Lotte Unitarie 10/2015

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Attualità

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Lotte Unitarie OTTOBRE 2015

degli annunci proviamo a vederci chiaro Quale strategia adotta il Governo nella sua iniziativa di riforma degli ammortizzatori sociali in una fase in cui la crisi appare ancora grave? «La logica che pervade il riordino degli ammortizzatori va nella direzione di una stretta sul loro utilizzo.»: ha commentato ‘Il Sole 24 Ore’ di venerdì 10 settembre. Caratterizzano la riforma della cassa integrazione riduzione della durata, minore flessibilità nell’utilizzo, e, inoltre, aumento dei costi per le imprese che vi fanno ricorso: il Governo con il consueto paternalismo ha definito quest’ultima scelta «un meccanismo di responsabilizzazione delle imprese». In realtà si tratta di una misura destinata a disincentivare il ricorso alla cassa, con il rischio di favorire l’espulsione dei lavoratori attraverso meno onerosi licenziamenti. La revisione delle tipologie contrattuali Una effettiva lotta alla precarietà presupporrebbe una stretta nei confronti delle tante forme di lavoro precario a partire da una limitazione delle possibilità di farvi ricorso per arrivare all’abolizione delle tipologie contrattuali più subdole. Il decreto sulle tipologie contrattuali, e prima di esso il c.d. decreto Poletti dello scorso anno, vanno nella direzione esattamente opposta: quella di una ulteriore liberalizzazione. Alcuni esempi: ■ Aumenta la possibilità di ricorrere ai contratti a termine e alla sommini-

strazione di lavoro (il cosiddetto lavoro interinale). ■ Vengono preservate e ulteriormente precarizzate le collaborazioni coordinate continuative (quelle che il Presidente del Consiglio aveva promesso di superare annunciando trionfalisticamente «Restituiamo ai pollai i cococo, cocopro e coco vari»). ■ Si amplia la possibilità di utilizzo del lavoro accessorio, nel quale la liquidazione del compenso si fonda sul sistema dei buoni lavoro (o voucher): una forma di lavoro nella quale il datore di lavoro rimane svincolato da qualsiasi rapporto con il lavoratore che abbia una sia pur minima continuità: in altri termini il datore può disporre di un lavoratore ‘usa e getta’, che non matura diritti rispetto alla malattia, la maternità, gli assegni familiari e la disoccupazione. ■ Nel lavoro a tempo parziale aumenta la facoltà del datore di lavoro di richiedere che la prestazione lavorativa sia svolta anche oltre l’orario concordato e di imporre una modifica permanente dell’orario di lavoro. La libertà di demansionare Ma davvero in tema di mansioni si era in presenza di rigidità eccessive che mal si conciliavano con i cambiamenti imposti dalla crisi? Noi pensiamo di no, in primo luogo perché anche la normativa precedente

consentiva in alcuni casi il demansionamento: nei confronti del lavoratore divenuto inabile a seguito di infortunio o malattia e non più in grado di svolgere le mansioni precedenti; nei confronti della lavoratrice in gravidanza nel caso in cui le mansioni precedenti rientrassero tra le mansioni a rischio o vietate proprio in relazione al suo stato; nei casi previsti dagli accordi sindacali sottoscritti al termine di trattative legate a esuberi di personale, allo scopo di evitare licenziamenti. Quest’ultima possibilità è stata percorsa durante le fasi di crisi, ma governata attraverso accordi collettivi tra aziende e rappresentanti dei lavoratori, a tutela di questi ultimi. Ora la libertà di demansionare viene consegnata all’insindacabile giudizio del datore di lavoro, libero di assegnare mansioni inferiori in caso di modifica degli assetti organizzativi dell’azienda, e di ridurre anche inquadramento e retribuzione in virtù di accordi (accordi?) individuali che il lavoratore potrà essere indotto (volente o nolente) a sottoscrivere: per timore di essere licenziato, perché gli viene posta come alternativa al demansionamento un trasferimento anche a centinaia di chilometri di distanza… gli esempi possono essere innumerevoli. I controlli a distanza La nuova normativa dei controlli a distanza è sintetizzata nello schema.

Impianti audiovisivi e altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dei lavoratori

COMPUTER, TABLET, TELEFONINI messi dall’azienda a disposizione dei dipendenti

Badge e altri strumenti per misurare accessi e presenze al lavoro

NECESSARIO Accordo sindacale, o (in mancanza) autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro o del Ministero del lavoro

NON SONO NECESSARI NÉ ACCORDO SINDACALE NÉ AUTORIZZAZIONE DELLA DIREZIONE TERRITORIALE DEL LAVORO O DEL MINISTERO DEL LAVORO

Le informazioni raccolte potranno essere utilizzate ‘a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro’.

In primo luogo va osservato che anche nei casi in cui continua ad essere previsto il confronto con i rappresentanti dei lavoratori (installazione di telecamere), qualora l’accordo sindacale non fosse raggiunto, per il datore di lavoro si amplia la possibilità di ottenere comunque l’autorizzazione all’installazione. Ma ben più gravi sono le novità introdotte in relazione all’uso di computer, tablet, telefonini, GPS aziendali, per i quali «l’accordo sindacale o l’autorizzazione ministeriale non sono necessari... pur se dagli stessi derivi anche la possibilità di un controllo a distanza del lavoratore». Le informazioni raccolte potranno essere utilizzate «a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro» (comprese quindi le sanzioni disciplinari fino al licenziamento).

Si tratta di un provvedimento molto grave, in contrasto con le più recenti indicazioni europee secondo le quali è necessario ridurre il rischio di violazione di diritti e libertà fondamentali dei lavoratori e, in particolare, il loro diritto alla privacy anche in ambito lavorativo, adottando le seguenti cautele: ■ la consultazione dei rappresentanti dei lavoratori prima dell’adozione o della modifica di qualsiasi sistema di monitoraggio; ■ l’obbligo di consultazione dei Garanti nazionali della privacy. In Italia proprio il Garante della privacy, nei giorni successivi all’emanazione della bozza di decreto, aveva colto il rischio che si realizzasse «una indebita profilazione delle persone che lavorano» e aveva quindi auspicato che il decreto legislativo all’esame

delle Camere sapesse «ordinare i cambiamenti resi possibili dalle innovazioni in una cornice di garanzie che impediscano forme ingiustificate e invasive di controllo». Auspicio che puntualmente è caduto nel vuoto. La filosofia che si è voluto affermare è quella che pretende di affidare tutte le questioni inerenti al lavoro alle imprese, estromettendo qualsiasi soggetto a cui il lavoratore prima poteva rivolgersi a tutela dei propri diritti, a partire dal Sindacato (non a caso oggetto di continui tentativi di delegittimazione e denigrazione). Si vuole far diventare il datore di lavoro depositario di un potere assoluto: dare il lavoro e toglierlo, dare le mansioni e cambiarle, decidere se, come e chi controllare. È questa la modernizzazione di cui il Paese aveva bisogno?


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