Hi-Tech Ambiente n.5 - Maggio 2021

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HI -TE CH

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, LO/Milano

www.hitechambiente.com

AMBIENTE

MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -

ANNO XXXII MAGGIO 2021

N5


SOMMARIO BIOMASSE & BIOGAS

PANORAMA

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UE: la finanza sostenibile

Il biometano al Centro-Sud Sersys Ambiente investe in Lazio e Campania con due biodigestori di ultima generazione per un totale di 230.000 ton/anno di forsu da trasformare in energia rinnovabile

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L’eco-comunicazione di prodotto

Sorgenia: biometano dalla forsu

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I bus “mangia smog”

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Dalla tecnologia ai finanziatori, il progetto di economia circolare per la costruzione del nuovo impianto valorizza il made in Italy

Avviata la sperimentazione con veicoli equipaggiati sul tetto di un dispositivo che filtra PM10 e PM 2.5

APPROFONDIMENTI

RETI IDRICHE

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Gli imballaggi e l’economia circolare

Il nuovo WebGIS Acque di Lombardia

Numerose e importanti le modifiche apportate, di cui le principali riguardano la responsabilità estesa per il produttore, il deposito temporaneo e la nuova classificazione dei rifiuti

GREEN ECONOMY

DEPURAZIONE

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Orogel punta sulla sostenibilità Il trattamento in situ di acque irrigue

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L’utile e pratico servizio di Veolia ha fornito a una grande serra idroponica italiana un impianto mobile a canone di utilizzo per eliminare la salinità idrica

Riduzione dei consumi di acqua ed energia, autoproduzione energetica, valorizzazione degli scarti

La detergenza ecologica è in prima linea L’efficienza energetica nella biodepurazione

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La mappa delle reti del servizio idrico integrato, potenziata nei servizi e nelle tecnologie, si estende a più di 1000 Comuni, riunendo 9 gestori pubblici

Non solo sostenibile con i prodotti, ma anche con la produzione: materie prime biodegradabili, ecopackaging, fotovoltaico e cogenerazione

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L’azienda Gramaglia propone le migliori soluzioni tecnologiche a ridotti consumi di energia nel trattamento dei reflui mediante diffusori nelle vasche a fanghi attivi

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L’industria del cartone è virtuosa Alti tassi di riciclo della materia prima, fabbisogno energetico sostenuto da fonti rinnovabili, calo significativo della CO2 emessa

RIFIUTI Il riciclo chimico del PET

ENTERPRISE EUROPE NETWORK

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Un processo innovativo di depolimerizzazione alcalina in continuo assistita da microonde, adatto alla produzione industriale

La diagnosi delle batterie

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Fondamentale stabilire se gli accumulatori agli ioni di litio dei veicoli elettrici sono da rigenerare, riutilizzare o riciclare

INSERZIONISTI AMG IMPIANTI Srl CORRADI & GHISOLFI Srl FANTONI&LUCIANI Srl GRAMAGLIA Srl I.D.ECO Srl ITELYUM-IDROCLEAN Srl

N.C.R. BIOCHEMICAL Spa PPE-PLASTIC PROJECT EUR. Srl RAGAZZINI Srl TPI-TECNO PROJECT IND. Srl VEOLIA WATER TECHNOLOGIES ITALIA Spa

GLI INDIRIZZI DELLE AZIENDE CITATE SONO A PAG. 37 Hi-Tech Ambiente

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panorama e’ stato di recente adottato dalla Commissione europea un ambizioso pacchetto completo di misure intese a favorire i flussi di capitale verso attività sostenibili in tutta l'Ue. Riorientando l'interesse degli investitori verso tecnologie e imprese più sostenibili, le misure saranno determinanti per rendere l'europa climaticamente neutra entro il 2050 e faranno dell'Ue un leader mondiale nella definizione delle norme per la finanza sostenibile. Il pacchetto include: l'atto delegato relativo agli aspetti climatici della tassonomia Ue, che mira a promuovere gli investimenti sostenibili chiarendo meglio quali attività economiche contribuiscono di più al conseguimento degli obiettivi ambientali dell'Ue; una proposta di direttiva sull'informativa in materia di sostenibilità delle imprese, intesa a migliorare il flusso delle informazioni sulla sostenibilità nel mondo imprenditoriale; i sei atti delegati modifi-

DIRIgeRe I CaPItalI

UE: la finanza sostenibile

cativi relativi ai doveri fiduciari e alla consulenza in materia di investimenti e assicurazioni, per garantire che le imprese finanziarie includano la sostenibilità nelle loro procedure e nella consulenza in materia di investimenti fornita ai clienti. nell’ambito del green Deal europeo, infatti, le imprese hanno bisogno di un quadro generale di sostenibilità sulla base del quale modificare i propri modelli aziendali. Per poter assicurare la transizione nel settore finanziario ed evitare un ecologismo di facciata, tutti gli elementi del pacchetto odierno sono concepiti in modo da migliorare l'affidabilità e la comparabilità delle informazioni sulla sostenibilità. Il settore finanziario europeo sarà così al centro non solo di una ripresa economica sostenibile post pandemia, ma anche dello sviluppo economico sostenibile dell'europa nel lungo periodo.

RaPPoRto IX e X

In ItalIa nel 2020

La differenziata secondo Anci-Conai

Raee: raccolte oltre 365.000 ton

Il IX e X Rapporto Banca Dati anci - Conai offrono uno spaccato del settore della raccolta differenziata, in particolare di quella dei rifiuti di imballaggio. In base ai dati forniti, si evince che il 2019 vede l’Italia raggiungere il 61,69% di RD, valore in crescita del +3,5% rispetto all’anno precedente. le quantità gestite dai Consorzi di filiera hanno sfiorato i 6,4 milioni di tonnellate di materiali, con un incremento di oltre il 18%. Quanto ai corrispettivi riconosciuti ai Comuni convenzionati, sono stati complessivamente oltre 601 milioni di euro, con un

incremento del 15,49%. oltre il 61% del totale degli importi è stato riconosciuto per le raccolte della plastica, ma la filiera che registra il maggiore incremento dei corrispettivi fatturati è quella della carta. Considerando anche la plastica e il vetro, queste 3 frazioni merceologiche valgono circa il 95% di tutti i corrispettivi del Sistema Conai. Relativamente, infine, alla copertura territoriale delle convenzioni con i Consorzi di filiera, la gestione dei materiali all’interno del sistema consortile è molto più frequente nelle regioni del nord rispetto al resto del Paese

Il 13° Rapporto annuale del Centro di Coordinamento Raee rileva che nell’anno della drammatica pandemia da Covid-19 la raccolta dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche da parte dei singoli Sistemi Collettivi non si è interrotta, al contrario ha raggiunto le 365.897 tonnellate, registrando una crescita del 6,35%, trainata soprattutto dalle regioni del Sud Italia. la Valle d'aosta mantiene il primato italiano per raccolta pro capite, mentre la toscana è ancora prima tra le regioni del Centro. nel Sud Italia, la Sicilia scalza per volumi raccolti la Campania che invece rimane ultima per raccolta pro capite. Cresce anche la raccolta media pro capite che si attesa a 6,14 kg per abitante, pari al +7,7%. Poco più dell’81% dei volumi complessivi provengono dai centri di raccolta comunali, mentre il circa il 18% della raccolta è stato veicolato dai grandi punti vendita, soprattutto raee legati a freddo e clima (R1), con il 22%, e ai grandi bianchi (R2), con il 34%, mentre l’impatto

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sugli altri raggruppamenti è decisamente più basso (meno del 2,5%). I restanti volumi, legati principalmente alla raccolta di raee della categoria dell’illuminazione (R5) e dei piccoli elettrodomestici (R4), derivano dai contributi di installatori, grandi utilizzatori e centri di raccolta privati.


DUe StRUmentI InnoVatIVI

L’eco-comunicazione di prodotto Sono stati studiati per supportare le aziende nel misurare, valutare e comunicare in modo corretto l’impatto ambientale dei propri prodotti. Si tratta di PeFStarter e life Cycle Communication tool, sviluppati nell’ambito del progetto europeo life eFFIge, a cui partecipano enea, Scuola Superiore Sant’anna, assofond per la filiera delle fonderie, Federlegnoarredo per quella del legnoarredo, Consorzio agrituristico mantovano per l’agroalimentare e Camst per la ristorazione. l’obiettivo di questi strumenti è chiaramente incentivare l’adozione dell’impronta ambientale PeF (Product environmental Footprint), promossa dall’Ue, a dimostrazione della veridicità dei “green claim”, ossia le affermazioni sul minore impatto ambientale di prodotti o servizi, così da evitare informazioni ingannevoli sulle loro reali caratteristiche ambientali.

<<Con PeFStarter vogliamo supportare le imprese, soprattutto le PmI, a familiarizzare con il me-

todo PeF - sottolinea Paola Sposato, dell’enea - per comprenderne obiettivi, opportunità e proce-

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dure, nel convincimento che questo possa contribuire alla transizione verso un sistema economico sostenibile>>. accessibile gratuitamente all’indirizzo www.pefstarter.enea.it, il tool è suddiviso in tre sezioni: politiche ambientali d’impresa, con particolare riferimento alla comunicazione ambientale di prodotto e all’approccio di ciclo di vita; opportunità del metodo PeF; come sviluppare uno studio PeF, raccogliendo dati, elaborando impatti ambientali e comunicando i risultati. Interessante anche il fatto che questo tool consenta un percorso personalizzato, al termine del quale viene prodotto un report riassuntivo scaricabile. Il life Cycle Communication tool, invece, consente di ‘tradurre’ in un linguaggio comprensibile i risultati forniti dagli indicatori con i quali si calcola l’impronta ambientale di un prodotto nel suo intero ciclo di vita (es. tot di emissioni di gas serra evitati corrispondono a tot viaggi in bus milano-Roma risparmiati). Questo tool è scaricabile da www.lifeeffige.eu, nella sezione Strumenti.


FIltRano l’aRIa VIaggIanDo

I bus “mangia smog” avviata la sperimentazione con veicoli equipaggiati sul tetto di un dispositivo che filtra Pm10 e Pm 2.5 la Regione marche finanzia il progetto “Purify & go” col quale quattro autobus purificano l’aria di ancona e Jesi mentre viaggiano grazie a un apposito dispositivo di cui sono equipaggiati, realizzato da ansaldo trasporti e agt engineering e monitorato da l’Università la Sapienza di Roma. Circolando, infatti, gli automezzi cittadini, attraverso un sistema filtrante, catturano i livelli di particolato nell’aria, con l’obiettivo di ridurre la pressione dell’inquinamento atmosferico. Si stima che, in tre mesi di sperimentazione, potranno filtrare 4,2 miliardi di litri d’aria. ogni veicolo è equipaggiato con due apparecchiature gemelle, che contengono filtri sia per Pm10 che per Pm2.5. I filtri di una muta sono uguali per tutti i bus, quelli della gemella variano per materiale da bus a bus. I veicoli

percorreranno ciascuno un’area sempre uguale per tipologia (urbana, extraurbana, industriale). al termine della sperimentazione il confronto fra i filtri uguali darà indicazioni sul livello di inquinamento delle aree percorse, quello fra i filtri diversi consentirà di scegliere i materiali più efficaci

per la successiva fase industriale. Il dispositivo “Hardust” installato sul tetto dei bus è sostanzialmente un cassonetto in alluminio che contiene due gruppi di due filtri indipendenti. Il sistema è capace di filtrare 486.000 litri di aria all’ora. Considerando il funzionamento effettivo di ciascun mezzo per 12 ore al giorno, in tre mesi i quattro automezzi sono in grado di “setacciare” i 4,2 miliardi d’aria stimati. I dati vengono monitorati dal Centro di controllo dell’agt engineering, di concerto con l’Università la Sapienza di Roma, attraverso due datalogger (registratori di dati) installati all’interno dei bus e dotati di scheda sim. Sono organizzati in grafici su base giornaliera e trasmessi a Conerobus ogni 15 giorni. al termine della sperimentazione, vengono estratti i filtri e il livello di particolato confrontato

con la quantità di aria trattata. I risultati ottenuti sono poi inviati alla Regione marche per studi e valutazioni. l’obiettivo è testare l’efficienza del sistema per poi, eventualmente, estenderlo sul territorio. <<non ci fermeremo qui – afferma Filippo Ugolini, presidente della agt engineering e – perché quanto prima svilupperemo un sistema laser di bordo per il monitoraggio delle particelle, con l’obiettivo di rendere immediati, per la Regione e per Conerobus, i dati di inquinamento rilevati sul campo e nelle varie aree, oltreché rimuovere dall’ambiente le particelle intercettate>>. Conerobus è la prima azienda di tpl in Italia ad avviare questa rivoluzionaria sperimentazione, con un solo precedente europeo che ha riguardato la città inglese di Southampton.

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Water To Food: l’impronta idrica del cibo Quanta acqua serve per produrre i chicchi di caffè che finiscono in una sola tazzina? e per un piatto di pasta o una semplice mela? oggi è possibile saperlo con un semplice click grazie a “Water to Food” del Politecnico di torino, un progetto di comunicazione di dati e informazioni sull’impatto che la produzione e il commercio internazionale di cibo hanno sulle risorse idriche mondiali e locali. “Water to Food” ha l’obiettivo di mettere a libera disposizione i dati riguardanti l’acqua virtuale contenuta nel cibo che si consuma, ovvero l’acqua che, prelevata da una nazione per coltivare e lavorare un determinato bene, si sposta con esso dal posto di produzione al posto di consumo.

Questi dati, prodotti negli anni dal team di ricerca del progetto europeo CWaSI (Coping with Water Scarcity In a globalized world), sono oggi facilmente accessibili e leggibili da chiunque voglia informarsi sul tema: basta collegarsi al sito watertofood.org

e accedere alla sezione Play with data, e controllare il valore della “water footprint” l’impronta idrica del prodotto, analizzando le differenze tra i luoghi diversi di produzione. e così si può scoprire che per produrre un chilo di caffè etiope ser-

vono più di 11.000 litri di acqua e che l’Italia importa dall’etiopia circa 95 mln di mc di acqua proprio sotto forma di chicchi da tostare. e ancora per la pasta: tra i vari stati da cui proviene il grano, l’Italia importa da Russia, australia, Stati Uniti e Canada, stato da cui importa più di 1 mld di mc di acqua virtuale. Considerando che il lago di garda ha un volume di circa 50 kmc, si stima che il volume totale di acqua virtuale che l’Italia importa sotto forma di cibo nel corso di un anno sia circa 1.750 kmc (secondo una stima fatta per l’anno 2016).

www.watertofood.org

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approfondimenti

Gli imballaggi e l’economia circolare Decreto Legislativo 116/2020

numerose e importanti le modifiche apportate, di cui le principali riguardano la responsabilità estesa per il produttore, il deposito temporaneo e la nuova classificazione dei rifiuti a settembre scorso sono entrati in vigore quattro decreti legislativi che, recependo altrettante Direttive europee, modificano la Parte IV del D.lgs 152/2006 (testo Unico ambientale). I quattro decreti sono: - D.lgs n.116 del 3/9/2020 "attuazione della direttiva 2018/851/Ue che modifica la direttiva 2008/98/Ce relativa ai rifiuti e attuazione della direttiva 2018/852/Ue che modifica la direttiva 1994/62/Ce sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio" (g.U. n.226/2020) - D.lgs n.118 del 3/9/2020 "attuazione degli articoli 2 e 3 della direttiva 2018/849/Ue, che modificano le direttive 2006/66/Ce relative a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e 2012/19/Ue sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche" (g.U. n.227/2020) - D.lgs n.119 del 3/9/2020 "attuazione dell'articolo 1 della direttiva 2018/849/Ue, che modifica la direttiva 2000/53/Ce relativa ai veicoli fine uso" (g.U. n.227/2020) - D.lgs n.121 del 3/9/2020 "attuazione della direttiva 2018/850/Ue, che modifica la direttiva 1999/31/Ce relativa alle discariche di rifiuti" (g.U. n.228/2020) In teoria, le nuove disposizioni dovrebbero supportare l'applicazione dei principi dell'economia circolare. In pratica, però, esse lasciano inalterato il problema principale del nostro Paese, ossia

teremo ora l'altro decreto di interesse generale (cioè il D.lgs 116/2020 sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio), rinviando a futuri approfondimenti gli altri due decreti, che trattano argomenti più specialistici (rifiuti di pile e accumulatori, veicoli fuori uso). Il D.lgs 116/2020 opera numerose e importanti modifiche alla parte IV del tUa, di cui alcune sono particolarmente rilevanti, ossia: la responsabilità estesa per il produttore, il deposito temporaneo e la nuova classificazione dei rifiuti. la carenza di impianti tecnologicamente adeguati per il recupero e lo smaltimento dei rifiuti; e ciò è confermato dal fatto che attualmente molte Regioni italiane sono costrette a esportare grandi quantitativi di rifiuti fuori regione (o addirittura all'estero). Per una reale promozione dell’economia circolare sarebbe necessario

introdurre procedure di autorizzazione più semplici, prevedendo anche la possibilità di intervento del governo centrale nei confronti degli enti locali che frappongono ostacoli contrari all’interesse pubblico generale. abbiamo già trattato le modifiche alla gestione delle discariche introdotte dal D.lgs 121/2020; trat-

RESPONSABILITA’ ESTESA PER IL PRODUTTORE

la responsabilità estesa del produttore rappresenta il cardine per la transizione verso l’economia circolare, e dovrà essere definita nei dettagli in seguito con appositi decreti ministeriali, che definiranno anche le procedure per la gestione dell’intera filiera dei prodotti dismessi. Sarà soggetto al regime della responsabilità estesa qualunque persona fisica o giuridica che professionalmente sviluppi, fabbrichi, trasformi, tratti, venda o importi prodotti. a tale scopo, presso il ministero dell’ambiente verrà istituito il “Registro nazionale dei produttori” (per il cui mantenimento verrà previsto il versamento di un contributo amContinua a pag. 10

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Continua da pag. 8

Gli imballaggi e l'economia circolare bientale, e precisati i relativi criteri di calcolo). Sono comunque esclusi dall’applicazione del contributo i soggetti che rientrano nelle filiere di gestione dei veicoli fuori uso, di pile e accumulatori, nonché dei raee, in quanto soggetti a norme specifiche. Il D.lgs 116/2020 stabilisce una serie di obblighi a carico del “produttore dei rifiuti”, ossia il soggetto che, ai sensi dell’art.183, com.1, let.f, produce i rifiuti e al quale si riferisce giuridicamente detta produzione (produttore iniziale), ma anche chi effettua operazioni di pretrattamento, miscelazione o altre operazioni che modificano natura o composizione di detti rifiuti (nuovo produttore). Il produttore ha la responsabilità del corretto recupero/smaltimento dei rifiuti prodotti, anche nel caso in cui essi siano consegnati a intermediari, commercianti, trasportatori o impianti di trattamento; l’esclusione dalla responsabilità si ha solo nel caso in cui i rifiuti siano conferiti al servizio pubblico, oppure in caso di ricezione, entro 3 mesi dal conferimento, della 4° copia del formulario. già in passato era previsto che, nel caso in cui i rifiuti siano consegnati a impianti che effettuano operazioni di raggruppamento, condizionamento o deposito preliminare, l’esclusione della responsabilità del produttore/detentore fosse subordinata alla ricezione di un’attestazione di avvenuto smaltimento, resa ai sensi del DPR 445/2000 e sottoscritta dal titolare dell’impianto. tuttavia quest’obbligo non era mai diventato operativo, per l’assenza del D.m. che doveva definire i contenuti dell’attestazione; ora, essendo abrogato il rimando a tale D.m., tale disposizione è immediatamente vigente, ma risulta comunque di complessa applicazione, in quanto: lo smaltimento finale dei rifiuti può avvenire dopo molto tempo, e gli impianti di smaltimento finali potrebbero non essere in grado di risalire ai singoli produttori iniziali; a causa delle caratteristiche dei contenuti di tale attestazione, gli impianti di smaltimento finali hanno ele-

vate difficoltà nella sua elaborazione e rilascio. IL DEPOSITO TEMPORANEO

Il deposito temporaneo, a seguito delle modifiche introdotte dal D.lgs 116/2000, cambia denominazione in "deposito temporaneo prima della raccolta"; ma comunque continua a non essere necessaria nè autorizzazione nè comunicazione. Restano inoltre invariati i limiti quantitativi e temporali che definiscono tale deposito: - i rifiuti sono raccolti e avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle previste modalità, a scelta dei produttori dei rifiuti (con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalla quantità in deposito) quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente 30 mc, di cui al massimo 10 mc di rifiuti pericolosi - in ogni caso, anche se il quantitativo di rifiuti non supera il predetto limite annuo, il deposito temporaneo non può avere durata superiore a un anno. ai sensi del

D.lgs 121/2020 (che ha modificato il D.lgs 36/2003 inerente la gestione delle discariche) se tale limite temporale viene superato, il deposito temporaneo cessa di essere tale per configurarsi come una discarica, che pertanto risulterà non essere autorizzata. Il deposito temporaneo prima della raccolta deve avvenire rispettando le seguenti condizioni: nel luogo in cui i rifiuti sono prodotti; per i rifiuti soggetti a responsabilità estesa (elenco ancora da definire), il deposito preliminare potrà essere effettuato anche dai distributori, presso i punti vendita. lo stesso potrà avvenire per i rifiuti da costruzione e demolizione e per altri rifiuti definiti da specifiche disposizioni (ancora da emanare). LA NUOVA CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI

l'art. 183 definisce i "rifiuti urbani" e il successivo art.184, com.3, riscrive l'elenco dei "rifiuti speciali": si tratta probabilmente della maggiore novità introdotta dal

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D.lgs 116/2020, che avrà notevoli ricadute sull'attività di numerosi operatori economici. Infatti la nuova disciplina aggiunge alla categoria dei rifiuti urbani, accanto a quelli "classici" (cioè i rifiuti domestici e quelli derivanti da spazzamento di strade e aree a uso pubblico, dalla manutenzione del verde pubblico e da attività cimiteriali), i "rifiuti indifferenziati e differenziati non domestici, che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell'all. l-quater prodotti dalle attività riportate nell'all. l-quinquies" (art.183, com.1, let.b-ter, punto 2). Viene quindi eliminato, dopo decenni di applicazione, il regime di "assimilazione" di taluni rifiuti speciali ai rifiuti urbani e, conseguentemente, vengono soppresse le competenze che erano attribuite in materia ai Comuni e allo Stato: i rifiuti che in precedenza erano "assimilati" sono classificati ex lege come rifiuti urbani, e l'all. l-quinquies indica numerose attività commerciali, professionali e artigianali, le quali saranno pertanto tenute ad adeguarsi a breve alla nuova disciplina. la nuova disciplina prevede però che siano espressamente esclusi dalla categoria dei rifiuti urbani "i rifiuti di produzione, agricoltura, silvicoltura, pesca, fosse settiche, reti fognarie e impianti di trattamento reflui, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti C&D". Per individuare quali rifiuti siano oggi classificati "urbani" occorre incrociare le tipologie previste nell'all.1 l-quater con le attività elencate nell'all. l-quinquies. Sempre con riferimento alla classificazione dei rifiuti, è stata inserita nell'art.184 la previsione secondo cui "la corretta attribuzione dei Codici dei rifiuti e delle caratteristiche di pericolo dei rifiuti" dovrà essere effettuata dal produttore "sulla base delle linee guida redatte dal SnPa e approvate con decreto del ministero dell'ambiente". Il D.lgs 116/2020 contiene inoltre disposizioni relative al Rent tRl (Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei Rifiuti), peraltro non ancora operativo per la mancanza degli specifici Dm, e nuovi modelli digitali per Registri di Carico/Scarico e Formulari di Identificazione Rifiuti (FIR).


DEPURAZIONE A C Q U A

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A R I A

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S U O L O

Il trattamento in situ di acque irrigue Mobile Water Services

l’utile e pratico servizio di Veolia ha fornito a una grande serra idroponica italiana un impianto mobile a canone di utilizzo per eliminare la salinità idrica Requisiti fondamentali per ottenere buoni risultati dal punto di vista qualitativo e quantitativo da una coltivazione industriale, sia essa di fiori o di prodotti ortofrutticoli destinati all’alimentazione, sono la disponibilità di acqua di buona qualità per l’irrigazione che di sostanze nutritive specifiche per le specie vegetali. È evidente, quindi, che per svolgere questa attività a livello industriale è estremamente importante verificare periodicamente la qualità dell’acqua utilizzata a fini irrigui per evitare effetti indesiderati sulle coltivazioni. Infatti, il monitoraggio dell’acqua è indispensabile per non avere problemi di fitotossicità e migliorare la concimazione. la qualità dell’acqua irrigua determinerà, inoltre, la scelta della tipologia di impianto di trattamento acque da installare al fine di eliminare sali indesiderati o ridurre la salinità nel caso di acque dure, in modo tale da tener conto della diversa adattabilità ai sali disciolti nell’acqua di ogni specie vegetale. alcuni sali possono essere dannosi per una coltivazione in serra mentre in altre situazioni non lo sono. ad esempio, lo zolfo, elemento indispensabile per le piante, viene assorbito come solfato in grandi

quantità, ma se il quantitativo diventa eccessivo, possono formarsi depositi fogliari, facendolo diventare dannoso. Inoltre, la carenza idrica, tipica del periodo estivo, rappresenta uno dei fattori ambientali che può limitare la produttività di questo settore.

Quando l’acqua piovana, necessaria a rifornire i bacini di irrigazione scarseggia, è necessario ricorrere a fonti idriche alternative, quali acque di pozzo o superficiali, che non sempre hanno i requisiti chimici richiesti e, pertanto, vanno trattate prima del loro utilizzo.

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Un sistema idoneo a rimuovere la salinità dalle acque è l’osmosi inversa, una tecnologia oramai diffusa che viene realizzata con una membrana che trattiene i sali da una parte, impedendone il passagContinua a pag. 12


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Il trattamento in situ di acque irrigue gio e permettendo di ottenere acqua pura dall’altra. mobile Water Services di Veolia ha fornito a una delle serre idroponiche più grandi in Italia, un impianto mobile a osmosi inversa per trattare le acque di pozzo e fornire circa 25 mc/h di acqua priva di solfati da utilizzare per l’irrigazione nel periodo estivo. l’azienda, in questo modo, grazie a un contratto di noleggio temporaneo dell’impianto di trattamento a osmosi inversa è riuscita a migliorare la qualità della coltivazione e a raggiungere l’obiettivo fissato dal Parlamento europeo di adottare sistemi di irrigazione più efficienti, come previsto dalla Direttiva 2000/60/Ce che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque e l’utilizzo della risorsa idrica a fini irrigui in agricoltura. la flotta mobile di mobile Water Services di Veolia è ideata per supportare e assistere l’attività dell’impianto, sia per esigenze temporanee che a lungo termine, in ogni momento. Dispone, inoltre, di una vasta gamma di tecnologie in un’ottica “Plug-and-Play” per soddisfare richieste di: filtrazione, demineralizzazione per produrre vapore, addolcimento, rimozione di ferro e manganese dalle acque di falda, ulUna parte sempre maggiore della popolazione mondiale soffre per mancanza di acqua potabile, per cui i processi di dissalazione delle acque marine e salmastre vengono ormai considerati la risorsa idrica del futuro. esistono oggi oltre 20.000 impianti di dissalazione, distribuiti in 150 Paesi. Il problema è che la dissalazione richiede molta energia, e se questa energia è prodotta bruciando combustibili fossili l'effetto sulle emissioni di Co2 può essere molto pesante: ad esempio, il 22% delle emissioni di Co2 dell'emirato di abu Dhabi è dovuta alla dissalazione. e' pertanto necessario trovare sistemi che alimentino i dissalatori senza causare emissioni di Co2 (o, per lo meno, riducendole grandemente). Un'idea molto semplice è proposta dalla Università Saudita di Scienza e Ingegneria "King abdullah" (KaUSt). I pannelli fo-

trafiltrazione, osmosi inversa e osmosi inversa per acqua di mare, chiarificazione, degasaggio, flottazione, acqua pura secondo gli standard Farmacopea. Il servizio offerto da mobile Water Services nel fornire impianti mobili di trattamento acque a canone di utilizzo, è una valida alternativa quando:

- gli impianti di trattamento acque esistenti sono obsoleti, inaffidabili o costosi da utilizzare e manutenzionare; - gli impianti esistenti non sono operativi perché guasti o in manutenzione; - è richiesta una capacità supplementare di trattamento dell'acqua per l'incremento della produzione;

La dissalazione sostenibile

tovoltaici si surriscaldano durante il giorno, specialmente nelle condizioni climatiche di arabia Sau-

dita e Paesi limitrofi: si può arrivare a 35 °C sopra la temperatura ambiente. Il calore dei pannelli

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- commissioning di impianti; - sono richiesti pre-trattamenti per il peggioramento della qualità dell'acqua grezza. la flotta di mobile Water Services può essere impiegata per garantire la continuità della produzione o dei processi aziendali ed evitare costosi tempi di inattività.

FV può essere raccolto sul retro dei pannelli stessi e utilizzato per azionare un distillatore mulstistadio a membrana, che produce acqua dolce a partire dall'acqua di mare; il tutto senza alcuna alterazione del flusso di elettricità prodotto dai pannelli FV, che anzi aumentano la potenza di uscita dell'energia elettrica. Un metodo più complesso è invece in corso di sviluppo all'Università dell'Illinois, dove si sta sperimentando un sistema denominato Cation Intercalation Desalination (CID), che utilizza materiali provenienti dalla tecnologia delle batterie ricaricabili per rilasciare gli ioni salini. Questo dovrebbe consentire di aumentare la percentuale di recupero di acqua e contemporaneamente ridurre la produzione di concentrato salino, che attualmente costituisce un notevole problema sia economico che ambientale.


L’efficienza energetica nella biodepurazione Il ruolo fondamentale dei sistemi di aerazione

l’azienda gramaglia propone le migliori soluzioni tecnologiche a ridotti consumi di energia nel trattamento dei reflui mediante diffusori nelle vasche a fanghi attivi I processi biologici sono impiegati per la depurazione delle acque reflue caratterizzate da un inquinamento prevalentemente di natura biodegradabile, in quanto consentono di trasformare la sostanza organica disciolta e sospesa in materiale inerte. Il sistema più utilizzato per la rimozione della sostanza organica biodegradabile è il processo a fanghi attivi. esso viene effettuato in vasche aerobiche nelle quali i reflui, sottoposti a un’aerazione più o meno prolungata, vengono mantenuti a contatto con una numerosa comunità batterica che si presenta sotto forma di agglomerati di natura fioccosa, detti appunto fanghi attivi. Questi ultimi sono mantenuti in sospensione nel reattore per mezzo della turbolenza prodotta dai sistemi di aerazione, necessari a garantire l’attività aerobica del sistema. le trasformazioni che avvengono nella vasca di ossidazione richiedono la disponibilità di ossigeno in forma disciolta e di conseguenza comportano la necessità di una sua fornitura per bilanciare i consumi legati all’attività batterica. Quest’ultima può essere effettuata mediante differenti apparecchiature: i sistemi più utilizzati sono quelli a diffusione, mediante i quali viene insufflata aria in pressione all’interno della massa d’acqua. Sono caratterizzati da elevati rendimenti energetici e di solubilizzazione, limitata rumorosità e ridotta formazione di aerosol. Richiedono però una gestione

più impegnativa e costi di installazione più elevati, necessitando di compressori e di un sistema di distribuzione dell’aria. I diffusori, a seconda della tipologia, condizionano la dimensione delle bolle (fini, medie o grosse). essi posso-

no essere porosi di diverse forme (dischi, membrane ecc.) e materiali o non porosi (con orifizi, a tubi). Per garantire una richiesta di ossigeno uniforme in tutta la vasca di ossidazione la loro disposizione

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deve essere realizzata a tappeto, al fine di interessare in modo omogeneo tutto il fondo del bacino. Per ottenere vantaggi in termini di controllo del processo, riduzione dei costi e dei consumi energetici, nonché di resa di abbattimento degli inquinanti, è fondamentale controllare e regolare la quantità di aria insufflata in base all’effettivo fabbisogno di ossigeno, in funzione a sua volta delle condizioni operative e delle variazioni orarie, giornaliere e stagionali dei carichi. l’installazione di queste tipologie di sistemi di aerazione può essere effettuata sia in impianti di nuova realizzazione che in vasche esistenti, in sostituzione di sistemi non efficienti sia da un punto di vista di resa del processo che da un punto di vista economico. a tal proposito, per poter contenere l’incremento dei consumi di energia, è necessario provvedere all’efficientamento energetico dell’impianto mediante l’ottimizzazione delle tecnologie e dei processi impiegati. occorre eseguire studi approfonditi dei singoli casi che, partendo da un’analisi delle apparecchiature elettromeccaniche presenti, consentano di valutare e identificare interventi/soluzioni atti ad ottenere il miglior compromesso tra resa del processo depurativo e risparmio energetico, senza influenzare in maniera negativa la prassi lavorativa del gestore dell’impianto di depurazione.


Il trattamento con alghe di scarichi salini Progetto SALT GAE

la biomassa algale nella rimozione dei contaminanti organici e degli agenti eutrofizzanti entro bacini ad alto carico con l’aiuto di Co2

molte industrie producono acque di scarico con elevati livelli di salinità, soprattutto nel settore della produzione di bevande e alimenti confezionati, ma anche nei trattamenti di potabilizzazione e di dissalazione per scambio ionico delle acque industriali. In europa si producono circa 450 milioni di mc/anno di acque reflue ad alta salinità e in molti casi il trattamento di queste acque (che oltre al sale contengono elevati livelli di sostanze biodegradabili) richiede una sequenza di numerosi e complessi stadi di trattamento. I normali processi a fanghi attivi, o altri trattamenti di tipo biologico, non possono essere utilizzati perchè l'elevata salinità inibisce lo sviluppo dei batteri biodegradatori. I costi di questi trattamenti pos-

sono arrivare al 14% del fatturato di una tipica industria del settore alimentare, costituendo un incentivo a scarichi illegali, che provocano fenomeni di eutrofizzazione delle acque e di salificazione del terreno, che diviene così compatto e inadatto alle coltivazioni. SCOPO DEL PROGETTO

Il progetto Salt gae si propone di risolvere il problema del trattamento degli scarichi salini, mediante lo sviluppo di tecnologie innovative di depurazione, basate su consorzi tra alghe e batteri; la biomassa algale potrà poi essere successivamente valorizzata ottenendo diversi sottoprodotti di alto valore, utili nella formulazione di cosmetici, adesivi, alimenti per animali, o materiali per stampa in

3D. altri possibili impieghi per la biomassa algale sono: produzione di fertilizzanti, in particolare dell'alga spirulina; produzione di bioplastiche; produzione di mangimi per acquacoltura, in sostituzione delle proteine derivate dalla soia. le alghe utilizzate sono di 4 tipi: Spirulina, Dunaliella, tetraselmis e nannochloropsis; e sono soprattutto utilizzate nella rimozione dei contaminanti organici (BoD) e degli agenti eutrofizzanti (azoto e fosforo). Il trattamento con alghe, allo scopo di contenere i costi, viene compiuto entro bacini algali ad alto carico (High Rate algal Ponds, HRaP), dove le alghe vengono fatte crescere con l'ausilio di Co 2 proveniente dal pretrattamento di digestione anaerobica.

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LA DIGESTIONE ANAEROBICA

Il pretrattamento anerobico si esegue in due stadi separati (acidogenico e metanogenico), utilizzando una biomassa in forma granulare: viene prodotto un biogas contenente 85% di metano, utilizzato per coprire il fabbisogno energetico dell'impianto. lo scopo principale del pretrattamento è l'abbattimento del CoD, in ambiente altamente salino. la fase acidogenica consente il trattamento di reflui con salinità fino a 58 g/l di ioni sodio, che sono valori superiori a quanto finora riportato come capacità di trattamento di reattori anaerobici a biomassa granulare; in questa fase le sostanze organiche vengono Continua a pag. 16



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dollari ogni anno), ed esportazioni dirette soprattutto verso gli Stati Uniti, l'australia e il Sud africa; tuttavia, i volumi sono ancora troppo bassi perchè una produzione su larga scala di supplementi alimentari (proteine e carboidrati) a partire dalle alghe possa essere competitiva con le produzioni agricole convenzionali. le prospettive di crescita sono limitate dalle condizioni climatiche e dall'alto costo sia della manodopera che per il terreno.

Il trattamento con alghe di scarichi salini dapprima idrolizzate in molecole più semplici e successivamente convertite in acidi grassi volatili (acidi acetico, propionico, butirrico e valerianico). alla fine di questo stadio il pH risulta 6,5 e si raggiunge un grado di acidificazione intorno a 80%, con un carico organico di 1,24 gCoD/l. Per la successiva fase metanogenica è necessaria una operazione di adattamento della coltura microbica all'elevata salinità; in questo modo è possibile produrre metano anche con valori di salinità fino a 14 g/l di ioni sodio, con una produzione media di 0,23 l/giorno di metano al per ogni litro di substrato. Questi risultati fanno prevedere la possibilità di estendere il trattamento anaerobico a industrie non alimentari, come l'industria meccanica, per il trattamento degli effluenti acidi di decapaggio. IL TRATTAMENTO HRAP

Dopo la digestione anaerobica, l'effluente viene sterilizzato con acqua ossigenata e raggi UV e chiarificato mediante elettroflocculazione; passa poi nei bacini HRaP, che sono vasche di forma allungata, aventi un rilievo centrale che crea un percorso analogo a quello di un ippodromo, e una profondità di 20-30 cm. ad una estremità è posta una ruota a palette azionata da un motore elettrico, per ottenere un flusso circolare; vi è inoltre una zona più profonda, dove viene fatta gorgogliare la Co2 ottenuta dalla purificazione del biogas. Il trattamento con alghe completa la rimozione del carico organico e assicura inoltre l'abbattimento degli

I VANTAGGI DEL PROGETTO

agenti eutrofizzanti (azoto e fosforo). I bacini HRaP sono dotati della strumentazione necessaria per controllare il processo, e cioè: un sensore sommerso per la misura della clorofilla a, in concentrazioni da zero a 200 microgrammi/litro; un sensore di conduttività; elettrodi per la misura del pH, dei nitrati e dell'ammoniaca; un sensore ottico per la misura dell'ossigeno disciolto; sensori a fotodiodi per la misura della radiazione solare nelle frequenze che attivano la fotosintesi, sia in superficie che in profondità. I TRATTAMENTI SUCCESSIVI

gli effluenti dei bacini HRaP vengono trattati in uno stadio di flottazione con aria disciolta (DaF) e successivamente per ultrafiltrazione, per rimuovere il 99% dei materiali che potrebbero causare problemi nel successivo stadio di elettrodialisi; in uscita da questo l'acqua risulta priva di sali, come provato dal basso valore di conducibilità elettrica (1-2 ms/cm). Una rimozione ancora più spinta dei sali può essere ottenuta con un trattamento di osmosi inversa, provvisto di uno speciale tipo di pompe volumetriche a

flusso continuo con efficienza superiore al 95%, e di un sistema di recupero dell'energia di pressurizzazione, con il 98% di efficienza. tutte queste tecnologie sono state verificate su scala dimostrativa in tre differenti siti: - a Camporosso (Im), in un impianto per il trattamento con microalghe di effluenti da industria casearia, gestito da archimede Ricerche - in Slovenia, dove le società Koto e algen utlizzano alghe per trattare effluenti di conceria, nel quadro di un altro progetto europeo (algae Bio gas) - in Israele, dove l'alga spirulina è usata per trattare gli effluenti della lavorazione del pesce. PROSPETTIVE DI MERCATO

al progetto Salt gae partecipano 19 tra enti e industrie di 9 Paesi. In un prossimo futuro l'applicazione del progetto Salt gae nella sola europa (soprattutto del Sud, dove vi sono le principali industrie dei settori conceria e lattiero-caseario) potrebbe portare a quasi 9.000 nuovi impianti, con una produzione di oltre 166.000 ton/anno di biomassa algale, per un valore stimabile a 350 milioni di euro. l'applicazione potrebbe anche essere estesa a Paesi extraeuropei in america settentrionale e meridionale, asia e australia. nel settore dei possibili utilizzi delle biomasse algali l'europa ha già finanziato una notevole attività di ricerca, in diversi settori: alimentare, cosmetico, farmaceutico, energetico e agricolo. esiste già un commercio import-export di alghe e prodotti derivati tra l'europa e il resto del mondo, con importazioni soprattutto dal Cile (per 13 milioni di

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Il trattamento dei reflui salini eseguito secondo le indicazioni del progetto Salt gae assicura una efficace depurazione con bassi consumi energetici, minori emissioni di gas serra, buona qualità dell'effluente e produzione di una biomassa dalla quale si possono ottenere nuovi prodotti. Una indicazione quantitativa si può ottenere considerando che un buon impianto per il trattamento delle acque reflue con le tecnologie tradizionali emette da 20 a 40 kg di Co 2 eq/anno per ogni abitante trattato; e per il trattamento degli scarichi industriali i valori devono essere moltiplicati per un fattore da 5 a 30. tradotto in consumi di carburante, è come se ogni cittadino europeo bruciasse ogni anno circa 100 litri di benzina solo per evitare l'inquinamento delle acque superficiali. Con le tecnologie sviluppate nel corso del progetto Salt gae questi valori possono essere notevolmente ridotti, soprattutto per quanto riguarda il settore delle acque di scarico delle industrie di cibi e bevande.



Fanghi: meno costi con le Imhoff Un esempio significativo

Il caso di una struttura turistica attiva nel solo periodo estivo e dotata di impianto biologico a fanghi attivi per la depurazione dei propri reflui civili Conferire i fanghi di risulta a discarica è diventato sempre più dispendioso sia in termini burocratici (ultimo, in ordine di tempo, il Regolamento (Ue) 2017/997 entrato in vigore il 5/7/2018) che economici. emblematico, a questo proposito, il caso di una società che opera nel settore turistico con camping e residence attiva da giugno a fine agosto, dotata di impianto biologico a fanghi attivi per la depurazione del refluo, di tipo “civile”, prodotto da oltre 60.000 presenze nel periodo di attività. l’impianto in questione è costituito da due fosse Imhoff progettate per fare fronte all’apporto di 220a.e. che assicurano la depurazione del refluo nel periodo iniziale dell’attività, quando giunge alla struttura un flusso inferiore ai 50 mc/die; successivamente diventa operativa la sezione di ossidazione biologica tradizionale a “fanghi attivi”, supportata dal comparto “denitrificazione” che assicura la riduzione delle forme ossidate dell’azoto (nitrati) ad azoto molecolare. man mano che l’attività del campeggio prende forza aumenta il flusso di liquame da trattare, che nel giugno si pone mediamente sui 70 mc/die, in aumento sino a 250 mc/die nel periodo di fine luglio e raggiunge il massimo attorno alla metà di agosto con oltre 300 mc/die, per poi diminuire repentinamente sotto i 100 mc/die già nella prima settimana di settembre. Da metà settembre inizia

la chiusura progressiva dell’impianto che si protrae sino a metà ottobre. Il fango di risulta, prodotto in questo periodo è costituito normalmente da 10.000 kg di scolato da sacchi filtranti, se ne contavano circa 400 per campagna, che vengono poi inviati a déponie. Date le difficoltà oggettive economiche, aggravate nel 2017 dalla componente burocratica, nella campagna 2018 è stata operata una “marcia controllata”, con l’ottica di recuperare i fanghi

prodotti nella stessa struttura di depurazione. nelle fosse Imhoff in dotazione all’impianto sono stati convogliati i fanghi risultanti dallo svuotamento e pulizia dei sedimentatori e delle vasche di ossidazione biologica, per la messa in conservazione dell’impianto. Il controllo, protratto nel tempo (da ottobre 2018 a marzo 2019), ha interessato: l’altezza dell’interfaccia acqua/fango, passata da 125 a 75 cm nella vasca sud, con fango compatto a 40 cm dal fon-

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do, e da 110 a 50 cm nella vasca nord, con fango compatto a 20 cm dal fondo; il contenuto in secco, a varie altezze, nelle fosse Imhoff, passato (in 5 mesi) nella vasca sud da 9,86% a 0,76% a un’altezza di 60 cm e da 16,16% a 6,7% a un’altezza di 10 cm, e nella vasca nord da 3,28% a 0,57% a un’altezza di 45 cm e da 4,48% a 21,15% a un’altezza di 10 cm; le caratteristiche chimico fisiche dell’acqua alla superficie. In merito a quest’ultimo aspetto si evince che: il valore del potenziale redox, già a partire da ottobre si pone in campo nettamente positivo; il contenuto in organico, espresso come CoD, è rimasto costantemente confinato nei limiti imposti dalla normativa, ossia max 160 mg/l; dall’inizio di marzo 2019 il contenuto in azoto ammoniacale si è attestato sotto i 10 mg/l, chiaro indice dell’avvenuta biodegradazione dell’azoto proteico contenuto nei fanghi. la “marcia controllata” sperimentata ha consentito di ridurre il numero dei sacchi inviati a discarica dai 380 della campagna 2017 ai 180 sacchi (ca. 53% di riduzione) della campagna 2018 in cui è stata effettuata la sperimentazione su campo, che si sono ulteriormente ridotti a 60 sacchi (84% rispetto al dato del 2017) nel 2019.

Cesare Silvatici, Gherardo Silvatici New Centro Servizi Ambientali



RIFIUTI T R A T T A M E N T O

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S M A L T I M E N T O

Il riciclo chimico del PET Progetto DEMETO

Un processo innovativo di depolimerizzazione alcalina in continuo assistita da microonde, adatto alla produzione industriale attualmente nel mondo si producono circa 82 milioni di tonnellate di Pet, utilizzato sia per la produzione di bottiglie e contenitori che per fibre e tessuti. Di questo enorme quantitativo, poco più del 10% viene riciclato; in particolare, nel settore delle fibre (che incide quasi per il 50% del consumo totale) il riciclo è zero, e si ha tutt'al più qualche esempio di riutilizzo. la maggior parte del Pet che viene riciclato oggi deriva dalle bottiglie di acqua minerale e bibite gassate, che vengono lavate, macinate in scagliette e fuse per produrre dei fili, che sono poi tagliati e soffiati per ottenere il fiocco, largamente usato per le imbottiture. Si tratta quindi di processi di riciclo meccanico, la cui complessità deriva soprattutto dalla necessità di ripulire la "materia prima" (cioè bottiglie o altri contenitori) dai materiali estranei come etichette, colle e simili. Una possibile alternativa al riciclo meccanico è il riciclo chimico, cioè la scissione del polimero nelle sostanze di partenza (monomeri). nel caso del Pet questa scissione si presenta teoricamente più facile che in altri polimeri, perchè la struttura contiene dei legami carbonio-ossigeno-carbonio, che sono più deboli dei legami carbonio-carbonio delle altre materie plastiche di largo consumo. tuttavia la struttura del Pet, in cui è presente un anello esagonale

processi finora proposti si sono rivelati antieconomici, in quanto i monomeri ottenuti (acido tereftalico e glicol etilenico, oppure dimetil-tereftalato) costavano più di quelli ottenuti per sintesi petrolchimica. IL PROGETTO DEMETO

di atomi di carbonio particolarmente rigido, protegge le molecole dall’attacco dei reagenti chimici; per cui i processi finora proposti (glicolisi, idrolisi, metanolisi) richiedono soluzioni concentrate di acidi o di basi forti, temperature piuttosto elevate (fino a 350

°C), pressioni molto alte (fino a 1.000 Kpa) e comportano laboriosi processi di purificazione. In ogni caso, i processi di questo tipo possono risultare convenienti solo su grande scala, comportando quindi costi di raccolta e trasporto notevoli. alla fine, pertanto, i

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Il progetto europeo Demeto è stato costituito nel 2011, con la partecipazione dell'associazione europea dei trasformatori di materie plastiche (euPC), allo scopo di perfezionare gli attuali metodi di riciclo chimico fino ad ottenere un processo continuo adatto alla produzione industriale. Il progetto parte dal brevetto della società svizzera gR3n Recycling, che ha sviluppato un processo innovativo di depolimerizzazione alcalina in continuo assistita da microonde. l'impiego dell'innovativo reattore a microonde consente di ottenere la depolimerizzazione in circa 10 minuti; i successivi passaggi di purificazione dei monomeri così ottenuti (acido tereftalico e glicol etilenico con purezza 98-99%) sono agevolati dall'unità ausiliaria di recupero della soluzione salina residua. Da questa soluzione infatti si ricavano soda caustica, idrogeno e cloro; questi ultimi vengono fatti reagire per ottenere acido cloridrico, che (insieme alla soda) è l'altro reagente necessario al processo. In questo modo il consumo di prodotti chi-


mici risulta estremamente ridotto, rendendo il processo un vero esempio di economia circolare: infatti, dai prodotti di idrolisi si può produrre nuovo Pet, con caratteristiche uguali al Pet "vergine". Il reattore Demeto può essere alimentato con Pet colorato o trasparente, sia in forma di scagliette che di fibre; la presenza di opacizzanti o altri additivi non costituisce un problema, finchè contenuta negli usuali limiti di 1-2%. Dal punto di vista ambientale, il riciclo del Pet mediante il processo Demeto presenta numerosi vantaggi: oltre a non utilizzare prodotti derivati dal petrolio, l'impiego di energia è inferiore del 67% rispetto a quello necessario per produrre il Pet "vergine" e le emissioni di Co2 sono inferiori del 38,5%. Una diffusione su larga scala di questo processo consentirebbe di realizzare in europa un centinaio di impianti di riciclo, che diverrebbero 1000 se il processo venisse adottato su scala mondiale. attualmente, è stato realizzato l'impianto pilota previsto nel progetto ed è in costruzione un impianto industriale in piena scala,

quello della società francese Carbios, che ha recentemente annunciato l'inizio della costruzione di un impianto dimostrativo, che sarà operativo nel corso del prossimo anno. la Carbios ha ricevuto alla fine del 2019 un finanziamento da parte dell'ente francese per il riciclaggio (ademe), come riconoscimento dell'efficacia del suo processo su scala pilota. la fornitura degli enzimi necessari al suo processo è assicurata da un accordo stipulato all'inizio di quest'anno con novozymes, multinazionale attiva in produzioni biologiche. grazie al finanziamento nel quadro del programma europeo Horizon 2020. CI SONO ANCHE GLI ENZIMI

Una via alternativa all'idrolisi chimica potrebbe essere l'impiego di enzimi. nel 2016 in giappone è stato isolato un batterio (Ideonella sakaiensis), in grado di "digerire" il Pet mediante l'azione di due enzimi; questo ha dato inizio a una serie di ricerche, miranti

al perfezionamento (attraverso l'ingegneria genetica) di questi enzimi, in modo da ottenere un processo valido su scala industriale. Il principale problema consiste nella velocità di reazione: il Pet è un materiale difficile da attaccare e a temperatura ambiente la reazione è molto lenta; d'altra parte, aumentando la temperatura la struttura degli enzimi viene alterata e questi cessano di funzionare. attualmente, il processo più promettente sembra sia

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La diagnosi delle batterie Progetto RECOVAS

Fondamentale stabilire se gli accumulatori agli ioni di litio dei veicoli elettrici sono da rigenerare, riutilizzare o riciclare Come in altre parti del mondo, nel Regno Unito il mercato delle auto elettriche sta crescendo rapidamente. nel settembre dello scorso anno, in questo Paese sono state immatricolate circa 164.100 auto elettriche e oltre 373.600 auto ibride, corrispondenti a una crescita di mercato, rispettivamente, del 6,7% e del 10,5%. Si tratta di un trend iniziato già diversi anni fa e quindi, attualmente, una grande quantità di veicoli elettrici e ibridi stanno arrivando a fine vita. Di conseguenza, tali veicoli entreranno nella filiera del riciclaggio e il loro numero si incrementerà nel corso dei prossimi anni. Con le attuali normative europee, e in seguito alla Brexit, i produttori sono responsabili dello smaltimento

RIUTILIZZARE E RICICLARE l’azienda britannica Connected energy è specializzata nel riuso delle batterie di veicoli elettrici per la realizzazione di sistemi di stoccaggio energetico di grande capacità, che possano rendere la rete elettrica in grado di far fronte ai picchi di domanda energetica, ma anche in sistemi più piccoli, adatti per impianti eolici e fotovoltaici; la capacità di questi sistemi di stoccaggio può variare da 300 kW a 12 mW. la Connected energy ha sviluppato il sistema e-Stor, caratterizzato da un design modulare e scalabile per la gestione di "pacchetti" di batterie da 90 kWh fino a 14,4 mWh. Questa azienda è un pioniere dell'economia circolare e, quindi, intende massimizzare il valore delle batterie esauste, che anche quando non sono più idonee all'impiego nei veicoli elettrici (ossia già quan-

delle batterie delle auto elettriche. Per questo motivo, è stata creata una partnership tra l’azienda emR (european metal Recycling), attiva a livello mondiale nel riciclo di metalli, tre case automobilistiche (Bentley motors, BmW e Jaguar land Rover), l'Università di Warwick, il ministero britannico per la salute e la sicurezza, oltre ad altri enti pubblici e privati del Regno Unito, che ha lo scopo di recuperare e riciclare le batterie dei veicoli elettici a fine vita. Questo consorzio, denominato ReCoVaS, intende creare una filiera stabile e affidabile per il riciclaggio e il recupero delle batterie agli ioni Continua a pag. 24 do hanno perso il 25% della loro capacità iniziale), possono ancora avere 5-10 anni di impiego utile prima di essere avviate a riciclaggio. Un'altra azienda britannica, la uRecycle, ha riciclato batterie per oltre 10 anni e nel Regno Unito è stata pioniera nella raccolta e rici-

clo delle batterie agli ioni litio dalle industrie e dal settore automobilistico. Questa azienda è attualmente impegnata nel riciclaggio delle pile esauste le quali, una volta che sono state separate in base alla loro composizione chimica, esse vengono frantumate e i frammenti trasportati in un agitatore,

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dove passano attraverso una serie di filtri. al termine di questi passaggi si ottiene un prodotto chiamato "massa nera", contenente elettroliti, zinco, ossidi di manganese e altri materiali, e che viene poi venduta alle industrie dove trova impiego in una vasta gamma di applicazioni.



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La diagnosi delle batterie litio provenienti dai veicoli elettrici, dimensionalmente adeguata al previsto incremento di mercato per i veicoli ibridi/elettrici in UK: si tratta, in sostanza, di creare una nuova economia circolare per l'industria dei veicoli elettrici. Il consorzio Recovas, pertanto, potrebbe essere d’esempio in europa e quindi replicato con successo anche in altri Paesi, dal momento che è oramai partita un po’ ovunque la corsa alla

diffusione dei veicoli a zero emissioni. e’ auspicabile, pertanto, lo sviluppo di un'economia circolare delle batterie. RIGENERAZIONE, RIUSO E RICICLAGGIO

la rigenerazione è il processo con cui le batterie vengono riparate e ricondizionate, per essere usate in auto nuove. Il riuso, invece, consiste nel protrarre l'uso delle batterie nello stoccaggio "statico" dell'elettricità, ad esempio per supportare la rete elettrica durante i picchi di do-

manda di energia, ottimizzare l'impiego di energie rinnovabili e altre applicazioni. Il progetto Recovas intende proprio effettuare una "diagnosi": quando le batterie arrivano al termine della loro vita utile negli autoveicoli, nel momento in cui le batterie giungono presso gli impianti di trattamento presenti nel Regno Unito, per decidere se esse devono essere avviate a rigenerazione, a riuso oppure, quando le prime due opzioni non sono praticabili, a riciclaggio; ciò anche per eliminare i costi di smaltimento delle batterie esauste, che altrimenti graverebbe

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sul costruttore o sull'ultimo proprietario del veicolo. a questo scopo, i produttori di auto elettriche che collaborano con il consorzio Recovas stanno modificando il design delle loro batterie, per facilitarne rigenerazione, riuso o riciclo; per lo stesso motivo, essi si sono inoltre impegnati a condividere informazioni circa la progettazione e la costruzione delle batterie. Si stima che lo sviluppo e la gestione degli impianti per la lavorazione dei veicoli elettrici a fine vita e delle loro batterie potrà creare oltre 550 posti di lavoro in gran Bretagna.


BIOMASSE & BIOGAS B I O M A S S A

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B I O G A S

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Il biometano al Centro-Sud Sersys Ambiente

la società investe in lazio e Campania con due biodigestori di ultima generazione per un totale di 230.000 ton/anno di forsu da trasformare in energia rinnovabile Sersys ambiente, azienda di Rivoli (torino) specializzata nell’offerta di servizi ambientali, ha avviato le procedure di autorizzazione per la realizzazione di due impianti di produzione di biometano da frazione organica del rifiuto solido urbano nei comuni di Civitavecchia (Rm) e di gricignano d’aversa (Ce). Per l’azienda si tratta dei primi investimenti nel campo delle energie rinnovabili e del biometano in particolare. la potenzialità complessiva prevista per i due impianti è di 230.000 tonnellate/anno, di cui 190.000 ton di rifiuti organici provenienti principalmente dalle raccolte differenziate dell’umido e 40.000 ton provenienti dalla manutenzione del verde. l’investimento previsto sul territorio è di circa 80 milioni di euro per entrambi gli impianti, che saranno gestiti dalle società ambyenta lazio e ambyenta Campania, controllate da Sersys ambiente. <<le due richieste di autorizzazioni costituiscono il primo passo di una più articolata strategia di investimento di Sersys ambiente nel campo delle energie rinnovabili e del biometano, in particolare – afferma marco Steardo, aD di Sersys ambiente – e attraverso la costituzione di nuove realtà sul territorio o l’acquisizione di impianti

caratteristiche tecnologiche e alle loro prestazioni ambientali, e favorire la partecipazione della cittadinanza - sottolinea Steardo - promuoveremo un percorso di condivisione, mettendo in campo strumenti e attività di comunicazione che faciliteranno il dialogo con il territorio>>. DALLA FRAZIONE ORGANICA AL BIOMETANO esistenti, puntiamo a diventare nel medio periodo un attore strategico nella produzione di biometano, un settore che presenta grandi potenzialità anche nel campo dei trasporti e della mobilità sostenibile e può costituire la via italiana alla decarbonizzazione>>. la realizzazione degli impianti consentirebbe a due regioni, storicamente penalizzate da una forte carenza di impianti di gestione rifiuti, di trattare sul proprio territorio un’ampia parte dei rifiuti che oggi vengono inviati altrove per trovare adeguato trattamento. Il tutto con un impatto positivo sia economico per le amministrazioni pubbliche, sia sotto il profilo ambientale, evitando le emissioni collegate al trasporto dei rifiuti verso altre destinazioni. Senza dimenticare il prezioso contributo al raggiungimento dell’aliquota di com-

bustibili rinnovabili imposta dall’Unione europea. grazie all’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, gli impianti limiteranno al minimo l’impatto sull’ambiente circostante, prevedendo la depurazione di tutti i liquidi e il trattamento dell’aria per tutte le fasi che possano generare fenomeni odorigeni, peraltro già limitati in questo tipo di impianti, rispetto ai classici impianti di compostaggio, in quanto tutti i processi avvengono al chiuso. le analisi effettuate non prevedono significativi impatti in termini di consumo di suolo, né sul traffico veicolare, e sarà garantita l’integrazione dell’intervento sul territorio anche attraverso misure di mitigazione. “Per promuovere una corretta e trasparente informazione relativa agli impianti, in merito alle loro

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Si tratta di impianti di ultima generazione in grado di ricevere la frazione organica del rifiuto solido urbano e il verde proveniente da potature e manutenzione e sottoporle a un processo di digestione anaerobica (con tecnologia wet) tramite cui, in assenza di ossigeno e grazie a reazioni biochimiche a opera di specifici batteri, la sostanza organica viene trasformata in biogas (costituito per il 50%-60% da metano e il 30-40% da anidride carbonica). Un successivo processo di purificazione (eliminazione di Co2, umidità e impurità) e raffinazione del biogas permette di ottenere il biometano, un prodotto ecosostenibile e fonte energetica rinnovabile. Il biometano è di fatto un combustibile molto simile al metano naturale che sostituisce, che può essere immesso nella rete

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Sorgenia: biometano dalla forsu Un investimento tutto italiano

Dalla tecnologia ai finanziatori, il progetto di economia circolare per la costruzione del nuovo impianto valorizza il made in Italy Sorgenia avvia la costruzione dell’impianto di marcallo, in provincia di milano. l’investimento, del valore di circa 20 milioni di euro, consentirà alla digital energy company di realizzare una innovativa struttura per produrre energia rinnovabile a partire dalla frazione organica dei rifiuti (forsu). l’investimento farà capo a una società controllata da Sorgenia (75%) e partecipata da agatos (25%), operante nell’impiantistica per la produzione di energia da fonti rinnovabili e partner industriale di Sorgenia in questa operazione. Si tratta di una realizzazione all’avanguardia che porterà un nuovo e significativo beneficio ambientale: la forsu, anziché andare in discarica, sarà trasformata in biometano 100% ecosostenibile, senza alcun tipo di emissione, nemmeno odorosa. gli unici sottoprodotti del processo saranno un combustibile solido di alta qualità, che potrà essere utilizzato nell’industria in sostituzione di carbone o petrolio, e un fertilizzante di qualità, completamente privo di inquinanti. la tecnologia adottata, inoltre, Continua da pag. 25

Il biometano al Centro-Sud del gas (come previsto per l’impianto di Civitavecchia) o, una volta liquefatto, essere utilizzato nel trasporto (come proposto per quello di gricignano), garantendo una mobilità a zero emissioni, in-

definiti dal piano nazionale energia e clima (Pniec) e risponde all’esigenza dell’Italia di dotarsi di strutture per lo smaltimento dei rifiuti organici, in continua crescita. Il progetto avrà ricadute ambientali positive sul territorio anche grazie alla realizzazione di opere di protezione dal rischio idrogeologico e all’utilizzo di biomassa proveniente dalla manutenzione boschiva delle aree circostanti. I lavori di costruzione dureranno circa 18 mesi. Gianfilippo Mancini, CEO di Sorgenia

consentirà di estrarre alti rendimenti energetici da un materiale di scarso valore: sarà così possibile produrre, a parità di frazione organica, una quantità di biometano maggiore. altro elemento distintivo è la natura tutta italiana dell’operazione: non solo gli investitori, ma anche la tecnologia, i fornitori e il finanziatore sono espressioni delle migliori realtà del nostro Paese.

<<Sorgenia avvia così una nuova fase di sviluppo e di investimenti nelle diverse fonti rinnovabili commenta gianfilippo mancini, Ceo di Sorgenia - e lo fa con un progetto innovativo e di tecnologia italiana, che garantisce la completa circolarità e che si candida a essere punto di riferimento nel settore delle bioenergie>>. l’intervento va incontro agli obiettivi di crescita delle rinnovabili

teramente proveniente da fonti rinnovabili. Il trattamento anaerobico della forsu con produzione di biometano comporta, rispetto al solo compostaggio, un miglior bilancio in termini di Co2 e un recupero energetico. la Co2 recuperata sarà ceduta a società operanti nella fornitura di gas. Ciò che resta dal trattamento anae-

robico, il cosiddetto digestato, è un ottimo fertilizzante naturale in grado di sostituire la concimazione chimica di origine fossile. Il biometano prodotto dai due impianti consentirà di risparmiare un quantitativo annuo di energia equivalente a quello prodotta da oltre 13.000 tonnellate di petrolio. Secondo il CIB-Consorzio Italiano

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Biogas, l’Italia ha un potenziale di produzione di biometano pari a 10 miliardi di metri cubi. Se il biometano potenzialmente producibile in Italia fosse interamente destinato ai trasporti (come previsto dal relativo decreto incentivi) potrebbe alimentare un terzo del parco circolante con energia rinnovabile al 100%.



Reflui depurati con profitto NCR Biochemical

Un test industriale in digestore anaerobico ha dimostrato: concentrazione di acido solfidrico al di sotto dei limiti imposti dal costruttore, maggiore produzione di metano e meno fanghi da smaltire

Il processo biochimico che si verifica nei digestori anaerobici determina la presenza di acido solfidrico (H2S) all’interno del biogas. la sua presenza è inevitabile ma la sua alta concentrazione risulta inibente per il processo. nCR Biochemical è da sempre impegnata nella ricerca e sviluppo di nuove tecnologie che soddisfino le necessità dei suoi clienti. ecosana Sg è la risposta alla richiesta di un prodotto green che sfrutta l’affinità di batteri selezionati per l’H2S e ne controlla la sua presenza. SCOPO E MODALITA’ DEL TEST

Il committente lamenta elevate concentrazioni di H2S nel biogas, con valori di 1.500 ppm in uscita impianto e con punte di 2.300 ppm. l’alto tenore di H2S è da ricercarsi

nel tipo di alimentazione costituita dall’80% di polpe di barbabietola ricche di solfati. Prima del test, il committente dosava composti del ferro (1 ton/giorno) senza ottenere risultati considerevoli (sopra 1.200 ppm H2S). Poi è intervenuta nCR Biochemical, che ha suggerito un trattamento di 5 mesi con ecosana Sg, monitorando mensilmente l’andamento dell’impianto. l’impianto è così strutturato: 3 digestori primari in parallelo che alimentano un digestore secondario; vol. primari 325 mc ciascuno, riempimento 78%; vol. secondario 2.900 mc, riempimento 79%; alimento giorno circa 60 ton totali; materiale alimentato 80% polpe barbabietole e 20% insilato di mais; produzione biogas 13.000 mc/giorno; produzione metano circa 6.600 mc/giorno (51% del biogas prodotto); temperatura di pro-

cesso superiore a 40 °C. nel test, durante il quale non sono stati utilizzati altri additivi inibenti la presenza di H2S, l’ecosana Sg è stato oggetto di un dosaggio d’urto di 65 ppm sull’intera massa: 200 kg totali distribuiti in 2 giorni nei 3 digestori primari e nel secondario, di cui 40 kg su ciascun primario e 80 kg sul secondario. Il dosaggio di mantenimento, invece, è stato di circa 16 ppm su alimento giornaliero, pari a 1 kg/giorno. RISULTATI DEL TEST

nel 1° mese di test con ecosana Sg il trend della concentrazione di H2S è nettamente decrescente. In seguito, la riduzione del 20% del dosaggio di prodotto ha portato un aumento di H2S. nelle 3 settimane post trattamento l'H2S è aumentato di nuovo sopra limite dei 1.000

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ppm. Ripristinato il dosaggio, dopo 1 mese, l’H2S è tornato sotto limite dei 1.000 ppm. nei primi 7 mesi di trattamento, il CH4 prodotto si aggira su una media di 50,4%; dopo il 7° mese si osserva un incremento del valore, con una media di 54,4%. In conclusione, quindi, ecosana Sg si è dimostrato un efficace inibitore dell’acido solfidrico che ha diminuito la sua concentrazione al di sotto dei limiti imposti dal costruttore. Ha inoltre vantaggi secondari economici: incrementa la produzione di metano e diminuisce la produzione di fanghi destinati allo smaltimento. È un prodotto green, sicuro nella manipolazione, di semplice gestione nel dosaggio e che preserva la biologia del processo nei digestori anaerobici.


reti idriche

Il nuovo WebGIS Acque di Lombardia E’ online

la mappa delle reti del servizio idrico integrato, potenziata nei servizi e nelle tecnologie, si estende a più di 1000 Comuni, riunendo 9 gestori pubblici la mappa delle reti idriche e fognarie di oltre 1.000 Comuni lombardi è online grazie al nuovo WebgIS acque di lombardia, la piattaforma dedicata al patrimonio di dati e informazioni di 9 gestori del servizio idrico integrato della lombardia che fanno parte di Water alliance, la prima rete nazionale dell’acqua pubblica. Sviluppato per la prima volta da gruppo CaP nel 2012, via via negli anni hanno aderito al progetto Brianzacque (monza e Brianza), Uniacque (Bergamo), lario Reti Holding (lecco), Sal (lodi) e da poco anche Pavia acque, Padania acque (Cremona), acque Bresciane, alfa Varese. Il nuovo WebgIS è il risultato di un grande lavoro di sinergia tra le water utility lombarde per mettere a disposizione dei tecnici, dei comuni e dei professionisti un unico punto di riferimento per le informazioni cartografiche legate al mondo dell’acqua. <<Più di due terzi del sottosuolo lombardo è stato mappato per offrire informazioni su ciò che accade sotto i piedi, a livello di strutture e infrastrutture di rete spiega alessandro Russo, presidente e amministratore delegato di gruppo CaP. la sfida è fare in modo che i dati diventino sempre più un driver di innovazione e di servizio” nato dall’unione tra gIS (geographic Information System) e l’interattività del web, il WebgIS è un sistema che, attraverso inter-

facce semplici e intuitive, consente un aggiornamento in tempo reale delle reti e di tutte le strutture legate al servizio idrico integrato lombardo. oltre ad acquisire, estrarre e gestire le tante informazioni derivanti dai dati georiferiti, il WebgIS le rende disponibili in remoto. la piattaforma si avvale di un team di 40 persone e gestisce una mole imponente di dati relativi a oltre 60.000 km di rete di acquedotto e fognatura, destinati a crescere ancora negli anni. Con il nuovo assetto, il sistema è arrivato a mappare due terzi del territorio lombardo, per un totale di 1.050 Comuni. Rivolto a target differenti, il

WebgIS acque di lombardia offre diversi livelli di accesso e informazioni a seconda delle categorie di utenti e delle politiche delle singole aziende. I tecnici delle aziende idriche hanno a disposizione il sistema nella sua versione completa, quindi tutte le informazioni gestionali utili all’operatività quotidiana che garantiscono un livello ottimale del servizio, permettendo di operare completamente in digitale sul territorio. I cittadini, che trovano nella sezione dedicata “cantieri trasparenti” con notizie aggiornate sui cronoprogrammi dei cantieri e sui costi sostenuti. I professionisti, che attraverso un ambiente loro dedicato si posso-

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no documentare sui dati relativi alle reti del sottosuolo e alle informazioni delle reti tecnologiche, grazie ai protocolli d'intesa concordati con le varie categorie. I tecnici comunali, a cui è dedicata un’apposita sezione per accedere ai dati delle reti e delle manutenzioni. ogni Comune accede al WebgIS con un profilo dedicato e può consultare la cartografia del proprio territorio, il database topografico e i dati delle reti. Può inoltre consultare tutte le manutenzioni ordinarie in corso o passate e dialogare con le aree tecniche dell’azienda locale direttamente via web. Continua a pag. 30


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Il nuovo WebGIS Acque di Lombardia <<Il, le reti e la gestione condivisa dei dati su vasta scala rappresentano un’opportunità formidabile per modernizzare il servizio idrico e, più in generale, il sistema Paese – commenta enrico Boerci, presidente e aD di Brianzacque e coordinatore dell’area It di Water alliance. Per noi, che operiamo in un’area nevralgica per l’economia nazionale, risulta decisivo mettere a disposizione dei professionisti, degli enti e delle istituzioni dati che possono essere utili per uno sviluppo sostenibile del territorio, soprattutto in una congiuntura favorevole come quella che stiamo vivendo grazie alla svolta europea sul Recovery Fund. Peraltro, la gestione trasparente delle reti acquedottistiche e fognarie garantita dalle tecnologie del Webgis permette il dialogo tra gestori del servizio idrico integrato, cittadini e amministrazioni pubbliche. Un rapporto virtuoso, quindi, in grado di superare i tanti vincoli burocratici che, in passato, hanno rallentato la voglia di innovare che caratterizza i nostri territori>>.

la gestione sinergica dei dati e delle reti, del resto, costituisce un prezioso strumento per far evolvere il rapporto tra gestori del servizio idrico, enti, istituzioni e professionisti secondo una logica smart, che assicura un’elevata integrazione tra strutture e mezzi interconnessi, in grado di semplificare la vita dei cittadini e, al contempo, di garantire uno sviluppo inclusivo e sostenibile. <<’In un periodo in cui si chiede ai Comuni di rimanere al passo con il progresso tecnologico e di

essere protagonisti nella costruzione di un modello di sviluppo sostenibile, anci lombardia ritiene fondamentale la collaborazione tra le amministrazioni locali e le aziende pubbliche – commenta Fabio Binelli, di anci lombardia – e le innovazioni che le società del settore idrico lombardo hanno già messo in campo per razionalizzare ed efficientare i propri servizi possono trasformarsi in un volano di supporto per i Comuni. lo sviluppo di un sistema di georeferenziazione degli impianti i-

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drici, costantemente aggiornato e implementato, dovrebbe essere esteso ad altre reti comunali, fornendo agli amministratori informazioni in tempo reale sulle effettive condizioni delle infrastrutture e del territorio. anci lombardia ritiene che disporre di questi dati e analizzarli in modo accurato consentirà ai Comuni di programmare al meglio il proprio sviluppo e di cogliere le opportunità derivanti dai finanziamenti dell’Ue per la sostenibilità ambientale>>.


GREEN ECONOMY Orogel punta sulla sostenibilità Innovazione ed efficienza

Riduzione dei consumi di acqua ed energia, autoproduzione energetica, valorizzazione degli scarti Produrre cibo sano e farlo in modo sostenibile. e’ questo lo spirito che anima l’azienda di vegetali surgelati orogel, che ha puntato proprio sulla sostenibilità in un percorso iniziato ormai più di mezzo secolo fa e che prosegue nel progetto “orogel green”. I risultati fin qui raggiunti sono tanti e interessanti. ecco qualche numero: grazie alle iniziative nell’ambito agricolo orogel è riuscita a risparmiare 300.000 mc di acqua, e ridurne i consumi per il gruppo significa riutilizzarla il più possibile, e allo scopo gli stabilimenti sono dotati di sistemi di recupero mediante ultrafiltrazione. Sotto un punto di vista energetico, invece, l’azienda è arrivata a tagliare consumi ed emissioni del 20%, con il 70% di energia prodotta autonomamente e con metodi meno impattanti, ossia tramite la cogenerazione e il fotovoltaico. la cogenerazione è una tecnologia che consente di produrre energia elettrica e termica partendo da un unico combustibile: tipicamente il gas naturale. Quando la necessità di freddo è continua e rilevante, la cogenerazione diventa estremamente vantaggiosa sia dal punto di vista economico che ambientale, perché è possibile rendere massima l’efficienza di

impiego del combustibile utilizzato. nello stabilimento di Cesena sono installati due impianti di cogenerazione da 4 mW, mentre gli impianti fotovoltaici sono in-

stallati sia nel sito produttivo di Cesena (280 kW) che in quello di Ficarolo (180 kW), dove contribuiscono a soddisfare una parte del fabbisogno di energia elettri-

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ca dei processi. altro aspetto da evidenziare è che non tutto quello che viene coltivato finisce sulla tavola: i primi scarti si generano in campagna, dove tutti gli ortaggi che non possono essere utilizzati vengono lasciati sui campi per restituire sostanze nutritive al terreno. Quando poi arrivano negli stabilimenti, i prodotti subiscono un severo e innovativo processo di cernita che, come accade ad ognuno di noi quando compra la verdura fresca, genera ovviamente ulteriori scarti. ma, diversamente da quanto avviene in casa, anche gli scarti sono risorse da valorizzare destinandoli alla produzione di biogas. ma dato che l’obiettivo è comunque ridurre gli scarti, orogel ha anche di recente adottato un innovativo e più efficace sistema di pelatura dei vegetali. Infine, ma non ultimo, uno dei concetti che più direttamente tocca i consumatori: il packaging, che è in plastica al 100% riciclabile. tre stabilimenti in Romagna, Veneto e Basilicata, pur essendo fisicamente distanti, sono per noi un unico sistema produttivo, e per questa ragione i nostri indicatori ambientali tengono sempre conto della somma dei tre siti produttivi».


La detergenza ecologica è in prima linea Winni’s - Madel

non solo sostenibile con i prodotti, ma anche con la produzione: materie prime biodegradabili, ecopackaging, fotovoltaico e cogenerazione nata nel 1977 e pioniera della sostenibilità madel, con il suo marchio Winni’s di detergenti ecologici, si conferma da sempre in prima linea per la salvaguardia dell’ambiente, con una coerente filosofia green radicata. «abbiamo sempre creduto che investire in sostenibilità fosse la mossa giusta per raggiungere obiettivi importanti anche a livello di business, concentrando gli sforzi non solo nel prodotto finale ma soprattutto nella totalità dell’azienda - commenta maurizio Della Cuna, presidente di madel – difatti siamo stati fra i primi a credere nel fotovoltaico e in altre fonti rinnovabili, puntando sul risparmio energetico e sulla riduzione del Carboon Footprint». grazie all’impiego di un impianto fotovoltaico di 2.6 mW (per una superficie complessiva di 55.000 mq, su un totale di 86.000 mq del sito industriale), e di un cogene-

Maurizio Della Cuna, Presidente Madel

Produzione Ecoformati

ratore di ultima generazione, madel è oggi maggiormente autosufficiente in campo energetico e fa uso di energia rinnovabile. Dal 2010 al 2020, certificato anche da uno studio lCa e soprattutto grazie al risparmio energetico e alla sostituzione dei flaconi con buste

ecoformato, le attività green dell'azienda hanno permesso di risparmiare: 11.489 ton di Pet; quasi 207 mln di litri di acqua; oltre 108 mln di kWh di energia (equivalenti al consumo di energia annua di una città di circa 78.000 abitanti come Varese); ol-

Sebastiani Giacomo, Vice Presidente Madel

Stabilimento Madel Hi-Tech Ambiente

tre 10 mln di litri di petrolio; 42.521 ton di emissioni di Co2. Quanto ai detergenti prodotti, essi sono composti da ingredienti di origine vegetale e biodegradabili: le materie prime che li compongono sono rapidamente e completamente decomponibili nell’ambiente senza inquinare. «al giorno d’oggi è diventata ancora più forte e importante la missione che ci siamo prefissati fin dalle origini, ovvero quella di investire in sostenibilità e ricerca & sviluppo, puntando sulla qualità e sull’innovazione dei prodotti e allo stesso tempo su un’azienda capace di rispettare a pieno l’ambiente che la circonda - dichiara giacomo Sebastiani, vicepresidente di madel - infatti la nostra filosofia verde è stata quella di favorire il concetto di rispetto dell’ambiente, sempre al servizio non solo dei consumatori ma anche del territorio».

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L’industria del cartone è virtuosa Un ruolo da protagonista

alti tassi di riciclo della materia prima, fabbisogno energetico sostenuto da fonti rinnovabili, calo significativo della Co2 emessa l’industria della carta e del cartone gioca un ruolo da protagonista nella sfida globale della sostenibilità, con un tasso di riciclo degli imballaggi dell’84,6%, di cui il 50% prodotto con fibra di recupero. Si tratta di un settore virtuoso e all’avanguardia su diversi fronti, come sostiene Pro Carton, l’associazione europea che riunisce i produttori di cartone e cartoncino, e secondo la quale le sfide in corso della categoria si svolgono su tre precise aree: energia rinnovabile, riduzione di Co2, aumento delle foreste. LEADERSHIP NELL’ENERGIA RINNOVABILE

Il 56% di tutta l’energia primaria utilizzata nell’industria europea della pasta di cellulosa, della carta e del cartone è ottenuta da biomasse e i sottoprodotti del legno forniscono energia rinnovabile sotto forma di elettricità e vapore per il processo di produzione. le foreste europee stanno crescendo, con una media di 700mila

1990). Peraltro, la fibra legnosa del cartoncino è capace di immagazzinare carbonio e il riciclo ritarda la restituzione di Co2 nell'atmosfera. INCREMENTO DELL’AREA FORESTALE

le foreste sono essenziali per l’industria del cartone perché forniscono la fibra di legno, ossia la materia prima da cui viene prodotto. la maggior parte del legno usato dall’industria cartaria proviene dalle foreste del nord europa, e ettari/anno. oggi si è arrivati a 215 mln di ettari, pari a un terzo del territorio europeo produttore e consumatore di energia basata sulle biomasse (il 20% del totale dell’Ue). Il 90% delle cartiere europee ha installato impianti di cogenerazione, basati soprattutto sull’uso di biomasse e gas naturale, che generano il 95,5% dell’elettricità usata negli stabilimenti produttivi di cellulosa e carta.

RIDUZIONE DI CO2

l’uso della bio-energia da parte dell’industria cartaria permette a questi stabilimenti di non usare fonti di energia su base fossile (petrolio, carbone e gas). l’industria cartaria è dunque all’avanguardia in quanto a ottimizzazione della riduzione delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera (-43% rispetto al

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in particolare da betulle pini e abeti. Il resto proviene principalmente dalle foreste della Russia. l’83% delle materie prime in europa proviene da foreste a gestione sostenibile. Inoltre, nessuna foresta pluviale tropicale viene distrutta in europa per produrre carta e cartone. l’industria della carta e del cartone utilizza il metodo del diradamento boschivo, che consiste nella rimozione degli alberi più piccoli operata allo scopo di permettere agli altri alberi di arrivare a maturità ed essere usati come legno segato.


Senza acqua non c’è vita e non c’è birra Carlsberg Italia

la lotta agli sprechi idrici rientra nel programma di sostenibilità together towards Zero lanciato dal gruppo e per il cui obiettivo è stato anche realizzato un depuratore indipendente Senza acqua non c’è vita e non c’è birra. lo sa bene Carlsberg Italia, filiale italiana del gruppo Carlsberg, che ha di recente ribadito il proprio impegno nella salvaguardia di questa risorsa scarsa ma fondamentale per il pianeta e, al contempo, p per la propria attività. a livello nazionale, dal 2015 al 2019 il consumo idrico totale dell’azienda è diminuito del 29,2%. Un risultato importante che premia gli investimenti, l’attenta pianificazione e i costanti sforzi aziendali che hanno portato innanzitutto all’adozione di nuove tecnologie nel birrificio del varesotto per: ottimizzare il trattamento delle acque reflue con un depuratore indipendente da quello consortile, che permette di depurarle restituendole all’ambiente con una qualità molto vicina a quella dell’acqua che attinge (nel 2019 il 96% dell’acqua depurata da Carlsberg Italia è passata dal depuratore indipendente aziendale e sono stati restituiti all’ambiente 271.058 mc di acqua depurata, pulita e sicura); ridurre il consumo di acqua grazie al “pastorizzatore flash”, che permette di limitare ulteriormente i consumi idrici nei processi di produzione. In secondo luogo hanno portato al monitoraggio costante dei consumi e della rete idrica dello stabilimento per individuare eventuali perdite o malfunzionamenti con la massima

tempestività, oltre che per migliorare costantemente l’efficienza produttiva. Infine, all’ispezione periodica dell’alveo del fiume olona che scorre sotto il birrificio e alla manutenzione periodica della briglia di contenimento dei detriti a monte del sito produttivo, per prevenire emergenze ambientali, contribuendo alla salvaguardia del territorio e preservando la business continuity. a livello internazionale, dal 2019 il gruppo Carlsberg ha migliorato la sua efficienza idrica del 7%

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(18% dal 2015), in linea con l’obiettivo 2030. Inoltre, grazie ad una valutazione fatta con il WWF utilizzando il Water Risk Filter, il gruppo ha identificato i siti ad alta priorità di intervento in tutto il mondo e si impegna a sviluppare partnership con l’obiettivo di tutelare le risorse idriche collettive, per garantire alle comunità locali vicine ai birrifici di proprietà l’accesso ad acqua pulita e sicura, contribuendo alla salvaguardia della salute pubblica.


La bioalternativa alla plastica L’imballaggio biodegradabile

Una soluzione sostenibile che possiede tutti i vantaggi del confezionamento tradizionale, ma non produce rifiuti l’impiego della plastica nell’imballaggio comporta gravi ripercussioni sull’ambiente globale. Fino a poco tempo fa, non esistevano alternative ideali alla plastica disponibili sul mercato poiché le bioplastiche biodegradabili esistenti non forniscono valide soluzioni per quanto riguarda i costi e la funzionalità, mentre le bioplastiche non biodegradabili inquinano il mondo con le microplastiche. Il progetto europeo SulaChange ha affrontato tale sfida, sviluppando un prodotto industrialmente compostabile in grado di essere fabbricato in serie attraverso l’impiego di macchinari esistenti per la plastica. Il materiale, conosciuto come Sulapac, è ottenuto dai trucioli ricavati da bioprodotti industriali in legno e da leganti vegetali provenienti da fonti responsabili. Sulapac è infatti progettato appositamente per ridurre l’inquinamento. «Se questo prodotto finisce inavvertitamente nell’oceano, si biodegrada completamente, senza lasciare microplastiche permanenti spiega Suvi Haimi, responsabile del progetto – e, pertanto, senza accumularsi e interferire con la fauna marina. e se incenerito rilascia una quantità inferiore di gas tossici e di anidride carbonica rispetto alle plastiche tradizionali come il polipropene». Questa innovativa sostanza rinnovabile in legno, quindi, seppur con un’impronta di carbonio inferiore, è analoga alla plastica tradizionale in termini di prezzo, malleabilità e funzionalità. «la convenienza è importante quando si confrontano alternative

sostenibili con le plastiche tradizionali - afferma Haimi - e inoltre è resistente ad acqua, olio e ossigeno, il che lo rende adatto per la produzione in serie di imballaggi sia rigidi sia flessibili, tra cui barattoli e tubetti». grazie a questo nuovo materiale, oltre alle sostanze secche, ora possono essere confezionati anche un’ampia gamma di articoli che

spazia da prodotti a base di cera e di olio a cosmetici e alimenti a base di acqua e di alcol. «lo sviluppo di un materiale biodegradabile e biocompatibile che funge da barriera per i prodotti a base di acqua e alcol - osserva Haimi - è una scoperta innovativa per l’industria cosmetica e per quella alimentare». Il materiale soddisfa il regolamen-

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to europeo inerente al contatto con gli alimenti poiché è stabile e resistente alle perdite, proprietà che lo rendono adatto allo stoccaggio di lungo termine nell’ambito della sicurezza alimentare e chimica. non è, infatti, tossico, non contiene metalli pesanti e soddisfa i requisiti europei per le bioplastiche, quali la norma en 13432. tra l’altro, essendo così flessibile, può essere plasmato per creare prodotti a pareti sottili diverse dall’imballaggio, tra cui ad esempio posate e cannucce. I ricercatori hanno sviluppato diverse prove pilota nell’ambito della cosmesi e del food per dimostrare che Sulapac è adatto a un’ampia varietà di applicazioni. Di conseguenza, sono già stati introdotti due nuovi prodotti: uno con un’affermata azienda alimentare e dolciaria finlandese, per il confezionamento di dolci artigianali, e l’altro con un’azienda di integratori alimentari; ma altre collaborazioni sono prossime a concretizzarsi. Sulapac offre alle aziende una transizione economica ed efficiente verso l’economia circolare, impostando un nuovo modello per l’industria sostenibile. «la nostra soluzione è un biomateriale funzionale e di bell’aspetto - evidenzia Haimi - che si adatta a varie applicazioni, dai beni di largo consumo al confezionamento di lusso. non serve compromettere l’estetica, la funzionalità o la sostenibilità quando si sostituisce la plastica tradizionale. oggi sono disponibili alternative competitive e sostenibili».


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