ANNUARIO 2018 CAI MORBEGNO 1
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ANNUARIO 2018
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SOMMARIO
CAI Club Alpino Italiano Sezione di Morbegno
Via San Marco Tel. e fax 0342 613803 e-mail: info@caimorbegno.org www.caimorbegno.org
ANNUARIO 2018
FLEMATTISSIME di Giuseppe Popi Miotti
Redazione:
Alessandro Caligari, Lodovico Mottarella, Marco Poncetta
CON GLI SCI AL PIZZO TRE SIGNORI di Mirco Gusmeroli
Hanno collaborato: DesirĂŠe Barbetta, Alberto Benini, Alessandro Caligari, Giovanni Cerri, Pietro Corti, Aurora Curtoni, Oscar Del Barba, Emil Del Nero, Annalisa Gadola, Mirco Gusmeroli, Elisabetta Manni, Marco Marchetti, Riccardo Marchini, Giuseppe Popi Miotti, Lodovico Mottarella, Chiara Piatti, Marco Poncetta, Riccardo Scotti, Mariella Spandrio, Francesco Spini, Mario Spini.
Fotografie: Arch. Alberto Benini: 22,23 Gianfranco Cason: 68, 69 Giovanni Cerri: 70, 71, 84, 85 Arch.Alfredo Corti: 17 Emil Del Nero: 62-63, 64, 65(sotto), 66, 67, 72-73, 74, 75 Mirco Gusmeroli: 10-11, 12, 13 Riccardo Marchini: 43, 44, 45, 80-81, 82, 83 Giuseppe Popi Miotti: 6, 7, 8, 9 Lodovico Mottarella: I, II, III, IV di copertina, 4, 5, 14-15, 16, 18, 19, 20-21, 24, 25, 26-27, 28, 30-31, 32-33, 46, 47, 48-49, 52-53, 54, 55, 87, 88 Marco Poncetta: 59, 61(sotto), 65(sopra), 76, 77, 78, 79 Archivio Riccardo Scotti: 17 Mario Spini: 56-57, 58, 60, 61(sopra)
IL GHIACCIAIO DI PREDAROSSA di Riccardo Scotti
INIZIO XX SECOLO di Alberto Benini
MORBEGNO CITTĂ ALPINA 2019 di Oscar Del Barba
L'ARRAMPICATA CHE VERRĂ di Alessandro Caligari
IL CAI E LA SCUOLA di Riccardo Marchini
Progetto grafico e realizzazione: Mottarella Studio Grafico www.mottarella.com
Stampa: Tipografia Bonazzi
ATTIVITĂ Corso di scialpinismo Rallyno della Rosetta Grignone con gli sci Val Formazza
Punta San Matteo Corso di arrampicata Monte Grona Pizzo Scalino
Speleologia Legnone Alpinismo Giovanile Gruppo 2008
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ÂŤAbbiamo un sogno: unire lâItalia intera in un grande abbraccio, attraverso la percorrenza a piedi degli straordinari territori che il nostro Paese è in grado di offrire non appena si abbandona la strada asfaltataÂť: è questo lâintento che il Club Alpino Italiano si è prefissato quando è stato pensato il Sentiero Italia. Un unico itinera rio escursionistico di oltre 6000 km, il piĂš lungo al mondo, collega le regioni della nostra penisola e raccoglie il grande fascino, la bellezza e le tradizioni del nostro territorio. Il Sentiero Italia si sviluppa lungo lâintera dorsale appenninica, da nord a sud, sul versante meridionale delle Alpi e comprende anche Sicilia e Sardegna. Ă stato ideato nel 1983 da un gruppo di giornalisti escursionisti e il CAI lo ha fatto proprio nel 1990: grazie al fondamentale contributo delle sue Sezioni, sono stati individuati nel dettaglio il percorso, le tappe e la segnaletica (attualmente è quasi completo, lo trovate indicato con i colori bianco e rosso e la dicitura âS.I.â). Il 2019 sarĂ lâanno dedicato al cammino lento, istituito per valorizzare i territori italiani meno conosciuti dal turismo internazionale e rilanciarli in chiave sostenibile favorendo esperienze di viaggio innovative, dai treni storici a alta panoramicitĂ agli itinerari culturali, dai cammini alle ciclovie. Si tratta di una strategia di sviluppo finalizzata alla tutela e alla riproposizione innovativa di luoghi, memorie, conoscenze e artigianalitĂ che fanno del nostro Paese un luogo unico. In questa occasione, il CAI sâimpegna per far sĂŹ che il Sentiero Italia possa essere usufruito in tutte le sue potenzialitĂ . Lo scorso giugno, durante la conviviale numero cinque del Panathlon Club di Sondrio, che si è tenuta presso lâagriturismo âLa Fioridaâ di Mantello e a cui anche io ho partecipato, Vincenzo Torti, presidente generale del Club Alpino Italiano dal 2016, ha ricordato gli obiettivi della nostra associazione: valorizzare la montagna in ogni suo aspetto, difendere lâambiente naturale e parlare ai giovani. E il Sentiero Italia vuole essere tutto questo. La nostra associazione sâimpegnerĂ nella valorizzazione di questo patrimonio nazionale: la prima fase del progetto riguarda la ricognizione del percorso originario per valutarne la situazione attuale e individuare le varianti che si rendessero necessarie per risolvere problemi di percorribilitĂ e ricettivitĂ . Tra le prioritĂ câè sicuramente quella di mettere a disposizione tutti gli strumenti necessari per affrontare le terre alte in totale sicurezza: non sempre la montagna è facilmente accessibile, occorre quindi avvicinarla con intelligenza e con la consapevolezza dei propri limiti, sapendo fermarsi quando è necessario. Come ha sottolineato Torti: ÂŤLa montagna, quella vera, non è una battaglia con il cronometro, ma è una sfida con se stessiÂť. Anche la nostra provincia è interessata da questo importante trekking: il Sentiero Italia si sviluppa su tre itinerari del settore Nord, il primo che va dalla Valchiavenna (Novate) alla Valmalenco, il secondo dalla Valmalenco a Livigno, il terzo da Livigno per il passo Gavia fino alla provincia di Brescia. La nostra sezione non mancherĂ di valorizzare la bellezza dei nostri sentieri, i loro scorci suggestivi e offrirĂ , come sempre, delle occasioni di condivisione e convivialitĂ per vivere la montagna nello spirito del Club.
E D I T O R I A L E di Marco Poncetta
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Flemattissime Lâincredibile viaggio di Umberto Flematti di Giuseppe "Popi" Miotti
Salendo il regolare sentiero che da Les Contamines porta verso il rifugio TrĂŠ-La-TĂŞte il passo era ritmato da mille pensieri. Stavo per fare la conoscenza con una persona speciale o almeno che io consideravo tale. Il suo nome mi era balzato agli occhi molti anni prima, leggendo un libro âLe mani sulla rocciaâ del celebre alpinista Renè Desmaison, il Walter Bonatti francese. Raccontando della sua storica prima salita invernale al Pilone Centrale del Monte Bianco lâalpinista non lesinava lodi al suo compagno, il giovane Robert Flematti. âChe strano - pensai - Flematti è un nome tipico di Spriana e paraggi.â Tutto finĂŹ lĂŹ. Passarono gli anni e mi dimenticai della faccenda finchĂŠ, per motivi che non ricordo bene, ne parlai allâamico Michele Comi che, dopo alcune ricerche, confermò lâesattezza delle mie supposizioni. Inutile dire che per uno come me, che ama esplorare montagne e pareti poco note cosĂŹ come le figure di grandi alpinisti misconosciuti, la conferma di quel che pensai anni 8 CAI MORBEGNO
prima fu la molla per iniziare unâindagine piĂš accurata. Venni cosĂŹ a sapere che una casa editrice di Chamonix aveva pubblicato le memorie di Flematti in un volumetto intitolato âFlemattissimeâ. Non senza fatica riuscii a procurarne una copia, per leggervi una vicenda che mi commosse e mise in moto uno dei miei soliti progetti spesso troppo idealistici. Credo che nessuno in valle, neppure a Spriana, sapesse gran che del valore umano e alpinistico di colui che ancora chiamavo Robert. Che bello sarebbe stato provare a riannodare alcuni fili e far conoscere il personaggio ai suoi antichi convalligiani; riportare Robert in Valmalenco e magari rendere merito anche qui alle sue imprese, alla sua storia. Eccomi dunque alle prese con âFlemattissimeâ. Ă un libro di piccolo formato, poco
piĂš di duecento pagine scritte con un carattere ben leggibile e righe ben distanziate; quindi, sebbene con un poâ di fatica e con lâaiuto di mia figlia Silvia, non è stato difficile ripercorrere le avventure di Umberto. Volevo essere preparato visto che lâavrei incontrato al rifugio gestito dalla sua compagna Marielle e dove ama soggiornare nel periodo estivo. Infatti, scrivendo al rifugio un poâ in inglese, un poâ in italiano e un poâ nel mio stentato francese, seppi che Umberto sarebbe stato lassĂš ai primi di agosto. Lâaiuto fornitomi dal Ragno di Lecco Mario Conti facilitò le cose e cosĂŹ, solo soletto, eccomi finalmente sulla soglia del TrĂŠ-La-TĂŞte. Entro, mi presento e una gentile biondina mi fa strada fino allo spazio esterno posteriore dove, davanti ad una birra, al riparo di un ombrellone, siede Umberto. Un rapido saluto, un invito a sedere e a fargli compagnia con unâaltra birra, che francamente anelavo da un poâ, e inizia questo strano incontro. Mi rendo conto di essere un poco
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pazzo ma, come fu per Alfonso Vinci, anche per Flematti è la stessa cosa: spesso capita che queste figure "trascurate" custodiscano storie anche piĂš interessanti di altri alpinisti celebrati dai media. Domande ne avrei molte ma, non so perchĂŠ, preferisco starmene seduto con lui a godere la giornata, a osservare lâandirivieni dei turisti e a condividere qualche commento sulle signore e signorine che passano abbastanza numerose. Umberto mi pare un patriarca che sorvegli bonariamente il luogo e per fortuna parla abbastanza bene lâitaliano inserendo anche qualche parola di chiara origine dialettale. Ha uno sguardo difficile da interpretare: è sicuramente fiero, ma i suoi occhi sembra che guardino il mondo attraverso un velo di malinconica, distaccata ironia, come è tipico di chi ha vissuto, nella propria vita esperienze di grande intensitĂ , a volte anche tragicamente sofferenti, come la perdita di un figlio. Qualcuno passa e viene a salutarlo con gran calore e reverenza; due parole sui ghiacciai che si sciolgono, un cenno allâami italien, che sarei io, e il tempo vola parlando del piĂš e del meno. Scopro cosĂŹ che Flematti è tornato qualche volta a Spriana ed è andato anche a sciare sulle piste del PalĂš: a quanto pare un filo di collegamento lâha voluto tenere anche lui. La cosa mi spinge ad avanzare lĂŹ per lĂŹ una proposta forse azzardata, ma che a mio avviso non può che essere vincente: âUmberto, che ne dici di tornare in Valmalenco e magari ricevere la Pica de Crap, premio che danno annualmente a grandi nomi dellâalpinismo? 10 CAI MORBEGNO
La tua attivitĂ e la tua vicenda umana lo meriterebbero e sarebbe bellissimo! E se questo non sarĂ possibile si potrebbe pensare a un riconoscimento speciale nellâambito della stessa manifestazione.â Colgo sul suo volto un lampo di compiacimento, ma è proprio solo un lampo, seguito da un gesto affermativo. âBene â penso â forse non sarĂ facile convincere la Fondazione Bombardieri ed Elio Parolini, geniale ideatore della Pica de Crap, ma ci voglio provare. Poi potremmo anche proporre al Comune di Spriana un gemellaggio con Arrens; sarebbe bello.â A Spriana ci furono le prime guide di Valmalenco e una di queste, Antonio Flematti detto il âGattâ, accompagnò una comitiva di sondriesi durante
la prima salita italiana al Monte Disgrazia nel 1874. La mia fantasia volava: âE se il âGattâ fosse un lontano avo di Umberto? Ecco unâaltra curiosa liaison.â Arrens è invece il paese dei Pirenei dove Umberto è approdato dopo che con la madre e il fratello maggiore, a soli quattro anni, ha affrontato un viaggio di emigrazione per raggiungere il padre che lavorava laggiĂš nei cantieri idroelettrici. Era 1946 e potete immaginare le peripezie vissute dai tre, non dissimili da quelle degli odierni migranti, compreso un respingimento con forzato ritorno a valle sulla frontiera del Piccolo San Bernardo. Riportata in Val d'Aosta dai gendarmi francesi la coraggiosa e caparbia mamma di Umberto non si arrese: rifece la salita
verso il valico nottetempo, riuscendo cosĂŹ a passare. Il borgo pirenaico diventò presto la nuova patria di Umberto che, grazie all'interessamento del sindaco del paese, il quale si fece carico delle spese, riuscĂŹ a prendere il brevetto di guida alpina per poi diventare istruttore della Scuola Militare di Alta Montagna francese. La fama giunse sul finire degli anni â60 quando Desmaison lo scelse come compagno in alcune delle sue piĂš temerarie imprese invernali. Tuttavia, a differenza del maestro e forse anche un poâ per il suo DNA malenco, Flematti si tenne alla larga da pubblicitĂ e sponsor: lui, come ci fa sapere, scalava perchĂŠ amava profondamente le montagne e lâavventura, nulla piĂš. âUmberto vorrei anche scrivere
qualcosa su di te per il notiziario della Banca Popolare di Sondrio, e avrei bisogno di qualche foto, di documenti. Come facciamo? Hai un indirizzo di posta elettronica? Un sito internet?â Lui mi rivolge lo stesso sguardo di poco prima, quando alla mia domanda se fosse membro di qualche gruppo guide mi aveva risposto: âNo, nĂŠ Saint Gervais, nĂŠ Chamonix. Libertè, libertè.â Capisco che toccherĂ fare alla vecchia maniera. Mi lascia un indirizzo e scopro cosĂŹ che non ha neppure il telefono. Due foto e poi giĂš verso valle con la testa piena di pensieri: "Eccoti qui - mi dicevo - ti sei fatto intrappolare ancora una volta dalla curiositĂ ...â PerchĂŠ so giĂ che tornato a casa proverò a realizzare il sogno.
Nella pagina a fronte: Popi Miotti con Flematti al rifugio TrĂŠ-La-TĂŞte. Qui sopra: i Piloni del monte Bianco e copertina e pagina del libro di Flematti. A pagina 9: la parete nord delle Grandes Jorasses
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di Mirco Gusmeroli
GRAN TOUR sul Pizzo Tre Signori di Mirco Gusmeroli
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Lâidea di questo meraviglioso itinerario è balenata nella mente dellâamico Cristian che, essendo guida alpina, vorrebbe proporlo ai suoi clienti, non prima però di averlo percorso almeno una volta. Ed eccoci quindi a pianificare lâuscita. La traversata si suddivide in quattro tappe, quella che andrò a raccontare corrisponde alla seconda che, dai Piani di Bobbio, conduce al rifugio Salmurano passando attraverso il Pizzo Tre Signori, vetta molto popolare e, lungo la via normale, frequentatissima. Il suo nome ricorda che un tempo, sulla sua vetta, si incontravano tre antiche giurisdizioni politiche, signorie appunto: il Ducato di Milano la Serenissima Repubblica di Venezia e le Tre Leghe che dominarono la Valtellina dal 1512 al 1797. Ancora oggi conserva una funzione simile essendo punto dâincontro fra tre province lombarde: Lecco, Bergamo e Sondrio.
Si parte! Optiamo per i mezzi di trasporto pubblico coi quali raggiungiamo il piazzale della funivia che conduce ai Piani di Bobbio. Scesi dalla funivia ci affrettiamo a calzare gli sci e, sfruttando la pista di fondo, raggiungiamo il cartello segnavia del sentiero 101 (indicazioni per il riufugio Grassi). Puntiamo a nord attraversando un bosco che ci porta ad aggirare il monte Chiavello (1785 m). In leggera discesa raggiungiamo il passo del Cedrino (1656 m) e, dopo alcuni saliscendi, raggiungiamo il passo del Gandazzo (1660 m). Visto la poca neve, decidiamo di risalire a piedi il costone meridionale dello Zucco del Corvo (1980 m) senza arrivare in cima. Cerchiamo di intuire dove corre il sentiero, in un passaggio esposto scorgiamo affiorare dalla neve delle catene, le
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seguiamo per alcune decine di metri prima di rimettere gli sci. Ancora poco e raggiungiamo il Passo del Toro dal quale puntiamo al monte Foppabona (2082 m). Anche qui, come allo Zucco del Corvo, rinunciamo alla cima ma, con un bel traveso, raggiungiamo la bochetta di Foppabona (1985 m). Piccolo piccolo si vede il Rifugio Grassi che raggiungiamo attraversando il versante orientale dello Zucco di Cam (2196 m), ci rifocilliamo e siamo pronti a ripartire. Procediamo per cresta e, per evitare saliscendi, dove è possibile traversiamo a mezza costa seguendo, in un tratto 14 CAI MORBEGNO
particolarmente esposto, anche delle catene che affiorano dalla neve. Agganciati gli sci allo zaino calziamo i ramponi e, picca in mano, risaliamo la cresta che si fa sempre piu ripida. Per salire al Pizzo Tre Signori dobbiamo percorrere la via del caminetto, non estrema ma, in presenza di neve, sufficientemente esposta tanto da farci procedere con estrema cautela. In alcuni passaggi sono utili le catene che qua e lĂ la neve lascia scoperte. Con la neve che scricchiola ad ogni nostro passo, percorriamo unâultima rampa ripida che termina in una comoda cengia,
qualche metro ancora e siamo in vetta! Suona un po strano, per me che lo salivo per la prima volta, farlo da un versante che non fosse quello di casa, quello di Val Gerola e per di piÚ in pieno inverno! Per questo la domenica seguente lo salirò poi da Gerola percorrendo la Valle della Pietra. Ma ritorniamo in vetta, la giornata, meteorologicamente non perfetta fa si che il panorama non sia dei piÚ eccitanti ma accontentiamoci! Si fa tardi e abbiamo ancora molta strada da percorrere. Calziamo gli sci per scendere, in neve spettacolare, fino alla
Bocchetta dâInferno (2306 m). Sci sullo zaino, ramponi ai piedi e picca in mano, risaliamo la cresta che porta al Paradisino (2450 m), e giĂš di nuovo a capofitto in una discesa meravigliosa nella Valle di Trona. Risaliamo alla Bochetta di Valpianella (2224 m), traversiamo a sinistra fino allâimbocco del Canale dei Vitelli. Ă tardi, la visibilità è scarsa, alla luce delle frontali scendiamo il canale e risaliamo velocemente in diagonale alla Bocchetta di Salmurano (2017 m), da qui scendiamo al Rifugio Salmurano. La traversata è terminata, ora resta da capire chi ci porta da Pescegallo a Morbegno alle nostre auto? Arrivati al rifugio ordiniamo al Carletto due birre medie e... le chiavi del suo pick up! âOk per le medie, ma le chiavi solo se guidate prudenti!â Ultima discesa, questa volta in pista, per concludere la giornata dopo 22 km e 2000 m di dislivello. Tirando le somme credo che questo sia forse lâitinerario piĂš impegnativo da me compiuto sulle Orobie, dislivello a parte sono numerosi gli aspetti da valutare, dallâesposizione varia, ai passaggi obbligati, esposti, numerosi saliscendi e la condizione della neve che, per nostra fortuna, non era abbondante. Ringrazio Cristian per avermi proposto di provare con lui questo impegnativo itinerario, dal quale porto con me, oltre alla grande soddisfazione, tanta esperienza che per la pratica dello scialpinismo non è mai sufficiente. CAI MORBEGNO 15
IL GHIACCIAIO DI
PREDAROSSA ad un passo dalla frammentazione di Riccardo Scotti
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Nellâormai lontano 2003 Lodovico mi chiese un articolo sulla storia del ghiacciaio di Predarossa per il primo annuario del CAI Morbegno. Detto fatto, chiusi lâarticolo il 18 agosto quando le incredibili vampate di calore di quella eccezionale estate si stavano lentamente spegnendo. La richiesta non era casuale, stavamo vivendo un periodo che ha rappresentato un punto di svolta nella storia climatica delle Alpi. Picchi di temperatura mai visti prima, flussi di aria subtropicale perduranti per settimane e settimane stavano flagellando lâEuropa colpendo i ghiacciai con tassi di fusione eccezionali. Probabilmente nellâimmediatezza degli eventi, alla spasmodica ricerca di un minimo di refrigerio, che neppure in montagna si riusciva a trovare, non ci si stava ancora rendendo conto appieno della catastrofe in atto. Il bilancio a fine estate parla del 10 % del ghiaccio delle Alpi scomparso in soli 3 mesi e, conseguenza sconosciuta ai piĂš, almeno 70.000 persone decedute oltre alla media del periodo in tutta Europa. Negli ultimi 15 anni cosâè successo? LâeccezionalitĂ del 2003 è andata in qualche modo sfumando poichĂŠ, pur senza piĂš ripetere una sequenza di ondate di calore tanto intensa e prolungata, molte estati hanno visto lunghe fasi calde avvicinandosi molto a quello che era considerata unâestate irripetibile. I ghiacciai hanno cosĂŹ continuato a ridursi a velocitĂ talvolta persino superiori a quelle registrate nel 2003 e fino a 7 volte piĂš rapidamente rispetto ai decenni antecedenti il 1990. CAI MORBEGNO 17
Il ghiacciaio di Predarossa
Grazie al fatto di essere lâunico ghiacciaio visibile dal centro di Morbegno e dai monti sovrastanti, e forse anche per la relativa accessibilitĂ , da sempre esiste uno stretto legame fra il ghiacciaio di Predarossa ed i morbegnesi. Tralasciando in questa sede le note piĂš tecniche riguardo le caratteristiche e la storia del ghiacciaio (le potete trovare sia nellâannuario 2003 che sul piĂš recente volume âI ghiacciai della Lombardiaâ), le sue fluttuazioni storiche sono state sostanzialmente in linea con i ghiacciai limitrofi. Come testimoniano le imponenti e bellissime morene laterali, allâapice della Piccola EtĂ Glaciale il ghiacciaio era ben diverso dallâattuale. Collegato al ghiacciaio di Pioda Sud tramite il Passo Cecilia, comprendeva anche il piccolo ghiacciaio di Corna Rossa raggiungendo i 2250 m s.l.m. della seconda piana di Predarossa ed occupando complessivamente 2.04 km2. La sua superficie si è progressivamente ridotta tanto che al 2012 occupava 0.55 km2 ai quali vanno sommati gli 0.04 km2 del piccolo Corna Rossa per un ritiro complessivo del 71.1 %. Questo dato, molto significativo, è piĂš elevato della media alpina che si attesta sul 60%. In assenza, per il momento, di dati piĂš aggiornati riguardo la contrazione di superficie, sappiamo dai rilievi di campo che anche dopo il 2012 il ghiacciaio ha continuato nella sua drammatica involuzione. Nel 2008 sono state posizionate delle paline
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Nella pag. 14-15: il M.Disgrazia e il Ghiacciaio di Predarossa dalla Punta centrale dei Corni Bruciati Nella pagina a fronte: Morbegno e il ghiacciaio dalla vetta del M.Disgrazia nel 1987 Qui a fianco e sotto: il ghiacciaio di Predarossa ad inizio '900 in una foto scattata da Alfredo Corti e nel 2015 In basso: due immagini del ghiacciaio riprese nel 1994 (sopra) e nel 2010 (sotto)
ablatometriche nella parte alta del ghiacciaio, poco a monte della fronte secondaria della colata che scende dalla Sella di Pioda. I dati raccolti dallâoperatore del Servizio Glaciologico Lombardo (SGL) Luca Farinella testimoniano una perdita di spessore di 12 m di ghiaccio in 10 anni alla rimarchevole quota di 3100 m s.l.m.. Di questi, ben 4.8 m sono andati perduti nelle ultime due estati, a testimonianza di condizioni climatiche particolarmente sfavorevoli. La fronte del ghiacciaio si è ritirata a tal punto che la serie di misure iniziata nel 2008 verrĂ interrotta entro un paio di stagioni per sopraggiunto esaurimento dello spessore di ghiaccio residuo in questa porzione del ghiacciaio.
Gli ultimi anni, verso una divisione
Sempre lungo il ripido scivolo che conduce alla Sella di Pioda, la forte perdita di spessore ha sostanzialmente diviso in due il ghiacciaio. A testimonianza del ghiacciaio osservato nei decenni passati, rimangono dei minuscoli lembi di ghiaccio privi di alimentazione. La completa suddivisione avverrĂ probabilmente la prossima estate quando assisteremo alla nascita di un nuovo ghiacciaio, il âSella di Piodaâ, un pezzo di Predarossa che si mette in proprio, se cosĂŹ si può dire. Il nuovo ghiacciaio, vista la sua distanza dalla grande parete sud del Disgrazia, godrĂ di un contributo valanghivo piuttosto contenuto. Nonostante questo fattore sicuramente limitante, CAI MORBEGNO 19
sviluppandosi da una quota elevata, beneficerĂ sovente di grossi accumuli eolici nei pressi della Sella di Pioda che persino negli ultimi drammatici anni sono riusciti a resistere alle estati caldissime. Questi hanno garantito al ghiacciaio un minimo di protezione e di produzione di nuovo ghiaccio, e si spera che, nonostante il graduale aumento delle temperature, lo faranno ancora per qualche anno. Il restante ghiacciaio di Predarossa, posizionato ad una quota piĂš bassa, dovrĂ invece farsi bastare le grandi valanghe provenienti dal Disgrazia e sperare che la sua copertura detritica continui ad aumentare per rallentare il processo di ritiro con tutta probabilitĂ irreversibile.
Lâenigma delle morene misteriose
Durante la salita al Rifugio Ponti, appena terminata la salita che divide la prima piana (quella principale), dalla seconda, il sentiero devia decisamente a sinistra ed inizia a risalire il versante destro idrografico della valle. In questa zona si incontrano una serie di collinette alternate a piccole torbiere. Questi ammassi di detrito, disposti in modo apparentemente casuale, visti dallâalto prendono un senso e disegnano archi abbastanza regolari che chiudono la piana verso valle. Si tratta di due antiche morene, ovvero accumuli di detrito lasciati dal ghiacciaio allâapice di una sua fase di avanzata. Non essendo mai state datate per motivi economici, rappresentano da anni un rebus in ambito paleoglaciologico poichĂŠ si trovano 20 CAI MORBEGNO
in una posizione ambigua e difficilmente inquadrabile rispetto alle sequenze di morene che si trovano altrove nelle Alpi. Considerando la loro quota e posizione allâinterno della valle, potrebbero essere state deposte recentemente, durante la Piccola EtĂ Glaciale, in particolare nella fase di avanzata di inizio 1600. A sfavore di questa ipotesi la loro grande distanza (800 m) dalla massima avanzata del 1850 posta molto piĂš a monte quando in genere le morene del 1600 e quelle del 1850 sono distanziate di poche decine di metri. Una seconda ipotesi le vede come morene risalenti allâinizio della fase fredda dello Younger Dryas risalente a ben 13.000 anni fa. Morene di questa fase sono molto molto frequenti nelle Alpi (stadiale Egesen), ma in genere si trovano a quote piĂš basse, e tendenzialmente molto molto distanti dalle morene
della Piccola EtĂ Glaciale. Queste due ipotesi prevedono in ogni caso un comportamento anomalo ed un poâ misterioso del Predarossa rispetto a quasi tutti i ghiacciai alpini. Una terza ipotesi vede queste morene come testimonianza di avanzate accadute poco dopo lo Younger Dryas, allâinizio dellâolocene (11.000-9.700 anni fa). Questa tesi se mai potrĂ essere confermata, risulterebbe ancora piĂš significativa poichĂŠ in genere in altre localitĂ alpine le morene relative a questo periodo non sono certo cosĂŹ evidenti e ben conservate come quelle del Predarossa. Un enigma che ci lascia intendere come molto sia ancora da scoprire dei ghiacciai del passato e che il Predarossa, anche se dovesse scomparire completamente nei prossimi decenni, ci lascerĂ delle testimonianze geomorfologiche fondamentali per conoscere il clima del passato ed aiutarci a prevedere quello del futuro.
LA SALITA AL M.DISGRAZIA Monte Pioda 3431 Sella di Pioda 3387
Monte Disgrazia 3678
Rifugio Ponti 2559
PUNTO DI APPOGGIO Rifugio Ponti (2559 m) in Valle di Predarossa raggiungibile in 1,30 h da Predarossa. La strada che sale, da Filorera a Predarossa, prevede il pagamento di un pedaggio DISLIVELLO: 639 m da Predarossa al Rifugio Ponti (da 1920 a 2559) 1119 m dal Rifugio Ponti alla vetta (da 2559 a 3678 m) TEMPI: 3,30/4 h dal Rifugio Ponti DIFFICOLTĂ: salita senza particolari difficoltĂ (PD+), il ghiacciaio di Predarossa non offre particolari ostacoli e la cresta varia a seconda dellâinnevamento, salita su neve e poche rocce ad inizio stagione, su rocce facili e misto a stagione inoltrata. ATTREZZATURA corda, piccozza, ramponi, qualche moschettone, cordini e fettucce DISCESA per la via di salita
Eâ la vetta piĂš alta della Val Masino (3678 m) e presenta salite di notevole interesse su ghiaccio e misto, di seguito ĂŠ proposta la salita della via normale che offre, a fronte di difficoltĂ non eccessive, grosse soddisfazioni e panorami difficilmente eguagliabili. Dal Rifugio Ponti si scende alla morena che si percorre sul filo fino al suo termine dove si sale sul Ghiacciaio di Predarossa. Si risale il ghiacciaio mantenendosi inizialmente sulla sinistra per portarsi poi al centro fin sotto la Sella di Pioda (3387 m). Dalla sella si piega a destra fino a risalire un canalino che porta fino ad un intaglio di cresta. Si segue la cresta su rocce di facile serpentino, badando ad inizio stagione alle grosse cornici sporgenti sulla parete nord, si raggiunge lâanticima. Da essa, superando il âCavallo di bronzoâ in breve alla vetta.
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INIZIO
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SECOLO la S.E.M. alla scoperta
della Bassa Valtellina di Alberto Benini e Pietro Corti
Nata a Milano nel 1891, la SocietĂ Escursionisti Milanesi (S.E.M.), dal 1902 si dotò di un proprio organo a stampa denominato significativamente âLe Prealpi : rivista trimestrale della SocietĂ Escursionisti Milanesiâ, quasi per un ironico confronto con âLe Alpiâ, organo assai piĂš autorevole (fin dal titolo) del Club Alpino Italiano, la cui sezione milanese era nata nel 1873. Proprio sul primo fascicolo di âLe Prealpiâ Paolo Caimi, che oltre ad esser membro della Società è anche il titolare della tipografia di Cernusco Lombardone dove si stampa la rivista, pubblica un articolo dedicato alla linea ferroviaria Sondrio-Tirano che, con lâelettrificazione introdotta giusto nellâottobre del 1902, offre un elemento di novitĂ e di applicazione del progresso tecnico alla vita di tutti i giorni che non mancherĂ di produrre i suoi effetti. Ma a giudicare dal sommario del secondo numero (ottobre 1902), nel quale si dĂ conto, 22 CAI MORBEGNO
con quella rapiditĂ che i tempi moderni sembrano avere scordato, dellâattivitĂ estiva che annovera la Punta Gnifetti, per Carlo Maspero, e due altre ascensioni al Monte Rosa, i soci della SEM dimostrano di non aver aspettato lâelettrificazione per raggiungere la Punta Sertori, il Manduino, il Pizzo Stella e per tentare il Pizzo Roseg per la Cresta di Confine Sud-Est (Brambilla Giuseppe Robbiati Battista). Come si vede, non sono i nomi di personaggi celebri: il miglior indicatore, questo, che lâandar per monti si andava diffondendo, e che la SEM teneva fede alla sua missione di divulgare il verbo alpinistico tra la borghesia milanese, il bacino da cui proveniva la gran parte dei membri del sodalizio. Non stupisce quindi che il numero di luglio del 1903 si apra con una meta valtellinese. Semmai può incuriosire che una piccola borgata di fondovalle come Delebio, venga scelta per il Congresso della Federazione Prealpina, ovvero
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quellâorganismo che con alterne fortune cercherĂ di rendere unitaria (o meno frammentaria) lâopera delle decine di societĂ che nascono pressochĂŠ ovunque per raccogliere gli appassionati dellâescursionismo, in ogni strato della popolazione. Ora, portiamo indietro i calendari e gli orologi, risvegliandoci nella Bassa Valtellina del 1903, lâanno in cui lâuomo volò per la prima volta su una macchina piĂš pesante dellâaria. âCâè qualcuno che alla partenza â esordisce il non meglio precisato âVostro delegatoâ sullâarticolo di apertura intitolato A Delebio â si sia messo in testa di toccare il Pizzo Alto o il Legnone? La pioggia fu il pompiere chiamato per burla; una buona volta non sentĂŹ le giaculatorie degli alpinisti piĂš o meno ferrati, piĂš o meno imbottiti di polpacci [âŚ]: non câera da smorzare nessuna impazienza di ascensione nĂŠ nei congressisti accolti a suon di banda alla stazione di Delebio, nĂŠ nei subito sopraggiunti ciclisti. Quanto mai câera la sete da smorzare e neanche lâavessero indovinato i nostri amici di Delebio, alla sede della Stella delle Alpi si mesceva un vino di Valtellina fresco e sapido: che buon umore ! E intanto che In questa pagina: la copertina della Rivista Trimestrale della SEM Nella pagina a fronte: due immagini di Eugenio Fasana e Guido Bertolazzi presidente del circolo Stella delle Alpi di Delebio. Nelle pagine precedenti: il Pizzo Trona dalla Valle della Pietra
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la pioggia gocciolava grossa e gradita sulle teste calde, noi si ammirava tutto attorno in ogni canto e alla finestre le stelle di Delebio, occhi neri e azzurri, stelle filanti da celestiali faccine fino in fondo al cuoreâ. Lo stile, come si vede agevolmente, è quello di unâepoca sostanzialmente aliena da eroismi, anzi provvista di una buona dose di ironia e auto-ironia, che permette di misurare senza sforzo la distanza con le successive evoluzioni dello stile del rĂŠcit de ascension. Prevale infatti lo spirito
sportivo, in tutto corrispondente al termine preso nel suo valore etimologico di distrazione, di divertimento, di scoperta. Insomma âŚ.. di un sacco di cose Ma ancor di piĂš colpisce il fatto che lâassociazione Stella delle Alpi di Delebio presieduta da Guido Bertolazzi si aggiudichi e, da quello che leggiamo, facendo pure una gran bella figura, un convegno di livello lombardo, di cui riportiamo il sintetico resoconto. âAlla mattina une promenade ad Osiccio, poi il Congresso a Delebio e dopo il Congresso
il banchetto federale: il cibo semplice e buono, il vino quello della sera. Lâallegria quella di tutta la gita, mentre la banda di Delebio, in elegante montura, con diligenza arte e sentimento interpretava scelti pezzi di musica al tempo segnato con gesto parco da un maestro giovane e valente. Evviva Delebio! [âŚ] Si alza il simpatico medico del paese e con acconcie [sic] parole saluta i congressisti e presenta gli omaggi alle signore, brinda alla Federazione e al suo nuovo Presidente [Ottone Brentari]â. Evidentemente, i brindisi
sono stati il filo conduttore dellâevento ! Nel prosieguo dellâarticolo, scopriamo che giĂ lâanno precedente Delebio aveva dato ospitalitĂ al Congresso, ma soprattutto che è tanto il piacere del ritrovarsi con i âfederatiâ in un ambiente tanto accogliente che ⌠si perde artatamente il treno della sera per Milano (âBanda in testa si va alla stazione a salutare il treno che passa e si torna a marciare per il paeseâ) per poter trascorrere ancora la sera e la notte in quel della Bassa Valtellina e procrastinare alla
mattina successiva, col primo treno del mattino, il rientro a Milano. Sempre sul filo delle pagine di âLe Prealpiâ, compiendo un balzo di sei anni (numero del 25 novembre 1909), nella rubrica âEscursioni dei sociâ troviamo un resoconto delle ascensioni Al Pizzo Varrone (m. 2332) e al Pizzo di Trona (m. 2510) firmato da Eugenio Fasana (Gemonio 1886 â Milano 1972) che debutta qui come articolista (non ancora redattore) del periodico. Un esordio che segnerĂ CAI MORBEGNO 25
profondamente la vita della SEM e della sua rivista. Senza dilungarci troppo, basti ricordare che Fasana è una figura in cui scrittura, fotografia, pittura si danno la mano per diffondere la passione per la montagna, si tratti di esplorazione o di arrampicata. Senza dimenticare i suoi successi sulle pareti rocciose, che ne fanno una figura di riferimento per lâalpinismo e lâarrampicata in Lombardia. Bastino le prime ascensioni in Grignetta al Campaniletto, alla Lancia, alla Torre, al Fungo e al Sigaro: una cinquina che qualunque scalatore dellâepoca avrebbe voluto sottoscrivere. Dâaltronde, se pochi alpinisti possono vantare una parete intitolata... a se stessi, Efas (citando uno dei numerosi pseudonimi da lui usati) di âpareti Fasanaâ se ne vedrĂ attribuire addirittura due, tra lâaltro, ante mortem: la parete Nord Est del Corno Centrale di Canzo e la gigantesca Nord Est del Pizzo della Pieve in Grigna Settentrionale. Dunque, si diceva, il 30 maggio 1909 Eugenio Fasana e il fratello Piero, De Enrici e Guidi, nomi non ignoti alle cronache alpinistiche di quei tempi (Edoardo De Enrici sarĂ il compagno di Fasana, giusto un anno piĂš tardi, nellâapertura della via sulla parete del Corno Centrale di Canzo, dove Eugenio supera un tratto che â secondo il metro di valutazione odierno â sfiora il sesto gradoâŚ), dopo una notte trascorsa nella Trattoria âPizzoâ di Gerola Alta, costeggiano il Lago dâInferno ancora coperto da un manto di neve di un metro di spessore. La comitiva attacca quindi il 26 CAI MORBEGNO
Pizzo Varrone, tracciando una variante alla via solita. Anche nella successiva salita al Pizzo di Trona, evita di ridiscendere al lago e traversa sotto la cresta che sale al Pizzo dei Tre Signori, portandosi poi direttamente alla vetta Sud, la meno alta delle due. Quindi, dopo aver raggiunto la vetta culminante, caratterizzata da un enorme ometto, ed aver goduto del âpanorama superboâ, ridiscende alla base lungo la via normale. Sono le 19.30 e la notte è ormai incipiente. I quattro ardimentosi si calano a tentoni, fino a raggiungere, alle pendici della montagna, âuna miserabile baita abbandonata, priva di uscioâ dove, come su âun letto di Procusteâ, il brigante mitologico, trovano uno scomodo riposo. Il numero di giugno del 1910
Nella pagina a fronte: il Pizzo Tronella dal Lago Zancone. Sotto: il Pizzo Varrone In basso: la Cima di Pescegallo
dĂ conto, sempre per la penna di Fasana delle âPeregrinazioni alpinistiche. Il Pizzo Tronella (m. 2311), prima traversata e prima salita completa per la fronte Nord, e primo percorso per la parete Sud (Dente, Vetta centrale, Vetta meridionale)â. Fasana, che spesso si lancia in piĂš o meno lunghe divagazioni, svolge dapprima alcune considerazioni generali: âLâalpinismo ha bisogno di sempre nuovi campi dâazione e quindi, a contribuire in piccola parte al lavoro collettivo di esplorazione delle montagne neglette, mi dilungherò piĂš di quanto si addirebbe a sĂŹ modesta cima, ben felice se avrò raggiunto lo scopo di invogliare qualche collega a conoscere e ad apprezzare questo romito angolo della Valle del Bittoâ. Inquadra poi, con una prosa CAI MORBEGNO 27
non priva di una certa ricercatezza formale, il proprio obiettivo: âVisto da settentrione il Pizzo di Tronella ha una configurazione arieggiante il Cervino e presenta una successione di ertissime piodesse; nereggia al basso di una nerissima foresta di abeti. La sua storia alpinistica è presto fatta: la prima ascensione fu compiuta da Gilberto Melzi con la guida Sertori nel 1890. Dopo una lunga pausa Dietz e Ellenshom [due soci del Gruppo Lombardo Alpinisti Senza Guida, germe milanese del Club Alpino Accademico e fra i primi esploratori della Cresta Segantini in Grignetta. N.d.r.] nel 1903 pare pervenissero sulla vetta meridionale. Dallâaltra parte non si ebbero particolari in merito. Nella valle si racconta come di unâimpresa senza precedenti, della scalata del picco fatta anni fa, solo, da un ardito capraio e sono noti gli infruttuosi assalti di varie comitive al caparbio monte. Le due salite finora note si effettuarono col medesimo itinerario, ritenendosi impraticabili gli altri versantiâ. Fasana passa poi a illustrare le ragioni del fallimento del primo tentativo, svoltosi nel maggio di quello stesso 1910 quando le condizioni meteorologiche, influenzate forse dal passaggio della Cometa di Halley come da alcuni sostenuto (âcon quanto fondamento non soâ) rimandarono indietro, con un concorrere di cieli bigi e slavine, il terzetto completato da Carlo Molaschi e Pietro Mariani. Passati gli infausti influssi della cometa, il gruppo si ripresentò allâattacco il 18 28 CAI MORBEGNO
giugno, e il giorno successivo riuscĂŹ a completare lâascensione che venne descritta con lâunderstatement che diventerĂ una delle cifre dello stile di Fasana. CosĂŹ suggella il racconto: âRiassumendo, la traversata del Pizzo di Tronella è purtroppo breve, ma in compenso bella e variata. Lasciata in immeritata dimenticanza è indubbiamente quella che offre la piĂš divertente salita della regione, mentre le vette centrale e meridionale presentano appena un discreto interesse alpinistico. Con la nostra esplorazione, fra lâaltro abbiamo dimostrato fattibile la salita completamente per la fronte nord e, col percorso della parete meridionale, dimostrato inoltre lâaccessibilitĂ del Pizzo da un versante ritenuto
impraticabileâ. Qui emerge lo spirito esplorativo che, se ci si pensa bene, è, in scala assai ridotta, lo stesso che ha animato le grandi esplorazioni che proprio a quellâepoca riempivano le pagine di libi e riviste: la ricerca di un passaggio, la possibilitĂ di raggiungere un dato punto apparentemente inaccessibile, il voler in qualche modo dimostrare coi fatti una propria teoria. Per continuare a seguire le peregrinazioni orobiche di Efas, dobbiamo a questo punto compiere un balzo cronologico che ci porta al 1930 e 1931, avvicinandoci alla piĂš prossima Cima di Pescegallo, ma per farlo non possiamo servirci delle pagine di âLe Prealpiâ. La collaborazione di Fasana alla rivista infatti è venuta
Nella foto a fianco, il versante orientale dei Denti della Vecchia
diradandosi negli anni, per cui faremo ricorso alle pagine necessariamente meno vivaci di Silvio Saglio, autore con Alfredo Corti e Bruno Credaro del volume Alpi Orobie (CAITCI 1956) che dovrĂ giovarsi di âinformazioni privateâ dello stesso Fasana per ricostruire la storia dellâesplorazione alpinistica di alcune âcime e cimetteâ. Naturalmente Saglio non manca di dar notizia anche dellâascensione al Pizzo della Tronella, ma facendolo finisce a complicare un poâ le cose. Ă un Saglio visibilmente schiacciato, come altrove nei suoi prodotti post-bellici, dalla mole del lavoro: anche la redazione del volume ne risente in incongruenze di trattamento delle notizie e in qualche inutile ripetizione. Insomma, unâopera che non
brilla per chiarezza e sicura identificazione e descrizione dei soggetti trattati. In ogni caso qui lâorografia e la situazione sono abbastanza univoci. Dopo una prima esplorazione risalente al 29 luglio 1930 in compagnia di Sala, nella quale, salendo per âun canaleâ, raggiunse la vetta dellâallora (alpinisticamente) innominata Cima di Pescegallo attribuendole appunto questo nome, Efas si riavvicinò a quelle pareti in compagnia di Antonio Omio il 15 e il 16 agosto del 1931. Il giorno di Ferragosto i due si dedicarono al âgran diedro della parete OvestNord-Ovestâ, completando un percorso descritto come âmolto difficileâ, dove Fasana ritornò (da solo?) il 14 agosto del 1941, aggirando a sinistra un tratto dellâascensione di
dieci anni prima. Il giorno successivo scalarono, in una successione che ignoriamo, la parete Ovest-Nord-Ovest e il roccione trapezoidale della parete Ovest-Nord-Ovest, quotando entrambi gli itinerari come âdifficiliâ. Un metodo di valutazione delle difficoltĂ , quello usato qui da Saglio, che, volendo paragonare descrizioni realizzate in epoca pre-bellica, finisce per far compiere alla guida un bel passo indietro nella quotazione delle difficoltĂ . Ancor piĂš clamoroso se pensiamo a Le Grigne (1937) dove lo stesso Saglio (1937) aveva utilizzato la scala delle difficoltĂ numerica â dal 1° al 6° grado â e descrittiva â difficile, molto difficile, estremamente difficile, o alla guida di Bonacossa MasinoBregaglia-Disgrazia (1936) che per prima aveva applicato al granito la scala Welzenbach. Il risultato sono comunque tre vie che corrono pressochĂŠ parallele a un dipresso della zona ârecuperataâ qualche anno fa da Ivo Mozzanica e poi attrezzata dal Gruppo R2 Monza a partire dalla via â40° Fior di Montagnaâ, che indicano in qualche modo la vocazione âsportivaâ di queste pareti. Diciamo, senza voler calcare troppo la mano, che in Fasana coesistevano una vocazione esplorativa molto accentuata e una concezione piĂš sportiva, legata al superamento di strutture a sĂŠ stanti, a volte tecnicamente molto difficili, e non piĂš soltanto al raggiungimento di cime.
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Sempre sulla guida Alpi Orobie si dĂ notizia (sempre sulla base di âinformazioni privateâ) di una parziale traversata dei Denti della Vecchia (o Rocca di Pescegallo) compiuta dal Fasana con Castelli il 20 giugno 1906 salendo al Secondo Dente per il versante Est, e passando poi al Terzo e quindi al Quarto, dichiarando âmedia difficoltĂ â. Dovrebbe trattarsi dei primi vagiti dellâarrampicata su roccia su queste cime, quando Fasana ancora non scriveva su âLe Prealpiâ. E se pensiamo al grande sviluppo avuto qui dallâarrampicata sportiva, non possiamo, ancora una volta, non riconoscere il fiuto di Fasana nellâindividuare terreni destinati a diventare 30 CAI MORBEGNO
piccoli classici della scalata. Resta solo da ricordare che il compagno di Fasana nel 1931 alla Cima di Pescegallo fu proprio quellâAntonio Omio (allâepoca cinquantenne) che tanta parte ebbe nella tragedia della Punta Rasica che tanta eco doveva avere di lĂŹ a quattro anni, sul chiudersi della stagione alpinistica del 1935 e alla cui memoria verrĂ intitolata lâomonima capanna nellâalta Valle DellâOro eretta proprio dalla SEM nel 1937. NOTA Ringraziamo Enrico Barbanotti della Biblioteca âEttore Castiglioniâ per la indispensabile collaborazione
Nella foto a fianco, in arrampicata sulla via Fior di Monte
Cima di Pescegallo
M.Ponteranica occ.
Ottantasette anni fa, il 15 agosto 1931, nel corso delle sue scorribande in Valgerola, Eugenio Fasana, con Antonio Omio, salÄĹš la Cima di Pescegallo per il diedro Nord-Ovest e, il giorno successivo, il grande diedro al centro della parete. Oggi queste vie sono state chiodate a spit e si prestano a piacevoli salite molto ben protette. DifficoltÄ A - Via Fior di Monte, III, IV B - V, VI C - III, IV D - Diedro Nord-Ovest, III, IV
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MORBEGNO:
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CITTĂ ALPINA 2019 di Oscar Del Barba
Morbegno dal 14 marzo 2019, fino al marzo 2020, sarĂ ufficialmente la CittĂ Alpina per il 2019, la ventunesima CittĂ Alpina dellâAnno e la settima italiana, dopo un percorso iniziato nel 2016 con la presentazione del dossier di candidatura.
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I contenuti della motivazione con cui lâAssociazione ha inteso conferire a Morbegno questo riconoscimento sono stati incentrati sul ruolo che ha assunto, e che può assumere, la CittĂ nel rapporto con la montagna circostante e con la sua storia di porta dâingresso della Valtellina, testimoniata dalle importanti architetture religiose e civili. La Giuria a seguito di alcune visite, ha valutato che Morbegno si presenta come una cittĂ vivibile, organizzata e rispettosa dellâambiente; inoltre lâaver aderito al Patto dei Sindaci, lâaver avviato un processo di riqualificazione energetica degli edifici pubblici e scolastici, di riduzione del consumo energetico nellâilluminazione pubblica e di riduzione dellâinquinamento
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luminoso, sono state ritenute azioni congruenti con i principi della Convenzione delle Alpi. La Giuria ha inoltre preso atto che Morbegno è dotata di teleriscaldamento tramite una centrale a metano e di una a biomassa, che la Città è dotata di car-sharing elettrico e che presenta una rete cablata con la fibra ottica. Le motivazioni facevano anche riferimento al 2018, âquando si concluderanno i lavori del by-pass della strada statale 38 che prima attraversava la cittĂ â, e alla conseguente predisposizione di âprogrammi e progetti per la riduzione del traffico interno e lâaumento della dotazione di parcheggi, per la riqualificazione di alcuni viali verso il centro storico, per creare un contesto ambientale piĂš favorevole e vivibileâ.
Ha inoltre valutato favorevolmente âla chiusura al traffico veicolare dello storico ponte di Ganda, simbolo della CittĂ â. Eâ stato apprezzato il ruolo di valorizzazione del territorio comunale e di quello circostante con la promozione dei prodotti locali, e di quelli agro-alimentari, formaggi e vini in particolare, con le giornate di Morbegno in Cantina, nonchĂŠ delle opportunitĂ turistiche dellâintero territorio Eâ stata apprezzata lâattivitĂ culturale e il ruolo svolto dalla biblioteca civica, presso cui ha sede anche lâInfo-point della Convenzione delle Alpi. I temi per i quali la Giuria ha valutato lâimpegno della CittĂ di Morbegno allâinterno della Convenzione delle Alpi riguardano in particolare gli obiettivi dei Protocolli
CITTĂ DETENTRICI DEL TITOLO CITTĂ ALPINA DELL'ANNO 2019 Morbegno 2018 Bressanone 2017 Tolmezzo 2016 Tolmin (SLO) 2015 Chamonix (F) 2014 titolo non assegnato 2013 Lecco 2012 Annecy (F) 2011 Idrija (SLO) 2010 Bad Aussee (A) (*) 2009 Bolzano 2008 Brig-Glis (CH) 2007 Sondrio (*) 2006 ChambĂŠry (F) 2005 Sonthofen (D) 2004 Trento 2003 Herisau (CH) 2002 Gap (F) (*) 2001 Bad Reichenhall (D) 2000 Maribor (SLO) (*) 1999 Belluno 1998 titolo non assegnato 1997 Villach (A) (*) (non sono socie dell'associazione)
âPianificazione territoriale e sviluppo sostenibileâ, âEnergiaâ, âTurismo e attivitĂ del tempo liberoâ e âAgricoltura di montagnaâ. I servizi che Morbegno ingloba quale CittĂ capofila del territorio limitrofo sono stati ritenuti congruenti con gli obiettivi della Dichiarazione âPopolazione e Culturaâ e sono stati considerati la base su cui ampliare le relazioni con il territorio circostante. La Giuria ha concluso che lâassegnazione del titolo di âCittĂ Alpina dellâAnno 2019â può rappresentare per la CittĂ di Morbegno e il territorio circostante uno stimolo al riconoscimento delle attivitĂ in essere quale esempio di crescita sociale in grado di configurare il futuro in modo sostenibile.
LâAssociazione delle CittĂ Alpine dellâAnno è l'associazione delle cittĂ alpine che hanno ottenuto il titolo di "CittĂ alpina dell'anno". Questo riconoscimento viene conferito alle cittĂ alpine che si sono distinte per il particolare impegno dispiegato nell'attuazione della Convenzione delle Alpi e viene assegnato da una Giuria internazionale. L'obiettivo di fondo della Convenzione delle Alpi è di coniugare misure per la protezione dello spazio alpino con uno sviluppo sostenibile e orientato al futuro delle regioni. Il fatto che la Convenzione delle Alpi si riempia di contenuti concreti proprio nelle cittĂ alpine è di importanza centrale, poichĂŠ circa due terzi della popolazione alpina vive in aree urbanizzate, anche se queste costituiscono solo il 40% della superficie alpina complessiva. Dal punto di vista spaziale, le Alpi sono ancora oggi un territorio marcatamente rurale, tuttavia la popolazione - e quindi l'economia - ha giĂ , per la maggior parte, una connotazione urbana. Natura e cultura, ecologia ed economia trovano qui un terreno di scontro-incontro senza mediazioni. Rendere consapevole di questo un'ampia fascia di popolazione è l'obiettivo dichiarato dell'idea di "CittĂ alpina".
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L'ARRAMPICATA CHE VERRĂ di Alessandro Caligari
Sono diversi anni che il CAI di Morbegno ha nei suoi propositi quello di realizzare una struttura per lâarrampicata al coperto. Una prima soluzione si era concretizzata negli anni â80 quando, con lâAmministrazione comunale di allora, erano state posate delle prese per lâarrampicata nellâangolo Nord Ovest del campo di basket, al palazzetto Mattei. Alcune vie erano state realizzate sulle pareti ed anche su parti delle travi della struttura. Successivamente la necessitĂ di creare delle tribune proprio in quellâarea, ha portato allo smantellamento di questa prima palestra dâarrampicata. Per diverso tempo lâidea di una nuova struttura non è piĂš stata riproposta con particolare convinzione, anche se periodicamente qualcuno rilanciava lâidea. Alcuni anni fa, non ho date precise, perchĂŠ è stata una decisione non legata ad alcun motivo specifico, ha nuovamente preso corpo, con maggior determinazione, lâidea della palestra indoor. In modo abbastanza capillare abbiamo preso in rassegna varie opzioni. Una possibilitĂ molto concreta era stata quella della realizzazione di una struttura per lâarrampicata artificiale allâinterno di un 36 CAI MORBEGNO
capannone prefabbricato, posto nel centro di Morbegno e legato ad un esercizio pubblico. La soluzione, che pareva ottimale sia per noi che per i gestori dellâattivitĂ commerciale, era stata portata avanti in maniera decisa, fino ad una prima progettazione delle strutture dâarrampicata. Proprio in questa fase però câè stato un ripensamento da parte dei gestori del posto, preoccupati dallâinvasivitĂ delle attrezzature e dei supporti previsti, che avrebbero sottratto uno spazio significativo, e quindi potenzialitĂ , al loro edificio, precludendone lâutilizzo ad alcune particolari attivitĂ . Siamo quindi ripartiti prendendo in considerazioni altre ipotesi piĂš o meno concrete finchè, in un concorso indetto dalla fondazione Promor per raccogliere nuove idee su possibili sviluppi della cittĂ di Morbegno, avevo lanciato lâidea di convertire lâex piscina comunale, in fase di smantellamento, in un âpalazzetto della Montagnaâ con strutture per lâarrampicata sportiva, anche su ghiaccio. Il CAI di Morbegno ha quindi sposato questa proposta e ci siamo attivati per poterla concretizzare.
Lâidea ha cominciato a ronzare nellâorecchio di vari enti finchè il Comune di Morbegno, in accordo con le fondazioni Promor e Mattei, ha indetto un concorso ad inviti per la riqualificazione del palazzetto comunale. Nel bando si chiedeva esplicitamente di realizzare, nellâarea dellâex piscina, una struttura per lâarrampicata indoor. Allo scopo, nellâestate scorsa abbiamo costituito unâassociazione temporanea di professionisti che vedeva il sottoscritto come capogruppo assieme allâingegner Luca Gadola. Il concorso è stato da noi vinto, per cui siamo stati incaricati della riqualificazione del palazzetto. Per correttezza, ma soprattutto per gratitudine, vorrei citare tutti i componenti del gruppo cioè lâingegner Stefano Boninsegna, lâingegner Alberto Caligari, lâarchitetto Ernesta Croce, lâingegner Michele Dei Cas, il perito industriale Daniele Fornè, lâingegner Giulio Gadola, lâarchitetto Luca Volpatti e lâingegnere Gabriele Zecca. La nostra proposta progettuale, piuttosto articolata, prevede la possibilitĂ di essere attuata in piĂš lotti funzionali. Prende le mosse dalla trasformazione della piscina in un campo
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da gioco multidisciplinare, a cui è annessa una palestra per lâarrampicata sportiva. La proposta progettuale prevede la realizzazione di un nuovo settore da dedicare esclusivamente allâarrampicata sportiva indoor. Si è pensato di creare un nuovo corpo di fabbrica che non fosse semplicemente lâampliamento, in proiezione alla parete Nord, dellâambiente che ospitava la piscina, ma invece che costituisse appunto un nuovo fabbricato, dalle dimensioni significative. Questa scelta è dovuta alla necessitĂ di realizzare una superficie dâarrampicata complessiva che abbia delle estensioni tali da essere economicamente vantaggiosa dal punto di vista gestionale. Infatti dal confronto con esperti nella conduzione di questo tipo di strutture, è emerso che, per avere un ritorno economico positivo, non sarebbe sufficiente uno spazio ricavato con il semplice spostamento di pochi metri della parete Nord. Anche le indagini sulla possibile utenza locale hanno incoraggiano un approccio di questo tipo. La struttura è stata pensata per consentire lo svolgimento di competizioni a norma dei vigenti regolamenti FASI (Federazione Arrampicata Sportiva Italiana). In sostanza il progetto prevede la realizzazione di una palestra d'arrampicata che si attesta sul lato Nord del fabbricato della piscina dismessa, sfondandone la parete settentrionale, e che si sviluppa poi, con un corpo dall'andamento curvo e ad altezza digradante, nell'area ad Est del Palasport. Ogni settore della palestra sarĂ 38 CAI MORBEGNO
deputato ad ospitare diverse "discipline". La parte posta in proiezione Nord alla piscina sarĂ dedicata all'arrampicata con corda, ed in particolare alle gare di difficoltĂ (Lead) e di velocitĂ (Speed); per questâultima disciplina si prevede la realizzazione di due percorsi identici e paralleli, leggermente strapiombanti. Dato che questo tipo di competizioni prevedono delle altezze significative, abbiamo progettato un edificio la cui altezza raggiunga circa i 13 metri interni. Spostandosi ad est, il corpo avrĂ invece delle altezze via via decrescenti, in funzione delle discipline ospitate. Ci sarĂ infatti la zona dedicata al bouldering, in cui si arrampica senza l'ausilio della corda di sicurezza, per terminare con l'area dedicata ai bambini. La superficie arrampicabile sarĂ creata con pannelli pre-forati, adatti ad ospitare prese di diverso tipo, ancorati a delle strutture portanti, dallâinclinazione variabile. In questo modo le vie dâarrampicata saranno completamente modificabili, sia per il tipo di appigli, sia per la loro disposizione, sia per lâinclinazione della superficie. SarĂ quindi possibile ottenere il grado di difficoltĂ voluto e variare continuamente la tracciatura, evitando cosĂŹ la creazione di una struttura statica e alla lunga noiosa da frequentare. La palestra d'arrampicata sarĂ funzionalmente collegata alla struttura dell'ex piscina, che come ho detto verrĂ riqualificata in palestra sportiva multidisciplinare, di cui, anche visivamente, ne costituirĂ l'ampliamento. Anche gli spazi di servizio
(spogliatoi, bagni, depositi, infermeria ecc.) saranno messi in comune. Nel caso di utilizzo contemporaneo del campo da gioco della palestra e delle strutture d'arrampicata, i due ambiti saranno separati da una rete leggera mobile avvolgibile. Questa separazione potrĂ essere utilizzata anche per impedire l'utilizzo delle strutture d'arrampicata quando quest'area non sarĂ presidiata dal personale addetto. La palestra dâarrampicata sarĂ accessibile, oltre che dallâentrata della palestra anche da un ingresso dedicato indipendente, posto nella âpiazzettaâ tra il nuovo corpo e la parete vetrata dellâexpiscina.
Allo stato attuale si sta definendo il quadro economico e, salvo eventi imprevedibili, si dovrebbe iniziare entro l’anno con la progettazione definitiva.
Come ho detto, sono anni che stiamo cercando di realizzare questa palestra d’arrampicata ma, incrociando le dita, questa sembrerebbe la volta buona! CAI MORBEGNO 39
CAI
IL E LA
SCUOLA di Riccardo Marchini
(AAG â Bombardieri/Martelli) Pochi sanno che fra CAI e MIUR (Ministero dellâIstruzione, dellâUniversitĂ e della Ricerca) esiste un accordo di collaborazione. Tecnicamente si chiama Protocollo dâintesa ed è stato firmato il 18 ottobre 2017 dal Presidente Generale Vincenzo Torti per il CAI e dal Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione, Rosa De Pasquale. Eâ la riscrittura del Protocollo datato agosto 2012, sottoscritto da Umberto Martini, Presidente Generale in quellâanno. Dopo un poâ di pagine di âVistiâ e âPremesso cheâ, gioia e diletto per chi ha a che fare con lâamministrazione pubblica, il documento entra nel merito sviluppando in 5 articoli gli intenti dellâiniziativa. Limitandoci a ciò che compete alla nostra Associazione, ci soffermiamo sullâArt. 2 nel quale si afferma che il CAI si impegna a:
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⢠favorire la conoscenza diretta del territorio montano e del suo patrimonio ambientale e naturalistico, attraverso progetti didattici modulati per le scuole di ogni ordine e grado; ⢠promuovere con i docenti, gli alunni e gli studenti iniziative formative sui seguenti temi: attivitĂ di educazione ambientale e scoperta del territorio; esperienze di educazione motoria e arrampicata in etĂ evolutiva; attivitĂ di educazione alla sicurezza individuale e alla prevenzione dei pericoli; attivitĂ di alternanza scuola lavoro; ⢠realizzare, con il concorso delle istituzioni locali, corsi di aggiornamento per i docenti della scuola, di ogni ordine e grado, sui tre temi sopraindicati; ⢠favorire la realizzazione di esperienze didattiche tali da coinvolgere gli alunni e gli studenti, per un accostamento allâambiente in chiave storica ed euristica, con metodologia scientificamente corretta; ⢠elaborare, in collaborazione con i docenti, progetti formativi basati sullâindividuazione delle metodologie e sulle competenze riferite allâeducazione ambientale e allo sviluppo
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sostenibile, con lâobbiettivo di avvicinare i giovani alle montagne; ⢠coinvolgere i giovani nellâorganizzazione di esperienze autdoor, escursioni e trekking, stage didattici, esperienze di alternanza scuola-lavoro, che abbiano come contenuto didattico aspetti conoscitivi, scientifici, geografici e storicoantropologici, con particolare riferimento alla conoscenza, alla prevenzione, alla sicurezza e al rispetto dellâambiente; ⢠diffondere la conoscenza e la frequentazione dei percorsi alpini e appenninici di rinomata valenza paesaggistica, quali le alte vie, gli itinerari storici legati alla Grande Guerra, al pellegrinaggio, alla transumanza, al contrabbando, alle forme di economia e di ecologia delle popolazioni montane, nonchĂŠ percorsi didattici (geologici, glaciologici, botanici); â˘Diffondere nelle scuole i valori 42 CAI MORBEGNO
del volontariato sensibile alle problematiche dellâambiente e della tutela della sicurezza individuale, promuovendo i valori della cittadinanza attiva, della solidarietĂ , del rispetto reciproco e dellâintegrazione fra culture diverse; â˘âŚ Come si può evincere da quanto esposto, siamo in presenza di un progetto importante che coinvolge il CAI con tutti i suoi Organi Tecnici, centrali e territoriali, consultivi e operativi: le Commissioni e le Scuole di Alpinismo e Sci Alpinismo, di Escursionismo, di Speleologia e Torrentismo, di Alpinismo Giovanile; e poi il Comitato Scientifico, la Commissione Tutela Ambiente Montano e il Servizio Valanghe Italiano; e, ovviamente, il Corpo Nazionale di Soccorso Alpino e Speleologico. Trattandosi di iniziative rivolte al mondo dellâeducazione e ai
giovani in etĂ scolare, in prima linea non può che esserci, però, lâAlpinismo Giovanile ai vari livelli, nazionale, regionale e, quando esiste, sezionale. Questa è la cornice. Ma qual è la situazione nelle diverse realtĂ locali e in particolare come siamo messi in provincia di Sondrio? In Valtellina, la collaborazione fra Scuole e CAI è una pratica abbastanza consolidata, soprattutto grazie alla presenza della Scuola di Alpinismo Giovanile âBombardieri â Martelliâ. In questi ultimi anni sono stati diversi gli Istituti che si sono rivolti a noi per concordare progetti di varia natura, in ottemperanza a quanto previsto dal Protocollo. Abbiamo avuto e stiamo avendo contatti con il Liceo Scientifico Carlo Donegani di Sondrio, in particolare con il suo indirizzo Sportivo. Eâ dal 2014 che i ragazzi della 1° classe dello Sportivo
hanno la loro iniziazione al quinquennio di studi con uno stage di tre giorni presso il Rifugio Gerli-Porro su argomenti quali la geologia, la glaciologia, la storia dellâalpinismo e la progressione su terreno scabroso, seguiti dagli Accompagnatori di AG. Giustamente, trattandosi di una scuola di montagna. Con altre classi degli Istituti superiori cittadini, Liceo e ITIS in particolare, viene affrontato il tema dellâorienteering, previsto dal piano curriculare di Scienze motorie, prima in aula con lezioni teoriche, poi con una prova pratica in ambiente. Lâorientamento è la materia che ci viene richiesta anche da alcune Scuole Medie: di Ponte in Valtellina, nel corso della loro settimana di laboratori, e di Morbegno. Ultimamente la âBombardieri â Martelliâ è sempre piĂš spesso contattata dalle Scuole primarie per alcune uscite in
ambiente avendo come traccia lâ educazione alla montagna. In questo senso belle esperienze abbiamo avute in tal senso con le Primarie di Sondrio, Morbegno, Castione e della Valmalenco. Il bilancio di questo accordo e della collaborazione che ne scaturisce è senzâaltro positivo, soprattutto in una realtĂ alpina come quella della Valtellina, perchĂŠ crea unâinterazione virtuosa fra Scuola e Territorio, rappresentato, questâultimo, dal CAI che è portatore di conoscenze e di cultura alpina come recita lâArt. 1 del suo Statuto: Il Club Alpino Italiano, fondato in Torino nel 1863 per iniziativa di Quintino Sella, ha per iscopo lâalpinismo in ogni sua manifestazione, la conoscenza e lo studio delle montagne, specialmente di quelle italiane, e la difesa del loro ambiente naturale.
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LA GUERRA battaglia BIANCA edella San Matteo di Alessandro Caligari
La guerra Bianca, o guerra di montagna come dicono gli austriaci, è lâinsieme di eventi bellici del fronte alpino italiano della 1° guerra mondiale, combattuti dalle truppe di montagna dellâesercito del Regno dâItalia contro quelle dellâImpero austro-ungarico. In questo frangente, dal lato italiano, si distinse un corpo militare relativamente nuovo, quello degli Alpini, specializzato proprio nella guerra di montagna. Si trattava perlopiĂš di civili arruolati con la coscrizione obbligatoria; quasi tutti provenivano dalle stesse 44 CAI MORBEGNO
regioni in cui si combatteva: sostanzialmente lâintento era quello di mettere a battagliare persone che conoscevano bene il territorio e che avrebbero combattuto per difendere non solo la propria nazione ma anche le proprie case. In questo conflitto si possono distinguere tre settori dâazione: quello delle Dolomiti, quello dellâAdamello-Presanella e quello dellâOrtles-Cevedale. La linea del fronte coincideva allâincirca con lâattuale limite amministrativo della Provincia di Trento. Qui gli austro-ungarici, in inferioritĂ numerica, sfruttarono
lâinaccessibilitĂ dei luoghi per trincerarsi sulle cime piĂš alte ed ottimizzare i vantaggi di quelle posizioni sopraelevate. Eâ evidente che combattere per degli anni a queste quote fu unâimpresa tragicamente difficile, soprattutto per il fatto che, dopo pochi mesi di combattimento, anche questa divenne una logorante guerra di posizione. Va da sĂŠ che le condizioni proibitive del luogo falcidiarono i combattenti in misura doppia rispetto allâazione degli avversari: fame, freddo, valanghe, crepacci e seracchi erano i costanti compagni delle truppe. A ciò
va aggiunto che gli inverni del â16 e del â17 furono tra i piĂš nevosi del secolo, con precipitazioni pari al triplo della media. I soldati dettero il meglio di sĂŠ per cercare di resistere al nemico e agli elementi; ovunque scavarono trincee e tunnel, nel ghiaccio e nella roccia, edificarono baraccamenti nei posti piĂš aerei ed inverosimili, crearono una ragnatela di collegamenti fatta di scale e sentieri, issarono pesantissimi pezzi dâartiglieria fino a quote impensabili. Il settore dellâOrtles-Cevedale, per lâimpervia conformazione del
terreno e per lâaltezza dei luoghi, mediamente maggiore di 500 metri rispetto agli altri due settori, presentava sicuramente le condizioni piĂš estreme. Questo da un lato evitò il verificarsi di eventi bellici di ampia estensione, ma dallâaltro rese estremamente difficili le condizioni di vita e di combattimento degli uomini dei due schieramenti. Una delle battaglie piĂš note fu quella avvenuta attorno al San Matteo, nellâestate del 1918, diventata famosa per essere stata la battaglia piĂš alta mai combattuta. Gli austroungarici avevano conquistato
la vetta del San Matteo, da cui potevano agevolmente bombardare il passo del Gavia con la loro artiglieria, creando diversi problemi alla rete di approvvigionamento italiana. Il 13 agosto il battaglione Ortler degli Alpini, con un attacco a sorpresa conquistò la cima, facendo prigionieri metĂ degli austriaci. Una parte salĂŹ dalla parete Nord-Ovest, unâaltra attraversò la vedretta del DosegĂš per poi risalire la cresta Sud-Ovest. Dato che per gli austro-ungarici il San Matteo era una vetta particolarmente strategica, questi organizzarono un CAI MORBEGNO 45
massiccio contrattacco: il 3 settembre iniziò lâoffensiva con un pesantissimo bombardamento della cima, che si abbassò di ben 6 metri. Crollò anche la galleria di ghiaccio, con cui il capitano Arnaldo Berni ed i suoi uomini avevano organizzato il presidio della cima, rimanendovi per sempre intrappolati. Dopo di che, verso sera, attaccarono in forze e si riappropriarono della vetta. Due mesi dopo, con la firma dellâarmistizio cessarono le ostilitĂ . Dal giugno 1915 al settembre del 1918 il capitano Berni scrisse quasi quotidianamente ai suoi familiari. Questi scritti (lettere, cartoline, semplici annotazioni) sono stati raccolti da colonnello Magrin in una sorta di diario, e ci danno un commosso e veritiero ritratto umano e spirituale del giovane ufficiale. Tra questi lâultima lettera scritta il 31 agosto del 1918. Il capitano è sempre in cima al San Matteo, a 3.678 metri di quota, in attesa del cambio che tarda ad arrivare. "Carissimi, mi trovo sempre come vedete, colla mia bella Compagnia sul monte conquistato e vi rimarrò ancora per almeno una settimana, se le cose andranno bene. La vita quassĂš è alquanto dura, ma tutto si sopporta per amore di Patria e per la Vittoria. Oltre ai disagi imposti dalla natura (freddo, neve, tormenta, mancanza di ricoveri, etc.), c'è il continuo tormento da parte del nemico che invano cerca di farci danno per costringerci ad abbandonare la posizione. Ma quassĂš ci sono i bravi alpini della 307ÂŞ del Battaglione Ortler e nessun nemico riuscirĂ a sopraffarli! Dunque, come 46 CAI MORBEGNO
vi dicevo, credo di rimanere quassÚ ancora per sette od otto giorni, poi scenderemo forse a S.ta Caterina per godere un meritato riposo od andremo al Passo dell'Alpe. Tenterò di chiedere allora la licenza... ma dubito molto che mi venga concessa, dovendo il Battaglione, verso la fine del mese, scendere piÚ in basso come riserva. In ogni modo proverò. Farò anche il possibile, nel caso io ottenga la licenza, di farla ottenere anche a Meomo (soprannome di Arturo, n.d.r.). Mi sarebbe stato facile se fosse ancora al 27° da Campagna, ma ora non so a chi rivolgermi. Di qui vedo bene la conca Presena e la posizione su cui si trova il nostro Arturo. C'è
quassÚ un panorama stupendo. Siamo quasi a 3700 metri e dominiamo tutto il Trentino. L'occhio spazia dalle Dolomiti cadorine alle Dolomiti di Brenta, all'Adamello, al Bernina, all'Ortler-Cevedale. E' una ridda fantastica di cime nevose, di ghiacciai, di vette rocciose, di vallate verdi popolate di ameni paeselli. Dai primi di questo mese fino ad oggi ho lavorato e faticato molto, ho dato gran parte delle mie energie e, in molti momenti, era solo il mio entusiasmo (che non è mai venuto meno) e lo spirito di compiere tutto il mio dovere che mi hanno sorretto. Non importa se tutto quello che ho fatto, se tutto quanto ho sofferto non è stato o non
sarĂ riconosciuto. Io sono egualmente contento. Fra poco avrò la Croce di Guerra. Magra ricompensa invero! Pari a quella che hanno coloro che, stando a qualche Comando, hanno fatto talvolta qualche capatina dietro la prima linea! Pazienza! Quando verrò a casa, avrò tante cose da dire e mi sfogherò... Ora continuo a compiere il mio dovere come prima e a dare quanto posso per il bene della Patria: spero che questa mia trovi il papĂ e la Rita reduci dalla loro villeggiatura e contenti. Ricordatemi a parenti ed amici. Baci e saluti affettuosissimi. Vs. Aldo" . Il 3 settembre 1918 arriva sulla vetta un preciso colpo di artiglieria che abbatte la galleria dove Arnaldo Berni si era riparato con alcuni soldati mettendo cosĂŹ fine alla vita del giovane Capitano, impedendo persino ad amici e commilitoni di trovarne il corpo.Tuttâora camminando in questi posti è frequente imbattersi nei resti di questa guerra; matasse di filo spinato, resti di baracche, trincee, gallerie ma anche oggetti che ci parlano della vita degli alpini: scatolette di cibo, resti di scarponi, fibbie, bottoni. A volte il ghiaccio restituisce anche i corpi dei caduti, come nel caso del recente ritrovamente di tre kaiserschutzen, ultracentenari rinvenuti nel loro intatto aspetto di giovani ventenni. A 100 anni esatti di distanza abbiamo risaliti la cima del San Matteo, passando accanto al monumento dedicato ad Arnaldo Berni, capitano alpino ventiquattrenne, tuttora sulla montagna.
Nelle pagine precedenti a sinistra: alpini in una trincea scavata nel ghiacciaio, a destra targa commemorativa del capitano Berni. Nella pagina a fronte: alpini in tenuta invernale. In alto: un gruppo di prigionieri austriaci sul San Matteo Qui sopra: alpini in ascensione.
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IL SENTIERO CHE FU Sono anni che protestiamo, per lo piÚ inascoltati da chi dovrebbe invece intervenire, contro l'indisturbata percorrenza dei sentieri di montagna da parte delle moto. La normativa in merito è chiarissima e perciò, salvo pochissime eccezioni, è certo che il transito di questi veicoli sia vietato. Come abbiamo già detto fino alla noia, le motociclette inquinano, sia dal punto di vista delle emissioni nocive sia da quello acustico. Poco risalto invece viene dato ai danni che il continuo transito delle moto arreca ai sentieri. Le ruote della motocicletta, con il loro movimento, scavano il 48 CAI MORBEGNO
sentiero,lasciando un solco stretto; in genere piÚ il percorso è ripido, piÚ le ruote slittano e di conseguenza scavano sempre piÚ in profondità . Le piogge poi si incanalano in questi solchi, erodendoli a loro volta. Anche in discesa le cose non migliorano; la motocicletta, scarica tutto il suo peso, quello del suo conducente e tutta la sua forza cinetica sui soli due punti di contatto tra le ruote ed il terreno. Ad ogni frenata si produce un attrito notevole, devastante per il sentiero e per la cotica erbosa. Capita spesso quindi di imbattersi in sentieri
resi impraticabili, in cui la traccia prodotta dalle moto è cosÏ stretta e profonda da costringere a camminare in precario equilibrio sui bordi. Tutti hanno diritto di andare in montagna con i mezzi ed i modi (leciti) che preferiscono, crediamo però che nessuno abbia il diritto di recare danno agli altri mostrando anche un'evidente disprezzo della natura. Ecco, come dicevamo all'inizio, ci piacerebbe che le autorità preposte, spesso cosÏ zelanti nel far applicare normative a volte inutili e insensate, intervenissero per porre fine allo scempio in atto sulle nostre montagne.
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DUE AMICHE E LA MONTAGNA NEL CUORE la nostra prima esperienza al corso Cai
di Curtoni Aurora & Elisabetta Manni
Dopo molti inverni in cui la neve si è fatta tanto desiderare, finalmente è giunto un anno propizio in quanto a precipitazioni nevose. CosĂŹ, parlando tra di noi, ho cercato di convertire la mia amica Betty allo scialpinismo, visto che io lo praticavo giĂ da due anni e ne ero affascinata, mentre lei faceva solo sci da discesa fin da piccola e non aveva mai provato lâebbrezza della neve fresca. Lâidea lâha subito eccitata ed entusiasmata, cosĂŹ mi ha proposto di iscriverci al corso di sci dâalpinismo, tenuto dal Cai di Morbegno. La voglia di 52 CAI MORBEGNO
conoscere gente nuova, immersi in incantevoli scenari innevati , e di apprendere al meglio lâutilizzo dei dispositivi di sicurezza (Artva, pala, sonda), garbava molto anche me. CosĂŹ eccoci qui, cariche come molle!!!! Eravamo estremamente entusiaste e non appena la mia amica Betty ha acquistato tutta lâattrezzatura, eravamo pronte per il primo test sulla neve. Ovviamente non si poteva scegliere una valle migliore come prima uscita: il MĂšnt de Sura, cima della nostra amatissima Valgerola.
Ci ritroviamo al parcheggio di Morbegno alle ore 8.00, e la giornata comincia già in maniera tragicomica: a Lola, causa un sabato sera movimentato (di cui peraltro si scusa), non è suonata la sveglia (sempre a farsi riconoscere) causando cosÏ un ritardo generale. Ero super-euforica, perchÊ non ero mai arrivata sulla cima di una montagna di casa con gli sci. Purtroppo la gita, causa di un forte vento gelido, quel giorno si è conclusa poco sotto la meta. Abbiamo comunque goduto di
una discesa unica, una neve da leccarsi i baffi, in uno scenario mozzafiato. Una delle uscite che ha soddisfatto maggiormente le nostre aspettative è stata quella al Pizzo DâEmmat Dadaint in Engadina. La partenza non è stata delle migliori, essendoci un vento gelido e una nebbia che peggiorava la situazione, rendendo difficile lâorientamento; ma, nonostante le condizioni avverse, grazie alla preparazione dei nostri istruttori siamo giunti in cima. Qui, come per miracolo, il cielo si è aperto mostrando tutta la bellezza della valle che ci circondava. Nonostante un problema tecnico ai miei scarponi, che a causa del freddo non si riuscivano piĂš ad agganciare nella modalitĂ âdiscesaâ, sono giunta al parcheggio sana e salva, grazie ad un piccolo trucchetto di Mirko che mi ha salvata. Lâuscita conclusiva, a cui Lola non ha potuto partecipare a causa di impegni lavorativi, è stata nella bellissima Val Viola. Dopo una notte in compagnia al rifugio Dosdè, ci siamo incamminati di prima mattina verso il Piz Dosdè a 3.281m, la piĂš alta cima che avessi mai fatto. La mancanza dâossigeno si faceva sentire, ma il panorama alpino compensava ogni fatica. Quando ci si diverte il tempo vola, e cosĂŹ, tra risate, neve polverosa e neve crostosa, nuovi amici, panini super imbottiti, cadute varie, zainetti rosa e chi piĂš ne ha piĂš ne metta⌠eccoci giunte alla fine di questo meraviglioso corso Cai! Un grosso grazie va a tutti gli istruttori per lâimpegno dimostrato e per la buona riuscita del corso. Ma
soprattutto un grazie per averci dato le basi, importantissime, dellâandare in sicurezza in montagna e del come comportarsi di conseguenza in caso di pericolo. Ringraziamo tutte le persone nuove che abbiamo conosciuto; è stato bello condividere questa esperienza piacevole con voi e speriamo di continuare a vederci ed organizzare altre uscite insieme. La montagna, o meglio, vivere la montagna nelle sue varie sfaccettature, con il sole, con la neve e con la nebbia ti fa sentire vivo. Godere della bellezza che ci circonda
quando arrivi in cima con i tuoi compagni di salita fa bene al cuore e scalda lâanima. La montagna educa al necessario, al silenzio, ed è un valido e naturale metodo per eliminare lo stress quotidiano e farci dimenticare i problemi. âLa vita è come lo sci: lâobbiettivo non è arrivare in fondo alla collina, ma fare un sacco di buone discese prima del tramonto, accanto ad unâamica specialeâ. Quindi grazie eâŚâŚâŚalla prossima RAVANATA!!!!!
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IL RALLYNO
GARA DI REGOLARITà 1°: Rita Bertola - Alessandro Caligari 2°: fabiano Gusmeroli - Libero Marchesi 3°: Guglielmo Cavallotto - Fabio Cornaggia
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VELOCITà SALITA 1°: Diego Canti - Daniele Rava 2°: Luca De Bianchi - Fabrizio Guerra 3°: Dario Piasini - Mario Trotti
DELLA
ROSETTA di Alessandro Caligari
Domenica 25 marzo. Da un punto di vista della meteorologia la giornata non è un granchè anzi, per dirla alla Paolo Conte, a tratti sembra di essere dentro un bicchiere di acqua e anice. Però come sempre il rallyno rappresenta una festa, per cui ugualmente una novantina di persone si presenta alla partenza. GARA DI DISCESA 1°: Pietro Del Barba - Mauro Orlandi 2°: Rudy Pezzini - Ashley Ruffoni 3°: Pietro Colleoni - Maddalena Mognetti
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Il tracciato di salita è giĂ stato battuto e segnato con le bandierine il giorno precedente, cosĂŹ come il gigantone, le cui porte, appese al muro finale, sono percorse con lo sguardo dai concorrenti in attesa di partire dal bar Bianco. Il dislivello da superare non è molto, attorno ai 600 metri, abbordabile da tutti. Anche questâanno, dovendomi occupare delle iscrizioni e della consegna dei pettorali, fino al termine di queste operazioni non sapevo se avrei partecipato alla gara. Poi, allâultimo momento mi sono iscritto assieme a Rita, che come me doveva gestire alcune operazioni alla partenza. Non è la prima volta che gareggiamo assieme; in genere facciamo la nostra onesta salita, e alla fine, se va bene, vinciamo dei guanti (ne ho giĂ portati a casa 56 CAI MORBEGNO
quattro paia). Senza particolari velleitĂ , anche questâanno abbiamo risalito, con calma cadenzata, la bianca schiena della Rosetta. Essendo una gara di regolaritĂ , la velocitĂ non è ricercata, anzi, si cerca di diluire gli effetti di eventuali errori dovuti ad accelerazioni o decelerazioni non volute, distribuendoli in un tempo di salita molto dilatato. CosĂŹ anche noi abbiamo impiegato quasi unâora e un quarto per giungere al traguardo finale. Come sempre ce ne siamo infischiati di altimetri e cronometri, regolandoci solo sulle nostre sensazioni e sul cercare di mantenere una fatica dâascensione costante. Affrontiamo il gigantone, previsto per la gara di discesa, con rassegnazione, sapendo che saremo sbalzati di qua e di lĂ dalle porte posate da
Angelo, cosa che puntualmente avviene. Polenta e costine sono il giusto premio alle fatiche, anche se la premiazione vera e propria inizia subito dopo il pranzo. Questa avviene con una sadica modalitĂ : si premiamo tutte le coppie concorrenti, dalla quartâultima alla quarta. Restano pertanto in sospeso le ultime tre e le prime tre, in bilico tra un successone e una disfatta clamorosa. Progressivamente si rivela qualâè la terzâultima e la terza coppia e cosĂŹ via. Al termine restano due copie, la prima e lâultima classificata. Una delle due siamo siamo io e Rita. Ci guardiamo un poâ perplessi, però abbiamo la sensazione di non essere andati male: questâanno si vince, niente guanti! CAI MORBEGNO 57
SULLA
GRIGNA CON GLI SCI di Marco Marchetti
Da sempre le due Grigne hanno esercitato un fascino particolare sugli uomini inducendone molti a salire sulle loro cime e tanti a scalare le loro impervie pareti. Non si conta quante vite umane questo amore sia costato e quanto continui a costare. Non Ĩ valutabile il prezzo pagato da una moltitudine di alpinisti, escursionisti e sciatori. Giovani e meno giovani, coraggiosi e pieni di infinito amore per questi monti hanno sacrificato tutto pur di raggiugerne le vette; spesso riuscendovi ma altrettanto spesso dovendo rinunciare e molte altre volte senza poter piÄĹĄ fare ritorno. Non si contano le madri che hanno pianto i propri figli e le mogli che hanno aspettato invano il ritorno dei mariti, qui periti.
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Questo, le due Grigne, sono state e sono per tante generazioni che le hanno amate senza se e senza ma, senza compromessi e senza porre alcuna condizione alle due montagne; solo lasciarsi salire. A loro Ĩ anche dedicata una canzone dove la bella e poderosa Grigna settentrionale Ĩ vista come una crudele guerriera, mentre le ardite guglie della Grignetta sono torri di una fortificazione posta a sua difesa. Come un guerriero la montagna sa essere spietata con chi vi si avventura pieno di passione e amore cercando di conquistarla. Per tale motivo la canzone dichiara indomito amore e prega che agli amanti della montagna sia risparmiato ogni pericolo.
Queste le parole scritte e cantate: Alla guerriera bella e senza amore un cavaliere andò ad offrire il core, cantava: Avere te voglio, o morire! Lei dalla torre lo vedea salire. Disse alla sentinella che stava sopra il ponte: Tira una freccia in fronte a quello che vien su. Il cavaliere cadde fulminato: Ma Iddio punĂŹ lâorribile peccato e la guerriera diventò la Grigna una montagna ripida e ferrigna. Anche la sentinella che stava sopra il ponte fu trasformata in monte e la Grignetta fu. Noi pur tâamiamo dâun amor fedele,montagna che sei bella e sei crudele, e salendo ascoltiamo la campana dâuna chiesetta che a pregare chiama. Noi ti vogliamo bella che diventasti un monte; facciam la croce in fronte, non ci farai morir.
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Il Grignone (Grigna settentrionale) è una montagna dove, insieme alla Grignetta (Grigna Meridionale) cugina piÚ bassa e allo Zucco Campelli posto sopra i Piani di Bobbio a Est del Grignone stesso, mi sento a casa. Al loro richiamo difficilmente resisto, anzi non resisto proprio ⌠mi è impossibile! Questi i posti dove oggi vaga perennemente e irrimediabilmente, come fosse malata, la mia anima e dove, spero, possano riposare i miei resti umani ponendo finalmente termine alla malattia. Spesso una beffa la vita, infinitamente scarso nel mio
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talento e nelle mie capacitĂ in montagna (su roccia o con le pelli, di corsa o con gli sci non ha importanza, sempre modesto resta il mio talento) ma altrettanto infinitamente innamorato di questi monti (in estate e in inverno non ha importanza, comunque sempre irrimediabilmente perso nellâamore per la montagna). Sono due montagne che ho nel cuore; anche se, a voler essere sincero fino in fondo, forse è la âmontagnaâ che ho nel cuore, nel sangue, nella carne e in ogni dove. Semplicemente la montagna, comunque essa sia. Basta che si elevi sopra le
debolezze umane facendole illuminare dal sole. Basta che le sue cime facciano arrivare dove gli occhi non si stancano mai di guardare e il cielo diventa trasparente. Basta che con le sue pareti faccia scappare dalla rabbia e dal rancore, dalla sete di vendetta e dalla terra piana che ogni giorno sempre piĂš sento stretta. Sembra strano ma sento la pianura, che non ha confini a vista dâuomo, come una galera: troppo stretta e troppo angusta. Appare assurdo ma sento la montagna, che è solo un confine di valli e di rilievi, di
creste e di canali, di crode e di cenge come espressione di libertĂ immensa e infinita. Ecco perchĂŠ quando ho saputo di questa uscita, fra le gite organizzate dalla mia Sezione del CAI Morbegno, immediatamente ho capito che non avrei potuto perderla. Inoltre, strano ma ci sarĂ un suo perchĂŠ, di questa splendida montagna mi mancava proprio la salita con le pelli. Lâho percorsa su tanti versanti, per canali e per prati, lungo sentieri e ferrate, da creste e da sbalzi, per lavoro e per diletto, di corsa e di passo, da solo (con i miei cani) e in compagnia, in tutte le condizioni, col freddo e col caldo, con il vento e con la pioggia ma non da scialpinista. Si tratta infatti di una magnifica gita dal dislivello importante, se fatta da Pasturo (m 1800), un poco meno (m 1300) se si parte dalla localitĂ Pialeral. Molto rinomata e frequentatissima in inverno, da intraprendere in condizioni
assolutamente sicure. Dai pendii sommitali infatti si possono verificare distacchi di grandi dimensioni e di rilievo. Si ricordano eventi catastrofici che hanno segnato la storia dellâalpinismo lecchese come quello dellâinverno 1986 nel corso del quale una grossa slavina distrusse l'intero Rifugio Tedeschi, storico rifugio per oltre ventâanni gestito dal mitico Giovanni Gandin. Inoltre, la cresta finale, normalmente facile e ben âpedonataâ, può presentarsi ghiacciata. In tal caso deve essere percorsa con estrema attenzione. In montagna infatti il ghiaccio potrebbe non perdonare se sottovalutato. Da fare per tutto lâinverno fino a inizio primavera dato che, grazie allâesposizione, la neve si trasforma con relativa rapiditĂ ma, ai primi caldi primaverili, scompare in fretta. Negli anni in cui la neve âfaceva sul serioâ si poteva addirittura partire dal
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fondovalle (altri 100 metri di escursione) in prossimitĂ della strada provinciale. Poi si è iniziato a âpellareâ dallâabitato di Pasturo fino agli ultimi anni dove purtroppo si possono mettere gli sci in localitĂ Pialeral riducendo cosĂŹ lâescursione a soli 1300 metri di dislivello. Ma, ahimè, come mi ha insegnato il mio grande amico Igor (istruttore CAI di Chiavenna) âpiuttosto di niente è sempre meglio piuttostoâ. Il percorso per noi, lasciate le auto appena sotto lâAlpe Cova (alt. circa m 1300) punta dritto alla localitĂ Pialeral (alt. circa m 1400) e prosegue poi sulla dorsale centrale dell'ampio versante Est del Grignone fino alle Baite Comolli (alt. circa m 1850). Da qui la pendenza 62 CAI MORBEGNO
si fa decisamente elevata (cosiddetto âmuroâ dove spesso si vedono sci-alpinisti âspallareâ gli sci lungo la traccia diretta portandosi sulla cresta tra Grignone e Pizzo della Pieve (anche detta Grigna di Primaluna) ad una quota di circa mt 2250 giusto sopra la parete Fasana. Qui giunti un brivido e un emozione corrono lungo la mia schiena, anche se non è certo la prima volta che mi trovo in questo punto. Sapere di essere proprio sopra la parete e lâomonima via Fasana dove, nel 1925, giunse Eugenio Fasana dopo avere fatto per primo e senza piantare un solo chiodo, con il solito Vittorio Bramani, gli 800 metri di dislivello della parete è comunque una sensazione
alla quale non riesco e non riuscirò mai ad essere indifferente. Da qui si segue la cresta verso la cima del Grignone posta a m 2410. Spesso la discesa viene effettuata scendendo il costone subito sotto il crocione di vetta, facendo ben attenzione alle bastionate di roccia che lo delimitano sulla destra orografica, oppure piĂš sotto è possibile congiungersi alla discesa nel vallone a destra avendo alle spalle il rifugio (richiede condizioni di neve sicure); infine tagliando a sinistra (sempre con lo sguardo verso valle) a ricongiungersi con il rifugio/bivacco dei Comolli e scendendo lungo la via di salita. Noi abbiamo scelto unâaltra
variante (si dice riservata agli ottimi sciatori) da fare solo in condizioni di perfetta visibilitĂ e neve sicurissima, da evitare in presenza di croste ghiacciate. Siamo scesi nel canale sotto il Rifugio Brioschi partendo direttamente dalla transenna del rifugio stesso verso il Canalone Ovest, adrenalinico ma tutto sommato non difficilissimo. Abbiamo poi evitato il vallone alla destra del costone seguendo un percorso dove le pendenze divengono sostenute ma per gli âottimi sciatori del CAI Morbegnoâ nulla è troppo complicato. La neve però aveva mollato completamente rendendo la sciata un poco faticosa. Ci siamo poi portati
gradatamente sul costone a sinistra, per evitare un breve salto, e siamo rientrati quindi a destra dove, per ampi canali e pendii via via meno ripidi, abbiamo raggiunto la Foppa del Gèr. Da qui abbiamo ripreso lâitinerario di salita per raggiungere poco piĂš sotto il Pialeral e, per facili prati, le auto. Lâuscita è stata entusiasmante, a voler essere riduttivi, e lo spettacolo stupendo La Valsassina era illuminata dal sole e la neve rifletteva come uno specchio. Il âmuroâ (del pianto?) ha fatto il suo dovere stroncando le gambe e il fiato. In vetta non c'era vento e fare le cresta è stato un vero piacere; lâabbiamo percorsa
per lungo tratto con gli sci ai piedi e solo verso la fine, allâapprossimarsi del crocione di vetta, abbiamo dovuto âspallarliâ e proseguire camminando senza bisogno di ramponi. Eâ stato davvero emozionante trovarsi in vetta e sotto di noi la discesa che ci attendeva. Dopo una sosta nel rifugio Brioschi, in attesa di tutta la compagnia, lasciarsi scivolare lungo il pendio guardando il lago è stata un'emozione indescrivibile. La neve non era male (un poco pesante ma comunque ben sciabile) anche se lâattesa lâha resa troppo molle e si è preso qualche sasso di troppo. Una giornata stupenda che non potrò mai dimenticare. CAI MORBEGNO 63
SCIALPINISMO
VAL
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IN
FORMAZZA di Marco Poncetta
La Val Formazza è un piccolo gioiello alpino della provincia del Verbano-Cusio-Ossola, a nord del Lago Maggiore, parte dellâestremo nord del Piemonte, tra i cantoni svizzeri del Vallese a ovest e del Ticino a est. Per tutto il Duecento gruppi dellâAlto Vallese (CH) travalicarono i passi per insediarsi nelle vicine valli alpine e non vennero ostacolati dai feudali dellâepoca, i De Rodis e i duchi di Milano, non interessati alle terre alte ma agli ingenti tributi ricavati da questa popolazione che si insediò in piccoli villaggi dediti alla coltivazione e allâallevamento. Per
secoli il popolo Walser (da Walliser, abitante del Vallese) ha vissuto quasi indisturbato in questi luoghi, senza venire a contatto con le popolazioni vicine, mantenendo cosĂŹ unâautonomia culturale che si è perpetrata di generazione in generazione. La cultura walser è chiaramente individuabile nelle costruzioni e nella lingua. Le case walser, molte ancora visibili in Val Formazza, sono riconoscibili dal basamento in pietra, sopra il quale appoggia il corpo principale completamente in legno, un materiale che non veniva quasi utilizzato per le abitazioni sulle Alpi. CAI MORBEGNO 65
Il dialetto walser, una commistione di tedesco antico e dialetti subalpini, è rintracciabile nelle zone del comune di Formazza, anche se purtroppo ormai solo alcuni anziani sanno ancora parlarlo. La Val Formazza, dal tipico profilo glaciale, è percorsa per intero dal fiume Toce, che nella porzione terminale forma le celebri cascate, un salto di ben 143 metri. Offre agli alpinisti una notevole scelta di attivitĂ , dalle semplici passeggiate lungo il fondovalle ai piĂš impegnativi trekking in quota tra grandi montagne e praterie alpine, dalle falesie attrezzate e dal comodo accesso, fino a itinerari sui ghiacciai delle cime piĂš alte: Basodino, Punta dâArbola, Punta del Sabbione, Blinnenhorn sono solo alcuni dei Tremila che contornano la Valle. In inverno, la neve è sempre abbondante, oltre 66 CAI MORBEGNO
ai lunghi anelli di fondo e al piccolo comprensorio per lo sci alpino, si può camminare con le ciaspole lungo itinerari di diversa lunghezza e difficoltĂ , ma è forse lo scialpinismo che in Val Formazza regala le emozioni piĂš intense, con percorsi adatti sia ai principianti sia ai piĂš esperti. Nella ricerca di una meta per la classica gita scialpinistica di due giorni, navigando su internet sono stato catturato dalla bellezza e dalla storia di questa valle ed è stato facile convincere il consiglio a proporla nelle attivitĂ sociali dellâanno. E cosĂŹ sabato 21 aprile il gruppo, composto da 26 scialpinisti, parte con il pullman di buon mattino per Riale, ultima frazione a nord della Val Formazza posta a 1730 m. Il programma della giornata è portarsi con gli sci ai piedi fino al Rifugio Maria Luisa 2156 m punto dâappoggio
per affrontare lâindomani il Monte Basodino 3273 m. Arrivati a Riale poco prima di mezzogiorno rimango colpito dalla quantitĂ di neve presente in zona, a bordo strada ci sono cumoli che superano anche i 2 metri dâaltezza a testimonianza dellâinverno nevoso che ha caratterizzato le Alpi Occidentali. La salita al Rifugio è comoda lungo una tranquilla mulattiera che ci porta alla meta in poco piĂš di unâora. Nel pomeriggio si decide di fare una breve escursione di circa 400 m di dislivello nelle vicinanze, per allenare le gambe approfittando di una zona sicura, viste le temperature calde del pomeriggio, eccessivamente alte rispetto alla media, arrivate improvvisamente dopo una settimana di abbondanti nevicate e che ci fanno preoccupare circa la fattibilitĂ della gita programmata per il
giorno successivo. Il Basodino infatti è unâescursione tuttâaltro che banale: con un ripido e âvalangosoâ canale (Kastell) nella parte centrale dellâitinerario e un delicato traverso sul versante ticinese sempre con pendenze sostenute. La fattibilitĂ e la scelta di un itinerario alternativo è stato lâargomento piĂš discusso dellâintera serata, durante lâottima e abbondante cena al Rifugio Maria Luisa. Solo al mattino confortati dal rigelo notturno e dal prezioso consiglio dellâesperto gestore del rifugio si decide di tentare la cima. Impegnativa è la salita lungo il canale Kastell, rampanti obbligatori per affrontare la pendenza con piĂš tranquillitĂ e sosta obbligata, arrivati alla bocchetta, per compattare il gruppo, mangiare qualcosa e godersi un poâ di sole. Valutate le buone condizioni anche sul versante ticinese, si prosegue la salita lungo il ghiacciaio fino a un pianoro posto sul versante est della cima, da qui, lasciati gli sci raggiungiamo la cima con picozza e ramponi. Siamo poi discesi lungo il medesimo itinerario fino a Riale dopo essere passanti ancora al rifugio per recuperare quanto lasciato per alleggerire lo zaino e festeggiare con un improvvisato rinfresco la buona riuscita della gita. Personalmente sono rimasto molto soddisfatto, la Val Formazza ha soddisfatto le mie aspettative, peccato che le numerose cave di serizzo, dighe e tralicci hanno deteriorato anche lâambiente: del resto non si può pretendere di ritornare ai tempi dei walser. CAI MORBEGNO 67
PUNTA SAN MATTEO
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di Emil Del Nero
E' domenica 3 giugno 2018, con un gruppo di 20 persone partiamo alla volta della Punta San Matteo per l'ultima gita scialpinistica di stagione. Alle 7.30 partiamo dal Passo Gavia sci ai piedi e iniziamo la risalita dello spettacolare ghiacciaio del DosegÄĹĄ. Il gruppo e' affiatato, la giornata stupenda. Presenti, nel gruppo, anche una buona parte degli allievi del corso di scialpinismo, che si e' concluso qualche settimana prima. Un buon rigelo notturno ci permette di risalire i pendii del ghiacciaio senza grossi problemi e ci fa ben sperare in una bella discesa su ottima neve primaverile. Affrontiamo l'ultimo tratto di cresta che porta ai 3678 m della cima con piccozza e ramponi, foto di vetta e iniziamo la discesa. La sciata si dimostra all'altezza delle aspettative e ci concediamo anche una ripellatina, (visto che sara' l'ultima della stagione ci e' parsa quasi d'obbligo) poi fino alla macchina sci ai piedi. Per alcuni e' stata la prima occasione di mettere piede su ghiacciaio, per altri il primo 3000, per tutti un'ottima giornata scialpinistica!!! CAI MORBEGNO 69
di DesirĂŠe Barbetta
IL CORSO
Sicurezza, tecnica, passione: la combinazione vincente di un corso di arrampicata libera ad arte, quello organizzato dalle sezioni Cai di Chiavenna e Morbegno. Svoltosi nei mesi di maggio e settembre per un totale di cinque uscite pratiche e il gran finale di un weekend in Liguria e supportato da un corollario di lezioni teoriche, il corso ha dato l'opportunitĂ ai partecipanti di prendere confidenza con i principi fondamentali dell'arrampicata libera e di confrontarsi con le pareti piĂš differenti, dalla palestra a Piuro, alla falesia del Sass Negher di Piona, il Sasso bianco a Prata 70 CAI MORBEGNO
Camportaccio, la Valsassina e il Sasso del Drago di nuovo a Piuro, per finire con le falesie di Finale ligure. Il bottino da portare a casa è ricco, a cominciare da un qualcosa di elementare: la fiducia. La fiducia da riporre prima di tutto in sÊ stessi, in quel centimetro quadrato su cui il piede tremolante deve stabilizzarsi e permettere alle gambe di stendersi. Ma anche la fiducia nell'attrezzattura che si è imparato a conoscere e a utilizzare in sicurezza con tanti piccoli accorgimenti apparentemente banali eppure salvavita. E infine la fiducia
DI ARRAMPICATA nel compagno che assiste nella salita e garantisce la calata. A casa si porta anche la soddisfazione di aver completato "quella" via, di aver superato "quel" passo e la felicitÄ di aver condiviso un percorso di crescita in un team caloroso e supportivo, reso saldo da istruttori capaci e di spirito. Il corso ha gettato cosÄĹš un seme che crescerÄ a seconda della dedizione e della pratica di ciascuno ma che sicuramente ha permesso ancora una volta di avvicinarsi alla montagna, in una forma nuova e sempre con il dovuto rispetto, dispensando insegnamenti validi per la vita.
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Monte Grona di Alessandro Caligari
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Non tutte le ferrate sono uguali. Alcune sono una successione ininterrotta di gradini e staffe, in cui non si mette mai una mano od un piede sulla roccia. Altre invece sono realizzate con uno spirito diverso, salvaguardando il gesto dell'arrampicata e proponendo il cavo metallico o la catena solo come dispositivo di sicurezza, lasciando a ciascuno la libertĂ di servirsene a propria discrezione, come mezzo di progressione o solo come protezione. La ferrata del Centenario sul monte Grona appartiene a questo secondo tipo. Si sviluppa su una cresta di roccia calcarea, da cui si levano quattro torri, di cui l'ultima costituisce la vetta del monte. Siamo sulle montagne tra i lago di Como e quello di Lugano, nei pressi del rifugio Menaggio. Dopo due rinvii a causa del tempo instabile, finalmente arriva una bella domenica di maggio. Dopo un
La ferrata del Centenario avvicinamento di tre quarti d'ora siamo all'attacco della via, che, per mettere subito le cose in chiaro, parte con un tratto verticale. La relazione la classifica come âDâ, difficile. La roccia però è molto appigliata, con bei maniglioni per le mani ed altrettanti appoggi per i piedi, cosicchè chi vuole arrampicare lo può fare in tutta tranquillitĂ . Chi invece ha meno dimestichezza con la roccia sale aggrappandosi alla catena, con però un notevole dispendio di energie. Dopo il tratto iniziale, tutto il gruppo prende confidenza con la via e si procede tranquillamente. Siamo in tredici ed abbiamo circa 400 metri di dislivello da compiere in arrampicata. Il fatto di essere un gruppo numeroso si ripercuote negativamente sulla nostra velocitĂ : siamo in fila indiana ed ogni rallentamento del singolo, per una difficoltĂ , per un intoppo, per fare una foto o semplicemente per tirare
il fiato e guardarsi in giro, si trasmette immediatamente a chi lo segue e a chi, piĂš avanti, lo dovrĂ aspettare. Per questa ragione, unitamente al fatto che è una bella giornata, che non abbiamo nessuno nĂŠ davanti nĂŠ dietro, impieghiamo quasi quattro ore per completare la via. Nel complesso è una ferrata divertente, con tratti semplici ed altri non banali. In particolare sulla terza torre c'è una placca verticale (non a caso chiamata âplacca difficileâ) che determina qualche apprensione ed anche una defezione a causa di un problema fisico; anche il successivo âspigolo affilatoâ dĂ del filo da torcere a chi vuole salire in arrampicata. Va anche considerato che, se da un lato si è sempre agganciati al cavo di sicurezza, dall'altro gli ancoraggi di questo cavo sono piuttosto distanti, per cui un'eventuale caduta significherebbe un volo anche di 5-6 metri, non piacevole su una cresta frastagliata. La via presenta anche alcune possibilitĂ di uscita, che in un caso, come detto, si sono rese quanto mai utili. Verso l'ora di pranzo siamo tutti in cima. La vetta è molto panoramica, anche se la foschia ci toglie un po' dello spettacolo, che comunque è notevole. Raggiunti da comitive chiassose che salgono dalla via normale, addentiamo finalmente i nostri panini. Anche la sete si fa sentire, e mi fa pensare a cosa dev'essere salire la via in una giornata di piena estate. Mi accorgo di avere le braccia rosse per il sole e di essermi seduto su delle inaspettate ortiche di vetta. Radunato il gruppo scendiamo
per la ripida direttissima, cioè il sentiero che percorre il canalone che fiancheggia la nostra cresta. In venti minuti perdiamo il dislivello che abbiamo faticosamente guadagnato in una mattinata d'arrampicata, ed arriviamo all'affollato rifugio Menaggio, pieno di famiglie e fauna varia. Una birretta ci toglie l'arsura, poi con calma scendiamo alle macchine.
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IL PIZZO SCALINO di Francesco Spini e Chiara Piatti
Domenica 1 luglio si è svolta la gita alpinistica dellâestate 2018, con meta il Pizzo Scalino. Una gita magari non di altissimo livello tecnico, una meta forse un poâ inflazionata (soprattutto per chi ci era appena stato non piĂš di due mesi prima con gli sci) ma scelta proprio per questi motivi: dare lâoccasione a chi volesse approcciarsi allâalpinismo di vivere unâesperienza anche formativa in un ambiente relativamente facile. Undici partecipanti (solo 4 avevano giĂ salito la cima di questa montagna) di cui due tesserati ad unâaltra sezione, a sottolineare quanto il CAI possa davvero essere una realtĂ di condivisione.
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Giornata tra le piĂš calde dellâestate, limpida e che promette bene giĂ dalla partenza. Una volta lasciate le macchine ci si addentra nei piani di Campagneda fino alla piĂš faticosa risalita del Cornetto. Da qui, dopo un ultimo passaggio su sfasciumi, inizia la vera parte alpinistica della gita. Progressione su ghiacciaio (in ottime condizioni) che ha dato la possibilitĂ ad alcuni partecipanti di sperimentare per la prima volta lâesperienza della cordata mentre a tutti ha consentito un sempre utile ripasso, in vista 76 CAI MORBEGNO
dellâimminente stagione alpinistica. Un poâ piĂš critica si è rivelata lâuscita dal ghiacciaio per raggiungere il colletto dove sono stati lasciati i ramponi: tra cornici di neve (residui della primavera) ed un paio di passi di arrampicata ci siamo ritrovati a poche centinaia di metri dalla vetta, raggiunta senza ramponi ai piedi seguendo le comode tracce tra le roccette finali. Doveroso il set fotografico in cima, roba da far invida ai fotografi dei matrimoni (ma questo solo grazie al nostro official ph) le strette di mano e le felicitazioni. Dopo di che,
i protagonisti assoluti sono stati lo stupore ed il silenzio di fronte al panorama che la splendida giornata ha offerto. Dopo aver mangiato qualcosa in fretta è iniziata la discesa, arricchita da una semplice calata nel passaggio precedentemente citato per raggiungere il ghiacciaio. Le ultime fasi della discesa si sono rivelate faticosissime, probabilmente per il caldo. Tantâè che si è optato per una birra dissetante ma di dimensioni forse esagerate. Diciamo che abbiam raggiunto la macchina ⌠euforici, senza motivare del tutto questa euforia! CAI MORBEGNO 77
LA MONTAGNA di Mariella Spandrio
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Dopo innumerevoli gite allâaperto, ascensioni alpinistiche e scialpinistiche a diverse vette, perchĂŠ non entrare dentro la montagna per scoprirne i segreti che nasconde nei suoi anfratti ⌠Ecco, allora che il Cai ha proposto unâescursione speleologica, una novitĂ nel programma 2018: la Grotta dell'Acqua Bianca. Domenica 23 settembre un gruppo di noi soci ha raggiunto la frazione Rongio di Mandello del Lario. Da lĂŹ, salendo a piedi lungo il sentiero che porta al Rifugio Elisa, sulla Grigna, per circa 45 minuti, accompagnati da una guida alpina, uno speleologo ed un
aiuto-guida facente parte del gruppo speleologico di Lecco, siamo giunti all'ingresso della grotta posto a 590 m di quota. Ben coperti ed attrezzati di imbrago, cordino, moschettoni, casco, torcia frontale, ci siamo addentrati in un mondo buio e sconosciuto. La caverna, formata da un unico ambiente molto vasto, è dovuta a fenomeni di carsismo ed è percorsa da un ruscello che si disperde nelle fratture del basamento. Grazie alle guide esperte che hanno anche posizionato corde nei punti piÚ pericolosi ed al nostro presidente Cai, sempre attento ai partecipanti, abbiamo avuto la possibilità di percorrere
DENTRO la grotta, muovendoci su un fondo molto scivoloso. Al suo interno è stato possibile osservare gli scavi, traccia della passata attivitĂ di estrazione di idrossidi di ferro, intravedere diversi cunicoli, alcuni dei quali abbiamo perlustrato strisciando come lucertole in spazi angusti e ricoperti di fango. Qualcuno di noi, addirittura, si è trovato incastrato negli stretti corridoi ed in difficoltĂ a trovare la via dâuscita. Eâ stato come aggirarsi in un labirinto senza punti di riferimento dove spazio e tempo si perdono facilmente, in un regno dove abitano solo animali notturni come i pipistrelli che abbiamo
Il CAI e la speleologia
potuto sentire e vedere qua e lĂ .. Dopo circa due ore, ricoperti di fango, abbiamo lasciato questo mondo tenebroso ma affascinante, contenti di rivedere la luce e ritrovare il caldo estivo (viste le temperature di quel giorno). Il pranzo al sacco lâabbiamo gustato in compagnia delle nostre guide che ci hanno intrattenuto piacevolmente raccontandoci esperienze vissute, fornendoci spiegazioni scientifiche sulla formazione delle grotte, sul loro sfruttamento e sullâattivitĂ di speleologia. Concludendo credo sia stata unâesperienza singolare, istruttiva ed emozionante che
ci ha consentito, âin veste di speleologiâ, di approfondire la nostra conoscenza della montagna, di vivere in modo diverso quella montagna che tanto amiamo e frequentiamo, di solito, solo esternamente. Pertanto ringrazio chi ha organizzato e supportato questa escursione portata a termine con successo. CAI MORBEGNO 79
LEGNONE di Annalisa Gadola
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Finalmente Legnone! Una delebiese non può non essere mai stata sul pizzo Legnone... perchĂŠ lâhai sempre avuto lĂŹ, a sorvegliarti dallâalto, e tu lâhai guardato milioni di volte, per vedere se arriva la neve, un temporale o se domani sarĂ bello... PerchĂŠ il Legnone ti dice anche questo, magari con poca precisione o scarsa affidabilitĂ , ma te lo dice... come sintetizzava, ironicamente, mio nonno: âquant che il Legnun lâ gâha su âl capel, o che lâ fa brut, o che lâ fa bel". Era da un poâ di tempo che cercavo lâoccasione per andarci perchĂŠ, anche se da troppi anni ormai abito a Milano, ogni
volta che torno in Valtellina e me lo vedo lĂŹ sopra penso, immancabilmente, di dover vedere la valle anche da lassĂš, prima o poi... E lâoccasione giusta è arrivata proprio grazie alla gita CAI, che ha proposto lâuscita al Legnone in una splendida giornata di metĂ ottobre, con i colori dellâautunno, il cielo terso in quota e una velatura in basso, a ricoprire valli e laghi. Lunghetto il tratto in macchina, per raggiungere i Roccoli, ma molto bello il percorso tra i boschi di castagno. Al parcheggio, si compone un folto gruppo di escursionisti, con tanto di âospitiâ da altre sezioni CAI: evidentemente il Legnone è una meta ambita, con la sua maestosa e solitaria presenza in quel tratto alpino.
La parte iniziale del tragitto è stata correttamente definita da qualcuno un âsentiero a due corsieâ, perchĂŠ ampia e agevole (a tratti fin troppo, sembra quasi una strada carrabile...). In realtĂ tutta la salita è piuttosto dolce e poco impegnativa, almeno fino alla Caâ de legn, che di legno non ha proprio nulla (o forse è Caâ de Legn, con la maiuscola perchĂŠ si riferisce a Legnone...): lĂŹ inizia il tratto finale, con una pendenza maggiore e qualche passaggio che richiede un poâ di attenzione (e magari di abbandonare i bastoncini...). Nulla di particolarmente esposto, comunque, se io sono arrivata senza problemi di vertigini fino sulla cima, a godermi un panorama spettacolare: perchĂŠ il fatto che il Legnone se ne stia lĂŹ da solo, senza cime di altitudini simili nelle vicinanze, ti regala una vista unica sullâarco alpino, sui laghi, le valli e le pianure. E, ovviamente, su Delebio.
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ALPINISMO GIOVANILE Con la Scuola Provinciale BOMBARDIERI â MARTELLI
di Riccardo Marchini (AAG)
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La stagione 2018 di Alpinismo Giovanile può essere sintetizzata cosÏ: pochi ma buoni. Pochi, perchÊ, a fronte delle 27 adesioni al programma proposto dalla Scuola, in calo rispetto allo scorso anno, la frequenza media per uscita è stata di 12 partecipanti. Buoni, perchÊ si è comunque creato un bel gruppo di giovani, disponibili e interessati con i quali è stato
possibile svolgere un ottimo lavoro, che fa ben sperare per il futuro. I nostri Aquilotti, la cui etĂ media era di 12 anni, provenivano da Morbegno (7), Castione (6), Sondrio (5), Ponte (3), Tresivio (2), Lanzada (2), Traona (1), Cosio (1). Relativamente al calo delle adesioni andrĂ fatta unâanalisi approfondita per capirne le cause al fine di aggiustare il tiro in prospettiva dei
prossimi calendari. Venendo allo specifico delle attivitĂ , oltre alle 4 uscite con sci e pelli (preferiamo non parlare di sci alpinismo) di gennaio/ febbraio che hanno visto coinvolti una decina di giovani fra i piĂš grandicelli, assistiti dagli Accompagnatori di AG in collaborazione con gli Istruttori di Sci Alpinismo della Scuola provinciale âLuigi Bombardieriâ, abbiamo effettuato 12 uscite distribuite
fra marzo e ottobre, di cui 4 di due giorni. La stagione vera e propria è iniziata con la tradizionale gita sulla neve, questâanno al lago PalĂš, per prendere contatto con lâambiente innevato e le sue insidie, occasione per rafforzare lâattenzione alle regole necessarie per la sicurezza personale. Nel primo scorcio di primavera, in considerazione delle sfavorevoli condizioni in
quota, ci siamo dedicati allâesplorazione dellâambiente valtellinese, percorrendo un tratto della Via dei Terrazzamenti retici, da Teglio a Chiuro, e, a seguire, risalendo il versante opposto alla volta di Arigna per conoscere la civiltĂ della castagna, il pane nero cotto nel forno comunitario e la lavorazione dei pezzotti, aiutati rispettivamente dalla simpatia del Sig. Claudio Moretti (detto Belgio) e dalla professionalitĂ CAI MORBEGNO 83
del Sig. Stelio Toppi. A maggio, nella successiva uscita ai PrĂ SĂźcc sulla Costiera dei Cèch, ci hanno affiancato gli allievi del Corso per Accompagnatori Sezionali di Alpinismo Giovanile (ASAG) che dovevano sostenere una delle prove pratiche in ambiente, avente come tema la conduzione di un gruppo di giovani. Molto gratificanti anche le due successive uscite. Nella prima, a Dalòo e a Lagunc, a scavalco fra la Val Bregaglia e la Valle di San Giacomo, i ragazzi hanno potuto dare sfogo alla loro creativitĂ costruendo alcuni manufatti in pietra a secco; nella seconda allâAlpe Pirlo in Valmalenco, siamo stati testimoni privilegiati della realizzazione di un lavècc, grazie alla disponibilitĂ del Sig. Silvio Gaggi, titolare di una cava e di un tornio per la pietra ollare. Terminati gli impegni
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scolastici, avendo piĂš tempo a disposizione, ci siamo dedicati alle avventure estive di due giornate, con pernottamento in rifugio. Nel centenario della fine della 1° Guerra Mondiale, abbiamo affrontato la lunga trasferta in Val Camonica per le visite alle fortificazioni austriache nei dintorni del Passo Tonale e al Museo della Guerra Bianca di TemĂš, alle quali ha fatto seguito, il giorno seguente, lâimpegnativa salita alla Bocchetta di Val Massa, dove è presente, ancora in ottimo stato, unâimponente trincea difensiva italiana. Il Rifugio Alpe Stavello è stato scelto come campo base della manifestazione internazionale âYouth at the topâ (Giovani in vetta), patrocinata dal Parco delle Orobie Valtellinesi con altre Aree protette dellâarco alpino in Italia, Francia, Germania, Austria, Svizzera e Slovenia.
Scopo della manifestazione, che ha sempre luogo nei giorni 11 e 12 luglio, è quello di accompagnare i gruppi giovanili aderenti allâiniziativa su una delle cime presenti nelle suddette Aree, affrontando nel contempo un tema di interesse comune relativo allâambiente. Lâargomento di questa edizione riguardava i cambiamenti climatici, la cui comprensione ci è stata facilitata dalle spiegazioni del Dott. Fausto Gusmeroli che ci ha accompagnato nella prima parte dellâescursione. La vetta prescelta avrebbe dovuto essere il Monte Rotondo, terza elevazione della Valgerola, ma le cattive condizioni meteo ci hanno costretto a ripiegare sulla Cima della Rosetta, raggiunta sulla via del ritorno approfittando di una pausa del maltempo. Bella e istruttiva anche la successiva uscita allâAlpe Piazza di Albaredo. Qui i
ragazzi hanno avuto modo di assistere alla lavorazione del prodotto caseario simbolo dellâintera provincia, il formaggio Bitto. Per la cronaca il casaro dellâalpeggio di cui siamo stati ospiti, Flavio Mazzoni, questâanno è stato il vincitore del 1° premio alla Mostra del Bitto di Morbegno. La salita, il giorno dopo, al Monte Lago ha concluso degnamente la nuova avventura. Ultima della serie, la piĂš impegnativa, ma probabilmente la piĂš gradita, è stata la trasferta alla Grigna Settentrionale. Partiti dallâAlpe Cainallo abbiamo raggiunto il Rifugio BiettiBuzzi transitando accanto alla suggestiva Porta di Prada, curioso arco naturale scavato nel calcare. Sulla vetta siamo saliti la mattina seguente percorrendo la Via del Caminetto, itinerario a tratti attrezzato con catene, che ha permesso ai ragazzi di divertirsi affrontando un terreno per loro insolito che richiedeva di mettere, per dirla con Andrea Oggioni, âle mani sulla rocciaâ. Prima della tradizionale festa di fine stagione ci è toccato recuperare la mancata uscita al Raduno Regionale di AG, non effettuato da parte della Commissione Regionale a fine maggio per motivi organizzativi. Rimanendo in tema di 1° Guerra Mondiale, siamo saliti alle Torri di Fraele per imboccare la stradina militare che si inerpica in un ambiente suggestivo di mughi e di aspre rocce calcaree al Monte delle Scale, per poi scendere ai laghi di Cancano sul versante opposto, dopo avere attraversato i manufatti
della fortificazione che passa da parte a parte il crinale della montagna. Il trasferimento pomeridiano in quel di Oga, a monte di Bormio, ci ha consentito di effettuare la visita guidata al Forte Venini. Festa di chiusura dicevamo. Questa si è svolta in ottobre con i giochi dellâArrampicaorientarsi presso la nuova palestra della Sassella e il Parco Bartesaghi, preludio a unâottima polentata in compagnia di ragazzi, genitori e accompagnatori presso il Pala Castione, dove è stato fatto omaggio ai ragazzi di una T-shirt con il logo dellâAG e della Scuola.
A pagina 76-77: un momento di riposo prima di raggiungere il Rifugio Brioschi sul Grignone. Pagina a fronte: la Porta di Prada sul versante occidentale del Grignone In questa pagina. Sopra: scendendo dal Monte delle Scale ai Laghi di Cansano. Sotto: lezione di storia patria allâex Forte Sarcarana, nei pressi del Tonale.
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IL GRUPPO 2008 di Giovanni Cerri
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Il gruppo 2008 del CAI di Morbegno ha come "mission" principale la fruizione della montagna da parte di persone che appartengono alla categoria dei Seniores, ma anche di coloro che possono dedicare il mercoledÄĹš alla pratica escursionistica. La connotazione principale dei componenti del gruppo e' sicuramente l'amore per la montagna e per i suoi valori unito ad un saldo rapporto di amicizia, di allegria e di solidarietÄ . Per il gruppo 2008 la grande bellezza e' nella natura della montagna in tutte le sue forme, dalle scintillanti vette
alle verdi vallate, alle foreste, ai torrenti, ai laghi, ai fiori e agli animali. Naturalmente il gruppo, oltre che alle proprie attivita', partecipa alle iniziative escursionistiche o conviviali proposte dal CAI. Mi sembra importante segnalare anche la costante azione di crescita collettiva del gruppo nella cultura alpinistica grazie alla condivisione di aspetti tecnici, esperienze, informazioni e consigli sul campo. I componenti piÄĹĄ esperti del gruppo sono sempre pronti ad offrire il loro sostegno e incoraggiamento agli altri e a seguirli con attenzione nel superamento
di qualche tratto piu' impegnativo. L' attivita' svolta nel 2018 ha seguito principalmente due criteri: il primo focalizzato sulla riscoperta di itinerari gia' percorsi in passato o di vette gia' note, ma da raggiungere da altri versanti o con diverse modalitÄ ed il secondo sulla ricerca di nuove escursioni e di nuovi territori da esplorare. Complessivamente nel 2018 abbiamo effettuato una quarantina di uscite, nella prima parte dell'anno prevalentemente su neve con ciaspole o sci, mentre da maggio in poi ci siamo dedicati alle escursioni ed ascensioni tipicamente estive. Tra le uscite invernali sono state particolarmente apprezzate la salita al Resegone, il monte Brione al Prato Valentino, il monte Rotondo in Val Lemma, il Passo di Campagneda, il Sass Queder al Diavolezza e la cima Zebru' Le uscite estive/autunnali sono state di tre tipologie: dei trekking anche parecchio impegnativi, delle ascensioni su cime importanti ed alcune ferrate o sentieri attrezzati. Tra i primi da segnalare il giro ad anello Val d'Ambria - Val Venina, il rifugio VĂ° Alpini dalla Val Zebru', l'anello Val Poschiavina - Val Campagneda e la cima di Vallumbrina dal Rifugio Berni. Per le vette di maggior soddisfazione vanno menzionati: il Tre Signori salito dall'inusuale via del Caminetto, il pizzo Tambo' Ĩ i Ponteranica Occidentale e Orientale. Le ferrate su cui ci siamo cimentati sono state quella di Dalo', la Gamma 1, lo Zucconi Campelli ed il Piz Trovat al Diavolezza. Mentre
tra i sentieri attrezzati hanno spiccato il Badile Camuno e la Cresta Sinigaglia della Grignetta. Inoltre abbiamo anche collaudato il Ponte nel Cielo per raggiungere il pizzo della Pruna in Valtartano e affrontato una temeraria discesa in notturna dal monte Pisello per festeggiare il Decennale del Gruppo 2008 dopo uno spettacolare tramonto ammirato dalla cima e l'attesa della luna piena. La fortuna e la prudenza ci hanno aiutato ad avere quasi sempre delle condizioni meteo discrete ed ad evitare infortuni. In conclusione, anche se in qualche occasione ci e' toccato di "ravanare" un po', siamo sempre tornati sorridenti dalle nostre escursioni e con la voglia di provare nuove emozioni nelle prossime avventure.
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NOTIZIE DALLA SEZIONE I NUMERI DEL C.A.I. MORBEGNO Alla data del 31.12.2018 gli iscritti sono 487 cosĂŹ suddivisi: 320 ordinari di cui 31 ordinari juniores, 101 famigliari e 35 giovani. Ricordiamo che le iscrizioni si effettuano in sede e presso gli sportelli del Credito Valtellinese di Via Ambrosetti. CONSIGLIO DIRETTIVO Presidente Marco Poncetta Vice Presidente Alessandro Caligari Segretario Davide Bonzi Consiglieri Domenico Del Barba Rita Bertoli Andrea Borromini Alda Maffezzini Francesco Spini Emil Del Nero Chiara Piatti Mirco Gusmeroli DELEGATI Marco Poncetta Domenico Del Barba ISTRUTTORI DI ALPINISMO E DI SCI ALPINISMO E ARRAMPICATA LIBERA Enrico Bertoli (ISA) Giulio Gadola (ISA) Marco Riva (ISA) Franco Scotti (ISA) Cesare De Donati (IA+INSA) Moreno Libera (IAL)
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ISTRUTTORI SEZIONALI DI ALPINISMO, SCI ALPINISMO E ARRAMPICATA LIBERA Danilo Acquistapace Andrea De Finis Mirco Gusmeroli Emil Del Nero Moreno Libera Riccardo Scotti Mario Spini Chiara Piatti Marco Mazzolini Alessandra Tagliabue ACCOMPAGNATORI SEZIONALI DI ALPINISMO GIOVANILE (ASAG) Rita Bertoli Riccardo Marchini Claudia Ponzoni ACCOMPAGNATORI DI ESCURSIONISMO Davide Bonzi (AE) Alessandro Caligari (AE) I CORSI Corso di ginnastica presciistica Tenuto dallâinsegnante Massimo Maffezzini si è svolto da novembre 2017 al marzo 2018 presso la palestra provinciale del Liceo Artistico e presso la palestra di via Prati Grassi. Corso base di sci-alpinismo Si è svolto da gennaio a marzo, articolato in 7 lezioni teoriche presso la sede CAI e 6 esercitazioni pratiche in montagna. Il corso ha visto Enrico Bertoli direttore.
Le Uscite: ⢠Selezione su pista 21 gennaio a Pescegallo ⢠Munt di Sura 22 gennaio ⢠Pian dei Cavalloi 28 gennaio ⢠Passo di Tartano 4 febbraio ⢠Piz dâEmmat Dadaint 21 febbraio ⢠PescĂśla 4 marzo ⢠Pizzo Dosdè 8 marzo Corso di arrampicata ⢠Palestra Indoor Piuro Valchiavenna 20 maggio ⢠Falesia Sass Negher Olgiasca 27 maggio ⢠Falesia Sasso Bianco - Prata Camportaccio Valchiavenna 3 giugno ⢠Falesia di Sherwood - Ballbio Valsassia 9 settembre ⢠Falesia Sasso del Drago Valchiavenna 16 settembre ⢠Weekend a Finale Ligure22-23 settembre ALPINISMO GIOVANILE Con la Scuola di Alpinismo Giovanile âBombardieri-Martelliâ della Provincia di Sondrio. AttivitĂ da marzo a settembre con 13 uscite. LE GITE Gite sezionali ⢠Scialpinismo Piz Grevasalvas, Grignone, Val Formazza, Punta San Matteo ⢠Uscita notturna scialpinistica e ciaspole a Pescegallo ⢠Ciaspole Alpe Piazza, Pian dei Cavalli ⢠Vie ferrate Monte Grona
⢠Escursionismo Val Fontana, Monte Legnone, Ghiacciaio di Fellaria, Cima Fiorina, Spadolazzo, 4 giorni in Dolomiti, Malinone ⢠Alpinismo Pizzo Scalino, Pizzo d'Emet Gruppo 2008 Uscite tutti i mercoledÏ, meteo permettendo, per una quarantina di uscite. I MARTEDà DEL CAI Per gli incontri del martedÏ sono stati proiettati i seguenti film
⢠Nel cuore della montagna ⢠Una vita in montagna ⢠Volando sopra l'Everest ⢠Dramma sul Monte Kenia ⢠Vincersi 29°RALLYNO DELLA ROSETTA Si è svolto il 25 marzo. Totali iscritti: 43 coppie ⢠Vincitori regolarità : Rita Bertola-Alessandro Caligari ⢠Vincitori salita: Diego Canti-Daniele Rava ⢠Vincitori discesa: Del Barba Pietro-Orlandi Mauro
I RITROVI CONVIVIALI ⢠VenerdĂŹ 22 giugno CENA DâESTATE momento conviviale informale nei giardini del palazzo Malacrida ⢠VenerdĂŹ 19 ottobre CASTAGNATA ⢠VenerdĂŹ 21 dicembre AUGURI NATALIZI ISTITUZIONALE ⢠VenerdĂŹ 23 febbraio Assemblea Annuale di Sezione
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