Shingle22J - 4th Edition 2013

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Con il Patrocinio e il Contributo del Comune di Anzio Con il Patrocinio del Comune di Nettuno, della Regione Lazio, della Provincia di Roma e dell’Ambasciata del Giappone

A cura dell’Associazione Culturale 00042 www.00042.it - www.shingle22j.com Progetto di Andrea Mingiacchi

Giuria Giusi Canzoneri, Graziano Cecchini, Maria Di Fronzo, Monica Marioni, Enrico Pusceddu

SI RINGRAZIANO Per il Comune di Anzio Luciano Bruschini, Sindaco del Comune di Anzio Laura Nolfi, Assessore alle Politiche Culturali, Turistiche e Sportive del Comune di Anzio Franco Pusceddu, Direttore Generale del Comune di Anzio Angela Santaniello, Dirigente del Comune di Anzio Per il Comune di Nettuno Alessio Chiavetta, Sindaco del Comune di Nettuno Eleonora Bocchini, Assessore agli Affari Generali, Cultura e Politiche Giovanili del Comune di Nettuno Rita Dello Cicchi, Dirigente del Comune di Nettuno

Curatori Elisabetta Civitan, sezione concorso “Donna: prodotto e produttrice” Sandra Lischi, sezione Invideo Maria Coletti, sezione cinematografia Fabio D’Achille, sezione Mad Luca Raffaelli, sezione videoanimazione Ugo Magnanti, sezione poesia performativa Marco Trulli, sezione Fuoco Project Manuela Vela e Gino Querini, sezione Città Gemellate

Masaharu Kohno, Ambasciatore del Giappone in Italia Fabio D’Achille, Curatore Museo d’Arte Diffusa Sandra Lischi per la sezione di Invideo Maria Coletti per la sezione del Centro Sperimentale di Cinematografia (CSC) Luca Raffaelli e Ursula Ferrara per la sezione di Videoanimazione Jens Lucker, Capo del gruppo di lavoro dell’Associazione per il Gemellaggio con la Città di Anzio, Bad Pyrmont PER LA GENTILE COLLABORAZIONE UN GRAZIE PARTICOLARE A *INVIDEO - “Mostra Internazionale di video e cinema oltre” di Aiace (Associazione Italiana Amici Cinema d’Essai) Milano. Alcuni dei video di questa rassegna provengono dall’archivio di INVIDEO - Mostra internazionale di video e cinema oltre, Milano. L’archivio di INVIDEO è consultabile in permanenza presso la Fabbrica del Vapore, via Procaccini 4, Milano. *FONDAZIONE CENTRO SPERIMENTALE DI CINEMATOGRAFIA – CINETECA NAZIONALE, Roma *MUSEO D’ARTE DIFFUSA *STUDIO DIVA di Naoya Yamaguchi – Tokyo *FUOCO PROJECT di Trulli Legna e Camini, Anzio

Comitato Organizzativo Silvia Arena, coordinamento e segreteria Luisa Calderaro, ufficio stampa Giusi Canzoneri, responsabile allestimento Stefano Chiappini, allestimento performance Domenico Condello, grafico e designer Luca Del Vecchio, aiuto allestimento Benedetta Ferri, traduzioni in inglese Pietro Frisina, foto e riprese Yoshiro Izumi, contatti con il Giappone Andrea Mingiacchi, direttore organizzativo Stefano Murgia, responsabile sito internet Bruno Pepe, grafico e designer Guendalina Sabba, organizzazione eventi Alessandro Tinarelli, aiuto allestimento Si ringraziano inoltre Leonardo Carrano per l’amicizia e la preziosa collaborazione nell’organizzazione dell’evento, Francesca Denni per la cortesia e la disponibilità e tutti i soci dell’Associazione Culturale 00042 che in vari modi hanno prestato un aiuto prezioso a supporto della Biennale. Il catalogo è a cura di Bruno Pepe, Domenico Condello e Silvia Arena; stampato presso Arti Grafiche Fracassa srl, via di Vigna Girelli,81 - Roma. Allegato al n. 56 di settembre 2013 di Anziospace.


COLLABORAZIONI

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CON IL CONTRIBUTO DI Ristorante Romolo al Porto, Ristorante Boccuccia, Ristorante Baia di Ponente, Ristorante La Lampara, Bar Pasticceria dei Graziosi, Bar Mucho Macho,Bar Nolfi, Bar Caffè Stampeggioni, Tabaccheria Mingiacchi, C.U.B.A. Caffè srl, Officina Marsili, Vinoteca Cose Buone, Onoranze Funebri La Fenice, Macelleria Elio Castaldi. Alessia Di Domenico, Giuseppe Nicolò, Giancarlo Scatassa, Mario Marcellini, Angela Pintauro, Luciano Mingiacchi, Alessandro Tinarelli, Arcangelo Panefresco, Paride Tulli, Pier Giorgio Busato, Maria Pia Simone.


ISTITUZIONI INSTITUTIONS Donna: prodotto e produttrice, tema della IV edizione di Shingle22j Biennale d’Arte Contemporanea di Anzio e Nettuno, intende approfondire l’immagine della donna di oggi, l’immagine di una creatura che lotta per il riconoscimento dei propri diritti e per l’emancipazione da culture sempre pronte a strumentalizzarla, in cui l’imposizione del prodotto è prioritaria rispetto a ogni diversità. La donna deve combattere più che mai per elevare la sua immagine, mercificata da pubblicità politiche, commerciali e lobbistiche, per valorizzare la sua essenziale e autentica produttività. Nell’era del capitalismo dove tutto viene denaturalizzato e incanalato verso logiche di profitto a medio e lungo termine, l’essere umano è un prodotto in una cultura che gli impone optional commerciali. Nulla e nessuno è più escluso dalle logiche del consumo usa e getta. Questo significa il considerare spesso, anche la donna, una cosa tra le cose in uno schema dove la “Lei” deve guardare conformemente al sistema come materia inerte, merce passibile di modifica o sostituzione in caso di variazioni nei gusti. Tuttavia tra silicone, strumentalizzazione mediatica e quote rosa, la donna mantiene e detiene il primato di produttrice per eccellenza. Produttrice di idee, produttrice di emancipazione, produttrice di nuova vita. Come nelle precedenti edizioni, Shingle22j è articolata in diverse sezioni che danno modo alla manifestazione di aprirsi ad ampio raggio in diversi contesti che sostanziano e avvalorano la ricerca e la visione della donna contemporanea proposta nella Biennale. Certi di stuzzicare l’immaginario dei visitatori con stimoli e riflessioni intorno all’idea della donna dei nostri giorni, ci auguriamo poter profondere un messaggio che si definisca nella citazione di Matthew Henry: “La donna uscì dalla costola dell’uomo, non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere superiore ma dal lato, per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere amata”.

Women: products and producers, the theme of this year’s Shingle22j – the Biennial of Contemporary Art of Anzio and Nettuno – aims to delve into women’s issues and how they are seen today. Women still fight for their rights and struggle for emancipation in cultures that tend to objectify them, because selling products is the only priority. Now more than ever, women must fight to elevate themselves and stop the objectification of women in media, ads, commercials, as well as in politics and lobby groups, to shine the spotlight on themselves and their essential and authentic productivity. In the current era of capitalism, where the world is driven solely by medium-to-long-term profit and everything is deprived of its true nature, human beings are also considered products, in a culture that imposes mass consumption upon them. Nothing and nobody is excluded from consumerism in today’s disposable society.This often means considering people, including women, a thing among things, in a world where women are ‘forced’ to conform; they are nothing more than inert matter, a commodity that may be sold, traded off or replaced should tastes and preferences change. However, despite plastic surgery has become more and more widespread, and regardless of the portrayal of women in the media and of gender quotas, women are still ‘producers par excellence’. They produce ideas and emancipation and create life. This year’s Biennial will be, as always, divided into different sections so as to provide a comprehensive overview of the issue and cover a wide range of topics, at the same time strengthening our view of the contemporary woman. In the hope that this year’s exhibition will give you ample food for thought about the image of women today, as well as tickle your fancy and stir your soul, I’d like to quote Matthew Henry: “The woman came out of a man’s rib. Not from his feet to be walked on. Not from his head to be superior, but from the side to be equal. Under the arm to be protected, and next to the heart to be loved.”

ANDREA MINGIACCHI Presidente Associazione Culturale 00042 President – 00042 Cultural Association


Con particolare soddisfazione saluto la quarta edizione di “ShingLe22j”, Biennale d’Arte Contemporanea di Anzio e Nettuno, che vedrà esporre sul nostro territorio artisti provenienti da ogni parte d’Italia che hanno aderito al concorso ideato e condotto dall’Associazione 00042. Desidero ringraziare, per il positivo lavoro svolto, tutti gli organizzatori e i partecipanti che hanno reso possibile l’evento che, in questa occasione, vede anche il sostegno culturale dell’Ambasciata del Giappone. Questa manifestazione dimostra come Anzio possa essere valorizzata e aprirsi oltre i confini territoriali, grazie alla passione di chi si impegna per la crescita culturale della nostra comunità. Evidenzio che questo evento espositivo è la sintesi di un lavoro di circa due anni che l’Associazione porta avanti, sul piano delle relazioni, intessendo tutta una serie di rapporti locali e nazionali per realizzare una manifestazione di buon livello. Mi auguro che questo progetto continui la sua crescita e possa farsi apprezzare nel settore delle manifestazioni d’arte in Italia, avendo anche come valore aggiunto la cornice di una bellissima città che è l’unica ad ospitare una Biennale d’Arte in tutto il litorale romano.

It is my great pleasure and honor to welcome you to the fourth edition of “ShingLe22j”, the Biennial of Contemporary Art of Anzio and Nettuno that will offer you a unique opportunity to view, at the local level, works by artists from all over the country and the globe, who will participate in this year’s art contest organized by 00042 Cultural Association. I would like to thank all the organizers and participants as well as all those who made the event possible, including the Japanese Embassy, which supported this year’s exhibition. This event promotes Anzio and demonstrates how the town can open up to the outside world, thanks to the passion and great efforts made by motivated and enthusiastic people who are strongly committed to promoting culture in our community. I’d like to point out that this exhibition is the result of two years of hard work on the part of the Association, years that have been dedicated to strengthening relations at both the local and national level, in order to organize a successful event. I truly hope that this project, set against a beautiful town – the only one in the Lazio region to host a Biennial of Contemporary Art – will continue to enjoy great success and be deeply appreciated in the Italian arts and cultural sector.

LUCIANO BRUSCHINI Sindaco di Anzio Mayor of Anzio

La quarta edizione della Biennale di Arte Contemporanea Shingle22J si presenta complessa già dal tema scelto, la “Donna Prodotto e Produttrice”: una scelta coraggiosa quella di dedicare alla donna il filo conduttore della manifestazione che ha deciso di legare il proprio nome all’evento bellico dello Sbarco di AnzioNettuno; una scelta coraggiosa ma consapevole, perché sono state sempre le donne, anche nel ruolo di madri e di mogli, a subire maggiormente le violenze e i lutti di ogni guerra. L’obiettivo che si pone l’Associazione Culturale 00042 è di offrire allo sguardo del visitatore un’eterogenea raccolta di rappresentazioni della figura della donna in tutti i suoi aspetti più controversi in un percorso fatto di contrasti, dall’idealizzazione della spiritualità femminile all’aspetto quasi merceologico dell’immagine della donna. Anche quest’anno l’Amministrazione Comunale di Nettuno ha voluto offrire il proprio patrocinio alla Biennale di Arte Contemporanea Shingle22J, con la certezza che la visita alle opere esposte sarà occasione di un approfondimento sul ruolo e sulla rilevanza della figura della donna.

The fourth edition of “Shingle22J” – the Biennial of Contemporary Art of Anzio and Nettuno that takes its name from the Allied landings at Anzio – brings up a very delicate theme this year,“Women: products and producers”. A challenging choice and a valiant effort, because women, as mothers and wives, have always been among the most vulnerable victims in war. Women often lose their husbands, their fathers, and their sons in combat. 00042 Cultural Association aims to provide a comprehensive overview of the representation of the female figure in art, taking the audience on a journey through history, reflecting on how the depiction of women has changed over the years, from the idealized female figure and women’s spirituality to the growing objectivation of women in media. Also this year the Public Administration of Nettuno has decided to promote and support “Shingle22J”, as we are aware that the exhibition will offer a great opportunity to delve into women’s role in society and their importance.

ALESSIO CHIAVETTA Sindaco di Nettuno Mayor of Nettuno




Donna: Prodotto e Produttrice Women: Products and Producers di

Elisabetta Civitan

La donna e l’antitesi prodotto-produttrice: è intorno a questa contrapposizione di parole, concetti e significati che è dedicata la IV Biennale d’Arte Contemporanea di Anzio e Nettuno. In un mondo e in una società dominati dal consumismo, dalla mercificazione dell’uomo, dall’ossessivo martellamento pubblicitario, si è voluto dare risalto alla dicotomia prodotto e produttrice riferita all’essere femminile. Fin dall’antichità la donna è sempre stato il tema più discusso, affrontato e considerato delle manifestazioni artistiche dell’uomo. È facile osservare quanto questa dualità di prodotto-produttrice sia presente e forte nel corso dei secoli. Le donne sono entrate a far parte della cultura dell’arte molto lentamente, anche se oggi ne sono grandi protagoniste. Il loro ruolo si è gradualmente modificato, è maturato da simbolo di fertilità e fecondazione, generatrice e nutrice, custode e responsabile di vita, a modello di femminilità, sensualità e di bellezza sempiterna. Da prodotto artistico dell’uomo è diventata lei stessa prodotto artistico e produttrice di arte. La Vergine è il soggetto più comune dei più celebri pittori, da Cimabue a Masaccio, da Leonardo a Raffaello. Con Tiziano la donna diviene splendente e sensuale, simbolo della natura e ancora di salvezza, fino a mostrarsi popolana, lavandaia e mendicante nelle raffigurazioni del periodo barocco. Con l’inizio dell’età contemporanea quella che era l’immagine della bontà e della bellezza assume una caratteristica estetica assoluta: Les demoiselles d’Avignon di Picasso sono uno dei massimi esempi di questa nuova arte in cui la donna, ceduta grazia e bellezza, si circonda di un significato senza limiti. Con le avanguardie storiche la donna comincia ad affacciarsi coraggiosamente e con determinazione verso il mondo. Intere pagine di libri sono dedicate alle mogli degli artisti, che si ritrovano artiste loro stesse: Sonia Delaunay, Benedetta Cappa Marinetti, Frida Khalo, ne sono un esempio. Nel variegato universo futurista compaiono artiste che danno contributi originali e talora rilevanti. Le surrealiste riemergono a fatica anche se il movimento offre a letterate e artiste possibilità preziose. La sua esaltazione della donna-musa assegna all’altro sesso solo una funzione strumentale e alla donna non viene ancora riconosciuta alcuna autonomia artistica. Solo dal secondo dopoguerra la nascita dei movimenti femministi e il fiorire dei women’s studies, portano la condizione femminile alla situazione attuale, ossia alla reale, ma forse solo ipotetica, parità dei sessi. La donna oggi è animata da un’altissima dose di volontà, di trasgressività e di fiducia in se stessa. Prodotto culturale e produttrice di arte è rappresentata nel mondo da personalità come Yoko Ono, Yayoi Kusama, Marina Abramovic, Gina Pane, Cindy Sherman, Vanessa Breecroft. Tra le opere in mostra al Concorso vi sono lavori in cui il corpo della donna, veicolo principale dell’esperienza, della formazione e della definizione d’identità, diviene protagonista assoluto. Rappresentato e considerato soggetto e oggetto dell’espressione artistica, mezzo di comunicazione, creatore di gesti e linguaggi differenti, il corpo è anche visto e sentito sia come un nemico incapace di creare che generatore di vita, dove figure femminili in gravidanza danno vita a sensazioni di leggerezza e calore. La donna è madre, “Pietà” attualizzata, immagine piangente di raccoglimento e di compassione, testimonianza e simbolo di una comune condizione di vittima, nella realtà di un mondo fatto di contraddizioni e violenza. Il gentil sesso è visto come esempio di versatilità, cambiamento ed evoluzione, ma allo stesso tempo appare forte nel suo essere e della sua identità: arazzi e tessuti, donne ricamate, annodi simbolo di ferite e cicatrici, cuciture, garze, tessuti dalla trama fitta, dove il costante e faticoso lavoro manuale del tessere districa realtà nuove. Opere in cui emerge il legame “malato” tra vittima e carnefice, la complessità dei rapporti sociali e delle relazioni affettive. Donna prodotto di una società che da sempre le ha imposto il ruolo di casalinga e protettrice del focolare domestico, ma anche donna imprenditrice e affarista, interessata solo a se stessa e alla propria professione. Donna prodotto di “possessione” e “ossessione” sessuale maschile, prodotto ad uso e consumo del piacere fisico dell’uomo; prodotto dei canoni di bellezza dettati da una società maschilista che obbliga la donna a incarnare modelli di perfezione fisica impossibili da raggiungere. E infine donna simbolo della divinità femminile primordiale, la Madre-Terra, presente in tutte le mitologie, interprete di fertilità e fecondazione, legata alle stagioni, ai cicli lunari e alla semina; la donna-scudo, produttrice di principi e valori da trasmettere e diffondere tra tutte le altre donne, unite nella speranza di creare quella grande solidarietà tanto da diventare una sola: la Donna, che non può sottrarsi dalla responsabilità di “portatrice” di Vita, ma che riscatti anche la prerogativa di “creatrice”, cosciente di essere sempre e semplicemente un essere umano, l’essere Donna.


Women and the product-producer antithesis: the fourth edition of the Biennial of Contemporary Art of Anzio and Nettuno is dedicated to these contrasting words, concepts and meanings. In a society driven by consumerism and the objectification of men, where people are lost to the endless stream of commercials and ads, we wanted to shine the spotlight on women and the product-producer dichotomy. Since ancient times, the female figure has always inspired art movements and women have always been the most discussed and debated issue in art. In fact, you can clearly see how strong and ever-present the product-producer dichotomy has been throughout the centuries in art. Women have gradually and slowly entered the world of art, but today they play a starring role in art movements worldwide. Their role and meaning has changed greatly over the years, from being considered the protectors and creators of life and a symbol of fertility and motherhood, to being a symbol of femininity, sensuality and timeless beauty. While they used to be the product of men’s art, women have now become products and producers of art. In ancient times, the Virgin was the most popular subject for celebrated artists such as Cimabue, Masaccio, Leonardo and Raphael. With Titian, the woman was seen as a wonderful, sensual being, a symbol of nature, beauty and hope, while in the Baroque period, whether she was portrayed as a peasant, a laundress or a beggar, she was in any case always profoundly human. In the early modern period, what once used to be a symbol of kindness and beauty became something aesthetically inspiring, taking on a new meaning, regardless of art genres or subject matters. Les demoiselles d’Avignon by Picasso is one of the greatest examples of this new style of art, in which the woman gets rid of her aura of beauty and grace and takes on a brand new meaning having no boundaries. With the avant-garde movement, women started facing the world with determination and courage, pushing the boundaries of art. It’s the period in time when the image of women is most discussed. Many articles and even books were dedicated to the wives of celebrated artists who were artists themselves: Sonia Delaunay, Benedetta Cappa Marinetti, and Frida Khalo, just to name a few. Futurism held a strong attraction for women and among the diverse world of the Futurists there were many women artists, who contributed with original and sometimes relevant artwork. Women surrealists, instead, had a hard time “emerging from the shadows”, even though the movement offered great opportunities to female artists and writers. In Surrealism, women were depicted as muses, their role being limited to being a source of inspiration for male artists, thus confirming the representation of women as a symbol of seduction and irrationality. The artistic independence of women had not yet been recognized. Only later, in the Post-WWII period, when the second wave of feminism and women’s studies were born, did women reach the role they have today, achieving real – or perhaps only nominal – gender equality. In today’s society, women show self-confidence and power and are willing to break the rules of the gender game.They are at the same time cultural products and producers of art and great women such as Yoko Ono, Yayoi Kusama, Marina Abramovic, Gina Pane, Cindy Sherman and Vanessa Breecroft have become role models. Among the works of art on display at this year’s exhibition, there are some depicting the female body as a means of experience, growth and identity: the woman’s body becomes the only protagonist. It is represented and considered as a subject/object in art, a means of communication, the creator of body languages that are typically feminine and convey the message of “giving – or offering – oneself”, but it is also seen as an enemy incapable of creating anything as well as the creator of life, where pregnant women give life to a sense of lightness and warmth. The woman as a mother, as a contemporary “Pietà”, a representation of pity and compassion and the symbol of all victims, in a world of contradiction and violence. The “weaker sex” is viewed as an example of versatility, change and evolution but it also appears strong, with a clear identity: tapestry and fabrics, embroideries depicting women, knots representing injuries and scars, stitches, bandages and tightly hand-woven fabrics, where hard work “weaves” new complicated worlds. Some works show the “sick” and disturbing dynamics of the victim/perpetrator relationship, the complexity of human relationships and friendships and the problem of understanding, analyzing, breaking up and recreating each single part of another person’s body. Women as products in a society that has always imposed gender roles upon them, such as motherhood and family nurturing, but not only, also placing role models, such as ambitious, career-oriented businesswomen, in front of them. Women as products of men’s “possession” and sexual “obsession”, products specially designed for men’s pleasure; they are products of the beauty standards imposed by a male-chauvinist society that encumbers women with impossible ideals of beauty, products of the media’s idea of the “perfect” body, as magazine models display computer-generated perfection. Lastly, women as a symbol of the primordial female deity, Mother Earth, that is ever-present in myth and has always been a representation of fertility and fertilization, associated with seasons, the earth, the phases of the Moon and sowing time; women as mothers, creators and protectors of life; women as “shields” and producers, who produce and protect principles and values to be passed on to the next generations of women, who share the same ideals and hope they can all become one: the Woman, who cannot shrink from her responsibility of generating life, but at the same time treasures her role of creator, as she is aware of the fact that in the end she is just a human being, a Woman.


Womanocracy: the utopian dream 2013

imen ahmed (Nettuno, RM)

Fotografia digitale 50 x 50 cm


Fotografia digitale 100 x 70 x 3 cm

Io sono terra (Animus*Anima) 2013

fabiana belmonte (Potenza)


La pelle del mondo (The skin of the world) n. 7 - n. 8 2010

Carlo Bentini (Castelli, TE)

Fotografia digitale (stampa inkjet su carta fotografica politenata) 2 foto da 100 x 150 cm


Fotografia 41 x 30 cm

Comunque io vada 2010

Cinzia Boninsegna (Merano, BZ)


Anatomy of a pregnant woman 2012

Sara Bracco (Torino)

Fotografia digitale in b/n 72 x 32 cm


Rielaborazione fotografico digitale/stampa su acetato/collage 4 moduli quadrati 31 x 31 cm

Tra me & me: al centro delle cose e dei sentimenti 2012

maria rosanna Cafolla (Roma)


UnaNessunaCentomila

Tecnica mista

2012

100 x 100 cm

calogero carbone (Roma)


Olio su tela 60 x 100 cm

The Unfinished Diary 2013

giorgio cavalieri (Roma)


Matrioska 2007

agata chiusano (Frascati, RM)

Video-installazione/video monocanale 10’20’’


Tecnica mista 3 pannelli da 60 x 60 cm l’uno

On your Knees 2013

chiara de marco (Firenze)


Speculum - omaggio a Margherita Porete 2013

cecilia de paolis (Roma)

Assemblage 100 x 1,75 x 54,5 cm


Fotografia digitale 31,4 x 48,9 cm

Calla Lily 2013

iolanda Di Bonaventura (San Silvestro, PE)


Untitled 2013

edina Fischer (Brasile)

Cartone tagliato montato su plexiglass 180 x 80 cm


Tecnica mista 80 x 48 x 26 cm

Venus matris magna 2013

paolo garau (Anzio, RM)


Lacrime-le 2012

Monica Gattari (Tolentino, MC) Con la collaborazione di Luana Morresi, fotografa

Video proiettato su un lenzuolo bianco 45’’


Tempera e olio su tela 50 x 60 cm

Se mi volessi come sono 2012

liana Ghukasyan (Armenia)


Woman-Not 4 sale 2011

elena Givone (Torino)

Fotocollage/autoritratto 70 x 100 cm


Scultura in terracotta cerata e illuminata a led diam. 0,26 x h 0,50 cm

Madre-Terra 2013

salvatore Ingala (Roma)


Acrilico su tela

posSEXion-01 2013

Davide Iovino

100 x 40 cm

(Altofonte, PA)


Performance Art 7’30”

Human Installation VII: il Gioielliere 2009

Kyrahm e Julius Kaiser (Roma)


Milioni di occhi ci guardano 2001

Emanuela Lena (Roma)

Tecnica mista su tela 150 x 80 cm


Tecnica della tessitura/Tecnica personale 50 x 70 x 8 cm

Scudo 2013

Cinzia Li Volsi (Sacile, PN)


SerenitĂ materna 2013

Luana Manzetti (Pomezia, RM)

Quarzo bianco, sabbia, smalto 47 x 31 cm


Fotoincisione su pellicola Agfa 200 x 200 x 20 cm

Doppelg채nger, avanzamento 2012

Giancarlo Marcali (Albiate, MB)


La Kore cucita 2013

ilaria Margutti (Sansepolcro, AR)

Ricamo a mano di seta, spilli, nastro e tempera su tela 80 x 200 cm


Modellatura su creta Grandezza naturale

Bellezza e purezza 2009

luigi Mariani (Impruneta, FI)


Donna in carriera 2009

Gasparetto Moreno (Pozzoleone, VI)

Assemblaggio: gamba in plastica, pentola, scarpa, materiale in stoffa 33 x 87 x 46 cm


Stampa digitale, cartoline, legno misure ambientali (min. 6 mq)

Quello che non vedo è quello che sono 2013

Movimentomilc (Reggio Calabria)


Controcampo 3 – Ira

Olio su tela

2010

80 x 60 cm

Filippo Nicotra (Genova)


Fotografia digitale 40 x 53 cm

Desperate housewife 2013

Lorenzo Palombini (Roma)


D-Love 2013

Daniele Rosselli (Napoli)

Installazione luminosa 55 x 45 cm cadauno


Legno di recupero 207 x 90 x 17 cm

Landora‌..Rosa 2011

Giuseppe Ruggeri (Argenta, FE)


PietĂ

Composizione fotografica e arte digitale - fotomanipolazione

2013

100 x 100 cm

Vincenzo Russo (Sant’Agnello, NA)


Body art – Video 3’40”

Co-Musivo 2012

Andrea Sala (Brenta, VA)


IX, 2010 2010

iara Simonetti (Monaco)

Acrilico su legno 99 x 49 cm


Tecnica mista 100 x 100 cm

Parla con me per sempre 2012

Francesco Spanò (Livorno)


Legami

Gesso, cera, rami

2012-13

50 x 60 x 20 cm

Giulia Spernazza (Passoscuro, RM)


Fotografia 105 x 50 cm

L’evoluzione femminile (?) 2013

Eleonora Tinti (Casatenovo, LC)


Un cielo da riscrivere 2011

diana Tonutto (Povoletto, UD)

Manuale della tessitura e annodo 75 x 80 x 13 cm


Disegno su polietilene 100 x 100 x 123 cm

Tutte per una e una per tutte 2013

Giovanna Valli (Monaco)




A.I.A.C.E. - Milano organizza dal 1990 con cadenza annuale INVIDEO, grande Mostra Internazionale dedicata alle opere multimediali di ricerca e sperimentazione, alle realtà creative e produttive più importanti e innovative a livello internazionale nel panorama della produzione audiovisiva legata all’arte elettronica e alle nuove tecnologie. Diretta da Romano Fattorossi e Sandra Lischi, nata con lo scopo di dotare Milano di una raccolta permanente della produzione artistica “non-fiction” nel mondo (video arte, cinema e video di ricerca, documentari sperimentali, video di danza, teatro, musica, animazioni...), INVIDEO acquisisce per il proprio archivio anno dopo anno, le opere italiane e internazionali più significative presentate al pubblico nel corso della Mostra. In occasione della manifestazione, giunta quest’anno alla ventitreesima edizione, vengono proposti incontri con gli autori, anteprime, dibattiti, retrospettive, performance e video installazioni. Da diversi anni l’attività di INVIDEO è inoltre incentrata sulla promozione degli autori e delle loro opere in Italia e in Europa attraverso la collaborazione con molteplici festival cinematografici internazionali. INVIDEO inoltre produce opere multimediali e interattive e propone esposizioni in questo settore anche in ambito europeo. Grazie ad un team di collaboratori, INVIDEO può contare oggi su una rete permanente di scambio e contatti con artisti, critici, operatori del settore, centri di produzione e diffusione, per una visione globale ma non univoca del mondo e delle sue mutazioni, la ricerca di nuovi linguaggi e nuovi orizzonti. Info: http://www.mostrainvideo.com/ The International Exhibition of Video Art and Cinema Beyond – which has been organized, on a yearly basis, by A.I.A.C.E. in Milan since 1990 – represents a reference point for non-fictional video in Italy and has established itself as an international benchmark for the full range of audiovisual productions connected to electronic art and new technologies. From the outset, the aim has been to create in Milan a permanent archive of non-fiction art from around the world - video art, research and experimental film and video, documentaries, music, theatre and dance video, animations, etc. Thus, year after year, INVIDEO acquires the most significant Italian and international works for its archive and presents them to audiences at a major Exhibition organized by Romano Fattorossi and Sandra Lischi. As part of this year’s annual event – now at its 23rd run – alongside the rich and varied programme of screenings, there are meetings with videomakers, introductory presentations to premieres, debates, retrospectives, performances and video installations. In recent years INVIDEO has also focused its attention on promoting videomakers and their films in Italy and Europe by collaborating with a multitude of international film festivals. INVIDEO also produces multimedia and interactive artwork and organizes art exhibitions at the European level. Thanks to its international team of partners and contributors, INVIDEO today can count on a permanent network of contacts with artists, critics, industry professionals, broadcasting and production centres, to create a truly global and multifaceted - but never uniform - picture of the world and its mutations, conduct research on language and find new audiovisual horizons. For more information: http://www.mostrainvideo.com/

DONNE (E SGUARDI) DI METAMORFOSI di SaNDRa LISCHi Questo programma, pensato per la IV edizione di Shingle22j, presenta lavori diversi per provenienza, durata, genere: opere dal mondo intero che, nei modi più diversi, rappresentano l’universo femminile. Si va dalla poesia al ritratto, dalla denuncia alla memoria, dal documento all’evocazione fino alla danza. Le tematiche di questa carrellata non solo sono assai diverse da quelle trattate dall’universo mediatico quotidiano, ma cercano e trovano modalità diverse di linguaggio: lontani dall’approccio didascalico, dallo stereotipo consunto di tanto cinema e di tanta TV, questi lavori ci propongono un viaggio che è anche meraviglia e piacere dello sguardo, scintilla di connessioni insolite, cortocircuiti creativi, in un fecondo dialogo con la sperimentazione audiovisiva e con la videoarte.

METAMORPHOSIS WOMEN (AND VIEWS) di SaNDRa LISCHi This program, especially designed for this year’s Shingle22j exhibition – at its 4th run – includes a variety of works from around the world, ranging from poetry to portraits, from social criticism to remembrance, from written texts to dance. Although their origins, duration and genre differ greatly, each of these works, in their own unique way, portrays the female universe. These works not only focus on themes that differ greatly from those currently addressed by the media on a daily basis, but they constantly seek new forms of expression: rather than playing a didactic role or expressing the insulting stereotypes that movies and TV shows today are loaded with, these works take us along an amazing and delightful journey that stirs something inside us, a spark of light, thanks to unusual combinations and creative short-circuits, building fruitful dialogue with audio-visual experimentation and video art.



Le cose che non si perdono SOMETHING NEVER LOST

Shorts delle allieve del Centro Sperimentale di Cinematografia Short movies by CSC students

di

maria Coletti

Vedere le esercitazioni e i cortometraggi di diploma realizzati nel corso degli anni dagli allievi del Centro Sperimentale di Cinematografia è sempre un’esperienza stimolante, a maggior ragione se si tratta di registe donne. E questo da diversi punti di vista. La cosiddetta altra metà del cinema ha infatti occupato per anni, e continua in qualche modo ad occupare, una sorta di nicchia, di territorio protetto: se nel periodo 1935-2008 le allieve registe restano in una proporzione di circa un decimo rispetto ai colleghi maschi, nell’ultimo quinquennio la situazione è migliorata di molto, arrivando quasi ad una media di una su due, anche se non si può parlare ancora di parità. Vedere i cortometraggi delle allieve del CSC è un’esperienza singolare anche da un altro punto di vista, perché consente di cogliere in qualche modo quel momento essenziale della formazione, in cui, se si guarda con attenzione e con empatia, è possibile intuire le inclinazioni, le potenzialità, il gusto e le scelte di linguaggio che saranno proprie delle future registe, le loro aspirazioni al netto dello scontro con la realtà del sistema cinematografico italiano. Queste immagini sono una sorta di eterna adolescenza, quel groviglio di idee, pulsioni, creatività e passione che ci accompagnano prima di entrare nell’età adulta: nel guardarle a posteriori, con il distacco del tempo, possiamo confrontarle con ciò che queste registe sono diventate “da grandi”, oppure, se le cogliamo quasi nel vivo del loro farsi, possiamo divertirci ad immaginare cosa potranno diventare in futuro. Infine, vedere o rivedere i corti delle allieve registe del CSC nel corso del tempo, nell’arco di quasi trent’anni fra il 1985 e il 2012, ci offre un’altra preziosa opportunità, che è quella di percepire continuità e rotture nel modo di affrontare la condizione femminile da parte delle registe. I film selezionati hanno tutti più o meno a che fare con un aspetto dell’essere donna, nella vita quotidiana e nella Storia: i traumi della guerra, il lavoro, il rapporto con il proprio corpo, l’amore, l’amicizia femminile, il rapporto di coppia, le relazioni interpersonali, la maternità, la ricerca di un’identità, il sentirsi in sintonia con il proprio tempo, il labirinto della memoria e le tracce del passato, il turbamento dei primi amori. Una sorta di “sottile linea rosa” – per citare una grande retrospettiva in tre tranches che la Cineteca Nazionale ha dedicato negli ultimi anni al cinema delle donne – che attraversa diversi generi e linguaggi. Nel 1985, con La guerra appena finita Francesca Archibugi disegna a pennellate impressioniste una sorta di déjeuner sur l’herbe dell’Italia all’uscita dalla seconda guerra mondiale, dove a imparare la dura lezione della vita e di una “finta liberazione” sono due adolescenti, non a caso marca di stile delle scelte future della regista, in film come Mignon è partita, Lezioni di volo o L’albero delle pere. Nel suo film di diploma si tratta di un ragazzino che ha appena seppellito il suo gatto e scopre la verità sull’amore e, accanto a lui, una giovanissima prostituta, non più una bambina ma non ancora una persona adulta, incatenata per sempre al suo destino di donna oggetto. Quasi dieci anni dopo, la croata ma italiana di adozione Nina Mimica torna a parlare di guerra nel suo Open House (1994), anche candidato agli Oscar, con un registro diverso, più simbolico. Il riferimento alla guerra nella ex Yugoslavia è evidente, ma il cortometraggio è in fondo una lettura più universale dell’orrore della guerra, di cui spesso le donne sono le vittime più indifese. In un’ambientazione buia e claustrofobica, all’interno di una discoteca ormai diroccata, una madre difende le due figlie da un soldato nemico, ma alla fine compie un gesto di pace. In un universo incomprensibile, in cui la paura e la minaccia di morte sono le uniche compagne, anche il passaggio all’età adulta di una ragazza può essere vissuto con terrore. Anche Costanza Quatriglio in Anna! (1998) compie una scelta per così dire sperimentale, con un linguaggio molto allusivo ed ellittico, in cui ad essere in primo piano più che una storia è il corpo femminile all’interno di una dimensione lavorativa e ambientale alienante: il mattatoio come metafora di una realtà ostile, fatta di solitudine e gesti ripetitivi, a cui la protagonista può sfuggire solo attraverso il proprio corpo messo a nudo nell’esperienza indifesa e totalizzante di un abbraccio d’amore. Questa natura iperrealistica, a cavallo tra i dettagli anche più crudi e precisi della realtà e l’evasione poetica dell’immaginazione, la dimensione espressiva del linguaggio cinematografico, è un tratto che è possibile ritrovare anche nei lavori successivi della


Quatriglio, dal film d’esordio L’isola fino all’ultimo Terramatta, ma anche nei suoi lavori documentari. Sceglie invece il registro della commedia – che poi confermerà anche nel suo film d’esordio Il cosmonauta – Susanna Nicchiarelli, con il suo Il linguaggio dell’amore (2003): quasi un esercizio di stile, molto fresco e divertente, che prende in giro in chiave fantascientifica, all’inizio del terzo millennio, sia i “riti” banali dell’amore, sia la pretesa di poter e dover spiegare e definire ogni aspetto della vita in maniera razionale e definitiva. Uno dei corti più intensi e più riusciti è Le cose che si perdono (2004) di Camilla Ruggiero: una profonda riflessione sulla vita in trenta minuti fatti di destini casuali e incontri mancati, oggetti perduti e memorie che non si riescono a cancellare. Un piccolo film corale, in cui i personaggi (un fotografo solitario che ha salvato un bambino poi divenuto suo figlio; la giovane moglie che deve imparare a sentirsi anche madre; una ragazza impiegata all’ufficio oggetti smarriti; un vigile del fuoco che “salva” la neonata rimasta chiusa in casa) sono colti nel vivo dell’esistenza, nella loro fragilità ma anche nella loro complessità. La regista si interroga e ci interroga sul senso della vita e insieme sulla possibilità di raccontarla, di riprodurla attraverso le immagini, che siano ferme (fotografia) o in movimento (il cinema). Come spiega l’impiegata dell’ufficio oggetti smarriti, è facile fotografare gli oggetti: ognuno porta le tracce di chi li ha “posseduti”, mentre con le persone è difficile, è impossibile “riprenderle” veramente. Forse è per questo motivo che il talento di questa giovane regista, dopo l’importante esperienza del film di diploma che però non le ha portato fortuna nonostante la sua bellezza, si è indirizzato successivamente al documentario: una sfida a raccontare le persone “vere”, come ad esempio le seconde generazioni narrate in Sei del mondo. Infine, a chiudere il programma, Cloro (2012), uno degli ultimi short delle allieve, in cui la giovane Laura Plebani dimostra la capacità di raccontare un piccola storia attraverso i gesti, i movimenti, le attese, le pause, le cose non dette o dette troppo bruscamente: il meccanismo delicato, perfetto e totalizzante dell’amicizia femminile, tipica dell’adolescenza, è incarnato alla perfezione dalla metafora del nuoto sincronizzato. Le registe di questi shorts hanno avuto finora diversi destini: se Archibugi, Quatriglio e Nicchiarelli hanno trovato la propria strada, la più giovane Plebani inizia ora i primi passi, mentre Ruggiero e Mimica sono state meno fortunate, non riuscendo a debuttare nel lungometraggio di finzione (Nina Mimica ha addirittura raccontato nel romanzo Vivere fa solletico le vicende tragicomiche legate a quella che doveva essere la sua opera prima, Mathilde, poi naufragata). I loro sguardi possono servire però ad orientarci, come in una bussola, all’interno della produzione italiana al femminile. E, se il cinema è anche la morte al lavoro, questi sei cortometraggi ci aiutano a ricordare le cose che restano.

Viewing videos and short movies by CSC students (Centro Sperimentale di Cinematografia - Experimental Film Center) is always a stimulating experience, especially when these aspiring film-makers are young women. There are many reasons behind this: for several years, the so-called “other half” of film-making has occupied – and still does, for that matter – a niche in a male-dominated industry. While in the period 1935-2008 men greatly outnumbered women in film schools (the female-male ratio was 1:10), the situation has significantly improved over the past five years, as one out of two young film-makers today is a woman, although the gender gap still exists. But having the opportunity to watch CSC students’ short movies is also inspiring because it enables us to capture the exact moment, in these students’ educational experience, when, if we look hard enough, their inclinations, potential and future forms of expression are clearly visible. And so are their aspirations, which clash with reality and the current situation in the Italian film-making industry. These images convey a sense of eternal adolescence, a combination of ideas, emotions, creativity and passion that are typical of teenagers: so we can either watch a certain film-maker’s early works and compare them to her latest works or we can view the works of today’s young directors in the making, perceive their potential and imagine what the future has in store for them. Moreover, watching – for the first time or over and over again – the short movies made by CSC women students over the past 30 years (1985-2012) gives us a unique opportunity to see how these film-makers’ perception of the female condition has evolved over time. Selected movies have a common thread: they all address the issue of what being a woman means today in our daily lives or what it meant in the past throughout history. So they address a wide range of themes: the traumas of war, employment, a woman’s relationship with her body, love, female friendships, the male-female relationship, interpersonal relations, motherhood, a woman’s search for identity, her sense of harmony with the times, her maze of memories, the traces of a past long gone, her first love and the pain it caused. It’s like a “thin pink line” – to quote a famous film festival dedicated to women’s cinema that the Cineteca Nazionale (National Film Archive) has organized over the past few years – that runs through a variety of genres and forms of expression.


In 1985, Francesca Archibugi, in La guerra appena finita, outlines, using impressionist-like brushstrokes, a sort of déjeuner sur l’herbe (i.e. “The Luncheon on the Grass”), depicting Italy in the aftermath of World War II, where two teenagers live through a “false liberation” period and learn life lessons the hard way. This short movie marks the celebrated film-maker’s future stylistic choices, as you can see in Mignon è partita (Mignon Has Come to Stay), Lezioni di volo (Flying Lessons) or L’albero delle pere (The Pear Tree). In her early work, a young boy who has just buried his beloved cat learns the truth about love, while a young prostitute – who is no longer a child but not yet an adult – learns what it means to be treated as a sex object and realizes it’s her destiny. Nearly ten years later, the issue of war is back in the spotlight, with Oscar-nominated film Open House (1994) by Croatian – but Italian at heart – Nina Mimica, who addresses the theme from a different perspective, in a more symbolic manner. Although this short movie clearly makes reference to the Yugoslav Wars, it also paints a picture of the horror of war in general, and how women are among the most vulnerable victims. Set against a backdrop of urban decay, the movie features a woman who, in the crumbling remains of a night club with a dark, claustrophobic atmosphere, tries to defend her two daughters from an enemy soldier, but ends with an act of peace. In an inexplicable world where fear and death are the only companions, a girl passes from childhood to adulthood in the midst of grief, terror, and dreadful uncertainty. Costanza Quatriglio in Anna! (1998) also makes a challenging choice that we could define as experimenting with the use of allusive and synthetic language. Rather than telling a story, she shines the spotlight on the body of a woman who does a tedious, alienating and gruesome job in a terrible working environment: the slaughterhouse is a metaphor for a hostile world where there is nothing but solitude and dull, repetitive work, her naked body in a lover’s embrace the only escape. We can find this hyper-realistic nature – which is midway between the harsh, crude details of the real world and the poetic evasion of the realms of imagination – and this new dimension and form of expression in film-making also in her later works, from her first feature film L’isola (The Island) to her latest Terramatta, as well as in her documentaries. Susanna Nicchiarelli, instead, in her Il linguaggio dell’amore (2003) (The Language of Love), opts for a different genre, i.e. comedy – a choice she will also confirm in her first feature film Il cosmonauta (Cosmonaut). Set against the early fourth millennium, this science fiction movie can almost be defined as a fresh and pleasant exercise in style that makes fun of hackneyed love “rites” and of people’s constant need to explain and define every aspect of their lives in a rational and definite manner. Le cose che si perdono (2004) by Camilla Ruggiero is one of the most intriguing and intense short movies ever made: it is a 30-minute reflection on life with all its odds, crossing paths, chance encounters and missed connections, as well as things lost and memories you can’t forget. This emotional short movie delves into the main characters’ lives (a lonely photographer who saves the life of a child who later becomes his son; his young wife who learns to become a mother; a young woman who works in a Lost and Found office; a firefighter who rescues a baby trapped in her home), unveiling their fragility and complexity. The director wonders about the meaning and purpose of life and whether it is a tale that can be told through still (photography) or moving images (movies). As the young woman who works in the Lost and Found office says, taking pictures of objects is easy, and you can tell who owned them from the traces left on these objects, but you can’t do that with people, you can never capture their true essence. Perhaps that is why after her first work – which, although it was a beautiful, touching movie, did not pave the way for her success – this young talented film-maker turned her attention to documentaries, facing the challenge of telling the stories of real people, such as, for example, the story of second-generation immigrants in Sei del mondo (You Belong to the World). Finally, Laura Plebani’s recent Cloro (2012) (Chlorine) is the last short movie in the program. The young student film-maker shows off her amazing skills and ability by telling the story of two teenagers through their gestures and moves, pauses and waits, things never said or harsh truths told: the sport of synchronized swimming is a metaphor for – and perfectly embodies – the perfect, delicate and all-engrossing mechanism of teenage female friendships. These film-makers have so far achieved different degrees of success in life: while Archibugi, Quatriglio and Nicchiarelli have found their way in the world of film-making and young talented Plebani has just started her promising career, Ruggiero and Mimica have so far had less than brilliant careers, failing to make their fiction film debut (in her novel Vivere fa solletico, Nina Mimica explains the tragicomic circumstances of what should have been her first feature film, Mathilde, that never saw the light of day). However, we can use their views of the world as a sort of compass, to find our way in Italian women’s cinema. And if cinema in general is to be considered “the Grim Reaper at work”, these six short movies remind us of the things that stay and of things never gone.


francesca archibugi

La guerra appena finita 1985 16’ 26 aprile 1945. Sulle rive di un lago un ragazzo, che sta seppellendo il suo gatto, incontra una giovanissima prostituta, giunta in camion con una compagnia di giovani, e la spia mentre amoreggia con un uomo. È la sua cruda educazione sentimentale.

nina mimica

Open house 1994 26’ In un luogo della guerra una madre, due figlie e un soldato nemico sono costretti a convivere coi loro fantasmi, sotterrati già vivi in una discoteca abbandonata.


costanza quatriglio

Anna! 1998 10’ Anna lavora in un mattatoio dall’atmosfera alienante. Sembra che sia immersa costantemente nei suoi pensieri e non profferisce mai parola, specchiandosi nel corpo di una sua collega di lavoro. Spezzerà la sua volontaria solitudine cercando l’amore dopo una fuga attraverso i corridoi.

susanna nicchiarelli

Il linguaggio dell’amore 2003 15’ In un futuro lontano, in un mondo nel quale tutti si amano e tutti sono felici, Giulia non riesce a trovare le parole adatte per esprimere il suo amore a Leonardo. Varras, ultima superstite del popolo dei tyoniani, le insegnerà il «linguaggio dell’amore».


camilla ruggiero

Le cose che si perdono 2004 30’ Più di dieci anni fa Franco, un fotografo, assiste a un incidente stradale e soccorre l’unico sopravvissuto, Jacopo, un bambino di dodici anni. Oggi i due non si frequentano più ma le loro vite scorrono parallele. In una stessa giornata Franco perde una Leica, la sua macchina fotografica preferita, e Claudia, la giovane e insicura moglie di Jacopo, perde le chiavi di casa dove ha lasciato sola la neonata di tre mesi, che ancora percepisce come un essere alieno. L’impossibilità di ritrovarli e le conseguenze per aver perso i due oggetti porteranno i loro proprietari e le persone che incontreranno nell’arco di questa giornata a tentare di recuperare qualcos’altro di ben più importante.

laura plebani

Cloro 2012 11’ L’amicizia esclusiva tra due giovanissime campionesse di nuoto sincronizzato si interrompe di fronte alle prime esperienze amorose di una delle due.




Ursula Ferrara Ursula Ferrara di

LUCa RAFFAELLi

I film di Ursula Ferrara sono dentro di lei. Sono un’emanazione, la più diretta possibile, di impressioni interiori. Viene da immaginarla come in un quadro di Magritte o Topor: una luce che le parte dal petto o dallo stomaco e Ursula che apre il suo corpo per permettere al flusso luminoso di andare oltre la sua pelle. Fino allo schermo. Così sono i suoi film: esposizione viva di sensazioni amate e sofferte, di sue emozioni, dei suoi ricordi trasformati dalle emozioni. Il rapporto che Ursula chiede al suo pubblico è davvero quello di un’intima partecipazione, uno scambio di sentimenti che pensa, crede, spera, siano comuni. Forse è anche per questo che non vuole educarsi alla facile comunicazione. Chi vuole seguirla deve avere il piacere di seguirla. Deve anche impegnarsi, non distrarsi, non risparmiarsi. E una seconda, una terza visione di un suo film può aiutare a capirlo di più, ad entrare nei suoi segreti, nelle forme che bruciano il tempo di un attimo mentre sono pensati, studiati, sofferti perché il lavoro su ogni fotogramma, sulla materia, sulla carta, sui diversi materiali che Ursula usa per creare le sue immagini, le chiedono di ampliare il tempo dell’immediatezza, così da renderlo infinito. È anche questo uno dei segreti della sua arte, che è anche una delle regole del cinema d’animazione: pensare all’immediatezza, trasformarla in un tempo di lavoro lunghissimo (quante ore per una sola immagine, che resterà impressa per un ventiquattresimo di secondo?) e poi ricreare l’immediatezza attraverso la proiezione. In questo gioco impossibile e paradossale, sembra che Ursula chieda allo spettatore di fermare il tempo, di entrare nel fotogramma, nell’immagine immediata, pur seguendo lo scorrere delle immagini. Certo che non si può: ed è proprio per questo bisogna provare a farlo. Il particolare e il generale insieme, lo spettatore chiamato a condividere lo stesso impegno dell’artista. Ecco perché Ursula non vuole narrare una storia. Una storia può creare le emozioni. Ursula è già oltre: vuole raccontarle. Senza parole, quasi senza tempo, come fossero lampi privati, segreti, che ci permette di condividere con il coraggio delle proprie certezze e insicurezze. Perché noi li si riesca a trasformare in altre e nuove emozioni.

Ursula Ferrara’s movies are a projection of her inner self. They are a reflection of her inner thoughts, beliefs and emotions. I can picture her in my mind, like in a panting by Magritte or Topor: Ursula emitting a ray of light from her chest or stomach, as she opens up her body to allow the light flow to seep through her skin. And reach the monitor. That’s what her movies are like: a crude depiction of pleasant or painful emotions, sensations and old memories rewritten and turned into feelings. What Ursula does is reach out to her audience and what she seeks is empathy, she wants people to get actively involved in her movies, sharing those feelings – that she thinks, believes and hopes are common to many people – with them. Perhaps that’s why she won’t bend to simple forms of communication, she has no intention of making it easy for her audience, but she always manages to capture and keep their attention. Because whoever wishes to watch her movies must be pleasantly committed to do so, they must actively participate in her works and be willing to make an effort. Watching her movies over and over again helps you better understand them and discover their multifaceted aspects and underlying secrets, as well as realize how many hours there are behind a single instant, how much work, reflection and effort there is behind each and every shot, frame, matter and material used to create an image. Because Ursula manages to stretch time, making a moment last forever. And this is one of the secrets of her art as well as a golden rule in animated film-making: stretching time, making a moment last several hours – in terms of work done to create a single image – and then recreating the moment. In this impossible game that lies on the verge of a paradox, Ursula seems to be asking her audience to freeze time, so as to delve into each and every shot or image but at the same time take in all the images that are played one after the other in a sequence, moving from the particular to the general, combining and blending them together. Of course, that’s impossible: but it’s worth a try, because in the end nothing is impossible. The artist wants to see the same level of effort on her audience’s part. That’s why Ursula has no intention of telling a story. A story evokes emotions. But Ursula is well beyond that: she doesn’t want to tell a story, she wants to “tell” emotions. No words, no time, just flashes: it’s all about sharing, with courage and confidence, her secrets, her feelings, her certainties and uncertainties with us, so that we can turn them into new feelings and emotions.


Nata il 28 maggio 1962 a Pisa è un’artista, animatrice e film-maker indipendente italiana. Ha completato il suo primo film, Lucidi Folli nel 1986. Il cortometraggio di animazione, metamorfosi di amori, persone, animali ed oggetti, è stato realizzato con permanent su lucidi e ha vinto il premio al Bellaria Film Festival. Il suo secondo film, Congiuntivo futuro (Past future, 1988) ha vinto il Silver Award, all’International Exhibition dell’Art Directors’ Club di New York (U.S.A.) e il premio per miglior cortometraggio al Torino Film Festival. Congiuntivo futuro è stato realizzato sempre a passo uno in 16 mm da disegni, come Amore asimmetrico (Asymmetrical love, 1990) che riceve il Nastro d’Argento come migliore cortometraggio. Nel 1995 ha completato Come persone (As people), miglior cortometraggio al Torino Film Festival: una musica di violino (“Recuerdos de la Alhambra”, di Francisco Tárrega, trascrizione per violino di Vincenzo Bolognese) non interrotta come il respiro, una corsa come la vita, nella mente tutte quelle persone che intuiamo durante il giorno solo per un attimo e che rimangono agli angoli degli occhi. Nel 1997 Quasi niente (Almost nothing), storia del risveglio, dell’amore e di una colazione di una famiglia, primo film “a colori”, realizzato con la tecnica ad olio, è in competizione nella sezione cortometraggi al Festival di Cannes e vince la sezione cortometraggi del NICE Film Festival. Nel 1999 Cinque stanze (Five rooms) riceve la menzione speciale al Torino Film Festival. La partita del 2002 (The match) è in competizione alla 53esima edizione del Festival del Cinema a Berlino e riceve il Nastro d’Argento del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani come migliore cortometraggio. Per News (2006) sorta di giornale personale, fatto con notizie da giornali del mondo) Ferrara impiega tecniche miste e sperimentali, dal disegno alla pittura ad olio, dalla foto (polaroid) al materico (gusci d’uovo) e, per ricostruire i pensieri e i sentimenti che la lettura di notizie piccole o enormi suscita, sottolinea le immagini con suoni, silenzi e musica. Il film è selezionato a La semaine de la critique al Festival di Cannes. Nell’ambito di uno stage (Match de catch) a Vielsalm (Belgio) con artisti da tutta Europa realizza con Manuela Sagona Les inconnus dans la boite nel 2007. Nel 2009 realizza con pittura su carta fotografica Io tutti, con musica di Rocco de Rosa. Negli ultimi anni ha collaborato con vari registi: con Stefano Consiglio nel 2010 per L’amore e basta, film documentario e nel 2011 per il film documentario di Teresa Marchesi Pivano blues - sulla strada di Nanda e con Paolo Petrucci per il film documentario di La passione di Laura. Nel 2013 realizza La battaglia degli dei (paint su Ipad), ispirato dalle fotografie di artisti outsider. Al suo lavoro sono state dedicate inoltre numerose retrospettive e personali, tra le altre quelle organizzate da Nanni Moretti nell’ambito del suo Sacher Film festival, dal Fano International Film Festival, e dal Festival del Film Locarno. Attualmente Ursula Ferrara vive a Pisa dove continua il lavoro di animatrice e regista

Italian artist, animator and independent filmmaker Ursula Ferrara was born in Pisa on May 28, 1962. Her first animated short movie, Lucidi Folli – which dates back to 1986 and is a sequence of drawings made with permanent markers on tracing paper and representing a metamorphosis of love, people, animals and objects – received the Bellaria Film Festival Award. Her second movie, Congiuntivo Futuro (Past Future - 1988), depicting life through images of war, beauty, sadness, everyday things, women, eggs, etc., won the Silver Award at the International Annual Awards Exhibition of the Art Directors Club of New York (U.S.A.) and received the Torino Film Festival Award for Best Short Movie. Past future is a 16 mm movie showing a series of graphite on paper drawings, but so is Amore Asimmetrico (Asymmetrical Love, 1990), which received the Nastro d’Argento (Silver Ribbon) Award for Best Short Movie. In 1995, Come Persone (As People) was the winner of the Torino Film Festival Award for Best Short Movie: continuous, uninterrupted music (“Recuerdo de Alhambra”, by Francisco Tárrega, arranged for violin by Vincenzo Bolognese) playing like a quiet breath, running through life, like a trip down memory lane, thinking of all those people we come across in our daily lives whom we see out of the corner of our eye without really seeing them. Quasi Niente (Almost Nothing), which is her first “color” movie made using an oil technique, tells the story of an awakening, of love and of a family breakfast. It was selected to compete for the Short Film Award at the Cannes Film Festival in 1997 and won the NICE Film Festival Award for Best Short Movie that same year. In 1999, Cinque Stanze (Five Rooms) received the special mention at the Torino Film Festival. La Partita (The Match) was selected for competition at the 53rd Berlin Film Festival and received the Nastro d’Argento (Silver Ribbon) Award assigned by the Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani (Italian National Syndicate of Film Journalists) for Best Short Movie in 2002. In News (2006), which is a sort of personal diary where newspaper articles from all over the world are collected, the artist uses many different experimental techniques, ranging from drawing to oil painting, photography (Polaroid instant shots) and materials (egg shells) to convey those thoughts and emotions that big or small news stories arouse in the readers, highlighting this special report with sound, silence and music. The movie was selected for the Semaine De La Critique at the Cannes Film Festival. In 2007, Ursula Ferrara participated in the Match de Catch à Vielsalm (Belgium) along with many artists from across Europe, and, together with Manuela Sagona, made Les Inconnus Dans La Boite, while in 2009 she created Io Tutti (paint on photo paper and music by Rocco de Rosa). Over the past few years she has worked with many celebrated filmmakers, such as: Stefano Consiglio in 2010 on a documentary called L’amore e Basta,Teresa Marchesi in 2011 on her documentary Pivano Blues - Sulla Strada di Nanda and Paolo Petrucci on La Passione di Laura. Her latest work, La Battaglia degli Dei (paint on Ipad - 2013), is inspired by outsider artists’ photos. Many retrospectives and personal festivals have been dedicated to this great artist, including those organized by Italian filmmaker Nanni Moretti during the Sacher Film Festival, as well as those held at the Fano International Film Festival and the Locarno Film Festival. Ursula Ferrara currently lives in Pisa, where she continues to work as an animator and a filmmaker.


Lucidi Folli - 1986

Congiuntivo Futuro - 1988

Colonna sonora: Georges Brassens “Le Pornographe”

Colonna sonora: “L’allegro del Concerto grosso” di Luis Enriquez Bacalov per i New

Permanent su lucido, 16 mm, 2’

Trolls

In libera associazione di idee si susseguono in continua metamorfosi circa 1200

Matita su carta, 16 mm, 2’15’’

disegni realizzati su lucidi con un pennarello nero. A spontaneous, free association

I lati opposti della vita e dell’immaginazione si mescolano, ribaltandosi e alternandosi

of ideas: a constantly changing sequence of approximately 1200 drawings made

attraverso metamorfosi e dissolvenze.

with permanent markers on tracing paper.

blend together, changing meaning and alternating, metamorphosing and fading.

Amore Asimmetrico - 1990

Come Persone - 1995

Musica: “The Crystal Ship” dei Doors

Colonna sonora: “Recuerdo de Alhambra”, trascrizione per violino eseguita da Vincenzo

Matita su carta, 16 mm, 2’40’’

Bolognese

La storia del film è come il pensiero, che non è mai lineare ma frammentato, infiltrato,

Matita su carta, 16 mm, 2’40’’

pieno di pensieri e immagini parallele, di metamorfosi e progressive trasformazioni,

Una carrellata di tutte quelle persone che durante il giorno intuiamo solo per un attimo

come un’onda che può andare avanti all’infinito.

e che rimangono agli angoli degli occhi nel tempo del ricordo.

This movie is like the human mind,

The opposite sides of life and imagination

A sequence of all

where thoughts run free and there is no linear thinking, it’s fragmented, contaminated

those people we come across in our daily lives whom we see out of the corner of our

by metamorphosing and ever-changing images running parallel, like an endless wave.

eye without really seeing them, although they stay in our memory.


Quasi Niente - 1997

Cinque Stanze - 1999

Colonna sonora: Suoni creati dall’autrice e un brano tratto da “El Ferrero” di Medard

Colonna sonora: suoni creati dall’autrice

Ferrero et Ses Clochards

Olio su acetato, colori, 16/35 mm, 4’23’’

Olio su acetato, colori, 16/35 mm, 2’20’’

Le cinque stanze abitate di una casa. “Un giorno buono” (Ursula Ferrara).

Realizzato con la tecnica ad olio descrive la storia di una colazione dove rumori e

Five rooms of a home.“Un giorno buono” (Ursula Ferrara).

gesti quotidiani si mescolano ad altro. The artist uses oil for this artwork depicting a breakfast table, where the everyday sounds and gestures of people having breakfast blend together with other sounds.

La Partita - 2002

News - 2006

Colonna sonora: suoni creati dall’autrice

Colonna sonora: suoni creati dall’autrice

Olio su acetato, colori, 16/35 mm, 4’

Tecnica mista (olio su acetato, decoupage…), colori, 16/35 mm, 4’11’

Spettatori del gioco e della vita degli altri, accade a tutti di guardare e non vedere,

È una sorta di giornale personale, costruito con notizie provenienti dai giornali del

di sentire a tratti il frastuono e le voci, mentre il pensiero corre verso una felicità

mondo. Ho impiegato tecniche miste, dal disegno alla pittura ad olio, e tecniche

passata o un desiderio non raggiunto o un dolore non sepolto o semplicemente verso

sperimentali per ricostruire nelle immagini i pensieri e i sentimenti che suscita la

noi stessi. Si chiama solitudine e viene spezzata quando le solitudini si uniscono.

lettura di notizie piccole o enormi. Ho sottolineato con suoni silenzi e musica questo

E gli spettatori entrano nel campo di gioco insieme ai giocatori.

notiziario speciale.

As spectators in

It is a sort of personal diary, where newspaper articles from all

the games and lives of others, we often look without seeing, hear without listening;

over the world are collected. I used many different techniques, such as drawing, oil

we hear sounds and voices but in the meantime out thoughts run free and we start

painting, as well as experimental techniques, to convey those thoughts and emotions

thinking of happy moments that are long gone, unfulfilled dreams, painful memories

that big or small news stories arouse in the readers, highlighting this special report

or simply about ourselves. It’s called solitude and you can only break free when

with sound, silence and music.

your solitude meets that of others. And the spectators join the game and enter the playing field.




MAD Donna Il Museo d’Arte Diffusa women’s MAD Spread Art Museum di

Fabio D’Achille

Questa nuova Biennale Shingle22j testimonia in questo spazio che ci è stato dedicato, il rapporto che c’è tra l’arte e il territorio del Lazio costiero, attaccato a Roma alla sua provincia, da Pomezia a Latina, da Ardea al Circeo, che solca Aprilia, è bagnato dal Mare Mediterraneo e fino ai Monti Lepini. In questo spazio opera MAD, una Rassegna d’arte contemporanea che ha iniziato il suo percorso espositivo con una formula esplicita intorno al suo acronimo: Museo d’Arte Diffusa. MAD nel 2005 ha iniziato il suo viaggio incessante con l’obiettivo di far crescere la discussione sul fenomeno contemporaneo delle arti visive. Ci siamo accorti subito che c’era una questione politica prima e culturale poi… risorse umane e investimenti erano a zero! Gli spazi espositivi pubblici chiusi, sigillati, dimenticati! Gli operatori, i protagonisti, gli artisti, i critici? E i galleristi stessi, quasi estinti! Riprendere un cammino, significava anche spianare la strada, riaprire e ricostruire i rapporti tra individui, tra l’artista e la città, il quartiere, il borgo… prima attraverso un approccio privato, al limite dell’individuale, poi privatamente pubblico fino alla riappropriazione degli spazi collettivi. Il sogno di MAD mira però al desiderio di fare rete ed eccoci ad un passo da questo sogno! Per parlare di numeri, negli ultimi due anni si sono organizzate e allestite oltre 160 mostre (quasi 100 solo nel 2012 con oltre 90 artiste/i), di qui la decisione di parlare finalmente di Museo d’Arte Diffusa. Sono numerose le iniziative che hanno visto protagoniste le artiste donne come quella “ribattezzata” arte al femminile. Abbiamo nella nostra faretra tante frecce che parlano un linguaggio di genere e questo linguaggio è stato il frutto di numerose scelte che hanno esplicitamente privilegiato le artiste, in una società che ha sempre visto la donna mai al pari con l’uomo nelle opportunità (anche nell’arte?) …e quindi scagliati i dardi, abbiamo organizzato in una grande esposizione, che è MAD Donna, l’appuntamento annuale a Sabaudia al Museo Emilio Greco e in questa Biennale grazie a Shingle22j un abbondante assaggio. Sono di sette donne artiste i lavori in mostra: la giovanissima artista Jamila Campagna con l’installazione OpeConstitutionis “spazia” tra fotografie e disegni che raccontano di una lotta contro la chiusura di una fabbrica tessile in provincia di Latina, una dismissione industriale fatta sulla pelle delle operaie della Tacconi Sud e sulla stessa pelle sono stati scritti e dipinti gli articoli della Costituzione Italiana; la performer e videoartista Francesca Fini espone Little Pill Blues, un’opera mixed media il cui oggetto principale è una maschera di coniglio completamente rivestita di ritagli di giornale; la pittrice iperrealista Marianna Galati rappresenta nelle sue tele espressioni di grande emotività sui temi della violenza di genere innestando un dialogo intenso con lo spettatore al quale sussurra una leggera quanto intrigante femminilità; nelle due grandi fotografie, quella degli scatti di Marella Montemurro è una natura che non si fonde con l’individuo, non lo rappresenta, non riguarda la quotidianità e, soprattutto, non può essere raggiunta davvero. Certo, è lì, si vede, quasi la si potrebbe toccare, ma non è mai concreta (Alberto Dalla Libera); la pittrice e scultrice AnnaLaura Patanè, le sue opere danno vita a una visione del mondo, eterna e suggestiva, dapprima con un attento studio sui fossili, i quali saranno elemento portante della sua ricerca artistica e sempre al centro del suo lavoro, per poi passare a temi più attuali, dando vita a una serie di opere che parlano di figure e volti e sono visione di un mondo costantemente minacciato e sospeso nell’incertezza, dove l’uomo disconosce sempre con maggior frequenza le sue origini (Fabrizio Ballerini); infine l’artista francese NordineSajot che nella serie di fotografie Cultura Fisica presenta diversi protagonisti a tavola e s’interessa ai gesti e alle emozioni che emergono da ognuno mentre si mangia. Nelle foto non ci sono più né oggetti né cibi, rimangono solo i movimenti sospesi dei modelli che evocano il nostro rapporto col mondo (Olga Gambari); Inanna Trillis nella performance La scrittura del femminile a cura e con Jamila Campagna. Sette artiste che hanno interpretato con il loro linguaggio uno spaccato estremamente simbolico dell’arte al femminile attraverso predisposizione, studio, professionalità, istinto, passione, sensibilità e grande intelligenza. Le artiste attraversano una generazione di donne e si confrontano tutte con una realtà che non vuole sfuggire alla loro testimonianza, come figlie, sorelle, madri, mogli, separate, fidanzate e poi studentesse, lavoratrici, disoccupate, artiste, interpreti insomma di un’esistenza che le permea, le contiene e ne fa esplodere la creatività nei loro lavori siano essi fotografie, disegni, quadri, performance, vessilli di un linguaggio così caratteristico che non può non interessare, non coinvolgerci, farci sentire parte della loro esperienza, come se noi tutti (anche uomini) la potessimo finalmente sfiorare, sentire - magari solo per un secondo o di più - percepire, ascoltare e indagare! L’arte diventa un ponte, uno strumento con il quale attraversiamo un fiume in piena, possiamo fermarci a metà di quel ponte, vedere quello che ne scorre dentro; possiamo attraversare le due sponde generazionali, perfino immaginare di tuffarci idealmente in quell’acqua che alla sorgente è limpidissima, ma dovremmo risalire tutto il fiume, oppure sul ponte a metà di quel cammino essere testimoni non solo oculari del percorso artistico e di vita di sette donne che tracciano nitidamente un solco nel territorio e scelgono che sia l’arte a raccontarne gioie e dolori, amori e abbandoni, quotidianità e straordinarietà.


This year’s Biennial, Shingle22j, bears testimony to the relationship between art and the territory, specifically the Lazio coast, an area whose boundaries touch Rome, Pomezia and Latina, also covering Ardea, Circeo and Aprilia and stretching from the Mediterranean Sea to the Lepini Mountains. MAD – a festival of contemporary art that is based on a unique formula inspired by its acronym, Museo d’Arte Diffusa (Spread Art Museum) – is held in this area. MAD started its journey in 2005, with the aim of sparking debate on the contemporary phenomenon of visual arts. We soon realized that the issue was more political than cultural… and the challenge we were facing was: zero human resources and investments! Additionally, all the existing public exhibition spaces were closed for good and long forgotten! And what about the people working in the industry? Where were all the artists, critics and art gallery managers? Gone! Practically extinct! Starting a journey also meant paving the way, building good relations with people and promoting the relationship between artists and their cities, districts or neighborhoods… through an approach that started out as private – and was actually on the verge of being individualistic – subsequently became “privately” public, and then ended up with the reappropriation of public spaces. MAD’s dream, however, has always been to create a network and we are now convinced that our dream will soon come true. Just to mention a few figures, we have organized and installed more than 160 exhibitions over the past two years (nearly 100 in 2012, with over 90 artists); that’s why we thought the time was right to finally talk about a Spread Art Museum. Many initiatives were dedicated to women artists, such as MAD Donna (Women’s MAD), which is a unique all-female art event, as you can tell by its name. We still have many arrows in our quiver and we will speak a gender language that is the result of many decisions that have been made to clearly favor women artists in a society where women are still not being treated equally and offered equal opportunities (also in art)… so, we decided to start shooting our arrows by organizing the 2013 MAD Donna – a huge exhibition that is held every year – in Sabaudia, at the Emilio Greco Museum and to participate in this year’s Shingle22j, which offers a great opportunity to promote women’s art. Only seven women artists will exhibit their works: with her installation OpeConstitutionis, young Jamila Campagna covers a wide range of art genres, from photography to drawing, to tell an inspiring story of women: the Tacconi Sud (a textile factory in Latina) workers’ passionate fight against layoff and their struggle for constitutional rights. Little Pill Blues by performer and video-artist Francesca Fini is a mixed media artwork whose main object is a bunny mask completely covered in newspaper cut-outs. Hyperrealist painter Marianna Galati’s paintings address gender violence issues that evoke great emotional response in the audience and spark dialogue with the viewers, at the same time conveying, or hinting at, a discreet yet intriguing femininity. In her two large photos on display, you can clearly see that the nature of Marella Montemurro’s shots does not blend with or represent the individual, has nothing to do with everyday life and, most important of all, is impossible to achieve. Of course it’s there and it’s clearly visible, actually it’s so close you can almost touch it, but it’s never concrete (Alberto Dalla Libera). Painter and sculptor AnnaLaura Patanè’s works convey a view of the world that is both eternal and evocative, firstly through a careful study of fossils, which are a pillar of her artistic research and are always at the heart of her art, and then through an analysis of topical issues, creating a number of works portraying human bodies and faces and representing a world that is constantly threatened by uncertainty and hanging in limbo, where men increasingly tend to deny their roots (Fabrizio Ballerini). Lastly, in her series of shots called Cultura Fisica (Physical Culture), French artist Nordine Sajot portrays various subjects eating meals at a table, focusing on the gestures and emotions of each one of them. There is no food – nor objects – in her photos, there are only the people’s gestures evoking our relationship with the world (Olga Gambari); Inanna Trillis with her performance La scrittura del femminile starring and by Jamila Campagna. Seven artists who represent and interpret, each in her own way, a symbolic “slice of life” in the world of women’s art with determination, analytical skill, professionalism, instinct, passion, sensitivity and intelligence. These artists represent a whole generation of women facing a challenging world that has no intention of escaping their scrutiny, as daughters, sisters, mothers, wives, ex-wives, girlfriends as well as students, workers, unemployed women, artists and, basically, interpreters of an existence that pervades and contains them, inspiring creativity in their works, whether they are photos, drawings, paintings or performances; their works are in any case a representation of a language that is so peculiar and distinctive that it is ever so interesting and inspiring, taking viewers inside the artists’ world and making them feel a part of their life and experiences, it’s almost as if we could (even us men) touch, feel – perhaps only for an instant – perceive, hear and delve into a woman’s world! Art becomes a bridge between generations, a structure that allows us to cross over a river flooding, and we can either stop midway across the bridge to take a look at what is flowing beneath or cross over to the other generational bank; we can even think of ideally diving into the water, running up the river to its source, where the water is crystal clear, or we could just stay there and, as eye witnesses, bear testimony to the artistic journeys and lives of seven women who have clearly left their mark on the earth, letting art tell their stories of joy and pain, love and loss, everyday life and special moments.


La scrittura del femminile OpeConstitutionis 2013 Installazione fotografie e disegni

jamila campagna (Latina)

2013 Performance con Inanna Trillis, Museo Emilio Greco (Sabaudia) Foto di Giangiacomo Montemurro

jamila campagna e Inanna Trillis (Roma)


Tecnica mista 82 x 142 cm

Little Pill Blues # 2 2013

francesca fini (Roma)


Senza titolo 2011

marianna galati (Latina)

Acrilico su tela 90 x 120 cm

Stampa da plotter su PVC. Installazione tratta dalla serie fotografica Culture Physique #06 2006 / 2007

NORDINE SaJOT (Parigi)

Ritratto di: Maruska Albertazzi, Alessia Savino, Emanuela Giordano 292 x 850 cm


Stampa digitale da plotter 70 x 100 cm

Senza titolo 2013

marella montemurro (Latina)


Sospensioni 2013

anna laura patanè (Latina)

Tecnica mista su tela, garza e foglia d’oro 100 x 110 cm



Presenze poetiche di genere Gender poetic presences di

ugo magnanti

Quale occasione migliore di una Biennale d’Arte Contemporanea, come “Shingle22j”, per l’ennesimo sconfinamento della poesia in una dimensione performativa e interdisciplinare? Al centro dell’attenzione dunque, non solo la facoltà della parola, ma allo stesso modo la lucentezza, o l’ombra, della voce, del gesto, del corpo, anche attraverso ormai consolidate trasposizioni multimediali, in un’allettante miscela fra segni e codici di diversa origine. Le tematiche di genere proposte quest’anno dalla Biennale di Anzio e Nettuno, alla sua IV edizione, sintetizzate nel titolo “Donna, prodotto e produttrice”, risultano quanto mai idonee ad assecondare tali sconfinamenti, poiché la significativa incursione fra le arti visive rappresentata dalla ‘perfomatività’ poetica ci appare in qualche modo parallela, nello spirito progressivo, alla lunga e dolorosa vicenda civile dell’emancipazione femminile; come pure lo sfondo, su cui questa pratica della parola si proietta, testimonia in genere una forma di resistenza all’‘assurdo’ globalizzato, allo spaesamento contemporaneo, alla ‘pervasività’ mediatica e rivela diversi punti di contatto con la capacità delle donne di produrre idee, desideri, aspirazioni e di ridefinire se stesse nel senso di una redenzione sempre incompleta e sempre a rischio di arretramento. Si tratta di presenze poetiche di genere che declinano un’idea di poesia come esperienza condivisa, come scambio, relazione, esposizione, sintesi, riscoperta essenziale, attraverso la presenza tangibile, l’hic et nunc dell’artista, ma anche attraverso un dialogo possibile fra una realtà autentica e la sua eccedente e complessa riproducibilità, sempre all’insegna di una critica esercitata, nei modi più vari, sui modelli imperanti. Molte volte queste presenze stridono col senso comune per la loro prospettiva di avanzamento culturale, che può anche essere letta, in fondo, come un richiamo alla rilevanza dell’atto poetico nella comunità di appartenenza, tanto più se tali presenze si esercitano in un Paese di fatto maschilista, al settantaquattresimo posto assoluto del Gender Gap, nel quale la rappresentazione stereotipata della donna si connota come un tratto antropologico fortemente radicato, per cui l’elemento maschile, relazionandosi alla donna e al corpo della donna, spesso può ostentare il ridicolo cliché del machismo, subendo frattanto il legame straziante col grembo acquatico, il piccolo mare materno a cui si desidera ritornare, con tutta la forza di una regressione ancestrale. Ed è forse questo, tornando alle riflessioni proposte dal titolo, l’ambito in cui meglio si ravvisa il concetto di donna come prodotto dei desideri del maschio. Le nostre presenze poetiche di genere certamente non eludono il confronto con una poesia performativa riconosciuta, che si manifesta nella pura sonorità della parola, attivando al tempo stesso, attraverso la prevalenza del significante, la scansione ritmica e l’intonazione spiazzante dei testi, un livello di lettura ulteriore, nel quale pure si esprime una poetica di responsabilità sociale e di partecipazione politica nel senso più ampio del termine. Tuttavia le presenze poetiche comprendono anche, da una parte, modalità adiacenti a soluzioni più propriamente letterarie e perciò meno distanti dalla pagina scritta, e d’altra parte si aprono a più evidenti contaminazioni interdisciplinari come, ad esempio, con i vari ambiti della teatralità fino a determinarsi in una sorta di negazione della parola come oggetto autonomo e come preludio a una poesia in bilico fra stricto sensu e lato sensu. In ogni caso la modalità performativa della poesia si profila sempre come un’ammissione di impegno, un tentativo di dissacrazione o di accusa dello status quo e come una visione del mondo, della società, in riferimento a problematiche che sembrano perenni come quelle di genere, anche laddove questo ‘istinto’ civile si rivela in modo meno esplicito. Perciò mai come in questo frangente le presenze poetiche di genere possono essere ritenute vitali, soprattutto considerando quali pulsioni retrive il Paese ancora coltivi nelle sue fibre più riposte, a volte persino nell’idea di una condizione femminile quasi rapportabile a una malattia latente, la cui epifania più chiara e paradossalmente imprevista si rivela nello ‘stato interessante’, quasi metafora dell’esclusione preventiva da una autentica parità sociale e professionale, e che per questo si amplia anche alla questione di una pari dignità della persona.


What better place than a Biennial of Contemporary Art – such as “Shingle22j” – for poetry to enter a new interdisciplinary performance dimension? Not just words, then, are the center of attention, but also a world of light and shadow created by voices, gestures and bodies through well-established multimedia representations, an appealing combination of different genres and genetic codes. This year, the Biennial of Contemporary Art of Anzio e Nettuno – at its fourth run – addresses a theme (“Women: products and producers”) that tends to favor this shifting of dimension, because the “intrusion” into visual arts that can be defined as “performance poetry” appears to run somehow parallel to the long and painful women emancipation process; and the background that this special practice is set against bears witness to a sort of resistance movement against “globalized absurdity”, contemporary disorientation and media pervasiveness, and has many elements in common with women’s ability to ‘produce’ ideas, desires, aspirations and to redefine themselves in terms of a redemption that always remains incomplete and is at constant risk of regression. These gender poetic presences convey the idea of poetry as a shared experience, an exchange, a relationship, a presentation, a synthesis and an essential rediscovery, brought about by the artist’s tangible presence and hic et nunc, as well as through dialogue between reality and its complex and faithful reproduction, which always aims to critique, in many different ways, the prevailing models. These presences often clash with ‘common sense’, due to their cultural advancement objectives, which, after all, may be interpreted as an invitation to consider the relevance of the poetic act within the community it belongs to. Even more so if these presences occur in a basically male-chauvinist country that ranks 64th in the Gender Gap Index, and in which the stereotypical representation of women is a deeply rooted anthropological trait. A country where men – in the male-female relationship and in the relationship with a woman’s body – often tend to be trapped in ridiculous machismo, in a sad little repertory of clichés, while deep down they suffer from womb envy, in the sense of men’s desire to return to that state of bliss and security represented by the mother’s womb, a sort of ancestral regression. Maybe this – to go back to the theme of this year’s event, which gives ample food for thought – is the environment that best represents the concept of women as ‘products’ of male’s desire. Our gender poetic presences undoubtedly welcome comparison with generally recognized forms of performance poetry, that manifest themselves as the pure sonority of a word, at the same time taking poetry – through the signifier’s importance, rhythmic scansion and unexpected tone of a text – to the next level, where it also expresses, in a broad sense, social responsibility and political participation. However, poetic presences also include, on the one hand, forms that are similar to literary forms of expression – and therefore similar to written texts – and, on the other hand, forms that open up to clear interdisciplinary ‘contamination’, such as, for instance, theater performances, up to the point of representing a sort of negation of the word as an autonomous object and foreshadowing a form of poetry that is on the boundary between stricto sensu and lato sensu. In any case, performance poetry always represents an admission of commitment, an attempt to desecrate or criticize the status quo and a certain view of the world and society with reference to open issues that seem destined to remain unresolved, such as the gender issue, even when this civil ‘instinct’ fails to clearly manifest itself. So gender poetic presences are vital now more than ever, especially considering that the country deep down still has strong reactionary impulses, sometimes to the extent of considering the female condition as something that can almost be compared to a latent disease, which clearly manifests itself as unexpectedly ‘expecting’, a quasi-metaphor for preventive exclusion from real social and professional equality as well as, in a broad sense, equal dignity of all persons.


Sonata n. 2 per Graphemium

laura cingolani

L’eco della mammella

barbara pinchi

Verso la bellezza dell’imperfezione

rita pacilio

Formato esportazione: poesia da viaggio I miti della Donna-Elefante

Marialuisa Sales e Neriene

Rendez Vous, progetto site-specific

Sara Davidovics

Musica di Natale Romolo

Tiziana Colusso

Di donne e di emergenze, con percussioni di Giovanna Cutuli

Pilar Castel


Flutura

Jonida Prifti & Acchiappashpirt

MorireDormireOsare, improvvisazione voce, corpo, poesia. Musiche di Emiliano Pucciarelli

Alessia D’Errigo e Antonio Bilo Canella

Tra le foglie, video e performance

Maria Korporal e Marcia Theophilo

Da consumarsi entro...

Donatella Mei

Poema Gender Gap: consulti inversi con poeta-femmina

Ugo Magnanti

con la poesia di Dona Amati, Martina Ippolito, Iolanda La Carrubba, Serena Maffia, Antonella Rizzo, Maria Carla Trapani. Etero e auto riprese di Iolanda La Carrubba. Makeup d’arte di Francesca Mastrella




Un Milione di Lune, Dieci Milioni di Soli The Moon of a Million, The Sun of a Hundred Million di

Naoya Yamaguchi

Desidero innanzitutto ringraziare gli organizzatori della Biennale per l’invito a partecipare a questo evento in qualità di artista giapponese. È un piacere ed un onore per me poter esporre le mie opere in una città di grande importanza storica come Anzio. Per questa edizione della Biennale, vorrei presentare alcuni lavori che fanno parte di una serie intitolata The Japonism, volta a trasmettere il senso estetico e l’essenza ideologica giapponese. Tra questi ho scelto gli scatti che secondo me rappresentano maggiormente il tema della Biennale di quest’anno. Le mie opere nascono da immagini che provengono dal mio inconscio più profondo e cerco di ridurre al minimo l’elaborazione digitale. Infatti la maggior parte dei miei lavori è rappresentata da vere fotografie e la mia filosofia si fonda sul concetto che la fotografia non si limita a catturare un momento, ma trasmette una visione più ampia, un’atmosfera totalizzante. Secondo uno dei più antichi miti nipponici, il Giappone sin dall’antichità è stato illuminato e guidato da Amaterasu, la leggendaria dea del sole, sorella di Susanou, il dio della tempesta. Durante il suo lungo regno, regnò la pace nel mondo. Storie e leggende di Himiko, regina e sacerdotessa che governò il Paese con la magia all’inizio del III secolo, sono state tramandate di generazione in generazione. Dopo la sua morte, il Giappone piombò nel caos quando suo fratello tentò di prendere il potere. Si narra che infine venne incoronata regina una discepola di Himiko, la quale riportò la pace nel mondo. In Giappone, il culto e il rispetto della donna affondano le proprie radici nell’antichità, e hanno guidato il Paese fino all’inizio dell’VIII secolo. Tuttavia, con l’arrivo del Confucianesimo – e delle sue virtù – dalla Cina, si cominciò a diffondere, anche nell’Impero del Sol Levante, l’idea di “maschilismo”. La turbolenta epoca medievale e la successiva epoca feudale, segnate da sanguinose guerre dettate dalla brama di potere, possono essere definite come “epoche maschili”. Alcune donne furono relegate al ruolo di amanti e nel periodo Edo (1603~1868) si sviluppò addirittura una raffinata cultura dei quartieri di piacere, un concetto senza precedenti. Le oiran erano le cortigiane di alto rango, mentre le giovani apprendiste cortigiane si chiamavano kamuro. Queste ultime venivano spesso vendute direttamente dai propri genitori bisognosi di soldi oppure venivano rapite dai propri villaggi e costrette a vivere confinate nei distretti a luci rosse per diventare delle kamuro. Di tutte le kamuro, però, solo alcune, le ragazze di straordinaria bellezza che eccellevano nelle arti del piacere, diventavano oiran. Tuttavia, anche le oiran – che, come la luna, illuminavano la notte con la propria splendida luce – erano dopotutto degli uccelli in gabbia, relegate all’interno dei distretti a luci rosse. Questi distretti, paragonabili a parchi di divertimenti, avevano una propria cultura e un proprio stile di vita, oltre ad una propria lingua ufficiale. Infatti, per portare l’esperienza del piacere ad un livello superiore, alle ragazze era proibito utilizzare il proprio dialetto natio. In Giappone esistono tutt’oggi le geishe e le apprendiste geishe – chiamate maiko – intese come artiste e intrattenitrici educate nelle arti tradizionali del canto e della danza, ma le oiran intese come prostitute non esistono più. Successivamente, in tempi più recenti, si scatenò la guerra mondiale che, come una tempesta, spazzò via innumerevoli vite e sovvertì i valori dell’epoca. Tantissimi bambini persero la vita e le donne giapponesi, in quanto donne e madri, subirono innumerevoli sacrifici e patimenti impossibili da esprimere a parole. Oggi, coloro che hanno il compito di generare nuove vite e illuminare il cielo con le loro preghiere di pace sono le donne. Compiono la loro missione dal Giappone, inviando il proprio messaggio al mondo, come messaggere della dea del sole e sublimi cantanti di pace.


Thank you for inviting me to this biennial as an artist from Japan. I am glad to have my works exhibited in a historically meaningful city like Anzio. What I would like to introduce you this time is a part of a serial called “The Japonism,” which tells you an aesthetic sense and ideological essences of Japanese people. From these, I chose works that suit the theme of the biennial. I create my works from images that I get unconsciously, and I try not to use composition by computers as much as possible. Most of my works are actual photographs. It is my philosophy that photographs not only record the moments, but also at the same time they show the surrounding atmosphere. According to the oldest myth in Japan, a goddess named “Amaterasu” had casted lights on and led the country of Japan as the sun goddess since the ancient times. World had been peaceful for a long time. She had a brother who was the god of storm,“Susanou.” Stories of a queen named“Himiko”who actually ruled the country with magic at the beginning of the third century have been passed along in the history.The country faced troubled times when her brother tried to be the leader after her death. It is said that a female disciple of Himiko became queen in the end and the world became peaceful again. In Japan, worship and respect toward women that had started in the ancient times had continued to exist until the early eighth century. However, virtues of Confucianism from China started to affect Japan and the idea of “male chauvinism” began to spread. Disturbances of wars in the medieval period and following feudal periods of rules by power can be called “the periods of men.” Some women were kept mistresses, and in Edo period (1603~1868), an unprecedentedly sophisticated culture of red-light districts had thrived. An “oiran” was a top-class courtesan, and a girl training to be one was called “kamuro.”They were sold by parents in poor villages or were kidnapped and were confined in the red-light district to become kamuros. Of all the kamuros, only few girls with incomparable beauty who excelled in attainments were able to become oirans. However, oirans who had shined beautifully like the moon every night were the same as caged birds after all, and they were not allowed to go outside the red-light districts. Red-light districts were like theme parks with their own cultures and lifestyles. In order to have characters of a different level by not using dialects from home, unique words of red-light districts were used.There are still geishas and apprentice geishas called“maikos”as professional players and dancers in Japan, but oirans as prostitutes do not exist anymore. Eventually, a storm of the world war that swept away so many lives and overturned values broke out in the modern times. A huge number of sons and daughters lost their lives, and motherhood and womanhood suffered sacrifices that cannot be expressed with words. Those who have the mission now to reach for new lives and give their prayers of peace to the heaven are women.They do so from Japan to the world as messengers of the sun god and as beautiful singers of peace.

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Estate: illusioni antiche Persona

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Sotto i fiori Autunno: non arriva ancora la mattina DivinitĂ della pestilenza-sigillo Shirakawa

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Una kamuro vola attraverso il tempo Oiran Profusion Kinshuu (trionfo d’autunno)

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Pavane Danza della neve Yasurai (serenitĂ ) Inverno: rinascita

Dicembre 2011 Febbraio 2012 Febbraio 2012 Febbraio 2012



fuoco project FIRE PROJECT di

marCO TruLLi

Fuoco Project è un tentativo di aprire spazi di dialogo tra i luoghi del lavoro e la ricerca artistica contemporanea. Da circa tre anni il progetto è attivo presso l’azienda Trulli Camini e Stufe e finora ha visto la realizzazione di tre installazioni che hanno declinato l’utilizzo del legno in maniera differente. Nel 2011 Massimo Mazzone realizza un prototipo di spazio relazionale, Ateneo Libertario, in cui il legno tagliato viene utilizzato come materiale di costruzione. L’intento è stato quello di creare uno spazio ospitale ed ecologico, un luogo temporaneo per le arti, itinerante e replicabile in diverse sedi e con diversi materiali. Nel 2012 Massimo De Giovanni ha realizzato Forestetica, enorme albero di legna tagliata costruito sul fronte della catasta di legno. In questo modo l’artista ha invertito il processo naturale costruendo un albero con i suoi stessi resti, stimolando una riflessione etica sul rispetto della natura, perfino in un luogo di lavoro in cui la natura viene trasformata per usi domestici. Thorsten Kirchhoff, artista invitato per questa edizione di Fuoco Project, usa frequentemente combinare video, pittura, suono dando spesso luogo ad opere evocative di atmosfere cinematografiche che, in molti casi, sono ben identificabili e riconoscibili. Kirchhoff parte dal capovolgimento di senso di immagini consuete dando vita a paradossi e ambientazioni enigmatiche. Il cinema è il suo archivio infinito di suggestioni, da cui trae spunto per molti dei suoi lavori. Nell’intervento proposto per Fuoco project, Kirchhoff non attinge da alcuna scena cinematografica precisa, ma in realtà ne racconta molte. Reinterpretando la catasta di legna da ardere come un imponente edificio, l’artista vi installa una serie di balconi, spazi di vita quotidiana sospesi su una parete di legna. Multiproprietà. Burning down the house, questo il titolo dell’opera, allude ironicamente al tracollo del mercato immobiliare; l’edificio si autodistruggerà in poco tempo con le vendite della legna diventando, in effetti, di proprietà collettiva. Kirchhoff torna ad utilizzare l’elemento del balcone quale elemento di interconnessione tra interno ed esterno. Ma i balconi sono gli spazi in cui si coltiva l’esteriorità della vita domestica, la creatività del quotidiano; in questo si evidenzia un sottile rimando al tema di genere proposto da Shingle22j per questa edizione della Biennale d’Arte Contemporanea di Anzio e Nettuno. Balconi e finestre sono spazi di comunicazione tra le abitazioni, sono punti di osservazione privilegiata da cui indugiare sulle vite che si muovono dentro le case. Ancora una volta, dentro a una immagine rassicurante, Kirchhoff nasconde un’incognita: il suono dell’installazione racconta una storia diversa da quella che appare allo sguardo. È il suono che dirige le immagini, afferma Kirchhoff alludendo a Godard. E in effetti il suono inquietante del fuoco arde la spensieratezza apparente dell’installazione e preannuncia la distruzione imminente dell’edificio che si consumerà progressivamente, alimentando centinaia di fuochi in centinaia di case diverse. Nato a Copenaghen nel 1960, Thorsten Kirchhoff vive e lavora a Roma.


The Fuoco Project is an attempt to foster dialogue between the workplace and contemporary art. As part of the project, which was launched approximately three years ago by the Trulli Camini e Stufe company, three installations have so far been created, all using wood in different ways. In 2011, Massimo Mazzone made a prototype of “relational space” called Ateneo Libertario, by using chunks of wood as building material. The idea was to create a welcoming circle, an environmentally-friendly “relational space” for dialogue and art, a sort of touring exhibition space that can be recreated elsewhere by using any kind of material. In 2012 Massimo De Giovanni created Forestetica, an enormous tree made from pieces of wood set against a woodpile. With this artwork, the artist created a tree from scrap wood, thereby reversing the natural process and giving food for thought about environmental issues as well as raising awareness about the importance of respecting nature, even in a working environment dedicated to transforming natural resources into household products. Celebrated Danish artist Thorsten Kirchhoff, who was invited to participate in this year’s Fuoco Project, frequently combines video art, paintings and sound to create works that evoke a movie-like atmosphere often recalling popular and internationally recognized movies. Reversing the sense of popular images is the starting point for Kirchhoff’s works, and a way to create a paradox as well as an enigmatic, mysterious atmosphere. Film-making is a database and an endless source of inspiration for the artist. However, Multiproprietà. Burning down the house – Kirchhoff’s work for this year’s Fuoco Project – “tells” the story of many movie scenes, rather than being inspired by a single one. The artist reinterprets a stack of firewood as a stately building, a multitude of balconies, representing spaces dedicated to everyday life, protruding from a woodpile. This artwork ironically hints at the imminent housing market collapse: the building will self-destruct soon, and the woodpile will gradually diminish as wood is sold, becoming common property. Kirchhoff once again uses balconies as an outdoor-indoor connection element. But, as balconies are also spaces where households carry out their daily outdoor activities and express their creativity, this artwork subtly recalls the theme of this year’s Shingle22j, the Biennial of Contemporary Art of Anzio and Nettuno. Balconies and windows are communication spaces between households, as well as a “window” on other people’s lives. Once again, Kirchhoff’s works represent an enigma, concealed behind a reassuring image: what you hear is not what you see, as sound tells a different story from the images.“Sound ‘directs’ images”, says Kirchhoff, clearly quoting Godard. And, actually, the disquieting crackling from a fire burning ‘burns away’ the installation’s apparent lightheartedness, somehow forecasting the building’s imminent collapse: the woodpile will gradually diminish and the artwork will be slowly consumed by flames in hundreds of different homes. Thorsten Kirchhoff was born in Copenhagen in 1960 and currently lives and works in Rome.

Forestetica 2012 Massimo De Giovanni installazione in legno


MultiproprietĂ . Burning down the house 2013

Thorsten Kirchhoff (Danimarca)

installazione in legno 25 x 7 m



CITTà GEMELLATE TWINNED MUNICIPALITIES di

Manuela Vela e Gino Querini

In una manifestazione che intende essere approdo di idee e luogo di incontro per artisti da tutto il mondo, non poteva mancare il contributo artistico di alcune città legate ai luoghi che ospitano l’iniziativa da patti di amicizia e di gemellaggio. Per questa edizione di Shingle22j abbiamo scelto in rappresentanza degli artisti delle città gemellate con Anzio e Nettuno: Marianna Constanti, artista di Paphos, città cipriota che sarà Capitale Europea della Cultura nel 2017, e Marianne Weiland artista di Bad Pyrmont, città tedesca della Bassa Sassonia. Nell’opera Cristo nella casa di Maria e Marta Marianna Costanti dialoga con il dipinto omonimo del 1620 di Diego Velázquez, rivisitandolo in chiave moderna attraverso il medium fotografico, rendendolo una riflessione sull’immagine della donna come angelo del focolare, dedita ai lavori domestici e manuali piuttosto che alle attività intellettuali. Velázquez aveva affrontato l’episodio tratto dal Nuovo Testamento in cui Gesù è ospite delle sorelle Marta e Maria, come simbolo della distinzione teologica di origine medievale tra Vita activa e Vita completiva, tra il fare e il pensare, tra la schiavitù del lavoro manuale e la libertà della contemplazione del divino. Marianna Constanti pur dando la sensazione di aver lasciato intatto lo schema compositivo originale, taglia dalla scena le due donne in primo piano nel dipinto e focalizza l’immagine sull’attività della donna intenta a cucinare di cui rispetto all’originale rimangono visibili soltanto le mani. Il suo obiettivo è quello di sottolineare il ruolo della “donna in cucina”, automa senza volto né personalità, un tema che nell’ormai classico Semiotics of the Kitchen Martha Rosler aveva trattato con la tipica ironia della pop art. La sensazione di trovarsi di fronte a una riproduzione fotografica del dipinto seicentesco è dunque un’illusione ottica. Altri particolari ci spiazzano: la data di scadenza sulle uova, improbabile per un dipinto del XVII secolo, attesta inconfutabilmente che la rappresentazione è invece contemporanea, non solo nella realizzazione ma anche nei temi. Siamo quindi noi a doverci identificare con la donna senza volto, a sentire il peso di un ruolo imposto che ci vede lontani dalla libertà di pensare e di essere, che scorre sullo sfondo mentre noi pestiamo gli spicchi d’aglio nel mortaio. In Non dimenticare di rimanere incinta Marianna Constanti in maniera del tutto differente torna a far riflettere sui ruoli imposti alla donna dalla cultura contemporanea. Non dimenticare di rimanere incinta è una fotografia in bianco e nero tratta dalla serie Re-Mind me del 2007, in cui l’artista seleziona da suoi video dei frame che raffigurano determinate parti del suo corpo isolate e connotate da alcuni oggetti di uso comune (un post-it, una collana, un termometro ecc). Nella fotografia in questione, l’ombelico dell’artista è ironicamente contrassegnato da un post-it che dà il titolo all’opera, a indicare come i ruoli imposti socialmente non lascino alcuno spazio alla scelta personale, trasformando una persona in semplice cosa, che dunque è soggetta a “scadenze” rispetto alle performace da ottenere, in questo caso “rimanere incinta”. L’altra faccia della medaglia è rappresentata da Marianne Weiland la cui opera, Le misteriose, appare come un’istallazione semplice e minimale. Eppure, come scrisse Bruno Munari, complicare è facile, semplificare è difficile. Marianne Weiland rifacendosi a questo principio cerca di rappresentare persino il mistero. Mistero che si nasconde dietro tessuti dai colori sgargianti, violenti, che attirano con forza l’occhio dell’osservatore. Ma il tripudio di luce e colore delle stoffe nasconde piaghe oscure e inaccessibili. Come se, sotto un burqa, o esposta sulla copertina di una rivista patinata, comunque una donna racchiuda sempre un mistero. Mistero che può essere la sua anima, coperta dall’abito del ruolo, o il suo corpo trasformato da mille e più ammennicoli, o anche il suo stesso sesso, sepolto tra i meandri dei tabù. Mistero che è quindi la vita di ogni essere umano dietro la sua contingente storia. Storia che magari è imposta, ma che allo stesso tempo forse protegge da un abisso fino ad allora ignoto anche a se stessi. Marianne Weiland ci mostra quindi che le parole, la cultura, le immagini, non ci daranno mai il senso della vita, ma che al di là di ogni possibile tripudio di colori, di ogni arzigogolo della riflessione, rimarrà sempre un qualcosa di troppo nascosto da capire, un qualcosa di troppo buio da vedere.


As Shingle22j aims to be a landing point for ideas and a meeting place for artists worldwide, it could not miss artworks coming from the twinned municipalities of Anzio and Nettuno. For this edition of Shingle22j we have choosen two artists from these cities. The first artist is Marianna Constanti, that works and resides in Paphos, coastal city in the southwest of Cyprus and European Capital of Culture for 2017. The second artist is Marianne Weiland, from Bad Pyrmont, city in Lower Saxony, Germany. In Christ on the house of Mary and Martha Marianna Constanti dialogues with the original 1620 Diego Velazquez’ painting, revisiting it through the photographic medium, turning it into a reflection on the woman as “domestic goddess”, stuck in the house chores instead that being interested on other activities. Velazquez worked on the Gospel account about Christ being a guest of the sisters Martha and Mary as a symbol of the medieval theological distinction between vita activa and vita completiva, distinction between doing and thinking, between the slavery of the manual labor and the freedom of the contemplation of the divine. Marianna Constanti, even giving the sensation of showing us something identical to the original composition from Velazquez, cuts out the women in the foreground of the painting, focusing only on the woman seen cooking, especially on her hands. Her objective is to show the “domestic goddess” as a robot without face nor personality, similarly to what we have seen in the ironic Semiotics of the Kitchen by Martha Rosler. Hence, the sensation of being in front of a simple reproduction of an older painting is just an illusion. More details tell us that what we are watching is way more close to us instead of what it seems at first: the eggs have an expiry date stamped on, something at least unusual in a XVII century painting, a small detail that tells us that the piece is strictly contemporary, not only in the production but also in the contents. It’s us in the end that must identify with the faceless woman, it’s us that must feel the imposition of a role that keeps us away from freedom of being and thinking, freedom that is running in the background while we grind garlic with a pestle. In Don’t forget to get pregnant Marianna Constanti, through completely different means, still reflects on roles imposed to women in contemporary society. The piece is a black and white photo taken from a series of autobiographical pictures called “Re-mind me” dated 2007. The artist chose from a series of videos of herself single frames isolating specific parts of her body that were then connotated using common objects (a post-it, a necklace, a thermometer, etc..). Constanti’s work takes is title from the post-it ironically placed by the artist on her belly, showing that imposed roles don’t leave any space to personal choice and change a person into a simple “thing”, thus having an expiry date for the expected performances, here, obviously “getting pregnant”. The other side of the coin is depicted by Marianne Wieland’s work, The Mysterious that seems at first a simple and minimal installation. But, as Bruno Munari wrote, to complicate is easy, to simplify is hard. Marianne Wieland brings this principle to a higher level, trying to express, with just a bunch of colored cloths, even the mistery. Mistery that hides behind these colorful cloths, colored in such a flamboyant manner that they strongly capture the eye of the observer. As misteries of faith, revelations too big for reason to be truly understandable, the explosion of light and color of the Wieland’s installation hides inaccessible and obscure folds. Being open and fluttering, or closed and sealed, however every cloth shows a darker side. Just like as, under a Burqa, or exposed on a cover, still a woman hides a mistery, is a mistery, never completely understandable. A mistery that can be her soul, hidden by the apparel of the role, or her body, transformed from thousands of trappings, or even her sexuality, buried under taboos. Mystery then as the life of human beings that lies behind the contingencies of history and culture. Culture that maybe is forced, but at the same time can protect from such an unknown abyss. In conclusion Marianne Wieland shows us that words, cultures, images, will never give us the sense of life and that beyond every possible triumph of colors, every possible acrobatics of reason, something too dark to see, to complex to understand.

This section was translated by Manuela Vela and Gino Querini


Christ on the House of Mary and Martha - 2011 c-type photography 90 x 111 cm

Marianna Constanti (Paphos)

Cristo in casa di Marta e Maria - 1620 ca olio su tela 60 x 103,5 cm

diego velรกzquez


Silver Gelatin Prints 30 x 40 cm

Don’t forget to get pregnant (“Re-Mind me” series) 2007

Marianna Constanti (Paphos)


Le misteriose/The mysterious 2011

Marianne Weiland (Bad Pyrmont)

installazione (tela e colori acrilici) 180 x 60 cm



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