KETOS/N.5/MARZO 2019

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K ETOS

N. 5/ Marzo 2019

JDC MAGAZINE


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“Se gettassi su di un piatto della bilancia tutto ciò che ho imparato a comprendere in quelle ore ad osservare la natura, e sull'altro tutto ciò che ho ricavato dai libri, come rimarrebbe leggero il secondo!â€? Konrad Lorenz

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In questo numero SCIENZA

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DELFINI ALL’ORIZZONTE Ma come riconoscerli?

NATURA

12 CURIOSITÀ

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COME E’ PROFONDO IL MARE Vivere negli abissi

TARANTO tra mito e leggenda

RUBRICA

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10 COSE DA SAPERE SU… Le tartarughe marine

JDC NEWS

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NUOVI

LEGAMI

SPAZIO APERTO

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LA POSTA DEI LETTORI FOTO RACCONTACI


A cura di: Carmelo Fanizza Presidente e Fondatore JDC

Vittorio Pollazzon Responsabile Team e Autore Stefano Bellomo Responsabile Team e Autore Francesca C. Santacesaria Redattore e Autore Aldo Rizzo Autore Pasquale Bondanese Autore Roberto Crugliano Autore Alessandro Console

Grafico Elena Montrasio Editor

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A

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SCIENZA

DELFINI ALL’ORIZZONTE!! Ma come riconoscerli? Capita spesso di incontrare persone che ci chiedono cosa abbiamo osservato durante la giornata e noi, con infinita naturalezza, iniziamo a sviscerare nomi di specie di delfini o balene ottenendo come risultato la faccia perplessa dell’interlocutore. Altre volte, persone entusiaste della loro esperienza ci raccontano dei viaggi o delle occasioni in cui hanno incontrato un delfino e alla nostra domanda “Di che specie si trattava?” rispondono “Di un delfino!”. Scene di questo genere ci fanno un po’ sorridere ma sono del tutto normali perché molti non sanno che di delfino non ne esiste solo uno e tanto meno esiste una sola balena.

Al mondo esistono 81 specie differenti di cetacei raggruppati in due sottordini i misticeti (le balene dotate di fanoni) e gli odontoceti (i cetacei con i denti). Le balene e i delfini occupano gli habitat più disparati del pianeta: c’è chi vive nei fiumi e chi caccia nelle

profondità del mare; chi si trova al caldo delle acque tropicali; chi predilige le temperature più fredde e chi stagionalmente ama viaggiare. Tutti con caratteristiche fisiche, esigenze ecologiche e comportamentali peculiari che li rendono riconoscibili ed identificabili attraverso un’attenta osservazione. Ammirare in natura questi animali può essere emozionate ed educativo se fatto in maniera consapevole. Immaginate che bello sarebbe per un amante del mare poter dire “Oggi ho visto un grampo, un specie rarissima!” Oggi vogliamo fornirvi le conoscenze fondamentali per riuscire a distinguere, anche da soli, le differenti specie presenti nei mari italiani durante il loro avvistamento. Quindi armatevi di binocolo, macchina fotografica e un taccuino per gli appunti e preparatevi alla scoperta di queste meravigliose creature! 7


Delle 21 specie segnalate nel Mar mediterraneo, nei mari d’Italia ed in particolare nel Golfo di Taranto se ne possono osservare 12. Queste si distinguono in specie regolari, stabilmente presenti nell’area, e specie occasionali che si spingono nell’area saltuariamente. Le specie regolari sono: Stenella striata (Stenella coeruleoalba), Tursiope (Tursiops truncatus), Delfino comune (Delphinus delphi), Grampo (Grampus griseus), Capodoglio (Physester macrocephalus), Balenottera comune (Balaenoptera physalus), Globicefalo (Globicephala melas). Specie occasionali sono: Zifio (Ziphius cavirostris), Balenottera minore (Balaenoptera acutorostrata), Orca (Orcinus orca), Pseudorca (Pseudorca crassidens) e Steno (Steno bredanensis). Tante specie che possono confondere l’osservatore non esperto. Per riuscire a distinguerli è necessario conoscere i particolari da osservare e su cui concentrarsi, soprattutto considerando che spesso il tempo a disposizione è davvero poco. In primis è importante determinare le dimensioni dell’animale: se possibile fare riferimento ad oggetti di dimensioni note o definire delle categorie dimensionali (es.: >4; 4 -10m; >10m). In questo modo diventa facile capire se si tratta di piccoli o grandi cetacei. Nel caso si tratti di grandi balene fate attenzione anche al soffio. Nei capodogli, ad esempio, può essere alto più di due metri ed è sempre inclinato a sinistra mentre nella balenottera comune raggiunge i 4 8

metri di altezza, è dritto e di solito stretto. Successivamente l’attenzione va posta sulla pinna dorsale (dimensione, forma e posizione) e sul dorso in generale (colore, striature, segni particolari): questa è l’unica parte del corpo che emerge normalmente durante il nuoto dei cetacei e ci permette di discriminare le varie specie. Un altro fattore che può venirci in aiuto durante l’osservazione è il numero di individui del gruppo: non si tratta di un’operazione facile ma sicuramente ci permette di approfondire le conoscenze sulla specie in questione. Fate attenzione inoltre a dove vi trovate: ciascuna di queste specie possiede caratteristiche esigenze ecologiche, le quali ne determinano


SCIENZA tale situazione si sia notevolmente modificata negli ultimi decenni.

Una drastica riduzione degli habitat disponibili causata dall’ impatto antropico sta causando l’esclusione di popolazioni di cetacei da zone per loro ottimali. Tutte le specie di cetacei nel Mar Mediterraneo e nel Golfo di Taranto, infatti, sono soggetti a molte minacce a causa dell'uomo e, molte di esse, sono sempre più a rischio di estinzione. Le più importanti minacce per la loro sopravvivenza sono causate da inquinamento chimico di varia natura e sonoro (soprattutto le prospezioni per la ricerca di idrocarburi), incidenti con imbarcazioni e strumentazioni da pesca, sovra-sfruttamento degli stock ittici e degrado dell'habitat. Negli ultila distribuzione geografica. Ricerche compiute sui Cetacei dei mari italiani hanno rivelato l’esistenza di significative differenze tra le profondità delle acque preferite da ciascuna specie: Balenottera comune e Globicefalo si mantengono per lo più in acque profonde, in genere superiori ai 2000m; Capodoglio, Stenella striata e Grampo sono più frequenti in corrispondenza della scarpata continentale; il Delfino comune si mantiene in genere tra scarpata e piattaforma continentale; infine il Tursiope è specie decisamente neritica (costiera), con una marcata preferenza per acque con profondità inferiori ai 100 m. È importante sottolineare, però, come

mi anni assume sempre più rilevanza l'impatto dell'inquinamento della plastica tra le cause di morte di queste specie.

La percentuale di avvistamento delle varie specie nella nostra area di ricerca è 59% Stenella Striata, 25% Tursiope, 10% Grampo, 5% Capodoglio, 1% Delfino Comune. Negli anni sono avvenuti avvistamenti occasionali di Balenottera Comune e Globicefalo. Per aiutarvi e facilitare l’identificazione, vi riportiamo le principali caratteristiche di ciascuna specie con le profondità da cui solitamente si possono avvistare. Stefano Bellomo

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Nome

>3om

>200m

TURSIOPE Tursiops truncatus

Dimensioni

Max 3,5 m

Max 2,7 m STENELLA Nel mediterSTRIATA raneo più picStenella coeruleoalba coli

Max 2,7 m DELFINO COMUNE Delfinus delphis

BALENOTTERA COMUNE Balaenoptera

Nel mediterraneo più piccoli

Max 27 m

physalus

>500m GRAMPO Grampus griseus

Max 4 m

GLOBICEFALO Globicephala melas

Max 7 m

CAPODOGLIO Physeter macrocephalus

Max 20 m

>800m

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Colorazione

Caratteristiche peculiari

Ecologia

Vivono in gruppi, costituiti solitamente da femmine con prole, che vanno da pochi Fino a 52 anni individui a circa 20 esemplari. Specie costiera.

Corpo robusto e grigio, più chiaro sui lati e bianco sull'addome

Corpo robusto e massiccio. Pinna dorsale differentemente marcata utile per identificazione individui.

Grigia-bluastra nella parte dorsale del corpo e bianca nella parte ventrale.

Striature nere dall’occhio Vivono in grandi gruppi di all’ano e alla pinna pettorale. 20-50 individui, in alcuni Striatura più chiara a forma casi centinaia. Molto acrodi V dall’occhio verso pinna batici, salti fino a 7m. dorsale.

Scuro nella parte

Sui lati caratteristica colora-

dorsale del corpo e zione giallo crema/ocra che bianca nella parte costituisce una V nella metà ventrale. del corpo.

Da grigio scuro a marrone nero

Longevità

Fino a 58 anni

Vivono in grandi gruppi di centinaia di individui. Negli ultimi 40 anni la popolazio- Fino a 35 anni ne del mediterraneo si è ridotta di più del 50%.

Pinna dorsale bassa rivolta Vivono in gruppi di 3-7 inall’indietro. Testa appiattita a dividui, in alcuni casi anche Fino a 90 anni forma di V. Evidente paracentinaia. Specie pelagica si schizzi sullo sfiatatoio.

nutre di plancton

Grigio chiaro alla nascita, nera nei giovani, tendente al bianco con l’avanzare dell’età

Testa globosa. Numerose cicatrici e graffi sul corpo e Vivono in gruppi che variasulle pinne dorsali degli indi- no da 3 a 50 individui, Almeno 30 anni vidui maturi . Possibile iden- nell’Oceano anche migliaia. tificazione individui.

Nero

Testa globosa. Pinna dorsale lobata. Diverse macchie bianche: macchia oculare diagonale, “sella” dietro la pinna dorsale e macchia ventrale a forma di ancora .

Vivono in gruppi compatti, di circa 12 individui ma creano aggregazioni aperte di centinaia di individui.

Pelle scura e rugosa per lo più grigio -brunastra. Bianco sporco nella parte inferiore della bocca bianca

Testa enorme e squadrata. Sfiatatoio a sinistra crea largo soffio ad angolo retto verso sinistra. Pinna caudale triangolare ben visibile all’immersione

Maschi adulti sono solitari. Femmine creano “asili” di circa 7 individui. Si nutrono Almeno 70 anni a profondità anche di 11 2000m

Almeno 60 anni


Irraggiungibili e fantastici, gli ambienti marini profondi da sempre hanno rappresentato per l’uomo luoghi misteriosi, suscitando curiosità e desiderio di scoperta. Ad oggi, nonostante le tecnologie e i numerosi sforzi, degli abissi si conosce solo lo 0,001%. La superficie del nostro pianeta è occupata per il 70% dal mare. Per le sue proprietà fisiche e chimiche, il mare costituisce l'ambiente più favorevole per lo sviluppo della vita. Con una profondità media di circa 3680 metri, oltre il 50% della superficie degli oceani è al di sotto dei 3000 metri di profondità. Per anni ci si è chiesti se questi habitat così estremi potessero ospitare la vita. Nell’ottocento Edward Forbes, professore di Storia Naturale dell’università di Edimburgo, formulò la “teoria azoica” secondo la quale al di sotto dei 600 m di profondità le condizioni estreme di pressione e la presunta assenza di ossigeno non consentirebbero il mantenimento della vita. Successivamente evidenze scientifiche dimostrarono come in realtà l’ossigeno sia abbondante anche alle maggiori profondità e misero in evidenza che l’ambiente profondo presenta una biodiversità piuttosto elevata sia a livello di micro che di macroorganismi. Questi studi confutarono definitivamente la teoria di Forbes e spinsero gli scienziati alla scoperta di questi ambienti “irraggiungibili. 12

Come è p


VIVERE NEGLI ABISSI? Troppa pressione? La pressione idrostatica nel mare cresce di un’atmosfera ogni 10 metri. Nel punto più profondo dell’oceano, 11.022m, in corrispondenza della Fossa delle Marianne, la pressione raggiunge circa le 1100 atmosfere!! Forti correnti spazzano e modificano le caratteristiche dell’ambiente profondo con intensità e direzione variabile. Brrr che freddo! Le temperature, normalmente inferiori ai 4°C, possono variare dai -2 ad oltre i 400°C in prossimità degli Hydrothermal vents (fratture del fondale da cui fuoriesce acqua geotermicamente riscaldata). 2

Le concentrazioni di ossigeno sono vicine alla saturazione ma esistono anche zone ipossiche ed anossiche. Nel Mar Nero, ad esempio, assistiamo a condizioni permanentemente prive di ossigeno a profondità maggiori dei 250m. A circa 500-1000 metri di profondità la luce scompare completamente per cui negli ambienti profondi non si può realizzare la fotosintesi. La luce svolge comunque un effetto indiretto: il fitoplancton superficiale entra nell’ecosistema profondo attraverso la rete trofica.

profondo il mare…

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Le peculiarità e la severità ecologiche dell'ecosistema abissale hanno richiesto profondi adattamenti per le specie che vivono in questi ambienti.

Melanocetus johnsonii

LUCCIOLE NEGLI ABISSI. Un puntino luminoso nel buio degli abissi nasconde un pesce che aspetta la sua preda. La luce emessa da questi pesci abissali è dovuta al fenomeno della bioluminescenza. Nella maggior parte dei casi la bioluminescenza è legata alla simbiosi con batteri luminosi. Questi, presenti all’interno di speciali cellule chiamate fotofori, attraverso una reazione chimica danno origine a bagliori luminosi. Nel Melanocetus johnsonii appartenente alla famiglia della Melanocetidae o in Bufoceratias weedi della famiglia delle Ceratiidae, questo sistema è caratterizzato dalla presenza, generalmente solo nelle femmine, di un'asta, sulla sommità del capo, chiamata “illicium”. All’apice dell’asta una "lanterna" usata come esca per attrarre le prede. La bioluminescenza è un ottimo strumento di comunicazione utilizzato anche come richiamo sessuale. Inoltre, nel caso vi sia un predatore in zona i fotofori possono essere attivati o disattivati, rendendosi cosi invisibili. 14

ADATTAMENTI ALLA PRESSIONE. Tra i principali organismi che abitano il sistema profondo vi sono gli invertebrati che grazie al loro esoscheletro riescono a sopportare meglio le forti pressioni. Incontriamo, ad esempio Geryon longipes, un granchio che vive ad oltre 2000 metri di profondità, ed il gambero Acanthephyra eximia che unitamente al Chalinura mediterranea, un teleosteo di habitat bentopelagici costituiscono i principali “scavengers”(spazzini) di questi ambienti, nutrendosi di detrito organico. Sono presenti specie “euribate” cioè specie che presentano adattamenti per vivere sia ad alte che a basse pressioni. Fra queste, policheti della specie Notomastus latericeus e Hydroides norvegica, le cui distribuzioni vanno dai 20 a


NATURA

Siboglinidae spp

Idiacanthus antrostomus

Geryon longipes

5000 metri, o il pogonoforo della famiglia delle Siboglinidae che vive dai 20 agli 8000 metri ADATTAMENTI PER LA CACCIA. Generalmente il cibo è scarso alle grandi profondità e quindi deve essere sfruttata al massimo ogni occasione per nutrirsi. Per questo molti pesci di ambienti profondi presentano denti aguzzi come Melanocetus johnsonii, Chauliodus macouni e Idiacanthus antrostomus. Altri come l'Eurypharynx pelecanoides, hanno evoluto bocche enormi attraverso cui filtrare grandi quantità di acqua per nutrirsi di plancton. ADATTAMENTI AL BUIO. Alcuni pesci di acque profonde presentano occhi telescopici con una

retina straordinariamente sensibile, rendendoli in grado di captare anche la più debole luce emessa nel buio, come accade nella specie Rhynchohyalus natalensis, o in Argyropelecus hemigymnus individui appartenenti alla famiglia delle Opisthoproctidae o in Gigantura, meglio conosciuti come “pesci telescopio”. I COLORI NEGLI ABISSI.

In natura la colorazione è un fattore di primaria importanza per l’individuo, strettamente correlata all’ambiente ed alle abitudini di vita. Nella maggior parte degli animali dotati di percezione visiva, l’uso del colore è alla base di una vasta gamma di relazioni inter ed intraspecifiche. Pensiamo al mimetismo per situazioni di 15


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Acanthephyra eximia

Hydroides norvegica

Argyropelecus hemigymnus

Notomastus latericeus

Eurypharynx pelecanoides

Rhynchohyalus natalensis

Chauliodus macouni

Bufoceratias weedi


NATURA pericolo; o all’uso di appariscenti livree per farsi notare durante il corteggiamento; ed ancora vistose colorazioni aposematiche, spesso associate a veleni e sostanze irritanti, allo scopo di scoraggiare i predatori. In condizioni di luce ridotta o assente il meccanismo della visione è poco efficiente e non riveste molta importanza nella vita di relazione. Infatti le specie che vivono negli ambienti marini profondi presentano colorazioni assai modeste, da specie grigie o con colori spenti a specie totalmente trasparenti.

Ecco come la natura si adatta a condizioni proibitive, permettendo ad organismi viventi di poter conquistare nicchie ecologiche estreme. Recenti studi hanno portato al riconoscimento di più di 20.000 organismi, in particolare anfipodi e isopodi, alcuni dei quali nuovi alla scienza. Ma nonostante gli sforzi finora è stata studiato solo lo 0.001% della biodiversità degli ambienti profondi. Questi ambienti, quindi, rimangono ancora un mistero ma per salvaguardare la salute del mare è necessario conoscere anche gli habitat più estremi. Per tanto una prima azione concreta da effettuare prima di intraprendere qualsiasi misura di gestione e/o conservazione è quella di indirizzare i nostri sforzi di ricerca allo studio degli ecosistemi marini, soprattutto quelli ancora poco conosciuti.

Bathynomus giganteus

TROPPO CRESCIUTI ? Una peculiarità che rende il sistema oceanico profondo straordinario quanto misterioso è il fenomeno del gigantismo abissale. Esso riguarda principalmente alcune specie di crostacei che, rinvenuti a profondità superiori ai 3000 metri, presentano dimensioni più grandi rispetto ad individui della stessa specie che vivono in acque meno profonde. Nel 1984 è stato ritrovato e descritto il Gigantapseudes dactylus, il più grande rappresentante dell’ordine degli anfipodi, con una lunghezza di circa 28 cm. Un altro esempio è il Bathynomus giganteus, un crostaceo isopode che può raggiungere i 50 cm di lunghezza per 2 kg di peso, a differenza degli esemplari costieri che non superano uno o pochi cm di lunghezza.

Si ipotizza che tale fenomeno sia dovuto a due principali fattori: le basse temperature e le elevate pressioni idrostatiche, che causerebbero una riduzione della velocità metabolica con conseguente aumento delle dimensioni corporee. Tuttavia il meccanismo biologico rimane ancora poco chiaro. Roberto Crugliano 17


Camminando per le vie della città di Taranto notiamo che un tema si ripete più volte. Sui tombini, sui muri, addirittura sulle bottiglie della birra locale e nello stemma della città: un delfino cavalcato da un uomo. Taranto, città dei due mari e antica colonia greca, lega le sue origini alla presenza dei delfini nel suo mare. Questi animali maestosi ed affascinanti hanno stimolato la fantasia dei narratori sin da prima della nascita di Cristo dando vita così a numerosi miti e leggende sull’origine della città di Taranto.

MITO O LEGGENDA? IL MITO. Il termine Mito deriva dal greco mythos, ovvero parola, discorso, racconto. Il mito, inteso come racconto, rappresenta una narrazione fantastica rivestita di sacralità, che ha l’obiettivo di descrive l’origine di culture, di popoli, di fenomeni, di realtà esistenti e del mondo stesso. Il mito è il prodotto della memoria di un popolo in cui la dimensione spazio- tempo si perde e i protagonisti sono eroi, esseri divini dalle sembianze umane che compiono azioni straordinarie. 18

LA LEGGENDA. Il termine Leggenda deriva dal latino legenda, che significa “cose che devono essere lette”. Anticamente, corrispondeva al racconto della vita di un santo o dei suoi miracoli, da leggersi soprattutto in occasione della sua festività. In seguito, la parola leggenda si è evoluta assumendo il significato di racconto nel quale vi è un mix di elementi storici reali e di elementi fantastici.


CURIOSITÀ

IL MITO DI TARAS Taras, figura della mitologia greca, era figlio della ninfa Satyria e del dio del mare Poseidone. Circa 2000 anni prima di Cristo, Taras a capo di una flotta approdo alla foce di un corso d'acqua che da lui prese il nome: il fiume Tara.

Sulle rive del fiume Taras cominciò a compiere sacrifici per ringraziare il padre del buon viaggio intrapreso e propiziare l’edificazione di una nuova città in quel luogo. All’improvviso un delfino saltò. Il giovane interpretò questa apparizione come il segno di buon auspicio e di incoraggiamento a fondare la città. La chiamò Saturo per omaggiare o la madre Satyria o la moglie Satureia, località che ancora oggi porta questo nome. Un giorno Taras sarebbe scomparso nelle acque del fiume e dal padre sarebbe stato assunto fra gli eroi.

LA LEGGENDA DI FALANTO I Parteni, figli illegittimi di donne spartane e Perieci, erano destinati a vivere emarginati e in condizione di subalternità rispetto agli spartani. Per ottenere dall’aristocrazia i diritti che gli erano stati negati, i Parteni guidati

da Falanto organizzarono una sommossa. Furono però sconfitti e obbligati a lasciare la città alla ricerca di nuove terre. Prima di partire, Falanto consultò l'Oracolo di Delfi alla ricerca di un responso circa il proprio futuro che così sentenziò: “Quando vedrai piovere dal ciel sereno, conquisterai territorio e città.”

La traversata in mare fu piena di avversità: venti contrari li spinsero verso il mare Egeo dove la nave naufragò. Un delfino giunse in soccorso di Falanto e lo portò a riva. Da qui Falanto coordinò i soccorsi, la nave fu riparata alla meglio e pronta a ripartire. Per molto tempo i Parteni navigarono senza meta finché un giorno, stremato, si addormentò sulle ginocchia della moglie Etra, il cui nome significa “cielo sereno”. La donna, pensando alle sventure vissute dal marito, cominciò a piangere. Le sue lacrime destarono Falanto, il quale ricordandosi dell'Oracolo, ritenne giunto il momento di fondare una città. Guidando i suoi uomini verso l'entroterra fondò così Taranto, richiamandosi all'eroe greco Taras.

Vittorio Pollazon Aldo Rizzo 19


10 1.

COSE DA SAPERE SU…

Le tartarughe marine

TARTARUGHE O TESTUGGINI?

Comunemente il termine “tartaruga” viene usato per parlare sia di specie acquatiche (marine e palustri) che di quelle terrestri, considerandole tutte in un’unica categoria. In realtà le tartaruga sono solo le specie adattate a vivere in un ambiente acquatico, con carapace dal profilo basso e per lo più carnivore. Gli arti delle specie acquatiche nel corso dell’evoluzione si sono adattati al nuoto: nel caso delle tartarughe di acqua dolce con membrane di pelle tra gli artigli; nel caso delle tartarughe marine si sono trasformati in pinne. Per parlare delle specie terresti tipicamente erbivore, con possenti artigli e con carapace rialzato usiamo il termine testug-

2.

7 SPECIE E MEZZO

Esistono al mondo 7 specie diverse di tartaruga marina: la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea), la tartaruga comune (Caretta caretta), la tartaruga verde (Chelonia mydas), la tartaruga embricata (Eretmochelys imbricata), la tartaruga di Kemp (Lepidochelys kempii), la tartaruga bastarda (Lepidochelys olivacea) e la tartaruga a dorso piatto (Natator depressus). Nel corso dell’evoluzione hanno subìto pochissimi mutamenti rispetto ai antenati preistorici grazie ai quali sono riuscite a popolare le acque temperate di tutti i mari e gli oceani. Negli ultimi anni la comunità scientifica ha aperto la discussione sulla tartaruga Chelonia mydas agassizii. Questa tartaruga vive nell’oceano pacifico dalle Galapagos al Messico, ha il carapace più nero e bombato rispetto alla tartaruga verde ed il maschio presenta un dimorfismo caudale molto pronunciato. La domanda è: si tratta di una sottopopolazione della tartaruga verde o di un’ottava specie esistente?

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RUBRICA

3.

UNA VITA TRA TERRA E MARE

Il lunghissimo viaggio delle tartarughe inizia sulla terra quando appena schiuse escono dal nido e spinte dall’istinto seguono la luce della luna e raggiungono il mare. Nel primi giorni di vita si nutrono dell’albume rimasto sulle natatoie spingendosi verso il mare aperto dove vivranno i primi anni di vita. Il viaggio continua fino a quando non raggiungono la maturità sessuale a circa 20 anni. A questo punto si avvicinano alla costa per riprodursi e lo rifaranno ogni 2-3 anni. Una volta fecondate le uova, le femmine di tartaruga tornano sulla terra a deporre. Con uno sforzo notevole depongono circa 100 uova per nido e poi tornano in mare. Di queste cento solo una riuscirà a raggiungere l’età adulta. 21


5.

MASCHIO O FEMMINA?

Nel mondo animale la determinazione del sesso può dipendere da tantissimi fattori. In alcune specie, come l’uomo, il sesso è determinato da un differente corredo cromosomico. Per intenderci, dipende dalla presenza dei cromosomi X ed Y e dal loro numero. In altre specie il corredo cromosomico è identico tra maschio e femmina e a determinare il sesso sono fattori ambientali. Questo è

4.

TRATTIENI IL RESPIRO

Niente branchie ma polmoni. Le tartarughe marine sono animali polmonati per questo hanno l’esigenza di emergere in superficie per respirare. Sembrerebbe, inoltre, che le tartarughe marine possano assorbire attraverso la pelle fino al 70% di ossigeno di cui hanno bisogno. Sono dotate, infatti, di sacche anali che consentono di assorbire l’ossigeno disciolto nell’acqua e ne possono assorbire altro dall’acqua ingerita grazie all’esofago ricco di cavità vascolari. Queste capacità le rendono apneiste esperte: azzerando le funzioni vitali possono restare sui fondali per più di 5 ore!! Purtroppo però non riescono a resistere così tanto quando vengono catturate per sbaglio da reti da pesca. In queste situazioni si agitano, consumando l’ossigeno, e muoiono affogate poco dopo.

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il caso delle tartarughe in cui il sesso è determinato dalla temperatura!! Quello che succede è che le uova deposte per prime, che si troveranno alla base del nido e quindi a temperature più fredde, saranno maschi. Quelle deposte successivamente che si trovano più in superficie dove la sabbia è riscaldata dal sole saranno femmine. Con l’aumento delle temperature legato ai cambiamenti climatici il rischio è che la maggior parte delle tartarughine nasca femmina e che queste non trovino il compagno per riprodursi!!


RUBRICA

7. 6.

UNA TARTARUGA GIGANTE

La tartaruga liuto è uno dei giganti che abitano il mare ed è la tartaruga più grande al mondo. Il suo carapace, rivestito di una pelle simile al cuoio e lisca, raggiunge dimensioni maggiori di 2 metri di lunghezza e nel complesso arriva a pesare più di 600 kg!! Potente e veloce nuotatrice (100 m in 10 sec), la tartaruga liuto è uno delle tartarughe che più subisce l’impatto della plastica nel nostro mare. Lei, infatti, è ghiotta di meduse e spesso scambia le buste di per questi animali planctonici. La liuto è considerata a rischio critico di estinzione!!

Tartaruga liuto

UN GPS INTEGRATO

Dopo circa 20 anni dalla nascita, le femmine di tartaruga marina si spingono verso la terra per deporre le uova. La spiaggia scelta per nidificare non è un posto qualunque ma in realtà della stessa spiaggia sulla quale lei stessa è stata deposta ed è uscita dall’uovo. La mamma tartaruga ritorna su quella spiaggia certa che quello sia il posto migliore e più idoneo per la nascita dei propri piccoli. Vi chiederete come fanno a ritrovarla dopo tanti anni: in mare non ci sono cartelli stradali, mappe ed indicazioni. Per trovare il posto giusto, le tartarughe marine hanno sviluppato un “sesto senso”: un GPS integrato che sfrutta il campo geomagnetico della terra!! Appena nate, le tartarughine memorizzano il campo magnetico della loro spiaggia natale e, una volta adulte, sfruttano questa informazione per potervi fare ritorno con facilità.

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In Italia, il numero di esemplari trovati vivi ed in difficoltĂ e recuperati è maggiore di 200 tartarughe l’anno 24


RUBRICA

8.

PRENDO UN PO’ DI SOLE

Capita spesso durante la navigazione di incontrare tartarughe marine che si crogiolano al sole. Per loro non è una questione di relax, né di tintarella, ma di salute. Nelle tartarughe marine, come in tutti i rettili, la temperatura corporea dipende dalla temperatura dell’ambiente circostante. Sono infatti animali eterotermi. Per mantenere la temperatura costante è importante alternare momenti in cui si riscaldano sotto i raggi del sole, favorendo anche il buon funzionamento del sistema immunitario e della digestione, a momenti in cui nuotano nelle profondità del mare!

10.

QUALCHE PROBLEMA ALL’ORIZZONTE

Se avrete la fortuna un giorno di avere un incontro ravvicinato sulla terraferma con una tartaruga avrete l’impressione che i suoi occhi siano bagnati da lacrime. La tartaruga non starà piangendo perché è triste ma per un altro importan-

Le tartarughe marine nuotato negli oceani da oltre 110 milioni di anni e ora si trovano ad affrontare difficoltà senza precedenti. Il problema non è limitato all’inquinamento da plastica, che gioca un ruolo comunque importante visto che più del 90% delle tartarughe curate nei centri di recupero presenta frammenti di plastica nello stomaco, ma va ben oltre. Questi animali, come detto in precedenza, sono estremamente sensibili alle temperature e si trovano ora a far fronte al riscaldamento globale. Inoltre, devono affrontare i problemi legati alla pesca: letali per loro gli ami e le reti in cui si trovano spesso impigliate. E come se non bastasse entra in gio-

tissimo motivo. Le lacrime vengono prodotte dalle ghiandole del sale che servono a regolare la quantità di sale ingerito che risulta abbondante sia nel loro cibo che nelle grandi quantità d'acqua che bevono accidentalmente. Piangendo in continuazione, quindi, espellono il sale e i liquidi in eccesso!!

co anche l’erosione della costa: dati registrati alla fine degli anni 90 mostrano come si sia perso circa l’80% delle dune costiere in Italia. Le tartarughe, così fedeli al sito di nidificazione rischiano di tornare dopo 20 anni e non trovare più la spiaggia su cui sono nate!!

9.

MA STA PIANGENDO?

Francesca Santacesaria 25


Nuovi legami È compito della conoscenza parlare ed è privilegio della saggezza ascoltare. Oliver Wendell Holmes Sr.

L’unione fa la forza e condividere le conoscenze e i saperi ci permette di imparare, migliorare e sviluppare nuove competenze. Per questo è fondamentale nella comunità scientifica scrivere, pubblicare e leggere articoli scientifici. I ricercatori di tutto il mondo, comunicando in modo univoco, restano sempre connessi ed aggiornati. Si instaurano così nuovi le-

Estremamente limitante per chi doveva analizzare centinaia, se non migliaia, di foto. La rivoluzione di questo nuovo tool è la possibilità di elaborare contemporaneamente grandi quantità di foto, con una percentuale di errore estremamente bassa, senza l’intervento dell’uomo.

gami che vanno a vantaggio di tutta la comunità. Lo scorso novembre, su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature, è stato pubblicato un lavoro realizzato dal CNR STIIMA in collaborazione con il nostro team e l’Università degli studi di Bari. “Grazie all’unione delle nostre diverse competenze abbiamo sviluppato il primo algoritmo di foto-identificazione automatica di questa specie” Rosalia Maglietta

Fino a quel momento la foto-ID veniva realizzata manualmente o con programmi che ti permettevano di analizzare una foto per volta. 26

L’articolo in questione ha avuto un grande impatto sulla comunità scientifica e ha fatto il giro del mondo, portandoci a quello che è accaduto nel corso di questo mese. Dal 6 al 9 marzo è venuta a trovarci la


JDC NEWS

dott.ssa Karin Hartman , ricercatrice olandese e fondatrice di Nova Atlantis, che da 20 anni si occupa dello studio dei Grampi sulle isole Azzorre. I Grampi, che nel mediterraneo sono una specie estremamente rara e poco conosciuta, nelle acque circostanti le isole Azzorre costituiscono una popolazione di oltre 12oo individui.

La Hartman, negli anni ha studiato il comportamento, l’organizzazione sociale, i metodi per la determinazione del sesso e dell’età di questi animali, iniziando a dedicarsi all’identificazione dei diversi individui. Purtroppo e per fortuna, l’elevato numero di avvistamenti e di individui, hanno reso possibile la raccolta di un ingente quantità di dati fotografici, impossibili da elaborare

manualmente. Ed ecco perché la Hartman è venuta a conoscerci. Mentre lei imparava e comprendeva il funzionamento del nostro algoritmo, noi capivamo come risalire all’età di ciascun individuo, al suo sesso e alla struttura sociale del gruppo. Informazioni che ci permettono di rivoluzionare la nostra ricerca e comprendere meglio questi animali affascinanti. L’obiettivo d’ora in poi sarà quello di omologare i sistemi di raccolta dati in modo tale da poter confrontare le informazioni e capire le analogie e differenze tra i grampi del mediterraneo e quelli dell’atlantico.

Avere una coscienza maggiore della specie per poterla proteggere e conservare nella maniera più corretta. Francesca Santacesaria

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La posta dei lettori

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Ai lettori di Ketos Magazine, agli appassionati di mare e natura come me, voglio raccontare l' esperienza di tirocinio vissuta insieme allo staff della "Jonian Dolphin Conservation" ed in compagnia dei Cetacei. Sono studente di scienze naturali presso l' Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e, ho trascorso circa un mese ad imparare le tecniche di avvistamento, ad osservare e classificare il comportamento di questi animali nel loro habitat naturale. Nelle 20 uscite effettuate a bordo dei catamarani da ricerca "Taras" ed

Stenella presentavano la pinna dorsale afflosciata, segno che la loro età non superava i tre giorni di vita. Ho imparato anche a distinguere i maschi dalle femmine, nei periodi di accoppiamento, osservando le femmine segnalare l' estro con una elegante colorazione rosa del ventre. Molto costruttivo ed interessante è stato comprendere le tecniche di fotoidentificazione tramite cui è possibile riconoscere e dare un nome al singolo individuo. Grazie alle conoscenze apprese in questo periodo e alla mie precedenti co-

"Extraordinaria", vi è stata una percentuale di avvistamento pari al 95 % (19 avvistamenti su 20). Le specie che ho potuto osservare sono 3: la stenella striata; il Tursiope ed infine, lo straordinario avvistamento di 7 Capodogli, i più grandi predatori al mondo, fra cui un cucciolo accompagnato dalla madre. L' avvistamento più frequente è stato quello di Stenella, che mi ha dato la

noscenze, è stato facile capire il ruolo fondamentale che questi animali, cosi intelligenti ed empatici, hanno non solo a livello locale ma planetario. Tramite la loro attività biologica superficiale, "concimano" le microalghe che, sono alla base della catena trofica e, essendo organismi vegetali, sono in grado di sottrarre anidride carbonica dall' atmosfera. In un certo senso, sal-

possibilità di studiare il comportamento classificandolo in 4 grandi categorie: traveling, socializing, resting e feeding. E’ stato un onore poter essere testimone di come questi animali utilizzino l' habitat del Golfo di Taranto non solo per nutrirsi ma anche per riprodursi e crescere la prole: alcuni piccoli di

vaguardare questi animali e il loro ambiente significa anche aiutare la lotta al surriscaldamento globale. In conclusione una esperienza che consiglio a tutti, con la speranza anche di poter un giorno trasformare la mia passione nel mio lavoro.

Andrea Grieco


SPAZIO APERTO

FOTO RACCONTACI Immergersi nella natura. Esplorare, con rispetto, per comprendere. Osservare il mondo con occhio più attento. Entrare a stretto contatto con i delfini, animali simbolo per eccellenza di libertà. Questo è quello che i nostri lettori-voi– avete vissuto a bordo dei nostri catamarani e che ci avete raccontato con queste foto. Per partecipare inviate le vostro foto all’indirizzo mail: lia@joniandolphin.it

Ph: Andrea Grieco

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1 Marianna Licciardello

2e3 Nicla Marzano

4e5 Andrea Grieco

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