Hi-Tech Ambiente 3.2016

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MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -

PASSI DA FARE E TRATTAMENTI

ANNO XXVII APRILE 2016

A CHE PUNTO SIAMO?

Il modello Waste End

L’eco-efficienza nell’industria

a pagina 21

a pagina 29

PRODUZIONE E UTILIZZO IN LOCO

IL BIOGAS SU PICCOLA SCALA a pagina 26 SPECIALE

a pag. 35

MISURATORI SME AL CAMINO

N3



SOMMARIO BIOMASSE & BIOGAS

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PANORAMA APPROFONDIMENTI

Il biogas arricchito 8

I rifiuti in discarica Chiarimenti tecnici e norme UNI in merito ai requisiti sostanziali di ammissibilità

Il biogas su piccola scala

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MACCHINE & STRUMENTAZIONE

Soluzione per reflui con carico organico rapidamente biodisponibile e basso ossigeno disciolto

Le membrane ceramiche

Gli analizzatori al camino 13 LABORATORI

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17 GEOMANAGEMENT

Un nuovo trattamento chimico-fisico da cui si ottiene un residuo non pericoloso ed assimilabile agli urbani

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Una pila a combustibile che promette di ridurre la perdita di energia, i costi e le emissioni

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Rifiuti zero ed economia circolare devono diventare la nuova frontiera del settore produttivo italiano

SPECIALE “MISURATI SME AL CAMINO”

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TECNOLOGIE

LT-SOFC per trigenerazione

Linee di avvolgimento per balle di materiali da recupero e presse imballatrici universali completamente automatiche

Il modello Waste End

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Definizione e classificazione, pericolosità, prevenzione e protezione ed infine gestione dei rifiuti

RIFIUTI

Il rifiuto si fa piccolo

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SICUREZZA

I rischi delle F.A.V.

I rifiuti sanitari resi innocui

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Diverse le tecniche di misura, ma tre sono quelle di uso più generale: metodi ottici, gascromatografici e spettrofotometria infrarossa

Alte prestazioni, lunga durata, bassa manutenzione e quindi economicamente vantaggiose nel lungo periodo

Stop alle emissioni di COV

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ENERGIA

Lo scarico in mare è possibile solo se il contenuto in idrocarburi totali non supera i 15 ppm

Fermato il bulking filamentoso

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Impianti compatti, prefabbricati su container ed assemblabili in più moduli per potenziarli, spesso con upgrading a biometano

DEPURAZIONE Trattare le acque di sentina

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Processi allo studio per rendere ancora utilizzabile quello prodotto dalle vecchie discariche

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RETI & SERVIZI

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ECOTIME

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MARKET DIRECTORY

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ECOTECH

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GLI INDIRIZZI DELLE AZIENDE CITATE SONO A PAG. 66 Hi-Tech Ambiente

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PANORAMA SGRAVI FISCALI

Il giardino pensile anti-smog Il verde urbano è un aiuto prezioso contro l’inquinamento atmosferico ed il caldo, e dato che parchi e viali alberati sono cosa rara in città, sta prendendo sempre più piede il cosiddetto “verde pensile”, ossia piccoli giardini e aiuole sui tetti delle abitazioni. Ad oggi, il “roof garden” in Italia ha raggiunto la superficie di verde aereo fino a 10 milioni di mq. Il risparmio energetico è del 30%, la diminuzione delle polveri sottili raggiunge il 20% (anche grazie al lavoro incessante delle piante che aiutano il drenaggio delle acque piovane), l’aumento dell’umidità nell’aria si pone tra il 10 e il 20%. Inoltre, i giardini pensili, che trat-

RAPPORTO DI SOSTENIBILITA’

Conai: recuperi e ricicli Secondo l’aggiornamento del Report di Sostenibilità “Contenuti e Contenitori” di Conai, nel 2014 si è ulteriormente consolidata la quota di rifiuti di imballaggio (in acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro) recuperata a livello nazionale, pari al 77,7% dell’immesso al consumo, per un totale di 9,2 mln di ton. Questi risultati hanno generato numerosi benefici ambientali, economici e sociali. Ad esempio, il riciclo e il recupero degli imballaggi ha evitato nel solo 2014 il consumo di 3,3 mln di ton di materia prima in crescita del 10% rispetto al 2013. In particolare, è stata risparmiata la produzione di nuova materia prima equivalente a 1,2 mld di bottiglie in vetro, di 300 mln di risme di carta, di 30 mln di pallet in legno, di 8 mld di flaconi in PET, di 1 mld di lattine in alluminio, e dell’equivalente in peso di 665 Frecciarossa per l’acciaio. È stato possibile ottenere un risparmio energetico pari a circa 18 TWh di energia, cui si aggiunge la produzione di energia elettrica e termica generata dalla valorizzazione degli imballaggi (0,8 TWh). Rilevante è poi il contributo nel contenimento dei gas serra causa

valore della materia prima seconda generata (355 mln), valore economico dell’energia prodotta (51 mln) e indotto economico generato dalla filiera (485 mln). A questi si aggiungono ulteriori 102 mln di euro di benefici indiretti,

ATLANTE EOLICO PRECISO AL KM L’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena) ha di recente aggiornato il suo atlante eolico, ossia la mappatura globale dell’energia eolica, mostrandola con una precisione al km. Riuscire a fornire dati e statistiche il più dettagliate possibile consentirà di minimizzare

dei cambiamenti climatici se pensiamo che nel solo 2014 è stata evitata l’emissione di oltre 3,5 mln di ton eq. di CO 2, pari a quanto prodotto in un anno da quasi 500mila auto. L’impatto economico è altrettanto consistente: i benefici diretti sono stati pari a 891 mln di euro, tra Hi-Tech Ambiente

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tengono fino al 70-90% dell’acqua piovana, possono prevenire allagamenti, con un alleggerimento del carico sulla rete di canalizzazione delle acque bianche, rendendo percorribile la strada del riutilizzo delle acque piovane per usi irrigui; infine, l’insonorizzazione delle coperture permette una migliore protezione dal rumore. E’ molto recente l’introduzione da parte del Ministero dell’ambiente di sgravi fiscali fino al 65% per chi sceglie il verde pensile, rendendo il green roof un intervento di riqualificazione energetica a pieno titolo. Peraltro i giardini pensili, oltre a combattere lo smog urbano, incrementano il valore dell’immobile e sono una soluzione ottimale per risparmiare energia, e tutto ciò a fronte di costi contenuti: un metro quadro di giardino verde con piccole piante costa tra 100-120 euro. rappresentati dal valore economico della CO2 non emessa. I benefici complessivi sono ampiamente superiori ai costi sostenuti dal sistema, che nello stesso anno ammontano a 477 mln di euro. i costi iniziali delle misurazioni necessari per determinare le migliori posizioni per i progetti. L’atlante, consultabile gratuitamente, fornisce mappe virtuali che mostrano la velocità del vento a tre diverse altezze, e strumenti per generare ed esportare i dati e le statistiche, come le rose dei venti e le distribuzioni delle velocità su un’area prescelta.


PANORAMA I dati sono sotto gli occhi di tutti: su questa Terra 1 persona su 8 soffre la fame, 2 miliardi di persone sono malnutrite, mentre 1/3 del cibo prodotto, pari a 1,3 miliardi di tonnellate, viene sprecato. I costi ambientali associati allo spreco corrispondono a circa 250.000 miliardi di litri d’acqua, 1,4 miliardi di ettari di terra e sono responsabili per l’emissione in atmosfera di circa 3,3 miliardi di tonnellate di CO2. Tra le varie iniziative antispreco, di forte impatto quella che vede coinvolti Conai, Unioncamere Veneto e Ministero dell’Ambiente per la diffusione del progetto pilota “Family Bag”, che parte proprio in Veneto. Il Family Bag è l'upgrade semantico del più noto “doggy bag”, e permette non solo di svecchiare il termine ma anche di affrancare il concetto dal ghetto del nostro immaginario e dal pudore di richiederlo a fine pasto. Non sprecare, infatti, deve essere il nuovo stile di vita, e dunque richiedere una Family Bag dovrà portare a connotare un comportamento virtuo-

PROGETTO PILOTA

Con Family Bag non sprechi Una piccola rivoluzione chic nelle abitudini degli italiani al ristorante

IL MARCHIO FAMILY BAG

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I rifiuti del tuo Comune Disponibile, e aggiornata al 2014, la raccolta completa di open data sulla produzione e gestione dei rifiuti urbani nazionali a livello comunale. Per sapere quanti rifiuti produce il proprio comune o se li differenzia, basta collegarsi alla piattaforma www.catasto-rifiuti.isprambiente.it e selezionare il proprio tra gli oltre 8000 comuni italiani. Il valore aggiunto di questa nuova banca dati è il raggiungimento del massimo livello di disaggregazione, che va dal singolo comune al dato nazionale (meno del 4% sono aggregati

tale molto forte. Il tema dell’alimentazione e dello spreco è uno dei pilastri imprescindibili di questo percorso, e l’introduzione dei Family Bag nei ristoranti è un passaggio culturalmente importante>>.

per comunità montana). Le informazioni sono suddivise anche per frazione merceologica (carta, legno, plastica, rifiuti elettronici, ecc.) e la copertura temporale parte dall’anno 2010. Tali informazioni sono acquisite, elaborate e pubblicate dall’Ispra grazie al contributo delle sezioni regionali del Catasto e, in generale, di tutti i soggetti pubblici detentori dell’informazione, nonché attraverso il MUD ambientale.

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so. Se Conai ha reso accessibili le Family Bag in vari materiali (acciaio, alluminio, carta, legno e plastica), per il trasporto del cibo avanzato al termine di un pasto fuori casa, Unioncamere Veneto ha individuato 100 ristoranti appartenenti alle tre Associazioni dei Ristoratori ai quali viene recapitata da parte di Conai una prima fornitura di Family Bag realizzata con i materiali dei Consorzi ad esso aderenti: in plastica (Corepla), alluminio (CiAl), carta (Comieco), legno (Rilegno) e acciaio (Ricrea). <<Ritengo che sia fondamentale – afferma Barbara Degani, Sottosegretario Ministero dell’Ambiente - formare gli uomini del futuro con una coscienza ambien-

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Il marchio Family Bag è stato realizzato con l’obiettivo di rendere il riutilizzo del cibo avanzato al ristorante un’abitudine socialmente condivisa e non più imbarazzante. Per farlo, era necessario approcciare il logo e la grafica della Family Bag come se fosse un brand di moda. Sono così state associate le iniziali del naming a elementi grafici che rappresentassero in modo sintetico e iconico avanzi di cibo mangiucchiati. Il risultato è una texture elegante e pulita, che fa sembrare la Family Bag quasi una pochette di un brand di alta moda. D’ora in poi, portare a casa gli avanzi della cena al ristorante sarà davvero chic. Per meglio chiarire questo concetto espresso visivamente dal solo marchio, sono state apposte delle informazioni sul retro del Pack che portano la seguente scritta. “Da oggi, grazie alla Family Bag, avanzare il cibo al ristorante non sarà più un problema. Non dovrai più sentirti in colpa né per aver sprecato del cibo ancora potenzialmente buono, né dovrai aver paura di offendere il ristoratore. Portando a casa il tuo cibo, infatti, aiuterai a evitare gli sprechi e lusingherai il cuoco portando le sue ricette anche a casa tua, magari condividendole con la tua famiglia
o con i tuoi amici. Ma non solo,
farai la tua parte nell’economia circolare, l’economia che si basa sulla valorizzazione delle risorse e sulla prevenzione degli sprechi. E in più, grazie all’esclusivo design della Family Bag, lo potrai fare con stile. Da oggi non sprecare il cibo sarà qualcosa di più di una buona azione: sarà un nuovo stile di vita”.


PANORAMA Tutti i principali Paesi emettitori del mondo stanno implementando sistemi di prezzo delle emissioni basati su schemi di mercato o di carbon tax, e la fiscalità ambientale, oggi più centrale nelle politiche internazionali, riguarderà sempre più cittadini e imprese, riflettendosi sui prezzi di beni e servizi. E’ quanto emerge dal secondo “Report emissioni 2014 - 2015” di gas serra delle aziende italiane sottoposte al meccanismo europeo dei certificati di emissione ETS - Emission Trading Scheme, realizzato da EcoWay In Italia, l’unico settore che incrementa le emissioni di CO2 nel 2014 è quello alimentare (+9%). Chimica (-10%), utility (-9%), calce e cemento (-6%) e laterizi (-5%), invece, i settori che registrano le maggiori riduzioni. In ambito regionale è la Puglia, con pochi impianti e di grandi dimensioni, che ha il livello più elevato di emissioni, pari a 1/5 di quelle totali in Italia; seguono Lombardia (13,7%) e Sicilia (12%). In Europa, paesi quali Francia, Norvegia, Portogallo e Svezia hanno affiancato delle carbon tax al sistema ETS unico europeo, che resta il maggior schema di prezzo internazionale della CO2. A livello istituzionale sono state varate diverse misure, tra cui il Market Stability Reserve (MSR) per rendere più efficiente il sistema ETS, che ha l’obiettivo ultimo di stimolare le aziende ad efficientare i processi produttivi in termini di emissioni. L’Italia resta il 4° maggior paese emettitore europeo, preceduto da Germania, UK e Polonia ma riduce

AZIENDE ED EMISSIONI

Il Coou, consorzio che recupera gli oli usati in Italia, si è chiesto se gli italiani spenderebbero di più per fare acquisti sostenibili. Per sapere la risposta ha commissionato una ricerca su tematiche ambientali, la quale evidenzia come la preoccupazione degli italiani nei confronti del “problema ambiente” sia complessivamente diminuita, a fronte della crescente emergenza immigrazione. I cittadini, dunque, ritengono ancor più degli anni precedenti che i principali responsabili della salvaguardia dell’ambiente siano loro stessi (79% contro il 69% del 2014). La rilevazione si è basata su un campione di 1.000 persone e ha rivelato che l’attenzione dei cittadini sembra essersi legata alla

"A" COME AMBIENTE

CO2 da “report” Le imprese italiane riducono i propri gas serra del 7,4% nel 2014

le emissioni in misura maggiore rispetto all’UE (-7,5% versus 4,9%). Nel mondo si diffondono i sistemi basati sul mercato ETS per la gestione delle politiche di controllo dei cambiamenti climatici. La Cina, tra i maggiori emettitori mondiali, ha introdotto 7 schemi pilota e si è impegnata a lanciare uno schema unico nazionale nel 2016. In Usa manca un sistema nazionale, ma molti stati stanno adottando schemi ETS locali. L’EU-ETS è il primo mercato internazionale per lo scambio di quote di emissioni sviluppato dall’Unione Europea con l’obiettivo di ridurre le emissioni di gas a effetto serra, al minor costo per imprese e collettività, prodotte e immesse in atmosfera dalle aziende.

E’ NATA AIRE Si è costituita a Padova AIRE, Associazione Italiana Risparmio Energetico, voluta da un gruppo di imprenditori che operano nel settore dell’efficientamento energetico impiantistico, termoidraulico ed elettrico. La neonata associazione è rappresentata attualmente da piccole e medie imprese che si occupano di installazione, manutenzione, riparazione e riqualificazione di impianti tecnologici e da studi di consulenza e progettazione selezionati che coprono tutti i settori della filiera edile e che comprendono tutte le attività legate al risparmio energetico e alle fonti rinnovabili.

Gli italiani più eco crisi finanziaria: secondo il 75% ha contribuito a renderli più attenti alle esigenze dell’ambiente. Il 65% del campione è a conoscenza di almeno uno dei più recenti fatti d’attualità legati a problematiche ambientali. Dominano le emergenze legate al maltempo e al rischio idrogeologico (41%), poi viene il decreto del governo sulle trivelle nei mari italiani (18%) e infine l’introduzione della normativa sugli ecoreati nel codice penale (14%). Non manca anche una conoscenza modesta della prossima confeHi-Tech Ambiente

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renza sul clima di Parigi (29%). Un dato che invece rinfranca è la disponibilità di 8 italiani su 10 a spendere di più per acquistare prodotti e servizi che impattino meno sull’ecosistema. La stessa porzione del campione si dice anche pronta a impegnarsi per migliorare la qualità ambientale.

ERRATA CORRIGE Sul numero di febbraio di HiTech Ambiente è stato erroneamente riportato il valore del Contributo Ambientale per gli imballaggi in acciaio, che ad oggi è di soli 13 euro a tonnellata.


APPROFONDIMENTI NUOVE REGOLE

I rifiuti in discarica Chiarimenti tecnici e norme UNI in merito ai requisiti sostanziali di ammissibilità Il D.M. 24/6/2015 (pubblicato in G.U. 211/2015), introduce significative novità per i criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica, recependo le norme tecniche contenute nella decisione del Consiglio 2003/33/CE e adeguando la disciplina italiana sulle metodiche analitiche relative ai rifiuti alla norma UNI 10802, che definisce i requisiti sostanziali di ammissibilità in discarica. Le norme tecniche costituiscono espressione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia ambientale ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, e quindi non possono essere derogate alle normative regionali o delle Province autonome.

zione, vetrificazione, presentano un comportamento alla lisciviazione che non subisca alterazioni negative nel lungo periodo nelle condizioni di collocazione in discarica) - vengono introdotte (in aggiunta a quelle già previste dalla norma modificata) due ulteriori verifiche per l’accettazione di rifiuti pericolosi stabili non reattivi in discariche per rifiuti non pericolosi: lo svolgimento di idonee prove geotecniche che dimostrino adeguata stabilità fisica e capacità di carico del rifiuto, per le quali vengono indicati come riferimento i criteri di accettazione WAC dell’Agenzia britannica per la protezione dell’ambiente; la valutazione della capacità di neutralizzazione degli acidi, per la quale è prevista l’applicazione dei test di cessione di cui alle norme CEN/TS 14429 o CENT/TS 14997. L’introduzione di quest’ultima verifica, ossia una verifica di carattere chimico per l’accettabilità dei rifiuti pericolosi, costituisce la più importante novità tecnica introdotta dal D.M. 24/6/15. La norma prevede il possibile impiego alternativo di due diverse metodologie analitiche per valutare la capacità di neutralizzazione del rifiuto: - il CENT/TS 14429, che è test in cui il pH viene controllato con l’aggiunta predeterminata di acido/base per raggiungere il pH prestabilito - il CENT/TS 14997, un test in cui il pH viene misurato in modo continuo durante tutto il test, e lo stesso viene corretto automaticamente con l’aggiunta di acido/base. Senza entrare in dettagli tecnici, è da rilevare che sia la norma comunitaria sia quella nazionale non forniscono valori limite per la capacità di neutralizzazione di un rifiuto. Ciò è corretto in linea di principio, ma sarebbe forse auspicabile che

RIFIUTI NON PERICOLOSI

Dopo alcuni chiarimenti relativi ai rifiuti inerti, il D.M. 24/6/15 introduce un’importante novità per quanto riguarda il parametro TOC (carbonio organico totale). Questo parametro consente (o meno) il conferimento in discarica di rifiuti organici, ossia dei materiali biodegradabili suscettibili di produrre biogas: ai sensi dell’art. 1, let.k, del D.M. (che modifica l’art. 7 del D.M. 27/9/2010), il TOC non deve superare il 5%, salvo deroghe motivate da parte dell’Autorità competente (Regioni o Province Autonome). Inoltre, deve essere misurato senza più provvedere alla separazione preliminare di plastiche o altri rifiuti chimicamente inerti. Sempre in tema di rifiuti non pericolosi, la nuova normativa modifica l’art. 6, com.4, del D.M. 27/9/2010, introducendo due modifiche: - viene precisato il concetto di rifiuti pericolosi “stabili non reattivi” (ossia rifiuti che, sottoposti a trattamento preliminare, ad esempio di solidificazione/stabilizzaHi-Tech Ambiente

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APPROFONDIMENTI

in futuro venissero inseriti valori limite (o quantomeno indirizzi al riguardo) nei provvedimenti autorizzativi delle singole discariche (ndr). FANGHI DA FOSSE SETTICHE

Il nuovo decreto modifica il campo di deroga per il parametro DOC (carbonio organico disciolto), stabilendo che il limite per esso stabilito non sia applicabile ai fanghi delle fosse settiche e ai rifiuti da trattamento biologico, ma solo qualora essi siano trattati mediante processi idonei a ridurne in modo consistente l’attività biologica (ad esempio, compostaggio, digestione anaerobica, trattamenti termici ovvero altri trattamenti individuati come BAT per i rifiuti a matrice organica dal D.M. 29/1/2007), oppure a condizione che il conferimento in deroga avvenga nel rispetto dei programmi regionali di cui all’art.5, D.Lgs n.36/2003, e presentino un indice di respirazione dinamico (determinato secondo la norma UNI/TS 11184) non superiore a 1.000 mgO2/kgSVh. Con tali modifiche si consente il conferimento in discarica di fanghi e rifiuti di trattamento biologici adeguatamente trattati.

nel quale sono minuziosamente elencati i metodi di campionamento e analisi, con riferimento alle norme UNI e CEN. Per i rifiuti contenenti amianto, si prescrive che il contenuto di amianto in peso deve essere determinato analiticamente utilizzando una delle metodiche analitiche quantitative previste dal D.M. 6/9/1994 del Ministero della Sanità; la percentuale in peso di amianto presente, calcolata sul rifiuto dopo il trattamento, sarà ri-

dotta dall’effetto diluizione della matrice inglobante rispetto al valore del rifiuto iniziale. La densità apparente è determinata secondo le normali procedure di laboratorio standardizzate, con impiego di specifica strumentazione (bilancia idrostatica, picnometro). La densità assoluta è determinata come media pesata delle densità assolute dei singoli componenti utilizzati nelle operazioni di trattamento dei rifiuti contenenti amianto e pre-

CAMPIONAMENTO E ANALISI

Il D.M. 24/6/2015 sostituisce l’All.3 del precedente D.M. 27/9/2010 con un nuovo allegato, Hi-Tech Ambiente

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senti nel materiale finale. La densità relativa è calcolata come rapporto tra densità apparente e assoluta. L’indice di rilascio I.R. è definito come frazione ponderale di amianto/densità relativa (essendo la frazione ponderale di amianto la percentuale in peso di amianto/100). L’indice di rilascio deve essere misurato sul rifiuto trattato, dopo che esso ha acquisto le caratteristiche di compattezza e solidità.


DEPURAZIONE A C Q U A   -   A R I A   -   S U O L O

A BORDO O NEL PORTO DI ARRIVO

Trattare le acque di sentina Lo scarico in mare è possibile solo se il contenuto in idrocarburi totali non supera i 15 ppm Le acque di sentina sono tutte quelle acque che si raccolgono al fondo delle navi; sono costituite da acqua di mare mescolata con olio combustibile, olio lubrificante, liquidi di raffreddamento dei motori, acque di condensa dei compressori e dei frigoriferi, e altri contaminanti spesso difficili da prevedere. Le attuali normative, emanate dall’IMO (International Maritime Organization) prevedono che lo scarico in mare delle acque di sentina sia consentito solo se il contenuto in idrocarburi totali non supera 15 ppm; a questo scopo molte navi si sono dotate di separatori acqua/olio, che però spesso non sono sufficienti a raggiungere questo limite. Quando è possibile, si cerca di accumulare le acque di sentina e di trattarle nei porti di arrivo; la normativa europea (Direttiva 2000/59/CE, recepita con il D.Lgs 182/2003) impone che in ogni porto siano presenti sistemi di trattamento delle acque di sentina. IL TRATTAMENTO A TERRA

I sistemi di trattamento a terra possono avere diversi gradi di complessità, secondo le normative regionali e in dipendenza della possibilità di appoggiarsi ad impianti di trattamento di reflui urbani o industriali posti nelle vicinanze. La prima fase di trattamento è la separazione dell’olio, che può essere ottenuta per decantazione statica in serbatoio (occorrono da 7 a 10 giorni), per centrifugazione, mediante disoleatori a pacchi lamellari o mediante flottazione con aria disciolta (DAF, cioè Dissolved Air Flotation). Quest'ultimo processo consiste nel saturare l'acqua Hi-Tech Ambiente

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DEPURAZIONE da depurare con aria compressa, in un serbatoio di pressurizzazione separato, pompando poi l'acqua satura di aria al fondo della vasca di flottazione attraverso una speciale valvola. L'aria disciolta ritorna allo stato gassoso formando microbolle, che risalgono verso l'alto trascinando in superficie le particelle oleose; lo strato oleoso viene continuamente aspirato e inviato a ulteriori trattamenti di separazione. L'efficacia della DAF può essere potenziata mediante l'immissione di flocculanti a monte della vasca di flottazione. Mentre con la decantazione il contenuto di olio residuo è intorno a 1% (10.000 ppm), la DAF consente di ottenere valori di 100 ppm; occorrono poi successivi trattamenti su carbone attivo o con processi di ossidazione chimica per raggiungere il limite di 15 ppm.di idrocarburi, e per eliminare altri contaminanti come tensioattivi, solfuri, aldeidi, glicoli, ecc. La fase oleosa raccolta può essere trasferita a raffinerie di petrolio, per essere miscelata con petrolio grezzo e trattata nei normali processi di raffinazione; oppure ceduta ad un centro attrezzato per la sua

trasformazione in olio combustibile di recupero. Ne è un esempio, l'impianto realizzato a Livorno dalla Labromare, che produce un olio registrato al Reach come "Labro Oil - Olio combustibile residuo", destinato a tutte le categorie di riutilizzo, ad eccezione della combustione diretta.

IL TRATTAMENTO IN MARE

Non sempre è possibile trasferire le acque a installazioni poste sulla terraferma: è il caso, ad esempio, delle piattaforme per l’estrazione degli idrocarburi. Inoltre, l’esperienza dimostra che spesso i separatori installati a bordo delle navi non raggiungono gli standard di

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depurazione previsti, a causa della scarsa manutenzione. Per salvaguardare l’ecosistema marino dalle conseguenze degli scarichi inquinanti, è stato varato dall’Unione Europea il progetto OileClear (coordinato dalla ditta svedese Westmatic), che si propone di sviluppare un’unità di trattamento delle acque di sentina completamente automatica, completa e indipendente, di facile impiego e manutenzione. Il progetto è Il sistema di separazione OileClear comprenderà tre fasi, nelle quali sono presenti celle auto-sciacquanti a elettrolisi regolabile, con un trattamento di elettrocoagulazione per ottenere la rottura delle emulsioni in acqua/olio, oltre alle classiche unità di separazione per decantazione e sedimentazione. Per evitare l’emissione di vapori inquinanti in atmosfera è previsto un trattamento catalitico dei gas di processo. La concentrazione di idrocarburi residui nell’acqua verrà continuamente monitorata mediante fluorescenza UV; qualora la concentrazione di idrocarburi superasse le 5 ppm, lo scarico verrà automaticamente interrotto.


DEPURAZIONE N.C.R. BIOCHEMICAL

Fermato il bulking filamentoso Soluzione per reflui con carico organico rapidamente biodisponibile e basso ossigeno disciolto N.C.R. Biochemical ha efficaciemente eliminato il problema del bulking filamentoso, causato dai microrganismi filamentosi Haliscomenobacter Hydrossis e Type 021N, in un impianto a fanghi attivi lattiero-caseario. L’impianto, del tipo a miscelazione completa, è strutturato su uno schema a pre-denitrificazione con equalizzatore di testa e sedimentatore finale gravitazionale. Le condizioni operative sono le seguenti: portata di 800 mc/giorno, Kric 1,1-1,5 riferito alla portata), ossigeno disciolto 0,2-0,5 ppm (dovuto ad un limite strutturale del sistema di insufflazione aria). Ad un’osservazione visiva l’impianto presenta un mixed-liquor di colore marrone con viraggio verso l’arancio con formazione di schiuma superficiale spessa, dalla consistenza spugnosa, con tendenziale accumulo nelle zone sottoposte a minor agitazione dagli insufflatori di aria. Il compartimento di denitrificazione appare quasi totalmente ricoperto da schiuma nella porzione iniziale, mentre nella parte finale la superficie appare maggiormente sgombra da schiume e permette di osservare un fiocco di fango rigonfio con una piccola quota parte flottata (anche se il fenomeno è decisamente contenuto). Il sedimentatore secondario, invece, presenta uno strato superficiale di fango biologico con numerose micro bolle di gas incluse che ne causano l’alleggerimento e la conseguente tracimazione nello scarico finale. Ad un’osservazione al microscopio ottico (100X, luce diretta in fase) il fiocco di fango si presenta in forma dispersa, con scarso grado di aggregazione. La morfologia è eterogenea, così come la distribuzione dimensionale dei singoli fiocchi. Si osservano microorganismi filamentosi del tipo Halyscomenobacter Hydrossis e Type 021N tipici di habitat caratterizzati da basso ossigeno disciolto e carichi organici di

Bulking filamentoso prima e dopo 20 giorni di trattamento

lavoro per lo più costituiti da rbCOD. I filamenti sono presenti in classe di abbondanza 5 secondo la scala Jenkins, contribundo ad un significativo effetto ponte tra i diversi fiocchi di fango. A livello di microfauna protozoale si osservano parallelamente: Peranema (zooflagellati di grandi dimensioni, si associano alla presenza di BOD scarsamente biodegradabile, come sostanza biorefrattarie in ingresso o bioricalcitranti che continuano a ricircolare all’interno dell’impianto), Carchesium (protozoi ciliati sessili, vengono osservati in forma coloniali, agglomerati di 2-6 individui, indicatori positivi della biomassa, indici di un buon grado di colonizzazione “residua” del fiocco di fan-

go), Epistylis (protozoi ciliati sessili, vengono osservati in forma coloniale, agglomerati di 8-12 individui, indicatori positivi della biomassa, indici anch’essi di un buon grado di colonizzazione del fiocco di fango), classe Kinetofragminophorea, ordine Suctoria, genere Tokophrya (protozoi sessili nello stato adulto indici di un’elevata età del fango e tempi di soggiorno della biomassa piuttosto lunghi), Amebe tecate e Amebe arcella come presenza di fondo. L’indice SBI della biomassa (Sludge Biotic Index, calcolato secondo la procedura Madoni et Al.) ha fornito il seguente risultato: valore SBI 6, Classe II, fango colonizzato e stabile, attività biologica subottimale, discreta efficienza depura-

Bulking filamentoso dopo 44 giorni di trattamento Hi-Tech Ambiente

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tiva. Di per sé non rappresenta un cattivo risultato, ma rimane inficiato dalla forte presenza di microorganismi filamentosi. La biomassa appare sottoposta ad un carico f/m pari a 0,265 kg BOD5/kg MLVSS × giorni-1, e il fango si trova in uno stato di bulking con indice SVI oltre 280 ml/g. Sulla base di quanto osservato si interviene con un trattamento simultaneo di blend batterico fotosintetico “non-obbligato” anossigenico (Ecosana L) capace di operare la biodegradazione di rbCOD a in condizioni facoltative/anossiche (fattore di competizione con filamentosi) dosato nel compartimento di pre-denitrificazione e bio-stimolazione, mediante il dosaggio di una miscela di effettori di membrana e oligoelementi (Probios 60) dosata in vasca di ossidazione biologica. In sintesi, dopo circa 24 giorni di trattamento si è osservato un sostanziale dimezzamento dell’indice volumetrico del fango (SVI da 280 ml/g a 144 ml/g) senza la necessità di effettuale interventi di clorazione che avrebbero pregiudicato la funzionalità dell’impianto. Pertanto, l’impianto ha potuto mantenere la sua piena operatività a valori di carico operativo superiore a 0,25 kg BOD5/kg MLVSS × giorni-1 senza pregiudicare la produzione in stabilimento.


DEPURAZIONE TECNOLOGIA E APPLICAZIONI

Le membrane ceramiche Alte prestazioni, lunga durata, bassa manutenzione e quindi economicamente vantaggiose nel lungo periodo Il termine “membrana” è derivato dalla biologia ed indica una struttura porosa e flessibile; e, in effetti, le membrane usate nel trattamento delle acque e in vari processi di filtrazione sono costituite da materiali plastici ed hanno una struttura flessibile. Esistono, tuttavia, sistemi di filtrazione in ceramica, con struttura rigida. Inizialmente questi sistemi erano applicati alla filtrazione dei gas e avevano porosità piuttosto grossolana (intorno ai 20 micron); ma l’evoluzione della tecnologia ha portato progressivamente allo sviluppo di materiali ceramici a porosità ultrafine (da 1 micron a 1 nanometro, cioè 0,001 micron). Questi sistemi filtranti sono comunemente definiti “membrane ceramiche” e stanno, sia pure lentamente, affermandosi in molte applicazioni considerate finora monopolio delle classiche membrane polimeriche. In effetti, la tecnologia delle membrane polimeriche non è cambiata molto negli ultimi 50 anni e presenta tuttora dei problemi che ne limitano l’applicabilità, almeno in alcuni settori particolarmente esigenti. La produzione dei polimeri comporta quasi sempre l’impiego di solventi, che lasciano dei residui estraibili entro la struttura della membrana; inoltre la struttura flessibile comporta una resistenza limitata alle sollecitazioni introdotte da cicli di pulizia, sia che questa venga eseguita con mezzi meccanici (aria compressa) o con mezzi chimici (ipoclorito, sostanze detergenti). Per questi motivi, l’integrità delle membrane polimeriche può risultare compromessa in caso di cicli di pulizia energici, o di anomalie dell’impianto; dopo eventi di questo tipo è sempre necessario eseguire un test di integrità delle membrane. Le membrane ceramiche, al contrario, presentano una struttura rigida, avente elevata resistenza meccanica, chimica e termica; la

principale ragione che ne ha finora frenato lo sviluppo commerciale è il costo, che fino a pochi anni fa risultava fino a 3 volte superiore rispetto a quello delle classiche membrane polimeriche. Tuttavia, i costi vanno considerati lungo tutta la vita utile di un impianto; e alcune membrane ceramiche installate all’inizio degli anni ’90 dello scorso secolo sono tuttora funzionanti, dimostrando tangibilmente che queste membrane possono rimanere in servizio per 20 anni e oltre. Valutando l’insieme dei costi iniziali e delle spese di manutenzione su un arco di tempo così lungo, le membrane ceramiche risultano vantaggiose anche dal punto di vista economico; questa è la conclusione raggiunta dalla società olandese PWN Technologies, che pure è stata la prima a installare impianti di trattamento acque in piena scala con membrane polimeriche. LE PRINCIPALI APPLICAZIONI

Quello delle membrane è ancora un mercato di nicchia (comprende appena il 2-3% del mercato totale delle membrane), che interessa (almeno fino ad oggi) utenze con esigenze particolari, come l’industria farmaceutica, il trattamento delle acque associate alla produzione di petrolio e gas naturale, il trattamento delle acque per piscine pubbliche e la rimozione del radio dalle acque di falda. Le prospettive di sviluppo sono molto interessanti, perchè in linea teorica le applicazioni nel settore industriale sono moltissime: nell’industria chimica la resistenza ai solventi consente l’uso delle membrane ceramiche per la pulizia e il recupero dei solventi stessi, oltre che per il recupero di tinte e pigmenti; nelle industrie petrolifere, siderurgiche e meccaniche per la separazione di emulsioni olio/acqua; Continua a pag. 14 Hi-Tech Ambiente

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DEPURAZIONE Continua da pag. 13

Le membrane ceramiche mentre la resistenza alle alte pressioni e gli elevati valori di flusso sono un fattore di successo nell’industria alimentare, per la chiarificazione della birra, del vino e dei succhi di frutta, e per la sterilizzazione, la separazione ed il frazionamento del latte e del siero. Il settore attualmente più collaudato e promettente è quello dei trattamenti di potabilizzazione delle acque, dove le membrane (sia polimeriche che ceramiche) presentano come carta vincente l’assoluta barriera nei confronti di microorganismi come il cryptosporidium. Mentre fino a qualche anno fa si riteneva che le membrane ceramiche fossero adatte soprattutto per impianti medio-piccoli, oggi sono numerosi gli esempi di impianti di grandi dimensioni: citiamo l’impianto di Yokohama (171.000 mc/giorno), quello di Andijik III in Olanda (120.000 mc/giorno) e quello, attualmente in costruzione, di Plymouth in Inghilterra (90.000 mc/giorno). L’unico limite delle membrane ceramiche nel settore della potabilizzazione è (almeno per il momento) l’impossibilità di realizzare membrane per osmosi inversa. Altre applicazioni, finora a carattere sperimentale, sono la disinchiostrazione della carta stampata con inchiostri flessografici (che non vengono rimossi con i normali processi di flottazione) ed il trattamento delle acque di vegetazione dei frantoi oleari. Interessanti ricerche su queste applicazioni sono state compiute dai laboratori Enea di Roma. LE TECNOLOGIE DI PRODUZIONE

sempio con il supporto in ossido di titanio e lo strato attivo in ossido di zirconio. Queste membrane possono coprire gli impieghi dalla microfiltrazioni larga (1-2 micron) all’ultrafiltrazione stretta, con possibilità di trattenere molecole organiche o colloidali con peso molecolare fino a 1.000 Dalton, inferiore cioè a quello delle proteine e dei virus. Alcune industrie, soprattutto negli Usa, stanno sviluppando tecnologie

di avanguardia, che potrebbero consentire la realizzazione di membrane ceramiche con porosità nanometriche (cioè di qualche millesimo di micron) o addirittura inferiori. Citiamo alcuni esempi: Metal Membranes, società olandese che crea il materiale delle sue membrane sottoponendo una sottile lamina metallica ad un arco a plasma. Il plasma ossida gli atomi del metallo formando uno strato di ossido poroso; il metallo non ossidato

I filtri ceramici “classici” sono costituiti da materiali ceramici inorganici (miscele di silicati); la tecnologia più utilizzata per la loro produzione consiste nell’applicare una sospensione in solvente di particelle di silicati o di ossidi su un supporto, e sottoponendo il tutto a trattamento in forno. Il trattamento termico fa evaporare il solvente e, successivamente, provoca la "sinterizzazione" delle particelle, che si uniscono tra loro senza fondere, formando una struttura porosa. Il processo viene ripetuto più volte, in modo da costruire una struttura con pori via via più piccoli. La struttura è frequentemente differenziata, ad eHi-Tech Ambiente

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viene successivamente rimosso mediante attacco acido e sostituito da una piastra forata o da una rete metallica avente funzioni di supporto. Cerahelix, società americana che ha messo a punto una tecnologia basata sul DNA per realizzare le sue membrane per nanofiltrazione, denominate Helix NFM. Il processo prevede la spalmatura di un supporto ceramico con un gel contenente filamenti di DNA; durante il passaggio nel forno di sinterizzazione il DNA brucia, lasciando dei microcanali di dimensioni corrispondenti al suo diametro. Lance Energy Services, società statunitense che ha puntato al settore petrolifero, dove la separazione tra l’olio e l’acqua è da sempre un problema. Questa società ha creato una speciale membrana ceramica, con diametro dei pori di 0,2 micron, rivestita con uno strato fortemente idrofilo e organo-fobico, che respinge le sostanze oleose ed i batteri. Grazie a queste membrane, la Lance ha realizzato un’unità mobile di trattamento, che consente il riutilizzo sul posto delle acque di fracking e di perforazione. Nanosun, società di Singapore che ha sviluppato una nuova membrana flessibile per microfiltrazione basata su nanofibre di biossido di titanio, con dimensioni dei pori da 0,1 a 1 micron. Queste membrane hanno un’elevatissima capacità di flusso, alta resistenza termica (possono essere scaldate fino a 250 °C) e possono realizzare trattamenti di foto-ossidazione, irradiando le fibre con luce UV; la formazione delle membrane avviene mediante una particolare stampante 3D, nella quale le nanofibre sono create mediante un processo di elettrofilatura.



DEPURAZIONE PROGETTO “NEXT AIR BIOTREAT”

Stop alle emissioni di COV Due tecnologie pulite, Vocus e Boncus, aiuteranno l’UE a risolvere i problemi delle emissioni di composti organici volatili Le emissioni di COV nell’ambiente interessano aria, terreno e acqua. A ffrontare il problema dei COV provenienti da emissioni di veicoli, combustione di carburante e uso di solventi domestici e industriali è, tra le altre cose, una sfida importante per l’UE e per le aziende europee. Il team del progetto Next Air Biotreat lavora da quasi quattro anni per risolvere questo problema ed è riuscito a proporre e sviluppare soluzioni che usano processi puliti e naturali per eliminare tali emissioni dall’aria.

ta confermata e secondo i ricercatori i risultati sono entusiasmanti: cambierà i paradigmi del controllo dell’inquinamento dell’aria. <<Per la prima volta – spiega Gabaldon - l’industria sarà in grado di pulire i gas di scarico e allo stesso tempo di riciclarli in forma di bioenergia. Ci sono buone possibilità di trasformare questo processo in BAT (migliore tecnologia disponibile) per risolvere i problemi delle emissioni nell’aria del settore della flessografia>>.

LA TECNOLOGIA VOCUS

Uno dei principali risultati del progetto è stato l’ottimizzazione della tecnologia Vocus, ossia un filtro biologico per rimuovere i solventi nel settore della flessografia. Questo progresso significa che Vocus, che è già disponibile sul mercato, adesso sarà ancora più diffuso. <<Diverse aziende del settore della flessografia nell’UE – osserva la coordinatrice del progetto Carmen Gabaldon, dell’Università di València - hanno scelto di rimuovere i COV usando questa soluzione intelligente e rispettosa dell’ambiente per conformarsi alla direttiva dell’UE sulle emissioni di solventi. Queste aziende godono di una riduzione dei costi operativi del con-

trollo dell’inquinamento dell’aria rispetto a quelle che usano ancora gli ossidatori termici rigenerativi per distruggere i COV e, allo stesso tempo, stanno riducendo il proprio impatto ambientale>>. La tecnologia Vocus si è rivelata talmente efficace che i ricercatori hanno deciso di studiare se è possibile usarla per eliminare non solo i solventi ma anche le emissioni contenenti stirene. I risultati sono stati promettenti e adesso il team sta preparando la realizzazione della tecnologia per una soluzione su scala reale. <<Se funziona – aggiunge Gabaldon - questa sarebbe la prima appli-

cazione industriale nell’UE per eliminare le emissioni di stirene per mezzo di filtraggio biologico e un’opportunità di continuare a espandere l’uso dei filtri biologici nel settore chimico>>. LA TECNOLOGIA BONCUS

Un altro importante risultato ottenuto dal progetto è stato lo sviluppo di una nuova biotecnologia per l’eliminazione delle emissioni di solventi nel settore della flessografia per le aziende che consumano oltre 100 ton/anno di solventi. La prova di concetto per questa tecnologia innovativa, chiamata Boncus, è sta-

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I partner del progetto coinvolti nella ricerca sulla tecnologia Boncus (l’olandese PAS Solutions e l’Università di València in Spagna) stanno concentrando le proprie attività sull’industrializzazione e il lancio della tecnologia, e la stanno divulgando attivamente tra potenziali utenti finali in tutto il settore della flessografia dell’UE.


RIFIUTI T R A T T A M E N T O   E   S M A L T I M E N T O

UN’ALTERNATIVA ALL’INCENERIMENTO

I rifiuti sanitari resi innocui Un nuovo trattamento chimico-fisico da cui si ottiene un residuo non pericoloso ed assimilabile agli urbani La produzione totale di rifiuti sanitari e farmaceutici in Italia è intorno a 140.000 ton/anno; un quantitativo modesto in confronto a quello dei rifiuti urbani (30 milioni di ton), ma che comunque presenta non pochi problemi. Il 95% di questi rifiuti è infatti classificato come pericoloso, per cui lo smaltimento avviene quasi esclusivamente per termodistruzione: questo trattamento interessa, infatti, il 90% dei rifiuti prodotti, a costi che vanno da 1 a 1,2 euro/kg. Forme alternative di trattamento sono permesse dalla legislazione italiana, che consente lo smaltimento in discarica dopo un trattamento di sterilizzazione che sia in grado di garantire un abbattimento della carica microbica tale da assicurare un SAL (Sterility Assurance Level) non inferire a 106.

IL METODO DI STERILIZZAZIONE PIU’ DIFFUSO

impiega vapore saturo in autoclave, per 20 min a 121 °C, oppure per 8 min a 134 °C; questo trattamento dovrebbe garantire la distruzione del 90% dei microorganismi presenti, anche se in base a recenti ricerche condotte negli Usa i tempi dovrebbero essere almeno raddoppiati. Il trattamento in autoclave uccide i batteri, ma non ha grandi effetti sui principi attivi farmaceutici, la cui presenza nei corsi d’acqua costituisce un problema sempre più preoccupante. UN’ALTERNATIVA ALL’INCENERIMENTO

La ditta spagnola Athisa ha recentemente messo a punto un nuovo sistema di trattamento chimico dei rifiuti farmaceutici e sanitari, denominato Mimo, che ha ricevuto nel 2013 il premio europeo Eureka Innovation Award. Il sistema utilizza una combinaContinua a pag. 18 Hi-Tech Ambiente

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RIFIUTI Continua da pag. 17

biente; essendo assimilabili ai rifiuti urbani, possono essere scaricati in discarica. Prove condotte dalle Università di Siviglia e di Granada, e dall’Istituto di Indagini Biosanitarie presso l’Ospedale Universitario S. Cecilia di Granada, hanno dimostrato l’efficacia del trattamento, sia per quanto riguarda i rifiuti infetti (che risultano completamente sterilizzati), che per i rifiuti farmaceutici, inclusi i chemioterapici con proprietà citostatiche. Le molecole farmacologicamente attive risultano distrutte per il 99,9%, e l’ecotossicità viene abbattuta da 156 u.t. a 8 u.t. (unità di tossicità). La capacità del sistema è di 3.000 kg/ora, e il costo di trattamento è inferiore a quello dell’incenerimento. Un sistema di questo tipo potrebbe essere installato presso tutti i grandi ospedali, realizzando una gestione decentrata dei rifiuti sanitari, che minimizzerebbe le operazioni di trasporto. Questo fattore risulterebbe di grande importanza in caso di eventi epidemici gravi, come il virus Ebola o l’influenza aviaria.

I rifiuti sanitari resi innocui zione di processi chimici e fisici, al termine dei quali si ottiene un residuo completamente innocuo, assimilabile ai rifiuti urbani, che non rilascia sostanze pericolose o nocive nei sistemi fognari. Il primo passo è la frantumazione e la triturazione dei rifiuti, che viene compiuta entro un ambiente chiuso, mantenuto in depressione e separato dall’esterno mediante filtri Hepa. I rifiuti vengono poi trasferiti mediante un nastro trasportatore chiuso in un reattore di ossidazione, dove vengono a contatto con sostanze chimiche aventi un’energica azione ossidante; nel caso di rifiuti infetti, l’ossidazione viene preceduta da un trattamento di sterilizzazione con vapore, che viene compiuto entro lo stesso reattore. La durata delle diversi fasi e la scelta degli agenti ossidanti dipende dal tipo di rifiuti da trattare; al termine del trattamenti si ottiene un residuo solido, oppure una sospensione acquosa se è stata eseguita la sterilizzazione con vapore. La sospensione viene fatta decantare, ottenendo una fase liquida, che viene neutralizzata, ed un residuo solido, che viene sottoposto a stabilizzazione. Sia il liquido che il solido stabilizzato non hanno più alcuna caratteristica di pericolosità e non cedono sostanze nocive all’am-

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ZOOM

Market

Market

SBM–IRFI ENVIRONMENTAL DEPARTMENT

La biofermentazione di RSU Specialisti nella costruzione di impianti BRS “chiavi in mano” per il trattamento dei rifiuti solidi urbani La SBM – IRFI ha la sede legale ed operativa in Pian Camuno in provincia di Brescia. Da alcuni anni l’azienda è attiva nel campo del trattamento dei rifiuti solidi urbani e il suo core business si identifica nella fornitura “chiavi in mano” dei reattori di prefermentazione (BRS). Il reattore di prefermentazione è una robusta costruzione di forma cilindrica che ruota attorno al proprio asse orizzontale, per mezzo di apposite piste in acciaio forgiato appoggiate su adeguati supporti a rulli. Il sistema di alimentazione è realizzato con testata fissa sostenuta da rulli pressori. La portata di scarico è regolabile tramite una portella a serranda azionata da servocomando elettrico. Il sistema di trasmissione realizzato prevede l’adozione di un gruppo motore – riduttore ad assi paralleli e giunto che impegna direttamente sul pignone che trasmette a sua volta il moto ad una corona dentata. Il motore di azionamento del cilindro è comandato tramite inverter. Il sistema di immissione dell’aria è costituito da 3 ventilatori installati a bordo del cilindro con portata unitaria di circa 5.000 mc/h con prevalenza di 140 mm di H2O. Il trattamento dei rifiuti RSU all’interno del reattore consente di ottenere i seguenti risultati: - omogeneizzazione dei diversi componenti per effetto della sua rotazione; - frammentazione dei rifiuti per contrasto del materiale sulle pareti, munite all'interno del mantello di profilati antiusura e di opportuni rostri; - ossigenazione dell'intera massa per mezzo di un opportuno sistema di circolazione di aria prelevata dall'ambiente esterno; - igienizzazione della massa in lavorazione con conseguenti van-

taggi per la salute degli operatori addetti alla conduzione dell'impianto. L'adozione di un reattore a prefermentazione accelerata comporta rispetto ad altri sistemi similari innegabili vantaggi dal punto di vista tecnico gestionale come la possibilità di un sicuro controllo e di una efficace regolazione dei principali parametri di processo, cioè temperatura, contenuto di ossigeno, umidità. L'apparecchiatura, infatti, si pre-

sta per la disposizione di sensori in campo di difficile installazione e manutenzione su altri tipi di reattori. L'elevata temperatura sviluppatasi per effetto del metabolismo microbico consente, inoltre, la distruzione di germi patogeni e semi di piante infestanti, eliminando così inconvenienti igienici sul prodotto da destinare alle successive fasi di trattamento. Il cilindro deve permanere in rotazione ventiquattro ore su ventiquattro, assumendo velocità mag-

SBM - IRFI Spa Via Predalva n. 14 - 25050 Pian Camuno (BS) Tel 0364.590810 - Fax 0364.590822 E-mail segreteria@sbm-irfi.com - www.sbm-irfi.com

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giore durante la fase di alimentazione e scarico al fine di aumentare la portata e di favorire le suddette operazioni. Da verifiche sperimentali e da opportune analisi dell'andamento del processo si è potuto constatare come i rifiuti raggiungano rapidamente, dopo il loro ingresso nel cilindro mediamente alla fine del primo tronco, una temperatura di 55-60 °C. Tale temperatura, con il tempo di permanenza mediamente assegnato, pari a circa 36-70 ore, risulta ampiamente sufficiente a garantire la inattivazione degli agenti patogeni con conseguente immediata igienizzazione del prodotto. Le migliori condizioni di funzionamento della macchina sono quelle riconducibili ad un grado di riempimento tra 60 e 70% come testimoniato da numerose prove sperimentali condotte su impianti dotati di reattore di prefermentazione. In queste condizioni si ottiene il duplice risultato di un’efficace ossigenazione della massa dei rifiuti unitamente ad una efficace azione di riduzione del loro volume dovuto alla presenza di una serie di rostri in acciaio saldati internamente al mantello del cilindro nella sua parte iniziale. La SBM-IRFI ha costruito negli ultimi otto anni n. 12 impianti di biofermentazione, provvedendo ad installarli nelle seguenti località: - n. 4 impianti a Barcellona (Spagna) - n. 4 impianti in Qatar - n. 1 impianto a Chalosse Caupenne (Francia) - n. 1 impianto a Chateau d’Olonne (Francia) - n. 1 impianto a Bourgneuf en Mauges (Francia) - n. 1 impianto a Sainte Severe (Francia)


RIFIUTI DA EURO.COM.

Il rifiuto si fa piccolo Linee di avvolgimento per balle di materiali da recupero e presse imballatrici universali completamente automatiche Le linee di avvolgimento Cross Wrap soddisfano le esigenze dei clienti per quantitativi piccoli e grandi di tutti i materiali da recupero. Tali macchine, distribuite in Italia da Euro.Com., sono compatibili con tutte le presse industriali per balle quadrate; difatti, sono stati realizzati impianti con più di 15 marche di presse di imballaggio. Grazie alla loro configurazione modulare, le Cross Wrap sono in grado di avvolgere balle con quantità e dimensioni diverse. Esse permettono raccolta e stoccaggio efficaci anche prima dell’entrata in servizio degli impianti di conversione dei rifiuti in energia. Per gli impianti già in funzione, rappresentano un metodo sicuro ed efficace per lo stoccaggio dei materiali durante la sospensione del servizio, nonché per regolare le fluttuazioni stagionali. Il metodo di avvolgimento originale brevettato, già oggetto di oltre 100 forniture nel mondo, garantisce ai clienti una produzione affidabile ed efficace. Le balle vengono avvolte verticalmente mentre oltrepassano l’anello. Quando lasciano la tavola, esse vengono ruotate e avvolte orizzontalmente. Se necessario, gli

Cross Wrap modello CW

strati finali di avvolgimento verticale impediscono all’acqua di penetrare tra gli strati sottostanti. I vantaggi del metodo di avvolgimento utilizzato sono: riduzione dei costi di movimentazione, trasporto, stoccaggio e mano d’opera; riduzione al minimo dei problemi associati a disordine, odori e animali parassiti; economia di stoccaggio dei materiali in attesa del loro impiego successivo, ad esempio come fonte energetica negli impianti di conversione dei rifiuti in energia; mantenimento

delle proprietà dei materiali avvolti; rispetto dell’ambiente, con la possibilità di effettuare lo stoccaggio e la movimentazione vicino ad aree residenziali. Distribuite sempre da Euro.Com. sono anche le presse della ditta Paal, che ha di recente lanciato la nuova serie H. Si tratta di presse che unisono tutte le peculiarità già note e ineguagliabili con nuove caratteristiche che portano ad una riduzione dei costi di gestione e manutenzione e ad un funzionamento più facile e sicuro.

Cross Wrap + pressa Hi-Tech Ambiente

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Queste presse imballatrici universali, completamente automatiche, sono state sviluppate per un funzionamento in continuo in condizioni operative estremamente difficili. L’elevata forza di pressatura, l’indipendenza del processo di taglio e compattazione e la posizione di pre-compattazione brevettata, in combinazione con una regolazione individuale della pressione del canale, consentono di realizzare balle di elevata densità. Anche i materiali difficili vengono legati saldamente attraverso la legatura a croce, e ciò assicura una capacità d’impilaggio ottimale sfruttando al massimo il magazzino. In opzione, le presse Paal possono essere dotate con un sistema di tappi articolati per evitare l’ingresso di materiale nelle fessure del carro pressore, legatura orizzontale automatica, lamiere antiusura imbullonate intercambiabili che impediscono qualsiasi erosione della camera di pressatura, sistema antistruzione automatico per l’eliminazione di eventuali materiali nelle posizioni di taglio, sfogliatore, perforatore di bottiglie di plastica, ecc.


RIFIUTI PASSI DA FARE E TRATTAMENTI

Il modello Waste End Rifiuti zero ed economia circolare devono diventare la nuova frontiera del settore produttivo italiano

Interessante l'obiettivo, raggiungibile in 5 anni, di un nuovo modello ispirato al concetto di “economia circolare”, secondo quanto emerge dal rapporto “Waste End: economia circolare, nuova frontiera del made in Italy” redatto da Symbola e di Kinexia. Si tratta di un sistema in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione delle risorse naturali e dalla produzione dei beni, sono organizzate in modo che i rifiuti di qualcuno diventino risorse per qualcun altro. PRIMO PASSO: RIDURRE I RIFIUTI

Le principali azioni dirette alla prevenzione e riduzione della produzione di rifiuti sono: - riduzione degli sprechi alimentari, in quanto sia nella GDO sia nella ristorazione e, soprattutto, nei consumi domestici è possibile recuperare annualmente 1-1,7 milioni di tonnellate di prodotti alimentari, anche grazie all’adozione di imballaggi più performanti e di iniziative dirette al riuso delle eccedenze alimentari - allungamento della vita dei prodotti, e quindi riduzione della

con i formati digitali, completando l’informatizzazione della pubblica amministrazione e diffondendo l’utilizzo di servizi in sharing (car sharing, bike sharing, lavanderie condominiali e rionali, ecc.). SECONDO PASSO: RIUTILIZZARE

produzione di rifiuti passando da prodotti monouso a prodotti riutilizzabili (rasoi a lama intercambiabile, pannolini lavabili, ecc.), e incentivando politiche di riuso dei prodotti tessili e di arredo, nonché di raee - passaggio da prodotti a perdere a prodotti riutilizzabili, e ciò è possibile attraverso la sostituzione di imballaggi monouso con sistemi che ne incentivino il riutilizzo (come sistemi di distribuzione alla spina, refill, dispenser, fontanelli per l’erogazione di acqua pubblica, dispositivi domestici per bevande gassate) - dematerializzazione dei consumi, ossia sostituire la proprietà o la produzione di un bene fisico con un servizio, ad esempio sostituendo l’impiego di carta grafica

Lo sviluppo del riutilizzo dei rifiuti passa inevitabilmente attraverso la creazione di una rete di centri di recupero e riuso. In particolare occorre puntare su: - organizzazione di raccolte capillari dei rifiuti tessili, di arredamento, elettrodomestici e apparecchiature elettroniche - realizzazione di una rete di centri ove si effettua la selezione dei prodotti riutilizzabili provenienti dalla raccolta - creazione di una filiera dedicata al restauro e manutenzione dei prodotti usati (negozi, portali on line). Altri strumenti sono l’estensione della responsabilità estesa dei produttori (cioè l’addebito ai produttori dei costi della gestione dei loro prodotti a fine vita, come già

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avviene per gli imballaggi e i raee), e la necessaria semplificazione della normativa, che spesso complica inutilmente il riutilizzo (ad es. classificando come rifiuti molti materiali riutilizzabili). Si stima che grazie a queste iniziative sia possibile giungere all’effettivo riutilizzo di 745.000 ton di materiali, composti prevalentemente da rifiuti tessili, raee, mobili e prodotti di arredo. Il rifiuto residuo (ossia il rifiuto indifferenziato, gli ingombranti avviati a smaltimento senza recupero e i rifiuti di spazzamento), stimato in circa 20-30% del rifiuto originario, contiene ancora molti materiali recuperabili, come: frazioni agevolmente riciclabili, pari al 40-50% (frazione organica, carta, imballaggi in plastica rigida, film plastici, lattine); rifiuti tessili (15%), recuperabili grazie a un miglioramento della raccolta e con la creazione di una filiera di raccolta e riciclo basato sul meccanismo della “responsabilità estesa”; plastica non da imballaggio (10%); prodotti sanitari assorbenti (15%). Continua a pag. 22


RIFIUTI Continua da pag. 21

Il modello Waste End Un’altra grande frazione del rifiuto residuo sono gli ingombranti non avviati a recupero, oggi raccolti in maniera separata. Devono essere attuate iniziative per il loro recupero, dato che la loro riciclabilità è intorno al 70%. I rifiuti di spazzamento, infine, si divide in due componenti, una non riciclabile (urbani indifferenziati) e l’altra facilmente riciclabile (rifiuti di spazzamento veri e propri, come le terre delle operazioni di pulizia stradale). PASSI SUCCESSIVI

Premesse per un efficiente riutilizzo sono il miglioramento delle raccolte differenziate e l’incentivazione dell’industria del riciclo. Alcune filiere dovranno essere sviluppate e potenziate, come quelle delle plastiche eterogenee, della selezione dei raee (con recupero delle terre rare), del recupero delle terre di spazzamento, del riutilizzo e del riciclo dei prodotti tessili. Altre dovranno essere create “ex novo”, come quella del riciclo dei materassi e del recupero dei prodotti sanitari assorbenti. Per quanto riguarda i materassi, l’Italia ne è il primo produttore europeo ed il consumo interno può essere quantificato in circa 250.000 ton/anno. Ipotizzando in via cautelativa di poter valorizzare solo il 50% dei rifiuti di materassi, il 45% del materiale (latex, fibre tessili) può essere indirizzato alla produzione industriale di pannelli e materiali isolanti, mentre il 9% (ferro) viene avviato a riciclo nelle acciaierie. Si tratta di stime prudenti, dato che la maggior parte degli impianti per i quali si hanno dati disponibili mostrano tassi di riciclo nettamente più elevati (nell’ordine dell’80-90%). In merito ai prodotti sanitari assorbenti (pannolini, pannoloni, assorbenti igienici), il loro il consumo è stimato in 176.000220.000 ton/anno; si tratta di prodotti che hanno un rilevante impatto ambientale, ma allo stesso tempo sono costituiti da materiali con elevato valore aggiunto (cellulosa, polietilene e polipropilene). Dal 2013 il principale produttore italiano (Fater) sta organizzando un sistema di raccolta e

recupero su base nazionale. I rifiuti raccolti vengono trattati in autoclave rotante con vapore ad alta pressione, che effettua la completa igienizzazione dei materiali; si ottengono così due flussi riciclabili: plastici (poliolefine) e frazione a base cellulosica. La plastica viene selezionata e separata per densità, quindi frantumata ed estrusa per ottenere granuli da impiegare in altre produzioni; la frazione cellulosica è destinata ad essere impiegata nelle cartiere, al posto della cellulosa. I test hanno mostrato un tasso di recupero pari al 100% delle frazioni teoricamente valorizzabilie un tasso di impiego effettivo nel riciclo (dedotti gli scarti) pari all’84%. I TRATTAMENTI FINALI

Dopo le raccolte differenziate e la preparazione al riciclo, rimangono alcuni flussi ancora da trattare: residui della preparazione al riciclo e dei processi di compostaggio (1,8 milioni di ton, pari al 6% totale dei rifiuti); rifiuti urbani re-

sidui non ancora raccolti in maniera differenziata (5,4 milioni di ton, pari al 18% del totale dei rifiuti); flussi derivanti da raccolta differenziata e preparazione al riciclo, costituiti da una quota di frazione cellulosica (circa 800.000 ton) e da una quota di materie plastiche (circa 300.000 ton), destinati a conversione energetica. Si tratta complessivamente di 8,4 milioni di ton, pari a poco meno del 28% del totale dei rifiuti. Questi materiali residui possono essere trattati in impianti meccanici-biologici (con produzione di combustibile solido secondario e recupero di materiali riciclabili), oppure utilizzati per recuperare energia (mediante digestione anaerobica, combustione in cementifici, gassificazione e pirolisi). L’incenerimento potrà avere ancora un ruolo in impianti con alta efficienza energetica, specialmente se integrati con reti di teleriscaldamento. Quanto alla discarica, essa dovrebbe essere la destinazione fi-

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nale degli scarti di trattamento non altrimenti recuperabili, quali: scarti dei processi di preparazione al riciclaggio, costituiti da sostanze già stabilizzate (inerti e residui di compostaggio); residui biostabilizzati (a prevalente composizione minerale e plastica) in uscita dai trattamenti meccanici-biologici. I flussi totali residui sono pari a 3,5 milioni di ton, ossia il 12% del totale dei rifiuti; ma ciò che è importante sottolineare è che i rifiuti inviati direttamente in discarica sono azzerati. Ciò significa, rispetto alla situazione attuale, una riduzione complessiva del 70% dei conferimenti in discarica, oltre a un azzeramento della frazione non trattata; questo comporterà naturalmente un incremento delle quantità di residui da preparare al riciclo e compostaggio, che però risulterà marginale rispetto all’incremento complessivo dei recuperi. I VANTAGGI DEL WASTE END

I benefici sono di natura sia ambientale sia economica. Nella gestione dei rifiuti secondo il modello “Waste End”, il principale beneficio ambientale è il recupero di materia, stimato in un tasso di recupero totale dell’86% (72% riciclaggio della materia contenuta nei rifiuti e 14% recupero ad uso energetico). Ciò si traduce, anzitutto, in una riduzione delle operazioni di trattamento e smaltimento; ma significa anche un forte risparmio di consumi idrici ed energetici, e delle emissioni correlate ai processi di produzione primari (si stima un risparmio pari a 18,6 milioni di ton di CO2, corrispondente ad una potenziale riduzione del 4% del totale delle emissioni nazionali). La forte riduzione della quantità di rifiuti da smaltire, poi, determina una ovvia riduzione dei costi specifici di smaltimento, che dovrebbero scendere dalle attuali 86 euro/ton a circa 80 euro/ton; anche la razionalizzazione degli impianti porterebbe una maggiore produttività in termini di tonnellate gestite per addetto. Tutto ciò si traduce, inoltre, in una riduzione del personale nella filiera del trattamento rifiuti, pari a circa 7.000 unità: inevitabile prezzo da pagare all'aumento dell'efficienza.


Biomasse & Biogas B i o m a s s a

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B i o g a s

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B i o m e ta n o

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C o g e n e r a z i o n e

PROGETTO BI.R.

Il biogas arricchito Processi allo studio per rendere ancora utilizzabile quello prodotto dalle vecchie discariche Il metodo più comune per sfruttare il biogas di discarica è la combustione in motori endotermici, accoppiati a generatori elettrici. Finchè il contenuto di metano nel biogas si mantiene a livelli superiori al 40%, i motori funzionano con rendimento soddisfacente; ma al di sotto di questo valore insorgono vari problemi: - riducendosi la percentuale di metano si abbassa il potere calorifico del biogas e quindi occorre aumentare la pressione in alimentazione. Questo comporta che maggiori quantità di gas inquinanti e aggressivi possono venire a contatto con l'olio lubrificante (provocandone la degradazione) e con le parti metalliche del motore (provocando fenomeni di corrosione e formazione di depositi) - il maggior volume di biogas in alimentazione abbassa la temperatura di combustione e aumenta le quantità di incombusti allo scarico. Le microturbine tollerano percentuali di metano leggermente inferiori (35%), e le caldaie possono funzionare anche con il 30%; al disotto di questo tenore in metano non resta che la combustione in torcia, che non consente alcun recupero energetico. La riduzione del contenuto in metano è un fenomeno inevitabile in tutte le discariche, e interviene al termine della fase metanigena (cioè dopo circa 30 anni dall'inizio dello sversamento dei rifiuti); tuttavia, la discarica continua a produrre biogas per altri 1-15 anni, anche se in misura decrescente sia come quantità che come contenuto in metano.

Si pone dunque il problema di utilizzare il biogas delle vecchie discariche, senza dover sostituire i motori endotermici con microturbine o caldaie (investimento che difficilmente avrebbe un ritorno economico valido). COME ASSORBIRE LA CO2?

Oltre al metano, l'altro componente principale del biogas è la CO2; assorbendo questa, il tenore in metano ovviamente aumenta, fino circa a raddoppiarsi. Esistono vari processi industriali per l'assorbimento della CO2, ma tutti sono complessi e costosi; per ottenere l'arricchimento del biogas occorre invece un sistema che abbia bassi costi di investimento e di esercizio, e possa essere fatto funzionare da personale non particolarmente qualificato, come quello che gestisce le discariche. Le ricerche più recenti si sono focalizzate su due tipi di processi: l'assorbimento rigenerativo con soluzioni alcaline (AwR - Alkali Absorption with Regeneration) e l'assorbimento per contatto diretto su solidi. Per entrambi i processi, l'esigenza di contenere i costi ha indotto a studiare l'utilizzo di materiali normalmente considerati rifiuti: per i processi AwR, i residui derivanti dagli impianti di abbattimento degli inquinanti acidi emessi da inceneritori e grandi impianti di combustione; per il contatto diretto, le ceneri di fondo griglia degli inceneritori per rsu. Il Dipartimento di energetica dell'Università di Firenze ha

Discarica Podera Rota

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Il biogas arricchito coordinato dal 2010 al 2012 le ricerche su questi due processi, nel quadro del progetto europeo "Upgas-LowCO2" (UP-grading of landfillgas for lowering CO2 emissions). Oggi, è il progetto "BI.R." (Biogas Repowering) che si è proposto di valutare sperimentalmente, realizzando un reattore pilota, la fattibilità dell'assorbimento diretto su solidi; oltre alle ceneri da fondo griglia degli inceneritori, sono state valutate anche le scorie secondarie di metallurgia. LE FASI DEL PROGETTO

Sono stati sperimentati due tipi di reattori: statico e dinamico. Entrambi i prototipi sono stati realizzati dalla ditta Cavalzani Inox. Il prototipo di reattore statico è costituito da un cilindro ad asse verticale con all'interno delle griglie su più piani. Sulle griglie è appoggiato uno strato di geotessile, e su questo è distribuito il mezzo assorbente. Ogni strato ha un condotto di ingresso ed uno di uscita, in modo

che l'attivazione dei singoli strati possa avvenire in successione; inoltre, è presente un dispositivo di riscaldamento elettrico, per studiare l'effetto della temperatura. Per facilitare lo scarico dell'assorbente esausto è stato installato un portellone apribile ed è prevista la possibilità di ruotare il reattore su un asse orizzontale, Il reattore dinamico, invece, è costituito da un cilindro ad asse orizzontale, ruotante intorno a detto asse a velocità variabile da 2,5 a 5

giri/min, e contenente al suo interno delle lame convogliatrici per facilitare la miscelazione. Il reattore dinamico ha una resa iniziale (in termini di assorbimento della CO2) molto migliore rispetto a quello statico; ma la resa diminuisce rapidamente a causa della formazione di fanghi, che aderiscono alle pareti del reattore stesso; inoltre, il costo del reattore dinamico è maggiore e così pure il costo di esercizio, a causa del consumo di corrente elettrica e dei problemi di

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tenuta in corrispondenza dei giunti rotanti. Le sperimentazioni sui due tipi di reattore hanno consentito di: - accantonare l'opzione dell'uso di scorte di metallurgia, in quanto la loro reattività è minore rispetto a quella delle scorie di fondo degli inceneritori - selezionare la granulometria ottimale dei residui da utilizzare (inferiore a 5 mm) - definire la quantità di scorie occorrente, pari a 36 kg/mc di biogas per ottenere l'eliminazione pressochè completa di CO2. Se si ritiene sufficiente ottenere un biogas al 40% di metano (minimo contenuto accettabile per un utilizzo senza problemi), il quantitativo di scorie può essere ridotto. LE PROVE IN DISCARICA

Le prove sono state eseguite presso la discarica di Podere Rota (Arezzo), gestita dal CSAI (Centro Servizi Ambiente Impianti), con regolare autorizzazione in Conferenza dei Servizi e sotto il controllo di Arpat. Le scorie utilizzate erano già presenti in un’apposita area della discarica; erano classificate come "ri-


BIOMASSE & BIOGAS fiuti speciali non pericolosi" e presentavano un pH intorno a 11 ed un contenuto di umidità di circa il 25%. Prima dell'utilizzo, le scorie sono state vagliate, in modo da rimuovere la frazione grossolana. Sono stati utilizzati due reattori di tipo statico, in modo da poter proseguire l'assorbimento della CO2 anche durante la fase di svuotamento e ricarica, alternando i due reattori. Il flusso in entrata è stato regolato a 4 Nmc/h per la prima serie di prove e, successivamente, raddoppiato per la seconda serie; sono state fatte prove a diverse concentrazioni di metano in ingresso (20, 25 e 30%). Inizialmente il biogas in uscita dal reattore raggiunge concentrazioni di metano del 70%; poi la concentrazione di CH4 scende progressivamente e quando raggiunge il 3940% il reattore viene scaricato. I tempi di trattamento sono intorno a 290 minuti per un flusso di 4 Nmc/h (volume trattato intorno a 20 mc ); si riducono proporzionalmente a 145 minuti raddoppiando il flusso, anche se l'efficienza di trattamento è minore. Nel complesso, le prove condotte in discarica hanno dimostrato la piena fattibilità del progetto, che consente

di prolungare l'utilizzo del biogas di vecchie discariche utilizzando apparecchiature estremamente semplici e poco costose, e impiegando come reagente un materiale di rifiuto. UNO SGUARDO AL FUTURO

Il passaggio a una fase industriale comporterebbe un dimensionamento dell'impianto intorno a 100 Nmc/h di biogas in entrata; un quantitativo del genere richiederebbe 40.000 ton/anno di scorie, corrispondenti alla produzione di 3 inceneritori. In aree nelle quali gli inceneritori sono presenti sul territorio,

un impianto del genere risulterebbe senz'altro redditizio, in quanto i costi di trattamento sarebbero interamente coperti dall'introito della gestione dei residui solidi. Il materiale risultante dal trattamento (cioè le scorie "carbonatate") non dovrà essere inviato a discarica, in quanto si presta molto bene all'impiego come sottofondo stradale. Da calcoli fatti nel quadro del precedente progetto "Upgas-LowCO2", risulta che il bilancio ambientale, in termini di emissioni di CO2 in atmosfera evitate, rimane positivo finchè la distanza di trasporto delle scorie non supera 150 km. Perfezionamenti futuri del processo

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potrebbero derivare da un trattamento più "raffinato" delle scorie in uscita dagli inceneritori: queste vengono attualmente spente in un canale contenente acqua, posto all'uscita del forno, e ciò porta ad un eccesso di umidità libera e ad una estrema variabilità di caratteristiche. Regolando il processo di spegnimento in modo da avere il minimo utile di acqua libera, si otterrebbero delle scorie con maggior potere di assorbimento della CO2 e minore tendenza alla formazione di fanghi. Un altro importante perfezionamento sarebbe la trasformazione in processo continuo, in analogia a quanto si fa oggi per neutralizzare i gas acidi all'uscita dei grandi impianti di combustione (come le centrali termoelettriche a carbone). Si può pensare ad una camera di reazione nella quale il biogas sale dal basso verso l'alto, incontrando lungo il percorso il materiale assorbente in polvere (previamente macinato e omogeneizzato); dimensionando opportunamente il reattore si otterrebbe la neutralizzazione completa, per cui al fondo si raccoglie la scoria carbonatata, che può essere rimossa in continuo con una coclea.


BIOMASSE & BIOGAS PRODUZIONE E UTILIZZO IN LOCO

Il biogas su piccola scala Impianti compatti, prefabbricati su container ed assemblabili in più moduli per potenziarli, spesso con upgrading a biometano La produzione di biogas su piccola scala da parte di aziende agricole medio-piccole è stata proposta in Italia fin dagli anni ’80, attraverso impianti semplificati a basso costo, realizzati sovrapponendo una copertura in materiale plastico ad una vasca di stoccaggio dei liquami zootecnici. Sono stati realizzati una settantina di impianti di questo tipo, la maggior parte dei quali in Trentino-Alto Adige; di solito si utilizza come “materia prima” i liquami degli allevamenti di suini. La produzione di metano ottenibile è di circa 15 mc/anno per 100 kg di peso suino vivo per impianti semplici senza riscaldamento; può salire a 21 mc/anno per impianti con riscaldamento. Attualmente, l’evoluzione tecnologica ha portato alla realizzazione di impianti compatti prefabbricati su container, con potenze a partire da 18 kW, elevabili a 90 kW assemblando 5 moduli dello stesso tipo. Un tipico impianto da 80 kW può essere alimentato con i reflui zootecnici di 500 bovini (32 ton/giorno di liquami), producendo 850 mln di mc/giorno di biogas e 23 ton/giorno di digestato. L’utilizzo del biogas avviene generalmente entro la stessa azienda agricola, mediante gruppi di cogenerazione alimentati con il biogas “tal quale”; ma non man-

bombole ed utilizzato per l’alimentazione dei mezzi agricoli. UN CASO TIPICO

Supporto solido alveolare per batteri metanigeni (progetto Hyfad)

cano esempi di upgrading del biogas a biometano, mediante impianti a membrana, di taglia da 50 a 200 Nmc/ora, che producono metano a 220-250 bar, con purezza di oltre il 95%. Il metano viene compresso in

Un tipico impianto su piccola scala è descritto nella relazione del progetto “TIS Innovation Park”, commissionato dalla Ripartizione Agricoltura della Provincia Autonoma di Bolzano. L’impianto è alimentato dalle deiezioni di 42 bovini e da altri scarti agricoli, per un totale di 980 ton/anno; è costituito da una vasca di precarico, dal digestore (volume utile 130 mc), e da una vasca di post stoccaggio da 490 mc. Il biogas prodotto viene raccolto in un gasogeno di 100 mc e utilizzato,

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dopo desolforazione, per alimentare un piccolo cogeneratore (motore ciclo Otto), di potenza elettrica 18,5 kWe. L’energia elettrica è in parte autoconsumata e per la restante parte immessa nella rete nazionale; l’energia termica viene utilizzata per il riscaldamento dell’impianto e (nel periodo invernale) per riscaldare l’abitazione del contadino. Il digestato prodotto (920 ton/anno), viene sparso nei campi e prati circostanti entro un raggio di 1 km, mediante un trattore con serbatoio dei liquami al traino. Il costo di investimento è stato di 4.343 euro/kW, per il 43% coperto da contributi della Provincia Autonoma di Bolzano. I costi di esercizio sono 3,88 euro per ogni tonnellata di biomassa trattata, mentre le entrate (provenienti dalla valorizzazione dell’energia elettrica e termica) sono di 7,3 euro/ton di biomassa trattata. Il flusso di cassa netto è pertanto di 3,4 euro/ton; risultato estremamente positivo, sul quale è stato determinante il valore molto contenuto del costo di investimento. Impianti costruiti recentemente hanno avuto costi nettamente superiori, intorno a 7.000 euro/kWe. La valutazione energetica ed ambientale eseguita dalla TIS Innovation Park su questo impianto mostra che il bilancio energetico è estrema-


BIOMASSE & BIOGAS mente positivo, e che la realizzazione e gestione dell’impianto consentono un effettivo risparmio sulle emissioni di gas a effetto serra. In genere, tuttavia, la realizzazione e la gestione di impianti a biogas necessitano di misure di sostegno, come i rilevanti contributi che la Provincia Autonoma di Bolzano garantisce per la copertura degli investimenti.

progetto ha identificato 61 società attive in questo settore, sia con tecnologie consolidate che con installazioni su scala pilota. Il rapporto finale, dal titolo “Small scale anaerobic digestion: case studies in Western Europe”, riporta in dettaglio 5 casi, rappresentativi di diverse realtà agricole: due allevamenti di bovini da latte, una coltivazione di ortaggi, un allevamento di suini e un allevamento di cavalli. I 5 casi sono riportati a titolo esemplificativo, poiché solo nella regione delle Fiandre esistono 80 impianti di digestione anaerobica su piccola scala, ed il loro numero è in continua crescita. La caratteristica comune a tutti questi impianti è l’autosufficienza, sia dal punto di vista delle materie prime utilizzate che da quello dell’uso del biogas prodotto (che di solito viene impiegato “tal quale” in cogenerazione, senza passaggi di purificazione per ricavarne biometano). L’investimento varia da 95.000 a 900.000 euro ed i tempi di ritorno da 5 a 10 anni; la tecnologia impiegata è di solito la digestione meso-

ALCUNI ESEMPI IN NORD EUROPA

Nonostante la maggior parte delle valutazioni economiche sottolinei la convenienza degli impianti di grandi dimensioni, specialmente se alimentati con materiali di rifiuto (forsu, fanghi di depurazione, residui dell’industria agroalimentare), nell’Europa Nord Occidentale ci sono alcuni esempi di digestione anaerobica su piccola scala, derivanti dal progetto europeo Arbor. A questo progetto hanno partecipato 13 partners, soprattutto di Belgio e Olanda; lo scopo del progetto (conclusosi in marzo 2015) era l’incremento degli impieghi delle biomasse per usi energetici nell’area dell’Europa Nord Occidentale. Il

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Il biogas su piccola scala fila monostadio. Solo l’impianto di maggiore capacità, che utilizza residui della coltivazione di rape e altri ortaggi (insieme al 10% di insilato di mais) impiega una speciale tecnologia denominata Hyfad (High Yeld Flushing Anaerobic Digester), sviluppata dalla società belga GreenWatt. Nell’impianto Hyfad la fase acidogenica si svolge separatamente, a pH intorno a 6; successivamente, il materiale passa in un sistema a due reattori, nei quali il pH è mantenuto intorno a 7, che contengono un biofilm di batteri metanigeni supportato su materiale solido. La digestione viene completata nel serbatoio di stoccaggio del digestato. I PROGETTI IN CORSO

Il tema della produzione di biogas in impianti di piccola scala è tuttora oggetto di un’intensa attività di ricerca, in gran parte finanziata dall’UE. Tra i progetti in corso segnaliamo Biogas3, che è particolarmente focalizzato sulle piccole industrie del settore agroalimentare, e

Impianto biogas (direttamente connesso alla linea produttiva) che impiega gli scarti di lavorazione della frutta

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BioenNW, che è localizzato nell’Europa Nord Occidentale, e prevede l’integrazione della digestione anaerobica con processi di pirolisi intermedia, permettendo l’uso di materiali considerati normalmente non fermentabili. Il progetto Biogas3 è particolarmente interessante per i Paesi mediterranei, in quanto è coordinato dall’associazione spagnola delle industrie agroalimentari (Ainia) e vede la partecipazione del dipartimento Deiafa dell’Università di Torino e della società italiana di ricerca e tecnologia Tecnoalimenti.


ENERGIA A CHE PUNTO SIAMO?

L’eco-efficienza nell’industria I risparmi conseguiti e le tipologie di intervento messe in atto nei principali ambiti produttivi 1^ parte

di dollari, pari agli investimenti totali per la produzione di elettricità con carbone, petrolio e gas naturale. Anche l’Unione Europea è intervenuta con la Direttiva 2012/27/UE, che stabilisce un quadro comune di misure per la promozione dell’efficienza energetica nell’Unione, al fine di garantire il conseguimento dell’obiettivo di risparmio energetico del 20% entro il 2020, e gettare le basi per ulteriori miglioramenti oltre tale data. In Italia, il recepimento della Direttiva (avvenuto con il D.Lgs 102/2014) e il PAEE del 2014, costituiscono ulteriori passi in avanti verso il potenziamento delle politiche di settore e il raggiungimento dell’obiettivo

A fine giugno 2015 è stato presentato a Roma, presso il Ministero dello Sviluppo Economico, il IV Rapporto sull’Efficienza Energetica dell’Enea, che analizza i risparmi energetici conseguiti in seguito all’applicazione del Piano di Azione Nazionale per l’Efficienza Energetica (PAEE) e della Strategia Energetica Nazionale (SEN). Secondo il rapporto, grazie alle politiche nazionali per l’efficienza energetica, l’Italia ha risparmiato 7,55 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti (Mtep) all’anno, evitando la produzione di 18 milioni di tonnellate di CO2. Questo risparmio deriva da una maggiore efficienza ottenuta con il meccanismo dei Certificati Bianchi (3,4 Mtep), dall'introduzione di standard minimi di prestazione energetica (2,4 Mtep), dagli incentivi nei trasporti (0,9 Mtep) e dagli "ecobonus" (0,9 Mtep).

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IL RUOLO DELL’EFFICIENZA ENERGETICA

L’efficienza energetica è stata riconosciuta dall’Agenzia internazionale dell’Energia (AIE) come “il primo combustibile”, ossia una vera e propria risorsa energetica, che come tale è in grado di contribuire alle 3 sfide più rilevanti a livello mondiale: sicurezza energetica, sostenibilità e sviluppo economico. Per questo motivo, il mercato dell’efficienza energetica sta ricevendo sempre maggiore attenzione da parte delle istituzioni internazionali, come dimostrato nel 2014 dal lancio di un Piano d’Azione per l’Efficienza Energetica da parte del G20; a ciò si aggiunga che nel 2012 gli investimenti totali nei mercati per l’efficienza sono stati superiori a 310 miliardi Hi-Tech Ambiente

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ENERGIA

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L’eco-efficienza nell’industria “20/20/20”. Ma quali sono i risultati dell’efficienza energetica raggiunti nel settore industriale? SIDERURGIA

L'industria siderurgica è altamente energivora, e la complessità del ciclo di lavorazione ha spesso rallentato l'aggiornamento tecnologico. Sono oggi realizzabili sensibili miglioramenti nelle seguenti aree: produzione di coke, prepara-

zione di agglomerato, produzione di ghisa, produzione di acciaio. I principali interventi di efficientamento nella produzione di coke metallurgico riguardano: - l’adozione di macchine smokeless che permettono di assicurare la tenuta a fine caricamento per effetto del nuovo sistema di distribuzione del fossile (coclea) - l’adeguamento di piani e bocchette di carica attraverso materiale refrattario a più alta efficienza - l’adozione di porte ad elevata tenuta, che consentono di ridurre i fenomeni emissivi - il revamping delle murature re-

frattarie a caldo (testate, bruciatori, rigeneratori) - il sistema di desolforazione del gas di cokeria, tramite la sostituzione dei sistemi di distribuzione del liquido lavante sul pacco di riempimento, per migliorare l’assorbimento dell’idrogeno solforato - l’utilizzo del gas di cokeria come combustibile, agente riducente o per la preparazione di sostanze chimiche. Nella preparazione dell'agglomerato i principali interventi riguardano: - l’automazione del processo di formazione del cumulo di omogeneizzato, tramite PLC, che portano a una quasi totale automazione delle operazioni di formazione dei cumuli di omogeneizzato, nonché un controllo accurato di tutte le fasi di progettazione e realizzazione degli stessi - il miglioramento della qualità dell’agglomerato (più ricco in ferro), grazie alla maggiore disponibilità di informazioni e controllo sul processo

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- il recupero del calore sensibile nel raffreddamento dei gas di sinterizzazione - la massimizzazione del ricircolo dei gas di scarico. Per quanto riguarda la produzione di ghisa, i principali interventi riguardano: - l’installazione di piastre in rame per il raffreddamento sacca-tino - l’adozione di piastre di protezione per preservare la simmetria circonferenziale della bocca - il controllo della uniformità circonferenziale delle traiettorie dei materiali di carica nell'altoforno - lo sviluppo di modelli matematici in grado di ricostruire il processo di caricamento in altoforno in modo da poter ricercare l’ottimale posizione del materiale - la misurazione e controllo dei livello di riempimento del forno - il sistema di raffreddamento del crogiolo e il monitoraggio dell’usura - l’adozione di bruciatori ceramici sui Cowpers per migliorare la combustione del gas - il preriscaldamento dell’aria nei


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Cowpers - lo sviluppo di software per il controllo della combustione all’interno del Cowper - l’innalzamento della temperatura del vento caldo - l’ottimizzazione qualitativa dei materiali in carica in altoforno (analisi dei flussi, strategia di ottimizzazione e modellizzazione della gestione del sistema) - l’utilizzo del gas di processo come combustibile. Nella produzione di acciaio, i principali interventi riguardano: - l’installazione di motori azionati tramite inverter

I risparmi energetici Il Rapporto di Enea ha eseguito una valutazione quantitativa dei risparmi energetici conseguiti, analizzando le seguenti misure di intervento: - Titoli di Efficienza Energetica (certificati bianchi). Nel periodo 2005-2013 essi hanno consentito di ottenere un risparmio energetico in energia primaria di oltre 4,85 Mtep/anno (pari a circa 3,4 Mtep/anno di energia finale) - detrazioni fiscali (55-65%) per la riqualificazione energetica degli edifici esistenti. Questo strumento ha consentito un risparmio complessivo di energia primaria di poco superiore a 0,91 Mtep/anno (pari a circa 0,85 Mtep/anno di energia finale) - recepimento della Direttiva 2002/91/CE e attuazione del D.Lgs 192/05 con riferimento alle prescrizioni di “standard minimi di prestazione energetica” de-

- il recupero, la pulizia e il riutilizzo come combustibile del gas prodotto dal processo di affinazione - la riduzione del consumo energetico tramite il ladle-lid-system.

Come è noto, la produzione di carta richiede elevate quantità di energia termica ed elettrica. L’energia termica viene prodotta quasi esclusivamente bruciando gas naturale, che è anche la fonte dell’energia elettrica (prodotta per cogenerazione). A tale propo-

sito, l’installazione di un impianto di cogenerazione è tra gli interventi più frequentemente realizzati all’interno delle centrali termiche delle cartiere. Nel quadro di un utilizzo più razionale delle risorse, dovrebbero essere incentivati gli impianti che ricavano energia bruciando gli scarti del processo di riciclo degli imballaggi cartacei. Nonostante i notevoli progressi tecnologici, esistono ancora margini per incrementare l’efficienza energetica nelle lavorazioni delle cartiere; gli interventi in questo settore mirano principalmente ad

gli edifici, che hanno consentito un risparmio complessivo in termini di energia finale di circa 2,44 Mtep/anno derivanti principalmente dalla sostituzione di impianti termici negli edifici ad

uso residenziale - sostituzione di elettrodomestici, che ha consentito un risparmio complessivo di energia finale pari a circa 93 ktep/anno nel periodo 2001-2014

PRODUZIONE DI CARTA

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aumentare il grado di secco in ingresso alla sezione di asciugatura della macchina continua. In particolare: - nella sezione della preparazione dell’impasto si cerca di rendere maggiormente efficienti gli spappolatori e i raffinatori - nella sezione formazione del foglio e pressatura gli interventi si concentrano nell’utilizzare tele più efficienti nella tavola prima, nel migliorare le casse aspiranti e il sistema del vuoto, e nell’utilizzare presse più efficienti - nella sezione di asciugatura gli interventi riguardano l’ottimizzazione del sistema vapore-condensa, l’adozione di un sistema di controllo e supervisione per il vapore, il recupero del calore dalle fumane della cappa e la coibentazione delle pareti disperdenti. L’installazione di inverter sui motori elettrici costituisce un intervento comune a tutte le sezioni del processo produttivo citate, presentando dimensioni medie degli impianti e ritorni economici comparabili a quelli del settore siderurgico. PRODUZIONE DI CEMENTO

Per ottimizzare il consumo enerContinua a pag. 32 - nel settore trasporti, gli incentivi al rinnovo di autovetture e autocarri hanno portato un risparmio di energia finale pari a 0,19 Mtep/anno; a ciò si aggiunga il Regolamento CE 443/2009 (riduzione delle emissioni di CO2 da auto) da cui si è avuto un risparmio di energia finale pari a 0,6 Mtep/anno (pari al 70% del totale), e la messa in esercizio della rete ferroviaria alta velocità, che ha determinato una riduzione della domanda sulle rotte aeree concorrenti, con un risparmio di energia finale pari a 0,09 Mtep/anno nel 2013. Per il periodo 2005-2016, le misure analizzate porteranno un risparmio complessivo di energia finale stimato in 7,55 Mtep/anno, pari a circa il 70% dell’obiettivo previsto per il 2016, con il settore residenziale e industriale a fare da volano (già nel 2013 l’industria aveva raggiunto e superato gli obiettivi UE di risparmio energetico previsti per il 2016).


ENERGIA Continua da pag. 31

L’eco-efficienza nell’industria getico del processo produttivo, possono essere adottate alcune misure di carattere generale, come l’ottimizzazione del controllo di processo, anche tramite l’adozione di sistemi di controllo automatici computerizzati; un’altra strada è un’adeguata scelta dei combustibili e delle materie prime. La parziale sostituzione dei combustibili fossili con combustibili alternativi derivati dai rifiuti è sicuramente una delle più efficaci misure di uso razionale delle risorse per la riduzione delle emissioni di CO 2 , ottenendo al tempo stesso anche la riduzione del consumo di combustibili fossili non rinnovabili. Nei cementifici italiani i combustibili alternativi, utilizzati in parziale sostituzione dei combustibili fossili, sono costituiti in parte da Combustibili Solidi Secondari derivati da rifiuti non pericolosi (ad es. frazione secca dei rifiuti urbani, pneumatici fuori uso, plastiche e gomme), combustibili liquidi (solventi, oli usati ecc.) e farine animali; in alcune fasi del processo possono essere usate anche le biomasse. Quanto ai possibili interventi sulle singole fasi del processo, i principali riguardano l’installazione di un sistema preriscaldato a 4-6 cicloni, integrato con un sistema di precalcinazio-

ne; l’utilizzo di bruciatori multicanale; il recupero di energia termica dal raffreddamento del clinker in uscita; il recupero di calore dai gas esausti; l’installazione di inverter sui ventilatori delle griglie di raffreddamento del clinker. Nella fase di macinazione, i principali interventi riguardano l’installazione di molini con rulli di macinazione ad alta pressione e l’installazione di inverter sui motori elettrici. PRODUZIONE DI CERAMICA

I principali interventi di risparmio energetico in questo settore riguardano la macinazione a umido, la macinazione a secco e granulazione, l’innalzamento del tenore in solido della barbettina, l’innalzamento della temperatura in ingresso del gas, il recupero di

energia termica dal forno di essiccazione a spruzzo, il recupero della polvere atomizzata e dello scarto a crudo.

vata efficacia è utilizzare negli essiccatoi il calore recuperato dalle zone di raffreddamento dei forni di cottura, in aggiunta all’energia proveniente dai bruciatori.

PRODUZIONE DI LATERIZI PRODUZIONE DI VETRO

L’intervento principale è costituito dal miglioramento nella progettazione dei forni; altri interventi riguardano il miglioramento delle chiusure dei forni con l’introduzione di chiusure metalliche e tenute ad acqua e sabbia, il miglioramento dell’isolamento termico dei forni e delle piste dei carrelli con riduzione delle perdite di calore, l’impiago di bruciatori ad alta velocità, il controllo automatico dei regimi di cottura e l’installazione di motori a controllo elettronico di velocità. Quanto al recupero termico, una tecnica ormai collaudata e di pro-

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I principali interventi riguardano l’ottimizzazione della progettazione del forno, e la scelta della tecnologia di fusione più adatta al tipo e alla quantità di produzione richiesta. Un rilevante risparmio energetico può essere ottenuto migliorando l’isolamento termico del forno fusorio, e attraverso il recupero del calore dai fumi per la produzione di vapore ed energia elettrica in cogenerazione. Un’altra tipologia di interventi riguarda l’ottimizzazione del processo di combustione mediante il controllo continuo dei parametri operativi (in particolare ossigeno e monossido di carbonio), e un’adeguata preparazione della miscela di materie prime (facendo attenzione al livello di umidità, percentuale di rottame utilizzato e al livello di temperatura del materiale di carica).


MACCHINE & STRUMENTAZIONE MONITORAGGIO DELLE EMISSIONI

Gli analizzatori al camino Diverse le tecniche di misura, ma tre sono quelle di uso più generale: metodi ottici, gascromatografici e spettrofotometria infrarossa I sistemi di monitoraggio delle emissioni (SME) hanno oggi un campo vastissimo di applicazione, e senza di essi non sarebbe possibile rispettare la prescrizioni di legge sulle emissioni degli inquinanti in atmosfera. Le tecnologie attuali consentono le misure in continuo dei seguenti inquinanti, adottando metodi riconosciuti ufficialmente validi: monossido di carbonio, polveri totali, composti organici volatili (sotto forma di gas o vapori) espressi come carbonio organico totale, composti inorganici del cloro (sotto forma di gas o vapori) espressi come acido cloridrico (HCl), composti inorganici del fluoro (sotto forma di gas o vapori) espressi come acido fluoridrico (HF), ossidi di zolfo espressi come biossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto espressi come biossido di azoto (NO2), ammoniaca. Per la determinazione dei cosiddetti microinquinanti, come IPA (idrocarburi policiclici aromatici), diossine, furani, PCB e metalli pesanti, non sono ancora disponibili metodi ufficialmente riconosciuti, ma si stanno facendo notevoli progressi ed esistono già strumenti commercialmente disponibili. Oltre alla misura delle concentrazioni dei singoli inquinanti, le normative sulle emissioni richiedono la misura in continuo dei principali parametri di esercizio e cioè temperatura, ossigeno libero, umidità e portata. METODI DI MISURA

Nella maggior parte dei casi, uno stesso inquinante può essere misurato con metodi diversi; sta all’utilizzatore scegliere il metodo e l’apparecchiatura che ritiene più adatta. Ad esempio la concentrazione di polveri può essere misurata con 5 metodi: assorbimento della luce, diffrazione della luce,

utilizzare alcune variabili di processo, che meglio si prestano ad una misura in continuo: ad esempio, la misura delle polveri in uscita dai filtri a maniche può essere sostituita dalla registrazione in continuo della perdita di carico del flusso gassoso attraverso il filtro, abbinata ad un rivelatore di rottura delle maniche. ALCUNE TECNICHE DI MISURA

estinzione di raggi beta, misure radiometriche, dispersione di raggi laser. Anche per la misura dei parametri di processo è possibile scegliere tra diversi metodi: l’ossigeno può essere misurato con sensori paramagnetici o con celle a ossido di zirconio. Un aspetto importante dei diversi metodi di misura è il campionamento. La soluzione ideale sarebbe la misura diretta entro il camino (in situ), ma questo è raramente possibile: in pratica si applica solo alle polveri ed alla misura dei parametri di processo. In tutti gli altri casi occorre prevedere sonde di

prelevamento e tubazioni che trasferiscono il gas prelevato all’apparecchiatura di misura; durante questo percorso può essere opportuno filtrare il campione, per evitare che le polveri inquinino lo strumento di misura e neutralizzare le sostanze corrosive. Inoltre, poiché nella maggior parte dei casi i campioni prelevati al camino si trovano ad alta temperatura, la linea di trasferimento dovrà essere opportunamente riscaldata, per evitare che gli inquinanti ad alto punto di ebollizione condensino lungo il percorso. In alcuni casi, al posto di misure dirette è possibile

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Come già detto, gli SME impiegano diverse tecniche di misura: se ne contano oltre 10, più altre 6 utilizzate per i parametri di processo, ma tre sono quelle di uso più generale, e cioè: metodi ottici, metodi per spettrofotometria infrarossa, metodi gascromatografici. Metodi ottici Si basano sulle modifiche che un raggio di luce visibile subisce quando attraversa una zona di gas contenente gli inquinanti. Questi metodi sono usati soprattutto per la misura in continuo delle polveri; si possono distinguere tra i metodi basati sull’assorbimento della luce (misurano di quanto l’intensità di un fascio di luce viene ridotta) e metodi basati sulla diffrazione della luce (misurano l’intensità della luce che viene riflessa secondo un determinato angolo). Attualmente, i metodi basati sulla diffrazione della luce laser vengono considerati i più sensibili e precisi per il monitoraggio delle polveri. Spettrofotometria infrarossa Si basa sull’assorbimento di particolari frequenze della luce infrarossa quando questa attraversa il campione. La luce infrarossa fa vibrare gli atomi che costituiscono le molecole, secondo modalità che sono specifiche per ogni sostanza. Le diverse frequenze della radiaContinua a pag. 34


MACCHINE & STRUMENTAZIONE Continua da pag. 33

Gli analizzatori al camino zione infrarossa vengono assorbite in modo diverso, e questa differenza costituisce lo “spettro infrarosso”, che è una specie di “impronta digitale”, attraverso la quale si identificano le sostanze presenti; l’intensità di assorbimento ad una determinata frequenza è proporzionale alla concentrazione, e quindi consente la misura della quantità presente. Gascromatografia Si basa sulla diversa affinità dei singoli componenti di una miscela gassosa verso una sostanza su cui la miscela stessa viene fatta passare. Questa sostanza, detta “fase stazionaria”, è depositata sulle pareti di un sottilissimo tubo avvolto a spirale. Il campione da analizzare viene trasportato da un gas inerte attraverso il tubo; alcune delle sostanze che lo compongono verranno trattenute poco alla fase stazionaria, e quindi usciranno per prime dall’estremità finale del tubo, mentre quelle che vengono trattenute di più usciranno con tempi più lunghi.

All’estremità del tubo è posto un rivelatore (di solito del tipo a ionizzazione di fiamma), che genera un segnale elettrico d’intensità proporzionale alla quantità della sostanza che lo attraversa. In questo modo si genera un grafico costituito da una serie di picchi, ciascuno dei quali corrisponde ad una determinata sostanza e la cui altezza consente di risalire alla concentrazione.

TARATURA E VALUTAZIONE DI CONFORMITA’

Acquistare un analizzatore e installarlo non costituisce di per sè garanzia che l’apparecchiatura fornisca valori corretti e accettati dagli organi di controllo. Il “Testo Unico Ambientale” (D.Lgs 152/06) dedica un intero allegato (All. VI alla Parte V) ai “Criteri per la valutazione della confor-

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mità dei valori misurati ai valori limite di emissione”, comprendente il calcolo delle medie orarie e delle medie tra i valori di misure discontinue. Inoltre, le “Linee Guida per la Gestione della Strumentazione” stabiliscono che gli strumenti devono essere sottoposti a taratura (almeno una volta l’anno e comunque dopo ogni intervento di manutenzione) ed a verifiche periodiche, cioè a confronti tra i valori forniti dallo strumento e quelli ottenuti con altri metodi considerati validi. L’ISPRA ha pubblicato nell’ottobre 2010 una “Guida tecnica per i gestori dei sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni in atmosfera”, aggiornata l’ultima volta nell’ottobre 2012; in questa pubblicazione si fa riferimento alla norma UNI EN 14181:2005, la quale richiede che gli SME siano certificati QUAL 1. Vengono inoltre definiti i metodi di calcolo dei valori medi, le misure ausiliarie, le formule per calcolare l’Indice di Accuratezza Relativa, le modalità di verifica della rappresentatività delle sezioni di prelievo e del software.


HI -TE CH

AMBIENTE

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MISURATORI SME AL CAMINO


SPECIALE MISURATORI SME AL CAMINO ABB Il sistema di analisi ACF con estrazione a caldo, è completamente assemblato e collaudato, ha design compatto e modulare, è facile da usare ed offre: misura di 15 gas (NO, NO2, N2O, NH3, SO2, HC 1 , CO, CO 2 , CH 4 , H 2 O, HF, O2, VOC), tecnologia FTIR, sensori FID e ZrO2 per la misura di idrocarburi incombusti e del contenuto di ossigeno, controllo e manutenzione tramite protocolli di comunicazione fieldbus e ethernet/TCP o modem. Il sistema di prelievo (in un unico punto), mediante eiettore ad aria, convoglia il gas campione dal punto di prelievo all’armadio di analisi: l’assenza di pompe di campionamento e refrigeratori è garanzia di accuratezza delle mi-

BAGGI sure e di contenimento dei costi di manutenzione. Consente, tuttavia, di analizzare ulteriori gas con una semplice implementazione software; ed inoltre, ha una connessione pneumatica per il collegamento di un analizzatore di mercurio (soluzione che evita i costi aggiuntivi per un sistema di prelievo e trasporto dedicato). Il sistema di analisi ACX con estrazione a freddo, invece, si compone di sonda, linee di prelievo, sistema di condizionamento del gas e analizzatori certificati della serie Advance Optima. Il sistema può essere gestito tramite tastiera e display posti sul fronte dell’armadio. Per la misura in continuo della portata dei fumi ABB propone StackFlowMaster, un flussimetro con tubi di Pitot automedianti, che integra un trasmettitore multivariabile per i flussi di gas compensati. Adatto per camini di piccole e grandi dimensioni, è disponibile in materiali idonei alle alte temperature.

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EMERSON Rosemount Analytical di Emerson è specialista di soluzioni e analizzatori per il monitoraggio delle emissioni. Un esempio su tutti è il sistema CEMS SCP100, prodotto in conformità con gli standard ISO 9001. Esso fornisce un'analisi accurata delle emissioni di gas ed è dotato di una custodia compatta e adatta al montaggio in situ, progettata per fornire una maggiore flessibilità di installazione. Oltre ad essere di facile utilizzo e manutenzione, è anche più economico rispetto ai sistemi CEMS tradizionali. Che si progetti l'espansione di un impianto esistente con spazio li-

Base di Baggi - SensEvolution controlla in tempo reale i gas presenti al camino mediante la tecnologia della spettroscopia nell’infrarosso e ad un microprocessore integrato nella testata interpreta i dati misurati. Lo strumento viene inserito direttamente nella ciminiera e ciò presenta diversi vantaggi: risparmio di costo e manutenzione di un sistema di campionamento estrattivo, mantenimento delle caratteristiche chimico-fisiche del processo, minore tempo di risposta. La spettroscopia IR è particolarmente indicata per la rilevazione e misura della concentrazione in ppm di numerosi gas, tra cui: NH3, CO2, CO, HC1, HF, NO, N 2 O, NO 2 , SO 2 , H 2 O, CH4, C2H6, C2H4, C4H10, C3H8. Ogni singolo analizzatore può misurare fino a 6 gas contemporaneamente. Tre sonde aggiuntive completano

il range di gas analizzabili: misuratore di O2, basato su di un sensore all’ossido di zirconio; misuratore di polveri, basato sulla misura della tribo-elettricità; misuratore di flusso, mediante tecnica a ultrasuoni. La testata dello strumento presenta due ingressi di tipo pneumatico, controllati da elettrovalvole comandate dal microprocessore, che consentono di collegare lo strumento a due bombole di gas: una per la pulizia periodica della sonda e l’altra per le operazioni di autocalibrazione. Base di Baggi - SensEvolution viene collegato ad un normale PC per visualizzare i risultati in forma grafica e per l’archiviazione ed elaborazione statistica dei dati. Il software fornito è in grado di controllare molteplici strumenti.

www.baggi.com

ENVIRONNEMENT ITALIA mitato o l'installazione di una nuova struttura, o che si cerchi semplicemente una soluzione a basso costo per monitorare le emissioni di gas, il sistema SCP100 è la scelta ideale. Grazie all'analizzatore MLT, è in grado di misurare fino a cinque diversi gas (CO, CO2, SO2, NOx, O2). Dal design modulare completamente preingegnerizzato, è ideale per CEMS e applicazioni di processo con umidità intrappolata. E’ dotato di custodia compatta per una maggiore flessibilità e facilità di installazione e manutenzione, e di sistema di condizionamento campione completo per montaggio in situ. Si caratterizza, inoltre, per: sistema e analizzatore autodiagnostici, pompa di campionamento ubicata tra due stadi di raffreddamento attivi, bypass veloce del circuito precedente all'ultimo stadio di raffreddamento (quest’ultimo è pressurizzato per ottimizzare l'efficienza della rimozione di umidità).

Il gruppo Environnement propone una vasta gamma di prodotti di propria produzione per il monitoraggio degli inquinanti gassosi emessi in atmosfera, quali:, SO2, NO, NO2, CO, CO2, O2, HC, HCl ,COT, HF, NH3, polveri, ecc., utilizzando le migliori tecnologie disponibili, ossia NDIR, FTIR, chemiluminescenza, ecc. Tutti gli strumenti offerti rispondono alle più esigenti normative europee ed internazionali, garantendo affidabilità e professionalità, con certificazioni da enti qualificati quali TÜV, Mcerts, EPA, e conformità alla norma EN14181. Nell’ambito dei sistemi di analisi delle emissioni, il pacchetto proposto dall’azienda si basa sulla tecno-

www.emersonprocess.com Hi-Tech Ambiente

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logia NDIR per la misura di monossido di carbonio ed ossidi di azoto, una cella paramagnetica per la misura di ossigeno, un sistema FID per la misura di COT, un software di acquisizione dati e strumentazione per la misura di polveri, portata e temperatura. Oltre alla fornitura delle apparecchiature, Environnement Italia può offrire anche un pacchetto completo “chiavi in mano” formato da hardware, assistenza tecnica e software, al fine di permettere l’immediata generazione della reportistica necessaria da fornire alle autorità competenti.

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ITAL CONTROL METERS

UN PARTNER AFFIDABILE Ital Control Meters (ICM) da oltre 20 anni fornisce ed installa le migliori tecnologie disponibili per l’analisi delle emissioni, normate secondo EN14181. ICM non è un integratore di sistemi, quindi non fornisce sistemi completi SME (Sistemi Monitoraggio Emissioni) in concorrenza con gli altri integratori; per scelta strategica, invece, l’azienda opera come fornitore super specializzato di componenti e servizi tecnici, con strumentazione certificata e testata secondo gli standard comunitari vigenti. I clienti sono quindi sia gli utenti finali, quando hanno bisogno di uno strumento di cui è sprovvisto l’impianto o di sostituire uno strumento non sufficientemente performante, sia gli integratori di sistemi che nel loro sistema SME vogliono inserire strumentazione di eccellenza. Grazie al proprio team di supporto tecnico ICM non solo fornisce il prodotto migliore ma lo supporta guidando il cliente attraverso tutte le fasi, dalla scelta, installazione, configurazione, calibrazione fino alla manutenzione. Quindi, sia che si tratti di un utente finale che di un integratore di sistemi, qualora sia necessario uno strumento per la determinazione di portata, analisi gas, analisi polveri, nell’ambito SME, interpellando ICM si ha la certezza di una soluzione adeguata alla specifica esigenza. Misura di portata Tra i misuratori di portata certificati QAL1 e testati secondo le più recenti EN16911-2 sono disponibili i misuratori termici prodotti dall’americana Kurz, che non hanno eguali in quanto a flessibilità applicativa e prestazioni ottimali anche in presenza di enormi variazioni di portata, essendo in grado di misurare anche portate prossime allo zero in camini di qualsiasi dimensione, fino a 500 °C. Sono disponibili, inoltre, i moderni ultrasuoni PCME con sonda ad inserzione, anche nell’esclusiva versione inclinata che ne consente il montaggio attraverso un semplice bocchello perpendicolare al camino. Senza dimenticare il più tradizionale pitot multiplo SKI che, anche se più semplice nella realizzazione, trova ancora largo impiego in molte applicazioni. analisi dei gas ICM distribuisce in esclusiva in Italia gli analizzatori gas con tecnologia FTIR della finlandese Gasmet. Questi strumenti possono analizzare contemporaneamente in una frazione di secondo una quantità enorme di gas. Ne esistono versioni fisse, ma merita particolare attenzione la versione portatile DX-4000, oggi certificata QAL1 secondo EN15267-3, ma che in un prossimo futuro sarà anche impiegabile come analizzatore di riferimento in ambito comunitario come lo è già, ad esempio, nel Regno Unito. analisi di polveri In questo ambito l’indissolubile connubio sinergico con l’inglese PCME ha portato oramai ad una posizione consolidata di leadership per il controllo di emissioni di particolato in diversi settori dell’industria. Sono diffusissimi i polverimetri ad elettrificazione di tipo “elettrodinamico”, come anche i sistemi ottici, sia ad estinzione di luce che a diffrazione, con una soluzione ottimale per ogni specifica applicazione.


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La procedura di QAL3 Cosa cambia con la nuova UNI EN14181/2015. Risparmiare tempo e denaro con i sistemi di analisi SICK di Alberto Pronzati e Salvatore Squillaci*

La nuova revisione della UNI EN14181, emanata nel febbraio 2015, ha introdotto alcuni importanti chiarimenti nell’interpretazione ed esecuzione delle procedure di QAL3. Come molti sanno, tale procedura consiste nella verifica periodica delle derive dei sistemi automatici di misura (AMS) installati nei sistemi di monitoraggio emissioni (SME). I dati di deriva di zero e span, registrati manualmente o automaticamente, vengono usati per costruire carte di controllo (es. CUSUM) che permettono di individuare tempestivamente l’eventuale anomalia della misura. Il capitolo 7 della norma spiega come approcciare le verifiche di QAL3. I punti più rilevanti si possono così sintetizzare: - Par 7.1: introduce la possibilità di eseguire annualmente la QAL3 in caso di sistema di monitoraggio di riserva completamente indipendente (“back_up caldo”) purché la differenza tra le misure dei due sistemi non sia superiore al 5% del ELV. In tale circostanza i due sistemi dovranno essere dotati di una sonda e linea di campionamento dedicata per ciascun AMS così da consentire una registrazione simultanea dei dati da parte del sistema di acquisizione ed elaborazione dati e il conseguente calcolo del differenziale da rendere disponibile attraverso report dedicato. - Par 7.2: definisce la frequenza minima del ciclo di QAL3. Per sistemi di analisi certificati UNI EN15267-3 può essere eseguito un solo ciclo di QAL3 durante il periodo di non sorveglianza certificato (intervallo minimo di manutenzione), mentre per sistemi non certificati il ciclo di verifica di QAL3 minimo è almeno mensile. L’intervallo di non sorveglianza è indicato obbligato-

riamente nel certificato rilasciato dall’ente di accreditamento (TUV/SIRA) e rappresenta il periodo massimo che può intercorrere tra una calibrazione “adjustment” e la successiva, pertanto durante tale periodo è consigliabile eseguire un ciclo di QAL3. - Par 7.3: per i sistemi di analisi dotati di controllo interno delle derive di zero e span, menzionato nel certificato QAL1, è possibile derogare alla compilazione

delle carte di controllo purché sia possibile registrare e conservare i risultati di tali cicli per almeno un anno. Tale caratteristica si può tipicamente riscontrare sui sistemi di misura delle polveri o in generale sulla strumentazione montata direttamente sui condotti detta in gergo “in situ”; tale requisito, per essere ritenuto valido come metodo di controllo perio-

dico di QAL3, deve necessariamente essere citato e approvato all’interno della certificazione in conformità alla UNI EN15267. In presenza di tali accorgimenti si possono ridurre ad una volta all’anno i test di taratura e linearità attraverso standard e/o riferimenti esterni (p.e. filter box). - Par 7.4.3: viene stabilità la possibilità di utilizzare l’incertezza massima ammessa dalle direttive EU per il calcolo della deviazione standard SAMS necessaria nel controllo di QAL3. Tutti i sistemi di analisi SICK (estrattivi, in situ, polverimetri e misuratori di portata) dispongono di sistemi automatici interni certificati secondo la EN15267 per la verifica delle derive di zero e span utilizzabili per la QAL3. La EN14181/2015 (par 7.5) consente, infatti, l’utilizzo di materiali di riferimento (filtri, cellette, etc) al posto dei gas tecnici. In particolare, sui sistemi multiparametrici estrattivi della serie MCS100 HW e FTIR è possibile montare una ruota filtri per la verifica periodica e la calibrazione di tutti i componenti misurati, inclusi parametri come HCL, HF e NH 3 per i quali il controllo di deriva con standard di riferimento (miscele di calibrazione) e/o gas tecnici richiederebbe molto tempo per via dei lunghi tempi di stabilizzazione delle miscele. Ciò si tramuta anche in un notevole risparmio economico in quanto si riduce totalmente o in parte la necessità di approvvigionamento di miscele certificate e dei relativi riduttori. Attraverso l’utilizzo di una ruota filtri è inoltre possibile la verifica periodica anche di componenti ausiliari come CO 2 e HO2 con frequenze personalizzabili anche settimanali. Sempre più frequentemente, difatti, nei piani di monitoraggio o nei manuali di gestione degli SME viene richiesto che le procedure di

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QAL3, elaborate in genere con carte di controllo CUSUM, siano eseguite con ciclicità anche mensile e possibilmente anche sui parametri ausiliari secondari (vedere linee guida nazionali 83/2013 in materia di SME emanate da ISPRA), a garanzia di un controllo periodico delle derive più assiduo soprattutto sui sistemi di analisi certificati con lunghi intervalli di manutenzione (3 o 6 mesi) a discapito, però, della disponibilità strumentale complessiva che, come noto, deve essere sempre prossima o superiore al 95%. L’utilizzo in questo caso però di sistemi interni di verifica, quali appunto le ruote filtri, consente di limitare i periodi di fuori servizio rispetto a controlli con gas tecnici oltre a garantire un elevato livello di ripetibilità delle verifiche. *Ing. Alberto Pronzati, Strategic Industry Manager Process Automation di SICK Spa Ing. Salvatore Squillaci, Product Manager Analyzers & Flow Solutions di SICK Spa



SPECIALE MISURATORI SME AL CAMINO LAND INSTRUMENTS Land Instruments è un’azienda che progetta, realizza e commercializza una vasta gamma di analizzatori per il monitoraggio del rendimento della combustione e delle emissioni di gas, polveri e particolato. La gamma produttiva comprende analizzatori portatili e fissi per il monitoraggio delle emissioni di sostanze inquinanti nei fumi a camino, il cui utilizzo è utile, e a volte indispensabile, in numerose applicazioni di molti settori industriali come i generatori di energia elettrica, gli inceneritori, i cementifici, le vetrerie, le acciaierie e gli impianti petrolchimici. Gli analizzatori della seria FGA sono dei sistemi compat-

MAVETEC ti che possono essere installati all’esterno anche in condizioni ambientali estreme. Il modulo sensori, a temperatura controllata, può contenere fino a 6 coppie di celle che garantiscono un’eccellente stabilità e linearità in tutti i campi di misura. Il microprocessore gestisce tutti i segnali e le funzioni e fa si che l’FGA sia un sistema estremamente semplice da usare e mantenere. Può ricevere segnali da un’ampia gamma di sonde. L’unità standard “Chiller Probe” è dotata di un deumidificatore incorporato che fornisce un gas campione integro e significativo. Uscita seriale Modbus, uscite analogiche (n. 8) e allarmi (n. 10) sono uno standard; ulteriori moduli possono essere aggiunti in qualsiasi momento. Dotato di sistema per la calibrazione automatica, l’FGA è una soluzione economica per la maggior parte delle applicazioni. Lo si può tranquillamente definire “un sofisticato sistema di monitoraggio emissioni di dimensioni minime”. Consente la misura di CO, NO, NO2, SO2, CO2.

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MEGA SYSTEM Gli analizzatori serie Emicheck rilevano e monitorano in modo semplice, rapido e preciso le emissioni di fumi e gas a camino; ma consentono anche di eseguire il controllo della combustione per l’ottimizzarne l’efficienza. I modelli disponibili si differenziano per il numero di sensori installabili, da 3 a 8 a scelta tra: O2, CO, NO, NO2, SO2, CxHx, CO2, IR. Per la rilevazione dei gas vengono usati sensori elettrochimici, mentre per idrocarburi totali e CO 2 viene usato rispettivamente un termistore catalitico e un sensore IR.

L’esperienza maturata da Mavetec nell’ambito della strumentazione di analisi in molteplici processi industriali, trova applicazione anche nell’analisi e monitoraggio delle emissioni. L’azienda, infatti, propone una linea di strumentazione dedicata al monitoraggio in continuo delle emissioni in atmosfera. Sebbene nella maggioranza dei casi trovino applicazione le norme europee UNI EN 15267 ed UNI EN 14181, in alcuni casi, in assenza di dispositivi certificati in grado di fornire un adeguato livello di qualità e di affidabilità della misura, è possibile l’applicazione di strumentazione non dotata di certificazione (certificazione QAL 1). Nella prima fattispecie Mavetec propone una linea di sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni, certificati QAL 1 secondo lo standard europeo EN 15267, in particolare i due sistemi prodotti dalla Dr. Födisch AG: MCA 10 ed MGA 12. Questi sistemi risultano ideali in molti processi industriali quali ad esempio: cementifici, cogenerazione, raffinerie, etc. In molte altre applicazioni, in as-

STA Gli analizzatori sono dotati di tastiera per l’impostazione dei dati e di ampio display lcd per la visualizzazione dei parametri. Il software consente di eseguire analisi in continuo o temporizzate, con registrazione dei valori medi e di picco. Tramite le impostazioni di setup è possibile esprimere in %, ppm o mg/mc le concentrazioni dei gas rilevati. I dati rilevati ed elaborati possono essere memorizzati per una successiva consultazione, oppure stampati, scaricati su PC o trasferiti su chiavetta. Lo strumento dispone di memoria interna dove è possibile registrare oltre 1.000 record e di un’espansione di memoria su chiavetta USB collegabile tramite apposita interfaccia. Gli analizzatori sono dotati di un potente ed efficiente sistema di raffreddamento a celle di Peltier con scarico automatico della condensa.

STA fornisce analizzatori di gas per la misura automatica dei principali inquinanti gassosi presenti nelle emissioni industriali. Ratfisch RS 55-T, ad esempio, è un analizzatore automatico in continuo di TOC/VOC nelle emissioni industriali con tecnica di misura a F.I.D. (ionizzazione di fiamma ad alta temperatura) in piena conformità alle norme UNI EN 13526 e UNI EN 12619. Disponibili tra gli accessori il generatore di aria zero RS-11 ed il generatore di idrogeno OPGU-3200. Horiba VA-3000, invece, è un analizzatore multiparametrico per la misura in continuo di CO, CO 2, NOx, N2O, CH4 e O2. I sensori impiegati sfruttano diversi principi fisici: detector all’infrarosso (ndir), chemiluminescenza, paramagnetismo e ossido di zirconio). Ogni unità di analisi è in grado di misurare contemporaneamente fino a tre gas anche con diversi sensori, e tale configurazione può essere successivamente aggiornata.

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senza di sistemi di analisi certificati, quali ad esempio il monitoraggio di solventi (tetracloroetilene, tricloroetilene, etc.) o il monitoraggio delle emissioni di clorofluorocarburi (CFC), l’azienda propone dei sistemi di analisi di Fresenius UT in grado di consentire un’accurata e precisa misura dello specifico composto inquinante. Mavetec offre ai propri clienti supporto in fase di valutazione preliminare e di definizione con l’autorità competente.

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SPECIALE MISURATORI SME AL CAMINO TECNOVA HT Tecnova HT progetta, costruisce ed installa sistemi di monitoraggio emissioni turn-key sia di tipo estrattivo che in situ. Il software gestionale, sviluppato completamente dall’azienda, è pienamente rispondente ai requisiti legislativi europei, nazionali e regionali in essere ed è idoneo anche alla trasmissione remota dei dati. Pur partendo da un collaudato standard costruttivo, Tecnova HT è in grado di customizzare ogni singola installazione: dal sistema di estrazione del campione alla tipologia di manutenzione, tutto è dettato dai requisiti di legge declinati secondo la realtà del cliente. Tutti gli analizzatori propo-

TECORA sti sono certificati TÜV, sia per gas e polveri emessi a camino che per il monitoraggio di ossigeno con sonda all’ossido di zirconio ad inserzione diretta. Tuttavia, la misura contemporanea di CO2, CO, SO2, CH4, O2, NOx con tecnologia NDIR permette all’azienda di realizzare cabine complete. La possibilità di installare tecnologie di tipo FTIR, le consente di poter offrire qualunque tipo di misura possibile, anche nel caso di impianti di termovalorizzazione. La società ha, inoltre, un portfolio completo di soluzioni per la misura delle polveri a camino, realizzata con principio triboelettrico per installazioni standard, triboelettrico estrattivo a separazione ciclonica per flue gas umidi ed anche laser per grandi diametri o gas corrosivi. Non trascurato da Tecnova HT anche l'aspetto "comunicazione con il pubblico", poiché è in grado di installare pannelli luminosi che informano la cittadinanza sui valori di inquinanti emessi, ad esempio dagli inceneritori, temute fonti di inquinamento.

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TESTO Testo 350 è un analizzatore di combustione professionale a 6 sensori (tra CO, NO, NO 2, SO 2, H2S, CxHy, CO2), che consente di confrontare i valori misurati indipendentemente dalla data e dalle condizioni ambientali. Due le unità presenti nello strumento: unità di analisi e di controllo. L’unità di analisi, semplice, precisa e robusta, è ideale per l’uso quotidiano. Può essere equipaggiata con un massimo di sei sensori gas. Dopo la programmazione, può effettuare indipendentemente le misure, per lunghi periodi. L'unità di controllo è dotata di display grafico ben strutturato che guida alla misura desiderata in modo semplice. Lo sportello di manutenzione sulla parte inferiore dello strumento consente un rapido accesso a tutte le parti più im-

Tecora propone Decs, un sistema da installare in modo fisso al camino degli inceneritori per il campionamento sul lungo periodo di diossine e furani, PCB e altri POP. Garantisce il campionamento in continuo da 6 ore fino a 6 settimane, mediante il metodo del filtro condensatore con trappola adsorbente su gas umido, in accordo ai metodi EN1948 e USEPA 23. Decs si compone di un’unità di campionamento e di una di controllo. L’unità di campionamento è la parte del sistema che viene fissata al camino nel punto di prelievo e ha lo scopo di estrarre il campione senza alterarne la composizione, raccogliendo su appositi dispositivi sia la fase solida sia gassosa. Tale unità è perfettamente idonea all'installazione in esterno, è realizzata in titanio ed è pronta all'uso in ogni momento, in quanto non necessita di una lunga prepara-

zione. E’ composta da: sonda di prelievo riscaldata con ugello intercambiabile, box riscaldato per portafiltro, sistema di condensazione, trappola adsorbente XAD-2, tubo di Pitot. L'unità di controllo, invece, è l'interfaccia con l'operatore, attraverso la quale è possibile gestire tutte le funzioni del sistema: può gestire fino a 4 unità di campionamento; campionamento completamente automatico senza necessità dell'operatore; pulizia e flussaggio della linea di campionamento automatica; controllo remoto; utilizzabile anche per la determinazione di altri composti, tra cui metalli pesanti, mercurio e HCl, per i quali si utilizza il metodo della sonda riscaldata e filtro esterno al camino per la fase solida e il campionamento derivato per la fase gassosa.

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TRIBOTECNA portanti soggette a manutenzione e usura quali pompe e filtri, che possono in tal modo essere pulite o sostituite. Inoltre, Testo 350 dispone di numerose funzioni di diagnosi dello strumento. I messaggi sono generati come testo in chiaro e pertanto sono facilmente comprensibili. Lo stato operativo dell'analizzatore di combustione viene sempre visualizzato. L’unità di analisi viene monitorata dall'unità di controllo, ma può essere anche azionata direttamente in collegamento ad un PC/notebook. Dopo la programmazione l’unità di analisi può eseguire misurazioni in autonomia e memorizzare i risultati. Per di più, è possibile trasmettere i dati di misurazione dall’unità di analisi all'unità di controllo.

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L’attenzione rivolta alla riduzione dell’inquinamento atmosferico da polveri, ha stimolato i progettisti della Le apparecchiature sviluppate da Tribotecna si basano sul principio triboelettrico, per il quale è necessaria l’installazione di un’unica sonda enon è richiesta alcuna manutenzione. Il principio di funzionamento del sistema triboelettrico è basato sull’energia prodotta dall’impatto del particolato, sull’elettrodo della sonda e dal campo elettrico trasmesso dalle particelle adiacenti. L’intensità delle cariche elettriche è proporzionale alla velocità dell’impatto e dalle caratteristiche fisiche della polvere. In buona sostanza, l’effetto troboelettrico si basa sul trasferimento delle cariche elettrostatiche: le particelle di polvere, di qualun-

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que materiale e granulometria, si caricano di elettricità statica quando vengono trasportate da un flusso gassoso. Ponendo un elettrodo all’interno del flusso, esso è in grado di catturare le cariche per collisione come per induzione elettrostatica. La centralina di controllo è poi in grado di amplificare ed elaborare il segnale proveniente dalle sonde di monitoraggio, ed è generalmente situata in un apposito contenitore stagno con protezione IP65.

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LABORATORI CONTENTO TRADE

Ecoproblemi? Risolti! Ricerca, sviluppo, trasferimento tecnologico, consulenza ambientale strategica, laboratorio Da 30 anni il centro ricerche privato e accreditato Contento Trade produce innovazione e offre soluzioni concrete per la gestione sostenibile delle risorse e lo sviluppo di una economia circolare. Ricerca, sviluppa e produce processi e impianti per l'innovazione tecnologica di vari comparti industriali ed il miglioramento della loro compatibilità e sostenibilità ambientale. In particolare, ha sviluppato una serie di tecnologie che permettono di chiudere il ciclo produttivo senza creare rifiuti solidi o liquidi, generando invece nuovi prodotti dotati di proprio valore aggiunto. E’ dunque in grado di offrire sia la propria assistenza per la soluzione di problemi tecnologici, mediante applicazioni basate sui “propri” processi, che la collaborazione allo sviluppo di progetti comuni. Contento Trade, quindi, opera in: commesse di ricerca, brevetti, prototipazione, impianti dimostrativi e progetto di impianti industriali per le imprese con assistenza tecnica; consulenza ambientale strategica, LCA, ecobilancio; laboratorio di riferimento/supporto e laboratorio di analisi e prove. IL LABORATORIO DI RIFERIMENTO/SUPPORTO

Contento Trade ed i suoi partner si pongono in questo contesto come laboratorio di supporto al produttore, offrendo i seguenti servizi: - esecuzione di tutti i test previsti dalle norme armonizzate; - elaborazioni statistiche su risultati ottenuti e monitoraggio continuo dei prodotti, con accesso ai risultati in tempo reale; - consulenza per il miglioramento dei prodotti, del sistema produttivo e del sistema di controllo della produzione sia dal punto di vista tecnico/qualitativo che per quanto

attiene ai requisiti di igiene, sicurezza ed ambiente; - assistenza per la pianificazione e l'esecuzione dei campionamenti; - assistenza nell'interpretazione della normativa e nella elaborazione delle dichiarazioni di conformità; - assistenza ed intermediazione nei rapporti con i committenti, i progettisti, la direzione lavori e la pubblica amministrazione. L’azienda è in grado di suggerire e consigliare all’industria (principalmente dei comparti metallurgi-

co, agroalimentare, del legno, edile e manifatturiero) quali siano le azioni idonee sia per migliorare semplicemente la loro immagine ambientale, sia per minimizzare i reali problemi che la produzione può causare all’ambiente. Con un minimo investimento, si può ottenere il massimo risultato in termini di soluzioni ai problemi ambientali. Gli strumenti con i quali la Contento Trade si propone di analizzare la situazione delle aziende che le si rivolgono sono:

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- analisi in loco della situazione e del ciclo produttivo connesso all’attività del cliente - redazione di un ecobilancio per esaminare in dettaglio attività dell’azienda, emissioni e quantità di rifiuti prodotti, tipologie di materiali utilizzati e loro provenienza. Le conclusioni che si possono trarre dall’ecobilancio suggeriscono quali siano le vie migliori per permettere all’azienda di ottenere vantaggi ambientali. Ai vantaggi di ordine ambientale sono connessi implicitamente anche vantaggi economici (una buona immagine ambientale può facilitare l'accesso al credito, minori costi per le assicurazioni, una razionalizzazione dei costi, etc.) - individuazione delle aree critiche nel ciclo produttivo aziendale e proposta delle tecnologie pulite ottimali per la risoluzione delle problematiche ambientali, nonché suggerimenti su possibilità di riutilizzo, riciclo e valorizzazione degli scarti prodotti dall’industria cliente come alternativa alla discarica - elaborazione di una serie di suggerimenti articolati in una proposta operativa integrata, per ottenere un’immagine aziendale “pulita” e/o un effettivo miglioramento ambientale del processo produttivo Contento Trade è iscritta nelle liste dei consulenti della Regione Umbria, Puglia e Friuli-Venezia Giulia. IL LABORATORIO DI ANALISI E PROVE

L’azienda è dotata di attrezzature per l’esecuzione di test fisici, chimici e meccanici su vari tipi di materiale da costruzione, principalmente sugli aggregati riciclati ed artificiali, malte da muratura e rivestimento, oltre che essere specializzata nella caratterizzazione


LABORATORI di intonaci leggeri. L’azienda ha inoltre sviluppato un discreto know-how nell’esecuzione di analisi ambientali, quali campionamento ed esecuzione di test di cessione su rifiuti ed analisi di acque di scarico. La struttura (iscritta all’Albo laboratori esterni privati altamente qualificati, albo esperti area di ricerca di Trieste) è suddivisa in 5 laboratori operativi: laboratorio prove aggregati, laboratorio prove su lapidei, laboratorio prove su manufatti, laboratorio analisi su rifiuti, laboratorio analisi su acque. Contento Trade è autorizzata a svolgere ricerche di carattere applicativo a favore delle PMI (D.D. 473/1999 pubblicato in GU del 9/10/1999). LA MARCATURA CE

La Direttiva europea sui prodotti da costruzione 89/106 (CPD) ha introdotto nel settore una vasta gamma di norme armonizzate anche a livello di specifiche tecniche per i prodotti immessi sul mercato. I prodotti da costruzione sono stati divisi in 33 famiglie, per ciascuna delle quali la Commissione Europea ha emesso un mandato, sotto forma di specifica dettagliata, per richiedere al CEN l'elaborazione delle norme armonizzate necessarie. Questi mandati specificano anche i requisiti richiesti a ciascuna famiglia per ottenere l'attestazione di conformità. Contento Trade è attiva in tre tipologie di prodotti per l'edilizia: aggregati, manufatti lapidei e manufatti in calcestruzzo. Per queste tre tipologie di prodotto, i sistemi di attestazione della conformità più comunemente previsti sono: - Sistema 2+. Dichiarazione di conformità rilasciata dal produttore sulla base di prove di tipo iniziale effettuate sotto la propria responsabilità e dell'intervento di un Organismo Notificato che effettua la sorveglianza continua del con-

trollo di produzione in fabbrica effettuato dal produttore - Sistema 4. Dichiarazione di conformità rilasciata dal produttore sulla base di prove di tipo iniziale e di un controllo di produzione in fabbrica effettuati sotto la propria responsabilità. Contento Trade ed i suoi partner si pongono in questo contesto come Laboratorio di supporto al produttore, offrendo i seguenti servizi: - esecuzione di tutti i test previsti dalle norme armonizzate; - elaborazioni statistiche su risultati ottenuti e monitoraggio continuo dei prodotti, con accesso ai risultati in tempo reale; - consulenza per il miglioramento di prodotti, sistema produttivo e sistema di controllo della produzione, sia dal punto di vista tecnico/qualitativo che per quanto attiene ai requisiti di igiene, sicurezza ed ambiente; - assistenza per la pianificazione e l'esecuzione dei campionamenti; - assistenza nell'interpretazione della normativa e nell’elaborazione delle Dichiarazioni di conformità; - assistenza ed intermediazione nei rapporti con i committenti, i progettisti, la direzione lavori e la PA. Questo servizio "chiavi in mano" risulta molto utile sia per i piccoli produttori che non hanno spesso il tempo per gestire in maniera ottimale la marcatura dei propri prodotti, sia per i medi e grandi produttori che possono ridurre in maniera sensibile l'impegno di personale per la gestione documentale dei processi, aumentando l'efficienza del sistema di controllo. Inoltre, Contento Trade ha sviluppato dei servizi specifici mirati al

settore degli aggregati riciclati che, grazie alle nuove norme europee, potranno in futuro essere impiegati in una vasta gamma di opere e sono oggetto di grande attenzione da parte di tutti i produttori. GLI AGGREGATI RICICLATI

Il D.M. 9/10/2003 reca norme affinché gli uffici pubblici e le società a prevalente capitale pubblico coprano il fabbisogno annuale

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di manufatti e beni con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato nella misura non inferiore al 30% del fabbisogno medesimo. La Circolare n. 5205/2005 specifica le caratteristiche prestazionali richieste ad un aggregato riciclato per l'iscrizione nel "Repertorio del riciclaggio". Contento Trade ed i suoi partner offrono ai produttori di aggregati riciclati due tipologie di servizi base: il servizio ACE 1 per l’esecuzione di tutti i test previsti dalle circolare per gli aggregati riciclati; il servizio ACE 2, ossia l’assistenza annuale mirata alla marcatura CE dei vari prodotti e consiste nell’esecuzione di tutti i test previsti dalle norme armonizzate ed altri elementi di servizio "chiavi in mano".


LABORATORI DA TERRORE A RICCHEZZA

L’amianto geomimetico Sintetizzate in laboratorio fibre sintetiche innocue aventi la stessa struttura e morfologia di quelle naturali di Petraroia, Lelli e Roveri

L’asbesto è un minerale che nel secolo scorso è stato ampiamente utilizzato per le sue ottime proprietà tecnologiche: ha buona resistenza al calore ed al fuoco, all’azione di agenti chimici e biologici, all’abrasione e all’usura, presenta un’elevata resistenza meccanica, una buona flessibilità, si lega facilmente con materiali da costruzione ed ha buone proprietà fonoassorbenti e termoisolanti. Per tutte queste proprietà e il basso costo l’amianto è stato largamente utilizzato in manufatti ed applicazioni industriali, edilizie, in mezzi di trasporto ed in ambito domestico. In particolare la fibra grezza veniva lavorata per ottenere vari prodotti adattabili a molteplici usi. In questi prodotti le fibre di asbesto posso presentarsi sia libere, sia fortemente o debolmente legate. Nel caso siano debolmente legate si parla di materiali friabili, che possono cioè essere sbriciolati con la sola azione manuale a causa delle scarsa coesione interna, mentre nel caso siano fortemente legate si parla di materiali compatti, che possono essere sbriciolati in polvere solamente attraverso l’ausilio di macchinari meccanici. Sulla base dell’alta pericolosità dell’amianto per uomo e ambiente lo Stato italiano ha promulgato la Legge n. 257/1992 che ne detta le norme per la cessazione dell’impiego e per il suo smaltimento controllato. Questa legge prevede, oltre al divieto di importazione, estrazione e commercializzazione, anche quello di produzione. Esiste un vastissimo numero di tipologie di Materiali Contenenti Amianto (MCA) che presentano caratteristiche e utilizzi estremamente vari e differenziati. Il Federal Register americano annovera oltre 3000 oggetti finiti che contengono amianto. L’uso più diffuso di questo materiale interessa sicuramente il settore edilizio come impa-

Utilizzando le nanotecnologie è possibile sintetizzare un amianto geomimetico con la stessa struttura e morfologia di quello naturale, ma non tossico e quindi con elevate potenzialità applicative in ambito tecnologico

sto dell’amianto con il cemento, comunemente noto con il nome di eternit. Al fine di evitare o limitare i danni alle strutture in caso d’incendio l’amianto è stato molto usato anche come ricoprente attraverso tecniche di spruzzatura o spatolatura su travi o solai. La miscela termoresistente era composta da percentuali variabili di amianto altri materiali (vermiculite, sabbia o fibre di cellulosa) e materiali leganti (gesso e/o carbonato di calcio): il risultato era un strato continuo e soffice al tatto di colore variabile dal grigio scuro al bianco. Minerali d’asbesto venivano utilizzati come additivi in conglomerati cementizi per migliorarne le caratteristiche meccaniche: solitamente le fasi erano cemento Portland, acqua, inerti, fibre di crisolito, crocidolite e/o amosite (più raramente), finché non si arrivò ad utilizzare il solo crisotilo. Il contenuto in amianto era variabile e poteva raggiungere il 50% in peso in funzione del tipo di prodotto da ottenere. In cemento-amianto venivano realizzate mattonelle, pareti divisorie, tubazioni, elementi per coperture, vasche, la-

stre, etc. L’amianto veniva utilizzato anche per evitare la formazione di condense e pertanto spruzzato o distribuito manualmente sull’elemento da isolare. Con l’eternit è stato possibile realizzare una vasta gamma di manufatti, quali lastre piane o ondulate, utilizzate per coperture di edifici industriali, civili e prefabbricati, pareti divisorie non portanti, tubazioni per acquedotti o fognature, tegolature, canne fumarie, serbatoi per contenere acqua o altri liquidi, intonaci e stucchi. Oggi è universalmente riconosciuto il fatto che l’amianto sia uno dei materiali a più elevata pericolosità biologica tra quelli presenti negli ambienti di vita e di lavoro, pericolosità che si traduce in patologie gravissime a carico prevalentemente dell’apparato respiratorio. L’accertamento del danno che tale materia prima recava ai lavoratori ha obbligato i governi di tutte le nazioni del mondo ad affrontare la problematica, in considerazione dei grossi costi sociali conseguenti alle malattie professionali assunte dagli addetti ai lavori nel corso degli anni. I MCA hanno una vita media che va dai 20

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ai 40 anni e quelli rimossi devono essere considerati Rifiuti Contenenti Amianto (RCA) e rappresentano un annoso problema dal punto di vista dello smaltimento, dovendo essere stabilizzati o rimossi al fine di garantire condizioni di sicurezza ambientale. Purtroppo, dato l’enorme quantitativo di MCA con diffusione capillare, si evince che il volume di RCA assume un’entità particolarmente rilevante, stimata tra le 30 e i 40 milioni di tonnellate, rendendo estremamente difficoltose le operazioni atte allo smaltimento di questi materiali. È opportuno ricordare che le discariche non risolvono il problema nel tempo, ma lo tramandano alle generazioni future: è pertanto importante studiare una strategia che permetta di inertizzare i RCA e sfruttarli successivamente come “raw materials” nella produzione di materiali secondari. A questo proposito, oltre alle già studiate tecniche di bonifica, la ricerca scientifica si è prodigata nella messa a punto di nuove metodologie che permettano l’inertizzazione ed il successivo riutilizzo dei RCA. Esistono vari processi idonei all’innocuizzazione di RCA, che hanno lo scopo di ridurne od eliminarne completamente la pericolosità. Questi comprendono processi di condizionamento di matrici di diversa natura o processi che intervengono direttamente sulla struttura fibrosa del minerale stesso. I primi riducono la pericolosità delle fibre di amianto mediante un’azione di “contenimento” all’interno di una determinata matrice, mentre i secondi provvedono ad una “trasformazione” del prodotto mediante una modifica della struttura fibrosa. I principali processi di trasformazione e denaturazione di RCA si basano su trattamenti chimici per azione di acidi forti e su trattamenti termici o meccano-chimici, ma tutti i processi di denaturazione brevettati fino ad ora, oltre a presentare consi-


LABORATORI

Immagini al microscopio elettronico a scansione relative alla componente cementizia con le fibre di amianto prima del trattamento di denaturazione con siero di latte. Si possono chiaramente individuare fasci di fibre di amianto assemblate al cemento.

stenti rischi di contaminazione ambientale richiedono elevati costi, per cui la totalità degli RCA vengono posizionati in discarica che rappresenta il metodo meno costoso. Recentemente è stato brevettato un processo chimico che utilizzando siero di latte o residui alimentari acidi riesce a denaturare le fibre di amianto in RCA compatti e friabili ottenendo metalli e materiali di consistente valore commerciale, in grado di poter considerare il processo di smaltimento dell’amianto non più

un processo costoso bensì redditizio. Presso Chemical Center (nata nel 2009 per iniziativa del Prof. Norberto Roveri a quel tempo direttore del Laboratorio di Strutturistica Chimica Ambientale e Biologica (LEBSC) presso il Dipartimento di Chimica “G. Ciamician “ dell’Università di Bologna) i ricercatori hanno utilizzano le loro particolari esperienze nell’ambito delle nanotecnologie e biotecnologie acquisite nell’ambito dei materiali sia “biomimetici” sia “geomimetici”. I ma-

teriali biomimetici sono materiali sintetici che mimano per composizione, struttura, morfologia, reattività superficiale e molte altre caratteristiche chimico-fisiche i materiali biologici naturali. Tra i materiali geomimetici, ovvero quelli che vengono sintetizzati con caratteristiche chimico-fisiche che copiano i materiali geologici naturali, le fibre di amianto rappresentano sicuramente l’esempio più interessante. I ricercatori hanno messo a punto una metodica di sintesi in grado di preparare

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in laboratorio fibre sintetiche di amianto geomimetico costituite da una cavità interna di 7 nm con una parete di 7 nm di spessore e aventi la stessa struttura e morfologia delle fibre di amianto naturali. Queste fibre geomimetiche rappresentano il primo standard di riferimento per lo studio delle caratteristiche chimicofisiche dell’amianto. Infatti, disporre di fibre di amianto costituite solo da magnesio e silicio non contamiContinua a pag. 46


LABORATORI

Immagini al microscopio elettronico a scansione relative al residuato inerte dopo il trattamento di denaturazione con siero di latte in cui non è più possibile vedere le fibre di amianto che sono state completamente e totalmente denaturate.

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L’amianto geomimetico nate da metalli estranei (ferro, nichel, manganese, ecc.), come lo sono tutte quelle di amianto naturali e tutte in modo diverso in funzione del diverso ambiente geologico in cui si sono formate, ha permesso di

verificare che le fibre sintetizzate, con rapporti stechiometrici di magnesio e silicio, non sono tossiche, ma lo diventano immediatamente con la semplice aggiunta durante la sintesi di poche entità millesimali di ferro. L’aver messo a punto il metodo chimico di formazione delle fibre di amianto geomimetico partendo dai costituenti magnesio e silice

in ambiente basico in un reattore a 180 °C e 10 bar di pressione, ha permesso ai ricercatori di capovolgere dal punto di vista chimico il processo di formazione e, partendo dalle fibre di amianto naturale, ottenere i costituenti magnesio e silice in ambiente acido, facendo avvenire la reazione in senso opposto e quindi di capire come potere denaturare e distruggere completamente le fibre di amianto naturale. Chemical Center ha brevettato, prima in Italia (MI2010A001443) e poi a livello europeo (EP2428254B1), il processo biotecnologico di distruzione dei manufatti in cemento amianto (lastre eternit) utilizzando il siero esausto di latte. Con questo processo si ottiene prima la rimozione della componente cementizia mediante l’acidità dei metaboliti del Lactobacillus casei presente nel siero di latte e la completa liberazione dalla componente cementizia delle fibre di asbesto, che vengono poi distrutte completamente con un processo idrotermale a 180 °C sempre in siero di latte a 10 bar di pressione. I due stadi del processo, ossia solubilizzazione della componente cementizia e denaturazione completa delle fibre di amianto, avvengono con processi chimici completamente in immersione nel siero di latte senza alcuna possibilità di dispersione di fibre di amianto in aria. Il processo brevettato utilizza due rifiuti pericolosi quali il cemento-amianto e il siero esausto di latte per ottenere prodotti commercialmente validi come: anidride carbonica gassosa, idrossido di calcio, carbonato di calcio, concimi e soprattutto me-

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talli (Mg, Ni, Mn, Fe, ecc.) che vengono separati per via elettrochimica non avendo alcun materiale di scarto o rifiuto, ma solo acqua da riutilizzare in superficie. Risulta particolarmente interessante ora poter utilizzare rifiuti alimentari acidi diversi dal siero di latte e facilmente reperibili nella località in cui sorge l’impianto. Ad esempio, sifiuti acidi della viticultura e della produzione di birra potrebbero essere utilizzati al posto del siero di latte e potrebbero fornire maggiori vantaggi per la denaturazione dei manufatti contenenti amianto come, ad esempio, una maggiore velocità di reazione acida che le componenti proteiche e grasse del siero di latte rallentano rendendo il processo meno valido economicamente. Il LEBSC, recentemente costituito da alcuni ricercatori di Chemical Center autori del brevetto, ha studiato e messo a punto un nuovo processo che è stato brevettato per distruggere i manufatti in cemento amianto e denaturare le fibre di amianto mediante l’uso di rifiuti alimentari acidi abbondanti e facilmente reperibili sul territorio come gli scarti di lavorazione della birra, dell’uva, della frutta e dei vegetali. In questo modo, l’amianto potrà essere opportunamente trattato con altri rifiuti acidi per fornire metalli e materiali commercialmente validi. Non va dimenticato, infatti, che 100 kg di fibre di amianto contengono oltre 40 kg di magnesio e col processo chimico brevettato sopra citato il magnesio, metallo sempre più difficile da trovare, potrà essere completamente recuperato e industrialmente utilizzato.


LABORATORI Argo Group, specializzato in analisi chimiche, chimico-fisiche e microbiologiche, nasce dalla fusione di tre laboratori esistenti per mettere insieme esperienze professionali maturate nei vari campi analitici. L’equipe è composta da tecnici qualificati che intervengono con consulenze e analisi su: acque di approvvigionamento e di scarico, emissioni in atmosfera, rifiuti, compost e indagini ambientali. Il laboratorio, accreditato Accredia come laboratorio operante in conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025:2005, fornisce analisi chiare e documentate su ogni modalità di prelievo, trasporto e immagazzinamento dei campioni, avvalendosi di operatori qualificati, strumentazioni di ultima generazione e metodiche riconosciute. Nell’ambito dell’analisi delle acque, ad esempio, la ricerca della legionella è una delle analisi maggiormente svolte quando si parla di “contaminazione delle acque” ed è una delle operazioni fondamentali in tutte quelle comunità con cisterna centralizzata di stoccaggio dell’acqua calda. Argo Group preleva un campione di acqua e di calcare, e li analizza per escludere ogni possibilità di contaminazione. Il laboratorio è poi specializzato in controlli e analisi atmosferiche ambientali per verificare la salubrità dell’aria, determinando la concentrazioni di polveri e micro sostanze. Allo scopo, è al servizio di tutte le aziende per il monitoraggio delle emissioni e la verifica del rispetto dei parametri imposti dalla legge, predisponendo tutti i dettagli tecnici per ottemperare alle adempienze e regolarizzare le autorizzazioni territoriali; inoltre, è in grado di redigere tutte le pratiche delle certifica-

ARGO GROUP

Tutti per uno

zioni delle analisi effettuate. Ma Argo Group svolge anche un’attenta e puntuale e analisi dei trattamenti galvanici: operazioni che coinvolgono tutti i processi industriali e gli impianti di depurazione presenti negli stabilimenti. Esegue lo studio delle diversità di trattamento, i cicli di lavorazione, le sostanze utilizzate e le condizioni operative, oltre alla tipologia d’impianto. Quanto ai rifiuti, il laboratorio svolge analisi chimico-fisiche per la classificazione di rifiuti industriali e non, rispettando le normative comunitarie previste in materia. Questa operazione, la classificazione dei rifiuti industriali e quindi la loro analisi, permette di determinare quali di essi siano tossici e nocivi, e quali metodi di smaltimento devono essere adottati per evitare ogni genere di contaminazione ambien-

tale. I tecnici specializzati svolgono: analisi finalizzata all'attribuzione codice CER, classificazione di rifiuti, esecuzione di test di eluizione ed analisi finalizzata al conferimenti in discarica, test di cessione per l'autorizzazione al recupero. Per quel che riguarda il suolo, le squadre specializzate di Argo

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Group intervengono analizzando il terreno per verificare lo stato di contaminazione e la buona riuscita di precedenti opere di bonifica; oppure, mediante campionamento e analisi, per realizzare i piani di caratterizzazione dei siti inquinanti. Vengono effettuati controlli qualità su miscele e sostanze e verifica della conformità al regolamento REACH. Infine, ma non ultimo, il laboratorio Argo Group esegue analisi chimiche e microbiologiche su alimenti e verifica la capacità di conservazione dei prodotti cosmetici (challenge test). Il laboratorio inoltre, ha ottenuto i riconoscimenti da parte della Regione Marche per i controlli microbiologici su alimenti e strutture che manipolano e producono alimenti, è inserito dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali nell’elenco dei laboratori autorizzati al rilascio dei certificati di analisi ufficiali nel settore oleicolo e dal Ministero della Salute è stato inserito nella Lista 1 dei laboratori qualificati per la determinazione delle fibre di amianto aerodisperse su filtro mediante la tecnica di microscopia ottica in contrasto di fase (MOCF).


LABORATORI La Neotes, dal 2000, è una società di servizi, in possesso di un laboratorio di prova interno conforme alla Norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025:2005 (certificato Accredia nr. 1157), dotato di apparecchiature all’avanguardia, le cui performance sono testate previa partecipazione a diversi circuiti interlaboratoriali (Unichim-DRRR-Ielab-Arpa FerraraFapas-LGC). Il laboratorio Neotes è iscritto nel Registro Regionale dei Laboratori di analisi non annessi alle industrie alimentari che effettuano prove analitiche relative all’autocontrollo con il nr. 093 SA; inoltre, è inserito nell’Elenco del Ministero della Sanità dei Laboratori della Regione Campania che hanno superato positivamente il programma di qualifica per le attività analitiche sull’amianto, con nr. 568CAM47. Composta da professionisti competenti nel settore tecnico, l’azienda fornisce principalmente consulenza specialistica in materia ambientale a soggetti pubblici e privati ed effettua indagini analitiche su diverse matrici. Inoltre, caratterizzandosi in tal modo per l’interdisciplinarietà della propria azione, svolge funzioni ed effettua valutazioni nell’ambi-

NEOTES

Un ambiente di qualità

to della sicurezza sul lavoro, incluso il servizio di sorveglianza sanitaria. L’integrazione di diverse figure professionali altamente specializzate consente alla società di offrire alla potenziale clientela un ampio range di servizi. A disposizione della nuova e moderna struttura (aperta a settembre 2011) che si sviluppa

su una superficie di oltre 400mq, vi sono le seguenti figure professionali: un biologo specializzato in tossicologia forense ed ambientale (direttore generale), un biologo specializzato in igiene industriale (direttore tecnico), un geologo, tre chimici di laboratorio (di cui un responsabile di laboratorio), un chimico tecnico di campionamento, un tecnologo Aaimentare, (responsabile settore microbiologia), due tecnici competenti in acustica ambientale, due medici competenti in medicina del lavoro. I vertici Neotes sono aperti alla formazione e all’orientamento di giovani laureati: per questo motivo la società è frequentemente contattata dalle Università, con le quali stipula convenzioni di tirocinio formativo (DM del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 142/98). Inoltre, la società è dotata di due u-

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nità mobili per rilievi ambientali per la valutazione in sito dei livelli d’inquinamento ambientale. Nello specifico, offre alla potenziale clientela un’ampia gamma di servizi: - analisi chimiche e microbiologiche su acque (superficiali, piscine, scarichi industriali e civili, saggi di tossicità Vibrio fischeri, verifica Legionella), aria (monitoraggio emissioni/immissioni), suolo/terre rocce da scavo (verifica contaminazione), rifiuti pericolosi/non pericolosi urbani, speciali (industriali, recuperabili, compost di qualità, acque percolazione, biogas da discarica), alimenti superfici, aria confinata, migrazione globale e specifica packaging, residui di fitofarmaci - consulenza in diversi settori, dalla gestione della sicurezza (svolgimento incarico RSPP, DVR, valutazioni rischi specifici, piani di evacuazione e pronto soccorso) al rumore e vibrazioni meccaniche, elettrosmog, sorveglianza sanitaria, gestione prevenzione incendi, gestione di ambiente e territorio (pratiche AUA, piano gestione rifiuti, MUD, sistri, valutazioni del rischio amianto, valutazioni inquinamento acustico ed atmosferico), piani di caratterizzazione e progetti di bonifica, igiene alimentare. Neotes, nell’ottica di fornire ai propri clienti un servizio sempre all’avanguardia in un settore, quale quello ambientale, in continua evoluzione, mantiene un costante aggiornamento del proprio personale tecnico, della strumentazione di laboratorio e da campo, e si impegna altresì ad ottenere periodicamente estensioni delle prove accreditate, dandone puntuale informazione attraverso il proprio sito web (www.neotes.it).


SICUREZZA FIBRE ARTIFICIALI VETROSE

I rischi delle F.A.V. Definizione e classificazione, pericolosità, prevenzione e protezione ed infine gestione dei rifiuti Le fibre artificiali vetrose (F.A.V.) hanno assunto negli ultimi anni una notevole rilevanza tecnica ed economica, in particolare nei settori dell'edilizia, del tessile e dei prodotti in materiali plastici. La loro diffusione è stata favorita dalla messa al bando dell'amianto; ma anche alcuni tipi di FAV non sono esenti da rischi. Per previenire tali rischi, il 25 marzo 2015 la Conferenza Permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province Autonome ha approvato il documento “Le Fibre Artificiali Vetrose (FAV): Linee Guida per l’applicazione della normativa inerente ai rischi di esposizione e le misure di prevenzione per la tutela della salute”. L’adozione di queste Linee Guida intende favorire l’attuazione di misure di prevenzione adeguate, in linea con la vigente normativa, avendo come destinatari particolari (ma non esclusivi) sia i datori di lavoro che gli organi di vigilanza. DEFINIZIONE E CLASSIFICAZIONE

Le Linee Guida, articolate in undici paragrafi e due allegati, si aprono con la definizione dell’identità e la classificazione delle FAV. Dette anche MMVF, dall’inglese Man Made Vitreous Fibers, sono fibre inorganiche, costituite principalmente da silicio e vari ossidi inorganici in proporzioni diverse, che possono essere suddivise in due macrocategorie: fibre di vetro a filamento continuo, utilizzate principalmente nell’industria tessile, per usi elettrici e come materiale di rinforzo per plastica e cemento; lane. Quest’ultime sono a loro volta suddivise in: lane di vetro (impiegate per la realizzazione di filtri ad alta efficienza e isolamenti in applicazioni aerospaziali) e fibre

ceramiche refrattarie (utilizzate per l’isolamento termico di forni, altoforni, stampi di fonderia, condutture e cavi, per la fabbricazione di giunti, ma anche nell’industria automobilistica, aeronautica e nell’antincendio); lane di roccia, lane di scoria e lane di nuova generazione (denominate “lane minerali”) utilizzate come isolanti nell’edilizia e come materiale di rinforzo. In maggiore dettaglio, le FAV possono essere classificate, in base al processo produttivo e alle

dimensioni, in quattro categorie: - fibre a filamento continuo, prodotte mediante trafilatura, e dal diametro variabile da 6 a 24 micron - lane isolanti (di vetro, roccia, o scoria), prodotte mediante centrifugazione/soffiatura e dal diametro di 2-9 micron - fibre refrattarie (ceramiche e altre), prodotte per soffiatura/filatura e con diametro di 1,2-3 micron - fibre speciali (microfibre di vetro), prodotte mediante attenuazione di fiamma, con diametro

variabile da 0,1 a 3 micron. Dal punto di vista chimico-fisico le FAV presentano una struttura amorfa, con diametro e lunghezza delle fibre variabili a seconda del metodo produttivo; esse si differenziano tra loro per proprietà fisiche e differente composizione chimica, con particolare riguardo alla presenza di ossidi alcalini ed alcalino-terrosi (Na2O, K2O, CaO, MgO, BaO e le loro combinazioni). Un’elevata concentrazione di questi ossidi determina una maggiore biosolubilità (ossia la capacità di essere smaltite dall’organismo umano in caso di inalazione, prima di dar luogo a qualunque effetto sulla salute). Le FAV sono non infiammabili, resistenti e inestensibili, scarsamente attaccabili da umidità e agenti chimici corrosivi, non degradabili da microorganismi; tutte queste qualità ne fanno un eccellente sostituto dell’amianto. LE FAV SONO PERICOLOSE?

Ai fini della tutela della salute, la pericolosità delle FAV è determinata dalla composizione chimica e dalla dimensione delle fibre. Infatti, la composizione chimica determina la bio-persistenza (ossia il tempo di ritenzione all’interno del polmone): le fibre con elevate concentrazioni di ossidi alcalini e alcalino-terrosi sono altamente biosolubili, e quindi poco bio-persistenti, e vengono smaltite dall’organismo prima che possano dar luogo ad eventuali effetti nocivi. Le dimensioni (ossia diametro e lunghezza delle fibre) determinano, invece, la capacità delle fibre di penetrare nell’organismo attraverso le vie respiratorie: più le fibre sono piccole, più esse sono in grado di penetrare in profondità nelle vie respiratorie, Continua a pag. 50

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SICUREZZA Continua da pag. 49

zione della sorveglianza sanitaria; il medico competente stabilirà il protocollo sanitario e valuterà se è obbligatorio il registro degli esposti.

I rischi delle F.A.V. fino a raggiungere anche le diramazioni terminali (alveoli polmonari). In genere, vale il principio che il rischio per la salute aumenta quando il diametro delle fibre diminuisce, in quanto aumenta la frazione respirabile rispetto al totale inalato; va rilevato però che, al contrario delle fibre di amianto che si frammentano lungo l'asse longitudinale producendo fibre più piccole, le FAV si frammentano lungo l'asse trasversale dando luogo a fibre più corte, ma che conservano il diametro originario. Per quanto riguarda i limiti di esposizione in ambiente di lavoro (TLV-TWA come da tabelle ACGIH), le fibre a filamento continuo e le lane isolanti hanno un limite di 1 fibra per cm3 di aria inspirata, e sono considerate irritanti per l'apparato respiratorio; la situazione è peggiore per le fibre ceramiche refrattarie, a causa della loro minore bio-solubilità; per queste fibre il limite è di 0,2 fibre/cm3, e si ritiene che provochino fibrosi polmonare e in genere danni alla funzionalità dei polmoni. I limiti ACGIH non sono però ancora stati recepiti nella legislazione italiana. La possibile cancerogenicità delle FAV è stata molto dibattuta; attualmente, ai sensi del Regolamento CE n.1272/2008 (CLP) le FAV sono classificate secondo il seguente schema: - se il contenuto di ossidi alcalini e alcalino-terrosi è inferiore al 18%, si applica il criterio basato sul diametro delle fibre, ossia se questo supera 6 micron le fibre sono considerate non cancerogene, mentre sono cancerogene 1B (frase H350i: "può provocare il cancro per inalazione") se il diametro è uguale o inferiore a 6 micron - se il contenuto di ossidi alcalini e alcalino-terrosi è superiore al 18%, si considerano non cancerogene le fibre lunghe (lane minerali e fibre a filamento continuo); per gli altri tipi, occorre verificare la persistenza biologica mediante installazione intra-tracheale (il tempo di dimezzamento deve risultare inferiore a 40 giorni). Se questo test viene superato, la fibra non è cancerogena; in caso contrario, si classifica come cancerogena 2 (frase H351: "sospettato di provocare il cancro").

GESTIONE DEI RIFIUTI

Una particolare attenzione deve essere riservata alle fibre artificiali vetrose composte da quantità uguali di silice ed allumina, utilizzate per l'isolamento termico di altiforni e impianti industriali ad alta temperature. Infatti, a temperature superiori a 1.000-1.200 °C queste fibre possono trasformarsi in cristobalite, che è un cancerogeno per l'uomo secondo lo IARC ed ha un limite ACGIH di 0,025 mg/m3. PREVENZIONE E PROTEZIONE

In conformità a quanto previsto dal Tit. IX del D.Lgs 81/08 l’esposizione a lane minerali artificiali ricade nell’ambito del campo di applicazione del capo I (“Protezione da agenti chimici”), mentre l’esposizione a fibre ceramiche refrattarie (o a FAV classificate come cancerogene di categoria 1B) ricade anche nel campo di applicazione del capo II “Protezione da agenti cancerogeni e mutageni”. Ai sensi dell’art. 223 dello stesso D.Lgs, il datore di lavoro che impiega FAV nei suoi processi produttivi, o che prevede che i dipendenti possano venire a contatto con FAV nelle attività di installazione o manutenzione, dovrà anzitutto richiedere le relative schede di sicurezza delle FAV con le quali i lavoratori potrebbero venire a contatto. In questo esame il datore di lavoro potrà essere agevolato dalla presenza del marchio europeo EUCEB (European Certification Board for Mineral Wool

Products), che consente di riconoscere facilmente quali lane minerali sono sicuramente non cancerogene. Successivamente, in base alle schede di sicurezza, si dovrà anzitutto escludere la presenza di fibre classificate come SVHC (sostanze "estremamente preoccupanti", soggette ad autorizzazione o a restrizioni secondo l'All. XIV del Regolamento Reach). Ad oggi, sono classificate come SVHC ("Candidate List") due tipi di fibre: aluminosilicate RCF e zirconia aluminosilicate RCF; queste fibre non dovrebbero essere immesse sul mercato, salvo autorizzazione per usi specifici rilasciata dalla Commissione Europea. Dovrà poi essere eseguita la misurazione strumentale della concentrazione di fibre aerodisperse nell'ambiente di lavoro, con tecniche adeguate, come microscopia elettronica a scansione (SEM) o microscopia ottica in contrasto di fase (MOCF). Sulla base dei risultati, il datore di lavoro dovrà adottare le necessarie misure preventive e protettive; queste possono limitarsi all'adozione di DPI (maschere con facciale filtrante FFP1, guanti per prevenire il prurito, occhiali protettivi) se le FAV non hanno classificazione di cancerogenicità, mentre dovranno prevedere (oltre agli adeguati DPI) la sostituzione del materiale con un altro meno pericoloso (se tecnicamente possibile) o la riduzione al minimo del suo impiego, l'adozione di sistemi chiusi e la delimitazione le aree di lavoro. In ogni caso è consigliabile l'ado-

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Ai sensi del D.Lgs 152/2006, il produttore dei rifiuti deve procedere alla loro classificazione (ossia all’attribuzione del codice CER) sulla base della concentrazione delle eventuali sostanze pericolose in essi contenute. Le FAV possono essere classificate come rifiuti speciali pericolosi o non pericolosi, in base alle loro caratteristiche: in particolare, per l’attribuzione del codice CER i rifiuti contenenti FAV sono da suddividere in base al contenuto di ossidi alcalini/alcalino-terrosi. Se esso supera il 18%, essi sono da considerare come rifiuto speciale non pericoloso (CER 170604), in caso contrario occorre distinguere: diametro delle particelle maggiore a 6 micron, allora rifiuto speciale non pericoloso; diametro delle particelle inferiore a 6 micron, allora rifiuto speciale pericoloso (CER 170603). Per quanto riguardo lo smaltimento dei rifiuti, il D.M. 27/9/2010 stabilisce che i rifiuti costituiti da FAV, indipendentemente dalla loro classificazione come pericolosi o non pericolosi, possono essere smaltiti nelle discariche per rifiuti non pericolosi, purchè il loro deposito avvenga direttamente all’interno della discarica in celle appositamente ed esclusivamente dedicate e sia effettuato in modo tale da effettuare la frantumazione dei materiali.


GEOMANAGEMENT LINEE GUIDA DELL’ISPRA

Il dissesto idrogeologico Misure ed interventi di mitigazione in aree agricole e forestali ed individuazione delle aree prioritarie di intervento Nel 2013 l’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha pubblicato le “Linee Guida per la valutazione del dissesto idrogeologico e la sua mitigazione attraverso misure e interventi in campo agricolo e forestale”. Questo documento è il risultato di un’iniziativa congiunta del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e del Ministero dell’Ambiente, finalizzata alla definizione di misure e di interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico in aree agricole e forestali situate in territori montani e collinari, e alla proposizione di indirizzi e metodologie diretti all’individuazione delle aree prioritarie di intervento e delle misure più idonee. A tal fine, le Linee Guida presentano un quadro generale del dissesto idrogeologico in Italia e riassumono lo stato attuale della pianificazione, progettazione e gestione agro-forestale adottata da Regioni, Enti Parco, Autorità di Bacino, ecc., oltre a proporre un sistema integrato di monitoraggio e controllo delle misure, mediante verifiche in situ e telerilevamento satellitare. I tre obiettivi tendenziali possono essere riassunti in tre punti: - protezione del territorio e riduzione del dissesto idrogeologico - conservazione del suolo e della naturalità e biodiversità del territorio - supporto alla riduzione delle emissioni di gas serra e alla mitigazione dei cambiamenti climatici mediante l’incremento dell’assorbimento della CO2.

nazionale). Non vengono considerati i fenomeni alluvionali, in quanto essi riguardano i territori di pianura. In Italia si sono verificate oltre 486.000 frane, che hanno coinvolto un’area pari a circa 20.700 kmq (il

6,9% del territorio nazionale): sono stati interessati 5.708 Comuni (pari al 70,5% del totale), di cui 2.940 classificati con livello di attenzione molto elevato a causa dell’intersezione tra frane e tessuto urbano, aree industriali o commerciali; sono

inoltre stati individuati 706 punti di criticità lungo la rete autostradale e 1.806 lungo la rete ferroviaria. Le stime indicano che circa il 30% dei suoli italiani presenta una perdita di suolo superiore a 10 ton/ettaro/anno, che è ai limiti o al di sopra della soglia di tollerabilità. Le cause d’instabilità di un versante possono essere naturali (precipitazioni, terremoti) o antropiche (ossia causate da attività umane); ma sono i fattori antropici ad avere un ruolo sempre più determinante: in particolare, le azioni dirette (come i lavori stradali realizzati al fine di migliorare l’accessibilità in aree collinari e montane, che causano instabilità nei versanti), ma anche quelle indirette (mancata manutenzione di opere di difesa, mancato rispetto delle buone pratiche agricole e abbandono della silvicoltura). Quanto all’erosione idrica del suolo (cioè l’asportazione dello strato superficiale causata dalle precipitazioni), essa provoca danni non solo nei luoghi in cui avviene il fenomeno erosivo (perdita di suolo, fertilità e biodiversità), ma anche in aree distanti, a causa dell’aumento del trasporto solido dei corsi d’acqua, danni alle infrastrutture, riempimento dei bacini idrici, inquinamento delle acque superficiali causato dal trasporto di concimi e antiparassitari. La limitazione di questi danni impone interventi molto dispendiosi dal punto di vista economico. AZIONI DI MITIGAZIONE

Gli interventi per la mitigazione del rischio idrogeologico consistono in azioni di manutenzione del territorio, dirette a contrastare lo stato di abbandono dei suoli mediante azioni di prevenzione, da ripetere periodicamente nel tempo.

ELEMENTI BASE DEL DISSESTO: FRANE ED EROSIONI

Le Linee Guida riguardano esclusivamente i fenomeni franosi e l’erosione idrica dei suoli riguardanti il territorio montano-collinare (che copre il 75% dell’intero territorio

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GEOMANAGEMENT

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Il dissesto idrogeologico In particolare, tali interventi sono diretti alla manutenzione/ripristino della rete di drenaggio in aree agricole, stabilizzazione superficiale e protezione dall’erosione dei pendii, riforestazione, gestione del bosco e protezione dagli incendi boschivi, manutenzione/ ripristino dei terrazzamenti agricoli, manutenzione/sistemazione del reticolo idrografico minore; occorre però tenere presente che per la stabilizzazione dei fenomeni franosi più profondi tali interventi non sono sufficienti, ma occorrono interventi di ingegneria tradizionale quali gallerie e pozzi drenanti, muri di sostegno, ecc. Qui di seguito le diverse aree di intervento e i benefici delle possibili azioni. Seminativi e pascoli - Canalizzazione delle acque superficiali. La realizzazione di solchi acquai temporanei trasversali e di fossi trasversali e longitudinali comporta benefici immediati ed a medio termine, quali la regimazione delle acque superficiale e la riduzione dell’erosione laminare, la riduzione dei fenomeni di soliflusso, delle frane superficiali e dei fenomeni alluvionali, oltre all’aumento della capacità produttiva agricola (grazie al maggiore mantenimento della sostanza organica), il miglioramento della qualità del suolo e la riduzione dell’impiego di fertilizzanti chimici. Calcoli ufficiali indicano un’erosione media, in assenza di solchi acquai, pari a 33 ton/ha/anno; nelle stesse aree, una volta applicati correttamente i solchi trasversali, le perdite sono scese a 10 ton/ha/anno (-67%).

- Diversificazione delle colture. Il principale beneficio è l’aumento delle biodiversità, con benefici per la fauna selvatica e di quella entomologica, oltre all’attenuazione dell’erosione ed all’aumento dell’infiltrazione idrica, che consentono il controllo naturale delle specie infestanti e la corrispondente riduzione dei costi di diserbo. - Impianti di filari arbustivi e arborei. In questo modo si ottiene una riduzione del trasporto solido e del “run-off” e un aumento del mantenimento di sostanza organica e dell’infiltrazione su tutto il versante interessato, oltre a un aumento

delle biodiversità, benefici per la fauna selvatica e la creazione di “corridoi ecologici” che aumentano del valore paesaggistico dell’area interessata. I filari possono inoltre essere fonte di biomasse legnose per la produzione di energia rinnovabile. - Creazione di fasce tampone tra aree agricole e corsi d’acqua. Lo scopo è di creare una “barriera” in grado di ridurre il “run-off” (con conseguente diminuzione dell’inquinamento idrico superficiale da prodotti chimici, e un aumento della capacità d’infiltrazione idrica profonda con riduzione del traspor-

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to solido e dell’erosione laminare). Un test condotto su un bacino dell’Italia centrale ha mostrato che una fascia di 5 m riesce a ridurre il run-off di inquinanti del 90% per circa il 60% delle superfici esposte. - Pratiche agricole innovative. Le non lavorazioni o le lavorazioni ridotte del terreno, unite a colture di copertura e rotazioni colturali, possono ridurre il degrado del suolo grazie alla diminuzione dell’erosione idrica (e conseguente aumento dell’infiltrazione dell’acqua), all’aumento della sostanza organica di azoto negli strati superficiali del terreno (con conseguente riduzione dell’uso di pesticidi e erbicidi), alla protezione delle falde acquifere e l’immagazzinamento di carbonio organico, oltre all’aumento della biomassa del suolo, con aumento dell’infiltrazione dell’acqua e resistenza del suolo alla compattazione. Tuttavia, questa tecnica comporta notevoli investimenti e tempi lunghi (da 5 a 7 anni) Aree terrazzate agricole È necessario assicurare la manutenzione di muretti e ciglionamenti, per evitare fenomeni di dissesto e perdita di suolo; può anche essere necessario, per ripristinarne la stabilità, procedere alla ricostruzione dei gradoni o dei muretti. In questo modo si ottiene una forte riduzione dell’erosione, dei fenomeni franosi e dell’instabilità del versante, oltre al miglioramento dell’efficienza idrologica, ecologica e strutturale ee alla salvaguardia paesaggistica. Colture permanenti non terrazzate Le azioni consistono in genere nell’inerbimento interfilare delle


GEOMANAGEMENT coltivazioni, con gli stessi benefici già visti per le tecniche analoghe impiegate in terreni seminativi e pascoli. Superfici boschive - Rimboschimento. Nel caso di terreni agricoli e dei pascoli fortemente degradati, il rimboschimento consente un forte aumento della stabilità dei pendii e la riduzione dell’erosione grazie al drenaggio delle acque sub-superficiali (con conseguente aumento della protezione del suolo superficiale, aumento dell’infiltrazione e arricchimento delle falde sotterranee). Altri vantaggi sono la stabilizzazione dell’alveo dei fiumi e la diminuzione del rischio di alluvioni, l’aumento della capacità di cattura della CO2, la conservazione delle biodiversità e la produzione di biomasse utilizzabili per fini energetici. - Sistemazione idraulico-forestale. Spesso associata a interventi di rimboschimento, questa tecnica consiste in interventi di stabilizzazione dell’alveo e delle sponde dei corsi d’acqua, e nel mantenimento dell’efficienza idraulica attraverso il taglio selettivo della vegetazione in alveo. I principali benefici sono

la riduzione dell’erosione e la stabilizzazione delle aree acclivi, il miglioramento dell’azione idrologica e meccanica del bosco e la riduzione dell’instabilità del versante. - Ripristino di aree incendiate o degradate. Quando le superfici boschive sono danneggiate da incendi o fenomeni naturali, le azioni da intraprendere riguardano il ripristino della struttura boschiva danneggiata, il restauro ecologico e il miglioramento strutturale a fini preventivi. - Prevenzione di incendi boschivi. Comprende interventi di pulizia

del sottobosco, tagli colturali e di sfoltimento, mantenimento delle vie di accesso per i mezzi antincendio, creazione e mantenimento di strisce tagliafuoco, “cesse” e viali parafuoco. AREE DI STUDIO

Per definire metodologie, interventi, benefici e costi, le Linee Guida individuano 4 aree di studio: - Bacino del Biferno (il principale fiume del Molise, selezionato quale area di studio rappresentativa dell’ambito territoriale dei seminativi, che occupano quasi il 40% del

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bacino) - Bacino dei Fiumi Uniti (sito negli Appennini, al confine dell’Emilia Romagna), selezionato quale area di studio rappresentativa dell’ambito territoriale dei boschi, che occupano quasi il 38% della superficie - Costiera Amalfitana, che comprende l’intero versante meridionale dei monti Lattari, che arrivano fino a 1.400 m.s.l.m., ed è caratterizzata da bacini imbriferi di ridotte dimensioni ed elevate pendenze, che sboccano direttamente a mare, oltre che da colture a terrazzamenti - Cinque Terre, ossia il Parco Nazionale più piccolo d’Italia e anche il più densamente popolato. I rilievi montuosi sono modesti ma vicini al mare e, quindi, caratterizzati da pendii collinari scoscesi (coltivati a vite e ulivo) contenuti grazie alla realizzazione di circa 6.000 km di muretti a secco. Sulla base dei risultati ottenuto dallo studio di queste aree verranno definite le priorità relative alle aree di intervento su tutto il territorio nazionale, indicando i soggetti pubblici e privati che potranno essere oggetto di incentivi per l’esecuzione degli interventi.


TECNOLOGIE ElEvatE potEnzialita’

lt-SoFC pEr trigEnErazionE Una pila a combustibile che promette di ridurre la perdita di energia, i costi e le emissioni Quasi la metà del consumo primario di energia del mondo avviene nella fornitura di elettricità, riscaldamento e raffreddamento. la maggior parte di questa energia viene da centrali elettriche centralizzate nelle quali fino al 70% dell’energia disponibile viene sprecato. l’inefficienza di questo modello è inaccettabile e porta a considerevoli emissioni di Co2 e costi di funzionamento eccessivamente alti. Questi problemi potrebbero essere risolti passando dai sistemi tradizionali di generazione centralizzata dell’energia elettrica ad una tecnologia efficiente di micro-generazione sul posto, ed una possibilità promettente su questa linea è la pila a combustibile a ossido solido (SoFC). la tecnologia SoFC associa l’idrogeno e l’ossigeno in una reazione elettrochimica per generare elettricità, gli unici prodotti di scarto sono vapore acqueo, calore e una modesta quantità di biossido di carbonio. l’idrogeno può essere fornito da combustibile a base di idrocarburi come il gas naturale, che è ampiamente disponibile per gli edifici urbani ed industriali. grazie al progetto triSoFC è stato sviluppato un prototipo a basso costo, durevole ed a bassa temperatura (lt) di SoFC per tri-generazione (raffreddamento, riscaldamento ed energia elettrica). <<il team ha progettato, ottimizzato e costruito questo prototipo di lt-SoFC per trigenerazione – spiega Mark Worall, il coordinatore del progetto - basato appunto sull’integrazione di una nuova SoFC a bassa temperatura e un’unità di raffreddamento essic-

scarto (attualmente dal 40 al 50% dell’input totale di energia va sprecato). <<nel nostro sistema – aggiunge Worall - il calore di scarto della SoFC viene usato per riconcentrare la soluzione. Questa è una forma di accumulo termico che ci permette di azionare la pila a combustibile quando non abbiamo bisogno di raffreddamento e di usarla quando ne abbiamo bisogno. il nostro sistema ha tre vantaggi principali: in primo luogo, aumenta l’efficienza di conversione della SoFC da 45-55% fino a 85-95%; in secondo luogo, riduce la domanda di energia elettrica che sarebbe necessaria per fornire refrigerazione (e riducendo l’uso di energia elettrica, riduciamo anche il consumo primario di energia e le emissioni di biossido di carbonio); e in terzo luogo, riduce il raffreddamento fornito dai sistemi di refrigerazione a compressione di vapore>>.

cante>>. gli altri componenti del sistema sono un processore di carburante per generare gas riformato e altre attrezzature per la parte rimanente dell’impianto elettrico (Bop) meccanico e di controllo. CARATTERISTICHE UNICHE

il sistema triSoFC vanta una serie di caratteristiche uniche che lo distinguono da qualsiasi altra cosa fatta prima. in particolare, la temperatura di funzionamento è tra 500 e 600 °C, rispetto alle normali SoFC che funzionano da 800 a 1.000 °C. <<Questo è importante - osserva Worall - perché permette di produrre Bop e altri componenti dipendenti dalla temperatura a partire da materiali dal costo relativamente basso, come l’acciaio inox, e quindi potrebbe ridurre sostanzialmente i costi dei materiali e dei componenti. inoltre, la ltSoFC è basata su un unico materiale nanocomposito, che può fungere da anodo, catodo ed elettrolita insieme. ancora una volta,

METTERE ALLA PROVA IL SISTEMA

ciò potrebbe ridurre i costi e la complessità, ed aumentare l’affidabilità e la durabilità>>. infine, il tutto è stato integrato con un sistema essiccante di deumidificazione e raffreddamento a ciclo aperto, che fornisce riscaldamento, raffreddamento e accumulo termico. Questo non è stato mai usato prima in pile a combustibile e ha il vantaggio di aumentare l’utilizzo del calore di

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il team è riuscito a provare il concetto di un sistema di trigenerazione con lt-SoFC. Due sono i risultati dei test particolarmente significativi, a cominciare dal test su due pile lt-SoFC di 6x6 cm di tipo planare che hanno mostrato una densità di energia di fino a 1.100 W/cmq con un output di energia di 22 W, a 530 °C. i ricercatori stanno sviluppando pile da 200 We e dovrebbero essere in grado di dimostrare un output elettrico su larga scala a bassa temperatura. inoltre, i test sul sistema di deumidificazione, che hanno mostra-


TECNOLOGIE to che era stato raggiunto un coefficiente di prestazione di oltre 1.0. il coefficiente di prestazione è il rapporto tra l’output del raffreddamento e l’input totale di energia e quindi rappresenta un parametro chiave del rendimento. in termini generali di conversione, quindi, questo refrigeratore alimentato a calore è competitivo con altri sistemi.

il gruppo che potrebbe percepire maggiormente i benefici sono i consumatori, spiega il dott. Worall: “la maggior parte degli edifici usa l’energia primaria per il riscaldamento, il raffreddamento e l’elettricità, quindi generando elettricità a livello domestico, i consumatori potrebbero trarre beneficio dalla vendita della produzione eccessiva di elettricità (che dipende dai costi locali dell’energia, gli incentivi e le tariffe), ridurre la domanda di calore per la fornitura di acqua calda e riscaldamento e la fornitura di elettricità per il raffreddamento. poiché abbiamo tre cose al prezzo di una, i consumatori dovrebbero riscontrare dei vantaggi in termini economici e di riduzione del loro impatto sull’ambiente.” i ricercatori credono fermamente che il sistema lt-SoFC per trigenerazione possa essere commercializzato sia come sistema integrato che come componenti singoli. <<Ci stiamo impegnando attivamente con l’industria - conclude Worall - per sviluppare sistemi e sottosistemi facili da usare, affidabili ed economici>>.

L’IMPATTO DI TRISOFC

adesso che il concetto è stato dimostrato, i prossimi passi saranno provare la durabilità a lungo termine, aumentare la produzione e ridurre ulteriormente i costi, ma il team prevede che il sistema sviluppato nell’ambito di triSoFC avrà un impatto significativo su diversi livelli. <<Questo sistema – chiarisce Worall - è una pila a combustibile per trigenerazione prima nel suo genere e ha grandi potenzialità per incrementare l’uso dell’energia disponibile, ridurre i costi, aggiungere valore, ridurre l’uso primario dell’energia e le emissioni e promuovere la produzione di energia distribuita>>.

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RETI&SERVIZI P R E S E N T A Z I O N I

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N U O V I

P R O D O T T I

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C A S E

H I S T O R Y

PROGETTI INTERESSANTI

L’irrigazione sostenibile Consumare meno acqua in agricoltura grazie a sensori in fibra ottica e ad un software per previsioni di pioggia affidabili È noto che il settore agricolo è il principale consumatore di acqua: in italia, su circa 33 miliardi di mc/anno di acqua utilizzati, l’agricoltura ne consuma il 60% (20 mld). Questo valore è molto lontano dalla media europea, che è intorno al 30%; e ciò soprattutto a causa dello scarso impiego di reti di irrigazione tecnicamente avanzate. la politica agricola Comune Europea, insieme alla Direttiva Quadro sulle acque, hanno dato importanza prioritaria alla modificazione in senso ambientalmente positivo delle attuali pratiche di irrigazione, in modo da razionalizzare il consumo dell’acqua. Diversi i progetti che mirano a dare un contributo al miglioramento di questa situazione. il progetto SFori (Sensoristica in Fibra ottica per il risparmio idrico), ad esempio, è finanziato dal piano di Sviluppo regionale della Campania, e ha come obiettivo la realizzazione di un sistema intelligente, basato su termoigrometri in fibra ottica, per la misura del contenuto di umidità del suolo; la conoscenza di questo parametro dovrebbe consentire l’ottimizzazione e la razionalizzazione degli interventi irrigui. la sperimentazione condotta nel quadro del progetto prevede la realizzazione di un sistema intelligente di 50 termoigrometri in fibra ottica, basati sulla tecnologia FBg (Fiber Bragg gratings). Questi sensori sono in grado di riconoscere sia le deformazioni dovute a sollecitazioni meccaniche

che la temperatura; il loro utilizzo come sensori di umidità è reso possibile dal fatto che le molecole d’acqua vengono assorbite nel rivestimento di poliimmide che protegge la fibra ottica, provocando un rigonfiamento nel rivestimento stesso. Questo rigonfiamento induce una pressione sulla fibra, causando una variazione nel segnale in uscita. la prima fase del progetto (messa a punto dei termoigrometri in fibra ottica) prevede l’acquisizione della rete di termoigrometri FBg da parte di optosmart (impresa ad alta tecnologia, esperta in sensoristica in fibra ottica), e la successiva realizzazione dell’interrogato-

re di laboratorio, del sistema per la giunzione delle fibre ottiche, e di una camera climatica per le misure e le verifiche di funzionalità dei termoigrometri. la seconda fase prevede la realizzazione del software per l’elaborazione dei dati di umidità relativa e temperatura, e la gestione, secondo le opportune logiche di controllo, dei sistemi di attuazione della distribuzione dell’acqua destinata all’irrigazione delle diverse colture. la terza e quarta fase consistono nell’individuazione (nell’ambito del Consorzio Sele), di un sito di colture protette e di un’azienda agricola in campo aperto, sulle

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quali installare il sistema di gestione dell’irrigazione, costituito dall’impianto di controllo e automazione, dalla rete di termoigrometri e dalla centralina di lettura collegata al pC per l’analisi dei dati. Dopo validazione e ottimizzazione dell’apparato di gestione, verrà compiuta la valutazione di efficienza del sistema, in termini di risparmio idrico e/o miglioramento nella qualità delle produzioni agricole. l’obiettivo finale è la realizzazione di un modello di irrigazione intelligente e sostenibile, in grado di ridurre il consumo di acqua e migliorare la qualità dei prodotti. il modello verrà diffuso in senso


RETI & SERVIZI trasversale in tutto il settore agroalimentare, in modo che sia fruibile sia dalla piccola azienda agricola attenta alla qualità del prodotto che dalla grande multinazionale sensibile al contenimento dei costi di irrigazione. anche il progetto europeo Enorasis punta a sviluppare pratiche di irrigazione sostenibile e che, al contempo, assicurino la massima remunerazione alle imprese agricole. per conseguire questo obiettivo i partners del progetto hanno realizzato una piattaforma software, che incorpora sistemi di analisi dei dati metereologici attraverso i dati forniti da satelliti e da una rete di sensori “wireless” posti sulle superfici coltivate.

“sul campo” in 4 diversi siti (Cipro, polonia, Serbia e turchia), rappresentativi delle diverse condizioni climatiche del continente europeo. in questi siti vengono coltivate 6 diverse specie vegetali: patate, mais, mele, ciliegie, cotone e ananas. l’andamento dei raccolti verrà seguito per due anni; sarà così possibile ottenere dati qualitativi e quantitativi sulla capacità del progetto di assicurare elevate rese agricole col minimo impiego di risorse idriche. al progetto partecipano 13 diverse aziende e istituti di ricerca, appartenenti a 10 diversi paesi. il coordinamento generale è stato affidato all’azienda greca Draxis Environmental technologies. Questi sensori rileveranno i dati relativi ai parametri che determinano il bilancio idrico dei terreni e delle specie vegetali in essi coltivate: umidità del suolo e dell’aria, temperatura, irraggiamento solare, velocità del vento e livello delle precipitazioni. Saranno, inoltre, memorizzati i dati relativi all’acqua immessa per irrigazione

le tubazioni in plastica sono largamente utilizzate in edilizia, sia per gli scarichi (nei quali viene usato il pvC) che per il riscaldamento domestico. per quest’ultima applicazione sono necessari materiali resistenti al calore, per cui si usa il polietilene reticolato (pEX), oppure strutture multistrato comprendenti alluminio; in entrambi i casi questi tipi di tubazioni non possono essere riciclate, o comunque il loro riciclo crea grossi problemi ambientali. infatti il trattamento di reticolazione crea delle zone infusibili, che intasano i filtri degli estrusori; e l’alluminio deve essere separato dalle materie plastiche. ogni anno in Europa vengono inviate a discarica circa 3.500 ton di tubazioni in plastica usate non riciclabili. il progetto europeo nanoflex punta a cambiare questa situazione, mediante lo sviluppo di tubazioni a basso costo in materiale termoplastico che non contengano nè pEX, nè alluminio, né costosi biopolimeri EvoH; le necessarie proprietà di barriera all’ossigeno verranno assicurate incorporando nella struttura materiali nanocompositi a base di argilla. i materiali nanocompositi, inoltre, giocano un ruolo importante nella struttura del nastro auto-rinforzante, che è de-

mediante speciali valvole. attraverso questi dati sarà possibile formulare previsioni altamente affidabili circa l’andamento delle precipitazioni, in modo da poter prelevare l’acqua solo quando è realmente necessario, e sulle reali esigenze di irrigazione di diverse specie agricole. il progetto trova la sua attuazione

IN PLASTICA RICICLABILE

Il progetto Nanoflex

stinato a proteggere la parte esterna della nuova tubazione. i nuovi tubi dovrebbero essere utilizzabili sia per il riscaldamento sotto il pavimento, che per i sistemi a radiatori, oltre che per il trasporto dell’acqua (sia calda che fredda) ed il rivestimento di tubi e cavi elettrici. per questi impieghi

si utilizzano attualmente un totale in lunghezza di 1,7 milioni di chilometri di tubi ogni anno, il 56% dei quali sono attualmente prodotti con materiali plastici. al progetto partecipano 13 partners provenienti da 5 diversi paesi europei; ad oggi, le attività di ricerca svolte nel quadro del proget-

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to nanoflex hanno consentito di selezionare i materiali più adatti tra i diversi tipi di polimeri e di nanoparticelle di argilla. Sono state messe a punto le condizioni per il processo di esfoliazione, attraverso il quale l’argilla viene scomposta in nanoparticelle planari che, sovrapponendosi tra loro, assicurano le proprietà barriera. È stato inoltre prodotto un prototipo di tubazione multistrato, che è in corso di valutazione presso i laboratori dei partners. gli sforzi si stanno ora concentrando sulla messa a punto di un processo complesso e integrato di preparazione delle nanoparticelle, inclusione delle stesse in matrici argillose, e utilizzo di queste matrici come strato barriera nella struttura della tubazione. verranno, infine, messe a punto tecnologie innovative di riciclaggio, in modo da ottenere tubazioni economiche, facili da installare e compatibili con l’ambiente. Si prevede che nei 5 anni successivi al suo completamento il progetto nanoflex produrrà un ritorno economico di oltre 98 milioni di euro, con la creazione di 2.000 posti di lavoro ed un valore di prodotti esportati fino a 300 milioni di euro.


RETI & SERVIZI SERVIZI IDRICI

L’approccio Totex Le soluzioni intelligenti hanno avuto un impatto particolarmente positivo sul mercato, dando slancio agli investimenti in Europa i gestori dei servizi idrici europei si trovano ad affrontare la sfida dell’invecchiamento delle infrastrutture che hanno urgente bisogno di essere riabilitate. Questa sfida può rappresentare un’opportunità, poiché efficienza e modernizzazione sono temi chiave per la crescita in questo mercato. inoltre, dato il gran numero di esigenze prioritarie di investimento, i gestori dell’acqua hanno identificato il meccanismo totex, una valutazione cumulativa della spesa di capitale e delle spese operative, per facilitare il processo decisionale nei progetti di riabilitazione. Ciò sta portando all’identificazione di business case solidi, con benefici economici tangibili. Una nuova analisi di Frost & Sullivan, intitolata “analysis of the European Water Utility Services Market”, rileva che il mercato ha prodotto entrate per 104,27 miliardi di dollari nel 2014 e stima che questa cifra raggiungerà quota 130,51 miliardi di dollari nel 2020. lo studio riguarda: prodotti chimici, funzionamento e manutenzione, controllo e gestione dei processi, progettazione, ingegnerizzazione e costruzione, tecnologia idrica e delle acque reflue. <<in passato, i gestori dell’acqua hanno fatto ampio uso della spesa in conto capitale (Capex) come fattore principale per decidere in materia di aggiornamenti delle infrastrutture, ristrutturazioni o progetti di sostituzione - spiega Fredrick royan, vice president di F&S ed esperto dei mercati idrici a livello globale. nello scenario attuale, i gestori dei servizi idrici stanno utilizzando l’approccio totex (Capex+opex) per prendere decisioni relative agli investimenti nelle infrastrutture, approccio che risulta vantaggioso per le soluzioni in-

tanza ai consumatori, le utility hanno fatto investimenti per migliorare l’infrastruttura di rete, di trattamento e di controllo dei processi esistente. <<Una delle tendenze chiave nel mercato europeo dei servizi idrici è l’adozione di soluzioni intelligenti per il trattamento dell’acqua e delle acque reflue - affema ramkumar, analista di F&S. Questa tendenza dà slancio alla spesa e stimola partnership strategiche tra le aziende e le utility>>. tuttavia, gli investimenti necessari per le infrastrutture idriche e delle acque reflue sono sconcertanti sotto molti aspetti. inoltre, il panorama economico lento ma in fase di ripresa, le normative che

novative e intelligenti, che possono essere relativamente costose in termini di spesa in conto capitale ma nell’approccio della spesa totale (totex) presentano benefici economici tangibili e hanno talvolta periodi di payback interes-

santi>>. il focus dei gestori dell’acqua sul raggiungimento dell’efficienza operativa ed energetica ha rappresentato un grosso vantaggio per il mercato dei servizi associati. nel tentativo di dare maggiore impor-

regolano la qualità dell’acqua e gli investimenti privati, e la diminuzione dei consumi di acqua e acque reflue sono fattori che lavorano contro la crescita dei servizi offerti dai gestori dell’acqua. <<le normative sull’acqua, l’efficienza energetica ed i cambiamenti climatici costringeranno le utility europee a rivedere le proprie strategie e sostenere il processo di convergenza del settore osserva ramkumar. anche i nuovi modelli di business che coinvolgono operatori privati, i modelli Boot (Build-own-operate-transfer) o i contratti di prestazione e le opzioni di finanziamento beneficeranno i gestori dei servizi idrici>>. Hi-Tech Ambiente

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ECOTIME A T T U A L I T A ’

E

C R O N A C A

E C O L O G I C A

ACQUISTI VERDI E PLASTICHE MISTE

Un’opportunità per il riciclo Gli elementi di arredo urbano rapprersentano il principale mercato per i prodotti realizzati con materie plastiche eterogenee Secondo le stime pubblicate da Conai, per il periodo 2014-2016 si prevede che in italia verranno immessi al consumo oltre 2.000.000 ton/anno di imballaggi in plastica; le previsioni di riciclo degli imballaggi per lo stesso periodo arrivano, nel 2016, a 890.000 ton, corrispondenti al 42,2% dell’immesso al consumo, mentre 800.000 ton (pari al 37,9% dell’immesso al consumo) vengono destinate al recupero energetico. Quindi, una consistente percentuale degli imballaggi immessi al consumo (quasi il 40%) e raccolti in modo differenziato non viene “riciclata” in senso stretto (cioè usata per fare nuovi manufatti), ma viene smaltita negli inceneritori: ciò perché solo plastiche selezionate in modo da renderle omogenee (cioè riconducibili ad un ben preciso polimero) possono essere in pratica lavorate. le plastiche eterogenee, invece, vengono avviate a processi di recupero diretti alla realizzazione di prodotti costituiti da miscele di plastiche, con una maggior presenza di poliolefine tra loro compatibili. il materiale ottenuto da queste miscele possiede diverse possibilità di impiego per la realizzazione di prodotti di larga diffusione: giochi per bambini, panchine, recinzioni, gazebo, tavoli e sedie da esterno, vasi, passerelle da spiaggia, pedane e pavimenti, cucce per animali domestici, box da giardino, pallet per edilizia e trasporti, stand per allestimenti fieristici, ecc.

gli elementi di arredo urbano costituiscono il mercato principale per i manufatti in plastica eterogenea: a tale proposito, gli “acquisti verdi” della pubblica amministrazione possono costituire un input decisivo per la commercializzazione di questi prodotti. GLI ACQUISTI VERDI

nella g.U. n.50 del 2/3/2015 è stato pubblicato il D.M. 25/2/15, che offre alle p.a. una serie di criteri di riferimento per gli acquisti verdi, con l’obiettivo di raggiungere entro il 2015 il 50% di “appalti verdi” sul totale degli appalti pubblici aggiudicati per la fornitura di articoli di arredo urbano. il DM, che è parte integrante del piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione (pan gpp), contiene i “criteri ambientali minimi” e alcune indicazioni generali per l’acquisto di articoli per l’arredo urbano (panchine, fioriere, porta biciclette, tavoli, attrezzature per il gioco e strutture ludiche, pavimentazioni antitrauma, transenne, steccati, bagni chimici, contenitori per la raccolta dei rifiuti, tappeti per parchi giochi, accessori per piste ciclabili, attraversamenti pedonali, dissuasori di sosta, rallentatori di traffico). ai sensi del pan gpp, una fornitura di articoli per arredo urbano è “verde” se è conforme ai criteri amContinua a pag. 60 Hi-Tech Ambiente

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ECOTIME Continua da pag. 59

Un’opportunità per il riciclo bientali minimi, indicati nella sezione “specifiche tecniche” del Decreto. gli articoli di arredo urbano in plastica, gomma, in miscele plastica-gomma o plastica-legno devono essere costituiti prevalentemente in plastica riciclata in una percentuale minima del 50% in peso rispetto al peso complessivo della plastica impiegata. nel caso di semilavorati che possono essere prodotti solo con la tecnologia a “stampaggio rotazionale” (come gli scivoli dei parchi giochi), il contenuto minimo in plastica riciclata è ridotto al 30% in peso rispetto al peso complessivo del manufatto. Sono inoltre previsti limiti ed esclusioni di sostanze pericolose: per la realizzazione degli arredi non possono essere utilizzati pigmenti e additivi (inclusi ritardanti di fiamma) contenenti piombo, cadmio, cromo esavalente, mercurio, ftalati a basso peso molecolare, bifenili polibromurati (pBB), eteri di difenile polibromurati (pBDE), composti di arsenico, di boro, di stagno e di rame, aziridina e poliaziridina; non possono, inoltre, essere utilizzate le sostanze incluse nell’elenco delle sostanze di cui all’art.59, par.1, e art.57, del regolamento reach n. 1907/2006/CE (ovvero le sostanze identificate come “estremamente preoccupanti”, e quelle da includere nell’all. Xiv “Elenco delle sostanze soggette ad autorizzazione”). al fine di assicurare il rispetto dei

criteri sopra indicati, l’offerente deve indicare produttore e denominazione commerciale degli articoli che intende fornire, e descrivere tali articoli in relazione ai criteri stessi (composizione, dati tecnici dei materiali impiegati, percentuale di materiali riciclati, ecc.); l’offerente deve, inoltre, allegare una dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale dell’azienda produttrice che attesti la conformità ai criteri relativi al riciclato e alle sostanze pericolose, e la propria disponibilità ad accettare ispezioni da parte di organismi riconosciuti ed a fornire tutta la documentazione necessaria per le verifiche di conformità. infine, l’offerente deve produrre una presunzione di conformità per quanto riguarda il contenuto di materiale riciclato: autodichiarazione ambientale conforme alla

norma iSo 14021, certificazioni o marchi ambientali (quali reMade in italy, plastica Seconda vita, rifiuti Km 0 o equivalenti etichettature, anche europee o internazionali), o una EpD (Environmental product Declaration) conforme alla norma iSo 14025. tutte queste dichiarazioni o certificazioni devono essere convalidate da organismi riconosciuti e devono attestare la presenza di una percentuale minima del 50% di materiale riciclato. CASI PARTICOLARI E CRITERI PREMIANTI

il DM dedica poi un paragrafo ai criteri ambientali per l’acquisto di articoli di arredo urbano non destinati al contatto diretto con le persone, ossia quelli per i quali sia improbabile un contatto cutaneo

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diretto del pubblico durante la vita di impiego del bene (rastrelliere per biciclette, tettoie per banchine, cestini per la raccolta dei rifiuti, segnapassi, portabici, pali, stecche, pontili). anche per questi prodotti, il DM stabilisce una percentuale minima del 50% in peso di materiale riciclato (30% nel caso di semilavorati prodotti con stampaggio rotazionale), e l’obbligo per l’offerente di indicare produttore, tipo e modello dei prodotti che si impegna a fornire, norme tecniche alle quali tali prodotti sono conformi e la percentuale di materiale riciclato di cui è costituito il manufatto. Si presumono conformi i prodotti per i quali il produttore fornisce i mezzi di presunzione di conformità già citati; in mancanza, l’offerente dovrà fornire una dichiarazione firmata dal legale rappresentante della ditta produttrice, che attesti la conformità al criterio e che includa l’impegno ad accettare un’ispezione da parte di un organismo riconosciuto, volta a verificare la veridicità delle informazioni rese. i criteri premianti sono relativi al maggiore contenuto di materiale riciclato rispetto al 50% previsto di norma. al fine di consentire la verifica delle caratteristiche del prodotto che giustificano il riconoscimento del criterio premiante, l’offerente deve indicare produttore, tipo e modello dei prodotti che si impegna a fornire, le norme tecniche alle quali tali prodotti sono conformi e la percentuale di materiale riciclato presente nel prodotto, fornendo i mezzi di presunzione di conformità per la valutazione del contenuto di riciclato.


MARKET DIRECTORY

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ECOTECH

a cura di ASSITA

Assorbimento di SR-90 con idrossiapatite

E' noto da tempo che l'isotopo radioattivo a peso atomico 90 dell'elemento "stronzio" è uno dei prodotti della fissione dell'uranio aventi maggiore nocività per l'uomo. Infatti, lo stronzio è chimicamente molto simile al calcio, per cui viene assorbito dal nostro organismo e fissato nelle ossa, dove la radioattività di tipo "beta" emessa da questo isotopo può esercitare i suoi effetti nefasti per lungo tempo (il tempo di dimezzamento dell’SR-90 è 29 anni). Durante il terremoto che ha colpito la centrale nucleare giapponese di Fukushima nel marzo 2011, sono state emesse nell'ambiente circostante alla centrale grandi quantità di diversi isotopi radioattivi, tra i quali anche l’SR-90. I ricercatori dell'università giapponese di Okayama si sono posti il problema di estrarre questo elemento nocivo dalle acque di scarico e di falda, e hanno scoperto che l'idrossiapatite (un minerale abbastanza comune, composto da fosfato idrato di calcio, che è anche un costituente di denti e ossa) ha un'ottima capacità di assorbimento dell’SR-90. Prove di laboratorio condotte usando una colonna di idrossiapatite granulare hanno mostrato un assorbimento di oltre il 90% dell’SR90 presente in soluzioni acquose, senza che venissero osservati effetti di interferenza da parte della presenza di ioni calcio e magnesio. L’SR-90 fissato dalla colonna può successivamente essere estratto facendo passare una soluzione acida attraverso

la colonna stessa, che in questo modo risulta rigenerata e può essere utilizzata per nuovi cicli di assorbimento; in alternativa, l'idrossiapatite che ha assorbito l’SR-90 può essere stoccata in un sito autorizzato al contenimento di residui solidi radioattivi, con notevoli vantaggi di sicurezza e di costo rispetto allo stoccaggio di soluzioni acquose radioattive.

La tecnologia della cellulosa

DuPont celebra l’apertura del suo impianto di biocarburanti da cellulosa a Nevada, Iowa-Usa. Questa bioraffineria è l’impianto di etanolo da cellulosa più grande al mondo, con la capacità di produrre circa 115 mln di litri all’anno di carburante pulito, con una riduzione del 90% di emissioni di gas serra rispetto alla benzina. Le materie prime usate per produrre l’etanolo sono i residui colturali del mais, ossia stocchi, foglie e tutoli rimasti nel campo dopo la raccolta. Cruciali per la filiera di approvvigionamento e per l’intera operatività della bioraffineria sono i circa 500 agricoltori locali, dislocati in un raggio di circa 50 km dall’impianto, che forniranno 375.000 ton/anno di fibra vegetale necessarie a produrre questo etanolo da cellulosa. Oltre a fornire una nuova opportunità di filiera per questi agricoltori, l’impianto creerà 85 posti di lavoro a tempo pieno nello stabilimento e oltre 150 posizioni lavorative stagionali in Iowa. La maggioranza dei carburanti prodotti in questa nuova biofabbrica saranno destinati alla Ca-

lifornia per soddisfare il Low Carbon Fuel Standard, dove lo stato ha adottato una politica per ridurre la concentrazione di carbonio nei carburanti da autotrazione. L’impianto fungerà anche da dimostrazione su scala commerciale della tecnologia della cellulosa, un luogo in cui gli investitori da tutto il mondo potranno vedere in prima persona come replicare questo modello nelle proprie nazioni di origine. In Asia, DuPont ha recentemente annunciato il suo primo accordo di concessione in licenza con la New Tianlong Industry per costruire il più grande impianto di etanolo della Cina, e l’autunno scorso è stato reso pubblico un protocollo d’intesa tra DuPont, Ethanol Europe e il governo della Macedonia per sviluppare un progetto di bioraffineria di seconda generazione. La compagnia sta inoltre lavorando in partnership con Procter&Gamble per usare l’etanolo da cellulosa nei detersivi da bucato Tide nel Nord America.

Cattura della CO2 su assorbente solido Anziché ricorrere alle normali soluzioni di etanolammine, che richiedono molta energia per la loro rigenerazione, la società americana Global Thermostat utilizza per la cattura della CO2 emessa dai grandi impianti di combustione un assorbente solido a base di ammine, depositato su una struttura ceramica a nido d’ape. L’assorbente è stato sviluppato dalla tedesca Basf e il

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supporto ceramico dalla Corning, che ha applicato la sua esperienza nella produzione delle marmitte catalitiche. Il principale vantaggio del nuovo assorbente è che la sua rigenerazione avviene a temperature molto inferiori (85-90 °C) rispetto a quelle delle soluzioni di etanolammina, consentendo nella fase di rigenerazione l’impiego del calore residuo di processo e di vapor acqueo non surriscaldato. La CO2 ottenuta dalla rigenerazione dell'assorbente non contiene sostanze estranee e può essere utilizzata in varie applicazioni.

La fermentazione diretta dell’amido a bioetanolo

La produzione di bioetanolo non è attualmente competitiva con quella dei carburanti derivati dal petrolio, soprattutto a causa del costo degli enzimi (amilasi) necessari per scindere l’amido in zuccheri semplici, che sono gli unici ad essere facilmente fermentabili a etanolo. Fino ad oggi non esistevano batteri o lieviti capaci di eseguire la fermentazione in un unico stadio, trasformando direttamente l’amido in etanolo; ma questo ostacolo è stato superato dai ricercatori giapponesi delle università di Ryokoku e di Tokyo, che sono riusciti ad isolare un ceppo di lievito (denominato S. shehatae JMC 18690) che riesce a compiere la saccarificazione e la fermentazione in un unico reattore. Il ceppo è stato isolato selezionando 530 colture di lieviti naturali, e non richiede quindi le misure di sicurezza necessarie


ECOTECH per gli organismi geneticamente modificati. In esperimenti di laboratorio è stata ottenuta una produzione di etanolo di 9,2 g/l dopo 10 giorni di fermentazione; inoltre, il nuovo ceppo si è dimostrato capace di fermentare, oltre al glucosio e agli zuccheri a 6 atomi, anche lo xilosio, operando a temperature superiori a quella ambiente. Questa scoperta aprirà la strada alla produzione di bioetanolo a partire da materie prime abbondanti ed a basso costo, come la polpa di cassava e molti scarti dell’industria alimentare.

Filtro ceramico per il disinquinamento a caldo

Da qualche tempo sono in commercio speciali filtri a manica ad effetto catalitico, capaci di abbattere contemporaneamente, in un unico passaggio, le particelle solide, le sostanze volatili e gli inquinanti gassosi (NOx, ossido di carbonio, diossine). La multinazionale danese Haldor Topsoe punta ora a realizzare questo tipo di filtri in versione rigida (filtri a candela), e per questo ha stipulato un accordo globale con la società americana Unifrax. Il filtri rigidi saranno utilizzabili per la filtrazione di gas ad alta temperatura (fino a 400 °C), senza le limitazioni dei filtri a maniche. Si prevede un’efficienza di rimozione di oltre il 99% per gli NOx; sarà disponibile una versione capace di rimuovere anche S.O.V., ossido di carbonio e diossine. Le applicazioni previste sono nella produzione del cemento e del vetro, nella metallurgia, negli inceneritori di rifiuti e nelle centrali a biomassa.

Solvolisi supercritica per il riciclo dei compositi

I materiali plastici compositi, nei quali la matrice plastica è rinforzata con fibre ad alta resistenza, sono sempre più diffusi nei prodotti ad alta tecnologia, e in particolare nelle costruzioni aeronautiche, in quanto combinano elevate proprietà meccaniche, resistenza alla corrosione e leggerezza. Tuttavia, dal punto di vista ambientale il problema è che attualmente non esistono processi economicamente validi per il riciclaggio dei materiali compositi. Sono stati sviluppati processi pirolitici, nei quali la matrice plastica viene bruciata per ottenere le fibre; ma questi processi sono applicabili solo ai compositi contenenti fibre minerali (lana di vetro o fibre ceramiche) e non ai compositi contenenti fibre di carbonio. Per questo motivo, Airbus ha finanziato, insieme a Veolia, Sacmo e Icam, un progetto di recupero dei compositi mediante “solvolisi”, cioè attacco della matrice plastica mediante solventi; il solvente che ha dato le migliori prestazioni è stata l’acqua in fase supercritica, secondo un brevetto che era stato depositato a conclusione di un progetto europeo sullo stesso tema (Eurecomp). Nel quadro del nuovo progetto, Sacmo (che è specializzata in costruzioni meccaniche avanzate) ha realizzato un reattore pilota della capacità di 400 litri, nel quale verranno trattati 70 kg di materiale composito per volta, con un processo che è (almeno per ora) di tipo discontinuo; la capacità del reattore dovrebbe essere sufficiente a trattare le 100 ton/anno di scarti di materiali compositi prodotti da Airbus. Per trasferire il processo su una scala pienamente industriale, sarà necessario agire su due fronti: trovare un impiego per le fibre ottenute dal processo (al momento si pensa di utilizzarle per l’arredamento interno degli

aerei, ma sarebbe opportuno estendere il loro uso al settore auto); creare una rete di raccolta su scala europea, ed a tale fine stanno lavorando gli 11 partners del progetto europeo CReCoF.

Membrane per dissalazione resistenti al cloro

Il principale inconveniente delle membrane attualmente utilizzate negli impianti di dissalazione a osmosi inversa è che il materiale plastico di queste membrane viene indebolito dai prodotti chimici ad azione ossidante, come il cloro. D’altra parte, l’uso del cloro e dei suoi derivati sarebbe molto utile per risolvere l’altro grosso problema delle membrane, cioè il loro intasamento causato dalla crescita di un film di batteri e altre sostanze biologiche sulla superficie delle membrane stesse (biofouling). Una soluzione a questo problema potrebbe venire dalle ricerche condotte dal CSIRO (l’equivalente australiano del nostro CNR) e dall’Università di Melbourne. Questi ricercatori hanno realizzato una membrana multistrato, composta da poliestere solfonato e cloridrato di polialilammina; immergendo quest’ultima sostanza in soluzione di glutaraldeide si forma un reticolo di legami imminici, che conferiscono alla membrana le caratteristiche di un polielettrolita ad alta densità. Il procedimento viene ripetuto per una decina di volte, in modo da ottenere una membrana polielettrolitica multistadio (PEM); il polistirene solfonato ha solo una funzione di supporto, per cui può essere sostituito con un altro polimero anionico, come ad esempio un polisolfone ad alto contenuto di zolfo, che è stato appositamente sintetizzato, e

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che ha mostrato una resistenza al cloro molto elevata. Le membrane PEM sono state collaudate nella dissalazione di acqua salmastra con 2.000 ppm di sale, ottenendo una barriera del 95%. Ad oggi, il team australiano è alla ricerca di un partner commerciale per finanziare lo sviluppo delle PEM. Anche la ditta americana Anfiro ha annunciato di essere prossima alla commercializzazione di membrane per osmosi inversa resistenti al cloro, che avrebbero inoltre il vantaggio di una maggiore permeabilità (che si traduce in una minore richiesta energetica). Queste membrane sono dovute a ricerche sui polimeri auto-assemblanti, compiute dalla Purdue Research Foundation.

L’idrogeno “a comando” È noto che uno dei problemi principali nello sviluppo dei veicoli alimentati a idrogeno è lo stoccaggio di questo gas in condizione di sicurezza. La società giapponese Nisshin Kasei ha risolto il problema generando l’idrogeno al momento dell’uso, grazie alla reazione chimica di nanoparticelle di silicio con l’acqua. Le nanoparticelle hanno un diametro di meno di 5 nm, e un grammo di queste produce fino a 1,6 litri di idrogeno, con una velocità di flusso fino a 400 ml/min; dopo la reazione, le particele possono essere rigenerate rimuovendo lo strato di ossido che si forma sulla loro superficie. Le nanoparticelle di silicio possono essere preparate a partire dagli scarti della produzione dei semiconduttori e dei pannelli fotovoltaici. La Nisshin ha in progetto lo sviluppo di “cartucce di idrogeno”, cioè contenitori modulari di nanoparticelle, da usare per azionare generatori di emergenza e veicoli a fuel cells.


HI -TE CH

AMBIENTE LE AZIENDE CITATE

A.I.R.E Tel 335.6847299 E-mail info@aireassociazione.it ARBOR project Tel +32.9.2418041 Fax +32.9.2418040 E-mail willem.dhooge@flandersbio.be Argo Group Scarl Tel 0734.628687 Fax 0734.628687 E-mail direzione@argogroup.org Athisa Tel +34.958.172425 Fax +34.958.170935 E-mail comunicacion@athisa.es BIOEN-NW project Tel +44.121.2044303 Fax +44.121.2043696 E-mail j.fletcher@aston.ac.uk BIOGAS3 project Tel +34.961.366090 E-mail pgomez@ainia.es Cavalzani Inox Srl Tel 055.8877685 Fax 055.8825938 E-mail info@cavalzani.it Cerahelix Inc Tel +1.207.2993336 E-mail info@cerahelix.com Conai Tel 02.54044264 Fax 02.54122648 E-mail morbidini@conai.org Contento Trade srl Tel 0432.562665 Fax 0432.562649 E-mail contento@contentotrade.com Chemical Center Srl Tel 051.0285392 Fax 051.795003 E-mail info@chemicalcenter.it

CSAI Spa Tel 055.9737161 Fax 055.9737124 E-mail comunicazione@csaimpianti.it

Neotes Srl Tel 0828.370195 Fax 0828.679811 E-mail info@neotes.it

Draxis Environmental Technologies Tel +30.23.10274566 Fax +30.23.10253819 E-mail kosmidis@draxis.gr

NEXT AIR BIOTREAT project Tel +34.96.3543437 E-mail carmen.gabaldon@uv.es E-mail info@nextairbiotreat.eu

EcoWay Tel 02.54108252 Fax 02.54059456 E-mail info@ecoway.it

OILECLEAR project Tel +46.570.727603 E-mail carl-olov@westmatic.se

Euro.Com. Sas Tel 06.87440269 Fax 06.87440268 E-mail eurocom@eurocomimpianti.com Frost & Sullivan Tel 02.48516133 Fax 02.48027054 E-mail anna.zanchi@frost.com GreenWatt Sa Tel +32.10.779100 Fax +32.2.7915766 E-mail info@greenwatt.be Lance Energy Services Llc Tel +1.713.8567600 Fax +1.713.8567604 E-mail jake@lance-industries.com Metal Membranes Tel +31.65.2618724 E-mail info@metalmembranes.com Nanoflex Tel +47.22.958280 Fax +47.22.604427 E-mail jorgen.olsson@nor-tek.no Nanosun Pte Ltd Tel +65.67950953 Fax +65.67907607 E-mail sales@nanosun-main.com N.C.R. Biochemical Spa Tel 051.6869611 Fax 051.6869617 E-mail info@ncr-biochemical.it

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Optosmart Srl Tel/Fax 081.7758803 E-mail info@optosmart.com PWN Technologies Tel +31.23.5413740 E-mail info@pwntechnologies.com Sick Spa Tel 02.274341 Fax 02.27409087 E-mail marketing@sick.it Tecnoalimenti Scpa Tel 02.67077370 Fax 02.67077405 E-mail m.faraldi@tecnoalimenti.com TRISOFC project Tel +44.115.8467673 Fax +44.115.9513159 E-mail mark.worall@nottingham.ac.uk UPGAS-LOWCO2 project Tel 055.4795349 Fax 055.4796342 E-mail ennio.carnevale@unifi.it

REPERTORIO dell’Ambiente il “chi fa cosa” delle ecotecnologie

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