Mestieri d'Arte e Design n°9

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Te s s i t o r i d i m e ra v i g l i a

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in occasione delle tradizionali fallas, Valencia si illumina a festa: con i colori dei fuochi e della seta

Federica Cavriana foto di Manuel Scrima

consuetudine secolare Sopra, tessitura di un prezioso espolı´n su un telaio del XIX secolo presso la Rafael Catalá, azienda di 244 anni.

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Valencia celebra ogni anno la ricorrenza di San Giuseppe con le Fallas: un’esplosione di luminarie brillanti, canti, musica e tutto l’entusiasmo delle persone accorse per questa movimentata festa. E in onore del Santo protettore dei falegnami ogni anno carpentieri, pittori, scultori, artesans falleros lavorano per mesi per realizzare le fallas, enormi installazioni scenografiche rappresentanti scene di attualità o messinscene caricaturali, popolate da grandi pupazzi chiamati Ninots. I maestri dei fuochi pirotecnici studiano nuove combinazioni di luci, scoppi, colori per i numerosi spettacoli pomeridiani delle mascletá e del grande espectáculo di fuochi d’artificio della notte tra il 18 e 19 marzo, La nit del foc. E ancora altri artigiani mettono la propria esperienza al servizio delle figure più importanti della festa: le Falleras Mayores, che per un anno saranno le regine della città. Ogni volta tra le fanciulle chiamate a rappresentare le contrade, le falleras, si sceglie una ragazza che viene eletta fallera mayor, e una bimba che diventa fallera mayor infantil. Per loro vengono creati a mano gioielli sul modello di quelli antichi, pettini e pettinini per le acconciature, monili, calze ricamate, abiti stupendi. E il lucente tessuto che le veste, declinato in infinite tonalità di colore e finissimi decori che riecheggiano i secoli XVIII e XIX, è il vero orgoglio dei falleros. Si tratta della seta: materiale sovrano delle Fallas, il più prezioso, che a Valencia è ancora tessuto a mano. Ma se la seta artigianale di Valencia è ora legata a doppio filo alla produzione degli abiti regionali delle Fallas, e ne è uno dei simboli, la sua storia è più antica. Nell’VIII secolo gli arabi importarono durante la loro dominazione i segreti relativi a questo tessuto; le sete divennero una parte fondamentale della produzione manifatturiera della regione finché nel XV secolo, il «siglo de oro», grazie anche alle nuove tecniche di tessitura importate da immigranti vellutieri genovesi, nacque la Gilda dei Vellutieri, poi dei Setaioli, fondata nel 1494 con sede presso il neonato Colegio del arte mayor de la seda, oggi archivio storico. Testimonianza di quel periodo dell’importanza di questa piazza commerciale è la Lonja de la seda, il mercato della seta, realizzato per essere luogo di trattative condotte all’ombra dei suoi maestosi colonnati in stile gotico fiammeggiante, edificio così bello e significativo da valere il riconoscimento dell’Unesco di Monumento patrimonio dell’umanità. Dopo un periodo di crisi dovuto alla concorrenza con altre città in auge presso la Corte, come Toledo e Siviglia, la seta valenciana conobbe nuova floridezza nel ’700, quando i Borbone, appena insediatisi sul trono, importarono le ultime mode di Versailles. La città spagnola seppe sfruttare queste contaminazioni, creando sete dai motivi iconografici di grande bellezza e realismo, ricamati di rose, margherite e gigli dalle eleganti sfumature, e diventando uno dei centri produttivi più acclamati, con ben 25mila persone impiegate nella filiera. Quegli stessi disegni settecenteschi vengono utilizzati ora dagli indumentaristi, ossia gli artigiani, sarti-stilisti, che si occupano della confezione degli incredibili vestiti regionali valenciani. Le cose

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