Hi-Tech Ambiente n.10 - Novembre 2018

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MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -

ANNO XXIX NOVEMBRE 2018

N 10



SOMMARIO BIOMASSE & BIOGAS

PANORAMA

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Vetro: boom di raccolta

L’energia senza sprechi

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Impianti di digestione anaerobica per la produzione di energia elettrica e calore da fonte zootecnica e agricola

DEPURAZIONE Il depuratore di Trento 3

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Avrà una potenzialità finale di 300.000 ab.eq., sarà integrato nel territorio e avrà due configurazioni di funzionamento alternative

ENERGIA

I pannelli FV evoluti

L’ozono dimezza i fanghi

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L’uso dell’impianto Wedeco ha permesso elevate riduzioni dei costi di gestione

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Efficienza del 22,1%, struttura leggera, flessibile e semitrasparente, costi bassi, ma sussistono ancora dei problemi da superare

MACCHINE & STRUMENTAZIONE

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Merlo: innovatori di professione Dalla passione per la meccanica ai veicoli ad alto contenuto tecnologico, compresi quelli in versione elettrica

RIFIUTI Il riciclo dei mega-pneumatici

12 SICUREZZA

Un robot che permette lavorazione, trasporto e riutilizzo di gomme di camion da miniera

Il rischio legionella nelle torri evaporative

Da gomma a gomma

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Un processo innovativo trasforma i PFU in una mescola da usare per produrre nuovi pneumatici

Il futuro del fosforo

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Inserito dall’UE tra le materie critiche, richiede soluzioni e strategie per garantirne la reperibilità attraverso azioni di economia circolare

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Il pericolo è collegato alla dispersione in atmosfera di un aerosol contaminato, costituito da gocce di varie dimensioni

TECNOLOGIE

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ECOTECH

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ENTERPRISE EUROPE NETWORK

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LE AZIENDE CITATE Catalyst Tel 055.321433 E-mail info@catalyst-group.it

ELSI project Tel +49.7041.82991010 E-mail ulrich.geltz@geltz.com

Ladurner Srl Tel 0471.949800 E-mail bruno.doni@ladurner.it

TS Asfalti Srl Tel 02.87323348 E-mail info@tsasfalti.it

Chiyoda Corp. Tel 02.3035171

Emiliana Serbatoi Srl Tel 059.521911 E-mail info@emilianaserbatoi.it

Linde Gas Italia Srl Tel 02.903731 E-mail marketing@it.linde-gas.com

VanadiumCorp Resource Inc. Tel +1.604.3854485 E-mail sp@vanadiumcorp.com

Enea Trisaia Tel 0835.9741111 E-mail piero.defazio@enea.it

Merlo Spa Tel 0171.614111 E-mail info@merlo.com

Xylem Water Solutions Italia Srl Tel 02.903581 E-mail watersolutions.italia@xyleminc.com

Gramaglia Srl Tel 071.7108700 E-mail info@gramaglia.it

PengS Technologies Srl Tel 0371.470064 E-mail info@pengs.it

Ingevity E-mail media@ingevity.com

Salvadori Srl Tel 0464.422286 E-mail recycling@salvadori.com

CoReVe Tel 02.48012961 E-mail segreteria.tecnica@coreve.it Drylet Llc Tel +31.20.8885280 E-mail sales@drylet.com EcoTyre Tel 011.9070420 E-mail info@ecotyre.it

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panorama BEnE anCHE aL SUD

RappORTO GREEnpEaCE

Vetro: boom di raccolta Ecoauto: Roma ultima

nel 2017 la raccolta differenziata del vetro è cresciuta dell’8,3%, arrivando a circa 2.019.000 tonnellate. per quanto riguarda le quantità raccolte, a registrare la performance migliore in termini di crescita, come già successo nel 2016, è stato il Sud con un incremento a due cifre (+13,8%), seguito dal Centro (+8,9%), mentre al nord, dove la raccolta è ormai consolidata, si è registrato comunque un buon +5,9%. In aumento anche la resa pro capite nazionale, che è passata dai 30,7 kg/ab del 2016 ai 33,3 kg/ab del 2017. Il nord si è confermato al primo posto con 41,7 kg/ab, con una lieve differenza tra nord Est (42,6 kg/ab) e nord Ovest (41,2 kg/ab), seguito dal Centro con 30,1 kg/ab. al Sud invece il valore medio di 24 kg/ab è frutto dei risultati superiori registrati in quasi tutte le Regioni Quanto al riciclo, rispetto al 2016 questo è cresciuto del 4,8%, per un totale di 1.769.224 tonnellate di vetro riciclate a livello nazionale. nel 2017 l’immesso al consumo di imballaggi in vetro è incrementato dell’1,9% rispetto al 2016, attestandosi a 2.430.040 tonnellate mentre il tasso di riciclo è salito al 72,8% rispetto al 70,8% del 2016. <<L’eccezionale aumento della raccolta degli imballaggi in vetro - dichiara Franco Grisan, presidente del CoReVe - è dovuta agli elevati consumi di bevande durante l’estate molto calda e a un aumento della presenza turistica fuori dal comune. a ciò si è ag-

giunto l’incremento strutturale della raccolta nelle regioni del Sud. Un punto dolente però c’è, ed è la qualità della raccolta. Infatti, l’aumento delle quantità è stata accompagnato da una maggior presenza di materiale improprio conferito insieme al vetro. Ciò è stato deleterio in quanto non solo ha rallentato gli impianti di recupero ma ha anche aumentato gli scarti, parte dei quali sono perdite improprie di vetro>>.

LA BARCA “FULL ELECTRIC” La mobilità elettrica ha già saputo contaminare il mercato automotive, facendo convergere competenze di settori diversi quali energy e ICT verso nuove soluzioni di mobilità. Oggi la nautica rappresenta una nuova frontiera in questo campo e alcune aziende hanno i-

Roma fanalino di coda in fatto di mobilità sostenibile e sicurezza stradale, Copenaghen capofila. È quanto emerge dal report “Living. Moving. Breathing. Ranking of European Cities in Sustainable Transport”, realizzato dal Wuppertal Institute per conto di Greenpeace. Il rapporto, utilizzando gli ultimi dati disponibili, relativi al 2016 e provenienti da fonti pubbliche ufficiali o direttamente dalle amminiziato a dare il proprio contributo. Un esempio su tutti è la barca full electric RepowerE. Si tratta dell’evoluzione cabinata di un’imbarcazione aperta (attiva da tempo e con successo nell’ambito turistico sul lago di Garda), ricaricabile attraverso i sistemi di ricarica delle auto elettriche e in grado di garantire zero emissioni in atmosfera e limitato impatto acustico.

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nistrazioni cittadine, compara la performance di 13 città europee in fatto di mobilità sostenibile, assegnando a ciascuno dei parametri utilizzati (sicurezza stradale, qualità dell’aria, gestione della mobilità, trasporti pubblici, mobilità attiva) un punteggio. Secondo questa analisi, dietro la capitale danese si collocano amsterdam e Oslo; mentre, a precedere la “città eterna” sono Mosca, Londra e Berlino. Il risultato di Roma è determinato da performance molto negative su alcuni degli indicatori della ricerca, in particolare per quanto attiene la sicurezza stradale e la gestione della mobilità; nonché per il basso livello di utilizzo della bicicletta e i pochi spostamenti a piedi. La Capitale mostra inoltre indirizzi molto deboli di mobility management, che disincentivano poco o affatto l’uso del mezzo privato. Ciò determina anche una mobilità fortemente congestionata, con un incremento di circa il 40 percento dei tempi di spostamento, causato dall’alto numero di automobili presenti sulle strade. Infine, anche se la città ha implementato sistemi di bike e car sharing, la disponibilità di questi servizi è ancora limitata. anche il trasporto pubblico romano mostra profondi segni di crisi: la risultante di questo “ingorgo” di problemi e criticità è anche un’aria insalubre, soprattutto per quanto riguarda le concentrazioni di biossido di azoto, un gas cancerogeno tipico delle emissioni dei veicoli diesel.


anFIMa, CIaL E RICREa

“Metal Recycles Forever” Una campagna per promuovere l’uso sostenibile degli imballaggi metallici, riciclabili all’infinito I Consorzi nazionali Cial e Ricrea, per il riciclo e il recupero degli imballaggi rispettivamente in alluminio e in acciaio, lanciano in Italia una nuova campagna per la promozione degli imballaggi metallici. La campagna è coordinata da anfima, l’associazione aderente a Confindustria che raggruppa i fabbricanti italiani di imballaggi metallici (acciaio e alluminio) e nasce dal crescente interesse dei consumatori verso la sostenibilità del packaging. La campagna, tra le varie attività, prevede la diffusione del marchio “Metal Recycles Forever”, rilasciato da Metal packaging Europe, l’associazione europea che raggruppa i produttori di imballaggi metallici. <<L’imballaggio metallico soddisfa tutti gli aspetti della sostenibilità – dichiara Monica Mantovani, presidente di anfima - il prodotto in scatola, infatti, assicura protezione totale dal contatto con ossigeno, gas, luce, umidità o altre

contaminazioni e conserva a lungo le caratteristiche del prodotto, evitando così gli sprechi. In Italia, nel 2017 il riciclo degli imballaggi in acciaio e alluminio ha prodotto benefici per oltre 120 milioni di euro, a fronte di 400.000 tonnellate riciclate. Questo dato è avvalorato dalla sensibilità del consumatore, sempre più consapevole e attento alle politiche di sostenibilità adattate dalle imprese.

Sappiamo, infatti, che nell’80% dei casi il materiale utilizzato per l’imballaggio influisce sulle scelte d’acquisto dei consumatori>>. Il packaging di metallo si può riciclare infinite volte senza alcuna perdita delle sue caratteristiche. Il metallo ritorna metallo, in quanto materiale permanente, che non si consuma, conserva in tutte le sue numerose applicazioni, l’energia necessaria per nuovi impieghi. Il 75% dell’alluminio primario è an-

cora in uso ed è reperibile tramite il riciclo, mentre l’80% dell’acciaio prodotto è ancora in circolazione confermando il concetto di materiale permanente. <<nel 2017 il 75,3% degli imballaggi in acciaio immessi al consumo è stato avviato a riciclo, uno dei tassi più alti registrati tra i materiali riciclabili – conferma Domenico Rinaldini, presidente di Ricrea – e il risparmio energetico derivante dal riciclo è stato pari a 1,2 TWh di energia primaria equivalente e sono state evitate emissioni serra pari a 345.000 tonnellate di CO2>>. <<Il recupero degli imballaggi in alluminio in Italia nel 2017 - dice Carmine Rea, presidente di Cial è stato pari al 68,6% dell’immesso nel mercato, ovvero 7 imballaggi su 10, e l’80% delle persone che effettuano la raccolta differenziata ricicla l’alluminio. E grazie a ciò sono state evitate emissioni serra pari a 328.000 tonnellate di CO2 ed è stata risparmiata energia per oltre 14.000 tep>>. La campagna, che coinvolge mezzi di informazione e social network, avrà lo scopo di sensibilizzare gli imprenditori verso una scelta sostenibile grazie all’utilizzo di packaging in metallo e di informare l’opinione pubblica in merito alle qualità permanenti e la riciclabilità infinita di alluminio e acciaio.

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Il Contatore Ambientale di Milano Quanto vale la raccolta differenziata a Milano? Dall’inizio d’autunno sul sito del Comune è possibile conoscere esattamente quali e quanti vantaggi genera il corretto trattamento dei rifiuti grazie al Contatore ambientale. Uno strumento che permette di valutare i benefici ambientali ed economici derivanti da un efficiente sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani e di conoscere precisamente quanta acqua o emissioni di CO2 vengono risparmiate, quanto compost viene creato dal materiale organico, quanto vetro, alluminio, acciaio, carta, cartone, legno e plastica vengono riciclati e riutilizzati e, dunque, quante e quali materie prime

vergini vengono risparmiate. Oggi la percentuale di raccolta differenziata a Milano è arrivata al 55,6%, un risultato che pone la città al vertice tra le metropoli europee insieme a Vienna e che fa ben sperare rispetto all’obiettivo del fissato del 60% fissato dal Comune per il 2020. Merito della gestione integrata dell’intera catena dei rifiuti, dalla raccolta al trattamento, dal recupero di materia alla produzione di energia. Il 100% dei rsu milanesi è avviato a riciclo o a recupero, nessun rifiuto primario viene destinato alla discarica.

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DEPURAZIONE A C Q U A

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A R I A

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S U O L O

Il depuratore di Trento 3 Flessibile e mitigato nell’ambiente

avrà una potenzialità finale di 300.000 ab.eq., sarà integrato nel territorio e avrà due configurazioni di funzionamento alternative procedono i lavori per la costruzione del nuovo depuratore denominato “Trento 3”, la cui inaugurazione è prevista entro il 2020, e che rappresenta l’impianto di trattamento al servizio degli agglomerati urbani che vanno dalla periferia sud di Trento a quella nord di Rovereto. Con il primo lotto verrà realizzato un impianto con capacità di trattamento di 150.000 abitanti equivalenti (48.000 mc/giorno), corrispondenti all’apporto dei reflui ora gravitanti sul depuratore di Trento Sud e al contributo dell’hinterland meridionale della città, e in una seconda fase verrà collegato al nuovo impianto anche il depuratore di Trento nord. La potenzialità complessiva del nuovo depuratore è stata determinata in 300.000 ab.eq. (96.000 mc/giorno). UBICAZIONE E ATTENZIONE AI DETTAGLI

Il nuovo impianto sorgerà in prossimità del piede della montagna, così da limitare l’occupazione di suolo agricolo pregiato alla sola area dell’edificio grigliatura-sollevamenti; inoltre, è prevista la totale mitigazione dei manufatti che saranno realizzati completamente coperti e con tetto piano avente copertura vegetale a verde. Oltre all’impiego di sistemi di deodorizzazione, l’eventuale emissione di odori sgradevoli è prevenuta alla fonte con l’adozione di scelte progettuali volte al confinamento ed isolamento delle zone a più elevato rischio di produzione di odori, in specie la grigliatura, la flottazione e la disidratazione-stoccaggio fanghi,

Il depuratore di Trento 3

e sarà garantita con un’accurata gestione. per quanto riguarda il problema dei rumori, è stato particolarmente curato l’isolamento acustico dei compressori, delle unità di cogenerazione e dei gruppi elettrogeni d’emergenza, tramite il confinamento in box fonoisolanti delle principali fonti di rumore, in modo da garantire la salubrità dell’ambiente di lavoro e la minimizzazione del livello acustico rilevabile all’esterno. LA FILIERA DI TRATTAMENTO

per sicurezza di gestione e semplificazione delle operazioni di manutenzione tutto l’impianto è suddiviso su più linee di trattamento in pa-

rallelo. Sono inoltre previsti svariati by-pass per i comparti di trattamento i quali, in sinergia ai collegamenti incrociati fra le linee di trattamento in parallelo, permettono di massimizzare la flessibilità di funzionamento dell’intero impianto. Il processo depurativo sarà integrato ed ottimizzato allo scopo di incrementarne l’efficacia prestazionale in termini di rimozione biologica degli inquinanti (in particolare azoto e fosforo), riduzione del fabbisogno di reagenti (cloruro ferrico e metanolo) e di ottimizzazione dei consumi energetici. E’ stato inoltre progettato al fine di ottenere la massima efficienza depurativa, in conformità con la più

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recente normativa per le aree “sensibili”. Dal punto di vista processistico sono state modellate due configurazioni di funzionamento alternative che saranno attivabili a scelta del gestore: - configurazione Bardenpho/ UTC/VIp, ovvero pre-defosfatazione (biologica e con un ricircolo anossico ad essa dedicato), pre-denitrificazione, nitrificazione/ossidazione, post-denitrificazione (suddivisa in 2 comparti) e post-ossidazione - configurazione on/off (ovvero cicli alternati), ottenuta trasformando in reattori on/off le vasche di predenitrificazione, nitrificazione/ossidazione e il primo dei 2 comparti di post-denitrificazione; il processo risulta quindi strutturato in pre-defosfatazione biologica, seguita da 3 reattori in funzionamento on/off, da un comparto di post-denitrificazione e dalla post-ossidazione. Grazie all’installazione di opportuni strumenti di misura e all’implementazione di un sistema di controllo e gestione, il funzionamento on/off, una volta tarato sui dati di gestione reali, può portare ad un risparmio in termini di fabbisogno d’aria fino al 20-30% rispetto ad un classico processo ad aerazione continua. per contro, a basse temperature, la modalità di funzionamento ad aerazione continua garantisce migliori prestazioni in termini di rimozione dell’azoto. alla luce di tali considerazioni, al fine di garantire la massima flessibilità al sistema, la soluzione mi-


gliorativa prevede di attrezzare i reattori in modo da operare sia con il processo Bardenpho/UTC/VIp che con la configurazione on/off al fine di ottimizzare i consumi energetici, di reagenti e di massimizzare le prestazioni del sistema in termini di rimozione dei nutrienti nel corso dell’anno. altro elemento di pregio dal punto di vista del recupero energetico è la previsione di un impianto fotovoltaico per una potenza nominale complessiva di 100 kWp. E’ anche previsto il miglioramento dello schema di processo della linea fanghi in modo da incrementare la produzione di biogas e, di conseguenza, la produzione di energia elettrica e termica da cogenerazione. In sintesi, queste le migliorie proposte: possibilità di mantenere separati, nella fase di ispessimento, i fanghi primari dai fanghi secondari; processo di disintegrazione ad ultrasuoni per migliorare le caratteristiche di digeribilità e disidratabilità del fango; possibilità di operare a concentrazioni variabili di secco, con il vantaggio di migliorare l’efficienza della miscelazione dei fanghi nella sezione di digestione anaerobica.

Depurazione con batteri su matrice microporosa tegge i microbi dall’attacco dei protozoi e di specie batteriche concorrenti, consentendo una rapida crescita. Il risultato è che i volumi di fanghi risultano dimezzati, senza che siano necessari investimenti in nuove attrezzature; si riducono così i costi di smaltimento e di manutenzione, e i consumi di energia elettrica.

La società californiana Drylet ha perfezionato la tecnologia depurativa SBR (Suspended Biomass Reactor) depositando i batteri che compiono la depurazione su speciali particelle porose con elevatissima superficie specifica (fino

a 25 campi di calcio per ogni kg). Grazie a questi valori, è possibile raggiungere una concentrazione batterica di 1011 UFC (Unità Formante Colonie) per ogni grammo di supporto microporoso. La matrice microporosa pro-

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L’ozono dimezza i fanghi Presso il depuratore di Ardea

L’uso dell’impianto Wedeco ha permesso elevate riduzioni dei costi di gestione

Vista delle vasche del depuratore di Ardea

Il depuratore di ardea serve una vasta zona tra pomezia e anzio, zona originariamente con vocazione prettamente turistica, ma che negli ultimi anni si è popolata notevolmente diventando, di fatto, una zona periferica di Roma. progettato originariamente per 60.000 ab.eq., questo impianto si trova oggi a dovere sopportare il carico di 72.000 ab.eq., un carico maggiorato che Idrica, la società che gestisce l'intero servizio idrico integrato, ha potuto fronteggiare utilizzando le tecnologie più avanzate per incrementare l'efficienza dell'impianto, mantenendo elevata però la qualità delle acque depurate, che devono essere sversate in mare in una zona ancora vocazione turistica. Inoltre, l'impiego di tecnologie all'avanguardia permette a Idrica di contenere i consumi energetici a tutto beneficio dei costi sopportati dalla popolazione. Uno dei problemi che ha dovuto affrontare la società nella gestione dell'impianto di depurazione di ardea è dato dalla quantità dei

La qualità delle acque in uscita dal depuratore deve permetterne lo sversamento direttamente in mare

Il generatore vero e proprio in cui le scariche elettriche trasformano l'ossigeno nella molecola triatomica di ozono. Wedeco ha una tecnologia altamente efficiente per questa fase, con consumi energetici moto contenuti Hi-Tech Ambiente

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fanghi da smaltire, che sono cresciuti proporzionalmente all'aumento del carico dell'impianto. I costi di smaltimento di questo rifiuto sono ormai di oltre 130 euro/ton, una quota significativa dei costi di gestione che, per essere contenuta, ha portato alla scelta di utilizzare la tecnologia dell'ozonolisi dei fanghi. L'ozono è una molecola triatomica di ossigeno, altamente reattiva e in grado di rompere i legami chimici di molecole complesse che i normali procedimenti di ossido-riduzione degli impianti di depurazione non riescono a trattare. L'ozonizzazione dei fanghi di supero permette, quindi, di ridurre notevolmente la quota di fanghi da smaltire ed aumenta la quota di materiale biodegradabile nella depurazione. nell'impianto di ardea è stato, pertanto, installato un sistema Wedeco per la produzione di ozono ed approntate le vasche di contatto con i fanghi dotate di appositi diffusori a bolle fini. Xylem Water Solutions, di cui Wedeco è uno dei marchi, ha pro-


L'impianto Wedeco di produzione dell'ozono è stato fornito preallestito e certificato in un apposito container con grandi benefici sui tempi e sui costi di installazione ed avvio della linea di trattamento fanghi con ozono

Tutte le attrezzature e le apparecchiature di controllo della produzione di ozono sono alloggiate in un unico modulo di dimensioni estremamente compatte

posto e installato in prova una soluzione preallestita del generatore di ozono e dei relativi sistemi di gestione per la distribuzione del gas. Tale soluzione, alimentata ad ossigeno liquido, realizzata in fabbrica e alloggiata in un apposito container pronto per l'allaccio, ha permesso tempi estrema-

namento, i fanghi portati in discarica sono diminuiti del 43% (circa 1.300 ton) con un risparmio economico sui costi di smaltimento di oltre 170.000 euro, che permette di calcolare l'ammortamento in soli 2 anni dell'investimento sostenuto. Come ulteriore beneficio, è stato

mente rapidi di installazione. Trascorsi 6 mesi di prove per monitorarne l’efficacia, anche in relazione alle variazioni stagionali di carico dell'impianto, i risultati sono stati estremamente soddisfacenti per Idrica che ha deciso di acquistare il generatore di ozono. a regime, dopo 1 anno di funzio-

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osservato anche un interessante riduzione delle ore di lavoro necessarie per la rimozione dei fanghi da smaltire: dalle 10 ore giornaliere iniziali, dopo la messa a regime dell'impianto Wedeco, ne sono state necessarie solo 16, con un risparmio ulteriore nei costi generali.


RIFIUTI T R A T T A M E N T O

E

S M A L T I M E N T O

Il riciclo dei mega-pneumatici MT-Rex di Salvadori

Un robot che permette lavorazione, trasporto e riutilizzo di gomme di camion da miniera Un camion da miniera è in grado di trasportare oltre 350 tonnellate di materiali e per farlo monta pneumatici mastodontici, che misurano anche 4 metri di diametro per 1,8 metri di larghezza e 5,7 tonnellate di peso. Questo spiega perché, una volta consumato il battistrada, queste gomme molto spesso vengano abbandonate in enormi discariche a cielo aperto, talmente grandi che si riescono a vedere persino con Google Maps (un esempio sono i depositi di ruote abbandonate della miniera di rame di Cananea in

Messico-http://bit.ly/2gUOwaq) e destinate a rimanere sotto le intemperie indefinitamente, perché il processo per trasportarle e avviarle al riciclo è difficile e troppo dispendioso. a risolvere questo problema, ambientale ed economico, è intervenuta la Salvadori (parte del gruppo multinazionale americano TRC), con il primo robot progettato e realizzato per lavorare direttamente sul posto i mega-pneumatici, in modo tale da renderne più facile e vantaggioso il trasporto verso gli impianti di rici-

clo: MT-Rex, appena lanciato sul mercato dopo tre anni di ricerca e sviluppo, è un gigantesco macchinario interamente programmabile, capace di funzionare in maniera autonoma, che aggancia i copertoni e li taglia, diminuendo volume e peso delle parti da avviare al riciclo e rendendo così più facile e redditizio il trasporto. <<La gomma trasportata da un muletto - spiega Samuel Salvadori, inventore del robot - viene deposta in una specie di culla meccanica che la aggancia e le permette di stare in piedi, dopodiché

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viene inforcata da un mandrino che la orienta in posizione orizzontale su un perno che la fa girare. a questo punto delle grandi cesoie iniziano a tagliarla in un numero di spicchi che può essere programmato a seconda della grandezza del pneumatico e delle esigenze del cliente, spicchi destinati su un nastro trasportatore che li farà arrivare sul camion diretto verso gli impianti di riciclo>>. Fino ad oggi l’unico tentativo per gestire questi giganti pFU è stato con metodi improvvisati, come


l’utilizzo di enormi cesoie da demolizione, che però oltre che inefficaci e lenti sono anche poco sicuri, dato che uno spicchio di gomma tagliato può pesare diverse centinaia di chili e ferire anche gravemente gli operai impegnati nella lavorazione. L’arrivo di MT-Rex, quindi, consente un vantaggio non solo ambientale, perché permette di smantellare le discariche in cui sono accumulate migliaia di queste gomme, ma anche economico: uno pneumatico di un camion da miniera costa dai 30.000 fino anche ai 120.000 euro e solitamente il cambio gomme avviene ogni 10-12 mesi. Grazie a MT-Rex, però, è possibile recuperare parte di quella spesa. Se si considera, poi, che in una miniera possono lavorare fino a 300 camion contemporaneamente, questo significa che circa 1 volta l’anno vanno smaltiti circa 1.800 mega-pneumatici, pari a un peso di 9.000 tonnellate. Materiali che d’ora in poi non rimarranno più abbandonati in mastodontiche discariche e torneranno ad essere utili per creare nuovi prodotti. Una volta realizzata la riduzione volumetrica dei mega-pneumatici, infatti, si può procedere alle successive fasi del riciclo: la seconda è la triturazione degli spicchi, attraverso cui è possibile ottenere separatamente i tre materiali che li compongono, ovvero acciaio, destinato alle fonderie, materiale tessile, in parte recuperabile, e granulo di gomma, che

può essere anche colorato. Da quest’ultimo si possono ottenere una vasta gamma di prodotti di recupero, e le applicazioni comprendono materiali e oggetti per l’arredo urbano, ma anche isolanti acustici e materiali vari per l’edilizia. Ma le soluzioni sono in costante aumento e di recente sono stati creati anche prodotti di design. MT-Rex, quindi, consente di trasformare un materiale di scarto così difficile da recuperare in qualcosa di produttivo.

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Da gomma a gomma EcoTyre

Un processo innovativo trasforma i pFU in una mescola da usare per produrre nuovi pneumatici Con l’inizio dell’estate 20 camion hanno iniziato a percorrere migliaia di chilometri per testare sulle strade italiane una soluzione tecnologica che potrebbe cambiare radicalmente il settore degli pneumatici fuori uso (pFU): un pneumatico prodotto con una mescola che contiene gomma riciclata, ottenuta proprio dal granulato di pFU. E’ questa una fase del progetto “da Gomma a Gomma”, partito da oltre 3 anni, e che ha nel consorzio EcoTyre il coordinatore di un team (che comprende anche alcuni soci e fornitori esterni della filiera) che ha messo a punto un processo particolarmente innovativo che consente di utilizzare la gomma triturata derivante dai pFU, per generare una mescola utilizzabile per la produzione di nuovi pneumatici, equivalente a quella tradizionale. Mai prima d’ora si era riusciti a raggiungere un risultato così concreto e tangibile. Il successo è stato determinato da un’ottimizzazione di tre fasi della produzione. Innanzitutto la realizzazione di un granulato di gomma riciclata studiato ad hoc, con caratteristiche particolari. poi la devulcanizzazione del granulato, per rendere nuovamente utilizzabile la gomma granulata a fine vita. Infine lo studio e la messa a punto di una mescola innovativa capace di ottimizzare le caratteristiche della nuova gomma. Con la mescola così ottenuta, sono state realizzate queste nuove gomme. Gli pneumatici ottenuti, sostanzialmente equivalenti a quelli tradizionali, sono stati montati su 20 camion per un test operativo su strada per una percorrenza complessiva di circa 1 milione di km, durante i quali questi pneumatici sono sottoposti a un severo test per verificarne l’usura e la durata, in modalità comparativa rispetto alle gomme tradizionali.

<<abbiamo fortemente voluto promuovere questo progetto - dichiara Enrico ambrogio, presidente di EcoTyre – perché da sempre crediamo che la vera soluzione per il trattamento degli pFU sia il riutilizzo della gomma nella gomma. Fin dall'inizio dell'attività di gestione di pFU abbiamo cercato di ridurre il recupero energetico a vantaggio del recupero di materia. Oggi possiamo affermare con orgoglio di aver realizzato un passo in avanti decisivo verso questa possibilità. Vedere su strada degli automezzi che montano pneumatici contenenti gomma riciclata è una grande soddisfazione. Il mondo dei rifiuti e dei prodotti a fine vita deve vincere la scommessa della circolarità, con questa soluzione anche il settore degli pFU gioca da protagonista. I vantaggi del riutilizzo della gomma derivante da pFU negli pneumatici nuovi sono evidenti, a cominciare dalla riduzione dell’impatto ambientale, ma anche del consumo di materie prime, fino a stimolo a nuove attività produttive sostenibili nel nostro paese. Ovviamente questo non è un punto di arrivo ma di partenza, perché dedicheremo ancora più energia per perfezionare questa soluzione e a individuarne altre, sempre nel solco dello sviluppo sostenibile>>. Hi-Tech Ambiente

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CaTaLyST

Il mattone 100% eco Catalyst è una start up innovativa che persegue i principi dell’edilizia sostenibile, utilizzando i materiali derivanti dalle demolizioni. allo scopo, applica un interessante sistema di produzione sul posto dei manufatti necessari alle costruzioni. Stiamo parlando dei mattoni Ri-Block, realizzati in loco impiegando i detriti della demolizione, triturati, opportunamente miscelati con cemento bianco (secondo una formula brevettata) e poi compressi a freddo in appositi stampi. Gli stessi metodi di riciclaggio degli inerti sviluppati per RiBlock sono impiegati anche per il recupero degli scarti di lavorazione del marmo di Carrara e della polvere di cava. Il risultato è il Carrara Block, un mattone bianco dotato di faccia a vista e utilizzabile al posto dei comuni mattoni in laterizio cotti in fornace. Questo particolare mattone viene prodotto con un processo totalmente automatizzato: le materie prime vengono stoccate in silos, dai quali vengono prelevate per affluire nelle percentuali previste ai miscelatori e quindi alle tramogge per il riempimento degli stampi d’acciaio, che una volta riempiti passano sotto una pressa ad alta compressione che crea una perfetta coesione di tutti gli ingredienti della miscela, dando così origine al Carrara Block senza bisogno di ulteriori lavorazioni o cotture. La produzione prevede lo stampaggio multiplo di
60 mattoni alla volta, poi inviati al magazzino per una breve stagionatura. E con le medesime miscele brevettate di materiali riciclati, com-

presse in uno stampo adatto e manovrato da un'apposita macchina, Catalyst ricava anche un altro manufatto, il Double-Block di forma particolare, provvisto di canali per l'inserimento degli impianti e dotato di 2 facce a vista perfettamente lisce e finite.

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Il futuro del fosforo Una risorsa preziosa

Inserito dall’UE tra le materie critiche, richiede soluzioni e strategie per garantirne la reperibilità attraverso azioni di economia circolare In greco significa “portatore di luce” ma il fosforo, elemento chimico non disponibile in natura allo stato elementare, materia prima indispensabile in ambito agricolo (per la produzione di fertilizzanti e quindi dei prodotti della nostra alimentazione), nonché componente fondamentale anche delle cellule umane, rischia di diventare “materia oscura” a causa delle difficoltà del suo reperimento da un lato, e della criticità legata alla sua dispersione nell’ambiente, dall’altro. non a caso, l’Unione Europea lo ha inserito nella lista delle materie critiche, mentre la gestione sostenibile del fosforo è stata individuata come il terzo dei limiti più critici del nostro pianeta. Che fare? Il tema è da tempo nell’agenda della comunità scientifica e degli organismi politici internazionali. In Italia, ad esempio, sarà a breve istituita, come previsto dall’ultima legge di Bilancio, la piattaforma Italiana del Fosforo, con l’obiettivo di incoraggiare una legislazione adeguaTS asfalti promuovere il riciclaggio dei materiali stradali esistenti, al fine di preservare le risorse naturali limitate e ridurre i costi. Esclusivista della KM International, propone il riciclatore KM-T2 che è in grado di produrre un lotto d’asfalto di qualità a partire da materiale precedentemente scarificato e/o macinato, per produrre asfalto riciclato perfettamente conforme agli standard e descrizioni del Dipartimento dei Trasporti.

ta e sempre più necessaria per il recupero e riuso del fosforo attraverso l’introduzione di modelli di gestione circolare dei cicli di depurazione delle acque reflue e dei rifiuti. paesi come Germania, Svizzera, Finlandia, Svezia e Danimarca hanno invece già legiferato sull’obbligo del recupero e gestione sostenibile di questo prezioso elemento. Le tecnologie per il recupero di fosforo e altri materiali di valore dal trattamento delle acque reflue sono ad oggi disponibili e già in corso di validazione presso impianti di depurazione esistenti, in Italia ed Europa. a frenare percorsi di economia circolare sono, soprattutto in Italia, le barriere o le incertezze legislative e regolatorie. Quest’ultime hanno creato recentemente “l’emergenza fanghi”, ad esempio con la sentenza del Tar della Lombardia (20 luglio) che ha bloccato il riutilizzo in agricoltura dei fanghi prodotti dai depuratori. analoghe problematiche si sono registrate anche in Toscana, dove si producono in

media 10.000 tonnellate di fanghi al mese. In Italia, circa 5 milioni di tonnellate di fanghi vengono prodotti ogni anno dai depuratori. <<Oggi, la tecnologia sostenibile raggiunta - sottolinea Francesco Fatone, coordinatore di un interessante progetto in corso di recupero del fosforo - ci dice che è possibile trasformare i depuratori in impianti di recupero di materie rinnovabili che abbiano un valore ed un mercato. E’ necessario lavorare per riconoscere questo valore economico circolare, appurando al tempo stesso la sicurezza per la salute e per l’ambiente>>. Lo conferma l’innovativo impianto inaugurato lo scorso febbraio a Carbonera, in provincia di Treviso. Si tratta del più grande impianto dimostrativo in funzione in depuratori urbani in grado di recuperare, grazie a innovative tecnologie, circa 1 kg/giorno di bioplastiche e 300 gr di struvite (sale di fosforo) da fanghi di depurazione.

COnVEnIEnza aMBIEnTaLE

Il riciclatore d’asfalto La macchina, infatti, può produrre 3,5 ton/ora di ottimo asfalto utilizzando asfalto a pezzi, rotto o fresato, il cui costo varia dai 12 ai 23 euro/ton, contro gli 85 euro/ton del nuovo. Ecco che utilizzare asfalto riciclato non è solo una scelta ambientale

ma anche economica, poiché genera un risparmio immediato. peraltro è possibile personalizzare perfettamente la miscela d’asfalto ad ogni carico (aggiungendo polverino di pFU, guaina a pezzi o emulsione bituminosa) secondo necessità.

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IL FOSFORO: DA DOVE VIENE, DOVE VA?

L’Europa dipende per il 90% dalle importazioni di questo minerale che viene estratto da giacimenti minerari concentrati soprattutto in Marocco, Cina e Stati Uniti. Le riserve sono però in progressiva contrazione e si prevede perciò un aumento dei costi di questa risorsa nei prossimi anni. a livello mondiale si stima che solo il 20% della quota estratta dai depositi minerari arriva all’uomo attraverso la catena alimentare (efficienza d’uso). Buona parte del fosforo, infatti, viene dispersa nell’ambiente: accumulata nei terreni oppure veicolata nelle acque. pertanto, sistemi innovativi per risparmio, recupero da flussi di scarto, e riciclo in fertilizzanti bio sostenibili, sono azioni che devono essere implementate con estrema urgenza. Fanghi di depurazione, rifiuti organici ed effluenti zootecnici o scarti agroalimentari sono tra i più interessanti per realizzare percorsi di bioeconomia circolare.



BIOMASSE & BIOgAS B I O M A S S A

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B I O g A S

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B I O M E TA N O

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C O g E N E R A Z I O N E

L’energia senza sprechi PengS Technologies

Impianti di digestione anaerobica per la produzione di energia elettrica e calore da fonte zootecnica e agricola Bio-G è un impianto di biogas con processo di fermentazione e tecnologia applicata ai prodotti liquidi ad alto rendimento per la produzione di energia elettrica. Realizzato dalla pengS Technologies, può essere alimentato da diverse tipologie di biomasse, con l’ottimizzazione dei reflui per ottenere la massima resa dell’impianto; è infatti studiato per utilizzare ciò che proviene dalle stalle senza spreco di materia pregiata. I principali vantaggi dell’impianto possono essere così riassunti: utilizzo sino al 100% dei reflui zootecnici da bovini e suini; modularità, che consente successivi ampliamenti e potenziamenti; piccole superfici necessarie all’installazione; semplice integrazione nel ciclo produttivo aziendale esistente; tempi di costruzione ridotti; possibilità di recupero e impiego del calore per riscaldamento e raffrescamento; costi insignificanti per demolizioni e smaltimenti in caso di trasferimento impianto. La gamma produttiva spazia da potenze di 50 kW fino a 300 kW. Bio-G 100 Mp, ad esempio, richiede una superficie di 300 mq ed è adatto a trattare liquami di mandrie da 300 a 400 capi di bestiame. Bio-G 300 Mp, invece, richiesta una superficie di 500 mq ed è ideale per mandrie da 500 a 700 capi. Bio-G 50 Mp, diversamente, richiesta un’area di 300 mq ed

una media capi da 150 a 200. Tutti gli impianti Bio-G sono realizzati interamente in acciaio inox, precostruito in fabbrica e successivamente montato in tempi brevi presso il cliente da personale specializzato. non necessita di opere edili invasive come scavi, vasche, occupazione con spreco di terreno, ma sono sufficienti solo piccoli basamenti sui quali vengono posate le apparecchiature. Inoltre, non necessita di grandi superfici, ed essendo stato progettato come struttura modulare è

possibile avere un'integrazione ottimale nelle are aziendali. Facilmente collocabile nell'ambito dell'azienda, non crea problemi con grosse movimentazioni e stoccaggio di materie prime. Come già evidenziato, l'impianto è costruito a moduli, da fermentatori già finiti in fabbrica, da un container contenente il cogeneratore e da un secondo container contenente tutte le apparecchiature, quadri e plc di controllo. E' un sistema a "skid" che consente la massima flessibilità d'installazione.

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Da evidenziare anche che grazie al funzionamento del cogeneratore installato, l’impianto produce calore il quale viene utilizzato nel processo di fermentazione, ma può essere indirizzato anche per altri usi aziendali. Di pengS Technologies sono anche gli impianti Bio-MSV, impianti di biomassa vegetale con processo di cogenerazione e tecnologia ORC applicata ad alta efficienza per la produzione di energia elettrica e recupero di energia termica. Tali impianti possono essere alimentati da diverse tipologie di biomasse vegetali, prevalentemente da produzione agricola (stocco di mais, sansa, gusci di frutta, scarti dalla produzione di olio e vino, ecc.) e del legno (trucioli, tagli del sottobosco, ecc.), ossia di biomasse vegetali a basso valore aggiunto. Questa tipologia impiantistica è ideale per aziende di piccole e medio-piccole dimensioni che desiderano diventare produttori di energia elettrica, ottenere tutti i benefici dei contributi erogati GSE per 20 anni e risparmiare sullo smaltimento degli scarti organici di produzione. La gamma Bio-MSV comprende la versione da 150 kW, che richiede una superficie di 200 mq; quella con potenza di 200 kW, che richiede una superficie di 250 mq; ed infine, il modello da 300 kW di potenza, che necessita di un’area di 300 mq.



energia

I pannelli FV evoluti Con celle perovskitiche

Efficienza del 22,1%, struttura leggera, flessibile e semitrasparente, costi bassi, ma sussistono ancora dei problemi da superare La perovskite è un minerale composto da calcio, titanio e ossigeno, scoperto negli Urali dal geologo russo Lev perowski nel 1846. Il minerale che si trova in natura ha scarsa importanza economica, ma ha dato il nome ad un tipo di struttura cristallina nella quale un grosso catione (ione con carica positiva) si trova al centro di un cubo, nei cui angoli si trovano cationi più piccoli, mentre gli ioni negativi (anioni) sono posti sulle facce del cubo. nella perovskite naturale (CaTiO3) il catione centrale è il titanio, i cationi posti sugli angoli sono di calcio e gli anioni sono di ossigeno. PEROVSKITE E CELLE SOLARI

nel 2009 il fisico giapponese Myasaka scoprì che si poteva realizzare una cella fotovoltaica unendo un sottile strato di una speciale perovskite con biossido di titanio. Questa cella aveva un’efficienza molto modesta (3,8%), ma successive ricerche (tuttora in corso) hanno portato a sempre maggiori incrementi nell’efficienza, finchè nel marzo 2016 l’ente sudcoreano Unist ha realizzato una cella perovskitica con una efficienza del 22,1%, superando così le celle al silicio amorfo (che arrivano al 13,6%) e raggiungendo quelle rame/indio/gallio/selenio e cadmio/ tellurio (che sono rispettivamente a 22,3% e 22,1%). Le perovskiti utilizzate nelle celle FV di ultima generazione sono molto diverse da quelle naturali, in quanto il catione centrale è piombo, i cationi laterali sono metilammonio e gli anioni sono cloro e iodio. Rispetto alle tradizionali celle FV al silicio, il vantaggio delle celle a perovskite è soprattutto economico, e deriva dalla relativa semplicità del processo di produ-

zione, che non richiede temperature elevate e si basa sostanzialmente sull’evaporazione controllata di soluzioni. Inoltre, le celle a perovskite sono sensibili ad un più ampio intervallo di lunghezze d’onda rispetto alle celle al silicio. La configurazione tipica di una cella a perovskite prevede: uno strato superiore in vetro, dove arriva la luce; uno strato molto sottile di ITO (Indium Tin Oxide, cioè ossido di indio e stagno); uno strato polimerico per assicurare il trasporto delle cariche positive; lo strato di perovskite; uno strato di ossido di zinco o titanio, per assicurare il trasporto degli elettroni; uno strato metallico di supporto. Questa struttura consente di realizzare celle FV leggere, flessibili e semitrasparenti. Gli inconvenienti erano inizialmente la difficoltà di realizzare

celle di dimensioni superiori a 1 cmq e la rapida degradazione in ambienti umidi; quest’ultimo problema è stato superato aggiungendo metalli stabilizzanti (cesio o rubidio) o applicando rivestimenti di fluoropolimeri, anche se mancano ancora i dati per stabilire realistiche previsioni di durata “sul campo”. L’evoluzione delle tecnologie costruttive (inizialmente basate su processi sottovuoto, ma più recentemente sulla deposizione da soluzioni) dovrebbe consentire di realizzare celle di dimensioni adeguate per l’uso commerciale. Un possibile problema delle attuali celle a perovskite è la presenza del piombo, che è un metallo tossico e potrebbe creare difficoltà sia nella fase di produzione che in quella dello smaltimento finale come rifiuto. Sono in fase di studio perovskiti a base di metalli non tossici

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(come lo stagno), ma sia la stabilità che il rendimento per ora lasciano a desiderare. nonostante questi problemi, esiste già una società che si prepara a commercializzare celle FV a perovskite: si tratta dell’australiana Dyesol, che ha ottenuto per questo scopo un finanziamento statale di 2 milioni di dollari. VERSO IL 31% DI EFFICIENZA

Il limite teorico della conversione della luce in energia nelle celle a perovskite è intorno al 31%; attualmente la massima efficienza raggiunta è del 22%, ma sono in corso molte ricerche per avvicinarsi al limite teorico. Un passo avanti molto importante è stato compiuto dai ricercatori del Berkeley Lab’s Molecular Foundry, insieme


al Joint Center for artificial photosynthesis (entrambi in California, Usa). Mediante la tecnica di microscopia a forza atomica, capace di visualizzare la struttura delle superfici con una risoluzione di 10 nanometri, i ricercatori americani hanno scoperto che la superficie delle celle a perovskite analizzate è composta da nanocristalli, che misurano ciascuno circa 200 nm di lato. Ogni cristallo ha diverse sfaccettature, con diverse efficienze di conversione: alcune hanno un’efficienza del 31%, altre molto inferiore. Complessivamente le diverse sfaccettature si comportano come minuscole celle FV connesse in parallelo, per cui l’efficienza complessiva risulta dalla media di quella delle singole nanocelle. Le ricerche proseguono con un duplice obiettivo: comprendere qual è il meccanismo che riduce l’efficienza delle nanocelle al di sotto del teorico, e sembra si tratti di difetti nel reticolo cristallino, che provocano la ricombinazione delle cariche elettriche; costruire celle composte solo da sfaccettature a elevate prestazioni. Secondo i ricercatori americani, materiali perovskitici ad alte pre-

stazioni potrebbero trovare applicazioni anche per la produzione di LED, in quanto sarebbe possibile invertire il meccanismo di conversione dell’energia luminosa in corrente elettrica: applicando corrente alla cella si otterrebbe una emissione luminosa. LA PEROVSKITE AL POSTO DEL PLATINO

Un altro importante settore dove la perovskite potrebbe consentire notevoli progressi è quello delle fuel cells. Questi dispositivi sono da tempo presentati come i generatori elettrici del futuro, in quanto producono corrente elettrica mediante l’ossidazione chimica di idrogeno o altri combustibili gassosi; ma il loro sviluppo è stato finora ostacolato dall’alto costo dei catalizzatori al platino, necessari per far avvenire la riduzione dell’ossigeno atmosferico. Ricercatori dell’Università sudcoreana Unist hanno recentemente scoperto che il platino può essere sostituito (con evidenti vantaggi economici) da una miscela di perovskite e polipirrolo (un polimero conduttivo già usato nelle fuel cells).

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macchine & strumentazione La storia del Gruppo Merlo è legata a quella della famiglia Merlo. Una storia iniziata i primi del ‘900 e che oggi conta con un polo produttivo di ben 300.000 mq di cui oltre 230.000 sono coperti. Merlo impiega oltre 1.250 persone e produce circa 6.000 macchine all’anno, un fatturato in crescita che nel 2017 ha superato i 400 milioni di euro e una rete distributiva che copre più di 140 paesi del mondo. ai sollevatori telescopici il Gruppo Merlo ha unito altre tipologie di macchina con importanti successi commerciali: i compattatori di rifiuti TecnoIndustrie, i trasportatori cingolati Cingo e i trattori porta-attrezzi Tre Emme. Il successo di questo Gruppo nasce da un’idea imprenditoriale perseguita negli anni con grande dedizione e che ha messo al centro dell’attenzione il prodotto, valorizzato nell’ottica di offrire soluzioni tecniche uniche, frutto di un intenso lavoro di ricerca e sviluppo. La capacità di rendere unici i prodotti Merlo passa dalla realizzazione interna di oltre il 90% dei componenti necessari per costruire una macchina; questa concentrazione di know-how ed esperienza consente di creare tecnologie su misura, in grado di esaltare prestazioni, sicurezza e confort operativo. Un impegno costante che ha portato alla registrazione di oltre 80 brevetti e alla creazione di numerosi prodotti unici che hanno permesso all’azienda di conquistare il mercato non solo in Italia, ma anche in paesi molto esigenti come Germania, Svezia, Finlandia e Canada. La tecnologia Merlo oggi consente di accedere al piano di “Iperammortamento”, introdotto nella Legge di Bilancio “Industria 4.0”, che consente di ammortizzare fino al 250% del costo dei beni strumentali nuovi.

Merlo: innovatori di professione Una storia secolare

Dalla passione per la meccanica ai veicoli ad alto contenuto tecnologico, compresi quelli in versione elettrica

Caratteristiche del sistema MerloMobility possono essere così riassunte: sicurezza, salute e igiene sul lavoro; telemetria e controllo in remoto; livello tecnologico e interfaccia uomo-macchina; integrazione della macchina con il sistema del cliente; interconnessione ai sistemi informatici.

Merlo, con i suoi telescopici, è in grado di fornire: - la macchina predisposta, ossia conforme ai requisiti della Legge di Bilancio, come certificato anche da apposita perizia tecnica giurata e asseverata - il sistema telematico, detto anche sistema MerloMobility avanzato,

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grazie al quale il cliente può sfruttare, in modo integrato, le informazioni rilevate dalle macchine. Da segnalare che a novembre si è tenuto il salone Ecomondo di Rimini, un appuntamento molto importante e pieno di contenuti per il Gruppo Merlo, a partire dalle novità presentate: i sollevatori telescopici, i compattatori di rifiuti e i trasportatori cingolati. La gamma dei sollevatori telescopici è stata rappresentata in fiera da 3 modelli: il compatto p27.6 (2.700 kg di capacità e 6 m di altezza di sollevamento) e i panoramic alta capacità p 72.10 (7.200 kg di capacità e 10 m di altezza di sollevamento) e p 50.18 (5.000 kg di capacità e 18 m di altezza di sollevamento); per i compattatori di rifiuti urbani erano presenti un modello della serie Urbis e uno della serie azimut; per i trasportatori cingolati, infine, il modello M5.2E elettrico e il modello M800 TD.



sicurezza

Il rischio legionella nelle torri evaporative gramaglia

Il pericolo è collegato alla dispersione in atmosfera di un aerosol contaminato, costituito da gocce di varie dimensioni Chi di voi non ha mai sentito parlare di legionella? Quasi tutti sanno che si tratta di un batterio, ma pochi conoscono veramente quelli che sono i suoi effetti e la facilità con cui si annida in luoghi che frequentiamo quotidianamente. Tale batterio è largamente diffuso sia in natura che negli ambienti antropici, in generale in tutti i luoghi dove può essere presente acqua tiepida nebulizzata. Tipiche sorgenti di infezione sono state individuate nelle torri di raffreddamento, negli impianti idrici, negli apparecchi sanitari, così come nelle fontane, nelle vasche idromassaggio e negli stabilimenti termali. I batteri del genere legionella si trasmettono per via aerea mediante inalazione di piccolissime goccioline durante la respirazione e sono nocivi quando associati a fattori come temperatura dell’acqua dai 25 ai 45 °C, presenza di biofilm e incrostazioni, etc. nella seduta del 7 maggio 2015 è stato approvato, in Conferenza Stato-Regioni, il documento “Linee guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi” che riunisce, aggiorna e integra tutte le indicazioni riportate nelle precedenti normative e linee guida nazionali. Tali linee guida riportano, oltre alla sorveglianza e indagine epidemiologica, ai protocolli di controllo del rischio legionellosi, ai metodi di prevenzione e controllo della contaminazione del sistema idrico, quelle che sono le principali indicazioni per la progettazione, la realizzazione e la gestione degli impianti. In particolare nelle torri di raf-

freddamento il rischio è collegato alla presenza nell’acqua di legionella e alla dispersione in atmosfera di un aerosol contaminato, costituito da gocce di varie dimensioni. Val la pena ricordare quanto successo in provincia di Brescia con

una epidemia di Legionellosi. Secondo le linee guida tali apparecchiature, componenti importanti di molti processi industriali e commerciali nonché di impianti di condizionamento centralizzati, non devono essere installate: in prossimità

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di finestre, prese d’aria a parete di edifici, prese d’aria di impianti di condizionamento, in modo da evitare che l’aria di scarico proveniente dalle torri e dai condensatori evaporativi entri negli edifici; in zone destinate a frequentazione o raccolta di pubblico. Vi sono inoltre indicazioni per quote e distanze da rispettare nel posizionamento delle bocche di scarico delle torri e dei condensatori, nonché per i materiali costruttivi del circuito idraulico. In ogni caso si dovrà tenere in debita considerazione la direzione dei venti dominanti della zona oggetto dell’installazione. È inoltre fondamentale che gli impianti dispongano di separatori di goccia ad alta efficienza che coprano tutta la superficie di scarico. In merito alla gestione degli impianti di raffreddamento a torri evaporative le linee guida raccomandano di sottoporre a trattamento chimico, o analogo per risultati, l’acqua di raffreddamento, al fine di controllare il rischio che possa essere favorito lo sviluppo microbico a causa della mancanza di un’adeguata copertura biocida. Il trattamento dell’acqua di raffreddamento deve essere anche finalizzato a ridurre il rischio di incrostazioni e corrosioni nell’impianto, la cui influenza indiretta nei confronti del potenziale di proliferazione batterica è significativa. Gramaglia, grazie all’esperienza acquisita in oltre trent’anni, è a disposizione per una valutazione del problema in base alle esigenze dell’utente e nel rispetto delle diverse normative vigenti.



tecnologia

Il riciclo avanzato di pannelli solari Processo di pirolisi a basso consumo

Sviluppato un impianto all’avanguardia per recuperare materiali preziosi dai moduli fotovoltaici obsoleti o rotti Mentre le vendite di energia solare aumentano, incombe un problema molto spesso trascurato: lo smaltimento dei rifiuti provenienti da pannelli solari datati o distrutti. Si prevede che l’impennata di smaltimento di pannelli solari avverrà all’inizio della decade 2030, vista la durata di progetto dei sistemi per la produzione di energia solare installati intorno al 2000. per affrontare il problema prima di questa grande ondata, l’UE ha finanziato il progetto ELSI (Industrial scale recovery and reuse of all materials from end of life silicon-based photovoltaic modules). Grazie alle solide competenze nella fabbricazione di impianti e nel trattamento delle acque reflue, incluso il riciclaggio, l’azienda tedesca Geltz Umwelt-Technologie ha costruito una struttura di prova e trattamento presso una grande fabbrica di smaltimento per recuperare i materiali riutilizzabili dai moduli solari.

processo di pirolisi a basso consumo energetico, è riuscito a sciogliere gli strati polimerici indesiderati e a separare facilmente il vetro dei pannelli. Questo metodo avanzato ha consentito di dividere e recuperare con successo alluminio, vetro, argento, rame, stagno e silicio nella loro forma pura. Durante il processo di isolamento e classificazione, i materiali fini sono stati separati con setacci e classificatori pneumatici. per trattare i gas di scarico del processo meccanico, i partner di ELSi hanno utilizzato un ossidatore termico e un sistema di raffreddamento provvisto di dispositivo di lavaggio dei gas.

RECUPERARE MATERIALI PREZIOSI

Finora, la gestione dei rifiuti si è limitata al riciclaggio delle cornici in alluminio e dei vetri di rivestimento dei moduli. “Gli strati dei moduli solari sono saldati insieme con polimeri che rendono la separazione meccanica e il trattamento dei componenti dei moduli solari quasi impossibile - spiega Fabian Geltz – e finora non c’era alcuna soluzione tecnica per riciclare e separare i materiali preziosi dagli scarti misti. Il passaggio critico della mis-

IMPIANTO INDUSTRIALE PILOTA

sion di ELSi è stata dunque la distruzione degli strati polimerici”. Il team del progetto ha messo a

punto una soluzione innovativa per affrontare questa fondamentale problematica: ricorrendo a un

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Dopo numerose operazioni di prova volte a ottimizzare i parametri di processo, l’impianto pilota su scala industriale messo a punto consente di trattare fino a 50.000 moduli solari all’anno. Un ciclo completo del processo di pirolisi permette di lavorare circa una tonnellata metrica di rifiuti da moduli solari, con una resa di oltre il 95% di materiale riciclato.


Emiliana Serbatoi è specializzata nella produzione di serbatoi e sistemi di stoccaggio e trasporto di liquidi. Un esempio su tutti, i serbatoi flessibili, una soluzione ottimale sia per progetti temporanei che per installazioni a lungo termine di vari prodotti liquidi, tra cui le acque di risulta da trattamenti industriali, i liquami zootecnici, il percolato di discarica e il digestato post digestione anaerobica. Questa versatilità di impieghi è dovuta alla loro alta resistenza sia chimica che meccanica, dovuta al fatto che sono realizzati mediante un supporto di base in fibra di poliestere ricoperta su entrambi i lati da uno strato di polivinilcloruro (pVC), con giunture saldate ad alta frequenza e angoli rinforzati mediante inserti in polipropilene opportunamente imbullonati. Tutte le aperture, inoltre, sono realizzate con doppio rinforzo, sia interno che esterno, e sono create mediante flange ricavate da blocchi di polipropilene rinforzato con fibra di vetro. Questi serbatoi flessibili non necessitano di particolari accorgimenti per l’installazione, ma devono semplicemente essere posati su un’area livellata e priva di corpi acuminati; eventualmente è pos-

EMILIana SERBaTOI

I serbatoi flessibili per percolato e digestato sibile realizzare un bacino di contenimento mediante l’uso di un telo in pVC e la realizzazione di un semplice argine in terra o altro materiale (ad esempio sacchi di sabbia, struttura metallica o in cemento). ampia è la gamma sia delle capacità dei serbatoi, che variano da poche centinaia di litri fino a 500 mc di volume, che degli accessori e attacchi, da selezionare in base alle specifiche esigenze. Ed Emiliana Serbatoi ha di recente celebrato i 35 anni di attività aziendale, un traguardo importante che corona un cammino fatto di duro lavoro, intuizioni e innovazioni. Un traguardo festeggiato con una grande festa dedicata a questa realtà imprenditoriale radicata nel territorio e lanciata sui mercati internazionali, portabandiera del “Made in Italy” inteso come insieme di creatività e qualità.

BREVETTO EnEa

Il cemento ecosostenibile Un prodotto ignifugo ottenuto con lievito di birra e acqua ossigenata, ad alto isolamento termico e acustico Ricercatori dell’Enea hanno brevettato un innovativo processo basato sull’uso di lievito di birra e acqua ossigenata che consente di ottenere una tipologia di biocemento con elevate proprietà di isolamento termico e acustico e di resistenza al fuoco. Il processo BaaC (Bio aerated autoclavated Concrete) consente di ridurre i costi di produzione e di ottenere un prodotto a maggiore sostenibilità rispetto ai tradizionali cementi “cellulari” aerati attualmente in commercio. La polvere di alluminio, infatti, che è un agente aerante molto infiammabile che richiede stringenti misure di sicurezza degli impianti, viene sostituita da lievito di birra miscelato con acqua ossigenata che consente di ottenere un prodotto tecnicamenHi-Tech Ambiente

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te molto leggero per la grande quantità di bolle d’aria al suo interno, lasciando però inalterate le caratteristiche meccaniche e fisiche del materiale cementizio. I vantaggi economici e di sostenibilità ambientale derivano dall’abbattimento delle spese energetiche e dei costi indiretti connessi alla gestione dell’impianto ai fini della sicurezza e dalla riduzione del numero dei componenti “addizionali” come la calce e il gesso. <<Questa innovazione di processo è ancora di nicchia, ma presenta grandi potenzialità - spiega piero De Fazio, del centro ricerche Enea Trisaia - infatti, le nostre attività di sperimentazione hanno suscitato l’interesse dei soggetti coinvolti nella filiera produttiva del cemento cellulare che hanno voluto contribuire fornendoci gratuitamente le materie prime per produrre questo nuovo cemento aerato autoclavato>>.


ECOTECH

a cura di ASSITA

Più propilene con un nuovo catalizzatore

dimostrativo dotato di reattore a letto fisso, che è stato finanziato dall’Ente giapponese per lo sviluppo delle tecnologie industriali (Nedo). E’ previsto l’inizio delle applicazioni su scala commerciale entro il 2021.

Recupero di VTM per via elettrolitica Gli idrocarburi olefinici leggeri (etilene e propilene), che sono le materie prime per la produzione di materiali plastici di largo consumo, vengono prodotti per cracking termico della benzina leggera (virgin naphta) ottenuta dalla distillazione del petrolio. Il processo richiede temperature di 850 °C, per cui comporta elevata consumi energetici. La società giapponese Chiyoda ha sviluppato un nuovo catalizzatore, a base di zeolite modificata con ferro e gallio, che dovrebbe consentire di condurre il processo di cracking a temperatura molto più bassa (565 °C), e con rese raddoppiate in propilene (30% invece del 15% con il processo attuale). L’introduzione di ferro nella struttura della zeolite sopprime la polimerizzazione degli idrocarburi aromatici, che produce materiali carboniosi (coke), i quali si depositano sul catalizzatore riducendone la resa e la vita utile. La riduzione della temperatura riduce del 60% i consumi energetici diretti e del 50% il consumo di vapore di processo; la maggior resa si traduce in una riduzione del 1015% nel consumo della materia prima (virgin naphta). Il catalizzatore può essere impiegato anche per la produzione di etilene, oppure di idrocarburi aromatici BTX (benzene, toluene, xileni), ottimizzando le quantità di ferro e gallio aggiunte e regolando opportunamente le condizioni di processo. Attualmente, il nuovo catalizzatore ha completato un periodo di oltre 1.000 ore in un impianto

Il vanadio è un metallo piuttosto raro, usato come elemento di rinforzo per acciai speciali e per la produzione di catalizzatori. Recentemente ha acquistato importanza come componente di elettroliti per batterie ad alte prestazioni. La tecnologia di produzione convenzionale prevede il trattamento pirometallurgico del minerale vanadio–ferro–titanio magnetite (VTM), oppure il trattamento con arco elettrico e successivo arrostimento con soda della scoria. Entrambi i processi sono costosi, sia come investimento che come spese di funzionamento e inoltre, essendo fortemente energivori, comportano notevoli emissioni di gas serra. Le società canadesi VanadiumCorp Resource e Electrochem Technologies and Materials hanno recentemente sviluppato un processo per ottenere contemporaneamente vanadio, ferro e titanio, partendo dallo stesso minerale VTM e utilizzando un processo elettrolitico, cioè idrometallurgico. Questo processo ha basso consumo energetico e non genera emission, e consiste nella macinazione fine (40 micron) del minerale e successivo attacco con acido solforico, in modo da ottenere un sale cristallizzabile, che contiene come componente

base il ferro, ma incorpora anche vanadio e titanio. Così facendo le impurezze restano in soluzione o vanno al fondo; il sale viene ridisciolto e sottoposto a elettrolisi, ottenendo ferro ad alta purezza e biossido di titanio in forma solida. Il vanadio rimane in soluzione e in questa forma può essere direttamente utilizzato nelle batterie.

I serbatoi di metano a carbone attivo L’uso del metano come carburante offre indubbi vantaggi ambientali rispetto al gasolio, insieme al fatto di poter sfruttare la già esistente rete di metanodotti, che possono assicurare una distribuzione capillarmente diffusa sul territorio. Tuttavia, lo stoccaggio del metano richiede bombole o robusti serbatoi cilindrici, atti a sopportare pressioni di 200-250 atm; e questo costituisce un problema per i veicoli di piccole dimensioni, in quanto sottrae spazio utile. La società americana Ingevity, specialista nella produzione di carboni attivi per sistemi di controllo delle emissioni di idrocarburi, ha deciso di usare la sua esperienza per realizzare un sistema di stoccaggio dell’idrogeno su carbone attivo in forma monolitica. Il carbone attivo assorbe il metano in modo efficace a pressioni intorno a 70 atm, consentendo di realizzare serbatoi più leggeri e con forma adattata agli spazi disponibili entro la struttura della carrozzeria; questi serbatoi vengono prodotti dalla società consociata Adsorbed Natural Gas Products. La Ingevity produce i monoliti di carbone attivo partendo da segatura di legni selezionati, mediante un trattamento di carbonizzazione e attivazione che crea una distribuzione dei pori particolarmente adatta per l’adsorbimento di metano e idrocarburi leggeri; le particelle di carbone attivo vengono poi unite in forma di so-

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lido mediante uno speciale legante, di composizione segreta, che consente di ottenere una densità adeguata allo stoccaggio del metano su autoveicoli. I serbatoi a carbone attivo sono attualmente in fase di qualificazione presso importanti costruttori automobilistici, con l’obiettivo di utilizzarli in auto a doppia alimentazione (benzina e metano).

Il recupero d’ossigeno nei generatori di ozono

I normali generatori di ozono funzionano facendo passare un flusso di ossigeno attraverso una scarica elettrica, che però converte solo il 10% dell’ossigeno in ingresso. La multinazionale americana Linde ha ora sviluppato un sistema di adsorbimento, denominato Ozora, che mediante un setaccio molecolare cattura selettivamente l’ozono, consentendo di riciclare l’ossigeno al generatore; successivamente l’ozono viene desorbito con un flusso d’aria, inviandolo ai sistemi di utilizzo (come la potabilizzazione) e recuperando l’adsorbente. Il sistema Ozora può essere installato sui generatori di ozono esistenti e acquisito con contratti di leasing in modo da evitare stanziamenti di capitali. Una prova compiuta in accordo con Suez in un generatore da 500 Kg/giorno di ozono ha mostrato che il sistema Ozora può ridurre del 60% il consumo di ossigeno. Attualmente Linde ha installato un impianto dimostrativo presso la sua sede di americana a Bridgewater.



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