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Gabiano e dintorni

Pensando globalmente Agire localmente

& In Copertina

Le risaie al tramonto viste dalle colline Profeta Mansur Dal Monferrato al Caucaso

Easy rafting sul Po Un altro punto di vista

Ciechi... per 40 minuti Un’esperienza per le scuole medie

Turismo in Monferrato Ma mi faccia il piacere...

Territorio e zanzare Nuova estate vecchi problemi

Ristorante provato Boccadoro di Ponzano (AL)

Giugno 2011


Easy rafting sul Po

Dal Castello di Verrua fino a Coniolo attraverso la garzaia dove nidificano in riva al fiume migliaia di uccelli padroni assoluti di un ambiente incontaminato, del tutto unico, all’interno del parco del Po alessandrino.

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Lo confesso, non avevo mai fatto una discesa lungo un corso d’acqua su un gommone e, devo dire che è stata una esperienza straordinaria. Quando senti rafting ti viene in mente l’adrenalina che ti fa drizzare i capelli in testa, o situazioni da paura con rapide che ti portano via a grande velocità sobbalzando nel canotto come se fossi a cavallo di un toro infuriato. Niente di tutto ciò. La discesa dalla Piagera di Gabiano in zona Tram sino a Coniolo è stata del tutto tranquilla, appena qualche saltino nel passaggio sulle “randere”. In otto seduti sul bordo del gommone siamo stati accompagnati nel percorso dal grande fiume, spesso spinti dalle nostre braccia che pagaiavano per avanzare nell’acqua quando era quasi ferma o, peggio, quando il vento contrario ostacolava la discesa. Gli americani lo chiamano rafting, perché il gommone lo chiamano raft, che altro non è se non una versione avanzata dei nostri tradizionali canotti resi inaffondabili ed auto svuotanti, grossi abbastanza da portare dalle 4 alle otto persone. Il raft ed il rafting sono una delle tante invenzioni d’oltreoceano fatta per coloro che vanno sempre a caccia di imprese estreme come scendere per rapide inaccessibili con rocce affioranti e grandi salti d’acqua. Per fortuna il Po non è il Colorado, noi preferiamo l’emozione che ci offre il paesaggio spettacolare della natura invece della sua sfida illudendosi così di dominarla. Per questo i promotori lo hanno chiamato rafting facile (easy rafting) o morbido (soft rafting) cioè alla portata di tutti, bambini compresi. Oltre alla pace tipica che infonde il tranquillo scorrere delle acque si può scoprire un universo nuovo che si può vedere solo quando si cambiano i punti di vista (esercizio assai poco diffuso). Pochi oggi hanno provato l’esperienza di guardare le colline ed i ponti da “sotto” scendendo in mezzo al fiume. Si vedranno le, purtroppo numerose, frane che inesorabilmente mordono la collina strappandogli grandi lembi di terra coperta di alberi, o massi di tufo rotolati nel fiume. Tutto ciò accade anche un po’ per colpa dell’uomo che con interventi poco oculati negli anni 60

e 70 hanno cosparso le sponde vercellesi di prismate di cemento alterando il profilo dell’alveo e costringendo le acque di piena a erodere l’altra sponda, quella della collina. Forse qualcuno credeva che le colline fossero fatte di solido granito che non poteva esser scalfito dalla furia dell’acqua. Ma negli oltre 20 chilometri di percorso che durano oltre un paio d’ore si possono vedere anche tante bellezze, in qualche caso vere e proprie chicche come il campanile di una chiesa (Cantavenna) che spunta dalle cime degli alberi o l’ex convento immerso nel verde proprio sul fronte di una collina che sembra l’enorme prua di una nave coperta di vegetazione. Persino il tufo delle colline messe a nudo dalle frane descrive diverse sfumature di colore a secondo del materiale che nei secoli si è stratificato, quasi volesse raccontarci la sua storia millenaria. Non hai ancora finito di guardare un particolare che vorresti vedere meglio, vorresti capire, che il raft sta già andando oltre e quella specie di film che ti scorre davanti agli occhi adesso ti propone un’altra storia. Le colonie di numerosi Cormorani che si agitano lassù sopra le colline e sopra gli alberi. Le loro grida si sentono da lontano, sui rami spogli si possono vedere gli intrecci che costituisco i loro nidi realizzati da becchi esperti. Non hai ancora finito di guardare la scena che dal fiume, forse spaventate da quell’aggeggio colore arancio che scorre silenzioso, partono in volo alcune anatre. E poi distese di pietre portate dalla corrente che si alternano a fitte boscaglie che non avrebbero nulla da invidiare, d’estate, alle più famose foreste tropicali. Chissà che meraviglia dev’essere con la neve d’inverno e d’autunno e già pensi di ripetere l’esperienze in altre stagioni e intanto laggiù qualche pesce salta fuori dall’acqua con il tipico tonfo quando vi ricade dentro. Fuori, sulle sponde, con un po’ di attenzione e di fortuna, ti può capitare di vedere tante varietà di uccelli: aironi, garzette, fischioni, marzaiole, corrieri, sterne, martin pescatori. Raramente capita, girandosi attorno a 360 gradi, di non vedere tracce della

presenza umana: niente costruzioni, niente viste di pali per cavi elettrici, niente antenne per telefonini, niente rottami di qualche impianto... niente rumori di origine umana, solo il fluire delle acque, il canto degli uccelli e lo stormir di fronde agitate dal vento. Questo può accadere per lunghe tratte di questa discesa sul Po. Una vista unica per la sua bellezza in tutti i suoi 652 km di lunghezza da pian del Re alla foce. Ma se qualcuno proprio non può fare a meno della “civiltà”, se la vista di qualcosa di umano vi dà sicurezza, se la presenza della natura incontaminata, padrona, dominatrice vi dà una certa sensazione di piccolezza, di solitudine quasi di ansia, non spaventatevi, di lì a poco, passando all’altezza di Trino potrete vedere uno dei simboli della potenza umana: una centrale nucleare. E’ proprio lì davanti a voi come una mastodontica scultura silenziosa, vi scorre davanti agli occhi a un tiro di schioppo così vicina come forse non ne avete mai viste. Più grande del Sancarlone, più sola di una cattedrale in un deserto, più ambigua del dubbio, con un suo indefinito fascino legato alle passioni, alle paure, alle suggestioni che da sempre suscita e che, stranamente, sembra convivere con lo splendore che la circonda. Chissà se saranno quelle come lei ad incarnare la tecnologia del futuro dando grandi quantità di energia con limitato effetto serra o saranno invece le più grandi disgrazie per l’umanità? A guardarla bene non sembrerebbe tanto pericolosa, forse solo perché la vecchia “baldracca” ormai è in pensione e la tengono sotto controllo in una specie di libertà vigilata. Ma, comunque la si pensi, anche lei costituisce uno spettacolo unico. Ancora pochi chilometri di fiume e arrivate in quel di Coniolo, la “gita” è finita. Dirigiamo il canotto sulle rive sabbiose e gli esperti “capitani” della Rafting Adventure di Villeneuve (AO) che ci hanno guidato sin qui ci aiutano a scendere a terra. Un pulmino ci riporta alle nostre auto parcheggiate al Tram da dove siamo partiti. Bellissimo!, ci torneremo… (per prenotarsi: 347 0193792)

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Mansur Sheik Oghan Oolò alias Giovan Battista Boetti dal Monferrato al Caucaso Per approfondimenti www.gabianoedintorni.net

Caucaso, Circassia, Camino, Ossezia, Abkhazia, Mingrelia, Piazzano, Daghestan, Nagorno-Karabak, Monferrato, Georgia, Persia, Siria, Armenia: qualcuno dei nostri lettori si chiederà: ma che c’entra Piazzano col Nagorno-Karabak, o Camino e il Monferrato con l’Ossezia o la Georgia?

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Che c’entrano tutte le “grane” che i Russi devono affrontare con i ribelli Ceceni con il Monferrato? C’entrano, c’entrano, e chi si è letto la storia di Giovanni Battista Boetti da Piazzano, sa perché. Per tutti gli altri lo racconteremo ora su queste pagine, e visto che la vicenda è anche avvincente lo faremo in due puntate, la prossima sarà sul mese di luglio, non perdetevela quindi. Piazzano è una frazioncina, una manciata di tipiche case Monferrine posate sul crinale di una delle infinite colline della nostra terra in un Comune che si chiama Camino. Se andate in una di queste case ci trovate attaccata ad uno dei muri maestri sul cortile interno una lapide con scritto: - In questa casa nacque il 2 giugno 1743 Giovanni Battista Boetti che sotto il nome di profeta Mansur Sheik Oghan Oolò alla testa di ottantamila uomini conquistò l’Armenia la Georgia il Kurdistan e la Circassia e vi regnò sei anni qual sovrano assoluto Morì a Solovetsk nel 1798 - (vedi immagine nella pagina successiva). Hai detto niente!. E se da noi, Giuan, come probabilmente lo avranno chiamato in dialetto, è per lo più sconosciuto, in altre parti del mondo è venerato come un eroe, ma che dico eroe, di più: un Profeta. Basta pensare che ancora oggi da quelle

Giovan Battista Boetti

parti, e per causa sua, da allora non hanno mai veramente smesso di combattersi e spesso capita ancora oggi che qualcuno ci lasci le penne. Potrà sembrare incredibile ma Boetti da Piazzano ha lasciato una grande eredità culturale a intere popolazioni del Caucaso, tanto che quando l’impero sovietico crollò, nella capitale della Cecenia, lo staterello che come un riccio da anni si ribella al pachiderma Russo, ha dedicato allo sceicco Monferrino niente popodimenochè la piazza nel centro della capitale cecena Grozny, che i Soviet avevano dedicato a… Lenin. Merita quindi leggerne la storia. Ecco cosa scrivono di lui sul sito Islamshia. Il padre di Boetti era il notaio Spirito Bartolomeo. La madre Margherita Montalto, morì al suo quindicesimo parto per i maltrattamenti del marito che non tardò a risposarsi. Il giovane Giovanni Battista aveva appena sette anni quando il padre lo mise in un convitto a Casale dove rimase, tranne brevi parentesi, fino ai diciotto anni. La mancanza della madre unita al rigido carattere paterno posero presto il Boetti in conflitto con la famiglia. Iniziò gli studi di Medicina a Torino ma prima di completarli nel 1762, fuggì dalla casa paterna. Si diresse a Milano, dove si arruolò nell’esercito Asburgico. Poco dopo, congedatosi, si diresse a Praga, a Ratisbona e poi a Strasburgo e dopo molte peripezie tornò in Italia. I rapporti con la famiglia rimasero tesi, le liti frequenti lo allontanarono nuovamente dalla casa paterna, si stabilì quindi a Roma. In questo periodo prese corpo il suo desiderio di visitare l’oriente, un progetto per l’epoca non facile. Decise pertanto di dirigersi a Venezia, luogo d‘elezione per i contatti col vicino oriente. Nel tragitto sostò al santuario di Loreto, qui avvertì


quella che lui intese come “la chiamata divina”, un ordine di ritirarsi dal mondo. Entrò pertanto nell’ordine domenicano e per cinque anni si dedicò agli studi di teologia. Forse per dare sfogo alla sua incontenibile irrequietezza i superiori dell’ ordine lo destinarono alla attività missionaria, non immaginandosi cosa ne sarebbe scaturito. Nel 1769 fu inviato alla sede di Mossul. Durante il viaggio fu derubato dai marinai, giunto ad Aleppo sedusse una nobildonna cattolica e rischiò l’impalamento per una falsa accusa di blasfemia, riuscì comunque ad imparare l’arabo e il greco prima di giungere a Mossul alla fine del 1770. Qui i suoi rapporti con i confratelli furono subito tempestosi, trovò invece protezione presso il pascià del luogo che lo aveva scelto come proprio medico. Questa protezione non lo salvò dalla responsabilità per la morte di un turco affidato alle sue cure, fu condannato a cinquanta colpi di bastone sulla pianta dei piedi ed esiliato. Trovò rifugio ad Amadiyah nel Kurdistan, presso un nobile nestoriano. Da qui sollecitò a lungo un intervento del governo centrale turco, che infine lo riammise a Mossul. Il nuovo soggiorno nella città del Tigri fu turbato dai continui contrasti con i confratelli, che presentarono contro di lui alle autorità religiose accuse di condotta immorale e di irregolarità nella conduzione della missione. Nuovamente esiliato da Mossul, fu costretto a rientrare in Italia per giustificarsi. Giunto in Italia gli venne imposto di ritornare al suo convento ferrarese. La richiesta di essere ascoltato dalle gerarchie del suo ordine fu rifiutata. Il rigido atteggiamento dei superiori e la prospettiva di rientrare in convento piacquero così poco al Boetti che decise di riprendere senza alcuna autorizzazione la via dell’ Oriente. Era la rottura con Roma. Le conseguenze del suo gesto le avvertì in seguito: dovunque andasse ormai era preceduto dalle lettere della congregazione che mettevano in guardia i cattolici nei suoi confronti, definendolo un apostata. Boetti confidava nelle sue risorse e non si impensierì più di tanto. Ad Urfa, mettendo a frutto le nozioni apprese negli studi a Torino, entrò al servizio del pascià lo-

cale in qualità di medico. Seppe assicurarsi la fiducia del potente personaggio, divenendone anche segretario e tesoriere. Non aveva rinunciato alla predicazione, ottenne anzi dal pascià l’autorità amministrativa sulle chiese cristiane e il controllo effettivo di esse. Probabilmente le autorità turche si affidarono a lui per porre termine agli interminabili contrasti tra i cristiani. Mentre i cattolici gli manifestarono una iniziale ostilità, i cristiani giacobiti lo elessero loro vescovo. Sembra comunque che il Boetti ebbe successo nel suo proposito di conciliare le varie confessioni cristiane. Ma questa singolare posizione politica e religiosa non durò a lungo: le autorità di Istanbul deposero il pascià di Urfa ed anche Boetti dovette abbandonare la città. Ebbe la possibilità comunque di rifugiarsi nella capitale ottomana, qui ottenne la protezione del console francese, del vescovo latino e degli stessi domenicani. Rimase a Istanbul due anni, in questo periodo apprese il turco e il persiano e riuscì a mettere insieme una piccola fortuna con i suoi guadagni di medico e parte con i ricchi doni di una importante dama della corte del Sultano. Riprese il cammino e visitò la Georgia, la Persia e la Siria. Qui fu sorpreso, travestito da armeno, mentre copiava in un taccuino il piano delle fortificazioni di Damasco. Accusato di spiare per conto dei russi, fu arrestato e ricondotto a Istanbul. Ritornò in seguito libero corrompendo i giudici e pagando una sostanziosa cauzione. Come spiegare questo suo comportamento ? Tracciare disegni di fortificazioni può servire a scrivere un libro o ad un fine prettamente militare. Boetti agiva segretamente per conto di qualcuno? Nessuno potrà sciogliere questi dubbi. Segnato da quest’ultima esperienza decise di ritornare in Italia dove avrebbe voluto diventare prete secolare. Soggiornò cinque mesi a Napoli presso amici, per raggiungere poi Vienna. Qui ricevette una lettera di perdono dal superiore generale del suo ordine, che gli imponeva di ritornare in convento. Era il 1782 e Giovan Battista stavolta obbedì. Venne accolto nel convento di Trino Vercellese, poco lontano da casa sua, dove restò per più di un

anno, comportandosi da frate modello. Nonostante la sua buona condotta non arrivò alcun segno di riabilitazione da Roma. Come spiegarsi questa freddezza nei suoi confronti ? Boetti aveva un carattere difficile, assai vivace, e la gelosia nei suoi confronti fu notevole. D’altronde l’irregolarità della sua esperienza non era stata senza conseguenze sulla sua ortodossia. Sebbene nella propria cella fosse un asceta devotissimo, la sua predicazione spesso oltrepassava i limiti della convenzionale eloquenza religiosa. La vastità e l’originalità delle sue esperienze influenzavano la sua oratoria. Accusato di predicazione eretica (sapebat heresim) dal superiore del convento, reagì deponendo la tonaca per ritornare avventuriero. A questo punto è necessario fare una breve digressione. Non deve stupire o trarre in inganno la facilità con la quale il Boetti si spostava e compiva viaggi per l’epoca non comuni. La Chiesa Cattolica aveva investito ingenti risorse nell’apostolato, soprattutto dopo la Controrif o r m a , fav o r e n d o i v i a g g i “privilegiati” motivati dalla necessità della predicazione. Lo status di missionario consentiva incontri con i potenti del tempo ed era riservato a giovani intelligenti, di buona famiglia, sottoposti ad uno studio preliminare intensissimo. Chi era inviato a rappresentare la Chiesa

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Cattolica nel mondo, doveva avere profonda conoscenza teologica ed una cultura superiore alla media. Coloro che erano destinati alle missioni studiavano nei collegi aritmetica, calligrafia, geografia, architettura, disegno (conoscenze che Boetti utilizzò per copiare la pianta delle fortificazioni di Damasco. Nel caso specifico Boetti possedeva anche rudimenti di medicina appresi all’università di Torino e approfonditi successivamente). Intorno alla figura del missionario si creava perciò una profonda suggestione spirituale. Dalle relazioni di religiosi impegnati tra popoli lontani, i cattolici traevano un contributo edificante ed una volontà di affrontare pericoli nel nome della fede. Nelle chiese gli affreschi mostravano storie di martirio, persecuzione e morte vittoriosa per chi si arrischiava nei paesi “degli infedeli”. Questa influenza però non ebbe effetto su Boetti, egli era spinto da un profondo desiderio di conoscere altri popoli e culture e si avvicinava ad essi per farsi meglio accettare. Le gerarchie ecclesiastiche raccomandavano al Boetti e agli altri domenicani di annotare ogni vicenda per restituire ai vertici esaurienti relazioni sull’opera svolta. Era una consuetudine di rapporto tra periferia e centro ormai consolidata in ambito missionario. Ma Boetti , più che per conto di altri, scriveva per sé stesso, così come per sé stesso, viaggiava. Boetti continuò quindi le sue peregrinazioni. Secondo alcune scarne note, fu a Nizza, ad Alicante, a Cadice, poi in Inghilterra dove sostò sedici giorni, in seguito fu la volta di Amburgo e Pietroburgo, nuova capitale dell’impero degli zar. Qui si fermò quattro mesi, durante i quali scrisse ai suoi superiori a Roma per essere autorizzato a passare nel clero secolare. Non ricevette risposta e, dopo un fallito tentativo di entrare al servizio del principe Potemkin, riprese i suoi misteriosi viaggi. Decise di spostarsi a Mosca, di là attraversando il Kazan e l’Astrakan arrivò in Persia, dove costituì nuovi contatti. Dopo la Georgia e la Crimea fu la volta della Polonia. Era nuovamente ad Istanbul al principio del 1784, alla vigilia ormai della sua più clamorosa avventura.

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Fu ospitato a Scultari da un ricco negoziante persiano. Sembra si fosse assentato improvvisamente, per riapparire dopo sei mesi con un carico di armi e munizioni, che inviò a Synop attraverso il Mar Nero. Quali fossero i suoi piani non è dato sapere. Certamente le sue manovre catalizzavano la curiosità della comunità diplomatica occidentale residente nel Levante. Gli ambasciatori europei nei loro rapporti segnalavano le attività del Boetti, senza però scoprire per conto di chi agiva o spiava. Ripartì infine dalla capitale ottomana con la carovana del mercante persiano, ed arrivato in Persia, si stabilì in un piccolo villaggio vicino ad Amadiyah. Qui si chiuse in casa per il tempo di novantasei giorni, assorto secondo la leggenda, in profonde meditazioni e preghiere. Dopo questa “clausura” non parlò altro che di cielo, di culto e di abusi religiosi. Lo fece piangendo e fremendo di orrore, riuscendo a smuovere l’animo di tante di persone. Molti lo ascoltarono estasiati, fu la stessa folla a proclamarlo “profeta”. Il suo verbo era costituito da un curioso miscuglio di Cristianesimo ed Islam. Proclamava con la sua predicazione di voler ripristinare il culto di un Dio unico, da adorare “nei cuori e con i cuori“; la trinità divina, l’idea di premio o castigo eterno, il battesimo, la circoncisione e il sacerdozio sono oggetto della violenta polemica del Boetti. Cristo è un profeta, il Paradiso è assenza eterna del male, l’Inferno una “dannazione temporanea”. A questo aggiungeva alcune norme morali precise e originali: non costituiscono peccato la fornicazione, l’incesto e il suicidio in certe occasioni. Delitti gravissimi sono invece la preghiera e l’adulterio, l’omicidio e il furto, i voti religiosi. Completava questa grezza teologia un programma sociale semplice ma con caratteristiche oggi realmente “rivoluzionarie”: i codardi, i poltroni, gli avari dovevano essere privati delle ricchezze e mandati a lavorare nei campi. Il nuovo verbo trasmesso con una eloquenza immaginosa, la conoscenza delle lingue orientali e una personalità dalle mille risorse spinsero il Boetti, “profeta Mansur” co-

me lo chiamarono i fedeli, alla conquista del suo effimero impero. I primi seguaci furono reclutati ad Amadiyah, dove lo stesso Khan della città si fece propagatore del suo messaggio. La sua predicazione, e le leggende fiorite riguardo le sue presunte capacità soprannaturali, esaltavano il mito della invincibilità. Gli iniziali scontri vittoriosi con nuclei dell’esercito turco e l’insofferenza delle popolazioni verso il dominio ottomano alimentarono i ranghi del suo esercito di adepti entusiasti. Tartari, Circassi, disertori russi, ingrossavano i suoi contingenti. Boetti – Al Mansur - dava fuoco alle polveri in tutto il Caucaso, risvegliava aneliti di libertà ed entusiasmi, predicava la “gazavat”, la guerra santa in turco; in arabo “jihad”. Dopo aver assoggettato a tributo la città di Erzurum, il Boetti marciava contro la Georgia, territorio posto sotto la protezione dell’impero russo. Disponeva ormai di un contingente di circa 40.000 uomini esaltati dal nuovo credo e inquadrati con una feroce disciplina. Il condottiero Boetti usava infatti eseguire lui stesso le pene capitali che irrogava alla minima infrazione, prima delle battaglie benediceva i suoi guerrieri promettendo loro l’incolumità al fuoco nemico. Il re di Georgia, Eraclio II° , costretto a capitolare, perse fra caduti e prigionieri, più di trentamila uomini... (Continua sul prossimo numero di Gabiano e dintorni)

Gabiano e dintorni Autorizzazione n° 5304 del 3-9-99 del Tribunale di Torino Direttore Responsabile Enzo GINO Sede: Fraz. Cantavenna di Gabiano via S. Carpoforo 97 Editore: - Associazione Piemonte Futuro P. Iva 02321660066. Per informazioni e pubblicità tel. 335-7782879; fax +391782223696 www.gabianoedintorni.net e-mail: posta@gabianoedintorni.net


ciechi... per 40 minuti Di Lorenzo Ubertalli

Un’interessante esperienza per gli studenti della scuola media Opezzo di Cerrina vissuta grazie alla gita scolastica a Milano. Ce la racconta uno di loro.

Il 24 Maggio u.s. ho vissuto un' esperienza molto particolare, che ora vi racconto. Con la mia scuola siamo andati in gita a Milano e dopo aver visto il Duomo della città siamo andati a visitare il “Museo dei non vedenti”. Si trova a poca distanza dal duomo. Una volta entrati siamo stati divisi in gruppi di otto ragazzi e dopo una lunga attesa ci hanno fatto entrare in una sala senza finestre, illuminata con luci artificiali. Una guida non vedente ha spento la luce e ci ha lasciato qualche secondo nel buio più assoluto. Poi siamo passati un un'altra saletta dove una ragazza ci ha accompagnato all'inizio di un percorso ed ha consegnato a ciascuno di noi un bastone per non vedenti. Una guida ci ha accompagnato oltre una porta dove c'era buio assoluto. Muovendosi a tentoni aiutandoci un po' con le mani e un po' con il bastone abbiamo iniziato il nostro percorso con la guida che ci dava le indicazioni a voce di dove andare: avanti, a destra, a sinistra. Durante il percorso spesso ci urtavamo fra compagni o contro i muri. Abbiamo attraversato diversi ambienti: nel primo, che doveva rappresentare un ambiente naturale, abbiamo toccato e tentato di riconoscere quello che ci circondava: rocce, alberi, una mucca di plastica. Siamo entrati poi in un ambiente marino, abbiamo camminato sulla sabbia e siamo saliti su una barca. Ho sentito e toccato l'acqua con le mani e con il bastone, si

sentiva anche un po' di vento. Sempre nel buio più assoluto. Abbiamo anche riconosciuto toccandolo con le mani un granchio finto. Siamo poi entrati in un ambiente che rievocava un appartamento. Abbiamo riconosciuto toccandoli con le mani, dato che non si vedeva nulla, dei libri scritti in linguaggio Brail, il linguaggio dei cechi in cui le lettre dell’alfabeto sono fatte con punti in rilievo che consentono di leggere con il tocco delle mani, ed un computer su un tavolo. Sul muro era riportata in rilievo una scritta che avremmo dovuto leggere con le mani, ma nessuno ci è riuscito, abbiamo riconosciuto solo la lettera E. Poi siamo passati in un ambiente che riproduceva una strada. Abbiamo riconosciuto una moto e toccando il marchio sul serbatoio abbiamo riconosciuto che era una Suzuki. C'erano anche una automobile Panda ed un furgoncino Fiorino che però non abbiamo riconosciuto; che cosa erano ce lo ha detto la guida. Siamo entrati poi in un mercato ed abbiamo riconosciuto diversi tipi di verdura, dei chicchi di caffè, dei fagioli e dei ceci oltre che del caffè macinato, zucchero e pop-corn. La guida non ci lasciava assaggiare né annusare per cui abbiamo riconosciuto tutto solo toccando. Nel bar sempre al buio abbiamo acquistato bevande e cose da mangiare, io ho comprato delle patatine, abbiamo anche pagato

alla cassa. Non è stato facile riconoscere al buio il valore delle monete. Ci siamo seduti ad un tavolino dove abbiamo consumato le cose acquistate, sempre al buio. E’ solo grazie alla guida che ci ha aiutato che siamo riusciti a fare il percorso altrimenti sarebbe stato quasi impossibile. A questo punto il percorso è finito e siamo tornati alla luce. Mi sono accorto di quanto sia bella e importante la vista e la luce. Abbiamo firmato l'album delle presenze. Il percorso è durato una quarantina di minuti. Ci eravamo fatti l'idea che la guida, che non avevamo visto prima di iniziare il percorso, fosse un signore alto e giovane invece quando l’abbiamo visto abbiamo scoperto che era basso e non tanto giovane. Penso che senza la vista si deve imparare a vivere in un mondo completamente diverso da come vivono le persone che vedono, molto più difficile. Museo Luis Braille Milano

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Turismo in Monferrato? ma mi faccia il piacere… Di Gilberto Borzini (*)

Avendo letto nei numeri scorsi alcuni articoli su G&d, un amico che da anni opera nel settore del turismo, da noi sollecitato, ci ha scritto per dirci, con tono pratico e disincantato, il suo parere sul turismo in Monferrato. Se fra i nostri lettori c’è qualcuno interessato possiamo incontrarci per ulteriori approfondimenti.

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Ogni tanto si sente qualche anima bella parlare di turismo nel Monferrato casalese. Pazzesco. E c’è pure qualcuno che convoca riunioni, cercando di squattrinare i già squattrinati conduttori di agriturismo che hanno il solo torto di aver convertito una cascina, potenzialmente redditizia, in un Bed & breakfast in perdita. Sì, va bene, c’erano i contributi e l’occasione sembrava ghiotta, ma poi? Chi crede prega, ma i clienti stentano comunque ad arrivare. Poi ci sono quelli che “invitano i tour operator”, facendo finta di ignorare che i tour operator sono industrie che costruiscono “pacchetti” e li vendono attraverso reti di agenzie di viaggio. Per fare “pacchetti” ci vogliono strutture capienti, un “sistema” di accoglienza e di animazione, svariate attrazioni organizzate, culturali o paesaggistiche. Mangiare, anche bene, non è sufficiente per organizzare pacchetti, al massimo si possono fare delle gite, e le gite le organizzano i busoperator, i circoli aziendali, le singole agenzie di viaggio. Ma entriamo nel merito. Per fare turismo ci vuole un’organizzazione pubblica che faccia “promozione” del territorio: è a quella organizzazione che normalmente si demanda la promozione, che costa paccate di

soldi, nelle fiere turistiche (in Italia la BIT di Milano e TTG Incontri a Rimini, la ITB di Berlino eccetera). Alle viste non c’è questa organizzazione, o meglio ci sarebbe Mondo, ma è un consorzio di Comuni e per di più non naviga nell’oro. La filiera tradizionale è fatta da: territoriopromozione pubblica-fiere-tour operator-agenzie di viaggio – cliente finale. E’ una filiera di tipo industriale che vive sui grossi volumi, sulla con-

La linea retta è solo un riferimento per ind


centrazione territoriale e sulla standardizzazione dell’offerta alberghiera. Quindi il Monferrato casalese si auto esclude disponendo di poche strutture capaci di ospitare almeno una “pullmanata” di turisti e mancando di un’organizzazione sistemica, di derivazione industriale, del turismo. Dice il saggio “non metterti in cammino se non sai dove sei diretto”. Tradotto: non stampare diecimila depliant se non sai a chi darli. E se proprio li vuoi stampare scrivi qualcosa di interessante per chi lo leggerà, il che vuol dire “esprimi un Vantaggio competitivo” che i concorrenti non possono esprimere. Ma esistono altre possibilità. Fermo restando che l’80% del turismo in Monferrato è dato da soggiorni del fine settimana, prendete un compasso e disegnate un cerchio di 150 km attorno al Monferrato. Quello è il bacino naturale di utenza in cui trovate Milano (il milanese esce nei fine settimana e spende),

dicare un raggio di circa 150 km da Cerrina

Torino (il torinese esce nei fine settimana ma torna a casa a dormire), Genova (i genovesi che si muovono verso la campagna sono pochi, ma quei pochi spendono bene), un po’ di Svizzera (molto esigenti ma spendono tanto) e un angolo di Francia. Nota bene: in Svizzera e in Francia le vacanze di Pentecoste sono lunghe, quindi quei mercati sono ideali per soggiorni anche prolungati (3-4 notti) in maggio e giugno, una manna per chi fa ospitalità. Altra cosina importante: il turismo del fine settimana non passa per le agenzie di viaggio ma usa Internet, prenota on line, paga con carta di credito. Mettere in rete un gruppo di Bed & Breakfast è talmente facile da risultare elementare. Inoltre un webmanager, un’agenzia di viaggi online, non vi chiede migliaia di euro ma può “accontentarsi” di una percentuale sulle vendite, che può variare tra il 5 e il 15% sul venduto. Chi chiede di più è un rapinatore. Questo per dire che si può tranquillamente provare a “vendere” il Monferrato casalese, se pur tra mille problemi (viabilità complessa, segnaletica incomprensibile, musei-chiese-castelli chiusi, deficit di accoglienza e apertura all’ospite, non conoscenza di lingue straniere, assenza di animazione territoriale soprattutto serale, zanzare) ma che per farlo ci vuole anche molta buona volontà e apertura sia verso il “forestiero” sia verso le nuove tecnologie. Volendo si può fare.

(*) Fondatore di Airhitch (prima organizzazione specializzata in voli lowcost e last minute sul nord atlantico), di Freenet Network (rete agenziale con oltre 300 affiliati), docente di marketing del turismo, e membro della consulta nazionale del turismo.

La Cassa di Risparmio di Alessandria, succursale di Gabiano in via Vittorio Veneto, ha attivato lo sportello Bancomat per effettuare operazioni di prelievo contante ed altri servizi bancari. G&d è un mensile che si interessa del territorio, della sua storia e delle sue tradizioni può essere reperito presso : tabaccheria-giornalaio Zanotto in località Piagera di Gabiano; Parco Storico del Basso Monferrato a Gabiano; Salumeria Colombano in piazza Libertà a Cantavenna; giornalaio Bonello in Via nazionale 66 a Cerrina; Il Mondo della Spezie - via F.lli Bandiera 45 a Coniolo; Giornalaio corso Italia 2 a Pontestura; La Butega alimentari/ giornali - Via Roma 1 a Camino; Moretti & Orio alimentari/giornali p.zza Dante 3 a Solonghello; Tabaccheria/giornali via Umberto I a Murisengo; Minimarket Broggi via Casale 1 a Cereseto e presso gli uffici di alcuni dei comuni sotto riportati. Ambito territoriale di interesse di G&d Comunità Collinare Colli e Castelli 1- ALFIANO NATTA 2- CAMINO 3- CERESETO 4- MOMBELLO M. 5- MURISENGO 6 – SOLONGHELLO 7- VILLADEATI Comunità Collinare Valle Cerrina 1- CASTELLETTO MERLI 2- CERRINA 3- GABIANO 4- MONCESTINO 5- ODALENGO GRANDE 6- ODALENGO PICCOLO 7- PONZANO 8- SERRALUNGA DI CREA 9- VILLAMIROGLIO Altri Comuni 1 – CONIOLO 2 - VERRUA SAVOIA 3 - PONTESTURA

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Territorio e… zanzare di Enzo Gino Bollettino zanzare mese di Giugno 2011 Fonte: Vape foundation

Anche quest’anno, puntualmente come da tempi immemorabili con l’arrivo dei primi caldi arrivano ospiti indesiderati da tutti: le zanzare.

Se fra le 7 bibliche calamità naturali vengono citate le cavallette, qui nel nostro bel Monferrato abbiamo ben altro, e se al Faraone bastò lasciar partire Mosè per la terra promessa per liberarsi delle 7 piaghe d’Egitto, noi non abbiamo nemmeno quella possibilità. Infatti è ormai assodato che la “terra promessa” delle zanzare sono le risaie, non tanto quanto cereale in sé che tutti amiamo ed apprezziamo, ma per l’acqua con cui periodicamente viene sommersa la pianura vercellese novarese e pavesina in totale attorno ai 200.000 ettari, per produrlo. Che le risaie siano la principale fonte di generazione delle zanzare è un fatto ormai consolidato tanto che la Regione Piemonte da anni spende decine di milioni di euro per effettuare trattamenti prevalentemente proprio nelle risaie. Altrettanto vero è che il problema non

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ci pare sia stato risolto. Quindi ? rinunciamo ? siamo condannati a convivere con le zanzare ? Probabilmente se fosse solo per “noi” monferrini abituati ormai da generazioni alle sere d’estate infestate da questi insetti più di tanto non ci lamenteremmo. Ma per chi non è abituato il problema non è così semplice. Basta pensare a tanti turisti che certamente potendo scegliere dove trascorrere qualche giorno o settimana di vacanza sceglieranno colline meno “pungenti” delle nostre, basta fare qualche centinaio di chilometri a sud nella Toscana o in Umbria ed il problema non c’è più. Un danno quindi per il nostro territorio e la sua economia, tanto che molti ritengono che se il Monferrato non è noto e frequentato anche a livello internazionale come lo sono le colline Toscane (il Chiantishire come dicono gli inglesi) è proprio per questo impatto ambientale negativo. Va da sè che decine d’anni di handicap per il territorio hanno finito incidere sul suo sviluppo per cui, una casa media con un po’ di giardino sulle colline toscane, umbre o romagnole vale assai di più che da noi. Eppure una soluzione ci sarebbe: coltivare il riso in asciutta. Forse non sono molti a sapere che il riso può essere tranquillamente coltivato come si fa con ogni altra coltivazione agricola: mais o pomodori ecc. mediante semplici irrigazioni. Certe varietà di riso danno rese minori di altre comunque un po’ più basse (70-80%) ma se si tiene conto che nelle nostre pianure le rese sono le più alte del mondo la proposta ha tutte le sue convenienze. Da anni diversi risicoltori praticano


questo tipo di coltivazione e lo stesso Istituto sperimentale di cerealicoltura della regione Piemonte con sede a Vercelli da anni ha sperimentato con successo queste pratiche agricole. Coltivando “in asciutta” come si dice in gergo, si spreca meno acqua: preziosa acqua, e chissà che il Po che lambisce le nostre colline non torni ad essere un fiume, anziché un torrente, senza i prelievi dei vari canali per usi agricoli. Si costruirebbero meno dighe in montagna, ma soprattutto un’ampia fascia di territorio non solo Monferrino, si pensi alle zone dei laghi, tornerebbe ad esser più vivibile e sotto il profilo economico più sviluppato. Che dire poi della minore diffusione nelle falde di fertilizzanti e diserbanti, e secondo alcuni ci sarebbero state anche meno dispersioni radioattive del deposito di scorie nucleari di Saluggia. Certo i Consorzi irrigui della pianura perderebbero un po’ dei loro utili, e forse anche i risicoltori, anche loro però potrebbero beneficiare del maggiore turismo nelle loro cascine, ma ne beneficerebbero soprattutto ampie aree tutte intorno alle risaie. Siamo convinti che nel complesso quindi ci guadagnerebbero tutti, compresa anche la salute. E’ noto infatti che le zanzare sono fra i principali vettori di malattie sia per le persone che per gli animali come recentemente è già capitato in alcune aree italiane in cui si sono diffuse epidemie di malattie che fino a ieri si credevano tipiche solo per l’Africa o l’estremo oriente. Non vogliamo certo fare inutili allarmismi, ma semplicemente evidenziare che chi ama il proprio territorio e chi lo abita dovrebbe impegnarsi a sostenere iniziative anche in questo senso e chissà che tra qualche, o molti anni i nostri figlio o nipoti non possano finalmente vivere senza tutte queste zanzare. Pazienza se perderemo la vista del “mare a quadretti” chissà che dalla nostra panoramica non vedremo un grandissimo multicolore e ancor più bel patchwork: quelle coperte fatte unendo infiniti pezzi di stoffa che in pianura saranno coltivazioni diverse: boschi, mais, ortaggi e riso… naturalmente in asciutta.

Iniziative e informazioni 10-11-12 giugno alla Piagera di Gabiano Il nuovo comitato festeggiamenti “La Tabarina” organizza tre giorni di festa: Venerdi 10 : dalle ore 22: discoteca, funzionerà con bar e ristoro Sabato 11 : ore 20 cena, dalle ore 21 ballo con Luigi Gallia, alle 24 elezione di miss Tabarina Domenica 12 : dalle ore 8,30: 1° raduno auto moto, trattori e macchine agricole d’epoca - Ritrovo presso il mercato ortofrutticolo della Piagera. Fra le iniziative delle giornata: ore 13 pranzo contadino a 10 € ed alle 20 cena, alle 21,30 ballo con l’orchestra spettacolo Dina Manfred e La Band alle 24 elezione di miss Fragola.

E per chi vuole trascorrere qualche giorno a Gabiano Ostello Foresteria - La sosta - Via Roma 2 Varengo di Gabiano (AL) tel. 0161846174 - 3452327167 - 3477405508

Camere matrimoniali con bagno: 22 euro al giorno a persona. Posto letto in camera multipla con servizi in comune: 18 euro. Riduzioni per bambini: 0-3 anni 100%; 3-5 anni 50%; 511 anni 10% Nel prezzo sono compresi biancheria (lenzuola e asciugamani), l'uso della cucina (solo per la prima colazione) e delle zone comuni, la possibilità di parcheg-

giare le biciclette al coperto. Non è compresa la prima colazione che è disponibile su ordinazione al prezzo di 4 euro a persona (3 € per gruppi minimo di 7 persone). Prenotazione: Gli ospiti possono prenotare il loro soggiorno via e-mail : info@ostellolasosta.it o telefonicamente www.ostellolasosta.it

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Ristorante Boccadoro a Ponzano (AL)

Via Cavallero 16 - 0141 927112 - 339 2668242 - www.ristoranteboccadoro.com

La cena del 4 giugno l’abbiamo consumata in un delizioso ristorante nel centro urbano di Ponzano. Per arrivarci bisogna percorrere la provinciale 457 quella che da Casale porta a Moncalvo. Sulla destra prima di entrare in provincia di Asti si trova il bivio per Ponzano si sale per qualche chilometro e nei pressi della piazza del paese si svolta a sinistra a circa 300 metri troverete il locale. Al ristorante si accede attraverso un bel praticello curato, sulla destra l’ingresso ai locali ricavati dalla ristrutturazione della vecchia casa colonica. I titolari hanno anche ristrutturato quelle che probabilmente erano le stalle o il portico proprio

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mo che la insaporiva. dall’altra parte del prato ricavando Abbiamo anche assaggiato un filetin totale circa una sessantina di to di maiale al Porto e balsamico di coperti. Anche al Boccadoro la conModena servito accompagnato da duzione è famigliare: Cambiaso fagioli Cannellini. La carne ben cotMarco il padre cuoco, ed il figlio ta e ingustosita dal liquoroso vino Andrea sono i titolari. Andrea terza portoghese e dal tipico mosto cotto generazione di ristoratori risiede a della città emiliana è stata apprezSalabue poco distante da Ponzano. zata anche se nel confronto col filet Il babbo conduceva già a Moncalvo mignon quest’ultimo ha raccolto le il ristorante “da Marco” e da pochi nostre preferenze. Prima di passare mesi hanno rilevato il locale per al dolce un doveroso cenno al vino: proporre un menù particolare che a abbiamo sciacquato il palato con giudicare dalle presenze riscuote un Montepulciano del 2007 un notevole successo. (Fattoria del Cerro). E’ un vino seEccolo dunque il “particolare” menese fra i più antichi d’Italia, da nù: non si tratta dei soliti piatti 13,5°, potente, corposo, tanto da Monferrini, ma di un menù diverso sembrarci persino barricato anche che solo in qualche portata si lega se nell’etichetta non si faceva alcun alla tradizione, ma sempre impiatcenno a rapporti con le botticelle in tati con particolare estro originalità legno da 225 litri di solito impiegae curando i dettagli. te per conferire il tipico aroma. InAbbiamo aperto con una Insalata fine i dolci, vere chicche per chi li russa sbagliata, l’aggettivo non è sa apprezzare: Sprofondata di pere nostro ma da menù. Il presunto e cioccolato; Interpretazione di errore consiste nell’aggiunta di tirami su; Spuma di torrone fonqualche ingrediente che riteniamo dente caldo. La Sprofondata è coabbia certamente migliorato la trastituita dai pezzi di pera e cioccoladizionale russa. Apprezziamo anche to annegati in una soffice pasta la maionese che certamente non è simile alla “csenta” la tipica torta di quelle acquistate pronte all’uso. monferrina. La libera interpretazioIntrigante il crudo di fassone con ne del Tirami su è certamente miscaglie di parmigiano fritto: ottima gliore rispetto alla tradizione, più presentazione con il parmigiano liquido tanto da esser servito in un scaldato a scaglie con fili, ci sembicchiere con i savoiardi serviti a bra, di zafferano rosso e scagliette parte. Nulla da obiettare nemmeno di (presumiamo) sale nero. per l’ottima Spuma di torrone. Il filetto tonnato è il più simile alla Totale per 3 antipasti, un primo 3 tradizione monferrina dei tre hors d’oeuvre. Come primo abbiamo secondi 3 dolci, vino, acqua 75 €. scelto delle pappardelle agli aspaPer i nostri lettori Andrea ci spiega ragi con ragù bianco. Disponibili a che è in previsione la realizzazione menù anche agnolotti e tagliolini di di un “menù da film”. pesto di Prà. L’accoppiata asparagi Per i cinefili il Gran Brulé del film ragù è piacevole, ci aspettavamo la Il favoloso mondo di Amelie - o il presenza di panna (per via del Gazpacho (un antipasto) dal film bianco) che magari vellutava e aSoul kitchen –. Ma non finisce qui: malgamava l’insieme, ma ci pare se volete far colpo su una ragazza, sia stato preferito il la moglie, o… , al Bocformaggio con risultacadoro potete prenotato altrettanto apprezte una cenetta romantizabile. ca a due sul terrazzo. Secondi: il filet miMentre per i meno rognon in salsa di timo mantici e più pragmatilo definiremmo ottici, d’estate, in giardino, mo. Ottima la carne, potete apprezzare la tenera, tiepida; ottima classica apericena Filetto di maiale al Porto e la salsa con un intenscambiando due parole sissimo sapore di Ti- balsamico di Modena con amici.


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