Mestieri d'Arte e Design n°9

Page 114

n

on si giunge alla sapienza accumulando nozioni o contando sul mero talento, come la scuola e la società lasciano credere ai giovani. Bensì interiorizzando gli insegnamenti appresi dai maestri e applicandoli nel quotidiano

il saper fare è un anelito di rettitudine

Te s

ti

nc a r F

114 COLOGNI9.indd 114

o

a to d

ogn l o C

ia mon

i

Scriveva nel Profeta il pensatore libanese Khalil Gibran (1883-1931) che «il maestro, se egli davvero è saggio, non vi invita a entrare nella casa della sua sapienza, ma vi guida sulla soglia della vostra mente». Un concetto caro anche a San Paolo, con la sua teoria della liminalità: occorre saper giungere sino alla soglia dell’anima, della conoscenza o dell’esperienza e poi saper attendere, osservare con curiosità e rispetto, per procedere con la giusta confidenza. E risalendo ancora più indietro non possiamo non ripensare all’oracolo di Delfi, a quel «Conosci te stesso, e conoscerai il mondo e gli dei» che ha profondamente connotato la cultura occidentale. Perché è così che si costruisce la sapienza: non con l’accumulo di nozioni, ma con la progressiva interiorizzazione di un insegnamento e con la sua messa in pratica quotidiana. Oggi non solo l’insegnamento, ma anche l’apprendimento viene interpretato in maniera assai diversa. Da un lato lasciamo i giovani per troppo tempo a crogiolarsi in un sistema scolastico non certo all’avanguardia, dove nessun accento è posto sul saper fare (e spesso neanche sul sapere), dove si richiede il minimo e dove ancora non si riconosce il giusto valore alle lingue straniere, alle abilità pratiche, alle competenze artistiche e musicali che andranno a formare personalità ricche e complesse, qualunque sia la strada che prenderanno. E dall’altro lato, in un insensato inseguirsi di contraddizioni, si

Ri-sguardo

114

nega ai giovani il tempo necessario per apprendere: oggi si deve subito avere successo, si deve subito entrare nel cuore del problema, si deve subito avere l’intuizione geniale e la capacità di tradurla in concetti pratici e applicabili. I talent show che spopolano in televisione non sono certo un buon esempio: perché sembra che il talento sia solo qualcosa di innato e di istrionico, e che al termine di spettacolari competizioni il vincitore venga immediatamente avviato al successo e alla gloria. Non è così, non può esserlo e non lo è mai stato: il talento viene gettato alle ortiche se non è accompagnato dall’impegno, dallo studio, dalla diligenza, dall’applicazione per ore e ore che porta questi giovani a conoscere davvero se stessi, a dare davvero un nome ai loro sogni e alle loro capacità. Il mondo dei mestieri d’arte ci guida ancora una volta a comprendere quale sia la giusta dimensione in cui l’apprendimento va inserito, affinché sia efficace. Trasmettere il saper fare è oggi un’istanza vitale per gli artigiani, affinché una nuova generazione possa affrontare le sfide della contemporaneità. Ma non si diventa maestri in pochi mesi: ci vogliono anni, ci vuole impegno, ci vuole determinazione. Ci vuole talento, è chiaro: ma anche l’umiltà di mettersi in ascolto e di imparare, di rubare con l’occhio i gesti del maestro e di farli evolvere attraverso la propria personalità. Sempre Gibran, ne La voce del maestro, ha scritto che «il sapere è il solo bene che i tiranni non possono alienare. Solo la morte può oscurare la luce della conoscenza che è dentro di te. La vera ricchezza di una nazione non è nel suo oro e argento, ma nel sapere, nella saggezza e nella rettitudine dei suoi figli». Oggi è fondamentale fare in modo che questo sapere venga trasmesso e metta salde radici, e che questa saggezza non vada dispersa: perché è in questa rettitudine che va ricercato il vantaggio competitivo che ci aiuterà a essere più felici, più realizzati, più consapevoli del nostro valore. Come uomini e come artigiani del futuro.

05/03/14 17:10


Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.