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Nuova letteratura processuale

Graziella Proto

904 pagine. Tante sono le pagine con cui vengono spiegate le motivazioni della sentenza che ha condannato Mimmo Lucano a 13 anni e due mesi: queste motivazioni ci dicono ancora una volta che questo è un processo politico. Già tutto ciò era emerso durante il processo e prima ancora durante le indagini, ma nessuno poteva pensare che si arrivasse a tanto.

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disegno di Iliana Como

«A leggere le 904 pagine delle motivazioni della sentenza di condanna nei confronti di Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, e dei suoi soci e collaboratori, c’è da trasecolare – scrive Luigi Manconi, politico e sociologo – Il testo e la sua scrittura costituiscono un documento chiarificatore su come NON si dovrebbe giudicare e sanzionare all’interno di uno stato di diritto. Un esempio di letteratura processuale perversa, dove abbondano i giudizi morali e quelli moralistici, le considerazioni politiche, le riflessioni sociologiche, le analisi di natura generale (proprio quando entra in vigore il decreto legislativo sulla presunzione d’innocenza)».

Un orientamento condiviso dalla magistratura giudicante e dalla magistratura inquirente, cose strabilianti, strane, forse audaci e stravaganti. Tutto l’opposto di ciò che è la legge. O almeno dovrebbe essere. Per quelli di sinistra leggere o sentire dire «la legalità è un valore di sinistra» è senz’altro una botta di orgoglio. Ma tutti coloro che di sinistra non sono saranno contenti? Soprattutto magistrati. «Quando è stata letta la sentenza assurda di Mimmo Lucano, ero lì e ho pianto», ha commentato padre Zanotelli. «Si è capito subito che si trattava di una condanna politica, è ovvio che a qualcuno non andava giù che ci fosse un sindaco anti- ’ndranghetista come Domenico, che ha fatto rinascere il piccolo borgo di Riace, da cui buona parte dei calabresi era andata via come in altri posti della regione, ripopolandolo di migranti –aggiunge Zanotelli – Oggi di quella esperienza resta poco, per questo siamo ancora qui, come siamo stati in tanti qualche settimana fa nella grande mobilitazione che si è svolta giù a Riace, a indignarci ancora contro una sentenza che ha devastato non solo il sindaco ma una intera comunità». Mimmo Lucano – si legge e si evince spesse volte nelle motivazioni – è onesto, è integerrimo, non ha rubato un centesimo, non ha intascato nulla di nulla ma.. non è questo il problema. «Ha strumentalizzato il sistema dell’accoglienza a beneficio della sua immagine politica», è tutta una messa in scena, una strategia, «una apparenza».

MIMMO LUCANO COME DANILO DOLCI

Tutto il suo operato è proiettato sulla sua immagine politica, si arriva all’inverosimile pur di colpire l’obbiettivo. Ma anche il procuratore di Locri avesse ragione, l’ex sindaco di Riace quale danno ha apportato ai migranti, al paese, allo Stato? Per tanti, in Italia e nel mondo, ha solo dimostrato che l’accoglienza non è un business, che l’accoglienza può essere umana, solidale, integrante. Tutte le persone hanno diritto di dignità, di asilo, assistenza sanitaria, diritto al lavoro. Tutto ciò utilizzando le stesse somme di coloro che invece hanno creato lager, miseria, umiliazioni e morti pur di arricchirsi. Mimmo Lucano non si è appropriato di un solo euro, anzi, nel costruire quel «mondo nuovo che lui ha saputo creare» era spinto dalla sua «pura passione» per la politica solidale, umana e giusta, ma tutto ciò era una banale apparenza, il modello Riace riconosciuto e invidiato da tutto il mondo come simbolo di integrazione era solo un volgare mezzo per nascondere la vera caratura di un uomo molto furbo che si adoperava solo per arricchire la sua immagine politica. Insomma solamente per consensi elettorali. Quindi, alla fine, per i giudicanti rimane «un quadro probatorio di elevata conducenza». Una parola che non è contemplata nella lingua italiana. Dettagli creativi e fantasiosi per attribuirgli il reato associativo, far schizzare la richiesta della accusa da 7 anni e 11 mesi di pena a 13 anni e due mesi, di reclusione, una pena pecuniaria di un milione di euro, gli sono state negate le attenuanti di particolare valore sociale e morale. Una condanna “esemplare” per un soggetto pericoloso. Non si può non ricordare che in passato le attenuanti sono state negate anche a un altro grande personaggio, Danilo Dolci, il Gandhi della Sicilia. Dolci è stato un sociologo, un attivista non violento, un educatore. Per le sue politiche non violente dal governo siciliano è stato ritenuto soggetto pericoloso quindi non meritevole di attenuanti, ha dovuto fare due mesi di carcere. Danilo Dolci guidava i contadini, i disoccupati, i poveri, gli ultimi, a ribellarsi alle condizioni misere e miserevoli alle quali i governanti li costringevano. Era veramente un soggetto pericoloso perché era molto seguito dal popolo. Una similitudine straordinaria. Un fatto molto grave anche adesso.