KETOS/N.1/Novembre2018

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K ETOS

N. 1/ Novembre 2018

JDC MAGAZINE


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Carissimi lettori, Forse vi starete chiedendo il perché di questo progetto. Bene, il magazine nasce da un’esigenza particolare ovvero quella di abbattere le distanze e creare un collegamento con le persone che vada oltre la semplice uscita da “ricercatore per un giorno”. Durante le uscite, per 200 giorni l’anno, vi coinvolgiamo nelle nostre attività di ricerca, raccontandovi quello che sappiamo e vediamo, e proviamo a trasmettervi la nostra passione e le nostre motivazioni. Spesso ci chiediamo quanto quello che facciamo influenzi la vita delle persone e quanto e cosa resti dopo l’esperienza a bordo con noi. I feedback che riceviamo sono molto positivi ma vogliamo fare di più e continuare a condividere con voi anche una volta tornati a terra. In questo magazine vi racconteremo della natura, dell’ambiente e del mare da un punto di vista diverso, ovvero quello del ricercatore, cercando di rendere la scienza piacevole e alla portata di tutti. Vi parleremo del mondo dei cetacei e della nostre attività di ricerca partendo dalle basi su cui è fondata la nostra associazione per arrivare a raccontarvi delle tecnologie utilizzate o delle ultime scoperte e osservazioni fatte. Vi intratterremo con tante curiosità e con le ultime novità che ci riguardano. Vi dedicheremo ogni mese una parte del giornale perché vogliamo che vi sentiate parte della Comunità. Ci siamo lanciati in questo progetto con tanto entusiasmo e con il desiderio di realizzare qualcosa di bello e importante che speriamo vi piaccia. Con affetto, Lo staff JDC

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In questo numero SCIENZA

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LA CITIZEN SCIENCE Quando la scienza diventa alla portata di tutti

NATURA

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LA VALLE DELLA VITA

CURIOSITÀ

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LA CACCIA AL CAPODOGLIO

RUBRICA

18 JDC NEWS

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10 COSE DA SAPERE SU… I cetacei

TURIOPES Network per la valorizzazione del Golfo di Taranto

LA FABBRICA NEL PAESAGGIO Un riconoscimento importante

SPAZIO APERTO

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LA POSTA DEI LETTORI FOTO RACCONTACI


A cura di: Carmelo Fanizza Presidente e Fondatore JDC Vittorio Pollazzon Responsabile Team e Autore Stefano Bellomo Responsabile Team e Autore Aldo Rizzo Autore Pasquale Bondanese Autore Roberto Crugliano Autore Francesca C. Santacesaria Editore e Autore

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LA CITIZEN

Quando la scienza dive

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SCIENZA

N SCIENCE

enta alla portata di tutti

200 giorni in mare ogni anno 7500 miglia nautiche percorse 10.000 persone imbarcate 4000 con meno di 15 anni di etĂ 35% turisti stranieri 7


Dal 2009, un gruppo di giovani esperti e appassionati, capitanati da Carmelo Fanizza, ha deciso di puntare tutto sulla CITIZEN SCIENCE, cioè la “scienza partecipata dai cittadini”. A Taranto e nelle acque del suo Golfo hanno realizzato qualcosa di unico e ancora oggi sorprendente per molti: un importante centro di Citizen Science, che unisce scienza, ricerca, coinvolgimento della cittadinanza e degli enti locali nella conoscenza e nella valorizzazione del mare, grazie alla tutela del simbolo della città e animale tra i più carismatici al mondo: il delfino. Dal 2009 sono stati fatti tanti passi avanti e il gruppo della JDC continua a crescere e a fare del proprio meglio. Alcune delle pietre miliari del percorso del team sono legate alla flotta dei vascelli utilizzati per le attività di Citizen Science: il 2013 con l'arrivo del catamarano da ricerca “Taras” (dal nome del leggendario fondatore della città di Taranto), il 2016 con un catamarano gemello, “Extraordinaria”, ed il 2018 con il varo del “Porto di Taranto”.

Abbiamo parlato dell'importante sforzo di ricerca svolto e del grande numero di persone coinvolte a bordo, ma quali sono i numeri legati al mondo dei cetacei? Nelle nostre attività in mare abbiamo una percentuale molto elevata di avvistamento: 95%. Di tutti questi avvistamenti le Stenelle striate ne costituiscono il 59%, i Tursiopi il 25 %, i Grampi il 10%, i Capodogli il 5% ed i 8

TARAS

EXTRAORDINARIA

PORTO DI TARANTO

Delfini comuni l'1%. Tutti questi dati rientrano nello studio della dinamica di popolazione, uno solo dei molti campi di studio della Jonian Dolphin Conservation, ovvero il monitoraggio delle popolazioni di cetacei nelle acque del Golfo di Taranto.

Il team di esperti della JDC, in stretta collaborazione con i team del Dipartimento di Biologia dell'Università degli Studi di Bari e del C.N.R., porta avanti molteplici attività di ricerca: 

Foto-identificazione, tecnica tramite la quale è possibile individuare e riconoscere ogni singolo animale di alcune specie di cetacei


SCIENZA (in particolare tursiopi, grampi e capodogli) e di seguirne gli spostamenti ed i comportamenti negli anni; 

Studio dell'acustica, tecnica che usa idrofoni (microfoni e registratori subacquei) per captare le comunicazioni dei mammiferi marini;

Studio dell'etologia, cioè dei comportamenti delle specie osservate, per capire che tipo di attività svolgono nelle acque del Golfo di Taranto;

Prelievi di DNA per studiare il

In alto analisi delle foto per la foto-identificazione. In basso uso dell’idrofono per studi di acustica

corredo genomico degli animali presenti nell'area di ricerca.

Tutte queste tipologie di studi vengono effettuate con avanzati sistemi, come telecamere 3d, subacquee e droni; con sistemi informatizzati di supporto come un'applicazione per registrare in modo rapido i dati raccolti ad ogni avvistamento ed una piattaforma (in fase di studio) di intelligenza artificiale per la foto-identificazione.

Dove finiscono tutti questi dati raccolti ed elaborati? In ambito scientifico confluiscono in pubblicazioni e poster scientifici per varie riviste del settore ed importanti simposi e conferenze internazionali ed italiane. Nel campo dell’educazione diventano presentazioni multimediali realizzate per il gran numero di studenti delle scuole di Taranto e della Puglia che ogni anno sono ospiti dei nostri mezzi di ricerca. A bordo nelle parole di tutto il nostro personale che ogni giorno racconta, illustra e spiega tutto quello che chiunque decida di diventare “ricercatore per un giorno” potrebbe osservare e scoprire in mare grazie ai nostri amati cetacei.

A loro dedichiamo tutte le nostre iniziative per far sì che possano essere sempre più tutelati a livello locale ed internazionale perché i cetacei sono una “sentinella” dello stato di salute del mare e dobbiamo prendercene cura tutti, per il nostro futuro. Ciò che realizziamo è racchiuso nelle due parole da cui siamo partiti: Citizen Science. 9


La Citizen Science può essere definita come la “partecipazione attiva del pubblico alla ricerca scientifica”. Si tratta della diffusione di conoscenze e ampliamento degli orizzonti applicativi delle scienze così come sono stati concepiti fino a circa un decennio fa. L’aspetto più rivoluzionario è che, grazie alla Citizen Science, la ricerca scientifica diventa un fattore di inclusione e di partecipazione a vantaggio della popolazione. Un altro aspetto molto importante è che grazie alla “partecipazione”, soprattutto nel nostro contesto, il numero e l’ampiezza dei dati raccolti è di gran lunga superiore a quello che si potrebbe ottenere se si basasse solo sulle risorse umane e sui fondi a disposizione degli enti tradizionali di ricerca. Le attività di Citizen Science possono fornire dunque un contributo prezioso, migliorando ed incrementando il 10

livello delle conoscenze, sia in termini di risultato complessivo, sia in termini di accrescimento culturale e individuale. Rappresenta quindi un contributo non trascurabile in un momento storico caratterizzato da una crisi senza precedenti della biosfera. Agevolare il processo scientifico e avvicinare il pubblico alla scienza costituiscono finalità strettamente interconnesse.

La Citizen Science fonde in sé due anime che sono apparentemente contrastanti: attività scientifica e partecipazione. Su questo file rouge la JDC realizza le sue attività. Riteniamo importantissimo basare le nostre osservazioni su rilevanti dati scientifici. Notevole è l'impegno da parte nostra di diffondere nel mondo scientifico il grande valore del Golfo di Taranto e dei suoi cetacei ed è allo stesso tempo fondamentale per la nostra mission


SCIENZA coinvolgere sempre più “ricercatori per un giorno” a bordo dei nostri mezzi da ricerca. L’obiettivo è far innamorare del mare e della nostra terra sempre più turisti. Per raggiungerlo bisogna alimentare il legame dei Tarantini con il proprio territorio, spesso un po' assopito ed instillare nella mente e nei cuori dei giovani e giovanissimi quanto la nostra terra ed il nostro mare hanno da offrirci; quanto necessitino di tutela e valorizzazione. Il percorso della JDC è un pezzo di un puzzle di un movimento, quello della Citizen Science. Questo movimento nasce nel 1995, quando il termine Citizen Science è stato introdotto dal sociologo Alan Irwin nel suo libro “Citizen Science” per designare quella categoria di esperti considerati dalla scienza tradizionale come “laici” o profani ma grazie a cui, spiega l'autore in questo libro, la gente (ordinary people) acquisisce conoscenza e consapevolezza dei problemi ambientali. Ma è soprattutto Rick Bonney che, più o meno negli stessi anni, utilizza il binomio nella sua accezione più recente. Non è un caso che, lo stesso Bonney, svolga la sua attività nell’ambito del Cornell Lab of Ornithology (CLO) di New York, il cui fondatore Arthur Allen richiedeva la collaborazione attiva del pubblico, nel corso di seminari settimanali, al fine di raccogliere informazioni aggiuntive sulle specie di

uccelli. La Citizen Science è ormai ampiamente affermata in Europa settentrionale e negli Stati Uniti, dove tali attività hanno superato da tempo la fase embrionale ed il coinvolgimento di grandi masse impegnate in progetti locali e/o nazionali rappresenta un approccio metodologico standardizzato. Noi, nel nostro piccolo, stiamo facendo del nostro meglio e vogliamo migliorarci sempre di più. Nel 2019 ci aspetta il nostro decimo anno di attività e speriamo di poter aggiungere una nuova pietra miliare al nostro percorso: l'inaugurazione di KETOS, il Centro EuroMediterraneo del mare e dei cetacei presso Palazzo Amati, il più antico palazzo della città vecchia di Taranto. Stefano Bellomo 11


LA VALLE D La Jonian Dolphin Conservation con le sue attività sta dando una nuova identità alla città di Taranto e una nuova “vita” alle acque del Golfo. Il merito di tutto questo va a splendidi

e che forma un vero e proprio canyon sottomarino. Questo canyon percorre in direzione NW–SE il Golfo di Taranto e raggiunge profondità di oltre 2200 metri. Seguendo le linee di frattura del

mammiferi marini che in queste acque hanno trovato le condizioni ideali per vivere.

fondale, la Valle arriva fino al Golfo di Corinto, in Grecia, dove è stata istituita una Area Marina Protetta dedicata ai delfini.

Ma perché i delfini hanno scelto proprio questa area? Cari Amici, la risposta è molto curiosa!! La ricchezza biologica delle acque del Golfo di Taranto è dovuta alla complessa quanto articolata morfologia del fondale, che sebbene sembri apparentemente uniforme, nasconde importanti differenze nella sua conformazione.

Riproduzione 3D del canyon di Taranto

Nello specifico, la parte centrale del Golfo di Taranto presenta una depressione chiamata “Valle di Taranto”

Ma cosa c’entra la geologia e il canyon sottomarino con la presenza del capodoglio, il più grande predatore del mondo, e di delfinidi come stenella striata, tursiope e grampo?

La presenza di questo canyon sottomarino garantisce il ricircolo di nutrienti e ossigeno lungo tutta la colonna d’acqua, arricchendo di fatto gli strati più profondi del bacino di ossigeno, e quelli più superficiali di nutrienti. Questo avviene grazie alla formazione di correnti di risalita, chiamate correnti di “up-welling”, che vengono innescate per le differenza di temperatura e di salinità presenti lungo la colonna d’acqua. Queste condizioni innescano una rete trofica che vede come predatori di vertice proprio i delfini.

Cos’è una rete trofica? Una rete trofica è quel meccanismo che permette il trasferimento di energia tra i diversi livelli trofici. 12


DELLA VITA

In mare i produttori primari sono rappresentati da tutti quegli organismi in grado di trasformare l’energia del sole in carboidrati. Si parla quindi di tutti gli organismi vegetali tra cui fitoplancton, costituito da microalghe, macroalghe bentoniche (ad esempio il kelp) e piante acquatiche, come la Posidonia oceanica. Tutti questi organismi vengono definiti “autotrofi” e cioè in grado sintetizzare le proprie molecole organiche a partire da sostanze inorganiche. Di fatto tali organismi utilizzano energia non derivante dalle sostanze organiche assimilate. Risalendo la rete trofica, incontriamo

NATURA

quegli organismi acquatici erbivori, consumatori di 1° ordine, che si nutrono dei produttori. Definiti in ecologia come organismi “eterotrofi”, sono quegli organismi che non sono in grado di sintetizzare le proprie sostanze nutritive, ma devono assumerle sotto forma di carboidrati, proteine e lipidi dai tessuti vegetali di cui si nutrono. In questo modo l’energia viene trasferita dai produttori al livello trofico superiore. E così via, fino ad arrivare al vertice della rete trofica rappresentato da quegli animali carnivori che in un determinato habitat non hanno 13


Tursiope che preda una lampuga

predatori: come i cetacei nel Golfo di Taranto!!! L’importanza ecologica dei canyon sottomarini è quindi evidenziata dalla elevatissima biodiversità delle sue acque, che nello specifico assolvono una funzione fondamentale quale habitat critico per i cetacei. Queste acque infatti vengono utilizzate da diverse specie di delfini come la stenella, il tursiope e il grampo per i loro spostamenti, per la ricerca di cibo e per la riproduzione. Sotto il livello del mare, infatti, a poche miglia dalla costa, tali condizioni hanno reso stanziali questi animali che ritrovano un habitat molto simile a quello del mare aperto. Inoltre le stesse acque del Golfo di Taranto vengono utilizzate da capodogli e dalle balenottere come corridoi di trasferimento durante le rotte migratorie che essi percorrono, spostandosi dal Canale di Sicilia verso lo Ionio orientale. 14

Non è un caso quindi che la storia di Taranto sia legata alla presenza dei delfini. Taras e Falanto, i due uomini a cui le leggende attribuiscono la fondazione della città, sono accumunati dall’incontro con un delfino, allora considerato segno di buon auspicio e favore da parte degli dei. Tutte queste storie ci confermano la presenza dei delfini nel Golfo di Taranto da oltre 4 mila anni e ci spronano a tutelare il nostro mare, loro habitat ideale. Roberto Crugliano


A CACCIA AL CAPODOGLIO

La caccia alla balena ha origini antichissime risalenti almeno al 6000 a.C. sia per l’abbondanza di questi grandi cetacei negli oceani e nei mari di tutto il mondo sia per il fatto che rappresentavano un importante fonte di sostentamento per molti popoli costieri in diverse parti della terra. Il prodotto principale ottenuto dalla caccia alle balene era il grasso, che veniva convertito in un olio usato per le lampade o per realizzare profumi. Nulla andava sprecato, infatti, l’intero animale veniva utilizzato: dalla carne, prodotto tipico di molte località ancora oggi, ai fanoni (strutture analoghe ai denti) per la creazione dei corsetti. Nonostante le balene fossero cacciate in più luoghi, quest’attività conobbe il suo maggiore sviluppo nelle colonie inglesi del Nuovo Mondo tra le acque dell’Oceano Atlantico. A partire dalla fine del XVII secolo il Nord America si ritrovò ad essere il palcoscenico per la nascita dell’industria baleniera propriamente detta, tanto che, nel 1690, Nantucket rappresentò il primo porto di caccia di tutta la Nuova Inghilterra e, a partire dal 1835, la caccia alla balena venne considerata

un'attività prevalentemente americana. Sino al 1712, anno in cui il capitano Christopher Hussey era uscito vittorioso dalla lotta con un capodoglio (Physeter macrocephalus), si riteneva troppo pericoloso per le normali baleniere di quel tempo battersi con un cetaceo di tali dimensioni ed aggressività. Quando Hussey, dopo la battuta di caccia, ritornò a Nantucket trasportando l’immensa carcassa dell’animale, si scoprì che l’olio di capodoglio era enormemente più pregiato di quello della balena franca (Eubalaena glacialis), sino ad allora la specie più ricercata dai balenieri perché lenta e docile. La produzione di olio di capodoglio raggiunse il suo apice all’alba della

Olio di Capodoglio

L

CURIOSITÀ

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Dicono che il mare è freddo; il mare contiene il sangue più ardente di tutti, il più selvaggio, il più impetuoso. Calde sono tutte le balene nei più vasti abissi… (Passo tratto dalla poesia “Whales Weep Not!" di D.H. Lawrence)

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CURIOSITÀ guerra d’Indipendenza tra le colonie inglesi e l’Impero britannico sfiorando i 50.000 barili. La guerra d’Indipendenza annientò quasi completamente l’industria baleniera americana in quanto la marina inglese si era impegnata a catturare e affondare tutte le baleniere americane. La pace tra americani e inglesi, dopo il 1815, vide una riorganizzazione rapidissima della flotta baleniera americana che arrivò a raggiungere, nel 1851, le 450 unità. Nel 1820 il porto di Nantucket era considerato il porto di baleniere più importante di tutto il mondo. Nel 1850 Nantucket perse la sua supremazia a vantaggio della vicina New Bedford dove l’intera popolazione viveva dei proventi della caccia. Le strade delle città baleniere iniziarono ad essere frequentate da genti di diverse etnie, tra cui si distinguevano africani, isolani delle Azzorre e dei Mari del Sud. Nelle città baleniere come Nantucket i cittadini più rispettabili non si meravigliavano di vedere uomini dal volto tatuato o selvaggi andarsene a spasso per le vie. Questa era una delle conseguenze della ricchezza portata dalla caccia al capodoglio. Imbarcarsi su di una baleniera significava affrontare un viaggio in mare lungo mediamente quarantadue mesi di fila, il che implicava la convivenza con uomini di culture tra le più differenti, poco abituati alle buone maniere, ed il trascorrere giorni con stati d’animo altalenanti tra noia e terrore, solitudine ed esaltazione.

Per passare il tempo i marinai raccontavano e cantavano storie, reali o di fantasia, sui capodogli. Le leggende più famose parlavano degli incontri con i capodogli più pericolosi, come Tom il Nero, un capodoglio della Nuova Zelanda, o Timor Jack, spesso incontrato nel mare di Timor. Tra tutti, l’animale più conosciuto era Mocha Dick il cui nome gli era stato attribuito €dopo il suo primo combattimento presso l’isola di Mocha, al largo del Cile, nel 1810. Mocha Dick era un capodoglio dal colore grigio chiaro con un enorme testa attraversata da una larga cicatrice bianca. Fu una baleniera svedese ad uccidere Mocha Dick nel 1859. La leggenda sui capodogli veniva alimentata costantemente, ma una storia più delle altre ebbe particolare risonanza nella cultura popolare dell’epoca ovvero la leggenda della baleniera Essex che nel 1820, a circa 1200 miglia dalle Isole Marchesi, affondò dopo uno scontro con un capodoglio bianco di lunghezza superiore ai trenta metri, Moby Dick. Aldo Rizzo 17


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1.

COSE DA SAPERE SU…

I cetacei

NON PESCI MA…

I cetacei non sono pesci ma mammi-

Mamma e cucciolo di Grampo

feri adattati alla vita acquatica. I mammiferi sono tutti quegli animali dotati di mammelle: ebbene si, anche i cetacei allattano i loro cuccioli!! Inoltre, come gli atri mammiferi, sono dotati di polmoni e a differenza dei pesci, che presentano le branchie, devono necessariamente respirare fuori dall’acqua. La temperatura corporea è costante e non dipende dall’ambiente esterno: i mammiferi per controllare la temperatura sono dotati di peli mentre i cetacei, dovendo essere idrodinamici, hanno perso il pelo e hanno sviluppato uno strato sottocutaneo di grasso, il blubber. Questo tessuto fa da isolante termico e varia di spessore in base alla temperatura dell’acqua.

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2.

MA I CETACEI DORMONO?

Sì! I cetacei dormono ma non come forse immaginate. Molti credono che dormano sul fondo del mare, di notte e per molte ore ma la realtà è completamente diversa. Innanzitutto i cetacei, avendo i polmoni e dovendo respirare aria, dormono in superficie. La loro respirazione è volontaria per cui devono SEMPRE pensare a quando respirare e non possono “spegnere” il cervello come facciamo noi quando dormiamo. Per dormire hanno sviluppato la capacità di spegnere un emisfero del cervello per volta, addormentando cosi una sola parte del corpo e potendo continuare con l’altra parte a respirare, a nuotare (più lentamente) e a controllare quello che accade intorno. I cetacei non dormono mai da soli ma hanno un compagno che gli protegge le spalle addormentando la parte opposta del cervello e facendo attenzione a quello che il compagno non può guardare.


PREDATORI O PREDE?

Capodoglio che si prepara all’immersione

3.

RUBRICA

Gli antichi greci conoscevano la risposta a questa domanda: basti pensare che la parola cetacei deriva dal greco Ketos “mostro marino”. Di questo ordine fanno parte molti predatori marini, tra cui il leggendario Capodoglio. E’ proprio lui che con i suoi 20 m di lunghezza, la capacità di raggiungere profondità di oltre 2000m e restare in immersione anche più di 2 ore, ad aggiudicarsi il titolo di più grande predatore al mondo. Le prede del capodoglio non sono le più semplici da catturare: lui è ghiotto di un altro colosso marino, il calamaro gigante, con cui lotta ferocemente negli abissi.

4.

UN PETTINE IN BOCCA

Le balene, a differenza di quello che pensiamo, non sono dei veri e propri predatori ma possono essere definiti animali filtratori. Infatti vengono classificate come Misticeti ovvero quei cetacei privi di denti e dotati di fanoni. Questi ultimi sono delle strutture fatte di cheratina (la stessa sostanza dei nostri capelli e delle unghie!) disposte in file parallele simili a i denti di un pettine che possono raggiungere i 3m di lunghezza. I fanoni formano un setaccio con cui le balene possono filtrare l’acqua ingerita e trattenere piccoli organismi zooplanctonici come il krill.

5.

C’E’ NESSUNO… UNO..UNO..NO..

Gli odontoceti, i cetacei dotati di denti e predatori, per cacciare ad elevate profondità, dove la luce non penetra, hanno sviluppato un sistema molto particolare. Loro sentono la preda. Non utilizzano la vista per trovare la preda ma l’udito grazie ad un “sesto senso” chiamato eco-localizzazione. Nella testa di questi cetacei sono presenti delle membrane, le labbra di scimmia, che urtando emettono dei suoni chiamati click. Il suono viene amplificato nel melone, organo contenente grasso, e si propaga nel mare. In presenza di una preda il suono torna indietro e il cetaceo sentendolo riesce a percepire la distanza e la posizione della preda, anche senza vederla. Non crediate però che i cetacei non vedano bene, anzi sono in grado di vedere perfettamente sia dentro che fuori dall’acqua! 19


7. 6.

CHE LINGUA PARLI?

I cetacei emettono una grande varietà di suoni legati sia alla caccia, come i click, che alla comunicazione, come i whistles (fischi) e i burst pulses (segnali di pericolo). Da studi compiuti sull’acustica di questi animali è emerso che ogni specie usa segnali acustici differenti e caratteristici pattern di vocalizzazione. Insomma, le diverse specie di cetacei parlano lingue diverse!! Ancora più interessante è il fatto che si sono osservate differenze intraspecifiche, ovvero tra le varie popolazioni di una stessa specie. Ad esempio la stenella striata che vive nel Golfo di Taranto (Italia) parla un “dialetto” diverso rispetto alla stenella striata che si trova nel Golfo di Corinto, in Grecia.

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ANIMALI GREGARI

Molti cetacei, soprattutto odontoceti, sono organizzati in gruppi familiari, chiamati pod. Le dimensioni dei gruppi variano notevolmente in base alla specie, al comportamento e al periodo. Un esempio è la stenella striata può trovarsi in gruppi di oltre 250 individui durante il socializing cosi come in gruppi di soli 10 durante la caccia. Queste specie sono caratterizzate da diversi comportamenti sociali complessi, che vanno dalla collaborazione durante la caccia al gioco. E’ sorprendente pensare alla forza del legame tra questi animali. Basti osservare i gruppi di femmine di capodoglio che si dispongono a margherita con la coda all’esterno e la testa all’interno per difendere il cucciolo dagli attacchi delle orche; oppure vedere “le zie”, femmine che aiutano mamma delfino durante il parto e spingono il cucciolo appena nato in superficie per farlo respirare e come la mamma che insegna al cucciolo a nuotare creandogli una scia con la pinna pettorale.


Pakicetus, prima proto-balena

8.

I GIGANTI DEL NOSTRO PIANETA

9.

RUBRICA UN LONTANO CUGINO

Gigantesca ma aggraziata, la balenottera azzurra può raggiungere i 33 metri di lunghezza e le 150 tonnellate. L’animale più grande del pianeta è proprio lei. L’elefante africano con i suo 4 metri di altezza e un peso massimo di 5 tonnellate sembra quasi piccolo in con-

Le somiglianze tra i due cugini sono ben poche ma il DNA non mente: i cetacei sono imparentati con gli ippopotami! Grazie al ritrovamento dello scheletro di Pakicetus, la prima proto balena, e alle analisi molecolari è emerso il

fronto. Molti studi hanno cercato di chiarire le ragioni per cui, rispetto agli animali

legame tra i cetacei e gli artiodattili, vale a dire tutti quegli animali ungolati come la giraffa, la mucca e l’ippopota-

terresti, questi mammiferi marini possono raggiungere dimensioni tanto elevate. Una delle ipotesi è legata all’attenuazione degli effetti dalla forza di gravità: in acqua, infatti, grazie ad una spinta definita dalla Legge di Archimede, gli animali possono galleggiare e muoversi senza sentire il peso del proprio corpo. Uno studio recente invece, attribuisce le causa delle dimensioni notevoli di questi animali alla necessità di mantenersi al caldo anche in acque dove le temperature sono piuttosto basse.

mo. L’ipotesi è che 40 milioni di anni fa esistesse un antenato comune, amante dell’acqua, e che questo si sia evoluto in due gruppi distinti: il primo gruppo, quello dei cetacei, completamente adattato alla vita acquatica e il secondo dotato di 4 zampe e simile ad un maiale.

10.

QUANTO VIVONO?

La durata della vita dei cetacei varia di specie in specie. La maggior parte delle specie vive circa 40 anni. Un’eccellente eccezione sono la balenottera comune e la balenottera della Groenlandia che possono superare i 100 anni di vita. Purtroppo l’impatto antropico negli ultimi anni sta abbassando notevolmente le aspettative di vita di questi animali: ad esempio il Tursiope, che vive in media 50 anni, in cattività a causa dello stress, arriva al massimo a i 10. Francesca C. Santacesaria 21


"C'è un momento esatto in cui entri nella vita degli animali selvatici. Devi prima sentire le loro vite, come si adattano al mondo che gli circonda. Ăˆ come il ritmo della musica. I loro occhi, i suoni che emettono, la loro testa, i loro movimenti, i loro piedi e tutto il loro corpo, la vicinanza delle cose intorno a loro - tutto questo e molto altro costituiscono il modo in cui percepiscono e si adattano al loro mondo. "

RICHARD O’BARRY

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JDC NEWS

TURSIOPES Network per la valorizzazione del Golfo di Taranto Nei giorni scorsi ha preso il via il progetto “Tursiopes”, composto da una rete di scuole di tre regioni. Capofila del progetto è il Liceo Ferraris vincitrice di un Bando MIUR relativo alla “Giornata Nazionale della Scuola”. La rete Tursiopes - acronimo di Taranto Unisce in Rete Scuole Ioniche Operanti Per l’Educazione alla Sostenibilità - è formata, oltre che dal Liceo Ferraris, anche dal Liceo “E. Fermi” di Policoro e dal Liceo “Bruno” di Corigliano Calabro e si avvarrà della collaborazione della Jonian Dolphin Conservation per tutta la realizzazione del progetto.

“IONIO SOSTENIBILE” Un progetto per supportare la creazione di un’Area Marina Protetta

«Grazie a questo esemplare progetto il Golfo di Taranto diventa il mare che unisce le coste che su di esso si affacciano» Carmelo Fanizza - presidente JDC dati relativi alla presenza di cetacei nell’area del Mar Ionio antistante la propria regione. Nell’ambito di questo progetto una delegazione di studenti del Liceo Ferraris si è recata, a bordo dei nostri mezzi nautici, il 16 ottobre a Policoro ed il 25 ottobre a Corigliano Calabro, dove sono stati accolti dagli studenti dei licei della rete, con l’obiettivo di promuovere, diffondere e condividere i principi del progetto.

Il progetto-evento “Ionio sostenibile” è stato il primo dei tanti che la rete intende attuare con l’obiettivo di supportare la richiesta di istituire nel Golfo di Taranto un’area marina protetta. Per poter raggiungere questo obiettivo gli studenti di ciascuna scuola della rete hanno raccolto, con il supporto tecnico-logistico dei nostri esperti, 23


Il convegno finale, che si è tenuto il 30 ottobre a Taranto presso la sede del corso di Laurea in Scienze Ambientali, rappresenta il punto di partenza delle attività della rete e ha visto protagonisti gli studenti del Liceo Ferraris oltre agli esperti del settore.

OBIETTIVO OASI BLU Imparare a tutelare e a valorizzare le risorse del territorio Oggetto del convegno è stato la tutela delle acque del Golfo di Taranto, baia storica ed ecosistema di estremo interesse, potenziale "santuario dei cetacei" che lo popolano o che vi 24

transitano, passando per la creazione dell'Oasi Blu "Ketos", di auspicabile imminente realizzazione. Tutela da intendersi non in senso strettamente protezionistico, ma tale da garantire un impatto sostenibile delle attivitĂ antropiche nel nostro Golfo, oltre che promuoverne una efficace ma rispettosa valorizzazione in termini turistici ed occupazionali in genere. Vittorio Pollazzon


JDC NEWS

La Fabbrica del paesaggio Un riconoscimento importante

Sabato 13 ottobre 2018, alle ore 16.00, nella splendida cornice di Palazzo Trinci a Foligno, si è tenuta la cerimonia di premiazione della IX edizione del Concorso Internazionale FICLU “La Fabbrica nel Paesaggio”, sotto l’egida della Federazione Europea dei Club, Centri ed Associazioni per l’UNESCO, con il Patrocinio della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO, ’ICCROM, MIBAC, Osservatorio Europeo del Paesaggio - Ufficio di Venezia del Consiglio d’Europa, ICOMOS Italia, Comune di Foligno, Regione Umbria e della Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno. Il Club per l'UNESCO di Taranto per l'edizione 2018 ha candidato per la Sezione “Soggetti Privati” l’Associazione “JONIAN DOLPHIN CONSERVATION” che è risultata vincitrice di riconosci-

mento tra le ventisette candidature d'eccellenza premiate, tutte di altissimo valore, con la seguente motivazione : “per la novità del tema che apre prospettive future, anche educative, sulla tutela dell’ambiente marino”. Per l’UNESCO vince la Citizen Science. L’ obiettivo di tutelare i cetacei del Golfo di Taranto può essere conseguito, infatti, soltanto creando consapevolezza Ha ritirato il Premio, per il Presidente dell’Associazione vincitrice Carmelo Fanizza, la Presidente del Club per l’UNESCO di Taranto Carmen Galluzzo Motolese alla quale va il nostro ringraziamento per aver fortemente voluto la candidatura della Jonian Dolphin Conservation. Vittorio Pollazzon 25


La posta dei lettori Il problema della cattività dei delfini è una questione che mi ha sempre toccato molto da vicino. La sofferenza che provochiamo a questi animali, a partire dalle violente pratiche di cattura in cui molti perdono la vita, fino ad arrivare al loro confinamento in piscine che per questi grossi mammiferi hanno le stesse dimensioni di una vasca da bagno, la ritengo del tutto ingiustificata e ingiustificabile. Due estati fa, una ricerca online mi ha portato al sito web di una certa JDC. La pagina ha immediatamente attirato la mia attenzione, in quanto si capiva al volo che lo scopo del gruppo era quello di effettuare ricerche per studiare, tutelare e salvaguardare i cetacei del Golfo di Taranto. Non di limitarsi a portare “in gita” i turisti curiosi, non di promuovere in qualche modo delfinari e business vari di nuoto con i delfini, ma di raccogliere dati sufficienti per poter arrivare a far dichiarare il Golfo di Taranto un’area protetta per i cetacei che in quelle acque vivono in maniera stanziale.

È bastata la passione che il presidente Carmelo Fanizza è riuscito a comunicarmi in pochi minuti di conversazione a convincermi che la JDC era la perla che stavo cercando. Per me non si è trattato di un’uscita in barca “una tantum”. Per lo stupore di molti ho trascorso dieci giorni partecipando a ogni escursione possibile. E sono ritornata il mese successivo. E anche quello dopo. E poi quest’anno. 26

Due volte. Volete chiedermi se tornerò ancora? La JDC per me significa delfini liberi. Liberi di scegliere se avvicinarsi alle barche, se allontanarsi, se prodigarsi in salti mozzafiato. Liberi di vivere, in mare aperto, la vita alla quale la natura li ha destinati invece di languire in quelle pozze di acqua artificiale che tante pubblicità vogliono venderci come “La casa dei delfini felici” e che, in realtà, altro non sono che un carcere a vita, dove mangi solo se obbedisci agli addestratori e dove la tua vita durerà solo pochi anni. Ma ti sostituiranno con un altro prigioniero, che offrirà agli spettatori ignari un “sorriso” proprio uguale al tuo. I biologi marini e i volontari della JDC condividono l’amore per queste creature al punto di dedicare tutte le loro giornate a far capire ai bambini e agli adulti che salgono a bordo dei loro catamarani quanto sia cruciale il rispetto per questi magnifici animali. “Il mare è la loro casa, ed è fondamentale rispettarlo per poterlo proteggere e per poter proteggere le sue creature”. È questo il messaggio forte e chiaro che ci lanciano tutti i membri di questo fantastico equipaggio, per i quali non si può che provare una grandissima ammirazione!

Elena Montrasio


SPAZIO APERTO

FOTO RACCONTACI Immergersi nella natura. Esplorare, con rispetto, per comprendere. Osservare il mondo con occhio più attento. Entrare a stretto contatto con i delfini, animali simbolo per eccellenza di libertà. Questo è quello che i nostri lettori-voi– avete vissuto a bordo dei nostri catamarani e che ci avete raccontato con queste foto. Per partecipare inviate le vostro foto all’indirizzo mail: lia@joniandolphin.it È meraviglioso poter ammirare animali non in cattività, vederli nel loro habitat naturale, osservare e imparare i loro comportamenti. È così che ogni bambino fin da piccolo dovrebbe essere educato, ad amare gli animali in libertà e a guardarli in questo modo. Ph: Giorgia Palombella

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Ph: Giorgia Masiello

Ph: Sarah Donvito

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Ph: Lucia Vinella

Ph: Maurizio Ingrosso


SPAZIO APERTO

“Esperienza molto bella, interessante e formativa. Siamo lieti di aver avuto l’occasione di conoscervi come biologi e giovani ricchi di sapere. Grazie alla prossima.” Ph: Gianluca Calabrese

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L’unione fa la forza Il cuore della Jonian Dolphin Conservation è il team che la costituisce, persone appassionate ed innamorate del mare spinte da un obiettivo comune: tutelare i cetacei presenti nel Golfo di Taranto creando conoscenza e consapevolezza nelle persone che condividono con noi l’esperienza da “ricercatori per un giorno” e non solo. Per realizzare questo progetto non basta avere un team di biologi e guide naturalistiche ma è necessario lavorare in sinergia con le altre figure presenti a bordo. Sono i comandanti ed gli esperti del team tecnico che ci permettono ogni giorno di uscire in mare, garantendo la sicurezza dei mezzi e delle 30

persone a bordo, dando un notevole supporto alla ricerca e al turismo. Spesso sono proprio loro i più apprezzati dai turisti per le loro competenze che vanno dalla preparazione delle imbarcazioni a quella del cibo, alla compagnia ed anche alla divulgazione di ciò che osserviamo in mare. Oggi anche noi vogliamo ringraziarli in modo particolare. Questo magazine non sarebbe nato senza la loro collaborazione e la possibilità che quotidianamente ci danno di dedicarci nel modo più adeguato alla ricerca. Grazie Alessandro, Ezio , Fabio, Gianluca, Mimmo.


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