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Si fa presto a dire Sangiovese: l’annata 2022

a dire Sangiovese SI FA PRESTO

L’ANNATA 2022

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THE WINE WATCHER

di paolo e jacopo vagaggini Se vogliamo attribuire un’etichetta all’annata 2022 possiamo esprimerla come “liberatoria”. Le premesse sono state orribili con una siccità paurosa - una delle peggiori che la storia ricordi - a causa della quale fiumi importanti erano completamente asciutti, mentre il sole continuava a martellare inesorabile: sono mancate solamente le cavallette di biblica memoria…

Ma qualcosa di clamoroso stava avvenendo nel vigneto, che era rimasto vegeto nel muro verde, quasi fresco e vitale, a differenza delle piante intorno sofferenti. Un indicatore di questa situazione sono state le foglie basali, quelle più basse, che sono le prime a seccare in situazioni come quelle sopra descritte, che invece sono rimaste toniche; lo stesso discorso vale per quelle apicali, che avrebbero dovuto soffrire per la mancanza di liquido, in quanto distanti dalle radici. Queste radici, nei terreni molto argillosi, hanno trovato il fresco, dato che verso i 10 centimetri di profondità si incontrava l’umidità. Rimane il dubbio se questa situazione favorevole sia dovuta alla perizia degli agronomi e dei coltivatori, che stanno mettendo in atto tecniche per la conservazione dell’acqua nella pianta con lavorazioni superficiali ben mirate e utilizzo di caolino, minerale che previene scottature della parete fogliare per schermatura, oppure se la vite sta imparando a gestire autonomamente la propria protezione. Amiamo ipotizzare entrambe le tesi, dato che l’epigenetica ci sta confortando sulla capacità delle piante di liberare i filtri che schermano molti geni del DNA, in risposta a stimoli esterni importanti: questo avviene anche per gli uomini. Certamente l’uva ha avuto un acino più piccolo in quanto la quantità di liquido in circolazione è stata decisamente minore e la pianta ne ha trattenuto una gran quantità per gestire la propria impalcatura verde. Ma la vendemmia è avvenuta regolarmente con 2 fasi: una siccitosa e una dopo piogge particolarmente abbondanti. L’idratazione delle precipitazioni è stata poco efficace, in quanto sono arrivate molto tardi con tralci che hanno “agostato” precocemente già nel mese di luglio e il picciolo lignificato, situazione in cui riesce a passare poco o niente liquido. La diminuzione del volume del liquido nell’uva non è stato l’unico problema che ha portato quest’annata complessa e difficile. In fase di vinificazione il profumo di frutta presente in cantina è molto attenuato e a fine fermentazione i vini, provenienti soprattutto da vitigni varietali, sono piuttosto “muti”, poco espressivi a li-

vello olfattivo. Ciò è dovuto alla mancanza di sbalzo termico fra il giorno e la notte, avendo avuto 30° fino a 35° durante il periodo soleggiato e 20° fino a 25° la notte; i profumi dell’uva si sviluppano quando questa forchetta è molto più ampia, come in certi terroir del nord. Guardando la composizione dell’acino si comprende che la concentrazione ha prodotto caratteri particolari. La buccia molto spessa ha arricchito il mosto di una notevole quantità di antociani e questo è dimostrato da vini rossi ben coloriti; è da verificare quanto questi fenoli siano stabili. Naturalmente la quantità degli zuccheri è molto elevata, fenomeno dovuto in parte alla concentrazione e in parte dall’elaborazione fotosintetica dovuta alle foglie verdi, che non si è arrestata fino alla raccolta. Un particolare si nota negli acidi organici presenti nella polpa. La forte contrazione di liquido ha portato alla salificazione di molti di essi e il risultato è stato un disequilibrio, dato che i mosti hanno presentato valori d’acidità totale molto bassi; tuttavia, durante la fermentazione, questa tornava a salire a valori normali. Ha preoccupato soprattutto il valore dell’acido malico accreditato a 0,30/0,50 gr/l su uno normale di 1,50/2,00 gr/l. Tale valore ha 2 effetti negativi. Il primo è biologico, in quanto i batteri lattici lavorano molto peggio a basse concentrazioni del proprio substrato. Il secondo è organolettico, in quanto poco acido malico vuol dire poco acido lattico e questo porta a vini meno grassi e freschi. Per corroborare quest’ultima affermazione vi invito a considerare che i vini piemontesi a base Nebbiolo hanno valori elevati d’acido malico e quindi d’acido lattico con quella bellissima espressione degustativa. Il valore d’acidi organici è comunque basso e in molti casi non risale perciò è necessario domandarsi perché questo fenomeno. Fisiologicamente la vite ha messo in atto un processo chiamato gluconeogenesi, ovvero la pianta, in fortissimo stress per il caldo e la siccità, ha trasformato gli acidi in zuccheri, creando così le condizioni per resistere. È lo stesso processo che attua il corpo di noi animali sottoposti a digiuno severo, solamente che noi trasformiamo le proteine in zuccheri, ovvero consumiamo i muscoli, come vediamo in certe immagini di persone ridotte “pelle e ossa”. Alla fine la solita considerazione di cosa dobbiamo aspettarci da quest’annata e la risposta è sempre la stessa: se l’enologo saprà andare incontro ai bisogni del vino, senza volerlo coercire, sarà ancora un’ottima annata.