Artigianato 52

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MOSTRE di Roberto Rizzi

Gegia e Marisa Bronzini

Alla Galleria del Design e dell’Arredamento di Cantù una mostra dedicata a due sperimentatrici il cui lavoro di tessitura dagli anni Trenta ad oggi ha contribuito alla crescita di questa antica arte

Sviluppata a partire dal primitivo

intreccio di foglie o rami, la tessitura viene perfezionata, anche in relazione alle prime produzioni di filati, dalla messa a punto del telaio, strumento che permette la razionalizzazione della semplice operazione di far passare alternativamente, sopra e sotto, un filo (trama) ad ogni singolo filo di una serie preventivamente preparata (ordito). Tela è il nome di questa particolare struttura (armatura) del tessuto: la più semplice, che dà il tessuto più compatto, morbido e sottile perché i fili della trama e dell'ordito sono tenuti il più vicino possibile. Questa semplice tecnica produttiva viene utilizzata dalla tessitura Bronzini sin dalla nascita, avvenuta all’inizio degli anni ’30 per iniziativa di Gegia da subito affiancata dalla figlia Marisa, a contatto con la tradizione esecutiva rurale della campagna veneta, rapidamente sviluppatasi in organizzata struttura produttiva (comprendente la coltivazione, la filatura, la realizzazione di tessuti, la loro confezione e vendita), animata da un ideale di promozione del lavoro artigianale, soprattutto femminile. Con questa tecnica e il medesimo spirito produttivo, la tessitura Bronzini ha saputo sviluppare (nell’originario laboratorio di Marocco di Mestre e poi, dal 1946, in quello di Cantù) una pluralità di ricerche e sperimentazioni fondate sulla metodica e paziente ricerca dei filati da tessere e sull’esaltazione dell’abilità esecutiva, con creazioni di grande qualità cromatica e compositiva. I primi esperimenti (intorno alla metà degli anni ’30) sono sollecitati dal sostegno dato ai prodotti autarchici e portano all’utilizzo di filati

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di ginestra, canapa, ortica, ma anche di cotone, lino e seta filati a mano e di cartocci di granoturco con cui vengono realizzate tappezzerie dalle straordinarie sfumature dorate, impreziosite dall’innesto di piccoli ritagli di semplice cellophane colorato. I filati naturali, e poi la viscosa, vengono utilizzati per la realizzazione di grandi pannelli, concepiti come opere uniche tessute con la tecnica dello “spolinato primitivo”, da sempre utilizzata, ad esempio, nella realizzazione degli arazzi. Essa consiste nel far passare a mano e per brevi tratti, anziché con il più veloce movimento della navetta che attraversa tutto il tessuto da cimosa a cimosa, i differenti fili di trama, di diversi colori in funzione del particolare disegno da realizzare. In pratica l’operatore utilizza contemporaneamente diverse spole di differenti colori con le quali realizza i settori di diverso colore in ogni linea di trama, determinando,

cosa impossibile con lavorazioni meccanizzate, un disegno perfettamente identico sulle due facce del tessuto. I temi decorativi realizzati con questa tecnica, potenzialmente infiniti, vanno dalle semplici rigature disposte nella direzione dell’ordito o in diagonale a più complessi disegni, sempre basati su geometrie astratte comprendenti linee incrociate, spezzate, curve, quadrettature. A fianco di queste realizzazioni si sperimenta l’utilizzo di materiali normalmente non impiegati nella tessitura, come il rame e la pelle. Le prime sperimentazioni per l’uso del rame risalgono al 1986, con la ricerca di un filo che avesse sufficiente resistenza e flessibilità per essere tessuto e non avesse problemi di ossidazione. Con esso sono realizzati tessuti su ordito di cotone con rese cromatiche differenti a seconda del colore del cotone di ordito, del colore del rame (naturale, rosa o stagnato), dell’eventuale


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