frattempo crescere i propri sostenitori. Parallelamente al forum è infatti nato, da circa un biennio, un coordinamento nazionale di enti locali per sostenere l’acqua bene comune e la gestione pubblica del servizio idrico.

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Il coordinamento nazionale, nato formalmente il 21 novembre 2008 presso la Provincia di Roma in occasione di una partecipata assemblea di amministratori locali, si è ufficializzato sei mesi dopo a Palermo, il 14 Maggio 2009. Il Coordinamento Nazionale ha raccolto, in fase di costituzione, l’adesione di oltre 150 amministrazioni di centrodestra e centrosinistra. Fin dalle prime battute la linea del coordinamento è stata chiara: farsi promotore di una svolta radicale rispetto alle politiche aziendalistiche intraprese in molti comuni italiani in tema di servizio idrico. Con il caso di Latina come spartiacque di una gestione privata assai discutibile. L’esperienza di Latina ha infatti dimostrato come la gestione privata del servizio abbia provocato in pochi mesi un netto peggioramento della qualità del servizio, un aumento vertiginoso delle tariffe


finanziamento della campagna referendaria e sostenere le attività necessarie ad informare in modo capillare e corretto la cittadinanza. In questa battaglia, il Comune di Bari ha deciso di schierarsi nella partita dei referendum contro la privatizzazione dell’acqua, ospitando a più riprese i rappresentanti dei comitati promotori e facendo esporre sulla facciata del Palazzo di Città i manifesti e le bandiere del Movimento per il Sì. Forte è stata la presa di posizione del Sindaco di Bari Michele Emiliano, espressa durante la conferenza stampa del 4 maggio 2011 tenuta assieme ai comitati referendari contro la privatizzazione dell’acqua, il legittimo impedimento e l’energia nucleare. Emiliano ha sostenuto che “in Italia è in atto un attentato alla Costituzione”, motivo per cui ha assicurato l’adesione e il coinvolgimento diretto dell’amministrazione comunale nella campagna referendaria, sottolineando a più riprese che non si tratta di un’adesione personale, dovuta a qualche sensibilità particolare, ma di una amministrativa. Inoltre, il Sindaco ha ribadito che tutti i servizi indispensabili per i cittadini (energia, mobilità, acqua) devono essere pubblici e gratuiti, con una soglia minima garantita per tutti, senza distinzione, magari con una certa progressività di tariffa tarata in base al reddito. Per il Comune di Bari, insomma, la formula “garantire il miglioramento della qualità della vita dei suoi cittadini”, così come previsto dallo Statuto, si traduce anche, a chiare lettere, nel garantire un accesso libero all’acqua.

ed una riduzione degli investimenti. Con tali presupposti il coordinamento ha articolato una serie di obiettivi statutari di grande impatto culturale oltre che politico. In primo luogo valorizzare l’accesso all’acqua come un diritto umano universale, indivisibile, inalienabile, al pari degli altri diritti alla vita. In secondo luogo ribadire quanto una proprietà ed una gestione pubblica del servizio idrico possano offrire in termini di pari dignità tra gli uomini e di partecipazione dei cittadini. Il 21 gennaio 2011, in seno alla terza assemblea del Coordinamento, tenutasi immediatamente dopo l’esame dei quesiti referendari in Cassazione, è stata lanciata la campagna “1000 amministratori per l’acqua” per partecipare economicamente all’auto-

Le iniziative intraprese dal Comune di Bari, comunque, non si sono fermate qui: nella prossima seduta ordinaria del Consiglio Comunale, il 9 giugno 2011 (alla soglia, quindi, del fine settimana referendario), primo punto all’ordine del giorno sarà una “risoluzione” per manifestare le posizioni dell’amministrazione Emiliano sull’acqua pubblica. L’intervento del Sindaco si articolerà su quattro punti: i primi due, di ordine più “culturale”, riguarderanno l’impegno a ribadire il concetto di “acqua bene comune” negli atti e nei provvedimenti legislativi, nonché la definizione di una soglia minima di acqua gratuita alle persone meno abbienti; gli altri due punti, più pragmatici e organizzativi, saranno incentrati sull’istituzione di un coordinamento di comitati e associazioni, col compito di vigilare sull’acqua pubblica, e di un livello “sovracomunale” e partecipativo, che prevederà il coinvolgimento in prima persona dei singoli cittadini, se non proprio la creazione di una vera e propria consulta. Il Sindaco Emiliano, dunque, si sta dimostrando fermo nelle sue posizioni, nonostante insistenti e ripetute critiche, che hanno comportato negli ultimi giorni la rimozione delle bandiere del Movimento per il Sì dalla facciata del Palazzo Comunale.

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AAA CERCASI URGENTEMENTE ACQUA POTABILE CAUSA SCARSITÀ IMMINENTE

ACQUA BENE COMUNE

DELL’UMANITÀ Che cosa sta succedendo sul nostro pianeta? Non ce ne stiamo rendendo conto, ma poco a poco ci stiamo scavando la fossa con le nostre stesse mani. le cause sono tante ma i rimedi potenzialmente validi esistono, sta all’uomo rimboccarsi la maniche e darsi da fare. In queste poche pagine sono sintetizzati alcuni dei milioni di dati che sono stati raccolti in decine di anni, sia per quanto riguarda lo scenario mondiale che per quello italiano. Se alcuni dati dovessero riportare delle informazioni in parte errate, ci scusiamo in anticipo.

di Francesco Raspanti

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SIAMO FATTI D’ACQUA SIAMO

soggetti a differenze notevoli secondo l’età, la costituzione, il tipo di alimentazione. Inoltre i nostri organi e tessuti sono“bagnati” in modo diverso. Da giovani siamo decisamente più ricchi d’acqua, soprattutto nei tessuti molli, nella pelle e nei tessuti connettivi e sottocutanei. In seguito, il tenore d’acqua si riduce progressivamente da una media del 75% del bambino piccolo a circa il 50% nella terza età. Del resto lo si vede bene: negli adulti e negli anziani la pelle si presenta più secca e meno elastica, i tessuti sono meno

lisci e tesi, il segno di una pressione esercitata dal pollice sulla pelle rimane visibile più a lungo. Il nostro corpo e composto da acqua, almeno per più della metà, anche se questa è distribuita in modo non uniforme. Tutti gli organismi dipendono dall’acqua e ne contengono in quantità elevate. Si può davvero dire che senza acqua non c’è vita e che dalla qualità dell’acqua dipende la qualità della vita.

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TERZA ETÀ 50%

ADULTO (QUARANTENNE) 60 - 70%

NEONATO 75 - 80%

Senza cibo si può sopravvivere un mese; senza acqua non si supera una settimana

EMBRIONE 85%

UOVO MULTICELLULARE 90%

FABBISOGNO MINIMO BIOLOGICO GIORNALIERO PER LA SOPRAVVIVENZA DELL’UOMO

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A... PRINCIPALMENTE 5 lt

Durante la propria vita, l’uomo beve fino a 25.000 litri di acqua per il mantenimento delle funzioni biologiche e delle strutture organiche, l’equivalente di circa 16.660 bottiglie da 1,5 lt.

A CERCASI URGENTEMENTE ACQUA POTABILE CAUSA SCARSITÀ IMMINENTE

sto speciale è una rielaborazione di uno dei tanti progetti per l’esame di fine corso Laboratoria di Progettazione Grafica del Cdl DISEGNO INDUSTRIALE A.A. 08/09, oltà di Architettura del Politecnico di Bari, sul tema ‘Acqua bene comune dell’umanità’. rei ringraziare i prefessori Michele Colonna, Alessandro Tartaglia e Carlotta Latessa avermi seguito e aver supervisionato al progetto dell’esame, e tutti i colleghi hanno condiviso con me quell’esperienza.

me di fine corso / Tema: Acqua bene comune dell’umanità getto grafico / Francesco raspanti

Fonti “I predoni dell’acqua” di G.Altamore - San Paolo Edizioni - Collana Oltremare “Griglia dei consumi individuali” - Regione Toscana / UCODEP / Manitese / Cospe - Rai Educational 2003 www.wikipedia.com http://www.aiig.it/acqua-mondo.htm http://www.buonpernoi.it/acqua http://www.trinkwasser.ch/italiano/frameset_it.htm http://www.enel.it

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L’ACQUA È, E SARÀ, IL BENE PIÙ PREZIOSO SULLA TERRA MA NON DISPONIBILE PER TUTTI ALLO STESSO MODO

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Grandi Laghi del Nord America

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ogni anno cadono sulla Terra circa 500.000 miliardi di tonnellate di acqua piovana, ma è anche vero che queste precipitazioni avvengono in maniera disomogenea e in quantità sempre minore a causa degli sconvolgimenti climatici che il pianeta sta subendo. In questo grafico sono indicati i dieci Paesi più poveri di acqua e i dieci più ricchi di acqua. L’accesso all’acqua potabile è ancora un privilegio: notevole appare il divario tra Europa, Nord-America, Giappone, Australia e il resto del mondo. Lo 0,3% delle acque dolci (corrsipondente allo 0,008% del totale delle acque presenti sulla Terra) e quindi potenzialmente sfruttabile dall’uomo è costituito da laghi e fiumi: prevalentemente nei grandi bacini in Siberia, nella regione dei Grandi Laghi in Nord America e in Africa, nella regione dei laghi Tanganika, Vittoria e Malawi. E in cinque sistemi fluviali: il Rio delle Amazzoni, il Gange col Bramaputra, il Congo, lo Yangtze e l’Orinoco. L’acqua è, e lo sarà sempre di più, il bene più prezioso che esista sul nostro pianeta. Il mercato potenziale che si muove intorno alla gestione del sistema idrico mondiale

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CIFRE / ALCUNI DATI SULLA SITUAZIO 10 lt di acqua potabile al giorno per un africano

LEGENDA Accesso all’acqua potabile 85 - 100% 68 - 84% 34 - 67% 33% o meno no dati 10 Paesi o città più ricche di acqua 10 Paesi o città più povere di acqua zone teoricamente sfruttabili

50 litri. È il quantitativo necessario ogni giorno per garantire condizioni accetabili di vita per ogni essere umano. In realtà, per milioni di persone, disporre di 50 litri d’acqua al giorno è pura utopia. L’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, afferma che al di sotto della soglia di 50 litri di acqua al giorno di può parlare di sofferenza per mancanza di acqua. Il divario tra paesi sviluppati e paesi del terzo mondo è evidente a occhio nudo. Basti pensare che un americano dispone di un quantitativo di acqua 40 volte superiore a quello di un africano. Un miliardo di persone beve acqua “non sicura”. 3,4 milioni di persone (5.000 bambini al giorno) muoiono a causa di malattie

trasmesse dall Il consumo di negli ultimi an di sei volte, ad rispetto al tas della popolazi stanziati dalla per le risorse per la costruzi private. L’1% p il diritto di ac Nel mondo, 1, del pianeta no all’acqua pota che nel 2025, supererà gli 8 il numero delle all’acqua pota di 3 miliardi.


RIO DELLE AMAZZONI / 6300 km GANGE CON BRAMAPUTRA / 2500-2700 km CONGO / 4700 km YANGTZE / 6300 km ORINOCO / 2140 km

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ONE MONDIALE

l’acqua. acqua nel mondo nni è aumentato d un ritmo più che doppio sso di crescita ione. L’80% dei fondi a Banca Mondiale idriche è stato usato ione di infrastrutture per estendere a tutti ccesso all’acqua. ,4 miliardi di persone on hanno accesso abile e c’è il rischio quando la popolazione miliardi di esseri umani e persone senza accesso abile aumenti a più

220 lt italiano 40% della popolazione mondiale vive in condizioni igieniche impossibili 50% abita in case che non hanno sistema fognario

350 lt canadese 425 lt americano Il divario tra paesi sviluppati e paesi del terzo mondo è evidente a occhio nudo. Basti pensare che un americano dispone di un quantitativo di acqua 40 volte superiore a quello di un africano.

è calcolato intorno ai 1000 miliardi di dollari. Sono 50 i conflitti legati alla disputa sul controllo delle risorse idriche nel mondo. Tra questi quello tra Egitto da un lato e Sudan ed Etiopia dall’altro per lo sfruttamento del Nilo, quello tra India e Pakistan per il controllo del Gange, quello tra Iraq, Siria e Turchia per il Tigri e l’Eufrate, quello tra Palestina e Israele per il controllo delle falde.

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IL QUADRO ITALIANO CON

COME LEGGERE IL GRAFICO

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Il grafico è diviso in tre parti, rispettivamente differenziate da tre colori diversi: ciano, grigio e giallo. Il grafico ciano si riferisce all’accesso all’acqua potabile delle diverse regioni italiane e allo sfruttamento di quelle risorse da parte delle rispettive regioni. Nel grafico grigio i dati si riferiscono alle perdite d’acqua potabile nel territorio nazionale e nelle regioni del sud e sul rapporto tra la quantità di acqua teoricamente accessibile e quella realmente sfruttata. Il grafico giallo mette a confronto il consumo medio di un italiano e di un africano e mostra il consumo (spesso spropositato) che produciamo per i nostri scopi non alimentari.

ch

980 metri cubi l’anno pro capite, l’Italia si colloca al primo posto per consumi in Europa e al terzo nel mondo dopo Usa e Canada. Eppure, un terzo degli italiani non ha un accesso regolare e sufficente all’acqua potabile. L’acqua non è disponibile nella stessa quantità e non tutte le Regioni possono permettersi il lusso di avere acqua a volontà. Secondo il Ministero dell’Ambiebnte, “lo sfruttamento delle risorse è, in termini assoluti, intenso al Nord, dove si utilizza il 78% delle risorse rinnovabili disponibili nell’area (il 69% del totale nazionale), ma è critico nel meridione e nelle isole, dove i prelievi riguardano il 96% dell’acqua disponibile. Il centro rappresenta una condizione di maggior equilibrio. Molta acqua si perde a causa dell’impiego di sistemi irrazionali o per le cattive condizioni di condotte e canali che determinano fortissimi sprechi, peraltro presenti anche nell’uso potabile, dove si stima che, in media, il 27% dell’acqua immessa in rete vada perduta. Molta acqua scompare nelle condutture, con punte anche del 60%, ma è anche vero che il consumo medio degli italiani è un pò alto: dallo sciaquone alla doccia, dalla lavastoviglie alla lavatrice, ogni giorno litri di acqua potabile vengono consumati da ognuno di noi e solo pochi di questo vengono utilizzati per scopi strettamente alimentari; su 200 litri di acqua al giorno, beviamo al massimo 2 litri, il resto finisce nel WC, nei lavandin, nelle lavatrici e nelle lavastoviglie.

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SFRUTTAMENTO DELLO RISORSE, PERDITE E CONSUMI.


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Vi a g g i o n e i r i c o r d i B o l i v i a n i , t r a resistenze civili e diritti riconquistati

COCHABAMBA UNA STORIA DA NON DIMENTICARE di Valerio Vetturi

Per le foto, si ringraziano: El Ciudadano (www.elciudadano.cl) Yaku (www.yaku.eu)

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Alcuni luoghi ed alcune date, più di altre, sono testimoni di momenti importanti, destinati a permanere, indelebili, nella memoria collettiva. Nella storia dei movimenti di lotta civile c’è un luogo che più di altri ha contribuito a ridefinire il nostro immaginario: Cochabamba, città della Bolivia, “City of Eternal Spring”. La data da ricordare è invece il 10 aprile 2000: il giorno della vittoria della “guerra per l’acqua”, ottenuta dai movimenti di liberazione boliviani. Questa data ha rappresentato simbolicamente l’inizio di un periodo di riorganizzazione popolare che ha restituito dignità ai popoli della regione andina e che ha messo in chiaro, in tutta la sua crudezza, la situazione boliviana agli occhi del mondo intero: in barba a interessi delle multinazionali, leggi marziali e sospensione dei diritti costituzionali, un popolo intero ha lottato affinché l’acqua, dono di Pachamama (Madre Terra) e Wiracocha (Grande Spirito), ri-

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manesse “libera”, quindi accessibile a tutti. Inevitabilmente nel Paese, la lotta per l’acqua, si è legata a movimenti più vasti che hanno interessato anche i movimenti per i diritti civili e per un processo di democratizzazione più marcato: le vicende boliviane possono essere interpretate come il monito coraggioso di un popolo a tutta la comunità internazionale. In particolare un monito alle politiche neo liberiste della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale che, controllando e indirizzando gli investimenti mondiali, hanno modificato molte delle sovranità politiche dei singoli Stati. La storia della guerra per l’acqua in Bolivia iniziò proprio in questo modo, nel lontano 1999, quando gli approvvigionamenti erano ancora legati ad una visione tradizionale e partecipativa della gestione della risorsa. L’acqua non aveva per i cittadini una rilevanza economica ed era riconosciuta nei fatti come un bene comune fondamentale per la vita. In particolare a Cochabamba, terza città per grandezza della Bolivia, e nelle

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“l’acqua è una risorsa naturale limitata e un bene pubblico fondamentale per la vita e la salute. Il diritto umano all’acqua è indispensabile per vivere dignitosamente ed è la condizione di altri diritti umani” (ONU, 2003)


zone di appartenenza alla provincia, si presentavano due modelli di gestione dei servizi idrici a seconda delle aree di riferimento: la zona urbana e quella rurale. Nell’area urbana la gestione dei servizi idrici era affidata a un’impresa municipale, la SEMAPA, che riusciva a coprire l’accesso all’acqua per il 55% del territorio in concessione. Per la restante parte era uso comune rifornirsi attraverso gli aguateros, rivenditori d’acqua con autobotti. Questa situazione creava una forte disparità sia economica (il prezzo di vendita degli aguateros è superiore ai clienti di SEMAPA) che sociale. Nell’area rurale, invece, la gestione dell’acqua era affidata alla cultura indigena degli abitanti legata fortemente al concetto che l’acqua sia un dono, un essere vivo appartenente a Pachamama (Madre Terra) e Wiracocha (il Grande Spirito). In quest’ottica l’accesso alla risorsa era garantito grazie ad un sistema detto Mit’a (sistema delle acque comuni o libere) per cui è un diritto l’approvvigionamento da parte degli abitanti che vivono vicino ai corsi d’acqua e, nei periodi d’abbondanza, alle comunità vicine. Era inoltre riconosciuta la possibilità di costruire autonomamente pozzi per soddisfare il fabbisogno sia personale sia d’allevamento e d’irrigazione. In tale contesto il 3 settembre 1999 il governo nazionale boliviano affidò al consorzio multinazionale Aguas del Tunari il controllo di SEMAPA. Il contratto di concessione, della durata di 40 anni, cambiò radicalmente il concetto tradizionale dell’acqua come bene comune trasformandolo in bene economico, merce di scambio, mezzo di profitto. Aguas del Tunari, consorzio multinazionale della Betchel statunitense e della Edison italiana, acquistò i diritti di concessione per una cifra inferiore a 10.000 dollari (versati, peraltro, nella misura del 25%) con il supporto strategico del governo boliviano che, per sostenere il radicamento della società e garantire le trasformazioni della privatizzazione, promulgò una legge, la 2029, che disciplinava i servizi idrici.

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Le conseguenze della privatizzazione furono subito evidenti: un incremento del 300% delle tariffe per i clienti SEMAPA senza alcun ampliamento o miglioria della rete di distribuzione (nell’area urbana); la regolamentazione delle concessioni, tramite vendita o affitto, per i pozzi e corsi d’acqua da parte di un ente statale, la Superintendenza, strettamente legata agli interessi economici di Aguas del Tunari (nell’area rurale). Un’ondata di malessere economico e culturale (i regantes, contadini di Cochabamba, si vedono cambiare radicalmente l’accesso all’acqua e la concezione spirituale del bene comune) attraversò rapidamente il paese: già nel novembre del 1999 si assistette, da parte della Federazione Dipartimentale degli Irrigatori di Cochabamba, ad un primo blocco stradale di 24 ore. All’inizio del 2000 nacque la Coordinadora de defensa del agua y la vida, costituita da sindacati, contadini, ecologisti, operai, studenti e gente comune, che assunse come impegno centrale quello di ripubblicizzare SEMAPA, garantendo una gestione d’impresa compartecipata . Nel marzo 2000 la Coordinadora convocò una consulta popolare, alla quale parteciparono oltre 50 mila persone: il 98% dei votanti chiese l’espulsione di Aguas del Tunari. La consulta non venne riconosciuta valida, così dal 4 al 10 aprile 2000 oltre 600 mila persone, di fronte all’indifferenza del governo, scesero nuovamente per le strade. Le manifestazioni durarono giorni e vennero fortemente represse dal governo (le misure adottate furono straordinarie come la dichiarazione della legge marziale e la sospensione dei diritti costituzionali), dando il via ad una dura lotta, che terminò col triste bilancio di decine di feriti e cinque morti (fra i quali il primo è Victor Hugo Daza, di 17 anni). Il 10 aprile 2000 il governo rescisse il contratto con Aguas del Tunari e promulgò una nuova legge, la 2066, per la regolamentazione dei servizi idrici che sancì la fine del monopolio del concessionario; La legge promosse garanzie a tutela dei diritti delle comunità indigene, contadine e della popolazione in genere; decretò la fine dell’in-

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“...il fatturato della SuezLyonnaise des Eaux (seconda multinazionale al mondo nel settore dei servizi idrici) pari a 12,3 miliardi di dollari, è superiore al PIL della Bolivia, pari a 8,3 miliardi, ma anche della Bulgaria (12 miliardi), dell’Islanda (8,5 miliardi) e dell’Albania (3,8 miliardi). “ (Il mondo in cifre, The Economist, 2003)

dicizzazione delle tariffe al dollaro; ridimensionò il ruolo della Superintendenza. La nuova SEMAPA diventò insomma un’azienda pubblica con una struttura organizzativa che apriva la partecipazione popolare alle scelte di gestione dell’acqua. Nel giro di due anni riuscì ad ampliare la rete di distribuzione ed avere un attivo di bilancio reinvestibile in migliorie nel servizio. Sulla scia di Cochabamba in Bolivia si avviò un processo di mobilitazione da parte della società civile, che ebbe una direzione fortemente democratica. Così, nel 2003 le proteste crescenti decretarono l’espulsione del presidente Banzer, ex dittatore; nel 2004, le proteste contro la concessione delle risorse naturali alle grandi multinazionali straniere si accompagnarono con la vittoria nel ricor-

so di Aguas del Turia nei confronti di SEMAPA (AdT chiese 25.000.000 di dollari come risarcimento per la mancata prosecuzione del contratto, ma le proteste internazionali la fecero desistere dal proseguire la causa); nel 2005 si completò il percorso di cambiamento con l’elezione del primo presidente boliviano indigeno, di origine aymara, espressione della volontà popolare e non della elite affarista dominante. “La democrazia è il potere delle persone di forgiare il proprio destino, determinare in che modo le loro risorse naturali debbano essere possedute e utilizzate, come la loro sete vada placata, come il loro cibo vada prodotto e distribuito, quali sistemi sanitari e di istruzione debbano avere” (Vandana Shiva, 2003)

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di Elisabetta Maurogiovanni

LA MOBILITAZIONE DEGLI

ARTISTI PUGLIESI

LE VOCI DI UNA BATTAGLIA CULTURALE A 360째

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Tantissimi volontari, in tutta Italia, ormai da molti mesi, sono impegnati nell’organizzazione capillare di banchetti informativi, riunioni, incontri e dibattiti per sensibilizzare e informare le persone in merito ai quesiti referendari del 12 e 13 giugno. Nelle piazze, ai concerti, alle feste, nei mercati e nelle vie di ogni singolo paese rimbomba l’eco dello slogan che caratterizza questa campagna referendaria: L’Acqua non si vende.

simo della compagnia APS EXAYROAD hanno girato la Puglia dal 12 al 17 maggio e continueranno a girare tutto lo stivale fino al 10 giugno con lo spettacolo “Acqumana”. Una rappresentazione teatrale che sottolinea come le politiche neo-liberiste nel corso del tempo siano riuscite a trasformare un diritto in una merce, rendendo secondario il legame che da sempre lega l’uomo alla natura.

Con la sola sete di democrazia, il movimento dell’Acqua è riuscito a mobilitare migliaia di cittadini, senza tingersi di alcun colore partitico e mosso solo dall’obiettivo di difendere un così prezioso bene comune. Anzi, la forza dell’Acqua si è amplificata a dismisura, si è infiltrata in ogni dove e ha rotto tutte le dighe, gli argini, le barriere ed anche i pesanti silenzi incontrati sul suo cammino.

Non è finita qui. Il “caldo” mese di giugno si è aperto con delle grandissime sorprese: una serie di eventi no stop che rientrano nella settimana dell’Acqua che si svolgerà in tutta la Puglia. Il 1° giugno, durante la serata finale del Festival “Fuori dal Comune” presso il Teatro Kismet OperA di Bari, ampio spazio è stato dedicato alla campagna referendaria “2 Sì per l’Acqua Bene Comune”; in quest’occasione è stata lanciata “La Carovana dell’Acqua”, una nove giorni in cui un furgoncino attraverserà le nove circoscrizioni di Bari, rispettivamente dal 2 al 9 giugno, portando informazione e musica in giro per la citta. Un calendario davvero ricco che prevede ogni mattina una prima tappa nei mercati dalle 9.00 alle 13.00 per volantinaggi e banchetti informativi e ogni pomeriggio dalle 18.00 alle 23.00 l’esibizione di gruppi musicali nelle piazze principali.

Alla scia di questa ondata d’Acqua travolgente non sono rimasti indifferenti neanche i nostri artisti pugliesi, che hanno aderito numerosi alla rete degli Artisti per l’Acqua. Non solo si sono resi disponibili per realizzare videolettere e interviste, mostrando una forte vicinanza alla causa, ma sono spesso diventati i protagonisti di molte delle iniziative musicali che hanno animato e movimentato le serate nella regione. Un esempio tra tutti, “Musica, Acqua e Democrazia”, una serata di autofinanziamento organizzata i primi di maggio presso l’Arci 37 in provincia di Bari. Nell’occasione è stata organizzata un’asta con alcuni materiali (cd, magliette, bacchette, piatti charleston, etc.) autografati, offerti dagli artisti per sostenere economicamente la campagna referendaria e per supportarne l’organizzazione e la comunicazione, mantenendo autonomo il movimento. Ad aprire le danze un gruppo di capoeira “Semente do jogo de Angola”; a seguire, il divertente e ironico gruppo degli “Averla Piccola”, autori di una canzone pro-referendum, “Brio Blues di Rocketta”, ed il cantautore Paologatto. Molti altri artisti sensibili alla tematica si sono uniti alla rete: Big Charlie, Bum, Camillorè, Caparezza, Erica Mou, Eternauti, Fabryka, Floating State, Folkabbestia, Guy e gli specialisti, Hobo, Il Kif, I Rewind, Il sossio dell’otre, La biblioteca deserta, La Fame di Camilla, La Variante Chevac, Leitmotiv, LogisticDubLab, Mai Personal Mood, Malandra, Maltesi, Mister Wilson, Mon Rêve, Monsterpussy, Nil Durdel, One Way Ticket, Paologatto, Pornoromantici, Puntinespansione, Rekkiabilly, Suoni Mudù, The Eraser, Think’d, Torre di musicanti, Two Left Shoes, U’Papun. Il campo musicale, comunque, non è rimasto un contesto isolato. L’artista Mariantonietta Bagliato, con il suo collettivo artistico “Il Nodo”, ha organizzato una mostra con installazioni di arte contemporanea intitolata “H2ARTE”, dedicata al tema della tutela dell’acqua, all’interno dell’iniziativa “L’Acqua In Testa”, appuntamento fisso dell’estate barese. Anche il teatro ha deciso di raccontare il tema dell’Acqua. Michele Trotter e Pisana Cerso-

Di seguito il programma dettagliato: 2 giugno: Erica Mou – Piazza Madonnella - Madonnella 3 giugno: Malandra – via San Pio da Pietrelcina – San Paolo 4 giugno: Monsterpussy – Piazzetta dei Papi – Poggiofranco 5 giugno: Floating State – Piazza Umberto I – Carbonara 6 giugno: Think’d – Piazza Garibaldi – Libertà 7 giugno: Maltesi – via Leonardo del Turco – Palese 8 giugno: One Way Ticket – via Caldarola - Japigia 9 giugno: Eternauti – viale Salvemini – San Pasquale “La Carovana dell’Acqua” apre le porte al grande concerto finale della campagna referendaria, evento organizzato dal Comitato pugliese Acqua Bene Comune, che si terrà venerdì 10 giugno in Piazza del Ferrarese dal pomeriggio alla sera. Tra gli ospiti d’eccezione Riccardo Petrella, fra i principali esponenti a livello europeo e mondiale sulla tematica dell’Acqua. Fondatore del contratto mondiale dell’Acqua, nonchè autore de “Il manifesto dell’Acqua” e professore emerito all’università cattolica di Lovanio (Belgio). Per seguire da vicino tutti gli appuntamenti con l’Acqua in Puglia potete visitare il blog del comitato pugliese Acqua Bene Comune: www.lacquanonsivende.blogspot.com

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I N T E R V I S TA A . . .

CAPAREZZA OLTRE IL SILENZIO DEI MEDIA di Mirko Patella illustrazione di Francesco “Nobu” Raspanti

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I

l suo Sogno Eretico sta scalando i vertici delle playlist musicali degli ultimi mesi con uno degli album più venduti nei negozi di musica. I concerti dell’Eretico Tour registrano il tutto esaurito, (solo la tappa leccese ha raccolto circa 7 mila fan). Dalla scorsa estate, mezza Italia ha fatto un salto sul “… vieni a ballare in Puglia, Puglia, Puglia … “ Di chi stiamo parlando se non di Michele Salvemini, in arte Caparezza, molfettese doc, orgoglioso delle proprie radici, con cui ci siamo intrattenuti per un’intervista sui prossimi referendum: come sempre, la sua si è dimostrata una voce poco disposta al compromesso. Ciao Michele, iniziamo subito con una domanda “politica”. Nel tentativo di sensibilizzare la gente sull’importanza del voto, abbiamo contattato molti personaggi pubblici, riscontrando però, molto spesso, una certa reticenza nell’esporsi pubblicamente e in maniera chiara. Secondo te a cosa può essere attribuita questa reticenza? Paura, timore di ripercussioni, semplicemente scarsa attenzione all’argomento… Francamente, questo è un problema che non mi ha mai riguardato più di tanto, forse perché la mia idea di politica non riguarda né le poltrone né la spartizione dei poteri, e né tantomeno può essere ridotta all’esercizio di un abuso che minaccerebbe le mie esibizioni. Nella mia idea “romantica” della questione lo Stato è l’insieme delle persone che lo compongono: quindi, senza una politica nessuno Stato può considerarsi tale. Direi che trovo difficile una reticenza, o meglio una diffidenza verso me stesso… (sorride). Perciò continuerò ad espormi anche a rischio di avere qualche rogna, come in passato è accaduto. La politica tocca la mia vita ogni giorno, non vedo perché io non dovrei toccare la sua. Il referendum dovrebbe essere uno strumento del popolo per poter chiaramente esprimere una opinione. Secondo te è giusto dover tornare a votare per qualcosa, come ad esempio il nucleare, su cui la popolazione si è già espressa più volte? In

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questo modo il mezzo-referendum non perde la sua funzione primaria? Bisogna sempre considerare che si sta parlando dell’Italia. Ogni volta che si fa un ragionamento logico bisogna escluderlo dall’ambito “Italia” perché qui le cose funzionano in maniera diversa e non ho mai capito per quale motivo (anzi, direi che è la cosa che più mi fa incazzare). Io sono contro il nucleare, e sono talmente informato sull’argomento che ormai potrei tener testa ai più grandi nuclearisti nazionali, compresi gli ex-Legambiente, ora manager nel ramo bancario. La cosa che mi innervosisce non è tanto la reiterazione di un referendum (in genere l’italiano piscia per terra solo nei bagni degli altri, non nel suo, quindi non dovrebbe volere una centrale in giardino) quanto la totale assenza di informazione a riguardo. Sembra tutto fatto apposta per non parlarne: la collocazione nel periodo estivo, nel postelezioni amministrative, il disinteresse mediatico. Il mio sogno è assistere ad una partecipazione di massa nei giorni del referendum. L’acqua è vita e senza acqua non si può vivere. Secondo la tua opinione cosa possiamo fare per difendere questo nostro diritto alla vita? Innanzitutto bisogna pensare che non si tratta di una risorsa infinita. Il rubinetto non è una macchina magica che produce acqua dal nulla. Trovarcela lì, tutti i giorni, ci ha distratto dalla preziosità di un bene che, secondo molti, potrebbe essere la causa addirittura di conflitti mondiali futuri. Io sono cresciuto con un nonno che da bambino mi ripeteva come un mantra:”Un bicchiere d’acqua

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non si nega a nessuno”. Secondo la logica di chi vuole privatizzare, questa frase diventerebbe:”Un bicchiere d’acqua si offre solo a chi paga”. L’acqua è e deve rimanere pubblica, e lo ribadisco anche a nome di Rezophonic, il progetto proacqua di cui faccio parte artisticamente, grazie al quale si continuano a costruire pozzi in Africa). Cosa manca secondo te alla classe politica attuale? La nostra classe politica deve parlare con le persone, a tu per tu. Se chiude una fabbrica i politici hanno il dovere di parlare con gli operai e risolvere il problema invece di andare in tv a litigare sui ballottaggi o fare squallida propaganda in qualsiasi telegiornale. La politica senza la dimensione umana diventa concreta come una puntata di Star Trek. Trovi che ci sia un’adeguata apertura della politica verso le istanze civili dei cittadini? O sono i cittadini che non sanno farsi ascoltare? Il popolo non deve avere paura di farsi ascoltare, ma deve informarsi sempre sulla vita “politica” del nostro Paese. Del resto, è proprio col voto che diamo potere di governo ai nostri politici: noi glielo diamo, noi possiamo toglierlo. O no? Appunto parole profetiche direi… Caparezza scappa, corre a prepararsi per la prossima esibizione; Il palazzetto è già gremito di gente che lo acclama. Nasce spontaneo un commento: ma sarà vero che il Capa “ha tanto da dire perché ha poco da fare?” Non ci si crede tanto…

Per le foto, si ringrazia Nicola Violante

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SPECCHI D’ACQUA di Nico Andriani

Nel 1995, l’allora Vicepresidente della Banca Mondiale, Ismail Serageldin, affermava: “Se le guerre del Ventesimo secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del Ventunesimo avranno come oggetto del contendere l’acqua”; oggi la profezia di Serageldin sembra avverarsi, le guerre sull’acqua vanno moltiplicandosi giorno dopo giorno anche se non sempre sono riconoscibili come tali. Chi controlla il potere preferisce far passare le guerre dell’acqua per conflitti etnici e religiosi, soprattutto in molti paesi africani, dove le società che popolano i grandi laghi e i fiumi dell’area subsahariana presentano

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una grande diversificazione etnica, linguistica e di costume. Ciò che sembra un conflitto tra religioni in molti casi è l’anticipo di conflitti ambientali globali le cui conseguenze si riversano nelle regioni più fragili, a rischio desertificazione. Il Lago Ciad ai confini tra il Camerun, il Niger, la Nigeria è li a testimoniarlo. È l’ennesima dimostrazione di un modello di sviluppo insostenibile non solo perché incurante della limitatezza delle risorse naturali necessarie al sostentamento umano, ma prima ancora sociale, incurante della storia e del patrimonio millenario di questi popoli.

Appro della le


ofondimenti attraverso i linguaggi del cinema, del documentario, etteratura e del teatro sui conflitti geopolitici dell’acqua

I beni comuni e l’acqua in particolare, sono al centro di un conflitto sull’idea stessa di sviluppo e di futuro del pianeta. Un conflitto che non può esaurirsi nella semplice dialettica tra fautori di una gestione pubblica del bene comune e fautori di una proprietà privata dei servizi ma avanzare una riflessione politica in grado di comprenderne il suo valore inestimabile anche in termini di cultura e di valori immateriali di cui è portatrice. In Italia questa riflessione stenta ancora a decollare, nemmeno il referendum sembra capace di riattribuirle la giusta collocazione narrativa. Le responsabilità? Molte, anche

dei media, incapaci (o non interessati?) di raccontare le altre cifre del “problema”, quelle lontane dei grandi schemi matematici dell’economia. Accorgersene potrebbe essere già il superamento di una soglia critica. Per queste ragioni vi suggeriamo alcuni racconti di letteratura, di cinema e di teatro, con alcune riflessioni che aiutano a comprendere meglio le cifre e l’urgenza del problema.

Per le foto, si ringrazia Monica Falco

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1. LETTERATURA: Vandana Shiva - Le guerre dell’acqua (Feltrinelli, Serie Bianca, 13.50 euro)

Partendo dal presupposto che l’acqua da sempre è stato uno degli strumenti per l’esercizio del potere da parte dei popoli, la Shiva ci induce a riflettere su come l’esercizio indiscriminato di questo potere in questo preciso momento della storia dell’umanità potrebbe portare a conseguenze devastanti per il futuro, ben più gravi di quanto già è successo con “le guerre dell’acqua” del passato. L’acqua è un bene finito, va gestito con grandi accortezze e con politiche adeguate, e questo libro dovrebbe costituire un momento di riflessione obbligata sia per coloro che sono responsabili diretti degli interventi progettuali sia per coloro che si occupano di definire le politiche del settore. E’ necessario collegare le questioni climatiche, quelle agricole e quelle dell’acqua in una sola missione all’insegna della salvaguardia della “fabbrica della vita” di questo pianeta.

2. CINEMA1: Home (di Yann-Arthus Bertrand), è un film documentario che

mostra la Terra, esplorata dall’alto, e l’impatto dell’uomo sui territori più vari del pianeta. Realizzato dalla fondazione GoodPlanet (di cui Bertrand è presidente) per la ricorrenza dell’Earth Day 2009, ha la forma di un appello della stessa terra all’uomo, che ha raccolto i benefici dell’eredità di 4 miliardi di vita della terra: un’opera d’arte fotografica e semiologica della vita sulla terra, sulla presenza dell’uomo e sulla sua capacità di distruggere al volere del mercato, all’avidità dopo aver soddisfatto il proprio sostentamento (il nostro bisogno principale è riuscire a sfamarci), un poetico equilibrio della vita, con una presenza di 200.000 anni. Viviamo un periodo determinante. Gli scienziati ci dicono che abbiamo 10 anni per cambiare i nostri modi di vita, di evitare di esaurire le risorse naturali ed impedire un’evoluzione catastrofica del clima della terra. Dobbiamo ricordarci che il motore della vita è la connessione: tutto è collegato, niente è fine a se stesso nella natura, acqua e aria sono inseparabili, unite per la vita e per la nostra vita sulla terra. La condivisione è essenziale.

3. CINEMA2: FLOW (di Irena Salina, anche nella collana Feltrinelli - Real Cinema) è un documentario che fa luce sulla crisi globale dell’acqua e sul processo

di privatizzazione dei servizi idrici. Per tre anni, dagli Stati Uniti al Sud Africa attraverso Rajasthan e Bolivia, la regista Irena Salina ha intervistato scienziati, attivisti, portavoci di compagnie private e comuni cittadini per costruire questo allarmante resoconto. L’acqua è oggi la terza industria al mondo dopo petrolio ed elettricità, ma la sua rapida e crescente diminuzione la renderanno, in tempi brevissimi la risorsa più redditizia. Ovunque, Stati Uniti compresi, l’accesso all’acqua potabile sta diventando un problema, e migliaia di persone muoiono quotidianamente per la sua mancanza. Nei quartieri più poveri dei paesi impoveriti, la privatizzazione delle reti idriche– incoraggiata dalla Banca Mondiale e a tutto vantaggio, tra tutte, di due multinazionali francesi, SUEZ e VEOLIA, e di una inglese, RWE-THAMES WATER – comporta un incremento dei prezzi dell’acqua potabile ed esclude un numero crescente di persone dalla possibilità di accedere al servizio. Mentre l’oro blu diventa sempre più l’oggetto del desiderio, il Consiglio Mondiale dell’acqua, organo che dovrebbe mediare la conflittualità esistente tra gli interessi degli Stati, delle compagnie private e dei cittadini, è composto e apertamente diretto da rappresentanti di VEOLIA e SUEZ.

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4. TEATRO: AcqumanA (dell’associazione Exayroad, che dal 12 al 17 maggio è arrivato in Puglia), è una rappresentazione di teatro sociale in merito

ai processi di privatizzazione dei servizi idrici, in Italia come in Europa e nel mondo. L’acqua è da sempre elemento fondamentale nella vita dell’essere umano e da sempre il dominio su di essa ha dato origine a stati di tensione economica e sociale. Tuttavia è solo con la spinta del mercato neoliberista che – dopo aver fatto tabula rasa di qualsiasi legame tra uomo e natura – anche l’acqua esce dalla sfera sociale per entrare di fatto nell’ampia sfera di influenza economica. La fonte di vita primaria per gli esseri umani diviene così una qualsiasi merce soggetta alla “non legge” del mercato, secondo la quale può essere utilizzata a proprio piacimento purché tale utilizzo sia mirato a ottenere la massima resa con la minima spesa. Praticamente una legittimazione a danneggiare le persone e l’ambiente che le circonda, “tanto – comunque vada – il costo del danno non sarà mai pagato da chi l’ha commesso”. AcqumanA non è quindi lo sguardo di un tecnico che sviscera dati, né la voce del sud del Mondo che reclama ciò che appartiene alla sua terra, e neppure la fonte di vita umana e spirituale; o meglio, è tutto questo visto dal punto di vista dell’uomo della strada, della madre, del lavoratore salariato, del contadino, di chi si ferma su un ponte e in quell’acqua che scorre ingabbiata scorge il futuro del mondo: il punto di vista di una persona come tutti noi, perché è per parlare alle persone che il teatro prende vita, e per la diversità tra le persone che esso si lascia modellare.

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