Hi-Tech Ambiente n.9 - Ottobre 2018

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AMBIENTE

MENSILE - TECNOLOGIE AMBIENTALI PER L’INDUSTRIA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE -

ANNO XXIX OTTOBRE 2018

N9



SOMMARIO 5

PANORAMA

GREEN FASHION

Riciclare con l’eco-chimica

DEPURAZIONE

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Un nuovo processo trasforma i capi di abbigliamento in materiali biodegradabili, aprendo la via a un’industria della moda più ecocompatibile

La rimozione di fosforo dai reflui

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Promettenti prospettive si hanno grazie a nanoparticelle di ferro, bioreattori con alghe e fitodepurazione reattiva

BIOMASSE & BIOGAS

Gli evaporatori per reflui di processo

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Impianti di distillazione sottovuoto per la riduzione delle acque di scarico e il riciclaggio delle materie prime

Biometano: dalla stalla alla strada

L’impianto Bio-LNG di Hysytech Semplificazione e flessibilità del trattamento biologico COVER STORY

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Al vio Foligno Biometano

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Un nuovo impianto per il trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani, con produzione di bioCH4 e compost di qualità

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La bonifica del terreno con processi termici

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Un’intesa tra imprese agricole e industriali ed Enti locali per utilizzare gli scarti di coltivazioni e allevamenti e produrre bioCH4 per i trasporti

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Trattamenti di desorbimento o di termodistruzione, con impianti fissi o con strutture mobili oppure direttamente in situ

MACCHINE & STRUMETAZIONE

Disinquinare per riutilizzare

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Il problema “odori” dei reflui

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Il pulitore universale per nastri trasportatori

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Dotato di braccio adattabile a vari diametri di rullo, è applicabile sia in posizione frontale sia lungo il tratto di ritorno del nastro

Per combattere le emissioni maleodoranti si può ricorrere a interventi di prevenzione, di limitazione fisica, di limitazione chimica, di trattamento delle emissioni odorose

Un booster per la CO2

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Ad alta pressione e oil-free, la macchina garantisce la totale salubrità del riso lavorato dalla società S.P.

RIFIUTI

Il trasporto di fanghi disidratati

Il trattamento dei fanghi secondo Scolari 38 Soluzioni molto interessanti ed economicamente valide, che consentono di ottenere risultati e materiali con caratteristiche del tutto diverse

Il Gigante della triturazione

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Un nuovo sistema energeticamente sostenibile che è ideale per le lunghe distanze

LABORATORI

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I biocoating nanotech per superfici inerti

Vogelsang sbarca a Ecomondo con la sua gamma completa di trituratori XRipper: dai sottili XRC, ideali in canali e condotti stretti, ai Giant, pensati per portate oltre i 1.000 mc/h

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Prodotti da applicare come rivestimento su qualsiasi supporto per resistere ad abrasione e usura e per renderli autopulenti e batteriostatici

Il riciclo delle plastiche “difficili”

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Un’analisi delle migliori tecnologie di selezione e riciclaggio: sperimentazioni e impianti sul mercato

Il più grande impianto di bioessiccazione di RSU a Singapore

MARKET DIRECTORY

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ECOTECH

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SPECIALE “DEPURATORI IN CONTAINER”

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Adotterà la tecnologia proprietaria MVT® - Genius e tratterà 220.000 ton/anno di rifiuto solido urbano da raccolta indifferenziata

GLI INDIRIZZI DELLE AZIENDE CITATE SONO A PAG. 88

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panorama Dopo gli anni della crisi economica, continua ad aumentare la produzione di rifiuti speciali in Italia. Nel 2016 aumenta del 2% rispetto all’anno precedente e raggiunge i 135 milioni di tonnellate, rispetto all’anno 2014 l’aumento è del 4,5%. Allo stesso tempo, l’Italia del riciclo è molto attiva: siamo tra i primi paesi europei per il riciclaggio dei rifiuti speciali, che nel 2016 raggiunge il 65%. Una buona notizia sul fronte dell’economia circolare. Se i dati mostrano un buon lavoro sul fronte del riciclo, occorre allora investire di più su quello della “prevenzione”. L’Italia è infatti lontana dall’obiettivo fissato dal Programma Nazionale di Prevenzione del 2013, che prevede al 2020 una riduzione del 5% nella produzione dei rifiuti speciali “non pericolosi” e del 10% per i pericolosi, calcolati per unità di Pil al 2010. I rifiuti speciali, generati da attività produttive, commerciali e di servizio, sono per quantità oltre quattro volte superiori a quelli urbani (135 mln di ton nel 2016 a fronte di oltre 30 mln di ton degli urbani). A crescere in modo particolare nel 2016 è stata la categoria dei “pericolosi”, che con oltre 9,6 mln di ton segna un +5,6% rispetto al 2015; più contenuto l’aumento dei “non pericolosi” che arrivano a 125 mln di ton (+1,7%). Tra i rifiuti speciali, quelli del settore delle costruzioni e demolizioni costituiscono uno dei flussi più importanti in termini quan-

RAPPoRTo ISPRA 2018

I rifiuti speciali oggi Aumenta la produzione, ma l’Italia è tra i primi paesi in Europa per quanto riguarda il riciclo

titativi: con oltre 54,8 mln di ton, rappresentano il 40,6% dei rifiuti speciali, seguiti da quelli prodotti dalle attività di trattamento dei rifiuti e di risanamento (27,2%) e dal settore manifatturiero (20,7%). La Lombardia è la regione che produce più rifiuti speciali: 29,4 mln di ton, pari al 21,8% del totale nel 2016. La buona performance italiana

sul fronte del riciclo si conferma nei dati di gestione dei rifiuti non pericolosi, dove la principale attività è il recupero di materia (89,4 mln di ton) nell’ambito del quale la forma prevalente è quello delle sostanze inorganiche (52,2 mln di ton). La performance può essere ulteriormente migliorata con un incremento quali-quantitativo del riciclaggio, anche attraverso la definizione di criteri end-of-waste, per esempio per i rifiuti da C&D, in linea con i principi dell’economia circolare. Il riciclo di qualità consente, infatti, di reimmettere materiali nei cicli produttivi, riducendo al contempo il ricorso allo smaltimento, in particolare a quello in discarica. Per quest’ultimo si registra un aumento del 7,9% (887.000 ton) rispetto al 2015, a fronte di una progressiva diminuzione del numero totale delle discariche operative, che passano da 392 nel 2014 a 350 nel 2016. Nel 2016 la quantità totale di rifiuti speciali esportata all’estero, pressoché stabile rispetto al 2015, è pari a 3,1 mln di ton, di cui 2,1 mln di ton sono non pericolosi e 1 mln di ton sono pericolosi; in particolare, tali rifiuti provengono da impianti di trattamento dei

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rifiuti e sono inviati principalmente in Germania. I rifiuti speciali importati da altri Paesi, per la maggior parte metallici, aumentano dello 0,9% e provengono soprattutto da Germania, Austria e Ungheria. Sono pari a 352.000 ton i rifiuti contenenti amianto prodotti in Italia nel 2016, costituiti per il 93,5% da materiali da C&D contenenti amianto. La forma di smaltimento prevalente per quest’ultima tipologia di rifiuti pericolosi rimane la discarica (85,5% del totale gestito). Un quantitativo rilevante (circa 118.000 ton) viene esportato in Germania. Disponibili online tutti i dati sulla produzione e gestione (riciclo, recupero e smaltimento) dei rifiuti speciali in Italia, aggiornati al 2016, nelle singole regioni. Quest’anno sono state inserite anche le informazioni sugli impianti di trattamento, divisi per tipologia, e la produzione di rifiuti per attività economica.

IL CARGO-TRICICLO "T-RICICLO" PER I CESTINI DI CITTA’ Per lo svuotamento dei cestini urbani il Comune di Padova ha adottato due mezzi decisamente eco-friendly poiché a emissioni zero. Si chiamano "T-Riciclo" e sono costituite da un triciclo a pedalata assistita dotato di rimorchio coperto da pannelli fotovoltaici, in grado di trasportare quattro bidoncini da 120 litri per il conferimento differenziato dei rifiuti prelevati dai cestini. Sulle fiancate dei mezzi c'è anche una campagna pubblicitaria sul decoro urbano, con diverse immagini della città e lo slogan "Non sporcare ciò che ami. Aiutaci a mantenere Padova pulita".


I NUovI INDICI

GESTIoNE RAEE

I costi di gestione dei rifiuti

Remedia incorpora il consorzio EcoR'it

A partire da maggio 2018 l’Istat ha avviato la pubblicazione, con cadenza annuale, di indici dei costi di gestione dei rifiuti con base di riferimento 2015 (pari a 100). Gli indici dei costi di gestione dei rifiuti si riferiscono alle attività di raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti e al recupero dei materiali (divisione 38 dell’Ateco 2007). I nuovi indici misurano l’anda-

mento nel tempo dei costi di produzione delle attività di gestione dei rifiuti, con riferimento all’acquisto di beni e servizi, al costo del personale dipendente e al costo d’uso del capitale. Nella struttura di ponderazione delle diverse componenti dell’indice complessivo, i costi per acquisto di beni e servizi rappresentano circa il 67% del peso totale, il costo del personale circa il 24% e i costi di utilizzo del capitale circa il 9%. Tra il 2010 e il 2017 l’indice di costo della gestione dei rifiuti è aumentata del 16,3%, trainato dagli acquisti di beni e servizi (+22,1%), a fronte di andamenti più contenuti per le spese del personale (+6,7%) e del costo d’uso del capitale (+1,3%).

Il consorzio Remedia, attivo a livello nazionale nella gestione dei rifiuti tecnologici, ha di recente annunciato la fusione per incorporazione di EcoR’it, il sistema collettivo senza scopo di lucro per la gestione di raee e di rifiuti da pile e accumulatori. Grazie a questa operazione, Remedia non solo raggiunge i 2.200 produttori associati, ma arricchisce

anche il proprio portafoglio di servizi. Nel corso degli anni, infatti, EcoR’it ha sviluppato servizi ad alto valore aggiunto con particolare focus nel settore B2B. D’ora in poi, Remedia prevede di gestire circa 100.000 tonnellate di raee domestici, 14.000 tonnellate di raee professionali e 13.000 tonnellate di rifiuti di pile e accumulatori.

@AMBIENTE ON-LINE@AMBIENTE ON-LINE@AMBIENTE ON-LINE@

Il viaggio di un pneumatico fuori uso Tra le sfide che attendono il settore dei Pneumatici Fuori Uso (PFU) in Italia vi è sicuramente l’ampliamento delle possibilità di impiego della gomma riciclata in nuovi ambiti e il consolidamento dei mercati esistenti. Con questo spirito di rinnovamento è stato pensato e realizzato anche il nuovo sito web di Ecopneus. Totalmente rivisto nella veste grafica, è ora ricco di pagine dedicate ai principali impieghi dei PFU e richiamate direttamente in homepage, ma anche pagine rivolte ai progetti di responsabilità sociale portati avanti, all’impegno per la costruzione di una cultura del riciclo, ai focus sulle iniziative sviluppate per la promozione della

gomma riciclata, solo per dirne alcune. Il nuovo portale consente ancora ai gommisti di chiedere il ritiro dei PFU generati, attraverso l’accesso alla piattaforma informatica sviluppata da Ecopneus per la

gestione e il tracciamento dei pneumatici fuori uso, dal punto di generazione del rifiuto fino all’avvenuto recupero. Ad oggi, il recupero passa per la realizzazione di campi da calcio e superfici poliva-

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lenti per lo sport, asfalti modificati silenziosi e duraturi, isolanti acustici e materiali antivibranti, elementi per l’arredo urbano; ma ancora molto può essere sperimentato, studiato e realizzato. L’impiego di gomma riciclata da PFU in sostituzione di polimeri di gomma, vergine o derivata dal petrolio, risponde pienamente ai principi dell’economia circolare, rispetta la gerarchia di gestione dei prodotti a fine vita e costituisce inoltre un concreto volano per le politiche del GPP, ossia gli acquisti verdi della Pubblica Amministrazione.

www.ecopneus.it


ANALISI DELLE PRESTAzIoNI

Tripla A per l’energia italiana Il Consiglio Mondiale dell’Energia (World Energy Council) con il World Trilemma Index ha assegnato all’Italia la tripla AAA per sicurezza, equità e sostenibilità energetica Secondo il report redatto quest’anno, che analizza le prestazioni dei vari paesi in materia energetica, solo 8 dei 125 Paesi esaminati hanno raggiunto il massimo punteggio per la sostenibilità energetica, mentre lo scorso anno in 13 avevano ottenuto la tripla AAA. L’Italia guadagna una posizione, salendo al 16° posto. Danimarca, Svezia e Svizzera occupano i primi tre posti. Sebbene non presente nelle prime 10, il Lussemburgo mantiene la sua leadership per l’equità energetica (accessibile e conveniente) e le Filippine guidano la classifica nella sostenibilità ambientale. ogni Paese, infatti, deve trovare una soluzione bilanciata alle tre diverse esigenze di sicurezza, equità e sostenibilità. Bisogna riuscire a soddisfare la domanda attuale e futura di energia, garantirne l’accesso a costi ragionevoli alla popolazione e farlo assicurando la sostenibilità ambientale, un patrimonio importante su cui basare le prossime scelte di politica energetica. <<L’Italia ha uno dei più efficienti sistemi di generazione termoelettrica in Europa e il nostro mix elettrico si è nel tempo arricchito con un importante contributo delle fonti rinnovabili – afferma Marco Margheri, presidente di WEC Italia contando anche sull’elevata sostenibilità del gas naturale. L’efficienza energetica è migliorata soprattuto nel residenziale, nel commercio e nei trasporti, con significativi risultati nella riduzione dei gas serra e inquinamento delle acque>>. In generale tra i paesi inclusi nel World Trilemma Index Report, l’accesso all’elettricità e la diffusione di soluzioni per cucinare in modo pulito (clean cooking) sono aumentate rispettivamente dell’87% e del 75% quando il punto di partenza nel 2000 era del 7%. Nel frattempo forme di energia a minor contenuto di carbonio sono state utilizzate per supportare l’accesso all’energia e alla crescita economica con le rinnovabili che rappresen-

tano ormai quasi un quinto (19,3%) del consumo globale di energia. Un mix di differenti tipologie di energia aiuterà a migliorare la sicurezza energetica e la sostenibilità ambientale.

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DEPURAZIONE A C Q U A

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A R I A

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S U O L O

La rimozione di fosforo dai reflui Nuove tecnologie

Promettenti prospettive si hanno grazie a nanoparticelle di ferro, bioreattori con alghe e fitodepurazione reattiva Il problema della rimozione del fosforo dalle acque reflue era già emerso negli anni ’80 dello scorso secolo, con il manifestarsi di gravi problemi di eutrofizzazione nel mare Adriatico. La prima Direttiva Europea ad occuparsi del problema è stata la CEE 91/271, che per le zone soggette a eutrofizzazione prevedeva un massimo di 1 mg/l di fosforo in uscita dai depuratori con oltre 100.000 ab.eq. Questo limite è stato recepito in Italia dal D.Lgs 152/99 e, successivamente, confermato nel D.Lgs 152/06 (anche se in modo più complesso, per tener conto delle diverse situazioni ambientali). Quest’ultimo decreto (noto anche come “Testo Unico Ambientale”) recepisce la “Direttiva quadro sulle acque” n.2060/CE e mira a conseguire la classificazione di “buono stato ecologico e chimico” per tutte le acque superficiali; in questo quadro può essere necessario, in alcune aree particolarmente critiche, abbassare ulteriormente i contenuti di fosforo negli scarichi dei depuratori.

I NUOVI TRATTAMENTI

Bacino di fitodepurazione a canneto

necessario evitare problemi di colore) sali di alluminio. Il precipitante più comunemente utilizzato è il cloruro ferrico. Entro il limite di 1 mg/l il trattamento chimico è efficace; può essere spinto anche a livelli più bassi, ma ha comun-

TECNOLOGIE CHIMICHE E TECNOLOGIE BIOLOGICHE

Le tecnologie attualmente disponibili per la rimozione dei composti di fosforo dalle acque di scarico sono di due tipi: - precipitazione chimica, utilizzando sali di ferro oppure (se è

Alginato per intrappolare le alghe ricche di fosforo

que il difetto di produrre notevoli quantità di fanghi e presenta costi notevoli - trattamenti biologici, nei quali i composti di fosforo vengono sottratti all’acqua di scarico facendoli accumulare nelle cellule di batteri allevati allo scopo. I trattamenti biologici, specialmente se integrati con la rimozione delle sostanze azotate, hanno costi minori; ma non sempre riescono a raggiungere il limite di 1 mg/l allo scarico e, inoltre, sono più complessi da gestire e più sensibili alle variazioni climatiche. oltretutto, anche i trattamenti biologici producono fanghi; tuttavia, i fanghi biologici (a differenza dei fanghi da precipitazione chimica) possono essere trattati mediante digestione anaerobica, ricavando da essi energia.

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L’impianto di trattamento inglese della Severn Trent Water ha in corso interessanti sperimentazioni su nuove tecnologie per la rimozione dei composti di fosforo. Le prospettive più promettenti sono offerte da nanoparticelle di ferro, bioreattori con alghe e fitodepurazione reattiva. Nanoparticelle di ferro Invece di usare i sali ferrici come precipitanti, lo stesso effetto può essere ottenuto impregnando sferette di resine sintetiche con ioni ferrici in forma di nanoparticelle. L’acqua da depurare viene fatta passare sulle sferette, che trattengono i compositi di fosforo sulla loro superficie, grazie alla reazione degli ioni ferrici con i composti di fosforo; le sferette possono essere rigenerate per trattamento con soluzione di soda, e (almeno in teoria) il fosforo può essere recuperato dalla soluzione rigenerante. Il processo è interessante perché non produce fanghi; presenta però il problema del trattamento della soluzione rigenerante esausta. Bioreattori con alghe Sono stati fatti esperimenti con alghe in grado di accumulare i composti di fosforo, ma il costo della rimozione delle alghe dal bioreattore è risultato troppo eleContinua a pag. 10



Via il petrolio dal mare In sole 3 settimane

Una nuova tecnologia brevettata basata su micro polveri della bioplastica PHAs, habitat ideale per speciali batteri

Minerv Biorecovery è la nuova tecnologia brevettata da Bio-on che permette in circa tre settimane di eliminare in modo naturale l’inquinamento di idrocarburi in mare. Grazie alle ricerche realizzate in collaborazione con l’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero (IAMC) del CNR di Messina è stato scoperto che le particelle che formano la bioplastica PHAs (poli-idrossi-alcanoati) sono l’ambiente ideale per ospitare speciali microrganismi che eliminano il petrolio dall’acqua. Mi-

nerv Biorecovery altro non è che una soluzione tecnologica che si basa su micro polveri, della dimensione di pochi micron e di forma particolare, realizzate con la PHAs, la plastica creata sempre da Bio-on, naturale e biodegradabile al 100%. Le particelle di queste micro polveri, gettate nella chiazza di idrocarburi, formano una struttura porosa adatta ad ospitare una serie di batteri, presenti naturalmente in ambiente marino, che si nutrono della bioplastica, si moltiplicano e si

Continua da pag. 8

energia; il residuo solido (digestato) risulterebbe particolarmente ricco di fosforo e adatto ad usi di fertilizzazione o come materia prima industriale. Fitodepurazione reattiva Consiste nell’usare un bacino di fitodepurazione a canneto, entro il quale viene creato un ambiente ricco di ioni calcio, mediante l’impiego di scorie di acciaieria. Il calcio fa precipitare il fosforo in forma solida (come fosfato), che può essere aspirato dal bacino e separato per filtrazione. Questo sistema è economico e utilizza un materiale di scarto industriale; deve essere però ancora definito se i fanghi ottenuti possano essere impiegati in agricoltura.

La rimozione di fosforo dai reflui vato. Il costo potrebbe essere ridotto incapsulando le alghe entro sferette di resine biologiche derivanti dalle alghe stesse (alginati). Queste sferette sono più pesanti dell’acqua, per cui occorre un reattore a letto fluido; rispetto alla configurazione a vasche aperte, la complessità impiantistica è compensata dal minore spazio occupato. Le alghe ricche di fosforo separate dalle sferette potrebbero essere direttamente impiegate come fertilizzante, oppure sottoposte a digestione anaerobica per ricavare

rafforzano fino ad attaccare il petrolio. I processi biodegradativi si attivano in circa 5 giorni e la frazione degradabile degli idrocarburi viene eliminata in circa 20 giorni. <<È la natura che cura se stessa – spiega Marco Astorri, presidente e CEo di Bio-on – perché la nostra bioplastica, di origine vegetale, serve a proteggere e a nutrire questi batteri accelerando la loro naturale azione>>. Le micro polveri alla base di Minerv Biorecovery sono biodegradabili al 100% e non rilasciano quindi alcun residuo in mare a differenza di molte soluzioni applicate oggi in questi casi. Il processo di biodegradazione della polvere di PHAs è sufficientemente lento (1-2 mesi a seconda delle condizioni) da permettere l’azione di bioremediation dei microrganismi che, dopo aver eliminato gli inquinanti, tornano ai normali livelli nell’ambiente marino. <<Il principio della oilbioremediation – spiega Simone Cappello dell’IAMC – si basa sull’esistenza di microrganismi, batteri in primis, in grado di attaccare la struttura molecolare di molti dei componenti la formulazione naturalmente complessa degli idrocarburi. Questi microrganismi sono presenti in ambiente marino ma in

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condizioni metaboliche, fisiologiche e in quantità non sufficiente a permettere una sostanziale riduzione degli idrocarburi sversati, ed è grazie alla bioplastica PHAs che è possibile invece favorire e accelerare un processo altrimenti lunghissimo di trasformazione a Co2, prodotto finale della biodegradazione. L’uso di PHAs è inoltre sicuro per l’ambiente e per la fauna marina perché non lascia alcuna traccia>>. Sono in corso ulteriori test nei porti, nei siti industriali come le raffinerie e nelle cisterne delle più grandi petroliere. L’applicazione di questa nuova tecnologia, infatti, potrà consentire la pulizia non solo in caso di eventi disastrosi, ma anche durante servizi di quotidiana manutenzione. Anche Minerv Biorecovery, come tutte le bioplastiche PHAs (poli-idrossi-alcanoati) sviluppate da Bio-on, è ottenuta da fonti di scarto di lavorazioni agricole (tra cui melassi e sughi di scarto di canna e barbabietola da zucchero), è completamente ecosostenibile e al 100% biodegradabile in modo naturale a temperatura ambiente. Prodotta con un processo esclusivo sviluppato da Bio-on, è in grado di sostituire le principali famiglie di plastiche tradizionali per prestazioni, caratteristiche termo-meccaniche e versatilità.



PRoGETTo SMART-PLANT

Dai reflui nuova materia prima Migliorare l’efficienza energetica dei depuratori recuperando al contempo materiali subito riutilizzabili

Il progetto europeo SMARTPlant punta a convertire gli impianti di depurazione delle acque reflue urbane in motori di economia circolare. Come? Migliorandone l’efficienza energetica e contemporaneamente recuperando materie prime subito riutilizzabili, come cellulosa, fosforo, biopolimeri e altro. E tutto ciò, riciclando acqua pulita e abbattendo le emissioni di gas serra come anidride carbonica, ossidi di azoto e metano. Allo scopo il team del progetto ha messo a punto un pacchetto di tecnologie già disponibili, la cui efficacia è stata dimostrata in laboratorio o su impianti pilota, e che ora sono in fase di sperimentazione in sei depuratori esistenti in sei Paesi europei, tra cui l’Italia, per validarne le performance in condizioni impiantistiche e climatiche differenti. Due impianti dimostrativi si trovano presso un depuratore dell’azienda Alto Trevigiano Servizi. Sono stati realizzati nel 2017 e già avviati in piena potenzialità, e ora sono in fase di ottimizzazione. Le tecnologie Smart-Plant integrano la linea del trattamento fanghi esistente recuperando circa 700 gr/giorno di poliidrossial-

canoati, in una linea dimostrativa, e recuperano biologicamente il fosforo, nella linea in piena scala. Gli stessi compiti sono svolti sulla linea acque dal corrispettivo impianto spagnolo. L’impianto olandese, invece, recupera ogni giorno 400 kg di cellulosa dalla carta igienica usata; mentre in Israele e in UK vengono estratti metano, fosforo e azoto, oltre a recuperare acqua per fini agricoli. Da sottilineare che Smart-Plant, oltre che sviluppare la tecnologia mira a realizzare un vero e proprio modello di business, dimostrando sia l’efficacia che la redditività delle sue innovazioni. E un altro obiettivo è anche quello di creare una gamma di soluzioni declinabili in base alle diverse necessità. L’industria chimica, ad esempio, è potenzialmente interessata alla produzione di biopolimeri e fertilizzanti. E in questo settore, infatti, un’azienda britannica che produce materiali biocompositi è già parte del progetto. Un altro aspetto sul quale il team sta lavorando è la qualità delle materie recuperabili, anche in relazione alla loro accettabilità sociale.



Cerafiltec, produttore di soluzioni innovative per la filtrazione dell’acqua con membrane a foglio piano in ceramica, propone un modulo di filtrazione stampato con la resina polifenilen-etere (PPE) Noryl di Sabic rinforzata con vetro. Il nuovo modulo ospita in modo sicuro delle membrane multiple a foglio piano ad alte prestazioni, a base di carburo di silicio (SiC), che riescono a filtrare rapidamente ed efficacemente flussi di acque difficili, come l’acqua di mare e gli scarichi industriali. La resina Noryl può fornire elevate prestazioni o, per resistenza idrolitica, stabilità dimensionale, resistenza chimica e alle alte temperature. Inoltre, è certificata per applicazioni di acqua potabile secondo lo standard NSF/ANSI 61. Queste proprietà fondamentali hanno permesso a Cerafiltec di sostituire i moduli precedenti, che comportavano una cornice in acciaio, soggetta a corrosione, con una concezione interamente stampata ad iniezione. L’uso della resina Noryl consente di ottenere: una riduzione di costo di sette volte rispetto alla concezione in plastica e struttura di acciaio, grazie alle efficienze rese possibili dagli alti volumi produttivi e dalla

CERAFILTEC

Acqua pulita sempre Un esclusivo modulo ceramico per filtrazione stampato in resina, di lunga durata e di elevate prestazioni

velocità dello stampaggio ad iniezione; allungamento della vita del modulo Cerafiltec fino a 20 anni, ossia doppio rispetto a quello precedentemente concepito, e della

stessa durata delle membrane ceramiche; facilità di assemblaggio e di utilizzo, perché tutte le funzioni del processo sono integrate nel modulo, e ciò ne favorisce l’adozione da

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parte del mercato; conformità del materiale con le normative per l’acqua potabile, per accelerare i tempi delle approvazioni; resistenza alla corrosione, in modo specifico per utilizzo con applicazioni in acqua di mare; ottimizzazione della facilità d’uso grazie ad una concezione modulare. L’approccio modulare di Cerafiltec, insieme alla robustezza e stabilità della resina Noryl, permette di montare le singole unità a torre, assemblandole in un’ampia serie di configurazioni. La configurazione dipende dal volume di acqua da filtrare, da limiti di spazio e da altri fattori. Il modulo a torre è già stato applicato con successo in un impianto di trattamento di acque fognarie a Taiwan, per la filtrazione di acqua sotterranea in Giordania e per la filtrazione di reflui di un impianto alimentare a Dubai.


ISPA

Torri evaporative

La tecnologia PHI di purificazione dell’aria La legionellosi è una grave infezione polmonare causata dal batterio Legionella pneumophila che si trasmette con la respirazione (assieme all’aria) di particelle di acqua che contengono il batterio. Esso prolifera naturalmente in ambienti umidi, ad esempio fiumi, laghi, insenature e altri ambienti acquatici caldi. L’infezione da legionellosi avviene tuttavia nella maggior parte dei casi tramite aspirazione diretta di aria o acqua contaminata sotto forma di aerosol, che può anche essere generato da torri evaporative, dette anche torri di raffreddamento. Queste raffreddano l’aria grazie alla naturale evaporazione dell’acqua: l’aria calda passa attraverso pannelli umidificati e fa evaporare l’acqua; il calore dell’aria viene assorbito e ne esce aria raffrescata. Sulla pericolosità delle torri di raffreddamento in effetti le opinioni sono discordanti, e sicuramente una buona manutenzione aiuta a prevenire ristagni; tuttavia, per non rischiare un aiuto concreto ed efficace arriva dalla tecnologia PHI (fotoionizzazione) proposta da Ispa. Si tratta di una soluzione mirata per risolvere i problemi connessi alla qualità dell’aria ed è realizzata per l’installazione nei sistemi di ventilazione. L’obbiettivo è la purificazione

dell’aria attraverso la rimozione dei contaminanti che respiriamo, considerando che ognuno di noi respira circa 23.000 volte al giorno e muove oltre 12 mc di aria.

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cover story

Impianti di evaporazione sottovuoto dal 1984 Eco-Techno

Soluzioni personalizzate, elevati standard qualitativi, know-how trentennale e innovazione Da oltre 30 anni protagonista nel settore della depurazione dei reflui, per il riciclo dell’acqua e del recupero delle materie prime, Eco-Techno è un’azienda specializzata nella realizzazione di impianti di evaporazione e concentrazione sottovuoto, presente con installazioni in tutto il mondo. Con sede a Busnago, in provincia di Monza e Brianza, offre soluzioni importanti per tutte quelle aziende che necessitano di un trattamento speciale delle acque cariche di inquinanti. oltre agli impianti di evapo-concentrazione più tradizionali, l’azienda lombarda propone tecnologie molto particolari in grado di soddisfare ogni settore applicativo e scopo specifico. Rispetto alla maggior parte di aziende che sposano una precisa tipologia impiantistica, Eco-Techno offre diverse soluzioni in funzione del tipo di alimentazione primaria:

elettrica per impianti a pompa di calore (mono o doppio effetto) o a ricompressione meccanica dell’evaporato, oppure con vettori termici quali acqua calda o vapore, anch’essi in versioni a singolo o multiplo effetto. Anche a livello strutturale vengono fatte scelte ben precise per quanto riguarda le superfici di scambio: scambiatori immersi a serpentino, a piastre, a fascio tubiero oppure sistemi più particolari con evaporatori a circolazione forzata e fascio tubiero esterno. In questo modo l’Azienda è stata in grado di ampliare il proprio mercato di riferimento e di offrire la soluzione più idonea per ogni applicazione, definendo il progetto solo dopo una fase di studio preliminare molto approfondita. Nella sede di Busnago, oltre a un’area produttiva di circa 1.500 mq, è stata riservata una buona parte degli spazi interni a un laboratorio di analisi

e prove preliminari, eseguite sia con strumenti da banco che con impianti pilota. L’azienda, infatti, vanta una gamma completa di impianti in scala che copre tutte le tipologie delle versioni industriali realizzate. In questo modo, le fasi di test preliminari offrono risposte molto precise per poter confermare la migliore tecnologia sia in termini energetici che qualitativi. DIVERSE SOLUZIONI COME RISPOSTA ALLE ESIGENZE DI OGNI SETTORE

Nei diversi settori produttivi, le acque reflue derivanti dai vari processi presentano differenze molto marcate, è perciò errato considerare che vi sia un’unica soluzione impiantistica sempre valida. Anche nella progettazione di evaporatori sottovuoto vi sono diverse tipologie di impianti, ognuna con pregi e difetti

Particolare di un evaporatore ECO 20000 DPM2-SE

e ognuna più idonea di altre a seconda dell’applicazione. Tutti i sistemi di evaporazione sottovuoto, di base, separano l’acqua da una soluzione evaporandola e ricondensandola in modo da estrarla sempre in forma liquida. Il principio dell’evaporazione è particolarmente indicato se gli inquinanti sono sostanze come metalli, sali o in generale composti organici e inorganici “pesanti” o altobollenti di difficile trattamento con sistemi classici di tipo chimico fisico biologico o a membrane. L’errore che non si deve mai commettere è scendere a compromessi, adattandosi a una scelta per la sua economicità o per mera “comodità” impiantistica. Per fare un esempio, reflui oleosi come emulsioni esauste possono suggerire l’impiego di impianti a compressione meccanica del vapore, compatti e di facile installazione, ma se al loro interno si ha pre-

Evaporatore mono stadio a circolazione forzata Hi-Tech Ambiente

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senza di ammoniaca o acidi volatili potrebbero verificarsi problemi di durata del compressore rendendo necessaria la sua sostituzione con ricambi molto frequenti. Un’errata analisi, che non abbia considerato questo aspetto in fase di valutazione preliminare, comporterebbe dei costi non previsti. Altro esempio: valutare l’installazione di un evaporatore a scambiatore immerso a piastre o a fascio tubiero per soluzioni saline potrebbe comportare frequenti fermi macchina per operazioni di pulizia rispetto a impianti a circolazione forzata. Eco-Techno crede fermamente che un’attenta fase di analisi preliminare sia fondamentale così come l’individuazione della tipologia di evaporatore più idonea a ogni singolo caso. L’azienda lombarda progetta e produce diverse tipologie di Evaporatori Concentratori Sottovuoto, ognuna di esse con pro e contro in relazione ai liquidi trattati. EVAPORATORI A POMPA DI CALORE (HP)

Il sistema si prefigge di attuare l’evaporazione e la condensazione dell’acqua recuperata da un liquido in soluzione utilizzando come sola fonte energetica l’elettricità. I vantaggi sono ovviamente la semplicità di installazione e l’indipendenza da ogni asservimento esterno. Questo sistema “Plug & Play” necessita solamente un allaccio elettrico e aria compressa per l’attuazione delle valvole. Per rendere fruibile il principio della pompa di calore, il sistema deve creare un vuoto molto spinto (circa 40 mbar residui) abbassando la temperatura di ebollizione a circa 33–35 °C. Gli evaporatori a pompa di calore utilizzano un circuito frigorifero alimentato da un compressore, che fornisce nello stesso tempo il “caldo” per evaporare e il “freddo” per condensare; mentre un sistema del vuoto garantisce le condizioni operative necessarie. Questa tecnologia, messa a punto e ottimizzata negli anni, ha raggiunto un consumo elettrico molto basso di circa 150 watt per litro evaporato (ovvero 150 kW/mc). Le portate coperte da questi evaporatori vanno da poche decine di litri fino a 20 mc in 24 ore nella versione mono effetto o addirittura fino a 60 mc nelle versioni doppio stadio. È pur vero che questa tipologia, dopo lo sviluppo di evaporatori termici a mono o multi stadio, viene sempre più utilizzata per portate

Evaporatore a pompa di calore a doppio stadio

medio basse (fino ai 10 mc/giorno). Per ridurre ulteriormente il consumo energetico, o per crescere a portate fino a 60 mc in 24 ore è possibile adottare un sistema a pompa di calore a doppio effetto, riducendo i consumi a circa 100 kW/mc ma occorre valutare attentamente il tipo di refluo e il risultato che si vuole raggiungere poiché tale tecnologia non è idonea ad alcuni tipi di trattamenti o a raggiungere elevate concentrazioni. In entrambe le versioni (mono o doppio effetto), possono essere impiegati scambiatori immersi a serpentino, più efficienti da un punto di vista energetico, o a piastre (meno efficienti ma in alcuni casi più indicati dei primi). Altre varianti, come nel caso di liquidi molto viscosi o collosi, prevedono una camicia esterna come superficie di scambio e pale raschianti all’interno del vessel di ebollizione. Qualora si debba arrivare a concentrati secchi o palabili, si prevede lo sviluppo orizzontale della camera di ebollizione e scambiatori a sella. Nei sistemi a pompa di calore, queste ultime due categorie pongono un limite alla produttività giornaliera limitata a pochi metri cubi (al massimo 3 mc/giorno circa). EVAPORATORI A RICOMPRESSIONE MECCANICA DEL VAPORE (MVR)

Sono evaporatori alimentati elettricamente che sfruttano la ricompressione del vapore formatosi dall’ebollizione del prodotto per generare il calore necessario ad alimentare il sistema. I vantaggi principali sono dati dall’estrema compattezza dello skid e dai consumi contenuti.

Un impianto a compressione meccanica a regime consuma 50–80 kW/mc, ad eccezione delle fasi di messa in marcia e fine ciclo ove vi sono consumi più elevati. Quanto ai limiti di questa tecnologia, sono fondamentalmente due: un fattore di concentrazione meno spinto rispetto agli altri sistemi e un più ristretto spettro di applicazioni. Questi limiti sono dovuti alla tecnologia stessa e collegabili alla fase di ricompressione del vapore attuata dall’organo principale del sistema: un compressore a lobi. Questa parte dell’impianto è piuttosto delicata e, nel caso di trascinamenti anche minimi di sostanze inquinanti (soprattutto acidi, tensioattivi o altre frazioni organiche leggere), si rischia di comprometterne rapidamente l’efficienza. Riassumendo, quindi, impianti a ricompressione meccanica, nel caso di soluzioni a base acquosa poco inquinate, è una delle soluzioni economicamente più vantaggiose. EVAPORATORI AD ACQUA CALDA O VAPORE

scarto”) e l’utilizzo di un sistema più semplice e duraturo. Per il primo aspetto i dati di un evaporatore a tre stadi prevedono un consumo di circa 0.021 kg di metano e 22 watt per litro evaporato, arrivando a dimezzare i costi di esercizio rispetto a impianti a pompa di calore. Per il secondo aspetto, l’assenza di compressori elettrici come organo principale di alimentazione, porta a una maggior semplicità manutentiva e minori costi di intervento. L’utilizzo di fonti di calore esterne, non vincolate dal processo di evaporazione, rende questi impianti molto più flessibili delle altre versioni, spingendo il processo anche oltre i limiti imposti da molte soluzioni acquose. La modularità di questi impianti prevede inoltre la possibilità di un ampliamento futuro fino a tre stadi senza aumentarne il fabbisogno termico. Questa tecnologia viene impiegata con due diverse modalità: impianti con scambiatore immerso (a tubi o a piastre) oppure impianti con scambiatore a fascio tubiero esterno a circolazione forzata. Il principio è il medesimo ma se nel primo il prodotto da trattare è statico all’interno della camera di ebollizione (pool boiling) e lo scambiatore di calore è immerso nel prodotto stesso, negli impianti a circolazione forzata il prodotto passa in un ribollitore esterno e l’evaporazione avviene mantenendo il liquido in circolazione provocando un effetto “flash” al suo rientro in camera evaporativa. A livello energetico non vi sono differenze sostanziali tra il primo e il secondo sistema, mentre per quanto riguarda la natura dei reflui trattati, con impianti a circolazione forzata, si può ottenere una concentrazione migliore e più spinta soprattutto nel caso di reflui tendenti a precipitazione o sedimentazione. CONCLUSIONI

In alternativa al sistema a pompa di calore, Eco-Techno ha sviluppato evaporatori alimentati da fonti di calore esterne in grado di coprire portate superiori e soprattutto di minimizzare i consumi energetici. Questi evaporatori possono essere realizzati in più stadi in modo da poter recuperare il calore più volte attuando un cascame termico. In questo caso si possono ottenere due vantaggi fondamentali: una riduzione dei costi legati al consumo energetico (in alcuni casi quasi annullato se viene utilizzato calore “di

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In conclusione, è impossibile definire una tipologia di evapo - concentratori migliore di altre. La discriminante principale sta nel scegliere quale sia la soluzione più indicata in base alla tipologia di acque da trattare, alle fonti di calore disponibili e, ancor più importante, a ciò che il cliente si aspetta dall’introduzione del sistema prescelto. In Eco-Techno le fasi che precedono l’offerta mirano proprio a questo aspetto: l’individuazione della migliore tecnologia.


La bonifica del terreno con processi termici Caratteristiche e vantaggi

Trattamenti di desorbimento o di termodistruzione, con impianti fissi o con strutture mobili oppure direttamente in situ I trattamenti termici per la bonifica dei terreni contaminati consistono nel riscaldamento (diretto o indiretto) del terreno e sono applicabili principalmente per la rimozione delle sostanze organiche. Questi trattamenti possono essere distinti in: - trattamenti di desorbimento termico, che consistono nel riscaldamento del terreno per ottenere la vaporizzazione dei contaminanti volatili a temperature inferiori a 650 °C (quindi senza ossidazione) - trattamenti di termodistruzione, e in questo caso si ha l’ossidazione della sostanza organica ad alta temperatura (da 650 a 2.000 °C). Alle temperature più alte si arriva alla fusione e vetrificazione, che consentono di immobilizzare nel materiale vetrificato gli eventuali contaminanti inorganici (in genere metalli pesanti). Un’altra distinzione riguarda la possibilità di effettuare questi trattamenti sia con impianti fissi (off site), sia con impianti mobili o trasportabili (on site), sia direttamente in situ, attraverso il riscaldamento del suolo con energia termica o elettrica. Tutte queste tecniche agiscono in due fasi, nelle quali viene sempre utilizzato il calore, seppur con tecnologie molto diverse: - nella prima fase il calore serve per il desorbimento termico, cioè per provocare la rimozione dei contaminanti organici dal terreno alimentato all’impianto, oppure (nel desorbimento termico in situ) presenti nel terreno, facendone arrivare in superficie i vapori e aspirandoli

Impianto di incenerimento del terreno contaminato

- nella seconda fase i vapori estratti, sia con tecniche on site sia in situ, vengono sottoposti a combustione o ad altre forme di abbattimento (adsorbimento su carboni attivi, recupero mediante condensazione). A prescindere dalla tipologia di trattamento, le principali finalità dei processi di bonifica sono: ricondurre le concentrazioni di contaminanti nei terreni insaturi e/o saturi entro le “concentrazioni soglia di rischio” individuate per il sito da bonificare o entro le “concentrazioni soglia di contaminazione” richieste per poter recuperare in siti esterni a quello da bonificare i terreni comunque da rimuovere; ricondurre la quantità di contaminanti nei terreni insaturi non recuperabili entro le “concentrazioni limite” ammesse per poterli conferire in discarica.

DESORBIMENTO TERMICO

Il desorbimento termico è finalizzato alla vaporizzazione dei contaminanti contenuti nel terreno, riscaldando lo stesso a temperature tra 90 e 650 °C; i contaminanti volatilizzati vengono quindi trattati in fase gassosa, previa separazione delle polveri. Il calore viene utilizzato per favorire il trasferimento in fase gassosa dei contaminanti presenti nel suolo; i gas risultanti dal processo, ricchi di contaminanti organici, vengono raccolti e trattati in opportuni impianti (essenzialmente impianti di termodistruzione ed eventualmente di adsorbimento su carboni attivi per le tracce residue). Al termine del trattamento il suolo può in genere essere ricollocato in situ. I processi di desorbimento termico sono generalmente applicati ex si-

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tu, e si articolano nelle seguenti fasi: escavazione del terreno contaminato, prettamento dei terreni, stadio di desorbimento, trattamento del fluido gassoso nel quale vengono trasferiti gli inquinanti. Il pretrattamento consente di trasformare il suolo contaminato in una forma compatibile con il processo di desorbimento. Esso consiste essenzialmente in una vagliatura e/o frantumazione dei materiali grossolani e, nel caso di terreni coesivi, in uno sminuzzamento degli aggregati limoso-argillosi. Il desorbimento viene effettuato in forni cilindrici metallici rotanti, con riscaldamento diretto (forni a tamburo rotante) o indiretto (scambio termico con superfici metalliche riscaldate mediante fluidi). La temperatura del processo nella fase di desorbimento è impostata principalmente in funzione della tensione di vapore dei contaminanti da trattare e costituisce un’importante variabile nella composizione del costo finale di trattamento: per benzine, solventi e frazioni idrocarburiche leggere la temperatura va da 200 a 350 °C; per gasolio da 400 a 450 °C; per oli pesanti, pesticidi, IPA da 450 a 650 °C. Sul mercato esistono impianti mobili per il desorbimento termico, di diverse dimensioni, che lavorano con diversi intervalli di temperatura. L’efficienza del trattamento e i suoi costi sono condizionati da vari fattori, quali granulometria e umidità del terreno, contenuto di sostanza organica e contaminanti, Continua a pag. 20



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La bonifica del terreno con processi termici temperatura di processo, tempo di residenza nel forno. La depurazione dei gas in uscita è necessaria per rimuovere gli idrocarburi e gli altri contaminanti, e portare la concentrazione delle emissioni inquinanti entro i limiti di legge; le problematiche principali consistono nell’abbattimento delle polveri e degli inquinanti organici volatilizzati, e nella potenziale formazione di diossine. Quanto al desorbimento in situ, questa tecnica si basa suun incremento controllato della temperatura, tale da permettere una più rapida mobilizzazione dei contaminanti attraverso vari meccanismi (come l’incremento della tensione di vapore e della solubilità). Le tecnologie maggiormente impiegate per l’innalzamento della temperatura sono di tre tipi: estrazione con vapore, ossia immissione di vapore a temperature variabili tra 150 °C e 230 °C, con conseguente strippaggio delle sostanze volatili

Trattamento di desorbimento termico in situ

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riscaldamento mediante elettricità riscaldamento a radiofrequenze, in cui il riscaldamento del terreno avviene mediante energizzazione con onde elettromagnetiche nel campo delle frequenze radio, fino a raggiungere temperature tra 100 °C e 300 °C . Gli effetti del riscaldamento sulla qualità del suolo dipendono essenzialmente dalla temperatura di processo: il riscaldamento fino a 220 °C produce la completa disidratazione del suolo (migliorando addirittura le qualità agronomiche del terreno), mentre tra 220 °C e 460 °C si ha la combustione della sostanza organica (nel qual caso, l’aggiunta di compost e altri ammendanti organici nel terreno consente il suo riutilizzo in agricoltura). Il riscaldamento sopra 500 °C comporta la perdita degli ossidrili delle argille e la dissociazione dei carbonati; tali terreni possono essere utilizzati solo come materiali inerti di riporto o riempimento. Rispetto ad altre tecnologie di risanamento off site (quali trattamento biologico e lavaggio), il desorbimento termico in situ presenta numerosi vantaggi, quali:


distruzione dei contaminanti senza produzione di rifiuti capacità di trattare una vasta gamma di contaminanti organici (anche ad elevate concentrazioni), e terreni a granulometria grossolana, media o fine elevata efficacia del trattamento, con basse concentrazioni residue di contaminanti recupero completo del terreno; al di sotto dei 500 °C i terreni trattati possono essere recuperati a fini agronomici (previa aggiunta di compost) Per gli interventi on site, la superficie necessaria per l’impianto e lo stoccaggio è comunque inferiore a quella richiesta dai trattamenti biologici. Quanto agli svantaggi e ai limiti di questa tecnica, occorre sottolineare i costi maggiori rispetto al trattamento biologico e al lavaggio, l’inefficacia sui terreni contaminati da metalli pesanti (rispetto al lavaggio) e le difficoltà nel trattamento dei fumi in caso sia presente Hg volatile, oltre al possibile impatto negativo sull’opinione pubblica (a causa delle similitudini con la termodistruzione). TRATTAMENTI DI TERMODISTRUZIONE

Tra i processi di termodistruzione, la vetrificazione del suolo è l’unico intervento praticabile in situ. Essa consiste in un riscaldamento del suolo a temperature comprese tra 1.600 e 2.000 °C. A queste temperature il suolo inizia a fondere e il successivo raffreddamento porta alla formazione di un composto amorfo vetroso. Il riscaldamento è ottenuto mediante l’applicazione di differenze di potenziale elettrico fino a 4.000 v, che provoca l’immediata evaporazione dell’umidità dal suolo; per compensare la conseguente diminuzione della conducibilità elet-

trica si aggiunge uno strato di grafite tra gli elettrodi. Il repentino innalzamento della temperatura provoca la volatilizzazione e pirolisi dei composti organici, che vengono aspirati e inviati a una linea di trattamento fumi. Tra i principali svantaggi di questa soluzione vi sono i costi elevati derivanti dall’alto consumo energetico e il fatto che i tempi del trattamento sono fortemente influenzati dal tenore di umidità del suolo. Altre tecnologie di termodistruzione vengono realizzate mediante processi di trattamento on site, condotti mediante unità mobili trasportate sul sito contaminato. La decomposizione degli inquinanti è ottenuta mediante incenerimento del terreno contaminato, che deve essere ridotto a una granulometria uniforme prima di essere alimentato al forno. Per ottimizzare tutti i parametri di funzionamento (temperatura, tempi di permanenza, grado di abbattimento degli effluenti gassosi) è necessaria un’attenta analisi e caratterizzazione dell’alimentazione, vista l’ampia varietà di sostanze potenzialmente presenti nel suolo; infatti, nel caso di combustione incompleta dei composti organici si possono generare dei sottoprodotti ancora più tossici di quelli di partenza. Il processo si completa con un secondo stadio, in cui i gas di combustione vengono trattati per la rimozione del particolato e il controllo dei gas acidi (HCl, Nox e Sox) tramite lavaggio con acqua ed eventuale combustione in camera secondaria dei gas in uscita dal forno. Al termine del trattamento si ottiene un prodotto totalmente diverso dal suolo in ingresso, in gran parte vetrificato, che può essere utilizzato in edilizia per riempimenti, sottofondi stradali, ecc.

Trattamento di desorbimento termico Hi-Tech Ambiente

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Il problema “odori” dei reflui Nella depurazione delle acque

Per combattere le emissioni maleodoranti si può ricorrere a interventi di prevenzione, di limitazione fisica, di limitazione chimica, di trattamento delle emissioni odorose Gli impianti di depurazione delle acque e gli impianti di raccolta, trasferimento e trattamento dei rifiuti sono invariabilmente associati alla produzione di cattivi odori. Anche quando questi impianti si trovano lontano dai centri abitati, gli odori possono essere trasportati dal vento e sono comunque un problema per chi lavora entro gli impianti. Dal punto di vista legislativo, la disciplina delle emissioni odorose è di competenza delle Regioni; il recente D.Lgs 183/2017 ha introdotto alcune misure di razionalizzazione, ma senza definire valori limite per gli odori. Tuttavia, il suddetto D.Lgs prevede esplicitamente che le autorizzazioni alle emissioni in atmosfera possano contenere specifiche prescrizioni relative alle emissioni odorigene, indicando valori limite (espressi in unità odorimetriche, come oUE/mc oppure oUE/S). La violazione di tali valori limite comporterà (come per la violazione degli altri parametri contenuti nell’atto autorizzativo) una ammenda fino a 10.000 euro o l’arresto fino a 1 anno. Dal punto di vista chimico-biologico, la produzione di cattivi odori negli impianti di trattamento delle acque reflue e negli impianti di movimentazione e trattamento dei rifiuti ha origini molto simili e, conseguentemente, anche le tecniche di controllo e trattamento risultano simili.

IMPIANTI DI DEPURAZIONE DEI REFLUI

Fognature, liquami e relativi impianti di trattamento sono da sempre associati con un tipico cattivo odore (“puzzo di fogna”) che risulta dalla sovrapposizione dell’odore di uova marce (dovuto a idrogeno solforato e mercaptani) con odori di olio rancido (acidi grassi volatili), e con la frequente presenza di “note” di pe-

sce guasto (ammine volatili). Tutte queste sostanze vengono prodotte dalla decomposizione anaerobica delle sostanze contenute nei liquami (e anche dai solfati naturalmente presenti nell’acqua). In particolare: - l’idrogeno solforato deriva dalla riduzione dei solfati attraverso l’azione di batteri solfo-riduttori, come il Desulfovibrio desolfuricans, che utilizzano i solfati come accettori di elettroni e fonti di

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ossigeno per i loro processi metabolici, producendo ioni solfuro. Questi ioni reagiscono con l’acqua formando una miscela che contiene, oltre agli ioni solfuro (S=) anche ioni solfidrato (HS-) e idrogeno solforato non ionizzato (H2S). Solo l’H2S è responsabile dei cattivi odori, perché può passare dalla fase acquosa all’aria sovrastante; le altre due forme (S= e HS-) restano in soluzione e non contribuiscono quindi all’o-


dore. La distribuzione delle varie forme dipende dall’acidità della soluzione; difatti, in ambiente acido tutto lo zolfo ridotto è presente come H2S (e si ha quindi il massimo di odore), mentre in ambiente alcalino predominano forme non odorose - i mercaptani (che sono i composti più puzzolenti che si conoscano, in quanto il loro odore è avvertibile anche a concentrazioni bassissime, inferiori a 1 ppm) si formano per digestione anaerobica delle proteine contenenti zolfo - gli acidi grassi volatili (con il tipico odore di rancido) costituiscono uno dei primi stadi della fermentazione anaerobica sia dei grassi che delle proteine - le ammine si formano per decomposizione anaerobica degli amminoacidi, che sono i costituenti base delle proteine. I punti critici, nel processo di formazione dei cattivi odori, sono: l’arrivo dei canali collettori, la sezione di grigliatura, i pozzi di raccolta dei fanghi freschi, gli ispessitori ed altri componenti della linea fanghi. Gli interventi per combattere gli odori si possono distinguere in:

batterica dell’impianto di depurazione. INTERVENTI DI LIMITAZIONE FISICA

interventi di prevenzione, di limitazione fisica, di limitazione chimica, di trattamento delle emissioni odorose. INTERVENTI DI PREVENZIONE

Le norme esistenti richiedono che gli impianti di depurazione vengano costruiti in aree lontane da luoghi residenziali (attuali e futuri) e che siano circondati da una fascia non edificabile, possibilmente dotata di alberi a foglie perenni (pini, lecci, eucalipti). Nella pratica, però, si incontrano

spesso situazioni difformi da questo quadro, che non lasciano altra possibilità se non quella di interventi entro il perimetro dell’impianto. Una forma fondamentale di prevenzione consiste nel controllo degli scarichi industriali; l’immissione di questi nelle fognature civili può causare la liberazione degli odori, o per la presenza di sostanze negli scarichi stessi o per reazione chimica con materiali ivi depositati (si veda, ad esempio, lo sviluppo di H 2S per attacco acido dei solfuri) o, infine, per alterazioni alla flora

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Si tratta sostanzialmente di accorgimenti impiantistici per limitare la formazione di odori o facilitarne la rimozione. La prima regola è quella di evitare ristagni di liquame, progettando canali e canalette in modo che vi sia sempre una buona velocità di flusso: nel caso in cui ciò non risultasse possibile, occorre prevedere l’insufflaggio di aria compressa. Poiché i batteri che riducono i solfati ad idrogeno solforato trovano un habitat ideale nelle incrostazioni di grasso e nelle schiume, occorre mantenere sempre le condizioni di pulizia. Tutte le aree dell’impianto devono poi disporre di prese d’acqua in pressione, in modo da consentire rapide operazioni di lavaggio. La copertura di vasche e canali, in abbinamento ad un impianto di aspirazione e trattamento dell’aContinua a pag. 24


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Il problema “odori” dei reflui ria, è una misura largamente praticata; in alcuni casi, tuttavia, potrebbe risultare controproducente, in quanto limita l’afflusso di ossigeno, oltre a complicare notevolmente gli interventi di pulizia e manutenzione. La sezione trattamento fanghi presenta spesso problemi non lievi, in quanto i fanghi di depurazione a contatto con l’aria danno rapidamente luogo a fenomeni di fermentazione acida, con formazione di odori simili a quelli del letame. occorre limitare al massimo il tempo di ritenzione nelle vasche di sedimentazione e procedere all’estrazione dei fanghi in modo continuo; così come devono essere eliminati con continuità i materiali raccolti sulle griglie nelle fasi preliminari di trattamento (ad esempio, mediante sistemi di triturazione) e le sostanze galleggianti asportate dalla superficie dei sedimentatori. Altre precauzioni generalmente da prendere relativamente ai fan-

ghi sono: evitare zone di ristagno e inviare il prima possibile i fanghi nei digestori. INTERVENTI DI LIMITAZIONE CHIMICA

occorre anzitutto impedire che abbiano inizio fenomeni di putrefazione della rete fognaria e per questo, oltre alla sistematica manutenzione, può essere utile (nelle condotte in pressione) l’inie-

zione di aria compressa. Se i fenomeni putrefattivi sono già in atto quando il liquame arriva all’impianto, sono opportuni trattamenti di pre-aerazione (ad esempio, nelle fasi di disoleatura o di dissabbiatura): un accorgimento frequentemente adottato è la miscelazione dei liquami in ingresso con l’effluente aerato proveniente dal ricircolo dei letti percolatori o delle vasche a fango attivo. In casi particolari si può

ricorrere a disinfettanti chimici (acqua ossigenata, ossigeno puro, perossidi); l’uso di ipoclorito viene di solito scartato per evitare sia problemi di tossicità alla flora batterica sia la formazione di microinquinanti clorurati potenzialmente cancerogeni. Un ulteriore fattore da controllare è rappresentato dall’acidità: come accennato all’inizio, un ambiente acido favorisce la liberazione in atmosfera dell’idrogeno solforato. Molti episodi improvvisi di cattivi odori sono risultati collegabili con l’immissione imprevista (e spesso abusiva) di scarichi industriali nelle fognature civili, o in impianti destinati al trattamento combinato di scarichi sia civili che industriali. Devono essere quindi previsti bacini di equalizzazione di capacità adeguata a far fronte ad emergenze di questo tipo, dotati di sistemi di rilevazione in continuo del pH, con possibilità di dosaggio di reagenti (come calce o soda) adatti ad innalzare rapidamente il valore del pH stesso. Un vero controllo degli odori si Continua a pag. 28

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Stop agli odori con le biotecnologie Air Clean

Sistemi ad elevata efficacia con costi di gestione contenuti, altamente flessibili e robusti, ampiamente utilizzati in tutto il mondo Air Clean progetta, costruisce e installa sistemi di trattamento dell'aria, controllo odori e depurazione del biogas. L’azienda è in grado di offrire soluzioni chiavi in mano ad alte prestazioni, a basso costo, ecosostenibili, con materiali di alta qualità (più di 1.000 impianti installati con successo). Per quanto riguarda gli impianti di trattamento delle acque reflue, da

oltre 20 anni la società dispone di tecnologie proprietarie basate sull'uso di batteri per rimuovere gli odori (MonaShell, MonaShell EBF, CrumRubber). BIOTRICKLING MONASHELL

Nel caso in cui si debbano ottenere elevate efficienze di rimozione, Air Clean propone un metodo biologico costituito da un innovativo sistema biotrickling (MonoShell), basato sull’utilizzo di conchiglie opportunamente trattate come supporto per lo sviluppo batterico. Questa particolare tecnologia proprietaria è stata incorporata nelle BREF (Waste Water and Waste Gas Treatment), rappresentando quindi una delle migliori tecniche disponibili riconosciute a livello europeo. MonaShell è molto efficiente nel trattamento di flussi di aria di scarico contenenti diversi inquinanti organici, a concentrazioni variabili. I sottoprodotti acidi generati dall'attività batterica di degradazione sono facilmente neutralizzati dal carbonato di calcio rilasciato dal guscio delle conchiglie, senza necessità di aggiungere reagenti per il controllo del pH. Anche il dosaggio dei nutrienti non è richiesto. L'aria viene insufflata in una camera di distribuzione e costretta ad attraversare il materiale di riempimento. Per mantenere l'umidità e rimuovere i sottoprodotti di ossidazione, il letto deve essere bagnato da un sistema di irrigazione dedicato. Il sistema MonaShell è fornito sotto forma di reattore completamente chiuso ed è in grado di funzionare

TECNOLOGIE BIOLOGICHE INNOVATIVE Air Clean è proprietaria e distributrice dei sistemi biologici MónaFil, MónaShell e CrumRubber, sviluppati da Bord na Móna. MónaShell (gusci di conchiglie) viene principalmente impiegato per rimuovere gli odori emessi dagli impianti di trattamento delle acque reflue (99% di rimozione dell’H2S per concentrazioni di ingresso fino a 400 ppm). MónaFil (torba granulare irlandese) può essere validamente utilizzato per la rimozione degli odori negli impianti di trattamento dei rifiuti solidi urbani. CrumRubber (gomme catalitiche) è idoneo per la desolforazione del biogas. I sistemi MonaShell e MonaFil da soli o in combinazione con altre tecnologie, possono essere utilizzati per la rimozione di una vasta gamma di composti (alcoli, chetoni, idrocarburi aromatici, etc.) generati da diversi processi industriali (petrolchimico, industria alimentare, ecc.).

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Il problema “odori” dei reflui ha però soltanto agendo sul meccanismo microbiologico della loro formazione, cioè intervenendo in maniera “mirata” sulla popolazione batterica. Gli interventi “di copertura”, come la diffusione nell’aria di composti antagonisti o “coprenti”, oppure l’immissione nel liquido di particolari oli essenziali, possono essere utili come misure di pronto intervento. IL CONTROLLO DEI BATTERI

Per quanti sforzi si facciano al fine di favorire l’aerazione e quindi bloccare il metabolismo dei batteri anaerobici, esisterà sempre qualche zona dell’impianto in cui si verificheranno condizioni favorevoli allo sviluppo di cattivi odori. Una volta compiuti gli interventi sopra descritti, sarà quinContinua da pag. 26

Stop agli odori con le biotecnologie sia in ricircolo che once-through. Il reattore è suddiviso in due stadi biologici separati, ciascuno inoculato con diverse specie batteriche, minimizzando così la competizione e migliorando l'efficienza di rimozione. Un vantaggio legato all'uso di sistemi completamente chiusi è che l'aria trattata può essere canalizzata. Ciò consente un miglior controllo del flusso rispetto a un biofiltro di tipo aperto e garantisce prestazioni migliori grazie all'effetto di dispersione.

di necessario localizzare tali zone e intervenire controllando le popolazioni batteriche: occorre cioè, da un lato, modificare l’habitat in modo da renderlo non più favorevole ai batteri solfato-riduttori, e dall’altro, favorire l’innalzamento del pH (mediante la metabolizzazione degli acidi grassi volatili) e la trasformazione degli ioni solfuro in solfati (che sono inodori), che avviene grazie ai batteri fotosintetici anossigenici. La realizzazione di questi interventi richiede notevoli professionalità, perché occorre mettere insieme diversi microorganismi e fornire loro gli adatti fattori di accrescimento. Inoltre, i microorganismi spontanei spesso forniscono risultati mediocri (oppure temporanei o scarsamente riproducibili), in quanto risultano troppo sensibili a qualcuno dei numerosi inquinanti che possono essere immessi (in maniera difficilmente prevedibile) nella rete fognaria. Inoltre, il sistema MonaShell è modulare e quindi consente di aumentare la capacità di trattamento semplicemente aggiungendo moduli a quelli già installati. L'efficienza, la flessibilità, la robustezza, i bassi costi di investimento e operativi rendono il sistema MónaShell la soluzione ideale per la maggior parte delle applicazioni di controllo degli odori negli impianti di trattamento delle acque reflue e nelle applicazioni industriali in generale. Questa tecnologia ha ampliato il campo delle applicazioni delle biotecnologie grazie alla sua capacità di trattare alte concentrazioni di composti scarsamente rimovibili con processi di tipo tradizionale.

occorre, quindi, integrare alle popolazioni batteriche spontanee dei ceppi selezionati e adatti a condizioni spinte di tossicità, che sono forniti da ditte specializzate. Questi prodotti agiscono con una combinazione di diversi meccanismi: inizialmente i microorganismi assimilano le sostanze organiche, disgregando il grasso e gli strati di melme e fango (che sono l’habitat preferito di batteri solforiduttori); contemporaneamente, i batteri metanogeni consumano gli acidi grassi volatili, in modo da innalzare il pH a favorire così le forme ionizzate (HS- e S=), a spese di H2S. In queste formulazioni sono presenti anche batteri fotosintetici anossigenici, che utilizzano le forme dello zolfo come donatori di elettroni, provvedendo così ad eliminare l’H 2S per via biologica. Un altro vantaggio non trascurabile è la sanitarizzazione del sistema, grazie a ceppi batterici che si comportano come antagonisti nei confronti di molti microorganismi patogeni (salmonel-

Hi-Tech Ambiente

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le, vibrioni, stafilococchi, shigella, ecc.) e delle larve di insetti. SISTEMI DI TRATTAMENTO

Esiste una varietà di sistemi di trattamento delle emissioni odorose che discendono da tecnologie tradizionalmente in uso nell’industria chimica: passaggio dell’aria in scrubbers, su letti a carbone attivo, in torri di ossidazione, ecc. I processi più frequentemente usati sono quelli che si basano sulla combinazione di assorbimento e ossidazione. L’uso degli ossidanti (ozono e ipoclorito) assicura la distruzione, oltre che delle sostanze organiche, anche di virus e batteri. Per i piccoli impianti si impiegano frequentemente sistemi di biofiltrazione, nei quali le sostanze organiche vengono eliminate da batteri presenti su un letto di torba fibrosa e che richiedono, comunque, uno stadio di prelavaggio per la eliminazione dell’H2S.



Niente odori con Bioclean Tecnosida

Un biofiltro per il trattamento delle molecole organiche e inorganiche odorifere Il problema delle emissioni di odori molesti ed altri gas potenzialmente tossici ed inquinanti assume sempre maggiore rilevanza. Fra i possibili impianti di abbattimento di tali emissioni, hanno rivestito particolare interesse quelli che basano il loro principio di funzionamento sulla degradazione biologica dei composti contenuti nell'effluente, ossia i biofiltri.

gli inquinanti più comuni vanno da 80 a 100 mc/h per metro cubo di materiale filtrante. IL BIOFILTRO BIOCLEAN

BIOFILTRAZIONE E BIOFILTRI

La biofiltrazione è una tecnologia di depurazione delle emissioni gassose che risulta particolarmente idonea nel trattamento dei Composti organici volatili (Cov) a medio-bassa concentrazione. Nello specifico, i biofiltri sono costituiti da una massa di materiale organico (torba, compost, erica, cortecce o loro miscele) in cui si seleziona e sviluppa una microflora batterica in grado di degradare, mineralizzandole, le molecole dei composti inquinanti (organici e inorganici) contenuti nell'aria da trattare. Quest’ultima viene infatti condotta attraverso la camera di distribuzione del Bioclean di Tecnosida, dove avviene il contatto tra le sostanze inquinanti odorigene e i microrganismi che le metabolizzano e le trasformano in composti inodori (acqua ed anidride carbonica). Per ottenere una buona funzionalità del biofiltro è essenziale la presenza di un habitat adeguato allo sviluppo dei microrganismi (batteri, attinomiceti e funghi). In particolar modo risulta importante che all’interno del materiale filtrante venga mantenuta un’umidità ottimale e un’adeguata temperatura, al fine di garantire la proliferazione della flora batteri-

ca. I microrganismi, infatti, sono in grado di assorbire sostanze alimentari solamente dalla fase acquosa: un insufficiente contenuto di acqua nel letto filtrante causa l’essiccamento del materiale e la perdita di attività biologica. Per questo motivo, l’umidificazione riveste un ruolo fondamentale e avviene implementando un sistema automatico di spruzzatura a pioggia.

In alternativa, a monte del biofiltro può essere posto uno scrubber di condizionamento che permette l’abbattimento di eventuali componenti polverose e, soprattutto, permette al flusso da trattare di raggiungere il giusto livello di umidità necessario per il corretto funzionamento del biofiltro. Per quanto riguarda la portata dell'aria da trattare, i carichi specifici normalmente consigliati per

Efficienza di abbattimento di un biofiltro per diversi composti odorosi Hi-Tech Ambiente

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Il biofiltro Bioclean presenta il vantaggio di un minor costo di gestione rispetto agli impianti di termodistruzione in quanto non necessita di elevato dispendio energetico, non presenta costi di rigenerazione e non richiede l’utilizzo di reagenti chimici. Inoltre, esso consente di trattare diversi tipi di inquinanti garantendo elevate prestazioni di abbattimento. La struttura di contenimento può essere realizzata con pannelli in lamiera zincata o con sistemi modulari prefabbricati in calcestruzzo ed è ricoperta da guaina in pvc per evitare danni legati alla corrosività del percolato che si forma nella parte inferiore a causa dell’umidità. Il materiale filtrante, invece, può essere realizzato con diverse miscele a seconda delle necessità del cliente e degli inquinanti da trattare. La dotazione di serie del Bioclean prevede: grigliato di supporto con portate di 2-3 t/mq; dispositivo di irrigazione a pioggia incorporato e tubazioni dell’acqua dotate di ugello piatto a nebulizzazione fine; scarico per drenaggio acque; manometro con tubo a U fisso per l’osservazione continua delle perdite di pressione nella superficie filtrante. Quanto alla sua manutenzione, Tecnosida si occupa anche della programmazione di periodici interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria per garantire il corretto funzionamento del biofiltro, l’elevata efficienza di biofiltrazione e la riduzione degli sprechi (sia in termini economici che energetici).


HI -TE CH

AMBIENTE

SPECIALE

DEPURATORI IN CONTAINER


SPECIALE DEPURATORI IN CONTAINER CULLIGAN

C.Z.

La tecnologia Membrane BioReactor o MBR offre vantaggi significativi nel trattamento delle acque di scarico rispetto ai tradizionali fanghi attivati. Grazie all’utilizzo delle membrane MBR con flat sheet completamente immerse, non è più necessario ricorrere ai chiarificatori. Ciò consente di ridurre lo spazio necessario all’impianto di trattamento a fronte del medesimo tempo di produzione, con un’acqua in uscita di elevata qualità, particolarmente in termini di solidi sospesi. Culligan offre una gamma di soluzioni MBR comprendenti soluzioni mobili containerizzate, che consentono di trattare e riutilizza-

Sulla base della lunga esperienza nel trattamento acque in tutti i settori, dall’addolcimento alla ¬filtrazione, all’osmosi inversa, ai sistemi di dosaggio, C.Z. ha creato una serie di prodotti dedicati per ciascun tipo di trattamento. L’esperienza le ha inoltre permesso di realizzare delle apparecchiature di grande affidabilità ed efficienza che, secondo gli standard ad oggi requisiti e aggiornate in continuo applicando le nuove tecnologie, risultano garantire la massima adattabilità. Tutti i componenti utilizzati sono stati a lungo collaudati sul campo e sono stati studiati e messi a punto internamente, a garanzia di una sicura indipendenza da terzi. Una gamma produttiva è interamente dedicata agli impianti costruiti su misura in moduli container stan-

re le acque reflue in modo efficace ma con ingombri decisamente ridotti, senza inficiare l’elevata stabilità tipica degli impianti MBR di Culligan in tutta una serie di condizioni, così da gestire in sicurezza elevati livelli di variabilità del refluo in entrata. Questa tipologia di impianti, inoltre, grazie alla capacità di trattenere alte concentrazioni di MLSS e ai tempi lunghi di permanenza dei fanghi, producono una minore quantità dei fanghi stessi. Per di più, consentono minori interventi da parte dell’operatore grazie al processo semplificato, che riduce la necessità di controlli e regolazioni da parte dell’operatore.

www.industria.culligan.it

www.cztrattamentoacque.it

ECOLOGIA SOLUZIONE AMBIENTE

EMWG

Con la linea Bio-Container l’azienda Ecologia Soluzione Ambiente è in grado di rispondere alle esigenze di contesti di media grandezza, da 1.000 a 20.000 ab.eq. L’utilizzo di container d’acciaio consente di installare in maniera rapida impianti compatti e flessibili (anche temporanei), dotati al proprio interno di tutti e tre gli step del trattamento biologico: denitrificazione, ossidazione e sedimentazione a pacchi lamellari. Questi bio-container consentono una significativa riduzione degli spazi, sono adatti a tutti i luoghi in cui non è presente una vera e propria connessione con la rete fognaria, e possono essere com-

Gli impianti package per il trattamento dei reflui e i sistemi modulari per le acque di scarico sono in grado di trattare acque reflue civili e in casi speciali acque contaminate con agenti batterici e/o chimici. Le fasi di trattamento sono state ottimizzate in unità compatte e facili da trasportare che vengono spedite sul luogo, pronte per una rapida installazione e un immediato avviamento. Tutti gli impianti Package di Euro Mec Water Group producono acque trattate che possono essere scaricate tranquillamente nell’ambiente secondo le norme locali e internazionali. A questa tipologia di impianti appartengono gli im-

pletamente riallocati anche ad installazione già avvenuta, spostando semplicemente il container da un luogo all’altro. Si tratta di strutture compatte, modulari e flessibili, installabili velocemente, riutilizzabili e facili da gestire e manutenere. Altro aspetto determinante è quello della continuità: è indispensabile che tutti gli impianti vengano mantenuti costantemente efficienti e sicuri nel corso del tempo; così come è centrale il mantenimento di condizioni di sicurezza attiva e passiva per cittadini e operatori, a dispetto di una legislazione fatta di normative in continuo divenire. Per questo motivo Ecologia Soluzione Ambiente ha creato un customer service ad hoc, che si occupa di fornire di assistenza tramite tecnici altamente qualificati e informati in merito alle caratteristiche tecniche e ai rischi associati all'esecuzione dei lavori.

dard, consegnati completi di tutto il necessario (stabilito dopo opportuno sopralluogo) e immediatamente attivabili con i soli collegamenti dei servizi. Per questi impianti vi è la possibilità di installazione con versione standard (trattamento acqua con sistemi di controllo a bordo su ogni macchina) oppure con sistema di controllo elettronico Central Web Touch, che comanda globalmente il sistema di trattamento e proietta la totale e immediata visibilità dell’impianto sulla rete internet con la visualizzazione e il controllo in real time di ogni funzione ammessa, oltre ad aggiornare il data base di bordo consultabile in qualsiasi momento in locale dal terminale a bordo o da remoto senza costi nè tempi di attesa. I container sono a scelta a secondo del trattamento da applicare al suo interno: versione A con lunghezza di 6,06 m, larghezza di 2,44 m e altezza di 2,59 m; versione B con lunghezza di 12,19 m, larghezza di 2,44 m e altezza di 2,89 m.

www.ecologia.re.it Hi-Tech Ambiente

pianti modulari in container Green MBR e Green MBBR, che necessitano della realizzazione di lavori civili di piccola entità; l’utilizzo della tecnologia MBR e MBBR, infatti, permette la riduzione dei volumi necessari minimizzando gli ingombri. Le soluzioni progettuali proposte, infatti, sono state sviluppate per migliorare l'inserimento degli impianti nell'ambiente, per ridurre l'area di occupazione, per ridurre al minimo i costi operativi e per consentire un eventuale ampliamento nel futuro mantenendo lo stesso tipo di sezioni di trattamento. Tali impianti sono personalizzati in base alle caratteristiche (carico idraulico e carico inquinante) dei reflui da trattare e possono essere realizzati con sistemi di monitoraggio remoto che permettono la verifica a distanza dei parametri principali di funzionamento e la segnalazione tramite cellulari di eventuali allarmi sull’impianto.

www.emwg.it

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SPECIALE DEPURATORI IN CONTAINER ESA AUTOMAZIONE Electrox di ESA Automazione incorpora tre principi basilari utilizzati nel trattamento delle acque di scarico di processi industiali: elettrolisi, elettrossidazione ed elettroflocculazione. L´elettrolisi separa dall’acqua parti in parziale soluzione, emulsioni, solidi sospesi, particolarmente adatta per trattare fanghi di impianti di verniciatura ed acque contenenti oli, grassi, idrocarburi. L’elettrolisi è un ottimo coadiuvante anche nel trattamento di acque di scarico con alto contenuto biologico attivo. L’elettrossidazione, invece, contribuisce alla separazione dall´acqua di metalli e coloranti oltre ad aggredire tutto ciò che è ossidabile chimicamente. Inoltre, ricopre un ruolo importante anche come antibatterico e antimicrobico nell´eliminazione di odori e cariche biologiche dalle acque di scarico. Questo processo genera spontaneamente ipoclorito di sodio dall´elettrolisi del cloruro di sodio contribuendo a conferire stabilità biologica alle acque trattate. Quanto, infine, all’elettroflocculazione, a seguito dell’ossidazione elettrolitica di barre di alluminio, fer-

FILDROP ro e altri metalli si generano flocculati che si legano saldamente ai componenti contenuti in acque di scarico diminuendone il peso specifico e separandoli dall´acqua che li contiene per poi farli galleggiare e essere eliminati come elementi galleggianti e schiume. Electrox estrae gli elementi galleggianti o schiume automaticamente accumulandoli in sacchi in forma semisolida per poi essere smaltiti o trattati come rifiuto solido. Electrox viene costruito e assemblato in container pronti all’uso, con ridotti tempi di installazione. Il sistema di controllo completamente automatico permette una ridotta manutenzione e tempi limitati di conduzione dell’impianto. Il collegamento alla rete internet di serie su tutte le versioni permette un controllo continuo del funzionamento, l’invio di allarmistica automatica e il tele-service in tempo reale, riducendo così il rischio di fermi macchina e i costi generali di gestione impianto.

Gli impianti mobili di potabilizzazione sono appositamente studiati per rispondere alle esigenze di rapidità e semplicità nell'erogazione di acqua per uso potabile per installazioni campali di siti industriali di rapida risoluzione. Gli impianti sfruttano la tecnologia dell'osmosi inversa, unita alla tecnologia dell'ultrafiltrazione e permettono l'erogazione di acqua potabile destinata al consumo umano partendo da qualsiasi tipo di acqua di alimentazione, salmastra, salina, acqua mare o acqua contaminata da prodotti chimici pericolosi, tra i quali anche agenti nervini. Tutti gli impianti sono realizzati in container omologati per il traspor-

www.esautomazione.com

www.fildrop.it

IDROCONSULT

ISOTECH

La Idroconsult fornisce i suoi impianti di potabilizzazione (che rientrano tra le apparecchiature che per decreto beneficiano del super ammortamento al 130%) anche come unità containerizzate. Gli allestimenti prevedono illuminazione interna, ventilazione forzata, prese ad attacco rapido per le linee idrauliche ed elettriche. A richiesta è possibile fornire il potabilizzatore in container anche di un condizionatore ambientale e coibentazione delle pareti. I container così allestiti sono a richiesta dotati di una omologazione Rina per la navigazione. L’unità può essere applicata in

Gli impianti containerizzati da Isotech possono essere utilizzati sempre e ovunque vi sia necessità di produrre acqua potabile, trattare acque primarie o reflui industriali. Tali impianti sono progettati con i più moderni criteri per poter ridurre spazi e costi, pur ottenendogli stessi risultati dei grandi impianti in termini di abbattimento solidi e depurazione acque. In linea generale l’impianto è prefabbricato in container standard, è facile da posizionare, subito operativo e correlabile con generatore elettrico e altri utili accessori. Si compone di un container da 20 piedi per il trattamento delle acque e di un secondo container scarrabile da 10 piedi per il trattamento dei fanghi.

vari contesti e per quelle situazioni che, per qualunque motivo, non richiedono impianti fissi. A completamento dell’impianto, possono venire forniti serbatoi smontabili, anche di grossa volumetria. L’esperienza sul campo della Idroconsult la porta a proporre il potabilizzatore con le tecnologie più innovative o in ogni caso con il livello tecnologico adeguato al luogo di installazione e alla effettiva reperibilità sul posto dei ricambi.

to su ruota, su nave e anche elitrasporto. Sono inoltre dotati di tutti gli accessori necessari per garantire un utilizzo semplice e confortevole quale coibentazione interna, impianto di climatizzazione, circuito aria compressa, impianto di illuminazione interna ed esterna. Gli impianti mobili di potabilizzazione sono realizzati a seguito di uno studio preliminare 3D di sistemazione delle apparecchiature in maniera da massimizzare l'efficienza nell'utilizzo degli spazi, garantendo al contempo facilità di movimento del personale impegnato nelle fasi di esercizio e manutenzione.

www.idroconsult.com Hi-Tech Ambiente

Nel caso, ad esempio dei reflui di conceria, questi vengono grigliati e quindi trasferiti ad un reattore di ossidazione parziale della sostanza organica disciolta mediante aggiunta di idonea ossidazione chimico-solido. Successivamente i reflui vengono inviati alla sezione di elettroflocculazione seguita dal passaggio su letto a sabbia prima dello scarico finale. I fanghi separati dal flottatore vengono inviati al secondo container fornito di controtelo per l’addensamento con sistema di scuotimento dal telo ad aria compressa. L’impianto, che è adatto per tutti i reflui di conceria (omogeneizzati e con portata costante), eccetto le operazioni di calcinaio, fornisce i seguenti valori di abbattimento: COD 65%, BOD5 50%, cromo 98%, SS 95%. Dati tecnico-funzionali: portata acqua da trattare 10 mc/h, potenza impegnata 10 kW, dimensioni 12x2,5x2,5 m.

www.isotechweb.com

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SPECIALE DEPURATORI IN CONTAINER LENNTECH La Lenntech fornisce ogni tipo di Impianto per il trattamento delle acque in versione conteinerizzabile, disponibile in varie versioni basate su: dimensioni impianto, requisiti di accessibilità, temperature del sito, requisiti atex. A seconda della taglia dell'impianto sono disponibili container da 10, 20 o 40 piedi, con capacità rispettivamente di 16, 33, 67 mc. Per facilitare il riempimento dei filtri o la sostituzione delle membrane, possono essere costruite delle porte extra sui lati o sul tetto del container, in aggiunta alla porta doppia di ingresso. Disponibili anche container pieghevoli che facilitano l'incom-

INDUSTRIE POLIECO - M.P.B. benza della manutenzione. Quanto alla temperatura del sito, ad esempio in zone in cui il clima è caldo, le parti elettriche e i fluidi devono essere mantenuti a una temperatura inferiore a 35 °C per assicurare un buon rendimento. La temperatura all'interno di un container posizionato sotto la luce diretta del sole può facilmente raggiungere 80 °C, quindi Lenntech offre container con raffreddamento dell'aria e isolati, ossia con un rivestimento esterno che respinge i raggi solari. In zone fredde, invece, i fluidi devono essere mantenuti al di sopra del punto di congelamento e le parti elettriche non sopportano temperature sotto i 5 °C. In questo caso, i container sono isolati con sistema di riscaldamento. In caso di ampie variazioni di temperatura, la temperatura interna deve essere mantenuta fra 5 e 35 °C.

Gli impianti a fanghi attivi di Polieco sono una soluzione compatta per la rimozione delle sostanze inquinanti contenute nei reflui civili, in quanto consentono ottimi rendimenti depurativi a fronte di un ridotto ingombro e un moderato impiego di energia per l’alimentazione. Talvolta, però, gli spazi a disposizione per la loro installazione sono limitati, oppure semplicemente non risulta conveniente interrare l’impianto di depurazione, con tutti gli oneri in termini di scavi, operazioni di movimentazione e rinterri che ne risultano. In questi casi si rende necessario prevedere una soluzione depurativa che ottimizzi gli ingombri e minimizzi i costi di installazione, pur mantenendo elevati gli standard di qualità delle acque trattate. Ciò si può ottenere costruendo impianti di depurazione completi

www.lenntech.it

www.polieco.com

SIMAM

TWS

L'Unità Mobile di potabilizzazione di Simam si basa sulla tecnica dell'osmosi inversa. E' impiegata nel trattamento di acque inquinate e salmastre di acquedotto, di lago, di fiume e di pozzo. L'unità è atta a rimuovere batteri, prodotti dannosi e sali in eccesso, fornendo acqua potabile per servizi e per il consumo umano. Le tipologie di trattamento previste dalla struttura sono le seguenti: clo-

Technologies for Water Services realizza impianti mobili di potabilizzazione delle acque installati in uno o più container per scopi quali: servizio d'emergenza per acque dolci, salmastre o di mare; servizio specifico per la rimozione di particolari parametri come arsenico, fluoruri, nitrati; servizio per alloggiamento locali tecnici, tipo stazione dosaggio biossido di cloro, ozono, ecc. I container sono particolarmente resistenti, dotati di comode aperture, pareti e tetto coibentati, riscaldati internamente, adatti al trasporto e alla movimentazione e, comunque, allestiti sulla base di specifiche esigenze, secondo le dimensioni

razione per la disinfezione, filtrazione a quarzite per i solidi sospesi, declorazione a carboni attivi, filtrazione di sicurezza, dissalazione a mezzo osmosi inversa. Questo accorpamento di impianti è realizzato all’interno di un container da 20 o 40 piedi, oppure strutturato in più containers a seconda della portata di acqua potabile richiesta. L'acqua depurata può essere stoccata in un serbatoio interno al container, in uno più grande esterno o, ancora, in uno ubicato in ulteriore container. Le pompe di rilancio dell'acqua potabile sono installate all'interno del container stesso, che è condizionato, isolato e può essere dotato di gruppo elettrogeno.

all’interno di container. Il processo depurativo principale è di tipo biologico, e accanto a quello tradizionale a fanghi attivi nel corso degli ultimi anni si sta diffondendo ampiamente quello innovativo a membrane (membrane Bio Reactor, MBR), che consente di ridurre ulteriormente i volumi garantendo rendimenti superiori per le acque in uscita. Solitamente si prevedono fasi integrative di pretrattamento (per la riduzione di materiale flottante e grossolano), equalizzazione (per la distribuzione omogenea della portata nel tempo), disinfezione (per eliminare la carica batterica), filtrazione (per la riduzione dei solidi sospesi). La costruzione del depuratore in container consente un altro vantaggio pratico: poter smontare l’impianto, trasportarlo e rimontarlo altrove. Questi particolari impianti consentono di gestire portate fino a 200 mc/giorno per un’utenza servita fino a 1.000 ab.eq.

www.simamspa.it Hi-Tech Ambiente

standard ISO da 10, 15 o 20 piedi. All'interno dei container possono essere installate diverse tecnologie per processi di trattamento: sistemi di coagulazione, flocculazione e filtrazione multistrato; sistemi di ossidazione con filtrazione a carbone attivo; sistemi di ultrafiltrazione; sistemi ad osmosi inversa; sistemi con resine a scambio ionico. Ne è un esempio l’impianto di potabilizzazione per la rimozione dei nitrati tramite resine a scambio ionico realizzato da TWS a Terni

www.twsacea.com

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RIFIUTI T R A T T A M E N T O

E

S M A L T I M E N T O

Il trattamento dei fanghi secondo Scolari Compostaggio ed essiccamento termico

Soluzioni molto interessanti ed economicamente valide, che consentono di ottenere risultati e materiali con caratteristiche del tutto diverse La crescente sensibilità ambientale, i maggiori costi di smaltimento, in continuo aumento, e le ultime indicazioni del Tar lombardo incentivano la ricerca di nuove soluzioni per il trattamento e recupero dei fanghi civili ed industriali. In tale ambito Scolari propone soluzioni molto interessanti ed economicamente valide come: - compostaggio con sistema di fermentazione aerobica controllata - impianti di essiccazione con aria calda a bassa temperatura. Il compostaggio e l’essiccazione sono processi distinti che permettono di ottenere risultati e materiali con caratteristiche totalmente diverse. Nel processo di essiccazione il prodotto finale è lo stesso materiale di partenza con minor contenuto di acqua (normalmente 15-20% di umidità finale); mentre il compostaggio permette di ottenere un prodotto con caratteristiche chimico-fisiche nettamente diverse rispetto al materiale di partenza perché il risultato è un materiale compostato, stabilizzato, sanificato. Per contro, il compostaggio richiede un’adeguata preparazione della biomassa iniziale con misce-

Impianto di essiccazione fanghi civili realizzato in Cina

lazione di materiale ligneo-cellulosico per, eventualmente, ridurre l’umidità iniziale e permettere l’innesco del processo di fermentazione aerobica. Condizioni importanti per la buona riuscita del processo di compostaggio sono: umidità iniziale (65% circa), buona porosità, rapporto C/N 20-25, peso specifico 0.60 T/mc. Gli impianti di essiccazione a bassa temperatura Scolari soddisfano medie e grandi esigenze civili e industriali, e possono recuperare energia termica reflua da gruppi di

cogenerazione sotto forma di acqua calda o fumi di scarico, e/o altri reflui termici disponibili quali vapore, olio diatermico, biomasse, ecc., che permettono di abbattere totalmente o parzialmente i costi di esercizio. Comunque, secondo la situazione attuale e quella prevedibile a medio termine, anche considerando di utilizzare combustibili tradizionali (GPL o gas naturale), l’essiccazione di fanghi civili e industriali si presenta conveniente perché permette di ridurre il peso dei materiali da conferire in discarica

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con un costo totale nettamente inferiore a quello attuale di smaltimento. Ad oggi, il costo di smaltimento dei fanghi civili in discarica è di 120–150 euro/ton con tendenza all’aumento. Costi nettamente superiori sono applicati per i fanghi speciali. Il processo di essiccazione permette di ridurre il peso del materiale in funzione dell’umidità inziale e finale. Nella maggior parte dei casi i fanghi sono centrifugati o nastro pressati e hanno un’umidità iniziale del 75%. Riducendo l’umidità finale al 15% abbiamo una riduzione di peso del 70% circa. Questo significa che da 1.000 kg di umido ne rimangono 300 kg di secco. Il costo di essiccazione corrispondente, con l’utilizzo di gas naturale, è di 25 euro circa, mentre il minor costo di smaltimento, dovuto alla minor peso del materialeda conferire in discarica è di 84 euro circa. Considerando, quindi, un costo di smaltimento di 120 euro/ton per smaltire direttamente in discarica 1 ton di fango tal quale, avremo un costo di 120 euro; mentre, se dovessimo smaltire del fango essiccato, avremo un costo


di smaltimento di 36 euro (120 euro/ton x 0.30/ton) a cui si devono aggiungere i costi di essiccazione di 25 euro/ton, per un totale di 61 euro. Il processo di essiccazione prevede inoltre aria calda di processo. Anche qualora non vi sia la possibilità di recupero di potenza termica a costi zero e si dovessero utilizzare combustibili tradizionali (gas naturale o GPL), abbiamo che il minor costo di smaltimento del fango essiccato rispetto a quello del fango tal quale, inclusi i costi di esercizio, si può verosimilmente indicare nell’ordine del 50%. Minor costo che può raggiungere il 70-75% quando vi è la possibilità di recupero termico, a costo zero, per rendere autosufficiente l’impianto di essiccazione. Nella valutazione precedente si sono considerati i soli costi d’esercizio e non quelli di ammortamento, che sono strettamente condizionati dalle condizioni di lavoro dell’impianto (ore lavorative annue, capacità produttiva, ecc.). Se i fanghi non contengono metalli pesanti, e possono essere recuperati per ripristino ambientali o per altri utilizzi, si elimina il costo dello smaltimento. Negli ultimi anni Scolari ha realizzato impianti in vari settori: dai fanghi civili al settore industriale, al settore farmaceutico, al settore alimentare, ecc. Gli impianti sono progettati e realizzati sulle specifiche esigenze del cliente e sulle caratteristiche chimico fisiche del fango da essiccare. Sono, normalmente, realizzati in acciaio inox per garantire la durata nel tempo ed evitare problemi di corrosione. La gestione è totalmente automatica e prevede, di norma, un collegamento del quadro di comando con la sede Scolari per assistenza telefonica e consigli sui parametri di gestione all’operatore. L’aria satura di umidità prima del-

la sua emissione in atmosfera è trattata in un sistema di lavaggio ad umido per rispettare i limiti imposti dalle autorizzazioni. Scolari, in collaborazione con l’Università di Brescia, ha da tempo avviato uno studio con relative sperimentazioni per valutare opportunità, convenienza economica ed ambientale per riciclare in maniere totale o parziale l’aria satura, reflua dal processo di essiccazione, anziché emetterla in atmosfera direttamente.

Impianto di compostaggio

Impianto di essiccazione fanghi industriali realizzato in Francia Hi-Tech Ambiente

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Il recupero di metalli dai raee Progetto RECLAIM

Sviluppate nuove tecniche, efficienti ed economiche, per ottenere gallio, indio e terre rare

Fasi liquide ricche di calcio e fase solida concentrata in ittrio ed europio

lio e indio, che assicura un’elevata selettività e produttività, oltre a un impatto ambientale inferiore rispetto ai sistemi tradizionali (ad es. estrazione con solventi) - pre-trattamento chimico, basato su acidi selettivi, che consente di concentrare le terre rare (ittrio e europio) e dissolvere le maggiori impurità - tecnologie di purificazione di gallio e indio mediante nanofiltrazione e osmosi inversa, mentre per le terre rare si impiega un trattamento di co-precipitazione selettiva. TIPOLOGIE E TRATTAMENTI

Le tappe del processo di lisciviazione

Il rapporto tra domanda e offerta di gallio, indio e metalli delle cosiddette “terre rare” è in crescente squilibrio, in quanto, da un lato, la domanda di questi elementi è in forte crescita (per la diffusione di fotovoltaico e dispositivi di illuminazione a stato solido), e dall’altro, la produzione è concentrata in pochi Paesi; inoltre, le tecniche per il recupero di questi materiali non sono ancora entrate a regime. Questo problema riguarda particolarmente le industrie europee che lavorano nel campo delle energie rinnovabili, e dalla sua soluzione dipende la concreta attuazione delle politiche europee su risparmio energetico e politiche di protezione ambientale. Per questi motivi occorre creare un sistema di riciclaggio per pannelli fotovoltaici, apparecchi di illuminazione SSL e altri raee, per recupera-

re gallio, indio e terre rare. A tal fine è stato varato il progetto RECLAIM, con l’obiettivo di sviluppare soluzioni per superare i “punti critici” nel recupero di questi preziosi metalli, e la loro successiva sperimentazione in un impianto pilota. In particolare, i punti su cui si concentra il progetto sono: - sviluppo di nuovi metodi per il recupero efficiente ed economico dei metalli - orientare le tecnologie di riciclaggio verso il trattamento di pannelli fotovoltaici e apparecchi SSL da rottamare. Questi due raee infatti, diventeranno nel prossimo futuro la fonte principale per il recupero di gallio, indio e terre rare. Da un punto di vista “tecnico”, le innovazioni dal progetto riguardano:

- combinazione di tecniche di separazione, dissoluzione, recupero, concentrazione e purificazione, in modo da assicurare la massima efficienza e competitività - tecnica innovativa di disconnessione, denominata “immersione termica”, per separare le saldature dei circuiti stampati, evitando emissioni pericolose, recuperando i materiali e separando le componenti elettroniche - sistema di separazione dei diversi metalli basato sulla classificazione dei componenti elettronici in base ai metalli in esse presenti, che lavora in modo semi-automatico ed è in grado di assicurare che le frazioni selezionate non siano contaminate da materiale proveniente da altre frazioni - applicazione di un sistema ibrido di estrazione su membrane per gal-

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La prima fase del progetto prevede la selezione dei raee maggiormente ricchi dei metalli desiderati: i materiali con la concentrazione migliore sono display a schermo piatto, circuiti stampati, lampade ad efficienza energetica e celle solari ad elevata efficienza. Circuiti stampati (PCB) Attualmente il trattamento dei PCB è condotto mediante smontaggio manuale, seguito da frantumazione e separazione meccanica. Il progetto Reclaim ha studiato un’alternativa per la separazione e selezione dei componenti dei circuiti stampati, priva di impatto ambientale e che non richiede investimenti elevati, e ha bassi costi operativi e ridotti consumi energetici. Le fasi del processo sono: - cernita mediante riconoscimento ottico automatico delle caratteristiche dei PCB (forma e dimensioni, Continua a pag. 42



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come ausiliario di sinterizzazione per la produzione di materiale ceramico destinato alla produzione di pasticche dei freni per autoveicoli. Le prove sperimentali hanno dato buoni risultati impiegando il carbonato di ittrio, che risulta particolarmente adatto, in quanto si decompone formando ossido di ittrio alle temperature di sinterizzazione. Le pasticche così prodotte hanno le stesse qualità di quelle attualmente in commercio. L’aggiunta dell’ittrio nel lattice all’idrossido di nickel migliora la resa ad alte temperature delle batterie per autotrazione al nickel-molibdeno.

Il recupero di metalli dai raee modello, numero e localizzazione dei componenti, provenienza) - nuove tecniche di separazione per rimuovere i componenti dei PCB e aumentare la concentrazione dei metalli ricercati. Una tecnica è aumentare improvvisamente la temperatura dei PCB fino a 250 °C immergendoli in una soluzione di sali fusi; un’altra impiegare aria calda per ottenere il distacco dei diversi componenti, ma questa opzione richiede più tempo ed è meno efficiente a causa dei tempi più lunghi. Lampade a basso consumo Ad oggi sono due le tecnologie impiegate in Europa per il recupero di terre rare da lampade a basso consumo: taglio dello zoccolo; frantumazione e setacciatura. Per il progetto Reclaim è stata scelta la seconda, in quanto mostra le migliori potenzialità economiche e produttive, in particolare per gli impianti di grandi dimensioni. Dopo la classificazione, il trattamento consiste nella frantumazione meccanica del vetro e, successiva-

SCHERMI TV E CELLE FV Lampade fluorescenti esauste

mente, nella rimozione delle parti finali (in plastica o metallo) per mezzo di separatori magnetici e a correnti inverse. Il vetro e le polveri fluorescenti sono separate mediante setacciatura. L’intero processo funziona su una linea automatica, che include una pulizia con vapore e filtri a carboni attivi per eliminare i residui di mercurio. Le prove sperimentali e le a-

nalisi hanno mostrato che la frazione di polvere fluorescente in uscita è idonea a entrare nel processo di recupero idrometallurgico. Il recupero degli elementi desiderati consiste in tre fasi sequenziali: - pretrattamento, che prevede la dissoluzione selettiva del calcio (che è considerato un elemento contaminante) dalle lampade fluorescenti, minimizzando la dispersione delle terre rare - dissoluzione, ossia la solubilizzazione selettiva delle terre rare prodotte nella fase di pretrattamento - precipitazione selettiva delle terre rare in uscita dalla dissoluzione, in modo da produrre un concentrato di ittrio e europio commercialmente valorizzabile. Sulla base di queste ricerche, è stato costruito un impianto pilota che ha funzionato per due diversi cicli di 4 giorni completi ciascuno. Circa 95 kg di raee concentrati sono stati lavorati nel primo ciclo e circa 104 kg nel secondo. L’impianto ha raggiunto una produzione di 2.256 gr/giorno di indio e 127 gr/giorno di europio; il recupero totale risultante dalla combinazione di pretrattamento, dissoluzione, neutralizzazione e precipitazione nella prima campagna è stato del 70% per ittrio e del 57% per europio. Le terre rare recuperate sono state validate in due diverse applicazioni: - gli ossidi di ittrio come agente di co-combustione nella preparazione di materiale ceramico speciale (ad es. quello impiegato per la produzione di freni per autoveicoli) - impiego di ossido di ittrio nella produzione di elettrodi al nichel. L’ossido di ittrio è stato impiegato

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Le TV a schermo piatto e le celle fotovoltaiche dismesse sono una potenziale fonte per il recupero di indio e gallio. L’analisi dei diversi tipi di TV a schermo piatto mostra che la concentrazione dei metalli ricercati negli schermi al plasma è trascurabile rispetto agli schermi a cristalli liquidi (LCD). Le lampade di retroilluminazione rappresentano il 2% della massa totale degli schermi LCD e contengono mercurio, e qualora non vengano estratte l’intero schermo deve essere trattato come un rifiuto pericoloso; in caso contrario, lo schermo può essere trattato in un trituratore convenzionale e smontato manualmente. Attualmente il riciclaggio degli schermi piatti prevede tre diversi processi industriali: - trattamento meccanico, che prevede la frantumazione dell’intera apContinua a pag. 44

Sperimentazione della fase di pretrattamento con funzionamento in continuo



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Il recupero di metalli dai raee parecchiatura, seguita dalla selezione meccanica delle frazioni - smontaggio manuale dei diversi componenti, che poi verranno avviati separatamente a frantumazione - trattamento semi-automatico, con smantellamento parziale degli involucri e dei PCB, seguita dalla frantumazione della frazione rimanente. Al momento in Europa non esiste un processo per il riciclo dei pannelli fotovoltaico, ma essi sono una potenziale fonte di indio e gallio, oltre che di rame e selenio. Per il recupero di questi materiali possono essere applicati trattamenti meccanici e/o termici, che separano le seguenti frazioni: - frazione vetrosa proveniente dalla prima fase di frantumazione, che non contiene metalli (purchè venga rimossa immediatamente dagli zoccoli a vite) - lamina di alluminio derivante dalla separazione con aria, contenente solo quantità minime di metalli - altre frazioni vetrose contenenti i metalli possono essere trattate me-

diante dissoluzione chimica, per il recupero di gallio e indio. Sulla base della sperimentazione condotta nell’ambito del progetto, i processi idrometallurgici più promettenti sono: - dissoluzione, in cui i materiali grezzi derivanti dal pre-trattamento di schermi piatti e celle fotovoltaiche vengono trattati per rimuovere gallio e indio - purificazione e concentrazione,

per la rimozione selettiva di indio e gallio dalla soluzione di dissoluzione - recupero elettrochimico di indio e gallio allo stato puro. CONCLUSIONI

In base alle conclusioni del progetto Reclaim, l’applicazione combinata di smontaggio, riduzione, selezione e separazione consente di

Polvere di lampade fluorescenti

concentrare i metalli in modo da consentire il successivo trattamento idrometallurgico. Con l’ausilio di trattamenti di dissoluzione, estrazione e purificazione, i metalli vengono concentrati e possono essere riciclati. Al momento, il riciclaggio delle lampade ad efficienza energetica non si è dimostrato conveniente, nonostante il ricavo economico derivante dal recupero di ittrio ed europio. Si deve tuttavia considerare che l’incremento del riciclaggio porterà vantaggi alla situazione ambientale europea, oltre a ridurre le esportazioni e creare nuovi posti di lavoro, creando un’economia circolare che avrà sicuramente un impatto positivo dal punto di vista sociale ed economico.

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Il riciclo di plastiche “difficili” Migliorare la qualità

Un’analisi delle migliori tecnologie di selezione e riciclaggio: sperimentazioni e impianti sul mercato

Sotto la spinta delle sempre maggiori preoccupazioni per l’impatto dei rifiuti di plastica nell’ambiente marino, l’Europa ha recentemente adottato una nuova strategia, che prevede: - a partire dal 2030, tutti gli imballaggi in plastica immessi sul mercato europeo dovranno essere riciclabili o riutilizzabili - sacchetti e altri imballaggi monouso dovranno essere disincentivati e limitati - l’uso intenzionale di microplastiche dovrà essere limitato. L’Unione dei Trasformatori Europei di Materie Plastiche (EUPC) ha espresso approvazione e condivisione nei confronti delle nuove misure europee; infatti, chi lavora nel settore della plastica sa benissimo che già oggi la quasi totalità degli imballaggi in plastica sono riciclabili, almeno da un punto di vista strettamente tecnico. Il problema non è tanto la riciclabilità, quanto l’accettazione dei materiali riciclati da parte del mercato; e questo è soprattutto legato alla qualità di questi materiali.

Il miglioramento della qualità può essere ottenuto agendo su due fronti: maggiore efficienza nella raccolta e nella selezione, migliori tecnologie di riciclo. RACCOLTA E SELEZIONE

Le azioni di promozione e sensibilizzazione hanno puntato finora a

un obiettivo quantitativo: aumentare la quantità di materiali plastici conferiti nelle raccolte differenziate. E’ necessario oggi iniziare un’azione di “educazione alla qualità”, anzitutto spiegando che l’attuale sistema di raccolta differenziata è fatto per gli imballaggi e non per la plastica in genere. Attualmente, quasi il 20% degli oggetti in plastica confe-

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riti nella raccolta differenziata non sono imballaggi, ma casalinghi, giocattoli, oggetti di cancelleria, apparecchiature elettriche e simili. D’altra parte, se si escludono i raee, per gli oggetti in plastica diversi dagli imballaggi non esiste attualmente nessun canale di recupero e riciclo. Dal punto di vista organizzativo molto resta ancora da fare, ma dal punto di vista tecnologico sono stati fatti grandi progressi nelle apparecchiature automatiche di selezione. Un esempio interessante è quello della società italiana Montello, che lavora ogni anno 20.000 ton di rifiuti plastici da raccolta differenziata, operando in convenzione con il Consorzio Corepla. La Montello ha installato 40 sistemi di selezione innovativi. I diversi materiali vengono separati secondo il tipo di polimero grazie ai sensori nel vicino infrarosso (NIR); le bottiglie in PET, che costituiscono la frazione più pregiata, sono ulteriormente selezionate in base al colore, mediante sensori ottici nel visibile. Questi impianti, addirittura, se provvisti del relativo accessorio


Pellet da pulper di cartiera

(denominato LOD-Laser Object Direction), sono in grado di selezionare anche oggetti di colore nero e costituiti da vetro, gomma o altri materiali, non identificabili con i sensori NIR. ELIMINAZIONE DEGLI ODORI

Una importante frazione degli imballaggi in plastica è costituita dai flaconi di detersivi e prodotti per l’igiene della casa e della persona. Si

ReFresher di Erema

tratta di contenitori costituiti quasi esclusivamente da polietilene alta densità (HDPE), normalmente di colore bianco opaco; in teoria un ottimo materiale per il riciclo. Il problema è che i residui di detersivo sono difficili da eliminare mediante i normali sistemi di lavaggio, per cui il granulo di materiale riciclato che si ottiene alla fine ha un netto odore di detersivo, e questo lo rende inadatto a molte applicazioni. La società austriaca Starlinger Recycling Technology (distribuita

in Italia dalla Schwitex) ha risolto il problema inserendo 3 elementi nei punti critici delle sue linee di riciclaggio: - in fase di alimentazione all’estrusore, il materiale viene riscaldato e omogeneizzato, in modo da eliminare gli odori più volatili - in fase di degasaggio della massa fusa, è stato perfezionato il modulo C-VAC, aumentando del 300% la superficie esposta, in modo da rimuovere gli odori più profondamente assorbiti

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- è stato inserito un apposito stadio finale, denominato Smell Extraction Unit, che viene costruito “su misura” in funzione del tipo di materiale e delle applicazioni previste. Ad esempio, un’altra applicazione è l’eliminazione dell’odore di “carta bruciata”, che si riscontra frequentemente nel riciclaggio dei film plastici contenenti etichette di carta. Un problema di odori si presenta anche nel riciclo di film aventi gran Continua a pag. 48


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Il riciclo di plastiche “difficili” parte della superficie stampata con colori, loghi, decorazioni, ecc., come negli imballaggi dei fazzolettini, della carta igienica, dei pannolini e di altri prodotti per la casa. Gli inchiostri si decompongono alle temperature usate per il riciclo, provocando la formazione di bolle di gas e di granellini solidi, che ostacolano il successivo riutilizzo. Un altro costruttore austriaco, la Erema (distribuita in Italia dalla Prochema), ha recentemente presentato un sistema di riciclo specialmente progettato per risolvere questo problema. Il sistema riunisce diversi accorgimenti, come il flussaggio con aria prima dell’estrusore (Intarema TVEplus), l’impiego di basse temperature di estrusione, di stadi multipli di degasaggio e di una filtrazione finale particolarmente efficiente; dopo la fase di pellettizzazione, uno speciale dispositivo, denominato ReFresher, elimina gli odori causati dalle sostanze meno volatili, mantenendo i granuli alla temperatura più opportuna per l’eliminazione di queste sostanze. Il ReFresher è disponibile anche in una unità dimostrativa mobile, che può essere trasferita presso i clienti per prove e dimostrazioni con i diversi tipi di scarti plastici da riciclare.

UniSort BlackEye di Steinert

RICICLARE GLI SCARTI DEL PULPER DI CARTIERA

Gran parte della materia prima

Impianto pilota RT 7000 della Recycling Technologies

dell’industria cartaria proviene da carta e cartone recuperati; sebbene la catena di raccolta e selezione sia altamente ottimizzata, la carta recuperata contiene una parte di materiali che non possono essere riutilizzati e vengono scartati. Questo scarto costituisce il pulper, un rifiuto composto in gran parte da materie plastiche miste. Il solo distretto lucchese produce 100.000 ton/anno di pulper, che attualmente viene spedito in discariche o in inceneritori. Il progetto europeo Life Eco-Pulplast, avviato nel 2015 e tuttora in corso nel distretto cartario lucchese, vuole dimostrare che riciclare lo scarto di pulper prodotto dalle cartiere è possibile. L’obiettivo principale del progetto è infatti quello di realizzare euro-pallet in plastica ecosostenibili, da utilizzare nello stesso distretto che genera il materiale di scarto. E’ stato sviluppato e collaudato un prototipo di pallet e sono state svolte prove industriali di separazione e avvio al riciclo dei materiali dello scarto di pulper, e in particolare della frazione di plastiche miste utilizzate per la fase di stampaggio. IL RECUPERO DI PLASTICA DAI RAEE

I processi di recupero dei raee mirano attualmente a separare le frazioni metalliche, che sono considerate di maggior valore sul mercato. Le parti in plastica non sono state finora considerate adatte al riciclo, perché il colore nero che hanno nella maggior parte dei casi rende impossibile l’identificazione del polimero mediante i sensori NIR, e per la possibile presenza di additivi antifiamma a base di bromo, che oggi non sono più consentiti. La sfida è stata raccolta dalla tedesca Steinert (rappresentata in Italia da BB Italia), che Continua a pag. 50

Il modulo C-VAC della Starlinger Recycling Technology Hi-Tech Ambiente

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C’E SEMPRE IL RICICLAGGIO CHIMICO

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Il riciclo delle plastiche “difficili” produce due diversi dispositivi: Unisort Black, che separa le plastiche scure dagli altri rifiuti, e Unisort BlackEye, che seleziona le plastiche scure secondo il polimero di cui sono costituite. Queste macchine utilizzano la tecnologia NIR, in una versione particolarmente sofisticata chiamata HSI (Hyper Spectral Imaging). Il problema degli antifiamma bromurati viene invece risolto a monte, con i sistemi a raggi X come Steinert XSS: i raggi X riconoscono gli elementi in base al loro peso atomico, consentendo di separare i metalli leggeri (come l’alluminio e le sue leghe) da quelli pesanti (come il rame e il ferro), e anche identificando i materiali che contengono atomi pesanti come il PVC (che contiene cloro) e gli antifiamma a base di bromo. Successivi passaggi attraverso macchine dotate di sensori ottici (come Steinert KSS) consentono di separare i metalli pesanti in rame, ottone e leghe a base di stagno.

Da più di vent’anni vengono proposti processi di depolimerizzazione termica, chimica o termochimica, secondo i quali i materiali plastici verrebbero scissi in idrocarburi più o meno direttamente riutilizzabili per produrre nuovi materiali plastici. Per quanto riguarda le plastiche miste, i processi proposti sono di tipo termico o termocatalitico, e non portano alla produzione dei monomeri, bensì a miscele di composizione analoga al processo grezzo. L’ostacolo principale è di natura economica: attualmente il prezzo del petrolio è troppo basso perché questi processi possano essere redditizi. L’ultimo in ordine di tempo è il Plaxx, della società inglese Recycling Technologies. Si tratta di un processo di cracking su catalizzatore a letto fluidizzato, con successivi passaggi di distillazione; si ottengono 4 diverse frazioni, tutte caratterizzate da un contenuto di zolfo molto basso rispetto ai corrispondenti prodotti derivati dal petrolio. Attualmente è operativo un impianto pilota (RT 7000) con 7.000 ton/anno di capacità di ingresso, installato presso il Centro Riciclo della città di Swindon.

ReFresher di Erema

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Bivitec e Breezer per un compost di qualità! Binder+Co - Ecotec Solution

Vaglio vibrante e separatore ad aria rappresentano una soluzione intelligente, semplice e altamente efficiente La combinazione del vaglio vibrante Bivitec e del separatore ad aria Breezer di Binder+Co (commercializzati in esclusiva in Italia da Ecotec Solution) offre una soluzione geniale, semplice e altamente efficiente per la lavorazione del compost. Le disposizioni più rigorose introdotte nei regolamenti sui concimi hanno ultimamente creato qualche preoccupazione in molti compostatori. Grazie a questa soluzione, Binder+Co è in grado di garantire una percentuale minima di sostanze estranee nel prodotto finale. Come funziona? Il vaglio “flip flow” Bivitec funziona col principio della doppia oscillazione: i tappeti di vagliatura flessibili vengono alternativamente flessi e distesi grazie al movimento creato da un motore elettrico e da un eccentrico. In questo modo vengono trasmessi al compost alti valori di accelerazione facendolo letteralmente “saltare” sui tappeti stessi. Questo movimento, unito all’inclinazione del piano vagliante, fa sì che il materiale scorra senza ausilio di ulteriori accorgimenti. Il moto oscillatorio, inoltre, mantiene liberi i fori dei tappeti. I piani di vagliatura dinamici di Bivitec assicurano una selezione efficiente e precisa del compost, mentre il rialzo sulle pareti laterali del vaglio (sistema “a corno di bue”) impedisce il passaggio di elementi di grandi dimensioni nella parte inferiore. In questo modo, è possibile una vagliatura fino a 4 mm, aumentando in modo determinante la qualità del proprio prodotto. I parametri di oscillazione posso-

Tappeti di vagliatura flessibili del vaglio flip flow Bivitec

Vaglio flip flow Bivitec e separatore ad aria Breezer Hi-Tech Ambiente

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no essere modificati con facilità tramite la regolazione delle masse eccentriche, così come il numero e la grammatura dei supporti di giunzione in gomma, permettendo di pianificare gli interventi di manutenzione. Per questo motivo Bivitec rimane la macchina perfetta anche al variare delle impostazioni dei parametri di lavoro. Con il passaggio attraverso il vaglio “flip flow” Bivitec avviene la separazione della parte fine dal resto del materiale; la prima viene raccolta al di sotto della macchina per semplice caduta, mentre il resto del materiale cade all’interno del separatore ad aria Breezer. Qui, attraverso un sistema combinato balistico/aeraulico, vengono separate per caduta e tramite un getto d’aria tarato e calibrato le parti più pesanti (per esempio residui legnosi recuperabili) dalle parti più leggere e volatili (plastiche o altri elementi inquinanti). Un rullo di separazione orientabile, in combinazione con i getti d’aria anch’essi modulabili, permette di regolare il grado di separazione del materiale. Binder+Co ed Ecotec Solution sono in grado di fornire soluzioni personalizzate: dalla singola macchina, all’impianto completo, finanche all’inserimento delle macchine in impianti già esistenti. I vantaggi principali di questa combinazione di macchine possono essere così sintetizzate: compost di altissima qualità, massima flessibilità, totale pianificazione, facile installazione, effetto autopulente, interventi di pulizia minimi, elevata disponibilità dell’impianto.



MACPRESSE

Le nuove presse MAC/2 Dopo due anni dal lancio, la MAC 110/2 ha dato prova di alta efficienza ed elevate prestazioni, conquistando importanti operatori in Italia e in Europa L’ultima nata in casa Macpresse, azienda italiana specializzata nella progettazione e produzione di presse per rifiuti e materiali riciclabili, è la serie di presse MAC/2. Questa nuova serie nasce per rispondere alle esigenze di un mercato, quello del trattamento dei rifiuti, in continua evoluzione e caratterizzato da esigenze complesse e particolari degli operatori del settore. Sono sempre di più, infatti, i recuperatori e le aziende di smaltimento che si occupano del trattamento e della gestione di rifiuti di differente natura, da dover trattare spesso nel corso dello stesso ciclo di produzione. Pensiamo agli impianti di trasferenza in cui occorre gestire materiali diversi, dal PET, al cartone o alla carta mista, fino al combustibile da rifiuto e alle biomasse. La serie MAC/2 è stata studiata per of-

La pressa Macpresse MAC 110/2 al lavoro

frire macchine multimateriale versatili, dai costi di produzione più contenuti e prestazioni più elevate rispetto alle precedenti. Ri-

sultati testati in due anni di produzione e oggi a regime presso alcuni tra i principali impianti di Italia, Francia e Germania.

In cosa si differenziano le presse della nuova serie MAC/2 rispetto alla precedente serie MAC/1? <<Dare una risposta univoca e puntuale richiederebbe troppo tempo - spiegano i responsabili di Macpresse - perché la serie MAC/2 prevede caratteristiche diverse per ogni macchina. In termini generali, possiamo dire che ogni modello della nuova serie rappresenta un miglioramento del suo omologo precedente. Il fatto è che le aree di miglioramento sono diverse da modello a modello, a seconda delle esigenze che sono destinati a soddisfare. Se però volessimo riassumere il tutto in poche parole, possiamo dire che le nuove macchine producono balle più dense con consumi minori grazie a migliorie sugli elementi di pressione-contropressione. Ci sono poi modifiche meccaniche che invece offrono una struttura più resistente e riducono i costi di manutenzione. E poi c’è tutto il discorso legato alla continua evoluzione delle interfacce IT e dalle linee guida di Industria 4.0. In questo caso, la nostra sfida costante è ottimizzare il trade off fra evoluzione tecnologica e facilità d’uso della macchina, che per noi è una caratteristica irrinunciabile>>. Con le MAC/2, dunque, Macpresse punta ancora sull’innovazione di prodotto per rispondere alle richieste dei suoi clienti, che devono competere in un mercato in continua evoluzione, progettando e producendo presse affidabili e robuste tanto quanto le MAC/1, le macchine che hanno fatto la storia nel settore dei rifiuti, ma ancora più efficienti sia in termini di produzione che di consumi.

Dettaglio della pressa Macpresse MAC 110/2 Hi-Tech Ambiente

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ECOTEC SOLUTION

X-Cutter: produttività elevata! Il sistema di taglio dei trituratori Untha serie XR consente elevate prestazioni, massima flessibilità e affidabilità Elevate prestazioni, massima flessibilità e ancora maggiore affidabilità nella triturazione di diversi materiali: questo è il risultato del costante sviluppo dei trituratori Untha della classe XR (commercializzati in esclusiva in Italia da Ecotec Solution). Grazie a numerose innovazioni, infatti, la macchina ora può essere adattata ancora meglio alle diverse esigenze dei clienti. Una delle caratteristiche più rilevanti è sicuramente il nuovo sistema di taglio X-Cutter, progettato per portate ancora più elevate, in particolare per trattamento in un unico passaggio di rifiuti e di CSS. Con il sistema X-Cutter è possibile ottenere una pezzatura da 80 a 30 mm. La pezzatura esatta viene definita tramite una griglia forata. Uno spintore interno spinge il materiale contro il rotore dotato di coltelli a strisce ad uso quadruplo. Il rotore è protetto contro l’usura grazie alle piastre in Hardox saldate, che lo rendono molto resistente. Grazie ai vari sistemi di taglio, potenze di azionamento superiori e diversi rapporti di trasmissione, la classe XR è ideale per il trattamento di molti flussi di materiale. Sono possibili pezzature da 30 a 400 mm, con portate da 10 a 70 t/h. Inoltre, la lavorazione di materiale non trattato e intriturabile non è un problema per la robusta classe XR. Un sistema di evacuazione intriturabili consente un rapido prelievo dei corpi estranei e quindi di ridurre al minimo i tempi di fermo del trituratore. L’esclusivo sistema di azionamento “Untha Eco Drive” garan-

Rotore X-Cutter

tisce un consumo energetico particolarmente basso e prestazioni superiori rispetto ai sistemi d’azionamento tradizionali. L’azionamento diretto esente da usura riduce i costi di manutenzione in quanto non richiede l’utilizzo di cinghie o mozzi rotore. I motori raffreddati ad acqua non necessitano di raffreddamento ad aria e

non sono soggetti a guasti termici. L’elevata manutenibilità e facilità di servizio consente al personale operativo di lavorare in modo confortevole, rapido e sicuro in posizione eretta. Le barre di taglio regolabili esternamente e il sistema di cambio griglie rapido rendono la classe XR pronta

Untha serie XR Hi-Tech Ambiente

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all’uso in breve tempo. Essa è adatta alla lavorazione di rifiuti industriali e commerciali, RSU, rifiuti ingombranti, legname di scarto, trecce di pulper, scarti di produzione, balle di materia plastica e molte altre applicazioni. <<Con l‘ultimo sviluppo in casa Untha, ossia il nuovo sistema XCutter per la serie Untha XR spiegano Martin Mairhofer e Alex Raich, titolari di Ecotec Solution - riusciamo ad offrire un‘innovativa soluzione per la triturazione fino a 30 mm di pezzatura di materiali pretrattati. In confronto ai classici raffinatori per la produzione di CSS, riusciamo a sfruttare tutti i vantaggi di un trituratore a rotazione lenta e, quindi, offrire il massimo della produzione con il minimo dei costi di gestione. Dopo i successi degli ultimi anni nella vendita dei trituratori Untha XR ai migliori gestori di rifiuti in Italia, adesso possiamo offrire una soluzione ancora più performante per la produzione di CDR/CSS>>. Le principali caratteristiche di questa serie possono essere così riassunte: elevate prestazioni, concetti di taglio efficaci, barre di taglio regolabili, pezzatura definita, sistema spintore interno, sistema di evacuazione intriturabili efficiente, risparmio energetico Untha Eco Drive, elevata manutenibilità e facilità di servizio.


green fashion

Riciclare con l’eco-chimica Da indumenti a etichette

Un nuovo processo trasforma i capi di abbigliamento in materiali biodegradabili, aprendo la via a un’industria della moda più ecocompatibile Anche l'industria della moda è un settore inquinante. In base alle stime del 2015, è responsabile di 1.715 milioni di tonnellate di emissioni annue di CO2 e produce circa 92 milioni di tonnellate di rifiuti solidi all'anno. In media vengono consumati 79 miliardi di metri cubi di acqua annui per la produzione di capi di abbigliamento. Con l’obiettivo di migliorare le pratiche di sostenibilità nel settore della moda, un’azienda che opera nel campo della moda tecnologica e un marchio di moda lungimirante si sono alleati per trasformare una collezione di capi d'abbigliamento essenziali in nuovi materiali completamente biodegradabili. Supportato dal progetto europeo WEAR (Wearable technologists Engage with Artists for Re-

ADIDAS: SOLO PLASTICA RICICLATA ENTRO IL 2024 Entro il 2024 la nota azienda di sport Adidas intende arrivare ad utilizzare solo plastica riciclata per tutte le scarpe e l’abbigliamento prodotto. Con questa impegno sostenibile, il marchio tedesco mira a centrare l'obiettivo di 5 milioni di scarpe con polie-

sponsible innovation), il processo innovativo del team potrebbe arrivare a ridurre significativamente l'impatto ambientale della moda. <<Abbiamo progettato una collezione limitata di capi essenziali del guardaroba - spiega Sabinna Rachimova, fondatrice del marchio di moda Sabinna e partner del progetto stere riciclato vendute nel 2018 e 11 milioni nel 2019. <<Il poliestere riciclato è il 1020% più costoso di quello vergine - afferma Eric Liedtke, responsabile dei marchi globali di Adidas - e anche se centreremo l'obiettivo prefissato per il 2019, si tratterà solo del 3% della produzione annuale di scarpe Adidas>>.

- concentrandoci su indumenti che quasi tutti possiedono e indossano nella vita di tutti i giorni, come bomber, jeans o camicie. Ed è stato davvero importante non compromettere le decisioni progettuali, ma realizzare comunque un prodotto che fosse sostenibile e riciclabile>> Il nuovo processo è incentrato sul concetto di circolarità. I materiali utilizzati nella collezione, in questo caso cotone e viscosa, sfruttano appieno i processi di produzione e di riciclo circolari. Ciò significa che gli abiti creati non saranno indossati per poi a un certo punto essere gettati via. Al contrario, al termine della vita dell'indumento, i materiali utilizzati per realizzarlo potranno essere sciolti e trasformati in nuova materia prima, da impiegare ad esempio per produrre imballaggi per indumenti, etichette, interni di negozi e una serie di altre applicazioni. IL PROCESSO DEL RICICLO DA VICINO

L’innovativa tecnica dei partner del progetto si basa su una semplice reazione chimica organica. Usando processi chimici non tossici, gli indumenti vengono sciolti, trasformati in fibre di cellulosa e riformati in nuovi materiali a base di cellulosa Hi-Tech Ambiente

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al 100%. I nuovi materiali creati, completamente riciclabili e biodegradabili, vengono successivamente compressi in fogli flessibili simili a carta velina, carta, cartone, plastica e persino legno. Riducendo ulteriormente l'impatto ambientale, i processi richiedono poca se non nessuna sostanza chimica. Scegliendo il riciclo chimico o meccanico, viene utilizzata meno acqua. L'importanza di questa misura di risparmio idrico diventa più evidente se consideriamo che sono necessari circa 10.850 litri per realizzare un paio di jeans e 2.720 litri per una singola T-shirt! Anche i processi chimici generano meno rifiuti e generano minori emissioni di carbonio, contribuendo a ridurre l'impronta energetica. La collezione prodotta dal progetto dimostra che le pratiche sostenibili sono possibili senza dover scendere a compromessi sull'estetica. Grazie al nuovo metodo del team, tutti i designer che creano abiti realizzati al 100% in cotone o viscosa potranno garantire che i propri indumenti vengano riciclati. I capi in cotone e viscosa possono persino essere recuperati dalle discariche e trasformati in materiali puliti e biodegradabili. Il team del progetto sta ora esplorando collaborazioni con altri marchi della moda per migliorare le pratiche di sostenibilità in tutto il settore. Nel suo secondo e ultimo anno, il progetto Wear si è impegnato a coinvolgere aziende tecnologiche e ingegneristiche in un rapporto più stretto con designer e artisti in tutta Europa. Il loro scopo è di spostare il panorama dei dispositivi indossabili e dell’e-textile verso un approccio più sostenibile ed etico.


BIOMASSE & BIOgAS B I O M A S S A

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B I O g A S

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B I O M E TA N O

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C O g E N E R A z I O N E

Biometano: dalla stalla alla strada Al via la prima filiera

Un’intesa tra imprese agricole e industriali ed Enti locali per utilizzare gli scarti di coltivazioni e allevamenti e produrre bioCH4 per i trasporti Grazie al protocollo d'intesa firmato da Coldiretti, Bonifiche Ferraresi, A2A, Snam e Gse è ufficialmente nata in Italia la prima filiera di biometano agricolo "dalla stalla alla strada". Obiettivo è quello di immettere nella rete nazionale 8 miliardi di metri cubi di biometano entro il 2030. Questa filiera naturalmente vede il coinvolgimento di imprese agricole e industriali, dei Comuni italiani e, più in generale, di tutti gli interessati alla produzione del biometano e al relativo impiego nel settore dei trasporti. L’idea è partire dall'uso degli scarti delle coltivazioni e degli allevamenti per arrivare a realizzare impianti per la distribuzione del biometano a livello nazionale per alimentare le flotte del trasporto pubblico come autobus e furgoni, le auto private e i trattori per il lavoro agricolo. In questo modo sarà possibile generare un ciclo virtuoso di gestione delle risorse, taglio degli sprechi, riduzione delle emissioni inquinanti, creazione di nuovi posti di lavoro e sviluppo della ricerca scientifica in materia di carburanti green. Inoltre, il contributo del biometa-

no alla decarbonizzazione non si limita alla sola fase del soddisfacimento del consumo energetico. Il suo processo produttivo rende infatti disponibili una serie di altri prodotti, sottoprodotti come il digestato che utilizzato come materia organica ammendante, migliora la produttività del terreno

agricolo e la sua capacità di trattenere gas climalteranti. Un volano importante di sviluppo per un paese come l'Italia che è già al terzo posto in Europa per consumi alimentati da fonti rinnovabili, con una quota complessiva pari al 17,41% del totale dell'energia utilizzata a livello nazionale e ha

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raddoppiato in undici anni i propri consumi green da 10,7 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) nel 2005 a 21,1 milioni nel 2016. Già diversi i progetti in cantiere. Il Gruppo A2A, ad esempio, ha in programma la realizzazione di 4 impianti di produzione di biometano da forsu, ottenuto tramite processo di digestione anaerobica, chiudendo così il cerchio della raccolta differenziata ambito in cui il Gruppo è impegnato in molte città dove svolge il servizio di igiene urbana. Il Gse è pienamente consapevole, inoltre, della necessità di dare impulso al biometano che potrà assicurare un effetto volano ai Comuni e al settore agricolo, attraverso la valorizzazione della forsu, degli scarti agricoli e dei reflui organici, e diffondere l’adozione di modelli di economia circolare. L’obiettivo finale è quello di aggregare i soggetti della filiera, in modo da accelerare la transizione energetica nell’ambito dei trasporti, consentendo a tutti gli operatori la possibilità di accedere ai servizi offerti dai diversi soggetti attivi nel campo del biometano e nel comparto agricolo.


PROGETTO STORE&GO

L’impianto Bio-LNg di Hysytech Il primo impianto in Italia di metanazione della CO2 è pronto ed è stato inaugurato a fine settembre a Troia, in Puglia. Si tratta di un impianto integrato con i trattamenti necessari alla purificazione del biometano e con i cicli di raffreddamento necessari per la sua liquefazione. La tecnologia di liquefazione permette di produrre Bio-LNG a basse pressioni, anche in presenza di gas più leggeri (ad esempio N 2, O2, H2), fino alla temperatura di 196 °C. Tale impianto è stato realizzato nell’ambito del progetto europeo di ricerca Store&Go, che ha come fine quello di integrare la tecnologia power-to-gas nel futuro sistema energetico europeo. E’ a tutti gli effetti un progetto di CO 2 Neutral, perché impiega e-

nergie pulite per combattere il cambiamento climatico, ed è finanziato dal programma "Horizon 2020 Research and Innovation"

dell'Unione Europea. L’impianto di purificazione e microliquefazione del biometano (Bio-LNG) si basa sull’ottimizzazione del la-

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vaggio ad acqua e sul trattamento a membrane. Il giusto abbinamento di questi due trattamenti permette di evitare altri pretrattamenti, minimizzando i costi di esercizio e l’impatto ambientale dei carboni attivi. Coinvolta nella realizzazione dell’impianto Bio-LNG è la Hysytech, società di ingegneria specializzata nella progettazione, sviluppo e implementazione industriale di nuove tecnologie e apparecchiature di processo chiavi in mano. Opera prevalentemente nel campo della generazione, trattamento e recupero di gas industriali, liquidi organici ed energia, secondo le pratiche ingegneristiche di primo livello nel mondo impiantistico, anche attraverso l’implementazione delle proprie tecnologie.


PREGI E OPPORTUNITA’

Il biometano oggi e domani Il biometano vanta una lunga lista di pregi e di opportunità che ne fanno uno strumento di comprovata utilità nel percorso di decarbonizzazione della nostra economia. Eppure, a tutt’oggi, la filiera stenta ancora a mettersi in moto frenata da considerazioni di natura economica, in particolare se il confronto viene fatto con il biogas, sostenuto dagli attuali incentivi. Le cose, però, stanno cambiando, grazie anche al recente decreto che prevedere un meccanismo incentivante per il biometano per autotrazione. <<La tecnologia di trasformazione del biogas in biometano - spiega Luigi Mazzocchi di RSE-Ricerca sul Sistema Energetico - offre diversi vantaggi. Innanzitutto, invece di ottenere energia elettrica, con un’efficienza del 35-40%, l’intero potere calorifico del metano contenuto nel biogas può essere sfruttato, sostituendo in un rapporto uno a uno il gas naturale. La rete gas in Italia, inoltre, è molto sviluppata: con modesti investimenti, dunque, si può prelevare e trasportare il biometano ovunque>>. Per di più, essendo un biocarburante avanzato che sfrutta matrici di scarto, nel settore dei trasporti riduce drasticamente le emissioni nette di CO2 per km percorso. Ma c’è anche un altro aspetto, oggi poco considerato ma fondamentale in prospettiva: uno stesso impianto può produrre sia energia elettrica sia biometano, realizzando un punto di interazione flessibile tra il sistema elettrico e quello del gas, a beneficio di entrambi. Resta però il problema dei costi; per questo si è reso necessario prevedere un meccanismo incentivante, cosa che ha fatto il decreto di recente pubblicazione. Con la tecnologia, per altro, già siamo a buon punto. Gli interventi da parte di varie aziende hanno mostrato realizzazioni di impianti

con processi ad un buon grado di sviluppo, concepiti in Italia e con prospettive di competitività. Il numero delle richieste di allacciamento alla rete di trasporto e

dei contratti già stipulati, comunicati recentemente da Snam Rete Gas, confermano il crescente interesse nazionale nei confronti del biometano. Le manifestazioni di

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interesse provengono ancora principalmente dalle aziende che trattano forsu, ma crescono anche le richieste dal mondo agricolo. Il nuovo decreto dovrebbe quindi consentire di ottenere i vantaggi energetici e di flessibilità associati alla produzione di biometano. Il biometano dovrebbe inoltre dare un contributo decisivo a soddisfare gli impegni presi dall’Italia a livello europeo sulle quote di biocarburanti avanzati da immettere in consumo nei prossimi anni.


Il biometano è il gas ottenuto da fonti rinnovabili e ha caratteristiche e condizioni di utilizzo corrispondenti a quelle del gas metano ed è idoneo all’immissione nella rete del gas naturale. E’ un vettore bioenergetico dall’enorme potenziale ed è utilizzabile senza alcuna miscelazione e senza dover in alcun modo modificare le apparecchiature attualmente alimentate a gas naturale. Il suo consumo avviene evitando di liberare il carbonio, quasi senza ulteriori emissioni che alterano l’ambiente. L’utilizzo di questa fonte energetica può avvenire in modo flessibile e programmabile, può difatti essere trasportata e stoccata per rispondere alle diverse condizioni territoriali e temporali della domanda di energia in ogni settore di impiego. IL biometano deriva dal biogas, che viene prodotto attraverso la digestione anaerobica. Il biogas grezzo ha un contenuto di metano pari al 50-60% e per questo viene sottoposto ad un processo di upgrading (raffinazione e purificazione) che è la principale fase di conversione del biogas in biometano. Il biogas viene trasformato

IDRODEPURAzIONE

Il biometano chiavi in mano

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in un combustibile ad alto contenuto di metano (95%), eliminando quasi del tutto l’anidride carbonica e altre impurità. Una volta trattato, il biometano può essere distribuito per autotrazione oppure può essere immesso nella rete del gas naturale con conseguenti vantaggi operativi ed economici. In questo ambito opera Idrodepurazione, società italiana specializzata nella progettazione, realizzazione, gestione e assistenza di impianti per la produzione di biogas e biometano come fonte energetica rinnovabile da rifiuti. Effettuando un’analisi preliminare del contesto territoriale e aziendale, Idro, dopo aver verificato la fattibilità del progetto, identifica la migliore soluzione tecnica, fornendo impianti che rispondano in modo ottimale ai requisiti tecnici, costruttivi e di sicurezza, unendo automazione e semplicità di gestione. Gli impianti proposti possono trattare diverse tipologie di biomasse: rifiuti organici, residui ortofrutticoli, residui agroalimentari, scarti di mensa, scarti di macellazione, residui da lavorazioni ittiche.



Al via Foligno Biometano Asja Ambiente Italia

Un nuovo impianto per il trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani, con produzione di bioCH4 e compost di qualità È stato di recente inaugurato Foligno Biometano, il nuovo impianto realizzato da Asja Ambiente Italia deputato alla produzione di biometano e compost di qualità, in grado di garantire vantaggi ambientali e risparmi economici per il territorio e permette una migliore gestione della forsu. Si tratta di un impianto altamente tecnologico e fortemente innovativo, che permetterà di gestire una notevole quantità di rifiuti umidi, contribuendo anche a limitarne il trasporto e quindi l’impatto ambien-

tale conseguente alla loro movimentazione. Questo impianto, oltretutto consente all'Umbria di andare sempre di più verso l'autosufficienza nella gestione del ciclo dei rifiuti. <<La produzione di biometano a partire dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani è la naturale evoluzione della valorizzazione energetica del biogas da discarica, settore nel quale Asja ha competenze consolidate frutto di un'esperienza di oltre vent'anni –evidenzia Agostino Re Rebaudengo, presidente di

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Asja Ambiente Italia – e trasformare il rifiuto in risorsa è il principio sul quale Asja è stata fondata e che ancora oggi motiva la nostra crescita nell'economia circolare>>. Il sistema impiantistico si compone di due sezioni: una per la produzione di compost di qualità, che riceve i rifiuti umidi e la frazione verde (sfalci e potature) raccolti nei comuni gestiti, e una sezione per la produzione di biometano, che sarà completata e attivata entro fine anno. Le due sezioni sono distinte ma progettate per operare sia in modo autonomo dal punto di vista funzionale, sia in modo integrato. Il risultato è un sistema completo di trattamento e gestione del rifiuto. L'impianto è provvisto di un digestore completamente sigillato entro il quale i rifiuti organici vengono trasformati in biogas attraverso un processo che avviene in totale assenza di ossigeno e, quindi, di odori. Va comunque evidenziato che l'impianto è dotato di un sistema di captazione e trattamento delle emissioni odorigene e di un programma di controllo e monitoraggio costante del processo. Il rifiuto conferito viene pretrattato

tramite un processo meccanico di selezione, triturazione e omogeneizzazione. Al termine di questa fase, il materiale risultante viene inviato al digestore anaerobico, all’interno del quale si sviluppano le reazioni biochimiche per la produzione di biogas. Il biogas così ottenuto subisce un processo di desolforazione biologica e in seguito è inviato alla sezione di upgrading, dove viene purificato, ossia depurato dei componenti idrosolubili come solfuro di idrogeno, ammoniaca, particolato e anidride

carbonica. Il gas che deriva da questo trattamento è biometano di alta qualità ed efficienza. Il digestato, cioè la matrice non più degradabile prodotta dalla fase di digestione anaerobica, è stabile e privo di odori molesti. Esso viene ulteriormente stabilizzato nella linea di compostaggio per produrre compost di qualità con alto contenuto fertilizzante per il terreno. Una volta a pieno regime l'impianto tratterà 53.500 tonnellate di rifiuti organici e sfalci di verde pubblico all'anno e produrrà 15.000 tonnella-

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te di compost di qualità e 4 milioni di metri cubi di biometano, con un risparmio di 3.280 tonnellate di petrolio. Grazie al biodigestore 2.857 famiglie e 573 auto potranno essere rifornite con il biometano, di alta qualità ed efficienza, adatto ad essere immesso sia nella rete di distribuzione, sia destinato al settore dei trasporti. La produzione di biometano, inoltre, consentirà di evitare la dispersione in atmosfera di gas metano che ha un effetto serra 28 volte maggiore di quello della CO2.


macchine & strumentazione

Il pulitore universale per nastri trasportatori Barra Project International

Dotato di braccio adattabile a vari diametri di rullo, è applicabile sia in posizione frontale sia lungo il tratto di ritorno del nastro Spazi di lavoro confinati ed angusti, intersezione di nastri, passaggi stretti e vincoli strutturali sono i principali ostacoli per l’applicazione dei pulitori per nastri trasportatori. Partendo dalle esigenze applicative in campo, Barra Project International lancia sul mercato l’ultimo ritrovato della gamma pulitori Raskia, il modello Transformer. Il punto di forza di questo attrezzo risiede nella potenzialità “trasformabile” dei bracci di sostegno delle lame raschianti, che possono essere facilmente allungati e ruotati per adattarli a rulli di trascinamento di diverso diametro. In funzione degli ingombri di zona, l’albero del pulitore Transformer può essere applicato in posizione più o meno prossima al rullo di trazione, senza che ciò modifichi il punto ottimale di contatto tra lama raschiante e nastro trasportatore. Il braccio del raschiatore è fissato sull’albero portante mediante nuclei ammortizzatori in elastomero: la presenza dell’elastomero è una costante della gamma Raskia, in quanto permette alla lama di flettere sia trasversalmente sia longitudinalmente garantendone l’aderenza continua anche in caso di difformità e di usura del tappeto. Raskia Transformer è un pulitore universale: il braccio componibile non solo facilita l’installazione del pulitore, ma consente di utilizzare l’attrezzo sia come pulitore frontale primario sia come pulitore secondario finitore.

Il pulitore Raskia Transformer

Nella conformazione standard, è dotato di lama in acciaio con inserto in metallo duro, caratteristiche che lo rendono particolarmente idoneo alla pulizia di materiali fortemente impaccanti. Può inoltre essere dotato delle altre lame della gamma Raskia. Il cuore di Raskia, infatti, sta proprio nelle lame raschianti, la cui geometria è studiata per garantire la maggior forza asportatrice e una aderenza continua al nastro, anche in caso di elevata usura della lama, senza danneggiamenti del tappeto. Ottenere un buon risultato non significa infatti solo asportare il materiale, ma anche salvaguardare la vita utile del tappeto del nastro evitandone impuntamenti e strappi. Diversi sono i materiali da asportare (per granulometria, umidità, forza impaccante, condizioni di marcia del tappeto) e quindi va-

riegata è anche la gamma Raskia: si passa da lame interamente in elastomero a lame con anima in elastomero e inserto in metallo duro, fino a lame interamente in acciaio con nuclei ammortizzatori in elastomero. A completare la struttura vi sono i sistemi di tensionamento: manuale (anche con variante a molla), pneumatico, pneumatico auto-alimentato. Quest’ultimo sistema sfrutta l’aria compressa stoccata all’interno dell’albero stesso ed è ricaricabile: soluzione studiata per pulitori installati in zone distanti o di difficile accesso. I pulitori Raskia si caratterizzano per: robustezza, snellezza, ingombri ridotti e ottimizzati per facilitarne l’applicazione in spazi confinati e su macchine statiche o in movimento, aderenza continuativa al tappeto grazie alla

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struttura a settori delle lame, elevata capacità adattiva alle irregolarità del nastro grazie alla flessione della singola lama, composizione modulare così da ottimizzarne la gestione ricambi. Un ambiente di lavoro pulito è prima di tutto più sicuro! Meno polveri e residui di materiale significa aumentare la sicurezza operativa di zona. Le polveri non controllate possono inoltre causare problemi alla salute, se inalate, e possono incendiarsi. Un ambiente di lavoro pulito è anche più redditizio! Si riduce il quantitativo di prodotto disperso lungo il tratto di ritorno, si riducono gli interventi di pulizia e manutenzione, si prevengono i fermi di produzione per mancanza materiale, si riducono i costi energetici: un tappeto sporco incrosta i rulli ed è più pesante da muovere.



Le nuove frontiere contro lo smog Un problema quotidiano

Sensori avanzati, pannelli assorbitori e progetti europei impegnati a fronteggiare l’inquinamento atmosferico L’inquinamento atmosferico è tuttora un problema per il nostro Paese, tanto che l’Unione Europea ha recentemente inviato al nostro Governo una lettera di preavviso relativa a 30 zone del territorio italiano in cui si registrano sistematicamente superamenti dei valori limite, in particolare per quanto riguarda le emissioni di PM10. Secondo il “Report sulla qualità dell’aria”, realizzato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile in collaborazione con Enea, in Italia si verificano oltre 90.000 decessi prematuri ogni anno, attribuibili alle elevate concentrazioni di partico-

lato, biossido di azoto e ozono. La situazione è leggermente migliorata negli ultimi anni, grazie al miglioramento dell’efficienza energetica ed alla diffusione di fonti rinnovabili; ma sono necessarie azioni nuove e più incisive, soprattutto nelle regioni padane, che sono la macro-area più inquinata d’Europa. IL CONTRIBUTO DELLE DIVERSE FONTI

La situazione si presenta molto diversificata secondo il tipo di inquinante. Secondo il rapporto Ispra sulle emissioni nel periodo 1990-2014, l’inquinamento da ossidi di zolfo (SOx) si è molto ridotto (-93%). Quello che oggi resta è dovuto prevalentemente ai grandi impianti di combustione, sia per usi industriali che per la produzione di energia elettrica (centrali termoelettriche a carbone). Il particolato va distinto tra “fine” (PM10) e “ultrafine” (PM2,5). Il primo è diminuito sensibilmente negli ultimi anni, mentre il secondo ha un andamento piuttosto irregolare. Il maggior contributo, per entrambi i tipi, è dovuto agli impianti di combustione non industriali (in particolare il riscaldamento elettrico a biomasse); un contributo non trascurabile è portato dal trasporto su strada (scarichi dei motori Diesel). Gli ossidi di azoto (NOx) sono in costante diminuzione e oggi sono poco meno del 40% rispetto a quanto erano nel 1990. Il maggior contributo è dato dal traspor-

La Smog Free Tower

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to su strada. I composti organici volatili diversi dal metano (NMVOC) si sono circa dimezzati; il maggior contributo proviene dalle industrie (utilizzo di solventi), ma sono rilevanti anche gli impianti di combustione non industriale e il trasporto stradale. Infine, le emissioni di ammoniaca costituiscono un caso anomalo, perché sono diminuite solo del 17% dal 1990 a oggi, e sono dovute per il 96% all’agricoltura (manipolazione di concimi animali, reflui di allevamento e fertilizzanti). Va rilevato che l’ammoniaca emessa nell’atmosfera va incontro ad una serie di trasformazioni chimiche, per cui contribuisce in modo rilevante alla formazione di PM2,5. COME MISURARE L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO?

Il principio-base della tecnologia è che per controllare un fenomeno bisogna anzitutto misurarlo. I metodi di misura dell’inquinamento atmosferico si possono dividere in tre categorie: metodi diretti, uso di sensori, metodi indi-

Sensori del progetto Captor

retti. Nei metodi diretti, l’aria da analizzare viene attraversata da un raggio luminoso (UV, IR, laser) e in base all’assorbimento o all’emissione di energia si misura la concentrazione dell’inquinante. Quanto all’uso di sensori, l’aria da analizzare viene messa in contatto con materiali che cambiano le loro proprietà a contatto con le sostanze inquinanti, oppure reagi-

scono con gli inquinanti producendo radiazioni elettromagnetiche. Con i metodi indiretti, invece, l’aria da analizzare viene fatta passare su un filtro (per raccogliere gli inquinanti solidi) oppure in una soluzione acquosa (per raccogliere i gas acidi), o ancora su una “cartuccia” di carbone attivo (per raccogliere i vapori or-

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ganici). Filtri, soluzioni o cartucce vengono poi portate in laboratorio per le analisi. Dove è possibile, i metodi diretti e l’impiego di sensori sono preferibili, perché danno risposte immediate e si prestano ad essere montati su strumenti portatili, utilizzabili anche da personale non specificatamente qualificato. I metodi indiretti sono d’altra parte più precisi, ma richiedono tempo e la disponibilità di un laboratorio attrezzato e di personale specializzato; sono quindi prevalentemente utilizzati come metodi di riferimento, che servono in caso di controversie, o per la taratura degli strumenti basati sugli altri metodi. Pur senza entrare in troppi dettagli tecnici, i metodi maggiormente utilizzati per rilevare i principali inquinanti sono: - Ossidi di zolfo (SOx): metodo diretto, per fluorescenza indotta da radiazione UV. - Particolato (PM10 e PM2,5) e suoi componenti (metalli, sostanze carboniose): il metodo classico di misura indiretta (passaggio su Continua a pag. 68


Continua da pag. 67

Le nuove frontiere contro lo smog filtri, pesatura e successiva analisi del materiale raccolto) è tuttora il metodo ufficiale di riferimento. Per ottenere risposte in tempi brevi si usano soprattutto strumenti basati sull’assorbimento di radiazioni beta da parte del materiale raccolto sul filtro. Quando si ricerca la distribuzione dimensionale (cioè si vuole sapere quante particelle ci sono con diametro 1 micron, quante con diametro 2 micron, ecc.) si usano strumenti basati sulla condensazione di vapori soprasaturi (Condensation Particle Counter), sulla diffrazione della luce laser (Optical Particle Counters) o sulla mobilità elettrica delle particelle (Differential Mobility Analyzers). I metalli presenti nel particolato raccolto sul filtro vengono determinati solubilizzando il particolato con acidi e successivamente analizzando la soluzione per assorbimento atomico o per spettrometria di massa con plasma ad accoppiamento induttivo (ICP-MS). Le sostanze carboniose (“black carbon” ed “elemental carbon”) sono determinate mediante metodi termo-ottici. - Composti organici volatili (COV): vengono analizzati con metodi indiretti, facendo passare

UNA APP MOSTRA LA QUALITA DELL’ARIA IN TEMPO REALE Attualmente, la pubblicazione dei dati sulla qualità dell’aria è gestita in modo separato dalle diverse ARPA, che pubblicano i dati sui loro siti web; questo rende molto complicato confrontare i dati delle diverse parti del territorio nazionale. La situazione è però in via di evoluzione grazie a MonIQA (http://moniqa.dii.unipi.it), un sistema, scaricabile come app

per Android, che cattura i dati delle diverse Agenzie e li unisce in un’unica mappa a colori. I diversi colori sono associati alla concentrazione in aria di PM10, biossido di azoto, monossido di azoto, ozono, monossido di carbonio, biossido di zolfo e benzene. La concentrazione delle diverse sostanze viene confrontata con i limiti di legge, assegnando un colore ad ogni parte del territorio nazionale; sarà così possibile avere una visione generale sulla qualità dell’aria nel nostro Paese.

l’aria su una cartuccia di materiale adsorbente (di solito carbone attivo) e, successivamente, “desorbendo” gli inquinanti mediante solventi o per azione del calore. L’analisi degli inquinanti desorbiti si esegue per gascromatografia. Normalmente il desorbimento e la determinazione gascromatografica si eseguono in laboratorio; ma sono stati sviluppati anche gascromatografi miniaturizzati, adatti per analisi sul campo in tempo reale, come quello dell’Istituto per la microelettrica ed i microsistemi (IMM-CNR, sede di Bologna), specialmente concepito per la rilevazione di benzene e altri idrocarburi aromatici, con livelli di sensibilità estremamente bassi (frazioni di ppb). - Ammoniaca: la sua determinazione in atmosfera veniva in passato eseguita con metodi indiretti, facendo passare l’aria in una soluzione contenente un adatto reattivo, oppure su tubi di diffusione (“denuders”) contenenti sostanze che reagiscono con l’ammoniaca. Attualmente si preferisce usare campionatori diffusivi, costituiti da cilindretti porosi in polietilene, contenenti acido fosforoso come reagente. La determinazione avviene successivamente in laboratorio mediante estrazione con acqua e cromatografia ionica. SENSORI MINIATURIZZATI

Oltre ai metodi di analisi ufficiali, applicabili nelle centraline di rilevamento, sono stati sviluppati anche sensori portatili, alcuni dei quali a basso costo. Ad esempio, la Oregon Scientific vende un misuratore che rileva i PM2,5 e i COV. Apparecchiature portatili di alta precisione sono stati impiegati nel corso del progetto Upupa, per il rilevamento dell’inquinamento atmosferico da particelle ultrafini nella città di Piacenza: è stato utilizzato un Optical Particle Counter per le particelle con 1 micron di diametro. Anche il progetto Captor punta sulla distribuzione di sensori a basso costo a 20 cittadini residenti tra le province di Piacenza, Cuneo, Vicenza e Bergamo. Per stimolare e coordinare il progresso tecnologico in Europa nel campo dei sensori “smart” e delle nanotecnologie è stato lanciato 3 anni fa il progetto europeo EuNetAir. I prototipi messi a punto Hi-Tech Ambiente

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nell’ambito di questo progetto sono stati testati presso l’aeroporto londinese di Heathrow e nella città portoghese di Aveiro. COSA SI PUO’ FARE?

Ovviamente, la prima misura da prendere contro l’inquinamento atmosferico è di evitare il più possibile le emissioni: filtri e depuratori sui camini delle industrie, limitazioni al traffico e al riscaldamento domestico, auto meno inquinanti, ecc. Un “decalogo” per migliorare la qualità dell’aria nelle città italiane, attraverso soluzioni strutturali di “green economy” è stato recentemente presentato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, in collaborazione con Enea. Per intervenire in tempi brevi, oltre ai blocchi del traffico e alle limitazioni sul riscaldamento, sono oggi disponibili alcune soluzioni “mangia-smog”, tra le quali: - il dispositivo filtrante GPAO (Gas Phase Advanced Oxidation), realizzato dall’Università di Copenhagen e basato sull’ossidazione degli inquinanti con ozono e raggi UV

- il cemento “TX-Active”, brevettato da Italcementi e basato sull’attività fotocatalitica del biossido di titanio - vernici e pannelli basati sullo stesso principio - la “macchina mangia-smog” APA (Air Pollution Abatement), realizzata da una start up italiana in collaborazione con l’Università di Pisa e dell’Aquila, che si basa sul lavaggio dell’aria con acqua nebulizzata - pannelli e panchine che utilizzano

biomasse vegetali (muschi e piante vascolari) attualmente in corso di sperimentazione a Modena - la “Smog Free Tower”, alta 7 m e larga 3,5 m, capace di depurare 30.000 mc/ora di aria, recentemente installata a Rotterdam e basata sulla ionizzazione mediante campi elettrostatici, che portano le particelle di smog a raccogliersi a un elettrodo posto al centro della torre, agglomerandosi in piccole pietre a forma cubica.

Sensori del progetto Captor

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PROGETTI EUROPEI E ACCORDI REGIONALI

La Regione Emilia-Romagna è particolarmente attiva sul fronte anti-inquinamento: insieme con Lombardia, Piemonte e Veneto ha recentemente siglato un accordo con il Ministero dell’Ambiente, che prevede 8 milioni di euro di ecobonus per sostituire i veicoli inquinanti, altri 8 milioni per finanziare interventi su attività agricole e zootecniche, e varie misure strutturali nelle città più importanti del bacino padano. La stessa Regione, attraverso la sua Arpa, coordinerà il progetto europeo Awair, che prevede uno stanziamento di quasi 2 milioni di euro per promuovere misure e strategie condivise per il miglioramento della qualità dell’aria nell’Europa centrale. Altri progetti europei attualmente in corso, nel quadro del Programma Life, relativi rispettivamente alle regioni padane e all’area del Brennero, sono Life PrepAir (Po Regions Engaged in Policies of Air) e Brenner Lec (Brenner Lower Emissions Corridor).


Il trasporto di fanghi disidratati Seepex

Un nuovo sistema energeticamente sostenibile che è ideale per le lunghe distanze La cara vecchia posta pneumatica potrebbe aver servito da modello per una tecnologia futuristica. La tecnologia di Seepex "Smart Air Injection" (SAI), con domanda di brevetto depositata, porta sul mercato una soluzione ad hoc che combina i vantaggi di due tecnologie di trasporto con l’ambiziosa finalità di trasportare in modo energeticamente efficiente fanghi altamente disidratati su lunghe distanze. Le condutture in cui i fanghi compattati vengono trasportati tramite aria compressa sino a destinazione possono così arrivare fino a una lunghezza massima di 1.000 metri. Questa alternativa ai sistemi convenzionali, già collaudata in numerosi impianti di tutta Europa, si è dimostrata profittevole per molti impianti di smaltimento. Una tubazione su lunghe distanze non è necessariamente uno svantaggio tecnologico. Ed è argomento più che mai importante nel campo dello smaltimento dei fanghi disidratati. Ogni anno in Germania vengono prodotte 1,8 milioni di tonnellate di fanghi disidratati che devono essere processati per via termica, oppure riciclati in agricoltura. Con la nuova direttiva tedesca sui fanghi di depurazione, entrata in vigore nel 2017, è sempre più necessario trasportare i fanghi di depurazione su lunghe distanze, ad esempio verso un impianto di recupero dei fosfati. <<Vi sono una serie di aspetti afferma Stephan Mottyll, project manager di Seepex – che potrebbero rendere l'uso del sistema SAI un'opzione interessante per

alcuni dei circa 10.000 impianti di trattamento esistenti>>. SAI non solo soddisfa i nuovi requisiti su distanze fino a 1 km, ma è anche economico, perché i costi di investimento totali e le spese di gestione sono relativamente basse. Seepex ha già i suoi primi clienti di riferimento sul mercato internazionale, che vedrà l'integrazione di SAI nella rete di una delle più grandi aziende idriche d'Europa nell'autunno del 2018. Il nuovo sistema si rivolge principalmente alle società di smaltimento delle acque reflue, è efficiente dal punto di vista energetico e, quindi, rappresenta un’importante alternativa ai sistemi convenzionali. <<Come soluzione di trasferimento personalizzata - spiega Mottyll - è progettata per soddisfare i requisiti di ogni specifico impianto e parametrizzata sul posto per ottimizzare il consumo energetico>>. FANGO IN PRESSIONE

Per il sistema Smart Air Injection gli ingegneri della società di Bottrop, una delle aziende di spicco nella tecnologia di pompe a cavità progressiva, hanno utilizzato la combinazione di una pompa a cavità progressive e il dosaggio di aria compressa. Una nuova procedura, che consente di trattare i fanghi di depurazione sempre più disidratati su distanze sempre crescenti. <<I fanghi disidratati presentano elevata viscosità e abrasività - dice Mottyll – e sono fluidi che cambiano rapidamente da viscosi a prevalentemente solidi, motivo per cui è necessario superare una significativa perdita di pressione nella condotta di trasferimento>>. L'obiettivo era quello di trovare un'alternativa efficace ai correnti sistemi di trasporto, al fine di raggiungere maggiori distanze, nonché una maggiore efficienza in termini di costi ed energia. Nel sistema SAI, una colonna di fango viene dapprima compressa e introdotta nella linea attraverso una pompa provvista di tramoggia di carico, quindi viene convogliata lungo la tubazione mediante iniezione controllata di aria compressa (iniezione a impulsi). L'iniezione d'aria è controllata tramite un algoritmo ottimizzato per l'applicazione; la colonna di

Smart Air Injection (SAI) di Seepex

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fango che viene trasferita pneumaticamente riceve inoltre un’iniezione (dosaggio controllato e ridotto al minimo) di soluzione di polielettrolita. Ciò riduce l'attrito nella condotta migliorando l'efficienza energetica del sistema. La combinazione pompa monovite e trasporto pneumatico riduce la pressione nell'intera linea ad un livello molto basso, al di sotto della soglia PN10. Il tutto dipende dall'energia richiesta per spingere il fango compresso dalla pompa: una volta superata la forza di attrito statico, la colonna di fango viene spinta dalla colonna di aria introdotta dietro di essa, riportando il livello di pressione di linea a valori molto bassi. La regolazione dei parametri del sistema, come la quantità di polielettrolita e i volumi d'aria, consente di impostare un punto operativo specifico per l'impianto e ottimizzarlo per il consumo di energia.

Questi svantaggi non si ritrovano nel sistema Seepex SAI. Oltre ai bassi requisiti energetici, un'altra interessante caratteristica sono i bassi costi operativi, che derivano da lunghi periodi tra una manutenzione e la successiva, fino a due anni, nonchè pezzi di ricambio più economici rispetto ad altri processi. La nuova soluzione di trasferimento consente di utilizzare tubazioni economiche in materiale plastico. Grazie alla "Smart Con-

veying Technology" (SCT), il tempo necessario alla manutenzione della pompa è minimo (sostituzione dello statore del rotore in meno di un'ora) e può essere tipicamente eseguito da una sola persona e senza particolari attrezzature di sollevamento, grazie al minor peso dei componenti. Oltretutto, grazie alla "manutenzione in loco", lo smontaggio delle tubazioni non è necessario; il livello di pressione di linea ridotto fino a PN10 garantisce una

INNOVAZIONE E MENO COSTI

Questo nuovo prodotto di Seepex è una soluzione pionieristica con numerosi vantaggi rispetto ai metodi tradizionali. <<Fino ad ora, il trasporto di fanghi disidratati è stato ottenuto con soluzioni di pompaggio che coinvolgono più unità motrici chiarisce Mottyll - ad esempio nastri trasportatori e coclee, che consumano una quantità relativamente elevata di energia e richiedono molta manutenzione. Inoltre, i sistemi convenzionali sono spesso progettati come sistemi aperti, il che comporta dispersione di cattivi odori oppure reidratazione da parte dell'acqua piovana, con conseguente inefficienza>>. In alternativa, le tubazioni chiuse possono essere utilizzate in combinazione con pompe a cavità progressive multistadio o in alcuni casi pompe alternative, particolarmente adatte per fluidi ad alta viscosità e alte pressioni. A causa dell'elevata contropressione, tuttavia, questi richiedono costi di investimento relativamente elevati, in particolare comportano tubature di grande spessore (fino a PN100). Le pompe alternative comportano costi di manutenzione significativi, lunghi periodi di inattività durante la manutenzione e un’elevata potenza installata e assorbita. Hi-Tech Ambiente

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maggiore durata di vita dei componenti, che richiedono peraltro uno spazio minimo. Inoltre, l'automazione e il monitoraggio dell’intero processo possono essere integrati nei sistemi di automazione e controllo esistenti tramite interfacce convenzionali; tutti i componenti funzionali, i sensori e gli attuatori fanno parte della fornitura di Seepex e sono integrati nel software di controllo SAI, ottimizzato per la specifica applicazione.


Con Pac 6000, 6500, 8000 e 8500, Dräger offre una nuova serie di rilevatori portatili monogas. Oltre al monitoraggio di gas standard, quali monossido di carbonio, idrogeno solforato, nidride solforosa e ossigeno, due dei nuovi dispositivi (Pac 8000 e 8500) rilevano anche sostanze speciali quali ozono, fosgene e biossido di azoto. Inoltre, Pac 8500 è disponibile anche con un doppio sensore per H2S/CO o O2/CO e un sensore CO con compensazione dell'idrogeno; ciò riduce significativamente l'influenza dell'idrogeno sull'indicazione del monossido di carbonio. Poiché la misurazione di gas rapida ed efficace è estremamente importante in ambito industriale, i rilevatori della serie Pac forniscono risultati veloci, precisi e attendibili e sono molto facili da usare. Gli utenti possono scegliere tra 18 sensori a lunga durata che permettono di misurare sino ad un massimo di 33 gas. La batteria industriale ha una durata di due anni, senza sostituzione. Gli accessori della serie precedente possono essere utilizzati anche con i nuovi dispositivi. Il "D-Light" integrato mostra al-

RILEVATORI DRAGER

Pac: portatili e monogas l'utente se il rilevatore è operativo e pronto all'uso. Oltre alla concentrazione di gas attuale, l'ampio display fornisce anche altre importanti informazioni, quali ad esempio lo stato di carica della batte-

ria, il gas misurato o la durata residua. La serie Pac è performante anche in condizioni d’impiego estreme. I sensori possono essere utilizzati in un intervallo di temperatura da

-40 a +55 °C. Un filtro a membrana facilmente sostituibile protegge il sensore da sostanze estranee, quali la polvere o i liquidi. L'involucro antiurto e resistente agli agenti chimici soddisfa i requisiti IP68. Ogni variante di sensore è identificata da un codice colore, rendendo lo scambio praticamente impossibile. I dispositivi della serie Pac visualizzano la massima concentrazione misurata. Sono inoltre provvisti di segnalatori di allarme otticiacustici e a vibrazione.

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laboratori Sono le nuove tecnologie per la sintesi di “materiali intelligenti” sottoforma di rivestimenti nanotech quelle che nascono da una ricerca, in collaborazione tra Bio Eco Active e Lebsc, nell’ambito dei materiali biogenici e biomateriali, completamente bio/eco-compatibili ed eco-friendly. Questi coating nascono da uno studio specifico delle diverse matrici sulle quali vengono applicati (metalliche, polimeriche, vetrose, ceramiche, cellulosiche, ecc.) mirando a seguire processi di sintesi biomimetici che mimano in modo similare i processi biologici naturali. Bio eco Active e Lebsc hanno messo a punto una gamma di prodotti innovativi, da applicare come rivestimento superficiale su qualsiasi tipologia di supporto, per resistere all’abrasione e all’usura, per aumentare le proprietà autopulenti e rendere anche le superfici batteriostatiche. Ad oggi, tre i prodotti innovativi, brevettati e sintetizzati all’interno dei propri laboratori di ricerca e sviluppo, per il trattamento nanotecnologico di microfratture superficiali di strutture vetrose, al fine di aumentare la termoresistenza e la riflettanza, diminuendo l’adesione

BIO ECO ACTIVE E LEBSC

I biocoating nanotech per superfici inerti Prodotti da applicare come rivestimento su qualsiasi supporto per resistere ad abrasione e usura e per renderli autopulenti e batteriostatici superficiale di pulviscolo e calcare. “zeroMark” è un prodotto innovativo capace di migliorare la superficie vetrosa di qualsiasi struttura, essendo anche idoneo al contatto alimentare, diminuendo la rugosità superficiale microscopica e aumentando le prestazioni nanotecnologiche del materiale stesso; aderisce in modo irreversibile alla stessa struttura vetrosa creando microfilm polimerizzati rinforzati. “FlexLight” viene idealizzato per strutture vetrose specifico per pan-

nelli fotovoltaici in grado di aumentare le prestazioni e le performance dei pannelli, migliorando la loro resa energetica. La soluzione, in questo caso, viene arricchita e coadiuvata dall’attività di nano particelle inorganiche metalliche sintetizzate in modo specifico e univoco, aventi funzionalità diverse come per esempio: aumentare le

proprietà autopulenti, antibatteriche e antinquinanti, mediante processi naturali attivati dalla luce UV. Tali particelle fotocatalitiche sono in grado di interagire con la luce, proprio come accade in molto sistemi di origine vegetale, per scomporre le molecole organiche e rendere più facile la loro rimozione dalla superficie, per migliorare le performance dei pannelli. “Lotusap” è un trattamento a base di cellulosa modificata adatto per superfici porose (quali pelle, carta, ecc.), in grado di rendere assolutamente idrofobico, nonché idrorepellente la superficie trattata. Si crea così un film protettivo aggrappandosi alla matrice di base che permette di impermeabilizzare la superficie a contatto. Le tecnologie proposte sono adatte per il rivestimento superficiale di materiali vetrosi e porosi, mediante coating a base di nanoparticelle di silice colloidale attivata e cellulosa che aderiscono in modo indelebile alle matrici creando microfilm polimerizzati rinforzati. Vetrino bianco sporco

Vetrino trattato

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ALS Italia fa parte del gruppo mondiale ALS Global, una tra le più grandi compagnie mondiali di testing, presente in 65 paesi con 350 sedi e 13.000 collaboratori (di cui 3.000 in Europa) e oltre 270 laboratori di analisi in tutto il mondo. Il gruppo fornisce servizi tecnici professionali per il settore Life Sciences (ambientale, alimentare e farmaceutico), energetico e minerario (esplorazione, estrazione, lavorazione e commercio) e per i settori industriali. ALS Global ha sviluppato alcuni Centri di Eccellenza dedicati a servizi specializzati e alle applicazioni industriali. Questi laboratori utilizzano l'ultima tecnologia ad alta risoluzione per soddisfare le esigenze più diversificate. Dispone, inoltre, del laboratorio meglio attrezzato a livello globale per la determinazione dei metalli. Tra le varie analisi da segnalare la composizione chimica, le impurità e gli isotopi stabili nonché radiogeni. I laboratori svolgono anche analisi di composti organici a livello ultra-traccia (diossine, PCB, PBDE e altri ritardanti di fiamma) e test per l’attività radiochimica. ALS Italia, in particolare, offre servizi di campionamento e ritiro, servizi di analisi e attività di consulenza e formazione. Sul territorio nazionale l’azienda è attualmente presente con due sedi: zoppola (Pordenone) e Bologna. In Friuli dispone di un laboratorio di analisi accreditato su centinaia di prove ed esegue analisi in campo ambientale, agroalimentare e salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. In questa sede operano quasi un centinaio di persone suddivise tra i laboratori chimici, i laboratori microbiologici, gli studi di consulenza, i servizi di campionamento e di accettazione campioni, i servizi di formazione e le attività trasversali a supporto. In Emilia, invece, vi è un laboratorio di analisi accreditato (Felsilab) che affianca alle attività di testing la ricerca industriale, proponendo servizi di consulenza in area ambiente-sicurezza. Sempre qui, inoltre, grazie a IF Felsilab Innovazione e Formazione (organismo accreditato dalla Regione Emilia Romagna per la formazione superiore, continua e permanente) si svolgono attività di training per tutte le figure aziendali sulle principali tematiche ambientali, sicurezza e qualità. Per quanto attiene i servizi di camapionamento, l’azienda italiana ope-

ALS ITALIA

Un centro di eccellenza Laboratori di analisi e consulenza ambientale caratterizzati da rapidità, precisione e attenzione al cliente

ra nel rispetto delle ultime normative in materia, garantendo, con l’esperienza acquisita, un elevato standard di qualità conforme alla UNI EN ISO IEC 17025. Riguardo ai servizi di analisi, nell’ambito delle analisi microbiologiche esegue, tra le altre cose: determinazione dei parametri di routine; verifica dei parametri tossicologici; controllo dell’efficienza degli impianti di depurazione biologici; controllo degli impianti di condizionamento e condotte d’acqua per la ricerca della Legionella; valutazione della qualità ecologica sui corsi d’acqua (IBE, STAR_ICMi, ICMi, IBMR). Nell’ambito delle analisi chimico/fisiche, invece, esegue: determinazioni di analisi chimiche di base, dei componenti organici e inorganici; determinazioni gas–cromatiche (COV, IPA, PCB e PCT, idrocarburi); determinazione di fenoli, aldeidi, isocianati, pesticidi; determinazione di amianto, silice, fibre di vetro e ceramica; PCDD/PCDF, PCB in HR; POPs; PFAS e PFOAS. In particolare, esegue analisi sulle seguenti matrici: acque (superficiali, sotterranee, reflue, di piscina, di processo e destinate al consumo umano), suoli e sedimenti (terre e rocce da scavo, seHi-Tech Ambiente

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dimenti marini, suoli agricoli), rifiuti e ammendanti, emissioni, aria e ambiente esterno. Si sottolinea che, a tutela dell’analisi eseguita, vengono utilizzate solo metodiche ufficiali, accreditate o interne. In relazione ai servizi di consulenza, infine, l’azienda ha sviluppato sia soluzioni standardizzate che personalizzabili, per offrire la migliore assistenza in area ambientale. Tali servizi includono: gestione tecnico-analitica di discariche e impianti di recupero/trattamento rifiuti; implementazione della documentazione per la domanda di A.U.A. e A.I.A., per la previsione dell’impatto acustico ambientale, per l’autorizzazione all’attività di recupero rifiuti, per l’autorizzazione all’installazione o modifica degli impianti che generano emissioni in atmosfera; per le domande di concessione alla derivazione di acque da falda o autorizzazioni allo scarico di acque reflue ed assimilate alle domestiche, assistenza generale nella predisposizione delle documentazioni e nelle audit, consulenza per l’implementazione dei Sistemi di Gestione e Sistemi di Gestione Integrati.


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ECOTECH

a cura di ASSITA Rimuovere i solidi sospesi con CO2

La rimozione di particelle in sospensione mediante afflusso di gas non è una novità: funzionano in base a questo principio i depuratori per flottazione, che sono diffusissimi, specialmente nelle industrie alimentari. I ricercatori dell’Università americana di Princeton (New Jersey) hanno scoperto che utilizzando la CO2 il normale processo di flottazione viene grandemente potenziato, grazie ad un principio chimico chiamato “diffusioforesi”. In base a questo principio, è possibile velocizzare il movimento di particelle solide sospese in un liquido creando un gradiente di concentrazione ionica; questo si forma insufflando CO2 nell’acqua, poiché la CO 2 forma ioni positivi (H+) e negativi (HCO3). Le particelle in sospensione sono dotate anch’esse di carica positiva o negativa, e quindi si legano agli ioni formati dalla dissociazione della CO 2 , e si muovono seguendo il movimento di questi ultimi. A differenza di quanto avviene nei processi di flottazione “classici”, il gas non deve formare bolle, perché queste disturberebbero il movimento degli ioni e la formazione del gradiente di concentrazione. Pertanto la CO2 viene immessa mediante una membrana permeabile in polidimetil-silossano; la CO2 non dissociata in ioni sale verso l’alto, insieme ai solidi sospesi trascinati per diffusioforesi, creando un movimento ascensionale che fa accumulare i solidi nello strato superiore del liquido. L’eccesso di CO 2 viene eliminato mettendo in contatto lo strato superiore di liquido con un’altra

membrana permeabile, dall’altro lato della quale passa un flusso d’aria. L’Università di Princeton ha realizzato un prototipo su scala d laboratorio, che ha mostrato una efficienza di rimozione di 1.000 volte superiore a quella dei sistemi di filtrazione (inclusa la filtrazione su membrane, cioè l’ultrafiltrazione e la microfiltrazione). Il sistema è in grado di rimuovere anche virus e batteri, evitando così il ricorso a trattamenti di clorazione e di disinfezione con luce UV; può essere molto utile come stadio di pretrattamento, a monte dei depuratori a membrana.

introdotto cloruro di rutenio, usando un metodo di impregnazione a umido; il tutto viene essiccato e sottoposto a trattamento di attivazione. Un esperimento compiuto su un reattore da laboratorio, alimentato con idrogeno e CO2 in rapporto 4:1, con temperature di 330-350 °C e pressione di 500 kPa, ha mostrato una conversione in metano del 96%, con selettività fino al 99%. L’unico sottoprodotto osservato è l’ossido di carbonio e il catalizzatore è rimasto stabile e attivo anche dopo 160 ore.

Prodotti utili dalle acque di fracking

Metano dalla CO2 con un nuovo catalizzatore La cosiddetta “reazione di Sabatier”, nella quale anidride carbonica e idrogeno reagiscono a 300-400 °C per formare metano e acqua, è conosciuta da tempo; ma finora è stata poco sfruttata per la difficoltà di trovare un catalizzatore di prestazioni e resistenza adeguate alle applicazioni industriali. La situazione potrebbe cambiare grazie alle ricerche attualmente in corso presso l’università australiana di Adelaide, in collaborazione con l’Ente di ricerca CSIRO. Queste ricerche hanno portato allo sviluppo di un nuovo catalizzatore, costituito da un composto metallo-organico (MOF), sul quale sono depositati zirconio e rutenio. Per la preparazione del catalizzatore si parte dal tereftalato di zirconio, che è commercialmente disponibile in forma di MOF. Entro i pori di questo MOF viene

Le tecnologie di fratturazione delle rocce profonde (fracking) al fine di estrarne il petrolio e il gas intrappolati in esse hanno consentito agli Stati Uniti di essere autosufficienti, ma a prezzo di notevoli problemi ambientali. Uno di questi problemi è lo smaltimento delle acque residue, che contengono fino al 35% di solidi sospesi, e un elevato quantitativo di bario; finora l’unica possibilità era la re-iniezione in formazioni geologiche profonde. Un nuovo processo, che dovrebbe consentire di ottenere prodotti di valore commerciale delle acque di fracking, è stato recentemente brevettato da parte della società americana ProChemTech. Il processo prevede uno stadio iniziale di separazione delle parti oleose e dei solidi grossolani; dopo una vasca di aerazione ed equalizzazione, l’acqua viene acidificata con acido solforico, in modo da ottenere la precipitazione del bario come solfato in un chiarificatore a piastre inclinate. Il solfato di bario viene separato

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in filtropressa, ottenendo un prodotto di purezza analoga alla barite commerciale, utilizzabile nelle perforazioni petrolifere, nella produzione del vetro e in altre applicazioni industriali. Il liquido viene inviato a un evaporatore/cristallizzatore, dal quale si ottiene cloruro di sodio, utilizzabile come rigenerante per gli addolcitori di acqua. Rimane una soluzione di cloruro di calcio, che trova impiego come agente antighiaccio per le strade nella stagione invernale. La ProChemTech programma la costruzione di un impianto della capacità intorno a 800 mC/giorno, che lavorerà le acque provenienti dal fracking della formazione geologica “Marcellus”. Il ricavato della vendita dei prodotti chimici ottenuti dovrebbero coprire le spese operative; il profitto verrà generato dalla “tassa di smaltimento” applicata all’acqua in ingresso, e potrebbe essere rilevante, dal momento che per smaltire tutta l’acqua prodotta dai pozzi della formazione Marcellus occorreranno almeno 10 impianti.

Una nuova membrana per distillare la salamoia Gli impianti che producono acqua potabile per dissalazione dell’acqua di mare lasciano come residuo una soluzione salina concentrata, detta salamoia. Fino ad oggi la salamoia è stata scaricata in mare, ma con il moltiplicarsi degli impianti di dissalazione hanno iniziato a comparire degli effetti negativi sull’ambiente e la fauna marina, soprattutto nel Mar Rosso. Una soluzione a questi problemi si ottiene con i processi di distil-


lazione su membrana della salamoia; ma questi processi stentano a diffondersi a causa dell’elevato consumo di energia e della necessità di impiegare scambiatori di calore costruiti con costose leghe metalliche, necessarie per resistere all’azione corrosiva della salamoia calda. Un significativo passo in avanti è stato fatto da un gruppo di ricercatori dell’Università della California, che ha messo a punto una nuova membrana, costituita da nanotubi in carbonio rivestiti con alcool polivinilico, impiantati su un supporto di Teflon (PTFE). I due componenti reagiscono tra loro formando un film poroso, idrofilo e conduttore di elettricità; applicando una corrente elettrica, questo film si riscalda, consentendo l’evaporazione dell’acqua contenuta nella salamoia. In questo modo si aumenta grandemente l’efficienza energetica e non sono più necessari costosi scambiatori di calore. Il problema della degradazione dei nanotubi di carbonio in presenza di potenziali elettrici applicati è stato superato utilizzando una corrente alternata ad alta frequenza.

Nuova batteria con anodi di alluminio

La disponibilità di batterie di elevata capacità, rapidità di scarica e stabilità nel tempo è fondamentale per il progresso delle fonti rinnovabili, in quanto sole e vento non sono sempre disponibili. Una nuova batteria sembra avere i requisiti adatti: sviluppata dall’Industrial Technology Research Institute di Taiwan e dalla Stanford University (California), la nuova batteria (denominata URA-BAT) utilizza un anodo di alluminio, un catodo in

schiuma di grafite ed un elettrolita a liquidi ionici. Rispetto alle vecchie batterie al piombo si hanno notevoli vantaggi dal punto di vista ambientale; mentre rispetto alle batterie al litio si ha una maggiore stabilità e la prospettiva di costi più bassi. In esperimenti di laboratorio la nuova batteria ha dimostrato un’eccezionale rapidità di carica (appena 1 minuto, tempo che può essere ulteriormente ridotto a 30 secondi aumentando la temperatura a 120 °C). La capacità di scarica è 200 mAh/g e la vita utile corrisponde a 30.000 cicli di carica. La nuova batteria è intrinsecamente sicura perché tutti i componenti (elettrodi di grafite e di alluminio, membrana isolante, liquidi ionici) sono chimicamente inerti.

le sul posto. Il processo di isolamento degli enzimi dalle colture batteriche è stato messo a punto dall’Istituto Nazionale di Scienze e Tecnologie Industriali Avanzate (AIST, Tsukuba City); l’Ente giapponese per lo sviluppo tecnologico (Nedo) ha finanziato la costruzione di un impianto pilota situato a Saraburi, in Thailandia, con capacità in ingresso di 1.300 ton/anno e produzione di 100.000 litri/anno di bioetanolo.

Batteriofagi magnetizzati contro il biofilm

Il bioetanolo dalle bagasse I residui di produzione dello zucchero di canna, denominate “bagasse”, sono già utilizzati in Brasile per la produzione di etanolo; ma i processi attualmente utilizzati sfruttano solo la frazione zuccherina, lasciando oltre il 60% di biomassa cellulosica, che viene usata come combustibile industriale. E’ possibile ottenere maggiori rese di etanolo dalla decomposizione enzimatica del materiale cellulosico che costituisce la maggior parte delle bagasse, ma il costo degli enzimi commerciali attualmente sul mercato è molto elevato, e può arrivare a metà dei costi di produzione. Due società giapponesi (Tsukishima Kikai e JFE Engineering) hanno recentemente perfezionato il processo di saccarifica-zione–fermentazione delle bagasse, selezionando un batterio (Acremonium cellulolyticus C1) che produce enzimi a costi pari a 1/5 degli attuali enzimi commerciali, poiché è facilmente coltivabi-

In tutti i sistemi di trattamento delle acque la formazione di biofilm costituisce un serio problema, sia per quanto riguarda le incrostazioni sia per la possibile diffusione di organismi patogeni. I normali trattamenti di disinfezione chimica non sempre sono efficaci e comunque devono essere frequentemente ripetuti. Una nuova forma di lotta biologica è ora proposta dalla Rice University (Houston, Texas, Usa), che punta sui batteriofagi (particolari tipi di virus, che attaccano i batteri), collegandoli a speciali nanoparticelle magnetiche. Queste nanoparticelle possono essere guidate mediante campi magnetici verso le aree dove è presente il biofilm e possono essere funzionalizzate mediante inserimento di gruppi amminici, che si legano ai gruppi carbossilici presenti nei batteriofagi. Il sistema è relativamente economico, per cui si presta ad applicazioni su larga scala, nel controllo della corrosione indotta da batteri, nella rimozione del biofilm dalle torri di raffreddamento e dalle membrane.

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Ammoniaca trasportatrice di idrogeno Uno dei fattori che hanno finora impedito la diffusione dell’idrogeno come carburante per le auto è il costo del trasporto dell’idrogeno dai punti di produzione alle stazioni di rifornimento. Anziché trasportare l’idrogeno in forma gassosa, i ricercatori dell’Ente di ricerca australiano CSIRO Energy hanno pensato di utilizzare l’ammoniaca come “trasportatore chimico”. L’ammoniaca è composta da un atomo di azoto e 3 atomi di idrogeno; è facilmente ottenibile in forma liquida sottoponendola a moderata pressione e può essere trasportata con autocisterne e tubazioni, a costi molto più bassi rispetto a quelli dell’idrogeno. Una volta raggiunto il punto di utilizzazione, l’ammoniaca può essere facilmente scissa in azoto e idrogeno mediante una membrana catalitica in lega di vanadio, che contemporaneamente separa l’idrogeno dagli altri gas e risulta molto meno costosa delle normali membrane a base di palladio. E’ attualmente in corso un progetto dimostrativo della durata di due anni, condotto da CSIRO insieme ad altri partner australiani e giapponesi (Hyundai e Toyota), nel corso del quale verrà realizzato un impianto che produrrà 5 kg/giorno di idrogeno dall’ammoniaca.


HI -TE CH

AMBIENTE LE AZIENDE CITATE

Adelaide University Tel +61.8.83135770 E-mail christian.doonan@adelaide.edu.au

Eco-Pulplast project Tel 0583.37111 E-mail info@life-ecopulplast.eu

ProChemTech Corp Tel +1.814.265.0959 E-mail prochem@prochemtech.com

Air Clean Srl Tel 02.9311989 E-mail airclean@tin.it

Ecotec Solution Srl Tel 0473.562437 E-mail martin.mairhofer@ecotecsolution.com

RECLAIM project Tel 02.93180737 E-mail info@relightitalia.com

ALS Italia Srl Tel 0434.638200 E-mail info.zpp@alsglobal.com

Felsilab Tel 051.5878188 E-mail felsilab@felsilab.it

Remedia Tel 02.34594611 E-mail info@consorzioremedia.it

Asja Ambiente Italia Spa Tel 011.9579211 E-mail info@asja.biz

Macpresse Srl Tel 02.9052420 E-mail info@macpresse.com

Recycling Technologies Tel +44.1793.827965 E-mail info@recyclingtechnologies.co.uk

Barra Project International Srl Tel 035.270820 E-mail barra@barraproint.it

Hysytech Srl Tel 011.3970273 E-mail hysytech@hysytech.com

Rice University Tel +1.713.3485903 E-mail alvarez@rice.edu

BB Italia Srl Tel 02.39469588 E-mail info@bbrecycling.it

IAMC-CNR Tel 090.6015431 E-mail ermanno.crisafi@iamc.cnr.it

RSE Spa Tel 02.39921 E-mail luigi.mazzocchi@rse-web.it

Bio Eco Active Srl Tel 051.916667 E-mail info@bioecoactive.it

Idro Group Scarl Tel 0362.275110 Email info@idro.net www.idro.net

Sabic Tel +31.164.292217 E-mail aline.stanworth@sabic.com

Bio-On Spa Tel 051.392336 E-mail info@bio-on.it

Industrial Technology Research Tel +886.3.5919198 E-mail vivianHsieh@itri.org.tw

Scolari Srl Tel 030.6848012 E-mail commerciale@scolarisrl.com

California University Tel +1.951.8276475 E-mail david.jassby@ucr.edu

Ispa Srl Tel 02.46712301 Email ispasrl@tin.it

Schwitex Srl Tel 02.437493 E-mail schwitex@tiscali.it

Catalyst Tel 055.321433 E-mail info@catalyst-group.it

ISPRA Tel 06.50072394 E-mail stampa@isprambiente.it

Seepex Italia Srl Tel 02.36569360 E-mail info.it@seepex.com

Cerafiltec Tel +971.4.3333710 E-mail sales@cerafiltec.com

Istat Tel 06.46736657 E-mail menghine@istat.it

SMART-Plant project Tel 071.2204530 E-mail smart-plant@univpm.it

Coldiretti Tel 06.4682487 E–mail relazioniesterne@coldiretti.it

JFE Engineering Corp. Tel +81.45.5058953

Tecnosida Srl Tel 0362.237794 E-mail info@tecnosida.com

CSIRO Energy Tel +61.3.95452575 E-mail claire.ginn@csiro.au Draeger Italia Spa Tel 02.45872310 E-mail edy.giraldo@draeger.com

Lebsc Srl Tel 346.7185669 E-mail info@lebsc.it

Tsukishima Kikai Co. Ltd Tel +81.3.55606511

Prochema Srl Tel 039.281561 E-mail erema@prochema.it

WEAR project Tel +32.470.962066 E-mail info@wearsustain.eu

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