Promemoria - storie e figure della Memoteca Pian del Bruscolo, numero 1

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ANNIBALE NINCHI (Bologna, 1887 - Pesaro, 1967) Conosciuto oggi soprattutto per la sua interpretazione del padre di Guido-Marcello Mastroianni ne La dolce vita di Federico Fellini, Annibale Ninchi fu uno dei più grandi attori del teatro italiano del secolo scorso. Padre di Arnaldo, anch’egli fine interprete di prosa e di cinema, cugino di Ave, fratello di Carlo (caratterista di spicco), Annibale Ninchi rappresentò con la sua figura possente la perfetta incarnazione dell’attore drammatico, e nella sua carriera, iniziata sotto l’egida di Luigi Rasi e arrivata in teatro sino alle regie di Luchino Visconti, si può leggere in controluce l’evoluzione della scena italiana della prima metà del ’900. Nato a Bologna da famiglia anconetana, Annibale Ninchi era di casa a Sant’Angelo in Lizzola, dove il fratello Carlo faceva spesso da suggeritore al Teatro “G.Perticari”, e dove l’amico Ercole Luigi Morselli (Pesaro, 1882 - Roma, 1921), santangiolese per parte di madre, si affacciava per trovare un po’ di respiro dalla malattia che lo consumava. Proprio nel Glauco di Morselli Ninchi ebbe nel 1919 uno dei suoi più grandi successi (in scena anche la piccola Ave, di soli cinque anni). Ninchi fu anche autore drammatico (tra i suoi lavori più noti è da ricordare Il poeta malandrino, del 1929), mentre tra le interpretazioni cinematografiche è da segnalare, oltre alle collaborazioni con Fellini per La dolce vita (1960) e Otto e mezzo (1963), il primo, applauditissimo kolossal italiano, Scipione l’Africano, diretto nel 1937 da Carmine Gallone. Suoi ricordi sono raccolti anche nel volume postumo Dormono, dormono, non li scocciare (Como, 1985). IL MIO SIPARIO Me lo portavo sempre dietro, anche quando non mi serviva più, il mio bel sipario di lana blu. (...) Ai margini centrali del suo bel blu cupo brillavano, vanitosissime, le mie iniziali d’oro. ...Quando l’ultima guerra bestiale e forsennata si scatenò, anche il mio sipario dovette seguire la mia sorte. Lo portai, insieme con gli ultimi avanzi dei miei superstiti costumi teatrali, a Monte Santa Maria, dove’ero sfollato con mia moglie e la mia bimba di tre anni... Il poco denaro ch’era rimasto era insufficiente alle spese giornaliere... Alcuni contadini venivano per casa a portarmi qualche provvista di farina. Quando videro che mia moglie estraeva da una cas-

sa, per riporli meglio, i più vistosi costumi di teatro, rimasero colpiti dai velluti, le sete e i broccati d’ogni colore e chiesero se per le loro donne che ormai erano nude, avesse avuto da vendere qualche stoffa un po’ meno sgargiante. Per tutta risposta mia moglie aprì il cassone dove dormiva il mio sipario... C’è da vestire l’intero paese, disse il più anziano. ...Dopo qualche mese il mio sipario ebbe l’onore di essere trasformato in tanti tagli d’abito di solida stoffa pesante di color blu cupo. Tutto il paese e il circondario era vestito allo stesso modo, dallo stesso sarto che confezionava per quei contadini tanti completi blu, a doppio petto (da Annibale Ninchi racconta, 1946).

LA NUOVA FONTANA, 1958

Nel 1958 le condutture dell’acquedotto arrivarono finalmente anche nelle campagne di Monte Santa Maria, nell’attuale Villa Ugolini. Le fotografie qui a fianco documentano quell’importante giornata, alla quale presenziò tra gli altri anche Monsignor Aurelio Ferri, canonico della Cattedrale di Pesaro, e provengono dalla raccolta della famiglia Luigi Nobili, tuttora residente nella casa colonica dove sono state scattate le fotografie. Come era d’uso a quell’epoca, commenta Luigi, lontano cugino del Sor Peppino, la festa si concluse con dei castelli di croccante, che erano preparati da Amalia Zaffini, abilissima cuoca e, insieme con il marito Luigi (Gigén de Monti), custode di Villa Monti a Monteciccardo

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