Mestieri d'Arte e Design n°9

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Mestieri dArte Design cultura

Le Giornate europee che trasformano il talento in professione

Londra

La sellaia inglese Mia Sabel ha nelle mani le redini della sua vita

Milano

In casa prende forma l’eccellenza dell’arredo made in Italy

Shanghai

All’Arts and crafts museum il fascino discreto di opere senza tempo

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Fin dagli albori dell'orologeria si realizzano incisioni sulle casse, sui quadranti e persino sui più piccoli componenti dei movimenti degli orologi. Oggi Vacheron Constantin perpetua questa tradizione offrendo agli incisori degli eccezionali spazi d'espressione.

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L'incisore riproduce degli elementi decorativi sul materiale del movimento o su dei componenti della cassa, incidendoli con grande precisione. Questo lavoro di "scultura in miniatura" realizzato a mano richiede sensibilità artistica ed estetica e un'eccezionale abilità manuale.

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GRAZIE La Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte desidera ringraziare i generosi benefattori che, grazie al loro supporto, hanno permesso di mettere a bottega ventisei giovani artigiani di grande valore, nell’ambito del progetto “Una Scuola, un Lavoro. Percorsi di Eccellenza”. VENTISEI GIOVANI. Il numero dei ragazzi messi a bottega è quasi triplicato: dai dieci giovani tirocinanti del 2013 siamo arrivati a ventisei nel 2014, provenienti dalle migliori scuole d’arti e mestieri d’Italia. SETTE REGIONI. I nostri tirocinanti sono attivi in Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Campania. In ogni Regione sono state sviluppate apposite convenzioni. DIECI MESTIERI. I nostri giovani stanno imparando a bottega i mestieri più nobili del saper fare italiano: il restauro, la liuteria, la gioielleria, l’oreficeria, la ceramica, la ristorazione, la meccanica, la maglieria, la scenografia, la vetreria artistica, il restauro di organi storici.

OTTO BENEFATTORI. Questo straordinario risultato è stato raggiunto grazie alle “adozioni”, erogazioni liberali che la Fondazione Cologni ha ricevuto da generosi donatori. Il nostro grazie, sentito e sincero, va dunque a Banca Ifigest, Crossfid Servizi Finanziari, Driade, Fondazione Manlio e Letizia Germozzi Onlus, Fondo Vasco Ferrante, Giampiero Bodino, Patrimony 1873, UBI-Banco di Brescia. UN GRANDE PAESE: l’Italia. La cui eccellenza si basa sul saper fare dei maestri d’arte che si dedicano con passione alla creazione di quel “bello” che tutto il mondo ammira. E che, ogni giorno, sono chiamati a trasmettere il loro saper fare alle nuove generazioni: i maestri di domani. CENTO TIROCINI. È l’obiettivo che ci siamo posti, e al quale vogliamo arrivare entro il 2015: un traguardo certo difficile ma non irraggiungibile, anche grazie al vostro aiuto.

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Editoriale

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la grande bellezza nell’equazione qualità = emozione È il connubio vincente nel fatto a mano, che dobbiamo assaporare nella nostra quotidianità per piacere estetico ma prim’ancora per il suo valore intrinseco La grande bellezza è il fatto a mano. È il design che accompagna l’artigiano contemporaneo nel futuro. In un universo che vive di tecnologia, certo, ma non può rinunciare alla mente umana, alla capacità di analizzare, selezionare e scegliere. Come ama ripetere Franz Botré è un fattore legato all’equazione QE: qualità ed emozione. Proprio così, un connubio foriero di gusto in una società che apparentemente sembra delegare ad altri la ricerca del bene proprio, assorbita com’è dal tumultuoso incedere della microquotidianità. Sembra. Ma a guardar bene non è così. Non per chi è padrone di se stesso. Non per chi assapora l’essenza stessa del saper vivere in ogni sfumatura. Un assunto che trova la propria applicazione pratica nel prodotto di manifattura, scelto per il proprio piacere estetico ma prim’ancora per il valore intrinseco della sua manualità, per l’innovazione, per l’unicità. Il tutto nel momento celebrativo per eccellenza, che in Italia si sintetizza nel Salone internazionale del mobile.

questi valori si nutre l’uomo del XXI secolo. Leggiamo sulla stampa internazionale, nelle pagine finanziarie, di numeri che certificano i contenuti di neologismi etichettati come spread e Pil. Succede sempre così. Non appena uno inizia a prender confidenza con un acronimo, puntuale emerge una nuova sigla che svela ciò che non abbiamo neppure mai sospettato. I mercati vivono di questo. E l’individuo ne rimane spesso stordito. Sono indicatori di un benessere ricercato che cozza però con il reale. Perché è innegabile che per calcolare fattori che fotografino l’effettivo tasso di apprezzamento della vita quotidiana, non si possa prescindere da un ulteriore elemento: la qualità della vita. Il welfare. O meglio il well-living. Lo sa bene Vacheron Constantin, che esalta il saper fare necessario al saper vivere e ne promuove la trasmissione con iniziative culturali di livello europeo.

E

Per questo Mestieri d’Arte & Design ha scelto, nel suo caleidoscopio di meraviglie, di raccontare la casa di chi riesce ad apprezzare le qualità artigianali di ogni singolo elemento dell’arredo, con l’identica cura con la quale arricchisce una collezione d’arte, sceglie un capo d’abbigliamento sartoriale, seleziona le bottiglie che identificano il padrone di casa. È un modo di vivere, un’attitudine all’eleganza, coltivata sin dalla tenera età attraverso l’educazione al gusto che è un mix visivo e sensoriale. Frequentare le botteghe, respirare un’atmosfera fatta di esperienza, soffermarsi sul dettaglio, ammirare il tratto di grafite che si è trasmutato in un prodotto finito nel quale convivono nuove conoscenze e antichi saperi. Qualcuno parla di italianità antica, che per noi è un dato naturale a tal punto da non farci più neppure caso. Ma anche altrove nel mondo si individuano affinità elettive. Nei Tesori viventi del Giappone come nella creatività delle cucine, nella modernità di lavorazioni delle Americhe e nello straordinario archivio di testimonianze che è la Cina ipermoderna nella quale brillano le eccezionali capacità di lavorazioni che esaltano un museo dedicato proprio ai mestieri d’arte. Scrivo questo per introdurre un altro concetto: la grande ricchezza. Perché di questi contenuti e di

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Ecco, leggendo il nuovo numero si finisce con il ritrovarsi immersi in questa ricchezza della materia e al tempo stesso dell’anima. Perché è questo lo spirito con il quale affrontiamo ogni nuovo Salone del mobile. Alla ricerca della bellezza, della grazia, dell’armonia, dell’iperbole, della poesia stessa del vivere. Che è arte dell’abitare. Che nasce da un elemento ed è capace di ramificare nelle varie declinazioni della felicità. Un viaggio nell’unicità del nostro savoir-faire, che possiamo intraprendere anche sfogliando le preziose pagine del libro La nobiltà del fare (Electa), promosso da Acqua di Parma per testimoniare quelle abilità che hanno caratterizzato il lavoro degli artigiani e degli artisti italiani sin dal Medioevo. Crediamo che questi viaggi siano meravigliosi, perciò continuiamo a raccontare con entusiasmo storie di ingegno e talento, di manualità, di taglio e cucitura. Che si riflettono ovunque trovi fertile sponda di una cromatura, di un trattamento del bambù, nella manifattura pregiata che impreziosisce i meccanismi di un segnatempo. Sono questi i giacimenti del nostro futuro. Che devono essere tutelati da leggi ispirate alla saggezza, insegnati nelle scuole, divulgati come valori e tramandati come segreti del mestiere, di generazione in generazione, nelle botteghe artigiane come negli istituti di specializzazione. Perché è nella bellezza e solo nella bellezza che si sviluppa una società migliore.

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Editoriale LA GRANDE BELLEZZA NELL’equazione QUALITà = EMOZIONE di Gianluca Tenti

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Mestieri dArte Design cuLtura

Le Giornate europee che trasformano il talento in professione

Londra

La sellaia inglese Mia Sabel ha nelle mani le redini della sua vita

MiLano

In casa prende forma l’eccellenza dell’arredo made in Italy

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Shanghai

All’Arts and crafts museum il fascino discreto di opere senza tempo

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In copertina, una fase della smaltatura presso gli atelier di Sèvres. Foto di Gianni e Tiziana Baldizzone, dalla mostra «Transmettre» sostenuta da Vacheron Constantin.

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Botteghe Libri Premi Iniziative Fiere Mostre ALBUM di Stefania Montani

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Tessitori di meraviglia ESPLOSIONE SERICA di Federica Cavriana

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Vademecum ambrosiano MILANO SU MISURA di Alessandra de Nitto

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Network di qualità PERCORSI DI FORMAZIONE di Alberto Cavalli

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Ritorno alle origini SORGENTE CREATIVA di Francesca Sammartino

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Energia dal profondo La sacralità del bambù di Akemi Okumura Roy

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Musei nascosti La cultura al popolo di Caroline Roberts Cavalcare la tradizione ALLE REDINI DELLA MIA VITA di Giovanna Marchello Educare al valore LE FUCINE DEL BUON ESEMPIO di Alessandra de Nitto L’arte dell’abitare l’ESSENZA DEL DESIGN

Preparare all’eccellenza di Gérard Desquand CONIUGHIAMO AL FUTURO IL SAPER PENSARE

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Difendere i tesori SVEZIA AUTENTICA di Gunnar Almevik Forme per il comfort DISCORSO SUL COMODO di Ugo La Pietra Un patrimonio spettacolare IL TEATRO È LA PARABOLA DEL MONDO di Susanna Ardigò Maestri del design COMUNICARE IL SAVOIR-FAIRE di Ali Filippini Progetti speciali SCENARI FATATI di Eugenio Monti Colla Sapori e saperi IL SENSO DELLA VIRTù di Alessandra Meldolesi

Opinioni

Fatto ad arte di Ugo La Pietra L’ECCELLENZA CHE NON FA LA DIFFERENZA Pensiero storico di Flaminio Gualdoni ANCHE L’ARTIGIANO DEVE PARLARE CON LE MANI

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La grazia del progresso SCULTURE IN MOVIMENTO di Alberto Cavalli

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La forza dell’invenzione di Cesare De Michelis L’EMOZIONANTE RICERCA DELLA REGOLA DEL TALENTO Ri-sguardo di Franco Cologni IL SAPER FARE è UN ANELITO DI RETTITUTINE

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Collaboratori

A RTI G I A NI D E L L A PA R O L A Ali Filippini

Ha un dottorato in design presso l’università Iuav di Venezia con una ricerca sulla storia dell’esporre in ambito sia merceologico sia culturale. Collabora con riviste di settore, affiancando all’attività giornalistica ed editoriale quella formativa e curatoriale.

Dopo essersi occupata della comunicazione per grandi brand del lusso, lascia Tokyo e il natio Giappone per seguire a Londra il marito, fotografo inglese. Lavora ora come corrispondente per numerosi media nipponici.

Giovanna Marchello

Eugenio Monti Colla

Cresciuta in un ambiente internazionale tra il Giappone, la Finlandia e l’Italia, appassionata di letteratura inglese, vive e lavora a Milano, dove si occupa da 20 anni di moda ed è specializzata in licensing.

È a capo di una delle più antiche compagnie marionettistiche, per la quale ha scritto 34 testi. Laureato in Storia del teatro, docente e sceneggiatore, fondatore e presidente dell’Associazione Grupporiani, gira il mondo con gli spettacoli e le mostre di cui cura gli allestimenti.

Cesare De Michelis

Alessandra Meldolesi

Presidente di Marsilio editori. Ha insegnato letteratura italiana moderna e contemporanea all’università di Padova. Dal ’72 dirige la rivista Studi novecenteschi ed è condirettore di Lettere italiane. Autore di numerosi testi di storia e critica letteraria e curatore di edizioni di vari scrittori italiani, collabora con varie testate.

Dopo gli studi universitari ha conosciuto il coup de feu e il coup de foudre dell’alta cucina dietro i fourneaux di Parigi. Oggi è appassionata food writer che miscela saperi e sapori, giornalista e traduttrice specializzata, con un vero debole per la cucina d’avanguardia.

Gunnar Almevik

GÉrard Desquand

Dirige il Craft laboratory dell’università di Göteborg, dove supervisiona i progetti di restauro e le attività di ricerca portate avanti presso i luoghi culturalmente rilevanti del Paese. è responsabile dell’alta formazione in mestieri della costruzione e del paesaggio presso il Dipartimento di conservazione dell’ateneo.

Presidente dell’Institut national des métiers d’art, nominato Maître d’art nel 2006, è un incisore specializzato in araldica: mestiere raro e raffinato che ha ereditato per tradizione familiare e che insegna presso la scuola Estienne. Nel 1979 è stato nominato Meilleur ouvrier de France.

Caroline Roberts

Flaminio Gualdoni

Vive a Hong Kong e ha una lunga esperienza nel mondo del lusso, avendo lavorato nella regione dell’Asia-Pacific per brand come Louis Vuitton, Giorgio Armani, Dolce & Gabbana. Ha un’avviata attività di consulenza in marketing e comunicazione, e coordina nella regione numerosi progetti editoriali.

Direttore editoriale: Gianluca Tenti Grafica: Francesca Tedoldi

Mestieri d’Arte Semestrale – Anno V – Numero 9 Aprile 2014 Direttore responsabile ed Editore: Franz Botré Editor at large: Franco Cologni Direttore creativo: Ugo La Pietra

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Akemi Okumura Roy

Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte Direttore generale: Alberto Cavalli Editorial director: Alessandra de Nitto Organizzazione generale: Susanna Ardigò Hanno collaborato a questo numero. Testi: Gunnar Almevik, Augusto Bassi, Andrea Bertuzzi, Alessandro Botré, Federica Cavriana, Valentina Ceriani, D&L Servizi editoriali, Cesare De Michelis, Gérard Desquand, Ali Filippini, Flaminio Gualdoni, Giovanna Marchello, Alessandra Meldolesi, Stefania Montani,

Insegna Storia dell’arte e Storia del design all’accademia di Belle arti di Brera. Ha diretto la Galleria civica di Modena, i Musei civici di Varese e la fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano. Dirige la rivista La ceramica in Italia e nel mondo e tiene la rubrica «Il criptico d’arte» in Il giornale dell’arte.

Eugenio Monti Colla, Akemi Okumura Roy, Caroline Roberts, Francesca Sammartino. Immagini: Tiziana e Gianni Baldizzone, Colin Coutts, Dario Garofalo, Kimimasa Naito, Laila Pozzo, Susanna Pozzoli, Manuel Scrima, Bono Yan.

Pubblicazione semestrale di Swan Group srl Direzione e redazione: via Francesco Ferrucci 2 20145 Milano Telefono: 02.3180891 info@monsieur.it

Mestieri d’Arte & Design è un progetto della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte Via Lovanio, 5 – 20121 Milano www.fondazionecologni.it © Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte. Tutti i diritti riservati.

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Manoscritti e foto originali, anche se non pubblicati, non vengono restituiti. È vietata la riproduzione, seppur parziale, di testi e fotografie.

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l’eccellenza che non fa la differenza Questo attributo, nato per identificare chi spicca, non è capace di certificare se stesso. Per farlo, avrebbe bisogno di scuole e di esperti in grado di selezionare il meglio e offrirlo in un’esposizione permanente

Il tentativo di elevare la qualità della grande produzione di oggetti di artigianato, troppo spesso espressione di cattivo gusto e di nessuna, o di una scarsa, qualità di progetto, è stato più volte affrontato cercando di creare una discriminante tra le produzioni con l’uso del termine eccellenza. Attributo che è stato fin troppo abusato in mostre e fiere, non riuscendo mai a fare davvero la differenza. Nelle varie aree di produzione, malgrado i tentativi di elevare la qualità del prodotto artigianale fatti negli ultimi 30 anni da parte di alcuni progettisti, non sono mai cresciute società di servizio o centri culturali in grado di fornire modelli autorevoli e permanenti per gli artigiani.

C

Gli istituti d’arte sono stati ridotti a scuole superiori senza laboratori e non si sono sviluppate le produzioni di valore, secondo il modello produttivo e commerciale delle «edizioni», il più adatto per sostenere questo tipo di proposte. Così, in questi ultimi anni, la cosiddetta eccellenza non si è in realtà sviluppata nelle centinaia di aree italiane di produzione artigianale: dal mosaico di Monreale alle ceramiche di Nove, dal Sud al Nord. Purtroppo l’unico atto finora messo in campo dalle istituzioni per la salvaguardia del valore dell’artigianato locale lo troviamo rivolto alle tradizionali aree della nostra ceramica. Si tratta di disciplinari che fissano i canoni della produzione, dell’uso dei materiali, dei

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decori, dai colori alle tecniche. Sono quindi elementi che dovrebbero definire una sorta di marchio in grado di garantire l’autenticità dell’opera. Autenticità ma non qualità! Perché è facilmente immaginabile che se anche l’artigiano rispettasse i canoni disciplinari indicati, non per questo avremmo di conseguenza una produzione esteticamente di qualità tale da poter garantire l’uso della parola eccellenza. L’eccellenza per essere garantita avrebbe bisogno di buone scuole, di un gruppo di esperti capaci di selezionare i migliori modelli tali da definire una raccolta di opere per la realizzazione di una esposizione permanente. La Permanente, istituzione in grado di rappresentare per tutti gli artigiani un riferimento autorevole, soprattutto per l’aspetto estetico ma anche per l’orientamento del mercato. Ciò che si fece a Cantù negli anni 50 continua a essere il modello a cui ispirarsi: alcuni architetti (Zanuso, De Carli, Ico Parisi) organizzarono mostre, premi e la Permanente, esaltando il marchio del mobile di Cantù, la cui produzione ancora oggi è segnata da quel valore aggiunto che riuscirono a imporre attraverso l’attività politica e culturale. Per ottenere l’eccellenza non basta quindi definire norme e canoni disciplinari ma occorre incentivare la ricerca, chiamando persone in grado di sviluppare un processo, ancora troppo poco attivato, di collaborazione tra cultura del progetto e cultura del fare.

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C’è UNA QUALITà CHE PARLA TUTTE LE LINGUE DEL MONDO. PERCHé L’ECCELLENZA NON HA CONFINI D A S

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Russia Vedomosti (business, piattaforma digitale) Kak Portrait (lifestyle, supplemento) Fashion Collection (mensile) Izvestia (quotidiano) Ya Pokupayu Shopping Guide (mensile)

Francia The Inflight Media Specialist Imm International (distribuzione worldwide)

Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar, Libano, Kuwait, Bahrain Layalina, Madame Figaro, Mondanité, Hi!, Blitz, Marie Claire Kuwait (femminili, mensili) Adam & Eve, Platinum, Russian Emirates (bimestrali) Edge (arredamento e design, trimestrale) Hunting and Safari (caccia, trimestrale) Mojeh (fashion, bimestrale)

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Passos testa “saída à portuguesa”

Logótipo da Fatura da Sorte

O logótipo do sorteio da Fatura da Sorte é divulgado na próxima semana. O desenho, que o Expresso divulga em primeira mão, conjuga um trevo da sorte, uma fatura estilizada e as quinas da bandeira nacional. O Governo quer arrancar com os sorteios em abril. Integram esta edição semanal, além deste corpo principal, os seguintes cadernos: ECONOMIA, REVISTA, ATUAL e EMPREGO e ainda BTL — FÉRIAS E VIAGENS e ANGOLA BUSINESS

Portugal sob vigilância por mais 20 anos > Expresso revela capítulos do novo livro do Presidente sobre o pós-troika > Cavaco prefere saída com cautelar > “É uma ilusão pensar que as exigências de rigor irão desaparecer em meados de 2014” > “País continuará sujeito a acompanhamento rigoroso” P4

PSP envia imagens da manifestação para o MP

COMPUTADOR, O MELHOR AMIGO DO HOMEM? P22

Mota-Engil ganha processo dos contentores

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DEAD COMBO: ENTREVISTA SOBRE O NOVO ÁLBUM A6

Polícia detetou indícios de crime durante o protesto. Ministério Público decide se há acusação Três agentes da PSP estrategicamente distribuídos pela escadaria da Assembleia da República filmaram os incidentes da manifestação dos agentes das forças de segurança desde o primeiro minuto. As imagens, captadas na última quinta-feira, vão ser enviadas ao Ministério Público porque, de acordo com um responsável da polícia, fo-

ram detetados comportamentos “que podem constituir crime”. Será o procurador que receber as filmagens a decidir se há ou não matéria para avançar com processos contra os manifestantes que aparecem nas imagens. Durante a manifestação, foram detidos para identificação dois guardas prisionais que furaram o cordão poli-

cial e se envolveram em escaramuças com elementos do Corpo de Intervenção. Foram libertados ao final da noite. Houve dez feridos sem gravidade. A atuação da polícia valeu ao diretor nacional da PSP um telefonema de parabéns do ministro Miguel Macedo, que resistiu a mais um teste de fogo com os políP10 cias.

france

Divisão no Governo põe venda da TAP em risco

Alain Dominique Perrin in the land of Malbec honG KonG

Professional buyers, 8 experts of international wines

Pires de Lima acha difícil lançar o processo este ano. Se a privatização não avançar até setembro, só deve acontecer depois das E8 legislativas de 2015

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First Lady of Napa Valley Margrit Mondavi

Impostos baixos estão a atrair franceses

february/march 2014

UGT critica FMI

Uma delegação da UGT, chefiada por Carlos Silva, participou esta semana numa reunião conjunta do FMI e do Banco Mundial, aproveitando para criticar “o divórcio entre as palavras e os atos” dos dirigentes do Fundo perante o “fracasso” do programa de apoio financeiro a Portugal. Carlos Silva afirmou que o FMI deve “alterar o que está errado” no programa de ajustamento e defendeu o aumento do salário mínimo.

Mercado imobiliário está a ser invadido por investidores europeus que procuram Portugal com o objetivo de pagar menos impostos E26

Italia Monsieur (lifestyle, mensile) Spirito diVino (vino, bimestrale) Arbiter (sartoria, semestrale) Mestieri d’Arte & Design (quadrimestrale) Arts & Crafts & Design (quadrimestrale distribuzione worldwide) The Official Ferrari Magazine (quadrimestrale distribuzione worldwide) Book Moda (Donna, Uomo, Sposa, Bambini, distribuzione worldwide)

Portogallo Expresso (settimanale) Revista (settimanale) Activa (femminile, mensile) Caras Decoração (femminile, mensile) Visão (settimanale)

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The whole world meets at Mandarin Oriental SInGapore

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Um concerto em Grândola no dia 25 de abril é um dos pontos do programa promovido pelo Governo para comemorar os 40 anos da revolução. Organizado em conjunto com a autarquia, o concerto conta com a presença de Paulo de Carvalho e do maestro Rui Massena.

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Governo leva 25 de abril a Grândola

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Passos Coelho vai analisar com Angela Merkel, a 18 de março, em Berlim, o pós-troika. O primeiro-ministro ainda não desistiu de um programa cautelar, mas a Alemanha torce o nariz. Uma terceira via — saída limpa com garantias — estará em análise. P7

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Pensiero storico

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anche l’artigiano deve parlare con le mani La straordinaria ricchezza di competenze e sensibilità che ne ha intagliato la storia rende l’Italia il luogo principe dove la sapienza comune può prendere forma. Basta distinguere fra arte e arti... Una volta avvenne che Annibale Carracci, mentre il fratello Agostino era impegnato in una dotta dissertazione sul Laocoonte e sulle virtù mirabili dell’arte degli antichi, si mise a disegnare su un muro il famoso gruppo scultoreo. Interrogato sul perché di questo suo gesto egli rispose: «Noi altri dipintori habbiamo da parlare con le mani». L’aneddoto è celebre e quanto mai pertinente per ragionare, oggi, su quanto l’artifex bonus, l’artefice che sa attraverso il proprio stesso fare, sia figura radicatissima nella nostra tradizione artistica, e a un tempo quanto possa essere nuovamente attuale. Parlare con le mani è quanto fanno non solo i «dipintori», ma tutti coloro che le tecniche delle arti rendono partecipi, in gradazione d’importanza e responsabilità, ma in pari necessità, del processo fervido e a tratti sapienziale del fare. Era così nella bottega rinascimentale nella quale, contrariamente all’opinione corrente, non si producevano solo capolavori, ma in unico processo le opere di gran committenza e quelle che oggi chiameremmo arti applicate: presso Bernardo di Stefano Rosselli, tra fine ’400 e primi ’500, per esempio, a fianco di pale d’altare e tavole dipinte sappiamo che si fabbricavano anche pitture su carta e pergamena, ceri ornati, gessi colorati, stemmi, decorazioni per travi, cornici, letti, mobili, gabbie per pappagalli, tessuti dipinti, insegne di botteghe e alberghi, specchi, targhe, panieri.

tori, stuccatori e arazzieri». Erano questi uomini d’arte, tutti coloro che condividevano un sapere, un saper fare, un gusto. Quando i lavori condotti «industriosamente dalla dotta mano», così il Vasari, dei grandi artisti saranno valutati diversamente dalle prove degli altri uomini d’arte, accadrà non solo che, come lamenta nel ’700 JeanBaptiste abbé du Bos, «il desiderio di essere reputato un genio universale degrada molti artigiani», ma anche che si perda di vista il fatto naturale che il carisma dell’artista sia solo un’eccellenza intellettuale rispetto alla solida, conosciuta, condivisa, sapienza comune; che l’ingenium non possa non rilevare laddove non sia ars.

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Giovanni Paolo Lomazzo, pittore e teorico, nel tardo ’500 parla degli artefici, di «alcuni moderni eccellenti nelle arti loro» che sono, oltre a pittori, scultori, architetti, «matematici, intagliatori di stampa e di arte così in legno come in rame e ferro, orefici, cuniatori di medaglie, tornitori d’ovati, statuari, machinatori, ricamatori e ricamatrici, plastificatori, miniatori, maestri di lima, inventori del dar il lustro al ferro, intagliatori di basso rilievo nel ferro, periti nell’arte della gemina, intagliatori ne’ camei e nel cristallo, orologieri, scalpellini, inventori di organi idraulici, prospettivi, amolatori di piastre, gitta-

L’Italia è il luogo per eccellenza in cui non solo ciò è stato, ma ancora è, in ragione della continuità senza soluzioni e della solidità dell’area creativa e fabrile circostante l’arte «pura» che, secondo le parole dello storico dell’economia Enrico Stumpo, «ha permesso probabilmente di integrare l’economia manifatturiera di centri famosi come Firenze, Venezia, Genova, Roma o Milano, con una produzione diversificata di oggetti non solo artistici ma sicuramente di lusso, armi, gioielli, argenterie, libri, strumenti musicali, addobbi, mobili, ceramiche e maioliche, quadri, statue, stucchi, monete, medaglie, stampe, incisioni, specchi, lampadari». È un ambito che dal ’400 si inoltra pienamente nel ’900 e giunge ai giorni nostri, a una «economia dello sfarzo» e a un lusso dell’intelligenza che chiamiamo design e alta moda, e in generale made in Italy; un sapere che, attraverso fortune, non promette d’essere tanto modernamente antico, quanto anticamente moderno. Nel ’700 Mary Wortley Montagu scriveva: «Più percorro l’Italia e più mi convinco che gli Italiani sono dotati in tutto e per tutto – mi si passi l’espressione – di uno stile che li distingue in maniera quasi determinante dagli altri popoli europei. Non saprei dire da dove abbiano saputo trarlo, se dal genio naturale o dall’imitazione degli antichi, o per semplice ereditarietà. Che esso esista è fuori di dubbio».

lo storico del design *Flaminio Gualdoni insegna Storia dell’arte e Storia del design all’Accademia di Belle Arti di Brera. Ha diretto la Galleria Civica di Modena, i Musei Civici di Varese, la Fondazione Arnaldo Pomodoro di Milano.

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Preparare all ’eccellenza

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Coniughiamo al futuro il saper pensare Sta sorgendo una generazione di imprenditori creativi nati con le nuove tecnologie e attenti allo sviluppo sostenibile. Rispondono a un’aspirazione mondiale ad acquistare prodotti che abbiano identità e anima

* Presidente dell’Institut national des métiers d’art

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I mestieri d’arte sono per la Francia e per l’Europa i migliori ambasciatori del savoirfaire e dello stile di vita tipici dei nostri Paesi. Ma sono anche i veri attori e propulsori di un’economia creativa: all’incrocio tra arte, mondo delle imprese e tecnologia, gli atelier dei maestri d’arte costituiscono oggi dei veri e propri laboratori dell’innovazione, in grado di ingenerare delle ricadute tangibili nei settori connessi alle industrie creative come la moda, il lusso, l’architettura, l’editoria, il design. E se va da sé che mestiere d’arte sia sinonimo di saper fare, vale però la pena affermare anche un’altra verità, spesso ignorata o dimenticata: questo saper fare è anche e soprattutto un saper pensare. Dato che la maestria del gesto è legata intrinsecamente alla capacità di comprendere, di creare e di inventare, ecco che il campo dei mestieri d’arte diventa uno spazio di dialogo tra tradizione e innovazione. Osserviamo con interesse il sorgere di una nuova generazione di imprenditori creativi, artigiani e artisti della materia, designer-maker nati con le nuove tecnologie e con la preoccupazione dello sviluppo sostenibile, con la voglia di abolire le frontiere. E per i quali, come affermava John Ruskin, padre del movimento delle Arts & Crafts, «l’arte è bella quando la mano, la testa e il cuore lavorano insieme».

successo delle Giornate europee dei mestieri d’arte, organizzate dall’Institut national des métiers d’art, illustra ogni anno questa passione da parte di un pubblico sempre più numeroso e competente, alla ricerca di autenticità, di senso e di oggetti su misura. Questa tendenza di fondo è oggi incarnata in modo innovativo dal movimento Slow made, iniziato in Francia dall’Institut national des métiers d’art e da Mobilier national, e strutturato in una associazione, che è partner delle Giornate europee dei mestieri d’arte 2014. Facendo eco al «tempo giusto e necessario», ovvero al tempo del gesto al servizio della ricerca, della creazione e dell’innovazione difeso da Slow made, il tema centrale delle Giornate è «Il tempo e la creazione». In questo contesto il Palais de Tokyo di Parigi, tempio della creatività, accoglie dal 3 al 20 aprile la sua esposizione di punta mettendo in luce un dialogo tra artisti e artigiani d’arte internazionali, specializzati nei diversi materiali, attraverso una «Period room» contemporanea. La finalità è quella di far sorgere nuove fluidità tra arte e artigianato, tra il contemplativo e il funzionale, il senso e la forma, per creare un nuovo ecosistema creativo, sperimentale e interdisciplinare. Manifestazione di valorizzazione del nostro patrimonio immateriale e vivente europeo, le Gema hanno guadagnato dal 2012 una dimensione internazionale con la partecipazione di numerosi Paesi europei. Nel 2014 il cerchio si allarga ancora con una dozzina di Paesi che parteciperanno all’incontro: immagine di un’Europa solidale e fondata su una nuova economia, positiva e plurale. Mestieri di ieri e di oggi, i mestieri d’arte sono soprattutto i mestieri di domani. Coniughiamoli insieme, al futuro.

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Queste figure sanno creare nuovi modelli di impresa, spazi collettivi e collaborativi, dischiudendo le pratiche e rinnovando le produzioni per adattarsi e conquistare non solo nuovi mercati, ma anche un pubblico diverso: i mestieri d’arte rispondono a un’aspirazione mondiale ad acquistare prodotti che abbiano un’identità e un’anima. Prodotti di cui il tempo di elaborazione, la creatività, l’intelligenza manuale e la durata nel tempo costituiscono un valore aggiunto. Il

Traduzione dall’originale francese di Alberto Cavalli

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Nuove strade per la scoperta dei nostri mondi

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di Stefania Montani

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ALBUM Botteghe Libri Premi Iniziative Fiere Mostre

Antica Tipografia Biagini Lucca, via Santa Giustina 20/22/24 A Lucca, una delle storiche botteghe della città nota per l’eccellenza dei suoi manufatti ha recentemente ripreso vita grazie all’impegno di tre amici, uniti dall’amore per l’artigianato, che l’hanno rilevata dal proprietario Gino Biagini dopo avere appreso da lui, straordinario maestro, i segreti del mestiere. Sono Matteo Valesi, Ines De Labra, Roberto Paoli. Nei locali, volutamente conservati secondo il disegno originale, troneggiano macchine tipografiche ormai storiche: una Heidelberg Stella classica, una Leipzig platina del 1850, una Boston 1900, una Saroglia Platina tipografica del 1940... L’eccezionalità di questo laboratorio sta nella capacità dei proprietari di comporre ancora a mano i caratteri, come in passato, e di stampare creando ad hoc i colori, con inchiostri artigianali tra i quali vi è il grigio Biagini, la cui ricetta è, ovviamente, segreta. Un’infinità di cassetti nasconde migliaia di caratteri in lega di piombo e matrice in lega di ottone. Nell’Antica tipografia vengono anche effettuate stampe con lavorazioni a rilievo senza polveri, ma eseguite con bottelli in zinco o in bronzo. L’atelier è famoso anche all’estero per la realizzazione degli ex libris di cui conserva una delle collezioni più importanti d’Europa. www.anticatipografiabiagini.it

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ALBUM botteghe Riedizioni di Luisa Cevese Milano, via San Maurilio 7 Luisa Cevese è un’eclettica designer che ha iniziato giovanissima a disegnare tessuti, diventando poi l’anima del Centro di ricerca sperimentale del setificio Mantero, dal 1988 al 1995. Con il suo progetto Riedizioni, una linea di accessori per la persona e per la casa, quali borse, astucci, tappeti, tappeti da tavolo e sottopiatti, è stata una delle prime in Italia a utilizzare il materiale di scarto proveniente dall’industria tessile come materia prima. Un riciclo senza esclusione di materiali: dal cotone alla seta, dal legno alla plastica, dalla carta alla pelle e alla pelliccia. Questi residui, combinati con poliuretaMax Lamb Londra, 31 Crawley Road Eclettico e pieno di idee, Max Lamb è un giovane designer inglese (classe 1980) che ama sperimentare forme e materiali, nel segno della tradizione artigianale. Attratto fin da bambino dai processi creativi e dalle imprese manuali, ha poi coronato gli studi con un master al Royal College of art perfezionandosi al corso «Designer of the future» di Miami/Basel. La sua curiosità lo porta ad alternare vari tipi di materiali quali il legno, il granito, l’ottone, creando forme e complementi d’arredo sempre nuovi con lavorazioni speciali. Tra questi le sedute e i tavoli in granito realizzati in una cava in Cina utilizzando blocchi di granito e seguendone poi la forma; oppure il tavolo in peltro creato su una spiaggia della Cornovaglia con tecniche primitive, riproducendo sulla sabbia la forma desiderata e procedendo poi alla colata del metallo. Ma Lamb lavora anche il legno e nel suo laboratorio londinese di Tottenham realizza poltrone, letti, tavoli di grande leggerezza con un’architettura a incastro di listelli dalla differente lunghezza. Grazie a un sistema di forature, predispone gli incastri dei listelli dalle diverse dimensioni ed essenze fino a ottenere un processo di assemblaggio molto efficiente, moderno e creativo. www.maxlamb.org

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no puro, danno vita a una materia ibrida e contemporanea, adattabile a mille usi. La collezione Riedizioni è venduta e distribuita in varie parti del mondo, nei negozi di arredamento, abbigliamento e design, e nei negozi dei musei di arte contemporanea. I pezzi unici delle Riedizioni speciali, invece, si possono trovare nelle gallerie d’arte o direttamente nei temporary shop della creativa designer. Da anni Luisa Cevese collabora anche con molte aziende «grandi firme», in particolare del settore moda, sempre più interessate alla possibilità di riutilizzare il loro materiale di post produzione per nuovi e differenti progetti. In un’interessante nuova filosofia dei consumi. www.riedizioni.com

FALEGNAMERIA VITALINI Sankt Moritz, Samedan, Cho d’Punt 7 I tavoli da disegno, le assi di varie essenze appoggiate alle pareti, l’intenso profumo del legno che aleggia nell’aria e che proviene dal contiguo laboratorio. Nella falegnameria di Samedan, a pochi metri dall’aeroporto di Sankt Moritz, ci si può sbizzarrire nella scelta di mobili, porte, soffitti, pavimenti, accessori, da ordinare su misura. Giuseppe Vitalini, eccellente artigiano, da quasi 30 anni realizza, con un team di valenti collaboratori, arredamenti su misura per le più belle case della valle, negli stili desiderati: dal minimalismo più rigoroso all’engadinese di antica tradizione, con volute, intagli e intarsi. Il suo punto forte sono le rifiniture, accuratissime, e le patine che riesce a ottenere con le sue lavorazioni particolari. Straordinari i suoi soffitti a rilievo con cornicioni e stelle centrali, le librerie, le boiserie che rivestono intere stanze, gli armadi rifiniti con cerniere e serrature in ferro battuto oppure a scomparsa, i mobili da bagno e da cucina. Una nota a parte meritano anche i parquet in legno naturale, spesso combinati con pietra o altre essenze di legno, che vengono da lui posizionati senza vernici e che assumono in breve la bella patina del tempo. www.vitalini-engadin.ch

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ALBUM libri GEORGINE GLAENZER Parigi, rue de Lubeck 29 I suoi modelli sono esposti al Musée Galliera (Musée de la mode et du costume) di Parigi. Parliamo di Georgine Glaenzer, designer e geniale creatrice di copricapi che hanno varcato il confine della Francia. Interessante la sua storia: dopo dieci anni di esperienza nella progettazione industriale nel mondo dello sport, decide di lasciar volare la sua creatività ispirandosi all’arte giapponese degli origami. Scopre la fibra di banano, morbida e rigida nello stesso tempo, che le ha permesso di lavorare senza macchine né forme, scolpendo con le mani ogni modello come fosse una scultura. Le forme, quasi architettoniche, rispecchiano la sua esperienza grafica: linee, curve, archi, volute, arabeschi, drappeggi, plissettati. Nel suo atélier di Parigi dà vita a cappelli-sculture sempre nuovi fatti a mano in fibre di banano e piume, in tulle, in rafia, in cotone. I modelli non hanno un verso specifico, sono asimmetrici e possono essere indossati a seconda del gusto di ogni cliente. Ogni sua creazione è un pezzo unico su misura in stile aerodinamico. www.georgineg.com

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Interno/Esterno

(Corraini Edizioni) Uscito in concomitanza con la mostra alla Galleria Jannone di Milano, è dedicato alle Casette di Ugo La Pietra. L’architetto-designer ha ripercorso un momento storicamente importante: il passaggio dagli anni 70 agli 80, attraverso il recupero della concettualità dei primi, anticipando, attraverso aspetti ironici e spettacolari, il ritorno alla cultura del fare e il neoeclettismo dei secondi. Verificando un metodo d’analisi della stratigrafia sociale dell’odierno abitare.

Antico Setificio Fiorentino

(Swan Group Editore) La storia dell’eccellenza dell’Antico Setificio Fiorentino dai telai dell’epoca medicea al primo laboratorio nato dalla consociazione delle grandi famiglie della città che misero insieme telai e disegni per rifare i tessuti dei loro palazzi, fino al rilevamento negli anni 50 da parte del marchese Pucci. Dal 2010 l’azienda di moda Stefano Ricci lo ha acquisito assicurando la continuità di questa antica tradizione in mani fiorentine.

La soie est une poésie, une émotion délicate et noble. Elle l’est depuis ses anciennes racines, lorsqu’elle était tissée pour les vêtements des empereurs de l’Extrême-Orient. Venant de Xi’an, en passant par les rues de Damas, elle a conquis les plus belles cours européennes. Le sien fut un long voyage à travers les âges, immortalisé par les maîtres d’art dans l’opulence de leurs chefs-d’œuvre, arrivant à l’adresse de l’élégance pure, à Florence, où l’Antico Setificio Fiorentino tisse depuis 1786. Ses métiers à tisser à main et semi-mécanique tissent des rêves, enrichi par un ourdissoir vraiment merveilleux dessiné par le grand Léonard De Vinci. Bienvenue à la maison de la magnificence, où le travail de l’homme respecte des codes précieux pour donner élégance et sophistication à tous les passionnés de la beauté.

Via Lorenzo Bartolini 4 - 50124 Florence, Italy www.anticosetificiofiorentino.com

Gaetano Pesce a cura di Gianni Mercurio e Domitilla Dardi (Electa) Il catalogo della grande retrospettiva che il Maxxi di Roma dedica al designer-architetto-artista italiano di fama internazionale illustra i lavori dell’eclettico Gaetano Pesce, che ha fatto della diversificazione il punto di forza della sua produzione. Con l’uso illimitato del colore e l’utilizzo di materiali rivoluzionari, sviluppati grazie alle nuove tecnologie. La tarsia lignea Origini e segreti dei «legni tinti e commessi a guisa di pitture» di Francesca Fedeli (Edizioni Firenze/italiano e inglese) L’opera traccia la storia della tecnica della tarsia lignea, prendendo in esame le diverse tipologie esecutive. La prospettiva, scoperta nella Firenze dei primi anni del ’400, individuò proprio nella tecnica esecutiva della tarsia lo strumento più congeniale a rappresentare la nuova spazialità, che portò a definire i maestri di intarsio quali maestri di prospettiva. Elie Saab di Janie Samet (Editions Assouline) Scritto dalla nota giornalista francese Janie Samet, il libro celebra la creatività del grande stilista libanese, conosciuto anche come «ES». Nato a Beirut negli anni 60, ha iniziato giovanissimo a confezionare abiti per le donne della sua famiglia fino a partecipare alle sfilate dell’Alta moda parigina, divenendo un punto di riferimento per l’abbigliamento delle principesse delle case reali e delle celebrità. 100 Illustrators di Steven Heller e Julius Wiedemann (Taschen) Una panoramica dei 100 illustratori più importanti e di successo in tutto il mondo tratta dalla collana Illustration Now! Da una rosa di 600 candidati Steven Heller ha estrapolato 100 nomi e ha fissato una vivace istantanea del mondo dell’illustrazione contemporanea. Tra gli artisti: Istvan Banyai, Gary Baseman, Seymour Chwast, Paul Davis, Brad Holland, Mirko Ili´c, Anita Kunz e Christoph Niemann.

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Salone del Mobile Milano, Fiera Rho-Pero, 8-13 aprile Giunto alla sua 53a edizione, ha luogo come di consueto nei padiglioni della fiera di Rho-Pero, con ingresso riservato agli addetti ai lavori, espositori, giornalisti fino a sabato, mentre domenica 13 aprile l’esposizione è aperta al pubblico. Organizzato da Cosmit, il Salone è la più completa manifestazione al mondo del settore che conta circa 330mila visitatori, tra architetti, progettisti, interior decorator, distributori e persone legate al settore. Il tema scelto quest’anno, «Dove vivono gli architetti», si propone di indagare come vengono sviluppati gli spazi abitativi privati degli architetti contemporanei con una visita virtuale. Curatrice della mostra-evento è Francesca Molteni che si è addentrata nelle abitazioni private di alcuni dei più noti architetti del mondo, filmando gli esterni e gli interni, e registrando delle interviste nelle quali ognuno di questi personaggi racconta il motivo delle proprie scelte abitative e delle caratteristiche del proprio design. www.cosmit.it ART - Mostra Mercato dell’Artigianato Firenze, Fortezza da Basso 24 aprile-1 maggio «Ripartire dalle mani per investire sul futuro». Con questo slogan si apre la prossima mostra mercato dedicata ai pezzi unici plasmati da mani sapienti di artigiani dei diversi settori, che espongono i loro manufatti. Dal classico al moder no, dall ’etnico al contemporaneo, fino alle proposte

più innovative, a volte bizzarre, create da abili mani di maestri d’arte provenienti da più parti d’Italia e dall’estero. Con un’alta presenza delle botteghe fiorentine di antica tradizione. Il Paese ospite d’onore dell’edizione 2014 è l’Iran. www.mostraartigianato.it Clerkenwell Design Week Londra, Clerkenwell, 20-22 maggio Quinto appuntamento a Londra per l’annuale Mostra mercato del design che ha ricevuto riconoscimenti per la serietà e l’interesse suscitato. Una vera e propria kermesse con oltre 60 showroom che prevede mostre, installazioni, conferenze, animazioni nelle strade, laboratori, in un calendario fitto di eventi nel pulsante quartiere di Clerkenwell. Tante le aziende internazionali degne di nota che sono presenti negli stand, tra cui Vitra, Cassina, Knoll, Cappellini, Poltrona Frau, Elite, Boss, Porcelanosa, Scandinavian Seating, e tanti i designer internazionali, gli architetti e i creativi che animano la settimana con incontri e conferenze. www.clerkenwelldesignweek.com Maison et Objet Parigi, Paris Nord Villepinte 5-9 settembre Il tema attribuito alla nuova edizione del salone parigino, all’insegna del benessere e dello svago, è «Elsewhere»: per cinque giorni il salone culto del design offre interessanti scoperte sulla decorazione, sul design, sull’arte di vivere. www.maison-objet.com Homi Milano, Fiera Rho-Pero 14-17 settembre Il rinnovato Homi si presenta con 10 satelliti per 10 settori: arredo casa, benessere, tessuti, fragranze e cura personale, moda e gioielli, regali, arredo bimbi, giardini ed esterni, hobby, concept lab. www.homiplus.com www.homimilano.com

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100% Design Londra, Earl’s Court, 17-20 settembre Brand internazionali, designer emergenti, complementi bio ed eco, nomi storici e marchi appena nati: tutto un quartiere di Londra si anima per partecipare a questa quattro giorni di eventi dedicata all’arredo. Mobili da interno e da giardino, illuminazione, cucine, bagni, designer e brand emergenti. Oltre all’esposizione negli stand sono previsti seminari condotti da tante icone internazionali del mondo dell’architettura e del design. www.100percentdesign.co.uk 3

ArTò, Salone delle attività artigiane Torino, Lingotto Fiere, 7-9 novembre Ritorna la mostra mercato dedicata alla produzione artigianale che coinvolge tutte le categorie. I prodotti, di altissima qualità, sono oggetti esclusivi, costruiti con tecniche di lavorazione e materiali strettamente legati alla cultura locale e alla tradizione. Dai manufatti d’arredo ai vestiti e agli ornamenti, con un settore dedicato alla gastronomia e ai sapori tradizionali. www.ar-to.it Altri Appuntamenti 1) Fuoriserie, auto d’epoca Fiera di Roma, 20-21 aprile 2) Italy Bridal Expo Fiera di Roma, 2-5 maggio 3) Vicenza Oro, About Jewellery, About J Vicenza Fiera, 6-10 settembre 4) Abitare il Tempo Verona, Polo Fieristico 24-27 settembre 5) Moa Casa, arredamento Fiera di Roma, 25 ottobre-2 novembre

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ALBUM premi iniziative 1

Fondazione Atéliers d’Art de France Al via la seconda edizione del premio L’Opera, con cui la Fondazione intende ricompensare un progetto degno di nota che integri i mestieri d’arte in maniera particolarmente innovativa e contemporanea e in armonia con la vita di oggi. Un premio fino a 60mila euro permette al vincitore di realizzare la sua opera che, una volta ultimata, verrà presentata ed esposta in un luogo scelto dalla Fondazione. Progetti che è possibile inviare fino al 31 marzo. www.fondationateliersdart.com 1

GEA miniartextil 2014 La manifestazione d’arte tessile contemporanea, giunta alla 24 a edizione, ha luogo a Villa Olmo (Como) dal 5 aprile al 2 giugno. Vengono selezionati i vincitori dei Premi Ratti, Arte&Arte e Mon-

trouge. I 54 minitessili realizzati verranno pubblicati sulla pagina Facebook di miniartextil Como e saranno soggetti a votazione (fino al 2 giugno) da parte del pubblico virtuale. Il vincitore che avrà ottenuto il maggior numero di «mi piace» verrà proclamato il 3 giugno su Facebook. Le candidature possono essere inviate via mail all’indirizzo arteartecomo@gmail. com oppure per posta. Tema della mostra è Gea: a pochi mesi da Expo 2015 si è voluto dedicare la nuova edizione alla Terra. I partecipanti dovranno sviluppare questa tematica interpretandola in maniera autonoma e personale. Regolamento e scheda di adesione sul sito Internet. www.miniartextil.it

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Concorso Esporre il Compasso d’oro Sono stati scelti dalla giuria i tre progetti che parteciperanno alla seconda fase del concorso, che porterà alla scelta del progetto di allestimento per la sede permanente della Collezione storica del più prestigioso premio del design italiano. I progettisti si sono incontrati con la giuria per approfondire le rispettive soluzioni di progetto in vista della presentazione (entro il 18 aprile) degli elaborati definitivi tra i quali, nella seconda fase del concorso, verrà scelto il progetto vincitore. La conclusione del concorso è prevista per l’8 maggio. www.adi-design.org

(con post, foto, interviste e video). Al termine della manifestazione sarà loro richiesto di scrivere sui propri blog un racconto sull’esperienza vissuta a Firenze e sullo spirito che ha animato Artigianato & Palazzo in questi 20 anni. www.artigianatoepalazzo.it/ blogs-crafts 3

Prix Avenir Métiers d’Art2013

Blogs and Crafts Per festeggiare il ventennale della mostra, dal 15 al 18 maggio, Artigianato & Palazzo, la storica manifestazione fiorentina, lancia Blogs & Crafts, per sensibilizzare i giovani all’artigianato e per dare loro un’opportunità di crescita. Una giuria selezionerà i migliori 10 artigiani under 35 che saranno invitati alla mostra in un’area espositiva a loro dedicata nel Giardino Corsini, e 10 blogger operanti sui temi dell’artigianato, del lifestyle, della moda e del turismo: questi ultimi la racconteranno in live blogging

Prix avenir métiers d’Art L’Istitut National des Métiers d’Art (Inma) organizza ogni anno, col supporto della Fondazione Michelle et Antoine Riboud e della Banque populaire, un concorso destinato a valorizzare i giovani talenti. Lo scopo è quello di incoraggiare e valorizzare il saper fare specifico dei mestieri d’arte attraverso le opere realizzate dagli allievi dei licei, dalle scuole tecniche e dai giovani apprendisti. www.institut-metiersdart.org

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ALBUM mostre cappella della Trinità. Tra le opere esposte, le vetrate del cosiddetto Maestro di Mathusalem, cui sono attribuite le figure di Jared e Lamech. www.metmuseum.org

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Auto da sé: Il design italiano tra autarchia, austerità e autoproduzione Milano, Triennale fino ad aprile 2015 Gli anni 30, gli anni 70 e gli anni Zero: la VII edizione del Museo del design focalizza la sua attenzione sul tema dell’autosufficienza produttiva, declinato e affrontato in modo diverso in questi tre periodi storici cruciali. L’idea alla base è che il progettare negli anni delle crisi economiche sia una condizione favorevole allo stimolo della creatività progettuale. Il percorso procede a ritroso: dai nuovi maker con le sperimentali forme di produzione dal basso e di autoproduzione passando per i distretti produttivi, per arrivare a indagare le origini del design italiano negli anni 30, quando i nostri grandi progettisti hanno realizzato opere esemplari. Tra questi, Giuseppe Pagano e Gino Levi Montalcini, Luigi Vietti e Gio Ponti, Gabriele Mucchi, Franco Albini, Fortunato Depero. www.triennale.org Italia: La verità dei materiali Shanghai, Shanghai Italian Center fino al 30 aprile 2015 La bellezza e la creatività hanno a che fare con la materia di cui sono fatte le cose, come il legno, la pietra, le plastiche, materiali cui questa mostra, curata e progettata da Pierluigi Cerri e Alessandro Colombo, è dedicata. Nella tradizione italiana, la materia è vivente e ha un rapporto privilegiato con chi la lavora: da Michelangelo al popolare Pinocchio, che dà il primo segno di vita quando il padre falegname colpisce con lo scalpello il tronco di legno da cui verrà tratto, fino alle pietre dello scultore Pinuccio Sciola...

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La mostra che Triennale di Milano e Shanghai Expo Group presentano vuole offrire al pubblico cinese l’occasione per avvicinarsi alla cultura italiana e al suo celebrato savoir-faire. www.triennale.org Il cappello fra arte e stravaganza Firenze, Palazzo Pitti fino al 18 maggio La Galleria del costume apre le porte a una bella mostra monografica dedicata al cappello, le cui collezioni ammontano a oltre mille unità custodite nel deposito, di cui soltanto una parte destinata alla mostra. Tanti gli esemplari di note firme di case di moda fra cui Christian Dior, Givenchy, Chanel, Yves Saint Laurent, John Rocha, Prada, Gianfranco Ferré e celebri modisti internazionali del presente e del passato come Philip Treacy, Stephen Jones, Caroline Reboux, Claude Saint-Cyr, Paulette. Alla mostra ha contribuito il consorzio Il cappello di Firenze, di cui sono esposte alcuni fra gli esemplari più caratteristici delle principali aziende toscane, eredi dell’antica lavorazione artigianale del cappello di paglia di Firenze. www.uffizi.firenze.it

Blow up Vienna, Albertina Museum, 10 maggio-24 agosto Michelangelo Antonioni e il suo film cult Blow-up del 1966 sono al centro di questa esposizione che si propone non solo di illustrare attraverso una ricca serie di immagini l’importanza di questo film nella storia cinematografica, ma vuole anche mostrare il costume dell’epoca, la moda, la società, l’arte di quegli anni. Per la prima volta sono state raccolte e selezionate immagini per illustrarne l’importanza nella storia della fotografia e dell’arte, con nomi illustri come David Bailey, Terence Donovan, Richard Hamilton, John Hilliard, Don McCullin, Ian Stephenson, John Stezaker e molti altri. www.albertina.at

Radiant Light Stained Glass from Canterbury Cathedral New York, Metropolitan Museum fino al 18 maggio La mostra espone le magnifiche vetrate in piombo della famosa cattedrale di Canterbury che per la prima volta dalla loro realizzazione (1178) lasciano la chiesa. Fondata nel 597 e diventata importante luogo di pellegrinaggi durante il Medievo, è una delle più antiche strutture della cristianità in Inghilterra. Le grandi vetrate, recentemente restaurate, provengono dal coro, dal transetto orientale e dalla

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Les secrets de la lacque française: Le vernis Martin Parigi, Musée des arts décoratifs fino all’8 giugno Alla fine del XVII secolo il costo sempre più elevato della lacca giapponese e la qualità mediocre di quella cinese spinsero gli artigiani europei a diventare padroni di questa tecnica. A Parigi si distinsero i fratelli Martin. Le vernici, sovrapposte in più strati secondo le tecniche orientali, non hanno però molto in comune con le composizioni chimiche delle lacche cinesi. Ogni laboratorio teneva segreta la propria formula. Realizzata in collaborazione con il Lakkunst Museum di Münster in Germania, la mostra espone più di 300 pezzi tra mobili, pannelli di legno, oggetti di arredamento, scatole, astucci, carrozze e calessi, che raccontano la storia di una passione che dalla fine del ’700 ha coinvolto non soltanto la Francia ma tutta l’Europa. www.lesartsdecoratifs.fr La camicia bianca secondo me Gianfranco Ferré Prato, Museo del tessuto fino al 15 giugno Una grande mostra, realizzata in collaborazione con la Fondazione Gianfranco Ferré, racconta la creatività e il genio stilistico di un protagonista della moda contemporanea internazionale, attraverso il capo icona della sua capacità progettuale: la camicia bianca. Il percorso espositivo si sviluppa nelle due ampie sale al primo piano, dove il visitatore scopre l’approccio tecnico-progettuale dell’architetto Ferré nella costruzione del capo-camicia. Grazie a installazioni

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artistiche di grande suggestione è possibile approfondire la complessità e l’ingegno insiti nella costruzione di alcune delle camicie più strutturate, individuando i passaggi cruciali più originali dello sviluppo del capo. www.museodeltessuto.it Liberty Uno stile per l’Italia moderna Forlì, Musei San Domenico fino al 15 giugno La magnifica rivoluzione floreale. Per molti il Liberty è semplicemente un insieme di decorazioni che, all’inizio dello scorso secolo, ha abbellito facciate di case e mobili, oggetti e, naturalmente, quadri e sculture. Che sia stato questo ma anche molto di più lo mette in evidenza la grande esposizione che la Fondazione Cassa di risparmio di Forlì ha programmato ai Musei San Domenico. L’obiettivo è quello di offrire per la prima volta al pubblico italiano e internazionale una grande mostra sul Liberty, indagandolo senza restrizione di schemi: dalla ricerca dei modelli lontani, nel Rinascimento e in Botticelli in primis, ma anche inserendolo nei grandi movimenti europei del momento, con particolare riferimento alla Secessione viennese. www.mostrefondazioneforli.it The Glamour of Italian Fashion, 1945-2014 Londra, Victoria & Albert Museum fino al 27 luglio Dal dopoguerra a oggi la moda italiana ha portato nel mondo la creatività e il saper fare della sartoria italiana: abiti da sera con ricami spettacolari, modelli che sembrano sculture e che hanno fatto sognare diverse generazioni. Un messaggio di eleganza e di tradizione culturale che ha ancora oggi i suoi interpreti tra gli stilisti e i creatori di moda. Nella bella mostra londinese allestita con la sponsorizzazione di Bulgari, si possono ammirare circa un centinaio di abiti delle maggiori sartorie e atélier, tra cui le Sorelle Fontana, Pucci, Missoni, Simonetta, Gucci, Maria Grimaldi, Roberto Capucci, Valentino, Armani, Dolce & Gabbana, Ferragamo, Gianfranco Ferré, Prada, Versace. Nonché i favolosi gioielli di Bulgari di proprietà di Liz Taylor. www.vam.ac.uk

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Making Pottery Art The Robert A. Ellison Jr. Collection of French Ceramics (ca. 1880-1910) New York, Metropolitan Museum fino al 18 agosto La recente acquisizione da parte del Met di questa collezione annovera pezzi di importanti maestri ceramisti europei dei primi del ’900 quali Ernest Chaplet, Auguste Delaherche, e Jean Carriès. Ai pezzi esposti sono affiancati manufatti di varia provenienza che ne hanno influenzato le creazioni e le straordinarie forme, dalle antiche ceramiche dell’Estremo Oriente alle forme create in Germania. www.metmuseum.org

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Makers Open New York, Mad Museum of arts and design, 1 luglio-12 ottobre Il museo, completamente ristrutturato, riapre dedicando una serie di esposizioni all’artigianato, al design, e inizia con questa mostra sulle forme di artigianato nelle grandi comunità urbane che hanno caratterizzato il XXI secolo, compresa la commistione con il web e le produzioni multimediali. Circa 100 i lavori esposti provenienti dai laboratori più disparati, non solo per materiali ma soprattutto per lavorazioni. www.madmuseum.org

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percorsi di formazione di Alberto Cavalli

foto di Tiziana e Gianni Baldizzone

Milano, Firenze, Parigi, Londra, Ginevra. I piÚ importanti centri di diffusione della cultura artigianale sono protagonisti delle Giornate europee dei mestieri d’arte, sostenute da Vacheron Constantin. Per imparare a trasformare il talento in una professione

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In queste pagine, tintura su carta con estratto di benibana a cura del tecnico dei colori assistente del maestro Yoshioka Sachio, quinta generazione di maestri tintori e storico del colore.

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La verità è figlia del tempo, dicevano i Romani: veritas filia temporis. Un tempo «necessario», ovvero ineludibile: quello che serve non solo per comunicare verità, ma anche per creare bellezza. Qualità che difficilmente si trovano disgiunte. Verità e bellezza sono anche i paradigmi intorno ai quali si dovrebbe strutturare ogni processo educativo, che, ancora una volta, non può però essere considerato efficace se non può dispiegarsi lungo un periodo di tempo adeguato. Ecco quindi che i giovani che oggi vogliono imparare a essere gli artefici della bellezza di domani devono avere il tempo, la possibilità, la voglia e il coraggio di sapersi mettere in gioco e in ascolto, di voler scoprire la verità e la bellezza di un saper fare antico di secoli, di trasformare il loro talento in una professione. E proprio al tema del

tempo e della trasmissione del sapere, decisamente cruciale ma poco dibattuto, è dedicata l’edizione 2014 delle Giornate europee dei mestieri d’arte, il network di attività pilotato dall’Institut national des métiers d’art di Parigi che ogni anno, durante il primo weekend di aprile, trasforma alcune tra le più importanti città europee in altrettanti centri di diffusione, promozione e protezione della cultura artigianale. Il Belgio, la Germania e la Spagna sono fra i Paesi partecipanti, con iniziative che vanno dall’apertura delle botteghe artigianali per tutto il weekend ad azioni di sensibilizzazione istituzionale. Ma alcuni tra i più efficaci progetti sono quelli portati avanti a Milano, a Firenze, a Parigi, a Ginevra e a Londra: in questi storici poli dell’eccellenza artigianale, in cui lusso e mestiere d’arte hanno per secoli solidificato il loro sodalizio, il

saper fare e il saper creare tuttora dialogano intorno ai temi della moda, del design, del gioiello e della bellezza in senso lato, creando occupazione e cultura. Proprio in queste città Vacheron Constantin, da sempre sensibile ai temi della tutela e della valorizzazione dei mestieri d’arte, patrocina e sostiene mostre, eventi e iniziative destinate a lasciare un segno nel tempo: il tempo giusto e necessario per fare e per creare, come affermano con forza a Parigi, ma anche il tempo come investimento sulla formazione di una nuova generazione di maestri, come la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte sostiene a Milano. Nel capoluogo lombardo, infatti, le azioni organizzate dalla Fondazione Cologni in occasione delle Gema 2014 ruotano intorno alla trasmissione del sapere. Una trasmissione che viene spettacolarmente

Nel capoluogo lombardo, la Fondazione Cologni organizza un convegno presso la Bocconi dal titolo «Fatto a mano», mentre le botteghe artigiane della storica zona delle Cinque vie restano aperte al pubblico

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interpretata dai fotografi Gianni e Tiziana Baldizzone, che in quattro anni di viaggi intorno al mondo hanno saputo catturare in immagini di rara suggestione l’afflato, la commozione e la bellezza del momento in cui la sapienza, la saggezza e la pratica si fanno condivise. Esposte alla Pinacoteca di Brera dal 1° al 13 aprile, le loro foto raccolte sotto il titolo «Transmettre. Percorsi di sapere» raccontano storie di formazione e di educazione che escono dai canoni tradizionali per diventare icone di una verità antica quanto il mondo: ovvero, che il mestiere si impara dal contatto con il maestro, vera fonte del sapere. Ma se l’esperienza diretta è fondamentale, altrettanto cruciale è interrogarsi sul ruolo delle scuole di alta formazione artigianale presenti sul territorio italiano, per indagarne i rapporti con le botteghe e le imprese, per comprenderne l’evoluzione, per interrogarsi in merito a quali percorsi stiano seguendo i «costruttori di bellezza» di domani. È quanto si è prefissa di fare la Fondazione Cologni con il convegno «Fatto a mano», organizzato il 4 aprile presso l’Università Bocconi. Un’occasione per presentare il volume

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Xxxxxxxxxx xxxxxxx xxxxxxx xxxxxxx Dal basso, xxxxxxxxxxxxxxxxel il Palais de Tokyo, dove l’Inma xxxxxxx modello allestisce una Period room; doratura all’applicazione dei selezionatissimi della freccia della Torre dell’orologio nell’Île pellami, dalla progettazione de la Cité a cura dell’Atelier Gohard. all’esecuzione: in Bottega Veneta la mano A lato, Estelledell’artigiano Guénégot alla smaltatura (Atelier Emaillage, è sempre lo strumento piùSèvres, sensibile per Cité de céramique, Île-de-France). tradurre inlarealtà il progetto del designer.

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La regola del talento, creato in collaborazione con la Fondazione Deutsche Bank Italia e dedicato proprio a 17 tra le migliori scuole italiane d’arti e mestieri; ma anche una piattaforma per valutare la ricerca del sociologo Enrico Finzi, commissionata dalla Fondazione Cologni e incentrata sulla percezione dei mestieri d’arte da parte degli italiani. Maurizio Dallocchio, docente di Financial management presso la stessa Bocconi, illustra i primi esiti della ricerca biennale sviluppata con la Fondazione e dedicata alle piccole imprese italiane, laboratori privilegiati dove la tradizione e l’innovazione sperimentano nuove opportunità per creare valore e occupazione. Ugo La Pietra, storico paladino delle arti applicate, definisce il tono del convegno analizzando la situazione attuale della formazione professionale nel Bel Paese. Il weekend milanese comprende anche le visite alle botteghe artigianali del quartiere delle Cinque vie, articolato tra corso Magenta, via Santa Marta e la Darsena. Botteghe e atelier accolgono i visitatori anche a Firenze, grazie alle attività organizzate dall’Osservatorio dei mestieri d’arte; qui, guide specializzate in labo-

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ratori artigianali (le Quality Handicraft Assistants) possono anche offrire assistenza multilingue ai turisti stranieri. Se il cantone svizzero di Vaud apre per la prima volta una ventina tra i suoi migliori atelier, anche Ginevra, terreno d’elezione dell’alta orologeria, in occasione delle Giornate europee rende accessibili luoghi prestigiosi e di solito chiusi al pubblico, come i laboratori del Grand Théâtre o del Victoria Hall. Presso il Museo Tavel di Arte e storia verrà poi inaugurata la mostra «L’art et la matière», dedicata al saper fare contemporaneo applicato a prodotti di prestigio quali l’orologio o il gioiello, e sostenuta da Vacheron Constantin. La manifattura elvetica non fa mancare il suo appoggio nemmeno al Walpole British Luxury, che con il programma «Crafted» sostiene alcuni giovani artigiani britannici di talento per aiutarli a sviluppare la loro attività. In occasione delle Gema, la prestigiosa Burlington House, sede della Royal Academy of Arts, accoglie l’esposizione «Crafted, makers of the exceptional»: i 40 giovani artigiani-artisti selezionati dal programma «Crafted» possono mettere in mo-

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Dal basso, la Royal Academy of Arts di Londra; Anne Hoguet, maestro ventaglista di Parigi, insegna la sua arte a Eva M’Baye (in primo piano). A fianco, l’artista giapponese Eriko Horiki controlla con un’assistente un washi paper di sua creazione destinato all’architettura.

stra i loro prodotti e la loro abilità, con dimostrazioni che li portano idealmente a competere con un maestro incisore di Vacheron Constantin, disponibile a dare prova del suo saper fare. E infine, Parigi: al Palais de Tokyo viene allestita una straordinaria Period room grazie alla lungimiranza dell’Institut national des métiers d’art e al sostegno di Vacheron Constantin, per ospitare opere in cui l’arte, l’artigianato, la tecnica, l’ispirazione e la poesia intessono un dialogo fittissimo. Dal 3 al 20 aprile, lo spirito pionieristico delle Period room del XIX secolo riprende vita: questa mostra-evento, ispirata alle pratiche museali pensate per testimoniare l’omogeneità artistica di una determinata epoca, vede sei artisti e sei artigiani collaborare alla creazione di una o più opere, a loro volta contestualizzate da altre creazioni degli artisti e degli artigiani stessi. La collezione è completata dall’opera di uno scrittore, di un architetto, di un grafico e di un designer: un concorso di arti, di visioni e di competenze per affermare che, oggi più che mai, per essere costruttori di bellezza occorre sapersi e volersi prendere il proprio tempo.

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Alla Pinacoteca di Brera una mostra racconta storie di educazione che escono dai canoni tradizionali per diventare icone di una veritĂ antica quanto il mondo: ovvero, che si impara solamente stando a contatto con il maestro, vera fonte del sapere

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Ritorno alle origini

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sorgente

dalla provincia argentina di Santiago del Estero a milano, un progetto di charity in favore dell’artigianato santiagueño

creativa di Francesca Sammartino

STILE ESSENZIALE IN ARMONIA CON LA NATURA Un tappeto «antiguo» filato con tinture vegetali e tessuto a mano dalle donne huarmis sachamanta con lana locale. A sinistra, lo Spazio Sumampa di via Ciovassino 5 a Milano con alcuni oggetti in vendita, fra cui il tappeto con lavorazione baeton e la scultura in legno di algarrobo.

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Ritorno alle origini

Un ponte di solidarietà unisce Argentina e Italia attraverso l’opera di Sumampa, associazione senza fini di lucro che ha come obiettivo il sostegno alle popolazioni rurali della provincia di Santiago del Estero, a nord-ovest del Paese. L’associazione nasce nel 2000 con la realizzazione del libro Un arte escondido - objetos del monte argentino che documenta la vita dei santiagueñi, abitanti della zona cosiddetta del monte argentino, attraverso i loro oggetti quotidiani, frutto del rapporto continuo e diretto con la natura. «En esta pureza hemos sabido vivir y crecer. Como hijos de la naturaleza y servidos por ella» («In questa purezza abbiamo imparato a vivere e crescere. Come figli della natura e servitori di essa»): così, dalle parole di un artigiano santiagueño, si comprende l’importanza del nesso materno con la natura che queste popolazioni, di antica tradizione incaica, custodiscono e gelosamente tramandano di generazione in generazione. Alla pubblicazione del libro, il cui contributo è stato fondamentale per la conservazione della memoria e per il sostegno a questo ricco patrimonio in pericolo, è seguita la nascita dell’associazione non profit Sumampa e l’apertura dello Spazio Sumampa a Milano. Nell’antica lingua quichua, di origine Inca e parlata tuttora dalle popolazioni santiagueñe, «sumampa» vuol dire «acqua pura, nobile di sorgente»; il nome è stato scelto per sottolineare il ritorno alle origini e alla semplicità che rappresenta lo stile di questo progetto di charity. Lo Spazio Sumampa è un’area espositiva che si trova in via Ciovassino 5 (tel. 02.6575154), nel centralissimo quartiere di Brera, cuore artigianale di Milano. Al suo interno sono esposte le colorate opere di artigianato argentino fatte con passione da uomini e donne del posto. Appesi alle pareti e stesi a mosaico per terra si possono ammirare i meravigliosi tappeti dai toni solari, filati con tinture vegetali, come la cocciniglia, e tessuti a mano con lana locale dalle donne huarmis sachamanta (termine quichua che vuole dire «donna del monte»). Se l’attività femminile è prevalentemente tessile, gli uomini del posto si cimentano invece nella costruzione di pezzi unici dal design essenziale: grandi tavoli in legno di carrubo, panche, letti,

armadi, porta sella in algarrobo, ceste di cuoio invecchiato, utensili, fino alle tradizionali sedie basse argentine chiamate materas con la seduta in cuoio intrecciato o martellato. Tutti gli oggetti rispondono alle caratteristiche di essenzialità, linearità e sono rigorosamente esemplari originali e irripetibili, «estranei all’ossessiva ripetizione industriale». Da un tronco nodoso, da una radice contorta, da un ramo che si ripiega su se stesso gli artigiani di Santiago del Estero riescono infatti a cogliere l’oggetto in potenza e a estrapolarlo, con tale abilità da non aver nulla da invidiare ai designer e maker contemporanei. Una conferma di quest’anima progettuale e moderna è stata la vendita che si è svolta nel 2009 presso gli spazi dalla sofisticata estetica industriale di Cargo & HighTech. Ma nello Spazio Sumampa non si trovano solo oggetti della tradizione argentina. Da qualche anno infatti l’assortimento include anche pezzi di artigianato italiano, come i preziosi tessuti di Macerata o i gustosi dolcetti provenienti dalla Sicilia, promuovendo così, secondo l’intenzione dei fondatori, anche «le energie vitali del nostro territorio». Grazie al ricavato dell’attività di vendita e grazie anche al contributo di privati, Sumampa è riuscita ad acquistare e riqualificare tutta la zona di Quimili Paso per garantire a oltre 300 persone non soltanto una casa, ma anche una terra da coltivare. La zona è stata dotata di pozzi per la raccolta dell’acqua piovana assieme a un acquedotto, sono stati realizzati vivai e orti ed è stato avviato un programma di rimboschimento. A questo è seguita la costruzione della Casa de la Comunidad, di una scuola elementare e di una scuola di telaio, la ristrutturazione della biblioteca, l’avvio di un programma di informazione igienico-sanitaria e la costituzione di una cooperativa di donne tessitrici i cui manufatti sono in vendita presso la Galleria Sumampa a Buenos Aires. Per contribuire a sensibilizzare il pubblico italiano e avvicinarlo alla realtà dell’America latina india e meticcia, lo Spazio Sumampa di Milano offre inoltre l’opportunità di partecipare a cicli di appuntamenti per raccontare alcuni aspetti della vita culturale latinoamericana e illustrare i nuovi progetti (www.sumampa.com).

RADICI INCA E DESIGN MODERNO Sopra, da sinistra, sculture a forma di animali in legno di algarrobo; una rueda de vida in alpacca usata come bene augurale per una nuova abitazione; una donna di Quimili Paso al telaio. A fianco, vassoi in legno di palosanto, posate in osso e alpacca, braccialetti in argento.

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Energia dal profondo

La naturale sacralità del

bambù Noboru Fujinuma ha saputo farsi profeta di una consuetudine antica

di Akemi Okumura Roy foto di Kimimasa Naito (traduzione dall ’originale inglese di Giovanna Marchello)

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41 Il maestro Noboru Fujinuma suddivide il bambù in lunghe strisce. Questa è un’operazione che richiede tecnica, perizia e concentrazione. Nella pagina a fianco, fasci di bambù nel suo laboratorio. Fujinuma si è avvicinato a questa antica arte negli anni 70.

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Energia dal profondo

I

Il bambù viene impiegato in Giappone sin dall’era Jo¯mon (10.000-300 a.C.). A questo periodo risale lo sviluppo della lavorazione Rantai shikki, una tecnica evoluta che consiste nel ricoprire di strati di lacca un corpo realizzato in bambù intrecciato, di cui sono sopravvissuti solo rari esemplari. La Cerimonia del tè si sviluppa e diventa molto popolare tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’era moderna, e il bambù, con il suo stile inimitabile e la naturale semplicità, è il materiale d’elezione per i suoi strumenti: cucchiaino, frullino, recipienti e vasi per fiori. La lavorazione del bambù si evolve in arte moderna durante l’era

nel 2012 il governo giapponese lo ha nominato tesoro nazionale vivente

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Showa (1926-1989), corrispondente al regno dell’imperatore Hirohito. Nel 2012 il governo giapponese ha designato Noboru Fujinuma detentore di importanti proprietà immateriali per le sue opere in bambù: è uno dei sei artisti del bambù nominati Tesori nazionali viventi dal 1967. Nato nel 1945 a Otawara, prefettura di Tochigi, ha cominciato a studiare l’arte della lavorazione del bambù nel 1975, all’età di 30 anni. Fujinuma ha presentato le sue opere principalmente attraverso il Nihon Kogeikai, l’Istituto delle arti e dei mestieri tradizionali del Giappone, che gli ha conferito il primo premio alla 27a Japan traditional crafts exhibition, nel 1980. Nel 1984 è diventato membro a tutti gli effetti dell’Associazione e nel 1986, alla 33a edizione della mostra, ha vinto il Prize of the chairman of the Japan art crafts association. Nel 2004 è stato insignito della Medaglia d’onore con Nastro viola dal governo giapponese. Ho visto per la prima volta la sua produzione nelle gallerie giapponesi del British Museum di Londra. Spring Tide è un’opera d’arte impressionante. Un grande cesto (misura 67 cm per 36,5) che sprigiona tutta la forza della natura: dall’interno della teca, la grazia delle forme e il calore del materiale emanano un’energia palpabile. Ho poi avuto l’opportunità di conoscerlo di persona a novembre del 2013, in occasione della mostra londinese «Four national living treasures». Fujinuma irradia energia pura, come le sue opere. Mi ha raccontato di avere cambiato corso alla sua carriera nel 1972, dopo un viaggio a Parigi. Fu colpito dall’impressionante portata della cultura in Europa, e si rese conto che quella del Giappone era altrettanto vasta e importante: «Volevo trasmettere al mondo la meravigliosa cultura del mio Paese. Al mio rientro, iniziai a studiare la storia del nostro patrimonio culturale». Dapprima studiò gli scritti del maestro Sen no Rikyu, che definì le regole e i codici della Cerimonia del tè, Cha no yu in giapponese. Dopodiché imparò la liturgia della cerimonia stessa, per poterne comprendere appieno la filosofia e la spiritualità. Mi spiega che «attraverso la Via del tè si comprende meglio non solo la cultura giapponese ma anche le dieci speciali arti (Sen-ke Jissoku) che sono alla base della realizzazione dei caratteristici utensili usati nella cerimonia, tra le quali la lavorazione del bambù». In quel periodo si imbatté nelle opere di Sho¯unsai Sho¯no, un artista del bambù designato Tesoro nazionale vivente nel 1967. Fujinuma fu molto ispirato dalle sue opere, e dice che il suo libro è tutt’oggi la sua bibbia. Negli anni 70 i maestri del bambù erano molto pochi. Per questo motivo Fujinuma decise di impararne l’arte, per poterla trasmettere alle

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43 In questa pagina, Noboru Fujinuma controlla la regolarità dell’intreccio. A fianco, dall’alto, in senso orario, attrezzi; un vaso dipinto con strati di lacca Urushi; striscia di bambù levigata e resa cilindrica grazie a uno speciale strumento.

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Energia dal profondo

ciascuno dei suoi lavori, ispirati dal «ki», richiede mesi di concentrazione

Dall’alto, in senso orario, Noboru Fujinuma allinea la trama con un piccolo bastone di metallo; il suo capolavoro Spring Tide ispirato al tema del Ki; alcuni vasi cilindrici foggiati seguendo la struttura del fusto del bambù e dipinti con lacca Urushi.

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future generazioni. Casualmente, la sua città natale era anche il luogo dove l’arte del bambù prosperò in passato. Lavorò come apprendista sotto il maestro Yagisawa Keizo, esperto nella creazione di cesti in bambù e ritenuto il caposcuola di quest’arte a Otawara. Fujinuma apprese le tecniche di base in un solo anno e mezzo: dalla selezione e preparazione del bambù a come dividerlo, intrecciarlo e verniciarlo con la lacca. Fujinuma ha arricchito la tecnica tradizionale con la sua personale creatività. Nei sofisticati ed eleganti intrecci riesce a esaltare con maestria la trama del bambù. Ciascuna delle sue opere richiede dai tre ai sei mesi di lavorazione. Il tema centrale

della sua opera è il Ki, un termine giapponese che esprime l’energia che scaturisce dal profondo. «Ki è la forma in cui si esprime la propria arte. Ki dovrebbe sempre poter scorrere liberamente. Quando perdiamo il nostro Ki, smettiamo di sentire. L’universo intero vibra di questa energia. Ki è un’onda di forza che possiamo percepire», spiega Fujinuma. «Quando lavoro, la concentrazione è fondamentale. Per mantenere il flusso di Ki, gioco a tennis, così mi libero della vecchia energia e ne creo di nuova. Sento che tutti i miei lavori sono come figli, e mi piace creare in solitudine. Il mio lavoro è di estrarre il Ki dal bambù, interpretarlo e presentarlo attraverso la sua forma finita». L’ispirazione di Fujinuma arriva come «sette nani che scendono dal cielo»: una frase idiomatica che significa che il processo creativo non nasce dentro di lui ma è «generato dall’energia dell’universo», mi spiega. «Le mie mani si muovono liberamente e naturalmente finché il mio lavoro è finito. Cerco sempre di realizzare forme nuove, qualcosa che nessuno abbia mai creato prima. Allo stesso tempo, è fondamentale usare almeno una delle tecniche tradizionali. La differenza tra artigiani e artisti è che questi ultimi combinano la tecnica con la creatività, il design e la presentazione». Il bambù che impiega viene dalla sua città natale, e Fujinuma lo seleziona personalmente. «Non serve contrastare la forma naturale del bambù. Al contrario, è importante esaltare la bellezza della natura. Io continuo a imparare dal mondo naturale». Fujinuma studia anche il significato dei termini giapponesi che esprimono questi concetti. Kogei, per esempio, viene tradotto con «abilità manuale» ma il suo significato è più complesso: realizzare, con maestria, un lavoro che possiede sia un valore estetico che un’utilità. «Il significato originale del carattere cinese che rappresenta questa parola è “l’uomo che mette in contatto i cieli e la terra”», spiega Fujinuma, il quale si impegna anche a trasmettere il suo sapere attraverso l’insegnamento. «Ogni nazione ha un patrimonio culturale da preservare ed esprimere. La cultura del Giappone può essere vissuta e capita attraverso l’arte del bambù. La prima volta che venni in Europa, 40 anni fa, ero un fotografo e la mia percezione era diversa. Oggi posso vedere come il mio lavoro, che rappresenta i nostri mestieri d’arte tradizionali, è accolto con calore, e ringrazio il pubblico europeo per l’apprezzamento della nostra cultura. In futuro, spero di portare altre mie opere in Europa». Nella risposta di Fujinuma sento pulsare la terra del Giappone e il luminoso e allegro Ki di un grande artista e uomo.

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La forza dell’invenzione

Do

en cum

tato

da

elis * h c i De M e r a s Ce

L’emozionante ricerca della regola del talento Nell’artigianato vincono l’abilità e l’esperienza, il primato dell’individuo, laddove si manifesti quella rara capacità di attribuire valore all’ingegno e alle idee

* Presidente Marsilio Editori, docente di letteratura italiana, moderna e contemporanea, Università degli Studi di Padova

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Il talento è al tempo stesso la misura di un peso, che inclina la bilancia spostando più in basso il piatto sul quale poggia, e, per metafora, qualsiasi cosa (il denaro innanzitutto) definisca la supremazia di una parte sull’altra. Una misura, dunque, che diventa un valore non appena si lasciano perdere le scale numerarie per inseguirne altre di diversa natura. Il talento e il valore sono così trasmigrati dal solido terreno della quantità a quell’altro impalpabile dell’etica o dell’estetica, coinvolgendo le pulsioni del desiderio, la forza dell’ambizione. Eppure, quantitativo o qualitativo, sul talento si fondano graduatorie anche meritocratiche, capaci di attribuire valore all’invenzione, di segnalare l’estro di quell’esercizio del fare che è il fondamento di ogni produzione dell’artigiano, che si affida alle proprie mani, e poi alle macchine, purché a gestirle sia lui, con l’ingegno e le emozioni.

detta legge, distribuisce meriti, decreta ascese e tracolli senza discussioni. Così la decadenza dell’artigianato coincide con il moderno che l’ha vinta, e al contrario il suo riapparire conferma che la modernizzazione è finita e un tempo nuovo è cominciato davvero, successivo al moderno, che del moderno deve imparare a fare a meno, senza comunque tornare indietro, perché agli uomini non è consentito. Tornare all’artigianato dopo la sua cancellazione nella modernità non può essere la restaurazione di un mondo scomparso, ha un senso ben diverso e più ricco, nel segno opposto del rinnovamento della tradizione nel tempo della discontinuità.

S

All’artigianato appartengono tutti i mestieri cancellati dalla macchina industriale, capace di sostituire il lavoro dell’uomo con una produzione seriale sempre eguale al prototipo: il moderno si è imposto celebrando il trionfo della copia. Se si disegnasse tra gli assi cartesiani il procedere della modernità, su quello verticale misurando la competenza come sull’altro il consenso, la curva che ne uscirebbe precipiterebbe verso il basso per correre diritta, parallela all’ascissa. Quel che conta nella modernità non è la qualità, oggetto di un’opinione fondata sul metodo comparativo, ma la quantità, niente affatto opinabile perché misurata secondo una scala numeraria. Il numero (di copie, di voti, di spettatori) è il nuovo dio del moderno, che

Si ricomincia dalle mani e si vuole sfuggire al calco, immettendo dove è possibile e merita un segno personale, che restituisca il piacere della sorpresa, la gioia della meraviglia. Nell’artigianato si ripropone il ruolo dell’abilità e della perizia, la forza dell’esperienza; c’è forte il primato dell’individuo, lo stupore dell’aura, il mistero del bello, la felicità della competizione, il furore del confronto; c’è, insomma, l’addio al moderno, ai suoi poco umani valori, e l’inizio di una nuova straordinaria avventura verso una meta sconosciuta e per questo non meno inquietante. Non saper far niente non è più l’aristocratica insegna dell’intellettuale moderno, ma il marchio di una sudditanza patita, di una servitù che dura, di una libertà non riconquistata. Dopo la modernità, dunque, resta questo tormento di Sisifo, che è, emozionante e irrinunciabile, la ricerca della «regola del talento». Tratto da La regola del talento. Mestieri d’arte e Scuole italiane di eccellenza, Marsilio Editori, marzo 2014

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La cultura

AL POPOLO d i C a r o l i n e R o b e r t s f o t o d i B o n o Ya n

(traduzione dall ’originale inglese di Alberto Cavalli)

L’Arts and crafts museum di Shanghai è una perla poco conosciuta della metropoli. Dove molte opere sono senza teche e i maestri parlano con i visitatori

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Musei nascosti

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mao ZEDONG, il «grande timoniere» L’abilità artigianale cinese, formatasi in secoli di raffinatissime produzioni, si applica anche alla propaganda senza rinunciare alla tradizione.

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Musei nascosti

Shanghai è la città più grande al mondo per superficie e popolazione. Hub economico di rilievo mondiale, la metropoli cinese è anche una popolare destinazione turistica, che solo nel 2013 ha accolto otto milioni di turisti. Il movimentatissimo Bund, che si affaccia sul fiume Huangpu, rappresenta sicuramente una delle mete più popolari per chiunque visiti Shanghai, così come la magnifica Oriental pearl tower o il tranquillo Giardino della felicità. Il quartiere di Xintiandi è una destinazione imperdibile per gli appassionati di cibo, per chi ama dedicarsi allo shopping e per chiunque ricerchi divertimento. Meno noto è il fatto che questa prospera megalopoli, per tradizione importantissimo centro per l’arte cinese, ha anche una lunga cultura locale di altissimo artigianato, soprattutto nei settori della scultura e incisione su pietra e del ricamo. Proprio come queste attività sembrano rimanere in sordina, così anche il Museo di arti e mestieri di Shanghai preferisce mantenere un profilo discreto, senza indulgere in autopromozioni eccessive o pubblicità sulle guide turistiche. Solo on-line si trovano alcune recensioni di questa autentica gemma, preziosa ma poco conosciuta. Eppure il museo, riaperto nel 2002, ha avuto i suoi momenti di celebrità; tra i suoi estimatori si contavano per esempio alcuni pesi massimi della scena internazionale, come l’ex primo ministro inglese Edward Heath, il boxeur Muhammad Ali e l’ex presidente degli Stati Uniti Ronald Raegan. Il legame con l’America viene accentuato anche dall’aspetto esterno del museo, che con le sue pareti bianchissime e il magnifico portico ricorda la Casa Bianca. Il portico circolare divide in due parti uguali la facciata di forma rettangolare, a sua volta in contrasto dinamico con gli archi a tutto sesto delle finestre; il palazzo esprime un equilibrio raggiunto attraverso la simmetria e le proporzioni ben calibrate, tipiche del Rinascimento francese. Elementi dell’architettura rinascimentale emergono anche dal vasto prato erboso, che sottolinea con serenità il candore della facciata. Una scelta

Sopra e in alto, un avorio e una giada lavorati dagli abilissimi scultori cinesi. Le opere esposte all’Arts and crafts museum di Shanghai raccontano di un’arte senza tempo, che continuamente reinterpreta gli stilemi ed esalta le forme originali delle pietre. Sinuosità, realismo e stupore sono le caratteristiche che i maestri d’arte cinesi perseguono con meticolosa passione.

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che non sorprende, se si pensa che l’edificio fu costruito nel 1905 come residenza per il direttore della camera dell’Industria, all’interno della Concessione francese di Shanghai. Sgomberato dopo la Seconda guerra mondiale, l’edificio ha ospitato il primo ufficio dell’Organizzazione mondiale della sanità nell’area dell’Asia-Pacifico. Poco dopo la liberazione della città ha ripreso brevemente il suo ruolo di residenza, ospitando il primo sindaco di Shanghai, Chen Yi; e fu proprio lui a spingere il governo municipale affinché l’edificio fosse dedicato alla conservazione delle arti e dei mestieri tipici della città. Grazie a Chen, dunque, tra i diversi tesori di alto artigianato che il museo oggi contiene vi sono i sorprendenti bambù scolpiti Jiading, i ricami detti Gu e numerosi altri esempi di arti applicate cinesi, come i manufatti in carta, o gli intagli su giada o su legno di Huang Yang. Le rare abilità artigianali necessarie per creare questi manufatti sono state trasmesse da una generazione all’altra; e per assicurare la sopravvivenza di attività così profondamente radicate nella cultura e nella storia cinese, l’Istituto di ricerca sulle arti e i mestieri di Shanghai organizza corsi di formazione per i giovani che desiderano seguire le orme degli antichi e abili maestri. In seguito a un’ampia opera di rinnovamento, avvenuta nel 2001, fu deciso che il museo dovesse essere organizzato nell’edificio principale. Oggi è un vero e proprio spazio artistico multifunzionale in cui vengono esposte le opere di oltre 50 venerati artisti e artigiani, con tre aree tematiche di riferimento: il ricamo, l’incisione e l’arte popolare. Coerentemente con la focalizzazione del museo sull’educazione artistica, la maggior parte degli oggetti

esposti non sono custoditi sotto teche di vetro: i visitatori possono così ammirarli da vicino. Coloro che desiderano saperne di più in merito ai processi di creazione e realizzazione di queste incantevoli opere d’arte possono anche chiedere di visitare gli atelier degli artigiani, per una chiacchierata. Tra i capolavori più importanti esposti nel museo vi è sicuramente la pietra da inchiostro detta Mushroom per la sua forma a fungo, l’ultimo e il solo lavoro non finito di Chen Duanyou, recentemente scomparso e celebre per le sue incisioni su questo tipo di manufatti. Conosciuto per la capacità di creare incisioni realistiche, che sembrano prendere vita, Chen fu un artista rivoluzionario che, durante il regime del Kuomintang, interruppe la lunga tradizione di incidere soggetti su un solo lato della pietra. È considerato il padre della scuola Hai, germogliata dalla tradizione cinese di intaglio. Un altro pezzo che ispira ammirazione è la riproduzione della Madonna Sistina di Raffaello, conservata allo Zwinger di Dresda, realizzata come tappezzeria parietale dalla famosa maestra ricamatrice Liu Piezhen e dalle sue sorelle. Il pannello, che nel ’57 venne esposto a Lipsia, misura 169 centimetri di altezza per 122 di larghezza ed è interamente realizzato a mano, con straordinaria fedeltà ai colori originali: tecnica cinese a confronto con un capolavoro occidentale. La cosiddetta Corona di vera giada è un altro tesoro su cui gli occhi indugiano. Progettata per un attore che avrebbe dovuto interpretare il ruolo dell’imperatore in un’opera Huju (altra tradizione di Shanghai), la corona è rivestita di foglia d’oro e di piume di martin pescatore; colori che, come le arti e i mestieri esposti nel museo, durano nel tempo e nella memoria.

Sopra e in alto, alcuni oggetti esposti all’Arts and crafts museum di Shanghai, progetto fortemente voluto dal primo sindaco della città Chen Yi. Il museo rappresenta un polo artistico multifunzionale, che dà spazio alle opere di oltre 50 artisti. I manufatti che custodisce sono un ponte tra il passato della Cina e la contemporaneità, grazie alle iniziative culturali volte a promuovere l’artigianato (www.shgmb.com).

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finimenti in stile british In questa pagina, dettaglio di testiera per attacchi interamente cucita a mano: frontalino in cuoio inglese per briglie di colore nero con decorazioni in ottone, Rosa inglese ornamentale e dettaglio di vernice. A fianco, il marchio di origine usato nel laboratorio Sabel saddlery di Mia Sabel (www.sabelsaddlery.co.uk).

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Cavalcare la tradizione

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Alle redini della

Miavita di Giovanna Marchello

foto di Colin Coutts

mia sabel si definisce «un artigiano», rigorosamente al maschile: una scelta che rivela l’orgoglio di chi, dopo una carriera di successo, decide di voltare pagina e dedicarsi all’apprendimento della selleria

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«Mi definisco un artigiano», dice Mia Sabel mentre raggiungiamo il suo laboratorio, una casetta in legno situata in fondo al grande giardino sul retro della casa di Walthamstow, nella zona est di Londra. La sua affermazione mi colpisce, perché non usa il femminile «artigiana» né il sostantivo neutro che in inglese è craftsperson. Mentre parliamo, capisco che è una scelta ponderata, e rivela l’orgoglio e la sicurezza di chi ha costruito una carriera di successo e, giunta a metà della sua vita, ha deciso di voltare pagina, dedicandosi all’apprendimento di un mestiere. Mia Sabel è diventata una sellaia professionista all’età di 44 anni, dopo un percorso che richiede tempo, dedizione e pratica, oltre a un’abilità manuale che normalmente si affina in giovane età. La sua storia dimostra che la professionalità non ha niente a che vedere con il genere, bensì con l’impegno, l’attitudine e la coscienziosità. Allo stesso modo, non ha dubbi rispetto alla necessità di usare il termine giusto quando si tratta di mettere ordine nel mondo dell’artigianato. Chiarisce Mia: «Nel Regno Unito, molti consumatori tendono ad associare il termine “artigianato” a sciarpe fatte a mano, centrini, cose di questo genere. Ma quando parliamo di maestria artigiana ci riferiamo a mestieri che richiedono tre o quattro anni di formazione o apprendistato. Spesso si confondono artigianato amatoriale e professionale, ma il problema non sta nell’essere amatoriale, bensì nel comprenderne la differenza. Penso che sia importante, perché ha a che fare con quello che il consumatore percepisce». L’amalgama di tradizione, creatività, abilità, esperienza, ricercatezza e innovazione che eleva l’artigianato a mestiere d’arte non è facile da definire. è un tema importante che, come sappiamo, è al centro di grande interesse e dibattito in tutto il

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CALIBRO A COMPASSO

mondo occidentale insieme a quello più generale del ruolo dell’industria artigiana nelle nostre economie. Nel Regno Unito, i mestieri e l’artigianalità sono sostenuti e promossi da influenti onlus di rilevanza nazionale, tra le quali le più importanti sono il Crafts council, che si occupa di artigianato contemporaneo con finanziamenti pubblici erogati attraverso Art council England, e la Heritage crafts association, di cui è presidente il Principe di Galles, che patrocina i mestieri tradizionali, oltre a promuovere l’applicazione della Convenzione Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale. Entrambe hanno avuto un ruolo centrale nell’opporsi all’eliminazione della categoria dell’artigianato dalle industrie creative e culturali, quando il Governo britannico ha aperto una consultazione pubblica riguardo alla loro classificazione e misurazione. Infatti, nell’ultimo rapporto pubblicato nell’aprile del 2013 dal dipartimento per la Cultura, i media e lo sport, non venivano riportate cifre relative al peso, sia economico sia occupazionale, delle imprese artigiane nell’ambito delle industrie creative. Si è scatenata una protesta con petizioni e pressioni sul Governo, che ha recentemente confermato, attraverso il proprio sito, che «la definizione di industrie creative rimarrà invariata e continuerà a comprendere l’artigianato». «Prima, come designer e direttore creativo, sarei ricaduta naturalmente nelle industrie creative, e forse il problema non mi avrebbe toccato così profondamente», puntualizza Mia Sabel, che rappresenta quell’onda crescente di uomini e donne che hanno scelto di iniziare una seconda carriera (nel suo caso, la terza) in un mestiere artigianale. «A 17 anni mi sono unita a un gruppo teatrale giovanile, con il quale sono rimasta per sette anni e ho girato il Paese. è stata un’espe-

un po’ di invenzione ed esplorazione Qui a fianco, alcuni attrezzi tradizionalmente impiegati nella selleria e per la lavorazione del cuoio. In alto, a sinistra, porta carte di credito in cuoio, lo stesso usato per le palle da cricket. Nella pagina a fianco, da sinistra, Mia Sabel; dettaglio di redini per morso snodato in cuoio per briglie di colore London tan. Tutto cucito a mano.

MEZZALUNA

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stava prendendo il sopravvento su quella creativa. Inoltre, diventava per me sempre più importante l’aspetto morale ed etico del lavoro, e cominciavo a chiedermi chi fossi, e cosa stessi facendo». Mollò tutto e andò in Spagna, a imparare la lingua e a cavalcare: «Avevo bisogno di fare tabula rasa. Ho capito che volevo lavorare all’aria aperta, con i cavalli, facendo un lavoro creativo e manuale e realizzando oggetti che potessero sopravvivermi. Come quelli che mio nonno, mastro carpentiere, ha costruito per noi nel corso della sua vita». Voleva imparare un mestiere che avesse una tradizione, una storia e un retaggio culturale, e scelse quello del sellaio. Si iscrisse al Capel manor college, l’unica scuola del Regno Unito a offrire un corso di due anni a tempo pieno: «Vengono ammessi solo 12 studenti all’anno. Sotto la guida di un mastro sellaio, abbiamo imparato i metodi molto tradizionali della selleria inglese, che comprende selle, briglie e bardature, oltre all’anatomia e fisiologia dei cavalli. Gli esami si basano su prove pratiche a tempo, per verificare le competenze acquisite e la precisione nell’esecuzione. L’ottenimento del diploma equivale al periodo di tirocinio, poi sono necessari almeno altri tre anni di pratica professionale per richiedere la qualifica di mastro sellaio. Un tempo era un mestiere prevalentemente maschile, ma in classe le donne stanno decisamente superando gli uomini». Per realizzare una sella ci vogliono competenze molto diverse, e tutto comincia dal cavallo. Continua Mia: «La forma del telaio in legno della sella, l’anima, dipende da misura e razza del cavallo e dall’uso a cui viene destinata: dressage, corsa, salto, polo e così via. Il sellaio modella il legno perché si adatti perfettamente al cavallo e soddisfi le specifiche esigenze del cavaliere. è un lavoro molto fisico e laborioso. Il cuoio per la

TENAGLIA A DUE GANASCE

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MARCA PUNTI

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seduta viene modellato bagnato sul fusto e cucito a mano, un procedimento piuttosto complesso. I cuscini laterali, che toccano i fianchi del cavallo, vengono imbottiti di lana e sagomati con cura: la calzata e il bilanciamento della sella dovrebbero essere verificati ogni sei mesi da un sellaio specializzato nel fitting». Mia aveva trovato nel cuoio il suo mezzo espressivo, e la parte creativa stava riemergendo. Giunta al terzo anno di tirocinio, si rivolse a Qest, il Queen Elizabeth scholarship trust, che assegna borse di studio ad artigiani di tutte le età. «è un’organizzazione meravigliosa. Quando si diventa borsisti di Qest, lo si è per tutta la vita, con incredibili opportunità. Potei così concludere la mia formazione come sellaio e allargare le mie competenze anche a restauro, tappezzeria e realizzazione di borse. Più imparavo, più avevo da offrire, e abbi-

PUNZONI

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MAZZUOLO IN FAGGIO

navo le mie nuove capacità al bagaglio culturale che avevo costruito con l’esperienza nel design». Oggi Mia non fa molti lavori di selleria. Conclude: «C’è tanta competizione. è difficile trovare clienti disposti a pagare una sella realizzata interamente a mano. Eseguo riparazioni, perché è anche un modo fantastico per imparare come funzionano le cose e trovare soluzioni per aggiustarle. Mi occupo anche di prototipia. Lavoro molto con aziende che mi chiedono di ricercare e sviluppare prodotti esclusivi. Collaboro anche con architetti e designer, per realizzare le loro idee. E ovviamente creo la mia linea di accessori di lusso, per i quali impiego spesso il cuoio delle briglie, il più resistente e forte. Uso i colori tipici della selleria, che vanno dal cuoio naturale al marrone, al nero fino al rosso. Se me lo chiede un cliente uso anche il rosa, ma nella mia collezione resto nella tradizione». Il prodotto più rappresentativo è la Stirrup bag, una borsa di sua creazione realizzata intorno a una staffa da sella. Mia racconta che quando la regina Elisabetta l’ha vista, durante una sua visita ufficiale alla mostra Qest crafting excellence presso Fortnum and Mason, nel 2012, l’ha sollevata con la sua mano guantata, rimanendo meravigliata della sua leggerezza. Un debutto incoraggiante per un artigiano che ambisce a realizzare al meglio gli oggetti più belli per i clienti più raffinati. Mia ha saputo integrare le sue nuove competenze con quelle acquisite precedentemente e, mediando tra mestieri tradizionali e contemporanei, ha potuto ampliare il suo raggio d’azione. Come molti artigiani di oggi, che non rientrano nelle definizioni classiche, deve improvvisare e farsi strada in un mondo che sta cambiando molto rapidamente. L’artigiano del XXI secolo deve essere anche inventore, esploratore e guerrigliero.

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MORSETTO

un lavoro fisico e laborioso Sopra, sella inglese «General Purpose» fatta a mano, con cuscini laterali imbottiti e pelle color Dark Havana, stampata per imitare quella del maiale, un tempo usata per le selle. A lato, alcuni attrezzi da sellaio. Nella pagina a fianco, da sinistra, la Stirrup bag, creata da una staffa da sella: pelle nera foderata in nappa rossa; una fase di cucitura «doppia».

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Educare al valore

La salvaguardia del «bene comune» presso la Scuola di Alta Formazione dell’Istituto per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario di Roma. A destra, istantanea dalla Scuola di Sartoria di Penne, voluta dalla saggezza Brioni.

Le fucine del buon

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Il talento, la passione e la regola. un libro raccoglie per la prima volta le grandi scuole italiane che hanno il compito di tramandare un patrimonio unico di competenze e di formare i maestri d’arte di domani di Alessandra de Nitto

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foto di Laila Pozzo

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Eccellenze dal mondo

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I giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere

L In alto, da sinistra: l’Opificio delle pietre dure di Firenze è eccellenza italiana assoluta; manualità d’eccezione alla Scuola dell’arte della medaglia di Roma, istituto-laboratorio senza eguali in tutto il mondo. A fianco, estro e perizia al Politecnico calzaturiero della Riviera del Brenta.

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La regola del talento. Mestieri d’arte e Scuole di eccellenza è il nuovo volume (Marsilio Editori, marzo 2014) che la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte è orgogliosa di presentare, in collaborazione con la neonata Fondazione Deutsche Bank Italia, che con questa iniziativa culturale di alto profilo compie il suo primo atto ufficiale nella promozione di attività filantropiche, sociali ed educative sul nostro territorio. Per la prima volta si aprono le porte delle più importanti scuole italiane, depositarie del sapere e del saper fare, vero fiore all’occhiello della nostra migliore offerta formativa. A questi istituti, che spesso vantano una storia secolare, è demandato il ruolo straordinario di tenere in vita e trasmettere un patrimonio assolutamente unico di competenze e saperi. Formare e sostenere le nuove generazioni di maestri d’arte significa promuovere e proteggere la grande tradizione italiana di cultura, bellezza e savoir-faire: una necessità oggi più che mai vitale anche per il sistema economico e produttivo del nostro Paese. Questo volume vuol essere l’ammirato tributo a chi ogni giorno porta avanti, spesso tra molte difficoltà, questa missione: 17 sono le grandi scuole selezionate in base a requisiti di assoluta preminenza, storicità, radicamento sul territorio, riconoscimento, alto livello della didattica, capacità di coniugare tradizione e innovazione. Una campionatura virtuosa che certo non esaurisce la ricchezza del panorama formativo italiano, ma rappresenta uno spaccato emblematico dell’eccellenza nella trasmissione del saper fare. A questo pro-

getto editoriale si affianca del resto un nuovo portale Internet (www.scuolemestieridarte.it) che si propone di dar conto di tale ricchezza in modo più ampio, presentando attraverso un database in divenire anche le altre moltissime realtà formative di alto livello che innervano l’intero territorio nazionale. Tutte le scuole presentate in questo libro sono raccontate attraverso le parole dei loro direttori, presidi, coordinatori didattici, ovvero di chi in prima persona si assume quotidianamente la responsabilità di accogliere, motivare, preparare i nostri giovani, indirizzarne il talento, infiammarne la passione. «I giovani non sono vasi da riempire ma fiaccole da accendere», scriveva Marco Fabio Quintiliano (35-96 d.C.). Lo sanno bene gli insegnanti, spesso grandi maestri d’arte, che qui plasmano il talento attraverso la regola e la disciplina del lavoro ben fatto, senza cui la più grande passione non porta a nulla. Non è una strada facile, quella del mestiere d’arte, ma certo, come scrive Cesare De Michelis nel suo illuminante contributo a questo volume, può essere una straordinaria avventura, una dimensione in cui ritrovare il primato dell’individuo, il mistero del bello, il ruolo emozionante dell’abilità, della perizia, dell’autorialità... Una strada da indicare dunque, e da far conoscere ai giovani e ai loro educatori, come prospettiva di vita e di inserimento professionale densa di significato. Queste scuole di eccellenza ci appaiono, anche grazie al coinvolgente racconto che si snoda attraverso le splendide immagini ine-

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la lezione sempre viva è quella della bottega rinascimentale dite realizzate da Laila Pozzo, non templi o santuari del sapere ma luoghi vivi, fucine in cui il talento si coniuga ogni giorno con la perizia manuale e l’insegnamento passa attraverso l’esempio e la pratica laboratoriale, secondo la lezione sempre vitale della bottega rinascimentale, che qui felicemente si rinnova. Spesso la tradizione, di cui le scuole sono custodi gelose e severe, per il giusto orgoglio di portare avanti saperi complessi che sono la somma di conoscenze secolari e l’espressione di grandi vocazioni territoriali, si rinnova attraverso l’uso delle più avanzate tecnologie. Ne sono esempio eclatante le quattro grandi scuole di restauro di alta formazione amministrate dal MiBact (Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo): gli storici Istituto superiore per la conservazione ed il restauro e Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario di Roma, il glorioso Opificio delle pietre dure di Firenze, la più recente ma altrettanto straordinaria realtà formativa del Centro conservazione e restauro La Venaria Reale rappresentano poli di eccellenza riconosciuti a livello internazionale e devono la loro autorevolezza anche all’avanzato livello tecnologico dei loro laboratori, alleati preziosi di un savoir-faire unico al mondo. Ma la tradizione è vitale e in continua evoluzione in tutti i settori di attività cui le scuole presenti nel volume fanno riferimento: dal mosaico (Scuola mosaicisti di Spilimbergo) al vetro (Scuola del vetro di Murano) alla ceramica (con gli storici istituti d’arte di Faenza

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e Caltagirone); dall’oreficeria (Istituto d’arte Pietro Selvatico di Padova) all’orologeria (Tarì Design School di Marcianise) all’incisione dei metalli (Scuola dell’arte della medaglia di Roma); dalla pelletteria (Alta scuola di pelletteria italiana di Scandicci) alla calzatura (Politecnico calzaturiero di Vigonza) alla sartoria (Scuola di sartoria Nazareno Fonticoli di Penne); dai mestieri della scena teatrale (Accademia teatro alla Scala di Milano) alla liuteria (Scuola internazionale di liuteria, Cremona), fino all’enogastronomia (Alma, La scuola internazionale di cucina italiana a Colorno). Le tipologie formative raccolte sono variegate e testimoniano di una ricchezza e complessità preziose: vi si trovano istituti pubblici di rilevanza nazionale, scuole di formazione legate alla tradizione e al territorio, realtà volute da lungimiranti aziende private per tutelare e perpetuare un patrimonio culturale e produttivo unico, che non può essere esportato e non deve andare perduto. Su questo ruolo indispensabile mette bene l’accento Giovanni Puglisi, firmando un autorevole intervento introduttivo: «In assenza, in Italia, di specifici programmi pubblici a sostegno della trasmissione diretta da maestro ad allievo nell’ambiente informale della bottega e del laboratorio, l’esistenza delle scuole, degli istituti e dei centri, che questo volume porta all’attenzione di un vasto pubblico, costituisce la più valida azione di tutela delle nostre tradizioni artistiche e artigianali e, in alcuni casi, l’unico argine alla perdita definitiva degli antichi saperi della creatività italiana».

In alto, da sinistra, la millenaria arte del vetro si tramanda a Murano, nella storica Scuola Abate Zanetti; i giovani dell’Alma, l’Alta scuola della cucina italiana guidata da Gualtiero Marchesi. Sotto, la copertina del libro La regola del talento. A lato, l’Italia può vantare il primato nella conservazione e nel restauro con le quattro grandi scuole amministrate dal MiBact.

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Eccellenze dal mondo

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milano è la capitale mondiale del design e dell’arredo. e da 53 anni catalizza l’attenzione con il salone internazionale del mobile grazie a produttori made in italy che portano in casa la cultura del bello

B&B ITALIA Sopra, divano TuftyTime, design Patricia Urquiola (2005). A lato, seduta Serie Up, design Gaetano Pesce; è nata nel 1969 dalla rivoluzione dello stampaggio a iniezione.

Acqua di Parma Qui sopra, le esclusive Prestige Edition della Colonia originale. A lato, il nuovo porta iPad in una raffinata pelle di bufalo marrone.

L’arte dell’abitare Giorgetti A lato, stand Myo, design Chi Wing Lo (2012). Sotto, letto Altea (2013), design Carlo Colombo. è disponibile sia in versione monocolore sia bicolore. Poliform/Varenna A sinistra, sedia Strip, design di Carlo Colombo per Poliform. In alto, la cucina Kyton, design CR&S Varenna, esalta la praticità attraverso semplicità e pulizia.

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L’essenza

desi B&B ITALIA

Poliform

La cultura del bello ha una patria, un genius loci. Che nei millenni ne ha liberato l’afflato eversivo e ne ha eretto il potenziale precettivo, esaltandone la progettualità. Questo luogo è l’Italia. «Se ho visto più lontano, è perché stavo sulle spalle di giganti», confessò Isaac Newton. Un riconoscimento che il design italiano, se avesse voce, forse replicherebbe, perché vive legittimamente sulle spalle dei giganti dell’arte e delle arti. Ma certamente ha gesti, quelli di migliaia di artigiani che interpretano con il loro saper fare il meglio del made in Italy applicato all’abitare. Eccellenze che al Salone del mobile di Milano (dall’8 al 13 aprile) ricevono la consacrazione del mondo. Vano al limite del buffo sarebbe il tentativo di ripercorrere qui le conquiste che i nostri campioni hanno ottenuto per l’umanità intera. Dalla Roma antica al Rinascimento, dal Barocco al Futurismo, l’ingegno italico ha dettato canoni universalmente accettati e imitati. Un’arte di proporzione che si è da subito fatta funzione. E che cos’è il design se non la ricerca del punto di fusione fra bellezza e scopo? Una ricerca che parte dall’estetica per determinare l’etica e che nella casa trova il proprio luogo d’elezione e al contempo la sua sfida

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del

sign Giorgetti

più stimolante. Abitare si sta sempre più convertendo in un verbo transitivo, un’interazione viva con le cose che permette una più viva relazione fra le persone. Oggi, i fuoriclasse della progettazione, sulle spalle di quel genio millenario che li anima e li ispira, stanno una volta ancora definendo lo spazio in cui viviamo e spalancando spazi ancora da vivere. Spazi che gratificano i cinque sensi, regalano emozioni, alimentano il piacere, nutrono lo spirito. «Chi vole vedere come l’anima abita nel suo corpo, guardi come esso corpo usa la sua cotidiana abitazione, cioè se quella è sanza ordine e confusa, disordinato e confuso fia il corpo tenuto dalla su’ anima», scrisse Leonardo Da Vinci nel Codice Atlantico. E proprio su questa etica dell’abitare, che non può prescindere dall’estetica, intende fondarsi il progetto di una casa creata secondo il saper fare dei mestieri d’arte. Modellata su esigenze in divenire, ma fondata su una manualità e un’artigianalità corroborate dalla tecnologia. In dialettica creativa con i più grandi interpreti di questa consuetudine al bello e al ben fatto, che da Giorgetti a Poliform, da B&B Italia ad Acqua di Parma, sanno rilanciare la leadership nel mondo e consolidare il genius loci italico.

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giorgetti l’uomo è materia prima

Tradizione, manualità e scelta delle materie prime sono i cardini di Giorgetti, nata a fine ’800 come ebanisteria in quel di Meda, Brianza. Legno, tessuto, pelle e cuoio, ma anche metallo, pietra, vetro e imbottiture sono tra i materiali che l’azienda oggi privilegia nella messa in opera dei pezzi. «Tutto lavorato artigianalmente con dettagli e cuciture fatti a mano», racconta il patron Carlo Giorgetti, terza generazione alla guida della ditta. «Ogni materiale presenta una sua particolarità di lavorazione, per cui è fondamentale conoscere le peculiarità di ciascuna materia, oltre ad avere competenze nell’uso di macchinari e strumenti specifici, acquisite attraverso scuole specializzate. Protagonista dei nostri arredi è comunque il legno massiccio naturale, spesso anima nascosta degli oggetti, il cui profumo riempie ancora i nostri stabilimenti». Le collaborazioni con i designer, iniziate alla fine degli anni 80, hanno permesso a Giorgetti di creare prodotti funzionali, contemporanei, originali, riconoscibili e senza tempo, in grado di conciliare la più alta tradizione ebanistica con l’impiego di sofisticate tecnologie produttive. «Alle quali si aggiunge però», puntualizza Giorgetti, «l’insostituibile lavoro dei maestri artigiani: la tecnologia potenzia il gesto umano, lo rende ancora più eloquente, ma senza mai sostituirlo». La Casa inoltre condivide da sempre l’obiettivo di avvicinare i giovani studenti delle scuole alla realtà aziendale, perché la formazione del «giovane capitale umano» è di primaria importanza.

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Sopra, scrivania Erasmo, design Massimo Scolari (2009). La struttura, il piano e la cassettiera sono in massiccio e impiallacciatura di noce, disponibile nelle finiture naturale, tabacco e noce scuro. La gamba e il raccordo sono in noce canaletto, finitura naturale. A fianco, dettaglio della Erasmo, segnatura delle tavole, dettagli del bracciolo della sedia Progetti (‘87) e scelta delle lastre di noce (www.giorgetti.eu).

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Dall’alto, da sinistra, tutta la pelletteria è cucita a mano; le iconiche candele Cubo che profumano di design italiano; le borse Tournée business sono in pelle di bufalo; setole di tasso per i pennelli della collezione Barbiere. Nella pagina a fianco, schizzo della Colonia Designer edition firmato dalla mano di Luca Scacchetti (www.acquadiparma.it).

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69 Parma era nota ai Bizantini con il nome di Crisopoli, città d’oro. Intima essenza delle sette arti e luogo di coltivata bellezza. Nei secoli l’aurea Parma ha magnificato la propria vocazione, profumando di sé il Ducato prima e la nascente Italia poi. Un’allure da piccola capitale con vocazione transnazionale miscelata con quel gusto di provincia che, fuor di retorica, aspetta e non forza i tempi della vita. Locus amoenus per Stendhal come per Proust, patria di Verdi e Toscanini, Parma è sempre stata maestra distillatrice di una cultura italiana cosmopolita, ancor prima che i rivolgimenti storici ne ufficializzassero i meri confini geografici. E dal 1916 ha la sua Acqua. Ha il flacone che ne cattura storia e suggestioni. Nelle forme in parte squadrate, per un oggetto di design, elegante testimone di inizio ’900. Dove la soglia di riconoscimento scivola istantaneamente in quella del piacere. La prima Colonia italiana: Acqua di Parma. Nata in un piccolo laboratorio dall’epifania meticolosa di maestri profumieri, artigiani dei sensi, divenne ben presto il sentore di un’epoca. La nota capitale di una generazione di bon vivant che ne fecero fragranza di comune sentire. La bottiglietta storica foggiata dalla prammatica art déco si fa tòpos dell’Alta società europea e wasp degli anni 50. Profuma di bellezza italiana in una sinestesia universale. Da allora il retaggio è rimasto intatto. L’acquisizione da parte del Gruppo Lvmh, pietra angolare di grandeur artigianale, ne ha sublimato l’essenza. Spalancando quel patrimonio ad altre collezioni e ad altri mestieri. Luoghi di italianità antica, odorosi di agrumi e giardini, di ville e mari, e totem di saper fare, soffiati nel vetro, cuciti nella pelle, pennellati nel wengé o nell’ottone brunito, in uno stile che è solo nostro. Oggi Acqua di Parma legge ancora lo spartito del bello, con accessori e piccola pelletteria per un Grand Tour contemporaneo, e con una linea dedicata alla rasatura e alla cura della pelle, pratica e signorile. Offrendo un design per la casa che ne veste le atmosfere in giallo regio, cromia d’elezione della sua nobile consuetudine, e profumi d’ambiente di intima familiarità. Con tutte le nuove anime della Colonia originale, il cui spirito si è tradotto senza tradirsi, e con le fragranze femminili con cui ha incontrato la donna. Come il fazzoletto nutrito all’Acqua di Parma di un gentiluomo che inebriava i sensi della sua dama, mentre una carrozza li conduceva, con elegante calma, al Teatro Regio... ADP_SCACCHETTI_TL.qxp:Layout 1

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70 tra creatività e innovazione

Ricerca e sviluppo, qualità e innovazione. Ma anche capacità di rappresentare la cultura contemporanea, intuire e anticipare le tendenze, rispondere alle trasformazioni del gusto e delle esigenze abitative. Sono questi i pilastri che hanno permesso a B&B Italia, azienda storica nel settore dell’arredo di design con sede a Novedrate (Como) e fondata nel 1966, di costruire una reputazione di azienda leader riconosciuta a livello internazionale. «L’azienda è espressione di un mix di know-how di carattere industriale e di uno spiccato savoir-faire legato a operazioni di natura più tradizionali», spiega Giorgio Busnelli, Presidente di B&B Italia e figlio del fondatore, Piero Ambrogio. All’interno, infatti, è stata creata un’«officina» di incontri ed esperienze culturali, il Centro Ricerche & Sviluppo: «È il cuore pulsante di B&B Italia, dove oltre a una convivenza di maestri (dai tappezzieri ai falegnami, dai fabbri ai laccatori) si esprime il concetto supremo di mestiere d’arte nell’abilità di interagire con i designer più quotati a livello internazionale, indirizzandone la creatività verso una progettualità che porta la nostra firma e che come tale parla di un’inimitabile alchimia tra creatività, qualità e innovazione». B&B Italia ha fatto dell’imbottito un cavallo di battaglia: «Siamo da sempre proiettati verso un arredo di design che combini forma e funzione», continua Busnelli. «Anche le forme più scultoree nelle nostre collezioni sono un invito al comfort, dall’iconica Serie Up di Gaetano Pesce alla celebrazione delle forme fluide del divano Moon System di Zaha Hadid». La tecnologia è diventata l’asset su cui l’azienda ha costruito il suo successo. «La vera rivoluzione è arrivata con il poliuretano schiumato in stampi, che ci garantisce un grande vantaggio competitivo rispetto ad altri e che si traduce in qualità e durabilità». Altro fattore di successo, il linguaggio internazionale dei prodotti. «Ciò che effettivamente porta a una declinazione più rispondente all’identità e alla cultura di uno specifico mercato sono le finiture e i materiali (colori, tessuti, legni...), che consentono di personalizzare significativamente il prodotto nei vari mercati. Così facendo, pensiamo in modo internazionale restando fedeli alla nostra identità».

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La poltrona Grande Papilio, design Naoto Fukasawa, si presenta come un unico volume monomaterico di forte personalità. Nata nel 2009 è diventata una vera e propria icona da cui si è sviluppata un’intera famiglia di sedute per l’interno e l’outdoor, oltre a una proposta per la zona notte con il letto della stessa serie (www.bebitalia.com).

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poliform

Le Radici del futuro

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La collezione Poliform è il risultato di un impegno costante nel proporre al pubblico più esigente un’ampia varietà di scelta per realizzare la propria dimensione domestica. Un’offerta che comprende sistemi e complementi d’arredo per ogni zona della casa: librerie, contenitori, armadi e letti. Nel 1996 si è aggiunta alla struttura aziendale il marchio Varenna, dedicato esclusivamente alla produzione di cucine d’eccellenza, mentre il 2006 è l’anno della presentazione della prima collezione di imbottiti. Ma qual è la materia prima della qualità Poliform? «Alla base della nostra qualità c’è un patrimonio di conoscenza del legno che ha le proprie radici nella tradizione artigiana del distretto della Brianza, uno dei più importanti a livello internazionale, e che si rinnova senza soluzione di continuità, facendosi know-how tecnologico sempre all’avanguardia», spiega Alberto Spinelli, amministratore delegato Poliform. «Poniamo poi grande attenzione nel selezionare i migliori materiali al fine di esprimere quell’alta resa estetica che caratterizza tutte le nostre proposte. La ricerca della massima qualità delle materie prime, tutte a normativa europea, si concentra, parallelamente, sulle loro prerogative di affidabilità e durata». Una ricerca che affina il saper fare e che celebra il design. Quali codici espressivi vi caratterizzano? «Tutta la nostra offerta è strettamente legata alla contemporaneità: dai sistemi componibili ai complementi, dalla zona giorno alla zona notte, la collezione esprime quella varietà stilistica che riflette i nostri tempi. Uno degli elementi fondamentali che hanno consentito la crescita e l’affermazione di Poliform risiede nell’apporto creativo dei molti prestigiosi designer che hanno collaborato e collaborano con l’azienda».

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L’armadio «Ego», design Giuseppe Bavuso, rappresenta l’evoluzione della modularità Poliform. Le linee brillano per leggerezza e rigore, mentre il sistema «senzafine» moltiplica le possibilità compositive (www.poliform.it).

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Esplosione

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V

in occasione delle tradizionali fallas, Valencia si illumina a festa: con i colori dei fuochi e della seta

Federica Cavriana foto di Manuel Scrima

consuetudine secolare Sopra, tessitura di un prezioso espolı´n su un telaio del XIX secolo presso la Rafael Catalá, azienda di 244 anni.

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Valencia celebra ogni anno la ricorrenza di San Giuseppe con le Fallas: un’esplosione di luminarie brillanti, canti, musica e tutto l’entusiasmo delle persone accorse per questa movimentata festa. E in onore del Santo protettore dei falegnami ogni anno carpentieri, pittori, scultori, artesans falleros lavorano per mesi per realizzare le fallas, enormi installazioni scenografiche rappresentanti scene di attualità o messinscene caricaturali, popolate da grandi pupazzi chiamati Ninots. I maestri dei fuochi pirotecnici studiano nuove combinazioni di luci, scoppi, colori per i numerosi spettacoli pomeridiani delle mascletá e del grande espectáculo di fuochi d’artificio della notte tra il 18 e 19 marzo, La nit del foc. E ancora altri artigiani mettono la propria esperienza al servizio delle figure più importanti della festa: le Falleras Mayores, che per un anno saranno le regine della città. Ogni volta tra le fanciulle chiamate a rappresentare le contrade, le falleras, si sceglie una ragazza che viene eletta fallera mayor, e una bimba che diventa fallera mayor infantil. Per loro vengono creati a mano gioielli sul modello di quelli antichi, pettini e pettinini per le acconciature, monili, calze ricamate, abiti stupendi. E il lucente tessuto che le veste, declinato in infinite tonalità di colore e finissimi decori che riecheggiano i secoli XVIII e XIX, è il vero orgoglio dei falleros. Si tratta della seta: materiale sovrano delle Fallas, il più prezioso, che a Valencia è ancora tessuto a mano. Ma se la seta artigianale di Valencia è ora legata a doppio filo alla produzione degli abiti regionali delle Fallas, e ne è uno dei simboli, la sua storia è più antica. Nell’VIII secolo gli arabi importarono durante la loro dominazione i segreti relativi a questo tessuto; le sete divennero una parte fondamentale della produzione manifatturiera della regione finché nel XV secolo, il «siglo de oro», grazie anche alle nuove tecniche di tessitura importate da immigranti vellutieri genovesi, nacque la Gilda dei Vellutieri, poi dei Setaioli, fondata nel 1494 con sede presso il neonato Colegio del arte mayor de la seda, oggi archivio storico. Testimonianza di quel periodo dell’importanza di questa piazza commerciale è la Lonja de la seda, il mercato della seta, realizzato per essere luogo di trattative condotte all’ombra dei suoi maestosi colonnati in stile gotico fiammeggiante, edificio così bello e significativo da valere il riconoscimento dell’Unesco di Monumento patrimonio dell’umanità. Dopo un periodo di crisi dovuto alla concorrenza con altre città in auge presso la Corte, come Toledo e Siviglia, la seta valenciana conobbe nuova floridezza nel ’700, quando i Borbone, appena insediatisi sul trono, importarono le ultime mode di Versailles. La città spagnola seppe sfruttare queste contaminazioni, creando sete dai motivi iconografici di grande bellezza e realismo, ricamati di rose, margherite e gigli dalle eleganti sfumature, e diventando uno dei centri produttivi più acclamati, con ben 25mila persone impiegate nella filiera. Quegli stessi disegni settecenteschi vengono utilizzati ora dagli indumentaristi, ossia gli artigiani, sarti-stilisti, che si occupano della confezione degli incredibili vestiti regionali valenciani. Le cose

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nei secoli sono cambiate, i committenti sono mutati, ma grazie alla tradizione delle Fallas la produzione della seta di Valencia è ancora una realtà molto importante, e le seterie mantengono il loro primato impiegando artigiani i cui alberi genealogici raccontano di avi impegnati nello stesso mestiere, magari nella stessa azienda, nello stesso quartiere. Testimonianza di questa trasmissione ininterrotta sono i 244 anni di storia della ditta Rafael Catalá. La fortuna dell’azienda è sempre stata quella di avere artigiani qualificati, e quanto questi maestri tessitori siano preziosi ancor oggi lo racconta Alberto Catalá, attuale proprietario, che spiega come per un collaboratore che lavori su una macchina moderna bastino sei mesi di formazione, mentre sui telai artigianali è necessaria un’esperienza media di sei anni. I pezzi più preziosi della produzione sono i cosiddetti «espolín», i tagli di seta lavorati esclusivamente a mano su telai storici, non meccanici. L’espolín deriva il proprio nome dalla piccola spola che si usa per tessere il disegno dell’ordito, misura 54 cm di larghezza, come anche le sete realizzate a telaio moderno,

i pezzi più preziosi sono gli «espolín», tagli di antica esecuzione ma vi si differenzia per i ben noti disegni e per il verso, da cui si può riconoscere la sua autenticità. Anche il prezzo è un indice rivelatore: se un tessuto fatto a macchina, detto seda estrecha, costa attorno ai 3mila€euro, un espolín può oscillare tra i 16 e i 24mila. L’archivio di disegni della Rafael Catalá è imponente e ne esalta la storia manifatturiera. Altre seterie sono nate nel corso degli anni, forti della passione e freschezza nell’approccio al mestiere. Così negli anni 50 Luis Vives e José Marí, due giovani tessitori già esperti, decisero di avviare una piccola impresa che si dedicava alla produzione di damaschi, ornamentazione religiosa e alcuni espolín. Negli anni 60 con altri tre soci (Manuel Aznar, Vicente Bayot e Jaime García) fondarono la firma Vives y Marí. Da subito l’azienda si dedicò ai tessuti per gli abiti regionali valenciani, recuperando telai antichi e restaurandoli per creare gli espolín. La produzione maggiore è ovviamente quella delle sedas estrechas, ma l’azienda è anche orgogliosa produttrice degli espolín da cui spesso vengono tagliati gli abiti delle falleras mayores. Per tessere con un telaio antico la metratura necessaria per confezionare il loro vestito, intessuto di oro, argento e complicati disegni, sono necessarie almeno 500 ore di lavoro. Ma per la cliente che compra un espolín il prezzo non è importante; ciò che conta è poter sfoggiare un abito prezioso, unico, di una stoffa creata in un colore proprio per esaltare magari il tono del suo incarnato, i suoi occhi, il riflesso dei suoi capelli. I principali clienti di Vives y Marí non sono tanto i privati, quanto gli indumentaristi. I disegni sono recuperati da antiquari, archivi e tessuti antichi, per sottolineare il legame con la tradizione del territorio. Un legame fondamentale per Vives y Marí, che è l’unica azienda a far certificare l’autenticità dei suoi espolín. E quando la fallera mayor, vestita di queste sgargianti sete, davanti a una folla con il fiato sospeso, pronuncia il suo permesso di iniziare le Fallas, allora ecco si riaccende la città. E che la festa cominci. Si ringrazia per la cortese consulenza Stefano Mirpurian www.valenciafashion.com

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sontuosa femminilità Sopra, gruppo di falleras mayores de Valencia. In alto, Vives y Marı´,dettaglio di un telaio del XIX secolo. A fianco, confezione di una gonna da fallera.

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la mano e la materia Nello storico laboratorio di Alessandro Grassi, terza generazione di maestri artigiani, si ÂŤdipingono con la luceÂť straordinarie vetrate legate a piombo, richieste in tutto il mondo. A destra, nella piĂš antica legatoria di Milano, Conti Borbone, dal 1870 la stessa famiglia rilega a mano preziosi volumi in cuoio, carte marmorizzate, tela e seta, con decori in oro zecchino.

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Milano su misura

si intitola così la «shopping guide» che racconta i 70 grandi interpreti di un patrimonio artigiano unico di Alessandra de Nitto foto di Dario Garofalo

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Già nel 1750 il nome di Buccellati indicava una bottega orafa a due passi dal Duomo: oggi, il raffinato negozio di via Montenapoleone, aperto nel 1919 da Mario Buccellati, è portato avanti dal figlio Gianmaria e dal nipote Andrea, e rappresenta la continuità di un’arte orafa che alterna magistralmente gesti e minuscoli strumenti di antica tradizione a moderne tecnologie. Fondata nel 1876, la gioielleria Villa ha aperto in via Manzoni nel 1930 e da allora affascina i milanesi e non solo con le sue

zando oggetti anche su disegno e al campione. Roberto Miracoli, con il figlio Renato, continua dopo oltre un secolo la gloriosa tradizione familiare iniziata dal nonno Romeo nel 1912 e l’atelier è celebre soprattutto per i bellissimi animali in argento smaltato, realizzati con grande abilità e minuzia. Storia di successo tutto al femminile quella di Raffaella Curiel, iniziata a fine ’800 e proseguita di successo in successo dalla vulcanica Lella, oggi con la figlia Gigliola in atelier: grande passione per il mestiere e formidabi-

maestri sartori. Carlo, Mara e Lorena Traviganti, dell’atelier Silver Tre, hanno appreso la difficile arte della tornitura in lastra dal padre Riccardo e realizzano spettacolari oggetti in argento, ottone, rame, acciaio; tra questi le uova di Fabergé alte due metri, o la carrozza a grandezza naturale trainata da un cavallo meccanico... La Fornace Curti è forse la più antica bottega artigiana di Milano, tanto che già nel ’400 realizzava vasi e capitelli in terracotta per la capitale viscontea; oggi alla guida del grande laboratorio c’è

le tecnica artigiana nelle creazioni di haute couture e prêt-à-porter di questo «salotto di charme». Erede di una tradizione trasmessa di generazione in generazione da metà ’800, Carlo Andreacchio crea splendidi abiti da uomo nella storica Sartoria A. Caraceni; oggi ad affiancarlo con passione nella realizzazione dei 400 splendidi capi prodotti annualmente c’è il figlio Massimiliano, quinta generazione di

sempre un Curti, Alberto, con la moglie Daria, e la produzione di statue, vasi, formelle, cornici, è stupefacente. Sono ben 70 i magnifici maestri artigiani milanesi che la guida Milano su misura propone per la prima volta al pubblico in un inedito e prezioso itinerario fra le eccellenze del saper fare meneghino. Non solo dunque capitale di moda e design internazionalmente riconosciuta: Milano ci rivela

i maestri milanesi dei quali si narrano le opere plasmano il legno, cesellano materie prime preziose, incidono, scolpiscono, decorano, tagliano e torniscono, tracciando tragitti di cultura

creazioni eleganti e preziose, come i gemelli di ogni foggia, le spille e gli anelli in micromosaico, le parure di fili d’oro abilmente intrecciati come un tessuto. Nata nel 1920, l’argenteria Ganci è una delle più antiche fabbriche della città, dove la famiglia Morandino tiene viva con passione la tradizione di un grande savoir-faire artigianale, dalla tiratura a martello alla cesellatura all’incisione, realiz-

raffinatezza orafa inimitabile Sopra, dal 1750 il nome di Buccellati è sinonimo di grande arte orafa. Oggi nel negozio di via Montenapoleone, aperto nel 1919, Gianmaria e Andrea garantiscono la continuità di un savoir-faire raffinatissimo e seguono personalmente tutto il processo di produzione, interagendo con gli artigiani-orafi e guidandoli nelle differenti fasi di lavorazione. Un livello di personalizzazione che rende i gioielli unici.

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Eccellenze dal mondo

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Donatella Pellini , bijoux

Lella e Gigliola Curiel, sartoria

Giuseppe Vigorelli, camini e stufe antiche

Filippo, Fausto e Silvia della Stivaleria Savoia

Costanza Paravicini, ceramista

Alessandro Siniscalchi, camiciaio

Sabine Valente, abiti da sposa

Roberto Fumagalli, calchi in gesso

Lorenzo Rossi, liutaio

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in queste pagine una dimensione più nascosta ma altrettanto affascinante e squisita. Sono storie piene di passione e di poesia, grandi storie familiari di impegno e dedizione, ma anche avventure di successo di giovani maestri d’arte talentuosi: è il caso di Antonio Sciortino, artista che lavora il filo di ferro dando vita a opere originali e piene di fascino; di Sabine Valente, giovane designer che veste di seta, organza, pizzi e ricami le sue poetiche spose; di Giacomo Moor, falegname e designer che lavora senza chiodi,

di eccellenza, piccoli sacrari del saper fare, per scoprire i volti, gli ambienti spesso suggestivi, i gesti lenti e pieni di sapienza di chi le porta avanti ogni giorno con competenza e amore: bellissimi esempi di vita, di impegno e di capacità artistica ma anche imprenditoriale, che non possono non affascinare, anche grazie alla bellezza e alla verità delle immagini. I testi di Stefania Montani, giornalista da sempre impegnata nella promozione dell’artigianato di alto livello, e le fotografie di Dario Garofalo,

zioni di qualità dedicate a moda, arte, cultura e territorio, e la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, che ha realizzato la selezione degli atelier sulla base di precisi criteri di qualità e indiscussa artigianalità, con un’attenzione speciale anche alla particolare fisionomia della pubblicazione, che si propone come «shopping guide» per intenditori. Realizzata in un gradevole formato tascabile e in versione bilingue italiano/inglese, è pensata anche per divenire prezioso vademecum del viaggiatore curioso e appassionato

realizzate ad hoc per questo progetto editoriale anche grazie alla generosa accoglienza offerta dai maestri, ci accompagnano infatti in un viaggio intensamente coinvolgente alla ricerca della bellezza fatta ad arte. Un’iniziativa dalla forte valenza culturale che nasce dalla felice collaborazione tra la casa editrice Gruppo Editoriale, specializzata nel mondo del lifestyle italiano con riviste e piccole pubblica-

del bello, che certo scoprirà con meraviglia anche i molti tesori del saper fare di Milano.La pubblicazione è resa possibile dal prezioso contributo del Four Seasons Hotel Milano, massima espressione dell’hospitality milanese, e dalla Maison ginevrina Vacheron Constantin, la più antica Manifattura di alta orologeria al mondo, da sempre impegnata nel sostegno ai mestieri d’arte di eccellenza.

non solo botteghe storiche, ma anche atelier dove si inaugurano processi creativi e costruttivi. un progetto editoriale dove dialogano design e tradizione, passato e futuro di una città, dei suoi riti manuali

come gli antichi ebanisti; di Lorenzo Rossi, talento italiano della liuteria, vincitore del terzo premio mondiale come costruttore di violoncelli. Non solo botteghe storiche dunque ma anche contemporanei atelier in cui si sperimentano, accanto alle tecniche della tradizione, nuovi materiali e innovativi processi creativi e costruttivi. La guida invita il lettore a entrare nel cuore di queste botteghe

foggiare nel solco di nobili consuetudini Sopra, l’atelier di Donatella Pellini, una delle più note creatrici di bijoux di Milano, che continua l’attività intrapresa dalla nonna. A destra, la Stivaleria Savoia, aperta nel 1925, è erede dell’esperienza dei maestri calzolai che realizzavano stivali per il reggimento Savoia. Maurizio Marinella l’ha rilevata nel 2004 per continuarne l’illustre tradizione, che oggi si declina anche nelle scarpe su misura.

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La grazia del progresso

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Sculture in

movimento di Alberto Cavalli

la nuova collezione Métiers d’Art Mécaniques Ajourées di vacheron constantin solca nella suprema micromeccanica della Maison l’eco di un’intera epoca. In tre sublimi scheletrature

S In queste pagine, l’architettura scheletrata del calibro 4400SQ manifesta un affascinante lavoro di incisione a mano che veste di grazia le prestazioni del movimento di Manifattura: carica manuale, 28.800 alt/ora, riserva di carica di 65 ore.

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Scriveva Oscar Wilde che la nostra più autentica ambizione dovrebbe essere quella di saper dominare noi stessi, e che il vero progresso consiste dunque nel sapere di più, nell’essere di più, nel fare di più. Una visione che si sposa perfettamente con l’imperativo categorico che sin dal 1755 accompagna la storia di Vacheron Constantin: fare meglio se è possibile, ed è sempre possibile. Fedeli a un’idea di progresso che sa sempre cogliere e sviluppare al meglio la bellezza della contemporaneità, la Manifattura ginevrina nel corso dei secoli ha fatto evolvere non solo una visione estetica coerente e innovativa, ma anche una tradizione di altissimo artigianato. Che, grazie ai preziosi segnatempo creati presso il suo cuore pulsante e produttivo di Ginevra, hanno saputo veicolare un saper-fare raro e prezioso. Come nel caso del mestiere d’arte dell’incisore, che nella nuova collezione Métiers d’Art di Vacheron Constantin, chiamata Mécaniques Ajourées, ha trovato una sfida tanto entusiasmante quanto complessa. I tre orologi che compongono questa collezione, presentata al Salone di Ginevra 2014 e contraddistinti dal Punzone di Ginevra, sono vere e proprie opere scultoree: partendo da uno dei movimenti principali della Maison, il calibro 4400 (integralmente realizzato all’interno della Manifattura), i maestri incisori di Vacheron Constantin hanno foggiato una scheletratura mai sperimentata, in cui la grazia e la perfezione delle linee curve ricordano le volte in ferro battuto delle stazioni ferroviarie di inizio ’900. Le operazioni di scheletratura consistono nel partire da un calibro «pieno» e nell’asportare via via sempre più materia, senza mai intaccare il funzionamento delle parti meccaniche. Nella serie Métiers d’Art Mécaniques Ajourées il gesto dell’incisore, preciso e consapevole, si avvicina a quello dello scultore e permette ai quadranti di rivelare sorprendenti giochi di

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La grazia del progresso

la cifra espressiva si ispira all’architettura di inizio ’900, una fusione di bellezza e funzione, tecnica e armonia luce, veicolati da una suggestiva costruzione tridimensionale. L’estetica dell’Art Nouveau, stile che ha caratterizzato le rivoluzioni produttive e i progressi industriali del primo ’900, si rivela una scelta estetica particolarmente significativa: non solo per la fluidità e l’eleganza delle linee, ma anche per i riferimenti storici a un periodo in cui gli scambi si accelerano e le culture si mescolano. Un periodo in cui il treno unisce civiltà e paesi, e in cui diventa necessario condividere un unico riferimento orario: nascono proprio in questi anni i grandi orologi delle stazioni ferroviarie, che unificano finalmente le diverse misurazioni del tempo diffuse sui territori. E l’architettura di questi luoghi, emblema del progresso, si trasforma: non più tozzi edifici di servizio, ma nuove cattedrali di luce e ferro battuto in cui si celebra il rito della modernità e del movimento. Un percorso che ha seguito anche l’orologeria: i calibri per orologi da tasca si assottigliano poco a poco, e già nel XIX secolo nascono i primi orologi scheletrati, il cui procedimento di produzione evidenzia la stessa volontà che muove l’architettura dell’epoca, ovvero conciliare estetica e tecnica. Anche in questo caso l’incessante ricerca di Vacheron Constantin aveva portato a risultati pionieristici: se il primo calibro interamente scheletrato risale al 1924, già nel 1775 il fondatore Jean-Marc Vacheron aveva proposto un orologio con il coq del bilanciere traforato e inciso. I movimenti scheletrati per orologi da

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In alto, il profilo del modello Métiers d’Art Mécaniques Ajourées, con anello blu smaltato «Grand feu». Qui sotto, un componente del movimento con Punzone di Ginevra. A fianco, una platina scavata con garbo dal maestro orologiaio, salvaguardandone la funzione.

polso arrivano nel 1960, e stabiliscono subito nuovi criteri d’eccellenza: la Manifattura riesce infatti a scheletrare calibri con complicazioni quali la ripetizione minuti, il calendario perpetuo e il tourbillon, arrivando alle declinazioni ultrapiatte. Per la realizzazione della nuova collezione Métiers d’Art Mécaniques Ajourées, gli artigiani di Vacheron Constantin hanno nobilitato ulteriormente il Calibro 4400, capolavoro di alta orologeria che batte alla frequenza di 28.800 alternanze/ora e vanta una riserva di carica di 65 ore. La sorprendete e scultorea grazia delle Mécaniques Ajourées, basata proprio sul 4400, ha dunque richiesto ai designer e ai maestri incisori di Vacheron Constantin un’attenzione straordinaria. Occorre infatti tutta l’esperienza dei migliori maestri orologiai per individuare quell’equilibrio, sottile e precisissimo, che permette di scavare al massimo la materia senza incidere sulla perfetta funzionalità del calibro: e le sole fasi di progettazione, design e modellazione richiedono diverse centinaia di ore di lavoro. Così come complesse ed entusiasmanti, pur se estremamente sfidanti, sono le operazioni richieste agli artigiani: innanzitutto ai maestri che devono maneggiare ogni componente, uno dopo l’altro, per lavorarli e inciderli con pazienza per creare giochi di contrasti tra la finitura lucida dell’anglage, che cattura la luce, e quella mat dell’étirage, che sottolinea la lucentezza. Quest’arte, già difficile di per sé, è resa ancor più complessa

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ogni calibro resta fra le mani dell’incisore una settimana: questo è il tempo minimo necessario alla perfezione dalle aperture curve e dagli angoli rientranti, se non addirittura chiusi a 45°, che Vacheron Constantin ama inserire nelle sue creazioni scheletrate e che nessuna macchina è in grado di riprodurre. Per realizzare i capolavori che costituiscono la collezione Métiers d’Art Mécaniques Ajourées, infatti, invece di tagliare le superfici piane della platina e dei ponti con una piccola sega, gli artigiani hanno cesellato tutti i contorni dei componenti disegnando autentiche sculture, i cui volumi e i cui rilievi richiamano alla mente le ogive delle stazioni ferroviarie della fine del XIX secolo. La poesia dell’Art Nouveau viene raggiunta proprio grazie a queste linee curve, autentico progresso estetico e tecnico che la Manifattura ha saputo inserire rispetto alle linee rette dei classici movimenti scheletrati. Queste complesse lavorazioni, che sublimano il rilievo delle volte incise, richiedono oltre tre giorni di lavoro per calibro: una concezione del tempo basata sulla preziosità e sull’unicità di ogni esemplare. Ma ancora maggiore è il tempo necessario alla creazione di ogni segnatempo: dopo l’anglage e la rifinitura a mano, infatti, è il maestro incisore a entrare in gioco. Ogni calibro trascorre tra le sue mani una settimana: il tempo minimo perché il maestro possa scolpire la materia con attenti colpi di burino, fino a dare forma e rilievo alle decorazioni che si snodano come in una danza ipnotica, o come in una sinfonia dalle armonie perfette. Questo carattere personale, questa

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In alto, a sinistra, il Métiers d’Art Mécaniques Ajourées; a destra, l’anello con smalto blu. Sotto, nella versione di alta gioielleria è coinvolto un terzo métier d’art: l’incastonatura. A fianco, le sontuose scheletrature sono visibili sia dal quadrante sia dal fondello in vetro zaffiro.

dedizione per il raggiungimento di una forma che sia tanto funzionale quanto armoniosa, caratterizzano da sempre il lavoro di Vacheron Constantin, che intorno all’unicità ha saputo sviluppare azioni importanti per salvaguardare i mestieri d’arte e per far evolvere le tecniche e la ricerca. Un’unicità accentuata dal dialogo che la Manifattura instaura fra i diversi mestieri: nel caso della collezione Métiers d’Art Mécaniques Ajourées, per esempio, l’anello che sovrasta il calibro è realizzato con la tecnica dello smalto Grand Feu, anch’essa patrimonio artigianale della città di Ginevra. La forma circolare, soggetta a rischi di deformazione, viene realizzata in blu, in grigio e in nero profondo e opaco; e proprio per restituire tutta la bellezza e la perfezione di questo colore, che riflette impietosamente ogni raggio di luce, il maestro smaltatore ha dovuto creare una superficie perfettamente piana e uniforme, per evitare la temuta comparsa delle bolle durante le cotture successive dello smalto. E nella versione di alta gioielleria, il Métiers d’Art Mécaniques Ajourées coinvolge anche un terzo métier d’art: quello dell’incastonatura, necessario per fissare i 42 diamanti taglio baguette che illuminano la lunetta, e i 12 diamanti taglio baguette sul fermaglio del bracciale (per un totale di circa 2,8 carati). Progresso, movimento, mestiere, arte: da Vacheron Constantin il tempo scorre con grazia, permettendo alla mano intelligente dell’uomo di raggiungere traguardi sempre nuovi.

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di Gunnar Almevik

svezia

autentica

Restaurare ambienti culturalmente rilevanti. Sviluppare strategie di collaborazione tra artigiani. Sostenere la ricerca. Questo Paese ha capito che il patrimonio umano e storico va preservato. Con Craft Laboratory

Quando si parla di artigianato, l’autenticità è uno dei fattori più fortemente richiesti dai mercati europei. Al contempo, le sapienze dei mestieri d’arte tradizionali e delle competenze a essi legate sono state marginalizzate dalla produzione e dal consumo di massa. Tradizioni e conoscenze antiche di secoli sono state perdute, così come molte capacità. E quando un prodotto artigianale è definito tradizionale, oggi, si può presupporre che la tradizione cui fa capo sia in qualche misura compromessa, se non perduta. In questo contesto vogliamo presentare un’iniziativa svedese volta a potenziare la capacità dell’artigianato tradizionale nell’affrontare le sfide del futuro. L’Università di Göteborg e lo Swedish National Heritage Board, assieme alla Chiesa di Svezia, ad alcune imprese artigianali e organizzazioni di categoria, hanno aperto un laboratorio nazionale di artigianato: il Craft Laboratory. Le attività del laboratorio, iniziate nel 2010, sono dedicate al restauro e al mantenimento di ambienti culturalmente rilevanti e di edifici storici. Il progetto coinvolge quindi diverse competenze artigianali di tradizione nei campi del paesaggio, della falegnameria, della costruzione e della pittura. Le finalità del centro sono di documentare, trasmettere e sviluppare strategie di collaborazione tra artigiani in settori particolarmente deboli o critici, di sostenere attività di ricerca nel campo dell’artigianato e di organizzare laboratori basati su progetti specifici per attualizzare competenze dimenticate, e per sviluppare ed espandere processi tradizionali al fine di renderli sostenibili per la società contemporanea.

Approfondire la documentazione La percorsi mano, ilparalleli migliore strumento la ricerca Sopra, diDalla Patrik realizzazione Jarefjäll relativa del modello al mestiere all’applicazione del fabbro.dei Aselezionatissimi lato, da sinistra, pellami, dettaglio della dalla chiesa progettazione medievale di Tångeråsa; all’esecuzione: una parete in Bottega tradizionale. Veneta la mano

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Molti dei nostri ambienti culturali sono il risultato di una serie di attività artigianali: il che significa che un’azione efficace di protezione non può essere possibile senza capacità artigianali di alto livello. I mestieri d’arte sono necessari per il restauro e il mantenimento del patrimonio; e in maniera interdipendente, la sopravvivenza di molte attività artigianali è strettamente collegata alla necessità di restaurare il patrimonio culturale. Questa relazione è stata riconosciuta e promossa a livello internazionale dalla Convenzione dell’Unesco per la salvaguardia del patrimonio culturale intangibile, dove l’artigianato di tradizione rappresenta un

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X xxxxxxx xxxxxxx greto: funzionalità e rigore del design, metodo e sapienza del mestiere, visione creativa e mai neutrale dell’arte, vertici di un triangolo equilatero nel

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92 ambito specifico, assieme agli strumenti e agli oggetti. Tuttavia, è raro trovare dati approfonditi relativi all’artigianato, che possano poi favorire l’educazione o la formazione: il Craft Laboratory coopera dunque con artigiani e musei per migliorare la documentazione relativa al mondo dei mestieri d’arte, così che possa servire come una risorsa continua di apprendimento. Un punto centrale consiste nel chiedersi quali siano le caratteristiche più importanti che un artigiano debba possedere: è pertanto necessario

Il progetto coinvolge diverse competenze di tradizione nei campi del paesaggio, della falegnameria, della costruzione e della pittura. Conoscenze antiche di secoli che sono state perdute

coinvolgere i maestri d’arte sia nella pianificazione sia nella realizzazione della documentazione, con un’attenzione speciale alle tecnologie digitali e ai media interattivi che possono trasmettere gli aspetti multisensoriali ed esecutivi dell’artigianato, spesso difficili da veicolare.

Interpretare i manufatti

I mestieri devono essere praticati: solo così possono essere mantenuti e sviluppati. Il Craft Laboratory coopera dunque con gli enti che gestiscono gli edifici storici per coinvolgere gli artigiani non solo nel lavoro pratico di restauro, ma anche nelle azioni di analisi e interpretazione dei manufatti e delle costruzioni da recuperare. I maestri d’arte possono rivelarsi un fattore chiave per ottenere restauri sicuramente migliori. Sono loro a prendere la maggior parte delle decisioni, ed è loro l’impatto più rilevante sul risultato finale. Sono loro a trascorrere più tempo con gli oggetti e le parti degli edifici che vanno restaurati, e sono sempre loro a essere più vicini ai materiali. Il ruolo del Craft Laboratory è dunque quello di creare dei contesti di confronto affinché gli artigiani possano essere coinvolti sin dai primi passi. La Chiesa di Svezia, per esempio, ha sostenuto un progetto in cui i maestri d’arte hanno esaminato e commentato in maniera specifica i materiali e le procedure operative relative al restauro di alcuni edifici religiosi

L’ARTE DEL LAVORO Sopra, vetrata decorata. Presso il laboratorio della cattedrale di Nidaros si portano avanti attività di studio e restauro. A destra, artigiani al lavoro su recinto tradizionale.

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storici: in questo modo, i maestri d’arte sono diventati interlocutori dei committenti per individuare le migliori tecniche di restauro. Il National Heritage Board è stato coinvolto in un altro progetto, in cui vengono sviluppate pratiche e istruzioni che servano di supporto ai maestri d’arte in ogni fase del restauro, e che costituiscano una documentazione rilevante.

Confronto tra metodi e abilità

Le abilità artigianali sono spesso mantenute direttamente tramite la pratica professionale: ma non sempre è economicamente possibile apprendere durante le fasi di lavorazione. Tuttavia, la conoscenza e l’abilità sono sempre mirate a una migliore produzione, e sviluppare metodi per accrescere le abilità significa far crescere la propria professionalità. Offrire momenti di scambio tra artigiani e imprese al di fuori dell’ambito strettamente operativo comporta dunque un proficuo confronto tra metodi e conoscenze: per questo il Craft Laboratory ha creato un programma per accogliere gli artigiani come ricercatori esterni. Un maestro d’arte si può così affiliare all’Università di Göteborg ottenendo sovvenzioni e accesso ai laboratori, alle infrastrutture di ricerca e alle attività didattiche per indagare un problema legato alla pratica artigianale, per creare risorse di apprendimento o per sperimentare nuovi metodi di lavoro, strumenti o prodotti. Questa attività di ricerca sull’artigianato incentrata sul lavoro è «teorica» nel senso che il suo scopo è la spiegazione e la comprensione delle procedure e dei processi artigianali, ed è «pratica» perché sia la metodologia sia le scoperte dipendono dall’abilità dei ricercatori nello svolgere le procedure e nel controllo dei processi, invece di limitarsi a sapere come sono svolti o controllati, ma senza farlo direttamente.

Una disciplina accademica

Ci si può chiedere quali siano i rischi e i benefici di accademizzare i mestieri d’arte. La risposta non è priva di ambiguità. Tuttavia, si può guardare alla chirurgia come alla disciplina medica in cui la ricerca emerge dalla pratica operatoria, ed è portata avanti dai chirurghi per migliorare la pratica: similmente, il Craft Laboratory cerca di rinforzare il campo della pratica nei mestieri d’arte tradizionali agendo direttamente sul campo, così che l’indagine teorica non sia una contemplazione da una posizione esterna ma una prospettiva che nasce dall’interno, e sia basata sulla logica della pratica.

(t raduzione dall ’originale inglese di Alberto Cavalli)

IN costante DIALOGO Sopra, elemento decorativo della cattedrale di Nidaros. Tutti i seminari del Craft Laboratory sono incentrati sui mestieri; il dialogo e la critica prendono vita nel contesto di azioni concrete.

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di Ugo La Pietra

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discorso sul Edra è conosciuta per la produzione e ricerca nel settore dell’arredamento, in particolare nell’imbottito. Il segreto? Perseguire l’insieme approfondendo il dettaglio

Comodo Dalla parola «esedra», luogo destinato alla conversazione e all’incontro, nasce il nome poetico ed evocativo dell’azienda Edra, che da più di 20 anni produce forme per il comfort domestico e collettivo. Da sempre Edra è conosciuta per la sua attività produttiva, ma anche e soprattutto per la sua ricerca nel settore dell’arredamento e del design, in particolare dell’imbottito. Una ricerca stimolata e assecondata da Massimo Morozzi, la figura più rappresentativa tra i designer dell’azienda, in quanto da tempo

ne è anche l’art director. Morozzi nasce in Toscana, come l’azienda stessa, ed è conosciuto come uno dei fondatori del gruppo Archizoom di Firenze, attivo negli anni 70 nell’ambito del design radicale. Morozzi ha spinto Edra, fin dalla nascita, verso una ricerca avanzata sia nella sperimentazione di nuovi materiali sia di nuove tipologie; l’azienda, per soddisfare questa attitudine, ha dovuto fare uso di capacità artigianali e manuali e ha sempre considerato con attenzione i processi produttivi, caratterizzati dalla necessità

L’IMPORTANZA DELL’ORO In queste pagine, due progetti dei fratelli brasiliani Fernando e Humberto Campana. Sopra, letto Corallo, con un particolare intreccio irregolare in filo d’acciaio curvato a mano e finito con vernici epossidiche color oro. A fianco, poltroncina Favela (2003), realizzata con tanti pezzetti di legno naturale incollati e inchiodati a mano, in modo casuale. Questo progetto ha vinto il Compasso d’oro.

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Forme per il comfort

L’intervento manuale sembra essere sempre presente in tutti i pezzi della collezione rendendo così unici i risultati di una realizzazione seriale di realizzazione dell’insieme unita al piacere di approfondire il dettaglio. E in effetti, guardando alla produzione, si nota subito la diversità delle tipologie a cui si aggiunge l’evidente segno dell’intervento manuale. Di fatto la manualità sembra essere sempre presente in tutti i prodotti Edra, rendendo così unici i risultati di una produzione seriale. Gli oggetti progettati da Fernando e Humberto Campana, tra cui ricordiamo Vermelha, Boa, Favela, Corallo, Scrigno e Cipria, sono forse i più rappresentativi di questa forte presenza di manualità e di ricerca di nuovi materiali. L’azienda è anche fortemente caratterizzata dai progetti di Francesco Binfaré, che da sempre preferisce gli oggetti d’arredo, e in particolare dei divani, perché «interpellano il comportamento, lo spazio e la comunicazione», che sono gli ambiti di lavoro che più

ama. È con la direzione artistica di Massimo Morozzi, che già negli anni 70 fu protagonista presso il centro design Montefibre per la progettazione di prodotti tessili per l’arredamento, che Edra sviluppa una grande varietà di materiali per le numerose tipologie di imbottiti, portatori di qualità sensoriali, visive, tattili ed emozionali. Ma un’azienda capace di svilupparsi e rinnovarsi non può fare a meno di avere un atteggiamento attento ai cambiamenti della società; osservando il catalogo Edra degli ultimi 20 anni è possibile intravedere le modifiche della produzione in rapporto alla crescita e all’individuazione di nuovi «gruppi sociali omogenei per affinità elettive». Così, grazie all’apporto progettuale di designer internazionali, alla ricerca e alla sperimentazione, Edra sa parlare al pubblico con linguaggi originali (www.edra.com).

MODULAZIONE DI RELAX Sopra, poltroncina Cipria, progetto dei fratelli Campana (2009): nove cuscini dall’effetto impalpabile, di forma diversa e indipendenti, su un telaio in tubolare metallico. A destra, divano Flap, design Francesco Binfaré (2000), reclinabile in più posizioni. Alle spalle, il sistema Paesaggi italiani di Massimo Morozzi, presentato nella finitura Brasilia, con schegge di metacrilato a specchio (Fratelli Campana).

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Un patrimonio spettacolare

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di Susanna Ardigò

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Il teatro è

la parabola del mondo A Moulins, dove Coco Chanel imparò l’arte sartoriale, una galleria di 10mila costumi di scena racconta la finezza degli atelier de couture

Sopra, busti utilizzati nel Centre national du costume de scène et de la scénographie di Moulins per il mannequinage (modellamento) degli abiti: prima di entrare nella collezione, i capi vengono modellati secondo la forma originale. A lato, il mannequinage di un abito intero di Christian Lacroix.

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Il Centre national du costume de scène et de la scénographie grazie al suo auditorium, al suo centro di documentazione e (Cncs) è stato inaugurato il 1° luglio 2006 da Renaud Donnedieu alle sue sale di formazione, dove viene proposto un programma de Vabres, ministro della Cultura, nella cittadina di Moulins, pedagogico declinato su tutti i livelli d’insegnamento (disegno, capoluogo del dipartimento dell’Allier, nel cuore della grande ricamo, danza, formazione di futuri professionisti), unitamente Francia. È la prima istituzione al mondo interamente dedicaa incontri e stage professionali di diverso tipo. ta al patrimonio teatrale e rappresenta il punto d’incontro tra Nella produzione di uno spettacolo, il costume di scena non è due universi opposti: quello dello spettacolo, un elemento isolato: la sua estetica partecipa regno dell’effimero e dell’apparenza, e quelpienamente alla visione che il regista vuole Una volta entrati lo della conservazione, vale a dire il regno rappresentare. Produrre uno spettacolo è un nella collezione, gli abiti lavoro d’équipe diretto dal regista, che sceglie dello studio e della pazienza, che ha il ruolo di trasmettere un patrimonio valorizzato e il costumista e il decoratore, anche se spesso diventano delle opere: documentato alle generazioni future. La sua queste funzioni vengono svolte dalla stessa non saranno più indossati persona. Il costume, disegnato dal costumista realizzazione, frutto della collaborazione tra e verranno trattati lo Stato francese e la città di Moulins, ha e realizzato dagli atelier di couture specializrichiesto 12 anni di intenso lavoro, che hanzati nei quali lavorano i maestri d’arte, è un come eccellenze museali no riguardato da un lato la definizione del vero e proprio atto d’amore. Nel centro sono contenuto culturale e scientifico del Centro, attualmente conservati più di 10mila costumi dall’altro i lavori di restauro degli edifici che e accessori: data la grande quantità di produlo ospitano (quattro delle dieci palazzine del zione, viene effettuata una selezione secondo Quartier Villar, costruito nella seconda metà precisi criteri come l’importanza dello spettadel XVIII secolo per alloggiare le truppe) e colo dal quale provengono, la notorietà degli degli spazi dove sono ospitate le collezioni. attori che li hanno indossati, o del costumista, La sua missione: conservare i costumi che e la particolarità tecnica della loro realizzazioprovengono dall’Opéra di Parigi, dal dine. I modelli più antichi risalgono alla seconpartimento di Arti dello spettacolo della da metà del XIX secolo e sono rappresentativi Bibliothèque Nationale de France e della di tutti i generi, gli stili e le epoche. In molti Comédie-Française (ma riceve anche le docasi, gli abiti sono accompagnati dai relativi nazioni dei teatri, delle compagnie teatrali, accessori di scena come scarpe, cappelli, guandei coreografi, dei costumisti e i lasciti di ti, gioielli, calze e borse... artisti, in particolare amatori e collezionisti), Al momento del loro arrivo nell’area denoessere uno strumento museale, geografico e minata «les réserves», gli esemplari vengono scientifico al servizio sia del grande pubblico messi in quarantena e trattati in assenza di sia dei professionisti di settore. Ogni anno ossigeno, per eliminare l’eventuale polvere propone due o tre grandi eventi e mostre che si è depositata o la presenza di insetti. Qui sopra, l’ingresso del Cncs. Inaugurato nel 2006 nel cuore della Francia e aperto ad amatori e professionisti, conserva attualmente oltre 10mila costumi e accessori teatrali. In alto, a sinistra, il modellamento di un abito. I costumi più antichi risalgono alla seconda metà del XIX secolo.

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U n p a tEr ci cme ol lneino z se p de ta tl a m c oolna dr oe

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Viene quindi assegnato loro un numero d’archivio, si registrano del Grand Siècle, ma una volta entrati si trovano spazi molto nella banca dati tutte le informazioni che li riguardano (data chiari e luminosi. Al piano terra sono ospitate la biglietteria, la di creazione, l’atelier di provenienza, per quali rappresentazioni boutique, il guardaroba, il ristorante e l’auditorium da 100 posti. sono stati utilizzati, il ruolo dell’attore che li ha indossati, lo stato Tutto il primo piano (originariamente destinato agli alloggi dedi conservazione...), sono fotografati ed etichettati. Per ciascugli ufficiali e dei soldati) è dedicato alle mostre: otto sale vetrate, no viene, cioè, creata una vera e propria carta d’identità. Dopo due sale libere per tutti gli utilizzi, e una grande sala, la Salle du questa fase di pulitura inizia il vero e proprio gril, strutturata su due altezze, che consente minuzioso lavoro di ricondizionamento, che l’esposizione delle tele e degli elementi di prevede il successivo avvolgimento in un fodecoro della scenografia teatrale. Il secondo glio di seta a pH neutro. Quindi, i capi sono piano è occupato dal centro di documentaappesi su appendiabiti imbottiti, modellati zione e dal centro di formazione. Il centro nella loro forma iniziale e conservati alla temdi documentazione raccoglie la storia delle peratura di 18 gradi centigradi, con un tasso arti dello spettacolo e dei mestieri di scena, di umidità costante del 50 per cento. I più e più precisamente tutto ciò che riguarda fragili o delicati vengono riposti orizzontalil costume e la moda. Aperto agli amatori mente in appositi cassetti. Una volta entrati e ai professionisti, offre la consultazione in nelle collezioni del Cncs, i costumi diventano loco delle opere di base, di quelle illustrate, delle opere, non saranno più indossati e sadei dossier di ricerca e dei documenti mulranno trattati con tutta la cura che si dedica timediali. Viene offerto un servizio per il a preziosi manufatti museali. pubblico giovane articolato tra visite guidate, Il complesso del Centro dopo la Seconda atelier e spettacoli, in collaborazione con i guerra mondiale venne occupato dalla Gencentri scolastici, i centri ricreativi, le scuole nureyev balla da solo darmeria, che lo lasciò nel 1980, per essere professionali e le università. Dall’ottobre 2013 il Centre ha destinato alla demolizione. Venne salvaIl corpo centrale è affiancato da un edificio dedicato uno spazio alla collezione to all’ultimo minuto, nel 1984, grazie alla progettato da Jean-Michel Wilmotte, le permanente di Rudolf Nureyev sua classificazione tra i monumenti storici Réserves, simile a una cassaforte di cemento (sopra), donata dalla Fondazione e, dopo numerosi studi, lo Stato francese ricoperta da una maglia d’acciaio, che ricorNureyev: un centinaio di oggetti decise di proporre alla città di Moulins la da la trama dei tessuti. In un’area di 1.730 appartenuti al grande ballerino che realizzazione del Centre nationale du cometri quadrati, le Réserves si strutturano in rappresentano la sua vita stume de scène. L’edificio principale è il più una zona, al piano terra, destinata agli spaartistica e il suo gusto personale. antico. Magnifico nell’eleganza delle sue zi di lavoro (arrivo e partenza dei costumi, Centre national du costume de scène proporzioni, si sviluppa intorno a tre ordini imballaggio, trattamento, sala d’isolamento, Quartier Villars, Route de Montilly, di scalinate monumentali. L’insieme, visto atelier di modelleria), mentre nei tre piani Moulins; www.cncs.fr dall’esterno, ha l’austerità dei monumenti superiori vengono conservati i costumi. Prima del modellamento e della conservazione, gli abiti vengono messi in quarantena nelle Réserves (in alto, a sinistra) e trattati in assenza d’ossigeno, per eliminare polvere o eventuali insetti. Quindi si classificano e ricondizionano, avvolgendoli in fogli di seta a pH neutro (a destra).

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Maestri del design

Titoletto in prima persona * Cristina Castelli è professore ordinario di Psicologia del ciclo di vita, direttrice del CROSS (Centro ricerche sull’orientamento scolastico e professionale) e del Master “Relazione d’aiuto in contesti di vulnerabilità e povertà nazionali ed internazionali” presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. E’ direttrice della Fabbrica del Talento.

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di Ali Filippini

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Cultura del territorio, passione per la consuetudine artigianale, propensione verso la divulgazione: il trentasettenne francese Sam Baron, art director del centro di design di Fabrica e designer a tutto tondo, racconta il suo amore per il progetto pensato con le mani...

Comunicare IL

savoir-faire

Sopra, piatti in ceramica della serie Beautifuless per Nilufar Unlimited, frutto della collaborazione tra Sam Baron e Vista Alegre, che recupera piatti scartati perchÊ sotto gli standard qualitativi e vi applica elementi decorativi. A fianco, tavolini Marie Antoinette Pop e tavolini a tre gambe Philippe I, in una collezione per Casamania ispirata ai dÊcor del ’700, realizzata con legni di essenze diverse.

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Maestri del design

Non è facile stare dietro a Sam Baron, che lavora tra Italia, Francia, Portogallo, ed è sempre in viaggio tra l’Europa e il resto del mondo, dove porta le sue mostre e partecipa ai più noti appuntamenti del mondo del design. Il designer francese, non ancora quarantenne, è noto nel mondo del progetto per il suo stare un po’ borderline tra la fabbrica e la bottega, tanto che negli ultimi dieci anni (la sua attività ha inizio nel 1997 prima ancora di terminare gli studi) ai pezzi realizzati

per design brand come Zanotta, Ligne Roset, Casamania, si sono aggiunti progetti speciali fatti in collaborazione con importanti manifatture, come Sèvres e Limoges. A queste attività si sommano quella di responsabile della sezione design di Fabrica, la scuolacentro ricerche del gruppo Benetton e i progetti personali portati avanti sotto la denominazione di Baron Edition. DOMANDA. Sam, oltre che come designer è attivo come art director e i suoi progetti sconfinano in installazioni e numerose mostre (come l’ultima «Belvedere», ospitata a Villa Necchi durante l’ultimo Salone del Mobile di Milano) dai contenuti culturali. Il design e la sua «messa in scena» sono dunque un

molto stimolante e interessante perché alla fine ti porta a considerare degli elementi che poi finiscono per guidare anche il progetto. Come è successo nella mia ultima collezione per Vista Alegre, Lusitania, dove per un servizio di porcellana ho reinterpretato in chiave contemporanea la tradizione degli azulejos, attraverso il mix and mach dei pattern. D. Qual è la sua opinione sul ritorno di attenzione al pezzo di valore, all’unicità, nel design? E che differenze rileva con la cosiddetta design-art? R. Quando parliamo di design ci riferiamo a una disciplina tutto sommato giovane, che nasce dopo la Seconda guerra mondiale, con l’obiettivo di fornire alle persone dei nuovi oggetti

Ogni Paese ha le sue specificità in relazione alle pratiche manifatturiere, che ho scoperto lavorando a stretto contatto con le aziende. Esigenze differenti che portano a collaborare con partner sempre nuovi e stimolanti mezzo valido per promuovere la difesa e il valore del savoir-faire? RISPOSTA. Il design è un processo, una pratica, che ti permette di unire diverse cose: creatività, tecnica, comunicazione... quindi come art director mi è possibile trasmettere messaggi attraverso una collezione di oggetti focalizzati su particolari soggetti o temi, a seconda del caso. Credo che la possibilità di mettere dei giovani talenti (come accade nei lavori con il team di Fabrica, ndr) a elaborare delle nuove visioni sia una grande opportunità per stabilire una conversazione, quindi un contatto con il pubblico su certi temi come la difesa del patrimonio artigianale. D. Lei lavora in tutta Europa con diverse manifatture. Da progettista, nota differenze o modalità di lavoro diverse tra questi luoghi, soprattutto in riferimento alle pratiche artigianali? R. Ogni Paese ha le sue specificità in materia, che sicuramente si scoprono maggiormente mentre si lavora a stretto contatto con le aziende. Le abitudini di ogni Paese creano anche differenti modi di lavorare e mi impongono di dover scoprire e scovare ogni volta delle caratteristiche specifiche nella scelta dei partner con cui collaboro. È una cosa

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o arredi; da allora si susseguono diversi tentativi, tuttora in essere, per definire dove collocarla. Il design è passato dai suoi inizi, connotati da un linguaggio industriale, a una fase più concettuale, come capitava 20 anni fa con l’avanguardia olandese di Droog Design, alla fase arty che sembra contraddistinguerlo ancora adesso. Penso che il mercato offra spazio per tutti, sempre che il brief e le intenzioni rimangano chiare. Il peggio è quando si crea confusione e chi compra non capisce come e perché dovrebbe spendere i suoi soldi. Quindi, se qualcuno desidera un tavolo da pranzo unico nel suo genere perché non rivolgersi a una design gallery o direttamente a un artista, quando quello che interessa è un tavolo da usare per stare in compagnia con gli amici a cena? D. Quali sono i suoi materiali prediletti e come ha affinato nel tempo la sua modalità di rapporto con chi mette in opera, usando tecniche e processi diversi, le sue idee... ? R. Non ho dei materiali che preferisco in assoluto, anche se ai miei inizi ho lavorato in scala industriale con la ceramica e la porcellana. Forse quello che è più importante è il progresso che ho compiuto nel tempo: ho iniziato a pro-

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105 possa bastare per essere un designer o fare un buon prodotto. Credo sia importante non dimenticare che noi abbiamo bisogno degli artigiani come loro di noi. E gli artigiani hanno un prezzo per esistere: per questo devono vendere il loro prodotto, per continuare a esistere. Spesso la strategia è quella di esibire con mostre il lavoro degli artigiani, quando in concreto bisognerebbe porsi il problema, in termini progettuali, di garantire loro una maggiore esistenza commerciale, in vista del futuro. D. Che cosa pensa di tutto il fenomeno della maker culture? Che futuro prospetta per questo particolare approccio al design, considerando che sembra essere una forma di produzione artigianale evoluta? R. Stiamo parlando di una moda perché mettiamo un’etichetta a qualcosa che esiste già da molto tempo? O stiamo rallegrandoci di fare qualcosa da noi, con le nostre mani, perché il mondo è stato trasformato in una finta realtà? Credo che la riflessione sulla maker-culture (dell’auto-progettazione fatta soprattutto con stampanti e

macchine digitali, che ha diffuso una sorta di artigianato digitale sul quale si stanno costruendo numerose startup, ndr) sia di per sé positiva, perché si interroga su dei possibili scenari di cambiamento, su dei comportamenti e quindi ha a che fare con il mondo in cui viviamo; ma allo stesso tempo credo che un artigiano sappia esattamente che cosa significa «fare». I designer si preoccupino di pensare e progettare!

Marco Zanin / Fabrica

gettare piccoli oggetti per poi passare all’arredamento e adesso allo spazio. Mi piace questa sorta di evoluzione nella mia carriera, che tiene insieme un po’ tutte le cose facendo da filo conduttore e si struttura in progressione organica, quasi naturale. Ho un rapporto molto stretto con chi lavora per me, devo rispettare e fidarmi di loro e delle loro capacità prima di tutto. Per fare un buon progetto ti devi sentire anzitutto a tuo agio con il tuo team. Mi piace essere sorpreso da persone che mettono passione nel loro lavoro; e poi nei vari progetti tutti noi vogliamo dimostrare che la nostra collaborazione ha qualcosa di speciale che porterà a risultati soddisfacenti, quando non unici. D. Lei lavora molto con i giovani designer o aspiranti tali: che tipo di relazione hanno oggi le nuove generazioni con l’artigianato? Vede ricerche interessanti in atto, e in quali aspetti di ricerca è più interessante concentrarsi? R. Penso che i giovani designer siano sensibili, aperti verso le competenze artigianali. Per quanto in questo momento sia diffusa l’idea che fare un prototipo

Sopra, Le bureau de Paolo, scrivania in legno di teak in edizione limitata (otto pezzi) per Secondome edizioni. In alto, un ritratto del designer francese Sam Baron (sambaron.fr). A fianco, Louis, Jeanne, Michel et les autres... , installazione di sei grandi vasi-totem per l’edizione 2012 dei Designer’s days parigini, realizzata con la Galerie de Sèvres-Cité de la céramique.

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Progetti speciali

Sopra, ÂŤUpside downÂť, progetto di Inesa Kovalova per la vetrina della boutique di Van Cleef & Arpels di Milano. Gli allestimenti realizzati dalla Compagnia Marionettistica Carlo Colla & Figli (www.marionettecolla.org) saranno esposti in via Verri 10 per tutto il Salone del Mobile, assieme ai preziosi gioielli fatati della Maison parigina (www.vancleefarpels.com).

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Susanna Pozzoli

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scenari fatati il magico know-how di van cleef & arpels chiama a sĂŠ i giovani della creative academy e il genio scenico della compagnia carlo colla di Eugenio Monti Colla

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Progetti speciali

Sofisticata eleganza, affascinante splendore, gioco prezioso di pietre colorate da cui scaturiscono luminosità e opalescenze inafferrabili in uno sconfinato rincorrersi fantasmagorico di luci e ombre. L’occhio, sorpreso, incantato, insegue tanta lucentezza, ne coglie l’irresistibile bellezza e trasmette alla mente il desiderio di trovare o, piuttosto, di recuperare luoghi e spazi dell’anima ove il sogno di tanta bellezza possa, a sua volta, essere incastonato. La fiaba, sì, la fiaba e il suo mondo circonfuso di armonia e di incanto, ove tutto riluce per fantasiosa e poetica verosimiglianza, ove la metafora indossa sontuose vestimenta per giungere, attraverso immaginifiche e tortuose vie dense di insidie, ostacoli e prove iniziatiche, alla catarsi finale. È questo lo spazio della fantasia in cui, spesso, impalpabili creature giungono dai luoghi dell’inconscio a mutare il destino di creature in preda al tormento, al bisogno, all’infelicità. Il «fatum» si trascolora in aeree e arcane visioni di figure che recano amoroso conforto, sicura protezione, magici talismani: le fate. Questo è il tema prescelto dalla Maison Van Cleef & Arpels per affidarne l’interpretazione alla creatività dei 20 partecipanti al Master of arts in design di Creative Academy, la scuola internazionale del Gruppo Richemont, fondata a Milano nel 2003, che ogni anno forma talenti specializzati nel design dell’oggetto di lusso. In occasione del Salone internazionale del mobile 2014, dall’8 al 13 aprile, la boutique di via Verri 10 a Milano apre infatti le sue porte a quanto nasce dall’incontro tra una tematica così ricca di spunti e la fervida fantasia dei giovani talenti. Un mondo altrettan-

to magico si svela a questi giovani interpreti: quello delle marionette. L’atelier della Compagnia Carlo Colla & Figli e dell’Associazione Grupporiani rappresenta il luogo ove conoscere a fondo la marionetta e i materiali utilizzati per realizzare uno spettacolo che la veda protagonista. La marionetta, oggetto teatrale di legno simile all’essere umano ma da lui così lontana, tutta chiusa in una sua realtà metafisica, simbolo e al tempo stesso metafora di ciò che viene narrando sul palcoscenico, si presenta quale forma espressiva assai complessa che racchiude in sé rito, magia, illusione, verosimiglianza. La sua gestualità così innaturale eppur così vera e allusiva, il suo incedere meccanico e così reale, la sua vita che scivola dalle dita del marionettista lungo un complicato intrico di fili così presenti sulla scena da scomparire poco dopo all’assuefatto occhio dello spettatore, la sua fisicità fisiognomica che pare acquistare mobilità se colpita da fasci di luce, un tale universo si schiude alla fantasia, al sogno, alla capacità di astrazione e all’ingegno creativo degli studenti unitamente alla realtà concreta a cui il filo, il legno, il tessuto, la carta, il metallo e quanto altro li ispirano. Il quotidiano sapiente lavoro che contraddistingue l’esperienza dei marionettisti della Carlo Colla & figli nei diversi settori di produzione (scultura, falegnameria, sartoria e modisteria, lavorazione delle calzature, delle armi, delle parrucche, dell’oreficeria, della scenografia, dell’attrezzistica e dell’illuminotecnica) fa da guida alla elaborazione e alla realizzazione dei progetti che vengono presentati e selezionati. Così, la marionetta, resta, muto strumento attraverso cui comunicare se stessi.

Sopra, fate, farfalle, elementi di una natura magica e incantata che rendono vitali e onirici i gioielli di Van Cleef & Arpels, Maison nata nel 1906 a Parigi in place Vendôme. La mitica piazza diventa magica se vista dalla terra al cielo, come nel progetto di Inesa Kovalova.

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Susanna Pozzoli

Susanna Pozzoli

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Gli scenografi della Compagnia Carlo Colla & figli al lavoro presso l’atelier milanese. Guidata da Eugenio Monti Colla, la Compagnia ha seguito la realizzazione dei progetti creati dagli studenti della Creative Academy (www.creative-academy.com).

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Sapori e saperi

la Neue deutsche schule è sinonimo di lavoro, franchezza, perfezionismo e creatività ordinata di Alessandra Meldolesi

il senso della

Il caldo ingresso del ristorante La vie di Osnabrück, aperto nel 2006 da Thomas Bühner, alfiere del movimento Neue Deutsche Schule. Nel 2012 il locale ha conquistato le tre stelle Michelin. A fianco, scampo con creme di ricotta, zucchina e broccolo romanesco, lardo glassato al mango, cotenna fritta, pomodori e salsa bulgur (Krahnstraße 1, tel. +49 (0)541331150, www.restaurant-lavie.de).

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Würstel, Brotsuppe, Sauerbraten. Con l’alternativa di un torfornaio o contadino. E cuoco è stato, forse per la nostalgia del chon de foie gras o di una poularde de Bresse per la clientela pub dei nonni, dove fin da bambino trovava una fetta di pane gourmet. A sparecchiare le tavole tedesche, spolverando le appena sfornato con burro e prosciutto di Vestfalia, e i clangori briciole del passato, ci ha pensato la Neue Deutsche Schule, di cucina lo cullavano fino a farlo addormentare. Terminato movimento teorizzato nel 2007 dal giornalista Jürgen Dollase. l’apprendistato presso il ristorante Schweizerhaus di PaderAbbandonati i fourneaux francesi, la cucina tedesca socchiude born, si lancia nella professione: prima l’Hilton di Düsseldorf, il coperchio alle risorse regionali, recuperando tecniche ancepoi il Landhaus Scherrer di Amburgo, il Grand cru restaurant strali o moderniste. Gli «aromi del mondo» sono i benvenuti, di Lippstadt e il ristorante Jörg Müller di Westerland, sull’isola e il cuoco mostra una diversa consapevolezza della complessa di Sylt; infine, chef de partie al Schwarzwaldstube di Baiersensorialità attivata. Ed è attento alla progettazione del piatto, sbronn, dove Harald Wohlfahrt gli trasmette i valori della in modo che le percezioni del cliente coincidano sempre con le disciplina e della costanza. L’abbrivio in solitario nel 1991, sue intenzioni. Dollase conclude quando Bühner si insedia al ristoimmaginando una cucina strutrante La table di Dortmund, presso turalista, basata sullo studio di il casinò Hohensyburg, presto preproporzioni, che valorizzi moltemiato da una e poi dalle due stelle un cuoco tedesco prima plicità e finezza. Un identikit preMichelin, con la conferma di un 19 disegna la sua opera, cisato dal collega Thomas Ruhl: sulla guida Gault et Millau. Il terzo «L’essenza della Neue Deutsche quindi colloca all’interno macaron fiocca nel 2012 su La vie, Schule è l’uso delle virtù tradiaperto nel 2006 a Osnabrück con le singole pennellate zionali tedesche nel design e nella la moglie di origine tamil Thayarni realizzazione delle creazioni: un Kanagaratnam, che guida la sala. cuoco tedesco non deve riempire La loro proposta si distingue per le sue tele con pennellate espresun manierismo avvolgente, dove sive. Prima disegna il suo lavoro, poi colloca all’interno ogni le basi francesi fungono da piedistallo per il gioco capricsingola pennellata. Come il design tedesco o l’ingegneria, la cioso ricco di influenze globali: fiori eduli, erbe aromatiche, Neue Deutsche Schule è franchezza, duro lavoro, perfezionipolveri di diametro e temperatura disparati. smo e creatività ordinata. E questo la rende una delle migliori Bühner parla di una «cucina aromatica» su tre dimensioni. La scuole al mondo. Lo testimoniano Thomas Bühner, Christian prima coincide con il gusto naturale dell’ingrediente, preservato Bau, Nils Henkel e Sven Elverfeld». Tutti tristellati i quattro e talvolta enfatizzato. Poi la fase di elaborazione del prodotto, apostoli del nuovo verbo che stanno rivoluzionando la scena che fa aggio sulla bassa temperatura: «Fuss vom Gas», lontano gastronomica europea. Nel mezzo del loro cammino di cuochi, dal fuoco, è il motto dello chef. Infine il «repertorio», visto che hanno battuto il sentiero vergine della complessità. i piatti del menù devono susseguirsi come movimenti in una Thomas Bühner è l’interprete di questa identità sfaccettata: sinfonia, allegretti e poi gli adagi. Per esempio la selvaggina, meno vincolata della Francia, più sostanziosa della Spagna, la autentica «taste bomb» grazie alla cottura sottovuoto, per miccia sua Germania non rinuncia né alle fondamenta classiche, né un sugo distillato a mo’ di tè. Non mancano gli inserti della alle tecnologie avanzate, né agli ingredienti allotri. Stupisce, tradizione locale, come i Dampfnudeln spiraliformi attorno se si pensa che tutto ha avuto inizio da un formulario compialle pietanze o lo scenografico dessert in chaudfroid alla mela. lato presso l’ufficio di collocamento di Riesenbeck, città dove Ma sono «citazioni deviate» nell’accezione di Achille Bonito Bühner è nato nel 1962, papà agente di commercio e mamOliva, risignificate per via di trasposizioni, salti e slittamenti, ma casalinga. I risultati del test attitudinale recitavano: cuoco, fino a depurarsi dalla narcolessia del comfort food.

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Sapori e saperi

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Sopra, radice di prezzemolo e pistacchi, aglio nero in crema e lime, uno dei piatti piÚ apprezzati del ristorante. A fianco, da sinistra, gli ospiti vengono ricevuti in uniforme; l’interno del ristorante; lo chef Thomas Bßhner nella sua cucina. La sua proposta si distingue per un manierismo avvolgente, dove le basi francesi fungono da piedistallo per il gioco capriccioso delle influenze globali.

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on si giunge alla sapienza accumulando nozioni o contando sul mero talento, come la scuola e la società lasciano credere ai giovani. Bensì interiorizzando gli insegnamenti appresi dai maestri e applicandoli nel quotidiano

il saper fare è un anelito di rettitudine

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Scriveva nel Profeta il pensatore libanese Khalil Gibran (1883-1931) che «il maestro, se egli davvero è saggio, non vi invita a entrare nella casa della sua sapienza, ma vi guida sulla soglia della vostra mente». Un concetto caro anche a San Paolo, con la sua teoria della liminalità: occorre saper giungere sino alla soglia dell’anima, della conoscenza o dell’esperienza e poi saper attendere, osservare con curiosità e rispetto, per procedere con la giusta confidenza. E risalendo ancora più indietro non possiamo non ripensare all’oracolo di Delfi, a quel «Conosci te stesso, e conoscerai il mondo e gli dei» che ha profondamente connotato la cultura occidentale. Perché è così che si costruisce la sapienza: non con l’accumulo di nozioni, ma con la progressiva interiorizzazione di un insegnamento e con la sua messa in pratica quotidiana. Oggi non solo l’insegnamento, ma anche l’apprendimento viene interpretato in maniera assai diversa. Da un lato lasciamo i giovani per troppo tempo a crogiolarsi in un sistema scolastico non certo all’avanguardia, dove nessun accento è posto sul saper fare (e spesso neanche sul sapere), dove si richiede il minimo e dove ancora non si riconosce il giusto valore alle lingue straniere, alle abilità pratiche, alle competenze artistiche e musicali che andranno a formare personalità ricche e complesse, qualunque sia la strada che prenderanno. E dall’altro lato, in un insensato inseguirsi di contraddizioni, si

Ri-sguardo

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nega ai giovani il tempo necessario per apprendere: oggi si deve subito avere successo, si deve subito entrare nel cuore del problema, si deve subito avere l’intuizione geniale e la capacità di tradurla in concetti pratici e applicabili. I talent show che spopolano in televisione non sono certo un buon esempio: perché sembra che il talento sia solo qualcosa di innato e di istrionico, e che al termine di spettacolari competizioni il vincitore venga immediatamente avviato al successo e alla gloria. Non è così, non può esserlo e non lo è mai stato: il talento viene gettato alle ortiche se non è accompagnato dall’impegno, dallo studio, dalla diligenza, dall’applicazione per ore e ore che porta questi giovani a conoscere davvero se stessi, a dare davvero un nome ai loro sogni e alle loro capacità. Il mondo dei mestieri d’arte ci guida ancora una volta a comprendere quale sia la giusta dimensione in cui l’apprendimento va inserito, affinché sia efficace. Trasmettere il saper fare è oggi un’istanza vitale per gli artigiani, affinché una nuova generazione possa affrontare le sfide della contemporaneità. Ma non si diventa maestri in pochi mesi: ci vogliono anni, ci vuole impegno, ci vuole determinazione. Ci vuole talento, è chiaro: ma anche l’umiltà di mettersi in ascolto e di imparare, di rubare con l’occhio i gesti del maestro e di farli evolvere attraverso la propria personalità. Sempre Gibran, ne La voce del maestro, ha scritto che «il sapere è il solo bene che i tiranni non possono alienare. Solo la morte può oscurare la luce della conoscenza che è dentro di te. La vera ricchezza di una nazione non è nel suo oro e argento, ma nel sapere, nella saggezza e nella rettitudine dei suoi figli». Oggi è fondamentale fare in modo che questo sapere venga trasmesso e metta salde radici, e che questa saggezza non vada dispersa: perché è in questa rettitudine che va ricercato il vantaggio competitivo che ci aiuterà a essere più felici, più realizzati, più consapevoli del nostro valore. Come uomini e come artigiani del futuro.

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