Gddicembre13

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Gabiano e dintorni

G&d

Dicembre 2013

Il periodico dal Nost MunfrĂ

Una fetta di bollito (foto Enzo Gino)


La realtà della Speranza

di: Enzo Gino

Approfittiamo del Natale e del nuovo anno per condividere con i nostri lettori qualche riflessione sulla nostra storia passata presente e futura...

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Questo è un numero un po’ particolare di G&d, infatti con dicembre 2013 chiudiamo la pubblicazione del terzo anno della nuova serie, del nostro, ma sarebbe più giusto dire: vostro, cari lettori, periodico. Vostro innanzitutto perché tanti di voi hanno collaborato con scritti, suggerimenti, richieste, proposte ed anche qualche giusta critica, vostro perché abbiamo scritto di territorio, di storia, di persone e vicende che sono di noi tutti, vostro perché ci avete sostenuto, chi materialmente, chi moralmente: riconoscimenti che ci hanno stimolato ad andare avanti ed a continuare. Ma la storia di G&d, la nostra storia non è iniziata solo, si fa per dire, tre anni fa. Se guardate quel piccolo riquadro con le credenziali, presente per legge in ogni edizione pubblicata (il cosiddetto colophon), vedrete che il periodico è stato registrato nel… secolo scorso: nel 1999. Chi conosce la nostra storia sa anche che, in realtà, è iniziato ancora prima; si può infatti far risalire ad una storica iniziativa editoriale che aveva come area di riferimento nemmeno il Comune di Gabiano, ma una sua frazione: Cantavenna. Stiamo parlando di un mensile che con gli amici di allora, che ancora oggi ci fregiamo di avere, stampavamo con il ciclostile, un giornalino che portava il nome di: ‘L Curnalin, anno di prima pubblicazione... 1976: ben 37 anni fa. Fu un’esperienza che

si concluse dopo qualche anno, apparentemente sopita o addirittura, per qualcuno, sterile o inutile, ma solo apparentemente. Oggi a distanza di 37 anni possiamo dire che anche grazie all’impegno di quei giovani ragazzi (e fra essi chi oggi scrive su G&d) che allora si trovavano ogni settimana nella parrocchia di Cantavenna, anche grazie a quel ciclostile, messo a disposizione dall’On. Brusasca, quell’esperienza continua a dare i suoi frutti. Ed è giusto qui ricordare fra loro due ragazze che oggi non sono più fra noi: Mariagrazia Capra e Laura Zecca prematuramente scomparse che con tutti noi dedicarono parte del loro tempo di giovanissime a quella (come a tante altre) iniziativa e che vogliamo considerare un po’ le madrine del nostro mensile ed additare ad esempio per le giovani e i giovani di oggi. Fu una esperienza che ancora continua, evoluta con i mezzi che la tecnologia moderna fornisce ma soprattutto con la maturità degli anni trascorsi. Con le alterne discontinuità, tipiche delle iniziativa basate sul volontariato, soggette alle disponibilità economiche e di tempo delle persone di buona volontà che scelgono di collaborare, abbiamo continuato a scrivere di tutto e di più. Abbiamo fatto conoscere il nostro comune, ma soprattutto con questa nuova edizione, diffusa in cartaceo in oltre venti comuni e accessibile al mondo intero, grazie ad internet, abbiamo contribuito a far conoscere a tante persone un pezzo importante del nostro Monferrato. Crediamo anche di aver contribuito a creare una maggiore coscienza e senso di appartenenza ad una grande comunità che ha un passato, un presente e futuro co-

Suggestiva immagine del castello di Gabiano con la Luna sullo sfondo


muni. Tutto questo solo ed esclusivamente con il volontariato senza mai richiedere o ricevere un centesimo di denaro pubblico proveniente dalle tasse dei cittadini. Ogni tanto è giusto fermarsi, anche solo per un momento, per guardarsi indietro e chiedersi cosa abbiamo fatto, perché lo abbiamo fatto, se è stato giusto e se vogliamo continuare a farlo? Ci si chiede perché sottrarre tempo al divertimento, alla famiglia, al lavoro, agli affari, per dedicarlo ad una idea, ad una suggestione o ad un sogno. E’ servito a qualcosa, servirà a qualcosa? Noi crediamo di sì, non chiedeteci come e quando, non ce lo chiedemmo nemmeno 37 anni fa, ma sappiamo che servirà, perché credere in una idea, sperare in un futuro migliore, in una comunità migliore serve, anzi è necessario. Serve ed è necessario fare qualcosa, almeno ogni tanto, senza calcolare il tornaconto, serve ed è necessario apprezzare ciò che

altri fanno senza vederne necessariamente un interesse personale, se non quello di fare una sorta di cura preventiva contro l’egoismo, l’indifferenza, il cinismo, l’aridità, l’individualismo, il pessimismo. Per questo continueremo nella nostra esperienza iniziata una vita fa, finché il buon Dio ci darà la forza per farlo, nella speranza che qualcuno un giorno raccolga il testimone e continui la storia anche dopo di noi. Nell’abbagliante luce dei messaggi e delle comunicazioni generata dai potenti mass-media con sedi e interessi altrove, con finalità quasi sempre estranee ai nostri bisogni, ai nostri valori, alla nostra cultura, un lumicino di informazione locale, nostra, che parli di noi e del nostro territorio, della nostra storia, del nostro futuro della nostra vita crediamo sia impor-

tante. Ecco perché continueremo la nostra lunga avventura, semplicemente perché è giusto farlo, perché la speranza, nelle sue diverse declinazioni: quella del sogno, della suggestione, dell’illusione e, per chi crede: della fede, fanno muovere il mondo e se ci pensate bene sono l’unica... realtà. Così, forti delle nostre speranze ed esperienze, continueremo a fare ciò che abbiamo sempre fatto per la nostra terra e la nostra gente. Coglieremo tutte le occasioni e le opportunità che i tempi ci offriranno per moltiplicare l’efficacia delle nostre iniziative augurandoci che sempre più amici si uniscano a noi o ci sostengano come possono, o come vogliono liberamente fare, per condividere con noi la speranza di un futuro migliore per la nostra terra e per chi c’è o verrà dopo di noi.

Buon Natale e Buon 2014 a tutti. Gabiano e dintorni

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A proposito di rifiuti...

Sopra: Dispenser di latte, sotto di detersivi

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In questi giorni gli abitanti dei nostri paesi ricevono la sgradita sorpresa di ulteriori richieste di denaro da parte dei comuni per l’incremento della tassa di raccolta rifiuti diventata ormai insostenibile per i contribuenti. Vogliamo spendere anche noi una parola sulla vicenda partendo proprio dall’approccio legislativo che a nostro modesto parere è, quantomeno, incoerente. Ci spieghiamo meglio, ma prima vogliamo spendere una parola sulla raccolta differenziata che chi scrive ha da sempre sostenuto (le nostre iniziative in tal senso risalgono a trent’anni fa!). Come sempre accade però, quando una proposta, anche ottima, diventa oggetto di scontro ideologico, finisce irrimediabilmente per tradursi in faziosità in cui, ciascuno dei contendenti difende, a prescindere e per partito preso, la propria posizione anche se certi aspetti diventano oggettivamente e razionalmente difficili da sostenere. Se andate alla ricerca delle leggi sui rifiuti, in particolare quelli che interessano di più i cittadini, i Rifiuti Solidi Urbani, troverete un cospicuo elenco di norme che impongono la raccolta differenziata, tanti dati con le statistiche del suo andamento, e naturalmente una grande bibliografia, oltre a tante iniziative e informazioni su questo sistema di “smaltimento” “a valle” dei rifiuti. In realtà i cittadini quando comprano un bene di consumo comprano con l’oggetto anche tutto l’imballaggio, poi pagano per buttarlo nei rifiuti, dovendolo magari scomporre fra le categorie di differenziati (plastica, carta, vetro) e, successivamente terminato l’uso del bene di consumo, spesso studiato con i criteri della obsolescenza programmata, si devono disfare anche dello stesso. Così devono di nuovo dedicare altro tempo (sottraendolo ad altre incombenze siano esse divertimento, famiglia, riposo o lavoro)

a differenziare e ad andare periodicamente a portare il rifiuto ai raccoglitori più vicini a casa. La domanda che ci si pone è: non sarebbe meglio evitare o quantomeno ridurre all’origine i rifiuti? Esiste una legge che imponga ai produttori di beni di consumo di ridurre all’essenziale gli imballaggi e le parti dedicate allo scarto? Esiste una legge che favorisca la riparazione degli oggetti invece che l’usa e getta? Basterebbe tassare il produttore del bene di consumo sulla base dello scarto immediato (confezione) o della obsolescenza programmata (usa e getta) del prodotto per veder ridurre sensibilmente la quantità di rifiuti oltre che far risparmiare i consumatori. In questo contesto avrebbe ben più senso pretendere la raccolta differenziata, con relativi costi, dai cittadini. Ma non ci fermiamo qui: oggi la differenziata preveda carta e cartoni, vetro, plastica, umido o biologico, oltre agli ingombranti. Eppure esiste un prodotto praticamente universale riciclabile o biodegradabile al 100% che può sostituire, se non tutti, gran parte delle varietà di materiali: la plastica riciclabile e/o biodegradabile. Oltre alle numerose varietà di plastiche di origine minerale (petrolio) può sostituire il vetro ed anche la carta e i cartoni e spesso anche i manufatti in legno, riducendo l’impegno sia in termini monetari che di tempo da dedicare allo smaltimento


rifiuti. Perché quindi non considerare anche la riduzione e semplificazione delle varietà di tipologie di rifiuti da raccogliere?. Anche perché tenere in casa per qualche giorno, specie d’estate, rifiuti fatti da vasetti, carte e bottiglie sporche di alimenti non è il massimo dell’igiene; o vogliamo chiedere ai cittadini di farsi carico anche dell’onere di provvedere al loro lavaggio e asciugatura prima dello smaltimento? Altro aspetto che vorremmo capire: ci sono tante persone amanti dello shopping, presi dalla mania degli acquisti (che può anche diventare una vera e propria malattia al pari del gioco d’azzardo) che quotidianamente fanno spese di tutto e di più, con generazione di relativi rifiuti, ed altre persone più parsimoniose, specie nelle nostre campagne, vuoi perché hanno meno soldi da spendere, vuoi perché preferiscono risparmiarli o spenderli in altro che nei beni di consumo (o spreco) e che producono quindi molti meno rifiuti. Domanda: nessun riconoscimento a questa virtù? Perché? (ma la multa ad personam per chi sbaglia a smaltire invece si fa!). Perché si lascia incentivare a piacere alle aziende produttrici gli imballaggi (tanto li paga il consumatore), le produzioni usa e getta in cui l’uso è spesso ridotto a veramente pochi giorni se non ore, e ci si concentra sempre sul povero “pantalone” che deve pagare bollette salate oltre che intrinsecamente ingiuste? Perché non premiare aziende virtuose e cittadini virtuosi e si preferisce aumentare le

Comuni serviti dalla Cosmo (raccolta rifiuti) di Casale Monferrato tariffe giustificandole con i costi crescenti, irrimediabilmente crescenti e costantemente crescenti? Perché una lampadina che può durare numerose migliaia se non decine di migliaia di ore è progettata per “bruciarsi” dopo poco tempo creando spazzatura? Perché una stampante dopo qualche decina di ore di funzionamento è programmata con apposito microchip per non funzionare più, non si può riparare, e deve essere gettata nella spazzatura? Perché vengono messi in commercio tablet e prodotti elettronici con batterie scadenti che dopo poche decine di ore di uso cessano di funzionare e non sono sostituibili costringendo così i consumatori a riacquistare il prodotto completo ed a gettare il vecchio nella spazzatura? Perché non si favorisce l’uso dei dispenser di prodotti sfusi (detersivi, latte, acque minerali e prodotti in polvere o in grani) che possono esser anche ubicati nei negozi con conseguenti risparmi nei costi per l’assenza di imballaggi da smaltire nei rifiuti e garantendo anche un utile in più ai negozianti? Che interventi sono stati fatti da parte delle istituzione per porre un argine alla generazione indefinita di prodotti che hanno un rapporto fra utilità da una parte e costi economici diretti e sociali indiretti come il loro smaltimento, assolutamente svantaggioso? Comprendiamo il business di chi prende tasse da chi produce, da chi compra e da chi smaltisce, ma non sarebbe il caso di ripensare un po’ a questo sistema che non funzio-

na? Sono domande che non ci paiono peregrine ma che nessuno ha fatto o quanto meno non hanno ricevuto risposte. Crediamo che una delle nuove frontiere nella difesa dell’ambiente e del portafogli dei contribuenti sia proprio la riduzione nella produzione “a monte” dei rifiuti. E crediamo anche che, fra i compiti degli amministratori pubblici ad ogni livello, vi sia non solo quello di applicare più o meno supinamente le competenze che lo stato impone e che ultimamente si risolvono sempre nella solita manfrina: più tasse; ma anche e soprattutto quello di difendere le comunità locali che rappresentano evidenziando, se necessario ad alta voce, storture e disfunzioni dalle conseguenze nefaste sul territorio e sulla vita di chi lo abita. Concludiamo con l’appello di papa Francesco fatto il 4 agosto u.s. alla giornata delle gioventù contro “la vanità quotidiana, il veleno del vuoto che s'insinua nelle nostre società basate sul profitto e sull'avere che illudono i giovani con il consumismo”. Un consumismo, diciamo noi, che oltre a danneggiare le coscienze, crea montagne, spesso inutili, di rifiuti, con relativi costi di smaltimento.

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Quando i Monferrini conquistarono la Grecia

Sul finire del XII secolo Bonifacio I marchese di Monferrato fu uno degli uomini più influenti nello scacchiere europeo...

Fra le tante pagine di storia scritte dai Monferrini di cui ogni tanto riferiamo ai nostri lettori, ve ne è una particolare, la conquista di un regno nella Grecia e quella di Costantinopoli l’attuale Istanbul, la città che sorge su due continenti. Stiamo parlando del regno di Tessalonica, fu un regno breve durò infatti solo 20 anni dal 1204 al 1224 e vide come Re, Bonifacio I del Monferrato, che poco prima aveva guidato i Crociati alla conquista di Costantinopoli, all’epoca capitale Cristiana di ciò che restava dell’impero romano d’oriente. In verità fu una brutta pagina di storia, ma anche questa vicenda ci racconta di tempi in cui il Monferrato era un importante protagonista nelle vicende internazionali. Raccontiamo, con la penna del cronista più che dello storico, cosa accadde allora. Bonifacio decimo marchese del Monferrato discendente di Aleramo nacque nel 1150 e morì a soli 57 anni. Dotato di forte personalità, brillanti doti militari, cultura liberalità, buon diplomatico, godeva del favore imperiale, tutte doti che ne facevano un personaggio autorevole presso le corti Europee. Nel 1201 fu posto a capo della Quarta Crociata che vide il Monferrino fra i suoi principali promotori. Fu la più travagliata delle crociate voluta dal 176° papa, battezzato col nome di Lotario Conte di Segni, nativo di Anagni e assurto a soli 36 anni col nome di Innocenzo III, al soglio pontificio. A pochi mesi dalla sua nomina emanò una Enciclica con cui incitava i cattolici alla riconquista della Terra santa. Ai vari regnanti dell’epoca non era sembrata una grande idea: il ricordo delle sconfitte subite nella Terza crociata ad opera di Saladino, la guerra in corso fra Francia e Inghilterra, le repubbliche marinare che facevano buoni affari con il vicino oriente erano argomenti convincenti per chi non aveva voglia di spendere denaro e per-

dere uomini nell’ennesima crociata. I veneziani chiesero addirittura la dispensa a partecipare: dissero che avrebbe compromesso i rapporti proprio con quell’oriente con cui facevano ottimi affari. Ciononostante forse per paura di una scomunica papale, o per altri interessi o velleità di conquista, i sovrani Francesi con varie altre corti europee con cui erano imparentati accolsero l’invito a preparare una spedizione. Ma una serie di sfortunati eventi impedì la partenza dell’armata: morì Riccardo Cuor di Leone che aveva condotto i crociati fin sotto le mura di Gerusalemme nelle precedente invasione ed aveva ripetutamente sconfitto gli infedeli. Sarebbe stata la persona giusta al posto giusto per poter guidare la spedizione. Il francese Teobaldo di Champagne, fratello dello scomparso Re consorte di Gerusalemme, si apprestò allora a prendere il suo posto, ma anche lui, sfortunatamente mori nel 1201, prima di partire. A questo punto Bonifacio I del Monferrato prese il suo posto. Onde evitare i problemi insorti nelle precedenti spedizioni (il Barbarossa passando via terra dai Balcani, morì annegato in un guado in pochi centimetri d’acqua e perse l’esercito a causa dei continui attacchi dei Segiuchidi) il parlamentino dei Crociati decise di andare via mare. Per farlo però occorrevano navi, approvvigionamenti e tutto il necessario per affrontare il viaggio. Gli unici in grado di fornire questo “servizio” erano i veneziani. Si accordarono con loro per 85.000 Marche imperiali d’argento: una esagerazione (oggi corrisponderebbero a diverse decine di milioni di €) per trasportare 4.500 cavalieri e cavalli, 9.000 scudieri e 20.000 fanti oltre alla scorta di 50 galere. Al momento dell’imbarco Venezia era pronta... ma i Crociati no, si presentarono in molti di meno di quanto stabilito, e disponevano solo di 34.000 Marche anziché di

Incoronazione di Costantinopoli, nell’originale a colori si nota il vessillo a bande orizzontali rossa e bianca del Monferrato 6


85.000 come pattuito. I Veneziani si rifiutarono di partire così per settimane le soldataglie girovagarono nella città lagunare creando scompiglio: importunando le donne, rubacchiando, causando risse. Intanto molti crociati decisero di partire per conto proprio: insomma un caos. Alla fine Bonifacio si accordò con i Enrico Dandolo il doge Veneziano: anche i veneziani avrebbero partecipato e sarebbe venuto il Doge in persona al comando della spedizione. Nell’autunno 1202 i crociati, senza Bonifacio, partirono da Venezia ma si fermarono a Zara dove intendevano svernare. La città non era proprio contenta all’idea e non li fece entrare. I crociati la assediarono e dopo 5 giorni Zara capitolò, ne seguirono saccheggi, massacri, violenze, ecc. Quando il Papa lo venne a sapere s’arrabbiò e scomunicò la Crociata che lui stesso aveva voluto. Qualcuno gli spiegò che furono i veneziani a scatenare il saccheggio ed i papa scomunicò il Doge assolvendo gli altri. Bonifacio si adoperò per impedire la pubblicazione della Bolla papale scusandosi poi con lui evidenziando il rischio della disgregazione dell’esercito. L’impresa infatti rischiava di arenarsi: come si poteva fare una guerra santa un esercito di scomunicati? Con l’aiuto della diplomazia internazionale di Venezia che era fra le più attive e capaci dell’epoca, contattò un altro scomunicato Filippo di Svevia (figlio del Barbarossa) e d’intesa con Alessio IV, che era il figlio dell’imperatore Bizantino di Costantinopoli detronizzato dal fratello, spiegò che se la Crociata fosse proseguita avrebbero potuto conquistare Costantinopoli e riportare sul trono Alessio IV (che era anche il cognato di Filippo di Svevia). Venezia ci avrebbe guadagnato accordi commerciali favorevoli, il saldo dei debiti insoluti contratti con lei dai Crociati; la chiesa Romana avrebbe potuto riunirsi con quella Ortodossa. Inoltre una volta reinsediato, Alessio IV avrebbe provveduto alle spese di mantenimento di 500 cavalieri permanentemente

stanziati a difesa delle Terra Santa. Il papa acconsentì e tolse la scomunica alla Crociata. Così partiti per liberare il Santo sepolcro in Palestina nelle mani di Mori infedeli, i Crociati si apprestavano ora a conquistare Costantinopoli, allora città cristiana. L’idea non piacque a molti di loro che partirono per la Terra santa, ma buona parte di loro accettò l’idea grazie anche all’impegno profuso da Bonifacio per convincerli. Così nella primavera del 1203 l’armata guidata dal Marchese del Monferrato e dal Doge partì per Costantinopoli dopo una sosta a Durazzo e Corfù, il 24 giugno arrivarono nella città fondata dal primo imperatore romano cristiano da cui prende il nome. Il 17 luglio dopo un breve assedio i Crociati entrarono a Costantinopoli. Il marchese che, a quanto pare, durante la battaglia era stato a guardia del campo, il 18 accompagnò il giovane Alessio al palazzo imperiale. Dopo la solenne incoronazione di Alessio IV (1º agosto), Bonifacio a capo di una schiera di crociati lo seguì nella marcia ch'egli fece attraverso i territori dell'Impero per prenderne possesso, dandogli efficace aiuto a stroncare ogni resistenza. Al ritorno nella capitale (11 novembre), le relazioni tra gli Occidentali e i Greci di Costantinopoli s'erano assai guastate, si era infatti presentato un problema, Alessio III, l’usurpatore, era fuggito con il tesoro ed ora il neoimperatore Alessio IV non poteva far fronte agli impegni assunti con i veneziani nonostante la mediazione tentata da Bonifacio. Il neoimperatore ci provò tassando a dismisura i sudditi, requisendo l’oro e l’argento delle chiese, ma non bastava. A questo si aggiungevano le solite soldataglie che maltrattavano, violentavano e derubavano gli abitanti. Risultato: il popolo insorse contro i Crociati (sobillati anche dai preti Ortodossi che non ne volevano sapere di riunirsi al Papa Romano) e questi furono messi nella necessità di dover riconquistare la città. Qualcuno fece anche sparire una lettera del

papa che proibiva la conquista della città cristiana ed il suo legato, Pietro di San Marcello, svincolò all’insaputa del Pontefice i crociati dalla promessa di liberare Gerusalemme per dedicarsi alla conquista della capitale imperiale. Bisognava poi trovare qualcuno a cui affidare il comando per la riconquista della capitale di ciò che restava dell’impero Romano d’Oriente. Bonifacio I del Monferrato non piaceva ai Veneziani: il Monferrato confina con Genova e intratteneva rapporti economici e amichevoli con la principale repubblica marinara concorrente di Venezia… Alla fine si decise: che Bonifacio guidasse l’assalto, ma l’Imperatore e il Patriarca di Costantinopoli, le due cariche più importanti, sarebbero stato indicati, dopo la conquista della città, da una commissione di sei crociati e sei veneziani, così ognuno avrebbe potuto avere un suo rappresentante alla guida dell’impero. Si divisero da buoni contabili le parti: ¼ della città e del regno all’imperatore, Crociati e veneziani si sarebbero spartiti i restanti ¾. Il bottino del saccheggio invece sarebbe stato diviso in parti uguali, da buoni… fratelli. Partirono all’assalto ma restarono infruttuosi i tentativi di salire sulle mura della città. I Veneziani escogitarono allora uno stratagemma costruirono delle piattaforme sugli alberi delle navi ormeggiate a ridosso delle mura, le fecero inclinare verso le mura e così i crociati poterono saltare dalla piattaforma sulle mura e, spada alla mano, arrivare ad aprire le porte della città che fu riconquistata e subì uno dei peggiori saccheggi che la storia ricorda. Tutto venne brutalmente depredato: case e anche chiese, compresa la Basilica di Santa Sofia, i monasteri ed i conventi dove anche le monache vennero stuprate, uccisi monaci e vescovi , nobili e semplici cittadini. Vennero saccheggiati 5000 palazzi che contenevano i 2/3 delle ricchezze del mondo occidentale accumulati in oltre mille anni di Continua in ultima pagina

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Personaggi Monferrini: Luciano Botteon di Giuliana Scagliotti

L’arte di cogliere le suggestioni che ambiente, territorio ed il caso, offrono: “Spesso ho portato a casa proprio i materiali che andavo cercando, altre volte quello che la fortuna mi ha fatto incontrare, i va n’machi d’la pasiensa

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In tutti noi si conservano i ricordi di quando eravamo bambini e nell’immaginario portiamo ancora nel cuore la figura di Mastro Geppetto, il “babbo” di Pinocchio. La bottega del falegname ha sempre suscitato un fascino particolare: l’odore del legno, delle vernici e della colla possono anche essere sinonimo di creatività. Come un moderno Mastro Geppetto, Luciano Botteon, classe 1945, apre la sua fabbrica dei sogni e mostra con orgoglio le svariate creazioni frutto della fantasia e della sua ammirevole passione per il legno. Nativo di Castel San Pietro di Camino, ha svolto la professione di infermiere all’ospedale di Torino e poi a Chivasso in ortopedia. Dal ’98, raggiunta la pensione, occupa quasi tutto il tempo libero nel laboratorio di Cortiglione di Robella, dove risiede con la moglie Cesarina Bergoglio. “Tante ore e tante sigarette come compagnia, estate e inverno, a volte fino a notte fonda se l’estro creativo lo comanda”. Eccezion fatta per i giovedì, che dedica all’altra passione per il tamburello e che il figlio Alberto porta avanti con successo. Gli spazi liberi nel laboratorio di Botteon sono quasi inesistenti, considerato il traboccare di ogni tipo di curiosità, principalmente in legno, da lui create o raccolte. Anche gli oggetti di utilità pratica hanno un qualcosa di particolare che salta subito all’occhio e li distingue, come le ormai quasi introvabili assi per lavare, sulle quali scrive versi o frasi popolari in piemontese. Come in un bazar, si trovano disparati tipi di curiosità, grandi e piccolissime, nella maggior parte dei casi si tratta di pezzi intagliati dal pieno e non assemblati: anche un umile nocciolo di pesca, opportunamente lavorato, diventa un ciondolo dalla simpatica forma di una sportina da spesa. Il nostro artista del legno raccoglie anche og-

Luciano Botteon con un presepe realizzato in una zucca

getti della tradizione contadina, così vecchie pompe a spalla, usate per dare il verderame alle vigne, diventano degli insoliti portaombrelli e, se alloggiate su uno sgabello, dei portafiori, oppure una mangiatoia portabecchime delle galline, ripulita e lavorata, diventa un originalissimo centrotavola. Alla sua attenzione non sfuggono manufatti anche particolari ed eccentrici e nella moltitudine di pezzi esposti possono trovare posto vecchi binocoli accanto ad attempati accendisigari o graziose casette in miniatura realizzate in pietra. La sua vena ecologista lo porta a recuperare pezzi di vecchi mobili da utilizzare per le sue opere e a riciclare materiali trovati in campagna o lungo gli argini del Po, specialmente dopo le ondate di piena: una radice di un pino portata dal fiume diventa così un tacchino o talvolta uno scarpone da alpino, con tanto di lacci scolpiti. Da un ramo dalla forma strana prendono “vita” un drago o, a seconda della forma originaria, animali o raffigurazioni di persone, o addirittura simpatiche caricature evocative di “personaggi” del paese. “Spesso ho portato a casa proprio i materiali che andavo cercando, altre volte quello che la fortuna mi ha fatto incontrare, i va n’machi d’la pasiensa”. Nelle sue creazioni ci sono anche oggetti di notevoli dimensioni, il fondo di una botte ospita un bassorilievo raffigurante un contadino intento alla mungitura di una mucca, ma anche opere a carattere religioso, come delicate Madonne con Bambino. I presepi di Botteon meritano una particolare menzione, ne ha creati di ogni misura, da imponenti e ricchi di personaggi ad altri piccolissimi, ma tutti molto dettagliati e suggestivi e realizzati in varie ambientazioni: vecchie stufe, radici, zucche essiccate e scavate. Gli utensili per la cucina, come coppette, portauova, taglieri, cesti-


ni per il pane e posate in legno di ogni forma e dimensione, troverebbero posto in ogni tipo di arredamento e, come particolari di contrasto, anche nel moderno. Deliziose per la forma e la cura dei dettagli, le lanterne in legno e vetro, nel cui interno si possono inserire le candele o i lumi a petrolio. Sempre in tema di illuminazione, colpiscono lo sguardo i candelabri lavorati al tornio e le abat-jour, create e completate di lampadina ed interruttore, con paraluce dalle svariate forme e sfumature. Aggiunge: “Siamo in zona tartufigena e molti amici trifolau mi richiedono dei bastoni personalizzati, in questi casi, la fantasia comanda come e cosa incidervi sopra”. Spesso ne escono dei veri e propri bastoni istoriati, unici e personali, ricavati dal legno di “fanfarin”. Altre originalissime sculture sono le riproduzioni di libri in legno, usate

come soprammobile o come regalo di laurea che Botteon personalizza con dedica. Per rifinire e proteggere le sue “creature” usa l’antico metodo della cera d’api calda, pazientemente pennellata a più strati ed asportata con la spazzola, questa procedura rende luminoso e definito l’aspetto del legno. Visitando la sua “bottega dell’arte” si resta impressionati nel constatare che le forme in cui può sbizzarrirsi la fantasia sono infinite e tutti i manufatti, dal più comune al più sofisticato, evidenziano il segno della creatività di questo artista. E’ praticamente impossibile non restare colpiti da almeno uno degli oggetti della sua collezione, questo per motivi prettamente artistici, come nel caso dei pregevoli pannelli a motivi floreali, pazientemente intagliati a mano, su cui ha sapientemente impresso sfumature ed ombre immergendoli nella sab-

bia rovente, oppure per la capacità di alcuni pezzi di riportare la memoria all’infanzia, come la carriolina datata 1903, che fu il giocattolo preferito del nonno, poi del padre e in seguito suo. Dopo averla ritrovata in soffitta, recuperata e riportata all’antico splendore, è diventata il modello per costruirne altre, da regalare alla nipotina o da utilizzare come portabottiglie. Un altro materiale su cui cimenta la sua paziente opera è il tufo, con il quale ha realizzato dei bassorilievi, riproducenti stemmi araldici e comunali, altro esempio di recupero ed utilizzo di un materiale “povero” e comune nel nostro Monferrato. Il rumore ritmato del mazzuolo che batte sullo scalpello riconduce ai tempi ormai lontani, quando ogni mestiere era una vera e propria arte e accompagna la tenacia con cui Botteon porta avanti una passione da conoscere ed apprezzare.

Ël mè Natal

Per una Natale di solidarietà

Che rompiment dle bale, a l’è ‘l Natal: a venta fè finta d’esse brav, fè ‘l regal, a venta tiré fòra parent e conossent, coj ch’as soporto e coj da piè a pugn an sij dent.

Don Carlo che celebra la messa nella chiesa di Gabiano (oltre che di Cavagnolo), ha segnalato nel corso dell’omelia di domenica scorsa, e non è la prima volta, che tante persone, delle nostre parrocchie e del nostro paese si rivolgono a lui per chiedere conforto e aiuto a causa dei problemi, anche economici, che le assillano. Persone che hanno perso il lavoro, che non riescono più a pagare il mutuo della casa e se la vedono portar via, persone delle nostre comunità che fino a ieri conducevano vite relativamente tranquille, rispettabili e che da un giorno all’altro si sono trovate in condizione di non poter più arrivare a fine mese o a non avere i soldi necessari per pagare bollette e tasse. Da qui la richiesta di aiuto e l’invito, rivolto a coloro che possono permettersi una vita agiata e a chi può disporre di qualcosa in più del necessario, a pensare ai compaesani, portando una offerta che può essere messa nell’urna presente presso la chiesa di Gabiano. Crediamo che questa azione sia uno dei più bei modi di vivere il Natale, specialmente in momenti di crisi come quello che stiamo vivendo ormai, ahimè, da anni. Non sappiamo se anche le istituzioni, a partire dai municipi, si siano mai attivate per svolgere un servizio di assistenza alla sopravvivenza dignitosa dei più disagiati membri delle nostre comunità, ma ci sembrerebbe giusto farlo e ci auguriamo venga fatto, nel frattempo sosteniamo le iniziative come quella di Don Carlo sperando che tante persone, non solo parroci e comuni, ma anche associazioni di volontariato si attivino per realizzare iniziative come questa.

Parloma peui nen dal panaton ch’a ma stà n’sla stòmi, al diav la tradission, come la mëssa granda con le soe candèile e con la gent che braja sota le finte stèile. Còsa ‘t veuli ch’a conta un di a l’ann, còsa ch’a cambia per chi ch’a viv d’afann: a serv iludse ch’as podria stè mej, per peui torna trovése con la emme fin-a an sj’euj. As peul nen esse content conform ël calendari, veui nen esse l’ultima vagon an sël binari. Lasseme ant ël mè velen, al mè disnè ramì, Che quand a sarà Natal i lo decido mi! (di Guido Cazzani)

Scene sempre più frequenti di persone che cercano nella spazzatura.

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Ristorante del Commercio Nel nostro peregrinare per colli e ostelli del nostro Monferrato sabato 29 novembre u.s. siamo andati a cena in uno dei più antichi ristoranti delle nostre colline. Basti pensare che su una edizione straordinaria di un foglio dedicato al cinquantesimo anniversario del mercato di Gabiano stampato nel 1906 compare la pubblicità del ristorante del Commercio. Il mercato di Gabiano non si fa più da anni (oggi è alla Piagera), ma il ristorante da allora è passato di padre in figlio ed oggi è condotto, per la terza generazione, dai tre fratelli Coggiola: Giorgio, Irmo ed Enrico. Dai tempi in cui oltre al ristoro si forniva “alloggio e stallaggio”, le cose sono cambiate; ovviamente ai tempi nostri lo stallaggio non si fa più (anche se lungo i percorsi per trekking a cavallo si trovano ancora locande in grado di fornire questi servizi) ma il Commercio fornisce comunque l’alloggio grazie alla disponibilità di sette stanze con bagno e, quel che più ci interessa, il ristoro. La cucina è quella tipica monferrina con qualche divagazione, giusto per dare un tocco di originalità al menù. Noi, partendo da una nutrita serie di antipasti abbiamo proseguito con classico fritto misto alla Piemontese trascurando per motivi di sazietà i primi. Partiamo quindi dagli antipasti. Si inizia con un petto d’anatra affumicato con Rucola e aceto balsamico: molto buono, forse il più apprezzato fra gli antipasti per il modo, non convenzionale dalle nostre parti, di cucinare l’anatra tagliata a fettine sottili come un salume ma più gustoso. Ha fatto seguito un battuto di carne cruda con granella di nocciola su una fetta d’arancio. Qui il limone ha lasciato il posto all’arancio con un risultato ottimo, specialmente per chi non ama molto l’eccessiva invadenza dell’acidità conferita dal limone. Hanno fatto

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Menù di Capodanno 2014

seguito due variopinti Flan uno di Asparagi con crema di Melograno e uno di Zafferano con toma di Lanzo. Il rosa-rosso del primo e il giallo paglierino del secondo erano una delizia oltre che per il palato anche per gli occhi. Un tortino caldo a base di Castelmagno e speck ed una classica Bagna Cauda su peperoni conservati sotto le “raspe” dell’uva hanno chiuso gli antipasti. Abbiamo particolarmente apprezzato la Bagna Cauda perché, non ci è parsa troppo “addomesticata” come si usa oggi quando tra bollitura dell’aglio

(mondato dell’anima) nel latte, l’aggiunta di panna, le acciughe sfilettate e lavate nell’aceto, si finisce per togliere ogni carattere tipico al più rappresentativo piatto della cultura Monferrine, anche se molte signore, per motivi di alito, l’apprezzano queste trasformazioni. Era un bagna doverosamente salata, doverosamente consistente preparata evidentemente con acciughe sotto sale intere; non a tutti piace ma a noi sì e anche molto. Ideale poi la consistenza dei peperoni su cui la Bagna è stata adagiata: consistenti, carnosi e con il tipico sen-


tore asprigno dovuto alla loro conquant’altro si sono inventati. servazione. E’ doveroso qui inserire una bellissima iniziativa dei fratelli Coggiola: A questo punto abbiamo saltato i Il 26 dicembre dopo la Santa mesprimi per passare al re delle cucina sa che si terrà nella chiesa di Ganostrana: il Fritto misto. Ne abbiamo parlato a lungo in nostri scritti biano proprio per ricordare la maraccontando come sia difficile cuodre mancata giusto quel giorno di cere separatamente ma servire un anno fa, con un offerta libera, insieme, caldi, i vari pezzi di carne tutti potranno avere, nientepopodimenochè: …un piatto di fritto misto e contorni che ne costituiscono la alla Piemontese. Il ricavato verrà varietà. Il fegato è il più difficile da preparare: troppo cotto si induridevoluto alla associazione per la sce, troppo crudo è sanguinolento Ricerca sul Cancro. e immangiabile, tagliato sottile coUna iniziativa encomiabile che lega me si deve si raffredda subito e la tradizione Monferrina e l’apparnon è buono nemmeno riscaldato: tenenza alla comunità con il ricordo di una nostra compaesana che per è un po’ la spia di questa portata, ne denuncia i limiti organizzativi tutta la vita ha lavorato per fornire nelle cucine dove non è certo facile un servizio pubblico tramandando far combaciare il servizio in sala, una attività che ha contribuito ad arricchire il nostro territorio e che specie se ci sono tanti clienti, con la cottura a puntino di tutte le parora prosegue con i figli e in futuro ci auguriamo con i nipoti. ti. L’altro pezzo “difficile” è il polmone, storico rappresentante che Concludiamo qui la nostra carrellaoggi non compare nemmeno più ta di buona cucina nella sala da fra i componenti essendo caduto in pranzo al primo piano del ristorante del Commercio segnalando gli disgrazia per la sua consistenza ottimi dolci fatti rigorosamente in spugnosa (ma l’avete mai provato casa: Crema al latte di cocco con con salsiccia e cipolle fritte?). Gli altri tagli sono più tolleranti e colPan di Spagna al cioccolato, Cuore laborativi con il cuoco e caldo al cioccolato e Panna possono comunque essere cotta al cioccolato con frutti di sottobosco. Anche il vino aggiustati: pensiamo alle è di produzione propria e cervella, alle fettine di vinello specifico ci siamo affitello o alla salciccia così come i contorni: carote, dati ad un buon classico semolini, fette di mela, Barbera del Monferrato di amaretti per citare quelli 12,5° dal nome originale: Utopia. Per i primi segnaliada tradizione che, sempre secondo tradizione andreb- Luigina Pagliano mo che a menù erano dibero impanati anziché impastellati sponibili, agnolotti del plin al sugo come oggi si usa. Qui i nostri amici d’arrosto e riso Carnaroli all’Erbalusi sono permessi una variante rice di Caluso che dall’aspetto e dai spetto alla tradizione aggiungendo commenti dei vicini di tavolo dovevano essere veramente ottimi. ai classici friciulin di semola anche quelli corretti con un po’ di cioccoQuesto ristorante è particolarmente apprezzato dalle grandi comitive lato, una eredità dei cugini d’oltralpe con cui la cucina sabauda ha che in pullman ogni week-end arrimolti legami. Comunque sia, al vano da tutto il Piemonte e non Commercio i nostri compaesani solo; dispone infatti oltre 200 cosanno bene come s’ha da fare il perti e all’occorrenza fornisce anche il servizio catering per feste e fritto misto, anche perché la loro manifestazioni. I prezzi decisamenmaestra è stata la mamma, scomparsa un anno fa: la Luigina Pagliate popolari si aggirano attorno ai no chiamata anche Gina che, come 25-30 € a persona vini compresi. tutte le nonne Monferrine sono le Il Commercio si trova in Via San Pietro, n.22 - a Gabiano Monferravere grandi chef delle nostre cucito (Al) ne, con buona pace di cuochi stelwww.locandadelcommercio.it lati, accademie, manuali, guide e Crema al latte di cocco con Pan di Spagna al cioccolato, Cuore caldo al cioccolato e Panna cotta al cioccolato con frutti di sottobosco

Petto d’anatra affumicato con Rucola e aceto balsamico

Flan: uno di Asparagi con crema di Melograno e uno di Zafferano con Toma di Lanzo

Battuto di carne cruda con granella di nocciola su una fetta d’arancio.

Fritto misto alla Piemontese

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Monferrini in Grecia (da pagina 7)

storia, un inferno che durò diversi giorni. A ricordo di quel saccheggio oggi possiamo vedere i 4 cavalli di bronzo davanti alla basilica di San Marco a Venezia oltre a reliquie e icone al suo interno. Le atrocità commesse dai crociati durante il saccheggio di Costantinopoli non contribuirono certamente a migliorare i rapporti fra la chiesa ortodossa e quella cattolica di Roma che rimasero separate dal 1054 fino al giorno d'oggi, sebbene recentemente il papa abbia condannato quanto commesso durante la Quarta Crociata. Bonifacio I del Monferrato venne da subito salutato come imperatore del nuovo Impero Latino, ma i veneziani crearono ostacoli per incoronare al suo posto Baldovino IX di Fiandra. Ovviamente il Monferrino non la prese bene e visto che non gli veniva riconosciuta la sovranità, decise di conquistarsela da solo, armi in pugno. Cominciò occupando Didimotico ed assediando Adrianopoli due città greche assegnate ai Veneziani. A quel punto onde evitare una guerra fra crociati (lo stato di guerra non favoriva i commerci veneziani) a seguito di un lodo si assegnò al Marchese del Monferrato la Macedonia meridionale oltre a Tessaglia, Beozia, Corinzia e l’Argolide. Divenne così Re di Tessalonica (oggi Salonicco) e mantenne anche il titolo di re di Creta. Ma Bonifacio continuò a guerreggiare con i confinanti, scese verso sud arrivando impadronendosi di Atene, Tebe e Corinto. Alessio III, l’usurpatore bizantino fuggito da Costantinopoli dopo la riconquista crociata, venne poi fatto prigioniero dal Monferrino e imprigionato nell’abbazia di Lucedio presso Trino. Difendendo il regno di Tessalonica dall’attacco dei Bulgari, al ritorno dal una missione nei loro territori, Bonifacio venne ucciso presso Mosinopoli il 4 settembre 1207. Il regno passò alla moglie e al figlio primogenito Guglielmo VI. Nel 1224 il terzogenito Demetrio venne sconfitto dal Re bulgaro Teodoro Ducas che così si riprese Tessalonica e pose fine al regno dei Monferrini. In verità nel 1225 i figli di Bonifacio del Monferrato organizzarono una riconquista del regno di Tessalonica. Partiti dal porto di Brindisi sbarcarono sulle coste greche nei pressi del porto di

Halmiros, ma causa una epidemia di dissenteria, l'esercito monferrino si disperse: Guglielmo VI morì sul posto, mentre Demetrio fece rientro in Italia. Il regno ormai dissolto fu rivendicato inutilmente dai re titolari della Casa del Monferrato fino al

1284, ma con la morte di Bonifacio si dissolse il potere dei Monferrato in Terrasanta, e nel Regno di Tessalonica. Gli Aleramici rimasero circoscritti ai soli confini del loro marchesato piemontese, tornando alla ribalta soltanto alla fine del Duecento con la

Domenica 22 dicembre dalle 9:00 alle 19:30

Mercatino di Natale alla Piagera di Gabiano

Le A.I.B. di Cerrina offriranno a tutti: Vin Brulè - esposizione della mostra sul tamburello nel Monferrato - musiche natalizie - filmati sul Monferrato - diretta Tv streaming dell’evento e… tanto altro ancora Info su: www.gabianoedintorni.net Cell. 335-7782879


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